Eurocarni 7-2020

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EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXV N. 7 • Luglio 2020

€ 5,42




Intervento realizzato con il cofinanziamento FEASR del Piano di Sviluppo rurale 2014-2020 della Regione Toscana sottomisura 3.2


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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali

Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi

Comitato di redazione Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Gianni Mozzoni (Legacoop) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Dr. Alfonso Piscopo

Segreteria di redazione Gaia Borghi

Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata

Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Luigi Credi – Lorenzo Fiorentin – Chiara Zaccaroni Fotografia Luigi Credi

Euro Annuario Carne

Abbonamenti Fioretta Fiorentin EURO ANNUARIO CARNE 2020

Amministrazione Andrea Tomassone

La banca dati internazionale del mercato delle carni sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore lavorazione, commercio e distribuzione carni. Edizione 2020 Copia cartacea: € 95,00

Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2019. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2019.

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 0598671709 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985

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Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910

Ufficio stampa e Media Partner

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SAPORE

Soddisfazione garantita Un ampio assortimento di prodotti freschi di alta qualità è a Vostra disposizione ogni giorno.

TönniesFleisch · Italia Srl. · Via per Sassuolo 3526 · 41058 Vignola (Mo) Tel.: +39 0 59 - 75 15 15 · Fax: +39 0 59 - 75 15 75 · toennies@toennies.it · www.toennies.com


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EUROCARNI La prima rivista veramente europea

In questo numero:

Diamo i numeri

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Immagini

12

Naturalmente carnivoro

14

Tendenze

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NovitĂ a scaffale

20

Slalom

Recessione storica e patti violati

Cosimo Sorrentino

22

Legislazione

Cuochi in TV, promotori di salute

Marco Cappelli

24

La carne in rete

Social meat

Elena Benedetti

28

Comunicare la carne

EFSA: carni e prodotti animali sempre piĂš sicuri

Angelo Gamberini

34

Meat marketing

Il Tricolore fa crescere le vendite

38

A pagina 50.

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Anna Mossini

Webinar

Così la zootecnia italiana si prepara a vivere il dopo Covid-19

Retail news

Notizie dalla GDO

46

La Qualità

Agnello gallese Igp, si allunga la shelf-life

50

Interviste

Barbecue, il boom del lockdown

54

Mercati

Allevata secondo natura: ecco i segreti della carne di manzo irlandese

56

Analisi di settore

Il mondo in evoluzione

60

Indagini

Indicazioni d’origine, un’enorme risorsa

Sebastiano Corona

Le tendenze della carne ovicaprina

40

64 70

Gourmeats, una storia di successo

Gian Omar Bison

74

Macelleria Labella Mara: più di una coppia, una squadra vincente, anche in norcineria

Massimiliano Rella

78

Roberto Passaretta, Minturno gourmet

Massimiliano Rella

86

La carne in tavola

L’anatra all’arancia, che forse è volata da Firenze a Parigi

Nunzia Manicardi

90

Ristoranti carnivori

Antica Trattoria Ballotta, il Torresano è servito

Gian Omar Bison

92

Locali di gusto

L’oste del cinema italiano

Riccardo Lagorio

94

Sapori dal mondo

Un buon ricordo di Kobe, il manzo

Josette Baverez Blanco 96

Fiere

ALL4PACK 2020, a Parigi per reinventare l’imballaggio

100

Anuga FoodTec 2021 punta su automazione e digitalizzazione

104

Macellerie d’Italia

L’imprenditore delle carni che guarda al futuro

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EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXV N. 7 • Luglio 2020

€ 5,42

A pagina 38. In copertina: carne equina di Cristian Malagoli, Mercato Albinelli, Modena (photo © Massimiliano Rella).

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Tecnologie

Sono 180 grammi, lascio? Storia e cultura

Speciale Covid-19

Collaborare con CSB-System ai tempi del Covid-19 #forwardtogether attraverso la crisi

106

NaturCEASE™ Dry: la soluzione unica e clean label di Kemin per soddisfare le aspettative del consumatore

110

Giovanni Papalato

Cacciatore di cervi

118

Carni equine, storia e consumi di ieri e di oggi

Giovanni Ballarini

122

La caccia de’ tori a Siena

Andrea Gaddini

126

Emergenza Covid-19: generalità, normativa ed applicazioni nel settore degli alimenti – Parte II

Emanuele Guidi

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A pagina 70.

A pagina 78. A pagina 54.

www.eurocarni-online.com 8

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PASSIONE

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LA NOST R

La nostra qualità è il risultato di controlli rigorosi.

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Una rigido disciplinare impone la presenza dei Servizi Veterinari francesi al macello. Attraverso controlli scrupolosi, sono i garanti del rispetto della protezione degli animali e delle norme in materia di igiene e sicurezza.

100%

dei trasportatori di bestiame francesi WSRS JSVQEXM I GIVXMǻGEXM TIV PE KIWXMSRI e la cura degli animali.

1.500

Responsabili della Protezione degli Animali sono presenti in Francia in 263 macelli per monitorare il rispetto del benessere degli animali.

Portavoce della ĀĮĞåŹ±ƐÚåĮĮ±ƐϱŹĻå ÆŇƽĞĻ±ƐüŹ±ĻÏåžå


DIAMO I NUMERI

+217%

L’e-commerce non è una novità. Ma è sempre stato avvolto dallo scetticismo degli addetti ai lavori, valendo fino al 2019 in Italia solo il 7% delle vendite totali. Nelle ultime settimane il 100% degli Italiani è entrato in contatto col fenomeno, innescando un sovvertimento dei valori in campo. Stando ai dati Google, l’eGrocery, da metà febbraio a metà aprile 2020; ha registrato una crescita settimanale media del 119% rispetto all’anno precedente, con picchi del +217% (fonti: EFA News – Xchannel; photo © Maksym Yemelyanov – stock.adobe.com).

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I fornitori di carne belgi sono tra i precursori in termini di competenze professionali: in base alle specifiche del cliente, offrono un servizio personalizzato, su misura e con il massimo rendimento. Inoltre, la carne fresca viene fornita con estrema rapidità , come solo da un partner affidabile e di fiducia ci si può aspettare.

I fornitori di carne belgi. Una scelta aďŹƒdabile.

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Carne suina

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IMMAGINI

Massimiliano Rella è andato a trovare il macellaio e norcino Roberto Passaretta a Minturno (Latina), qui ritratto nel suo laboratorio alle prese con il disosso di un prosciutto. A pagina 86 l’articolo sulla sua azienda Punto Carni, una bella realtà che opera nella lavorazione e distribuzione di carne e preparati per supermercati, ristoranti, mense, macellerie e gastronomie, oltre a insaccati freschi (photo © Massimiliano Rella).

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La Natura non é mai stata così Buona.

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NATURALMENTE CARNIVORO

Lui è il mitico Giancarlo Fisichella, romano, classe ‘73, pilota automobilistico italiano tra i più amati e seguiti che oggi corre con la Ferrari AF Corse nel Campionato Endurance nella categoria GT Am. In Formula 1 ha disputato 231 Gran Premi, ottenendo 274 punti iridati, correndo con Minardi, Jordan, Benetton, Sauber, Reanult, Force India e Ferrari. Ha vinto 3 Gran Premi (Brasile 2003, Australia 2005 e Malesia 2006). Grande sportivo, appassionato di calcio, di musica (con le sue incursioni nei DJ set) e di progetti per la formazione dei giovani piloti. Andate a dare un’occhiata al suo sito (www.giancarlofisichella.com), che attraverso le immagini racconta la sua carriera e la sua carica vitale. Giancarlo è un “Naturalmente carnivoro” perfetto, estimatore del mangiar bene e qui in foto — alle prese con il barbecue — celebra le carni dell’amico Gaetano Ciani di Procarni. Tutto torna (photo © Gaetano Ciani).

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Salumi artigianali e di filiera

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Con uno dei suoi prodotti più apprezzati, il prosciutto di pecora siciliana, Gianni Giardina, noto macellaio di Canicattì, in provincia di Agrigento, ha recentemente partecipato al contest #buonosano&siciliano, l’iniziativa capitanata da Slow Food Catania il cui obiettivo era dare supporto ai produttori siciliani. Gianni è una forza della natura, presente nella Nazionale Italiana Macellai che ha partecipato e parteciperà anche alla prossima edizione del World Butchers’ Challenge (Sacramento, 13-14 agosto 2021), immancabile agli eventi carnivori più importanti in giro per l’Italia e all’estero. Dalla sua Canicattì, questo “Naturalmente carnivoro” porta avanti una professione antica di tre generazioni con passione e attaccamento alle tradizioni artigianali della sua splendida terra.

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RAPPRESENTANTE ESCLUSIVO PER L’ITALIA


TENDENZE L’universo hamburger dal lockdown a oggi raccontato da Deliveroo

L’hamburger domina le scelte di consumo anche a domicilio! A rivelarlo è Deliveroo, la piattaforma dedicata all’on-line food delivery, che, in occasione dell’International Burger Day, celebrato lo scorso 28 maggio, ha raccolto evidenze e curiosità sul consumo a domicilio da inizio lockdown di questa specialità tanto amata in tutto il mondo, partita dalla semplice polpetta di carne e oggi disponibile in infinite varianti. Sulla piattaforma è infatti possibile ordinare un’ampia scelta di hamburger da oltre 1.000 ristoranti che lo hanno in menù, dal classico cheeseburger al Beyond Burger per vegani. Secondo i dati registrati dall’app, l’hamburger oggi rappresenta il secondo piatto più ordinato dietro solo ai piatti della tradizione italiana e davanti a altri grandi “campioni” del food delivery come poke, sushi e gelato. Tra le tipologie preferite, oltre al classico hamburger, che resta in cima alle preferenze degli utenti, troviamo il cheeseburger nelle versioni single e double, il chicken burger e il bacon cheeseburger. Segue il veggie, che rappresenta un trend in aumento, con ordini cresciuti del 13% da inizio lockdown ad oggi. A livello geografico, la città che più di ogni altra ama ordinare hamburger a domicilio è Milano, davanti a Roma e Cagliari. Seguono Bologna, Firenze, Monza, Bergamo, Bolzano, Busto Arsizio e Modena, che chiude la top ten delle città di burger lovers. In termini di insegne, a livello nazionale il primato dell’hamburger a domicilio spetta a McDonald’s, che si posiziona davanti a Burger King e Old Wild West, rispettivamente in seconda e terza posizione tra le preferite. Chiudono la top five, KFC e Burgez (fonte: EFA News – European Food Agency; photo © blackday).

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NOVITÀ A SCAFFALE You&Meat lancia The Burger, nuovo prodotto gourmet realizzato coi tagli pregiati di roastbeef e filetto

You&Meat, il brand di CENTRO CARNI COMPANY, annuncia una novità di sicuro apprezzamento per gli amanti dei gusti raffinati. Si chiama The Burger ed è il nuovo prodotto sviluppato con l’obiettivo di valorizzare in modo alternativo due tagli nobili come il filetto e il roastbeef di bovino adulto. Non un semplice hamburger, ma “il burger” per eccellenza. The Burger, nel pratico formato da 150 grammi, semplice e velocissimo da preparare, si presenta in un nuovo elegante packaging nero e oro che contribuisce a garantire l’esclusività del prodotto mettendone in risalto gli ingredienti di qualità con cui è realizzato. Infatti, il filetto e il roastbeef, due tra i tagli più conosciuti e consumati, rendono questo nuovo burger un prodotto tenero e saporito, che resta succoso e succulento anche dopo cotto. L’unicità di The Burger, e in generale di tutti i prodotti a marchio You&Meat, sta nella sua diversità: un ventaglio di proposte volte ad accompagnare il palato del consumatore in un viaggio fra i diversi sapori della vera carne. La mission è quindi quella di offrire un prodotto in linea con i food-trend del momento, valorizzando gusti diversi e tradizionali, stimolando la cultura del buon cibo. Confezionato in skin, singolarmente, The Burger è composto da carne bovina (85%; da roastbeef 70% e da filetto 30%), acqua, fiocchi di patata, sale, fibra vegetale da agrumi, pisello e carota, aromi naturali, antiossidante (acido ascorbico), spezie. Non contiene glutine e ha una shelf-life di 21 giorni. >> Link: www.centrocarnicompany.com

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SLALOM

Recessione storica e patti violati di Cosimo Sorrentino

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ue fatti importanti vengono registrati in questo momento; fatti che riguardano, in primo luogo, le nuove stime economiche presentate dall’Unione Europea e, in secondo luogo, il pronunciamento del Tribunale Costituzionale tedesco che ha giudicato in merito agli acquisti di titoli pubblici da parte della Banca Centrale Europea. Ambedue hanno suscitato e continuano ad agitare le preoccupazioni dei vari Paesi comunitari, tenuto conto dell’importanza che essi rivestono, specialmente ora, tempo segnato dalla grave crisi sanitaria, con la quale è necessario confrontarsi in ogni momento.

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Ebbene, i dati economici forniti dall’UE, che non si discostano da quelli sostenuti dal Fondo Monetario Internazionale, appaiono molto preoccupanti; da essi si può dedurre che ci troviamo in una profonda recessione in tutta Europa e l’Italia paga un prezzo tra i più alti per la profondità della caduta, con tutto quello che ne consegue in termini di maggiore disoccupazione, indebitamento pubblico e privato ed anche per le maggiori difficoltà per emergere in superficie. Vengono infatti annullate tutte le stime attuate in precedenza; l’Italia vedrà il suo PIL negativo, attestato a circa –10%, in una posizione superiore solo alla

Grecia e con la Spagna soltanto un gradino sopra. Tra gennaio-giugno la produzione reale dovrebbe ridursi di circa il 18% e nell’anno corrente la disoccupazione risalirà dal 10 all’11%, per poi ridursi al 10,7 nel 2021. Il deficit-PIL, in primo tempo, salirà all’11,1% per poi scendere al 5,6%, mentre il debito-PIL si dovrebbe attestare quest’anno su circa il 159%, per poi scendere al 153,6% nel prossimo anno. Sempre secondo i dati resi noti, entro il 2021 solo Germania, Austria, Croazia, Slovacchia e Polonia dovrebbero recuperare il livello di attività economica registrato nell’ultimo trimestre del 2019, ma

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la recessione più pesante si avrà in Grecia, Italia, Spagna e, in misura minore, in Francia. Tra i grandi Paesi, l’Italia, che è stata colpita più duramente dalla crisi sanitaria in atto, potrebbe aver bisogno di più tempo rispetto alla maggior parte degli altri Paesi. Aggiungasi anche la presenza di eventuali sofferenze bancarie che possono incidere negativamente sulle condizioni di finanziamento dello Stato; un riflesso anti-consumo delle famiglie, spinte a maggior risparmio, ed un rischio per le finanze pubbliche, se dovessero essere invocate a sostegno di chi ne avesse bisogno, pena eventuali fallimenti. Insomma, si tratta di uno scenario economico di base che mostra la peggiore recessione dal dopoguerra e lo dimostrano anche la situazione dell’Eurozona, col –7,7% quest’anno, e –7,4% nell’intera UE, con un prevedibile rimbalzo, però, nel 2021 del +6,3 e +6% rispettivamente. Detto rimbalzo non viene comunque ritenuto essere in grado di compensare la caduta di quest’anno, con un’inflazione che potrà risalire all’1,1% dallo 0,2%. Si tratta di cifre che giustificano allarme e ci sentiamo di condividere le preoccupazioni della stessa Commissione UE allorché afferma che “la pandemia potrebbe lasciare cicatrici permanenti come un gran numero di fallimenti ed effetti negativi prolungati sulla disoccupazione”.

È chiaro perciò che la Banca Centrale Europea dovrà necessariamente proseguire nelle operazioni di sostegno monetario se non si vuole correre il rischio di disintegrazione delle basi economiche e giuridiche dell’unione monetaria. Come è noto, la BCE ha lanciato a marzo l’iniziativa del cosiddetto PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme), che prevede l’acquisto di titoli di Stato per 750 miliardi, proprio per garantire la stabilità del sistema e mettere al riparo gli spread; gli acquisti proseguiranno fino a fine anno, con la promessa che si andrà avanti fino al termine della crisi e il sistema sarà anche ampliato se necessario. Nel frattempo, ignorando completamente la situazione in cui si dibattono i diversi Paesi a causa della grave situazione sanitaria, è intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale tedesca, la quale, pronunciandosi sugli acquisti di titoli da parte della BCE tra marzo 2015 e dicembre 2018 (2.600 miliardi di euro), ha stabilito che, pur ritenendo legittimo l’acquisto di titoli da parte della BCE, ha concesso tre mesi di tempo alla presidente Lagarde per dimostrare, in modo “comprensibile e dettagliato”, che dette operazioni non abbiano avuto un impatto economico e fiscale sproporzionato. Senza tale dimostrazione la Banca Centrale tedesca non potrà partecipare alle

operazioni e dovrà vendere i titoli acquistati (553 miliardi). La sorpresa è stata enorme in tutti gli ambienti sia economici che giuridici e noi non intendiamo qui addentrarci in disquisizioni di ordine giuridico, che in questo momento debbono lasciare spazio alla risoluzione dei problemi reali; problemi che, se non risolti, rischiano di disintegrare la stessa intera Europa. Basti affermare che non si può non riconoscere che la primarietà del diritto europeo non può essere messa in discussione e perciò la Corte di Giustizia Europea deve prevalere su quelle nazionali. Ben ha fatto dunque la Commissione UE che si è affrettata a sostenere il “primato del diritto UE e il vincolo delle sentenze della Corte di Giustizia per tutte le Corti nazionali”. La scelta libera e consapevole di affidare la competenza esclusiva al giudice dell’UE il controllo sulla legittimità degli atti giurisdizionali dell’UE non deve significare pretendere di verificare ogni giorno il buon esercizio sulla base dei rispettivi parametri di legittimità e interesse. Considerare che ogni giudice nazionale possa decidere di indicare la legittimità di Stati dell’UE significa creare confusione ed incertezza, che non vorremmo fosse l’intenzione di qualche spirito in odore di supremazia economica e finanziaria, in un momento come questo che è difficile per tutti. Cosimo Sorrentino

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LEGISLAZIONE

Cuochi in TV, promotori di salute di Marco Cappelli

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a anni numerose emittenti televisive mandano in onda trasmissioni che riguardano totalmente o parzialmente la preparazione di alimenti. È un fenomeno internazionale, che ha in Italia un’importanza particolare data l’attenzione che tradizionalmente la popolazione pone agli aspetti gastronomici della propria vita, non solo sotto i punti di vista nutrizionale e sensoriale, ma anche

culturale e sociale. Il periodo di crisi in cui l’emergenza legata al contagio da “nuovo coronavirus” ha inibito, e poi limitato, gli spostamenti e la possibilità di consumare pasti fuori casa, ha visto una tendenza al recupero e alla ricerca, nei nuclei familiari, di ricette vecchie e nuove, nonché una maggiore disponibilità alla sperimentazione domestica, un po’ per diletto, un po’ per necessità. Molte cucine hanno

TV sì, ma anche Web! Peppe Guida, chef stellato dell’Antica Osteria Nonna Rosa di Vico Equense (NA), con la chiusura dei ristoranti ha iniziato a fare dirette Facebook quotidiane (tranne la domenica) con la preparazione delle sue ricette, diventando una star social con centomila visualizzazioni di media.

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ripreso vita, con risultati certamente alterni ma con dimostrazione di buona volontà. L’ampia disponibilità di ricette e informazioni gastronomiche sul web si integra con quella di programmi televisivi sullo stesso tema, con la proposta di dimostrazioni culinarie che telespettatrici e telespettatori possono seguire anche in maniera poco impegnativa mentre svolgono altre occupazioni, muovendosi per la casa lasciando acceso il televisore, ascoltando e, nei momenti salienti, osservando con attenzione l’operato di cuochi e conduttori. È di rilievo l’interesse di importanti fasce di pubblico per gli aspetti culturali-divulgativi della riproposizione di tradizioni gastronomiche che affondano le proprie radici nella nostra storia. I telespettatori possono “viaggiare” e “visitare”, attraverso telecamere e televisori, ma sedendo comodamente sul proprio divano, le più remote località del Paese, apprendere l’esistenza di specialità gastronomiche tradizionali e “di nicchia”, osservare a distanza veri e propri banchetti e, in qualche caso, acquisire ricette, seguendo passo dopo passo la preparazione delle pietanze. Anche la proposta televisiva delle tradizioni agropastorali delle nostre regioni contempla spesso quella della produzione e trasformazione dei prodotti alimentari: formaggi, miele, conserve vegetali, salumi, ecc… In altri casi, gli studi televisivi ospitano in studio, nell’ambito di trasmissioni di intrattenimento, cuochi ed esperti di cucina, i quali spesso eseguono le preparazioni “in diretta” fornendo alle telespettatrici e ai telespettatori momenti di svago e di apprendimento di ricette e tecniche di preparazione di gustosi piatti. Sull’argomento è

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La Nota prot. n. 4744 – P – 12-02-2020. intervenuta nel febbraio scorso la Direzione Generale Igiene e Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione (DGISAN) del Ministero della Salute, con la Nota prot. n. 4744 – P – 12-02-2020. Il documento fa riferimento alla richiesta che alcune ASL avrebbero avanzato alle emittenti televisive di effettuare la “registrazione” ai sensi del Regolamento (CE) n. 852/2004. Si ricordi, infatti, che l’OSA (Operatore del Settore Alimentare) deve notificare all’autorità competente (ASL), ai fini della registrazione, tutti gli “stabilimenti” posti sotto il suo controllo. La registrazione è finalizzata a costituire ed aggiornare l’anagrafe dei suddetti “stabilimenti” per renderne possibile il controllo ufficiale da parte delle autorità competenti; la notifica avviene mediante la presentazione della “SCIA sanitaria”, con la quale vengono resi

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noti all’autorità competente territoriale (l’ASL) i dati dell’impresa, l’ubicazione dello “stabilimento” (definito come “ogni unità di un’impresa del settore alimentare”) e la tipologia di attività svolta, in regime di autocertificazione per quanto riguarda la sussistenza dei requisiti strutturali e igienico sanitari. Sono soggette all’obbligo di notifica anche le variazioni significative dell’attività di uno stabilimento del settore alimentare. Asserendo che le emittenti televisive, non operando col fine di commercializzare o somministrare alimenti, non rientrano nella definizione di OSA data dall’art. 3, punto 3, del Regolamento (CE) n. 178/2002 (“la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell'impresa alimentare posta

sotto il suo controllo”), bensì con il fine di organizzare e trasmettere eventi mediatici all’interno di una struttura privata, la DGISAN esclude tali imprese dall’obbligo di registrazione e quindi dall’assoggettamento al controllo ufficiale dal parte delle ASL. Ciò anche qualora i prodotti alimentari vengano assaggiati (consumati) dal pubblico presente in studio, evidentemente non considerando gli assaggi alla stregua di un’attività di somministrazione. Tale esclusione opera, di conseguenza, anche nei confronti dell’obbligo di predisporre ed attuare procedure di autocontrollo, di applicare manuali di corrette prassi igieniche e procedure basate sul sistema HACCP e degli altri obblighi previsti dal Regolamento (CE) n. 852/2004. La nota della DGISAN associa ai programmi televisivi anche le attività cinematografiche e teatrali: non deve pertanto essere registrato come “stabilimento del settore alimentare” un set cinematografico o l’allestimento di una pièce teatrale, qualora sceneggiature e copioni prevedano la preparazione di alimenti e la loro consumazione da parte degli attori. Si pensi a quante scene di film famosi, ben vive nella nostra memoria, riguardano cuochi, cucine di case e di ristoranti, preparazioni alimentari effettuate in vari contesti, buffet, colazioni, pranzi più o meno sontuosi, cene al lume di candela e “grandi abbuffate”. Nel concordare con quanto espresso dalla DGISAN sugli aspetti formali, occorre esprimere qualche considerazione sull’ultimo passaggio della nota, che recita: “Rimane fermo tuttavia che trattandosi di trasmissioni destinate al pubblico a scopo divulgativo sarebbe opportuno che i responsabili dell’evento garantissero il rispetto di adeguati standard igienici al fine di tutelare la salute dei propri addetti e di evitare di indurre il pubblico ad errati comportamenti igienico sanitari”. In effetti, eventuali errati comportamenti da parte di chi, in trasmissione, manipola e prepara alimenti, può danneggiare la salute di chi sia chiamato ad assaggiare: conduttori, personale di studio,

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pubblico presente. Ciò richiede certamente una tutela. Ma è ancora più importante lo scopo divulgativo delle trasmissioni. Molti esaltano un ruolo educativo della televisione, puntando talvolta il dito su aspetti, al contrario, diseducativi. Ciò con particolare attenzione al servizio televisivo pubblico, che ha sempre avuto ed ha una grande importanza e responsabilità per l’educazione e la crescita culturale della popolazione, ma si ritiene che non siano eticamente esenti le emittenti private. Certamente la televisione potrebbe contribuire in misura notevole all’educazione sanitaria della popolazione, anche in campo alimentare, lanciando messaggi e mostrando nel concreto in quale modo debba essere data garanzia di igiene, sia a livello di attività organizzata che a livello domestico. Per esempio: • mostrando chiaramente l’importanza di un lavello nei pressi della zona di preparazione e cottura e del lavaggio delle materie prime, degli strumenti di lavoro e delle mani tra una manipolazione e l’altra (riducendo così il rischio di contaminazioni crociate); • evitando il contatto sui piani di preparazione tra alimenti che possano contaminarsi uno con l’altro; • utilizzando abbigliamento adeguato ed evitando di usare impropriamente le mani durante la lavorazione; • evitando le capigliature fluenti e “incontrollate”, le unghie lunghe e smaltate e l’utilizzo di collane, orecchini, anelli, bracciali, ecc… (possibili fonti di corpi estranei negli alimenti e fattori ostacolanti un efficace lavaggio delle mani) durante la preparazione alimentare. Pare che questi ed altri elementi, alla base della corretta igiene alimentare, non sempre trovino adeguato riscontro in tutte le trasmissioni televisive di stampo gastronomico. La storia della televisione, e più in generale dello spettacolo, dimostra quanto gli spettatori possano essere ricettivi per i messaggi e le informazioni trasmessi da personaggi famosi, come cuochi e conduttori, anche per spirito di emulazione. È quindi importante che i messaggi siano corretti e orientati al miglioramento, mentre messaggi errati o inadeguati rivolti a settori di popolazione numericamente rilevanti possono indurre comportamenti scorretti diffusi e aumentare i rischi per la salute pubblica. L’occasione delle dimostrazioni gastronomiche televisive dovrebbe pertanto essere sfruttata al meglio, anche per affermare, in maniera non accademica, una “cultura igienica alimentare diffusa” negli individui e nella collettività, non limitata ai settori produttivi e commerciali (per i quali è comunque attivo un sistema di formazione e aggiornamento obbligatorio degli addetti) ma estesa anche all’ambito domestico, contribuendo così alla promozione della salute. Marco Cappelli Tecnico della Prevenzione ASL 5 La Spezia

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LA CARNE IN RETE

Social di Elena

1. Dario e la Piemontese Piemontese Doc di Trinità (CN), allevatore di quarta generazione nell’azienda di famiglia Cerutti Laura Maria, socio del Consorzio di tutela del Bue grasso di Carrù e regista del Campionato di Battuta al Coltello: DARIO PERUCCA è una forza della natura che mette passione nel suo allevamento e che porta avanti un progetto di carne di altissima qualità a zero compromessi. Noi lo seguiamo su instagram.com/mrperucca (photo © instagram. com/mrperucca).

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2. Food and Art Diary Una chicca? FAD, ovvero Food and Art Diary, una raccolta di curiosità e di iconografie legate al cibo. Spunti di riflessione, idee, suggestioni segnalate da IRENE FUSARI nell’account instagram.com/fad_foodandartdiary. Qui un’opera di HELENE APPEL, Shin, del 2016. Uno stinco. “Quotidianità domestica, oggetti che sono sotto gli occhi di tutti nella cucina di casa. Elementi dipinti con perfezione tale da sembrare veri, quando non addirittura dei trompe-l’œil, e tuttavia, per effetto delle loro proporzioni in relazione alla tela, quasi astratti. Soggetti di una banalità sconcertante, evidentemente dipinti al posto di qualcos’altro, per dire qualcosa d’altro”.

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meat Benedetti

3. Lorenzo Sandano superstar Ci piace tantissimo l’account Instagram di LORENZO SANDANO. La penna superlativa della (bellissima) rivista Cook_ inc. è da seguire su instagram.com/lorenzolinguini per foto, focus su materie prime selezionate, pusher di cose buone e produttori che puntano dritti alla qualità. Qui chicken wings & panature di pollo fritto by @legs_roma.

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4. La cultura delle carni australiane Rangers Valley è un’azienda australiana conosciuta per il marbled beef, la carne di manzo marezzata risultato di un incrocio perfetto tra Black Angus e Wagyu. Su Instagram (instagram.com/rangersvalley) stanno facendo un ottimo lavoro di comunicazione, formazione (vedi l’educazione ai tagli) e, non ultimo, un podcast per chi ha voglia di entrare nel loro mondo (photo © instagram. com/rangersvalley).

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Carne di alta gamma con un clic su www.marchesestore.it La sanremese Marchese Italia ha recentemente lanciato il nuovo store on-line www.marchesestore.it con un’ampia offerta di tagli selezionati di carne consegnati in tutta Italia in 24/48 ore. “Con il Family Pack abbiamo pensato ad un incastro di qualità, comodità e risparmio” si legge nel sito. “Viene accuratamente lavorata solo carne di prima scelta, confezionata sottovuoto e surgelata a –18 °C in breve tempo al cuore. Il surgelamento è un processo di congelamento istantaneo di tipo industriale, che si discosta completamente rispetto a quello domestico, che avviene in modo progressivo. La rapidità di raffreddamento è indispensabile e cruciale: farà in modo che si formino dei microcristalli di ghiaccio che non incideranno sulle proprietà nutrizionali ed organolettiche della carne. L’acqua all’interno non avrà il tempo di espandersi: questo sistema permette di mantenere nel tempo gusto, tenerezza e succosità delle carni”. Un’esperienza di gusto perfetta “Il nostro laboratorio di sezionamento ha ottenuto l’autorizzazione sanitaria necessaria alla libera circolazione degli alimenti di origina animale (Bollo CE n. CE IT C5T36) e soddisfa tutti i requisiti HACCP. Le norme relative a questo sistema sono necessarie per garantire sicurezza e salubrità dei prodotti alimentari durante tutte le fasi della produzione. La carne viene fatta frollare per almeno 15 giorni; dopodiché viene lavorata, disossata, pulita e porzionata a mano dai nostri macellai esperti, che procedono poi sigillando in appositi sacchetti sottovuoto. Solo a questo punto si inizierà la procedura di congelamento. Questi passaggi assicurano freschezza, sapore ed un’esperienza di gusto perfetta. Le confezioni sono inoltre ideate per l’uso quotidiano, volgendo lo sguardo alla comodità di avere prodotti di eccellenza a portata di mano: dovrai solo scongelare ciò che vorrai preparare ed il gioco è fatto! Il modo più naturale e semplice per scongelare la carne è infatti passare dal freezer al frigorifero e… aspettare! Si deve attendere un po’ di più, ma le caratteristiche organolettiche verranno completamente mantenute inalterate. Mettete quindi il prodotto in un piatto ampio senza forare il sacchetto contenitivo e lasciarla in frigorifero per un periodo di tempo che può variare da 12 a 24 ore, in base al taglio che avete scelto. Quando sarà al punto giusto, potrete procedere con la cottura”. Le porzioni sono studiate per chi è da solo, per una coppia, ma anche per un pranzo o una cena in famiglia o con amici. “Rendiamo accessibile a quante più persone possibili carne di alta qualità e riduciamo gli sprechi alimentari: niente di tutto quello che è all’interno della tua confezione dovrà essere eliminato, ma verrà solo gustato!”. Il marchio Génisse® rappresenta la linea selezionata di carne di scottona mentre El Macho® è la linea di carne di vitellone di alta gamma. >> Link: www.marchesestore.it – www.instagram.com/marchese__store

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Coronavirus: una banca dati per combattere le fake news Una banca dati on-line di facile consultazione con buone pratiche, approfondimenti e indicazioni science approved (“a prova di scienza”) per offrire al mondo della ricerca, alle imprese e ai consumatori una corretta informazione sulla sicurezza alimentare e contrastare le fake news in questo momento di emergenza Covid-19. È l’obiettivo dell’infrastruttura di ricerca METROFOOD-RI (Infrastructure for Promoting Metrology in Food and Nutrition, www.metrofood.eu), coordinata da ENEA, che coinvolge oltre 2.200 ricercatori di 48 tra le maggiori istituzioni di 18 Paesi europei impegnate nel campo della sicurezza alimentare, qualità, tracciabilità dei cibi, contrasto a frodi, sofisticazioni e contraffazioni, impatti per salute, lotta alla fame e agli sprechi. Tra le ultime fake news confutate dalla scienza, ad esempio, le proprietà anticovid-19 di gargarismi con acqua e sale, dell’argento proteinato o della vaselina cosparsa sulle narici. I ricercatori che partecipano a METROFOOD-RI hanno anche lanciato una campagna social (facebook.com/metrofoodri, twitter.com/ metrofood_ri) per informare il maggior numero di utenti, fornire indicazioni utili e rispondere a dubbi e domande di produttori e consumatori. Sul portale di METROFOOD-RI i ricercatori ENEA raccolgono documenti ufficiali, pubblicazioni scientifiche, factsheets, raccomandazioni e buone pratiche in diverse lingue, con l’obiettivo di fornire approfondimenti aggiornati utili ad analizzare i legami tra coronavirus e alimentazione lungo tutta la filiera. Si tratta di una vera e propria sezione di approfondimento al Covid-19 con contenuti suddivisi in due sezioni, in base alla tipologia di utente: “Ricerca, Ispezione & Controllo” e “Produzione & Consumo”. «Malgrado non ci siano prove scientifiche della trasmissione del virus tramite il consumo di cibi, in questo momento è essenziale promuovere una corretta informazione a produttori e consumatori sui temi di salute, sicurezza alimentare e lotta allo spreco» ha dichiarato CLAUDIA ZOANI, ricercatrice della Divisione Biotecnologie e Agroindustria e coordinatrice di METROFOOD-RI. >> Link: www.metrofood.eu


Crescere e migliorare, questo è l’obiettivo. Nata nel 1950 da una tradizione famigliare, oggi la Bervini Primo srl è presente sul mercato nazionale ed internazionale come azienda di importazione, lavorazione e vendita di carni. BERVINI PRIMO S.R.L. via Colonie, 13 42013 Salvaterra di Casalgrande Reggio Emilia · Italia

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COMUNICARE LA CARNE

EFSA: carni e prodotti animali sempre più sicuri Ormoni, antibiotici, sostanze indesiderate: le loro tracce nei prodotti di origine animale sono praticamente nulle. Lo rivelano le ultime analisi EFSA, che confermano come la situazione migliori di anno in anno. Ciononostante, fake news ed errate convinzioni sull’argomento non sembrano diminuire di Angelo Gamberini

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a carne, il latte e le uova che arrivano sulle nostre tavole sono sempre più sicuri. Lo confermano le analisi che EFSA, l’ente europeo per la sicurezza alimentare, realizza ogni anno su

migliaia di campioni di prodotti di origine animale. I dati più recenti (2018) confermano che appena lo 0,3% degli oltre 650.000 campioni esaminati presenta valori fuori norma. Gli stessi numeri, visti da

un’altra angolazione, dicono che il 99,7% dei campioni, quasi la totalità dunque, è perfettamente in regola. Numeri persino migliori di quelli registrati negli anni precedenti, con una costante diminuzione

Le ultime analisi EFSA confermano che i prodotti di origine animale che arrivano sulle nostre tavole sono sostanzialmente in regola in termini di adeguamento alle normative di sicurezza alimentare.

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Le formatrici Risco della serie TVM soddisfano la richiesta sempre crescente di produrre hamburger classici di qualsiasi forma e spessore. Le formatrici a testa singola TVM 140 N e il modello TVM 260 N con stampo a due fori rappresentano la soluzione ideale per la piccola e media industria. La serie TVM è la scelta perfetta per la produzione di hamburger di carne, pesce, formaggio e veggie. Gli stampi, normalmente tondi, ovali o quadrati sono personalizzabili nella forma e spessore per ottenere porzioni esatte nel peso come da richiesta del produttore.

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EFSA: in materia di residui di farmaci veterinari in animali e alimenti resta elevato il rispetto dei livelli di sicurezza Nell’Unione Europea i dati di sulla presenza di residui di farmaci veterinari e contaminanti negli animali e negli alimenti di derivazione animale mostrano alti tassi di conformità con i livelli di sicurezza raccomandati. È questo il dato che emerge dall’ultimo rapporto EFSA, che sintetizza i dati del monitoraggio 2018. La percentuale di campioni che ha superato i tenori massimi consentiti è stata dello 0,3%. Tale percentuale rientra nell’intervallo 0,25%-0,37% già riferito per gli ultimi 10 anni. Rispetto al 2017 la non conformità è aumentata lievemente per agenti antitiroidei e steroidi. Piccole diminuzioni sono state osservate per gli antibatterici, per altri farmaci veterinari (come gli antinfiammatori non steroidei), altre sostanze e contaminanti ambientali (come sostanze chimiche e micotossine). In totale sono stati esaminati 657 818 campioni provenienti da 28 Stati membri dell’UE. I dati saranno messi a disposizione su Knowledge Junction (zenodo.org), la piattaforma on-line di libero accesso curata da EFSA e creata per migliorare trasparenza, riproducibilità e la possibilità di riutilizzare evidenze scientifiche nella valutazione dei rischi per la sicurezza di alimenti e mangimi. >> Link: www.efsa.europa.eu/it

Con la consapevolezza che la sostenibilità nel campo delle carni costituisce un argomento complesso e dibattuto, il Progetto Carni Sostenibili intende mostrare che la produzione e il consumo di carne possono essere sostenibili, sia per la salute che per l’ambiente. Al dibattito sulla produzione e il consumo di carne partecipano organizzazioni e stakeholder di vario genere, caratterizzati da scopi differenti: associazioni animaliste e/o ambientaliste, centri di ricerca, media. In questo contesto non si è mai inserito, almeno in Italia, il punto di vista dei produttori di carne, che hanno invece sentito la necessità di partecipare al dibattito fornendo informazioni, dettagli e dati oggettivi utili a correggere, dove necessario, alcune posizioni, a volte pregiudiziali se non completamente scorrette. Per far questo, dal 2012 un gruppo di operatori del settore zootecnico (aziende e associazioni) si è organizzato per supportare studi scientifici che, in una logica di trasparenza pre-competitiva, hanno permesso di arrivare, oltre che alla pubblicazione dello studio “La sostenibilità delle carni e dei salumi in Italia“, all’avvio del progetto “Carni Sostenibili” e, quindi, del portale www.carnisostenibili.it. Nato dalla comunione di intenti delle tre principali associazioni di categoria, ASSOCARNI, ASS.I.CA. e UNAItalia, il sito si propone di trattare in modo trasversale tutti gli argomenti legati al mondo delle carni, contribuendo a un’informazione equilibrata su salute, alimentazione e sostenibilità.

dei casi “non conformi”, come vengono definiti quelli nei quali si riscontrano residui eccedenti i limiti previsti dalle normative. Se poi si entra nel dettaglio, si scopre che in numerosi casi la presenza di sostanze indesiderate non origina da comportamenti scorretti da parte di chi alleva, ma da contaminazioni di origine ambientale. Ma andiamo con ordine, partendo dagli antibiotici, farmaci sui quali è puntata l’attenzione per il moltiplicarsi di fenomeni di antibioticoresistenza da parte di alcuni batteri. È diffusa convinzione, per quanto errata, che all’origine di questo fenomeno ci sia un uso improprio in campo veterinario. I

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sostenitori di questa tesi si appellano a talune statistiche che hanno però il limite di non distinguere fra animali da reddito e da affezione e che non tengono conto dei farmaci esportati. Con l’avvento della ricetta elettronica veterinaria si potranno finalmente avere dati puntuali. Nel frattempo, i risultati raccolti da EFSA dicono che la presenza di residui di antibiotici si è registrata su appena lo 0,17% dei campioni esaminati. Percentuale che sarebbe ancora più bassa senza la presenza del miele, dove si ha un picco di positività dello 0,82%. Una conferma indiretta dell’impegno di allevatori e medici veterinari nel ridurre il ricorso a questa categoria di farmaci.

Il compito di contrastare i batteri è sostituito sempre più da efficaci misure di biosicurezza, da uno strategico ricorso ai presidi vaccinali e dall’utilizzo di “armi” antimicrobiche alternative. E i risultati ci sono, tanto che l’impiego di antibiotici negli ultimi sei anni si è ridotto del 30%. Sotto la lente di EFSA sono finiti poi gli ormoni. In questo caso il numero di campioni non in regola si è fermato al modesto 0,25%. Nel commentare gli esiti di queste analisi, i ricercatori hanno anche tenuto a precisare che la presenza di questi residui poteva originare non da comportamenti illeciti, ma da situazioni fisiologiche degli animali (ad

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esempio per la presenza di steroidi endogeni), come pure per la presenza negli alimenti di alcuni funghi del genere fusarium o di essenze vegetali in grado con i loro metaboliti di rilasciare residui indesiderati. È il caso dei vegetali della famiglia delle crucifere, cui appartengono cavoli e verze o la colza, nota foraggera. Non stupisce che di ormoni non vi sia praticamente traccia, visto che il loro impiego, almeno in Europa, è vietato da sempre, contrariamente a quanto avviene in altri Paesi come ad esempio gli USA. Vi sono tuttavia altre molecole in grado di stimolare la crescita e il cui uso è ammesso, ma solo per motivi terapeutici. In questo novero rientrano i beta-agonisti, anch’essi presi in esame dalle analisi di EFSA. Anche in questo caso i risultati testimoniano la correttezza dell’operato degli allevatori, visto che i risultati “non conformi” si fermano allo 0,01% dei campioni sospetti. In altre parole, il 99,99% della carne non ne presenta tracce. La ricerca di sostanze indesiderate o illecite nei prodotti di origine animale si è allargata a molte altre molecole, sia farmacologicamente attive, sia metaboliti delle stesse: dagli agenti antitiroidei agli steroidi, sino ai lattoni dell’acido resorcilico, preso in esame per le sue proprietà estrogeniche e dunque assimilabile al gruppo degli ormoni. Poi il grande capitolo degli antinfiammatori cortisonici, il cui impiego, come per molti altri farmaci, prevede adeguati tempi di sospensione. Anche per loro le analisi hanno confermato la sicurezza dei prodotti che escono da stalle e pollai. Quei pochissimi casi ove ciò non avviene diminuiscono anno dopo anno. E i controlli evitano che anche quei pochi possano giungere sulle nostre tavole. Eppure è convinzione diffusa che gli animali siano “imbottiti” di farmaci. Una fandonia, una fake news, per dirla con un anglicismo alla moda, che si sente troppo spesso ripetere. È allora il momento di cambiare opinione su carne e allevamenti. Angelo Gamberini per Carni Sostenibili

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MEAT MARKETING

Il Tricolore fa crescere le vendite Riferimenti all’italianità sul packaging come la presenza del Tricolore e il claim “100% italiano”: sono queste alcune delle leve del successo dei prodotti nel post emergenza a detta degli esperti. Da una ricerca dell’Osservatorio Immagino è infatti emerso come l’etichetta che evidenzia l’origine italiana faccia aumentare le vendite (+0,7% in presenza del Tricolore e +3,5% col claim “100% italiano”). Il fenomeno interessa un giro d’affari superiore ai 7 miliardi 38

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Nell’omnicanalità della vendita del servizio sul prodotto made in Italy, la presenza della bandiera sulle confezioni ne è l’emblema essenziale perché agevola gli scambi commerciali e rappresenta il biglietto da visita primaria per l’export. La comunità virtuale del mangiare italiano nel mondo è in continua crescita e lo sarà anche nel post crisi, generando il cosiddetto “glocalismo”

Performance positive anche per le indicazioni Doc/Docg che coprono il 2% del fatturato del made in Italy alimentare. E ancora, il trend delle etichette Dop si è mantenuto stabile con un aumento dell’1,8%. Inoltre, secondo Coldiretti due terzi degli Italiani sarebbero disposti a pagare almeno il 20% in più rispetto al prezzo di partenza pur di garantirsi l’italianità del prodotto

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l richiamo all’italianità nel mondo della GDO continua ad essere una delle caratteristiche più apprezzate dai consumatori. Lo ha dimostrato un’indagine condotta dall’Osservatorio Immagino di GS1 Italy su un campione di quasi 20.000 referenze con l’etichetta caratterizzata da un richiamo all’italianità del prodotto, evidenziando come la presenza del tricolore sui prodotti avesse generato un aumento delle vendite del 0,7% rispetto all’anno precedente, all’interno di un giro d’affari che supera i 7 miliardi di euro. L’importanza dell’italianità dei beni alimentari appare di grande rilevanza anche in correlazione all’attuale emergenza sanitaria, che ha visto numerosi esponenti del mondo produttivo chiedere un sostegno del made in Italy: l’italianità dei prodotti copre infatti il 25,2% delle referenze a scaffale e incide per il 24,4% sul fatturato del largo consumo. Ma non è tutto, perché la presenza della bandiera italiana sulle confezioni rappresenta un segmento che interessa il 14,5% del giro d’affari dei prodotti nostrani e il 15% di share sulle vendite a valore. Dati positivi che, secondo gli esperti dei settori consumi e produzione, devono essere presi in considerazione anche nel post epidemia per rilanciare le vendite. «Nonostante l’emergenza sanitaria abbia destabilizzato l’economia globale, siamo convinti che i beni alimentari nostrani vadano tutelati al 100% e stiamo lavorando in questa direzione, continuando ad investire nella realizzazione di prodotti attenti alle nuove esigenze dei consumatori per il post epidemia» ha spiegato FEDERICA BIGIOGERA, marketing manager di Vitavigor. «La garanzia di italianità e la presenza del tricolore sul packaging dei prodotti saranno leve fondamentali per il successo della GDO nel post epidemia. Continuiamo a mostrare all’Europa e al mondo intero il frutto del sapere e dei valori tramandati dalla nostra famiglia, soprattutto dell’importanza del made in Italy, che ci hanno permesso di produrre 7 tonnellate di grissini al giorno, distribuiti in Italia e all’estero». Oltre all’impor-

tanza del tricolore sul packaging, grande risalto è dato al claim “100% italiano” che, sempre secondo la ricerca dell’Osservatorio Immagino, ha registrato una crescita del 0,4% dell’offerta e del 3,5% nel giro d’affari su base annua. Performance estremamente positive anche per le indicazioni DOC/DOCG che coprono il 2% del fatturato del made in Italy alimentare, mettendo a segno un aumento del 3,4% rispetto al 2018. E ancora, il trend delle etichette DOP si è mantenuto stabile con un aumento dell’1,8%. Inoltre, secondo un’indagine di COLDIRETTI sempre basata sui dati dell’Osservatorio Immagino, due terzi degli Italiani sarebbero disposti a pagare almeno il 20% in più rispetto al prezzo di partenza pur di garantirsi l’italianità del prodotto che devono consumare a tavola. La rilevanza del made in Italy sull’impulso all’acquisto da parte dei consumatori è un pensiero condiviso anche da ERCOLE VAGNOZZI, professore di Business Intelligence & Customer Relationship Management presso l’Università Alma Mater di Bologna. «Non esiste più una vendita di prodotti, ma esclusivamente vendita di un servizio in cui il prodotto rappresenta parte del processo che ingloba pre-acquisto e post acquisto. Nell’omnicanalità della vendita del servizio sul prodotto made in Italy, pertanto, la presenza della bandiera sulle confezioni ne è l’emblema essenziale perché agevola gli scambi commerciali e rappresenta il biglietto da visita primaria per l’export. La comunità virtuale del mangiare italiano nel mondo è in continua crescita, e lo sarà anche nel post crisi, generando il cosiddetto “glocalismo”». Un aspetto positivo che si contrappone ai grossi stravolgimenti del prodotto che favoriscono l’Italian sounding, rappresentandone una mera imitazione. Nel futuro prossimo i produttori dovranno gestire attentamente la messa a valore di queste esperienze, determinando il vantaggio competitivo difficilmente imitabile». Nota A pagina 38, photo © fabioberti. it – stock.adobe.com

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WEBINAR

Così la zootecnia italiana si prepara a vivere il dopo Covid-19 Durante il periodo di lockdown l’intero comparto ha dimostrato grande senso di responsabilità, garantendo con regolarità gli approvvigionamenti alimentari. Questo però non gli ha impedito di essere travolto da una crisi che sta mettendo a dura prova la sua tenuta. Le voci dei vari attori della filiera si sono confrontate sulle prospettive future di Anna Mossini

«C

hi produce e alleva animali deve essere rispettato per il ruolo strategico che ricopre». François

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Tomei, direttore di ASSOCARNI, punta il dito sull’importanza strategica del settore zootecnico ai tempi del coronavirus. Lo ha fatto durante

un webinar, “La filiera agroalimentare ai tempi del coronavirus: prospettive future a seguito dell’emergenza”, organizzato da MSD Animal Health, che ha

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Nella fase di emergenza sanitaria da Covid-19, durante la quale le persone sono state costrette a modificare i propri stili di vita, i consumi dei prodotti zootecnici nazionali hanno subito ripercussioni ascrivibili a quasi tutte le categorie. raggruppato i principali esponenti delle diverse filiere zootecniche nazionali alle prese con la necessità di fronteggiare una crisi senza precedenti e che implica anche il rilancio del comparto. Sgombrando il campo da qualsiasi equivoco scaturito a seguito di alcune dichiarazioni comparse sugli organi di stampa nazionali, SERGIO ROSATI, docente presso il Dipartimento di Scienze veterinarie all’Università di Torino, ha sottolineato

che le specie zootecniche non si ammalano di coronavirus Covid-19, non producono anticorpi e quindi non hanno nessuna responsabilità nella diffusione del virus. «Stiamo combattendo contro un virus esclusivamente umano — ha ricordato — quindi gli alimenti che mangiamo sono completamente privi di pericolosità. Gli studi scientifici condotti dimostrano che nessuna delle 35 specie zootecniche presenta anticorpi nei confronti

MSD Animal Health, azienda leader mondiale nella salute animale (www.msdanimal-health.it), è impegnata a preservare e a migliorare la salute e il benessere degli animali attraverso la scienza, offrendo a veterinari, allevatori e proprietari di animali d’affezione la più ampia gamma di farmaci per uso veterinario, vaccini e soluzioni per la gestione della buona salute. MDS Animal Health è presente in più di 50 Paesi e i suoi prodotti sono commercializzati in circa 150 mercati. Coi suoi 25 siti produttivi e un network di 17 centri R&D dislocati a livello mondiale, la ricerca di MDS Animal Health include anche il settore chiave dei farmaci biologici, campo in cui è impegnata a combattere un’ampia gamma di patologie, tra le quali, in particolare, le zoonosi, malattie che colpiscono sia uomini, sia animali. In Italia, MDS Animal Health è presente a Milano con una filiale che conta 50 dipendenti, sul territorio con una forza vendita composta da 71 professionisti e ad Aprilia con un sito produttivo che annovera 92 dipendenti.

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di questo virus, il che certifica, se ce ne fosse ancora bisogno, che non hanno nessuna responsabilità epidemiologica». Consapevolezza e responsabilità Una doverosa precisazione, dopo che da più parti era stata avanzata l’ipotesi che la diffusione del coronavirus fosse addebitabile anche agli allevamenti zootecnici, soprattutto quelli intensivi. «Ci stiamo affacciando ad una fase in cui non sappiamo come spenderemo l’esperienza vissuta nei mesi immediatamente successivi all’esplosione dell’emergenza sanitaria» è intervenuto François Tomei. «Sappiamo che la ripartenza sarà molto difficile, perché registreremo molto presumibilmente un calo dei consumi domestici e del food service in generale, già gravato dagli effetti causati dalla chiusura del canale HO.RE.CA. a cui era destinato il 30-40% della produzione di carne; per non parlare dell’export, che sta timidamente riprendendo ma che è tuttora costretto a fare i conti con l’impatto devastante subito a causa della chiusura delle frontiere.

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Abbiamo affrontato un periodo molto duro perché lavorare durante il lockdown non è stato facile; al contempo, eravamo consapevoli di dover garantire cibo alla popolazione, una responsabilità di cui abbiamo sentito tutto il peso e che abbiamo cercato di gestire al meglio delle nostre potenzialità. È stata una prova dura e difficile da superare, una sfida non ancora finita perché siamo solo usciti dalla fase più emergenziale» ha concluso Tomei. «Ci attendono mesi molto impegnativi in cui non verranno a mancare il nostro impegno e la nostra professionalità, anche per questo ritengo che chi produce e alleva animali deve essere rispettato per il ruolo strategico che ricopre». Suini in crisi profonda Grave e profonda la crisi che sta attraversando il comparto suinicolo, passato da quotazioni di poco superiori a 1,50 €/kg incassate nella

prima metà di marzo a poco più di 1 euro delle settimane di maggio. «Le imprese stanno subendo effetti molto pesanti» ha dichiarato DAVIDE CALDERONE, direttore di ASS.I.CA. «Le macellazioni sono diminuite di circa il 25%, a causa delle numerose assenze del personale dovute più al timore di ammalarsi che a casi di contagio, a cui si uniscono le difficoltà dei prosciuttifici a ritirare le cosce da stagionare perché i consumi sono al palo. Le buone quotazioni che hanno garantito una considerevole redditività agli allevatori per oltre un anno e mezzo non hanno risolto problemi che con l’attuale crisi si sono ulteriormente acuiti. Da un iniziale aumento delle vendite dei salumi in vaschetta, a cui ha fatto da contraltare la contrazione di quelle al banco, siamo passati ora a un sostanziale rallentamento. Confidiamo che con la riapertura di bar e ristoranti si possa recuperare un po’ di quel 25% di produzione che è andata

perduta con la chiusura del canale HO.RE.CA. durante il lockdown, allo stesso tempo contiamo nella fiducia del consumatore, al quale abbiamo sempre garantito una fornitura di cibo costante. L’Italia è il più grande esportatore di salumi al mondo, il comparto suinicolo è uno di quelli trainanti dell’agroalimentare made in Italy, non possiamo pensare di perdere un valore così importante per l’economia del nostro Paese». Ad un settore in profonda crisi come quello suinicolo fa un po’ da contraltare quello avicolo sul quale Covid-19, come ha ricordato nel suo intervento il direttore di UNAItalia, LARA SANFRANCESCO, «si è abbattuto come un fulmine a ciel sereno; ciononostante, le aziende hanno dimostrato resilienza e, grazie all’elevato livello di professionalità raggiunto negli anni, hanno saputo accollarsi il peso della responsabilità garantendo approvvigionamenti costanti e ai massimi livelli qualitativi».

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Le notizie infondate e fuorvianti vanno contrastate con efficacia Durante il lungo periodo di lockdown determinato dalla pandemia Covid-19, il comportamento dei consumatori ha subito alcuni significativi cambiamenti rispetto a quanto avveniva prima. E non sempre positivi. Lo ha ricordato nel suo intervento Agostino Macrì, medico veterinario con una lunga e proficua attività scientifica alle spalle, oggi responsabile per la sicurezza alimentare all’Unione nazionale consumatori. «Il timore di non avere cibo a sufficienza nelle settimane a venire all’indomani della chiusura di tutte le attività ha indotto il consumatore a fare scelte non sempre oculate — ha affermato — inducendolo a riempire la dispensa di casa. Successivamente è uscita la notizia, infondata, che il virus fosse trasmesso anche dall’alimento, facendo emergere la difficoltà di spiegare/comunicare che gli alimenti non sono veicoli di malattie. Purtroppo la risposta del comparto agroalimentare non è stata sufficientemente efficace rispetto invece ad un certo tipo di informazione molto più aggressiva, analogamente a quanto andava fatto parlando di sicurezza alimentare. L’inefficacia delle risposte fornite da addetti ai lavori e non da scienziati super partes si è purtroppo rivelata un autentico autogol perché si è omesso di affermare un principio estremamente importante: le misure precauzionali adottate sono regolate da norme molto severe per evitare le tossinfezioni». A. Mo.

Crollo del “fresco” Di un secondo semestre dell’anno difficile ha parlato CLAUDIO DESTRO, vicepresidente AIA e amministratore delegato dell’azienda agricola Maccarese Spa, soffermandosi sul settore delle vacche da latte. «Le prospettive per l’immediato futuro ci preoccupano» ha affermato. «Prevediamo che i consumi di formaggi tenderanno a privilegiare i prodotti a basso costo che non appartengono ai nostri circuiti, ma anche la carne bovina, che importiamo per il 45% del fabbisogno, subirà la stessa sorte. Durante i mesi dell’emergenza il consumatore ha preferito orientarsi verso prodotti a lunga conservazione a iniziare dal latte, che nel segmento del fresco ha registrato un crollo del 90% a vantaggio dell’UHT. Abbiamo bisogno di un sostegno a favore delle aziende produttrici volto alla promozione del made in Italy, non lo chiediamo per l’industria ma per il settore primario: il rischio è che molte aziende siano destinate a chiudere e quando un allevamento chiude è un impoverimento per tutti».

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Un marchio per la carne bovina italiana Col marchio Consorzio sigillo italiano, utilizzato a partire dallo scorso novembre, la carne bovina stava conoscendo un momento di ritrovato vigore, tant’è vero che le vendite erano aumentate del 15%. «Oggi però le prospettive per gli allevatori non sono incoraggianti — ha sottolineato GIULIANO MARCHESIN, direttore del Consorzio — soprattutto perché manca una forte aggregazione del settore anche a causa del 47% di carne importata dall’estero. Da questa consapevolezza è nata l’idea del marchio Consorzio Sigillo Italiano, uno strumento che a valle può certificare sistema di qualità, incentivando di riflesso la produzione dei ristalli e favorendo in concreto una seria riflessione sul tema dell’interprofessione. Il nostro impegno è costante per dare valore aggiunto al marchio, ma il dopo Covid-19 ci preoccupa: all’inizio dell’emergenza sanitaria le vendite andavano bene, oggi il prezzo sta subendo una contrazione di 10 cent./kg».

«La filiera agroalimentare non si è mai fermata grazie ai suoi 3,6 milioni di operatori» ha scandito Luigi Scordamaglia, coordinatore di Filiera Italia. «Dall’inizio dell’emergenza sanitaria abbiamo dovuto registrare una perdita del 30% del fatturato, il crollo del settore vinicolo (–40%), della mozzarella di bufala, il 35% in meno di salumi, a cui si aggiunge il rallentamento nelle aziende delle fasi produttive dovute all’adozione dei dispositivi sanitari. Oggi, con la riapertura di bar e ristoranti, possiamo confidare in una graduale ripresa, ma ciò che pesa in maniera molto determinante è la flessione dell’export, dovuta soprattutto alla chiusura dei nostri canali USA, tedeschi e francesi, che da qui a fine anno stimiamo oscillerà tra il 13 e il 15%, percentuali che non vedevamo da vent’anni. Il quadro è obiettivamente preoccupante, ma attraverso azioni che vogliamo concordare con la Farnesina, alla quale chiederemo anche un valido sostegno, ritengo si possa guardare con moderato ottimismo al periodo di medio-lungo termine». Anna Mossini

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RETAIL NEWS

Notizie dalla GDO Esselunga prima per utili nella GDO, discount al top per fatturato secondo l’Osservatorio Mediobanca sulla distribuzione organizzata ESSELUNGA è prima per utili nella Grande Distribuzione e prima al mondo per vendite al metro quadro. È quanto emerge dall’Osservatorio sulla GDO italiana e i maggiori operatori stranieri dell’Area studi di Mediobanca. SUPERMARKETS ITALIANI, la società che controlla il marchio dei Caprotti, ha realizzato nel periodo 2014-2018 i maggiori utili nell’ambito della Grande Distribuzione Organizzata, con un dato complessivo di 1,302 miliardi di euro. Seguono Eurospin, con 924 milioni, Conad, con 850 milioni, e Selex, con 714 milioni. I peggiori sono Coop (–142 mln), Carrefour (–638) e Auchan (–813). Se si rapportano gli utili cumulati nel periodo alla consistenza dei mezzi propri iniziali, i discount però non hanno concorrenti: il gruppo Lillo-MD ha accumulato utili pari a 3,2 volte il patrimonio netto iniziale, Lidl ed Eurospin, rispettivamente 1,7 e 1,5 volte. Tutti gli altri operatori hanno multipli inferiori all’unità. Non a caso, i discount sono cresciuti in Italia più degli altri canali distributivi alimentari. In particolare, Lidl Italia ha realizzato la maggiore crescita del fatturato dal 2014 al 2018 con l’8,8% medio annuo davanti a Crai (8,1%). In ordine decrescente seguono gli altri discount e gli altri operatori della Distribuzione Organizzata, tra cui Eurospin (8%), Agorà (7,9%) e VéGé (7,2%); in posizione intermedia Conad, col 3,5%. Supermarkets Italiani (Esselunga) ha una crescita media del 3%. A subire, invece, un ridimensionamento del fatturato sono Coop, Bennet e Auchan, anche di entità importante. Osservando la variazione del 2018, sono ancora i discount a realizzare le migliori performance: Lidl (9,1%), Eurospin (7,7%) e Lillo-MD (7,1%), cui si aggiunge il gruppo Agorà (7,5%) seguito, sempre nell’ambito della Distribuzione Organizzata, da VéGé (5,3%). Con riferimento alla redditività dei singoli operatori, sempre in base al rendimento del capitale investito (Roi) del 2018, il gruppo più redditizio è Eurospin (23,9%) che precede Lillo-MD (17%) e Lidl (13,5%); seguono in doppia cifra Agorà (12,5%), VéGé (11,9%) e Crai (10,5%). Le differenti performance dei gruppi dipendono da una molteplicità di fattori (ubicazione, tipologia e assortimento dell’offerta, riconoscibilità del brand e sua fidelizzazione, ecc…) tra i quali figura anche la presenza più o meno intensa nelle grandi superfici (Iper) che rappresentano il format maggiormente sofferente. Esselunga nel 2018 risulta anche la prima a livello internazionale usando il parametro delle vendite per metro quadro di superficie. Il gruppo italiano, con 15.794 €/m2, risulta il gruppo più efficiente, precedendo l’olandese Ahold Delhaize (14.161 €/m2), le britanniche J. Sainsbury’s (13.774 euro) e Tesco (10.690 euro), le australiane Woolworths (10.133 euro) e Wesfarmers (9.987 euro), le cooperative svizzere Migros (9.891 euro) e Coop Group (8.364 euro) e la spagnola Mercadona (9.069 euro). Sotto la media le cooperative italiane Coop (6.036 euro) e Conad (5.840 euro), pur superando le cooperative tedesche Rewe (5.384 euro) ed Edeka (4.743 euro). Va ricordato comunque, precisa Mediobanca, che le catene statunitensi hanno i margini più elevati (Roi) e da questo si deduce che “non necessariamente l’elevata rendita unitaria delle superfici è garanzia di alta redditività, i maggiori operatori riescono a conseguire vantaggi in termini di varietà d’offerta e masse intermediate che coesistono con rese unitarie relativamente basse”. Un secondo aspetto rilevante, per Mediobanca, “riguarda gli scarti significativi che si rilevano tra le vendite per metro quadro dei negozi domestici e di quelli esteri. I primi conseguono vendite unitarie mediamente superiori, ad eccezione della giapponese Seven & I e della francese Casino” (fonte: EFA News – European Food Agency).

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LA NOSTRA STORIA NASCE DA MANI ESPERTE Dal 1936 lavoriamo la carne con la volontà costante di offrire prodotti sani e di qualità, cercando di cogliere i processi di cambiamento del mercato e soddisfare le esigenze dei nostri clienti. Tutto ciò ha contribuito a rendere la nostra azienda una realtà capace, fondata su basi solide e sull’impegno quotidiano nella crescita e nello sviluppo dei reparti produttivi, nella cura delle spedizioni, nelle rigide applicazioni delle norme sanitarie.

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Amadori, fatturato in crescita nel 2019: attestato oltre 1,3 miliardi (+3,9%) Il Gruppo Amadori nel 2019 ha visto consolidare ulteriormente il positivo trend di crescita realizzato nei due precedenti esercizi, confermandosi una delle prime aziende del comparto alimentare italiano, posizionata stabilmente ai vertici del settore avicolo. Il fatturato complessivo del 2019 ammonta a 1.304 milioni di euro (+3,9% rispetto allo scorso anno). All’aumento del fatturato si è aggiunta una importante crescita del margine operativo lordo, che ha raggiunto i 118 milioni di euro (+11,8 % rispetto al 2018). L’azienda spiega in una nota che “i risultati ottenuti sono il frutto della politica di investimenti sostenuta dal Gruppo in questi ultimi anni, proseguita nel corso del 2019 e focalizzata sullo sviluppo delle proprie filiere d’eccellenza (BIO, Il Campese allevato all’aperto e Qualità 10+). Da queste filiere sono stati sviluppati prodotti innovativi di qualità e ad alto contenuto di servizio, per garantire al consumatore la più ampia scelta possibile”. «Siamo soddisfatti dei risultati di bilancio ottenuti nel 2019, che confermano l’efficacia delle nostre scelte strategiche» ha commentato l’AD FRANCESCO BERTI. «Questa performance è stata ottenuta grazie a molteplici progetti, legati all’innovazione di prodotto e di processo e ad una politica commerciale e di marketing orientata a dare un sempre maggior servizio ai nostri clienti. Questi risultati consentono al Gruppo di proseguire nel suo percorso di sviluppo, per soddisfare le numerose e diversificate richieste di un mercato in continua evoluzione, e premiano gli sforzi dei nostri oltre 8.300 collaboratori in tutta Italia. In questo momento particolare — conclude Berti — desidero ringraziare soprattutto i lavoratori della filiera integrata Amadori, che negli ultimi mesi, nonostante l’emergenza Covid, hanno lavorato con passione e senso di responsabilità, rispettando con dedizione le procedure adottate all’interno di tutti i siti produttivi: misure che ci stanno consentendo di essere pienamente operativi e, di conseguenza, di poter garantire ogni giorno i nostri prodotti di qualità a milioni di famiglie italiane» (fonte: EFA News – European Food Agency).

Utilizzo delle tecnologie di realtà virtuale per sperimentare in anticipo le strutture di produzione dell’industria alimentare, anche delle carni Gli occhiali 3D offrono un’esperienza visiva che accompagna i clienti attraverso complessi processi di pianificazione della produzione prima ancora che vengano creati e sono uno strumento importante per fase decisionale di un progetto. Come specialista nel campo della pianificazione della produzione per l’industria alimentare, Lissner Engineers + Architects utilizza la tecnologia VR per semplificare, accelerare e ridurre la progettazione e la messa a punto del concetto. L’azienda, a conduzione familiare, è guidata dagli ingegneri industriali DENNIS e TOBIAS LISSNER. Da oltre 30 anni progetta nuovi stabilimenti e ampliamenti di impianti di produzione in linea con gli standard più avanzati. Uno dei punti di forza unici dell’azienda è l’implementazione di lavori di costruzione durante il funzionamento. «Non ci vediamo come una classica ditta di architetti» sottolinea Dennis Lissner. «Come specialisti nella pianificazione della produzione e, in particolare, per l’industria delle carni, pianifichiamo processi operativi ottimali. Garantiamo flussi di lavoro fluidi per prodotto e personale progettando i percorsi più brevi possibili ed evitando i punti di intersezione. Solo una volta completata la pianificazione dell’area di produzione, è possibile continuare la pianificazione delle attrezzature tecniche e delle costruzioni. La nuova tecnologia VR fornisce un supporto molto efficace per questo processo».

Lissner Engineers + Architects è pioniere dello strumento innovativo di pianificazione 3D e vanta esperienza nella progettazione di impianti di lavorazione anche nell’industria delle carni.

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#ImpossibilEResistere ... La linea GUSTAmi® è realizzata solo con carni pregiate di altissima qualità, provenienti da ALLEVAMENTI ITALIANI qualificati, dove gli animali vengono nutriti in modo sano e naturale e accuditi nel pieno rispetto del BENESSERE ANIMALE certificato CReNBA.

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LA QUALITÀ

Con una media di 33 giorni a scaffale HCC migliora il servizio offerto

Agnello gallese Igp, si allunga la shelf-life

L’

industria gallese delle carni ovine ottiene notevoli miglioramenti nella shelf-life del suo prodotto di punta, il Welsh lamb IGP. L’ente che si

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occupa della promozione delle carni rosse gallesi, HCC Hybu Cig Cymru – Meat Promotion Wales, ha annunciato un significativo allungamento della durata media di

conservazione dell’Agnello gallese IGP, un obiettivo fondamentale per potenziare la competitività del prodotto a lungo termine nel settore. Se fino ad oggi, infatti, la shelf-life

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variava dai 21 ai 28 giorni, gli ultimi dati confermano un avanzamento del 16%, che si traduce in una media di 33 giorni. È stato soprattutto l’export negli ultimi anni ad aprire la strada ad una shelf-life più lunga, un fattore considerato chiave per aiutare le performance di questo prodotto nel mercato al dettaglio e avvicinare nuovi clienti. Nel guidare l’industria verso questi miglioramenti, HCC ha lavorato in tutte le fasi della catena di produzione, a cominciare dai corsi di formazione per gli allevatori fino alla collaborazione con le aziende

«L’aumento della shelf-life è stato un importante obiettivo strategico e siamo orgogliosi di aver fatto un significativo passo avanti in questa direzione», ha dichiarato Gwyn Howells, amministratore delegato di HCC. «La scadenza varia leggermente tra i diversi tagli: alcuni ora hanno una durata significativamente superiore ad un mese, aspetto determinante per presentarci in maniera ancora più performante sui mercati esteri»

di trasformazione per perfezionare i macelli, gli impianti di sezionamento e i trasporti. «L’aumento della shelf-life è stato un importante obiettivo strategico e siamo orgogliosi di aver fatto un significativo passo avanti in questa direzione», ha dichiarato GWYN HOWELLS, amministratore delegato di HCC. «La scadenza varia leggermente tra i diversi tagli: alcuni ora hanno una durata significativamente superiore ad un mese, aspetto determinante per presentarci in maniera ancora più performante sui mercati esteri».

Si dichiara molto soddisfatto anche JEFF MARTIN, responsabile HCC per il mercato italiano. «La scadenza più lunga del nostro agnello gallese, oltre al fatto che il prodotto arriva nei punti vendita “pronto” per essere esposto nei banchi di carne fresca (già porzionato, confezionato, prezzato ed etichettato), garantisce al supermercato e al caporeparto un risparmio notevole di tempo e una miglior gestione del prodotto. Un aspetto molto importante che ci posiziona ad alti livelli non solo per la qualità della carne, ma anche per il servizio efficiente offerto».

HCC-HibuCigCymru è l’ente responsabile per lo sviluppo, la promozione e la distribuzione delle carni del Galles. Tra i suoi compiti vi sono: la promozione di tutti i prodotti carnei provenienti dal Galles, l’evidenziazione delle caratteristiche che li differenziano, la collaborazione con le aziende agricole per diffondere la qualità, ridurre i costi e migliorare la salute degli animali, la collaborazione con tutta la catena di fornitori per migliorare l’efficienza e sviluppare la garanzia di qualità, l’attività per la diffusione e il miglioramento della comunicazione della qualità di questo settore. HCC rappresenta per vasta parte l’industria agricola del Galles e trae esperienza dai diversi componenti dei suo Board of Directors e dalle aziende a cui essi appartengono. >> Link: www.agnellogallese.it

L’Ag L’ Agne Ag ne ell llo o ga gall lles ll esse Ig ese Igp ha un gu g stto ca ca-raattter eris isti is tico ti co ed è mo molt ltto ap appr prrez e za zato to per la s a fr su fres esch chez ch ezza ez zaa e la teeneere rezz zza, zz a ma an a, anch chee ch perr la pe l qua ualililità tà e la va vari riet ri etàà de et deii taagl glii ch chee po oss sson ono on o es esse sere se re faccililme ment me ntee pr nt prep e ar ep arat atii e at adat ad atta at ttaati t seccon ndo la st s ag agio ione io n ed ili gus ne usto to. to

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INTERVISTE

Barbecue, il boom del lockdown Silvia Zordan, marketing di Weber: «Grazie all’exploit delle vendite on-line chiuderemo l’anno in pareggio»

T

ra i diversivi culinari sperimentati dagli Italiani in tempo di Covid, un posto d’onore spetta al barbecue. Visto che nei due mesi di reclusione, postando filmati à gogo sui social, i serial-griller dell’intera penisola “hanno grigliato

l’impossibile”. Il dato è certo: parola di SILVIA ZORDAN, responsabile marketing Italia- Spagna di WEBER, leader mondiale nella produzione di barbecue e tra i più importanti brand del mercato garden negli Stati Uniti (www.weber.com). «Parados-

Nei mesi di reclusione a casa gli Italiani si sono dimostrati appassionati grigliatori (in foto, uno dei barbecue della linea Weber Deep Blue Ocean).

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salmente l’emergenza ci ha aiutato — spiega infatti Zordan — perché, grazie anche alla nostra campagna #iorestoacasaconweber e le videoricette dei nostri grill master, prima con l’e-commerce e poi col delivery siamo riusciti a recuperare il gap di vendite. E tutto fa pensare che a settembre, il nostro fine stagione, riusciremo a chiudere in pari o leggermente meglio del 2019. Il che è già un risultato. Alcuni nostri punti vendita hanno addirittura triplicato gli ordini». Sbarcato in Italia a settembre 2008, con una filiale diretta a Dueville, in provincia di Vicenza, il colosso Weber-Stephen registra oggi 20 milioni di fatturato (di cui il 33% proveniente da accessori come combustibili, piastre, pietre pizza e griglie), 50.000 barbecue venduti l’anno, declinati in ben 68 modelli, richiestissimi soprattutto al Nord (il 50% del mercato) e un po’ meno al Centro (30%) e al Sud, dove si continuano a preferire le griglie casalinghe (20%). Rivoluzione Weber: la storia Ma la saga inizia nel 1952 a Chicago, nell’Illinois, quando GEORGE STEPHEN, assemblatore di piastre d’acciaio presso lo stabilimento Weber Brothers Metal Works, 12 figli e una passione per le grigliate di famiglia, decide di inventare un sistema di cottura a prova di fiammate e folate di vento. Lo spunto arriva dal mare, osservando una boa metallica di segnalazione: perché non creare un braciere a sfera? Tagliata a metà, la parte inferiore della boa viene destinata a braciere, mentre la superiore a coperchio, con tanto di impugnatura. È la rivoluzione:

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perché con questo metodo Stephen, grazie alla convenzione del calore garantita dal coperchio, riesce ad ottenere cotture morbide e delicate, senza disperdere gli aromi, eliminando al tempo stesso fumi e cattivi odori. Sulla scia del successo, nasce così un nuovo brand, il Weber-Stephen (in collaborazione con l’azienda dove George era impiegato) e il primo barbecue a sfera con coperchio, l’Original Kettle, progenitore di un’infinità di graticole chiuse, immortalato per sempre nel marchio di nuova azienda che diventerà famosa nel globo. #iogriglioconweber Ma in quest’estate di distanziamento gli Italiani continueranno a grigliare, soprattutto a casa? «Difficile fare previsioni — spiega ancora Zordan — perché ogni mercato è diverso. In Spagna ad esempio la gente ama andare al ristorante e non sarà facile interpretare la domanda. In Italia una cosa è certa: grazie

anche a Weber, che sta aiutando a codificare le tecniche di cottura (l’hashtag di questa stagione è infatti #iogriglioconweber), il barbecue non è più il fratello minore della cucina tradizionale bensì una sua degna alternativa. Le differenze con i griller d’Oltreoceano? Negli USA si privilegiano le cotture lunghe e l’uso abbondate di salse e spezie, mentre gli Italiani, più avventurosi, sperimentano nuovi piatti e sapori, dando risalto alla qualità di prodotti a km 0». Carbone, gas, elettrico, pellet: scegli il tuo preferito Moderni, sicuri e di bell’aspetto i grill Weber si declinano nella versione a carbone, gas, elettrico e pellet, combustibile questo che scaldandosi rapidamente permette alla griglia di raggiungere prima la giusta temperatura. «I modelli a carbone rappresentano ancora il 55% del nostro fatturato, seguiti da quelli a gas (40%) e poi da quelli

elettrici (5%)», spiega ancora Zordan. «L’apprezzamento però per il gas va crescendo: la diffidenza verso il fatto che non garantisca gli stessi sapori dati dalla brace sta venendo meno. E poi grazie alle bombole è molto più pratico». Tra i modelli più noti da segnalare il Kettle Master Touch, discendente dell’Original Kettle, in assoluto il più venduto, e la sua versione portatile Smokey Joe. Insieme al nuovissimo Spirit Ep-335, con ben tre bruciatori, top di gamma della linea a gas. Ma anche sistemi di cottura così basic possono diventare smart: è dell’inizio del 2020 il lancio del Weber Connect Smart Grilling Hub, dispositivo per grigliate intelligenti, premiatissimo all’ultimo CES (Consumer Electronics Show) di Las Vegas. «È impossibile — conclude Zordan — non trovare il barbecue preferito». I serial griller della fase 2 sono avvisati. Fonte: EFA News European Food Agency

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MERCATI

Allevata secondo natura: ecco i segreti della carne di manzo irlandese Allevamento al pascolo, nutrimento a base di erba e rispetto del benessere dell’animale sono le caratteristiche principali che rendono speciale la carne irlandese

L

a carne bovina irlandese è riconosciuta come una delle carni più succulente e appetitose presenti sul mercato. Secondo BORD BIA, ente governativo per la promozione dei prodotti alimentari irlandesi, questa carne tenera e magra di colore rosso borgogna e dal gusto deciso e ben distinto non solo soddisfa il palato, ma è anche ricca dal punto di vista nutrizionale, con alti livelli di vitamine e sostanze nutritive come ferro e acidi grassi Omega-3. Ma quali sono i segreti che assicurano le preziose carat-

teristiche e le numerose proprietà nutrizionali alla carne irlandese? Potremmo riassumerli nell’espressione: allevamento secondo natura. Il rispetto del benessere dell’animale in ogni fase della sua vita è infatti una delle caratteristiche principali degli allevamenti in Irlanda. A questo si aggiungono le caratteristiche geografiche e climatiche di questa terra particolarmente favorevoli ad una lunga stagione di allevamento libero al pascolo, con un nutrimento a base di erba fresca.

L’isola è lambita dalla corrente del Golfo, che ne mitiga il clima, e da piogge frequenti; qui l’erba cresce rigogliosa per buona parte dell’anno offrendo un nutrimento naturale alle mandrie bovine. L’Irlanda vanta una superficie agricola di circa 5 milioni di ettari, oltre l’80% dei quali è costituito da pascolo, quindi non manca di certo quell’ingrediente speciale che rende la carne irlandese così eccezionale: morbide colline e distese sconfinate di prati verdi. Al giorno d’oggi i consumatori sono sempre

Allevatori nella Contea di Wicklow (photo © Jack Caffrey, The Pimlico Project).

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QUALITA’ Costante In Modo Prodotta SOSTENIBILE Dawn Meats, con la sua divisione Dunbia nel Regno Unito, e’ una delle principali industrie in Europa di carne bovina ed ovina. DMS S.r.l, T: +39 0524 84414 E: dms@dawnmeats.com

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Macella e disossa 3 milioni di ovini e 1 milione di bovini all’anno Gli stabilimenti, situati in posizioni strategiche in Irlanda, Scozia, Inghilterra e Galles, permettono di rifornirsi al meglio di bovini ed ovini, riducendo gli spostamenti e aumentando il benessere animale Offre una gamma completa di carne bovina ed ovina in osso e in tagli anatomici, frattaglie e hamburger


più consapevoli della necessità di ridurre quantitativamente il consumo di carne rossa in nome della sostenibilità ambientale e della salute. Per questo tra gli Italiani si evidenzia un fenomeno di riduzione del consumo di carne a fronte di un miglioramento qualitativo: si preferisce mangiarne meno, ma di migliore qualità. Da questo punto di vista, la scelta migliore è quella di optare per una carne proveniente da bovini allevati al pascolo. Ed è proprio questo il caso dei manzi irlandesi; questi ultimi infatti pascolano all'aperto e in libertà per buona parte dell’anno e seguono un’alimentazione a base di erba: queste metodologie offrono standard elevati in termini di qualità, tracciabilità e benessere degli animali. Tra i più importanti troviamo il Sustainable Beef & Lamb Assurance

Bovini irlandesi alla Tim Meagher’s beef farm, Roscrea, Co. Tipperary (photo © Bord Bia). Scheme (SBLAS), un programma di tutela della qualità e della sostenibilità della produzione bovina e ovina irlandese certificato ISO 17065/2012 che lavora su due fronti: da una parte supervisiona il lavoro delle aziende irlandesi attraverso uno schema operativo che si basa su standard qualitativi rigorosi in grado di identificare le best practice.

Bord Bia, Irish Food Board, è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi. Lo scopo di Bord Bia è quello di promuovere il successo dell’industria food & beverage e dell’orticoltura irlandese attraverso servizi di informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2019 le esportazioni dell’industria food & beverage irlandese sono arrivati a quota 13 miliardi di euro, con una crescita di quasi il 67% dal 2010. L’Italia è un mercato importante, con esportazioni del valore di 314 milioni di euro nel 2019; è il quarto mercato più importante per l’export di manzo irlandese in Europa con scambi valutati, per l’anno scorso, a 176 milioni di euro. >> Link: www.bordbia.ie

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Dall’altra, esso tutela i consumatori e i distributori attraverso ispezioni e controlli periodici sui prodotti e con l’attribuzione del marchio di qualità assicurata solo per quei prodotti che rispettano pienamente i requisiti dello schema qualitativo e con una validità di 18 mesi. L’arte e l’amore per il bestiame fa parte da sempre della cultura della vita rurale di questo Paese. Il 99% di tutte le aziende agricole è di proprietà familiare, una tradizione che passa con orgoglio di generazione in generazione. Questo approccio pone al centro dell’agricoltura la salute e il benessere dei bovini e la sostenibilità dei pascoli verdi su cui sono allevati. Inoltre, la carne allevata al pascolo è 8 volte più ricca di betacarotene e 5 volte più ricca di Vitamina A e di Vitamina E — ottime alleate del sistema immunitario e apparato visivo — rispetto alla carne allevata con le tecniche tradizionali in stalla. Inoltre, una dieta a base di erba arricchisce la carne di importanti sostanze nutritive, come ferro e acidi grassi Omega-3, oltre a produrre carni dal sapore eccezionale.

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ANALISI DI SETTORE

Il mondo in evoluzione Anche le filiere delle carni e dei salumi si stanno velocemente adeguando ai nuovi trend di mercato e di acquisto. In attesa di aprire i battenti dell’edizione 2021 di Tuttofood, Fieramilano ha sondato gli umori dando voce ad alcuni tra i nomi più rappresentativi del settore

I produttori italiani di carni e salumi guardano al dopo emergenza con sostenibilità e tecnologia, affrontando il presente con impegno produttivo e un occhio rivolto all’export (photo © Jenifoto – stock.adobe.com).

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l settore nazionale delle carni, con i salumi nel ruolo di protagonisti, è una delle bandiere del made in Italy nel mondo. Nel 2019, secondo dati ISTAT elaborati dall’associazione di categoria ASS.I.CA., le esportazioni di salumi sono rimaste stabili in volume (181.142 t, –0,3%) mentre il valore ha visto un incremento dell’1,4%, a quota 1.568 milioni di euro. Nonostante le difficoltà evidenziate dal commercio

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mondiale, il saldo internazionale ha registrato un +0,9%, per 1.354 milioni di euro. Bene salami (+4,4% in valore, per 336,6 milioni di euro), mortadella e würstel (+7,0% in valore per 149,3 milioni di euro) e le pancette stagionate, che salgono a doppia cifra in valore (+20,2% per circa 51,2 milioni di euro). Tornano a crescere in valore anche le spedizioni dei prosciutti cotti, a 139,6 milioni di euro (+2,6%).

Cosa aspettarci nel 2020 alla luce dell’emergenza Covid? «Le vicende che abbiamo vissuto nel 2019, e forse ancora di più quelle che stiamo vivendo oggi, ci impongono di ragionare in un’ottica di sostegno reciproco tra i popoli in una situazione di epocale difficoltà» commenta NICOLA LEVONI, presidente di ASS.I.CA. «Siamo convinti che agevolare gli scambi sia una leva importante per superare questo

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momento di difficoltà e tutelare l’intera filiera». Parliamo di un settore fondamentale per l’economia del nostro Paese. Oltre 900 aziende di tipo industriale per quasi 30.000 addetti, che fatturano circa 8 miliardi di euro nel solo comparto dei salumi, 1,5 miliardi dei quali derivano dalle esportazioni. Un settore che in emergenza ha sostenuto le necessità del Paese, grazie a tutti gli addetti che hanno continuato la produzione di alimenti che sono parte delle nostre tradizioni. A livello nazionale, aggiunge Levoni, «occorre attivare campagne di promozione e di sostegno ai consumi in punto vendita, in particolare nel banco taglio, per mantenere attiva la domanda».

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Tra preaffettati e fatto in casa E proprio il banco taglio, come concordano molti produttori, è la modalità di vendita che più ha risentito di questa situazione eccezionale in cui i consumatori si sono rivolti principalmente al preaffettato per maggiore rapidità e per evitare più contatti interpersonali. «Stiamo assicurando la continuità delle nostre produzioni, ponendo però principalmente l’attenzione sulla salute del personale della filiera» aggiunge EMORE MAGNI, direttore del Consorzio Prosciutto Toscano DOP. «D’altro canto, i consumatori hanno cambiato le loro abitudini, propendendo sempre di più per un acquisto veloce e preferendo quindi il prodotto preaffettato. Ciò ha portato ad un aumento

della richiesta delle vaschette di Prosciutto Toscano DOP, ma che compensa solo in parte le perdite derivanti dalla chiusura del settore HO.RE.CA. e dal calo importante delle vendite al banco taglio delle gastronomie delle principali catene di distribuzione». Un altro aspetto che ha inciso in modo rilevante è il blocco pressoché completo del fuoricasa. Come spiega ALESSANDRO IACOMONI, presidente del Consorzio di Tutela della Finocchiona IGP, «la Finocchiona IGP ha chiuso un 2019 positivo, con un +3%, e anche i primi due mesi del 2020 hanno registrato dati positivi. Il lockdown è stato segnato soprattutto dal blocco del settore HO.RE. CA. che, per una produzione come la nostra, è di importante valore: da

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inizio anno ad oggi i nostri volumi produttivi fanno segnare un calo di circa il 12%. Per rilanciare il prodotto puntiamo sui social, nuovi canali di vendita e nuovi mercati. Inoltre, sarà importante stimolare i consumatori proponendo notizie, curiosità oppure ricette ed usi in cucina. Il nostro Consorzio si è mosso da tempo nel realizzare con chef professionisti varie ricette: antipasti, insalate, primi e secondi piatti e per finire panini gourmet». Anche per la carne, la chiusura di tavole calde e ristoranti ha portato i consumatori a dedicarsi al fatto in casa. «Avendo le persone più tempo da dedicare alla casa e alla cucina, come confermano anche i media vi è stato un ritorno al “fatto in casa”» spiega RAFFAELE PILOTTO, direttore commerciale e marketing e socio di Centro Carni Company. «Quindi acquisto delle materie prime, da lavorare poi in cucina: una tendenza che riguarda anche i burger e i tagli da proporre al barbecue o griglia. Riteniamo che questa emergenza porterà ad una maggiore attenzione verso cibi sicuri, certificati e che rispecchiano i valori e gli stili di vita delle persone. Probabilmente si sentirà anche un bisogno di ritorno alla convivialità». Un futuro sostenibile e tecnologico Le particolarità evidenziate da questa emergenza possono però essere anche l’occasione per comprendere meglio quali sono le tendenze che si rafforzeranno nel prossimo futuro. «Manca la domanda del food service e a livello retailer si sono ridotte in modo importante le vendite al banco taglio» commenta DANIELE CREMONESI, amministratore di San Michele. «I consumatori stanno privilegiando i salumi preaffettati, che possono prendere direttamente dallo scaffale senza sostare al banco. La crescita dell’affettato nel canale retail, tuttavia, non compensa le perdite di fatturato registrate negli altri canali. In compenso, credo che i temi di fondo emersi negli ultimi anni quali benessere animale, ridu-

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zione delle plastiche, imballi ecocompatibili, produzioni sostenibili, possano subire un’accelerazione a seguito di questa emergenza. Questi temi sono al centro dei nostri piani industriali e commerciali 2020/2025 che proprio in questi giorni stiamo ridefinendo». «Riteniamo ormai consolidata l’accelerazione dell’e-commerce, anche nella Grande Distribuzione» dice VALERIA FIORANI, ufficio marketing e relazioni esterne Fiorani & C. «In linea con questa evoluzione, continueremo a proporre prodotti ad alto valore di servizio, di qualità, veloci e semplici da cucinare, progettati per durare più a lungo. Vediamo inoltre grandi possibilità di sviluppo per i prodotti cotti, con ricette adatte ai nuovi stili di vita e un packaging accattivante. L’emergenza accelererà le tendenze più green: il consumatore vorrà essere sempre più informato e consapevole e si muoverà verso prodotti salutari per il corpo e per l’ambiente, che offrano maggiori garanzie di sicurezza». Oltre all’e-commerce, l’export si conferma un importante sbocco. Nel 2109, ad esempio, la Mortadella di Bologna IGP ha visto un incremento delle vendite all’estero del 20% confermando la UE come il principale mercato di riferimento. «Siamo orgogliosi della crescita della Mortadella Bologna nei mercati esteri — dichiara CORRADINO MARCONI, presidente del Consorzio Mortadella Bologna — che conferma il crescente apprezzamento della qualità made in Italy e premia il nostro impegno nel portare avanti specifici programmi di promozione all’estero, in particolar modo in Germania e Belgio per il mercato UE e Giappone ed Hong Kong per il mercato extra UE». Scontando l’effetto lockdown almeno per il primo semestre, il 2020 si preannuncia ancora non semplice, ma gli sforzi intrapresi dai produttori in diverse direzioni fanno presumere che un consolidamento, possibilmente una ripresa, sia alla portata del settore. Tuttofood Milano tuttofood.it

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Indicazioni d’origine, un’enorme risorsa Un prodotto a denominazione su quattro, nel mondo, è italiano. Il Belpaese conferma il suo primato mondiale per numero di prodotti certificati con 824 Dop, Igp, Stg nei comparti Food & Wine su 3.071 totali: un comparto che ogni anno segna nuovi incrementi e nuovi record di Sebastiano Corona

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ono innumerevoli gli eventi pubblici e privati che in questa prima metà del 2020 sono stati annullati a causa del coronavirus, in Italia e all’estero. Tra questi, quello inizialmente fissato per il 4 marzo scorso a Roma relativo alla presentazione del XVII Rapporto Ismea – Qualivita sulle produzioni agroalimentari e vitivinicole italiane DOP,

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IGP, STG. Un appuntamento annuale che dal 2003 prevede la disamina, alla presenza di istituzioni, imprese e addetti ai lavori, dei più importanti fenomeni socio-economici del comparto della qualità alimentare certificata. Vista la situazione in continua evoluzione e i repentini mutamenti sul piano economico e sociale, non

è facile fare previsioni attendibili sull’andamento della D OP -Economy nei prossimi mesi. Secondo QUALIVITA e ISMEA è però evidente che, prima della pandemia, il comparto, nel nostro Paese, godesse di discreta salute, con ulteriori potenzialità inespresse. Nell’anno 2018 si sono infatti superati i 7 miliardi di euro alla

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produzione, mentre l’export, dal 2008, si è più che triplicato. Il Vino IG sfiora i 9 miliardi di euro di valore dell’imbottigliato, le esportazioni valgono l’87% del totale vinicolo italiano. Le denominazioni si confermano un driver fondamentale e indiscusso dei distretti agroalimentari del Belpaese, con un valore alla produzione, nel 2018, di oltre 800 Indicazioni Geografiche che supera i 16,2 miliardi di euro (+6% in un anno) e con l’export che scavalca la soglia dei 9 miliardi (+2,5%), grazie

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al lavoro di oltre 180.000 operatori e l’impegno dei 285 Consorzi di tutela riconosciuti. Si segna un nuovo record con una crescita del 3,8% in termini di valore alla produzione rispetto al già positivo 2017 e con un trend del +43% dal 2008. Il valore al consumo, pari a 14,4 miliardi di euro, conferma il risultato dell’anno precedente, mentre continua la crescita sul fronte export che, per il comparto Food IG raggiunge i 3,6 miliardi di euro e un +1,2% su base annua con le esportazioni agroalimentari DOP

e IGP che dal 2008 hanno registrato ogni anno una crescita in valore (+218% in totale). Un terzo delle esportazioni è verso Paesi Extra UE (33%), ma i mercati principali si confermano Germania (20%), USA (18%) e Francia (15%). Ottima performance anche dei vini IG sfusi, che raggiungono i 3,5 miliardi di euro di valore alla produzione (+9,1% su base annua), con l’imbottigliato che segna invece 8,9 miliardi di euro (+7,9%). La produzione complessiva è di poco

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Il comparto dei prodotti a base di carne Dop Igp vale 2 miliardi di euro alla produzione e 4,8 miliardi al consumo. Produzione oltre le 14.000 tonnellate per le carni fresche, per un valore all’origine di 91 milioni di euro e di 195 milioni al consumo. Il Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale Igp è il prodotto principale, seguito da Agnello di Sardegna Igp, Abbacchio romano Igp, Agnello del Centro Italia Igp e Cinta Senese Dop

inferiore alla soglia dei 25 milioni di ettolitri. Ancora positivo l’export, che nel 2018 raggiunge 5,4 miliardi di euro (+3,5%) su un totale di 6,2 miliardi del vino italiano nel suo complesso: i vini DOP e IGP rappresentano il 74% del totale export vinicolo italiano in volume e l’87% in valore. Tutte le province d’Italia, seppur in maniera difforme tra loro, hanno una ricaduta economica dovuta alle filiere IG. Alcune realtà emergono più di altre: le prime quattro regioni per impatto economico si trovano al Nord Italia e concentrano il 65% del valore produttivo delle Indicazioni Geografiche e le prime cinque province, da sole, superano la metà del valore complessivo generato a livello nazionale dalle filiere Food & Wine DOP IGP. Si contano cinque regioni sopra 1 miliardo di euro di valore generato dalle IG. Il Veneto cresce e si conferma la prima regione, con 3,90 miliardi di euro, seguito da Emilia-Romagna, con 3,41 miliardi, e Lombardia con 1,96 miliardi, Piemonte (1,23 mld di euro), Toscana (1,11 mld di euro). Nel Food, Emilia-Romagna e Lombardia guidano la classifica e la Campania, a seguire, si conferma con ottimi risultati.

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Nel Vino, il Veneto è seguito da Toscana e Piemonte e stanno mostrando buone performance anche Puglia, Sicilia ed Emilia-Romagna. Le prime quattro regioni si trovano al Nord Italia e concentrano il 65% del valore produttivo IG. Le prime cinque province, che da sole superano la metà del valore complessivo generato a livello nazionale dalle filiere Food & Wine DOP IGP sono: Treviso (€ 1.763 mln), Parma (€ 1.389 mln), Verona (€ 1.155 mln), Modena (€ 782 mln), Cuneo (€ 686 mln). Prodotti a base di carne Il comparto dei prodotti a base di carne DOP IGP vale 2 miliardi di euro alla produzione (–1,1% su base annua) e 4,8 miliardi al consumo (+2,9%), con una produzione certificata di 204.000 tonnellate in crescita del 2,5%. Lieve calo per l’export a –1,9%, per un valore di 569 milioni. Emilia-Romagna regina indiscussa del comparto, con Parma che traina (€ 896 mln), è seguita nella classifica provinciale da Udine (€ 309 mln), Sondrio (€ 232 mln) e Bolzano (€ 109 mln). Al Prosciutto di Parma DOP (€ 824 mln), seguono il Prosciutto di San Daniele DOP (€ 307 mln) e la Mortadella Bologna IGP (€ 296 mln). Nella top ten dei prodotti per valore, buone crescite soprattutto per il Prosciutto di Norcia IGP, la Coppa di Parma IGP e il Prosciutto Toscano DOP. Formaggi Dati positivi anche per il comparto dei formaggi a denominazione: 4,1 miliardi di euro, con una crescita del 5% in un anno, grazie ad una produzione certificata di 544.000 tonnellate. Tendenzialmente si mostra stabile il valore al consumo di 7,2 miliardi (–1,3%) e all’export 1,8 miliardi (+0,8%). Emilia-Romagna e Lombardia concentrano quasi i 2/3 del valore totale, ma tra le prime 10 province si trovano anche Caserta, Cuneo e Vicenza. È superiore al miliardo di euro il valore alla produzione di Parmigiano Reggiano DOP e Grana Padano DOP. In crescita la produzione certificata e il valore per quasi tutte le principali


Produzione oltre le 14.000 tonnellate per le carni fresche a denominazione, per un valore all’origine di 91 milioni di euro e di 195 milioni al consumo. Il Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale Igp è il prodotto principale, il cui valore alla produzione sfiora i 48 milioni di euro. produzioni a denominazione di Origine Protetta, con un grande recupero a doppia cifra in particolare per il Pecorino romano DOp e il Montasio DOP. Buona crescita per la Ricotta romana DOP (+16%); frena invece, la Ricotta di Bufala Campana DOP dopo l’exploit del 2017. Carni fresche Produzione oltre le 14.000 tonnellate per le carni fresche a denominazione, per un valore all’origine di 91 milioni di euro (+2,8% su base annua) e di 195 milioni al consumo (–0,9%). La Sardegna è la prima regione per valore generato dalle filiere IG con 26,8 milioni di euro, seguita da Toscana (€ 18,9 mln), Lazio (€ 11,7 mln), Marche (€ 9,6 mln) e Umbria (€ 9,4 mln). Il Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP è il prodotto principale, il cui valore alla produzione sfiora i 48 milioni di euro, cui seguono l’Agnello di Sardegna IGP (€

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26,8 mln), l’Abbacchio romano IGP (€ 9,8 mln), l’Agnello del Centro Italia IGP (€ 4,5 mln) e la Cinta senese DOP (€ 2,4 mln). Prodotti trasformati Nei prodotti trasformati, è ragguardevole la crescita della Pasta di Gragnano IGP (+62%), undicesimo prodotto Food a denominazione italiano per valore. Panetteria e pasticceria Bene i prodotti della panetteria e pasticceria con la Piadina romagnola IGP (+24%), i Cantuccini toscani IGP (+28%) e il Pane toscano DOP (+7%) che guidano la categoria. Oli Per quanto riguarda gli oli, grazie ad un’importante produzione complessiva 2017/2018, anche i volumi certificati 2018 segnano una crescita significativa: oltre 12.500 tonnellate di olio certificato a de-

nominazione (+22%), per un valore alla produzione di 86 milioni di euro (+18%) e 144 milioni di euro al consumo (+21%). Cresce anche l’export che raggiunge i 62 milioni di euro (+11%). Puglia e Toscana guidano la classifica regionale, con un valore simile (vicino ai 25 mln di euro), seguite da Sicilia (€ 13,8 mln), Liguria (€ 5,7 mln) e Umbria (€ 4,6 mln). Il Toscano IGP e il Terra di Bari Dop sono i due prodotti che guidano il settore con un valore alla produzione di circa 22,5 milioni ciascuno: seguono il Val di Mazara DOP, il Riviera Ligure DOP, l’Umbria DOP e il Garda DOP. Aceti Anche gli Aceti Balsamici confermano un andamento già soddisfacente negli anni precedenti: una produzione di 90,7 milioni di litri, in un distretto concentrato nelle province di Modena e Reggio Emilia, per un prodotto che vale

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complessivamente 369 milioni di euro alla produzione e 930 milioni al consumo. Il settore degli Aceti Balsamici a IG esporta circa il 92% della produzione, per un valore di 843 milioni di euro e un peso del 24% dell’export totale del settore IG Food. L’Aceto Balsamico di Modena IGP, da solo, vale 363 milioni all’origine e raggiunge gli 834 milioni all’export. Registra trend vicini al +10% l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP, che arriva a valere 5,1 milioni alla produzione, 22,4 milioni al consumo e 8,6 milioni all’export. Frutta e frutta guscio Crescono inoltre la frutta in guscio con la Nocciola del Piemonte IGP e il Pistacchio Verde di Bronte DOP ed è ottimo trend per il Melone mantovano IGP. L’export vale 223 milioni di euro e tra i prodotti più esportati spiccano la Mela Alto Adige IGP, la Mela Val di Non DOP, l’Arancia Rossa di Sicilia IGP e la Melannurca Campana IGP.

Bolzano guida la classifica regionale, seguita a distanza da Trento, Cuneo, Catania e Siracusa. Leadership italiana per numerosi distretti A fine 2019 l’Italia conferma il suo primato mondiale per numero di prodotti certificati con 824 DOP, IGP, STG nei comparti Food & Wine su 3.071 totali: oltre un prodotto su quattro a Indicazione Geografica. Nel 2019 l’Italia raggiunge la soglia dei 300 prodotti Food DOP, IGP, STG: anche questo è un primato mondiale. Il secondo Paese è la Francia, con 251 produzioni Food. La Fondazione Qualivita sottolinea come, nel corso degli anni, il sistema delle DOP e IGP abbia contribuito alla definizione di un’Italia agroalimentare policentrica, con l’affermazione di numerosi distretti nel Paese, che delineano zone a vocazione agricola e vitivinicola e in cui il sistema delle Indicazioni Geografiche riveste un doppio ruolo strategico: da una parte, coi

suoi prodotti, è un forte attrattore turistico e un elemento di qualità diffusa nei territori che funge da collettore per lo sviluppo locale; dall’altra, rappresenta un cluster sempre più prezioso per l’industria alimentare italiana, nella quale riesce a generare valore aggiunto nel segno della qualità. Anche TERESA BELLANOVA, Ministra delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, nell’esprimersi favorevolmente per la conferma della leadership italiana nei prodotti di qualità certificata, ha sottolineato che queste specialità, che poggiano il proprio successo sull’identità di un popolo e che sono per questo capaci di conquistare spazi globali, generano straordinarie economie positive nell’industria dei prodotti trasformati. Nella valorizzazione in etichetta di questo connubio si esprimono ulteriori ed evidenti potenzialità. L’identità è il perno, da questo dobbiamo partire e ripartire. Sebastiano Corona

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Le tendenze della carne ovicaprina Ismea ha pubblicato un’analisi aggiornata sul comparto in costante indebolimento. L’emergenza Covid a ridosso della Pasqua ne ha compromesso l’intera annata

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La filiera ovicaprina nazionale a filiera ovicaprina ha una limitata rilevanza economica tra le produzioni agricole nazionali (carne e latte ovini rappresentano insieme poco più dell’1% del valore dell’agricoltura nazionale), ma, oltre a rivestire un ruolo estremamente importante nell’economia agricola della Sardegna, è da sempre considerata strategica per lo sviluppo delle aree svantaggiate e per il ruolo sociale e ambientale che la pastorizia garantisce in termini di presidio dei terreni marginali e la tutela della biodiversità. La filiera ovicaprina italiana è prevalentemente orientata alle

produzioni lattiero-casearie e, di conseguenza, la carne è un prodotto secondario che, ai prezzi di base, genera un valore pari un terzo di quello del latte ovino (rispettivamente 163 milioni per la carne e 442 milioni per il latte). Nel segmento delle carni sono presenti tre produzioni con riconoscimento IGP che, a fronte di 6,2 mila tonnellate certificate, generano un fatturato pari a 41 milioni di euro, pari a un quarto del valore delle carni ovicaprine totali. Il patrimonio ovicaprino si attesta nel 2019 a poco più di 7,1 milioni di capi secondo il censimento annuale dell’Anagrafe

Zootecnica Nazionale. Il gregge è rimasto pressoché stabile nell’ultimo quinquennio, ma la riduzione delle aree disponibili a pascolo, associata alla scarsa redditività, ne hanno impedito un’espansione, se poi a questo si aggiungono problematiche legate al mancato ricambio generazionale e alla difficoltà a reperire mano d’opera, si spiegano i fenomeni di concentrazione e la tendenza a convertire l’allevamento naturale-pastorale in allevamento intensivo. Il 2019 è il secondo anno consecutivo per il quale emerge una lieve contrazione del patrimonio ovicaprino (–1,4%), associata a

Il patrimonio ovino nazionale è giudicato da Ismea stabile negli anni ma con fenomeni di concentrazione regionale.

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una evidente riduzione del numero di aziende attive (ne risultano chiuse circa 2.200 solo nel 2019 considerando nel complesso tutti gli orientamenti produttivi). Il settore sconta una serie di debolezze strutturali, a cominciare dall’eccessiva frammentazione, che rendono impossibili economie di scala e non consentono di affrontare la variabilità dei costi di produzione e di avere un potere contrattuale adeguato con le fasi a valle della filiera, soprattutto la GDO per quanto riguarda le carni. La domanda domestica di carni ovicaprine I consumi di carne ovina sono caratterizzati da un’elevata stagionalità e risultano concentrati in due soli periodi dell’anno: a Pasqua e a Natale. Nell’ultimo quinquennio, tuttavia, i consumi di carni ovine sono diminuiti del 21% in termini di volume. In generale, tutti i proteici di origine animale hanno affrontato difficoltà negli ultimi anni, ma le carni ovine più delle altre carni hanno scontato gli effetti della diffusione di regimi alimentari a minor consumo di carne o addirittura vegetariani e vegani nonché di messaggi mediatici di campagne animaliste. Nel 2019 gli acquisti domestici di carni ovicaprine sono calati del 12% in volume rispetto all’anno precedente e il 2020 si prospetta un’annata disastrosa sul fronte dei consumi. La pandemia Covid-19 diffusasi dalla fine di febbraio anche nel nostro Paese, ha costretto a restrizioni volte a limitare il diffondersi dei contagi, pertanto la chiusura dei canali HO.RE.CA., l’assenza de turisti e il divieto di assembramento anche in luoghi privati in occasione delle festività ha compromesso in maniera pesante il mercato pasquale dell’agnello. Nelle festività pasquali, infatti, vengono solitamente consumati oltre un terzo degli agnelli prodotti nell’arco dell’intero anno. Gli operatori stimano un’ulteriore flessione dei consumi per il 2020, considerando che l’esito disastroso della Pasqua si va ad aggiungere una debolezza di fondo degli acquisti

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L’incidenza sull’agricoltura nazionale

Fonte: elaborazione Ismea.

Allevamenti e numero capi ovicaprini

Fonte: elaborazione Ismea su dati Anagrafe Zootecnica Nazionale.

Ripartizione consumi di carne (volumi-2019)

Trend dei consumi di carne

Fonte: elaborazioni Ismea su dati Nielsen Consumer Panel. domestici, già evidenziata nel primo trimestre dell’anno (–1% in volume rispetto allo stesso periodo dello scorso anno). L’offerta di carni ovine Sul fronte dell’offerta, i dati sulle macellazioni dell’Anagrafe Zootecnica Nazionale evidenziano per il 2019 una stabilità del numero dei capi macellati. La flessione delle importazioni di animali vivi, sia nel 2018 che nel 2019, permette

di ipotizzare che sia aumentata nei macelli la quota di prodotto italiano. Nella composizione dell’offerta del 2019 risultano in flessione le carni di ovino adulto e in lieve incremento quelle caprine; la carne di agnello resta la più rappresentativa del comparto con una quota del 63% sul totale prodotto. Nel periodo pasquale le macellazioni di ovini sfiorano i 500.000 capi, di cui circa l’85% di provenienza nazionale.

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Acquisti domestici di carni ovicaprine

Fonte: elaborazione Ismea su dati Nielsen Panel Consumer.

Macellazioni ovicaprini

Fonte: elaborazione Ismea su dati BDN-Anagrafe Zootecnica Nazionale.

Import ovini vivi (n. capi)

Principali fornitori ovini vivi (n. capi-2019)

Fonte: elaborazione Ismea su dati Istat.

Import carni ovine (tonnellate eq. carcassa)

Fonte: elaborazioni Ismea su dati Istat.

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Principali fornitori di carni ovine (volumi-2019)

Ad aprile 2020, in piena emergenza Covid, l'andamento delle macellazioni è diminuito come conseguenza di una carenza di domanda, su cui ha fortemente impattato la chiusura del canale HO.RE.CA. e l’impossibilità per le famiglie di spostarsi per le tradizionali uscite fuori porta del periodo pasquale. Gli operatori segnalano anche un crollo delle richieste della GDO su tutto il territorio nazionale. Sul calo delle macellazioni potrebbe aver influito anche il rallentamento delle importazioni di agnelli vivi, soprattutto dalla Romania e dalla Bulgaria, segnalato dagli operatori. Il mercato all’origine e all’ingrosso Nel 2019 il mercato del vivo, partito con toni fiacchi e prezzi su livelli inferiori a quelli dei due anni precedenti, ha avuto un buono slancio nel periodo pasquale con recuperi evidenti che hanno risollevato le sorti dell’intera annata. Diversa la situazione nel 2020, che sul fronte dei prezzi si è mostra particolarmente critica. Nonostante il periodo pasquale, a causa dell’emergenza coronavirus, gli allevamenti hanno subito una riduzione delle richieste dai macelli e la conseguente offerta abbondante di capi — in vista di quello che avrebbe dovuto essere il picco della domanda — ha tenuto i prezzi sostanzialmente invariati, senza innescare il tradizionale balzo delle quotazioni degli agnelli che hanno raggiunto i 3,69 €/kg peso vivo nella settimana di Pasqua, con una variazione negativa del 15% rispetto all’analogo periodo dello scorso anno. Situazione analoga anche per il mercato all’ingrosso, con le carni di agnello (7,06 €/kg peso carcassa) in flessione del 13% rispetto alla Pasqua 2019. Ciò si è verificato anche in corrispondenza di una minore pressione sul prodotto nazionale da parte di quello estero, considerando che la difficoltà di movimentazioni tra diversi Paesi a causa del coronavirus sta limitan-

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La domanda di carne ovina è in costante indebolimento. L’offerta di prodotto nazionale è comunque stabile, mentre si sono ridotte le importazioni dall’Europa dell’Est. do al minimo l’arrivo di capi e di carni da oltreconfine. Per intervenire sulla crisi delle vendite delle carni ovine, è stato recentemente raggiunta l’intesa tra MIPAAF e Regioni sul cosiddetto “decreto competitività” per la concessione agli allevatori di un aiuto fino a 9 euro per ogni capo macellato e certificato IGP e un aiuto fino a 6 euro per ogni capo non IGP nato, allevato e macellato in Italia nel periodo dal 1o marzo al 30 aprile dell’anno precedente a quello della domanda (per il 2019 nell’annualità 2020 e per il 2020 nell’annualità 2021). Si tratta di un intervento urgente che vale complessivamente 7,5 milioni di euro. L’import di animali vivi e carni Il settore delle carni ovicaprine è strutturalmente dipendente dalle forniture estere di capi vivi e carni, presentando un deficit della bilancia commerciale che nel 2019 si è attestato a circa 178 milioni di

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euro. Le importazioni di capi vivi sono risultate tendenzialmente in diminuzione, con una flessione del 25% negli ultimi cinque anni e del 14% nel 2019 rispetto al 2018. In particolare, l’ultimo anno ha segnato una leggera modifica degli approvvigionamenti, con un rafforzamento degli arrivi da Spagna e Polonia, e un calo di quelli dai Paesi dell’Est, da sempre principali fornitori dell’Italia. Romania e Ungheria, che rappresentano complessivamente oltre l’80% nella fornitura di vivi, hanno registrato, infatti, un calo rispettivamente del 22% e del 15% nel confronto con il 2018. Crescono le importazioni di carni ovine Dopo un quinquennio di graduale contenimento nelle importazioni, nel 2019 sono tornanti a crescere i volumi di carni ovicaprine in entrata: +6,3% rispetto al 2018. La flessione dei consumi domestici non

giustificherebbe questa dinamica, ma il bilancio settoriale sembrerebbe in buona parte compensato da un miglioramento dei consumi fuori casa. La geografia dei fornitori resta sostanzialmente invariata, ma si evidenzia un incremento degli arrivi dalla Spagna e dal Regno Unito (+14,7% e +8% rispetto al 2018); in aumento anche gli arrivi da Grecia e Irlanda, mentre diminuiscono le forniture francesi. In questa prima frazione di 2020, l’emergenza Covid-19 potrebbe avere un effetto positivo sulla bilancia commerciale settoriale, poiché la difficoltà di movimentazioni tra diversi Paesi sta limitando al minimo le importazioni dall’estero sia di capi che di carni. Fonte: Ismea Direzione Servizi per lo Sviluppo Rurale Redazione a cura di: Mariella Ronga Paola Parmigiani

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MACELLERIE D’ITALIA

Nel locale di Belluno tanti modi di gustare le carni: fresche, pronto cuoci, già cotte in gastronomia o insaccate in salumeria

Gourmeats, una storia di successo di Gian Omar Bison

L’

Interior Design applicato alla macelleria non insegna a ritrarre il quinto quarto né a progettare castelli di trippe. Ma se c’è una bottega dove lo studio degli spazi, degli arredi, dove i banconi e gli scaffali diventano metri quadri

e lineari di carni, di preparati, di formaggi calcolati al centimetro questa è certamente GOURMEATS, la “carneria” di STEFANO DAVID a Belluno. Inaugurata neanche un anno fa, è già una storia di successo imprenditoriale e un esempio di pia-

nificazione architettonica e logistica prima ancora che una rivendita di ciccia e cibo. Ma anche di organizzazione del lavoro e di offerta di mercato singolare e distintiva per quanto possibile. Tanto per restare nel bovino, oltre a scottone e vitelli

Gourmeats - Cavarzano Carni Store è una macelleria-gastronomia in cui si possono acquistare anche altre specialità alimentari e bevande nazionali e non. 74

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in particolare di razza Limousine acquistati direttamente da allevamenti del Bellunese, troviamo carni di Chianina IGP, Fassona piemontese targata Coalvi, bovino finlandese Sashi, Rubia gallega o Wagyu di Kagoshima A5, carne quest'ultima venduta a centonovantanove euro al chilo. «E ne vendo quattro chili a settimana» sottolinea David. «Devo dire che l’armadio refrigerato per frollatura e dry aging che abbiamo acquistato ci permette di gestire e proporre tutte le carni in maniera ottimale». Tutto è iniziato due anni fa. «Nel maggio 2018 il direttore della filiale della mia banca mi chiama per chiedermi se fossi interessato a rilevare gli spazi. Ci ha messo poco a convincerci: metratura importante e adattabile, posizionata lungo un’arteria stradale molto trafficata, ampio parcheggio privato. Con un anno di tempo davanti e un suocero architetto abbiamo acquistato e pensato da subito alla progettazione e all’arredamento. Gli ho trasmesso tutte le difficoltà patite nella vecchia bottega, come i problemi derivanti dal fatto che il reparto gastronomia non comunicasse col bancone salumi e formaggi. E abbiamo studiato un sistema diverso. Si parte dalla macelleria, dodici metri di banco carni, una scaffalatura in mezzo e poi gastronomia con due metri di primi pollo e contorni, un metro e mezzo di gastronomia di carne, una selezione di formaggi di qualità e salumeria con salumi fatti da noi». Eurocarni, 7/20

In alto: cella di frollatura-dry aging. In basso: il Wagyu Kagoshima A5. Dopo un anno sono partiti i lavori. «Abbiamo iniziato a marzo 2019 che non c’era niente e abbiamo aperto a giugno mantenendo la stessa ragione sociale della vecchia

macelleria di Cavarzano, una Srl che ho con mio padre GIANCARLO. È stato faticosissimo perché ho dovuto condurre il minimarket che avevamo in gestione da Unicomm dal 1999

«L’obiettivo che ci poniamo, dice Stefano David, è provare a percorrere una nuova via. Gourmeats non è un semplice negozio, ma una completa immersione nel gusto, un percorso unico di sapori, da percorrere in un’atmosfera moderna senza rinunciare a semplicità e convenienza»

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I preparati a base di carne sono una delle specialità di Stefano David e della sua macelleria. in fase di chiusura, e che dovevamo restituire vuoto, e contemporaneamente gestire i lavori e aprire con questa bottega piena. Sabato ho chiuso il market e lunedì ho aperto senza che il fatturato, consolidato da anni su un giro d’affari di oltre due milioni di euro, ne risentisse. Siamo partiti a giugno molto bene con la carne, benino col negozio e male con la gastronomia. Ci

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sono voluti mesi per capire l’andazzo, organizzarci e formarci. Adesso la gastronomia è cresciuta enormemente: facciamo tutti i giorni due teglie grandi di lasagne al ragù, una al prosciutto e carciofi, una al pastin (tipica pietanza della provincia di Belluno realizzata con carne tritata fresca e speziata di maiale e manzo. Diverso da vallata a vallata, può essere mangiato crudo o cotto, NdR)e radicchio, una agli

spinaci e una al pesto. Tutti i giorni dodici chili di canederli, cento hamburger». Il tutto con una mole gravosa di lavoro. Da Gourmeats si inizia alle cinque tutte le mattine con la preparazione dei prontocuoci da banco fino alle otto e contemporaneamente un addetto dalle sei segue la gastronomia in fase di cottura. Dalle nove si iniziano a preparare i secondi e alle dieci è tutto pronto. «Siamo con i soliti nove dipendenti che abbiamo ulteriormente formato e responsabilizzato. Il vecchio magazziniere del minimarket, ad esempio, è diventato un bravissimo aiuto macellaio». Un sistema differente. «A Cavarzano avevamo un lavoro con una presenza di clienti spalmata lungo tutto l’arco della giornata, diluita nel tempo. Qui dalle otto alle dieci il ritmo è blando ma dalle dieci alle tredici si balla alla grande e dobbiamo essere in tre a servire. Dalle quindici alle diciassette basta un addetto o due al banco, ma dalle diciassette alle diciannove bisogna essere in tre sulle carni e in due in gastronomia. È un lavoro diverso insomma». Tutto è iniziato col padre Giancarlo, macellaio dagli anni Ottanta, che è partito come imprenditore nel 1995 rilevando da un fallimento la macelleria dove lavorava come dipendente.

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«Nel 1999 hanno chiuso e mio padre e mia madre hanno preso in gestione, come detto, un minimarket di 200 m2 a Cavarzano. Io nel frattempo mi sono diplomato (2005) e ho venduto auto fino al 2009 quando sono andato a gestire il market con la mia famiglia. Direttore fino al 2014 e dal 2014 ho iniziato a fare i preparati di carne, i prontocuoci. Ho fatto solo prontocuoci per un anno e mezzo! Il lavoro grazie a questo è aumentato di molto e da lì ho iniziato a mettermi dietro al bancone e ho imparato a servire. Ho preso libri di veterinaria per studiare l’animale vivo e di macelleria per l’animale morto. Mi sono informato sul mestiere prima di imparare il lavoro pratico. Dal 2016 ho iniziato a servire crescendo nei numeri fintanto che a dicembre 2018 ci siamo resi conto che gli spazi a disposizione erano risicati e non più idonei al volume d’affari sviluppato ed in rapida crescita». A Cavarzano dal 2003 i David mantengono il laboratorio carni con un macellaio che tutto il giorno si occupa di porzionamento e frollatura. «E lavora solo per noi. Noi macelliamo una media di quattro bestie a settimana. Le macelliamo a Feltre (BL) e poi in laboratorio portiamo i quarti. Frolliamo almeno 35 giorni i posteriori, taglio pistola e gli anteriori li lavoriamo nella settimana». Il quarto anteriore nel Bellunese viene ancora consumato in maniera diffusa perché c’è ancora una cultura gastronomica tradizionale legata al bollito, allo spezzatino e al brasato. E poi si utilizza la pancia per fare il pastin, misto bovino e suino. Del quinto quarto si usano, in particolare, la trippa, il cuore e il fegato. Due i fornitori di Limousine: GIANNINO TORMEN di località Le Vare Castion (BL) e l’azienda agricola Minella sempre del bellunese che ha il macello interno. «Per quanto riguarda l’avicolo trattiamo pollo e tacchino biologico e poi il pollo convenzionale, comunque in tripla fascia A, che ci viene fornito dalla ditta Paolo Da Re di Orsago. E poi lavoriamo la Chia-

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nina. Ne comperiamo due al mese intere, solo scottone di 24 mesi, dall’azienda agricola San Giobbe di Chiusi (SI). La parte anteriore va in hamburger mentre le costate le frolliamo dai 30 ai 40 fino anche ad 80 giorni. Il posteriore va tutto in bistecche. I maiali li acquistiamo da Furlani, grossista a Trento. Loro tengono il suino padano allevato bene con un macello piccolo attiguo. Prendiamo solo spalle e cosce, non maiale intero, soprattutto perché facciamo tantissimo pastin. E poi produciamo bresaole con girelli delle nostre manze e girelli di chianina, facciamo la coppa, la sopressa, il salame tutto maiale o con una percentuale di Chianina. Facciamo anche lo speck con una stagionatura all’ampezzana. È quasi un crudo, stagionato sui sei mesi. Il tutto lavorato nel laboratorio». Somministrazione alimenti? Ristomacelleria? «No, è una cosa borderline. Così ho sempre capito confrontandomi con le autorità amministrative e sanitarie preposte. Vuoi fare cucina fai cucina, vuoi fare macelleria fai macelleria. Ma che i locali, per quanto adiacenti, siano distinti, con doppia porta, orari diversi. Così si potrebbe fare per quanto di difficile gestione. La mia idea era di fare macelleria e ristoro insieme. Ma ho capito che la cosa va distinta in maniera netta. È come fosse una pizzeria da esporto, se metti un tavolo sei nel limbo. E poi ho già tanto lavoro, con un incremento del giro d’affari nell’ultimo anno del 40%. Non credo ce la faremmo». Per quanto riguarda vino e birra, paste, sughi, sono presenti a scaffale specialità nazionali e internazionali, etichette importanti e referenze territoriali come la Pavana dell’azienda De Bacco vinificata a Feltre (BL). «Siamo anche concessionari Weber e abbiamo il noleggio ma anche la vendita di barbecue». Gian Omar Bison Gourmeats – Cavarzano Carni Store Via Vittorio Veneto 230 32100 Belluno Telefono: 0437 33731 Web: cavarzano-carni.business.site


Macelleria Labella Mara: più di una coppia, una squadra vincente, anche in norcineria di Massimiliano Rella

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empre aperti, in prima linea, sanificati e nel rispetto delle misure di sicurezza, con due clienti — due soli alla volta — nel loro grande negozio tra Sermoneta e Latina Scalo, con un banco fornitissimo di carni e salumi di qualità. Anche ai tempi del coronavirus siamo tornati da due note conoscenze di EUROCARNI: MARA LABELLA e ORLANDO DI MARIO, coppia di macellai e norcini che milita nella gloriosa

Nazionale Italiana Macellai, squadra vincente con rappresentanti da tutto lo Stivale che al “campionato” 2019 tenutosi in Germania è uscita vittoriosa con il premio per la migliore salsiccia dell’Unione Europea. Scusate se è poco. Mara e Orlando sono due autorità in fatto di carne, non solo per il lavoro certosino della loro Macelleria Labella Mara, ma in giro per l’Italia e nel mondo per fiere, eventi, manifestazioni

e collaborazioni con gli chef. La norcineria è un’altra parte importante della loro attività. Tra fresco e secco ne producono 10 quintali a settimana, a vendita diretta, un po’ su spedizione. Per la materia prima usano suini nazionali allevati nel Lazio secondo le norme del benessere animale da vari produttori e alimentati a secco (cereali), senza sieri. Tra i prodotti preparati nel laboratorio retrostante troviamo

Mara Labella e Orlando Di Mario.

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In alto: il banco dei salumi della macelleria-norcineria con würstel e guanciotto in bella vista. Per il guanciotto, il guanciale viene messo in salamoia per una settimana e cotto a bassa temperatura per dieci ore con sale affumicato ed erbe locali. In basso: capocollo, prosciutto rifilato e pancetta tesa salati e aromatizzati.

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innanzitutto la salsiccia fresca a grana grossa, tagliata a punta di coltello, aromatizzata con finocchietto selvatico dei monti Lepini, pepe, peperoncino, aglio e sale e insaccata in budello naturale. La versione stagionata per 35 giorni prevede nell’impasto un’aggiunta di buccia d’arancia. Un altro prodotto di qualità è la coppa di testa. Si ottiene dalla bollitura della testa del suino, poi tagliata a pezzi e condita con la stessa concia della salsiccia e in più con un mix di erbe “segrete”, buccia d’arancia e buccia di limone. Ci piace anche il guanciotto, lavorato con guanciale messo in salamoia per una settimana e cotto a bassa temperatura per dieci ore, con sale affumicato ed erbe locali. Il Prosciutto di Bassiano è invece affumicato nei locali del Prosciuttificio di Bassiano, un paese dei monti Lepini, vicino Latina. Completano la gamma la pancetta, il guanciale, il capocollo e il lombo di maiale lardellato. Quest’ultimo ha una doppia “facciata”: uno spesso strato di grasso da un lato, uno spesso strato di magro dall’altro, per un totale di 4-5 kg di pezzo unico. Salato e

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aromatizzato, rimane appeso due mesi in stagionatura. Un’altra caratteristica della lavorazione norcina di questa macelleria è il contenuto di sale. «Abbiamo diminuito il sale di circa l’8%, mantenendo gli stessi tempi di salatura ma massaggiando la carne una volta al giorno per sette giorni. Questo procedimento permette al sale di entrare meglio nei tessuti» spiega Orlando Di Mario. «Lo facciamo da due anni per tutti i prodotti». I due gestiscono la loro ultradecennale attività con la collaborazione dei figli LUCA e FRANCESCA (28

e 22 anni) e dei dipendenti. Una macelleria a conduzione familiare sempre attenta alle novità. Un paio di anni fa, ad esempio, ha fatto conoscere al territorio la tecnica del dry aging, una lunga frollatura a secco in appositi macchinari che rende particolarmente tenera e gustosa la carne. I costi sono superiori perché la parte esterna del taglio viene scartata e più lunga è la frollatura più grande è lo scarto. La macelleria lavora solo carne di capi nati in Italia allevati in piccole stalle della pianura pontina, in maggioranza stalle da latte, con-

trollate ogni giorno come previsto dalle regolamentazioni di settore. La carne di suini nazionali è acquistata nel Lazio, il pollame da grandi marchi nazionali. Massimiliano Rella Macelleria Labella Mara Via Le Pastine 23 04013 Sermoneta (LT) Telefono: 0773 318243 E-mail: macellerialabellamara@ gmail.com Nota Photo © Massimiliano Rella.

I Macellai d’Italia, uniti per la vita Nel dilagare della profonda crisi sanitaria ed economica causata dal Covid-19, i macellai italiani non sono rimasti con le mani in mano e hanno deciso di muovere energie, portafogli e tanto cuore attivando la prima campagna nazionale (e internazionale) che li vede tutti riuniti. L’obiettivo è uno ed è forte e chiaro: versare fondi alla Croce Rossa Italiana da destinare al finanziamento di progetti a supporto di famiglie e soggetti bisognosi. Chi meglio della Croce Rossa Italiana può convogliare i soldi dei Butchers italiani (e stranieri) a favore di quanti oggi sono in grandi difficoltà? In Italia operano oltre 18.000 macellerie, gestite da veri artigiani delle carni, maestri che lavorano e vendono carne con impegno e tanta passione. Si tratta di mestieri spesso tramandati di padre in figlio. Botteghe di quartiere che sono un punto di riferimento per il territorio. Negli ultimi anni i Macellai italiani hanno fatto rete dando vita a “circuiti” attraverso i quali accrescono la propria formazione e professionalità. Oggi tutte queste realtà si uniscono per aderire a questa campagna di raccolta fondi. I Macellai d’Italia, uniti per la vita. >> Link: www.retedeldono.it/it/i-macellai-d-italia/coronavirus

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L’imprenditore delle carni che guarda al futuro

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iamo nel cuore della Lomellina, quel fazzoletto di terra fatta per lo più di risaie, di agricoltori, di commercianti. Gente schiva, che suda e ci crede, abituata a rimboccarsi le maniche e a lavorare sodo. Terra di contadini in cui le

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tradizioni fanno tutt’uno con l’imprenditoria di razza più avanzata. La capitale di questo lembo di terra è Mortara, la patria del Salame d’oca IGP, una città di 15.000 abitanti a soli 35 chilometri da Milano, dove tutti si conoscono e dove il consumatore

è attento e predilige in tavola qualità e tradizione. EDOARDO ROSSI, classe 1977, una laurea a pieni voti in Tecnologie Alimentari, è senza dubbio uno dei punti di riferimento di questa comunità e non solo per il fatto che da quasi cinque anni è il presi-

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A sinistra: Edoardo Rossi. In alto: la cella con le mezzene all’Antica Macelleria Rossi. A destra: capi bovini di razza Piemontese.

dente dell’Associazione Commercianti cittadina. Per “l’Edo”, come tutti lo chiamano, l’arte della macelleria è una questione di famiglia. Una tradizione nata grazie alla caparbietà di nonno ANGELO che, con la moglie Anna, nel primo do-

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poguerra, dal Piemonte diede inizio alla storia dell’Antica Macelleria Rossi, avviando il primo negozio a Cilavegna e poi in via San Giovanni a Mortara. A loro si susseguirono papà LORENZO e la mamma NORIS a consolidare un’attività oggi diventata un

vero e proprio punto di riferimento per gli amanti della carne. Quella buona e genuina. Sono loro che, nel 1997, trasferirono il punto vendita in corso Garibaldi 84, dove tutt’oggi continua la tradizione.

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Da tre generazioni a Mortara (PV) l’Antica Macelleria Rossi offre ai suoi clienti la migliore produzione di carni piemontesi, selezionate in stalla tra i migliori capi di razza Fassona provenienti da allevamenti certificati e controllati. Lo storico punto vendita offre inoltre specialità locali

Oltre alla vendita, all’Antica Macelleria Rossi si organizzano anche eventi, laboratori didattici, degustazioni. Agli esordi nascono come commercianti del vivo. Con la terza generazione, quella di Edoardo, un metro e novanta centimetri d’altezza, tenacia e con una passione da vendere, l’attività si specializza anche nel seguire l’intero percorso della filiera che riguarda la pregiata Fassona piemontese. «Oggi — spiega Edoardo Rossi — bisogna essere imprenditori della carne a 360 gradi. Non basta vendere, ma occorre avere coscienza e seguire di persona tutta la filiera: il cliente deve essere sicuro di ciò che compra e mette in tavola. Non effettuiamo solo la vendita al dettaglio presso il nostro negozio, ma serviamo soprattutto molti operatori del settore che lavorano la bovina piemontese. Mai come oggi, è indispensabile avere una profonda preparazione tecnica. Occorre seguire l’evolversi delle nuove tecnologie e studiare il mercato in modo da anticipare le esigenze dell'utente. Noi ci distinguiamo perché offriamo sempre il meglio della razza, puntando sulla sicurezza alimentare. Come facciamo? Semplice: seguiamo i capi che arrivano in azienda dalla nascita allo svezzamento fino a quando arrivano alla macellazione».

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Questa filosofia ha portato l’Antica Macelleria Rossi ad amalgamare con grande sapienza l’artigianalità di un mestiere nobile e le più moderne tecniche di marketing applicate al commercio, testimoniate dalla particolare attenzione per i metodi di acquisto e forniture per le famiglie o per il packaging dei prodotti, perché «Bisogna sempre essere all’avanguardia per anticipare gli scenari economici». Oltre a questo, ovviamente, serve saper trasmettere la propria passione al cliente, perché è così che si guadagna la loro fiducia. Un’operazione che all’Antica Macelleria Rossi riesce facile, perché quando entri in negozio è impossibile non rimanere ammaliati dall’accento piemontese di mamma Noris che ti intrattiene mentre pigia sui tasti della cassa o dai sorrisi genuini di papà Lorenzo e del figlio Edo, che da dietro il bancone trattano i pezzi di carne con maestria, senza mai dimenticare di strappare un sorriso al cliente di turno. Oltre alla vendita, all’Antica Macelleria Rossi si organizzano anche eventi, laboratori didattici, degustazioni. Il tutto tenendo ben saldi alcuni punti cardine come ad esempio la pulizia e il rispetto delle

norme che regolano il lavoro. Attenzioni particolarmente importanti oggi in tempo di Covid-19. «Siamo membri del Consorzio del Bue Grasso di Carrù, eccellenza italiana che merita palcoscenici internazionali a cui non faremo mancare il nostro supporto» conclude Edoardo Rossi. «La sfida per il futuro? Difendere sempre meglio il made in Italy e promuoverlo ovunque, facendo rete tra colleghi che, come noi, trattano l’eccellenza. Il sogno che potrebbe diventare realtà? Creare un team di specialisti del settore pronto a farsi da portavoce in tutto il mondo della carne bovina italiana, con dimostrazioni anche pratiche di grande impatto per la ristorazione e la vendita al dettaglio». Cortesia, professionalità, attenzione per la qualità e uno sguardo puntato al futuro. Con imprenditori così il made in Italy è in buone mani. Antica Macelleria Rossi Corso G. Garibaldi 84 27036 Mortara (PV) Telefono: 0384 98791 E-mail: staff@anticamacelleriarossi.it Web: www.anticamacelleriarossi.com

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Roberto Passaretta, Minturno gourmet di Massimiliano Rella

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inturno è uno degli ultimi paesi del Lazio meridionale, al confine con la Campania, un borgo purtroppo spopolato da una trentina d’anni per l’emigrazione verso il Centro e Nord

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Italia. Con tante seconde case per l’estate da trascorrere sulle spiagge della vicina Scauri, che pur essendo nata come marina di Minturno oggi è un agglomerato ben più grande e popoloso del suo progenitore. E

neanche troppo bello. Invece per un appassionato gourmet il bello di salire nel borgo di Minturno è la macelleria Punto Carni di Roberto Passaretta, giovane e intraprendente macellaio-norcino che abbiamo

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trovato in occasione dell’evento Butcher’s for Children di Sabaudia (giugno 2019) e conosciuto ancor prima come “giocatore” della Nazionale Italiana Macellai. Parlavamo della macelleria di Passaretta, che oggi il giovane Roberto gestisce con la mamma DORA. Il negozio nato nel 1980 per volere del padre ANDREA e dello zio ANTONIO è diventato nel tempo la vetrina più gourmet della Roberto Passaretta Srl, apprezzato da una clientela che arriva di proposito anche da lontano. Alla società costituita nel 2016 fanno capo anche un laboratorio vicino Scauri per la lavorazione e la distri-

buzione a supermercati, ristoranti, mense, macellerie, ecc… con bollo CEE e con tutti i tipi di carni fresche e insaccati freschi. Inoltre un punto vendita in gestione a libero servizio take away sulla via Appia. Abbiamo rincontrato Passaretta in tempi di lockdown, ma non per lui, attivo e operativo durante la chiusura dell’Italia, nel rispetto delle regole: un cliente per volta, il gel sanificatore all’ingresso, la mascherina obbligatoria per tutti. «Durante l’emergenza abbiamo lavorato molto su ordini in arrivo da clienti del nord del Casertano, in Campania, e dai comuni più a

nord di noi, come Formia, Gaeta, Itri e altri» ricorda Passaretta. «Ci siamo dovuti riorganizzare il lavoro perché in quel periodo è cambiata molto la tipologia di spesa del cliente che si è fortemente orientato verso il macinato e lo spezzato per i classici ragù, le polpette e il pollo, prodotti e carni cioè surgelabili o ideali per piatti che si possono mangiare anche uno-due giorni dopo la cottura. Insomma, una spesa più intelligente e ponderata, ad esempio il pollo intero o il macinato, passato dal 10% dei tempi normali al 50% della spesa durante l’emergenza».

La Macelleria-Norcineria Roberto Passaretta a Minturno (LT). In alto: Roberto Passaretta nel suo laboratorio alle prese col disosso di un prosciutto.

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Roberto e la mamma Dora. Era il 1976 quando lo zio VITPASSARETTA inaugura la prima attività a Marina di Minturno, poi a Formia e Scauri. Nel 1980 il papà Andrea e il fratello Antonio arrivano ad aprire la quarta macelleria del territorio, ma nel 2000 ognuno prende la sua strada pur rimanendo in buoni rapporti. Roberto subentra nel 2004 e comincia a valorizzare l’aspetto gourmet. Nel 2016 fonda la Srl Roberto Passaretta e rileva un laboratorio vicino Scauri. Di questo gruppo di attività la macelleria vale l’80% del suo lavoro. Per la carne si rifornisce dall’allevamento di Piemontesi di proprietà di uno zio, in particolari scottone allo stato semibrado, e da un piccolo allevamento di Spigno Saturnia per le Pezzate rosse e gli incroci con Marchigiane, «in prevalenza capi femmine per la vendita al banco di Minturno» puntualizza. «La scottona più grassa e più tenera ha bisogno di minore frollatura, ma per le carni del negozio storico facciamo anche frollature lunghe su bistecche danesi, Angus, manzette polacche. Per i ristoranti lavoriamo in sottoTORE

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vuoto, porzionato, monoporzione, con minori problemi di scarto e lavorazione». Per il pollame si rifornisce invece da SCUDELLARO e FILENI (per la distribuzione di Scauri con AIA) e COLOMBARETTO e SCALIGERA dal Veneto, più mezzene danesi dalla polacca SOKOŁÓW. Fin qui le carni, che appunto rappresentano l’80% del business e che nella diversificazione dei punti vendita trova prodotti e clienti diversi tra il negozio in centro storico, dove c’è un orientamento verso l’alta qualità, e il centro di lavorazione e distribuzione di Scauri, dove prevale il rapporto qualità/prezzo per un target composto da mense, catene di ristorazione e grandi clienti. Una quota minore del lavoro di Passaretta (circa il 20%) deriva dalla salumeria: guanciali, pancette, capocolli, lonze, coppiette, salumi cotti, mortadella, prosciutto cotto, porchetta al coriandolo, mortadella alle olive di Gaeta e scorzetta d’arancia locale. Un salume presente da sempre è la salsiccia al coriandolo dei monti

Aurunci, tagliata a punta di coltello, condita con sale, coriandolo e peperoncino; e una variante con finocchietto selvatico anziché coriandolo. Produce infine da tre anni una tipologia di salsiccia stagionata, senza glutine e come tutti gli altri prodotti senza conservanti, lattosio e additivi. Gli unici conservanti utilizzati sono per i prodotti in vaschetta del negozio take away sulla via Appia. Massimiliano Rella Roberto Passaretta Srl • SEDE OPERATIVA: via A. Sebastiani 160 – 04026 Minturno (LT) • PUNTI VENDITA: * via Appia 961 – 04028 Scauri (LT) * via Principe di Piemonte 20 – 04026 Minturno (LT) Telefono: 0771 613502 – 0771 614853 – 0771 65717 Web: www.facebook.com/RobertoPassarettaSrl Nota Photo © Massimiliano Rella.

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LA CARNE IN TAVOLA

L’anatra all’arancia, che forse è volata da Firenze a Parigi Ma c’è anche Napoli a contendere ai Francesi il merito della famosa ricetta. Essa si perde in realtà nella notte dei tempi, quando il succo degli agrumi veniva usato come conservante per le carni. Probabilmente l’origine è l’Oriente: in Cina e Vietnam è ancora uno dei piatti più diffusi di Nunzia Manicardi

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a ispirato anche un film, che si intitola proprio “L’anatra all’arancia”, una commedia all’italiana del 1975 diretta da LUCIANO SALCE, in cui il protagonista (UGO TOGNAZZI) ad un certo punto cucina un’anatra all’arancia (Tognazzi, com’è noto, nella vita reale era anche cuoco esperto e gran gourmet). Geloso della moglie (MONICA VITTI),

che è intenzionata a lasciarlo per andarsene con il proprio amante francese presente anch’egli alla cena, prepara di proposito questo piatto specificando che è il pasto del loro viaggio di nozze e che il suo tocco personale è il piticarmo, presunta spezia afrodisiaca. Ne derivano divertenti equivoci che portano alla riconciliazione dei due

coniugi, mentre il francese se ne va deluso e umiliato. Il piticarmo, chiariamo subito, è un ingrediente di fantasia, inesistente. Quello però che il film vuol far risaltare — con la sottile ironia che contraddistingueva Salce — è il contrasto tra questa imponente ed elegantissima ricetta francese cucinata da un italiano

Canard à l’orange.

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e la Francia stessa, rappresentata dall’amante della moglie che alla fine del pranzo, dopo aver mangiato la “sua” anatra, è messo nella condizione di doversene andare miseramente senza aver soddisfatto gli altri suoi appetiti. Italia-Francia 1 a 0, dunque? Sembrerebbe proprio di sì… Anzi, Italia-Francia 2 a 0! Perché, a quanto pare, la ricetta dell’anatra all’arancia, considerata da tutti un fiore all’occhiello della più pura e autoctona cucina francese, avrebbe invece origini italiane. Toscane, per la precisione. Le sue origini risalirebbero infatti al Cinquecento, quando il succo degli agrumi si utilizzava abitualmente come conservante per le carni. Un abbinamento non soltanto considerato molto raffinato, ma anche utile per un piatto dal gusto agrodolce, forte e aromatico. Un piatto importante di carne pregiata adatto come portata principale delle feste e delle ricorrenze calendariali più solenni. Sarebbe stata CATERINA DE’ MEDICI a portare la ricetta dell’anatra all’arancia da Firenze a Parigi, alla corte di Versailles, quando andò in sposa al re ENRICO II di Francia e volle con sé i propri cuochi e domestici fiorentini esportando colà, tra le tante nostre ricette, anche quella del paparo alla melarancia, come si chiamava allora. Ma poi anche Napoli è scesa in campo a rivendicare la paternità delle origini di questo invitante e succulento piatto, che cuoce in forno con tutti i suoi aromi (aglio, rosmarino, alloro, ginepro, timo) e infine si insaporisce ricoprendo l’anatra con la sua bella salsa bigarade, densa, profumata e caramellata grazie all’arancia e a mezzo bicchiere di Grand Marnier o Brandy o Cognac (già aggiunto anche alla carne durante la cottura). Il poeta italiano ANTONIO CACCITORE ha raccontato nel dettaglio il suo primo incontro con l’anatra all’arancia fuori dall’Italia nel poema “Anatra all’Arancia”, che racconta la storia di come il piatto sia arrivato a Parigi partendo da Napoli. La questione, come sempre in questi

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casi, rimarrà insoluta con buona pace dei toscani e dei napoletani e a favore dei cugini d’Oltralpe. Troppo tardi, per recuperare radici e storie diverse da quelle consolidatesi nei secoli a livello internazionale. L’anatra all’arancia è infatti ormai indissolubilmente legata alla Francia, dove si chiama Canard à l’orange (o anche Caneton à l’orange), e lì rimarrà, con la sua salsa bigarade che ne è complemento indissolubile. Ma se davvero vogliamo risalire nel tempo, bisogna allora forse rivolgerci all’Oriente. È in quelle terre lontane che domina l’anatra, con tutti i suoi odori e sapori fra cui quello degli agrumi. Non solo un’ipotesi, in realtà, considerando che durante il nostro Rinascimento le arance non venivano ancora coltivate nel Mediterraneo ma importate dall’Oriente, così come la famiglia Medici (una delle più ricche e importanti d’Europa) faceva anche con tante altre spezie. In Oriente, del resto, e in particolare in Cina, l’anatra all’arancia è uno dei principali piatti identitari. Di solito è servita al tavolo, bollente sopra una piastra di ghisa. Viene insaporita con un insieme di spezie tipiche della cucina cinese tra cui paprika e salsa hoisin. Anche il Vietnam ha tra le sue ricette tradizionali l’anatra all’arancia che ha il nome locale di Vit Nau Cam. Perfino Gran Bretagna e Stati Uniti, negli anni ‘60, hanno cercato di accaparrarsi questo piatto con la loro Duck a l’orange rivisitata. Giovò alla sua diffusione da quelle parti un altro film, del 1965, intitolato “That Funny Feeling, Joan” in cui la protagonista Joan (SANDRA DEE) tenta di cucinare l’anatra all’arancia per Tom (BOBBY DARIN), dopo che quest’ultimo le aveva detto che era il suo piatto preferito. Joan la cucina insieme alla sua compagna di stanza Audrey e la cottura procede benissimo fino a quando la sigaretta accesa di Audrey non fa prendere fuoco all’anatra imbevuta di alcol. A Joan non resta che ordinarne una al ristorante e cercare di farla passare per sua… Nunzia Manicardi


RISTORANTI CARNIVORI

Sapori tipici dei Colli Euganei

Antica Trattoria Ballotta, il Torresano è servito di Gian Omar Bison

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n incrocio. Torreglia (PD), nel parco dei Colli Euganei, è un incrocio viabilistico ma anche spirituale, culturale. Una via di passaggio, per secoli quasi obbligata, verso i Colli Berici e il Veronese, dove viandanti e pellegrini trovavano spesso ospitalità e ristoro. Un luogo che dal Medioevo ha beneficiato molto della presenza monastica dei Benedettini di Praglia e San Daniele e dei Camaldolesi del Monte Rua che hanno diffuso cultura e sensibilità agricola e ambientale, praticato bonifica e sviluppo del territorio, dispensato scienza e sapienza con l’attività di restauro e conservazione dei libri in stretto rapporto con la rinomatissima Università di Padova.

La viticoltura ha sempre avuto un ruolo trainante e ancora oggi le DOC e DOCG dei Colli Euganei annoverano punte di vera eccellenza enologica nei tagli bordolesi, nei moscati e nella Garganega, nei vini vulcanici e biodinamici. E la cucina tradizionale elenca piatti secolari ancora oggi proposti dalla ristorazione locale custode di profumi e sapori identitari non replicabili altrove. Su tutti il Torresano, piccione dalle carni sode e succulente. L’Antica Trattoria da Ballotta, locale storico riconosciuto del quale si trovano menzioni sin dal 1604, è esempio di tutto questo. E buona parte della terra che oggi la circonda, quando ancora si chiamava Corte di Toregia, era nota come campagna

Torresano al forno con polenta morbida e salvia fritta.

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Come testimoniano le righe de “La Vita Sobria” di Luigi Corner, quando parla di “Pippioni Torraiuoli o Torrigiani”, riferendosi ai piccioni Torresani o di torre, si tratta di un piatto tipico dei Colli Euganei e specialità antichissima di Torreglia che ancora oggi non manca mai nella carta dell’Antica Trattoria Ballotta insieme ad altre tipicità del territorio e di stagione

detta dell’osteria. «Lì — ricordano i LEGNARO, attuali gestori della trattoria — oltre ad un contiguo ospitale peregrinorum dedicato a San Leonardo, che come d’uso in quei secoli assolveva gratuitamente alle funzioni di albergo, esisteva una rustica dipendenza di un convento minore del vicino poggio del Mirabello, retto nel Cinquecento dai frati Agostiniani di Monteortone. Si trattava di un piccolo podere con una piccola costruzione annessa che venne trasformata in un’osteria dopo che i frati la cedettero ad un privato che serviva i cibi del luogo con il già famoso vino delle pendici collinari». Ne son passate figure importanti nei secoli, da GALILEO GALILEI a JACOPO FACCIOLATI, da GIACOMO CASANOVA a GABRIELE D’ANNUNZIO (che partì per il volo su Vienna proprio da Due Carrare, a due passi Torreglia)

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Il Torresano secondo Ballotta Ingredienti 4 piccioni Terraioli detti anche “Torresani” • 120 grammi di lardo in larghe fette • olio extra vergine di oliva q.b. • 10 bacche di ginepro • 2 foglie di alloro • un rametto di rosmarino • sale e pepe q.b.

a ORIO VERGANI, giornalista e fondatore dell’Accademia Italiana della Cucina che frequentava la trattoria all’epoca di TONI CARTA, cuoco e gastronomo appassionato alla cui silhouette non esattamente slanciata doveva il soprannome di Ballotta. Il resto è storia fino all’acquisto del locale da parte della famiglia Legnaro una ventina di anni fa circa. «Siamo una famiglia piuttosto grande» ricorda ANNA CUCCO. «Dai quattro fratelli (ADRIANO, CRISTINA, ANNA e FABIO) ai figli, siamo ristoratori e albergatori da oltre quarant’anni, tutti partiti da questo paesino». Per come è ubicata e rinomata, il cliente medio di Ballotta si aspetta la tipica cucina padovana del territorio. «Che è cambiata ed evoluta — sottolinea Anna — ma i piatti di riferimento e ancora nostri cavalli di battaglia come la pasta e fagioli, i bigoli fatti in casa con ragù macinato d’anatra e il nostro amico Torresano, piccione catturato quando ancora deve prendere il volo, non mancano e non mancheranno mai». Facile da reperire? «Abbastanza! Abbiamo il nostro fornitore di fiducia che ci dà garanzie di qualità nell’allevamento e attenzione al benessere animale e di fornitura, per cui la carne arriva giusta. Certo, oramai non è sempre facile trovarlo strettamente di queste zone, ma è qui che si prepara». Otto nipoti e cugini tutti impegnati in azienda, solo uno ancora part time. «Io ho studiato tutt’altro, ma essendo molto legata alla famiglia ho intrapreso questa via. Ero una designer di moda a Milano e del mio percorso di studi porto

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Procedimento • Spennare i piccioni, fiammeggiarli per togliere la peluria, pulirli dalle interiora, lavarli bene ed asciugarli. • Pestare in un mortaio le bacche di ginepro e le due foglie di alloro; mettere il ricavato in un piatto fondo, aggiustare di sale e spolverare di pepe e aggiungere abbondante olio extra vergine di oliva. • Mescolare, intingervi il rametto di rosmarino e con questo pennellare interamente i piccioni. • Avvolgerli nelle fette di lardo, legarli con un filo bianco, infilarli nello spiedo e dopo ½ ora di cottura cominciare a pennellarli col rimanente composto preparato con l’olio. • Dopo 40 minuti totali di cottura, sfilare i piccioni, levare il filo e servirli con polenta abbrustolita. Abbinamenti consigliati Colli Euganei Cabernet Franc.

con me la creatività e l’attenzione che riverso sia nel locale che nella pre sentazione del menu. Personalmente sono più attratta e portata alla cura del rapporto col cliente che alla cucina, pur conoscendo molto bene piatti e ricette. Mi fermo spesso con lo chef e mi faccio spiegare per filo e per segno tutto, dalla cottura alla preparazione. Anche perché la cucina la guida mia mamma Cristina». La cucina si evolve: come sarà la vostra proposta negli anni a venire? «Ce lo stiamo chiedendo. Siamo alla seconda generazione e abbiamo quasi tutti trent’anni. La risposta è che nella zona dei Colli Euganei alcuni piatti dovranno sempre essere in carta e rimanere tali. Certo, con sguardo critico ed occhio vigile ai nuovi e diversi clienti e alle loro aspettative. Per noi, ad esempio, innovazione è il locale aperto ad Abano Terme (PD) lo scorso anno che si chiama Osterie Meccaniche, dove si pranza e si cena in un ambiente con auto e moto d’epoca, pezzi di motore e così via. Qui proponiamo pizza gourmet che lievita più di 48 ore,

digeribile, croccante e morbida. Assieme alla pizza abbiamo creato una linea di pietanze, una sorta di menu degustazione, avulso dalla cucina tradizionale in senso stretto». Ma i Legnaro hanno pure una terza attività, il Grand Hotel di Montegrotto Terme (PD), dove nasce la saga familiare. Quanti collaboratori in tutto? Più di cinquanta. Anna, tra dieci o vent’anni dove ti vedi? «Con una famiglia mia sicuramente, senza pensare che gli eredi saranno “costretti” ad impiegarsi nel settore della ristorazione. Così è stato per me e così sarà garantito ai miei figli». Gli eventi gastronomici a casa “Ballotta” sono tanti e annosi: dal premio annuale della cucina veneta alle tavole degli Amici di Adamitullo fino alla tappa del Festival Triveneto del Baccalà. Gian Omar Bison Antica Trattoria Ballotta Via Romana 57 35038 Torreglia (PD) Telefono: 049 5212970 Web: www.ballotta.it

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LOCALI DI GUSTO

L’oste del cinema italiano Cesare Zavattini, in primis, ma anche Bernardo Bertolucci e attori come Vittorio De Sica, Mario Monicelli, Dino Risi, e poi Gianni Brera e Valentino Bompiani: Arneo Nizzoli è l’oste che nella Bassa mantovana ha sfamato il miglior cinema italiano, mettendo in tavola classici della gastronomia padana, tra cui rane e lumache di Riccardo Lagorio

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Con il nome Albergo Tripolitalia, il locale sorge nel 1910. Si succedono via via varie gestioni fino al 1963, anno in cui viene acquistato dai fratelli Nizzoli che gli danno il loro nome (photo © ristorantenizzoli.com).

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è un museo-non-museo dedicato a CESARE ZAVATTINI a Villastrada, borgata di Dosolo, nel Basso Mantovano. Lettere, documenti, libri, ricette, quadri e persino la bicicletta del poeta, scrittore e scenografo reggiano li ha raccolti ARNEO NIZZOLI, cuoco e proprietario dell’omonimo riconosciuto ristorante che solo il corso del Po separa dal paese natale dell’artista. Molti cimeli sono conservati all’interno del locale, che Zavattini frequentò dal 1963 al 1988 apprezzando l’arte culinaria e la simpatia dell’oste mantovano. A poco più di trent’anni dalla scomparsa, Nizzoli ha ricordato i primi momenti dell’incontro con Zavattini. «Il primo maggio 1963 prelevai il bar ristorante di Dosolo e a metà giugno entrò nel locale un tizio che portava il basco in testa. Io non lo conoscevo, ma alcuni amici mi dissero chi fosse. Si presentò con richieste ben chiare che seppi accontentare. A me piace il salame con l’aglio mantovano, la spalla cotta bollente con polenta bruciata che tinga la bocca, riso di zucca al triplo brodo all’onda con tanto burro e grana, rane fritte e brasato di manzo o di carne equina. Si espresse così» racconta Nizzoli. Uomo di cinema e di teatro, di editoria e inventore di fumetti, la pittura naïf e LIGABUE devono molto a Zavattini. Molte opere fanno parte dell’arredamento del ristorante.

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1) Lumache (photo © www.tripadvisor.it). 2) Arneo Nizzoli seduto ad uno dei tavoli del suo ristorante che si trova esattamente al centro del paese di Viadana,sulla sinistra del Po, nel cuore della Padania, tra Mantova, Reggio Emilia e Parma. E la “padanità”, ovvio, risalta in cucina, tra maiale, lumache, zucca e rane (photo © ristorantenizzoli.com). Il grande esponente del neorealismo era bevitore esigente: «In tavola voleva almeno tre bottiglie di Lambrusco diverse, apparecchiate con grandi bicchieri: chiaro, scuro e amabile. Quando non c’erano i suoi amici registi, vino in tazza, soprattutto Lambrusco di Viadana, con tanta schiuma. Era uno sceneggiatore anche a tavola, Zavattini. Voleva che dalla zuppiera uscisse un grande vapore, come per i taiadéli (sottili tagliatelle) in triplo brodo di gallina, maiale e manzo, che amava particolarmente» narra Arneo, definito il Picasso della gastronomia naïf. Del resto Arneo Nizzoli è l’oste che nella Bassa Mantovana ha sfamato il miglior cinema italiano. BERNARDO BERTOLUCCI con tutti gli attori di Novecento, VITTORIO DE SICA,

DINO RISI, ma anche GIANNI BRERA e Valentino Bompiani. Causa ed effetto, ai suoi tavoli da oltre 40 anni si susseguono durante le diverse stagioni dell’anno curiose celebrazioni dedicate al porco (le celebri maialate), alle rane, alla zucca e alle lumache. Liturgie laiche paragonabili alle prescrizioni imposte da Zavattini per la “perfetta cottura della spalla cotta, prima lasciata in bagno per 24 ore, poi lessata e fatta raffreddare nella sua acqua o per la preparazione delle cotolette, che dovevano essere cucinate con l’aggiunta di due interi panetti di burro”. Za, come era amichevolmente denominato, aveva un debole per le rane, portata da palude desueta sulle tavole contemporanee. «Caratterizzava le portate della primavera, da

Lumache e rane, maiale e zucca: fuori da qualsiasi itinerario, e quindi da conquistare, eleggendolo a meta di turismo enogastronomico, il ristorante Nizzoli propone una cucina saporita tipica legata alle stagioni e ai prodotti della campagna occidentale mantovana, in un contesto originale e pittoresco

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aprile in avanti»: la zuppa di rane è tuttora una delle pietanze favorite dagli ospiti, poi la frittata di rane, il risotto con le rane. In compagnia di artisti, intellettuali, attori e registi come ETTORE SCOLA, MARIO MONICELLI e GÉRARD DEPARDIEU, «Za sosteneva un altro prodotto di culto della nostra pianura, le lumache. Non tanto alla bourguignonne, quanto in versione padana. Così sono nati piatti come la lumaca nello spaghetto, le lumache fritte in salsa di grana, le lumache in umido con polenta e funghi chiodini». Nei menu di oggi dedicati alla lumaca, che si tengono nel mese di maggio, il più gettonato è la vellutata di lumache con uovo di quaglia e crema di tartufo, una squisitezza che rende questo locale fuori da qualsiasi itinerario un luogo da conquistare eleggendolo a meta stessa di turismo. Come ricorda la targa dedicata a Cesare Zavattini affissa fuori dal Nizzoli. Riccardo Lagorio Ristorante Nizzoli Via Giuseppe Garibaldi 18 46030 Dosolo (MN) Telefono: 0375 838066 Web: ristorantenizzoli.com

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SAPORI DAL MONDO

Un buon ricordo di Kobe, il manzo di Josette Baverez Blanco

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ono passati 45 anni da quando ho fatto con la mia famiglia questo primo viaggio in Giappone, rimasto impresso nella nostra memoria attraverso tutti e cinque i sensi: la meraviglia dei paesaggi, dei tempi e santuari, dei giardini, delle usanze stesse, il silenzio ovattato alternato al mormorio

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delle cascatelle e delle preghiere o il rumore delle cittĂ che sembra persino orchestrato, i profumi dei ciliegi in fiore, della natura in generale e degli incensi accesi, la morbidezza, la delicatezza e la raffinatezza delle stoffe e, infine, la gioia del palato stuzzicato dalle pietanze colorate presentate benissimo nelle vetrine

dei ristoranti. Nota per essere una delle cucine piĂš bilanciate e salutari del mondo, pur facendo un uso importante della frittura ma, al contempo, grazie alla grande quantitĂ di verdure consumate, la cucina giapponese tradizionale non contempla spesso la carne. I bovini sono stati infatti portati in

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In basso: esemplare di manzo giapponese Wagyu (photo © Ken Kojima – stock.adobe.com). A sinistra: tagli di carne fresca di Kobe (photo © Hakan Tanak). Giappone intorno al 200 d.C. per aiutare i contadini nella pesante coltivazione di riso gohan (animali da tiro). Attorno al ‘600, alcune zone, seppur ridotte, sembrarono idonee all’allevamento. La carne era allora destinata esclusivamente ai samurai e ai soldati durante le guerre. Chi tornava a casa, però, non resisteva al piacere di tornare a consumare carne e, contro ogni credenza religiosa, portava il manzo a tavola pur essendo considerato un insulto nei riguardi dei propri antenati se non un vero e proprio sacrilegio. Nel 1868, con il Rinnovamento o restaurazione Meiji, le restrizioni si allentarono e il consumo di carne aumentò gradualmente, in particolare dopo la seconda Guerra Mondiale, sotto l’influenza americana e con un maggior potere d’acquisto delle famiglie. Dopo esserci lasciati alle spalle Tokyo, Kyoto, Osaka, siamo arrivati nella baia di Kobe, nella Prefettura di Hyogo, col suo spettacolare scenario montuoso, dominato dal Monte Rokkō (m 931 slm), che circonda il porto, tutt’ora uno dei più importanti del Paese, in particolare per gli scambi con la vicina Cina. Sono pochi gli spazi per i pascoli in questa zona rocciosa e perciò il manzo nero di razza Tajima ha sviluppato animali con una struttura muscolare rafforzata e grande Eurocarni, 7/20

quantità di grasso intramuscolare, necessario inizialmente per il lavoro a cui erano destinati i bovini. Il Wagyu, letteralmente bovino giapponese (da Wa 和,che significa Giappone, più 牛 Gyu, che significa bovino), è l’insieme di 4 razze (Kuroge washu, razza nera o Japanese black; Mukako washu, razza senza corna o Japanese polled; Nihon tankaku washu, razza Shorthorn o Japanese Shorthorn; Akage washu, razza marrone/rossa o Japanese brown), tutte allevate all’aperto con criteri molto precisi da seguire scrupolosamente: • la sorveglianza della linea genealogica degli animali; • l’alimentazione selezionata a base di cereali, mais, riso e orzo, barbabietole e patate, trebbie di birra, erba di pascolo; • ambiente senza stress. Altre caratteristiche specifiche di questi animali allevati adesso per uso culinario sono: • essere mucca vergine (scottona), o manzo o bue; • la marezzatura; • il peso lordo dell’animale. I primi 7-10 mesi, i vitelli sono cresciuti da personale specializzato poi venduti ad altri allevatori che li porteranno a 470 kg. I vitelli sono svezzati presto a favore del latte artificiale e sono tenuti al caldo persino con coperte termiche per mantenere una temperatura costante. 97


Secondo la tradizione giapponese il Kobe andrebbe tagliato a fettine sottili, così sottili da sciogliersi in bocca senza masticare (photo © Sebastian – stock.adobe.com). Inutile precisare con quanta igiene siano tenute le stalle, quasi in modo maniacale, creando un ambiente sempre confortevole. Una leggenda metropolitana vuole che gli animali siano addirittura massaggiati col sakè: in realtà sono sempre puliti e spazzolati e questo tipo di massaggio, non effettuato comunque da tutti gli allevatori, favorisce la distribuzione del grasso all’interno del muscolo. Il massaggio col guanto di crine è utile anche per evitare le contratture durante i periodi freddi. E la birra data da bere a questi bovini? Non è una completa falsità: come detto, sono incluse nell’alimentazione degli animali trebbie di birra, un residuo della produzione di birra che ha un ottimo effetto proteico. Coccolati, nutriti bene, poi macellati con delle tecniche che rispettano standard ben precisi (tra i 24 e i 30 mesi circa), questi animali non possono che regalarci della carne di altissimo livello, molto diversa da tutte le tipologie che conosciamo. Questi livelli eccezionali ottenuti grazie quindi ad una dieta specifica per 900 giorni, esente da stress, in un clima favorevole, genetica con-

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trollata, il tutto frutto di un know-how unico e ancestrale di un metodo di allevamento invariato per secoli, sono una delizia per il palato. Carne che va consumata tagliandola a fettine sottili, di una raffinatezza e delicatezza uniche; aromatica e saporita, si cucina prevalentemente alla piastra o in un brodo leggero e si scioglie letteralmente in bocca. Il suo grasso non è malsano, anzi, contiene un’alta percentuale di Omega 3 e 6 e ha percentuali di colesterolo davvero basse. Ricordo proprio a Kobe un locale dove ogni tavolo era dotato di una piastra propria. Il cuoco tagliava il pezzo scelto in parti più piccole e ce le lasciava cucinare, avendoci premesso che il tempo richiesto per una cottura ottimale è proporzionale alla quantità di grasso. Sul banco erano presenti i condimenti vari, aglio, senape al wasabi, sale e un mix di spezie. L’ammontare del conto a fine pasto si dimentica tanto rimane impressa in ognuno la bontà di questa carne unica al mondo. Le carni sono classificate in base al rendimento, che viene espresso da lettere e che va da C a A, e alla qualità (colore, marezzatura, compattezza, brillantezza), ottenendo

un punteggio da 1 a 5 (dove 1 è il voto più basso e 5 quello più alto). Per la marezzatura si usa una scala chiamata BMS (Beef Marbling Score) che va da 1 a 12. Sono poche e recenti le esportazioni di carne dal Giappone: nel 2012, direzione Macao e Hong Kong, poi negli Stati Uniti e Gran Bretagna e, infine, dal 2014 in Europa e in Italia in particolare. Per concludere, ricordiamo il detto: “Tutto il Kobe è Wagyu, ma non tutto il Wagyu è Kobe”. Il Wagyu viene infatti allevato oggi in molti Paesi del mondo, come Stati Uniti, Australia, Canada e persino Italia. Per essere considerata “Kobe”, invece, la carne deve: provenire dal ceppo Tajima; provenire da un animale nato, allevato e macellato nella Prefettura di Hyogo; avere un rendimento A o B e il grado 5 o 6 della scala della marezzatura; possedere il sigillo di garanzia Japanese Chrysanthemum. Attenti ai falsari che spacciano per Kobe originale una carne solo simile, cercando ristoranti che forniscano la massima garanzia o controllando bene le etichette nel caso dell’acquisto. Josette Baverez Blanco

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FIERE

Dal 23 al 26 novembre

ALL4PACK 2020, a Parigi per reinventare l’imballaggio

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gni due anni, ALL4PACK, salone leader generalista in Francia, è l’evento imperdibile per 79.000 operatori che vengono a scoprire le soluzioni di packaging innovative e sostenibili presentate da 1.350 espositori e marchi. La prossima edizione, che si svolgerà dal 23 al 26 novembre, sarà, in questo anno decisamente particolare, un’opportunità unica per l’ecosistema dell’imballaggio

e dell’intralogistica di incontrarsi e di proseguire tutti insieme rispondendo alle sfide normative e sociali che il settore deve affrontare. Dal 1947, infatti, ALL4PACK accoglie a Parigi i più grandi protagonisti del packaging e della logistica. Nel corso degli anni, la manifestazione ha saputo adattarsi ai cambiamenti del mercato e rispondere alle attese e alle necessità delle aziende, grazie ad un’offerta completa, che copre

tutta la filiera: packaging, processing, printing e intralogistica. Di fronte ai cambiamenti sociali che modificano i nostri stili di vita, alle problematiche ambientali e alle nuove regole, il settore dell’imballaggio deve reinventarsi. Per rispondere in modo adeguato a questa rivoluzione senza precedenti, il salone dà un nuovo slancio alle proprie ambizioni e al suo posizionamento offrendo: delle soluzioni specifiche,

La fiera ALL4PACK, vetrina e punto di riferimento dell’ecosistema dell’imballaggio e della logistica innovativi, sostenibili e responsabili, offrirà molti spunti di riflessione grazie a un ricco e completo programma di conferenze ed eventi. Ciò consentirà a tutti i professionisti presenti di riflettere insieme e condividere con i propri colleghi le soluzioni di packaging di oggi e del futuro.

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20° SALONE INTERNAZIONALE DELL’ALIMENTAZIONE

parma

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ALL4PACK in cifre • • •

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1.350 espositori e marchi rappresentati 79.000 operatori 91% dei professionisti che incontrano gli espositori dichiarano previsione di acquisto 88% di operatori soddisfatti 11 i settori industriali rappresentati al salone:

sostenibili e responsabili alle sfide attuali e del domani: imballaggi, macchine e logistica. Imballaggio, più che mai necessario L’eccezionale situazione che affrontiamo nella lotta contro il Covid-19 e il protocollo messo in atto per affrontarla, ci ricorda una cosa essenziale: la ragione d’essere e l’importanza del packaging. Infatti, senza un contenitore, la sicurezza alimentare, il consumo e la distribuzione di determinati prodotti sarebbero semplicemente impossibili. Sebbene, in passato, sia stato a volte messo in discussione, l’imballaggio svolge un ruolo cruciale per la nostra società poiché si è rivelato essenziale per mantenere l’attività dei settori strategici del nostro paese, quali: alimenti e prodotti di prima necessità, salute e igiene, o le consegne a domicilio. Al di là del suo ruolo principale, il settore del packaging continua ad evolversi. Preservare le nostre risorse e il nostro pianeta è una necessità a cui il settore deve rispondere fornendo nuove soluzioni. Data l’entità delle sfide ambientali, le prove da affrontare sono notevoli. ALL4PACK, l’unica fiera internazionale nel 2020 dedicata alle problematiche del packaging, è l’opportunità per scrivere un nuovo capitolo in questo settore. Edizione 2020: una nuova era per il packaging Sono in corso molti cambiamenti per l’industria dell’imballaggio che sta vivendo una vera rivoluzione.

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Agroalimentare; Bellezza / Igiene; Beni di consumo; Beni industriali Bevande; Distribuzione e commercio; Lusso; Farmacia / Salute; Servizi; Trasporti e Logistica; Altre multi-industrie.

Oltre alle iniziative già realizzate dagli industriali per soddisfare le esigenze dei cittadini, gli obiettivi stabiliti dalla legge per l’economia circolare, approvati lo scorso febbraio, li costringeranno ad accelerare il processo: 100% plastica riciclata entro il 2025, divieto di imballaggi usa e getta entro il 2040, ed entro il 2021, abbandono del polistirolo espanso, ampiamente utilizzato negli imballaggi per alimenti. L’imballaggio deve essere reinventato Il salone ALL4PACK, precursore di tutte le soluzioni sostenibili d’imballaggio e dell’intralogistica, ha l’ambizione d’affiancare gli operatori nell’affrontare questa rivoluzione senza precedenti. L’edizione 2020 sarà posta sotto il segno del cambiamento e dello sviluppo sostenibile, più che mai, al centro dell’evento. In effetti quest’anno, la fiera ALL4PACK è stata progettata per essere il luogo d’incontro all’avanguardia, stimolante ed essenziale per il packaging del futuro. I visitatori professionisti saranno in grado di incontrare e condividere opinioni su questioni che interessano il settore per anticipare al meglio le nuove sfide di oggi e di domani. Numerose soluzioni per ogni settore e ogni materiale ALL4PACK 2020 promette un approccio globale, per supportare le industrie utilizzatrici nelle loro ricerche di soluzioni in modo che possano abbinare sostenibilità, prestazioni e redditività. Si tratterà di un’opportunità per incontrare i

produttori di imballaggi, contenitori e macchine francesi ed internazionali e per scoprire 600 macchine in funzione. Ogni operatore sarà in grado di scoprire una gamma completa di soluzioni specifiche, sostenibili e responsabili nel packaging, nel processing, nel printing e nella logistica. Per una migliore visibilità e un percorso più fluido e rilevante per i visitatori, quest’anno le varie offerte degli espositori saranno presentate per materiale: legno, cartone, metallo, plastica e vetro. Tutti potranno quindi trovare soluzioni e innovazioni che potrebbero interessarli più facilmente. L’ecodesign al centro delle sfide delle catene di approvvigionamento Riprogettare l’imballaggio promuovendo l’ecoprogettazione, tutto ciò è diventato una priorità per gli industriali, produttori ed attori della supply chain al fine di rispondere alle sfide dello sviluppo sostenibile. Per fare ciò, i responsabili della logistica e le direzioni della supply chain investono massicciamente nell’ecodesign a diversi livelli. Vengono adottate nuove soluzioni sia nei magazzini (imballaggi innovativi e su misura per ridurre il vuoto) sia nei trasporti (uso di materiali riciclati e riutilizzabili, ottimizzazione dei volumi e velocità di riempimento dei camion). In fiera i visitatori potranno trovare un’ampia gamma di offerte in grado di rispondere a queste nuove sfide. Saranno anche in grado di dialogare con un gran numero di interlocutori al fine di arbitrare sulle scelte ottimali in base alla loro produzione, trovando prodotti in grado di offrire delle soluzioni “su misura”.

>> Link: www.all4pack.com

Eurocarni, 7/20


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Anuga FoodTec 2021 punta su automazione e digitalizzazione

N

el settore del food & beverage la complessità cresce di pari passo con le aspettative nei confronti delle aziende. È più che mai essenziale scovare soluzioni ottimali per la produzione di alti quantitativi a costi ridotti, nel rispetto delle severe esigenze dei consumatori in termini di varietà, confezioni innovative e sostenibilità. Automazione e digitalizzazione sono ormai due tecnologie strettamente intrecciate, che contribuiscono in modo sostanziale alla filiera di creazione del valore. Dal 23 al 26 marzo con i due nuovi segmenti “digitalizzazione” e “automazione” Anuga FoodTec 2021, la fiera leader in campo internazionale per le subforniture dell’industria alimentare e delle bevande, creerà una piattaforma condensata per due delle tematiche più scottanti del settore e mostrerà come implementare la trasformazione digitale oggi e in futuro. L’automazione è ovunque un elemento cruciale

dell’industria alimentare e delle bevande, ma sicuramente non in ogni azienda. I sistemi di automazione innovativi sono tuttavia delle applicazioni utili e a volte necessarie per incrementare gli utili, aumentare la produttività, ridurre al minimo i rischi per la sicurezza, ottimizzare la gestione delle risorse, tagliare drasticamente le possibilità di errore e migliorare lo sfruttamento di macchine e impianti. Anuga FoodTec 2021 presenterà numerose idee e soluzioni in tema di “automazione” con una varietà e profondità inedite. Grazie alla digitalizzazione è possibile collegare fra loro i processi automatizzati. Nel segmento “digitalizzazione” interverranno una serie di aziende fornitrici di soluzioni di digitalizzazione e automazione per i grandi costruttori di impianti, i cosiddetti OEM, Original Equipment Manufacturers, Blockchain, Big Data, Cloud-Services, Industria 4.0, RFID, cyber security, M2M-Communica-

tion, intelligenza artificiale, VR/ AR, “gemelli digitali” sono solo alcuni dei numerosi esempi di cui sarà data dimostrazione dal vivo ad Anuga FoodTec. L’edizione 2021 di Anuga FoodTec darà però ampio spazio anche alle sfide in materia di sicurezza e normative che accompagnano l’avanzata della digitalizzazione. I visitatori troveranno quindi una vasta offerta espositiva di soluzioni complete ed elementi modulari e trasversali ideati per l’industria del food & beverage in ambito di automazione e digitalizzazione e potranno realizzare appieno come venga implementata concretamente la trasformazione digitale, come sia possibile collegare ancora più strettamente i processi, ma anche quali sfide nasconda questa evoluzione e come vadano affrontate. In considerazione della notevole importanza per il settore anche il programma eventi di Anuga FoodTec 2021 si occuperà di tematiche inerenti a digitalizzazione e automazione. Sono in programma fra l’altro conferenze su “Digital Factory”, “SmartTec 4Food” e “Integrazione di macchinari esistenti” (si riservano eventuali modifiche). •

Stand Multivac in fiera (photo © Koelnmesse GmbH, Harald Fleissner).

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La prossima edizione di Anuga FoodTec si terrà a Colonia dal 23 al 26 marzo 2021.

www.anugafoodtec.com www.facebook.com/anugafoodtec www.twitter.com/anugafoodtec

Eurocarni, 7/20


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TECNOLOGIE

Collaborare con CSB-System ai tempi del Covid-19 #forwardtogether attraverso la crisi

A

nche se al momento nessuno sa esattamente quando finirà la crisi scatenata dal Covid-19, una cosa è sicura: noi di CSB-System vi affiancheremo, affinché il vostro business continui a funzionare. Per questo non abbiamo esitato ad aumentare la nostra offerta di consulenza e servizi e a digitalizzarli.

Consulenza in remoto Abbiamo migliorato in modo sostanziale la nostra offerta di consulenza in remoto e incrementato le nostre capacità. Contattate il vostro consulente CSB o il vostro commerciale di riferimento. Troveremo la soluzione più adatta per voi e la vostra azienda.

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Assistenza 24/7 sempre a disposizione Anche ai tempi del Covid-19 il nostro supporto 24/7 è a disposizione al numero che troverete sulla nostra pagina web.

Corsi di formazione e perfezionamento on-line per i nostri clienti: sempre aggiornati grazie ai webinar Informatevi sui trend e gli argomenti più importanti per il vostro business e le soluzioni offerte dal CSB-System. Mettiamo a disposizione corsi di formazione del nostro CSB-College e abbiamo potenziato anche i workshop specifici per clienti. I primi sono disponibili on-line: sulla nostra pagina web troverete il calendario dei corsi oppure scrivete a info.it@csb.com

Eurocarni, 7/20


CSB-System mette a disposizione corsi di formazione e perfezionamento on-line.

Se la fiera è stata purtroppo cancellata Siete interessati ai nuovi prodotti e alle nuove soluzioni di CSB-System? Anche se la fiera o l’appuntamento fissato non potrà aver luogo, i nostri esperti sono sempre a vostra disposizione telefonicamente o tramite conferenza web. Contattateci e vi risponderà la persona giusta per voi.

Discovery Days virtuali Ci sarebbe piaciuto realizzare la nostra abituale conferenza annuale di maggio nel mondo reale: tante erano già le adesioni e tanto l’impegno da noi profuso affinché fosse ancora una volta un successo. Tuttavia, siamo riusciti ad offrire conferenze on-line e visita virtuale, gratuite e a livello globale. Informatevi nella nostra Homepage sugli argomenti trattati.

Siamo a vostra disposizione Nonostante tutte le preoccupazioni siamo lieti che molti nostri clienti ricevano in questo periodo il riconoscimento che si meritano. Produttori di generi alimentari, del settore commercio e della logistica hanno continuato a lavorare nonostante i rischi e i disagi causati dalla situazione attuale, fornendo i beni di prima necessità alla popolazione. Ringraziamo voi e i vostri dipendenti. Restate in salute! Andrè Muehlberger Direttore CSB-System Srl

Eurocarni, 7/20

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Se la fiera è stata cancellata, o l’appuntamento è saltato, c’è la conferenza web e il supporto on-line è sempre a disposizione.

Referente: • Dott. A. MUEHLBERGER CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

Il gruppo aziendale CSB-System mette a disposizione software, hardware, services e business consulting: tutto ovunque e in un’unica soluzione. L’ERP CSB-System resta il cuore del portafoglio prodotti ed è una soluzione completa che copre l’intera filiera: dalla produzione di materie prime fino al consumatore e dalla macchina al controlling. Tutti i processi sono totalmente coperti nello standard secondo le best practices nazionali ed internazionali. Grazie alla struttura modulare del software, i clienti CSB possono introdurre nuove funzionalità in modo flessibile, nel momento in cui lo desiderano. Il CSB-System può essere aggiornato rapidamente e in modo sicuro; novità tecniche o modifiche delle disposizioni di legge possono essere integrate facilmente. La soluzione pre-configurata per il settore carne e salumi prevede: • Macellazione comprensiva di pianificazione e inserimento dati; • Gestione rintracciabilità prodotti; • Sezionamento comprensivo di pianificazione e ottimizzazione; • Pianificazione e controllo della produzione; • Gestione ricette, controllo dei costi e ottimizzazione; • Pianificazione e controllo della produzione; • Identificazione & Etichettatura; • Evasione ordini, spedizione e gestione giri; • Rintracciabilità dei lotti; • Gestione Qualità; • Controlling & Statistiche.

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Eurocarni, 7/20


La prima edizione digitale dei CSB-Discovery Days del 27 e 28 maggio è stata un successo! Una conferenza virtuale sulla digitalizzazione è possibile? Il gruppo CSB-System si è posto questa domanda quando la crisi causata dal Covid-19 ha sconvolto i suoi piani originali. La risposta è sì, è possibile e come! Lo dimostrano i 200 partecipanti da 26 diversi Paesi, perché laddove fisicamente si chiudono dei cancelli, si devono aprire porte virtuali; d’altronde, si adatta molto bene al tema centrale della conferenza: la digitalizzazione e il suo impiego nell’industria alimentare. Oltre agli esperti CSB, hanno dato il loro contributo anche alcuni clienti. Qui di seguito, in sintesi, i punti messi in evidenza. 1. La digitalizzazione ha una nuova spinta, anche a causa del Covid-19 L’attuale crisi sta accelerando i processi di aggiustamento strategico delle aziende. Igiene, qualità e tracciabilità sono i fattori chiave ma non si può più tralasciare l’obiettivo di una gestione orientata su dati concreti. Durante il loro intervento, i manager delle industrie slovene Pivka e Delamaris hanno evidenziato come, digitalizzando i loro processi, siano riusciti a prendere decisioni su una base completamente nuova: cifre e non più impressioni. Anche gli esperti IT del gruppo belga Colruyt hanno riportato sulla base di fatti concreti, come l’impiego dell’ERP CSB sia riuscito ad aumentare la freschezza dei prodotti e a ridurre significativamente le perdite di produzione. Ogni passo verso l’Industria 4.0 è in definitiva un passo verso maggiori vendite o profitti. Tuttavia, il punto di partenza per la ristrutturazione digitale di un’azienda resta sempre e comunque il sistema ERP, che è la struttura portante del business e gestisce l’insieme dei dati aziendali. 2. Piccoli passi portano all’obiettivo più velocemente di grandi salti con lunghe rincorse Nessuno mette più in dubbio l’importanza della digitalizzazione. La domanda è piuttosto “come”: a piccoli passi, partendo dal principio base che tutto ciò che ha portato ad un rapido successo e ha contribuito positivamente a vendite, profitti, processi o prodotti dovrebbe essere ulteriormente ampliato. Fondamentalmente, la digitalizzazione esula dalle dimensioni dell’azienda; qualsiasi azienda può intraprendere questo passo. 3. L’intelligenza artificiale è la più grande promessa per l’industria alimentare Emergono sempre più ambiti di applicazione. Nel campo del riconoscimento delle immagini si è già molto avanti, ad esempio nel controllo di qualità di frutta e verdura. Ma ciò che rende così interessante l’intelligenza artificiale è la capacità di interpretare grandi quantità di dati in un tempo molto breve. Questo però è possibile solo se i processi sono digitalizzati e i dati inseriti manualmente sono ridotti al minimo. Discovery Days 2021 già in preparazione Grazie al sorprendente successo ottenuto, per il prossimo anno il gruppo CSB prevede di organizzare i Discovery Days con una combinazione di eventi in presenza ed elementi digitali. È sicuramente positivo sperimentare nuovi modi nella comunicazione e partecipazione degli eventi quando il fine ultimo è contribuire, grazie all’esperienza maturata, al processo di digitalizzazione delle industrie alimentari (in foto, uno dei momenti dei CSB-Discovery Days).

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NaturCEASE™ Dry: la soluzione unica e clean label di Kemin per soddisfare le aspettative del consumatore

P

oiché gli acquisti alimentari si effettuano anche “con gli occhi”, è fondamentale per i rivenditori che i loro prodotti a base di carne mantengano un colore rosso vivo. Anche il sapore, naturalmente, ha un impatto notevole sulla decisione dei consumatori1. Tuttavia, entrambi questi due parametri possono deteriorarsi nel tempo a causa dei processi di ossidazione. Diversi studi dimostrano che esiste una relazione tra ossidazione lipidica (TBARS) e deterioramento del colore della carne2,3,4. I prodotti

di reazione del processo di ossidazione lipidica (ad es. radicali liberi, perossidi) provocano la formazione di cattivi odori ed aromi e accelerano il processo di ossidazione dell’ossimioglobina (colore rosso vivo) in metamioglobina (grigiomarrone)1,5,6 (Figura 1). Inoltre, l’ossidazione dell’ossimioglobina promuove anche l’ossidazione lipidica, poiché la reazione produce ioni di ferro5. Oltre al deterioramento chimico, anche i microrganismi influenzano la qualità, la sicurezza e il colore dei prodotti a base di carne7.

Sicurezza alimentare e proprietà antiossidanti in un unica soluzione con clean label NaturCEASE Dry di Kemin è una potente combinazione di aceto tamponato e tre estratti vegetali naturali. NaturCEASE Dry unisce il potere di questi estratti vegetali in combinazione con l’aceto tamponato in polvere, aggiungendo un ulteriore effetto di inibizione microbica alla miscela. I produttori di carne lavorata preferiscono usare miscele già pronte di ingredienti, usufruendo di diversi vantaggi:

NaturCEASE Dry è la soluzione all-in-one di Kemin per migliorare la shelf-life dei prodotti a base di carne, mantenendone il colore brillante e il sapore fresco, con l’ulteriore vantaggio di controllare gli organismi di deterioramento.

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NaturCEASE Dry offre in un’unica miscela un ritardo dell’ossidazione dei lipidi, una maggiore efficacia di stabilizzazione del colore della carne e una clean label. In questo studio, di cui riportiamo i risultati di seguito, sono state confrontate le proprietà stabilizzanti di NaturCEASE Dry in carne macinata di manzo (nelle percentuali dello 0,3% e dello 0,5%) con un campione non trattato e con campioni trattati con acetato di sodio (0,1%) e lattato di sodio (2,5%). La macinatura accelera il deterioramento della qualità della carne, a causa dell’aumento della super ficie di contaminazione microbica2,8. Nell’industria della carne, antiossidanti come l’acido ascorbico (E300) sono usati per ritardare l’ossidazione dei lipidi e, di conseguenza, lo sviluppo di odori sgradevoli, migliorando contemporaneamente la stabilità del colore. Per garantire che i prodotti rimangano freschi e sicuri da consumare, gli antimicrobici possono essere usati per inibire la crescita di microrganismi. Gli antimicrobici sintetici comunemente usati sono il lattato di sodio (E325) e l’acetato di sodio (E262)9. Tuttavia,

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i consumatori oggi preferiscono scegliere alimenti che contengano ingredienti naturali (clean label). Alcuni estratti vegetali naturali hanno forti proprietà antiossidanti, mentre altri mostrano anche eccellenti proprietà stabilizzanti del colore. L’aceto tamponato in polvere ha inoltre dimostrato di avere un effetto inibitorio microbico. Sia l’aceto tamponato che gli estratti vegetali sono ingredienti etichettati come naturali e sono quindi utili alternative agli additivi sintetici. Lo studio e il confronto La carne di manzo macinata senza conservanti né antiossidanti è stata acquistata da un macellaio locale. In una prima prova, sono state condotte analisi su TBARS, colore e aspetto. In un secondo studio è stata misurata la crescita microbica (conteggio totale delle unità formanti colonie, UFC). Per entrambe le prove, è stata seguita la stessa preparazione del campione: a piccole porzioni di carne macinata cruda (400 g/lotto) sono stati uniti i trattamenti mescolando per 2,5 minuti. Le mini porzioni di macinato sono state confezionate in un imballaggio di polipropilene (PP)

e conservate al buio per un periodo di 8 giorni. Per lo studio sensoriale, alle porzioni di carne macinata cruda (600 g/lotto) sono stati aggiunti sale (1,5%) e pepe bianco (0,1%) mescolando per 2,5 minuti (dosaggio calcolato sul peso totale del prodotto). Le polpettine sono state confezionate in un imballaggio di polipropilene (PP) e conservate al buio per un periodo di 4 giorni (Tabella 1 e Tabella 2). Protezione del colore Il valore che indica la saturazione di rosso nei campioni trattati è diminuito in funzione del tempo (Figura 1). La miscela NaturCEASE Dry ha sovraperformato (p <0,05) la carne macinata non trattata a partire dal primo giorno. Dal secondo giorno, i campioni con NaturCEASE Dry avevano valori a* significativamente più alti (p <0,05) rispetto ai campioni trattati con acetato di sodio e lattato di sodio (Figura 2). Il deterioramento dell’aspetto dei campioni trattati (Tabella 3) mostra la stessa tendenza dei valori a* in Figura 2. Si può chiaramente osservare che le polpette trattate con NaturCEASE Dry hanno mantenuto il loro colore rosso vivo fino alla fine dello studio.

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Tabella 1 – Preparazioni dei campioni e condizioni di conservazione dei campioni Parametri di prova TBARS e colore

Crescita microbica

Panel sensoriale

Peso della polpetta (g)

40,00 g

10,00 g

50,00 g

Misura della polpetta (ø)

5,5 cm

3,0 cm

6,9 cm

4 °C

7 °C

4 °C

Condizioni di stoccaggio (°C)

Tabella 2 – Trattamenti sui campioni di carne macinata (dosaggi calcolati sul peso totale del prodotto) Trattamenti

Dosaggio

Principi attivi

Manzo macinato crudo non trattato

N/A

Nessun ingrediente aggiunto

NaturCEASE aceto tamponato in polvere

0,3%

Combinazione di estratti vegetali naturali

NaturCEASE aceto tamponato in polvere

0,5%

Combinazione di estratti vegetali naturali

Lattato di sodio (E325)

2,5%

Lattato di sodio

Acetato di sodio (E262(i))

0,1 %

Acetato di sodio

Protezione della freschezza I TBARS non sono aumentati (p <0,05) per la carne macinata cruda trattata con NaturCEASE Dry (Figura 3). In tutti gli altri campioni trattati sono aumentati i TBARS. NaturCEASE Dry ha sovraperformato (p <0,05) gli altri trattamenti a partire dal primo giorno.

e quello trattato con acetato di sodio a partire, rispettivamente, dal giorno 2 e 4. Tra i campioni trattati con NaturCEASE Dry e quello trattato con lattato di sodio non c’è stata una differenza significativa. Ad eccezione del giorno 4, il lattato di sodio ha funzionato statisticamente come l’acetato di sodio.

Protezione della sicurezza Tutti i trattamenti hanno inibito la crescita microbica (Figura 4). NaturCEASE Dry ha sovraperformato (p <0,05) il campione non trattato

Protezione del sapore L’appetibilità delle polpette non è stata influenzata negativamente da nessuno dei trattamenti poiché i punteggi erano simili dal giorno

0 al giorno 2. Dal giorno 3, le polpette trattate con acetato di sodio sono state percepite come rancide. Alla fine dello studio (giorno 4), le polpette trattate con lattato di sodio e NaturCEASE Dry erano ancora percepite come accettabili. Al giorno 3 e 4 le polpette non trattate sono state escluse dalla sperimentazione sensoriale per problemi di sicurezza. Pertanto, il “punteggio massimo” e la linea “nessuna preferenza” in Figura 6 cambiano, poiché sono stati valutati solo 4 campioni anziché 5.

Figura 1 – Schema delle interconversioni redox della mioglobina sulla superficie della carne

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Figura 2 – Valori medi (n = 3) di saturazione di rosso dei campioni di carne macinata cruda conservati a 4 °C al buio. La barra di errore rappresenta la deviazione standard dei campioni

Figura 3 – Valori TBARS medi (n = 3) dei campioni di carne macinata cruda conservati a 4 °C al buio. La barra di errore rappresenta la deviazione standard dei campioni

Figura 4 – Variazione media (n = 2) del conteggio totale delle piastre (log10 CFU / g) dei campioni di carne macinata cruda conservati a 7 °C al buio. Conteggio totale delle unità formanti colonia (log10 CFU / g)

Conclusione NaturCEASE Dry prolunga la durata di conservazione della carne macinata stabilizzando il colore, l’ossidazione dei lipidi e inibendo la crescita microbica, senza influire sulle sue proprietà sensoriali. La carne macinata cruda è più suscettibile al deterioramento qualitativo rispetto alla carne non macinata2: lo studio ha infatti dimostrato che i prodotti di ossidazione dei lipidi (TBARS) aumentano durante gli 8 giorni di conservazione della carne, refrigerata e al buio, mentre aspetto, appetibilità e valore di saturazione di rosso (valore a*) della carne macinata cruda di manzo diminuiscono. Tuttavia, NaturCEASE Dry ha ritardato efficacemente la formazione di prodotti di ossidazione lipidica e ha stabilizzato il colore dei campioni. A partire dal giorno 1, NaturCEASE Dry presentava valori di saturazione del rosso (a*) (p <0,05) più alti (p <0,05) e prodotti di ossidazione lipidica (p <0,05) inferiori (TBARS) rispetto alla carne di manzo macinata cruda non trattata. Dal giorno 2, ha mostrato una crescita microbica significativamente inferiore rispetto al controllo non trattato. I campioni tratti con acetato di sodio e lattato sono stati sovraperformati (p <0,05) a partire dal giorno 1 e 2, in base rispettivamente agli indici TBARS e valore di saturazione del rosso. Dal giorno 4, la carne di manzo macinata cruda trattata con NaturCEASE Dry ha mostrato una crescita microbica inferiore (p <0,05) rispetto al trattamento con acetato di sodio. Non è emersa alcuna differenza significativa tra lattato di sodio e NaturCEASE Dry. NaturCEASE Dry è una miscela multifunzionale che offre praticità e diversi vantaggi ai produttori di carne. La raccomandazione di dosaggio ideale è nell’intervallo dello 0,3-0,5% (calcolato sul peso totale del prodotto).

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Tabella 3 — Aspetto dei campioni di carne macinata cruda conservati a 4 °C al buio

Figura 5 — Risultati del test di accettazione dei campioni

Figura 6 — Risultati del test delle preferenze dei campioni

Note 1. REALINI C.E., DUCKETT S.K., WINDHAM W.R. (2004), Effetto della vitamina C da fonti vegetali o di estratti alimentari sulla stabilità

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del colore e dei lipidi e previsione della composizione di acidi grassi mediante analisi di riflettanza del vicino infrarosso, SCIENZA DELLA CARNE, 68: 35-43.

2. LIU L., XU Q., DAI R., NI Y. (2015), Effetti degli antiossidanti naturali sulla stabilità del colore, sull’ossidazione dei lipidi e sull’attività di riduzione della metamioglobina nelle polpette di manzo fresco, Acta Scientiarum Polonorum Technologia Alimentaria, 14(1): 37-44. 3. O’GRADY M.N., MONAHAN F.J., BAILEY J., ALLEN P., BUCKLEY D.J., KEANE M.G. (1998), Effetto stabilizzante del colore della vitamina E muscolare nella carne macinata conservata in confezioni ad alto contenuto di ossigeno, SCIENZA DELLA CARNE, 50(1): 73-80. 4. RENERRE M. (1990). Recensione: fattori coinvolti nella decolorazione della carne di manzo, INTERNATIONAL JOURNAL OF FOOD SCIENCE AND TECHNOLOGY, 25: 613-630. 5. GRUNWALD E.W., RICHARDS M. P. (2006), Gli studi con varianti di mioglobina indicano che l’emina rilasciata è il promotore primario dell’ossidazione dei lipidi nel muscolo del pesce lavato, Journal of Agricultural and Food Chemistry, 54: 4452-4460. 6. YIN M.C., FAUSTMAN C. (1993). Influenza della temperatura, del pH e della composizione dei fosfolipidi sulla stabilità della mioglobina e del fosfolipide: un modello di liposoma, JOURNAL OF AGRICULTURAL AND FOOD CHEMISTRY, 41: 853-857. 7. SATTERLEE L.D., HANSMEYER W. (1974), Il ruolo della luce e dei batteri superficiali nella stabilità del colore della carne bovina preconfezionata, JOURNAL OF FOOD SCIENCE, 39: 305-308. 8. FAUSTMAN C., SUN Q., MANCINI R., SUMAN S.P. (2010), Interazioni di mioglobina e ossidazione li pidica: basi meccanicistiche e controllo, SCIENZA DELLA CARNE, 86: 86-94. 9. MACA J.V., MILLER R.K., ACUFF G.R. (1997), Caratteristiche microbiologiche, sensoriali e chimiche delle polpette di manzo macinate confezionate sotto vuoto trattate con sali di acidi organici, JOURNAL OF FOOD SCIENCE, 62(3): 591-596.

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Monitoraggio di umidità e temperatura con testo Saveris 2 Pur vivendo ormai da tempo in un mondo dalle sconfinate possibilità digitali, continuiamo a monitorare la temperatura e l’umidità con metodi antiquati e molto dispendiosi. Ad esempio, tramite misure spot con termometri, i cui valori di misura devono poi essere riportati manualmente in un elenco. Un metodo molto inaffidabile e incline agli errori. Quando si ha a che fare con generi alimentari freschi e facilmente deperibili è indispensabile garantire sempre condizioni climatiche ottimali, in modo che non giungano sul mercato merci di qualità scadente. Con i data logger WIFI testo Saveris 2 sarete sempre sicuri che la temperatura risponde esattamente ai valori previsti in tutti i principali punti di misura del freddo: viene così garantita la qualità della vostra merce e la soddisfazione del cliente. Negozi di alimentari e supermercati Per i responsabili della qualità che operano nel commercio di generi alimentari, gli alimenti freschi rappresentano una vera e propria sfida. Frutta, verdura, carne, pesce o prodotti derivati dal latte non devono solo avere un aspetto invitante e appetitoso, ma anche essere igienicamente ineccepibili e quindi sicuri. In entrambi i casi è fondamentale la temperatura. Il data logger WIFI testo Saveris 2 è stato concepito per tenere sotto controllo con maggiore efficienza proprio questo parametro: permette di controllare e documentare tutti i principali punti di misura del freddo senza le fastidiose e lunghe operazioni manuali. Macellerie, panetterie e aziende di trasformazione dei generi alimentari Le macellerie, le panetterie e le piccole aziende che si occupano della trasformazione di generi alimentari, come ad esempio le gastronomie o la piccola ristorazione, si trovano spesso a dover produrre, conservare e vendere i loro prodotti sotto lo stesso tetto. Anche nelle cucine industriali come mense o aziende di catering è richiesto un alto livello di attenzione, prudenza e know-how specialistico. Da questo punto di vista, i data logger WIFI testo Saveris 2 alleggerisce notevolmente il vostro lavoro, perché fa sì che le temperature vengano controllate automaticamente in tutti i punti critici. Inoltre gli allarmi, che scattano ogniqualvolta una soglia viene superata, forniscono quel surplus di sicurezza che non guasta mai. Avrete così la certezza di aver delegato queste operazioni ad un sistema affidabile. Come funziona testo Saveris 2 testo Saveris 2 è un sistema di acquisizione dati con data logger WIFI che potete comporre con la massima flessibilità in base alle vostre esigenze e integrare facilmente nella vostra rete esistente. A seconda di cosa e dove dovete misurare, potete accedere a una vasta gamma di data logger di temperatura e di umidità e a una gamma ancora più vasta di sonde. Tutti i data logger trasmettono i valori rilevati al Testo Cloud, dove vengono automaticamente archiviati e documentati. Grazie all’accesso al cloud, potete sempre consultare i vostri valori di misura con lo smartphone, il tablet o il PC e ricevere un allarme quando vengono raggiunti valori critici. Sempre e ovunque. Testo Spa Via F.lli Rosselli 3/2 Settimo Milanese (MI) Telefono: 02 335191 E-mail: info2@testo.it Web: www.testo.it

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SONO 180 GRAMMI, LASCIO?

Halcyon Digest, Deerhunter

Cacciatore di cervi di Giovanni Papalato

È

la traduzione letteraria di “Deerhunter”, ma su questo torneremo più tardi. La carne di cervo, per questioni culturali e territoriali strettamente connesse, non è presente in maniera omogenea nelle nostre macellerie e sulle nostre tavole. È molto saporita, ha note olfattive selvatiche e terrose e un retrogusto dolciastro. Essendo ricca di proteine e povera di grassi (rispettivamente 20% e 3%), sono utili se non necessari un periodo di frollatura in regime di freddo e una marinatura preventiva prima della cottura, che deve essere breve per renderla tenerissima. Il consumo di carne di cervo è un’abitudine che ha origini antichissime ed è diffusa in tutti i Paesi del Nord del mondo. Se da una parte la caccia è fortemente limitata, è anche vero che sono molto diffusi gli allevamenti. E in Georgia, da dove vengono i DEERHUNTER, sono presenti entrambe le realtà. Il nome è ispirato a Deer Hunter: Interactive Hunting Experience, un videogioco del genere sparatutto in soggettiva, primo della serie in cui è possibile cacciare cervi utilizzando tre armi in tre differenti aree degli USA: Arkansas, Colorado e Indiana. “Halcyon Digest” può significare “calma digestione” in senso prettamente fisiologico o assimilazione di un concetto, di un pensiero. Ecco come allora possa risultare stimolante sapere che è anche il nome del quarto disco della band di Atlanta. Uscito nel 2010, primo su 4AD, si colloca tra il precedente “Microcastle / Weird Era Cont.” del 2008 e il successivo “Monomania” del 2013 ed è molto amato dalla critica come dal pubblico. Ciò che lo rende così

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speciale è il senso di epifania, di rivelazione che ogni brano schiude all’ascolto. Se fino ad ora avevano spaziato brillantemente tra flussi di coscienza e strutture di contrasti e armonie, con questo disco virano decisamente su una scelta a sottrarre che, invece di impoverire, rende tutto più ricco. Ogni minuto è distillato, meravigliosamente articolato con grappoli di suono che schizzano come spremuti da una strumentazione luminosa e che bucano un drappo scuro proiettando all’esterno raggi di luce. C’è una nuova chiarezza nella composizione, che trova il giusto equilibrio tra irriverenza rumorosa e immediatezza pop. Quello che rimane è un misto di gioia ed entusiasmo, un’innocenza che sa di adolescenza e ignoto, di familiarità e incertezza. Quando uscì creò un passaparola concitato, che verteva su quanto fosse evidente la gioia di ascoltare per la prima volta un disco che potenzialmente poteva diventare uno di quelli che metteresti tra i tuoi preferiti. Esagero? No. Mentre lo riascolto, ad ogni giro del vinile ho la conferma di trovarmi davanti a qualcosa di speciale, che nei dischi successivi, come i precedenti e eccellenti per diversi motivi, non ho ritrovato se non in qualche episodio. È giusto così, non serve aggiungere altro, appoggiamo la puntina e premiano ancora play. Earthquake si muove in slow motion, tra macerie, rocce grandi ma leggere, passi che aprono ad un arpeggio lontano, una voce filtrare ma gentile a cui si sommano intervallati crescendo. Come onde si avvicinano e si allontanano per esaurirsi come un fiume nel Delta, che aprendosi si chiude, smettendo di essere per diventare altro. Echi Sixties distorti che prendono per mano e rassicurano: Don’t Cry è una canzone senza tempo che ogni volta sembra lì in attesa di essere cantata e che si placa in una ninna nanna dolce e consolatoria.

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Il piano e la batteria che sorreggono Revival rimangono tangibili anche quando tutto accelera e da passo diventa corsa, aprendosi e rimanendo fissa come in una polaroid. Un attimo che non passerà. La sensazione di tenere fra le mani due fotografie, e forte. Tutto l’album è fatto di composizioni brevi, una struttura voluta ed estremamente esplicita, come telegrammi sonori. Sailing è una nenia fatta di chitarra e voce, un lamento ossessivo e appassionato in cui BRADFORD COX canta “Only fear can make you feel lonely out here / You learn to accept whatever you can get”. Accettare ciò che si è, emanciparsi attraverso l’espressione della propria personalità, non è un concetto isolato nella sua produzione artistica. È il principale autore e compositore del gruppo ed è affetto dalla Sindrome di Marfan. I suoi genitori divorziano, lasciandolo praticamente a vivere da solo in una grande casa vittoriana nel pieno dell’infanzia. La manifestazione visibile della malattia quando ha dieci anni coincide con l’inizio delle difficoltà nei rapporti interpersonali. Solo e costretto ad essere autosufficiente, impegnato a sopravvivere, si concentra totalmente sul

modo in cui la musica può suonare nostalgica. Ha definito la sua crescita musicale come riflessiva e autobiografica, in cui il suo stato psicologico è centrale. Così un senso di malinconia è presente anche nelle canzoni apparentemente più estranee a certe dinamiche. Come Memory Boy, che irrompe tra chitarre scintillanti e accordi che sembrano campane suonate a festa. Un vestito luminoso e terribile, in cui è impossibile non farsi coinvolgere dalla musica tanto quanto dalle parole che la completano: “Try to recognize your son In your eyes he’s gone, gone, gone Done, gone, gone, gone, gone, gone, gone, gone Is there anyone? Who wants to see the sun go Down, down, down, down Down, down, down, down Down, down, down, down Down, down, down”. Desire Lines, scritta dal chitarrista LOCKETT PUNDT, si apre solennemente con un riff che viene da lontano e porta verso il futuro. Una struttura circolare che entra sicura, come se conoscesse quello che vuoi sentire. Quando decide di portati via si

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aggiungono echi e un assolo tanto semplice quanto magnetico. Non sei più qui: “Walking free, oh, come with me, oh Far away, oh, everyday, oh Walking free, oh, come with me, oh Far away, oh, everyday, oh”. Meraviglia. Questa sequenza, mostra in maniera inequivocabile la loro padronanza del pop neo psichedelico di matrice Sixties, in cui chitarre fragorose si trovano a loro agio tra le armonie. L’apertura del lato B è affidata a Basement Scenes, che continua questa scia, ma privandola dalla carica precedente e omaggiando in maniera esemplare gli EVERLY BROTHERS. Se Sailing era un lamento, Helicopter è un dispiegamento onirico, tormentato e lisergico, che parte dallo stesso racconto ma lo interpreta diversamente: “No one cares for me / I keep no company / I have minimal needs / And now they are through with me”. Come da su un elicottero, appunto, lo dice dall’alto di una astrazione. Quando tornano la scrittura, la voce di Pound in Fountain Stairs mi

piace pensare che Brian Eno possa esserne orgoglioso. Una brillantezza ancestrale ma contemporanea che riporta ai primi anni Settanta del genio inglese, poco prima che inventasse l’Ambient. Se qui il sax di BILL OGLESBY, fino a qui assente, è organico, diventa addirittura protagonista nella successiva Coronado, che vira in atmosfere Exile On Main Street ponendosi in primo piano con un assolo che si arresta solo quando Cox imita la sua melodia durante le battute finali della canzone. A He Would have Laughed è riservato il compito di chiudere il disco, rompendo con i suoi oltre sei minuti di durata una struttura che avevano visto essere composta da brani simili a dispacci, tanto brevi quanto intensi. È uno struggente tributo a Jay Retard, prolifico e dotato musicista morto a 29 anni per un mix di alcool e cocaina, in cui l’alias solista di Cox Atlas Sound si fa spazio in maniera gentile. Tra armonizzazioni vocali, loop di tastiera e drumbeat si spinge oltre i sette minuti e lascia

“Buck, Buck, Moose” è il terzo libro di HANK SHAW, cacciatore/pescatore/ cuoco/esperto cercatore di cibo “selvatico” ed ex giornalista del Minnesota salito alla ribalta nel 2011 con la pubblicazione del suo primo libro, “Hunt, Gather, Cook: Finding the Forgotten Feast”. Shaw ha creato una comunità on-line molto attiva attraverso il suo blog, Honest-Food.net, con cui ha vinto anche il James Beard Award e dove pubblica ricette e consigli vari sul cibo “selvatico”, dalla preparazione dei salumi di selvaggina alla raccolta dei funghi. Con le bellissime fotografie della sua compagna HOLLY HEYSER, “Buck, Buck, Moose”, il cui sottotitolo è “Ricette e tecniche per cucinare cervi, alci, antilopi e altre ‘cose’ con le corna”, accompagna i lettori in una breve indagine storica e scientifica sulla carne di cervo, prima di fornire le istruzioni complete su come macellare, preparare, lavorare e, infine, cucinare e servire tutte le parti degli animali protagonisti del volume cacciati personalmente o ricevuti in dono dagli amici cacciatori. Arrosti, zuppe, costolette, lombate, hamburger e una sezione speciale su come preparare le salsicce: il libro contiene oltre 100 ricette che vanno da piatti tradizionali proveniente da sei continenti a preparazioni decisamente inusuali, dal “Basic Venison Burger” alla più originale “Barbacoa Variation: Dzik de Venado (Yucatan Venison)”. “La carne di cervo occupa un posto speciale nella storia della società: essa è infatti molto più di un semplice cibo. È, in molti modi, ciò che ci ha resi umani”.

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sospeso l’ascoltatore come in un limbo. Riponendo il disco nella copertina, osservo come sia davvero connessa all’anima di questo lavoro tra passato, dolore, sogno, incroci inconsapevoli ed emancipazione. È una foto in bianco e nero e raffigura DENNIS DINION, un concorrente del concorso The Miss Star Lite presso lo Star Lite Lounge di Ponce de Leon Avenue ad Atlanta, città del fotografo GEORGE MITCHELL e, come sappiamo, della band. È stata scattata la vigilia di Capodanno del 1982, l’ultima notte in cui è stato aperto il locale. Dinion ha lavorato come insegnante supplente nelle scuole pubbliche della capitale della Georgia. Bradford Cox trascorse parte della sua infanzia vicino allo Star Lite Lounge. Aveva solo pochi mesi la notte del concorso di Miss Star Lite. Giovanni Papalato Nota A pag. 118, photo © Lucio Pellacani.

HANK SHAW Buck, Buck, Moose Recipes and Techniques for Cooking Deer, Elk, Moose, Antelope and Other Antlered Things H&H Books, 2017; 304 pp. – $29.95

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Colore

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CERTIFICATO

MISURAZIONE DI POTENZA STORDITORI ,O SUHVHQWH FHUWLÀFDWR FRQIHUPD FKH OR VWUXPHQWR VRWWRLQGLFDWR q VWDWR WHVWDWR HG q FRQIRUPH DOOH VSHFLÀFKH WHFQLFKH ULFKLHVWH Modello: Numero di Serie: Testato da: Firma: Data: Valido con decorrenza dalla data di emissione. Lo strumento richiederà un nuovo test entro la data sottoindicata. Test Successivo (Data):


STORIA E CULTURA

Carni equine, storia e consumi di ieri e di oggi di Giovanni Ballarini

I

l 3 gennaio 1896 il dott. DIALMA BONORA lesse, all’Accademia Virgiliana di Mantova, la sua memoria su L’ippofagia. Note d’igiene alimentare e zootecnia, nella quale proponeva di diffondere l’uso della carne equina nell’alimentazione dei contadini della zona, che si cibavano quasi essenzialmente di farina di mais con gravi deficienze nutrizionali, e dare questa carne ai ricoverati negli Ospizi di Pubblica Beneficenza, Opere Pie e Amministrazioni Carcerarie. In particolare, sosteneva Dialma Bonora, “una congrua alimentazione mista di farinacei e carni equine, le quali sono poste in commercio a prezzi esigui, sortirà il sospirato effetto di debellare

completamente il morbo delle privazioni e della fame, che nella Provincia di Mantova era giunto a colpire parecchie migliaia di persone mietendo a centinaia le proprie vittime fra i contadini, che costituiscono la più laboriosa e la più benemerita classe sociale”. Siamo alla fine del 1800 e il cavallo da macello propriamente detto, allevato all’unico scopo della produzione di carne, “è ritenuto un parassita dell’azienda agricolo-zootecnica e le carni equine — è sempre Dialma Bonora che parla — per ora e per del tempo ancora, a parte casi eccezionalissimi, verranno fornite da cavalli vecchi, magri, affaticati, sofferenti, emaciati ed incapaci di servizio attivo; de’ quali,

lunghe schiere sospinte da inumani speculatori, in questa stagione, vediamo trascinare le loro sconquassate carcasse per le vie, destinate, povere rozze, all’ultimo olocausto in forma di bistecche, di salsicce e di prosciutti”. Carne equina come “carne per i poveri” è una condizione che si protrae per tutta la prima metà del 1900, dando anche origine a piatti tradizionali, soprattutto nelle regioni e nelle aree urbane di minore reddito. A partire dalla seconda metà del secolo, invece, contrariamente all’idea che il cavallo da carne fosse una contraddizione nell’economia dell’azienda agrozootecnica,

Carne di cavallo (photo © Comugnero Silvana – stock.adobe.com).

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soprattutto in aree marginali adatte all’allevamento allo stato brado e semibrado di questo animale, prese piede il cavallo anche giovane (puledro) da carne, usando particolari razze e sfruttando le particolari caratteristiche gastronomiche e nutrizionali delle carni e, soprattutto, dei grassi di questa specie. La buona carne di cavallo Il cavallo è un mammifero quadrupede erbivoro appartenente alla famiglia degli Equidi (Equus caballus) il cui corpo è costituito per il 69,6% da muscolo, per il 10,4% da grasso e per il 17,4% da osso. È un mammifero monogastrico non ruminante e la qualità della sua alimentazione ha una forte influenza sulle caratteristiche nutrizionali della sua carne: la sua fisiologia digestiva permette di trasferire gli acidi grassi essenziali insaturi Omega-3 dall’alimento alla carne, che contiene acidi grassi trans in quantitativi molto inferiori rispetto a quanto avviene nei ruminanti. D’altra parte, il non essere ruminate rende la sua alimentazione meno duttile e più costosa dei ruminanti (bovini, pecore e capre). Ai fini alimentari la carne di cavallo venduta nelle macellerie è carne di animale giovane, cioè di puledro, mentre la carne di animale più anziano è utilizzata soprattutto nell’industria degli insaccati. Il sapore è a metà tra quella di bovino e quella della selvaggina. Povera di grassi, che sono per il 70% insaturi e con pochissimo colesterolo, la carne equina ha la seguente composizione media per 100 grammi: * acqua 76 grammi; * proteine 20,8 grammi; * lipidi 2,8 grammi; * glicidi 0,5 grammi; * calcio 12 milligrammi; * fosforo 200 milligrammi; * ferro 7 milligrammi; * sodio 50 milligrammi; * potassio 300 milligrammi; * vitamina B1 0,20 milligrammi; * vitamina B2 0,16 milligrammi; * vitamina PP 4 milligrammi. L’energia di 100 grammi di parte edule di cavallo è pari a 110 Kcal.

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Cavallo pesto, crema di carciofi, scaglie di Parmigiano, aceto balsamico e misticanza è la proposta con carne di cavallo di Meet Hamburger Gourmet, locale di Parma (photo © i.pinimg.com/originals). Carne di cavallo sulle tavole degli Italiani La carne di cavallo è apprezzata in molti Paesi e tra questi Francia, Giappone e Italia, dove è consumata soprattutto nel Veneto, in diverse zone della Lombardia, in Puglia, in Emilia-Romagna, in Sicilia e in zone della Sardegna, in quantità comunque molto inferiori ad altre carni e in continua riduzione, portandosi da un chilogrammo e mezzo dell’inizio del secolo agli attuali poco più di un chilo. Senza dimenticare che questa carne potrebbe anche scomparire dalla tavola degli Italiani se fosse approvata la proposta di legge, depositata alla Camera dei Deputati dall’onorevole MICHELA VITTORIA BRAMBILLA, volta a considerare gli equidi (cavalli, muli e asini) animali d’affezione e non da reddito, con

conseguente divieto di macellazione, importazione ed esportazione a fini alimentari e la cessazione di qualsiasi attività di vendita e consumo della carne equina. La Legge n. 200 del 1o agosto 2003, successivamente regolamentata dai DM 5 maggio 2006 e 9 ottobre 2007 del MIPAAF, impone l’obbligo di microchip e passaporto di identificazione per ogni cavallo, dal quale deve risultare la destinazione finale dell’animale, in base alle sigle DPA (Destinato alla Produzione di Alimenti per consumo umano) e NON DPA; con quest’ultima, l’animale è escluso dalla filiera alimentare vita natural durante in maniera irreversibile. È il caso, ad esempio, dei purosangue da competizione, trattati ad alte dosi con farmaci di conclamata pericolosità per l’uo-

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mo e dunque incompatibili con le normative in materia di sicurezza alimentare. Solo una parte dei cavalli quindi arriva al macello e, se si considera che per diversi motivi il numero di cavalli allevati in Italia è in calo, si comprende come vi sia una corrispettiva sensibile diminuzione della carne di cavallo in vendita nelle macellerie che si associa ad una riduzione dei suoi consumi.

Pastissada de caval. Piatto tipico del Veneto, è servito per lo più con fette di polenta abbrustolite ma anche come sugo per gli gnocchi (photo © Comugnero Silvana – stock.adobe.com).

Diminuzione dei consumi • Declino dell’allevamento di cavalli bradi per il macello: in Italia un tempo i cavalli erano allevati in terreni marginali, con affitti agevolati, gestiti da mandriani che per un lavoro duro e spesso mal pagato sono divenuti sempre più rari, se non si sono estinti in molte regioni. Inoltre, un puledro da macello è venduto a non più di due euro al chilo, contro i cinque al chilo di un manzo allevato al pascolo. Inoltre, l’elevato costo dei fieni, richiesti per altre specie animali, non permette un allevamento in stalla di cavalli da macello; • Progressiva diminuzione della carne equina. Molti Italiani non hanno una tradizione regionale che include nella loro alimentazione la carne equina, considerandola

Piatti tradizionali regionali italiani a base di carne di cavallo • • • • • • • • • • • • •

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Bigoli con cavallo (Verona): con sfilacci o ragù di cavallo, primo piatto. Cavallo pesto (Parma): caval pist, tartare cruda tipica del Parmense, condita con olio, sale, pepe e limone (facoltativo). Coppiette di cavallo (Lazio): strisce di carne di cavallo essiccate, tipiche dei Castelli romani e Ariccia. Pani câ meusa (Palermo): pane con milza e polmone di cavallo lessati e serviti caldi dentro un panino morbido con semi di sesamo. Pastissada (Verona): piatto tipico che prevede la cottura della carne in casseruola dopo averla marinata nel vino; è spesso servito insieme alla polenta. Pìcula ’d caval (Piacenza): piatto a base di carne di cavallo della cucina piacentina, di solito servito con la polenta. Prosciutto crudo di cavallo (Sicilia, Zone alpine): carne di cavallo scelta, denervata, sgrassata e stagionata per circa due mesi nelle celle in muratura, servita con limone in Sicilia o con panna acida nelle zone alpine. Prosciutto cotto di cavallo (Emilia-Romagna): prodotto con coscia di puledro magrissima e cotto in forno. Ragù barese (Bari): preparato con carni miste, tra cui quella di cavallo. Bresaola e salame di cavallo (Lombardia, Piemonte, Veneto). Sfilacci o straccetti di cavallo (Italia settentrionale): piatto tipico servito crudo con olio e limone. Straéca (Veneto): bistecca di puledro. Stracotto di cavallo (Parma): stracotto per la preparazione del sugo degli anolini o da servire con la polenta.

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al più un retaggio di un passato povero da evitare. Non indifferente, poi, è stato l’impatto negativo per alcuni scandali che hanno interessato la carne equina, dal ritrovamento di farmaci alla divulgazione di episodi di maltrattamenti animali durante il loro trasporto e la macellazione. Inoltre, sempre più persone percepiscono il cavallo come animale d’affezione alla stregua di un cane o di un gatto e hanno in antipatia l’idea di cibarsene. Importante è anche la difficoltà di trovare la carne equina, se non in zone ristrette del territorio italiano, anche perché la Grande Distribuzione che opera sul piano nazionale non ha interesse a commercializzare una carne che rappresenta non più dell’1/2% di tutte le carni. Infine, non è da sottovalutare che, a differenza di altre carni, quella equina non è stata oggetto di interesse degli chef che non hanno inventato e divulgato preparazioni culinarie e di gastronomia come invece è avvento per altre carni. Carne equina nella famiglia allargata agli animali d’affezione Una minor richiesta di carne equina ha inevitabilmente portato ad una sua diminuzione di prezzo, che attualmente è stimato a circa un quinto della carne di manzo. Con la diminuzione dei consumi da parte degli Italiani, le industrie che lavoravano questo tipo di carne, sfruttando anche il suo basso prezzo, si sono indirizzate a prodotti da esportare e, soprattutto, all’alimentazione di cani e gatti, sfruttando anche la nuova moda della dieta BARF – Biologically Appropriate Raw Food (o Bones And Raw Food) che consiste nell’alimentare cani, gatti ed altri carnivori con carne cruda, ossa edibili ed organi. I fautori della dieta BARF credono che questo tipo di dieta sia nutrizionalmente superiore ai mangimi commerciali e porti numerosi benefici alla salute degli animali, tra cui un mantello più sano, denti più puliti ed eviti l’alito cattivo. Non mancano tuttavia i critici, che

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sottolineano invece i rischi derivanti da possibili perforazioni intestinali e intossicazioni alimentari. Un uso della carne equina nell’alimentazione dei cani e dei gatti ha portato ad un ulteriore scadimento della sua immagine, dando origine ad un circolo vizioso nefasto che ha accresciuto il suo abbandono nell’alimentazione umana. Recupero della carne equina per una nuova gastronomia Nella pur non facile condizione in cui si trova oggi la carne equina in Italia e in altre Paesi brevemente schematizzata, un suo “ritorno” nella nostra alimentazione può esistere facendone meglio conoscere le particolari caratteristiche nutrizionali. È inoltre da favorire un recupero e una diffusione delle ricette e dei piatti tradizionali soprattutto nelle sagre e come cibo da strada (street food) da mangiare con le mani come il pani câ meusa palermitano (si veda box a lato). Importante è inoltre puntare su una valorizzazione dei tagli migliori della carne equina nel binomio carne rara-gastronomia gourmet d’élite, dandole una nuova veste e puntando su usi innovativi, rivisitando e reinterpretando antiche tradizioni secondo le odierne preferenze di consumo. Per esempio, la carne equina è attualmente sempre più utilizzata da sushi master giapponesi come valida alternativa al tonno rosso Otoro (la parte più grassa della ventresca del tonno rosso, quella parte di pancia più vicina alla testa del pesce, che diventa color rosa quando è piena di grasso, NdR). Una valorizzazione della carne equina in gastronomia potrebbe essere utile al mantenimento e all’espansione dell’allevamento brado del cavallo e quindi ad una valorizzazione di razze autoctone italiane (Cavallo Agricolo Italiano da Tiro Pesante Rapido, Cavallo Avelignese, Cavallo Murgese, Cavallo Bardigiano) e di aree marginali, alto-collinari e montane caratterizzate da progressivo degrado e abbandono da parte della popolazione. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma


La caccia de’ tori a Siena di Andrea Gaddini

S

iena ospitò per circa un secolo, dal 1499 al 1597, delle cacce dei tori analoghe a quelle descritte in articoli precedenti, di altre città italiane, come Roma (si veda di GADDINI A., La corrida a Roma, in EUROCARNI n. 2/2018, pag. 122), Venezia (La caccia dei tori a Venezia, in EUROCARNI n. 12/2018, pag. 132) e Napoli (Dilettevoli horrori: la corrida a Napoli, in EUROCARNI n. 11/2019, pag. 154). Le tauromachie erano organizzate dalle contrade, organi decentrati del comune che oggi animano non solo il Palio, ma tutta la vita sociale di Siena nell’arco dell’intero anno. È proprio attraverso le cacce dei tori che le contrade si radicarono profondamente e definitivamente nella società senese.

Il combattimento (la “lidia”, stessa parola utilizzata in Spagna per indicare un combattimento di tori), si svolgeva in piazza del Campo, nella parte più concava, a forma di conchiglia, circondata da staccionate di castagno, ricoperte d’edera e d’alloro a protezione del pubblico, mentre tribune di legno erano montate nell’anello esterno della piazza. I giochi di piazza Prima delle cacce dei tori, sempre in Piazza del Campo, si disputavano vari giochi di piazza, molto popolari, ma spesso estremamente violenti. I protagonisti erano i popolani, visto che Siena era una repubblica. Nelle città sottoposte a governo aristocratico, invece, l’addestramento alla

guerra era prerogativa dei nobili, che a questo scopo disputavano tornei cavallereschi. Il gioco più popolare era l’Elmora o gioco delle cestarelle, una battaglia con armi di legno e cestelli e scudi di vimini intrecciati. Il gioco, sospeso dopo l’edizione particolarmente cruenta del 4 settembre 1261, a ricordo della vittoria senese sui fiorentini nella battaglia di Montaperti dell’anno precedente, fu definitivamente proibito nel 1291 per l’eccessivo numero di vittime che provocava. L’Elmora fu sostituito con un gioco simile, quello delle pugna, che però si svolgeva senza armi, a pugni, a schiaffi e anche a morsi e si disputava solitamente a Carnevale. Altri giochi di lotta erano il gioco di mazza e scudo e quelli di sassi e di

Vincenzo Rustici, Veduta della Piazza del Campo durante la caccia dei tori del 15 agosto 1546, olio su tela della seconda metà del secolo XVI, Collezione Monte dei Paschi di Siena (da La Spannocchia, anno XXV, n. 4).

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Vincenzo Rustici, Veduta della Piazza del Campo durante il corteo delle Contrade del 15 agosto 1546, olio su tela della seconda metà del secolo XVI, Collezione Monte dei Paschi di Siena (da La Spannocchia, anno XXV, n. 4). spinte. La pallonata, che si svolgeva il giorno di Santo Stefano, era invece simile al Calcio fiorentino, con analoga lotta senza esclusione di colpi per portare il pallone nella porta nemica. L’inizio del gioco era dato gettando il pallone dalla cima della Torre del Mangia. A Siena si disputava da tempo anche il Palio alla lunga (o Carriera alla lunga), ossia la versione in linea del Palio attuale, abolita nel 1874 per fare posto all’odierno Palio alla tonda. Le feste si svolgevano nei giorni intorno alla festa dell’Assunta e in altre ricorrenze religiose oppure in onore di qualche ospite illustre. La città era divisa in terzi e i giochi erano disputati da due fazioni affrontate che lottavano con grande accanimento, una costituita dal Terzo di Città e l’altra dagli altri due Terzi coalizzati, quello di San Martino e quello di Camollìa. Con le cacce dei tori entrarono in gioco le contrade, nate tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIII.

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HERCOLANI scrive: “Gli spettacoli con le contrade ebbero inizio circa l’anno 1482, ed il vanto dell’invenzione devesi alle Contrade della Chiocciola e della Giraffa, che in occasione di applaudire al ritorno dei Cittadini Riformatori diedero un combattimento co’ bufali e co’ tori”. Le prime cacce Uno Statuto comunale del 1337 vietava qualunque tipo di competizione venatoria in piazza del Campo, ma vi si cominciò a celebrare una festa all’antivigilia di Ferragosto, quando le comunità del contado fornivano selvaggina viva, liberata per essere catturata dal popolo minuto. Secondo alcuni storici vi furono delle cacce dei tori nel 1466, 1491 e 1497; nel 1468 si dovettero restaurare alcuni angeli della Fonte Gaia che avevano avuto le braccia spezzate durante una caccia e nel 1472 un toro fu ucciso da alcuni esagitati entrati in piazza abusivamente (CRESTI). La prima caccia dei tori sicuramente documentata a Siena risulta

essere quella del 15 agosto 1499, dedicata alla “Gloriosa Madre di Dio Santa Maria d’Agosto”, oggetto di profonda e antica venerazione da parte dei Senesi, che le attribuivano il ruolo di protettrice della città e di propiziatrice della vittoria contro i fiorentini nella sanguinosa battaglia di Montaperti. La caccia si svolse in un clima chiaramente influenzato dai molti Spagnoli che vivevano a Siena (LISINI) e che resero la tauromachia di moda in quella fine del ‘400 (VERDONE, 1955). Le Università italiane, tra le quali quella di Siena, accoglievano molti studenti stranieri, che PECCI definiva “la scolaresca che numerosissima d’ogni nazione in Siena si ritrovava”. Molti studenti erano spagnoli e diverse famiglie spagnole si erano stabilite con i principi aragonesi a Siena e a Roma durante il pontificato di due papi Borgia, Callisto III (Alfons de Borja y Cabanilles, dal 1455 al 1458) e più ancora sotto papa Alessandro VI

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(Roderic Llançol de Borja, dal 1492 al 1503). Alla caccia presero parte sette contrade: Aquila, Bruco, Civetta, Torre (all’epoca detta Liofante), Orso, Vipera e Gallo (le ultime tre sono state soppresse nel corso dei secoli), ma secondo alcuni storici erano presenti solamente le prime quattro. Oltre all’influenza spagnola, le cacce senesi vantavano una stretta parentela con le analoghe manifestazioni di altre città e paesi dell’Italia centrale e subivano anche l’influenza della letteratura latina che descriveva i giochi del circo, come è evidente dal poemetto in latino “De Ludo Pugnae” (“il gioco del combattimento”) di VITTORIO CAMPANATICENSE (o Campanicense), citato in una lettera di BINDINO TOMMASI a PIETRO DE’ MEDICI, intorno al 1500, e riportato da PECCI: Hic est locus campus celeberrimus, hic est Illud grande Forum, Romani more Theatri, Quod fiunt ludi varii, et celebrantur honores Virginis, et Curru Tauri, Cerviq: trahuntur Viscera, et armatus sonipes, pro munere, certat (Ecco quel luogo celeberrimo, il Campo, ecco Quella grande piazza, a mo’ di teatro romano, Dove si fanno giochi vari, e si celebrano gli onori della Vergine, e sul carro si portano le viscere di tori e cervi, e lo zoccolo risonante armato, combatte nell’arena; trad. italiana Andrea Gaddini). Gli animali provenivano dalle mandrie e dalle bandite della Maremma ed erano pagati forzosamente dagli Ebrei, come accadeva anche nelle cacce dei tori a Roma, e procurati dalle Corporazioni (dette anche Arti o Università) dei Macellai, dei Beccai, dei Cuoiai, degli Osti e dei Pizzicaiuoli. I proprietari non potevano rifiutare di cedere i tori al prezzo giusto, che però era stabilito dai compratori, e in caso di rifiuto le bestie erano portate via senza compenso.

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La partecipazione fisica all’organizzazione e alle altre spese della festa, comprese quelle dei costumi delle comparse, erano obbligatorie per i cittadini, su ordine dei Deputati ad organizzarla, ed un rifiuto comportava pene corporali oppure pesanti sanzioni pecuniarie, raddoppiate in caso di proteste. Alle feste partecipavano le contrade con i loro figuranti in costume e con le macchine, specie di carri allegorici di legno che avevano la forma ispirata al nome della contrada. Le macchine servivano soprattutto da riparo per i figuranti contro le cariche dei tori e dei bufali, e per questo erano particolarmente robuste. Dopo la fine delle cacce, le stesse macchine, usate solo a fini ornamentali nella sfilata che precedeva il Palio, divennero molto più leggere (HEYWOOD). Le cacce del 1513 e 1516 GIOVANNI ANTONIO PECCI racconta da cronista la caccia del 15 agosto 1513, organizzata da B ORGHESE PETRUCCI, capo della Signoria che prese parte a tutti gli spettacoli, che si rappresentavano, per proprio diletto, ma anche “per tenere il Popolo Sanese divertito, e togliergli il pensiero di tramare, contro d’esso, alcun tentativo, che potesse dal governo della Republica rimuoverlo”. Secondo HEYWOOD, alla caccia del 1513 intervennero gli studenti universitari, con l’intervento delle Contrade con le loro macchine. Il 15 agosto 1516 la piazza fu chiusa con uno steccato continuo e si introdussero otto macchine rappresentanti le contrade partecipanti, Giraffa, Chiocciola, Montone, Istrice, Aquila, Vipera, Leone e Orso, accompagnate dai figuranti con la livrea della rispettiva contrada insieme ai giovani scelti per combattere con i tori. Dopo la caccia ai tori le contrade vittoriose appesero alle loro macchine le membra e le interiora dei tori e della selvaggina uccisa. La festa si concluse con un Palio di cavalli barbari e il 17 agosto si mise in scena un torneo incruento con aste e picche e ricchi premi per i vincitori.

Cecchino Chartajo e la caccia del 1546 La caccia dei tori fu ripetuta 16 volte negli anni dal 1507 al 1597, ma l’edizione del 15 agosto 1546 fu la più importante perché fu l’unica nella quale furono presenti in piazza tutte e 17 le attuali contrade o, secondo altri, tutte meno la Tartuca (CRESTI), sebbene la città fosse scossa da gravi lotte intestine. La festa fu molto sfarzosa, con forti spese, tanto che non si poté organizzare il palio alla lunga e tanto da suscitare le proteste del rappresentante dell’imperatore Carlo V, secondo il quale l’ingente somma spesa avrebbe potuto essere meglio impiegata per appoggiare le iniziative imperiali. La caccia è rappresentata in due quadri conservati nel Palazzo Pubblico di Siena di autori ignoti, due agli Uffizi, di LORENZO FRATELLINI e di GIUSEPPE MARIA TERRENI e uno nella Collezione Monte dei Paschi di Siena, di VINCENZO RUSTICI. Possiamo farci un’idea di questo evento da una lettera che lo descrive nei dettagli, scritta il 20 agosto 1546 da tale CECCHINO CHARTAJO, di mestiere rilegatore, indirizzata “alla nobilissima e onorata madonna Gentile Tantucci”, giovane nobildonna senese. Cecchino racconta del banchetto per oltre duecento coperti, offerto agli ambasciatori delle “Comunità suddite” di Siena, che si tenne il giorno precedente la festa nella Sala Grande del Consiglio a Palazzo Pubblico. I comuni soggetti a Siena, che partecipavano al banchetto, dovevano pagare alla Signoria un censo annuale, oltre a contribuire alla fornitura di selvaggina. Il primo giorno della festa, il 14 agosto, si svolse la tradizionale offerta in Duomo del cero gigante, fabbricato con le candele offerte dai fedeli nei giorni precedenti, insieme alla presentazione del Palio, la stoffa preziosa da assegnarsi al vincitore, con una sfarzosa cerimonia ricca di figuranti e di musicanti, che accompagnavano i Signori della festa. La folla era numerosissima, in strada ed alle finestre, che erano adornate dalle più belle tappezzerie.

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Il giorno della caccia, il 15 agosto, entrò in piazza un corteo guidato da tre carri, dedicati alla Vergine Assunta, a Dio Padre e ai profeti e alle sibille, seguito da un corteo di 150 muli con figuranti mascherati e quindi dalle contrade. In testa sfilò Selvalta (oggi detta “Selva”), che aveva il privilegio di essere stata la prima a dare origine a queste cacce, tanto che il suo motto è tuttora “Prima Selvalta in campo” (VERDONE, 1963). Ciascuna contrada sfilava dietro l’insegna portata dall’alfiere e dietro una “grandissima macchina”, con decine di alfieri che ne vestivano i colori, che irrompevano gridando in piazza, preceduti dal rispettivo Capocaccia. Possiamo avere un’idea delle “macchine” delle contrade dalle incisioni di BERNARDINO CAPITELLI che rappresentano i carri predisposti il 20 ottobre 1632 per festeggiare il Granduca di Toscana FERDINANDO II DE MEDICI, giunto alcuni giorni prima in Siena. Dopo la sfilata, a un boschetto fittizio, creato accanto alla Fonte Gaia, circondato da uno steccato di legno ornato di rami di leccio, erano inizialmente liberati diversi animali, forniti nei giorni precedenti dai comuni del contado. Gli animali, braccati da cani, al suono di corni da caccia ed altri simili strumenti, dai più piccoli come lepri, volpi, tassi e istrici, fino a quelli di stazza maggiore come cervi e cinghiali, sui quali i membri delle contrade menavano colpi di lancia e mazza all’impazzata. Intanto uno “spaventevole orso”, legato, a lungo, con una corda, “faceva infiniti atti bizzarri e ridicoli” perché molestato dai cani e dai ragazzi. Dopo che ogni contrada ebbe preso posto all’interno della Piazza, le chiarine diedero avvio alla cacciata, e, “al primo mugghiare del toro”, la folla si disperse rapidamente, tornando ai propri posti, con i cacciatori che si rifugiavano sulle rispettive macchine oppure nelle botti collocate nell’arena. Nella piazza rimasero solo due giovani vestiti con semplicità, seduti su due sgabelli ad una tavola ricca-

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Capitelli, Festa in piazza del Campo, da Capitelli B., La bufalata del 20 ottobre 1632 nelle incisioni di Bernardino Capitelli, a cura di Patrizia Bonaccorso e Piero Pallassini; introduzione di Roberto Barzanti, Edisiena, Siena, 1984. mente imbandita, ben piantata in terra in mezzo alla piazza. L’unica arma di difesa dei due in caso di attacco del toro era la spada ed era stabilito un premio di dieci scudi d’oro per chi di loro fosse rimasto a mangiare, tenendo sempre almeno una mano sulla tavola. Dopo un primo toro che non diede particolari emozioni al pubblico, entrò un bufalo che si slanciò sulla tavola fino quasi a sradicarla, ma senza costringere i due giovani a fuggire, e dopo ripetuti assalti fu quindi ferito e poi ucciso. Dopo un toro piuttosto aggressivo verso i giovani della tavola, ne seguì un altro di scarso valore e uno che si lasciò cavalcare da tale Moretto cozzone, che guadagnò così un premio di dieci scudi d’oro. Entrò poi nella piazza quello che Cecchino definisce “il Rodomonte de’ tori”, che attaccò e gettò in aria molti dei cacciatori, compresi quelli riparati dalle botti, attaccò la tavola imbandita mettendo in fuga uno dei due giovani che vi erano seduti,

sfuggì alla trappola messa in atto da tale Meo delle Baje, con “due omini di paglia vestiti di rosso” come esche, e si liberò dalle reti che lo avevano imprigionato. Scrive Cecchino a Madonna Gentile: “In ultimo questo diavolo scatenato con gran quantità di ferite faceva infiniti mali, onde fu di necessità bandirli la crociata addosso, e così restò morto valorosamente, non senza dispiacere universale”. VERDONE (1963) considera questo dispiacere simile all’onore che gli appassionati spagnoli della corrida tributano ai tori più valorosi. Entrò quindi in scena un giovane bufalo con una gualdrappa riempita di fuochi d’artificio, che con il suo sconcerto e terrore suscitò l’ilarità del pubblico, e la caccia si chiuse con un bovino “poco valente” che da tale fu trattato prima di essere ucciso. Il terzo giorno della festa, il 16 agosto, iniziò nel primo pomeriggio con un “ballo tondo” che girava per tutta la piazza, seguito da un gioco di pallone spontaneo, seppure breve, e infine dal gioco della pugna, che

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Cecchino definisce “una bellissima zuffa” terminato con un “una bella chiocciola saltando e correndo” intorno alla piazza. La fine delle cacce Non tutti a Siena apprezzavano le corse dei tori. Nel 1526, i Senesi chiesero protezione alla Vergine contro i soldati fiorentini mandati da papa CLEMENTE VII MEDICI contro la città e DONNA MARGHERITA DE’ BICHI propose un voto, poi approvato con decreto degli ufficiali di Balìa, organo di governo indipendente della Repubblica. Secondo il voto la città, una volta liberata, avrebbe organizzato una “festa solennissima sopra tutte le altre” in onore dell’Immacolata Concezione, ma “non dico di tori o altri iochi privi di pechati, ma di cose spirituali come confessioni, comunioni (…)” (TOTI), Le cacce dei tori furono soppresse in seguito al Concilio di Trento (1545-1563), che vietò genericamente i giochi violenti. PAPA PIO V emise il 10 novembre 1567 la bolla Super prohibitione agitationis Taurorum et

Ferarum, & annullatione votorum & iuramentorum, super eisdem pro tempore interpositorum, comunemente nota come “De Salute Gregis Dominici”, ossia “sulla salute del gregge del Signore”, dove per gregge si intendeva l’insieme degli esseri umani messi in pericolo dagli spettacoli sanguinari, mentre per gli animali non si manifestava alcuna preoccupazione, visto che il concetto di benessere animale non sarebbe nato che quattro secoli dopo. La bolla prevedeva sanzioni per i regnanti cristiani che autorizzavano le tauromachie e per gli ecclesiastici che vi assistevano e alle vittime delle cacce era negata la sepoltura cristiana. Il divieto era però riferito alle cacce dei tori e venne aggirato utilizzando buoi e vacche Il GRANDUCA DI TOSCANA FERDINANDO I spinse il governatore di Siena TOMMASO MALASPINA ad emettere, il 19 luglio 1590, un rescritto per vietare una caccia dei tori in suo onore per la sanguinarietà dello spettacolo, ma anche perché “si tira dietro spesa eccessiva”, e si accon-

tentò in cambio di uno spettacolo teatrale, essendo cosciente del “buon animo” che i senesi avevano verso di lui, senza necessità di sfarzi eccessivi. L’ultima caccia venne disputata a Siena il 15 agosto 1597 e vi presero parte quattordici contrade: mancavano solamente Aquila, Leocorno e Tartuca. Due anni dopo, in sostituzione, iniziarono le bufalate, corse di bufali in piazza. Una caccia ai tori fuori stagione si tenne nell’aprile 1656, nel quadro dei festeggiamenti per l’elezione a papa, con il nome di ALESSANDRO VII, del cardinale senese FABIO CHIGI, insieme ad un combattimento tra due squadre di dieci uomini, armati di spade riempite di fuochi d’artificio, sfilate di carri allegorici e lotte intorno alla Fonte Branda, che per l’occasione dava vino (HEYWOOD). La bufalata Diversa dalla tauromachia, la bufalata era più simile all’attuale Palio e consisteva in una corsa sull’anello esterno della piazza tra le bufale,

Carro della Torre, da Capitelli B., La bufalata del 20 ottobre 1632 nelle incisioni di Bernardino Capitelli, a cura di Patrizia Bonaccorso e Piero Pallassini; introduzione di Roberto Barzanti, Edisiena, Siena, 1984.

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ciascuna delle quali rappresentava una contrada. Il pubblico, che nelle cacce occupava i bordi della piazza, lasciando libera come arena la parte centrale, a partire dalla bufalata si spostò al centro della piazza. Ogni bufala era introdotta in piazza con una gualdrappa e infiocchettata, seguita dal fantino (buttero) e da dodici pungolatori, necessari in quanto lo spirito agonistico e la docilità della specie bufalina non sono pari a quelli dei cavalli. I pungolatori inoltre dovevano evitare che la loro bufala uscisse dalla pista oppure, in caso accadesse, farla rientrare nel punto in cui era uscita, per evitare di “tagliare”, seguendo un percorso più breve, il che portava alla squalifica. Il via era dato da due mossieri all’arco di San Paolo e la bufala che tornava al punto di partenza dopo tre giri era dichiarata vincitrice. Il premio consisteva in un palio, ossia un drappo di stoffa preziosa, broccato o velluto controtagliato e ricamato. Alla contrada che aveva fatto la migliore comparsa in piazza, come nell’attuale Palio, si assegnava il “masgalano”, ossia un bacile o piatto d’argento, il cui nome derivava dallo spagnolo “mas galante” ossia “più elegante”. Secondo VIRGILIO GRASSI le bufalate furono trentasei dal 25 luglio 1599 al 3 novembre 1650. L’usanza di sostituire le bufale ai cavalli cominciò a partire dall’inizio del ‘600 ed ebbe così il via la stagione del Palio come oggi lo conosciamo. Le asinate Nel 1612 e due volte nel 1641 si disputarono dei palii alla tonda con asini, rappresentanti le contrade, e con pugillatori, trenta per contrada, che si azzuffavano tra loro per arrestare gli asini delle fazioni rivali. Andrea Gaddini Bibliografia 1. CAPITELLI B. (1984), La bufalata del 20 ottobre 1632 nelle incisioni di Bernardino Capitelli, a cura di Patrizia Bonaccorso e Piero Pallassini; introduzione di Roberto Barzanti. Edisiena, Siena.

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2. CRESTI R. (2015), Le Contrade e le cacce ai tori, La Spannocchia, anno XXV n. 4. 3. HERCOLANI A. (1845), Storia e costumi delle Contrade di Siena, Antonio Hercolani, Firenze. 4. HEYWOOD W. (1904), Palio and Ponte. An account of the Sports of Central Italy from the Age of Dante to the XXth Century, Methuen & Co., Londra. 5. LISINI A. (1927), Una caccia di tori in Siena, nel 1546, La Diana, rivista d’arte e vita senese Siena, n. 2, pp. 90-102. 6. MANZI G. (1818), Discorso sopra gli spettacoli, le feste e il lusso degli italiani nel secolo XIV, Carlo Mordacchini, Roma. 7. PECCI G.A. (1755), Memorie storicocritiche della città di Siena, 1a e 2a parte, a cura di Vincenzo Pazzini Carli, Ristampa anastatica Cantagalli, Siena 1988, pp. 16-17 e 57. 8. TORRITI P. (1988), Tutta Siena: contrada per contrada: nuova guida illustrata storico-artistica della città e dintorni, Bonechi edizioni, Il turismo, Firenze. 9. TOTI A. (1870), Atti di Votazione della Città di Siena e del Senese: alla SS. Vergine Madre di G.C., Tipografia Sordomuti di L. Lazzeri, Siena. 10. VERDONE M. (1955), La Tauromachia in Italia, tratto da Fiera letteraria n. 19, Roma. pp. 8-13. 11. VERDONE M. (1963), Cacce e giostre taurine nelle città italiane, L.S. Olschki, Firenze, tratto da “Lares”, 1963, anno 29, fasc. III-IV, pp. 171-190. 12. VERDONE M. (1980), Lo spettacolo taurino in Italia, in “Storia dell’arte” diretta da Giulio Carlo Argan, n. 38/40: 457-469. 13. ZAZZERONI G. (1931), Le contrade di Siena negli spettacoli anteriori al palio e la caccia de’ tori del 15 agosto 1546 in una Lettera di Cecchino Chartajo: 3, Omaggio della Contrada dell’istrice ai suoi benemeriti protettori, Tip. Cooperativa Combattenti, Siena, 1931. Sitografia • it.wikipedia.org • www.sienanews.it


SPECIALE COVID19

Emergenza Covid-19: generalità, normativa ed applicazioni nel settore degli alimenti di Emanuele Guidi

PARTE II

U

n ulteriore documento dell’Istituto superiore della Sanità sull’Igiene degli alimenti è stato emanato in data 19/04/2020 dal Gruppo Sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare. Indicazioni ad interim sull’igiene degli alimenti durante l’epidemia da virus SARS-CoV-2 (versione del 19 aprile 2020) Il virus SARS-CoV-2 si diffonde per contagio inter-umano e non vi sono evidenze di trasmissione alimentare associata agli operatori del settore alimentare o agli imballaggi per alimenti. La sicurezza degli alimenti, nel quadro normativo europeo è garantita tramite un approccio combinato di prevenzione e controllo che abbraccia le filiere agroalimentari “dal campo alla tavola”. Nel corso dell’epidemia di Covid-19, tuttavia, la tutela dell’igiene degli alimenti richiede azioni aggiuntive mirate a circoscrivere nei limiti del possibile il rischio introdotto dalla presenza di soggetti potenzialmente infetti in

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ambienti destinati alla produzione e commercializzazione degli alimenti. Il presente documento fornisce indicazioni e raccomandazioni specifiche per garantire l’igiene degli alimenti e degli imballaggi alimentari nelle fasi di produzione, commercializzazione e consumo domestico. • Destinatari del rapporto – I principali destinatari di questo rapporto sono gli operatori della produzione alimentare, i gestori e gli operatori degli esercizi di commercio alimentare, i consumatori e le autorità sanitarie che a livello nazionale, regionale e locale sono preposte alla tutela della salute e sono coinvolte nella prevenzione e gestione di rischi correlati agli alimenti. • Acronimi * Covid-19 – Coronavirus Disease 2019; * DPCM – Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri; * DPI – Dispositivo di Protezione Individuale;

* ECDC – European Center for Diseases Control; * GHP – Good Hygiene Practices; * HACCP – Hazard Analysis and Critical Control Points; * MERS – Middle East Respiratory Syndrome; * MOCA – Materiali e Oggetti a Contatto con gli Alimenti; * OSA – Operatore del Settore Alimentare; * SARS-CoV-2 – Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2 che causa Covid-19; * WHO/OMS – World Health Organization / Organizzazione Mondiale della Sanità. Introduzione La disponibilità di alimenti sicuri è un requisito essenziale per la tutela della salute umana e la protezione dei consumatori. A livello nazionale ed europeo, la sicurezza degli alimenti è garantita tramite un approccio globale “dal campo alla tavola”, che combina requisiti relativi tanto ai prodotti alimentari

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quanto alla salute e al benessere degli animali e delle piante. Principi fondanti della legislazione alimentare corrente sono, fra gli altri, l’adozione di una strategia di controlli integrati lungo tutta la catena alimentare, la responsabilità dell’Operatore del Settore Alimentare (OSA) per la salubrità dell’alimento da lui prodotto, trasformato, importato, commercializzato o somministrato, e il coinvolgimento del consumatore come parte attiva della sicurezza alimentare. Scopo del presente Rapporto ISS Covid-19 è raccogliere e fornire indicazioni sulle precauzioni utili a garantire, nel corso dell’epidemia da SARS CoV-2, la sicurezza degli alimenti nelle fasi di produzione, commercializzazione e consumo degli stessi. Il virus SARS-CoV-2 I Coronavirus (CoV), gruppo di virus descritti per la prima volta negli anni ‘30 del secolo scorso nel pollame domestico, sono responsabili

di infezioni respiratorie e intestinali negli animali e nell’uomo. Fino alla comparsa della sindrome respiratoria acuta grave (Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus, SARS-CoV) in Cina nel 2002-2003, i CoV non erano considerati altamente patogeni per gli uomini, essendo responsabili principalmente di sindromi respiratorie lievi. Successivamente all’epidemia di SARS, il potenziale patogeno dei CoV per l’uomo si è confermato con la comparsa nel 2012 della Sindrome Respiratoria Mediorientale (MERS-CoV), patologia respiratoria ad elevata mortalità diffusa in Medioriente e, da ultimo, con l’emergere alla fine del 2019 del virus SARS-CoV-2 e della corrispondente Sindrome Respiratoria Acuta, Covid-19. Modalità di trasmissione La trasmissione del SARS-CoV-2 avviene prevalentemente mediante il contatto interumano tra persona e persona, attraverso l’inalazione di micro-goccioline (droplets) di

dimensioni uguali o maggiori di 5 µm di diametro generate dalla tosse o starnuti di un soggetto infetto. Tali droplets generalmente si propagano per brevi distanze e possono direttamente raggiungere le mucose nasali od orali o le congiuntive di soggetti suscettibili nelle immediate vicinanze, oppure depositarsi su oggetti o superfici. Se gli oggetti e le superfici vengono contaminati da droplets o direttamente da secrezioni respiratorie (saliva, secrezioni nasali, espettorato), il virus si può trasmettere indirettamente, attraverso il contatto delle mani contaminate con bocca, naso e occhi. La trasmissione per via aerea (con droplets di dimensioni <5 µm) si può verificare negli ambienti sanitari, in relazione alla generazione di aerosol a seguito di specifiche procedure come, ad esempio, intubazione o ventilazione forzata, per le quali l’OMS raccomanda precauzioni per contenere la trasmissione aerea. È importante sottolineare

Le principali pratiche igieniche già in adozione per evitare la contaminazione degli alimenti da parte di microrganismi nocivi per la salute umana quando si maneggiano, preparano, trasformano, confezionano e imballano rappresentano un approccio idoneo anche contro la diffusione del SARS-CoV-2 (photo © bannafarsai – stock.adobe.com).

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Trattamento di sanificazione in un magazzino di prodotti alimentari. Le buone pratiche igieniche costituiscono un elemento fondamentale per la prevenzione della dispersione del SARS CoV-2 negli ambienti di produzione, trasformazione e commercializzazione degli alimenti. L’adesione scrupolosa a tali pratiche deve essere rafforzata in fase epidemica da SARS CoV-2 per ridurre il rischio di contaminazione delle superfici, incluse quelle degli alimenti e degli imballaggi (photo © dusanpetkovic1 – stock.adobe.com). che il periodo di incubazione del Covid-19, ovvero il periodo antecedente allo sviluppo dei sintomi, può durare fino a 14 giorni ed è in media di 5-6 giorni. Alcuni soggetti infetti possono trasmettere il virus ad altri individui 1-2 giorni prima dell’inizio della sintomatologia. I sintomi iniziali sono di solito aspecifici ed includono febbre, tosse secca e affaticamento, ma la malattia può manifestarsi con sintomi a carico di diversi apparati, incluso quello respiratorio (tosse, respiro corto, congestione nasale, mal di gola, rinorrea, dolore toracico), gastrointestinale (perdita dell’appetito, diarrea, nausea e vomito), muscolo-scheletrico (dolori muscolari), sistema nervoso (mal di testa, confusione, perdita di gusto e olfatto), e occhi (arrossamento). Dopo l’insorgenza dei sintomi la malattia può evolvere in una forma lieve, moderata, grave o critica, quest’ultima associata a manifestazioni quali la sindrome da distress respiratorio acuto (Acute Respiratory Distress Syndrome, ARDS) e alla compromissione di vari organi

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(apparato renale, sistema cardiovascolare, fegato). Per quanto riguarda nello specifico il coinvolgimento dell’apparato gastrointestinale, dati in letteratura evidenziano che circa il 2-18% dei pazienti con COVID-19 presentano diarrea e diversi studi hanno rilevato il genoma virale nelle feci di soggetti infetti, sia sintomatici che asintomatici. Ulteriori studi hanno inoltre mostrato la presenza di particelle virali infettive di SARSCoV-2 in campioni fecali e hanno messo in evidenza che le proteine dei recettori ACE2 (AngiotensinConverting Enzyme 2) utilizzati dal SARS-CoV-2 per l’ingresso cellulare sono abbondantemente espresse nell’epitelio gastrointestinale e che SARS-CoV-2 è in grado di penetrare nelle cellule intestinali. È indispensabile ricordare che, ad oggi, non sono stati segnalati casi associati alla trasmissione orofecale di SARS-CoV-2 e che, come evidenziato nelle valutazioni di molteplici organismi nazionali ed internazionali operanti nell’ambito della sicurezza degli alimenti (EFSA, FDA, ecc…), non vi sono evidenze

di una sua trasmissione alimentare, associata agli operatori del settore alimentari o agli imballaggi per alimenti. Resistenza sulle superfici e in funzione della temperatura I dati disponibili su SARS-CoV2 mostrano che il virus ha una diversa sopravvivenza in base alla tipologia di superficie. In uno studio di CHIN et al., in condizioni controllate di laboratorio (es. umidità relativa del 65%), il virus infettante era rilevato per periodi inferiori alle 3 ore su carta (da stampa e per fazzoletti), fino a un giorno su legno e tessuti, due giorni su vetro, e per periodi più lunghi (4 giorni) su superfici lisce quali acciaio e plastica, persistendo fino a 7 giorni sul tessuto esterno delle mascherine chirurgiche. Risultati analoghi sono stati messi in evidenza da VAN DOREMALEN et al. che, sempre in condizioni di laboratorio, hanno evidenziato come il virus infettante fosse rilevabile fino a 4 ore su rame, 24 ore su cartone e 2-3 giorni su plastica e acciaio. Significativamente, SARS-CoV-2 risulta efficacemente disattivato

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dopo 5 minuti di esposizione a comuni disinfettanti quali soluzioni a base di cloro allo 0,1%, etanolo al 70% o ad altri disinfettanti quali clorexidina 0,05% e benzalconio cloruro 0,1%. Relativamente alle condizioni esterne di temperatura, SARSCoV-2, come altri coronavirus e come gran parte dei virus, risulta stabile alle temperature di refrigerazione (+4 °C), con una riduzione totale del virus infettante — in condizioni ottimali per la sua sopravvivenza come quelle sperimentali di laboratorio — pari a circa 0,7 log in 14 giorni. A temperatura ambiente, di contro, SARS-CoV-2 mostra una minore stabilità e virus infettante può essere rilevato fino a 7 giorni a 22 °C o fino a 1 giorno a 37 °C. Infine, SARS-CoV-2 mostra, nei confronti delle temperature rilevanti per i processi di preparazione dei cibi (cottura e mantenimento dalla temperatura nelle attività di ristorazione), un comportamento analogo a quello di altri Coronavirus come SARS e MERS, non essendo possibile rilevare virus infettante dopo 30 minuti a 56 °C e dopo 5 minuti a 70 °C. Sicurezza degli alimenti: un approccio coerente dalla produzione al consumo Secondo la normativa europea, la sicurezza degli alimenti è garantita tramite un approccio combinato di prevenzione e controllo che abbraccia le filiere agroalimentari “dal campo alla tavola”. Tali azioni includono: A. la corretta igiene nella produzione primaria e nella produzione, trasformazione, commercializzazione e somministrazione alimentare (buone pratiche agricole e buone pratiche igieniche); B. un approccio basato sulla prevenzione — ovunque possibile — dei possibili pericoli, inclusi quelli microbiologici, e sul loro controllo in modo sistematico da parte dell’Operatore del Settore Alimentare; C. un sistema di controlli ufficiali integrati da parte delle Autorità

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competenti, pianificati in funzione del profilo di rischio delle diverse attività; D. un sistema di tracciabilità dei prodotti e delle materie prime destinate ad entrare nei prodotti alimentari in grado di consentire la gestione di situazioni di potenziale pericolo; E. la corretta informazione del consumatore attraverso idonea etichettatura del prodotto e il suo coinvolgimento come parte attiva nella garanzia della sicurezza alimentare. L’insieme di tutte queste attività consente, in condizioni ordinarie, la corretta gestione degli alimenti e la garanzia della salubrità degli stessi. Azioni specifiche in periodo di epidemia da SARS-COV-2 nelle fasi dalla produzione al consumo di alimenti A tale riguardo è necessario considerare quanto segue: • le buone pratiche igieniche (Good Hygiene Practices, GHP) costituiscono un elemento fondamentale per la prevenzione della dispersione del SARS CoV-

2 negli ambienti di produzione, trasformazione e commercializzazione degli alimenti. L’adesione scrupolosa a tali pratiche deve essere rafforzata (anche mediante idonee attività di formazione/ training) in fase epidemica da SARS CoV-2 per ridurre il rischio di contaminazione delle superfici, incluse quelle degli alimenti e degli imballaggi; • nelle fasi di commercializzazione degli alimenti è necessario considerare le criticità poste: a. dalla presenza di soggetti potenzialmente infetti in aree di esposizione/distribuzione degli alimenti; b. dalla contemporanea presenza di molteplici soggetti, inclusi soggetti potenzialmente infetti, all’interno di luoghi chiusi. È importante ricordare che, anche secondo le considerazioni espresse dall’OMS, i soggetti infetti possono trasmettere il virus ad altri individui durante il periodo presintomatico. In questo contesto, secondo l’ECDC, l’uso delle mascherine può aiutare a ridurre la diffusione

Come indicato dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare nulla, in relazione al Covid-19, dimostra che gli alimenti rappresentino un rischio per la salute pubblica. Si ritiene invece che la via primaria di trasmissione sia quella da persona a persona, principalmente attraverso le goccioline del respiro che le persone infette diffondono con starnuti, tosse o in fase di espirazione (photo © Manuel_Faba R.L).

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I lavoratori che devono manipolare alimenti indossano guanti e li sostituiscono di frequente o altrimenti provvedono a lavarsi frequentemente le mani (photo © GDM – stock.adobe.com). del virus minimizzando la diffusione delle droplets respiratorie da parte dei soggetti inconsapevolmente infetti. Pertanto, fermo restando che tale pratica non deve andare a detrimento della disponibilità di mascherine di tipo chirurgico per gli operatori del settore sanitario e che la disponibilità di questi presidi in ambito sanitario deve avere la priorità, l’uso delle mascherine nella popolazione può essere preso in considerazione in particolar modo in relazione all’accesso a luoghi affollati e chiusi, come esercizi alimentari, centri commerciali, trasporti pubblici, ecc… Analogamente, l’uso delle mascherine può essere preso in considerazione, salvo disposizioni delle autorità locali, all’interno degli ambienti destinati all’esposizione e alla commercializzazione degli alimenti poiché, minimizzando la diffusione delle droplets respiratorie da individui inconsapevolmente infetti verso gli alimenti e i loro imballaggi (rispetto ai quali, nelle operazioni di acquisto, non è tecnicamente possibile garantire distanziamento fra l’acquirente e gli oggetti esposti), costituiscono uno strumento opportuno per la tutela della loro

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igiene, e consentono all’OSA di meglio ottemperare al requisito legislativo sulla commercializzazione di prodotti privi di potenziali pericoli per il consumatore. Si rammenta che l’utilizzo della mascherina nella popolazione, al momento e salvo disposizioni delle autorità locali, non deve sostituirsi, ma affiancarsi a tutte le altre fondamentali pratiche di prevenzione della diffusione del virus, incluso il distanziamento fisico, l’igiene delle mani e l’attuazione di tutte le altre pratiche igieniche riassunte anche in questo rapporto e in altri Rapporti ISS COVID-19 (disponibili all’indirizzo www.iss.it/rapporti-covid-19). In particolare, in relazione a tali requisiti, risulta necessario che, come già in fase di produzione, anche in fase di commercializzazione degli alimenti il personale operante negli esercizi di vendita aderisca in modo scrupoloso alle buone pratiche igieniche, e che tali pratiche siano rafforzate. Inoltre, è importante effettuare una riorganizzazione dei processi (gestione delle pulizie/ disinfezione, controllo degli accessi, distribuzione di prodotti per la sanificazione delle mani, ecc…) e se possibile degli spazi (definizione

di percorsi obbligati, segnaletica orizzontale per il distanziamento, ecc…) onde consentire al consumatore di accedere, muoversi ed agire all’interno dei punti vendita nel rispetto delle norme per la gestione dell’epidemia di SARS-CoV-2 e dei principi di tutela dell’igiene degli alimenti. Nelle condizioni di straordinarietà determinate dell’epidemia di SARS-CoV-2, il consumatore è sollecitato a cooperare alla tutela dell’igiene degli alimenti in fase di commercializzazione mediante adesione alle indicazioni contenute nel DPCM del 10 aprile 2020, in particolare non recandosi in esercizi commerciali in presenza di sintomatologia compatibile con Covid-19, rispettando il distanziamento sociale, l’accesso regolamentato, aderendo alle indicazioni sull’uso di mascherine, guanti e pratiche di disinfezione delle mani. Inoltre, in ambito domestico, deve porre particolare cura all’igiene degli ambienti, delle superfici e degli utensili destinati alla manipolazione degli alimenti, al lavaggio dei prodotti destinati ad essere consumati crudi e alla cottura dei prodotti di origine animale.

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Tenendo in considerazione i contenuti della guida WHO “Covid-19 and food safety: guidance for food businesses – Interim guidance 7 April 2020”, del report tecnico ECDC “Using face masks in the community. 8 April 2020” e del DPCM del 10.04.2020 (Gazzetta Ufficiale n. 97 del 11/04/2020), nelle sezioni successive sono state raccolte le indicazioni sulle precauzioni utili a garantire, nel corso dell’epidemia da SARS CoV-2, la sicurezza degli alimenti nelle fasi di produzione, commercializzazione e consumo degli stessi. Norme igieniche e precauzioni durante la produzione degli alimenti La normativa europea in chiave di sicurezza degli alimenti — dal Regolamento (CE) 178/2002 fino al più recente Regolamento (UE) 2017/625 — è estremamente rigorosa nella garanzia della salute del consumatore rispetto alle malattie a trasmissione alimentare, incluse quelle causate da microrganismi quali virus e batteri. Al fine di garantire la sicurezza degli alimenti in fase di produzione è essenziale che nell’industria agroalimentare sia assicurata la piena e costante adesione alle pratiche igieniche e alle procedure di pulizia e disinfezione, come richiesto dalla normativa e come definito nei manuali di buona prassi igienica di settore (GHP) e nei piani HACCP aziendali. In un contesto di rapida evoluzione delle conoscenze quale quello dell’epidemia di Covid-19, è necessario che, anche nelle fasi di produzione degli alimenti, particolare attenzione venga posta alle modalità di diffusione del virus SARS-CoV-2 (emissione di droplets da parte di soggetti infetti, loro deposizione sulle superfici, e conseguente trasferimento del virus attraverso il contatto con mani contaminate) e come tali modalità possano essere limitate o eliminate negli ambienti preposti alla produzione alimentare. In particolare, è di fondamentale importanza per gli operatori del settore alimentare rafforzare le misure di igiene per-

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sonale e di formazione igienica per ridurre il rischio di contaminazione delle superfici, incluse quelle degli alimenti e degli imballaggi. Le principali pratiche igieniche in adozione per evitare la contaminazione degli alimenti da parte di microrganismi nocivi per la salute umana quando si maneggiano, preparano, trasformano, confezionano e imballano gli alimenti rappresentano un approccio idoneo anche nei confronti della diffusione del SARSCoV-2. In particolare tali pratiche igieniche includono: • accurata pulizia e sanificazione con opportuni prodotti specifici di superfici, linee produttive, attrezzature e materiali; • lavaggio delle mani per tutti gli operatori; • utilizzo di abbigliamento idoneo per gli ambienti di produzione (indumenti specifici per il lavoro, camici, copricapo, calzari, ecc…); • utilizzo di mascherine di uso sanitario certificate e guanti ad uso alimentare durante manipolazione, preparazione e confezionamento degli alimenti; tali dispositivi, già largamente adottati nelle industrie alimentari come presidio igienico, sono altresì idonei a ridurre la possibilità di deposizione del virus SARS-CoV-2 sugli alimenti in presenza di soggetti inconsapevolmente infetti. Lavaggio delle mani In linea con le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per ridurre l’esposizione e la trasmissione del virus SARS-CoV-2, gli operatori del settore alimentare, incluso manipolazione, preparazione e somministrazione, devono lavarsi le mani con sapone monouso e asciugarle in maniera igienica (salviette monouso): * prima di iniziare il lavoro; * dopo ogni pausa o allontanamento dalla postazione; * dopo aver toccato naso, bocca, occhi, orecchie; * dopo essersi soffiati il naso, aver starnutito o tossito, orientati in direzione opposta alle altre

persone o all’interno del gomito; * prima di manipolare alimenti cotti o pronti al consumo; * dopo aver manipolato o preparato alimenti crudi; * dopo aver toccato rifiuti; * dopo le operazioni di pulizia; * dopo l’uso del bagno; * dopo aver mangiato, bevuto o fumato; * dopo aver toccato il denaro; • rispetto delle regole di igiene personale (taglio delle unghie, rimozione di accessori e gioielleria, mantenimento in ordine di barba, baffi, capelli, ecc…) • adesione alle regole di segregazione delle aree destinate alle materie prime, al prodotto, ai materiali di confezionamento e imballaggio e ai materiali diversi da quelli destinati alla produzione; • utilizzo di idonee modalità di stoccaggio e di adeguate istruzioni operative per gli addetti alle operazioni di movimentazione (lavaggio frequente delle mani, utilizzo di guanti, ecc…); • relativamente alle tipologie di prodotto: * gli alimenti destinati a essere consumati senza cottura devono essere prodotti implementando al massimo le buone pratiche igieniche, a partire dalla produzione primaria; * i trattamenti termici cui sono sottoposti gli alimenti a livello di produzione industriale devono essere tenuti sotto controllo come da piani HACCP; * i prodotti cotti e gli alimenti crudi devono essere mantenuti idoneamente segregati nelle diverse fasi della produzione. • rigorosa applicazione del principio di astensione dal lavoro del personale che accusi sintomatologia compatibile con malattie trasmissibili con alimenti (Regolamento CE 852/2004) o, in ottemperanza alle indicazioni per fronteggiare l’epidemia di Covid-19 (DPCM 10 aprile 2020), sintomatologia da infezione

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Nei punti vendita alimentari l’accesso contingentato dei consumatori a garanzia delle distanze di sicurezza e la presenza di gel sanificante per le mani e/o guanti monouso sono alcune delle misure adottate per contrastare il diffondersi del Covid-19 (photo © eldarnurkovic – stock.adobe.com). respiratoria e febbre (maggiore di 37,5 °C) con segnalazione al medico del lavoro competente e al medico di medicina generale (o al servizio di continuità assistenziale) di riferimento. Norme igieniche e precauzioni nella commercializzazione degli alimenti Gli esercizi di commercio alimentare sono considerati operatori del settore alimentare ai sensi del Regolamento (CE) 852/2004 relativo all’igiene dei prodotti alimentari. Come tali sono pertanto tenuti al rispetto delle norme sull’igiene e la sicurezza degli alimenti, incluso l’obbligo di mettere in atto procedure di gestione e verifica basate sui principi del sistema HACCP, sommariamente delineate per le attività di produzione degli alimenti, e sono soggetti al controllo da parte delle autorità sanitarie. In relazione al diffondersi dell’epidemia di Covid-19 e all’esigenza di garantire nei luoghi di commercio alimentare il rispetto delle indicazioni di distanziamento sociale, onde evitare occasioni di contagio interumano, e la massima tutela dell’igiene dei prodotti, è necessario

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affiancare le consuete pratiche di gestione degli esercizi commerciali con misure straordinarie. Riepiloghiamo di seguito le pratiche consigliate per il contenimento della diffusione del SARS-CoV2, l’assicurazione dell’igiene dei prodotti in commercio e la protezione dei lavoratori più esposti. Norme generali • Rigorosa applicazione del principio di astensione dal lavoro del personale che accusi sintomatologia compatibile con malattie trasmissibili con alimenti (Reg. CE 852/2004) o, in ottemperanza alle indicazioni per fronteggiare l’epidemia di Covid-19 (DPCM 10 aprile 2020), sintomatologia da infezione respiratoria e febbre (maggiore di 37,5 °C) con segnalazione al medico del lavoro competente e al medico di medicina generale (o al servizio di continuità assistenziale) di riferimento. • Pulizia e igienizzazione, con opportuni prodotti di detersione e disinfettanti e con adeguata frequenza, dei locali deputati alla commercializzazione e allo

stoccaggio degli alimenti, come pure dei locali di servizio. Le attività di pulizia e igiene ambientale devono essere effettuate con una frequenza minima di due volte al giorno (Allegato 5 DPCM 10/04/2020). Garantire, nei locali chiusi, una adeguata aerazione naturale e il ricambio dell’aria (Allegato 5 DPCM 10/04/2020). Disponibilità di idonei quantitativi di sapone monouso e materiali per l’asciugatura igienica per garantire il lavaggio frequente delle mani di tutto il personale. Utilizzo, per tutti gli addetti alla preparazione e distribuzione degli alimenti, alla gestione degli scaffali, alla gestione dei magazzini e alla cassa, di guanti e mascherine secondo la valutazione del rischio da parte del medico competente o le disposizioni delle autorità locali. Disponibilità, per gli addetti che manipolano direttamente gli alimenti (es. reparti panetteria, gastronomia, macelleria, ecc…), di distributori di spray/ gel disinfettanti per le mani e di

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quantitativi adeguati di guanti per il contatto con alimenti e di mascherine, onde consentire un loro cambio frequente. Le operazioni di movimentazione e sistemazione dei prodotti alimentari sulle scaffalature e nei banchi frigo possono svolgersi anche durante l’orario di apertura, con l’accortezza di garantire sempre il corretto distanziamento fisico fra operatori e clienti. Operazioni di pulizia straordinaria dei locali devono invece essere svolte dal personale addetto previo allontanamento della clientela dall’area di interesse. Garantire la disinfezione frequente dei carrelli e dei cestini eventualmente presenti nel punto o area di vendita con particolare attenzione alle maniglie per il trasporto e/o il traino. Garantire la disinfezione frequente delle superfici maggiormente toccate, quali ad esempio maniglie di banchi o armadi frigoriferi, tastiere/ touchscreen, bilance, nastri trasportatori e aree di deposizione degli acquisti alla cassa, aree di imbustamento degli acquisti e tastiere dei terminali POS. Promuovere, anche mediante idonea segnaletica, e controllare costantemente il corretto comportamento dei clienti all’interno delle aree di commercio (rispetto distanze interpersonali, percorsi designati, ecc…). Allo scopo di ridurre il numero degli accessi fisici ai punti vendita o alle aree di vendita, valutare, anche in ragione della tipologia di esercizio commerciale e delle possibilità organizzative, l’incentivazione dell’ordinazione/ vendita a distanza o on-line, sia con modalità di consegna a domicilio che con ritiro dei prodotti direttamente da parte del cliente presso il punto vendita, in fascia oraria concordata. Laddove l’OSA gestisca servizi di consegna a domicilio dei prodotti, sia gli addetti alla preparazione dei prodotti alimentari che gli addetti alla loro consegna sono

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tenuti, ove applicabile, al rispetto delle medesime indicazioni a tutela dell’igiene degli alimenti riportate in questo documento. Accesso al punto o alle aree di vendita • Porre all’ingresso del punto o dell’area di vendita una segnaletica di divieto di accesso in presenza di sintomi simil-influenzali o comunque riconducibili ad infezioni Covid-19. • Porre all’ingresso del punto o dell’area di vendita istruzioni sul comportamento che il cliente deve tenere all’interno secondo le proprie modalità organizzative o le disposizioni locali. • Garantire, nei limiti del possibile per aree non di pertinenza degli esercizi commerciali, che le code per l’accesso al punto vendita o all’area di vendita si svolgano nel rispetto del corretto distanziamento individuale. • Garantire l’ingresso esclusivamente ad un numero di persone tale da assicurare all’interno del punto vendita o dell’area di vendita il corretto distanziamento individuale. Per locali fino a 40 m2 è consentito l’accesso ad una persona alla volta (più un massimo di due operatori dell’esercizio commerciale); per locali di dimensioni superiori l’accesso è regolamentato in funzione degli spazi disponibili (Allegato 5 DPCM 10/04/2020). • Regolare l’accesso in modo da garantire lo smaltimento delle code in prossimità della casse. • Valutare, laddove la struttura del locale o dell’area commerciale lo consenta, l’istituzione di percorsi obbligati unidirezionali, per garantire un flusso ordinato della clientela. • Differenziare, laddove possibile, i percorsi di entrata e di uscita. • Mettere a disposizione all’ingresso dell’esercizio o dell’area commerciale spray o gel sanificante per le mani. In esercizi o aree commerciali di grandi dimensioni dislocare dispensatori di spray o gel sanificante per le mani anche in punti interni all’esercizio/area, privilegiando

le aree con oggetti frequentemente toccati dalla clientela quali tastiere/touchscreen di bilance, POS, maniglie di banchi o armadi frigoriferi, ecc… • Mettere a disposizione all’ingresso dell’esercizio o dell’area commerciale spray o gel sanificante e salviettine monouso per consentire al cliente di effettuare l’igienizzazione delle parti dei carrelli/cestini a contatto con le mani. • Verificare che i clienti che accedono all’esercizio o all’area commerciale aderiscano alle indicazioni relative all’uso delle mascherine all’igienizzazione delle mani. • Tenendo in considerazione l’evoluzione degli approcci e delle misure per il contenimento dell’epidemia di Covid-19 a livello nazionale e locale, agevolare la possibilità di accessi preferenziali o prioritari per specifici gruppi della popolazione (es. persone con difficoltà motoria, anziani, personale impegnato in servizi di pubblica utilità quali sanità, pubblica sicurezza, protezione civile, ecc…). Attività all’interno del punto o delle aree di vendita • Agevolare il rispetto da parte dei clienti delle distanze interpersonali (fra i clienti e rispetto al personale di vendita) attraverso l’utilizzo di apposita segnaletica orizzontale in corrispondenza delle zone di sosta principali (area delle casse, banchi vendita di gastronomia, panetteria, ecc…). • Assicurare la presenza, in tutte le aree con vendita di alimenti sfusi (es. ortofrutta, panetteria) di idonei quantitativi di guanti monouso per l’utilizzo da parte della clientela (Allegato 5 DPCM 10/04/2020). Evidenziare l’obbligo di utilizzo di tali guanti monouso anche mediante apposita segnaletica in corrispondenza dell’area destinata all’esposizione dei prodotti. Poiché i guanti utilizzati per la manipolazione degli alimenti

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devono rispondere alle specifiche per i materiali a contatto con gli alimenti (MOCA), tali guanti devono essere utilizzati anche dai clienti che, all’accesso al punto/area vendita, siano già dotati in proprio di guanti (cioè sovrapposizione del guanto monouso da ortofrutta/panetteria al guanto già indossato dal cliente). • Laddove possibile, posizionare barriere di protezione per il personale onde minimizzare il contatto con i clienti nei punti in cui sia più difficile rispettare rigorosamente il distanziamento (es. casse). • Laddove possibile, agevolare l’uso di pagamenti contactless. Norme igieniche e precauzioni dall’acquisto al consumo La sicurezza degli alimenti è un obiettivo che richiede, anche in condizioni ordinarie, la partecipazione proattiva del consumatore, che è chiamato al rispetto delle norme igieniche durante le fasi di acquisto, conservazione, preparazione e consumo degli alimenti, mediante azioni quali l’utilizzo dei guanti monouso nel reparto ortofrutta/ panetteria, il mantenimento delle temperature di conservazione, la corretta separazione degli alimenti crudi da quelli cotti, ecc… In periodo di epidemia di Covid-19, tuttavia, il momento dell’acquisto alimentare si connota necessariamente come uno dei momenti in cui viene a determinarsi la compresenza di diversi individui — alcuni dei quali vulnerabili quali i soggetti anziani — all’interno di spazi delimitati, con potenziali implicazioni rispetto ai requisiti di distanziamento e di garanzia di igiene per i prodotti alimentari esposti. Tale situazione di carattere straordinario richiede pertanto l’attuazione di precauzioni aggiuntive da parte del consumatore onde garantire la sicurezza degli alimenti, per sé e per gli altri cittadini. Si forniscono di seguito indicazioni e suggerimenti per i consumatori sui comportamenti più idonei da tenere nell’attività dall’acquisto al

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consumo degli alimenti: • non recarsi presso gli esercizi commerciali in presenza di una sintomatologia compatibile con Covid-19 (infezione respiratoria e febbre maggiore di 37,5 °C). In caso di necessità di acquisti alimentari, ricorrere a servizi alternativi di consegna domiciliare (commerciali, di sostegno sociale, di vicinato, ecc…); • prima di uscire per recarsi ad effettuare acquisti alimentari, compilare una lista dettagliata della spesa; laddove ci si rechi in un esercizio o in un’area commerciale conosciuta, organizzare la lista in funzione del percorso da compiere (es. in relazione alla disposizione degli alimenti di interesse all’interno del supermercato o dei banchi nel mercato rionale). Trattenersi nell’esercizio commerciale solo il tempo necessario alle operazioni di acquisto; • nei tempi di attesa prima dell’ingresso negli esercizi di vendita, attenersi rigorosamente alle norme di distanziamento; • all’interno dei locali commerciali destinati alla vendita di alimenti è raccomandato l’uso di mascherine facciali (di tipo chirurgico o, in presenza di disponibilità limitate, di tipo non chirurgico) tenendo in considerazione le eventuali disposizioni delle autorità locali. Poiché l’uso delle mascherine all’interno dei locali destinati alla vendita degli alimenti è finalizzato anche a ridurre la diffusione del SARS-CoV-2 minimizzando l’escrezione delle droplets respiratorie da parte dei soggetti inconsapevolmente

infetti, è sconsigliato l’utilizzo di filtranti facciali muniti di valvola (mascherine FFP con valvola) che, non fornendo per il loro specifico principio costruttore una barriera all’espirazione, non rispondono allo scopo richiesto; all’ingresso dell’esercizio commerciale, utilizzare i gel/spray sanificanti messi a disposizione dagli esercenti per la disinfezione dei manici dei carrelli/ cestelli; all’ingresso dell’esercizio commerciale, utilizzare sempre il gel sanificante per le mani messo a disposizione dagli esercenti. Si rammenta che, dopo la sanificazione delle mani è importante non toccarsi bocca, viso, occhi ed evitare di toccare altri oggetti (cellulare, borsa, ecc…) in modo da preservare l’igiene delle mani e degli oggetti di uso personale per il tempo necessario agli acquisti alimentari*; all’interno dell’esercizio commerciale o del mercato alimentare attenersi rigorosamente alle norme di distanziamento rispetto agli altri clienti e al personale del punto vendita; rispettare, laddove ve ne siano, i percorsi obbligati definiti dagli esercenti o dai gestori dell’area di mercato; nei reparti con vendita di alimenti sfusi (es. ortofrutta, panetteria, ecc…), utilizzare sempre i guanti monouso messi a disposizione dagli esercenti oppure, laddove sia presente, delegare all’addetto alle vendite il compito di imbustare e pesare il prodotto. Laddove si indossino già dei guanti, sovrapporre il guanto monouso a quello già indossato;

La sicurezza degli alimenti è un obiettivo che richiede, anche in condizioni ordinarie, la partecipazione proattiva del consumatore, chiamato al rispetto di norme igieniche durante le fasi di acquisto, conservazione, preparazione e consumo degli alimenti, mediante azioni quali utilizzo di guanti monouso in specifici reparti, mantenimento delle temperature di conservazione, separazione cibi crudi/cotti

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Le precauzioni relative al Covid-19 non dovrebbero far dimenticare, quando si cucina a casa, le regole classiche che restano applicabili per evitare le intossicazioni alimentari e che proteggono dalle malattie di origine alimentare, che sovraccaricherebbero ulteriormente le strutture sanitarie (photo © Georgy Dzyura – stock.adobe.com). • evitare di toccare e riporre i prodotti in esposizione; ove possibile limitarsi a toccare e depositare nel carrello/cestino solo gli articoli che si intende acquistare; • giunti alle operazioni di cassa e pagamento, rispettare il distanziamento dagli altri clienti e mantenere la distanza dal personale di cassa. Azioni promosse dal Ministero della Salute sugli alimenti di origine animale Rideterminazione della shelf-life dei prodotti alimentari e congelamento carni fresche Con la nota DGISAN 12957 del 9 aprile 2020 il Ministero della Salute fornisce la risposta alle richieste congiunte pervenute da ASSOCARNI, ASS.I.CA. e UNAItalia relativamente alla possibilità di rideterminare la durabilità dei pro-

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dotti alimentari compresi i prodotti surgelati e congelati, alla modalità di etichettatura dei suddetti prodotti e alla possibilità di congelare la carne fresca invenduta destinata alla ristorazione. Fatti salvi i casi degli alimenti la cui durabilità è stabilita da norme specifiche (come ad esempio uova fresche e latte pastorizzato), questa è determinata in modo autonomo dall’OSA sulla base dei dati in suo possesso. L’OSA può quindi stabilire un prolungamento della durabilità di un alimento laddove disponga di dati adeguati a supporto della shelf-life che tengano conto della natura dell’alimento stesso, delle modalità di conservazione previste e delle modalità di consumo. La rideterminazione della shelf-life di un prodotto alimentare deve essere determinata prima della data di scadenza. Nel rispetto di quanto stabilito dal Regolamento 1169/2011, la nuova durabilità deve essere ri-

portata sull’etichetta del prodotto o, in assenza di questa, sui documenti commerciali come specificato dal Decreto Legislativo 231/2017, nei casi da questo previsti. Si specifica che deve sussistere coerenza tra la data riportata sul documento commerciale e sull’eventuale etichetta applicata al prodotto al suo confezionamento o imballaggio. Il congelamento delle carni fresche, incluse le preparazioni e le carni macinate, deve essere condotto senza indebito ritardo. In deroga a quanto sopraddetto le carni fresche invendute, introdotte e/o prodotte entro il 15 marzo 2020 possono essere congelate entro la data di scadenza con indicazione della destinazione al consumo previa completa cottura e commercializzate esclusivamente sul mercato nazionale. Il congelamento di altri prodotti alimentari può essere condotto su alimenti in perfetto stato di con-

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servazione con modalità che ne preservino le caratteristiche e che non impattino sulla loro sicurezza. Le eccedenze alimentari (articolo 2, punto 1, lettera c della Legge 19 agosto 2016 n. 166) possono comunque essere oggetto di donazione ai fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi alimentari. Emanuele Guidi Nota * Le mascherine chirurgiche sono dispositivi medici e che l’utilizzo nella popolazione generale non deve andare a scapito della disponibilità di tali presidi per gli operatori sanitari, disponibilità che deve pertanto essere considerata come prioritaria. Si sottolinea inoltre che le FFP con valvola sono dispositivi di protezione individuale necessari nei contesti sanitari e ospedalieri e che il loro uso improprio in contesti diversi determina un impoverimento delle scorte disponibili. In relazione all’utilizzo dei guanti “usa e getta” per le attività di acquisto di alimenti e bevande, si specifica che tale raccomandazione è da considerare in relazione agli alimenti esposti al contatto/ manipolazione da parte del consumatore. A garanzia dell’igiene e della sicurezza dei prodotti, i guanti “usa e getta” devono essere indossati esclusivamente al momento dell’ingresso dell’esercizio di vendita degli alimenti (non è appropriato l’uso di guanti con i quali siano stati toccati oggetti o superfici al di fuori dell’esercizio commerciale), non devono essere riutilizzati più volte (guanti monouso) e, laddove sia previsto l’uso a contatto diretto con alimenti sfusi (es. ortofrutta), devono essere conformi alla normativa relativa ai MOCA. In assenza di questi requisiti, è necessario — ai fini della tutela dell’igiene degli alimenti in esposizione — operare sempre la disinfezione delle mani (“guantate” o meno) con i gel sanificanti messi a disposizione dagli esercenti, e fare uso dei guanti ad uso alimentare disponibili nei reparti quali ortofrutta, panetteria, ecc… che possono presentare vendita di alimenti sfusi.

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