EUROCARNI
Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXII N. 8 • Agosto 2017
€ 5,42
Dynameat by Tabachetti, il Far West made in Piemonte CARNE DI CAVALLO World Butchers’ Challenge, tutti al lavoro
Macelleria, un’arte antica
Una Storia di Famiglia
UNA STORIA DI CARNE Noi del Consorzio Carni Piemonte la produciamo nei nostri allevamenti. PiĂš di 120 allevatori si sono consorziati sin dal 2001. Oggi attraverso il nostro Macello Piemonte Nord , siamo in grado di fornire agli operatori del settore un prodotto sano, controllato e di origine certa.
OLTRE
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8/17 Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl
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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali
EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD
Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi
Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985
Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi Fotografia Luigi Credi
Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910
Comitato di redazione Gianni Mozzoni (Legacoop) – Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Redazione Bruxelles Jean-Luc Meriaux: UECBV, rue de la Loi, 81/A Box 9 B 1040 Bruxelles, Belgio Tel. +32 2 230 4603 – Fax +32 2 230 9400 E-mail: uecbv@scarlet.be Redazione New York Stefano Spadoni 1732 1st Ave #27220 – New York, NY 10128 Tel. +1 212 956-8566 E-mail: Stefanony@stefanospadoni.com Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Prof. Fausto Cantarelli – Prof. Carlo Cantoni – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata – Prof. Sergio Ventura Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CS5.5. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CS5.1.
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TUTTO SOTTO CONTROLLO
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EUROCARNI La prima rivista veramente europea
In questo numero: La carne nel mondo
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Immagini
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Naturalmente carnivoro
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Slalom
Analisi economica della BCE e problemi della disoccupazione
Cosimo Sorrentino
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La carne in rete
Social meat
Elena Benedetti
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Aziende
Dynameat, il Far West made in Piemonte
Elena Benedetti
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Comunicare la carne
Oltre la filiera? C’è la comunità
Elena Benedetti
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Sostenibile per natura
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L’Umbria delle Carni
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Indagini
Ismea: consumi alimentari in graduale uscita dalla crisi
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Trend
Evoluzione dell’hamburger all’italiana
Giovanni Ballarini 42
Mercati
Il mercato delle carni in Polonia è in piena espansione
Roberto Villa
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Sicurezza alimentare
Selvaggina e sorveglianza del territorio
Giulia Mauri
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Allevamenti
Paolo Piovesan, allevatore di selvaggina
Gian Omar Bison
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La qualità
Borgogna, non solo vini
Nutrizione
Carne di cavallo tra dieta e sicurezza alimentare
Agostino Macrì
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La carne in tavola
Tra crudo e cotto: teoria e pratica del roastbeef
Giorgia Fieni
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Macellerie d’Italia
Saccarola, fratelli di carne
Gian Omar Bison
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Ibba: il lavoro del macellaio inizia in campagna
Riccardo Lagorio
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Gare carnivore
World Butchers’ Challenge, tutti al lavoro
Prodotti tipici
Ariccia, patria della porchetta
Nunzia Manicardi
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Sapori dal mondo
Arrosticini made in China
Riccardo Lagorio
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Convegni
Dagli allevatori italiani un messaggio positivo e trasparente ai consumatori
Rassegne
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Sommet de l’Élevage 2017, ci siamo quasi
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Mostra nazionale del bovino di razza Romagnola
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Fiere
Anuga sempre più italiana!
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Tecnologie
Tutti i dati direttamente dal sistema
100 ®
®
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È il prodotto a vincere grazie al sistema Cryovac Darfresh L’arte di Stagionare con la giusta tecnologia Aceto Aromatico GPI 6.2: il principio e l’utilizzo
Elena Benedetti
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La pagina scientifica
Nitriti e nitrati sicuri, un errore eliminarli dalla salumeria
Giovanni Ballarini 108
Storia e cultura
Macelleria, un’arte antica
Giovanni Ballarini 110
Statistiche
Importazioni e scambi intracomunitari verso l’Italia di suini vivi
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Libri
Storia della sosta in viaggio
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Digital Transformation War
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Siate gentili con le mucche
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In copertina: carni avicole sempre presenti nelle griglie estive.
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Quanto ne sa il vostro software di carne? Il nostro davvero tanto. 9(1,7( $ 7529$5&,
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LA CARNE NEL MONDO
Francia Philippe Bizien e Guillaume Roué, presidenti delle cooperative Aveltis e Prestor, hanno annunciato ufficialmente la creazione di un gruppo denominato Éleveurs de Porcs en France per la commercializzazione congiunta di suini, che inizierà a partire dalle prossime settimane (raggiungendo i 100.000 suini la settimana). Dopo l’approvazione da parte dei membri delle due cooperative, Aveltis e Prestor metteranno in comune i propri sistemi informativi e garantiranno una rappresentanza unica come venditori. Le comunicazioni sugli aspetti economici e commerciali di entrambe le cooperative verranno realizzate sotto il marchio Éleveurs de Porcs en France mentre le altre attività rimarranno separate e indipendenti (fonte: 3tre3.it).
Brasile Lo scandalo che ha messo sotto scacco gli equilibri politici ed economici del Brasile si chiama Car Wash. Si tratta di un’indagine sulla corruzione che vede coinvolti 1.800 politici. La crisi è esplosa a seguito delle rivelazioni di JOESLEY e WESLEY BATISTA, produttori di carne a capo della multinazionale del settore JBS. Il Gruppo deve pagare alla CVM, la Consob brasiliana, una multa di 10 miliardi di reais (poco meno di 2,7 miliardi di euro). Per raccogliere liquidità JBS ha messo in vendita alcuni asset, tra cui lo stabilimento di macellazione e lavorazione di carni avicole Moy Park nell’Irlanda del Nord, che aveva acquisito nel 2015 (fonte: IL SOLE 24 ORE – GLOBAL MEAT NEWS).
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Il meglio della
C A R N E D I V I T EOLl a Ln d eO se La carne bianca di vitello è un alimento straordinario: ricca di proteine e amminoacidi, facilmente digeribile, povera di grassi e con un alto contenuto di ferro. Cosa volete di più? C’è di più!! La carne di vitello ha anche un gusto raffinato e duttilità nella cottura: questo la rende protagonista della storia gastronomica italiana. Non a caso il vitello è tra le carni più presenti nei Menu dei grandi Chef in Italia. Un perfetto Menu estivo? Una tartare di carne di vitello leggera e gustosa. Trovate la ricetta dello Chef Stefano De Gregorio insieme a tante altre su www.carnedivitello.it. Responsabilità sociale d’impresa per il VanDrie Group: essere responsabili del mondo che ci circonda. Noi del VanDrie Group conosciamo le nostre responsabilità e ce ne facciamo carico verso i dipendenti, il consumatore, gli animali, il nostro prodotto e l’ambiente. www.vandriegroup.com
La carne di vitello con una percentuale di grasso inferiore al 5% ha la seguente composizione media per 100 grammi: 104 kcal, 439 kJ, 22,1 g di proteine e 1,7 g di grassi. (fonte RIVM - NEVO).
“TARTARE MEDITERRANEA” interpretata da Chef Stefano De Gregorio
Ricetta
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IMMAGINI
La carne di cavallo, per l’elevato contenuto proteico e il basso contenuto in grasso, è facilmente digeribile e ha un ottimo valore nutrizionale. In alcuni Paesi europei e non, però, il cavallo è considerato un animale da lavoro o di affezione e il consumo alimentare umano non è previsto. Tale difformità di comportamenti ha provocato dibattiti anche molto accesi tra i sostenitori del consumo di carne di cavallo e di chi vi si oppone. Ce ne parla meglio il professor Agostino Macrì a pagina 62 (in alto, sfilacci di cavallo con anacardi; photo © Mondadori Press).
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NATURALMENTE CARNIVORO
Simone Fracassi, grande macellaio e norcino in quel di Castel Focognano, in provincia di Arezzo, è anche un ambasciatore della tradizione e della cucina italiana. A giugno Simone ha diretto“Capolavori a Tavola”, l’evento conclusivo del “Forum sulla cucina italiana nel mondo” (itchefs-gvci.com). Questo appuntamento di beneficenza, da lui creato e diretto, ha visto riunirsi, nella splendida cornice di Borgo Corsignano (Poppi, Arezzo), per la sua XVI edizione, 400 ospiti, 20 chef stellati, 4 pastry chef, 4 gelatieri, 4 pasticceri, 2 cioccolatieri, 8 produttori gastronomici, 8 cantine vinicole, 2 birrifici ed un produttore di caffè, tutti insieme per raccogliere fondi per l’associazione Italian Cuisine in the Word. Tra i lavori del Forum ricordiamo il progetto, voluto ed ideato proprio dall’associazione — che ha sede in Casentino e che diventerà in futuro una Fondazione —, per il riconoscimento della cucina italiana fuori dall’Italia come patrimonio immateriale dell’UNESCO. Tra gli sponsor dell’evento ricordiamo la Coltelleria Saladini di Scarperia (FI).
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SLALOM
Analisi economica della BCE e problemi della disoccupazione di Cosimo Sorrentino
I
n occasione dell’ultimo Consiglio Europeo, tenutosi a Bruxelles a fine giugno scorso, il presidente della Banca Centrale Europea, parlando direttamente ai leader europei, ha confermato quanto già aveva sostenuto, solo alcuni giorni prima nel parlamento israeliano, e cioè che la “ crisi è ormai alle nostre spalle”. Ad avviso della maggior parte degli osservatori economici, l’analisi del presidente Draghi non è stata vista solo come una analisi economica ma anche come una nuova speranza nei confronti del progetto europeo nel suo complesso. E ciò, secondo il nostro avviso, tenendo conto di un nuovo clima che si è instaurato recentemente, forse a causa del diradarsi di un certo senso di incertezza, che indubbiamente aveva pesato nei
rapporti tra i vari Paesi europei e nonostante si sia dovuta registrare la amara uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Il miglioramento delle prospettive politiche e il diradarsi delle tensioni possono dare una nuova spinta alla ripresa perché, come ha detto lo stesso presidente della BCE, la “fiducia è lo stimolo più a buon mercato”. Infatti la situazione economica generale sta migliorando ed, in particolare, pare evidente il calo della disoccupazione, anche se l’inflazione, nonostante ad aprile scorso ci sia stato un lieve aumento, dovuto forse più a fattori temporanei, rimane lontano dal noto obiettivo del 2%, fissato dalla BCE e che per sollevarla viene mantenuta la attuale politica monetaria, fondata sul Quantitative Easing, del
quale abbiamo spesso scritto su questa Rivista e che, lo vogliamo ricordare, si fonda sull’acquisto di bond per immettere liquidità nel sistema e sostenere la crescita, ad un ritmo mensile di 60 miliardi di euro, previsto, almeno per ora, fino al prossimo dicembre. Si spera così nella crescita dei salari che potrebbe spingere l’inflazione a raggiungere il citato obiettivo del 2%. La crescita ipotizzata da Draghi ha trovato riscontro per il nostro Paese, già nella revisione, prima da parte dell’ISTAT, dei dati del primo trimestre di quest’anno, che potrebbero portare ad una crescita dell’1,2% a fine anno, e, successivamente, da parte del Fondo Monetario Internazionale, che ha ipotizzato il rialzo delle stime sul PIL di 0,5% percentuali in più.
L’economista Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea (photo © Financial Times). 14
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E il fatto che la nostra crescita sia passata da una previsione, da parte del F.M.I, dello 0,7% a gennaio, a quello di giugno potrà dare un certo slancio ai piani del Governo, anche se si dovrà fronteggiare il problema, della disoccupazione, che purtroppo rimane ancora tale, poiché con il suo tasso di poco più dell’11%, costituisce il terzo tasso più alto tra i Paesi dell’OCSE, preceduto dalla Grecia e dalla Spagna. Ciò significa che l’Italia si attesta in una posizione distante dall’area euro, che risulta essere ferma al 9,1%, ed anche distante di 4,5 punti percentuali rispetto ai livelli precedenti alla crisi. Da quanto sopra detto possiamo affermare che i dati riportati confermano che è in atto una ripresa economica in Europa, pur se ancora moderata, che porta con se un aumento dell’occupazione con una conseguente riduzione del tasso di disoccupazione, che, nell’eurozona scenderebbe dal 10 al 9,4% quest’anno. In effetti, però, come spesso avviene, si deve ammettere
che in molti paesi europei la crescita del reddito e la crescita dell’occupazione sono più alte della media, mentre il risultato complessivo è tenuto basso dai risultati sfavorevoli di alcuni altri paesi, i quali, però, pesano molto sul totale per la loro popolazione. Così risultano evidenti i dati dell’Irlanda (+3,5%), Portogallo (+3,3%), Spagna (+2,4%) ed altri Paesi minori, mentre vanno meno bene tre grandi paesi come la Germania, che ha un aumento uguale alla media (1,5%), dall’Italia e dalla Francia con un aumento dell’occupazione rispettivamente dell’1% e dello 0,7%. Lo stesso vale per le previsioni della crescita del reddito nel 2017; rispetto alla media dell’1,9% l’UE nel suo insieme, per 18 Paesi, cioè per molto più della metà, si prevede una crescita superiore alla media, mentre per 10 membri sarà inferiore alla media, e, tra questi ultimi si trova, di nuovo, la Germania, seguita dalla Francia e dall’Italia.
Ma la situazione tedesca, francese e quella Italiana sono ben diverse, poiché la Germania è in linea con la crescita, mentre in Francia la disoccupazione sta quest’anno attestata sul 10% e per l’Italia essa si collocherà ancora sull’11,5% e si tratta di cifre doppie per ambedue i Paesi rispetto a quelle che si registravano nel 2007, prima della grande crisi degli ultimi anni. Di fronte a livelli così alti si impone l’obbligo, anche come dovere morale e civico, di impostare politiche economiche che spingano verso l’alto la crescita e consentano un riassorbimento effettivo della disoccupazione, a scanso di creare malessere sociale, già significativo nel nostro Paese. Ma l’Europa condividerà certe preoccupazioni o guarderà sempre i dati della sua finanza pubblica? Ci auguriamo che il nuovo clima, instaurato con Bruxelles, possa portare al superamento di quelle note rigidità che finora non hanno portato fortuna. Cosimo Sorrentino
Dal 1950, il meglio dal mondo La BERVINI PRIMO nasce nel 1950 da una tradizione famigliare come bottega per la lavorazione delle carni. Proseguendo nella propria crescita in termini di qualità e servizio alla clientela, crea le condizioni per estendere la propria offerta inserendosi nel mercato sia nazionale che internazionale come azienda di importazione, lavorazione e vendita di carni refrigerate e congelate di diverse specie animali consolidandosi negli anni. Da anni offriamo carni porzionate e confezionate skin pack e recentemente offriamo la linea gourmet di bistecche, macinati e “hamburger” con carni provenienti dal mondo. Importatrice e distributrice anche di altri prodotti congelati, quali articoli ittici e verdure surgelate, oggi l’azienda è in grado di fornire una ricca, diversificata e qualificata offerta di prodotti e un servizio accurato al mercato del catering e retail in Italia come all’estero.
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BERVINI PRIMO S.R.L. via Colonie, 13 · 42013 Salvaterra di Casalgrande · Reggio Emilia · Italia tel. +39 0522 996055 · fax +39 0522 849075 · www.bervini.com
LA CARNE IN RETE
Social di Elena
1. La carne basca in un blog Bello il sito e blog di CÁRNICAS TXOGITXU, l’azienda che produce e commercializza la vacca rossa basca. Vi troverete anche IMANOL JACA (in foto), affinatore esperto di carni rosse di Txogitxu, che promuove in giro per il mondo la cultura e la tradizione della sua terra con una carne unica e di grande bontà. www.txogitxu.com è disponibile anche in lingua francese e inglese, oltre che basco e castigliano (photo © txogitxu.com).
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2. You & Meat You&Meat è la linea di burger gourmet firmata CENTRO C ARNI COMPANY, azienda storica del settore con sede a Tombolo (PD). La comunicazione di prodotto si sviluppa anche attraverso il web (www.youandmeat.com) e i canali social (Facebook e Instagram) con un’immagine moderna, fresca e accattivante anche per un target di consumatori giovani. La linea di prodotti You&Meat è composta da diverse tipologie di carni: Scottona, Aberdeen Angus, Chianina. Piemontese e Bio (photo © instagram.com/you_and_meat).
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meat Benedetti
3. James Whelan Butchers, Chapeau! PAT WHELAN è un super macellaio irlandese e la sua macelleria JAMES WHELAN BUTCHERS è anche on-line all’indirizzo www.jameswhelanbutchers.com. Ecco un gran bell’esempio di come il negozio al dettaglio si possa trasformare anche in vendita su web. Sul sito troverete informazioni dettagliate sui prodotti di carne, sui corsi nella Butchery Academy, ricette e suggerimenti per la cottura, e-shop, catering, tagli, filiera e rassegna stampa. Insomma… tutto! Facebook e Twitter completano la copertura social della comunicazione (in basso, Pat Whelan con un collaboratore nella sua macelleria di Clonmel; photo © irishtimes.com).
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4. Carne (francese) + pop music L’interprofessione francese INTERBEV ha sviluppato un’idea che coniuga i “giovani consumatori di carne” alla musica pop. Il progetto si chiama LaKitchenMusic.com ed è accessibile attraverso Facebook al link www.facebook. com/pg/lakitchenmusic. Con la collaborazione della cantante giapponese Kumisolo, Interbev organizza eventi carnivori di tendenza con un target di ragazzi tra i 20 e i 30 anni. L’obiettivo? Insegnare ai partecipanti ricette facili e originali a base di carne, ascoltare musica, mangiare e divertirsi.
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Montana, energia positiva: nuova campagna adv con la regia di Harald Zwart Ha iniziato la programmazione on air a inizio giugno l’ultima campagna pubblicitaria della carne in scatola Montana, la prima prodotta da allevamenti italiani al 100%. “Montana, energia positiva” è il nuovo claim dello spot girato con lo stile unico del regista Harald Zwart e si concentra sulla figura di un bagnino della riviera romagnola. L’italianità, protagonista assoluta delle campagne precedenti, è sempre presente grazie al contesto e ai ripetuti riferimenti, ma il focus si sposta maggiormente verso gli aspetti nutrizionali e funzionali di prodotto. La carne Montana, infatti, è una fonte naturale di proteine, particolarmente utile per chi svolge attività fisica, e allo stesso tempo è estremamente magra e leggera, con contenuto di grassi pari all’1,2%, senza glutammato e senza glutine. Inoltre, è il prodotto ideale per un consumo pratico e veloce in un contesto di piacevole convivialità, anche all’aria aperta, con amici e in famiglia. Nella campagna c’è anche spazio per il lancio di un nuovo prodotto Montana: la prima carne di vitello in gelatina senza conservanti. Dal gusto delicato, con più carne e meno gelatina, senza glutine, senza glutammato e proveniente da allevamenti 100% italiani, rappresenta una novità assoluta per il mercato italiano, in commercio da maggio nelle principali catene della GDO. Ecco link allo spot: www.youtube.com/watch?v=K__mXwja9Kk
Slow Food Italia e Foodscovery partner per la digitalizzazione delle piccole imprese agricole e alimentari italiane Immaginate che i produttori di piccola scala di prodotti dei presidi Slow Food, e non solo, abbiano a disposizione un software per entrare a far parte di un ampio mercato virtuale e allargare così il loro raggio d’azione in tutta Italia e anche oltre i confini nazionali. Un software capace anche di assisterli nella gestione del magazzino e nelle principali incombenze amministrative collegate alla logistica e alla commercializzazione dei loro prodotti: questa è la piattaforma Foodscovery (www.foodscovery.it) che, grazie alla collaborazione con Slow Food Italia, presenta un nuovo programma per acquistare facilmente formaggi, salumi, pesce, carne, olio, vino e dolci. «Oltre a digitalizzare le imprese agricole e alimentari di piccola scala, garantendo per chi acquista un rapporto diretto con il produttore (saltando così i passaggi della distribuzione tradizionale), l’accordo con Foodscovery fornirà anche ai ristoranti e ai negozi uno strumento utilissimo per approvvigionarsi dai produttori dei presidi e da altri produttori di qualità, facilitandone così la logistica e la spedizione, spesso complicata proprio per queste piccole realtà», spiega Roberto Burdese, consigliere delegato di Slow Food Promozione. Scegliendo direttamente sul sito dall’ampio catalogo a disposizione, si ricevono le eccellenze regionali direttamente a casa propria con un solo clic, mettendosi direttamente in contatto con il produttore. >> Link: www.foodscovery.it
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Sin dal 1936 la Merlo Ercole S.r.l. è un punto di riferimento nell’importazione e distribuzione di tagli, refrigerati e congelati di pregiate carni bovine sudamericane.
Una realtà che con passione ed esperienza garantisce da sempre un servizio puntuale al cliente. Oltre ottant’anni di genuinità e affidabilità.
Merlo Ercole S.r.l. – Via S. Antonio, 13 – 20122 Milano – Tel. +39 02 58480101 – Fax +39 02 58315867
AZIENDE
Dynameat, il Far West made in Piemonte La Tabachetti Srl di Moncalvo (AT) lancia una linea di carni precotte e senza glutine che comprende ribs e chicken. In arrivo anche spiedoni e il mitico tomahawk. Per grigliatori e appassionati di carni buone e italiane di Elena Benedetti
S
iamo a Moncalvo, un piccolo comune nella provincia di Asti, tra edifici medievali e colline vitate che dominano il paesaggio. Un territorio, questo, che da sempre punta sull’eccellenza dell’enogastronomia, tra carni (qui a dicembre c’è sempre la fiera del bue grasso), vini ottimi (come il Moscato d’Asti), tartufi e prodotti di
una fetta di Piemonte che dal 2014 è pure patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. Sempre a Moncalvo c’è un’azienda che di strada dalla sua nascita ne ha fatta parecchia: è Tabachetti Srl, fondata nel 1964 da PASQUALE TABACHETTI, un norcino piemontese innamorato dei salumi “buoni e fatti bene” che sviluppò l’attività di famiglia lavorando sodo
insieme alla moglie Adelina e al figlio Paolo. A quel tempo la Tabachetti era focalizzata per l’80% sulla produzione di salumi tradizionali, come la muletta, il salame cotto o quello al tartufo. Col trascorrere degli anni si passò alla trasformazione delle carni, settore che oggi rappresenta il core business della società. Nel 1997 l’inaugurazione
Il mercato delle carni sta registrando una forte richiesta di prodotti innovativi e veloci da preparare e pronti da cuocere, ideali anche per le grigliate con gli amici. 22
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Il chicken e le ribs, nelle varie marinature della linea Dynameat, sono cotti a lungo a bassa temperatura per garantire morbidezza e gusto. In pochi minuti sono pronti da mangiare e sono buoni come appena fatti. della nuova sede produttiva e nel 2005 l’ingresso in società dei nipoti di Pasquale. Oggi PIERPAOLO TABACHETTI, amministratore delegato e terza generazione della famiglia in azienda, è al timone del business insieme ai fratelli CRISTIANO e CORRADO, segno di un imprinting famigliare ben definito che, tra i mutati scenari del mercato, ha portato la Tabachetti verso nuovi traguardi. Lo incontriamo nella sede di via Piacenza. Stretta di mano vigorosa, grembiule
da lavoro, poco tempo da dedicarmi perché i clienti hanno giustamente la priorità e c’è parecchio lavoro da fare. Siete piemontesi, anzi, astigiani. L’appartenenza a questo territorio unico è stato sicuramente un valore positivo e importante nella vostra crescita. «È indubbio. La nostra azienda si colloca tra Asti e Casale Monferrato, una zona rinomata per l’eccellente gastronomia. E proprio qui, nel nostro stabilimento,
lavoriamo carni selezionate prevalentemente emiliane e piemontesi, occupandoci di tutte le fasi di trasformazione, dal disosso al taglio, al sezionamento e confezionamento». Quali sono stati i passaggi chiave della vostra attività? «Il primo, nel 2005, è stato il lancio di Tabagrill, un marchio di prodotti selezionati a base di carne fresca di suini nati, allevati e macellati in Italia che distribuiamo nel supermercati e ipermercati. L’of-
Quattro buoni motivi per scegliere Dynameat 1. Carni super selezionate e italiane. 2. Lavorate con cura nello stabilimento di Moncalvo (AT), vengono cotte a lungo e a bassa temperatura. Segue un confezionamento sottovuoto. 3. Ribs e chicken sono pronti in pochi minuti con una cottura che può avvenire a scelta in pentola, in forno, sulla griglia o in padella. 4. Non c'è traccia alcuna di glutine.
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La gamma prodotto Dynameat distribuita all’interno della GDO, con un packaging moderno e in linea con le tendenze barbecue del momento. ferta è ampia e comprende salsicce, hamburger, spiedini e mix per grigliate confezionati in atmosfera modificata. L’altro è molto più recente: quest’anno abbiamo infatti lanciato la nostra gamma prodotto Dynameat nella GDO, con una linea di carni ad alto contenuto innovativo, precotte e senza glutine, che comprendono ribs e chicken, e che a breve si allargheranno anche a tomahawk e spiedone». Dynameat ha un nome evocativo, una carne dinamica e dal gusto deciso che richiama immediatamente l’attenzione dell’appassionato del barbecue. È così? «Sì, volevamo dare una risposta forte e chiara alle nuove esigenze dei consumatori, sia per i ridotti tempi di preparazione e cottura delle carni, sia verso gli appassionati delle griglie, mettendo tutti d’accordo e offrendo una linea di prodotti senza glutine, buona per tutti. Dynameat è attiva dal 2015 nel canale HORECA, con grande soddisfazione nostra e dei nostri clienti!
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Le nostre referenze sono vendute nel Nord Ovest della Penisola sia nel canale dei negozi al dettaglio che nella GDO». Quali sono i punti di forza di Dynameat? «Sicuramente la selezione delle materie prime e l’attenzione maniacale che dedichiamo alla preparazione della carne prima della cottura. Vogliamo solo fornitori di qualità della filiera italiana che ci possano garantire standard elevati e una totale tracciabilità delle carni. Per il Dynameat Chicken, ad esempio, scegliamo solo pollame italiano allevato a terra, che viene trasformato e poi venduto parzialmente disossato e senza corazza, più facile quindi da tagliare a fine cottura dal consumatore finale». Quanto è importante per voi comunicare con il cliente finale? «Importante? Fondamentale! Per noi la comunicazione con il consumatore che acquista i nostri prodotti in GDO o nel canale HORE-
CA è importantissima e da gestire in modo diretto, grazie anche all’uso delle piattaforme social, come Facebook». E con un’immagine moderna come quella utilizzata per comunicare Dynameat, incentrata sulla carne di frontiera, dalle cotture sul fuoco, dal gusto esplosivo e facile da preparare il risultato è assicurato! Elena Benedetti
Tabachetti Srl Via G. Piacenza, 7 14036 Moncalvo (AT) Telefono: 0141 921080 E-mail: dynameat@tabachetti.it Web: www.tabachetti.it facebook.com/tabachetti
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COMUNICARE LA CARNE
Oltre la filiera? C’è la comunità Benvenuti nel grocery store più stiloso di San Francisco, dove ogni prodotto è raccontato in una narrazione retail che connette tutti: clienti, produttori e staff. E dove si invita a mangiare carne responsabilmente di Elena Benedetti
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l grocery store del futuro? Forse c’è già ed è a San Francisco, la capitale californiana della tech economy, quell’incubatore metropolitano di attività e progetti
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che anticipa sempre le tendenze, dall’uso delle tecnologie agli stili di vita. Questo piccolo food market si chiama Bi-Rite, che suona un po’ come “mangia in modo giusto”.
Il suo proprietario è lo chef SAM MOGANNAM. Insieme al fratello Raphael, nel 1998 Mogannam rilevò il negozio di alimentari della famiglia nel quartiere della Mis-
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In basso: uno scatto all’interno di Bi-Rite. A sinistra: l’esterno di Bi-Rite su Divisadero Street a San Francisco, con una vetrofania dedicata all’acquisto responsabile della carne bovina.
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Il banco carni con tagli di manzo, maiale e pollame, senza preparati.
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In evidenza le informazioni sulla provenienza delle carni e sull’assenza di antibiotici e ormoni della crescita.
Il cibo non è solo nutrimento, scrive Sam Mogannam, esso unisce le persone. Ed è nostra responsabilità costruire delle relazioni che abbiano significato con i componenti della nostra famiglia estesa. Il cibo che prepariamo e vendiamo nei nostri negozi mette in connessione lo staff con i clienti, i produttori con cui collaboriamo e l’ambiente. In questo modo creiamo la nostra comunità
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sion, iniziando a proporre prodotti rigorosamente locali. Da allora il business è aumentato a due punti vendita frequentatissimi dalla tech people che di giorno lavora nella Silicon Valley, quella di Facebook, Microsoft, Apple e Google per intenderci, e alla sera torna in città affamata. Più che un negozio una comunità del food Ma non si tratta solo di vendita al pubblico, perché Bi-Rite è un progetto di comunità del food. “Crediamo fortemente nel fatto che il cibo non sia solo nutrimento: esso unisce le persone. Ed è una nostra responsabilità costruire delle relazioni che abbiano significato con i componenti della nostra famiglia estesa. Il cibo che prepariamo e vendiamo nei nostri negozi mette in connessione il nostro staff con i clienti, i produttori con cui collaboriamo e l’ambiente. In questo modo creiamo la nostra comunità attraverso il cibo” scrive Sam
Mogannam su biritemarket.com. La superficie di Bi-Rite è molto contenuta, con la parte destinata alla vendita di soli 140 m2 sui quali si concentrano 4.000 prodotti in gran parte biologici. Si entra con il freschissimo, frutta e verdura, fiori e un piccolo banco di gelati artigianali. Si passa quindi ai formaggi, che contano un’ampia scelta di prodotti anche francesi e italiani, al banco macelleria, con pollame e carni rigorosamente bio, tagli per il barbecue, salsiccia artigianale, maiale e agnello. Non c’è traccia di vitello o equino. Proseguendo, si arriva ai banchi refrigerati a scaffale che contengono salumi locali, bistecche sottovuoto già marinate pronte da cuocere (l’unica sorta di preparati di carne), macinato porzionato e confezionato, latticini e tutto il secco (pasta e biscotti, scatolame, vino, tè e tisane), oltre ad un piccolo corner per i prodotti di igiene personale e la casa. Alla cassa 6 addetti un po’ hipster.
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Gli scaffali con le monoporzioni di carne prodotte internamente dallo staff di Bi-Rite con carni macinate, costate, bistecche già marinate, salsicce e tagli da cuocere.
I preparati di carne, da noi importantissimi per il servizio offerto alla clientela, qui sono praticamente insistenti fatto salvo qualche hamburger e salsiccia. C’è invece un’area attrezzata con cucina che produce ogni giorno piatti pronti, per una sorta di gastronomia cosmopolita qual è la matrice internazionale degli abitanti di questa città. Il prodotto è quindi offerto già cotto, solo da scaldare
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Il banco carni è il reparto nel quale la comunicazione è più curata e accentuata: in grande evidenza l’indicazione della provenienza locale, da allevamenti che bandiscono tanto gli ormoni della crescita quanto gli antibiotici. La carne va mangiata così, scrivono: in poca quantità ma buona e c’è l’invito a fare una scelta di acquisto sostenibile. La vetrina è abbastanza spartana nella disposizione dei tagli ma la carne è raccontata bene. Le macellerie negli Stati Uniti sono una rarità e un canale di vendita per pochi. I preparati di carne, da noi importantissimi per il servizio offerto alla clientela, qui sono praticamente insistenti fatto salvo qualche hamburger e salsiccia. C’è invece un’area attrezzata con cucina che produce ogni giorno piatti pronti, per una sorta di gastronomia cosmopolita qual è la matrice internazionale degli abitanti di questa città. Il prodotto è quindi offerto già cotto, solo da scaldare con ampia
scelta tra paste al forno, carne, pesce e verdure. Interessante è quindi la parte di informazione che Bi-Rite costruisce intorno al prodotto, legando il cliente al produttore, in quel discorso di filiera che qui si trasforma in comunità allargata. Certo, questo grocery store ha prezzi che in Italia si potrebbero permettere in pochi. È una super nicchia dedicata ad un target di consumatori che cerca la qualità e la valenza di un prodotto sostenibile e locale. Restano però interessanti la dimensione e l’offerta dei prodotti, oltre alla formula di storytelling che c’è alla sua base e che qui si trasmette in modo autentico. E se i signori di Whole Foods, la super catena di supermercati appena acquistata da Amazon, sono spesso stati in visita a Bi-Rite per studiarne il format, vorrà dire che qui c’è davvero del buono! Elena Benedetti >> Link: biritemarket.com
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Scopri il Sapore... ...Scopri la Genuinità!
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Fidatevi del Vostro Gusto e scoprirete la differenza. La bresaola e gli sfilacci di carne di cavallo di Giovanni Coppiello sono tutto il meglio e il buono che potete far provare ai vostri sensi. Scoprirete così un piatto unico dai pregi infiniti: ottimo antipasto, intingolo per condire paste bucate, oppure prelibato secondo. Nella foto una delle nostre Ricette Consigliate : Sfilaccetti di Cavallo con Julienne di Verdure. Esecuzione: bollire per qualche minuto le verdure tagliate julienne, guarnire il piatto e condire con un emulsione di olio d oliva e sale di sedano. Ingredienti per 4 persone 200 gr. di Sfilaccetti, 2 Carote, 6 Cucchiai di Olio d Oliva, 2 Zucchine, 200 gr. Cappuccio Bianco,
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20 gr. di Sale al Sedano.
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Sfilacci di Tacchino
Sfilacci di Manzo
Sfilacci di Equino
Il manzo irlandese primo per sostenibilità e benessere animale
Sostenibile per natura Un rigoroso disciplinare sul rispetto di benessere animale, risorse naturali e biodiversità. Oltre 117.000 controlli su più di 49.000 allevatori bovini. E un programma per la sostenibilità agroalimentare unico al mondo, Origin Green
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arlare oggi di sostenibilità in Italia significa parlare di un fenomeno consolidato, che orienta le scelte quotidiane e di acquisto della popolazione. Questa crescente “coscienza” si manifesta nei comportamenti più diversi, come l’aumento sensibile della raccolta differenziata (+18% in un anno), l’utilizzo di mezzi di traspor-
to meno inquinanti (+24%)e nelle preferenze di consumo. Ad oggi, il 62% degli Italiani si dice interessato alla sostenibilità e 7 Italiani su 10 sarebbero disposti a pagare di più per alimenti sostenibili. La rivoluzione verde dell’allevamento bovino irlandese Una delle accuse più frequenti
all’industria della carne, in particolare alla carne rossa, va a toccare la presunta scarsa sostenibilità dell’allevamento bovino in termini di impatto ambientale e rispetto animale. Un tema molto dibattuto e all’ordine del giorno, che disorienta il consumatore e può portarlo a limitare i consumi di carne o, in
Nel 2016 le esportazioni dell’industria food & beverage irlandese hanno registrato un nuovo record, superando 11.25 miliardi di euro. Tra i settori in maggiore crescita c’è quello della carne, che rappresenta il 32% delle esportazioni. L’Italia è il quarto mercato più importante per l’export di manzo irlandese (photo © www.farmersjournal.ie).
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casi estremi, alla scelta vegetariana e vegana. In questo contesto, si delinea un trend che porta a consumare meno, ma di migliore qualità: un’opinione pienamente condivisa da oltre il 35% dei consumatori. L’Irlanda si distingue da sempre per una tecnica di allevamento tradizionale, sostenibile e naturale, favorito dagli ampi spazi di pascolo a disposizione degli animali (una superficie agricola di circa 5 milioni di ettari, di cui l’81% è costituito da pascolo), e a condizioni climatiche miti e favorevoli. Il bestiame, inoltre, vive all’aria aperta e si nutre di erba fresca e trifoglio per 10 mesi all’anno. Caratteristiche che, di fatto, permettono di ridurre l’impatto ambientale degli allevamenti e di garantire condizioni naturali di benessere ai capi di bestiame, che sono liberi di vivere nella natura. Il Bord Bia Quality Assurance Scheme, programma di qualità assicurata promosso da BORD BIA – IRISH FOOD BOARD (l’ente governativo per lo sviluppo e la promozione dei
Figura 1 – I numeri del comparto agroalimentare e dell’allevamento bovino irlandese
prodotti alimentari e delle bevande irlandesi), prevede un rigoroso disciplinare che stabilisce requisiti e condizioni precise negli allevamenti e nelle aziende agricole irlandesi, con un’attenzione anche in termini di sostenibilità. Nel 2008 è stato inoltre introdotto il Programma di Benessere con Alimentazione Naturale, voluto dal Dipartimento delle Politiche Agricole, Alimentari e Marine e pensato per promuovere
il benessere nella produzione di carni bovine, migliorando altresì la qualità genetica degli allevamenti nazionali. Caratteristica peculiare del programma è il sostegno ad un processo di svezzamento graduale, in cui vacche e vitelli inizialmente vengono tenuti assieme nelle aree di pastura e a cui fa seguito una graduale separazione dalle vacche: i dati che scaturiscono da questo
Figura 2 – Il sistema integrato di controlli
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Il ruolo di Bord Bia (ente per la promozione dei prodotti alimentari, delle bevande e dell’orticoltura irlandesi) è di fare da collegamento tra i fornitori irlandesi di prodotti alimentari, bevande e dell’orticoltura e gli attuali e potenziali clienti in tutto il mondo. Il nostro obiettivo è di sviluppare i mercati per i fornitori irlandesi, portando i prodotti alimentari irlandesi sulle tavole di tutto il mondo. Oltre alla sede di Dublino, Bord Bia ha uffici a Amsterdam, Dubai, Düsseldorf, Londra, Madrid, Milano, Mosca, New York, Parigi, Shanghai e Stoccolma. Bord Bia – Irish Food Board (Italia) Via Edmondo De Amicis 53 20123 Milano Telefono: 02 72002065 Web: www.irishbeef.it
programma nazionale sono utilizzati per ottenere miglioramenti genetici più rapidi delle razze bovine nazionali. A questo si aggiunge l’Indice di Benessere Animale (AWI), sviluppato da TEAGASC, l’Agenzia di consulenza agricola dello Stato. L’AWI è una valutazione del livello di benessere nella produzione di carni bovine, basata su criteri scientifici, che conferma che l’allevamento nei pascoli irlandesi offre un ambiente naturale di crescita, con condizioni di benessere positive basate anche sulla presenza di piccole aggregazioni in cui si crea l’opportunità di sviluppare un forte legame materno tra vacche e vitelli. A tal proposito, occorre ricordare che circa l’80% degli allevamenti bovini irlandesi ha aderito al REPS, il Programma rurale di protezione ambientale dell’Unione Europea e del Governo irlandese che prescrive interventi obbligatori e volontari per conservare e valorizzare i corsi d’acqua, la fauna selvatica, le specie in pericolo e le caratteristiche tradizionali del paesaggio irlandese. Sulla scia del REPS è stato varato anche l’AEOS, che continua nell’opera di protezione dell’unicità e qualità del paesaggio agricolo nazionale. Origin Green, in armonia con la natura Gli sforzi costanti di BORD BIA – IRISH FOOD BOARD e dei produttori irlandesi sono stati raccolti sotto l’egida di Origin Green, il primo e
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CARRELLO RIBALTATORE BINS
unico programma nazionale per la sostenibilità agroalimentare al mondo. Un progetto introdotto nel 2012 e che, come confermano i dati del recente Report 2016, continua a raccogliere adesioni e successi: nell’ultimo anno 220 aziende del settore agroalimentare irlandese, pari al 90% dell’export, hanno raggiunto oltre 1.600 obiettivi di sostenibilità, con una crescita del 100% rispetto al 2015. Nello specifico dell’allevamento bovino, dal 2011 sono stati condotti oltre 117.000 controlli sulle emissioni di CO2 su oltre 49.000 aziende agricole, che vengono accompagnate nel loro processo di crescita green. Bord Bia offre infatti il supporto specifico di tecnici specializzati e una media di 15 ore di consulenza one-to-one. I risultati sono positivi ed evidenziano un regolare miglioramento delle performance am bientali, in particolare per quanto concerne l’impronta carbonica. Sono stati infine stabiliti oltre 37.000 obiettivi di miglioramento per gli allevatori bovini, che, una volta portati a compimento, condurranno a una riduzione del 7% delle emissioni di gas serra. Basti pensare che se tutte le aziende aderenti al programma migliorassero le loro performance del 5% si otterrebbe una riduzione di quasi 340.000 tonnellate di CO2eq. >> Link: www.irishbeef.it www.origingreen.ie/it www.bordbia.ie
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L’Umbria delle Carni Ovvero la rinascita dell’arte della macellazione e della figura del macellaio. Presentato lo scorso giugno presso la Camera di Perugia, “L’Umbria delle carni” è un progetto a sostegno della filiera e della salvaguardia delle carni umbre di qualità
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a crisi, una concorrenza internazionale spesso ai limiti della correttezza, gli effetti di virulente campagne di disinformazione, hanno portato anche in Italia ad una progressiva contrazione dei consumi e della produzione di carne. Le difficoltà del settore carni in Umbria, ad esempio, hanno portato ad un diradamento delle attività di macelleria, scese in 7 anni da 351 a 308 (–12,2%). Con l’obiettivo di sostenere la grande tradizione della carne umbra di qualità, la Camera di
Commercio di Perugia ha promosso “L’Umbria delle carni”, un progetto che punta alla valorizzazione dell’immagine della carne bovina e suina della regione, patrimonio identitario di questa terra, della sua economia, ma anche della sua cultura. «Le carni italiane e umbre sono vere eccellenze, certificate, garantite, tracciate da un sistema di norme tra i più stringenti del mondo, ma il settore carni e l’intera filiera, colonna portante del nostro agroalimentare, vive difficoltà che
non riesce a superare. Senz’altro a causa della crisi, ma non solo» ha dichiarato in proposito GIORGIO MENCARONI, presidente della Camera di Commercio di Perugia. I numeri sono evidenti: per la carne, da un paio d’anni, abbiamo cominciato a spendere mediamente 97 euro al mese, per la frutta e la verdura 99,5 euro. «“L’Umbria delle Carni” — ha proseguito Mencaroni — è lo strumento che offriamo alle imprese del settore alle prese con difficoltà che persistono da
La presentazione del progetto “L’Umbria delle Carni” avvenuta lo scorso giugno con Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di Commercio di Perugia, il giornalista Filippo Benedetti Valentini, Lucio Tabarrini, presidente Federcarni Umbria, Sabrina Boarelli, dirigente Ufficio Scolastico Regionale, e Anna Rebella, responsabile didattico del POST, Perugia Officina Scienza e Tecnologia (photo © www.agenparl.com).
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anni. La nostra strategia è ad ampio raggio e abbraccia diverse aree di intervento. Siamo convinti che sia indispensabile promuovere e tutelare la funzione nutrizionale della carne italiana di qualità, alimento centrale e insostituibile della dieta mediterranea, anche attraverso la rinascita dell’arte della macellazione e della figura del macellaio, che evolve sempre più in quella di “gastronomo delle carni”. Un “nuovo macellaio” che, oltre a saper selezionare i migliori animali da macello e fare un buon taglio, deve essere anche un attento comunicatore, un informatore in grado di indirizzare il consumatore verso la soluzione più adatta per esigenze, che si sono evolute in maniera radicale sotto la spinta di nuovi modelli di alimentazione». La parte editoriale del progetto è rappresentata dall’omonimo volume curato dal gioRNALISTA Filippo Benedetti Valentini. “L’Umbria delle Carni” guida il lettore in un percorso alla riscoperta delle tradizioni “carnivore” umbre, soffermandosi sui valori nutrizionali e di gusto della carne di bovini e suini e offrendo pratici consigli per la scelta del taglio giusto, sulla sua conservazione e la preparazione. La pubblicazione è inoltre “condita” da un vocabolario e da tante curiosità, proverbi, usanze, il tutto corredato da tante fotografie, riferite principalmente agli animali allevati in Umbria. Dal libro ai laboratori per riscoprire la nostra carne In collaborazione con FEDERCARNI e l’UNIVERSITÀ DEI SAPORI, sono state intraprese diverse iniziative che hanno coinvolto i diversi attori della filiera, operatori di settore, commercianti e gestori di pubblici esercizi di somministrazione, cui sono state proposte “pillole formative” sul prodotto carne con realizzazione di degustazioni guidate e gratuite per i consumatori. In collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale – USR e la Fondazione Perugia Officina Scienza Tecnologia – POST, si è dato vita poi ad iniziative pilota rivolte alle classi terze, quarte e quinte della scuola
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A sostegno del progetto “L’Umbria delle Carni” è stato redatto un volume a cura dal giornalista Filippo Benedetti Valentini. Il libro, che ha lo stesso titolo del progetto, guida il lettore in un percorso intorno alla riscoperta delle tradizioni umbre legate a bovini e suini, soffermandosi sui valori nutrizionali e di gusto della loro carne e offrendo pratici consigli per la scelta del taglio giusto, la conservazione e preparazione (photo © www.umbriatouring.it). primaria del Comune di Perugia e del Comune di Corciano. Altra iniziativa legata a L’Umbria delle Carni è stata Carne ai raggi X: laboratori pratici, svolti sia al POST sia presso gli istituti scolastici, sull’anatomia del muscoli, la composizione della carne, la storia dell’evoluzione dell’uomo, da nomade e cacciatore ad agricoltore e allevatore stanziale. E ancora, sono state infine organizzate due Officine della domenica dal titolo Pasticci di Carne: la prima, sotto forma di sfida, Hamburger vs Polpetta,
la seconda dal titolo L’Umbria e la Salsiccia. Genitori e bambini hanno partecipato insieme a laboratori pratici, con tante domande per i maestri macellai e, infine, hanno messo concretamente le “mani in carne”, realizzando fantasiosi e gustosi pasticci, hamburger, polpette e polpettine, trecce, tortine, “nidi”, rotoli, polpettoni, tramezzini, carne in pasta sfoglia e, naturalmente, salsicce. (Fonte: Camera di Commercio di Perugia www.pg.camcom.gov.it)
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Angelotti, Assomacellai: si conferma la preferenza per la carne di qualità «Nonostante le campagne di demonizzazione sul consumo della carne italiana, i dati Istat relativi all’anno 2016 ci rincuorano. A fronte infatti di importazioni complessive in calo del 4,5% — il che sta a significare anche che sulle nostre tavole c’è sempre più carne italiana —, le vendite all’estero sono cresciute del 13,8 (+0,9% le carni bovine, +27,4% le suine e +15,4% il pollame)». A segnalarlo è Giampaolo Angelotti, presidente di Fiesa Assomacellai, l’associazione di categoria che riunisce e rappresenta gli specialisti della carne Confesercenti, che sottolinea come si tratti di «una boccata d’ossigeno per un settore che quotidianamente è soggetto non solo agli andamenti del mercato, ma anche a campagne immotivate contro il consumo di carne. Una filiera che riunisce tanti imprenditori che ogni giorno si impegnano per mettere in commercio prodotti sicuri e di qualità, vigilata da uno dei sistemi sanitari più capillari e professionali del mondo. I dati Istat dimostrano — prosegue Angelotti — come i consumatori siano attenti e consapevoli e sappiano riconoscere il lavoro di chi fa ogni giorno il proprio dovere onestamente». Le cifre dell’Istituto di statistica evidenziano che nel 2016 sono state prodotte 3,8 milioni di tonnellate di carne, corrispondenti ad un +3,9% rispetto all’anno precedente (2,4 milioni di carni rosse, +3,2%). Per le carni bovine la produzione è stata di circa 810.000 tonnellate (+2,7%); per i suini la cifra ammonta a 1,5 milioni di tonnellate di carne (3,5%); per gli equini le tonnellate sono state 11.800 (+17,8%). Per quanto concerne, infine, le carni bianche, ne sono state prodotte 1,3 milioni di tonnellate (+5,5%). «Una buona notizia — conclude il presidente di Fiesa Assomacellai — per un comparto che risente di troppi attacchi ideologici, mode confuse a motivazioni stravaganti e opposte, ma mai di carattere seriamente salutistiche. In questo senso va ricordato che la comunità scientifica europea raccomanda il consumo moderato e variato di carni più volte a settimana. Gli Italiani, a differenza di una minoranza rumorosa e chiassosa, in preda al fanatismo delle mode dietetiche, dimostrano di saper apprezzare le qualità delle carni per la normale copertura dei fabbisogni vitaminici essendo la fonte proteica più congeniale per l’uomo, ricca di ferro, zinco e vitamina B12. Il mio auspicio è che i consumatori italiani continuino nell’apprezzamento del nostro alimento principe, in quanto i preconcetti o i timori di presunte controindicazioni non hanno fondamenti scientifici. Questo rassicura anche le centinaia di migliaia di operatori economici che quotidianamente fanno il loro lavoro, lungo la filiera, dall’allevamento alla distribuzione e somministrazione, a favore della collettività, con dedizione e professionalità per un settore che rappresenta una delle eccellenze del made in Italy, torni ad avere il riconoscimento che merita». (Fonte: Assomacellai, www.assomacellai.it)
La carne italiana continua ad avere un buon appeal. I dati diffusi dall’Istat, riferiti al 2016, infatti, mostrano un sostanziale apprezzamento per il lavoro della filiera di qualità italiana. E va bene l’export.
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ABF s.r.l. Commercio Carni Via del Moscia, 1cde - 50060 Londa (Firenze) Italy Tel. ( +39) 055 835 1550 / (+39) 055 835 1557 — Fax (+39) 055 835 1600 / (+39) 055 835 2700 E-mail: info@abf-londa.it — Web: www.abfcarni.com
INDAGINI
Ismea: consumi alimentari in graduale uscita dalla crisi Dopo una serie di segni meno nel 2016, la spesa delle famiglie per gli acquisti agroalimentari registra un'inversione di tendenza nel primo trimestre 2017: a fare da traino i prodotti confezionati (+1,6%)
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e dinamiche dei comportamenti di acquisto delle famiglie italiane presso i punti vendita non sembrano più segnate ormai solo dalla categoria di appartenenza del prodotto, ma anche dalla sua modalità di presentazione, con una tendenza che va consolidandosi a favore del confezionato. È questo uno dei primi dati che emergono dal Report sui consumi alimentari elaborato da ISMEA, l’Istituto
di servizi per il mercato agricolo alimentare, relativo al primo trimestre 2017. In particolare, a fronte di una spesa che segna un +0,2% su base annua, sono i prodotti confezionati (provvisti di codice EAN) che registrano, nel primo quarto del 2017, una dinamica positiva con un recupero sui valori del 2016 dell’1,6%. Questa categoria incide ormai per oltre i due terzi (68%) sul carrello della spesa.
Nell’ambito dei confezionati, a crescere sono stati soprattutto la frutta fresca (+8,7%), gli ortaggi (+6,6%) e i prodotti ittici (+2,9%). Anche i salumi, in difficoltà se considerati nel complesso, se presentati in vaschetta hanno fatto segnare un +6%. Al contempo, i prodotti freschi a “peso variabile” (senza codice EAN) hanno evidenziato una flessione della spesa, nell’ordine del –2,4% su base annua, alla quale hanno
La spesa destinata ai prodotti del settore delle carni ha registrato, nei primi tre mesi del 2017, una contrazione tendenziale complessiva del 3,9%, riguardando in particolar modo le carni fresche di suino (–4,6%) e, in misura meno impattante (–1,3%), quella delle carni fresche bovine (photo © auremar – stock.adobe.com).
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contribuito i forti cali dei prodotti serviti al banco della carne (–5,4%), dei formaggi (–8,8%) e dei salumi (–6,3%). In definitiva, a segnare le dinamiche dei comportamenti d’acquisto presso i punti vendita non è più esclusivamente la categoria d’appartenenza, ma anche le modalità di presentazione del prodotto, con ormai una tendenza che va consolidandosi a favore del confezionato. In particolare, nel primo trimestre 2017, le famiglie italiane hanno dedicato ai prodotti ittici l’8,2% della loro spesa agroalimentare complessiva. L’aumento per questo comparto si ripete per il terzo anno consecutivo. Tuttavia, va evidenziato che non sempre all’aumento della spesa è corrisposto un aumento dei volumi: i dati del 2016 evidenziano, infatti, che l’incremento della spesa sia da ascriversi esclusivamente all’aumento dei prezzi unitari; i volumi risultano in contrazione per quasi tutti i sotto-comparti (freschi, conserve, salati, affumicati e decongelati); fanno eccezione solo i prodotti ittici surgelati confezionati. In particolare è confermato, anche nel primo trimestre 2017, il maggior esborso per l’acquisto di pesce fresco (il più importante in termini economici: pesa da solo la metà dell’intero comparto e il 4,3% del totale spesa agroalimentare) per il quale la spesa cresce del 7,4%; aumenta anche la spesa per le conserve di pesce (+1,9%) e per il pesce congelato (+0,7%); in flessione invece la spesa per i prodotti ittici affumicati ed essiccati (–13%). Le maggiori contrazioni si registrano per i prodotti di derivazione animale quali carni e lattiero-caseari, con una spesa in forte contrazione già nel 2015 e nel 2016, flessione che non sembra arrestarsi nel primo quarto del 2017. Più da vicino, la spesa destinata ai prodotti del settore delle carni ha registrato, nei primi tre mesi del 2017, una contrazione tendenziale complessiva del 3,9%, riguardando in particolar modo le carni fresche di suino (–4,6%) e, in misura meno
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Per quanto concerne le carni avicole (spesa in crescita dello 0,3%), va evidenziato come la ripresa della spesa sia stata sostenuta soprattutto dal segmento confezionato che, a differenza delle altre carni, rappresenta oltre i due terzi dell’offerta (photo © Daylight – myshop.carrefour.it). impattante, quella delle carni fresche bovine (–1,3%), mentre, dopo la performance negativa del 2016 (–4,6), torna a crescere la spesa per le carni bianche (+0,4%). Tale dinamica flessiva per le carni nel complesso appesantisce ulteriormente il dato già negativo del 2016 (–4% rispetto al 2015) e porta ad un’erosione progressiva della quota di spesa destinata a questo comparto, che passa dall’11,2% del 2014 al 10,3% del parziale 2017. In riferimento alle carni suine, il calo della spesa registrato nel primo trimestre 2017 su base annua risulta ancora importante, dopo il –5,4% del 2016 sul 2015; le vendite in questo primo frangente d’anno hanno infatti perso il 4,6% (corrispondente ad oltre il 5% in termini di volume). Anche per le carni bovine il confronto su base annua del primo trimestre rimane negativo (–1,3 punti percentuali), ma in netto miglioramento rispetto a quanto rilevato nel 2016, quando il segmento perdeva quasi 3 punti percentuali. Per quanto concerne le carni avicole (spesa in crescita dello 0,3%), va evidenziato come la ripresa della spesa sia stata sostenuta soprattutto
dal segmento confezionato che, a differenza delle altre carni, rappresenta oltre i due terzi dell’offerta e per il quale il trend della spesa, nel primo trimestre, è stato del +5,7%, in parte ammortizzato dalla lieve flessione registrata per il prodotto sfuso per il quale si rileva un –1,7%. Per quanto riguarda i salumi, sempre considerando l’insieme dello sfuso e del confezionato, nel primo trimestre 2017 si registra una lieve flessione della spesa (–0,7%), che aggrava il calo del 3,6% del 2016. Le flessioni riguardano, seppure in diversa misura, tutti i prodotti, compresi i prosciutti crudi (–3,9%) e cotti (–1%), nonché i salami (–3,1%); però, anche in questo caso va evidenziato come la performance dei preaffettati e dei confezionati sia decisamente positiva (rispettivamente +8,1% per il crudo, +5,4% per il cotto, +6,5% per il salame), mentre la spesa per i salumi venduti sfusi al banco scende del 5,6% per il prosciutto cotto, dell’8,8% per il prosciutto crudo, del 9,9% per il salame. (Direzione Servizi per lo Sviluppo Rurale – Unità Operativa Studi e Analisi ISMEA)
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TREND
L’innegabile successo degli hamburger anche nel nostro paese deriva dalla loro italianizzazione
Evoluzione dell’hamburger all’italiana di Giovanni Ballarini
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nche in cucina da sempre vale il detto “Il nemico non si combatte, si ingloba”. È avvenuto nel passato per melanzane, patate, pomodori, e, in tempi più recenti, per l’hamburger. Visto con sospetto, se non quasi con orrore, dalla borghesia del secondo Dopoguerra, ma desiderato, se non adorato, dai giovani apostrofati quasi con disprezzo come paninari, oggi l’hamburger e i locali dove è servito sono sempre più accettati, anche perché questo cibo, in origine
nord-europeo e poi americano, si è modificato e “italianizzato”. Diversi i motivi che stanno determinando il successo dell’hamburger. Innanzitutto la qualità delle carni: molti sono preparati con quelle di razze bovine italiane pregiate e non di rado sono presentati associati ad altri alimenti DOP o IGP. Il nome, tipicamente americano, è rimasto, ma in realtà gli hamburger si sono inseriti nelle nostre tradizioni. L’impasto costituisce un’ottima base da declinare in tante varianti,
basta solo un poco di fantasia: ad esempio, passarli nel pangrattato prima di cuocerli sulla piastra o adagiarvi sopra, in cottura, una fettina di formaggio filante può fare la differenza. Ora si preparano anche hamburger di carni avicole, pesce e perfino vegetariani e vegani, nei quali le carni sono sostituite da leguminose (anche se in questo caso si dovrebbe cambiare il nome per evitare ingiustificati fraintendimenti). Il successo degli hamburger è testimoniato anche dall’interesse
Emilio, hamburger con carne macinata mista di razza Chianina e Mora romagnola, cialda di Parmigiano Reggiano, bacon croccante e Aceto Balsamico di WellDone Gourmet Burger. Quello di WellDone è un progetto di hamburgeria gourmet nato a Bologna nel 2013, che oggi conta ben 15 locali (welldoneburger.com).
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Regole e idee per un hamburger perfetto e per nuovi hamburger Molte sono le regole per confezionare gli hamburger classici o innovativi e tra queste quelle della Cucina Italiana (2015), qui riportate con modifiche. Carne trita. Partire da carne trita scelta, facendo macinare al macellaio la carne con una sola passata, e, se si è a casa, con un giro di mixer. Per risparmiare scegliere un taglio anteriore, ben snervato, se leggermente grasso è meglio. Se la carne è molto magra, come il filetto, aggiungere una noce di pane ammollato nel latte o un poco di patata morbida. Condire la carne. Con il coltello tritare del prezzemolo, un poco di cipolla o scalogno, e aggiungerli alla carne con un po’ di pepe nero e sale. Per gli hamburger di pesce sono ottimi l’aneto o il finocchietto, per quelli di carne di agnello la menta, per quelli di pollo e tacchino il timo o la maggiorana. In tutti i casi salare a fine cottura con fiocchi di sale sulla superficie. Differenti cotture per diversi burger. Il manzo va mantenuto rosato all’interno, mentre il maiale, il pollo o il tacchino vanno cotti su una griglia fino al cuore per sicurezza alimentare, considerando però che il manzo deve essere rosato ma mai crudo, mentre gli hamburger troppo cotti sono duri. Gli hamburger piuttosto alti vanno cotti alcuni minuti per lato ad alta temperatura, poi portati fuori dal fuoco e avvolti in un foglio di alluminio per altri cinque minuti, lasciando che i succhi si distribuiscano uniformemente nella carne che così sarà cotta uniformemente. Per gli hamburger di pesce e vegetali meglio una piastra liscia o una padella antiaderente usata sul fornello. Hamburger vegetariani e vegani. L’albume è il sistema migliore per legare in cottura un impasto che rischia di sfaldarsi; si usa circa un albume per quattro burger, avendo l’avvertenza di compattare bene il tutto. Molti e diversi formaggi. Non solo fette di Cheddar, come da tradizione americana, ma anche Gouda, Emmenthal, Fontina, Parmigiano Reggiano o Grana Padano, oppure un formaggio erborinato o di capra leggermente piccante. Le fette vanno appoggiate sopra la carne in cottura per farle sciogliere leggermente. Importanza del pane. Pane arabo, pane classico da hamburger, al latte e leggermente dolce, ma anche integrale o una ciabattina. In ogni caso il pane deve essere ottimo, molto morbido e con una struttura tale da tenere carne e salse al suo interno. Va scaldata leggermente la parte esterna e tostata appena quella interna.
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Insalata e pomodoro. Servono per dare freschezza, giocando con le diverse temperature, al panino. L’insalata non va condita, le foglie devono avere una consistenza croccante e le fette di pomodoro non vanno tagliate troppo spesse. Problema cipolla. La cipolla va usata a discrezione. Quella dorata è meno aggressiva rispetto alla cipolla bianca, la rossa è ancora più dolce. Se si vuole mettere nella carne in piccola quantità, va tritata molto finemente. Se aggiunta nel panino, ottima ad anelli fritti, croccanti, o appassita in padella. Non solo bacon. Nell’hamburger si possono aggiungere altri elementi, ma per ottenere un buon equilibrio di sapori è meglio usarne pochi. Il bacon alla piastra dà croccantezza e sapidità e si sposa benissimo con i burger di carni bianche, come tacchino o pollo. Se la carne di manzo è condita prima della cottura, il bacon rischia di coprirne il sapore. Dietetici. Non esiste solo la carne di manzo e i burger si possono realizzare con altri ingredienti, come carne di pollo e tacchino o legumi. Al posto di salse grasse si può usare yogurt con pepe e sale, un velo di senape o di concentrato di pomodoro, o anche fette di avocado, adatte per una carne molto magra. Non le solite salse. Ketchup e maionese sono ingredienti classici, ma forse banali. Si possono sostituire con una salsa agrodolce, il primo, o arricchiti, in particolare la seconda, con pepe, peperoncino, senape o altri aromi.
mostrato da celebri cuochi che hanno reinterpretato il prodotto a modo loro e secondo i dettami della cucina postmoderna, non di rado sfruttando le mode o gli avvenimenti del momento, come il Trump Burger servito in America in occasione della nomina del nuovo presidente. Certamente hanno contribuito al successo di questo cibo, la cui caratteristica essenziale è quella di essere un pasto veloce con un
buon rapporto qualità/prezzo, anche i profondi cambiamenti dei locali nei quali viene di solito proposto: si tratta in genere di esercizi dove si trovano anche cibi per vegetariani e non mancano insalate di ogni varietà, dolci, e la mattina si può gustare la classica colazione all’italiana. La popolarità dell’hamburger è ora testimoniata anche dal film The Founder, dedicato al commesso
viaggiatore RAY KROC che, nel 1954, incontrò i fratelli MAC e DICK MCDONALD, gestori di un chiosco di hamburger a San Bernardino in California, e intuì la potenzialità di un cibo veloce da preparare, che attirava una gran folla, ponendo le basi del noto impero McDonald’s, che oggi conta ormai ben trentaseimila ristoranti in tutto il mondo. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma
La quota di mercato per il marchio del distributore raggiunge i valori massimi in 9 paesi europei La popolarità del marchio del distributore continua a crescere in Europa. I più recenti dati Nielsen mostrano che la quota di mercato per i marchi del distributore ha raggiunto i valori massimi in 9 paesi europei e, per la prima volta, è al 30% o oltre in 15 dei 20 paesi analizzati per l’Annuario internazionale del marchio del distributore della PLMA. Le statistiche dell’Annuario 2017 rivelano che la quota di mercato del marchio del distributore ha raggiunto i valori massimi in Germania, Italia, Paesi Bassi, Belgio, Polonia, Austria, Svezia, Norvegia e Danimarca. I maggiori aumenti della quota di mercato sono stati registrati in Austria, con un aumento di 2,8 punti al 43%, seguita dalla Germania, con aumento di 2,1 punti al 45% e dalla Polonia, con 1,4 punti al 30%. In sette paesi ora le quote di mercato hanno raggiunto il 40% o più: Regno Unito, Germania, Austria, Belgio, Svizzera, Spagna e Portogallo. «Le più recenti statistiche Nielsen rivelano che il 2016 è stato un altro ottimo anno per i marchi del distributore in Europa» spiega Brian Sharoff, presidente della PLMA. «Continua così la tendenza di lungo termine che mostra che il successo del marchio del distributore non è legato ai cicli dell’economia ma riflette la crescente fiducia che gli acquirenti pongono nei marchi del distributore». La quota di mercato nel Regno Unito è rimasta oltre il 45% e sembra pronta a riprendere la crescita con l’espansione dei programmi a marchio del distributore dei supermercati per combattere la sfida concorrenziale dei discount. In Francia, la penetrazione del marchio del distributore è rimasta oltre il 30% per il tredicesimo anno consecutivo. Nei paesi del nord, Belgio e Paesi Bassi hanno raggiunto nuovi record della quota di mercato. In tutti i paesi scandinavi, Danimarca, Norvegia e Svezia, sono stati registrati aumenti. Per la prima volta, la penetrazione del marchio del distributore per tutti i paesi scandinavi è rimasta al 30% o al di sopra. Il capofila tra i paesi dell’Europa centro orientale è stata la Polonia, cresciuta di oltre un punto superando la quota mercato simbolica del 30%. L’Ungheria è rimasta stabile al 34%, mentre Repubblica Ceca e Slovacchia sono rimaste oltre il 30%. Tra i paesi mediterranei, la quota di mercato in Italia è cresciuta per il quinto anno consecutivo, registrando il maggiore incremento dal 2012. Si prevede un aumento della penetrazione del marchio del distributore con l’ingresso di Aldi nel mercato e con la prevista espansione di Lidl. Grecia e Turchia sono rimaste oltre il 20%. (Fonte: PLMA International Council)
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MERCATI
Il mercato delle carni in Polonia è in piena espansione Grazie alle esportazioni le carni avicole aumentano di oltre il 60% in cinque anni; si progettano impianti di trasformazione per l’export anche per le carni bovine di Roberto Villa
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a Polonia sta vivendo un periodo florido sul fronte della produzione di carne, in particolare quella avicola: nel quinquennio 2012-2016 il volume totale del pollame macellato nel paese è passato da 1.600 a 2.600 tonnellate, il che equivale ad un incremento del 62,5%. In un quadro di consumi interni stabili attorno ai 20 kg pro capite annui, il traino è venuto dalle esportazioni, le quali hanno supera-
to nell’ultimo anno il 40% del totale; i principali paesi di destinazione sono il Regno Unito, la Germania, la Francia, la Repubblica Ceca e la Slovacchia. Le risorse, generose e mirate — cioè capaci di intercettare la domanda di un mercato di dimensione europea — sono provenute dai fondi dell’Unione Europea e da investimenti privati, con una collaborazione pubblico-privato che ha dimostrato fattività ed efficienza.
Il gruppo QFG investe su allevamento e trasformazione, supportato da capitali USA Il gruppo QFG è sorto nel 2000 ed è specializzato nella trasformazione di carni avicole, suine e bovine; dal 2016 ha incominciato la costruzione di un nuovo stabilimento nella città di Pionki, che una volta completato diverrà il terzo per volumi dell’intera Polonia. Grazie a questo investimento, QFG produrrà circa
È il settore avicolo a trainare il mercato polacco delle carni. Grande successo sul mercato riscuotono in particolare i prodotti pronti a base di carne di pollo, dagli spiedini ai nuggets, passando per cordon bleu e burger.
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Passione per la carne per tradizione.
Nel quinquennio 2012-2016 il volume del pollame macellato nel paese è passato da 1.600 a 2.600 t (photo © Fotokon). 5.000 tonnellate per mese ripartite tra prodotti cotti e pronti da cuocere; il totale dei posti di lavoro passerà a 1.200, con un aumento di 200 unità. All’inizio del 2016 il fondo di private equity statunitense Highlander Partners ha acquisito il 60% delle quote societarie di QFG per supportare l’ulteriore sviluppo dell’azienda, anche qui in un’ottica pienamente europea: solo il 20% del fatturato è realizzato nel mercato domestico. Per contro ben l’80% deriva dalle esportazioni negli altri paesi dell’Unione Europea; se il fatturato del 2015 era di 27 milioni di euro, nel 2016 ha ampiamente superato le previsioni con 48 milioni. Nel 2018 aprirà nella città di Radom un nuovo macello per il pollame, sul quale sono stati investiti circa 40 milioni di euro, che darà occupazione a 600 addetti; si stima che la produzione a regime sarà pari a 270.000 capi al giorno. Entro il 2022 la società intende inoltre aprire un allevamento di pollame e due ulteriori siti di trasformazione delle carni e magazzini refrigerati di stoccaggio dei prodotti finiti. La
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società beneficia delle agevolazioni governative per le imprese che investono in determinate aree della Polonia e che rimarranno in vigore fino a tutto il 2026, salvo ulteriori proroghe. L’irlandese ABP acquisisce il terzo sito di trasformazione di carni bovine Dopo il parere favorevole dell’Autorità polacca per la concorrenza, l’irlandese ABP Food Group ha acquisito il terzo sito di trasformazione di carni bovine in Polonia, ubicato a Tykocin nell’oriente del paese, capace di 250.000 capi all’anno. Prosegue l’interesse del gruppo a conduzione familiare verso gli investimenti in terra polacca, cominciato nel 2011 con l’acquisto di uno stabilimento a Pniewy e seguito nel 2013 dal secondo sito di Kłosowice. Con un consumo interno di carni bovine di circa 1,6 kg pro capite all’anno, a fronte di una media europea di 15 kg, il mercato è prevalentemente destinato all’esportazione verso Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Slovenia, Lituania.
Gobarto leader di mercato Gobarto S.A. (GOB:WSE), già PKM Duda, è una società quotata in borsa con sede a Varsavia che opera nei settori di allevamento, macellazione e trasformazione di carni suine, bovine e selvaggina. Controlla direttamente oltre trenta aziende sul territorio nazionale e anche in Germania e Ucraina, ha recentemente acquisito allevamenti di suini gestiti in precedenza da una società statale, così come un’azienda di trasformazione di carni avicole (Meat-Pac) e un’azienda di commercio all’ingrosso (Bekpol). Il fatturato del 2016 ha superato i 300 milioni di euro, le prospettive guardano fiduciose ai mercati esteri, anche extraeuropei, dove si realizza più dell’80% del fatturato, con Stati Uniti e Malesia tra i più appetiti mercati da conquistare, mentre in Canada la società ha già una presenza consolidata. Gobarto ha inoltre in programma di concludere, entro dicembre, l’acquisizione della polacca Jama, attiva nel settore della distribuzione, per rafforzare la presenza sul mercato locale. Roberto Villa
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SICUREZZA ALIMENTARE
Selvaggina e sorveglianza del territorio Monitoraggio sulla presenza di agenti patogeni nuovi o riemergenti e sulla contaminazione ambientale da inquinanti sono possibili grazie alla collaborazione fra cacciatori e IZS di Giulia Mauri
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a selvaggina viene abbattuta secondo i Piani previsti annualmente dalla Provincia a fini venatori e di controllo della popolazione dei selvatici. In entrambi i casi, gli animali abbattuti possono giungere ai centri di raccolta e commercializzazione ed essere sottoposti a controlli che permettono di ottenere informazioni preziose sul territorio, sulla presenza di
malattie o agenti patogeni e di contaminanti ambientali. Fra i relatori dell’incontro tenutosi a Bologna dal titolo “Risorsa selvaggina tra ecopatologia, bio rischi e sicurezza alimentare” c’era anche CARLO CITTERIO dell’IZS delle Venezie/SIEF, che ha parlato proprio dell’utilità del monitoraggio dei selvatici abbattuti. Gli abbattimenti, infatti, permettono di eseguire la sorveglianza sanitaria sul
territorio, consentono di condurre un monitoraggio che permette di valutare le eventuali variazioni della situazione sanitaria. «È importantissimo conoscere nella maniera più approfondita possibile la situazione epidemiologica del territorio, come anche le caratteristiche della popolazione dei selvatici che lo popolano». La sorveglianza può essere di tipo passivo o attivo. Quella passiva
Caprioli (photo © www.all4shooters.com).
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prevede l’analisi degli animali abbattuti e molto spesso è sufficiente per individuare malattie reintrodotte nel territorio o di nuova introduzione. La collaborazione con i cacciatori e la loro formazione sono elementi indispensabili per una
buona riuscita della sorveglianza passiva. La sorveglianza attiva, invece, esegue una ricerca mirata di un patogeno sulla base di un piano di ricerca di una specifica patologia e delle conseguenti analisi statistiche.
Secondo Citterio, nella filiera della carne da cacciagione la sorveglianza comincia da prima che avvenga lo sparo. Il cacciatore adeguatamente formato riconosce un animale sospetto malato e lo gestisce con grande attenzione.
L’importanza della balistica Durante l’incontro bolognese ROBERTO VIGANÒ, dello Studio associato AlpVet/SIEF, ha parlato degli effetti della balistica e delle armi utilizzate sul benessere degli animali e sulla salubrità delle carni. Ad esempio, la canna liscia dei fucili utilizzati per la caccia al cinghiale comporta una minor precisione nella mira di un fucile a canna rigata. Viganò ha anche spiegato che recentemente sono cambiati i proiettili commercializzati e, oltre a quelli tradizionali in piombo, sono disponibili ora quelli in lega di rame chiamati lead-free. In Norvegia le pallottole in piombo sono state messe al bando. I cacciatori però devono essere ben istruiti sulla differenza di effetto del proiettile di lega di rame rispetto al classico in piombo. Infatti, conoscere il comportamento del proiettile è indispensabile per garantire il benessere all’animale abbattuto e la sicurezza alimentare per i consumatori delle sue carni. Quando la pallottola raggiunge l’animale a bassa velocità provoca relativamente pochi danni ai tessuti, lacerazioni e spesso l’animale muore dopo agonia. Con questo tipo di colpo è indispensabile avere i cani da traccia per raggiungere velocemente l’animale e finirlo. Quando la pallottola invece mantiene alta velocità, alle lacerazioni e ai traumi si aggiungono le onde di shock e di cavitazione, che comportano una morte più rapida. Inoltre, le palle monolitiche — che non si frammentano — provocano più frequentemente solo ferite negli animali e questo ne aumenta la sofferenza. Le palle tradizionali, invece, si rompono e deformano: ecco perché sono più lesive. Infine, i cacciatori che non si allenano mai al poligono hanno una mira meno efficace e più spesso non riescono a colpire mortalmente l’animale; e troppo spesso sovrastimano le loro capacità. I cacciatori che hanno cambiato le pallottole devono essere informati della differenza di risultato che possono ottenere sparando e devono essere istruiti su come comportarsi di conseguenza, su quali siano le buone pratiche per una caccia etica con questi nuovi strumenti. Viganò ha poi spiegato che la gestione dei fori di ingresso e di uscita della pallottola deve essere diversa. Nel foro di entrata — più lineare e di dimensioni inferiori rispetto a quello di uscita — si creano ecchimosi ed emorragie, la contaminazione batterica è sempre presente e superiore ai limiti di legge, quindi questa zona va ripulita attentamente. Quando la pallottola è di piombo, è necessario toelettare bene tutto il tratto percorso nell’animale, eliminando il tessuto necrotico ed emorragico. In Europa, le pallottole di piombo vengono via via sostituite con quelle in lega di rame per ridurre la contaminazione ambientale. È stato calcolato che l’assunzione di piombo per via alimentare di un cacciatore che pratica l’autoconsumo equivale a quella di un vegetariano; il problema del piombo nelle pallottole risiede, infatti, nella contaminazione ambientale dell’intera catena alimentare: è un problema di salute pubblica. Anche la preparazione delCalibri di proiettile utilizzati per cacciare il capriolo. Per Roberto Viganò, un problema la selvaggina ha effetto sulla salubrità di salute pubblica sottovalutato e legato all’attività venatoria è dato dalla pratica delle carni: la marinatura acidifica di abbandonare i visceri di animali cacciati in loco: nel Verbano-Cusio-Ossola l’ambiente favorendo l’assunzione si stima che, nei circa due mesi e mezzo di caccia consentita all’anno, vengano del piombo a livello intestinale al momento del consumo della pietanza. abbandonati circa 12 kg di visceri per km2 (photo © www.all4shooters.com).
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Campagna per il rinnovo della composizione dei gruppi scientifici EFSA nel 2018 Siete esperti di microbiologia, epidemiologia, salute e produzioni animali? Avete esperienza di valutazione del rischio e costruzione di modelli? Volete mettere le vostre competenze professionali al servizio di milioni di consumatori europei? Allora dovreste prendere in considerazione l’eventualità di candidarvi per diventare esperto in seno al gruppo scientifico EFSA sulla salute e il benessere degli animali. Di cosa si occupa il gruppo? Innanzitutto, di fornire consulenza scientifica su tutti gli aspetti legati alle malattie e al benessere degli animali. Le sue attività riguardano prevalentemente gli animali da produzione alimentare, compresi i pesci. Chi fosse interessato può iscriversi direttamente sul sito di EFSA (www.efsa.europa.eu/it) e preparare la propria candidatura presentandola entro l’8 settembre 2017.
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Per valorizzare l’effetto filiera è necessario armonizzare e facilitare i contatti e i passaggi di informazioni fra i componenti della filiera stessa: cacciatori, centri di controllo, enti pubblici e Istituti Zooprofilattici e altri operatori. I selvatici sono utili sentinelle anche per monitorare il territorio da contaminazioni chimiche, oltre che biologiche. Per questo tipo di indagini bisogna ricorrere ad animali stanziali, che siano in grado di riportare i dati di un territorio piuttosto limitato. Ad esempio, Carlo Citterio ha brevemente trattato il problema del Cesio 137: un elemento non presente in natura, ma triste eredità del disastro di Chernobyl. All’epoca, il Cesio 137 ricadde a terra e si depositò sugli strati più superficiali del terreno. I funghi sono accumulatori di Cesio 137 e i caprioli, che ne sono ghiotti, si contaminano, tanto più che i funghi per cui hanno una predilezione sono quelli che maggiormente accumulano il cesio. La contaminazione dei caprioli però ha andamento ciclico stagionale con picchi in autunno — rilevano gli scienziati austriaci — mentre i cinghiali, grufolando tutto l’anno nei primi strati del terreno, si contaminano e presentano tracce di Cesio 137 più costanti per tutto l’anno. In Norvegia le renne sono gli animali in cui viene ricercato il Cesio 137: quelle che vivono negli alpeggi più in altitudine ne sono maggiormente contaminate e gli scandinavi si sono organizzati costruendo paddock di finissaggio per le renne in cui è possibile — grazie all’alimentazione controllata — ridurre il tasso di contaminazione negli animali prima del loro abbattimento. In Germania i cinghiali di alcune zone e in alcune stagioni sono tanto contaminati che quelli con valori superiori ai 600 Bq/kg vengono distrutti dall’Autorità competente, che si preoccupa di risarcire il cacciatore. In Nord Italia esiste ancora la possibilità che qualche cinghiale sfori i livelli di contaminazione da Cesio 137, ma si tratta di casi sporadici. Giulia Mauri
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ALLEVAMENTI
Paolo Piovesan, allevatore di selvaggina di Gian Omar Bison
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llevamento di selvaggina suona come un ossimoro, una contraddizione in termini. Difficile essere pollo da batteria e selvatico insieme. Ma per PAOLO PIOVESAN, ingrassatore di fagiani, starne, pernici e quaglie in quel di Albaredo (TV), le due categorie possono coesistere. Anzi, sono consequenziali, disponendo di voliere imponenti lunghe centinaia di metri — e alte sei —, usciti dalle quali, dopo centocinquanta giorni circa, i volatili sono per lo più liberati nei diversi ambiti territoriali di caccia individuati ai sensi della legge 157 del 1992. Pennuti da ripopolamento faunistico destinati a cacciagione per i quali i clienti principali sono i comprensori
alpini, gli ATC (Ambienti Territoriali di Caccia) di pianura e di collina e le aziende faunistiche ed agrituristiche venatorie. La mission aziendale? «Espandere il mercato — sottolinea Piovesan — facendo conoscere il più possibile la cura e la qualità usati nell’allevamento dell’animale. E far comprendere che la bontà della carne ne è diretta conseguenza ed è il risultato di un lungo processo che un allevamento intensivo, con queste specie, non potrebbe replicare». L’allevamento funziona da quasi vent’anni. «Ho iniziato a diciotto anni un hobby che poi, pian piano, si è trasformato in occupazione. Allevare mille fagiani all’anno com’ero arrivato a fare a tempo
perso non poteva più essere solo un passatempo». E pensare che tutto è iniziato da bambino grazie al prozio imprigionato in Sicilia durante la seconda guerra mondiale e poi deportato alle Hawaii. «Alla mia richiesta di tenere dei merli in gabbia mi rispondeva sempre che in gabbia c’era già stato lui, dissuadendomi dalla forte curiosità che nutrivo. Nonostante la riluttanza una volta mi regalò un cucciolo di quaglia che mi morì dopo 3 giorni. Non volli più saperne di uccelli in gabbia tanto ne soffrii. Tuttavia, vivendo in campagna, negli appezzamenti coltivati a seminativo vedevo sempre dei fagiani liberi. Uccelli bellissimi e l’idea di allevarli, nel tempo, ha avuto la meglio».
Il fagiano Mongolia è in genere utilizzato a scopo venatorio e può essere considerato idoneo per aziende agro turistico venatorie (photo © allevamentoselvaggina.it).
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Ho iniziato a diciotto anni, racconta Paolo Piovesan, un hobby che poi, pian piano, si è trasformato in occupazione. Allevare mille fagiani l’anno com’ero arrivato a fare a tempo perso non poteva più essere un passatempo Il fagiano Americano, riconoscibile dal dorso celestino e dal piumaggio meno rosso del Mongolia (photo © allevamentoselvaggina.it). Ed è così che Paolo ha iniziato con una coppia di fagiani e poi 50 e poi 100 e avanti fino al 1997 quando, dopo una breve esperienza lavorativa vicino ad un allevamento simile al suo attuale, ha avviato l’azienda e costruito le voliere. «Per i fagiani seguiamo il ciclo completo dall’uovo ai pulcini fino all’animale pronto, dopo 150 giorni circa. Per gli altri volatili o compro svezzato e ingrasso o compro adulto. A differenza degli allevamenti di polli o tacchini qui non ci sono certezze. Un anno — evidenza Piovesan — il mercato tira e chiede più di quanto si è in grado di fornire e l’anno dopo è tutto bloccato. E poi la stagionalità e molto più specifica e determinata». Il 90% dei volatili allevati, tra i 15 e i 18.000 l’anno, sono fagiani che mangiano frumento (non grano che li appesantirebbe) e mangime per integrare e completare l’alimentazione. «E siccome non esistono macelli attrezzati per l’abbattimento della selvaggina, se non i pochi in dotazione degli agriturismi autorizzati, è difficile pensare ad un allevamento mirato al consumo nella ristorazione. Anche perché la carne di fagiano è tendenzialmente stopposa, difficile da cucinare e valorizzare se non in umido. Il discorso macellazione e produzione di carne da consumo è talmente residuale che non sono interessato a valutarlo come mercato. Un pollo si mangia in 5/6 persone. Un
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fagiano 3/4 al massimo. Un pollo è pronto per essere macellato in tre mesi, per un fagiano ce ne vogliono almeno cinque. Senza contare la delicatezza in fase di allevamento. La starna, ad esempio, è difficile da ingrassare perché più cagionevole di salute, con problematiche in particolare alle vie respiratorie. Al massimo, per l’immediato futuro, avrei bisogno di un operaio per aumentare i numeri attuali». Tra i volatili allevati troviamo il fagiano Mongolia, i cui maschi presentano un evidente collare bianco, copritrici alari biancastre, groppone rossiccio con riflessi verdastri e colorazione complessivamente appariscente. La colorazione delle femmine risulta più chiara. Un animale snello, abituato a vivere in zone aperte e a reagire al pericolo con il volo. In genere è utilizzato a scopo venatorio e può essere considerato idoneo per aziende agroturisticovenatorie. Il fagiano Americano è riconoscibile dal dorso celestino e dal piumaggio meno rosso del Mongolia. Pedinatore e scattante, è essenzialmente un fagiano confezionato per le esigenze del cacciatore. Le starne sono piccoli uccelli appartenenti all’ordine dei galliformi. Frequentano habitat piuttosto diversificati, dalla collina alla pianura. Sono abitanti usuali delle distese coltivate, delle zone agricole utilizzate in modo tradizionale. Tra aprile e maggio avviene la nidificazione. Il nido è costruito al margine
di boschi o campi coltivati, in una buca scavata nel terreno, messa al riparo da cespugli e ben foderata da erba secca. Le quaglie hanno dimensioni molto ridotte. Amano pascolare a terra tra la vegetazione alla ricerca di insetti. Per ogni covata vengono deposte dalle 7 alle 12 uova che si schiudono dopo una ventina di giorni. La pernice rossa ha corpo tozzo e compatto e può misurare mediamente circa 33-35 cm. Può somigliare molto alla starna soprattutto per il piumaggio giovanile e gli habitat che predilige. La distingue il fatto di essere in genere meno legata alle colture cerealicole, probabilmente perché nella propria dieta include germogli, semi, frutti selvatici, erbe, soprattutto in primavera, insetti e altri piccoli animali invertebrati. Il nido viene solitamente predisposto in una depressione del terreno al margine di boschi o comunque di zone ricoperte da cespugli e la cova, che si verifica in genere una volta l’anno, dura circa 24 giorni; i pulcini lasciano il nido poco dopo la nascita e sono già in grado di volare dopo pochi giorni di età. Gian Omar Bison Azienda agricola Piovesan Paolo Via Casoni 17 31050 Albaredo di Vedelago (TV) Telefono: 339 5630427 E-mail: info@allevamentoselvaggina.it Web: www.allevamentoselvaggina.it
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LA QUALITÀ
Borgogna, non solo vini La Charolais de Bourgogne Igp è la nuova indicazione geografica che la Francia ha aggiunto nelle ultime settimane al proprio paniere di prodotti tutelati dalle politiche di qualità europea. Una carne eccellente grazie alle caratteristiche di un territorio unico
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a Francia si arricchisce di una nuova Indicazione Grafica Protetta in materia di carne. Si tratta della Charolais de Bourgogne IGP. Vediamone brevemente le caratteristiche a partire dal suo disciplinare di produzione. Descrizione Il bovino dal quale si ricava la Charolais de Bourgogne IGP deve avere tra i 14 e i 24 mesi di età e un peso minimo della carcassa pari a 320 kg. La conformazione può essere classificata E, U o R e lo stato di ingrasso da 2 a 4. Per la giovenca l’età minima alla macellazione è di 24 mesi, ad un peso di 280 kg. Conformazione e ingrassamento sono identici al manzo. La vacca di Charolais de Bourgogne può invece raggiungere un massimo di 10 anni e un peso minimo della carcassa di
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330 kg, con una conformazione U o R e uno stato di ingrassamento da 2 a 4. La carne di Charolais de Bourgogne Igp presenta un colore rosso vivo e brillante. Il grasso, sottile e leggero, è ripartito nella carne in sottili striature, da cui il termine di carne marezzata, particolarmente saporita. La carne è riconosciuta per le sue qualità nutrizionali, in particolare il tenore di proteine, ferro e vitamine. In cottura la carne possiede una buona ritenzione idrica, quindi una debole perdita di succhi; da un punto di vista organolettico, la sua caratteristica principale è quella di essere tenera e moderatamente grassa, pur conservando sapore e succosità. Può essere venduta fresca o surgelata. Una volta scongelata, la carne non può essere commercializzata in forma refrigerata.
Gli animali sono allevati nel rispetto dei cicli tradizionali di alternanza tra pascolo (minimo 6 mesi l’anno) e stalla per tutta la durata del ciclo allevatoriale, ovvero per i bovini tra i 14 e i 24 mesi e almeno due cicli per le femmine. L’alimentazione di tutti gli animali è a base di erba e foraggi grossolani. I foraggi grossolani, ad eccezione della paglia, provengono esclusivamente dalla zona geografica segnalata dal disciplinare. In media, nell’anno, gli alimenti concentrati completi o complementari sono limitati a 2 kg di materia grezza al giorno e per animale, tranne durante la fase di finissaggio, effettuata al pascolo o alla mangiatoia. Etichettatura L’etichetta del prodotto comprende il nome dell’indicazione geografica
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protetta (Charolais de Bourgogne IGP), il numero nazionale di identificazione degli animali o il numero di lotto, la categoria dell’animale da cui è ottenuta la carne, la data di macellazione. Per le carni destinate ad essere cotte alla griglia o arrosto, ad eccezione del diaframma, dei muscoli del diaframma e del filetto, l’etichetta deve prevedere la dicitura “tempo di maturazione minimo di 7 giorni per le carni presentate sotto vuoto”. Il legame con la Borgogna La zona geografica della Charolais de Bourgogne IGP è costituita da un insieme di piccole regioni agricole tra le più fertili d’Europa, in cui si è sviluppato un sistema di allevamento estensivo. Quasi quattro quinti delle superfici agricole sono a foraggio. In questa zona, i pascoli naturali, caratterizzati dalla
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diversità e dalla qualità della flora, costituiscono la stragrande maggioranza delle superfici foraggere (media del 73%). Il clima di tipo oceanico, a influenze continentali o meridionali secondo i settori della zona, assicura una piovosità ben distribuita nell’arco dell’anno. Gli aumenti di temperatura in primavera consentono un rapido riscaldamento e favoriscono la crescita uniforme dell’erba dei pascoli, la pratica della fienagione e, in alcuni settori, la raccolta del ricaccio. Il bocage bourguignon, il caratteristico paesaggio costellato da campi recintati da siepi propizio alla produzione foraggera, è nato nel XIX secolo al momento della specializzazione della regione nell’allevamento bovino. È un paesaggio geometrico, con siepi di arbusti spinosi (rose canine, prugnoli…), di sambuco,
salici, ecc…, costituite a partire da recinti di paletti di acacia e filo spinato, con deiezioni degli uccelli alla base. La manutenzione (potatura regolare) delle siepi è a cura degli allevatori e genera un circolo virtuoso tra flora e fauna selvatiche, contribuendo anche al benessere del bestiame al pascolo. Zona di transizione tra i suoli calcarei del bacino parigino e quelli cristallini del Massiccio centrale, il territorio trae profitto dalla varietà pedologica che ha permesso di sviluppare una complementarità di pratiche: gli animali nascono e vengono allevati sui suoli cristallini (poveri) e gli ingrassatori provvedono al finissaggio sui terreni argillosi-calcarei (fertili). Il sistema di produzione della carne Charolais de Bourgogne Igp è caratterizzato dallo sfruttamento estensivo dei terreni e dall’alleva-
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In alto: il meraviglioso paesaggio della Borgogna (photo © Vitalez – stock.adobe.com). In basso: La Charolais de Bourgogne Igp si caratterizza per una carcassa che mantiene uno scheletro solido. La resa in carne, superiore al 70 %, è eccellente. La classificazione della qualità al macello è tra le migliori della categoria, con una percentuale di circa il 95% di animali classificati da (R) a (E), ossia da buono a eccellente (photo © Frédéric Prochasson – stock.adobe.com).
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mento estensivo del bestiame nel rispetto dell’alternanza dei cicli di pascolo e di svernamento. Gli allevatori tradizionalmente sono alla base del processo di selezione degli animali: perseguono il miglioramento di un modello di allevamento trasmesso di generazione in generazione. Durante l’inverno, il bestiame riceve un’alimentazione a base di fieno, proveniente per la maggior parte dall’azienda di origine degli animali e integralmente dalla zona geografica, di paglia, integrata con cereali, e di panelli in quantità limitata che consentono di equilibrare la razione. Il principale obiettivo dell’allevatore è ridurre al minimo il tempo di svernamento. Il rientro nella stalla ha luogo spesso al limite estremo del potenziale del prato e la stagione di pascolo ricomincia non appena spuntano i primi germogli di primavera. La coppia vacca-vitello è sistemata al pascolo sin dai primi
germogli ai fini della valorizzazione ottimale dell’erba. L’allevatore gestisce in modo rigoroso le superfici per ottimizzare la crescita dell’erba: carico e scarico dei pascoli e realizzazione degli stock da foraggio. Queste pratiche permettono di preservare il potenziale qualitativo e quantitativo dei pascoli e rendere le parcelle accessibili agli animali durante la maggior parte dell’anno. L’allattamento dalla madre favorisce la produzione di animali giovani e sani. La messa al pascolo precoce e la durata massima del pascolo stesso, combinate a periodi di siccità, impongono agli animali dei periodi di calo della disponibilità alimentare; di conseguenza, l’animale attinge alle proprie riserve di grasso. Queste logiche di produzione portano ad ottenere una carne marezzata il cui sapore è esaltato dalla ripartizione del grasso nei pezzi di carne.
La produzione di Charolais de Bourgogne Igp si è sviluppata grazie alla qualità dei suoli, all’abbondanza di pascoli, al clima e all’idrografia favorevoli nonché alla diversità pedo-geologica. La razza Charolaise è particolarmente adatta a queste condizioni. La natura dell’alimentazione (compresa l’importanza del pascolo), gli spostamenti sui pascoli, favoriscono la fibra fine e la consistenza tenera della carne. La cospicua percentuale di erba nell’alimentazione è all’origine del colore rosso della carne ma apporta anche degli antiossidanti naturali (vitamina E) che ne stabilizzano il colore fino alla commercializzazione. Il finissaggio completa il deposito adiposo intramuscolare (marezzatura) con uno strato di grasso sulla carcassa che favorisce la maturazione e quindi lo sviluppo del gusto e la morbidezza. (Fonte: Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea)
AIA: l’Igp al Vitellone Piemontese della Coscia premia il lavoro e la serietà degli allevatori «L’Associazione Italiana Allevatori ed il Sistema delle associazioni che a vario titolo si sono occupate della selezione e valorizzazione di una delle razze bovine da carne italiane più prestigiose, ed anche la più diffusa numericamente sul territorio nazionale, plaudono all’ottenimento del riconoscimento dell’Indicazione Geografica Protetta (Igp) del Vitellone Piemontese della Coscia, che va quindi ad aggiungersi alle altre eccellenze made in Italy che possono fregiarsi dell’apposito marchio UE». Queste alcune delle dichiarazioni del direttore generale di AIA, Roberto Maddé, lo scorso giugno a margine della presentazione a Roma, presso la sede nazionale di Coldiretti, del percorso che ha portato gli allevatori della razza bovina Piemontese al raggiungimento dell’importante traguardo, con la denominazione geografica per una delle sue più pregiate produzioni, il Vitellone della Coscia. «L’ottenimento dell’Igp Vitellone Piemontese della Coscia, ufficializzato il 23 dicembre scorso — ha ribadito Maddé — è il frutto di un importante gioco di squadra che ha visto impegnati per molto tempo, in un percorso per nulla semplice, tra gli altri, l’Anaborapi, l’Associazione Nazionale bovini di Razza Piemontese, l’Ara Piemonte ed il Coalvi, a testimonianza che fare sistema in queste come in altre occasioni è fondamentale per perseguire risultati a livello comunitario ed internazionale. La valorizzazione delle nostre più importanti razze bovine da carne, sia quelle autoctone come la Piemontese che le altre, e l’azione di selezione e miglioramento genetico svolto dalle associazioni allevatori trovano in queste circostanze il giusto riconoscimento agli sforzi quotidiani degli allevatori, costituendo anche un volano per una maggior tutela dei loro redditi. Senza contare il fatto che rappresentano un ulteriore segnale di distintività verso i consumatori, che hanno bisogno di messaggi rassicuranti, veritieri e che siano utili a conoscere la storia, la tradizione ed anche l’innovazione che è alla base del nostro sistema di allevamento, basato su controlli rigorosissimi — maggiori, come è stato giustamente ricordato, di quelli che ci vengono richiesti dalle autorità comunitarie —, sulla qualità dell’alimentazione del bestiame, sul benessere animale e sulla sostenibilità ambientale». Comunicare questi valori, ha concluso il direttore generale di AIA, «fa parte anche della nostra mission, per questo motivo ci faremo ancora promotori in prossimi incontri pubblici di momenti di confronto tra attori della filiera e personalità dell’ambiente culturale, medico e scientifico, per riportare su basi razionali e concrete il dialogo attorno alla funzione chiave dell’allevatore in rapporto ad una sana ed equilibrata alimentazione per i cittadini-consumatori». (Fonte: AIA-Associazione Italiana Allevatori)
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NUTRIZIONE
Carne di cavallo tra dieta e sicurezza alimentare di Agostino Macrì
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a carne di cavallo, per il suo elevato contenuto proteico e il basso contenuto in grasso, è facilmente digeribile e ha un ottimo valore nutrizionale. Viene raccomandata negli stati anemici per l’elevato contenuto in ferro biodisponibile e la ricchezza anche in vitamine del complesso B. In Italia, anche se il consumo medio annuo è intorno a 1 kg per persona, si concentra in poche regioni ed in particolare Veneto, Puglia, EmiliaRomagna, Sardegna, Sicilia, Lombardia e Piemonte. In alcuni Paesi
europei il cavallo è considerato un animale da lavoro o di affezione e il consumo alimentare umano non è previsto. Tale difformità di comportamenti ha provocato dibattiti anche molto accesi tra i sostenitori del consumo di carne di cavallo e di chi vi si oppone. La questione dei limiti massimi di residui farmacologici negli alimenti di origine animale Un momento particolarmente critico si è avuto al momento dell’autorizzazione all’utilizzo dei farmaci
per i cavalli. Essendo gli equini produttori di carne, è stato necessario definire dei limiti massimi di residui (MRL) per i farmaci che si intendevano utilizzare ed in particolare per gli infiammatori non steroidei. Tale necessità è stata contestata da chi ritiene i cavalli soggetti da lavoro e/o da affezione (pets) per i quali si possono impiegare farmaci senza dover definire un MRL. Si è trattato di una discussione di non poco conto perché, per definire degli MRL di un farmaco, oltre che affrontare importanti spese, è neces-
La carne di cavallo è piuttosto magra e molto caratteristica nel sapore: sapida con retrogusto dolciastro. Le sue principali caratteristiche sono l’elevato contenuto in ferro e la facilità di assorbimento di quest’ultimo da parte del nostro organismo (photo © www.braciamiancora.com).
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sario compiere degli studi in vivo che possono comportare il sacrificio dei cavalli da trattare come animali da laboratorio. Insomma, gli aspetti etici ed economici hanno costretto a cercare una soluzione in quei Paesi, come il nostro, in cui esistono cavalli Destinati alla Produzione di Alimenti (DPA) e non DPA. Nelle terapie degli animali DPA possono essere impiegati soltanto farmaci che hanno un MRL, mentre per i non DPA esiste una maggiore libertà di impiego di farmaci in quanto anche se dovessero restare dei residui nelle carni non ci sarebbero problemi in quanto non vengono consumate. Anche se il problema “normativo” è stato risolto, sono sorti ostacoli pratici. Ogni cavallo, praticamente sin dalla nascita, deve essere identificato e registrato come DPA o non DPA. Purtroppo nel nostro Paese non esiste una Anagrafe Unica per i cavalli, ma le competenze in materia sono distribuite quanto meno su due binari: da una parte i DPA e dall’altra i non DPA. Tutto questo va bene fino a quando qualche proprietario di cavalli non DPA decide di privarsi dei suoi animali e tentare di avviarli al macello evitando di rispettare le regole che, tra l’altro, prevedono tempi di attesa molto lunghi; è evidente che l’assenza di una Anagrafe Unica può facilitare irregolarità e frodi. Il problema diviene molto più complicato se si considera che il nostro Paese importa circa il 75 % dei cavalli utilizzati per la produzione di carne. Si tratta di animali che provengono da vari Paesi comunitari ed extracomunitari, nei quali è ancora più complicato risalire all’origine degli animali, ovvero se si tratta di DPA o non DPA. Basta ricordare quanto avvenuto negli anni scorsi quando una ditta mise in commercio delle carni bovine in cui erano presenti anche carni equine e dello scandalo che ne seguì e che mise in crisi l’intero sistema di controlli comunitari. La materia è quindi estremamente complessa tanto che il Parlamento Europeo, lo scorso mese
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di marzo, ha votato una risoluzione che impegna la Commissione a dipanare la complessa materia tenendo conto degli interessi anche molto discordanti tra animalisti, proprietari di cavalli da affezione, operatori del mercato equino, macellai, consumatori di carne equina. Nel frattempo sarebbe molto utile se a livello nazionale si mettesse ordine all’Anagrafe Equina organizzandola in un’unica struttura alla quale possono accedere sia i responsabili dei controlli ispettivi sanitari, sia coloro che operano nel mondo ippico amatoriale e sportivo. Rischi di illegalità, tutela degli animali e dei consumatori Altro aspetto critico è quello dei “passaporti” degli animali che non sono uniformi per tutti i Paesi. Gli organi di controllo alle frontiere si trovano a dover interpretare passaporti scritti in diverse lingue e, soprattutto, strutturati secondo le esigenze nazionali che, magari riportano le differenti informazioni in modo non facilmente rintracciabili. Esistono insomma situazioni di poca chiarezza sia per gli animali allevati in Italia, sia per quelli di importazione. Questo comporta il rischio di illegalità che può compromettere il benessere degli animali, ma anche la possibilità di macellare cavalli non idonei alla produzione di carne. Alcune cose, come il sistema di una Anagrafe Unica, possiamo farle direttamente nel nostro Paese. Per altre dobbiamo aspettare misure legislative comunitarie. L’auspicio è che si metta ordine al più presto sulla filiera di produzione della carne equina rispettando il benessere degli animali e anche gli interessi contrastanti dei consumatori di questa carne e di chi ritiene che i cavalli non debbano diventare un alimento. Prof. Agostino Macrì Responsabile Sicurezza Alimentare di Unione Nazionale Consumatore Già Dirigente dell’Istituto Superiore di Sanità Membro del GdL di Fiesa Confesercenti (Fonte: Assomacellai)
LA CARNE IN TAVOLA
Tra crudo e cotto: teoria e pratica del roastbeef di Giorgia Fieni
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l mondo della carne consumata si suddivide in due gruppi: cruda (carpaccio e tartare) e cotta (arrosto, bollita, grigliata, scottata). Esiste però una preparazione capace di fare da trait d’union: il roastbeef. Questo carré (ma anche filetto, scamone o noce) di vitellone infatti viene prima rosolato in olio e aromi, poi passato in forno, ed è pronto nel momento in cui l’esterno (sottoposto a una temperatura di 180 °C) assume un colore scuro mentre l’interno rimane rosa e quasi crudo (65 °C). La teoria di questo procedimento è stata dimostrata dal CONTE DI RUMFORD nel XIX secolo, quando intuì che la carne inizia la cottura con la coagulazione delle proteine a 56 °C e che, se viene
mantenuta a 60-80 °C per lungo tempo (la cosiddetta “cottura dolce”), non perderà i suoi succhi e rimarrà saporita e morbida (in quanto si dà ai tessuti connettivali il tempo di sciogliersi). Un secolo dopo, AUGUSTE ESCOFFIER insegnerà ai suoi allievi come mantenerla al caldo tra un servizio e l’altro, facendo però sempre in modo di stillare da ogni fetta qualche goccia di sangue. Due menti come quelle hanno quindi creato una pietanza rivelatasi di grande successo, specie in Inghilterra, la quale deve la sua bontà, oltre che alle diverse consistenza e temperatura della carne (ma “il segreto sta tutto nel rapporto forno/peso della carne”, ci confida la giornalista SIRIA MAGRI), anche al semplice sugo
di cottura composto da olio extravergine di oliva ed erbette tritate. Se invece vogliamo trovare al roastbeef un difetto, possiamo dire sia quello di non dar adito a modifiche: la ricetta è quella e non si cambia (anche se alcuni non praticano il passaggio in forno), a meno di qualche accorgimento funzionale e di sapore. Lo lasciamo marinare per aumentare il sapore della carne: vino rosso, salsa di soia, succo di limone, olio extravergine, sale, pepe, limone e zenzero. Aggiungiamo aromi al sugo: paprika, vino bianco o rosso, aceto balsamico, tartufo, zenzero, salsa di soia; marsala, caffè, pepe (il nero e quello di Guinea, che se massaggiati pure sulla carne sprigioneranno in pieno il loro sapore),
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Il roastbeef si presta benissimo ad â&#x20AC;&#x153;imbottireâ&#x20AC;? panini, toast, sandwich, tacos e burritos.
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pere, Cassis e miele, senape, grappa, timo (in tutte le diverse varietà). Lo spalmiamo di salsa o lo ricopriamo con un ingrediente morbido: lardo di Colonnata, crema di marroni, senape di Digione forte e briciole di pane, formaggio fresco, pancetta, gorgonzola sciolto nel brandy. Lo massaggiamo con sciroppo d’acero prima di passarlo in forno con senape in polvere e bacche di ginepro. Lo cuociamo in forno in crosta di sale (aromatizzata con maggiorana, timo, rosmarino). Potremmo però creargli una farcitura: caprino, semi di papavero e noce moscata; prosciutto cotto e spinaci; feta, noci e verdure croccanti; pomodorini secchi e olive verdi; mozzarella di bufala, tonno sottolio, crème fraîche e olive nere infornate; asparagi ed Emmental; tartufo e pecorino (il tutto avvolto negli spinaci sbollentati e ripassato in forno). Ma il riuscire a cuocere perfettamente il ripieno potrebbe modificare quel risultato al sangue che rende il roastbeef diverso da qualsiasi
altra ricetta. Possiamo quindi solo inventarci una presentazione accattivante. Offrendolo accompagnato da cozze e funghi, in una decorazione artistica. Marinato nel succo di pompelmo e servendolo nei bicchierini con radicchio verde, spicchi di pompelmo, parte della marinata e rondelle di carota. Alternandolo, nelle ciotoline, con fichi al balsamico e granella di frutta secca. Servito sui canapè, con pancetta affumicata e cipolla fritta. A torretta con cipolle e formaggio (groviera o pecorino o provolone), condito con vinaigrette e senape. Accompagnandolo con salsa di mele (con succo d’arancia, noce moscata, cannella, chiodi di garofano). E, vista la notevole quantità disponibile, riutilizzarlo per altre preparazioni. Un insalatone: con prosciutto crudo, kiwi, ananas, pere, succo di limone, pepe (magari servito nell’ananas) oppure con patate bollite, olive verdi, pomodori secchi, pinoli tostati. I tacos: con peperoni, pomodorini, cipollotto, lattuga, salsa di
avocado. I burritos: con verdure crude, pomodorini confit, fili di peperoncino essiccato, ma usando una cialda di Gruyère anziché di mais. Il club sandwich, preparato con panettone tostato, salsa tartara, spinaci novelli, pomodori. Il crostone: con uova di quaglia e salsa tartara. Il vitello tonnato: usato al posto del vitello e spalmato di salsa. Il toast (di pane da tramezzini senza crosta inzuppato nel latte): con lattuga e pomodori. Il panino: con crescione e rucola oppure affettato e coperto di salsa (ottenuta frullando rosmarino, acciughe, maionese). Infine, una super chicca dal mondo degli chef: MORENO CEDRONI chiama Roastbeef una preparazione che non lo prevede se non nel sugo, il quale va ad insaporire tonno bianco, topinambur al forno e salsa di sedano rapa. Come a significare che il roastbeef è un’idea, un concetto, un’ispirazione… qualcosa di sospeso. Tra cotto e crudo, appunto. Giorgia Fieni
Dati ISTAT: sempre più gradita la carne italiana «La carne italiana continua ad avere un buon appeal. I dati diffusi dall’ISTAT, riferiti al 2016, infatti, mostrano un sostanziale apprezzamento per il lavoro della filiera di qualità italiana. Va bene l’export. Nonostante le campagne di demonizzazione sul consumo di questo alimento, i dati ISTAT ci rincuorano. A fronte infatti di importazioni complessive in calo del 4,5%, che significano anche che sulle nostre tavole c’è sempre più carne italiana, le vendite all’estero sono cresciute del 13,8 (+0,9% le carni bovine, +27,4% le suine e +15,4% il pollame)». A segnalarlo è Giampaolo Angelotti, presidente di FIESA Assomacellai, che sottolinea come si tratti di «una boccata d’ossigeno per un settore che quotidianamente è soggetto non solo agli andamenti del mercato, ma anche a campagne immotivate contro il consumo di carne. Una filiera che riunisce tanti imprenditori che ogni giorno si impegnano per mettere in commercio prodotti sicuri e di qualità, vigilata da uno dei sistemi sanitari più capillari e professionali del mondo. I dati ISTAT dimostrano come i consumatori siano attenti e consapevoli e sappiano riconoscere il lavoro di chi fa ogni giorno il proprio dovere onestamente». Le cifre ISTAT, infatti, evidenziano che nel 2016 sono stati prodotti 3,8 milioni di tonnellate di carne,+3,9% rispetto all’anno precedente, (2,4 milioni di carni rosse +3,2%). Per le carni bovine la produzione è di circa 810 mila tonnellate (+2,7%); per i suini la cifra ammonta a 1,5 milioni di tonnellate di carne (+3,5%); per gli equini le tonnellate sono 11,8 mila (+17,8%). Per quanto concerne, infine, le carni bianche si sono prodotte carni per complessivi 1,3 milioni di tonnellate (+5,5%). «Una buona notizia — conclude Angelotti — per un comparto che risente di troppi attacchi ideologici, di mode confuse a motivazioni stravaganti e opposte, ma mai di carattere seriamente salutistiche. In questo senso va ricordato che la comunità scientifica europea raccomanda il consumo moderato e variato di carni più volte a settimana. Gli Italiani, a differenza di una minoranza rumorosa e chiassosa, in preda al fanatismo delle mode dietetiche, dimostrano di saper apprezzare le qualità delle carni per la normale copertura dei fabbisogni vitaminici essendo la fonte proteica più congeniale per l’uomo, ricca di ferro, zinco e vitamina B12. Il mio auspicio è che i consumatori italiani continuino nell’apprezzamento del nostro alimento principe, in quanto i preconcetti o i timori di presunte controindicazioni non hanno fondamenti scientifici». (Fonte: www.assomacellai.it)
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MACELLERIE D’ITALIA
Macellerie Antichi Sapori
Saccarola, fratelli di carne di Gian Omar Bison
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ratelli non solo di sangue. GIULIANO e LUIGINO SACCAROLA sono i titolari di una macelleria-gastronomia a Olmo di Martellago (VE) e di una piccola rivendita di carni a Campalto, frazione di Venezia. E stanno insieme da quarant’anni, quando Luigino, da giovane garzone in quel di Martellago, aprì la sua prima bottega a Mestre. «Una realtà viva, dinamica, che è rimasta con noi fino alla fine degli anni Ottanta — ricordano Giuliano e Luigino — e poi ci siamo trasferiti a Marghera dove siamo stati, vicino a piazza Mercato, fino al 2014». Il 2014 è l’anno della svolta. I fratelli, insieme ad ANDREA, figlio di
Luigino, da sedici anni circa rapito da celle e bancone, ritornano alle origini. Acquistano un immobile ex bar e gastronomia dalle metrature generose, disposto su due piani a Olmo di Martellago, il paese dal quale tutto partì, e lo trasformano al piano terra nella bottega Antichi Sapori e sopra… vedremo. Le idee non mancano così come gli entusiasmi che Andrea in particolare non lesina. «Siamo straconvinti — sottolinea Andrea — dopo l’avvento della cosiddetta “mucca pazza” e il progressivo calo dei consumi di carne, che la gastronomia, di base, sia il presente e l’immediato futuro della macelleria tradizionale.
È anche vero che, per reggere i mercati, le mode, le nuove e diverse esigenze dei consumatori, bisogna proporsi con vesti diverse e originali. C’è chi ha avviato linee con preparati gastronomici particolari; chi addirittura ha avviato una vera e propria “ristomacelleria” con una proposta ristorativa a base di carni in esposizione». Carni, non carne Quindi non solo i soliti pollo, bovino e suino. «Intanto va detto che la base è sempre quella ed è la più importante: lavorare con qualità, attenzione al cliente del quale conquistare la fiducia. Poi bisogna
Lo staff del punto vendita di Olmo di Martellago (VE).
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Parte della ricca offerta della macelleria. acquisire la capacità di diversificare l’offerta. Offrire tagli originali delle solite bestie da macelleria e possibilmente di razze diverse (bovino Piemontese, Garronese, Blonde d’Aquitaine, maschi o femmine), allevate e alimentate in maniera
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corretta e salubre, ma magari un po’ fuori dagli schemi. E poi carni diverse da proporre al cliente un po’ alla volta, per ampliare la gamma delle scelte. Equino certamente (cavallo e musso), oca, anitra e faraona, ma anche struzzo e fagiano, perché no?
E tutta la gamma di carne ovina. Ce n’è da fare». Ce n’è talmente tanto da fare da non escludere neppure l’avvio di un bed & breakfast. «In fin dei conti siamo vicini ad una comodissima pista ciclabile che in un attimo porta alle fermate prin-
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Razze originali, tagli e anche carni diverse da proporre al cliente: queste sono le scelte della famiglia Saccarola. cipali limitrofe a Mestre, dalle quali si raggiunge rapidamente Venezia». In house si producono salami, salsicce, sopresse e cotechini. Il resto degli insaccati viene acquistato da fornitori esterni. In quattro (i tre titolari e un dipendente) lavorano le carni tipiche da macelleria, acquistando il suino da Cevir Carni, l’avicolo da Pollo Estuario e il bovino da Rosa Carni. «Con questi ultimi lavoriamo da trent’anni. E pensare che il primo bovino in assoluto lo hanno processato per noi. Di solito scegliamo razza Blonde d’Aquitaine, in mancanza della quale ci affidiamo alle solite francesi, Limousine o Charolais».
Va difeso il consumo di carne, importante sotto il profilo nutrizionale, ma anche perché è parte della nostra cucina tradizionale mediterranea, da tutelare e, al contempo, ripensare
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Tutelare la categoria e ripensare il consumo di carne Ma i Saccarola sono convinti di essere parte di un interesse molto più grande e condiviso con i colleghi della macelleria. «Va difeso il consumo di carne, importante sotto il profilo nutrizionale, ma anche — sottolineano — perché è parte della nostra cucina tradizionale mediterranea, da tutelare e ripensare. C’è stato un periodo, dopo lo scandalo “mucca pazza”, o quando ci sono stati alert sanitari importanti, o scandali legati a fenomeni delinquenziali circoscritti legati alle modalità di allevamento degli animali, che eravamo tutti nello stesso pentolone e tutti additati quasi come mascalzoni. La fiducia per la categoria è scesa ai minimi e restiamo convinti che le associazioni che ci rappresentano avrebbero dovuto fare di più. Oggi, per fortuna, le cose sono migliorate e in parte cambiate. Siamo cambiati noi che abbiamo ampliato l’orario e giorni di apertura e pure le organizzazioni di categoria. L’ASCOM mandamentale alla quale aderiamo, ad esempio,
sta proponendo un buon lavoro di squadra tra macellai, in particolare per quanto riguarda la formazione». Tra i preparati proposti troviamo le classiche cotolette di pollo con panatura classica, con pane speciale al rosmarino e con pane senza glutine aromatizzato al limone; i tulipani di carne con macinato di manzo al profumo di funghi avvolto da una fettina di vitello, pasta sfoglia e mousse al formaggio; panettone di carne con speck e radicchio; nidi ai carciofi fatti con una selezione di carni magre macinate con speck IGP, riempiti con fonduta di Castelmagno DOP e un gambo di carciofo condito alla romana. Gian Omar Bison Macellerie Antichi Sapori Snc • Via Olmo 183 30030 Olmo di Martellago (VE) • Via Visinoni 5/a 30174 Zelarino (VE) • Piazzale Tommaseo 30175 Marghera (VE) Telefono: 392 9709915 E-mail: m.antichisapori@libero.it Web: www.antichemacellerie.it
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Sardegna, l’amore per la carne e le macellerie
Ibba: il lavoro del macellaio inizia in campagna di Riccardo Lagorio
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hi conosce questa regione circondata dal mare sa che i piatti di più stretta osservanza della tradizione hanno la carne come ingrediente base. E i salumi fanno parte integrante della schietta consuetudine dell’antipasto. In Sardegna accade che il rapporto con il mare nel piatto sia — se escludono le aree costiere e i complessi turistici — quasi un dettaglio, un riempitivo. Anche questo spiega l’amore per le macellerie che la gente di qua coltiva da sempre. E che certe macellerie abbiano una vita e una vitalità invidiabile.
Come quella di EFISIO IBBA, in una delle vie appena fuori dal centro storico di Alghero dal 1970. Ma la notizia per i continentali potrebbe essere anche che «la richiesta di carne ovina è in continua decrescita mentre la domanda di quella bovina si fa di anno in anno più frequente». Lo afferma lo stesso Ibba da dietro il bancone, imbandito di tagli e preparati come nei migliori giorni pre-festivi di una macelleria qualsiasi. «Per noi allestire il bancone in questo modo è normale perché i nostri clienti sanno di poter contare sul meglio sia come bontà oggettiva della carne sia come
presentazione di questa», sottolinea. E la carne qui si sceglie in un solo modo: visitando direttamente le fattorie dei dintorni e osservando l’animale da vicino, studiandolo e valutando attraverso le lenti dell’esperienza ogni suo fremito, la tensione di ciascun muscolo. «Il lavoro di macellaio inizia in campagna», dice lasciando ben poco spazio alla discussione. L’acquisto di un capo avviene dopo avere vagliato più allevamenti che da anni hanno rapporti commerciali dall’anno di apertura della macelleria, quando era il nonno di Efisio Ibba a gestirla: animali
Efisio Ibbia con la moglie Francesca Del Prete.
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EasyGrip™ permette un utilizzo di forza muscolare pari a circa la metà rispetto all’uso di un guanto normale. EasyGrip™ grazie alle sue placchette antiscivolo permette di afferrare saldamente e con meno sforzo ogni tipo di carne. EasyGrip™ è stato ideato dai tecnici degli stabilimenti Amadori, dove viene utilizzato con successo.
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Fornitissimo il banco macelleria di Efisio Ibba: oltre a tagli di carne fresca di bovino, suino di razza Sarda e agnello di Sardegna Igp, lâ&#x20AC;&#x2122;offerta prevede un ampio assortimento di pronti a cuocere. I piĂš preparati sono gli involtini di vitello, i tramezzini di carne macinata, le girelle di carne e i wĂźrstel, le bomboline e gli straccetti di scottona.
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I consumatori vogliono essere rassicurati di dare il giusto valore al proprio denaro. Per questa ragione il nostro obiettivo è quello di affinare ogni giorno l’offerta, che di questi tempi vuol dire anche fornire idee sempre nuove come i pronti a cuocere Il salame sardo. Il prodotto tradizionale prevede che l’impasto sia costituito dal 75% di carni magre e per il restante 25% da carni grasse, lardelli e pancetta, a cui si aggiungono sale e pepe. La macelleria Ibba mette un tocco in più e profuma l’impasto con Cannonau Riserva. allevati allo stato brado e semibrado, tra aria buona e pascoli liberi. Così che il benessere dei bovini si trasmette ai consumatori per mezzo di una dieta alimentare bilanciata che prevede almeno una volta alla settimana la buona carne sarda. «Del resto i consumatori vogliono essere continuamente rassicurati di dare il giusto valore al proprio denaro, di essere qui a spenderlo nel migliore dei modi. Per questa ragione il nostro obiettivo è quello di affinare ogni giorno l’offerta, che di questi tempi vuol dire anche fornire idee sempre nuove come i pronti a cuocere». Su questo fronte Efisio e la moglie Francesca Del Prete preparano giornalmente numerose portate: ecco gli involtini di vitello (polpa scelta, prezzemolo e Parmigiano Reggiano stagionato 36 mesi), i tramezzini di carne macinata, le girelle di carne e würstel, le bomboline (sferette di carne macinata e spezie, ricoperte da pane grattugiato: cinque minuti e sono pronte fritte). Gli straccetti di scottona (striscioline di carne rossa e soda) sono pronti per una rapida impanatura: in padella con poco olio extravergine d’oliva sono subito preparati. Nelle famiglie sempre meno tempo è dedicato alla preparazione del cibo e il compito dell’esercente deve andare nella
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direzione di seguire le orme del mercato. Magari cercando di indirizzare i clienti verso la scelta di carni ben mature e frollate. Il periodo di frollatura raggiunge per determinati tagli i 4 mesi; altri sono venduti solo dopo una decina di giorni. «Abbiamo impiegato parecchio tempo per introdurre regolarmente nel negozio i tagli di suino di razza Sarda. L’ostacolo maggiore risiede nell’abbondante grasso che ricopre le sue carni, come nella pancetta di animali allevati allo stato semibrado, e che spesso i consumatori rifiutavano. Tuttavia, chi lo ha provato, ripete l’acquisto. Anche perché si tratta di animali allevati nelle campagne intorno ad Alghero, mentre per confezionare i salumi la scelta cade su quelli allevati per le DOP dei prosciutti nazionali». Animali la cui mezzena ha peso di circa 70 kg. Il tradizionale salame sardo prevede che l’impasto sia costituito dal 75% di carni magre e per il restante 25% da carni grasse, lardelli e pancetta. La macinatura avviene con piastre la cui dimensione è tra 10 e 12 mm e all’impasto si aggiungono sale e pepe. «Ma noi lo profumiamo anche con del Cannonau Riserva», tiene a sottolineare Ibba. La salsiccia possiede carni macinate più finemente, da 8 mm, e si consuma dopo circa 2
mesi dalla preparazione. La quantità e la tipologia di parti grasse si rivelano simili a quelle del salame. Il consumo di entrambi può avvenire accompagnando le fette di salume con pane carasau e Cannonau riserva. La versione spumante del vino di Torbato (vitigno recuperato da Sella & Mosca, sempre di Alghero, www. sellaemosca.it) accompagna bene le fette di lardo e di guanciale grazie alla sapidità che lo contraddistingue. Gli ovini che si trovano nel bancone sono tagli di agnello di Sardegna IGP, che si distingue per la carne morbida e bianca, l’intenso profumo e la elevata digeribilità. «L’agnello di Sardegna IGP viene allevato in piena libertà e il suo nutrimento, a base esclusivamente di latte materno e alimenti che bruca, sono alla base del suo particolare sapore», ragguaglia Ibba con orgoglio. Trascorsa Pasqua, e il suo picco delle vendite, il tentativo di destagionalizzare il consumo di agnello era forse una pratica inattesa da parte di tutti in Sardegna. I tempi cambiano anche sull’isola dei nuraghi. Riccardo Lagorio Macelleria Ibba Via Nazioni Unite 18 07041 Alghero (SS) Telefono: 0799 76066 Web: www.salumificiosardo.it
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GARE CARNIVORE
World Butchers’ Challenge, tutti al lavoro Iniziamo a conoscere meglio la gara e i nostri avversari, a partire dai fortissimi Pure South Sharp Blacks dalla Nuova Zelanda
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rosegue il countdown alla 7a edizione del World Butchers Challenge, la sfida mondiale dei maestri delle carni che si terrà dal 16 al 21 marzo 2018 a Belfast, in Irlanda del Nord, in concomitanza con IFEX, l’International Food Exhibition. Sono 9 i Paesi ufficialmente iscritti e tra questi c’è anche l’Italia. L’evento, organizzato da Butchery Excellence Scheme, metterà in gara i butchers provenienti da Australia,
Bulgaria, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Italia, Nuova Zelanda e Sudafrica, che si sfideranno a colpi di coltello tra disosso, lavorazione, preparazione del banco carni. Il tutto con stili, tecniche e manualità sicuramente differenti. Come è nato questo campionato mondiale? Tutto ha avuto inizio nel 2011 con una gara di disosso e taglio tra Nuova
Zelanda e Australia, denominata Trans-Tasman Test Match. I due Paesi nominarono ciascuno un team di 6 gareggianti, i Pure South Sharp Blacks e gli Australian Steelers, e a ciascuno furono assegnate tre ore durante le quali dovevano “smontare” un quarto di bovino e un agnello, trasformando la carne in tagli e preparati. La gara inaugurale si tenne in Nuova Zelanda e registrò la vittoria degli Australiani, che si
Ufficializzata a fine maggio, la squadra di macellai della Nazionale italiana che ci rappresenterà a Belfast nel 2018 ha iniziato gli allenamenti e incomincia a farsi conoscere anche all’estero. Ecco uno scatto dei 6 super butchers italiani sul profilo Instagram #worldbutcherschallenge. Da sinistra, Federico Dal Lago, Arsero (VI), Andrea Laganga, Grosseto, Gianni Giardina, Canicattì (AG), Francesco Camassa, Grottaglie (TA), Mara La Bella, Doganella (LT), e Roberto Passaretta, Minturno (LT).
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Il team neozelandese dei Pure South Sharp Blacks in una passata edizione del World Butchers’ Challenge. La squadra dei Blacks è tra le favorite, alla luce delle tre vittorie registrate nel 2013, 2014 e 2015. La squadra si è costituita per la prima volta nel 2011 nella prima sfida con l’Australia, la mitica Trans-Tasman Test Match.
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I preparativi della competizione carnivora più importante del mondo si possono seguire su www.worldbutcherschallenge.com, il portale che raccoglie i profili dei vari team, i link ai canali social (Facebook e Instagram) e le notizie sugli allenamenti in vista dell’appuntamento di Belfast del 16-21 marzo 2018. aggiudicarono così il primo titolo. L’anno successivo, il 2012, la competizione si trasferì a Melbourne, Australia, con una seconda vittoria dei padroni di casa. Nel 2013 una squadra di 6 macellai britannici fece un lungo viaggio ed arrivò a Wanaka, Nuova Zelanda, per competere nel Tri-Nation’s Butchers’ Challenge. Fu questa l’edizione che segnò la prima di una serie di vittorie da parte dei Pure South Sharp Blacks. Nel 2014 la gara si trasferì in Gran Bretagna dove i British Beefeaters gareggiarono con i colleghi dell’Australasia e Oceania. Nel 2015 la World Butchers’ Challenge tornò in Nuova Zelanda, a Auckland. Con l’aggiunta del disosso di maiale, si registrò una terza vittoria continuativa da parte dei Pure South Sharp Blacks. Nel 2016 la Francia si iscrisse nella sfida che si svolse in Australia e che decretò la vittoria strepitosa dei bouchers grazie a una serie di tagli innovativi a suon di coltelli e Marsigliese.
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Come avviene la gara? L’obiettivo del World Butchers’ Challenge è quello di creare un contesto ideale affinché i macellai si misurino e si confrontino nell’arte del disosso e del taglio delle carni, lavorando in modo creativo e innovativo bovino, suino e ovino. La gara ha una durata di 3 ore e 15 minuti, durante le quali i team devono smontare un quarto di manzo, una mezzena di suino, un agnello intero e 5 polli. Le squadre possono utilizzare le proprie spezie, marinature, aromi e ingredienti necessari per guarnire i preparati ricavati dai tagli delle carni. È sempre obbligo di ogni squadra far fronte e essere in possesso dei piatti, dei contenitori e dei recipienti necessari per il lavoro. La giuria è composta da giudici indipendenti provenienti da ciascun Paese partecipante e la valutazione viene fatta sulle tecniche di disosso e taglio, sulla realizzazione di preparati innovativi, oltre che sull’aspetto del banco carni finale.
Pure South Sharp Blacks Il team neozelandese è considerato tra i favoriti, alla luce delle tre vittorie passate. Il team è capitanato da COREY WINDER, ben determinato a riportare il trofeo in Nuova Zelanda. Il segreto dei Blacks? Lavorare bene insieme, collaborare come team per portare a casa il risultato!
World Butchers Challenge 16-21 marzo 2018 Belfast (Irlanda del Nord, UK) www.worldbutcherschallenge.com www.facebook.com/worldbutcherschallenge www.facebook.com/Nazionale-Italiana-Macellai-635715386626849
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Ariccia, patria della porchetta Vanta una tradizione millenaria, premiata nel 2011 con l’Igp, il maialino cotto al forno e venduto al taglio sulle bancarelle della bella cittadina laziale. La carne si può mangiare senza problemi perché il grasso si scioglie durante la cottura e viene raccolto in apposite vasche di contenimento di Nunzia Manicardi
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al 1950 ad Ariccia, in provincia di Roma, la prima domenica di settembre si tiene la Sagra della Porchetta, nata per iniziativa di un gruppo di amici, appassionati produttori e venditori di questa specialità, che decise di proporla al pubblico presentandosi dietro le proprie bancarelle con i tradizionali costumi ariccini. Col tempo la sagra è andata
crescendo e si è qualificata, con le concomitanti esibizioni di musica, spettacolo e artigianato, come una delle manifestazioni gastronomiche italiane più conosciute ed apprezzate. Una delle località più famose dei Castelli Romani Ariccia, fondata ben prima di Roma, importante città della Lega Latina
fin dal VI secolo a.C., con la costruzione della via Appia diventò, nel 321 a.C., la prima stazione di sosta provenendo da Roma in direzione Brindisi e ancora oggi è legata alla capitale da strettissimi rapporti in cui è entrata a far parte anche la porchetta, oggi uno dei simboli culinari della cucina romana. Ma è ad Ariccia, nonostante tutto, che
La porchetta di Ariccia, dal 2011, è entrata tra le Igp. Nota anche come porchetta “romana” per via della zona di diffusione, viene realizzata secondo una ricetta originale del 1896 (photo © Stefano Magherini, porchettiamo.com).
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È preferibile consumare la porchetta fresca o, ancora meglio, leggermente tiepida, quando esprime al massimo il sapore e l’aroma delle spezie (photo © Stefano Magherini, porchettiamo.com). va gustata come si deve, nelle bancarelle disposte nel centro storico, pregevolissimo per il complesso monumentale realizzato da GIAN LORENZO BERNINI e CARLO FONTANA, capolavoro dell’età barocca diventato famoso anche perché all’interno di Palazzo Chigi (sede del Museo del Barocco Romano) furono girate alcune scene di celebri film tra cui Il Gattopardo di VISCONTI. Ma, ancora meglio, la porchetta di Ariccia va gustata nelle fraschette, le caratteristiche trattorie diventate a loro volta famosissime come meta domenicale dei romani nell’epoca delle “gite fuori porta”. Qui è pos-
sibile, anzi vivamente consigliato, abbinare la porchetta alle grosse fette di eccellente pane locale casereccio (pane di Genzano), al bianco vino dei Castelli (Frascati e Marino DOC, ma non solo) protagonista di storiche stornellate romanesche, e alle grosse olive che incrementano ancora di più la voglia e il piacere di mangiare e di bere. Sullo sfondo del meraviglioso panorama naturale di colli, laghi e vigneti, in cui l’estate è calda ma asciutta, e con le serate rinfrescate dal ponentino, e l’inverno abbastanza piovoso ma mite. Cosa si potrebbe desiderare di più e meglio per
La porchetta e la sua produzione vantano ad Ariccia una tradizione ultra-millenaria che risale presumibilmente alla popolazione dei Latini e che precede la conquista romana. Sarebbero infatti stati di Ariccia i sacerdoti che lavoravano e preparavano le carni suine da offrire in sacrificio al tempio di Giove Laziale, sul Monte Cavo
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trascorrere qualche ora serena, in compagnia dei propri cari, parenti o amici che siano? Dal 14 giugno 2011, a livello europeo, la porchetta di Ariccia, prodotto a base di carne suina cotta, ha ottenuto il riconoscimento di indicazione geografica protetta (IGP). La zona di produzione della porchetta di Ariccia IGP interessa l’intero territorio comunale. Nel 2004 è stato anche istituito un ente per la sua tutela, il Consorzio Produttori di Ariccia. La porchetta e la sua produzione vantano ad Ariccia una tradizione ultra-millenaria che risale presumibilmente alla popolazione dei Latini e che precede quindi la conquista romana. Sarebbero stati di Ariccia i sacerdoti che lavoravano e preparavano le carni suine da offrire in sacrificio al tempio di Giove Laziale (Iuppiter Latialis, Ndr), sul vicino Monte Cavo. Sarebbe però stata soprattutto la presenza in loco, in epoca più recente, della nobiltà romana ad avere dato sviluppo alla tradizione artigianale locale dei
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porchettari. Questi nobili avevano infatti l’abitudine di trasferirsi ad Ariccia durante l’estate per godere del clima più favorevole o anche per organizzare battute di caccia nei boschi circostanti e, naturalmente, ne approfittavano per fare laute mangiate con i prodotti locali, dando ulteriore slancio a quella tradizione che continua a tramandarsi nelle famiglie ariccine. Particolare importanza riveste infatti la professionalità e l’esperienza dei porchettari che si adoperano quotidianamente a produrre la porchetta con i sistemi tradizionali. Molte sono le “storiche famiglie” che ancora oggi lavorano il prodotto e i cui figli e nipoti mantengono viva la produzione, tanto che lo stesso termine di “porchettaro” viene ancora oggi usato per indicare gli appartenenti a tali famiglie. Rosmarino o finocchietto, quel che conta è la crosta La porchetta è, in generale, un piatto tipico dell’Italia centrale e settentrionale. Consiste in un maialino
intero, svuotato, disossato, farcito con erbe aromatiche e arrostito in forno. Viene servito sia caldo che freddo o, ancora meglio, tiepido, tagliato a fette su un tagliere di legno. Anche al di fuori del territorio di Ariccia viene considerato il cibo ideale per le “merende in cantina” tipiche delle zone di produzione vinicola. È reperibile oggi anche presso negozi e supermercati, ma in genere la si acquista dai venditori ambulanti e soprattutto in occasione di feste paesane, fiere e mercati. Esistono due tipi fondamentali di condimento e quindi di gusto, dettati dalla tradizione. In tutta quell’area centrale costituita dalla Toscana meridionale, dai Castelli Romani del sud e da altre aree del centro Italia la si aromatizza con il rosmarino (ramerino in toscano), tant’è vero che quella di Ariccia venne definita da CARLO EMILIO GADDA, nel suo romanzo Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana, “la porca co un bosco de rosmarino in de la panza”. Il testo al completo, che risale al 1957, ne descrive, in modo altret-
tanto gustoso, la vendita a Roma. Un venditore di porchetta infatti, esclama: “La porca, la porca! Ciavemo la porchetta signori! La bella porca del’Ariccia co un bosco de rosmarino in de la panza! Co le patatine de staggione!… Carne fina e delicata, pe li signori proprio! Assaggiatela e proverete, v’oo dico io, sore spose: carne fina e saporita!… Porchetta arrosto cor rosmarino! e co le patate de stagione…”. Nell’Alto Lazio, in Umbria, nelle Marche e in Romagna la porchetta è invece aromatizzata con il finocchio selvatico. Tipiche di questa tradizione sono le porchette che si preparano nella Tuscia viterbese e in Umbria. La porchetta è poi diffusa anche in altre zone, pure del Settentrione d’Italia. Una delle caratteristiche distintive della porchetta di Ariccia è la croccantezza della crosta, che è anche la garanzia della sua freschezza. La sua carne sapida è di colore fra il bianco e il rosa. Sono utilizzate, come vuole la tradizione, soltanto le carcasse di animali femmine perché le carni sono più magre e
I vari passaggi per la produzione della porchetta sono: disossatura, speziatura, legatura e cottura. La legatura serve per tenere compatte le carni durante il taglio al banco vendita (photo © www.qualigeo.eu).
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saporite. Questo è il motivo per cui si chiama “porchetta” al femminile. La carcassa disossata e condita deve presentarsi con le zampe anteriori e posteriori e/o la testa. Il suo peso intero è tra 27 kg e 45 kg, mentre il peso del tronchetto (porzione della mezzena di suino) deve essere compreso tra 13 kg e 7 kg. Il metodo di produzione, che inizia con la scelta delle carni, prevede una serie di successivi passaggi — tutti molto importanti e ugualmente essenziali per la riuscita di un ottimo prodotto — che avvengono all’interno dei laboratori di produzione: • disossatura (frutto a sua volta di una tecnica antica, avviene dall’interno della carcassa); • speziatura (preferibilmente con aromi freschi e non disseccati); • legatura (serve per mantenere compatte le carni e impedire che si “allarghino” durante la fase del taglio al banco di vendita, dato che l’animale all’interno risulta adesso cavo); • cottura (con periodici controlli per una perfetta rosolatura: si effettua anche con sonde e tramite operazioni di peso). La cottura avviene in grandi forni strutturati con vasche di contenimento per raccogliere il grasso che si scioglie durante il processo di cottura. Dieta e porchetta Malgrado si possa pensare il contrario, la porchetta non è un alimento grasso proprio perché, nella fase di cottura, i grassi vengono sciolti dal calore e raccolti in queste apposite vasche. Qualche precauzione di natura dietetica il consumatore deve invece riservare alla crosta, benché secca, e alle parti grasse che residuano all’interno nonostante siano, sia la prima che le seconde, anche le parti più gustose. La porchetta deve essere consumata il giorno stesso dell’acquisto, ma, nonostante sia priva di additivi e conservanti, rimane saporita e fragrante almeno per due settimane se mantenuta nel modo giusto (in ambiente fresco, preferibilmente non in frigorifero dove il grasso si
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rapprenderebbe troppo, e avvolta nel proprio cartoccio). In ogni caso è bene evitare di servirla appena tirata fuori dal luogo fresco in cui è stata conservata, in modo da farle riprendere morbidezza. Si può anche ripassare velocemente in una padella antiaderente. Perfetta dentro ad un bel panino imbottito. Stimata persino da Leonardo Già nel 1958 VINCENZO MISSERVILLE, a proposito della Sagra della Porchetta di Ariccia,, nella rivista I Castelli Romani – Vicende, uomini, folclore, scriveva: “Tra le numerose sagre dei Castelli Romani, quella ariccina ‘della Porchetta e del Pane casareccio’ è forse l’unica che, per il suo carattere di semplicità paesana, giustifica il suo appellativo: persino nella denominazione essa ha un sapore schiettamente casalingo”. Gli faceva eco più tardi, nel 1974, GIULIO CESARE GERLINI nel libro Ariccia. Storia-Arte-Folclore: “L’arte di preparare i porcellini destinati a diventare ‘porchetta’ si può dire che è una esclusività di poche famiglie ariccine i cui componenti si tramandano di padre in figlio”. E ancora: “L’idea della Sagra venne perché si desiderava far conoscere che il prodotto ariccino si era affermato a tal punto che persino all’estero viene spedita ad imbandire tavoli di conosciuti ristoranti e locali alla moda”. Se questo era vero allora, più di quarant’anni fa, lo è ancora di più adesso che, con l’affermarsi del food made in Italy, la porchetta di Ariccia ha consolidato la propria presenza nel mondo. I produttori della porchetta di Ariccia IGP, mantenendo invariata negli anni la tradizione artigiana, hanno infatti garantito un prodotto ben riconoscibile e difficile da imitare. Perfino LEONARDO DA VINCI si è occupato della porchetta… In un suo disegno (RL12397, di proprietà della regina Elisabetta d’Inghilterra) lo studioso italiano ANTONIO ZAMBETTA ha recentemente rilevato una porchetta simile alle odierne, completa di segni di legatura. La scoperta è stata pubblicata col titolo di I mille volti di Leonardo – Leonardo oltre il visibile. Probabilmente anche lui era un estimatore della porchetta! Nunzia Manicardi
SAPORI DAL MONDO
Arrosticini made in China Per lo più a base di carne ovina arrostita, raramente bovina, infilata a pezzetti in uno schidione di legno di salice riutilizzabile! Sono il cibo di strada più consumato intorno alla Grande Moschea di Xi’an, nella provincia dello Shaanxi, e la prova dell’antico incontro e della contaminazione tra due culture lontane tra loro: quella musulmana e quella cinese di Riccardo Lagorio
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e sue mura furono costruite nell’VIII secolo, poi rifatte nel XV come potente linea difensiva in terra battuta e sostanza collosa ottenuta da succo di riso, ricco di glutine. Una città costruita intorno all’incrocio tra un cardo e un decumano come se ne potrebbero trovare da noi. Xi’an era soprattutto l’inizio della Via della seta, che a metà maggio il presidente cinese XI JINPING ha voluto rilanciare come progetto ed esempio della grandezza economica e culturale del Paese con gli occhi a mandorla. Lungo la Via della seta sono passate merci e create contaminazioni alimentari che, in taluni casi, hanno contribuito a rendere più completa quella che conosciamo come Dieta mediterranea. In altre circostanze, sulla stessa via, ma in direzione opposta, hanno preso corpo condizioni agronomiche che hanno permesso di sfruttare al meglio le condizioni del suolo e meteorologiche della terra d’Oriente. Nel 742, scortando le merci provenienti dalla Persia, a Xi’an fu costruita la Grande Moschea-giardino, intorno alla quale oggi si conserva un intero quartiere dalla fisionomia mediorientale, luogo prediletto dai 70.000 musulmani di Xi’an su un totale di 30 milioni che vivono in Cina. Il cuore della comunità, lo Hua Jue, è un suk a metà strada tra il rigore meccanicistico cinese e la
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chiassosa anarchica compravendita dei paesi mediterranei, il profumo di fritto e di inchiostro nero che verga carta di riso. In questo bazar pieno di merci si sono conservate abitudini alimentari che rappresentano illuminanti contaminazioni tra lontane culture. La più evidente è l’ampio utilizzo di carne ovina, a dispetto del documentato amore dei Cinesi per il suino. I ristoranti all’aperto e di cibo da strada del mercato Hua Jue fanno ampio sfoggio di teschi di montone come trofeo da esibire agli avventori. Il cibo prêt-à-manger, quello acquistato, impacchettato e portato a casa per il consumo familiare, è lo stinco di montone. Prima bollito, viene mantenuto a temperatura adatta al consumo in un liquido composto da brodo, peperoncino piccante fresco affettato e olio di colza. Un altro cibo assai consumato è lo spiedino di carne arrostita sui carboni. L’originalità del luogo impone l’utilizzo di carne ovina, in rari casi bovina. Il popolo cinese predilige in assoluto lo schidione di metallo, che viene riutilizzato e lavato senza tanti complimenti. Nel mercato di radici islamiche lo cerchereste inutilmente. Lo schidione è in legno di salice. Riutilizzato tutte le volte che si vuole, ovvero tutte le volte che, invece di essere riposto nella spazzatura, si
riporta con generosità al banchetto che l’ha venduto. La modalità del recupero contraddistingue questa isola islamica di Xian. I rami di salice vengono lavorati a mano e si ricava una punta che serve per trafiggere le carni e disporle ordinatamente per poco oltre la metà della lunghezza del ramoscello (il resto serve da elsa). Prima di accomodare lo spiedino sui carboni, lo si passa in varie sostanze: polvere di peperoncino, di aneto essiccato, sale e salsa di piselli e aglio amalgamati da olio di colza. Con sequenza più o meno regolare. Sembra che il modo migliore per assaporare questo manicaretto sia di accompagnarlo al latte, così com’è o acidificato, una bevanda che assomiglia allo yogurt. Ma ciò che rende davvero chic il consumo di arrosticini made in China è assistere alla loro composizione. A partire, ovviamente, dal sezionamento della carcassa, che avviene tassativamente tra la folla. La bestia viene issata su un treppiede; il macellaio si accomoda in piedi su una sedia alla giusta altezza che permetta il distacco della carne dalle ossa. E si compie il miracolo: la carne è pronta per essere sezionata in cubetti ideali per il consumo. Un numero crescente di astanti si accalca intorno al trofeo a partire dalle 16.00 e termina non prima delle 20.00. Un corteo interminabile,
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Venditore di spiedini al mercato vicino alla Grande Moschea di Xian.
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1) La composizione “a vista” degli spiedini. 2) Ali di pollo ripiene di riso. 3) Prima di essere messi a cuocere sui carboni, gli spiedini di carne d’agnello vengono passati in varie sostanze: polvere di peperoncino, aneto essiccato, sale e salsa di piselli e aglio amalgamati da olio di colza. 4) Stinchi di montone.
Ciò che rende davvero chic il consumo di questi arrosticini made in China è assistere alla loro composizione. A partire, ovviamente, dal sezionamento della carcassa, che avviene tassativamente tra la folla
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una laica processione di estimatori dello spiedino al salice. Chi proprio non ce la fa con l’agnello, un’altra golosità da passeggio di Xian sono le ali di pollo ripiene di riso. Una volta disossate, le alette vengono riempite di riso bollito e peperoncino. Non modica quantità quella utilizzata per intridere gli arti del volatile prima di essere posati sui carboni ardenti, e dopo un rapido contatto con una melassa agrodolce di melograno.
Poco distante, il ristorante De Fa Chang (la traduzione potrebbe essere: L’eterno piacere come ricchezza), che vanta le 5 A (il vertice della classificazione statale per quanto riguarda i ristoranti) e appartiene al patrimonio intangibile e culturale dello Stato, propone il piatto simbolo della città, la gelatina di maiale, presentata a cubetti. A piacere la intingerete in salsa di soia o d’aglio. È la Cina, bellezza! Riccardo Lagorio
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Dagli allevatori italiani un messaggio positivo e trasparente ai consumatori
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n messaggio positivo e trasparente ai consumatori ed alla società civile è emerso dalla tavola rotonda sul tema “L’allevatore tra etica e salute” che l’AIA-Associazione Italiana Allevatori ha organizzato lo scorso 21 giugno 2017 a Roma, nella Sala del Tempio di Adriano, sede della Camera di Commercio. «I cittadini-consumatori non hanno nulla da temere» ha affermato il presidente di AIA ROBERTO NOCENTINI introducendo i lavori. «Tutti devono sapere che gli allevatori appartenenti al nostro circuito sono impegnati ogni giorno, e lo saranno sempre di più, nel fornire prodotti sani e salubri, tesi a garantire i più elevati livelli
di sicurezza alimentare e realizzati nel rispetto del benessere animale e della sostenibilità ambientale». L’AIA, da più di 70 anni impegnata, assieme alle sue associate di razza e specie ed a quelle di livello territoriale, a contribuire al miglioramento genetico, alla conservazione e valorizzazione del patrimonio zootecnico nazionale, unico per varietà e biodiversità, ha nella fase dell’agricoltura 2.0 anche la mission di comunicare quali sono i vantaggi che saranno apportati dall’avvento dell’era della genomica e della “zootecnia di precisione”. Per farlo, ha scelto di affidarsi anche al supporto di personalità di spicco del mondo scientifico e della ricerca, settore
nel quale AIA è da sempre attenta nel trasferire i risultati ottenuti in campo. «Vogliamo dare un nostro contributo di verità e di conoscenza — ha affermato Nocentini — per riportare su basi serie il dibattito che ruota attorno alla figura dell’allevatore come primo anello della filiera alimentare, da cui traggono origine i prodotti di derivazione animale che dalle aziende arriveranno alle tavole dei consumatori». La tavola rotonda, moderata dal vicepresidente di AIA CLAUDIO DESTRO, ha visto i qualificati interventi del Capo Dipartimento delle Politiche Europee, Internazionali e dello Sviluppo Rurale del MIPAAF GIUSEPPE BLASI, che si è
Il presidente di AIA Roberto Nocentini durante il suo intervento.
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La Tavola Rotonda che si è tenuta a Roma lo scorso 21 giugno 2017 sul tema “L’allevatore tra etica e salute” ha evidenziato le garanzie fornite dall’allevamento nazionale, che produce elevati standard di sicurezza alimentare nel rispetto del benessere animale
La Sala del Tempio di Adriano, sede della Camera di Commercio. soffermato anche sulle importanti novità e opportunità per gli allevatori derivanti dall’applicazione della PAC 2014-2020 e dai bandi del PSRN, che rappresenteranno una stagione nuova per le attività di tutela e sviluppo del patrimonio zootecnico nazionale. «Il futuro della zootecnia italiana passa dal benessere animale. Di questa potenzialità si stanno accorgendo in tanti, ad esempio nei messaggi di tipo commerciale». Il professor UMBERTO AGRIMI, direttore del Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare-Istituto Superiore di Sanità, ha sviluppato i temi della sicurezza alimentare. «L’Italia, in questo campo — ha detto — si posiziona molto bene anche in Europa, poiché da noi c’è una maggior cultura del cibo e del mangiar bene. Il settore alimentare è estremamente globalizzato ed è governato a livello europeo dal cosiddetto Pacchetto igiene. Stiamo sviluppando il concetto One health che coinvolge sia la sanità animale che la salute umana e c’è da dire che il nostro Paese sta dando risposte importanti perché garantisce un approccio di filiera». Significativo, proprio per l’estensione del tema dell’incontro sull’etica, il contributo del segretario generale dell’Università Pontificia Lateranense MONS. ROBERTO DE ODORICO, che si è richiamato al rapporto tra uomo ed animali che
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è stato già codificato, più di duemila anni fa, nelle Sacre Scritture, comuni alle religioni cristiana ed ebraica, riportato nel libro della Genesi. «L’immagine dell’uomo, e degli animali, descritta nella Genesi, è ancora molto attuale: ma è importante sottolineare anche il ritmo poetico che vi si trova, che scandisce il tempo delle giornate in rapporto a quello della Natura, alla quale agricoltori ed allevatori sono così vicini e ne rispettano l’andamento. Un valore che va recuperato, soprattutto dalle giovani generazioni, spesso fuorviate dalla frenesia del tutto e subito». FRANCESCO RIVA, direttore UOC Chirurgia Odontostomatologica del Policlinico Umberto I di Roma, ha fornito interessanti indicazioni sulle potenzialità, anche in campo medico scientifico, del promuovere una comunicazione che sia più “etica”, soprattutto quando qualcuno tenta di indirizzare le persone a cambiare regime alimentare. «Se la popolazione italiana è ai vertici mondiali in quanto a salute e qualità della vita, è perché evidentemente le nostre scelte nutrizionali sono corrette. Merito va dato anche agli allevatori italiani ed al loro lavoro. Per cui ritengo giusto alzare la testa contro chi ne parla male». Al dibattito ha dato il suo contributo il responsabile Area Economica di COLDIRETTI GIANLUCA LELLI, che, nel ringraziare gli or-
ganizzatori, ha dato atto al nostro Paese di essere «il più diverso al mondo in quanto a qualità dell’alimentazione, per il livello della sua organizzazione allevatoriale e perché si è dato il giusto valore alle imprese. Le potenzialità ancora da sfruttare riguardano le aree interne e marginali». In sala, tra gli intervenuti, il direttore ASSOCARNI FRANÇOIS TOMEi, il dirigente della Direzione Generale dello Sviluppo Rurale del MIPAAF FRANCESCO BONGIOVANNI, il consigliere della Camera di Commercio di Roma ALDO MATTIA, rappresentanti della stampa di settore e specializzata, presidenti e direttori delle associate di razza e specie e territoriali del Sistema Allevatori, tecnici ed allevatori. L’incontro rientra nel pacchetto delle attività di divulgazione che vanno sotto il nome di Stalle Aperte, promosse per informare in assoluta trasparenza i consumatori e le famiglie sul “nuovo corso” degli allevamenti italiani. Tra gli esempi concreti, l’avvio di recente del disciplinare denominato “Latte del Benessere”, uno strumento aggiuntivo, derivante dall’importante massa di dati prodotta con l’attività dei controlli funzionali, per evidenziare lo stato di salute delle bovine in allevamento, dall’intera mandria fino al singolo animale. (Fonte: AIA Associazione Italiana Allevatori, www.aia.it)
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RASSEGNE
Sommet de l’Élevage 2017, ci siamo quasi
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due mesi dall’apertura delle porte del primo appuntamento europeo dei professionisti dell’allevamento, gli organizzatori del Sommet de l’Élevage sono piuttosto sereni, come ci racconta FABRICE BERTHON, Commissario Generale del salone. «Con già circa 1.040 imprese iscritte e una sessantina di nuovi espositori diretti, siamo in lieve anticipo rispetto allo stesso periodo del 2016. Siamo quindi sulla
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buona strada per raggiungere il nostro obiettivo per quest’anno che è quello di progredire e di avere un maggior numero di espositori rispetto allo scorso anno. Con 2.000 animali, 1.500 espositori attesi — 300 dei quali di provenienza internazionale, da 30 paesi — e una trentina di conferenze in programma, il Sommet 2017 prende forma sotto i migliori auspici». È dunque certo che questa nuova edizione saprà soddisfare
gli 88.000 visitatori attesi da tutto il mondo. Lo Zenith, epicentro del Sommet Come nel 2016, il ring dei concorsi dei bovini da carne e il Club d’Affaires International, completamente riservato alle delegazioni straniere, e riprenderanno il loro posto al centro della sala spettacoli dello Zenith d’Auvergne, magnifico scenario, propizio alla ricezione di eventi di grande portata.
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Al centro del più grande pascolo d’Europa, il Sommet de l’Élevage è una straordinaria vetrina del know-how francese nel campo della produzione animale e della genetica.
Dal 4 al 6 ottobre torna l’evento clou della zootecnia francese, riunita per tre giorni al Parco esposizioni della Grande Halle d’Auvergne di Clermont-Ferrand, nel cuore della Francia, per la sua 26a edizione
Limousine star 2017 Unendo al tempo stesso qualità materne e attitudini alla produzione di carne assolutamente d’eccezione, la Limousine organizzerà il suo concorso nazionale durante l’edizione 2017 del Sommet. Già presente nel 2004 e nel 2011, l’organismo di selezione assicura la presenza dei 400 migliori esemplari della razza. Razze internazionali in concorso Per la prima volta, il Sommet ospiterà il concorso di 2 razze internazionali: la Belgian Blue e la Hereford. Per quest’ultima, la competizione avrà valore di concorso nazionale con la presenza di giudici provenienti da Canada, Uruguay, Svezia e USA. Iran ospite d’onore Dopo la Colombia nel 2016, è la volta dell’Iran, che sarà il paese ospite d’onore di questa edizione. Caratterizzato da una grande varietà di climi, sul suolo iraniano vengono coltivati prodotti alimentari diversificati quali cereali, numerosi frutti e verdure, cotone, spezie, tè… Il bestiame è rappresentato essenzialmente da ovini (50 milioni di capi), caprini e un numero di bovini che
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raggiunge circa i 9 milioni di animali. Nel corso del Sommet, questo Paese la cui agricoltura contribuisce al PIL per il 13% e genera circa il 25% dei posti di lavoro del paese, verrà a promuovere la propria agricoltura e allevamento in uno stand dedicato e messo a disposizione dagli organizzatori. Inoltre, per rafforzare ulteriormente i rapporti tra le due nazioni, il Sommet ospiterà il Comitato misto agricolo Francia/Iran. Nato nel 2015, esso riunisce i Ministri dell’agricoltura dei 2 Paesi e si propone di definire un programma concreto di azioni di cooperazione bilaterali per gli anni a venire su tematiche precise. Sommets d’Or I Sommet d’Or premiano ogni anno le migliori innovazioni tecniche nelle 4 categorie macchinari agricoli, attrezzature, prodotti e servizi per l’allevamento. Aperto a tutti gli espositori, questo concorso offre una bella opportunità di valorizzare tutte le innovazioni di prodotto presso stampa specializzata, visitatori e tutti i professionisti della filiera. >> Link: www.sommet-elevage.fr
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Si spengono le luci su un’edizione di grande successo
Mostra nazionale del bovino di razza Romagnola
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ala il sipario sulla 26a edizione della Mostra nazionale del bovino di razza Romagnola, che ha portato a Imola (BO), dal 16 al 18 giugno scorsi, oltre cento esemplari, siglando un bilancio conclusivo che certifica un successo senza precedenti. Inserita nell’ambito della Fiera Agricola del Santerno – Presidio della Biodiversità, giunta alla sua settima edizione, la Mostra ha saputo attrarre il pubblico delle grandi occasioni. «Nel ring hanno sfilato i migliori esemplari di una razza di bovini da carne che rappresenta una delle eccellenze del territorio» ha volu-
to sottolineare MAURIZIO GARLAPPI, presidente dell’Associazione regionale allevatori dell’Emilia-Romagna (Araer) che, insieme ad Anabic (Associazione nazionale allevatori bovini da carne), al Comune di Imola, all’Associazione allevatori asini di razza Romagnola (As.I.R.A.R.A.) e alla cooperativa Clai ha organizzato la rassegna. «E grazie alle numerose iniziative che abbiamo inserito nel programma dei tre giorni siamo riusciti a catturare l’attenzione di molte persone non addette ai lavori, prime fra tutte le famiglie». Tra gli appuntamenti più seguiti dal numeroso pubblico va annovera-
ta la gara per indovinare il peso del torello Romagnolo, che ha visto in gara Figaro di Pratocalcio dell’azienda agricola Pasqui Gino e Domenico di Forlì (412 kg di peso certificato sul posto): in palio per il vincitore c’era una ricca fornitura di vari tagli di carne di bovino di razza Romagnola offerto dalla Clai. Particolarmente partecipata la sfilata che nella mattinata di domenica ha decretato il vincitore del Best in Show, maschile e femminile, di tutte le categorie in gara. Il prestigioso riconoscimento è andato rispettivamente a Dodo dell’azienda agricola Cenni di Ravenna e a Aida
Il direttore di Araer, Claudio Bovo, premia l’allevatore di Aida delle Querce, la bovina che si è aggiudicata il Best in Show.
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Nel ring hanno sfilato i migliori esemplari di una razza di bovini da carne che rappresenta una delle eccellenze del territorio, ha sottolineato Maurizio Garlappi, presidente dell’Associazione allevatori dell’Emilia-Romagna
Laura Cenni e il suo Dodo, Best in Show per i maschi di razza Romagnola. delle Querce dell’azienda agricola Donati sempre di Ravenna, due splendidi soggetti a cui il giudice di gara, ANTONIO CHIAVINI, ha assegnato il massimo riconoscimento, pur ammettendo che il livello della competizione tra gli animali in gara era tale da rendere difficile la sua valutazione. «Una rassegna così partecipata e capace di suscitare tra i visitatori tanto entusiasmo — è l’analisi conclusiva del direttore di ARAER, Claudio Bovo — non può che infondere fiducia sul futuro di questa razza autoctona dell’Emilia-Romagna, la cui sopravvivenza, fino a pochi anni
fa, era messa seriamente in discussione a causa di una riduzione di capi e allevamenti che, dal 2005 al 2015, ha dovuto registrare rispettivamente un –30% e un –43%. La tendenza, soprattutto nella provincia di Bologna, sembra invertirsi, tant’è vero che nel 2016, relativamente ai capi iscritti al Libro genealogico, si è registrato un +3,87%. Un buon risultato che non è certo frutto del caso, bensì dell’attività che insieme ad ANABIC portiamo avanti per il miglioramento genetico della razza, a cui si devono aggiungere momenti come la Mostra appena terminata che rappresentano occa-
sioni imperdibili per valorizzare una razza di elevata qualità». Particolarmente interessante si è rivelata la sfilata degli asini di razza Romagnola, che grazie all’intensa attività portata avanti da As.I.R.A.R.A. soprattutto negli ultimi 15 anni oggi non rappresenta più una specie a rischio estinzione. Tra le note di colore che hanno suscitato grande interesse tra il pubblico va ricordata la sfilata di alcuni bovini ed equini appartenenti alle razze più piccole al mondo: rispettivamente la Dexter e la Falabella. >> Link: www.anabic.it
Assemblea Asprocarne: al via la zootecnia 4.0. SQNZ e Sigillo Italiano per dare un nome alla carne bovina prodotta in Italia e rilanciare i consumi «Con l’adesione di oltre 200 allevamenti soci di Asprocarne al Sistema di Qualità Nazionale in Zootecnica del Vitellone e Scottona ai cereali, la zootecnia piemontese è pronta al cambio di passo per avere finalmente un riconoscimento sul mercato e rilanciare i consumi. Fra qualche mese avremo i primi bovini certificati con il marchio Sigillo Italiano». Queste le considerazioni a caldo rilasciate da Roberto Buratto, presidente dell’Asprocarne Piemonte, in apertura dell’assemblea generale annuale dei soci dell’organizzazione tenutasi venerdì 23 giugno a Casalgrasso (CN). Asprocarne Piemonte è l’unica organizzazione dei produttori di carne bovina operante in Piemonte e una delle principali a livello nazionale per rappresentanza. Associa circa 700 produttori piemontesi che allevano oltre 130.000 bovini da carne ogni anno, all’incirca il 20% della produzione regionale complessiva. «Insieme alle altre organizzazioni e associazioni di allevatori italiane riunite nel Consorzio Italia Zootecnica, stiamo da anni lavorando duramente al Piano Carni Bovine Nazionale che poco alla volta sta vedendo realizzate tutte le nostre proposte. Con la presentazione della Carta di Padova chiediamo al Governo di accelerare su alcuni punti per dare vita alla zootecnia 4.0». E proprio di zootecnia 4.0 e di Carta di Padova si è discusso a seguito dell’intervento del direttore del Consorzio Italia Zootecnica Giuliano Marchesin dal titolo“Agricoltura 4.0: dal Piano Carne Bovina alla Carta di Padova, un cambio di passo per la zootecnia italiana”. (www.asprocarne.com)
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FIERE
A Colonia dal 7 all’11 ottobre prossimi
Anuga sempre più italiana!
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el 2016 il valore complessivo delle esportazioni agroalimentari made in Italy è stato di 34.364 milioni di euro. L’Unione Europea, con 22.681 milioni di euro (+3,7%), si è confermata il mercato di riferimento, assorbendo quasi i 2/3 dell’export totale, ma è la Germania il partner più importante per il Belpaese. Con 6.266 milioni di euro (+3,2%) e una quota di mercato di circa il 18%, rappresenta infatti il primo Paese di destinazione. Ed è ancora la Germania, con i suoi 81 milioni di consumatori, ad essere attualmente il maggior mercato di prodotti alimentari nella UE. Altri come Asia e Medio Oriente sono emergenti. Che l’export dell’agroalimentare italiano goda di buona salute lo dicono i numeri e la forte pre-
senza delle aziende italiane alla manifestazione tedesca (1.036) che porteranno in terra teutonica tutto il loro arsenale seduttivo. E ancora, nel futuro, il tema della salute condizionerà l’alimentazione in modo sostanziale. La parola chiave, dopo sostenibilità (bio, veg, equo-solidale) sarà quella di auto-ottimizzazione, cioè piatti pronti personalizzati, sviluppati appositamente come prevenzione nei confronti delle patologie o per migliorare le performance individuali. I consumatori diventeranno omnishopper combinando vari canali di acquisto e, per orientarsi nelle scelte di prodotti e ricette, useranno app, robot, chatbot, whatsapp e messenger di Facebook. È con questi temi che si è aperta a Milano la conferenza stampa di
presentazione di Anuga 2017, il più importante appuntamento al mondo di food & beverage che si svolgerà a Colonia dal 7 all’11 ottobre: 7.200 espositori provenienti da 100 paesi, 160.000 operatori (192 paesi e tutte le più importanti catene distributive di Germania, Europa e oltreoceano). Il tutto in 284.000 m2 di superficie espositiva (lorda), ripartiti in 11 padiglioni e 10 saloni. «Siamo molto soddisfatti dei risultati raggiunti» ha detto THOMAS ROSOLIA, AD KOELNMESSE ITALIA. «1.036 aziende, cui si aggiunge la collettiva organizzata dall’ICE che consentirà di far conoscere il valore assoluto dell’industria alimentare italiana, che è uno degli obiettivi dell’alleanza strategica con Fiere di Parma e Federalimentare. Una triangolazione che, attraverso
Anuga, il più importante appuntamento al mondo di food & beverage, si svolgerà a Colonia dal 7 all’11 ottobre 2017.
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Come si mangerà e berrà in futuro in Europa, Nord o Sud America e in Asia? Quali i trend globali? In quali regioni ed economie del mondo si celano i maggiori potenziali per il settore agroalimentare? Il tema “salute” condizionerà l’alimentazione in modo sostanziale. La parola d’ordine diventerà auto-ottimizzazione, cioè alimenti personalizzati, sviluppati appositamente come prevenzione delle patologie o per migliorare le performance individuali. I robot saranno i consulenti virtuali per lo shopping, le app sempre più al servizio delle necessità quotidiane e la digitalizzazione ridefinirà le regole della distribuzione
progetti concreti in tutte le fiere satellite di Colonia, aiuterà le aziende dell’agroalimentare nella conquista dei mercati esteri a più elevato potenziale. Questa alleanza vuole essere sinonimo di garanzia per aziende e buyer che potranno trovare, nelle partecipazioni a marchio congiunto Cibus-Anuga, tutta l’eccellenza dell’industria italiana». «Anuga è senza dubbio la principale fiera del settore alimentare a livello mondiale e la Germania è storicamente il nostro primo paese partner», ha sottolineato LUIGI SCORDAMAGLIA, presidente di FEDERALIMENTARE. «Nell’intento di preservare la credibilità commerciale delle imprese alimentari italiane e rendere prioritaria l’azione di contrasto all’Italian Sounding, il patto ANUGA-FEDERALIMENTARE rappresenta un ulteriore elemento di garanzia per le imprese espositrici e per i buyer partecipanti, soprattutto dopo gli spiacevoli episodi che si sono verificati al TuttoFood di Milano. È per questo che vogliamo costituire un presidio fisso durante la manifestazione, in grado di monitorare i prodotti presenti e raccogliere le eventuali denunce degli espositori copiati, così da coadiuvare in maniera efficace le strutture di sorveglianza già presenti nella Fiera di Colonia e direttamente collegate alla magistratura locale». Tra i partner di Anuga anche l’ICE, presente con un’importante collettiva italiana. «L’ICE-Agenzia — ha puntualizzato INES ARONADIO, dirigente settore Agroalimentare e Vini — ha curato anche per questa edizione l’organizzazione di un’importante collettiva nazionale, con l’obiettivo di supportare la promozione dei prodotti alimentari made in Italy e l’ingresso delle aziende italiane sul mercato internazionale». 10 saloni specializzati sotto lo stesso tetto È questo il formato vincente di Anuga, con due novità: il salone specializzato Anuga Culinary Concepts (che ospiterà progetti gastronomici come i concorsi “Il cuoco dell’anno” e “Il pasticcere dell’anno”) e Anuga Hot
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Beverages café, té & Co., tra i principali trend-setter della distribuzione e dell’out-of-home. Prodotti sostenibili Le previsioni congiunturali positive (secondo le previsioni dei ricercatori tedeschi nei 19 stati dell’Eurozona il consumo privato è destinato a crescere: +1,4% nel 2017, mentre nel 2018 il balzo in avanti dovrebbe essere di un ulteriore 1,5%) rafforzano anche la fiducia dei consumatori: l’importanza del prezzo come criterio di acquisto determinante è in calo rispetto agli aspetti legati alla qualità; lo si nota, ad esempio, se si osserva lo sviluppo dell’assortimento di prodotti cosiddetti “sostenibili”, biologici, equosolidali, che promuovono il benessere animale, ecc… Il maggiore mercato bio in tutto il mondo è costituito dagli USA, seguito dalla UE; in Europa i maggiori acquirenti di prodotti bio sono proprio i consumatori tedeschi. Convenience Food Aumenta il numero di persone che impiega sempre più tempo nei trasferimenti verso il luogo di lavoro e anche quello delle famiglie in cui lavorano entrambi i partner: meno tempo a casa significa anche minor tempo da dedicare alla cucina. La quotidianità del consumatore è tuttavia contrassegnata da una contrapposizione tra pressione/ ritmi lavorativi e idillio casalingo. Ne consegue una crescente importanza del cucinare a casa: cucinare si trasforma in hobby cui dedicare tempo, da qui la crescita dei prodotti gourmet e regionali. Digitalizzazione Il consumatore anche di beni alimentari diventerà un omnishopper cambiando a proprio piacimento i vari canali di acquisto. Clean Label Il consumatore desidera sempre più informarsi in modo approfondito su ingredienti e modalità di produzione. >> Link: www.anuga.com
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a legge europea entrata in vigore nel dicembre 2011 relativa alle informazioni ai consumatori sugli alimenti, regolamenta in tutta Europa etichette uniformi per gli alimenti e i valori nutrizionali. Da dicembre 2016 l’indicazione dei valori nutrizionali dei prodotti in etichetta è diventata obbligatoria e le aziende devono attenersi alle nuove norme di etichettatura presenti nel regolamento (nella tabella, un riassunto degli obblighi legislativi più importanti, in tema di rintracciabilità e sicurezza alimentare). Rintracciabilità completa con CSB Traceability Rintracciabilità e garanzia di provenienza sono da anni competenze
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immagazzinata, trasportata, consumata e smaltita la merce prodotta. Tutti i dati sulla provenienza e la lavorazione vengono inseriti e trasmessi ai clienti e a banche dati esterne, come ad esempio fTRACE o mynetfair. In questo modo i consumatori finali possono ricercare rapidamente e facilmente tramite smartphone o computer le informazioni sulla rintracciabilità dei prodotti. Vantaggi • Trasparenza dei flussi di merce aziendali e della logistica interna; • rafforzamento della fiducia dei consumatori; • sicurezza giuridica e limitazione dei rischi; • gestione competente delle situa-
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delle aggiunte in produzione. Gli elementi dell’etichetta (ingredienti, valori nutrizionali, allergeni, OGM) possono essere generati in più lingue; per ogni prodotto e lingua si possono rappresentare contemporaneamente fino a sei differenti unità. È possibile inoltre integrare in modo rapido e agevole le banche dati nazionali ed internazionali dei componenti e dei valori nutrizionali. Sfruttando a pieno la Gestione Valori Nutrizionali integrata del CSB-System si ottiene massima trasparenza nell’etichettatura dei prodotti, assicurandosi così oltre alla fiducia dei consumatori anche vantaggi competitivi a lungo termine. Vantaggi • Integrazione completa dei processi; • Possibilità di rappresentare fino a sei unità contemporaneamente per prodotto e per lingua; • Integrazione confortevole di tutte le banche dati nazionali ed internazionali dei componenti e dei valori nutrizionali; • Formule di calcolo liberamente definibili; • Considerazione delle perdite e
delle aggiunte in produzione; • Inizializzazione automatica delle etichette articolo e delle specifiche prodotto. Per concludere, il CSB-System rappresenta la soluzione intelligente per tutte quelle aziende del settore alimentare alla ricerca di un software con un’elevata capacità di innovazione e un efficiente adeguamento agli obblighi legislativi in continuo cambiamento. Soddisfare rapidamente e con successo queste esigenze è fattore determinante per operare sul mercato e mantenere una buona posizione competitiva.
Referente: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (Verona) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com
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È il prodotto a vincere grazie al sistema Cryovac® Darfresh®
“O
scar dell’Imballaggio 2017” assegnato a Cryovac® Darfresh® Range nella sezione speciale “Tecnologia”, con la seguente motivazione: “Premiato per le performance tecniche che consentono di allungare la shelf-life del prodotto e, nel contempo, ne esaltano l’immagine mettendo in primo piano la tridimensionalità del contenuto. L’apertura facilitata garantisce la pelabilità perfetta del film, assicurando l’integrità del cibo contenuto”. I sistemi Cryovac® vincono questo premio prestigioso per la sesta volta! «È un privilegio ricevere questo premio e portare la sicurezza alimentare, l’efficienza operativa e le soluzioni per la creazione di marchi ai nostri clienti in Italia e nel mondo», ha
dichiarato LUCA GRASSI, District Sales Manager Italy di Sealed Air. Cryovac® Darfresh® è un sistema di confezionamento case ready che garantisce efficienza operativa elevata e sostenibilità per i produttori alimentari, mentre allarga le opportunità di merchandising e di riduzione degli sprechi per i retailer. Il sistema sottovuoto skin Cryovac® Darfresh® combina due film che creano l’aspetto di una seconda pelle in un’unica confezione tridimensionale con un aspetto eccellente. Ha un comprovato successo nel preservare il colore, il sapore e l’integrità del prodotto contenuto. La lunga durata di conservazione è completata da un’apertura facilitata senza precedenti. Riducendo al
minimo la dimensione del pack si ottengono vantaggi di sostenibilità misurabili, che vanno da una riduzione del materiale utilizzato all’ottimizzazione dei costi di trasporto e logistica. Ad esempio, aumentando il numero di confezioni che possono essere trasportate per metro cubo, i produttori e il retail possono ridurre i trasporti e le emissioni di CO2 associate del 40%. Il sistema aiuta a ridurre lo scarto alimentare grazie ai vantaggi dell’imballaggio a vuoto e all’utilizzo dei materiali e dell’energia e consente di trasportare, conservare, esporre e commercializzare il prodotto in modo più efficiente. >> Link: www.sealedair.com
Il sistema sottovuoto skin Cryovac® Darfresh® combina due film che creano l’aspetto di una seconda pelle in un’unica confezione tridimensionale con un aspetto eccellente.
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Haripro, leader in Italia nella produzione di proteine e aromi naturali, fornisce le piĂš importanti aziende produttrici di ingredienti per la salumeria. Haripro grazie ad una continua ricerca, ha sviluppato negl'anni prodotti sempre piĂš all'avanguardia, come proteine funzionali ed aromi naturali anallergici ad alto valore nutrizionale. Haripro is a leading producer of proteins and natural flavours in Italy. It supplies the most important Companies which blend ingredients for the meat industry. Haripro, thanks to a continuous research, had developed through years more advanced products like functional proteins and hypoallergenic natural flavours with high nutritional value.
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41057 Spilamberto (Modena) - Italy - via Ghiarole, 72 - Tel. +39 059 78 41 11 - Fax +39 059 78 37 47 www.haripro.it e-mail info@haripro.it
L’arte di Stagionare con la giusta tecnologia di Elena Benedetti
L
a lavorazione delle carni è un processo complesso nel quale entrano in gioco tante variabili, come l’umidità, attraverso la quale le muffe conferiscono odori e sapori unici alle carni. Quegli odori e sapori che, giorno dopo giorno, si trasformeranno in salumi straordinari che tutto il mondo ci invidia. Ma basta poco, anche
una piccola variazione di temperatura per ottenere un prodotto totalmente diverso. Prendiamo ad esempio la stagionatura dei salumi: essa richiede umidità, temperatura, un certo tipo di budello e carni (siano essere fresche o congelate), un bilanciamento ragionato delle materie prime e delle spezie. Tutto ciò, in un contesto di ambiente di
lavoro che può variare da territorio a territorio e da stagione a stagione. Ne sa qualcosa anche PAOLO MINOZZI, che insieme al fratello FRANCESCO ha intrapreso da qualche anno una nuova avventura nel mondo dei norcini e salumieri, con un’azienda e, soprattutto, un marchio, che racchiude in sé tutta l’esperienza di oltre 25 anni di lavoro.
A sinistra: il modello IX 100 di Stagionare. La capienza è di 100 kg (max 140) di prodotto ed è dotato di 6 coppie di guide con 30 bastoni. A destra: il modello IX 50 di Stagionare, l’armadio di asciugatura e stagionatura di base che ha una capienza di 50 kg (max 70) di prodotto ed è caratterizzato da 3 coppie di guide con 15 bastoni.
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L’azienda Stagionare si presenta con qualcosa di nuovo sul mercato: un prodotto semplice e intuitivo nell’utilizzo, dotato di centraline touch che si possono controllare e regolare comodamente da remoto, e l’impiego di materiali in acciaio inox, made in Italy, ritenuti idonei e affidabili
Paolo Minozzi negli uffici dell’azienda di Camposanto (MO). È Stagionare, il brand degli impianti per salumifici e macellerie, siano essi grandi o artigianali, che i fratelli Minozzi hanno iniziato a produrre nel loro stabilimento di Camposanto, in provincia di Modena. Dopo tanti anni di lavoro per conto terzi, con un monte ore infinito trascorso ad ascoltare le richieste della clientela, Paolo e Francesco hanno deciso di presentarsi con qualcosa di nuovo sul mercato degli impianti di asciugatura e stagionatura. I concetti base sono tanto efficaci quanto trasparenti: fornire un prodotto semplice e intuitivo nell’utilizzo, dotato di centraline touch che si possono controllare e regolare comodamente da remoto, e l’impiego di materiali in acciaio inox, made in Italy, ritenuti idonei e affidabili (come ad esempio lo spessore di isolamento di 7,5 mm dell’armadio inox). Poi c’è il vero segreto del successo di Stagionare, che è legato al servizio al cliente che questi imprenditori emiliani, un ibrido
tra bravi artigiani e illuminati inventori, sono capaci di garantire. Non dimentichiamo infatti che in terra di Emilia la cultura salumiera è presa molto seriamente. Ci sono specialità della tradizione che da queste parti hanno secoli di storia, tra ricette e metodi di lavorazione delle carni suine. Oggi la tradizione convive con la modernità e da quest’ultima può trarre vantaggi in termini di tecnologia a supporto delle lavorazioni. Il prodotto di punta di Stagionare è l’armadio inox monoscocca con caldo e freddo a bassa ventilazione. Facile da utilizzare, consente l’impostazione dei tempi di lavoro e di pausa. Le personalizzazioni sono tante, dalle porte in vetri alle ruote, fino all’implementazione degli strumenti touch. Dal monoscocca si passa poi ad armadi componibili in lamiera plastificata e a mini celle con caldo e freddo ventilato. La gamma di offerta è quindi piuttosto ampia, coprendo le esigenze di piccole pezzature,
dai 50 chilogrammi di prodotto, fino ad allestimenti industriali. La presenza alle fiere di settore, tra cui quella ad iMeat a Modena, sta dando parecchi frutti in termini di contatti e commesse, che sono giunte anche da mercati esteri. Con la flemma tipica degli imprenditori di queste zone, tutte le energie dei fratelli Minozzi sono oggi focalizzate a far crescere questo business che è in piena evoluzione e che spazia anche nel mondo della maturazione delle carni, con le lunghe frollature tanto di moda, anche tra i ristoratori, e all’essiccatura dell’ittico. Tutto ciò continuando a seguire la clientela e garantendo un ottimo servizio di assistenza personalizzata che resta il primo e migliore biglietto da visita. Elena Benedetti
>> Link: www.stagionare.it
Un esempio di centralina touch con un display di 7 pollici LCD retro illuminato per la gestione del caldo, freddo, ventilazione della cella, umidificazione, ricambio aria, rilevazione della temperatura e dell’umidità. Grazie alla connessione wi-fi e al collegamento da remoto con software di analisi questa centralina è facile da gestire anche nelle delicate fasi di avviamento della lavorazione del prodotto.
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Distribuito da Lazzari Equipment
Aceto Aromatico GPI 6.2: il principio e l’utilizzo
L’
Aceto Aromatico GPI 6.2 è un potente batteriostatico naturale che è stato inventato, messo a punto e brevettato dal dott. Toledo, professore emerito in Scienza e Tecnologia degli Alimenti all’Università della Georgia in USA, il quale continua a studiare e sviluppare il prodotto ampliandone l’efficacia e il campo di utilizzo. Prodotto dalla canadese GPI, con base a Newmarket, Ontario, si distingue per la grande efficacia e l’origine naturale. L’Aceto Aromatico GPI 6.2 rappresenta, infatti, un approccio innovativo nell’inibizione della carica microbica degli alimenti, proprio perché si tratta di un prodotto totalmente naturale, a base di solo aceto di canna da zucchero e che permette, quindi, di esibire etichette senza conservanti che impongano la dichiarazione di numeri “E”. A seconda dell’applicazione può sostituire, con ottimi risultati, sodio ascorbato E301, nitrato di potassio E252, acido ascorbico E300 ed altri anti-acidificanti comunemente utilizzati nei preparati alimentari. Tecnicamente, l’Aceto Aromatico GPI 6.2 è semplice aceto, ma con valori di pH innalzati sino a 6,2 mediante un trattamento naturale, per renderlo utilizzabile a contatto con le proteine animali senza denaturarle, ovvero senza cuocerle superficialmente. La funzionalità si basa sul principio di HendersonHasselbalch, secondo la quale, quando i valori di pH sono inferiori al pK, gli acidi penetrano meglio le
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pareti delle cellule patogene e, una volta all’interno della cellula, possono interferire con i processi metabolici inibendone la proliferazione. L’Aceto Aromatico GPI 6.2, rimuove l’impedimento alla penetrazione della cellula ad elevati pH, facilitandone la diffusione e l’efficacia a basse concentrazioni. L’utilizzo è molto ampio: perfetto come antiossidante, funziona ottimamente per il controllo della Conta Batterica Totale (si veda Grafico), ma ha un effetto molto marcato anche su patogeni specifici come botulino, Escherichia coli, salmonella e Lysteria (test di sensibilità in vitro condotti dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna, sezione diagnostica di Brescia). Viene utilizzato con ottimi risultati su prodotti carnei crudi come salsiccia, hamburger, macinati in genere, tagli anatomici, bistecche, fettine o straccetti. L’utilizzo è molto funzionale anche per prodotti cotti,
da aggiungere in salamoia in percentuali molto basse, o direttamente in zangola, oppure da aggiungere agli impasti nel mixer. Il trattamento ha effetti molto positivi sulla durata del prodotto (sensibile aumento della data di scadenza), ma non solo: ne esalta il sapore naturale e permette, di conseguenza, di ridurre il quantitativo di sali nei preparati, risultando ottimo per le diete povere di sodio. Anche il colore delle carni ne beneficia, poiché, ne viene naturalmente esaltato, ad esempio nelle salsicce fresche, nei macinati e negli hamburger si nota subito un rosso carne più vivo e più duraturo. Un hamburger prodotto con l’aggiunta di Aceto Aromatico GPI 6.2 può tranquillamente durare 4 giorni, senza nessun’altro conservante o antiossidante aggiunto. Se somministrato nebulizzato, diventa un forte alleato alla salubrità delle celle frigo. Applicato agli
Con l’Aceto Aromatico GPI si ottengono effetti molto positivi sulla durata del prodotto e il suo sapore naturale viene esaltato, consentendo così di ridurre il quantitativo di sali, rendendolo ideale per le diete povere di sodio.
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L’Aceto Aromatico viene distribuito in fusti da kg 23.
L’Aceto Aromatico GPI 6.2 rappresenta un approccio innovativo nell’inibizione della carica microbica degli alimenti, proprio perché si tratta di un prodotto totalmente naturale, a base di solo aceto di canna da zucchero e che permette, quindi, di esibire etichette senza conservanti che impongano la dichiarazione di numeri “E”.
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strumenti di lavoro, quali coltelli taglieri o vassoi da esposizione, spesso veicolo di indesiderati patogeni, ne sanifica a fondo la superficie, evitandone inoltre il fastidioso risciacquo. L’applicazione mediante nebulizzazione spray è molto utile anche nella preparazione di gastronomia in genere come piatti pronti, panini imbottiti, tramezzini e snack di ogni tipo. In definitiva, è sia un ottimo coadiuvante per prodotti alimentari che per sistemi HACCP. L’utilizzo dell’Aceto Aromatico GPI 6.2 è diventato ormai molto comune nei Paesi anglosassoni, soprattutto in Inghilterra, dove l’organic food (cibo biologici), senza aggiunta di prodotti chimici, senza conservanti né coloranti artificiali e privi di OGM, ha un trend in crescita continua, con sempre più consumatori consapevoli e attenti a ciò di cui si alimentano. Anche in Italia l’Aceto Aromatico GPI 6.2 ha sempre più estimatori. L’industria ha iniziato ad usarlo in prodotti di nicchia dall’alto valore aggiunto, in special modo nel settore ittico dove l’effetto batteriostatico sui patogeni del pesce si sposa perfettamente al suo sapore dall’aroma fresco e umami in insalate di mare, mitili, hamburger e preparati elaborati, riducendo il sale ed eliminando completamente quell’odore, a volte fastidioso, che tipicamente hanno i piatti a base di pesce all’apertura della confezione ATM. Ma i più
sensibili ed entusiasti utilizzatori dell’Aceto Aromatico GPI 6.2 nel nostro mondo, ovvero quello delle carni fresche, sono i produttori che hanno fatto dell’alta qualità la loro bandiera, i più pronti ad esaudire le richieste dei clienti di carne naturalmente salubre, chi fa grande selezione della materia prima partendo dall’animale allevato al meglio, sino ad arrivare al prodotto finale preparato a regola d’arte, senza nessun additivo chimico aggiunto, per fornire il massimo alla propria clientela: i nostri migliori macellai Italiani! Abbiamo parlato più volte in queste pagine della proficua collaborazione con gli amici di Farmer’s Market / Green Farm di Nole Canavese (TO), i primi a credere fermamente nell’Aceto Aromatico GPI 6.2, ma ormai tanti si sono aggiunti da tutto il Piemonte, con la sua grande cultura per la carne di altissima qualità, alla Lombardia, la Toscana, il Trentino Alto Adige e, infine, le regioni più attive, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, grazie alla collaborazione con il distributore locale esclusivo, la storica ditta Savonitti Mattia Sas di Goricizza di Codroipo (UD) (telefono: 0432 907393, e-mail: mattia@ savonitti.com, web: www.savonitti.com), che sta facendo un encomiabile lavoro di informazione e introduzione alla propria clientela con ottimi risultati commerciali ma, ciò che più ci interessa, con estrema soddisfazione degli utilizzatori finali! Lazzari Equipment è a disposizione per suggerirne l’uso e fornire campionature, nonché letteratura come schede tecniche, challenge test sia in vitro che su specifici prodotti. Lazzari Equipment & Packaging Via Volta, 12 C 37026 Settimo di Pescantina (VR) Tel.: 045 8350877 – Fax: 045 8350872 E-mail: info@lazzariequipment.com Web: www.lazzariequipment.com
Sono gradite richieste per distribuzione su scala regionale da parte di fornitori di droghe, aromi e budella a grosse macellerie
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LA PAGINA SCIENTIFICA
Nitriti e nitrati sicuri, un errore eliminarli dalla salumeria L’eliminazione di giuste quantità di nitriti e nitrati dai salumi non è assolutamente giustificata da alcuna ragione di pericolosità, esponendo anzi ai rischi di dannose tossinfezioni e alla riduzione delle caratteristiche organolettiche dei prodotti di salumeria di Giovanni Ballarini
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ella sempre più diffusa cultura del “senza” (colesterolo, zucchero, grassi, ecc…) il “senza additivi”, in particolare senza nitriti e nitrati aggiunti, colpisce anche la salumeria, soprattutto quel-
la italiana, dimenticando che l’uso del salnitro fa parte di un’antichissima tradizione. Nitriti e nitrati sono abbondantemente e naturalmente presenti nell’alimentazione umana tradizionale perché si trovano in
molti alimenti anche biologici. Il nitrato è infatti largamente presente nelle verdure: le concentrazioni più elevate si trovano nelle verdure a foglia come spinaci e lattuga, dove si possono raggiungere e superare
Nitriti e nitrati, utilizzati per stagionare carni e alimenti deperibili, oltre che conservare il prodotto ostacolano la crescita di microorganismi nocivi, in particolare del Clostridium botulinum, batterio responsabile del botulismo (photo © Studio Gi – stock.adobe.com).
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i 3.000 milligrammi per chilo, ed entra nell’alimentazione attraverso l’acqua che beviamo. Come ha ricordato di recente l’EFSA1, l’Agenzia per la sicurezza alimentare dell’Unione Europea, i sali di nitriti e nitrati sono utilizzati per stagionare la carne e altri prodotti deperibili, e vengono aggiunti agli alimenti per conservarli e ostacolare la crescita di microrganismi nocivi, in particolare il Clostridium botulinum, batterio responsabile del pericolosissimo botulismo. Nitriti e nitrati consentono di mantenere il colore rosso nelle carni e di migliorarne il gusto, e sempre i nitrati impediscono in alcuni formaggi gonfiori di fermentazione. Secondo un calcolo dell’EFSA, nella normale alimentazione europea il nitrito e il nitrato aggiunti alle carni non superano il 5% del quantitativo presente nell’alimentazione media totale. In un’alimentazione vegetariana e/o vegana, dove abbondano gli alimenti vegetali ricchi di nitrati e nitrati, la loro quantità totale è certamente maggiore rispetto a quella di un’alimentazione onnivora. Se nell’abbondante porzione di un etto di salume sono contenuti dai 10 ai 15 milligrammi di nitrato o nitrito, infatti, in due etti di spinaci ve ne sono almeno 600. Nitriti e nitrati nell’organismo umano Nell’uomo i nitriti e nitrati degli alimenti vegetali, carnei e dell’acqua sono assorbiti rapidamente dall’organismo e per la maggior parte eliminati come nitrati. Una piccola quantità del nitrato assorbito è rimesso in circolo dalle ghiandole salivari e, di questo, un’ulteriore piccola parte è convertita in nitrito dai batteri del cavo orale. Il nitrito assorbito può ossidare l’emoglobina dei globuli rossi del sangue trasformandola in metaemoglobina, che in eccesso riduce il trasporto dell’ossigeno nel corpo e soprattutto può contribuire alla formazione di un gruppo di composti noti come nitrosammine, alcune delle quali sono cancerogene; da qui le giuste preoccupazioni di non
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L’esposizione è la concentrazione o quantità di una sostanza che viene assorbita da un individuo, una popolazione o un ecosistema con una specifica frequenza nell’arco di un determinato lasso di tempo. Quando gli esperti valutano l’esposizione alimentare dei consumatori a una data sostanza, associano i dati sulla sua concentrazioni negli alimenti con le quantità effettivamente consumate. Attenzione alle dosi per i bambini
superare le dosi di sicurezza che hanno portato a stabilire le seguenti dosi giornaliere ammissibili (DGA) per chilogrammo di peso corporeo: • per il nitrito tra 0,06 e 0,07 mg; • per il nitrato 3,7 mg. Sicurezza dei nitriti, nitrati e nitrosammine Gli esperti scientifici dell’EFSA, nel loro recente rapporto che basa la propria valutazione su dati precedenti, nuova letteratura scientifica e di ricerca dati, confermano che il nitrato non è genotossico né cancerogeno, assicurando che la dose massima di 3,7 milligrammi giornalieri per chilo di peso corporeo tutela la salute del consumatore. Per i nitriti alimentari, che solo per circa il 5% derivano da additivi aggiunti, applicando ipotesi prudenziali (e cioè quelle peggiori), si deve constatare che la formazione nell’organismo di nitrosammine da nitriti aggiunti ai prodotti a base di carne nei livelli autorizzati non costituisce un problema anche minimamente rilevante per la salute umana, perché la loro quantità è in pratica ininfluente sul bilancio alimentare, considerando la quantità di nitriti e nitrati negli alimenti vegetali e nell’acqua. Bisogna tuttavia considerare che la concentrazione o la quantità di nitriti e nitrati assorbiti da un individuo in una popolazione o in un ecosistema può essere variabile per molti fattori, non ultimi l’ambiente e le modalità di produzione degli alimenti, non dimenticando infine che i bambini hanno livelli di consumo più elevati in rapporto al peso corporeo.
Alimentazione sicura con nitriti e nitrati Sulla base delle evidenze disponibili, gli esperti dell’EFSA concludono che gli attuali livelli di sicurezza per nitriti e nitrati aggiunti alla carne e ad altri alimenti tutelano a sufficienza i consumatori. Utilizzando gli effettivi livelli di concentrazione nei cibi, l’esposizione del consumatore al nitrato usato come additivo alimentare è inferiore al 5% dell’esposizione complessiva al nitrato negli alimenti e non supera la dose giornaliera ammissibile (DGA), fatta eccezione per un lieve superamento nei bambini la cui dieta sia basata su un’elevata quantità di alimenti contenenti tali additivi. Considerando i rischi e i vantaggi per i consumatori dei nitrati nei vegetali, bisogna ritenere che gli effetti benefici superano i rischi e che il consumatore medio non supera la dose di sicurezza. I vantaggi di sicurezza microbiologici e di qualità organolettica forniti da nitriti e nitrati, aggiunti alle dosi consentite nei salumi e in alcuni formaggi, sono incontrovertibili e non esistono pericoli nel loro uso, per cui la loro eliminazione non ha alcuna giustificazione sensata, ed è tanto più assurda una loro criminalizzazione con irrazionali campagne scandalistiche. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma Nota 1. Re-evaluation of potassium nitrite (E 249) and sodium nitrite (E 250) as food additives, EFSA Journal, 15 giugno 2017 (www.efsa.europa.eu/ it/efsajournal/pub/4786).
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STORIA E CULTURA
Macelleria, un’arte antica di Giovanni Ballarini
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allevamento degli animali, soprattutto ovini e caprini, è molto antico: le origini più probabili risalgono al 10000 a.C. circa in Mesopotamia, nella mezzaluna fertile, dove intrecciano stretti rapporti con i riti religiosi. La storia delle religioni propone numerose teorie interpretative del sacrificio degli animali, inteso come un dono delle società primitive fatto a poteri sovrumani al fine di accattivarsene i favori. La parola stessa di “sacrificio” deriverebbe infatti da sacrum facere, cioè rendere l’animale “sacro”, separato dall’uso umano in quanto destinato alla divinità. L’animale reso sacro viene poi mangiato in un banchetto che simbolicamente unisce gli dei agli uomini. Il sacrifico
ha origine nelle società arcaiche dei cacciatori-raccoglitori con il sacrificio delle primizie, ovvero la donazione agli dei — ai quali tutto appartiene —, di una parte del raccolto e della caccia, e in seguito passa alle società pastorali e agricole. Nell’antica Grecia gli animali erano considerati sacri e offerti agli dei come atto propiziatorio o di adorazione. Chi compiva il sacrificio era il magheiros, termine che si connette a quello di “mago”. Macellaio mestiere antico dai molti nomi Ma quando la macellazione degli animali da rito religioso diviene un mestiere? A Roma l’attuale macellaio era denominato con il termine
generico di lanius (da laniare o fare a pezzi, come l’ancora vivo italiano “dilaniare”), ma aveva anche altre denominazioni. Presso i Romani, per macellum si intendeva la bottega nella quale si procedeva alla vendita delle carni degli animali macellati nelle lanienae, luoghi normalmente posti fuori dell’abitato. Le associazioni di mestieri erano già presenti nell’antica Grecia e si svilupparono ampiamente in Roma, dove si chiamavano collegia o corpora e dove, e ai tempi dell’impero, costituivano un vasto sistema corporativo che vincolava l’attività economica dello Stato lasciando un’importante eredità ai tempi posteriori (SOLMI; FANTI, 1980). Nella Bologna romana sono rimaste sicure testimonianze
Il macellaio è una figura storica antica. I primi macellai della storia furono nei fatti i sacerdoti, cui spettava il compito e l’onore di compiere riti sacri (photo © www.braciamiancora.com).
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di mestieri riuniti nelle antichissime corporazioni: “poche comunità romane, come quella bolognese hanno restituito un numero così cospicuo di menzioni artigianali e professionali…” (SUSINI, 1960). Nel lapidario del Museo Civico di Bologna sono conservate steli che documentano la presenza di un macellaio (lanius), ma anche di un allevatore o mercante di porci (suarius) o di un produttore di salumi — e quindi non un prosciuttaio o pernarius in senso stretto — ottenuti con l’uso del mortaio o mortadelle (SUSINI, 1958, 1960; FANTI, 1980). Come ricorda FANTI (1980), la riunione in forme associative degli esercenti di uno stesso mestiere, industria o professione, per tutelare interessi comuni, prestarsi reciproco aiuto e garantire un ordinato svolgimento dell’attività, corrisponde ad un processo psicologico ovvio e un’esigenza naturale in una comunità che non abbia raggiunto un elevato grado di organizzazione sociale. Macellai artigiani medievali Uno degli argomenti che maggiormente hanno impegnato gli storici del Medioevo (FANTI, 1980) è se vi sia stata o no continuità fra i collegia del tardo impero romano e le corporazioni medievali. In proposito si deve far riferimento alle ricerche di SOLMI (1893), ARIAS (1905), LEICHT (1937, 1950), DE VERGOTTINI (1943), PINI (1974), RUTENBURG (1973). Sempre secondo FANTI esisterebbe una traccia di associazioni professionali, chiamate scholae, tra il VI e il X secolo nei territori italiani sottoposti al dominio bizantino. Per Pavia, già capitale del regno longobardo e poi di quello italico, è documentata, all’inizio del secolo XI, l’esistenza di associazioni di artigiani dette ministeria, controllate dall’autorità dello Stato, che esistono anche a Verona, Padova e in molte città della Francia, Germania e Svizzera. Secondo diversi studiosi, tra questi in modo particolare LEICHT (1937, 1950), la continuità tra collegia tardo-romani e scholae sarebbe abbastanza evidente nei territori bizantini, mentre in quelli longobardi vi sarebbe stata una violenta interruzione e solo i
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La macellazione di carni bovine, da una rappresentazione medievale dell’arte dei beccai (photo © it.wikipedia.org). sovrani franchi avrebbero ricostituito, con i ministeria, le corporazioni. I ministeria alto-medievali, come i collegia romani, erano associazioni forzose. In altri termini gli artigiani erano obbligati ad aderire e su di esse lo Stato esercitava un efficiente controllo (FANTI, 1980). Solo con la crisi dell’autorità imperiale nell’XI secolo, quando nelle città decadde il potere dei conti e vescovi funzionari dell’impero e nacquero i primi comuni, gli artigiani, liberati dal sistema coercitivo dei ministeria, avrebbero dato origine a nuove società, le arti, basate sull’adesione volontaria e libere dal controllo statale. Molte sono le arti e una di queste era quella dei beccarius o beccai o beccari (da beccus, maschio della capra, analogamente al francese boucher da bouc), con una denominazione che sostituisce quella romana di lanius. Accanto ai beccai che si dedicavano al commercio delle carni fresche
successivamente comparvero i salaroli, di cui si ha notizia nel XIII secolo, addetti al commercio del sale, preparazione e vendita degli alimenti salati, ad iniziare dal pesce, e i lardaroli, che commerciavano il lardo (PEDROCCO, 1998), seguiti dai salzizzari o salsicciai che commerciavano i salumi. Quando compare il termine macellaio Di solito i termini “macello” e “macellaio” sono fatti derivare dal latino macellum, mercato. Anche se questo è plausibile, per quali vie? Interessanti sono le recenti acquisizioni che ci provengono da ricerche sulle prime lingue neolatine, in modo particolare la lingua d’Oc (lingua dei Trovatori), ben nota anche nell’Italia dopo l’anno Mille. Come segnala MADELEINE FERRIÈRES (2002), sulla base di un documento del 1303 — la Cartulaire de Mirepoix, di FELIX PASQUIER (1921) Ed. Privat — è in
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Il macellum sepolto dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e ritrovato a seguito degli scavi archeologici dell’antica Pompei. Si trattava di un edificio pubblico utilizzato come mercato della città e specializzato soprattutto nella vendita di carne e pesce (photo © it.wikipedia.org). questo periodo che compare il termine mazelliers, riferito al venditore di carne (definita carnis de mazello), mentre il mazel è il luogo di vendita della carne, il banco di lavoro del macellaio e il tavolo d’esposizione delle carni in vendita. I termini appaiono in un contesto urbano. Le carni di cattiva qualità sono definite carnasse (la nostra “carnaccia”?) oppure fereza o babaque, oppure bocaria (che sembra avvicinarsi a quella che un tempo non troppo lontano è la carne detta di bassa macelleria). Sempre in lingua d’Oc, i termini mazel e mazellier, in un contesto urbano, derivano da “macellare” (FERRIÈRES, 2002) e indicano an-
che l’operazione di abbattimento (uccisione) degli animali, anche se per questa operazione si usano pure termini come tuadou (tueries o luoghi d’uccisione) e d’affachoirs o écorchois, un termine che ci riporta agli scorticatoi, da avvicinare a quello dei pelatoi, che in Italia settentrionale, diversi secoli dopo, indicano i luoghi di macellazione e lavorazione dei maiali. Nel francese la macelleria è identificata con il termine di boucherie, etimologicamente legata a bouc, quindi alla carne di becco e capra. Nel Medioevo non vi era l’uso di mangiare carne di cavallo e ben poca era la carne di bovini, animali destinati al lavoro, mentre la gran
Nel lapidario del Museo Civico di Bologna sono conservate steli che documentano la presenza di un macellaio, ma anche di un allevatore o mercante di porci o di un produttore di salumi, quindi non un prosciuttaio in senso stretto, ottenuti con l’uso del mortaio
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parte della carne derivava dai piccoli ruminanti e dai maiali. Le carni suine erano in buona parte salate e vendute conservate. Da ricordare come il termine francese boucherie ha dato origine a denominazioni dialettali italiane, che vanno dalla vuccheria (Italia meridionale, con traslitterazione b-v) al pchér (macellaio) emiliano (FERRIÈRE, 2002). Bisogna quindi ritenere che il termine italiano di “macellaio” sia connesso a quello di “macello” (carni commerciate) e che derivi dal latino passando dalla lingua d’Oc, che sia arrivato nei primi secoli dopo l’anno Mille in ambiente urbano, affiancando prima e sostituendo poi il termine di beccaio o beccario. In proposito non bisogna dimenticare il termine dialettale mazén (che nelle campagne italiane indica chi uccide il maiale e ne lavora le carni) che compare nella Piazza universale di tutte le professioni del mondo (1580) di TOMMASO GARZONI (1549-1589) da Bagnacavallo, dove sono citati anche i diversi mestieri dei beccari, macellari, lardaroli e salsicciai.
Eurocarni, 8/17
PICCOLO DIZIONARIO Beccaio: vedi beccarius. Beccarius: beccaio o beccario (da beccus o maschio della capra, analogamente al francese boucher da bouc), denominazione medievale del macellaio che vende carni di ruminanti. Boucherie: attuale denominazione francese della macelleria, etimologicamente legata a bouc, quindi alla carne di becco e capra. Questo termine ha dato origine a denominazioni dialettali italiane, che vanno dalla vuccheria (Italia meridionale, con traslitterazione b-v) al pchér (macellaio) emiliano. Budellarolo: addetto alla pulitura e lavorazione delle budella degli animali, soprattutto maiali, nei pelatoi (vedi) della città di Bologna. Carnasse: in lingua d’Oc, carne di cattiva qualità (carnaccia). Lanius: macellaio romano, da laniare o fare a pezzi, come l’ancora vivo italiano dilaniare. Lardaroli: commercianti medievali di lardo salato. Macellum: in latino identificava il mercato. Mazel: in lingua d’Oc, luogo di vendita della carne, il banco di lavoro del macellaio e il tavolo d’esposizione delle carni in vendita. Mazellier: nella lingua d’Oc, venditore di carne (definita carnis de mazello). Norcineria: in Italia centro-meridionale, soprattutto a Roma, negozio di vendita di salumi, formaggi, ecc… corrispondente alla salumeria e al pizzicagnolo settentrionale. Pchér: termine dialettale emiliano, significante macellaio e derivato da beccaio (vedi). Pelatoio: denominazione del luogo di macellazione dei maiali e lavorazione delle loro carni nella città di Bologna nel secolo XVI. Pernarius: prosciuttaio, produttore o commerciante o venditore di prosciutti dell’antica Roma. Pizzicagnolo: vedi pizzicarolo. Pizzicarolo: venditore di spezie pizzicanti (pepe, in modo particolare) e di alimenti speziati. Da qui deriva il termine pizzicagnolo, che in Italia settentrionale equivale alla più recente salumeria e in Italia centro-meridionale alla norcineria (vedi). Salamen: nel Medioevo identificava il pesce salato, l’attuale baccalà. Il termine passa ad indicare carne di maiale tritata e insaccata (l’attuale salame, dopo il XV secolo). Salaroli: nel Medioevo, venditori di sale e di alimenti salati, in modo particolare pesce salato (salamen). Il termine salarolo, nella Bologna del secolo XVI, indicava chi usava la carne suina per la confezione di salumi (insaccati soprattutto, ma anche lardi e carni salate a pezzo intero: prosciutto, spalla, ecc…). Salsiccini: corporazione modenese dei produttori di salsicce (insaccati di carni di maiale). Salumeria: in Italia settentrionale negozio di vendita dei salumi. Salzizzari o salsicciai – commercianti medievali di salsicce ed altri salumi, prevalentemente di maiale. Suarius: allevatore o mercante di porci (o anche produttore di carni salate suine) romano. Torchio: nella Bologna del XVII secolo era il termine usato per indicare quello che ora è detto ”stabilimento salumiero”. Vuccheria: macelleria nei dialetti dell’Italia meridionale, termine derivato dal francese boucherie, con traslitterazione b-v.
Eurocarni, 8/17
A metà del secolo XVII GIUSEPPE MARIA MITELLI, noto incisore, presentando i costumi tradizionali indossati dai rappresentanti delle arti bolognesi, raffigurò soltanto i sallaroli (con lo stemma che rappresenta un moggio contenente sale) e i macellari (con un bue nello stemma). Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma Bibliografia • ARIAS P. (1905), Il sistema della costituzione economica e sociale italiana nell’età dei comuni, Torino. • BRAIDI V. (a cura di, 2003), Statuta Artis Bechariorum Civitatis Mutine 1337 – Carni, salumi e baccai in età medievale, Modena. • FANTI M. (1980), I macellai bolognesi. Mestiere, politica e vita civile nella storia di una categoria attraverso i secoli, Sindacato Esercenti Macellerie, Bologna. • FERRIÈRES M. (2002), Histoire des peurs alimentaires, Éditions du Seuil, Paris. • GARZONI T. (1585), La piazza universale di tutte le professioni del mondo. Di Tommaso Garzoni da Bagnacavallo. Con l’aggiunta di alcune bellissime annotazioni a discorso per discorso, Venezia. • LEICHT P.S. (1937), Corporazioni romane e arti medievali, Torino. • PASQUIER F. (1921), Cartulaire de mirepoix, Honoré Champion, Paris. • PINI A.I. (2003), L’arte dei beccai in Modena medievale: una corporazione sotto costante controllo pubblico (in BRAIDI V., a cura di, 2003). • PINI A.I. (1974), L’associazionismo medievale: comuni e corporazioni, Seminario di studi sulla storia d’Italia, Biblioteca di Castel San Pietro Terme, Bologna. • RUTENBURG V.I. (1973), Arti e corporazioni, in Storia d’Italia, V, Einaudi, Torino. • SOLMI A. (1893), Le associazioni in Italia avanti le origini del comune, Modena. • SOLMI A., Voce “arti”, in Enciclopedia Italiana, IV, 676-679 (cit. Fanti, 1980). • SUSINI G. (1960), Le collezioni del Museo Civico di Bologna. Il Lapidario, Bologna, 111-112.
113
STATISTICHE
Importazioni e scambi intracomuni suine per paese di provenienza Importazioni e scambi verso l’Italia Suini vivi
Germania Quantità (t)
Olanda
% (*)
Quantità (t)
Francia % (*)
Quantità (t)
Danimarca % (*)
Quantità (t)
% (*)
Spagna Quantità (t)
Austria % (*)
Quantità (t)
Bel % (*)
Quantità (t)
2.274
3,9
13.420
22,8
7.280
12,4
11.984
20,3
11.595
19,7
134
0,2
101
931
4,9
5.345
28,0
61
0,3
10.241
53,7
2.187
11,5
81
0,4
0
1.327
3,4
7.891
20,5
7.078
18,4
1.164
3,0
9.026
23,4
53
0,1
101
16
1,2
183
13,8
140
10,6
579
43,5
382
28,8
0
0,0
0
331.433
36,8
140.563
15,6
71.042
7,9
89.396
9,9
122.275
13,6
44.128
4,9
22.419
63.178
44,7
9.141
6,5
43.134
30,5
147
0,1
11.154
7,9
3.316
2,3
8.912
176.598
31,5
113.443
20,3
17.345
3,1
85.316
15,2
66.179
11,8
21.228
3,8
10.179
– spalle
5.293
46,8
181
1,6
775
6,8
6
0,1
3.975
35,1
863
7,6
101
– lombi
8.070
63,7
392
3,1
1.414
11,2
135
1,1
892
7,0
760
6,0
839
– pancette
11.401
39,0
2.606
8,9
3.776
12,9
310
1,1
6.784
23,2
945
3,2
561
– altre carni
66.894
45,9
14.801
10,2
4.599
3,2
3.481
2,4
33.291
22,8
17.016
11,7
1.826
Carni congelate
12.204
19,9
2.986
4,9
3.830
6,3
1.164
1,9
27.556
45,0
3.338
5,5
3.426
917
23,4
817
20,8
552
14,1
314
8,0
958
24,4
335
8,5
24
56
14,5
8
2,1
4
0,9
1
0,2
195
50,9
56
14,6
4
– spalle
929
18,1
106
2,1
83
1,6
42
0,8
3.642
70,8
56
1,1
190
– lombate
448
23,1
11
0,6
414
21,4
1
0,1
491
25,3
88
4,5
450
– pancette
1.418
14,0
289
2,9
2
0,0
192
1,9
2.981
29,4
46
0,5
340
– altre carni
8.437
21,3
1.754
4,4
2.775
7,0
613
1,5
19.290
48,6
2.756
6,9
2.418
19.750
35,3
4.817
8,6
2.913
5,2
651
1,2
5.040
9,0
4.565
8,2
1.234
8.699
32,8
4.046
15,3
433
1,6
65
0,2
3.100
11,7
2.531
9,6
693
1
5,8
0
1,5
0
0,1
0
0,6
5
30,3
1
8,6
0
103
44,4
1
0,5
22
9,3
2
1,0
9
4,1
17
7,2
4
– pancette
1.747
44,1
81
2,0
1.810
45,7
52
1,3
37
0,9
31
0,8
0
– altre carni
3.855
52,9
443
6,1
147
2,0
346
4,7
486
6,7
548
7,5
12
– insaccati
5.344
29,8
246
1,4
501
2,8
185
1,0
1.402
7,8
1.437
8,0
524
Frattaglie
799
3,0
23
0,1
160
0,6
368
1,4
5.909
22,3
2.228
8,4
311
Lardo
136
8,0
17
1,0
34
2,0
0
0,0
719
42,3
594
34,9
7
3.215
19,1
21
0,1
225
1,3
316
1,9
4.158
24,7
2.914
17,3
124
153
13,7
9
0,8
2
0,1
0
0,0
750
67,5
0
0,0
0
369.509 33,3 159.172 14,3
84.028
9,1 175.684 15,8
57.874
5,2
27.602
– fino a 50 kg – oltre 50 kg – riproduttori razza pura e scrofe Carni fresche – carcasse o mezzene – prosciutti
– prosciutti – carcasse o mezzene
Carni lavorate – prosciutti – lombate – spalle
Grasso/strutto Fegati TOTALE
7,6 101.481
(*) Percentuale sul totale di riga. (**) Percentuale sul totale di colonna. (***) La categoria comprende i dati di Lussemburgo, Irlanda, Grecia, Svezia, Finlandia, Rep. Ceca, Slovenia, Slovacchia, Lituania e Portogallo, Malta, Fonte: elaborazione ANAS su dati Istat.
114
Eurocarni, 8/17
tari verso l’Italia di suini vivi e carni nel 2016 gio % (*)
Ungheria Quantità (t)
% (*)
UK Quantità (t)
Polonia % (*)
Quantità (t)
Croazia
% (*)
Quantità (t)
Altri (***)
Totale UE 28
% (*)
Quantità (t)
% (*)
Quantità (t)
% (*)
Paesi Terzi Quantità (t)
% (*)
Totale import Quantità (t)
% (**)
0,2
1.177
2,00
0
0,0
614
1,0
9.941
16,9
10.356
17,6
58.934 100,00
1
0,00
58.934
5,31
0,0
22
0,10
0
0,0
219
1,10
0
0,0
0
0,0
19.088 100,00
0
0,00
19.088
1,72
0,3
1.154
3,00
0
0,0
395
1,00
9.941
25,8
386
1,0
38.517 100,00
0
0,00
38.517
3,47
0,0
0
0,00
0
0,0
0
0,00
0
0,0
28
2,1
1.329 100,00
1
0,00
1.330
0,12
2,5
19.413
2,20
347
0,0
55.780
6,20
426
0,0
3.406
0,4
900.202 100,00
101
0,01
900.302
81,06
6,3
1.419
1,00
21
0,0
522
0,40
14
0,0
393
0,3
141.351 100,00
0
0,00
141.351
12,73
1,8
15.504
2,80
317
0,1
52.167
9,30
412
0,1
1.286
0,2
559.974 100,00
20
0,00
559.994
50,42
0,9
3
0,00
0
0,0
66
0,60
0
0,0
49
0,4
11.311 100,00
0
0,00
11.311
1,02
6,6
37
0,30
0
0,0
134
1,10
0
0,0
1
0,0
12.674 100,00
0
0,00
12.674
1,14
1,9
650
2,22
6
0,0
2.048
7,00
0
0,0
177
0,6
29.263 100,00
0
0,00
29.263
2,63
1,3
1.799
1,23
4
0,0
844
0,58
0
0,0
1.074
0,7
145.629
99,90
81
0,10
145.710
13,12
5,6
304
0,50
242
0,4
5.255
8,60
0
0,0
536
0,9
60.841
99,40
371
0,60
61.212
5,51
0,6
6
0,20
0
0,0
3
0,10
0
0,0
1
0,0
3.928 100,00
0
0,00
3.928
0,35
1,0
4
0,90
35
9,2
0
0,00
0
0,0
21
5,5
382 100,00
0
0,00
382
0,03
3,7
2
0,00
39
0,8
52
1,00
0
0,0
0
0,0
5.141 100,00
0
0,00
5.141
0,46
23,2
7
0,40
10
0,5
18
0,90
0
0,0
1
0,1
1.940 100,00
0
0,00
1.940
0,17
3,4
25
0,20
11
0,1
4.701 46,40
0
0,0
125
1,2
10.131 100,00
0
0,00
10.131
0,91
6,1
261
0,70
146
0,4
1,20
0
0,0
387
1,0
39.318
99,10
371
0,90
39.689
3,57
6,1
868
1,60
831
1,5
11.681 20,90
2
0,0
3.430
6,1
55.780
99,70
143
0,30
55.924
5,04
2,2
795
3,00
28
0,1
5.629 21,20
0
0,0
329
1,2
26.348
99,50
141
0,50
26.489
2,38
2,6
0
0,00
9
53,0
0
0,00
0
0,0
0
0,0
16 100,00
0
0,00
16
0,00
0,0
0
0,00
0
0,0
0
0,00
0
0,0
73
31,6
232 100,00
0
0,00
232
0,02
0,0
24
0,60
12
0,3
0
0,00
0
0,0
169
4,3
3.964 100,00
0
0,00
3.964
0,36
1,9
45
0,60
21
0,3
763 10,50
0
0,0
620
8,5
7.286 100,00
0
0,00
7.286
0,66
0,0
4
0,00
761
4,2
5.290 29,50
2
0,0
2.237
12,5
17.934 100,00
2
0,00
17.936
1,61
4.938 18,70
667
2,5
9.571 36,20
42
0,2
1.470
5,6
26.443 100,00
0
0,00
26.443
2,38
8,00
0
0,0
21
1,20
0
0,0
37
2,2
1.699 100,00
0
0,00
1.699
0,15
4.488 26,70
267
1,6
32
0,20
21
0,1
163
1,0
94,70
889
5,30
16.811
1,51
17,8
1.112 100,00
0
0,00
1.112
0,10
1,2 0,4 0,7
135
481
0,0
0
0,00
0
0,0
0
0,00
0
0,0
198
2,5
31.088 2,80
2.353
0,2
82.831 7,50
8.444
0,8
17.525
15.922
1,6 1.109.147
99,86 1.505 0,14 1.110.651 100,00
Estonia, Cipro e Lettonia, Bulgaria, Romania.
Eurocarni, 8/17
115
LIBRI
Storia della sosta in viaggio Come scrive nella prefazione del volume il presidente della Cremonini Spa Luigi Cremonini, l’area di servizio è democratica, nel senso più nobile della parola, e oggi si è evoluta in funzione delle esigenze dei viaggiatori
I
l 5 luglio 1947 un imprenditore, MARIO PAVESI, ebbe l’idea di aprire un luogo di ristoro sul bordo dell’autostrada Torino-Milano. Lì i viaggiatori potevano fermarsi, rifocillarsi, gettare un’occhiata ai biscotti esposti per la vendita, imparando ad apprezzare i Pavesini. Quello spaccio fu il primo di tanti altri grill — come li chiamavano in America — disseminati lungo la crescente rete autostradale italiana. Sarebbero diventati in breve tempo una parte importante non soltanto del panorama, ma soprattutto della cultura e dei consumi: insieme alla televisione e ai supermercati, i viaggi e le soste hanno contribuito in maniera consistente a educarne il gusto e le abitudini. Il libro ripercorre questa storia di costume e di imprese arrivando al suo approdo rappresentato dall’entrata nel settore del Gruppo Cremonini con il marchio Chef Express che conta oggi oltre 50 stazioni. Tra queste è recente proprio l’acquisizione del primo autogrill — ribattezzato Area n. 1 e di prossima inaugurazione il 5 luglio — il luogo dove tutto è cominciato. Il libro, scritto dal giornalista GIULIO ROMANO, contiene la prefazione di LUIGI CREMONINI (che riportiamo) e un’intervista all’AD di Chef Express. La prefazione “La sosta nelle aree di ristoro in autostrada è sempre stata uno degli aspetti più piacevoli dei miei innumerevoli viaggi in macchina. L’autostrada ce l’ho nel cuore. Ricordo come fosse oggi l’avanzata dei cantieri dell’Autostrada del Sole, proprio negli stessi mesi del 1961 in cui cominciavo la mia attività imprenditoriale; rivedo la festa per
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GIUSEPPE ROMANO Novara: la prima area di ristoro autostradale. Storia, abitudini, architetture della sosta in viaggio dai Grill Pavesi a Chef Express FrancoAngeli Editore – 120 pp. – € 25,00 l’apertura dei caselli di Modena e delle limitrofe grandi aree di sosta a Secchia, come pure la costruzione del non lontano Cantagallo, diventato un luogo simbolico per milioni di Italiani. La mia azienda non si sarebbe mai sviluppata senza una via di trasporto rapida ed efficiente. La natura stessa della nostra attività nel settore della produzione delle carni è intrinsecamente legata alla logistica e alla catena del freddo. Vale anche
per tanti altri settori produttivi, e non a caso il nostro sviluppo economico nel dopoguerra è stato fortemente sostenuto dallo sviluppo dei trasporti, e dell’autostrada in particolare. Per me il pranzo in autostrada conserva ancora un fascino particolare: ogni volta che posso, nei frequenti andirivieni con Bologna, mi fermo presso l’area La Pioppa, vicino a Borgo Panigale, che da vari anni è gestita da Chef Express, la
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società del nostro gruppo che cura tutte le attività di ristorazione. I dipendenti ormai mi conoscono, ma sanno che voglio essere trattato come tutti i clienti, compresa la fila alla cassa. Essendo un curioso per natura, mi diverto a scoprire le novità dell’offerta, con i format sempre più moderni e attraenti, i nuovi panini, la proposta dei prodotti del territorio e quelli del market; e mi piace anche osservare i clienti, un vero spaccato della nostra società. Non è solo un modo di dire: recentemente, proprio a La Pioppa, si è fermato il Presidente del Consiglio, che era in viaggio insieme al Presidente della Regione Emilia-Romagna, anche loro in fila alla cassa e poi ad assaggiare un tagliere di salumi tipici del territorio e di nostra produzione. L’area di servizio è democratica, nel senso più nobile della parola, e oggi, come potrete leggere nella storia che segue, la missione di questi luoghi si è profondamente evoluta in funzione delle moderne esigenze dei viaggiatori. Quando nel 2003 si aprì il mercato a nuovi operatori della ristorazione autostradale ne fui felice e cogliemmo l’opportunità che si presentava. Non che fossimo dei neofiti: fin dai primi anni Ottanta avevamo iniziato a operare nella ristorazione, sia commerciale che in concessione. In quegli anni stava cambiando profondamente il concetto del mangiare fuori casa: in seguito alle nuove dinamiche del mondo del lavoro si erano affermate ovunque le mense aziendali e presero sempre più piede le catene organizzate di ristorazione veloce; finiti i cupi anni Settanta, si usciva sempre di più a cena o nel fine settimana, e nel tempo libero si affermava un concetto del tutto nuovo del casual dining. Di fronte a questi grandi cambiamenti abbiamo intuito che la diversificazione nel mondo della ristorazione sarebbe stata sempre più strategica, e non solo un semplice sbocco a valle della produzione. Nacque così, nel 1982, il nucleo di quella che sarebbe diventata la Chef Express che oggi conosciamo: uno dei principali operatori nel settore, con leadership in vari segmenti, come quello delle stazioni ferroviarie dove siamo da tempo il primo player nazionale. Siamo stati innovatori e un po’ visionari nel rilanciare bar e ristoranti nelle stazioni, che negli anni Settanta
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avevano subito un penoso declino. Sempre nel settore ferroviario, ci siamo specializzati anche nella ristorazione a bordo treno, arrivando a servire i treni ad alta velocità in mezza Europa, fino a 600 treni al giorno in 8 paesi. Alla fine degli anni Novanta entrammo anche negli aeroporti, a partire dagli scali romani, ma per entrare in autostrada dovemmo aspettare l’apertura del mercato, dopo che i gloriosi marchi del passato — Pavesi in primis, seguito da Motta e Alemagna — erano finiti tutti in una società controllata dallo Stato. Con la privatizzazione dei primi anni 2000 nacque di fatto un nuovo settore economico, stimolato anche dagli imponenti lavori di ammodernamento avviati sulla rete autostradale all’inizio del nuovo millennio dopo anni di inerzia: non è un caso che l’inaugurazione della nuova area di Novara a marchio Chef Express coincida con la conclusione dei grandi lavori realizzati dalla Satap sull’autostrada Torino-Milano, che è stata di fatto completamente ricostruita. Il mercato, superata anche la crisi degli anni 2008-13, si presenta oggi molto promettente e competitivo e riteniamo ci siano importanti opportunità di sviluppo. E oggi penso, con una certa emozione, che andremo a gestire l’area di servizio di Novara, la prima in Italia, il grande ponte simbolo della storia della motorizzazione nel nostro Paese. Vorrei concludere dedicando un pensiero a MARIO PAVESI, proprio l’inventore delle aree di ristoro in autostrada, un imprenditore del settore alimentare che ha saputo vedere lontano: ha previsto e anticipato lo sviluppo della motorizzazione e la crescita della rete autostradale e ha reso il suo marchio familiare a milioni di italiani, tanto che nella memoria collettiva, a distanza di tanti anni, ancora resiste l’immagine del Grill Pavesi. Oggi, dall’area di servizio di Novara che, lo ripeto, fu la prima in assoluto, mi sento un po’ di raccogliere il suo testimone e di rilanciare una sfida, seppur impegnativa: che questo rinnovato modello di ristorazione diventi il simbolo di un nuovo slancio economico per il nostro Paese, un po’ come lo furono le aree di Pavesi negli anni del boom economico. Noi ci crediamo”. Luigi Cremonini Presidente Cremonini Spa Castelvetro di Modena, 5 luglio 2017
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Digital Transformation War
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proposito di scenari retail, che cosa possono fare i negozi off-line per reggere la concorrenza con i giganti dell’e-commerce? Ecco una guida con le migliori esperienze e soluzioni tecnologiche oggi a disposizione di un retailer. I nuovi consumatori omnicanale forzano le aziende tradizionali del retail ad affrontare la trasformazione digitale dei loro processi di business. Milioni di shopper acquistano indifferentemente nel mondo fisico e virtuale, secondo principi di convenienza, efficienza, engagement. Sempre connessi alla rete grazie ad uno smartphone, vivono nei social network le relazioni con i brand e le aziende di ogni settore, passando sempre più tempo all’interno dei messenger di Facebook e Whatsapp. Per reggere la concorrenza con i giganti
dell’e-commerce, i retailer tradizionali devono soddisfare le aspettative sulla customer experience dei consumatori omnicanale. Digital Signage, Proximity Marketing, Mobile Pos personalizzano l’esperienza di acquisto su punto vendita. Il negozio fisico va quindi ripensato e digitalizzato, in modo da unire i vantaggi dell’esperienza fisica con l’efficienza e la personalizzazione dello store on-line. Nello store la realtà aumentata digitalizza e migliora l’esperienza di acquisto nel punto vendita. L’Intelligenza Artificiale elabora Big Data provenienti da visori, sensori di rilevazione, chip RFID, consentendo l’automazione dello store tradizionale. Il libro è una guida alle migliori esperienze, soluzioni tecnologiche, modelli strategici e operativi che possono consentire al retail di essere competitivo.
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Siate gentili con le mucche
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na bambina chiusa in se stessa, una ragazzina ostinata, una studiosa conosciuta in tutto il mondo per le sue ricerche sugli animali allevati per nutrirci. BEATRICE MASINI racconta la storia di TEMPLE GRANDIN, professoressa di Scienze animali all’università del Colorado e tra le più note personalità affette da autismo. La storia di una donna che è riuscita a fare della sua vita quello che voleva proprio per quello che è. All’inizio degli anni ‘50, autismo è una parola nuova per definire una malattia inspiegabile, ed è questa parola che i medici usano per Temple, una bambina che a 3 anni ancora non parla, con gravi problemi relazionali e isolata in un mondo tutto suo. La madre si rifiuta di chiuderla in un istituto e, seguendo l’istinto, implacabilmente la stimola perché non sia prigioniera di quel suo universo impenetrabile. Grazie alla madre e a un insegnante
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che ne coglie le doti e la sprona, affronta la scuola e, poi, il college, fino a conseguire la laurea in psicologia e un master in scienze animali. È proprio agli animali che si sente vicina, sentire e vedere il mondo come lo sentono e vedono loro è il punto di partenza del suo futuro, assieme alla sua eccezionale capacità di pensare per immagini: oggi la Grandin è una studiosa conosciuta in tutto il mondo per le sue ricerche sugli animali destinati a nutrirci e per gli impianti da lei progettati, in grado di migliorare sensibilmente le condizioni di vita all’interno degli allevamenti. In chiusura, una sezione di approfondimento sull’autismo firmata da STEFANIA UCELLI e FRANCESCO BARALE, psichiatri di Cascina Rossago. La biografia di Temple Grandin è stata inserita nei White Ravens 2015, la selezione internazionale dei migliori libri per ragazzi.
BEATRICE MASINI Siate gentili con le mucche La storia di Temple Grandin Editoriale Scienza 112 pp. – € 12,90 www.editorialescienza.it Eurocarni, 8/17
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