Eurocarni 8-2018

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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXIII N. 8 • Agosto 2018

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UNA STORIA DI CARNE Noi del Consorzio Carni Piemonte la produciamo nei nostri allevamenti. Più di 120 allevatori si sono consorziati sin dal 2001. Oggi attraverso il nostro Macello Piemonte Nord , siamo in grado di fornire agli operatori del settore un prodotto sano, controllato e di origine certa.

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8/18 Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985

Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi Fotografia Luigi Credi

Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910 Ufficio stampa e Media Partner

Comitato di redazione Gianni Mozzoni (Legacoop) – Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Redazione Bruxelles Jean-Luc Meriaux: UECBV, rue de la Loi, 81/A Box 9 B 1040 Bruxelles, Belgio Tel. +32 2 230 4603 – Fax +32 2 230 9400 E-mail: uecbv@scarlet.be Redazione New York Stefano Spadoni 1732 1st Ave #27220 New York, NY 10128 Tel. +1 212 956-8566 E-mail: Stefanony@stefanospadoni.com Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Prof. Fausto Cantarelli – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata – Prof. Sergio Ventura Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CC 2018. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2018.

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EUROCARNI La prima rivista veramente europea

In questo numero: La carne nel mondo

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Immagini

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Naturalmente carnivoro

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Tendenze

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Carne H24

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Carnivori prêt-à-porter

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Lettere alla Redazione

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Osservatorio internazionale L’Iran, gli USA e l’UE

Sergio Ventura

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Slalom

Tassi d’interesse tra USA e Europa

Cosimo Sorrentino

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La carne in rete

Social meat

Elena Benedetti

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A pagina 73.

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Aziende

Centro Carni Company, una lunga storia di passione, esperienza e famiglia Stile Procarni, qualità in carne e ossa

Interviste

CSB-System: la digitalizzazione non è fine a se stessa

Mercati

Cina: calano le importazioni di carne suina. Prezzo dimezzato sul 2016

34 Elena Benedetti

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Roberto Villa

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Il crollo dei mercati trascina la redditività della suinicoltura

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Consumi

Consumi alimentari in Europa: un passo avanti con EFSA

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Retail news

Notizie dalla GDO

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Eventi

Bistecca day al Villaggio Coldiretti

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Il vitellone piemontese sotto i riflettori del Bocuse d’Or

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Speciale Bue Grasso

Porte aperte al Bue Grasso

Elena Benedetti

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Benessere animale

Come limitare i danni del caldo estivo

Giulia Mauri

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Stress da caldo e qualità della carne bovina

Giovanni Ballarini

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Razze

Alessio Zanon, la biodiversità e il recupero delle razze antiche

Veronica Fumarola

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Curiosità

Antologia del mondo Fassone

Tutto il biologico, oggi

Zootecnia biologica, fabbisogni di ricerca e scenari di sviluppo

78 Marcello Mele

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A pagina 38.

EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXIII N. 8 • Agosto 2018

€ 5,42

Centro Carni Company Open Day Porte aperte al BUE GRASSO Aspettando il Sommet de l’Élevage 2018

In copertina: burger sfiziosi, perfetti per uno snack estivo (photo © Africa Studio – stock.adobe.com).

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Ristoranti carnivori

Da Gigetto, la curiosità è il sale della cucina

Gian Omar Bison

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Assemblee

ASS.I.CA.: assemblea generale e tendenze del settore

Riccardo Lagorio

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Arriva a 6 miliardi il fatturato del settore avicolo nel 2017 Mangimi, cresce la produzione. Ora un patto per rilanciare il mais

86 Anna Mossini

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Rassegne

Sommet de l’Élevage 2018, gli animali si fanno belli

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Fiere

ALL4PACK Paris 2018: share your creativity!

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Tecnologie

Da AMTeK, microonde continuo per tempering di carne

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Bettcher inizia la vendita diretta: assistenza e ricambi per i clienti italiani nel settore della lavorazione della carne

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Storia e cultura

La Belle Époque della Romagnola

Andrea Gaddini

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Statistiche

Il sito dell’Istat (parte II)

Aurora De Santis

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A pagina 94.

A pagina 62. A pagina 28.

www.eurocarni-online.com 8

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Il meglio della

C A R N E D I V I T EOLl a Ln d eO se La carne bianca di vitello è un alimento straordinario: ricca di proteine e amminoacidi, facilmente digeribile, povera di grassi e con un alto contenuto di ferro. Cosa volete di più? C’è di più!! La carne di vitello ha anche un gusto raffinato e duttilità nella cottura: questo la rende protagonista della storia gastronomica italiana. Non a caso il vitello è tra le carni più presenti nei Menu dei grandi Chef in Italia. Un perfetto Menu estivo? Una tartare di carne di vitello leggera e gustosa. Trovate la ricetta dello Chef Stefano De Gregorio insieme a tante altre su www.carnedivitello.it. Responsabilità sociale d’impresa per il VanDrie Group: essere responsabili del mondo che ci circonda. Noi del VanDrie Group conosciamo le nostre responsabilità e ce ne facciamo carico verso i dipendenti, il consumatore, gli animali, il nostro prodotto e l’ambiente. www.vandriegroup.com

La carne di vitello con una percentuale di grasso inferiore al 5% ha la seguente composizione media per 100 grammi: 104 kcal, 439 kJ, 22,1 g di proteine e 1,7 g di grassi. (fonte RIVM - NEVO).

“TARTARE MEDITERRANEA” interpretata da Chef Stefano De Gregorio

Ricetta

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Intraco S.r.l. di Niclas e Simona Herzum Tel: +39 010 374 277 8 E-mail: herzum@ekro.nl

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LA CARNE NEL MONDO

Francia Lo scorso 18 aprile i protagonisti dei quattro settori della produzione avicola francese hanno messo a punto gli ultimi elementi per la nascita di un ente interprofessionale unico il cui riconoscimento ufficiale dovrebbe avvenire a settembre. L’Interprofessione sarà composta da 15 membri suddivisi in sei collegi: incubatoi (SNA-Syndicat National des Accouveurs), produttori privati di alimenti (SNIA-Syndicat National des Industriels de la Nutrition Animale) e cooperative (Coop de France Nutrition Animale), allevatori di pollame (FNSEA/CFA/JA, Coordination rurale/Cnada, Confédération paysanne), organizzazioni private di produttori (AOPV) e cooperative (Coop de France aviculture), macelli (FIA-Fédération des Industries Avicoles, CNADEV, FENSCOPA) e, soprattutto, distributori (FCD, Restau’co, SNRC, Confédération des bouchers). A questi si aggiungono i quattro Comitati di specie: CIDEF, CICAR, CIP, CPIC e il Sindacato dei marchi avicoli (SYNALAF-Syndicat National des Labels Avicoles de France), considerato un “membro speciale”. L’ente avrà a disposizione un “contributo a valle” di circa 360.000 euro l’anno. La direttrice di ITAVI ANNE RICHARD ha assunto il ruolo di amministratore delegato e sarà assistita da YANN BRICE (ex CIDEF) ai Comitati di spesa e all’ATM. La sua missione è chiara: l’attuazione di un piano di settore quinquennale, con obiettivi ambiziosi come la riconquista del mercato interno e lo sviluppo di processi di qualità (fonte: pleinchamp.com – UNAItalia; photo © shocky – stock.adobe.com).

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IMMAGINI

Lo scorso 21 giugno Centro Carni Company, azienda padovana con oltre 40 anni di esperienza nel mondo della lavorazione della carne bovina, ha aperto le porte ai giornalisti con un press tour alla scoperta di questa bella realtĂ , del suo management e delle novitĂ in serbo per i prossimi mesi. A pagina 34 il servizio.

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NATURALMENTE CARNIVORO

Lui è Pat LaFrieda, 47 anni, un passato in giacca e cravatta a Wall Street e un ritorno nel 1994 al meat business di famiglia. L’azienda Pat LaFrieda Meat Purveyors, fondata nel lontano 1922, oggi viaggia a gonfie vele sotto la direzione del “macellaio più famoso degli USA”. L’attività consiste nel rifornire i ristoranti (anche stellati) degli Stati Uniti con carni super selezionate e, su richiesta, anche frollate, oltre all’approvvigionamento di burger per i 135 punti vendita della catena Shake Shack’s e di tagli freschi di carne per l’home delivery HelloFresh e Amazon Fresh (photo © Pat LaFrieda Meat Purveyors).

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TENDENZE Il mercato mondiale della carne sotto la lente di GIRA

Nei soli ultimi 5 anni (per non parlare degli ultimi 30), il mercato mondiale delle carni è cambiato drasticamente. Continui — anche se a volte modesti — incrementi nel consumo globale e nel commercio offuscano enormi cambiamenti nella struttura dell’industria, cambiamenti che sono ancora in corso e i cui risultati sono complessi da stimare. La domanda di carne continua ad aumentare, specialmente in Asia, dove i prezzi sono alti e le importazioni in trend crescente, con le catene distributive messe alla prova dalle mutevoli preferenze dei consumatori, dalle normative e dall’industrializzazione della catena di approvvigionamento. Lo scenario presenta nuove forze in crescita nella fornitura mondiale di carne, come la concentrazione dell’industria in Brasile e l’orientamento di Cina e Russia verso l’agroindustrializzazione, mentre la “vecchia Europa” è in stagnazione se non in declino e l’industria della macellazione statunitense è sempre più in mano a stranieri. A questo scenario globale si aggiungono fattori “non di mercato” che si muovo veloci: ecologia e welfare, salute e obesità, vegetarianesimo e cibi sostitutivi, geopolitica e nazionalismi, genetica e mangimi. Tutto ciò ha un impatto sull’industria delle carni (photo © pathdoc – stock.adobe.com). Fonte: Long Term Meat 2027 – Long Term Strategic Trends in World Meat Markets >> Link: www.girafood.com

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“La bontà è più facile da riconoscere che da definire”

(Wistan Hugh Auden)

Il “buono” si trova nelle cose semplici e fatte con amore!!! I bovini Chianini, Marchigiani e Romagnoli nascono e vivono da sempre in questi territori dove i profumi dei nostri pascoli e la tradizione secolare dei nostri allevamenti, rendono le loro carni uniche al mondo.

SOTTOMISURA 3.2 “Sostegno alle attività di informazione e promozione attuate da gruppi di produttori nel mercato interno”

UNIONE EUROPEA FONDO EUROPEO AGRICOLO PER LO SVILUPPO RURALE: l’Europa investe nelle zone rurali


CARNE H24 Eurocarni è un mensile che non si esaurisce con la pubblicazione della rivista. Siamo anche su web con notizie aggiornate quotidianamente, con l’archivio di tutti i nostri articoli, con i collegamenti ai nostri social (Facebook e Instagram)

Info e contenuti Il nostro portale www. eurocarni-online.com raccoglie notizie, articoli e link agli eventi di settore. Cerchi un testo pubblicato su Eurocarni? Vai in Riviste – Eurocarni e digita la parola chiave. Il motore di ricerca ti proporrà tutti gli articoli pubblicati dal 1996 a oggi contenenti quella parola.

Siamo Social Negli anni abbiamo costruito una bella community Facebook di quasi 10.000 contatti con gli operatori carne italiani ed esteri. Per ampliare la nostra visione del mondo, per intercettare nuove tendenze, per raccontare la carne, il suo valore e la sua bellezza con una comunicazione diversa e più efficace: www. facebook.com/EurocarniMagazine

Chi fa cosa Gestiamo una banca dati oltre 15.000 record del mondo carne, aggiornata ogni anno e pubblicata su Euro Annuario Carne. Vuoi costruire un mailing? Devi ripensare il CRM? Cerchi nuovi clienti? Sei a caccia di attrezzature e servizi per la tua attività? Ecco la risposta: www.euroannuariocarne.com

Un blog per tutti La nostra Redazione seleziona gli articoli di taglio più consumer e li carica sul blog www.manifestocarnivoro.it: all’interno di questo spazio raccontiamo storie e mostriamo facce e mani di chi, ogni giorno, alleva con passione, lavora con rispetto, apporta nutrimento a ciò che siamo.

Puoi sfogliare Eurocarni anche su tablet e smartphone attraverso la piattaforma ISSUU al seguente link: issuu.com/edizionipubblicitaitalia 18

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ABF s.r.l. Commercio Carni Via del Moscia, 1cde - 50060 Londa (Firenze) Italy Tel. ( +39) 055 835 1550 / (+39) 055 835 1557 — Fax (+39) 055 835 1600 / (+39) 055 835 2700 E-mail: info@abf-londa.it — Web: www.abfcarni.com


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AVVISO D’ASTA

Laboratorio industriale adibito a frigomacello Si comunica che in data 6/11/2018, alle ore 11:30, presso il Tribunale di Patti – Aula d'udienza (Professionista delegato Avv. Barbara Schepis), per delega del Giudice dell’Esecuzione presso il Tribunale di Patti – Proc. es. imm. n. 90/2015 si terrà la vendita senza incanto del seguente immobile: LOTTO UNICO: Piena proprietà per la quota di 1000/1000 di un laboratorio industriale per la macellazione e la lavorazione delle carni (frigomacello) sito in Mirto, frazione Cammà, posta al piano terra, avente superficie commerciale di mq. 13.490,00, costituito da un capannone industriale destinato a macellazione e lavorazione carni, deposito, celle frigorifere, centrale termica e centrale frigorifera; stalle di sosta per bovini, ovicaprini e suini; tettoie destinate a stalle di sosta per bovini, ovicaprini e suini (abusive); deposito in struttura metallica (abusivo); impianto di depurazione; cabina elettrica; area lavaggio automezzi; area carico carni; area parcheggio; area a verde. Confina con strada provinciale Rocca – San Salvatore di Fitalia, con terreni di cui alle particelle 35, 13, 150, 153, 154. È censito in Catasto Fabbricati al foglio 1, particella 126 sub 1, categoria D/8, rendita € 21.282,00. Sussiste servitù di elettrodotto coattivo trascritta in data 17.04.1974 ai nn. 6994/7635 nascente da atto in notaio Liotta del 4.04.1974 a favore di ENEL con sede in Palermo e contro le suddette Natoli Angioletta, Natoli Francesca e Natoli Marinella, avente ad oggetto elettrodotto insistente, tra gli altri, su terreno censito alla part. 17 del foglio 1 del Comune di Mirto. L’immobile è occupato da terzi in forza di contratto di affitto di ramo d’azienda in data 15.12.2011 (opponibile alla procedura esecutiva), con decorrenza dall’1/1/2012 e scadenza il 31/12/2018, prorogabile tacitamente di sei anni in sei anni, salvo disdetta, per il canone mensile complessivo di € 1.000,00 oltre IVA e con possibilità di subaffitto; la quota parte di canone relativa alla componente immobiliare è stata determinata dall’esperto stimatore in € 730,00 mensili (oltre IVA). Con scrittura privata del 24.07.2014 è stato convenuto che “il suddetto contratto di affitto dovrà ritenersi sciolto e privo di effetto alcuno al momento in cui l’immobile in questione dovesse essere venduto all’asta […] a seguito di procedura esecutiva, in maniera che il bene in questione possa essere venduto libero da qualunque vincolo. Al verificarsi di tale condizione la affittuaria […] provvederà a rilasciare il ramo d’azienda in favore dell’aggiudicatario al momento in cui sarà emesso il decreto di trasferimento, con un preavviso di 15 giorni”. Attualmente l’immobile è stato oggetto di subaffitto in favore di un terzo soggetto, con contratto del 16.12.2015 (non opponibile alla procedura esecutiva) con decorrenza dall’1.01.2016 e scadenza al 31.12.2019, prorogabile tacitamente di tre anni in tre anni, salvo disdetta, per il medesimo canone complessivo di € 1.000,00 mensili (comprensivo sia della componente mobiliare che immobiliare). L’immobile risulta edificato in forza di C.E. n. 5/91 e successiva variante n. 10/93; per l’intero insediamento industriale non risulta rilasciata l’agibilità. Sussistono talune difformità edilizie indicate nella relazione di stima in atti: in particolare, le tettoie con struttura metallica adiacenti le stalle nonché il deposito con struttura metallica in prossimità della cabina elettrica risultano non conformi e non regolarizzabili. Il tutto, come risulta dalla relazione di stima in atti redatta il 27/06/2016, cui si fa espresso ed integrale rinvio. Prezzo base: € 900.900,00 (oltre IVA se dovuta); offerta minima: € 675.675,00 (oltre IVA se dovuta); rilancio minimo: € 20.000,00. Le offerte di acquisto dovranno essere presentate in busta chiusa presso la Cancelleria Esecuzioni Immobiliari del Tribunale di Patti, entro le ore 13:00 del giorno precedente la data della vendita. Per maggiori informazioni in ordine alle modalità di presentazione delle offerte ed alle condizioni generali della vendita, per la visione della perizia di stima e per eventuali visite è possibile consultare il portale delle vendite pubbliche o il sito www.tribunaledipatti.net o contattare il professionista delegato Avv. Barbara Schepis ai numeri: 0941 561448 – 347 3480850.

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LETTERE ALLA REDAZIONE Ampliamento della macelleria con laboratorio non attiguo ma a suo uso esclusivo per la lavorazione della carne e dei prodotti a base di carne Dato che la macelleria come era concepita un tempo sta scomparendo, sono sempre di più gli operatori che tendono ad ampliare l’attività, naturalmente nel rispetto delle normative. Alla luce di ciò, alcuni macellai chiedono all’ASL se possono notificare una modifica significativa dell’attività per integrare un laboratorio non attiguo, distante magari un isolato, per la produzione di preparazioni di carne o prodotti a base di carni (per esempio, pronti a cuocere, salsicce fresche, stagionate, ecc…): naturalmente il laboratorio deve essere munito di tutti i requisiti e il trasporto, anche se per un breve tratto, deve essere effettuato con un mezzo adeguato e contenitori adeguati. Ciò è possibile come modifica significativa di attività o ci sono altre modalità per poter attivare questi laboratori ad uso esclusivo della macelleria? E-mail firmata La risposta al quesito Nel caso prospettato non ci tro-

viamo di fronte ad un laboratorio collegato fisicamente all’esercizio di vendita al dettaglio e quindi, a mio parere, non è possibile per l’OSA procedere alla notifica di una variazione significativa dell’attività consistente nell’ampliamento dello stabilimento preesistente. Sarà invece necessario provvedere alla notifica di un nuovo stabilimento, dichiarandolo funzionalmente connesso allo stabilimento di vendita, a meno che la Regione competente non abbia diversamente disposto. Peraltro, l’art. 6 del Regolamento (CE) n. 852/2004 prevede per l’OSA l’obbligo di notificare non l’impresa o il complesso dell’attività bensì “ciascuno stabilimento posto sotto il suo controllo che esegua una qualsiasi delle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti ai fini della registrazione del suddetto stabilimento”. Il modello “Notifica ai fini della registrazione”, di cui all’Accordo della Conferenza Unificata n. 46/ CU del 4 maggio 2017, al punto 1.2 – Tipologia di attività, sezione “Produzione/trasformazione di alimenti anche di origine animale per vendita al

Il collegamento funzionale dello stabilimento adibito a “laboratorio” allo stabilimento adibito a “esercizio di vendita” è indispensabile in quanto il nuovo stabilimento risulterebbe un’entità produttiva e commerciale autonoma e rientrerebbe nel campo di applicazione del Reg. (CE) n. 853/2004

dettaglio”, riporta la voce: “Lavorazione carne, prodotti e preparazioni a base carne connesso a esercizio di vendita a sede fissa”. Ritengo indispensabile indicare, nelle dichiarazioni di cui al punto 1.4 del modello, la connessione funzionale del laboratorio oggetto della registrazione all’esercizio di vendita al dettaglio, già notificato e registrato, situato in altro luogo, indicando l’indirizzo di quest’ultimo.

Salsicce fresche (photo © 2012 Camille Sheppard Dohrn).

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Il collegamento funzionale dello stabilimento adibito a “laboratorio” allo stabilimento adibito a “esercizio di vendita” è indispensabile in quanto, altrimenti, il nuovo stabilimento risulterebbe un’entità produttiva e commerciale autonoma e rientrerebbe nel campo di applicazione del Regolamento (CE) n. 853/2004, con obbligo di riconoscimento (bollo CE) per la produzione e la cessione di preparazioni di carne o di prodotti a base di carni. Resta impregiudicata la possibilità, per l’esercizio di vendita al dettaglio, di cedere preparazioni e prodotti ad altri esercizi al dettaglio (per esempio altre macellerie o ristoranti o esercizi di gastronomia, ecc…), purché tali transazioni avvengano nell’ambito della provincia o delle province contermini e i quantitativi non siano prevalenti (in volume) rispetto a quelli ceduti al dettaglio (attività marginale, localizzata e ristretta: vedere art. 1 del Reg. 853/2004 e relative linee guida della Conferenza Stato–Regioni). Nel caso di cessione ad altri dettaglianti, tuttavia, dovrà essere effettuata la rintracciabilità dei prodotti, mediante documenti commerciali accompagnatori, e dovrà essere garantito, come correttamente affermato nel quesito, il rispetto dei requisiti: oltre che per i locali, le attrezzature e le modalità di produzione, anche per il trasporto, mediante idonee attrezzature e adeguate procedure di autocontrollo (igiene, protezione da contaminazioni esterne, rispetto delle temperature, ecc…). Inoltre, su un’etichetta o sulla documentazione commerciale, dovranno essere riportate, trattandosi di alimenti non preimballati commercializzati in una fase precedente la vendita al consumatore o alle collettività, le informazioni previste dall’art. 19 del DLgs n. 231/2018, per consentire l’informazione al consumatore nelle fasi successive, con particolare attenzione all’indicazione degli allergeni. Marco Cappelli Tecnico della Prevenzione


OSSERVATORIO INTERNAZIONALE

L’Iran, gli USA e l’UE di Sergio Ventura

L’

8 maggio scorso il presidente Trump ha denunciato l’accordo concluso nel 2015 tra Iran, da un lato, e USA, Russia, Cina, Germania, Francia e Regno Unito, dall’altro. Questo accordo prevedeva la soppressione delle sanzioni in vigore contro l’Iran in cambio dell’arresto del suo programma nucleare durante dieci anni sotto il controllo dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica. La decisione unilaterale del presidente Trump implica esplicitamente il ripristino da parte degli USA di tutte le sanzioni soppresse tre anni fa. Si tratta di una decisione potenzialmente lesiva degli interessi delle imprese europee che hanno legami commerciali con l’Iran e, al tempo stesso, svolgono attività

negli USA. Nessuno ha dimenticato la multa di 8,9 miliardi di dollari inflitta nel 2014 da Washington alla banca europea BNP Paribas per aver violato l’embargo imposto dagli USA nei confronti dell’Iran. D’ora in poi sarà molto difficile, per non dire impossibile, ottenere un finanziamento per investimenti in Iran a meno di ricorrere a piccole istituzioni bancarie che non hanno alcuna attività negli gli USA, con il duplice inconveniente di dover pagare commissioni molto elevate e di non poter ottenere finanziamenti di grande importanza. Inoltre, le esportazioni in Iran di prodotti europei delle industrie automobilistiche, aeronautiche, farmaceutiche, per non citare che le più importanti, non potranno continuare a meno

di ricorrere a costose e rischiose manovre per aggirare, via uno o più Paesi Terzi, l’embargo americano. Analogamente, le importazioni provenienti dall’Iran, in primo luogo quelle di petrolio, potranno continuare soltanto se deviate via un Paese Terzo, come per esempio la Cina, primo cliente del petrolio iraniano. A questo proposito, è opportuno porsi la questione delle conseguenze che la decisione americana potrà avere sul mercato internazionale del petrolio. All’inizio del 2016, in seguito al ritorno del petrolio iraniano sul mercato internazionale, il prezzo del barile ha registrato una diminuzione importante. Da allora in poi c’è stato un aumento progressivo ma contenuto dei costi, dovuto a diversi

La decisione di Trump di ritirarsi dall’accordo sul programma nucleare dell’Iran rischia di danneggiare i legami commerciali fra l’Iran e le imprese europee (giacimento petrolifero a Sindbad, Iraq; photo © REUTERS/Essam Al-Sudani).

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fattori. Da un lato, una ripresa delle attività economiche che ha incrementato la domanda mondiale, oggi di 98 milioni di barili al giorno contro 93,47 nel primo trimestre del 2016. Dall’altro, la produzione è aumentata lentamente, da 95,73 milioni di barili all’inizio del 2016 a 98 milioni nel primo trimestre del 2018. Questa situazione di equilibrio è una vittoria per l’OPEP e la Russia, che hanno concluso un accordo in tal senso nel 2016. Per di più, oltre alla limitazione volontaria della produzione, altri fattori hanno contribuito a mantenere l’equilibrio tra l’offerta e la domanda, come i problemi politici in Iraq, Libia, Nigeria e, infine, nel Venezuela. Si tratta però di un equilibrio instabile ed un’ulteriore diminuzione della produzione rischia di provocare una penuria con un conseguente aumento di prezzi. Tuttavia, non mancano le ragioni per restare ottimisti. In primo luogo, un aumento dei prezzi provocherebbe un aumento della produ-

zione di petrolio di scisto (shale oil) negli USA, che è già aumentata di 2 milioni di barili al giorno dall’inizio del 2016 ad oggi. In secondo luogo, se i prezzi dovessero, malgrado ciò, impennarsi, l’OPEP sarebbe capace di aumentare la produzione, oggi limitata volontariamente in seguito all’accordo con la Russia. In terzo luogo, un aumento eccessivo dei prezzi farebbe diminuire la domanda. Quindi, se ci sarà un aumento dei prezzi, esso sarà progressivo e resterà moderato. In conclusione, la decisione americana non avrà conseguenze importanti sul mercato internazionale del petrolio, ma rischia di danneggiare seriamente i legami commerciali fra l’Iran e le imprese europee e, soprattutto, di frenare la crescita economica dell’Iran. Questo impatto sull’economia iraniana interviene in un momento particolarmente delicato, le autorità nazionali dovendo fronteggiare una contestazione popolare che denuncia l’esplosione dei prezzi dei

beni di consumo e le ineguaglianze sociali. La disoccupazione avrebbe raggiunto il 17% (invece dell’11% dichiarato ufficialmente) e le classi medie sarebbero obbligate a cumulare gli impieghi per ottenere un tenore di vita appena sufficiente. È evidente che la volontà manifestata da Russia, Cina e dai Paesi europei di mantenere in vita l’accordo del 2015, non basterà per evitare le conseguenze negative della decisione unilaterale degli USA. È forse giunta l’ora per i Paesi europei, la Cina, la Russia e gli altri protagonisti del commercio internazionale di raggiungere un accordo per mettere fine all’imperialismo USA, che utilizza strumenti politici con fini di dominio commerciale. Purtroppo il paesaggio politico attuale non sembra favorevole ad un accordo siffatto e si dovrà concludere, come nella favola “I due tori e la rana” di JEAN DE L A FONTAINE, che “on voit que de tout temps les petits ont pâti des sottises des grands”. Sergio Ventura


SLALOM

Tassi d’interesse tra USA e Europa di Cosimo Sorrentino

N

el pieno della guerra dell’aumento dei dazi applicati da parte americana, seguito, come ritorsione, da altri Paesi colpiti con l’applicazione delle stesse misure restrittive alle importazioni, la tensione tra Stati Uniti ed Europa, per quel che ci interessa direttamente, è esplosa. Dazi contro acciaio ed alluminio europei ed ulteriore minaccia di dazi contro le auto del continente, specie tedesche; ma non mancano minacce ed applicazione di superdazi anche per alcuni prodotti agricoli, come le olive spagnole, col rischio di vedersi espandere misure restrittive per altre filiere agroalimentari, che potrebbero rivelarsi negative soprattutto per il nostro Paese. Indubbiamente, il citato scontro commerciale con gli Stati Uniti e la situazione di alcuni Paesi dell’Eurozona, Italia in primis, rendono insicure le imprese ed inducono alla cautela negli investimenti. Si tratta di una valutazione di alcuni importanti istituti di ricerca tedeschi che, tra l’altro, ipotizzano una minore crescita per quest’anno ed il prossimo, in linea con le previsioni della Commissione UE, OCSE e, in misura minore, del FMI. In tale quadro la Banca Centrale Statunitense (FED) ha deciso un rincaro del tasso di sconto bancario di un quarto di punto e lo ha portato ad una forchetta che oscilla tra l’1,75 ed il 2%. Si tratta del settimo aumento consecutivo, ordinato dalla banca citata ed è il secondo dell’anno in corso. Secondo alcune fondate analisi di ambienti accreditati americani, si potrebbero avere ancora due aumenti nel corso di quest’anno, mentre dovrebbe continuare il programma delle dismissioni dei bond detenuti dalla stessa Federal Reserve. Sono trascorsi dieci anni

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da quando i tassi americani non toccavano la soglia del 2% e tale coincidenza evidenzia senz’altro che la crisi economica, che aveva raggiunto, nel 2008, il punto più basso della flessione, è ora completamente cancellata. Il PIL degli Stati Uniti è infatti tornato a crescere ad un considerevole ritmo (2,8%), mentre la disoccupazione si è praticamente attestata sul 3,75%, il livello più basso registrato negli ultimi vent’anni. Secondo le indicazioni di importanti ambienti statunitensi, il nuovo direttore della FED ed i suoi collaboratori iniziano a temere un surriscaldamento dell’economia USA, probabilmente per questo aumento dei tassi entro la fine di quest’anno, non escludendo anche una correzione del dato sul PIL, già previsto, a marzo scorso, al 2,7%. Inoltre, pensando anche che la disoccupazione possa ancora diminuire entro la fine di quest’anno, una spinta inflattiva non è da escludere. In termini di tassi, però, il punto di equilibrio ricercato dai tecnici viene generalmente fatto intravedere in una soglia compresa tra il 2,50 ed il 2,75% di interesse da raggiungere il prossimo anno. È anche da sottolineare che il direttore della FED ha sostenuto, seppur con moderazione, che la minaccia di una guerra commerciale stia frenando gli investimenti negli Stati Uniti e che le previsioni sperate per una crescita al di sopra del 3% non siano ancora mature. Per quanto riguarda invece la situazione europea e quella dell’Eurozona in particolare, molti osservatori si aspettavano una politica diversa da parte della BCE, politica indirizzata anch’essa a prospettare un leggero già prossimo aumento dei tassi d’interesse. Vi sarà, invece, una politica accomodante fino alla

fine dell’estate del 2019, cioè una fine morbida e graduale del Quantitative Easing a dicembre e tassi di interesse ufficiali al livello attuale sino alla prossima estate. La decisione del presidente DRAGHI ci sembra coerente con le posizioni costantemente assunte, con l’obiettivo non di acquistare titoli pubblici all’infinito ma di mantenere i tassi bassi fino a che non si manifesti una chiara ripresa dell’economia, accompagnata da un concreto rischio di crescita dell’inflazione. Oggi l’economia europea, nel suo complesso, è in discreta salute, ma le previsioni di crescita sono passate dal 2,4% di marzo al 2,1% di oggi, mentre l’inflazione continuerà a mantenersi, nel prossimo futuro, al di sotto del 2%, quale riferimento della stessa BCE. Non vi sono perciò le condizioni per frenare detta ripresa con un aumento dei tassi di interesse. Ci sarà anche la fine graduale del Q.E. così stabilito: da ottobre a dicembre prossimi gli acquisti di titoli da parte della BCE passeranno da 30 a 15 miliardi al mese, poi ci sarà la fine del sistema, ma, successivamente, proseguirà il programma di reinvestimento dei capitali rimborsati sui titoli sovrani in scadenza “per un periodo prolungato”. La fine citata degli acquisti di titoli verrà perciò messa in atto gradualmente, in modo da mantenere un sostanziale differenziale nei confronti dei tassi americani, che, come detto innanzi, continueranno a crescere anche nel prossimo anno. Pur considerando che le previsioni sui cambi sono sempre difficili, l’euro non dovrebbe rafforzarsi nei confronti del dollaro, col conseguente auspicabile aiuto all’incremento delle esportazioni europee.

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Con Bartolomeo Manzo scompare l’ultimo grande maniscalco di Carrù e dintorni Lo scorso 14 giugno si è spento a 92 anni Bartolomeo Manzo, storico maniscalco di Rocca de’ Baldi, località Crava. «Anche la domenica, giorno di riposo, usciva con quattro chiodi, un paio di tenaglie e un martello sotto il sedile della macchina, caso mai avesse trovato un cavallo in difficoltà». Così Natale Manzo, macellatore e allevatore di buoi, ha ricordato il padre ai giornalisti de LA STAMPA. Fino a 82 anni ogni mattina il signor Bartolomeo era solito accendere la fucina per forgiare i ferri utili a ferrare cavalli e buoi. Fino a 75 anni era ancora disponibile per i servizi a domicilio nelle campagne, punto di riferimento per gli allevatori di tutta la Bassa Langa. Un’arte che ha coltivato per tutta la vita e iniziato nel suo paese di origine, Sant’Albano Stura, nel 1947. Tre anni dopo rilevava una bottega da maniscalco a Crava. Negli anni ‘60 faceva lo stesso a Carrù con la bottega di via Piozzo. «Ha vissuto per la famiglia, orgoglioso dei suoi figli, io e mia sorella Liliana» ricorda il figlio Natale. Bartolomeo è morto pochi giorni dopo l’amico veterinario Franco Cussino di Cuneo. «Insieme fino a 15 anni fa venivano invitati alla Fiera Cavalli di Verona per insegnare il mestiere alle nuove generazioni» prosegue Natale. Manzo fu uno dei grandi sostenitori del monumento al bue in piazza Divisione Alpina Cuneense a Carrù e i due buoi scolpiti da Raffaele Mondazzi erano i suoi. «Li ha anche ferrati, prima di farli posare» racconta Natale. Grande il suo amore per la Fiera nazionale del Bue Grasso. «Vi partecipo da 42 anni ed è sempre stato al mio fianco: per lui era come la coppa del mondo» conclude Natale. Anche il sindaco di Rocca de’ Baldi, Bruno Curti, ha voluto ricordarlo. «È stata una delle figure di artigianalità storica del territorio e della comunità roccabaldese, abilissimo nella forgiatura dei ferri destinati ai cavalli e ai buoi, 60 anni di carriera ed un carattere deciso e gioviale, univa al ritmico battere del ferro sull’incudine il suono della sua bella voce». Non ultimo anche il pensiero di Beppe Cravero, patron del ristorante Vascello d’Oro in centro a Carrù: «è stato l’ultimo, vero, maniscalco. Mancherà a noi tutti». (Fonte: La Stampa)

Bartolomeo Manzo, padre dell’allevatore e macellatore Natale.

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LA CARNE IN RETE

Social di Elena

2. Vitelco, il vitello come lo vuoi tu 1. Braciami Ancora supera i 700 K su FB Braciami Ancora (www.braciamiancora.com), il magazine on-line ideato e diretto da MICHELE RUSCHIONI, continua la sua crescita vertiginosa superando i 700.000 follower sul canale Facebook. Al suo interno trovate storie di cibo, vino, birra e barbecue, oltre a ricette, scuola BBQ e articoli (photo © Braciamiancora.com).

Nel portale di Vitelco, l’azienda olandese leader nella macellazione e disosso di carni di vitello selezionate facente parte di Pali Group, alla pagina www.vitelco.nl/ it/carne-di-vitello, è possibile fare ricerche specifiche tra carne di vitello bianco, rosato e vitellone, con osso, disossato, porzionato o sottoprodotti. Il sito è disponibile anche in lingua italiana ed è un ottimo strumento per selezionare i tagli di maggior interesse e richiedere un contatto commerciale.

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meat Benedetti

4. Texas, carni da sogno 3. Assocarni è (anche) su Twitter Seguite Assocarni su Twitter. L’Associazione Nazionale Industria e Commercio Carni e Bestiame, presieduta dal cav. LUIGI CREMONINI del Gruppo Cremonini, è presente con @assocarni. Uno dei tweet più belli? “#carneallariscossa un milione di Italiani ha abbandonato la dieta #vegan” (photo © twitter.com/assocarni).

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Siete appassionati di BBQ texano? Andate a dare un’occhiata a www.beeflovingtexans.com, il portale attraverso il quale l’ente Texas Beef Council (TBC) veicola la comunicazione e la promozione delle carni texane. Facebook, Pinterest, Twitter e Instagram completano la piattaforma social. Nella foto ROBERT PATILLO, proprietario di Patillo’s Bar-B-Q a Beaumont, Texas, un business a carattere famigliare presente dal 1912 (photo © instagram.com/beeflovingtexans).

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Nasce Osservatorio Alimentare, la piattaforma per la corretta informazione della filiera agroalimentare Ha debuttato lo scorso maggio a Cibus Osservatorio Alimentare (www.osservatorioalimentare.it), la piattaforma digitale dedicata al settore agroalimentare italiano. Un punto di incontro per tutta la filiera, dal campo alla tavola, perché oggi è possibile crescere, evolvere e migliorare solo attuando politiche di collaborazione. Osservatorio Alimentare è un luogo di dibattito che privilegia sempre l’approccio scientifico, senza cedere ai facili sensazionalismi. Ma, soprattutto, è uno spazio di approfondimento a disposizione di cittadini e giornalisti su ciò che più ci riguarda da vicino: quello che mangiamo. Il cibo, infatti, è sempre più centrale nella nostra vita quotidiana. Basti pensare che, come si apprende da un’analisi del CENSIS compilata da FEDERALIMENTARE (“Mangiare informati: come gli Italiani scelgono cibo buono e sicuro”, 2017), conosce, parla e si appassiona di cibo il 90,9% degli Italiani e il 93% dei giovani, addirittura il 53,5% di questi si definisce un appassionato. Non solo. Da un’altra analisi del CENSIS emerge che sempre di più i consumatori chiedono informazione di qualità sul settore: in particolare, l’85,7% degli Italiani e l’87,4% dei Millennials si informano prima di acquistare un alimento. Di questi, il 57% della popolazione (di cui il 74,2% è costituita da Millennials) lo fa tramite siti web e il 35,2% (di cui il 39,9% Millennials) attraverso i motori di ricerca. “Solo” il 30,1% degli Italiani prende come punto di riferimento per la propria informazione alimentare la televisione. È evidente allora che una riflessione profonda sul “come” si parla dell’industria e della filiera agroalimentare italiana debba partire proprio dal canale più utilizzato oggi, soprattutto dai giovani: il web. La nascita dell’Osservatorio va proprio in questo senso: supportare e garantire una corretta informazione basata su dati scientifici e contributi autorevoli di scienziati, nutrizionisti e professori universitari. L’Osservatorio fornisce un pronto-intervento contro fake news che rischiano di inquinare il panorama e di ingannare il consumatore. >> Link: www.osservatorioalimentare.it

Una nuova app per la classificazione delle carcasse È stata messa in rete la versione italiana di SEUROP Bov Imax, una nuova applicazione per dispositivi Android che agevola la classificazione delle carcasse bovine, secondo la scala SEUROP, adottata dall’Unione Europea. L’applicazione, sviluppata dallo zootecnico spagnolo FERNANDO VÁZQUEZ MIRANDA, esisteva già in versione spagnola (castigliano), galiziana, catalana, basca, inglese, francese, polacca e portoghese. È quindi utilizzabile in circa 150 Paesi, anche se l’uso principale è per gli Stati Membri della UE, nei quali la classificazione delle carcasse bovine con la griglia SEUROP è obbligatoria. SEUROP Bov Imax mostra le immagini associate alla classificazione delle carcasse di bovini secondo il modello SEUROP e riporta le definizioni relative alle categorie e alle classi di conformazione e copertura di grasso. L’applicazione è utile per classificatori di carcasse, ispettori, studenti in corsi di formazione per classificatori, allevatori di bestiame, operatori commerciali e macellai; consente una migliore conoscenza della classificazione dei bovini e la modernizzazione del processo di ispezione attraverso la programmazione su dispositivi Android. • La presentazione può essere installata su telefoni cellulari o tablet, scansionando il codice QR allegato, collegandosi a play.google.com/store/apps/details?id=appinventor.ai_fernanappinventor.SEUROP_Bov_Imax o cercando su Google Play la parola SEUROP.

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MGA GROUP

Vicentini Carni. Qualità garantita dalla A agli Zoccoli.

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AZIENDE

Centro Carni Company, una lunga storia di passione, esperienza e famiglia Lo scorso 21 giugno, l’azienda padovana con oltre 40 anni di esperienza nel mondo della lavorazione della carne bovina ha aperto le porte ai giornalisti con un press tour alla scoperta di questa bella realtà, del suo management e delle novità. Un giro attraverso lo stabilimento, tra celle frigorifere, sale di disosso e taglio, per comprendere lo stile di Centro Carni Company

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L’origine utto ebbe inizio nel lontano 1890, quando due famiglie di Tombolo, in provincia di Padova, i PILOTTO e i BEGHETTO, colla-

boravano insieme nell’allevamento e nel commercio del bestiame vivo. Questo fu, di fatto, un momento determinante, perché il bagaglio di conoscenze acquisito nelle attività

dell’allevamento, così come nel commercio del capo vivo, permise di arrivare ad un’altissima selezione del prodotto e una conseguente qualità dei prodotti lavorati. Nel

Con all’attivo oltre 40 anni di esperienza, Centro Carni Company oggi rappresenta una delle principali aziende italiane nel settore della lavorazione della carne bovina e leader nel disosso, con una potenzialità giornaliera di 70 tonnellate di prodotto e circa 65 quintali di prodotti elaborati. 34

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Centro Carni Company propone al mercato diversi marchi. Sono principalmente due i brand verso i quali l’azienda investe la maggior parte degli sforzi economici, commerciali e di comunicazione: You&Meat, dedicato al retail GDO, e UNIKA, rivolto al mercato Ho.re.ca. 1970, Vitaliano Beghetto insieme a Umberto, Bruno e Luigi Pilotto fondarono TO.CAR. (Tombolo Carni), occupandosi del commercio di

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carni e, solo cinque anni più tardi, ad opera di Giancarlo e Giovanni Pilotto e Claudio Beghetto, figli degli imprenditori di TO.CAR.,

prese vita CENTRO CARNI CONGELATE, che si specializzò nella lavorazione e trasformazione delle carni. Fu questo un anno importante per

Tutti i numeri di Centro Carni Company: 40, gli anni di esperienza per una delle maggiori aziende italiane nel settore della lavorazione della carne bovina; 70 tonnellate di capacità giornaliera di disosso; 65 quintali di prodotti elaborati su base giornaliera; 5.500 m2 coperti di superficie, ai quali se ne aggiungeranno presto altri 7.000; 21 i paesi destinatari dell’export: Belgio, Bielorussia, Bulgaria, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Inghilterra, Italia, Malta, Olanda, Polonia, Portogallo, Romania, Slovenia, Spagna, Svizzera, Hong Kong Croazia (nel 2017 l’estero ha realizzato il 18% del fatturato. Centro Carni Company esporta prevalentemente tagli anatomici e burger freschi e gelo, destinati al canale del food service); 83 dipendenti (55 operai e 28 impiegati); 35 anni è la loro età media.

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Cultura, controllo e cura Centro Carni Company si potrebbe riassumere in tre parole: cultura, cura, controllo. È una definizione creata nel 2017 per racchiudere, in pochi concetti, l’impegno generale dell’azienda, una sorta di manifesto anche nei confronti del cliente, sia esso consumatore finale o canale professionale. La mission aziendale è infatti “dare benessere alle persone, credendo con passione nell’innovazione e nel miglioramento”. Poche ma significative parole che esprimono la voglia di migliorare, di mettersi in gioco con passione. Ciò denota questi tre valori imprescindibili che guardano ai collaboratori di Centro Carni Company e al cliente.

Da sinistra, Giovanni Pilotto, Claudio Beghetto, Giancarlo Pilotto e Raffaele Pilotto.

l’innovazione, in quanto si iniziò a sviluppare il confezionamento di tagli anatomici in sottovuoto. Una tecnologia oggi comune, ma che in quegli anni comportava sperimentazione, giornate di prove e tentativi per arrivare, con i mezzi di allora, ad ottenere un confezionamento qualitativamente efficiente e sicuro, al fine di conservare al meglio il prodotto. Quello che oggi è di comune utilizzo, allora era assolutamente visionario: confezionare un prodotto in un sacchetto di plastica senz’aria non era cosa scontata e di dominio comune. Coraggio e lungimiranza sono da sempre virtù essenziali per ottenere risultati capaci di dare slancio e grinta ad un prodotto. Le innovazioni si susseguirono, di

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generazione in generazione, con la voglia di proporre al mercato un modo di lavorare diverso e un prodotto qualitativamente migliore e all’avanguardia. Anche il congelamento fu per Centro Carni Company una grande conquista nel campo dell’innovazione: già nei primi anni ‘70 l’azienda investì energie, tempo e risorse per nuove sperimentazioni atte a migliorare il prodotto, dando risultati in termini di crescita positiva. Il 1980 fu l’anno in cui TO.CAR. e Centro Carni Congelate si fondarono in un’unica realtà, grazie anche al contributo di Raffaele Pilotto, all’epoca giovanissimo, ma con le idee molto chiare circa le prospettive commerciali che le due realtà potevano potenzial-

mente costruire. Dopo pochi anni l’unione e la voglia condivisa di innovare diedero vita ad un nuovo stabilimento per la lavorazione del prodotto fresco. Nacque, all’inizio degli anni ‘90, CENTRO CARNI COMPANY SPA, il frutto di anni di duro lavoro, focalizzato sull’eccellenza di prodotto. Negli anni ‘90 la proprietà di Centro Carni Company vide l’entrata in scena di Nicola Pilotto, il quale si dedica all’organizzazione finanziaria e gestionale dell’azienda, portando un forte e significativo contributo. All’inizio degli anni 2000 la struttura produttiva subì un ulteriore ampliamento di ben 2.000 m2, assumendo l’aspetto di oggi. All’interno della nuova struttura, coraggio, passione e cura per il lavoro della carne trovarono una forma nuova, grazie all’adozione di nuove linee di lavorazione tecnologiche e all’avanguardia. Innovazione e passione continuano ad essere presenti anche nel futuro, intrecciandosi con il DNA che caratterizza la proprietà di Centro Carni Company. La “famiglia” di Centro Carni Company, nell’arco degli ultimi dieci anni, si è allargata, coinvolgendo la “quarta generazione”: Filippo Pilotto, impegnato nell’area commerciale; Riccardo Beghetto, impegnato nell’area acquisti; Elisa Pilotto, addetta alle risorse umane e Silvia Pilotto, dedita al marketing e alla comunicazione. La voglia di migliorare, di conoscere e di mettersi in gioco, ma anche il desiderio di lavorare in team, di condividere e di risolvere, sono gli elementi in cui far crescere la grande famiglia e i collaboratori di Centro Carni Company.

Centro Carni Company Spa Via S. Antonio 80 35019 Tombolo (PD) Telefono: 049 9470772 E-mail: info@centrocarnicompany.com Web: www.centrocarnicompany.com

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www.centrocarnicompany.com


Stile Procarni, qualità in carne e ossa di Elena Benedetti

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ccomi a contare sessant’anni di attività, tre generazioni, una famiglia e quattro uomini che coordinano un business, quello della lavorazione e del commercio carni nella provincia di Roma. Siamo a Mola dei Giuli, una frazione di Genazzano, ad una cinquantina di chilometri dalla Capitale. Qui ha sede Procarni, una realtà fondata nel 1951 da GAETANO CIANI che oggi conta 15 dipendenti e 7 celle refrigerate per lo stoccaggio e il deposito di carni di prima qualità, principalmente nazionali tra bovino (vitellone, scottona, vitello da latte, manzo), suino, ovicaprino ed equino. L’impianto ha anche due grandi laboratori per il taglio e il disosso e per la preparazione

di tagli anatomici confezionati in sottovuoto termoretraibile. In azienda incontro ANTONIO CIANI col figlio Gaetano. «Ho iniziato a lavorare nel 1958 con mio padre che faceva il mediatore del paese, una vita tra il bestiame, e nel tempo libero andavo a far pascolare i vitelli» mi dice Antonio, 76 anni e una tempra da grande lavoratore che ha mantenuto anche oggi, con la sua segreta passione dei salumi. «Mio padre non voleva stare in campagna a lavorare la terra e si mise quindi nel commercio. Poi, nel 1963, presi la patente e da quel momento non mi sono più fermato» aggiunge Antonio. Oggi suo figlio Gaetano si occupa della parte commerciale, del

business, e di quella visione più strategica che è fondamentale per intercettare le tendenze di un mercato, quello delle carni, che non è stato mai così mutevole come negli ultimi 15 anni. Antonio, insieme al fratello Renato, e Gaetano, col fratello Pietro, sono il prodotto di due momenti diversi della storia dell’azienda, due generazioni a confronto, un esempio tipico delle imprese a carattere famigliare, che poi sono la stragrande maggioranza in Italia. Insomma, tutte realtà che hanno alle spalle una solida e maturata esperienza su modalità di commercio che poi oggi sono spesso e volentieri superate da dinamiche nuove. Ma per crescere servono entrambe le visioni e i signori di Procarni

La sede di Procarni, con i laboratori, le celle del freddo e lo stoccaggio delle carni è a Mola dei Giuli, vicino a Genazzano, ad una cinquantina di chilometri da Roma. Da notare il Beef Wall opera dell’artista Mauro Sgarbi.

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Bologna


In alto: cella di stoccaggio. In basso: un dettaglio del Beef Wall opera di Mauro Sgarbi. Di lui si è scritto che è un “soldato dell’arte”, pittore della tela convertito al “grande muro”. Su Instragram al link @ sgarbimauro (photo © Procarni).

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1) Renato Ciani. 2) Nelle celle di stoccaggio ci sono mezzene e quarti di bovino, suino, ovino, selezionati per la clientela, in gran parte macellerie e ristoranti. Non mancano carni inglesi, galiziane ed europee. 3) Pietro e Antonio Ciani.

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Procarni è certificato ISO 9001 e richiede il rispetto degli stessi standard qualitativi anche ai propri partner, siano essi allevatori, macelli, trasportatori, al fine di garantire una continuità del livello di prodotto lungo tutta la filiera produttiva. L’azienda vanta anche l’accreditamento ICEA per il commercio e la lavorazione di carni biologiche.

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Antonio e Gaetano Ciani, insieme a Renato e a Pietro, gestiscono Procarni, una realtà che quest’anno raggiunge i 60 anni di attività nel commercio delle carni. lo sanno bene. Anche nel mondo di chi fa distribuzione e ingrosso carni e, soprattutto, per chi sceglie di lavorare solo proteine animali di qualità come questa famiglia di Genazzano, servono spalle larghe e la conoscenza del mercato. Serve l’esperienza maturata dal nonno Gaetano, come commerciante di bestiame, servono migliaia di chilometri e chilometri macinati da Antonio per andare ai mercati bestiame del Centro e Nord Italia, tutte le settimane, per anni e anni, a selezionare e comprare capi. Serve il livello di servizio garantito alla clientela, col prodotto sempre giusto, la consegna puntuale, l’affidabilità di essere partner e fornitori di prima scelta. E poi serve la ricerca di Gaetano, che oggi seleziona i capi provenienti solo da allevamenti che hanno una cura particolare per l’alimentazione del bovino e del suo benessere. «Le migliori razze bovine, gli allevamenti più qualificati, i metodi naturali di stabulazione e alimentazione ci permettono di raggiungere livelli di eccellenza riguardo la bontà, la tenerezza e il sapore delle carni da

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noi commercializzate» assicurano in Procarni, sottolineando che «la salubrità delle carni è garantita dai continui controlli delle autorità preposte e accompagnano il bovino dalla nascita sino al banco macelleria». In qualità di intermediario e sezionatore, Procarni oggi aderisce al Consorzio per la tutela del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale e al Consorzio Produttori Carne Bovina Pregiata delle Razze Italiane (CCBI) per la commercializzazione certificata delle carni provenienti da bovini di razza Chianina, Marchigiana e Romagnola. A questi si aggiunge l’adesione al consorzio COALVI per la commercializzazione delle carni di razza Piemontese e alla filiera veneta del Consorzio AmicΩmega. «Quest’ultimo è un progetto molto interessante — mi spiega Gaetano — che si fonda sul rispetto degli animali e dell’ambiente, garantendo attraverso la tracciabilità tutte le informazioni circa l'origine e la lavorazione degli alimenti». In una rete che unisce mangimifici, allevatori, trasformatori e distributori, il Consorzio offre un apporto

bilanciato di Omega-3 nella dieta dell’animale. Oltre a questi circuiti nazionali, Procarni è attenta a selezionare anche carni estere di super nicchia, dal forte valore aggiunto come la Heritage South West Farms, 100% grass fed, la Vaca vieja di TXOGITXU e Sashi Beef della danese JN MEAT INTERNATIONAL APS. Non manca poi l’attività di Procarni sui social, soprattutto la loro pagina Instagram che vale la pena seguire per non perdersi gli scatti in cella. E se siete dalle parti di Genazzano, a parte la cacio e pepe da Marco all’Osteria La Vecchia, andate e trovare la famiglia Ciani e a vedere il loro Beef Wall, un lungo murales carnivoro realizzato dallo street artist MAURO S GARBI (www.maurosgarbi.com). Strepitoso! Elena Benedetti Procarni Srl Via Prenestina km 55,700 Loc. Mola dei Giuli 00030 Genazzano (RM) Telefono: 06 9579191 Web: www.procarni.com www.instagram.com/procarni_srl

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INTERVISTE

CSB-System: la digitalizzazione non è fine a se stessa Ma è uno strumento per migliorare la filiera produttiva e ridurre i costi. Quattro chiacchiere col gruppo CSB-System, che offre soluzioni preconfigurate per tutti i comparti del settore Alimenti & Bevande

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logan come Industria 4.0 e Internet of Things sono onnipresenti, indipendentemente dalle dimensioni o dal settore in cui l’azienda opera. Per molte aziende la digitalizzazione presenta più domande che risposte. Quali tecnologie possono essere utilizzate? E quali soluzioni sono già presenti sul mercato? La CSB-System Srl, azienda leader nella fornitura di soluzioni IT all’avanguardia per le aziende del settore alimentare, si occupa già da tempo di questi temi. Obiettivo di quest’intervista è conoscere il loro punto di vista e capire qual è la loro posizione verso questi temi. Il gruppo CSB-System è specializzato nell’ottimizzazione dei processi come 44

poche altre aziende del settore IT. Quale strategia seguite? «Ottimizzare fa parte ormai del nostro DNA. Il nostro approccio è lo stesso di quando abbiamo cominciato, 40 anni fa. Individuiamo i processi, li ottimizziamo, li implementiamo in azienda in modo facile all’uso, per poi consegnare al nostro cliente uno strumento IT che egli possa utilizzare nella pratica di tutti i giorni. Abbiamo l’aspirazione di trovare l’optimum per tutti i livelli. Per raggiungere questo obiettivo, le aree esistenti in azienda devono essere analizzate e migliorate tutte insieme. Solo sommando i singoli risultati si può ottenere il massimo effetto, in fabbrica come in ufficio. Non ha alcun senso, ad esempio, che

il settore Acquisti funzioni separatamente dalla Produzione: è addirittura controproducente! Procediamo sostanzialmente in maniera ordinata all’ottimizzazione completa di acquisti, produzione, processi e giri. Ma questo lavoro non finisce mai. Le esigenze dei nostri clienti crescono e un buon software gestionale deve crescere con loro, anzi, deve addirittura anticipare le soluzioni a probabili future richieste». In questo contesto, parole chiavi come digitalizzazione, Industria 4.0 e Internet of Things sono diventate all’improvviso rilevanti. Come procede CSB-System all’attuazione di questi concetti nella pratica di tutti i giorni dell'industria alimentare? Eurocarni, 8/18


Smart up your Factory! «Una cosa è certa, non c'è modo di aggirare la digitalizzazione dei processi aziendali né di ignorarla. I responsabili aziendali sanno, però, che tali investimenti non solo ripagano a medio termine, ma decidono anche le sorti aziendali future. Prendiamo ad esempio l’EDI (Exchange-Data-Interchange): ormai è diventato un prerequisito essenziale per lavorare con la GDO. Dal nostro punto di osservazione privilegiato, vediamo che l’industria alimentare sta diventando sempre più aperta e coraggiosa a proposito di networking e digitalizzazione. D’altronde, le prospettive sono allettanti: la digitalizzazione è in grado di ridurre i costi e aumentare la qualità a tutti i livelli della filiera produttiva. Notiamo, in altre parole, un approccio pratico da parte delle imprese: la digitalizzazione non è fine a se stessa ma diventa invece uno strumento, o meglio, un’opportunità per migliorarsi». Che ruolo gioca CSB-System sulla strada della trasformazione digitale? «In qualità di fornitori di soluzioni IT all’avanguardia per le aziende del settore alimentare, ci vediamo tra i player principali della digitalizzazione. Grazie alla combinazione di software, hardware e consulenza facciamo in modo che i nostri clienti siano pronti per la quarta rivoluzione industriale e si assicurino il loro posto anche nel mercato del futuro. Il nostro software ERP è modulare e integrato; può essere definito Eurocarni, 8/18

come il sistema nervoso centrale dell’azienda, ovvero la piattaforma dati dove tutto converge; perché se non si dispone di dati affidabili, non è nemmeno pensabile di affrontare la trasformazione digitale. I dati sono il “carburante”». Quali sono i progetti di cui vi state occupando al momento? «Al momento stiamo sviluppando App specifiche per la nostra nuova versione, che ci permettano di essere al passo con i tempi. Sempre più spesso i nostri clienti hanno la necessità di accedere al CSB ovunque si trovino tramite PC, tablet o smartphone. Stiamo migliorando i dashboard specifici per le vendite, la produzione ed il controlling, per poter richiamare informazioni precise e KPI (KeyPerformance-Indicator). Ciò facilita il lavoro del personale di vendita, dei controller e dei dirigenti, migliorando al tempo stesso produttività ed efficienza. Abbiamo inoltre messo a punto un nuovo configuratore di processi per un’implementazione ancora più veloce di processi standard e best practice». I big data sono già un argomento tra i vostri clienti? «Dipende ovviamente da cosa si intende per big data. Un nostro cliente, tra i maggiori per dimensione, elabora circa 225.000 movimenti di magazzino al giorno e 135.000 registrazioni di quantità in consegna. In

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La produzione smart Venite a conoscere direttamente sul posto le Best practices di aziende leader del settore Food. • Centrale di ottimizzazione ERP • Maggiore freschezza grazie alla digitalizzazione e all’automazione • Industria 4.0 nella pratica E molto altro Con visite alle seguenti aziende:

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CSB Factory ERP è tagliato su misura per l’ottimizzazione dei processi produttivi ed è quindi perfetto per la gestione degli stabilimenti produttivi di multinazionali e gruppi aziendali che impiegano già un ERP di gruppo. questo caso sì che possiamo parlare di big data. Si deve però sapere che i big data non hanno una vita autonoma. Perché, a differenza dell’automazione di una linea di produzione, la cui efficienza può essere misurata

in maniera relativamente rapida, i big data devono essere integrati in una strategia a lungo termine. Successivamente, ci si pone anche la domanda su come utilizzare e implementare le conoscenze ac-

quisite dai dati. È chiaro però che la capacità di affinare i dati della propria produzione, assecondando e anticipando le richieste del mercato globale, diventerà presto un fattore di successo determinante».

Il Gruppo aziendale CSB-System offre da 40 anni soluzioni IT specifiche per il settore Alimenti & Bevande, in grado di gestire l’azienda a 360 gradi ed oggi, con le soluzioni software di elaborazione per immagini e di automazione, entra a pieno titolo tra i player della rivoluzione digitale, nella quale macchine, impianti e prodotti comunicheranno tra loro. Ma anche nell’era dell’Industria 4.0, il sistema ERP mantiene il suo ruolo di colonna portante tecnico-informatica dell’azienda: dagli acquisti alla produzione ed ottimizzazione ricette, dalla peso-prezzatura integrata fino all’efficiente preparazione ordini. I progetti logistici integrati e la rintracciabilità completa secondo standard nazionali ed internazionali, rappresentano altre potenzialità del software. Già nella versione standard “chiavi in mano” il CSB-System soddisfa tutte le esigenze del settore e grazie alla totale integrazione dei suoi moduli operativi Acquisti, Magazzino, Produzione, Vendite, Logistica, Controllo Qualità, Contabilità generale e industriale, Cespiti, Archiviazione documentale, Rilevazione presenze, Business Intelligence, i clienti CSB-System hanno raggiunto notevoli effetti di razionalizzazione dei processi, drastici tagli dei costi e veloci tempi di implementazione. Il gruppo offre soluzioni ERP per aziende di ogni grandezza e tipo. Le tipologie di software proposte possono essere così riassunte: il CSB Industry ERP è l’ERP per le aziende del settore Alimenti & Bevande che cercano una soluzione completa per l’azienda, CSB Factory ERP è tagliato su misura per l’ottimizzazione dei processi produttivi ed è quindi perfetto per la gestione degli stabilimenti produttivi di multinazionali e gruppi aziendali che impiegano già un ERP di gruppo. Mentre per piccole e medie aziende l’ideale è il CSB Basic ERP che già nella sua versione standard contiene le best practice aziendali per coprire le richieste di settore e del mercato. >> Link: www.csb.com

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MERCATI

Cina: calano le importazioni di carne suina. Prezzo dimezzato sul 2016 L’aumento della produzione interna e il cambio delle abitudini di consumo verso altre fonti proteiche stanno influenzando il mercato di Roberto Villa

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a carne di suino rappresenta sempre la tipologia più abbondante sulle tavole dei Cinesi e nessuna ombra si staglia a minacciarne il primato. Tuttavia, i segnali di un rallentamento nella crescita dei consumi sono evidenti. Nelle aree urbane, dove ormai l’effetto saturazione delle quantità

di alimenti è avvenuto da qualche anno, le nuove classi benestanti stanno dirigendo le proprie preferenze alimentari in direzione di fonti proteiche animali percepite come più salutari, ad esempio carni avicole e prodotti ittici. Si assiste quindi ad un aumento della produzione domestica, prevista tra l’1% e il

2% rispettivamente nel 2017 e nel 2018, accompagnata da un analogo incremento dei consumi interni (+1,1 milioni di tonnellate), tasso quest’ultimo che viene registrato come il più basso dell’ultimo decennio e indica una domanda ormai destinata a stabilizzarsi. Il prezzo dei suini vivi è sceso ulteriormente tra

La cucina cinese è ricca di ricette a base di maiale, in tutte le salse. Attualmente sono però in crescita i consumi di carni avicole e prodotti ittici.

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inizio gennaio e fine aprile 2018 toccando i 10,7 Yuan/kg (equivalenti a circa 1,43 €/kg) contro un prezzo, nell’aprile 2017, di 15,6 Yuan/kg e un prezzo medio del 2016 di 20,0 Yuan/kg, ma la maggiore convenienza rispetto a due anni fa non ha sostenuto i consumi. A soffrire di questa situazione sono i piccoli allevatori — alcuni dei quali sono prossimi alla chiusura, se non saranno sostenuti dalle politiche locali e governative — e i Paesi esportatori, che hanno visto calare vistosamente gli invii di carni suine in Cina: secondo le statistiche diffuse dalla sezione Pork della britannica Agriculture and Horticulture Development Board1, nel primo trimestre 2018 le importazioni cinesi sono state pari a 324.000 tonnellate (–6% rispetto al medesimo trimestre del 2017) per le carni congelate e a 271.300 tonnellate (–15% rispetto al medesimo trimestre del 2017) per le frattaglie. L’Unione Europea ha registrato in quest’anno una diminuzione a doppia cifra (–14%), per un volume inferiore di 58.800 tonnellate che ne ha ridotto del 2% la quota sull’import cinese, ma non hanno vissuto un buon momento nemmeno gli Stati Uniti (–13.700 tonnellate, pari ad una contrazione dell’11%) e il Canada (–6.500 tonnellate equivalenti a un –9%); unica isola felice il Brasile, con un incremento di 8.000 tonnellate.

I Paesi esportatori hanno visto calare vistosamente gli invii di carni suine in Cina. Nelle aree urbane, infatti, dove l’effetto saturazione delle quantità di alimenti è avvenuto già da qualche anno, le nuove classi benestanti stanno dirigendo le proprie preferenze alimentari in direzione di fonti proteiche alternative al maiale percepite come più salutari (avicolo e ittico)

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In Cina il prezzo dei suini vivi è sceso ulteriormente tra inizio gennaio e fine aprile 2018 toccando i 10,7 Yuan/kg, contro un prezzo, nell’aprile 2017, di 15,6 Yuan/kg e un prezzo medio del 2016 di 20,0 Yuan/kg. Import in calo di un ulteriore 6% entro fine 2018. I dazi al 25% sulle carni a stelle e strisce, contropartita per i dazi su acciaio e alluminio, penalizzeranno gli USA Le previsioni dello United States Department of Agriculture2 danno le importazioni in ulteriore calo del 6% per fine anno rispetto ai livelli già in contrazione del primo trimestre. E gli Stati Uniti dovrebbero pagare il maggior prezzo, a causa della tariffa daziaria del 25% che la Cina ha imposto come balzello difensivo contro i dazi su acciaio e alluminio voluti dal governo TRUMP, destinati prevalentemente a colpire il colosso asiatico. Brasile e Unione Europea potrebbero beneficiare di una parte della quota di mercato appannaggio degli statunitensi, soprattutto se la Cina decidesse di estendere il dazio ad altre merci agricole provenienti dagli USA, come la soia: in questo caso, in mancanza di copertura per un analogo quantitativo da altri paesi esportatori come il Brasile, i costi di produzione della suinicoltura potrebbero salire comprimendo ulteriormente i già risicati margini degli allevatori ed innescando un maggiore ricorso alle importazioni. La fornitura di carni dal Brasile è messa in dubbio dalle notizie

pubblicate dalla stampa circa presunti episodi di corruzione che alcuni tra i maggiori gruppi avrebbero utilizzato verso veterinari governativi per mettere a tacere la presenza di Salmonella spp. sulle carcasse. Tale situazione ha riguardato le carni avicole, con il blocco, da parte dell’Unione Europea, di ben 20 impianti produttivi da metà maggio. Le autorità cinesi hanno voluto vederci chiaro ed hanno quindi predisposto, nei mesi di giugno e luglio, ispezioni da parte dei propri veterinari per verificare direttamente le condizioni nei macelli e nei magazzini frigoriferi da cui partono tutte le carni esportate. Sul fronte della UE, oltre ai grandi esportatori come Danimarca e Spagna, si affacciano sul mercato cinese anche paesi che sinora erano quasi esclusi: il produttore finlandese HKScan ha inviato un primo container di carni suine verso il porto di Tianjin nel mese di aprile e stima che il mercato possa assorbire in un anno 3.000 tonnellate, con ulteriori incrementi negli anni successivi. Roberto Villa Note 1. pork.ahdb.org.uk 2. www.fas.usda.gov/data

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Il crollo dei mercati trascina la redditività della suinicoltura Va meglio la macellazione, mentre si aggrava ulteriormente il gap di redditività tra stagionatura di prosciutti Dop e generici

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eggiora fortemente a maggio la redditività della suinicoltura italiana. L’indice CREFIS segna –8,4% rispetto ad aprile (dato congiunturale) e, particolarmente preoccupante, –13,3% rispetto a maggio 2017 (dato tendenziale). A pesare sono stati congiuntamente due fattori. L’aggravio dei costi, per l’aumento a maggio dei corsi dei principali alimenti zootecnici a partire dal mais, ma soprattutto il crollo del mercato dei suini pesanti. A maggio, il prezzo medio mensile dei capi pesanti da macello è sceso a Modena a 1,371 €/kg, in calo del 7,6% rispetto ad aprile e del 17,2% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. E dopo mesi di mercato tonico, scendono a maggio anche le quotazioni dei suini da allevamento. In particolare, per i capi di 30 kg, la variazione congiunturale registrata alla CUN è stata pari a –6,4%; per un prezzo fissato a 3,557 €/kg. Una situazione migliore si registra a maggio per la fase di macellazione. Cresce infatti la redditività, con l’indice CREFIS che mostra un +4,5% a livello congiunturale e un +14,1% a livello tendenziale. La ragione di questa dinamica positiva è tutta da ascriversi all’andamento favorevole dei costi per l’acquisto dei suini da macello; mentre dal lato dei ricavi va segnalato un mercato dei tagli freschi in negativo. Scendono infatti a maggio i prezzi delle cosce fresche pesanti per crudo tipico, che alla CUN hanno quotato 4,580 €/kg, ovvero il 4,7% in meno rispetto ad aprile; mentre il prezzo della coscia destinata a crudo generico è calato a 3,622 €/ kg (–2,4% su base congiunturale). 50

Stagionatura prosciutti. A maggio scorso, il calo delle quotazioni dei prosciutti tutelati ha spinto verso il basso la redditività delle produzioni tipiche (photo © capannaprosciutti.com). Eurocarni, 8/18


L’industria della stagionatura dei prosciutti ha mostrato a maggio un andamento nettamente differenziato tra la filiera Dop e quella del prodotto generico. Il calo delle quotazioni dei prosciutti tutelati ha spinto verso il basso la redditività delle produzioni tipiche. Andamento opposto, invece, per le produzioni generiche, per le quali la remuneratività è cresciuta rispetto al mese precedente

Tutte negative le variazioni tendenziali. Scendono, sempre a maggio, anche i prezzi dei lombi: il taglio Modena ha quotato 3,060 €/kg alla borsa merci di Modena per un –3,2% su aprile; la variazione tendenziale è stata però positiva (+2,9%). L’industria della stagionatura dei prosciutti mostra a maggio un andamento nettamente differenziato a seconda che si tratti della filiera DOP o di quella del prodotto generico. Il calo delle quotazioni dei prosciutti tutelati (–1,7% su base congiunturale e –6% su base tendenziale, per un dato di 9,730 €/kg) ha spinto verso il basso la redditività delle produzioni tipiche. Andamento opposto, invece, si è registrato per le produzioni generiche per le quali la remuneratività cresce a maggio rispetto al mese precedente. Ma vediamo i numeri. Nel corso del mese di maggio, in termini congiunturali, la redditività del prosciutto di Parma DOP pesante è peggiorata dell’1,7%; per i prosciutti generici pesanti invece è salita del 2,4%. Rimanendo in tema di redditività, impressiona il valore tendenziale della stagionatura dei DOP: –20,2%. Peraltro anche per i prodotti non tutelati pesanti la variazione risulta negativa: –2,4%. Pur rimanendo positivo, scende così anche a maggio (portandosi a +12%) il differenziale di redditività tra la stagionatura di prosciutti DOP e generici pesanti; mentre lo stesso gap è fortemente negativo (–15,7%) nel caso dei prosciutti leggeri. (Fonte: CREFIS www.crefis.it)

CREFIS – Centro ricerche economiche sulle filiere suinicole dell’Università Cattolica del S. Cuore, diretto dal professor Gabriele Canali, svolge un’attività di monitoraggio e analisi delle filiere suinicole grazie al sostegno fornito dall’Assessorato Agricoltura della Regione Lombardia, Unioncamere Lombardia, della CCIAA di Mantova. Oltre a questa attività, il centro collabora attivamente su progetti specifici con diversi enti, organizzazioni, associazioni e distretti delle filiere suinicole, dai cereali ai salumi.

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CONSUMI

Consumi alimentari in Europa: un passo avanti con EFSA

L’

EFSA ha pubblicato una nuova versione della sua “Banca dati esaustiva sui consumi alimentari in Europa”, che per la prima volta include dati raccolti tramite il progetto EU Menu dell’EFSA. Grazie a questo aggiornamento, la banca dati comprende ora i dati più recenti raccolti negli Stati Membri su diverse fasce della popolazione e su nuove categorie di alimenti, come le bevande energetiche. Il progetto EU Menu si prefigge di aumentare ulteriormente la qualità, il livello di dettaglio e l’armonizzazione dei dati, coprendo inoltre tutte le fasce di età della popolazione tra i 3 mesi e i 74 anni. Ciò rende i dati più facili da confrontare tra loro. «Mettere a disposizione dati armonizzati e dettagliati sul consumo di alimenti in tutta la UE è stato uno degli obiettivi di lunga data dell’EFSA» ha dichiarato SOFIA IOANNIDOU, responsabile del progetto. «Oggi questo è diventato

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realtà grazie al duro lavoro degli Stati Membri». EU Menu EU Menu rappresenta l’ultima fase evolutiva di un processo avviato dal Comitato scientifico EFSA nel 2005. L’EFSA iniziò a raccogliere dati sui consumi alimentari degli adulti europei, a livello nazionale, nel 2008, per includerli in una sua banca dati sintetica. A ciò fece seguito la co-

siddetta “Banca dati particolareggiata dell’EFSA sui consumi alimentari in Europa”, contenente informazioni più estese e più dettagliate sulla maggior parte dei Paesi UE, suddivise per categorie alimentari più mirate e con un maggior numero di fasce della popolazione. La banca dati particolareggiata EFSA sui consumi in Europa La Banca dati particolareggiata sui

La Banca dati sui consumi alimentari svolge un ruolo determinante nella valutazione dei rischi collegati ai pericoli che possono presentare gli alimenti nella UE, consentendo di effettuare stime dell’esposizione dei consumatori a tali pericoli, passo fondamentale nel lavoro EFSA di valutazione del rischio. Inoltre, è utile anche per altri settori di attività di EFSA, come le stime sull’assunzione di nutrienti da parte della popolazione UE

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consumi alimentari svolge un ruolo determinante nella valutazione dei rischi collegati ai pericoli che possono presentare gli alimenti nella UE, consentendo di effettuare stime dell’esposizione dei consumatori a tali pericoli, passo fondamentale nel lavoro EFSA di valutazione del rischio. La banca dati è utile anche per altri settori dell’attività dell’EFSA, come le stime sull’assunzione di nutrienti da parte della popolazione UE. FoodEx2 EFSA utilizza il sistema FoodEx2 per classificare gli alimenti e le bevande contenuti nella banca dati. Il compendio statistico contenuto nella banca dati consente di effettuare una rapida selezione tra esposizione cronica ed esposizione acuta a sostanze e organismi che possono trovarsi nella catena alimentare. Nella banca dati le indagini sulle abitudini alimentari e i dati sui consumi di alimenti per ciascun Paese sono suddivisi per categorie. Queste comprendono: • età, dai neonati agli adulti di età pari o superiore a 75 anni; • gruppo di alimenti (oltre 2.500); • tipo di consumo, che copre sia il consumo normale che quello elevato, consentendo quindi di adattare i calcoli su misura per ciascuna categoria di consumatori. Tali statistiche sul consumo di alimenti sono memorizzate e consultabili nell’EFSA Data Warehouse, il magazzino dati EFSA (per visualizzare le statistiche è necessario disporre di Adobe Flash Player, scaricabile gratuitamente dal sito di Adobe). Consumo cronico e acuto Le statistiche sul consumo alimentare cronico e acuto sono disponibili per il totale della popolazione (“tutti i soggetti” e “tutti i giorni”) o solo i consumatori, e in grammi al giorno (g/giorno) o grammi al giorno per chilo di peso corporeo (g/kg pc/ giorno). >> Link: www.efsa.europa.eu/it/ food-consumption/comprehensive-database

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RETAIL NEWS

Notizie dalla GDO Sami Kahale, nuovo direttore generale di Esselunga Dal mese di giugno SAMI KAHALE è entrato a far parte della squadra di Esselunga in qualità di direttore generale dopo aver trascorso 33 anni in Procter & Gamble ricoprendo ruoli di crescente responsabilità in Italia e all’estero. «La nomina dell’ingegner Kahale va nella direzione di un rafforzamento manageriale del Gruppo con una persona dotata di una visione internazionale, maturata in una delle aziende più importanti del consumer goods» ha commentato CARLO SALZA, AD di Esselunga. «Siamo fiduciosi che queste sue esperienze, unite alle eccellenze presenti in azienda, costituiranno un patrimonio unico sul quale costruire il nostro futuro». Prosegue intanto il piano di investimenti aziendali in nuovi negozi, ampliamenti e/o ristrutturazioni e nell’e-commerce, che sta riscuotendo grande successo tra la clientela. Kahale è nato a Il Cairo 56 anni fa ed ha compiuto il suo percorso di studi formativo negli USA. L’ex AD di P&G ha avuto un ruolo di leadership dal suo rientro in Italia nel 2007, per volontà di Confindustria, sul tema dell’attrattività dell’Italia per gli investimenti esteri. Impegno articolatosi in diversi ruoli, da ultimo come chairman dell’Advisory Group investitori esteri di Confindustria a fianco del vicepresidente LICIA MATTIOLI (fonte: © World Food Press Agency).

CIA-Conad: crescono le vendite. Nuovo piano di sviluppo Ha chiuso il 2017 con vendite al dettaglio superiori a 1,5 miliardi di euro una delle principali cooperative del sistema nazionale Conad – Commercianti Indipendenti Associati, frutto di un trend positivo illustrato all’ultima assemblea di bilancio, svoltasi recentemente al Palacongressi di Rimini, dal presidente MAURIZIO PELLICONI e dall’AD LUCA PANZAVOLTA. Le percentuali di crescita del 2017 fanno segnare un +4,35% sui 12 mesi precedenti in omogeneo e un +6% in assoluto (cioè includendo le nuove aperture). Il patrimonio netto sale oltre i 671 milioni di euro, mentre il valore aggiunto generato (inclusi 9 milioni di imposte e tasse e 18,2 milioni di stipendi) è stato di 87 milioni di euro. Nello stesso periodo le vendite all’ingrosso ai soci sono state pari a 1 miliardo e 94 milioni di euro. CIA-Conad per crescere ancora mette sul piatto oltre 320 milioni di investimenti nell’ambito del piano di sviluppo 2018-2020 (43 nel 2017), per nuove aperture e ristrutturazioni totali e parziali dei punti vendita. Nel 2018 altri interventi riguardano l’avvio dei lavori al Centro Montefiore di Cesena e un nuovo punto vendita a Lendinara. Intanto, oltre alla riconferma di Luca Panzavolta, 53 anni, alla carica di amministratore delegato, fra i nuovi ingressi nel consiglio di amministrazione di CIA spicca il nome di FRANCESCO PUGLIESE, 59 anni, direttore generale e AD del Consorzio Nazionale Conad, di cui CIA è uno dei gruppi territoriali più importanti. Commercianti indipendenti associati è una cooperativa di dettaglianti del sistema nazionale Conad che copre i territori di Romagna, Marche, Friuli Venezia Giulia e Veneto (fonte: © World Food Press Agency).

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Partnership tra Supermercato24 e Maxi Di Mantova, Brescia e Varese sono le tre nuove province che si aggiungono a quella di Verona — attiva già dal 2017 — e che usufruiranno dello sviluppo della partnership tra Supermercato24 (www.supermercato24.it), primo player italiano della spesa on-line con consegna a domicilio, e Maxi Di Srl (Gruppo Selex, insegna Famila). L’accordo siglato permetterà a tutti gli utenti di queste città di fare comodamente la spesa on-line agli stessi prezzi dei loro punti vendita Famila preferiti, scegliendo tra le oltre 15.000 referenze presenti sulla piattaforma, compreso un assortimento di oltre 500 prodotti freschi, 1.500 prodotti in offerta e 1.500 articoli private label (dalla cura del corpo all’enogastronomia). I clienti riceveranno poi la spesa all’indirizzo desiderato, in giornata o anche entro un’ora, direttamente dal personal shopper che l’ha realizzata al posto loro. Il servizio è attivo 7 giorni su 7, dalle ore 9.00 alle ore 20.00, ad un costo di consegna di 4,90 euro, senza alcun canone aggiuntivo di iscrizione al servizio. Il personal shopper diventa in sostanza un moderno maggiordomo che si reca a fare la spesa al posto del cliente e lo contatta telefonicamente quando necessario per realizzare al meglio gli acquisti, liberandolo così dall’incombenza di questo impegno. In un mercato sempre più digitale, dove risparmio di tempo, comodità e velocità del servizio sono ormai irrinunciabili per i consumatori, il servizio di Supermercato24 è apprezzato anche dagli operatori della GDO, che hanno così l’opportunità di ampliare i servizi offerti alla propria clientela nella duplice ottica di soddisfarne al meglio i fabbisogni e al contempo fidelizzarli alla propria insegna. Il settore delle vendite e-food in Italia è in costante crescita, nell’ultimo anno si è registrato un +19%, anche grazie a Supermercato24 che risulta essere, secondo una ricerca Nielsen, uno dei primi 3 e-commerce grocery in Italia e ha chiuso il 2017 triplicando i suoi volumi di vendita ed anche il fatturato. Ma come funziona Supermercato24? La piattaforma mette in contatto chi desidera ricevere la spesa con persone — i personal shopper — che fanno fisicamente la spesa al loro posto. In questo modo si risparmia tempo, si fa la spesa con un clic e si ricevi in giornata o anche entro un’ora. I clienti possono poi pagare la spesa con carta di credito, Apple Pay o anche in contanti alla consegna. Supermercato24 è attualmente attivo in 23 province e oltre 400 comuni su tutto il territorio nazionale.

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EVENTI

L’iniziativa #stocoicontadini è approdata a Torino

Bistecca day al Villaggio Coldiretti

È

la più grande riproduzione di una fattoria in città, tra piazza Castello e i Giardini Reali: l’occasione per familiarizzare con i prodotti della tradizione italiana e sostenere le battaglie volte a difenderli, in primis dalla concorrenza sleale di altri Paesi. Venerdì 15 giugno, nel pieno centro di Torino, si è inaugurato il Villaggio della Coldiretti, iniziando proprio con un “Bistecca day”. All’appuntamento si sono presentate centinaia di persone (si parla di oltre 700.000 visitatori nell’intero fine settimana), in rappresentanza di quella maggioranza silenziosa degli Italiani che, nonostante gli allarmismi, le provocazioni

e le campagne diffamatorie non rinuncia a un alimento determinante per la salute come la carne. Tre giorni di festa tra stand, laboratori e intrattenimento per promuovere la qualità della carne italiana non a caso in Piemonte, la regione con il primato nella valorizzazione delle carni da razze storiche italiane. All’inaugurazione hanno partecipato il neoministro delle Politiche Agricole GIAN MARCO CENTINAIO e quello dell’Ambiente SERGIO COSTA, insieme con la sindaca di Torino CHIARA APPENDINO e il presidente di COLDIRETTI ROBERTO MONCALVO. «Le battaglie di Coldiretti sono le nostre battaglie» ha dichiarato

Centinaio. «I consumatori devono essere tutelati e messi in condizione di fare scelte consapevoli. Chi falsifica i prodotti made in Italy sarà il mio primo nemico. Bisogna lottare per tutelare la qualità e il rispetto del lavoro». «Il successo del Villaggio contadino a Torino è la testimonianza dell’enorme crescita della sensibilità degli Italiani vero stili di vita sani e in equilibrio con la natura per i quali l’agricoltura nazionale può offrire i primati conquistati nella qualità, nella sostenibilità ambientale e nella sicurezza alimentare a livello europeo e mondiale» ha commentato Moncalvo.

Una maxi grigliata da record, bracieri, forni in azione e spiedi per il Bistecca Day.

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Carne alla riscossa sulla griglia Sono 9,6 milioni gli Italiani che colgono l’occasione dell’arrivo della bella stagione per partecipare alle tradizionali grigliate di carne, al mare, in montagna, nei parchi, in campagna o nelle case dotate di spazi adeguati: è quanto emerge dall’indagine COLDIRETTI/ IXÈ divulgata proprio in occasione di questa Giornata nazionale della bistecca. “Vola, in particolare, il consumo di bistecca Doc” sottolinea la Coldiretti. “Nel Paese stiamo assistendo ad una decisa svolta verso la qualità nella scelta della carne, col 45% degli Italiani che privilegia quella proveniente da allevamenti italiani, il 29% sceglie carni locali e il 20% quella con marchio DOP, IGP o con altre certificazioni di origine. La domanda di qualità e di garanzia dell’origine, inoltre, ha portato ad un vero boom nell’allevamento delle razze storiche italiane da carne che, dopo aver rischiato l’estinzione, sono tornate a ripopolare le campagne dagli Appennini alle Alpi”. I consigli dei tutor “Per avere un ottimo risultato dalla cottura con il barbecue — raccomanda la Coldiretti — la regola di base è quella di ricorrere a materie prime di qualità, molto meglio se made in Italy, che garantiscono freschezza e genuinità come sostengono i tutor della carne di Coldiretti che offrono consigli su acquisti e ricette nei mercati di Campagna Amica. È poi possibile risparmiare fino al 50% con l’acquisto di tagli alternativi meno conosciuti e più economici, ma anche più adatti al piatto che si vuole portare in tavola, senza rinunciare alla qualità italiana. Per questo è importante valorizzare anche i “pezzi” minori di carne nella consapevolezza che, per esempio, del bovino non esiste solo la fiorentina, ma ci sono altre parti dal sapore caratteristico che appartengono alla tradizione culinaria italiana come per esempio la squisita faentina (pancia tagliata a fette e cotta alla griglia), la lingua salmistrata e la trippa in umido. I tagli di carni bovine italiane, a partire da quelli delle razze Pie-

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montese, Chianina, Maremmana, Marchigiana, Podolica e Romagnola sono perfetti per essere arrostiti alla griglia, ma anche la braciola di maiale e le salsicce di suino italiano hanno caratteristiche qualitative inappuntabili. Un po’ di pazienza in più occorre per cuocere il pollo, mentre anche la carne di coniglio dà ottime performance sulla griglia”. #stopcibofalso e la Spesa sospesa Nella tre giorni sono state raccolte anche le firme per la campagna #stopcibofalso per chiedere alla UE l’etichettatura d’origine su tutti i prodotti alimentari. Ma ha dato ottimi risultati anche l’iniziativa Spesa sospesa di COLDIRETTI, CAMPAGNA AMICA e CARITAS, con la possibilità per i visitatori di lasciare pagati frutta, verdura, formaggi, salumi e ogni tipo di genere alimentare della spesa a chi non può permettersela, e grazie alla quale è stata raccolta oltre una tonnellata di cibo da destinare alle famiglie in difficoltà. Fattoria italiana #stocoicontadini è stata un’occasione unica per scoprire la Fattoria italiana, dalla minuta Pezzata rossa Oropa, fino alla Cabannina, considerata a rischio di estinzione per i pochi animali ancora presenti, dall’asino di Martina Franca, la più grande razza italiana, alla pecora delle Langhe, che stava scomparendo, alla Sambucana, dalla preziosa lana, ma anche il maiale nero di Parma, la capra di Roccaverano dal cui latte si ottiene l’inimitabile robiola di Roccaverano DOP. E, ancora, le razze curiose di oche, anatre, conigli e galline come la Bionda Piemontese, detta anche bianca di Cavour, che animano la campagna italiana. Grande successo anche per il “battesimo della sella” promosso dai carabinieri forestali con i cavallini di Monterufoli. Per i giovani l’appuntamento clou è stato, invece, al Villaggio delle idee sul futuro del lavoro, con i tutor che hanno spiegato come avviare un’impresa agricola, quali sono le difficoltà da superare ma anche quali sono le opportunità per chi vuole trovare un futuro con un lavoro legato alla terra. (Fonti: EFA News Coldiretti)


Il vitellone piemontese sotto i riflettori del Bocuse d’Or Consorzio Carni Qualità Piemonte e Macello Piemonte Nord fornitori ufficiali della carne bovina al Bocuse d’Or Europe 2018

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orino è stata per due giorni la capitale della gastronomia grazie alla selezione europea del Bocuse d’Or, il più prestigioso concorso gastronomico al mondo creato trentun anni fa da Paul Bocuse, chef del secolo. Nel corso degli anni questa competizione ha rivelato i più grandi chef del pianeta e ha portato alla luce la gastronomia di ogni parte del mondo. Oggi, dopo 62 selezioni nazionali e 4 selezioni continentali (Americhe, Asia Pacifica, Europa e Africa), 24

candidati possono accedere alla finale e difendere i propri colori in occasione di un evento epocale. La finale Gli scorsi 11 e 12 giugno presso l’Oval Lingotto Fiere, nell’ambito del Gourmet Expoforum, 20 chef provenienti da tutta Europa si sono affrontati per 5 ore e 35 minuti con fierezza, impegno e concentrazione. Il loro obiettivo: un posto per la finale del più prestigioso concorso di gastronomia al mondo.

È stato CHRISTIAN ANDRÉ PETTERSEN dalla Norvegia a convincere una giuria d’eccezione presieduta dagli chef JÉRÔME BOCUSE, TAMÁS SZÉLL, CARLO CRACCO ed ENRICO CRIPPA, grazie alla sua marcata creatività e alla capacità tecnica utilizzata per sublimare prodotti semplici ma di altissima qualità della tradizione piemontese e italiana. Vincendo la selezione europea per la seconda volta, la Norvegia riconferma così l’eccellenza qualitativa della propria gastronomia scandinava.

I cuochi della Nazionale italiana allo stand della Regione Piemonte hanno utilizzato la carne di vitellone di razza Piemontese SQNZ del Consorzio Carni Qualità Piemonte.

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1) I prodotti scelti dall’Accademia Bocuse d’Or utilizzati dagli chef per la preparazione dei piatti: il riso di Baraggia Dop, il Castelmagno Dop e il filetto di vitellone di razza Piemontese SQNZ. 2) Il presidente del Consorzio Carni Qualità Piemonte Marco Favaro intervistato durante l’evento. 3) Simone Mellano, direttore del Consorzio Carni Qualità Piemonte e dell’Asprocarne, Luciano Tona, direttore dell’Accademia Bocuse d’Or Italia, Enrico Crippa, chef stellato e presidente dell’Accademia Bocuse d’Or Italia, Martino Ruggieri, chef in gara in rappresentanza dell’Italia, Marco Favaro, presidente del Consorzio Carni Qualità Piemonte, e Evanzio Fiandino, presidente del Consorzio del Castelmagno Dop. 4) I banchi di lavoro degli chef di fronte alle tribune per il pubblico allestite appositamente per l’evento. I prodotti tipici del Piemonte protagonisti dell’alta gastronomia Per dimostrare le loro abilità, i 20 chef, assistiti dai propri commis e sotto lo sguardo attento del loro coach, hanno dovuto sostenere due prove della durata complessiva di 5 ore e 35 minuti, utilizzando gli stessi ingredienti, per la prima volta prodotti tipici del Piemonte. Nella prima prova erano previsti il formaggio Castelmagno DOP, fornito dall’omonimo Consorzio di tutela, e le uova; per la seconda prova, sul vassoio gli chef dovevano cucinare il filetto di vitellone di razza Piemontese SQNZ (Sistema di Qualità Nazionale in Zootecnia), fornito dal Consorzio Carni Qualità Piemonte tramite il Macello Piemonte Nord, il riso S. Andrea DOP della Ba-

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raggia Biellese e Vercellese, fornito dal Consorzio di tutela del Riso di Baraggia Biellese e Vercellese, e le animelle di vitello. Piemontesi anche i vini di accompagnamento delle preparazioni. Riso e formaggio Dop Fiore all’occhiello della Baraggia, il riso S. Andrea prende il nome dalla storica Abbazia di Vercelli, dove è utilizzato per la preparazione del piatto tipico locale, la panissa. Il S. Andrea possiede un chicco più piccolo rispetto ai tradizionali risi da risotto, ma con un’ottima consistenza. Il clima fresco e le particolari condizioni del terreno di Baraggia trasmettono ai chicchi una maggiore compattezza e una notevole capacità di mantenere a

Uno dei vassoi preparati dagli chef in gara utilizzando il filetto di razza Piemontese SQNZ.

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Il podio: 1a Norvegia, 2a Svezia e 3a Danimarca. Vincendo la selezione europea per la seconda volta, la Norvegia riconferma l’eccellenza qualitativa della propria gastronomia. Il Bocuse d’Or Europe è l’ultima sfida per gli chef europei prima della finale mondiale delle“Olimpiadi della gastronomia”, previste nel 2019 durante il salone Sirha di Lione, in Francia. lungo la cottura. L’alto rilascio di amido invece favorisce una mantecatura senza grassi, perché crea naturalmente quella cremina tipica del risotto all’onda. Sui monti della Val Grana esiste da secoli un cacio che in occitano è chiamato lou Chastelmanh: secondo la leggenda fu portato ad Aquisgrana a Carlo Magno, al quale deve il nome. Il Castelmagno è oggi un meraviglioso formaggio protetto dalla DOP e prodotto dal latte delle mucche d’alpeggio con una piccola aggiunta di latte ovino e caprino. La soddisfazione del Consorzio Carni Qualità Piemonte Per l’occasione sono stati macellati e certificati dal Macello Piemonte Nord di Carema (TO) i primi bovini in Italia con il Sistema di Qualità Nazionale in Zootecnia SQNZ allevati in conformità al disciplinare del

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“Vitellone ai cereali”. Si tratta di capi di razza Piemontese dell’azienda agricola Pelassa Carlo di Villanova d’Asti. «Dopo essere stati i primi ad ottenere il certificato SQNZ — ha dichiarato MARCO FAVARO, presidente del Consorzio Carni Qualità Piemonte — oggi possiamo dire di essere i primi anche a certificare il prodotto che viene immesso sul mercato con l’apposita etichettata

garantita dall’ente di controllo terzo INOQ. Questo a dimostrazione della serietà dei nostri allevamenti e delle nostre organizzazioni. Ringraziamo per questo nuovo traguardo la Regione Piemonte con gli assessori GIORGIO FERRERO e ANTONELLA PARIGI che hanno lavorato duramente per portare a Torino il Bocuse d’Or Europe 2018, evento essenziale per la promozione del nostro territorio e dei nostri prodotti».

È il gennaio del 1987 quando Paul Bocuse crea il Bocuse d’Or, concorso rivoluzionario di alta gastronomia. Pensato come un grande evento sportivo, Bocuse immagina un vero e proprio spettacolo incentrato sulla cucina e sugli chef. L’idea è di riunire 24 giovani chef provenienti da tutto il mondo, tra i talenti più promettenti della loro generazione, e far loro eseguire in 5 ore e 35 minuti diversi piatti davanti a un pubblico di spettatori. Al di là della competizione culinaria, il Bocuse d’Or si è imposto da subito come uno show mediatico. Molti chef si sono fatti strada proprio grazie al concorso.

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Scopri il Sapore... ...Scopri la Genuinità!

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Fidatevi del Vostro Gusto e scoprirete la differenza. La bresaola e gli sfilacci di carne di cavallo di Giovanni Coppiello sono tutto il meglio e il buono che potete far provare ai vostri sensi. Scoprirete così un piatto unico dai pregi infiniti: ottimo antipasto, intingolo per condire paste bucate, oppure prelibato secondo. Ingredienti per 4 persone 200 gr. di Bresaola, 2 Zucchine, 2 Carote, 1 Limone 1 Bustina di Zafferano, 6 Cucchiai di Olio d Oliva, Pepe in Grano, 20 gr. Sale al Sedano.

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Nella foto una delle nostre Ricette Consigliate : Bresaola di Cavallo con Perle di Verdure e Salsa Zafferano Esecuzione: con l apposito scavino realizzare le perle di verdure e lessarle. Condire con un emulsione di succo di limone, olio, zafferano, pepe ed un pizzico di sale. Servire la bresaola di cavallo su un letto di rucola e guarnire il piatto.

Bresaola di Equino

Salame di Equino

Julienne Di Bresaola di Equino

Sfilacci di Tacchino

Sfilacci di Manzo

Sfilacci di Equino


SPECIALE BUE GRASSO

Porte aperte al Bue Grasso di Elena Benedetti

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Alcuni capi allevati presso l’azienda agricola Cerutti Laura Maria visitata durante il “Bue Grasso Day”, l’evento enogastronomico organizzato nella patria del Bue Grasso alla scoperta della tradizione della razza Piemontese.

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Gli Omega-3 fanno di questa carne una vera fortuna in cucina perché bisogna ricordare che la Piemontese è l’unica carne che si può mangiare tal quale, cruda, senza aggiunte di sale, olio o altro. E nel caso del bue, che è caratterizzato da una maggiore marezzatura, si riesce a gustare una carne che a crudo esalta la freschezza, il profumo del fieno, delle noci e delle nocciole

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ue Grasso, il Piemonte, un territorio d’eccellenza nell’allevamento e nella produzione di carni di altissima qualità, una giornata fresca e soleggiata di inizio estate. Gli ingredienti c’erano tutti lo scorso 24 giugno a Carrù, in provincia di Cuneo, per affrontare un bel tour enogastronomico nella patria del Bue Grasso, alla scoperta della tradizione e della razza Piemontese. La giornata, organizzata dal Consorzio del Bue Grasso di Carrù, si è articolata attraverso la visita di due allevamenti: la Casina Battaglia a Clavesana (CN) e l’azienda agricola Cerutti Laura Maria a Trinità (CN). Quando si arriva da queste parti l’emozione è sempre grande: il paesaggio è unico, tra un lieve andamento collinare come quello che unisce Carrù a Trinità, con distese di terreni agricoli e bovini al pascolo, il tutto incastonato preziosamente dalle Alpi. E qua tutto torna, la tradizione di un mestiere — quello dell’allevatore di carne — che con passione si passa di generazione in generazione; la Piemontese, unica razza da carne italiana non in pericolo di estinzione che, negli ultimi anni, ha registrato un no-

tevole incremento dei capi iscritti al Libro Genealogico e, infine, un prodotto finale che assicura la soddisfazione del consumatore a tavola. DARIO PERUCCA dell’allevamento Cerutti Laura Maria non ha dubbi. «Il ciclo chiuso vacca-vitello consente a noi allevatori di fare un lavoro completo, seguendo l’animale dalla nascita fino alla partenza per il macello. Il Consorzio del Bue Grasso di Carrù oggi ci garantisce una tracciabilità e una certificazione che forniscono in modo chiaro e certo l’origine di quel dato pezzo di carne. Come? Attraverso l’analisi del DNA su tutti gli animali». Ma come avviene il procedimento? «Entro gli 8 mesi di età l’animale viene anestetizzato e castrato. In tale sede viene prelevato un campione di sangue con quattro fiale: una resta all’allevatore, due vanno al Consorzio e una alla ASL». Dopo i 3 anni di allevamento il manzo diventa bue e la sua carne sarà presto destinata alle macellerie e ai ristoranti aderenti al circuito del Consorzio di tutela. «Oggi questa banca del sangue conta 380 manzi/ buoi perfettamente tracciati lungo tutta la filiera e a settembre usciranno i primi buoi del Consorzio».

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Alle porte di Carrù nell’azienda agricola Cerutti Laura Maria L’azienda agricola Cerutti Laura Maria risale al 1900 e nel 1986 con molti sacrifici ed altrettanta passione Francesco e Laura costruirono la prima stalla per l’allevamento dei bovini di razza Piemontese. Negli anni ‘90 i capi in stalla erano ormai più di un centinaio, tutti allevati a ciclo chiuso con la linea vacca-vitello, ovvero tutti i vitellini nascevano e crescevano in azienda, venivano ingrassati e successivamente venduti nel tradizionale mercato del bestiame di Cuneo il lunedì mattina. Dal 1999 ad oggi l’azienda ha subito costantemente delle modifiche per ampliare e semplificare il lavoro quotidiano, perché per la famiglia Cerutti-Perucca la passione per l’allevamento è sempre in costante aumento. Una dedizione che è stata ed è tutt’ora la base per svolgere sempre al meglio l’allevamento della razza bovina Piemontese con sistemi innovativi e ricercati. Oggi l’azienda conta 250 capi di Piemontesi. Tutti i maschi sono castrati. «Crediamo fortemente nel bue castrato — ha spiegato Dario Perucca — perché l’animale è in gradi di dare una carne di qualità decisamente superiore. Grande è poi l’attenzione nella qualità del mangime dei nostri animali, dalle micorrize del fieno ai semi di lino, senza trascurare il tema del benessere animale». A tal proposito Dario ricorda che il Consorzio per la promozione, la valorizzazione e la tutela del Bue Grasso di Carrù ha al suo Francesco Perucca e Laura Cerutti con il figlio Dario, titolari dell’alinterno un comitato che effettua controlli abituali levamento Cerutti Laura Maria di Trinità (CN). presso tutti gli allevamenti per verificare le buone condizioni di vita e di gestione del vivo. Salvaguardia del territorio, pochi fertilizzanti chimici per avere un buon fieno, profumato, fiocchi di fave, piselli proteici, le carrube e molti altri elementi naturali buoni e genuini sono alla base del lavoro della famiglia Perucca per avere, con il bando assoluto di insilati e di materie che modificano il pH della carne, un’alimentazione a secco e una resa finale della carne che, dal punto di vista qualitativo, è decisamente insuperabile.

Il Consorzio per la promozione, la valorizzazione e la tutela del Bue Grasso di Carrù è presente on-line con un sito che accompagna il visitatore lungo tutta la filiera. Le sezioni sono sostanzialmente tre: una dedicata ai consumatori, con informazioni sulle macellerie aderenti al circuito presso le quali si può acquistare la carne, contatti sui ristoranti associati e un’area dedicata alle notizie e agli eventi di promozione. Anche gli allevatori, sempre attraverso le pagine web, possono accedere alla loro area, inserendo on-line le anagrafiche dei capi allevati e scaricare la documentazione loro riservata. Contenuti sui soci fondatori, sostenitori e ordinari, oltre ai disciplinari di tutela, completano con la sezione istituzionale il contenuto del sito.

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>> Link: www.consorziobuegrassocarru.it

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Le macellerie svolgono un ruolo importante nella filiera: esse infatti garantiscono che la carne offerta provenga solo da allevatori certificati associati al Consorzio e che i capi posti in vendita come “Bue Grasso” siano stati regolarmente registrati e quindi allevati secondo i dettami del disciplinare.

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Consorzio del Bue Grasso di Carrù, cosa fa Il Consorzio per la promozione, la valorizzazione e la tutela del Bue Grasso di Carrù nasce il 21 novembre 2014 su iniziativa di alcuni allevatori carrucesi. Parecchi sono gli scopi del Consorzio: il principale è qualificare, tutelare, promuovere e valorizzare il“Bue Grasso di Carrù”incentivandone l’allevamento, la produzione, la commercializzazione ed il consumo. Gli altri obiettivi sono la progettazione e l’attuazione di azioni di promozione volte a favorire l’incremento dei consumi della carne del Bue Grasso di Carrù; favorire il potenziamento e il miglioramento dell’annuale Fiera nazionale del Bue Grasso di Carrù; l’esercizio di un’attiva vigilanza sull’allevamento, sulla macellazione e sulla commercializzazione delle carni bovine tutelate dal Consorzio, sull’uso del marchio e/o denominazione del Consorzio, ovvero in uso al Consorzio stesso, anche unitamente agli organi di controllo pubblici, al fine di prevenire, impedire e reprimere abusi o irregolarità a danno dell’immagine del prodotto tutelato, degli interessi e dei diritti del Consorzio e dei consorziati, promovendo anche, se del caso, azioni giudiziarie. >> Link: www.consorziobuegrassocarru.it

Foto di gruppo per il Consorzio del Bue Grasso di Carrù. Da sinistra, Marcello Gatto, Giuseppe Romanisio, Sebastiano Gallo, Dario Perucca, Gianfranco Occelli e Antonella Blua.

La magia che si crea a Carrù e dintorni con questa razza Piemontese si trasferisce sulla resa qualitativa del prodotto. Il dott. GIANFRANCO OCCELLI, responsabile scientifico del Consorzio, nel corso della visita all’allevamento ha ricordato ai presenti uno studio comparato della carne Piemontese con le altre carni bovine europee condotto dalla dottoressa BIANCHI, nutrizionista dell’Ospedale di Asti. Cosa ne è emerso? «La carne Piemontese ha una quota proteica che va dal 24 al 25% ed è molto più alta rispetto a tutte le altre razze; sul fronte dei grassi, quelli saturi, la Piemontese ne ha quota molto bassa mentre la quantità di Omega-3 è più alta. Noi abbiamo

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la carne più buona del mondo, sia dal punto di vista nutrizionale che salutistico!» ha sottolineato Occelli. «Questi Omega-3 fanno di questa carne una vera fortuna in cucina perché bisogna ricordare che la Piemontese è l’unica carne che si può mangiare tal quale, cruda, senza aggiunte di sale, olio o altro. E nel caso del bue, che è caratterizzato da una maggiore marezzatura, si riesce a gustare una carne che a crudo esalta la freschezza, il profumo del fieno, delle noci e delle nocciole». Nell’ottica di una politica di sviluppo del territorio, il Consorzio del Bue Grasso di Carrù ha recentemente iniziato un’attività sinergica con il Consorzio di Tutela e Valorizzazione

dei Cereali e Legumi di Alta Langa, presieduto da MARCELLO GATTO. Questo ente, costituito lo scorso anno, si occupa della riscoperta dei legumi e cereali che fanno parte della tradizione agricola e contadina locale e ha iniziato a lavorare a stretto contatto con gli allevatori del Bue Grasso di Carrù per riportare i cereali antichi e il farro fioccato nelle stalle. Elena Benedetti Consorzio Bue Grasso Carrù Strada Sant’Anna 16 12061 Carrù (CN) Telefono segreteria: 335 1540239 E-mail: info@consorziobuegrassocarru.it Web: www.consorziobuegrassocarru.it

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BENESSERE ANIMALE

Convegno internazionale Sivar: benessere dei vitelloni da carne

Come limitare i danni del caldo estivo Acqua a volontà, lettiera abbondante e pulita, ventilazione artificiale, bassa densità animale: sono alcuni elementi che permettono di affrontare con maggiore serenità la canicola di Giulia Mauri

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l benessere negli animali da reddito viene misurato in base a come un animale riesce ad adattarsi a un certo ambiente. Quindi gli elementi — ambientali e gestionali, oltre a quelli genetici — che influenzano le condizioni di welfare sono numerosi. Fra questi

ci sono sicuramente lo spazio pro capite e la qualità della pavimentazione (ne parleremo nei prossimi articoli “Come macellare più animali di quanti se ne allevino” e “Troppe zoppie e riforme anticipate per colpa del grigliato”); anche l’alimentazione è molto importante (si veda “Gli effetti

dell’alimento sul benessere dei bovini da carne”, in EUROCARNI n. 5/2018, pag. 96), come anche la composizione dei gruppi (“L’aggressività fra bovini da carne”, in EUROCARNI n. 6/2018, pag. 114). Ma anche il microclima della stalla fa parte di questo elenco. Ecco cosa ha detto a riguardo il

Stalla con destratificatori, anche detti “elicotteri”. I destratificatori favoriscono la ventilazione in stalla, permettono di ottimizzare la gestione della lettiera e mantengono la paglia più asciutta (photo © www.evelsrl.org).

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professor GIULIO COZZI della Facoltà di Medicina Veterinaria di Padova al convegno internazionale della SIVAR (Cremona, Centro Studi EV, 10-12 maggio). Sappiamo che i bovini devono poter accedere sempre alla mangiatoia, senza problemi di deambulazione, senza dover combattere con i compagni di box e senza temere di trovarla completamente vuota. «Ma il caldo toglie l’appetito anche a loro» si sente spesso dire. In realtà non è proprio così: il caldo asciuga l’alimento e lo rende meno appetibile, ha spiegato Cozzi. Dunque, per contrastare questo calo stagionale dell’assunzione di alimento bisogna mettere a disposizione acqua di bevanda a volontà. Solo così l’assunzione di sostanza secca rimane invariata. Il fabbisogno idrico varia molto in base alla temperatura: a 20 ºC dobbiamo mettere a disposizione di ciascun animale 45 litri al giorno. A 27 ºC servono 55 litri. Ma con 32 ºC si ha un aumento della necessità di acqua del 73% e servono ben 78 litri a testa. E sappiamo bene che temperature si raggiungono in estate nel nostro Paese. Bisogna posizionare un numero di abbeveratoi sufficienti e valutare la loro portata. «Meglio avere alcuni erogatori in più e chiuderli durante l’inverno, ma l’acqua in estate è indispensabile. Non stiamo parlando di interventi con costi elevati, eppure il ritorno economico è rilevante» ha spiega-

Dobbiamo aprire gli occhi e comprendere che l’accrescimento ponderale di un bovino da carne non è definito solo dall’alimentazione, ma anche — e tanto — dalle condizioni ambientali e strutturali in cui è allevato. Gli effetti sul benessere e sulla redditività aziendale sono concreti e misurabili, ha chiarito il prof. Giulio Cozzi

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to Cozzi. Gli abbeveratoi devono essere mantenuti funzionanti e puliti. Tutti gli animali devono avere un facile accesso a questa attrezzatura: quando l’alimento è ad libitum, capita frequentemente che le lotte di territorialità avvengano in vicinanza degli abbeveratoi. E così alcuni capi non riescono mai a bere l’acqua necessaria per il loro fabbisogno. Quando fa molto caldo è meglio ridurre la densità degli animali nei box: in questo modo possono coricarsi più facilmente e disperdere il calore corporeo. La lettiera inoltre deve essere pulita perché quando è piena di letame fermenta e produce calore essa stessa: allora gli animali, già di per sé accaldati, non vogliono coricarsi. Quando questo succede, i tempi di ruminazione si modificano e aumentano le forme di aggressività fra i diversi capi. In estate è necessario favorire la ventilazione nella stalla per riuscire a garantire una condizione di benessere sufficiente ai bovini. Il THI è un indice che riunisce temperatura e umidità relativa dell’aria. Quando questi due parametri raggiungono valori critici (e quindi il THI è a livello critico), la mortalità fra i vitelloni sale parecchio: «per ogni punto in più di THI la mortalità aumenta del 4-5%» ha detto Cozzi. Ecco perché le stalle non devono avere muri: gli animali di per sé producono calore e solo un buon flusso di aria permette di mantenere bassa e poco umida l’aria della stalla. Inoltre, i gas tossici che inevitabilmente si producono con la presenza di liquami devono essere allontanati il prima possibile: questo è difficile quando la stalla è chiusa, molto meglio avere una stalla aperta e ben ventilata. Ma in Italia non sono molte le zone in cui la ventilazione naturale è adeguata. Ecco perché è necessario posizionare dei ventilatori in stalla. Quelli di nuova generazione sono chiamati destratificatori o più prosaicamente “elicotteri”. Sono costituiti da grandi pale poste in orizzontale, attivate in automatico da una centralina che rileva il valore di THI della stalla. Rispetto ai classici ventilatori sono più silenziosi e smuovono una

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Per partire con il piede giusto GIULIO COZZI, professore della Facoltà di Medicina Veterinaria di Padova, ha presentato uno studio di 4 anni sulla mortalità in azienda condotto in 45 allevamenti del Veneto di varie dimensioni (da 50 a 5.000 capi, ma con una popolazione media di 650 animali) che ricevono soprattutto Charolaise (36,2%) e Limousine (23,4) di provenienza estera. La mortalità media è stata dell’1,4%, con una variabilità in più o in meno dell’1,2%. Queste due razze sono quelle con mortalità più elevata, ma sono anche quelle più rappresentate nelle stalle e, comunque, rimangono quelle di maggior pregio economico. Il picco dei decessi si è registrato sempre nel mese in cui gli animali arrivavano in azienda. Secondo un dossier pubblicato dall’Unione Europea nel 2002 e citato da Cozzi, il picco di stress nei vitelloni da carne non si raggiunge durante il trasporto, bensì prima (al momento dell’abbandono dell’azienda di provenienza) e dopo (all’arrivo nel nuovo sito). Qui i vitelloni vivono lo stress sociale provocato dalla necessità di stabilire i nuovi rapporti di dominanza nel gruppo. Ma anche l’ambiente nuovo, inteso sia come struttura sia come clima, il contatto con nuovi operatori, le pratiche di movimentazione spesso violente che ancora vengono messe in atto e il brusco cambiamento nel programma alimentare sono cause di stress. «Sono cause banali, che conosciamo bene, ma che ancora esistono» ha spiegato Cozzi. Invece, per accogliere nel migliore dei modi i nuovi ristalli è indispensabile: • evitare la cross contamination con i bovini del ciclo precedente; • fornire aria, lettiera e acqua di bevanda in grande abbondanza (soprattutto in estate la reidratazione gioca un ruolo fondamentale); • dare fieno in abbondanza e non partire da subito con una dieta spinta.

maggior quantità di aria. L’utilizzo dei destratificatori può essere suggerito per tutto il corso dell’anno: infatti permette di ottimizzare la gestione della lettiera. Questa rimane più asciutta e gli animali sono più tranquilli e puliti. Riducendo l’umidità della lettiera, poi, si interviene sulla velocità di fermentazione dei liquami in stalla: si abbassa la liberazione di ammoniaca e gas nocivi e, come detto, si riduce la temperatura della lettiera. Ma non è finita qui: non solo i destratificatori mantengono la paglia più asciutta, ma permettono di doverne aggiungere meno. «Durante l’estate, grazie ai destratificatori, quasi non è più necessario aggiungere la paglia» ha detto Cozzi. Il che è un buon risparmio in termini di materie prime e di lavoro, ma non solo: quando la lettiera è nuova, i bovini la man-

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giano e l’assunzione dell’alimento si modifica. Così invece gli animali mantengono la loro attenzione verso la mangiatoia. Inoltre «gli animali sono abitudinari e si è visto che cambiare la lettiera ogni 15-20 giorni scombussola troppo i bovini, sia nelle loro abitudini alimentari, sia in quelle di decubito». Davvero i bovini non finiranno mai di stupirci. Studi condotti dalla Facoltà di Padova hanno rilevato che in estate, in presenza di ventilazione artificiale, gli animali passeggiano esplorando l’ambiente e hanno un maggior numero di atti masticatori, mentre la respirazione rimane nella norma. Anche l’incremento ponderale giornaliero si accresce in presenza di ventilatori, anche se in maniera non rilevante. Nel gruppo di controllo allevato senza ventilazione artificiale, invece, gli animali si

muovono meno, ruminano meno e respirano con un certo affanno. «Il livello di benessere in cui vivono i nostri animali è definito da come riescono a rapportarsi con l’ambiente in cui li alleviamo. Dipende da diversi elementi: strutture, clima, relazioni sociali, management… possiamo garantire un miglior livello di benessere anche mettendo in atto minimi interventi, talvolta poco costosi, altre volte addirittura risparmiando. Dobbiamo aprire gli occhi e comprendere che l’accrescimento ponderale di un bovino da carne non è definito solo dall’alimentazione, ma anche — e tanto — dalle condizioni ambientali e strutturali in cui è allevato. Gli effetti sul benessere e sulla redditività aziendale sono concreti e misurabili», ha chiarito Giulio Cozzi. Giulia Mauri

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MIPAAF: premiati Paesaggi rurali storici e le Pratiche agricole tradizionali. Un patrimonio unico da tutelare e valorizzare Presso la Sala Cavour del Palazzo dell’Agricoltura, si è svolta a marzo la cerimonia di premiazione delle Pratiche agricole tradizionali e dei Paesaggi rurali storici iscritti nel Registro nazionale dei paesaggi rurali storici, delle pratiche agricole e delle conoscenze tradizionali, alla presenza del direttore generale Emilio Gatto (Direzione Generale dello Sviluppo Rurale) e dei professori Mauro Agnoletti (Università degli studi di Firenze), Tiziano Tempesta (Università degli studi di Padova), Pierluigi Petrillo (Università degli studi di Roma). «I paesaggi rurali storici e le pratiche agricole tradizionali sono un patrimonio unico del nostro Paese — ha affermato l’ex ministro Maurizio Martina — che assumono ancora più valore in questo anno, dedicato proprio al cibo italiano. Il loro ruolo è cruciale: rappresentano infatti il legame profondo che c’è tra ambiente, tradizione, identità e la straordinaria capacità dei nostri agricoltori di formare e conservare i luoghi come beni comuni. In queste storie c’è tutta l’Italia. E noi abbiamo il dovere di rafforzare e valorizzare sempre di più e meglio queste aree, puntando su un’agricoltura sostenibile, tutelando la biodiversità e continuando la nostra battaglia contro il consumo del suolo. Puntiamo quindi sulla “tripla A”: agricoltura, ambiente, alimentazione, favorendo il connubio perfetto tra comunità locali, economie territoriali, capitale umano, paesaggio, reti sociali. La vera sfida è questa». Per quanto riguarda i Paesaggi rurali storici, gli attestati sono stati consegnati a: • Colline vitate del Soave; • Paesaggi silvo pastorali di Moscheta; • Colline di Conegliano Valdobbiadene – Paesaggio del Prosecco Superiore; • Oliveti terrazzati di Vallecorsa; • Paesaggio agrario della Piana degli Oliveti Monumentali di Puglia; • Fascia pedemontana olivata Assisi – Spoleto; • Paesaggio della pietra a secco dell’isola di Pantelleria; • Paesaggio del Parco Regionale Storico Agricolo dell’Olivo di Venafro; • Paesaggio policolturale di Trequanda; • Paesaggio rurale storico di Lamole. Per le Pratiche agricole tradizionali: • La Transumanza (photo © www.ultimavoce.it); • La Piantata veneta.

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Stress da caldo e qualità della carne bovina L’aumento della temperatura ambientale e le ondate di calore compromettono la qualità della carne dei bovini di Giovanni Ballarini

N

egli ultimi cento anni la temperatura sulla superficie terrestre è aumentata di 0,6 °C e circa metà di questo incremento è avvenuto durante la seconda metà del secolo scorso in conseguenza dei gas serra, con previsioni di un ulteriore, progressivo accrescimento della temperatura di circa 0,06 °C per ogni decade, nel quadro di un riscaldamento

globale del pianeta. Il clima sta diventando molto variabile, con alternanze estreme di “colpi di freddo” e “ondate di caldo” che si ripercuotono sulla vita degli animali e sulle loro produzioni zootecniche. Se l’effetto del caldo nei bovini per la produzione di latte è stato molto studiato, non bisogna però dimenticare quanto avviene nella produzione di carne.

Bovini e difesa dal caldo I mammiferi si raffreddano in diversi modi; tra questi, disperdendo acqua attraverso quattro vie principali: evaporazione cutanea e polmonare, feci e urine. Alcune specie come i cammelli (Camelus dromedarius) e alcune razze di capre adattate alla vita nel deserto (Capra hircus) possono sopravvivere a perdite di acqua che raggiungono

I bovini sono in grado di adeguarsi ai cambiamenti anche repentini di temperatura modificando le proprie funzioni fisiologiche in modo da mantenere il metabolismo basale nella normalità, ma tale capacità non è sufficiente per contrastare stress termici importanti e prolungati, che provocano cambiamenti nelle funzioni organiche (photo © Naj – stock.adobe.com).

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il 40% del peso corporeo, mentre i bovini manifestano segni di grave disidratazione quando la perdita di acqua arriva attorno al 12%. Le due tipologie di bovini Bos taurus e Bos indicus si sono differenziate tra i 110.000 e gli 850.000 anni fa, in contesti climatici differenti. Il Bos indicus si è adattato a climi più caldi, sviluppando strutture che proteggono dal calore e ne favoriscono l’eliminazione: maggiore superficie corporea rispetto alla massa, pigmentazione cutanea, pelo corto, maggior numero di ghiandole sudoripare e aumento della vascolarizzazione cutanea. Al contrario, il Bos taurus, tipologia alla quale appartengono le razze bovine oggi allevate da latte e da carne, si è evoluto in climi freddi e ha sviluppato caratteri opposti a quelli del Bos indicus: conformazione tozza, sudorazione limitata, scarsa vascolarizzazione cutanea, pelo lungo, tutte condizioni sfavorevoli per contrastare gli effetti dei climi caldi. Va inoltre considerato che le alimentazioni seguite dai bovini addomesticati e allevati, al fine di ottenere elevate produzioni di latte e carne, comportano un aumento delle fermentazioni ruminali, che costituiscono un’importante fonte di calore; calore che deve essere eliminato per mantenere una omeostasi termica del corpo. Il calo dell’appetito e i disturbi metabolici prodotti da eccessi di caldo diminuiscono l’ingestione di alimenti e peggiorano l’indice di conversione alimentare, prolungando il tempo di allevamento e facendo aumentare i costi di produzione. Per i bovini il clima ideale è fra 22 e 24 °C; oltre questo limite gli animali mangiano poco e bevono molto (un bovino da latte adulto, con le alte temperature, arriva a bere fino a 140 litri di acqua al giorno, contro i normali 70 litri dei periodi più freschi). Durante le ondate di calore, la perdita corporea di acqua può aumentare fino al 60%, dal momento che, pur riducendosi del 25% quella persa con le feci, aumentano invece le perdite attraverso respirazione e urina, con valori che rispettivamente raggiungono il 54%

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L’eccesso di caldo peggiora la carne per quanto riguarda colore, tenerezza, capacità di ritenzione idrica, sapore e conservabilità (photo © DENIO109). e il 26%. Non va poi dimenticato che molte delle regioni nelle quali si registrano temperature elevate in estate sono caratterizzate anche da inverni rigidi o con frequenti “colpi di freddo”. I bovini sono in grado di adeguarsi ai cambiamenti anche repentini di temperatura modificando le proprie funzioni fisiologiche in modo da mantenere il metabolismo basale nella normalità, ma tale capacità non è sufficiente per contrastare stress termici importanti e prolungati, che provocano cambiamenti nelle funzioni organiche. Un clima avverso, pertanto, nel quale si alternano “colpi di freddo” e “ondate di caldo”, compromette la produttività e il benessere dei bovini. Caldo e qualità della carne L’eccesso di caldo peggiora la carne per quanto riguarda colore, tenerezza, capacità di ritenzione idrica, sapore e con servabilità. Numerosi e complessi sono i meccanismi attraverso i quali il calore e lo stress indotto dalle ondate di calore provocano modifiche nella carne, ma un ruolo importante è la risposta adrenergica che stimola la vasodilatazione periferica e la glicogenolisi a livello muscolare, con un conseguente rilevante aumento del pH finale della carne. Diviene in questo modo comprensibile perché nel mondo, e in particolare nelle zone a clima temperato, vi è un

costante e tipico andamento della qualità della carne nel corso dell’anno, con una riduzione nel periodo estivo, quando aumenta la presenza di carni con colore più scuro. La diminuita glicogenolisi muscolare è un meccanismo importante e al tempo stesso interessante perché giustifica la pratica di somministrare sostanze zuccherine, come glicerolo o melasso, nei giorni precedenti la macellazione, misura che nel periodo estivo porta a soddisfacenti ed evidenti miglioramenti nelle caratteristiche della carne. Strategie ambientali e nutrizionali per una carne di qualità Oltre alle indispensabili misure di protezione dal sole e ventilazione delle stalle, ai sistemi d’irrorazione sui tetti degli allevamenti e degli animali e ad un’ampia disponibilità d’acqua fresca d’abbeverata, i punti chiave delle strategie nutrizionali per la gestione dello stress da caldo possono essere riassunti come segue. Garantire un ottimale equilibrio tra fibra, energia e proteina; apportare la giusta quantità di tamponi e minerali; escludere alimenti mal conservati e poco appetibili; somministrare la quota maggiore della dieta giornaliera nel tardo pomeriggio perché in estate gli animali dedicano più tempo alla mangiatoia durante la sera. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma

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RAZZE

Alessio Zanon, la biodiversità e il recupero delle razze antiche Dopo anni passati a studiare i bovini dell’Appennino tosco-emiliano, il sogno di Alessio è diventato realtà: recuperare le vacche antiche, riportarle al pascolo e rilanciare la produzione dei formaggi seguendo le tradizioni del passato. Un progetto che ha preso forma grazie a Rural e all’azienda agricola Iris di Veronica Fumarola

«F

in da piccolo mi sono appassionato al mondo dell’agricoltura. Piano piano, però, vedevo che alcune razze sparivano: chiudevano stalle e allevamenti, non vedevo più le mucche al pascolo. Allora, seguendo la mia passione per il mondo animale, mi sono iscritto a veterinaria e ho incentrato i miei studi sul recupero delle razze antiche». Esordisce così ALESSIO ZANON, durante la presentazione al pubblico del progetto di recupero di alcune razze bovine emiliano-romagnole. «Quando ho intrapreso l’Università questo problema diventava sempre più evidente, tanto da spingermi,

dopo la laurea, ad intraprendere un dottorato di ricerca all’interno del Dipartimento di Produzione animale con l’obiettivo di sensibilizzare alla biodiversità. Ho partecipato a diversi progetti: dapprima quello del recupero degli avicoli autoctoni e del maiale nero, poi mi sono occupato della stesura delle linee guida per la conservazione della biodiversità per la FAO e ho collaborato con enti regionali per la stesura di alcune leggi in merito. Infine, l’approdo al mondo Rural, dove ho messo in pratica tutto ciò che fino ad allora avevo costruito solo in teoria». Da quattro anni a questa parte Alessio lavora quo-

tidianamente per salvare queste razze dall’estinzione, legandole alla produzione di prodotti di qualità: i formaggi a latte crudo. Le razze Gli animali “salvati”da Zanon sono tutti bovini originari dell’Appennino tosco-emiliano: la Pontremolese/Bardigiana, che ha un doppio nome perché viene chiamata diversamente a seconda delle aree di origine, è un animale dal mantello rosso e il muso scuro. È la più antica del territorio ed è presente con razze affini nell’Appennino settentrionale, in Sardegna e Sicilia. Poi c’è l’Ottonese, che viene dalla

Alessio Zanon.

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montagna di Piacenza e che si può trovare in Piemonte, Lombardia e Liguria con nomi diversi: Tortonese, Cabellotta, Varzese. Ha il muso molto chiaro e ha avuto degli antichi incroci con la razza Reggiana. La Grigia dell’Appennino, detta anche Garfagnina o Langhiranese grigia, diffusa nella Garfagnana e nelle aree montane limitrofe a Parma, Reggio e Modena. Segue la Modenese (o Bianca Val Padana), una vera e propria razza di pianura oggi presente anche in collina. Infine, c’è la Reggiana, ormai salvata dall’estinzione, una razza autoctona che produce il latte per il Parmigiano delle vacche Rosse. Il recupero «Siamo partiti da un numero di animali davvero molto piccolo, per la precisione dieci vacche prese da allevatori che volevano dismetterle per vari motivi» afferma Alessio. «Ma, prima di arrivare a questo punto, siamo andati alla ricerca di bovari che avessero nelle loro stalle questo tipo di animali, per capirne le dinamiche comportamentali e lo stato di riproduzione. Quando ci siamo resi conto che tutte le razze erano in via di estinzione, abbiamo deciso di acquistare una stalla e di strutturarla in modo che le diverse razze potessero vivere insieme. Inoltre, abbiamo deciso di iniziare a usare la banca del Germoplasma dell’Emilia-Romagna, perché il seme di queste razze era stoccato (cioè catalogato), ma le vacche non venivano “coperte” col toro della stessa razza, ma con tori da carne e quello che ne derivava erano vitelli “non puri”. Noi abbiamo intrapreso un nuovo cammino per ritornare alle razze pure». Il recupero della biodiversità avviene in collaborazione con Rural, mentre la lavorazione del latte di tutte le bovine antiche è curata dall’azienda agricola Iris, a Lesignano de’ Bagni, Parma. La stalla della salvezza La prima stalla in cui il progetto ha preso il via è stata battezzata come stalla della salvezza. «Il nome non è causale: è stata definita così perché ha la forma di un’arca» precisa

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Razza Bardigiana. Alessio. Da qualche mese è stata inaugurata una nuova stalla in cui si concentra la fase di mungitura, grazie al nuovo impianto realizzato che rispetta tutte le rigide regole igienico-sanitarie. Tutto rientra in un percorso di sperimentazione strutturale per dare agli animali il giusto habitat. Infatti, prosegue Alessio, «abbiamo lavorato per dare loro la possibilità di tornare al pascolo gradualmente. Tutti i bovini venivano da stabulazione quindi, se messi subito in libertà, avrebbero avuto dei problemi perché non abituati a camminare. Così abbiamo condotto, e stiamo ancora conducendo, un’operazione di adattamento per riportare le vacche al pascolo. Per raggiungere l’obiettivo abbiamo acquistato dei terreni e li abbiamo seminati con il prato stabile». Come vengono allevati gli animali? Vivono nella stessa stalla e seguono la medesima alimentazione: fieno di primo e secondo taglio, fieno di erba medica e di prato stabile, erba fresca (in primavera) e poi mangime complementare (cereali e fioccati vari). Il latte e i formaggi Anche se i metodi di lavorazione sono analoghi, il latte di ogni vacca viene trattato separatamente per produrre formaggi diversi. «Abbiamo cercato tutte le ricette tipiche del posto, anche quelle delle zone di montagna» spiega Zanon. «Abbiamo intervistato i casari e le

loro famiglie per indagare i formati tipici del passato e siamo partiti con la produzione. Ora, per offrire un prodotto adatto al consumatore moderno, stiamo lavorando sulla stagionatura, trattandosi di formaggi dal sapore intenso». I formaggi realizzati, a latte crudo, sono di assoluta qualità, ognuno con un gusto peculiare. Tutti hanno minimo 4 mesi di stagionatura in ambiente naturale, non condizionato. Il futuro «Il progetto è iniziato quattro anni fa e oggi, dopo aver comprato alcuni capi delle razze bovine antiche e averle fatte riprodurre, contiamo 80 esemplari» dice Alessio. «Attualmente nessun animale è stato mandato al macello, ma per noi sarebbe interessante promuovere l’utilizzo delle carni per capire come valorizzarle al meglio. Il nostro obiettivo è quello di sensibilizzare chi ha in stalla queste razze e far capire loro che non hanno un animale improduttivo, ma qualcosa di prezioso che va salvaguardato». Anche per il futuro l’obiettivo sarà sempre lo stesso: seguire le tendenze del passato per recuperare la tradizione perché, conclude Alessio, «questa non è un’operazione commerciale, ma di salvaguardia, che vuole porsi come esempio per gli altri allevatori». Magari non solo per la produzione dei formaggi, ma anche per la carne, aggiungiamo noi. Veronica Fumarola

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CURIOSITÀ

Antologia del mondo Fassone La compravendita dei capi di razza Piemontese un tempo era oggetto di una lunga negoziazione, vera e propria liturgia nel gioco delle parti tra chi vendeva e chi comprava. Il dottor Bovetti racconta modi di dire e riti legati a questa pratica antica

L’

arrivo del commerciante in cascina per acquistare i capi di bestiame pronti per la vendita, che fossero “mangiarin”, manzette o “bei Fassoni” già finiti, era sempre un momento solenne per la ritualità della trattativa che immancabilmente accompagnava l’intera operazione. Ogni passaggio era infatti sottolineato da un linguaggio fiorito usato dalle controparti per esaltare o denigrare l’animale oggetto della contrattazione. Intorno a questa “liturgia” tipica nel mondo della razza Piemontese, retaggio di generazioni di allevatori che hanno dato lustro alle qualità del Fassone, BARTOLOMEO BOVETTI, direttore della cooperativa Compral Carni, ha messo insieme un florilegio di suggestivi “modi di dire”. Si tratta di locuzioni, battute, definizioni, sottolineature che costituiscono nel loro insieme una piccola e gustosa antologia. Il “gioco delle parti”, in fondo, era anche un “rito”, sia per chi vendeva che per chi comprava. Dava modo infatti, quella lunga e pittoresca negoziazione, di manifestare astuzie e prudenze, con l’uso di innocenti “trucchi” per aumentare una richiesta o per giustificare un’offerta più bassa. A contorno delle parole, c’erano poi i gesti ugualmente rituali che scandivano la giornata. Il commerciante ormai conosceva bene la famiglia e non mancava di presentarsi con un cabaret di paste dolci per imbonirsi la massaia e i cit di casa. E il patriarca della cascina, tra un sopralluogo nella stalla e le prime schermaglie sul prezzo, si sentiva in dovere di stappare una bottiglia “di quello buono”, per favorire il clima

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Uno scorcio di una cascina cuneese a fine Ottocento (da Comizio Agrario di Cuneo 1900, proprietà ARAP-Associazione Regionale Allevatori Piemonte). del mercanteggiamento. «Alcuni aspetti di quella tradizione sono andati persi perché le vecchie cascine sono diventate fattorie modello, il computer è entrato in azienda e i ragazzi che un tempo erano avviati al pascolo fin da piccoli, oggi studiano e vanno all’università» commenta Bovetti. «Anche la categoria dei commercianti ha cambiato pelle e forma, le tecniche si sono affinate e di conseguenza il linguaggio si è modificato. Ma è pur vero che quel gusto di contrattare è rimasto e i figli e nipoti dei patriarchi di una volta non hanno perso la verve dialettale. Per cui alcuni modi di dire persistono e li sentiamo echeggiare sulle piazze delle fiere e alle mostre della Piemontese». Ecco un primo elenco tratto da questa antologia del mondo Fassone, un glossario commentato

da un esperto di lungo corso qual è il dottor Bovetti, per quarant’anni responsabile dell’associazione allevatori di Cuneo. Glossario Fassone • Per Fassone si intende comunemente un toro o vitellone della coscia che presenta la caratteristica ipertrofia muscolare detta groppa doppia (dovuta a una mutazione genetica naturale della razza Piemontese di fine Ottocento). Il Bue grasso è l’esaltazione finale e conclusiva di questa caratteristica in capi bovini adulti di almeno cinque anni, messi a riposo e ingrassati con menu speciali negli ultimi mesi, pronti a essere battuti alle aste prima di Natale. I bovini “non Fassoni” sono detti Nostrali, di minor valore commerciale.

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Turgia: è la vacca a fine carriera, che a conclusione di una più o meno lunga stagione riproduttiva viene destinata alla macellazione. In alcune zone del Piemonte la sua carne viene utilizzata per la produzione di un particolare salume, ricercato dai gourmet, detto appunto di turgia nelle Valli di Lanzo e salame di Giora o Giura a Carmagnola. Prunta: viene definita così in dialetto piemontese la vacca gravida (pronta in italiano). Per l’allevatore rimane importante conoscere i segnali della vacca prossima a partorire per determinare se ha bisogno di assistenza oppure no, e per comprendere i segni fisici e fisiologici. Straporta: è la vacca più che pronta, oltre il termine di gestazione che va dai 280 ai 290 giorni. A’ pista (pesta con le zampe): sempre riferito alla vacca gravida, il termine dialettale sta a significare l’agitazione immediatamente precedente al parto, con un

Modi di dire legati alla compravendita • Giust: il capo giusto, nel senso che ha i requisiti per essere considerato un animale pronto per la vendita. Un sinonimo del termine Fin (finito): non c’è più nulla da aggiungere, mano al portafogli. • Fiuri (in italiano fiorito) è un’iperbole del capo giusto, con quel qualcosa in più che l’allevatore vuole monetizzare nella trattativa. • Elegant: l’eleganza del capo un’ulteriore accentuazione della compiutezza del bovino perfetto: un tocco di classe in più da spendere nella contrattazione. • Mambru: termine di incerta etimologia, definisce un capo bovino grossolano, trasandato, da deprezzare. Si potrebbe trovare un riferimento traslato nella canzoncina popolare spagnola che ricorda le gesta del

terribile condottiero inglese JOHN CHURCHILL, duca di Marlborough (1650-1722), lontano avo dello statista WINSTON CHURCHILL: Mambrú se fue a la guerra. Mire usted, mire usted, que pena, poi ripresa dai soldati francesi (Marlborough s’en va-t-en guerre. Mironton, mironton, mirontaine), nelle campagne napoleoniche che, come è noto, ebbero profonda influenza in Piemonte. Serpent: il serpente nella cultura contadina da sempre visto come animale infido, pericoloso, maledetto dal Cielo. Nella specifica accezione, l’epiteto affibbiato dal commerciante al bovino sospettato di essere difettoso. Pecatur: magistrale trasposizione lessicale, derivata dai Vangeli, per condannare un animale palesemente difettoso, magari con un solo piccolo difetto, ma comunque peccatore. Il verdetto del commerciante provocava un inevitabile ribasso rispetto alla cifra sperata i peccati vanno lavati quindi giù il prezzo.

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TUTTO IL BIOLOGICO, OGGI

Zootecnia biologica, fabbisogni di ricerca e scenari di sviluppo di Marcello Mele

I

n un mondo che chiede sempre più alimenti, inclusi quelli di origine animale, sempre più persone si chiedono quale possibilità abbia oggi la zootecnia biologica di dare risposte a questa esigenza. Per molti il gap produttivo che ancora oggi esiste tra le produzioni zootecniche biologiche e quelle convenzionali è sufficiente per poter valutare come impraticabile uno sviluppo ulteriore della

zootecnia biologica, soprattutto in funzione del maggior fabbisogno di terra da coltivare, in una situazione globale di scarsità di risorse, inclusa appunto la risorsa terra. In realtà la risposta è assai più articolata e va inquadrata alla luce delle necessità specifiche delle diverse aree geografiche e degli sviluppi della conoscenza e della ricerca negli ambiti agricoli e zootecnici. In linea generale, lo sviluppo della

zootecnia biologica nelle aree del mondo in via di sviluppo, là dove le richieste di alimenti di origine animale sono in forte crescita e dove, al contempo, maggiore è l’impatto ambientale di tali produzioni, non potrà prescindere dalla necessità di sviluppare ulteriormente la natura agroecologica dell’agricoltura biologica. Già ora i dati della FAO indicano chiaramente che i sistemi agroecologici si stanno rapidamen-

La zootecnia biologica necessita ancora di una forte crescita in termini di conoscenze e di ricerca al fine di poter ottenere un’intensificazione sostenibile delle produzioni e un aumento dell’efficienza dei sistemi di allevamento.

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te espandendo nei paesi in via di sviluppo, soprattutto nelle forme di sistemi agricoli misti (crop-livestock) e di agroforestry. Tali sistemi riescono infatti a coniugare l’esigenza di produrre di più utilizzando meno input con la necessità di valorizzare la biodiversità e le risorse genetiche locali e, in ultima analisi, uno sviluppo rurale sostenibile. L’agricoltura biologica, essendo essa stessa un’applicazione dei principi dell’agroecologia, che in più si avvale di una certificazione condivisa tra gli Stati Membri della UE, quanto più potrà espandersi nei Paesi in via di sviluppo, tanto più riuscirà a dare risposte in termini di aumento dell’efficienza produttiva in un contesto di sostenibilità ambientale e di risparmio delle risorse primarie. In tal senso è inevitabile che l’agricoltura biologica e, a maggior ragione, la zootecnia biologica abbraccino sempre più l’agroforestry al fine di raggiungere l’obiettivo di realizzare un’intensificazione sostenibile delle produzioni agricole. Il raggiungimento di tale obiettivo, tuttavia, dovrà necessariamente passare attraverso un aumento delle conoscenze sull’applicabilità delle diverse forme di agroforestry nei contesti rurali locali, anche alla luce degli effetti dei cambiamenti climatici. Allo stesso modo, nei paesi già sviluppati e, in particolar modo in quelli europei, la zootecnia biologica dovrà contribuire a rispondere alle esigenze pressanti legate, in questo caso, non ad un aumento della disponibilità di prodotti di origine animale, ma piuttosto ad un aumento delle richieste, da parte dei consumatori, di alimenti sani ed equilibrati dal punto di vista nutrizionale, rispettosi del benessere animale e che garantiscano la sostenibilità ambientale del processo produttivo, soprattutto in riferimento alle emissioni di gas ad effetto serra e al rilascio di azoto e fosforo nell’ambiente. Per molti degli aspetti sopra citati, il Disciplinare della zootecnia biologica già fornisce garanzie precise, soprattutto in relazione al benessere animale, alla riduzione

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di input chimici e all’utilizzo di farmaci. Dal punto di vista dell’emissione di gas ad effetto serra, invece, la zootecnia biologica si connota spesso per un maggior livello di emissioni per unità funzionale di prodotto, proprio a causa della minore produttività a capo. Al contrario, se si considerano le emissioni per unità di superficie agricola utilizzata, il dato risente positivamente del minor utilizzo di input chimici e fa registrare un minor livello medio di emissioni, in confronto ai sistemi convenzionali. Specifiche esigenze di ricerca, inoltre, sono richieste per trovare soluzioni tecniche in grado di garantire una migliore coesistenza tra i sistemi certificati di qualità (DOP e IGP) e le produzioni biologiche. In paesi come l’Italia, infatti, che si connota per la larga presenza di DOP e IGP, il contrasto con alcune norme previste nel Disciplinare di produzione biologica impedisce, di fatto, l’applicazione dei principi della zootecnia biologica in ampi settori produttivi. Non a caso, osservando i dati dell’evoluzione delle produzioni zootecniche biologiche negli ultimi anni, si nota che nel settore suinicolo, dove la presenza di marchi DOP e IGP è particolarmente rilevante, il sistema biologico è ancora poco applicato. In conclusione, malgrado il contesto socioeconomico tra i paesi in via di sviluppo e quelli sviluppati sia fortemente diverso, l’agricoltura biologica e, in particolare, la zootecnia biologica, possono ancora rappresentare una risposta alle esigenze di produzione di alimenti di origine animale che scaturiscono da tali contesti. Ciò che emerge evidente, tuttavia, è che perché ciò si realizzi, la zootecnia biologica necessita ancora di una forte crescita in termini di conoscenze e di ricerca, per poter ottenere un’intensificazione sostenibile delle produzioni e un aumento dell’efficienza dei sistemi di allevamento. Marcello Mele Accademia dei Georgofili www.georgofili.info

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Da Gigetto, la curiosità è il sale della cucina di Gian Omar Bison

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a curiosità è il vero sale della cucina di MARCO BORTOLINI, chef del ristorante Da Gigetto a Miane (TV). Perché, se è vero che alla base della proposta gastronomica restano le pietanze della tradizione veneta e delle Prealpi trevigiane, è altrettanto vero che il restyling di una sopa coada può trascendere l’ortodossia degli ingredienti trovando nuova e diversa espressività e gusto dalle tecniche di conservazione e cottura, di impiattamento e, soprattutto, nella ricerca della particolarità, nel culto della materia prima di qualità assoluta. E questa curiosità priva di pregiudizi,

aperta ad un mondo che cucina e si alimenta in maniera diversa, innerva la staticità di un menù classico, secondo tradizione, di nuova linfa. Nuovi sapori. Quella di Gigetto è la consueta storia veneta che parte da lontano e parla di orgoglio e spirito di sacrificio. E affonda radici ai primi del Novecento, quando con ANNA VIAN si chiamava “Locanda con stallo alla stella”, prima di passare al figlio LUIGI “GIGETTO” BORTOLINI e alla moglie ELDA. Con l’ingresso del figlio Marco si fa il salto di qualità per un locale che conta ventidue dipendenti, dei quali sette in cucina, e che dispone

di spazi importanti: 260 i posti a sedere in tutto, 140 nella sola sala adiacente al brolo. Insieme a sale e saloni, terrazze e giardino con gazebo e piscina. E poi c’è lei, la rinomata cantina, una delle più belle del Veneto, pluripremiata, per numeri e qualità. Attorno ad un pozzo con acqua sorgiva profondo diciotto metri e ad una lunga galleria di accesso sorge un’enoteca incantevole, sempre visitabile anche per un aperitivo, dove riposano tra nicchie, sale, bugigattoli e scaffali, 1.600 etichette di vini nazionali ed esteri. Un occhio di riguardo lo prestano alla produzione locale:

Marco e il padre Luigi Bortolini con Gian Omar Bison. La cucina di Gigetto nasce dai piatti della tradizione gastronomica locale, seguono le stagioni e proponendo accostamenti innovativi.

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A sinistra: la cantina del ristorante Da Gigetto, pluripremiata, è una delle più belle cantine del Veneto. 1.600 le etichette tra vini nazionali ed esteri, con un occhio di riguardo alla produzione locale: prosecco, vini bianchi e rossi dei Colli di Conegliano, vini del Piave e Torchiato di Fregona. A destra: filetto di vitello su crema di asparagi verdi, porri croccanti e aglio nero. Prosecco in primis, bianchi e rossi dei Colli di Conegliano, vini del Piave e Torchiato di Fregona. Selezione incredibile dove imperversa Roberto, il sommelier di casa e dove svettano annate e bottiglie di riguardo assoluto. «Anche nel vino ci portiamo dietro un bagaglio di tradizione e quindi di cultura enogastronomica territoriale che non vogliamo disperdere» sottolinea Marco. Tra le pietanze da Gigetto si troveranno quindi sempre, come detto, la sopa coada (coada perché doveva “covare”, ovvero sobbollire per ore e ore concentrando il sapore), le lumache alla Gigetto, la sopressa di casa con radicchio in agrodolce per fare qualche esempio. «Quello che non vogliamo fare è rimanere statici, impermeabili alle scoperte e alle mode culinarie internazionali, alle nuove e diverse contaminazioni culturali. Io un viaggio all’anno, anche all’estero, lo dedico a Paesi nei quali cerco ispirazioni e prospettive diverse ed anche aggiornamento professiona-

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le. E poi non mi piacciono le cotture lunghe e pesanti, le rosolature. Cerco la materia prima di qualità e per questo abbiamo un orto lavorato da contadini del posto dal quale prendo le erbe aromatiche e anche alcuni prodotti particolari, ricercati, non esclusivamente territoriali come alcune tipologie di fagiolo ad esempio. Nei boschi limitrofi, funghi e tartufi a parte, cerchiamo le piante alimurgiche (le piante erbacee spontanee commestibili, Ndr) autoctone più originali e gustose che proponiamo in modi diversi». Dopo l’alberghiero a Vittorio Veneto, gli stage formativi di Marco non si contano. Da FULVIO DE SANTA al ristorante San Clemente di Padova, a Vicenza con lo chef GIANFRANCO MINUZ, Da Toni a Gradiscutta di Varmo (UD) fino a Sadler a Milano. E poi estero, Europa ma anche Cina e Canada. «La freschezza dei prodotti — sostiene — resta la base su cui costruire una proposta di qualità. Per questo non c’è nulla di strano a proporre piatti a base

di carne o di pesce che cambiano a seconda della freschezza e della qualità della materia prima. Dalla mia pescheria di fiducia compro tonno o pesce spada solo fino a determinate pezzature (sotto i 15 kg) e soltanto se trovo prodotti ittici all’altezza». In sala la sorella Monica “dirige il traffico”. «Io preferisco concentrarmi sul mio impegno in cucina — sottolinea Marco — ma sempre in sintonia con chi opera in sala o in cantina. Se manca il feeling fra questi ambiti, non ci si evolve. La qualità della proposta culinaria non può dipendere solo dai fornelli. Il piacere sensoriale ha nel gusto e nell’olfatto il suo cardine ma deve alimentarsi anche della qualità dell’ospitalità e del servizio». Gian Omar Bison Ristorante da Gigetto Via Alcide De Gasperi 5 – 31050 Miane Telefono: 0438 960020 E-mail: info@ristorantedagigetto.it Web: www.ristorantedagigetto.it

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ASSEMBLEE

ASS.I.CA.: assemblea generale e tendenze del settore di Riccardo Lagorio

L’

assemblea generale di ASS.I.CA. (l’Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi aderente a CONFINDUSTRIA) si è assunta tradizionalmente il compito di tracciare le tendenze del settore. Tanto che l’incontro di Milano del 12 giugno ha posto al centro della discussione il tema dell’internazionalizzazione di fronte ai rigurgiti neoprotezionisti, cercando di tratteggiare le prospettive del settore della salumeria e delle carni. La relazione del presidente NICOLA LEVONI ha voluto rimarcare il buon andamento dell’annata 2017

pur in un contesto che, ad inizio del 2018 prelude a luci (poche) ed ombre (molte). La sua eloquente sintesi si legge nelle parole usate. «Le crisi mediatiche, anche a sfondo etico, connesse al consumo di carne, il ritorno di protezionismi e barriere doganali nonché l’aumento del costo delle materie prime hanno stemperato i benefici derivanti da un contesto di mercato interno in ripresa, seppur debole». Per quanto riguarda il sentimento anticarne, bisogna rilevare i continui sforzi messi in campo da parte delle aziende a comunicare

gli impegni profusi dal settore per realizzare un corretto benessere animale. Intanto, sia da Occidente quanto da Oriente, si concretizzano nuove opportunità e le imprese italiane non si sono fatte trovare impreparate, con un export («leva irrinunciabile per la crescita e lo sviluppo del comparto») che è schizzato a 1,5 miliardi di euro su un totale di 8 per quanto riguarda la carni lavorate. «Una distintività qualitativa rispetto ai concorrenti internazionali che i consumatori in Italia e nel mondo continuano ad apprezzare. Questa specificità della

Nicola Levoni, presidente di ASS.I.CA., durante l’assemblea che si è svolta lo scorso 12 giugno a Milano. Al centro della discussione il tema dell’internazionalizzazione.

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Nella composizione della spesa alimentare si è assistito a un repentino cambio di rotta nel consumo di prodotti a base di carne, con un +3,1% del 2017 sul 2016, superati solo da olio extravergine di oliva e bevande alcoliche

nostra salumeria lega strettamente il nostro comparto all’immagine del made in Italy alimentare» ha inoltre dichiarato Levoni. GIOVANNI UMBERTO DE VITO, che lavora per la promozione del Sistema Paese alla Farnesina, ha snocciolato i dati dell’export dell’agrobusiness: 41 miliardi. Ma ha anche dipinto gli scenari che ci si può aspettare nei prossimi mesi: le incertezze legate al neo protezionismo, al rischio dell’imposizione di nuovi dazi, la crisi del multilateralismo e l’introduzione dei cosiddetti semafori alimentari (eccentrici strumenti di un’altrettanto eccentrica tendenza salutistica) potrebbero creare un rallentamento di questo fondamentale sbocco di mercato. Azioni legate alla promozione della cucina italiana nel mondo e il contrasto all’Italian sounding sono avviate da tempo da parte della Farnesina. L’auspicato inserimento di addetti commerciali specializzati in ambito agricolo presso le ambasciate potrebbe fungere da leva per migliorare la presenza attiva nei Paesi sensibili, come Germania e Stati Uniti. Ancora Levoni: «in questi lunghi anni di crisi abbiamo sperimentato ogni giorno come l’export sia una leva irrinunciabile per la crescita e lo sviluppo del comparto. Il futuro dell’industria alimentare e del settore è strettamente legato alla nostra capacità di crescere all’estero. Quest’anno abbiamo assistito a fenomeni che fanno nascere dei timori circa una futura positiva evoluzione degli scambi. Mi riferisco al riaffermarsi di politiche daziarie,

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Il 2017 ha visto ancora una crescita nella produzione di prosciutto cotto, confermatosi così il principale salume prodotto con riferimento ai volumi (photo © Valerio Pardi, www.valeriopardi.com). soprattutto nei rapporti fra USA e Cina, ai mancati progressi in merito alle politiche sanzionatorie verso la Russia e al conseguente perdurare dell’embargo adottato da Mosca ormai quasi 4 anni fa e al clima politico di sfiducia verso i trattati di libero scambio, che l’Unione Europea ha faticosamente portato avanti negli ultimi anni». A livello interno, il 2017 ha evidenziato nuove tendenze dei consumi, dopo il sensibile calo di domanda della carne e dei salumi nel biennio 2014 e 2015. Lo ha rilevato FABIO DEL BRAVO, direttore dei servizi per lo sviluppo rurale di ISMEA. «Nella composizione della spesa alimentare si è assistito a un repentino cambio di rotta nel consumo di prodotti a base di carne, con un +3,1% del 2017 sul 2016», superati solo dall’olio extravergine di oliva (+9,3%) e delle bevande alcoliche (+5,2%). Col 17%, le carni e i salumi continuano tuttavia a rappresentare la componente più importante del carrello della spesa. All’interno della famiglia dei prodotti proteici i dati rivelano che la tendenza continua. Il consumo di carne cresce del 5% nel secondo trimestre del 2018 rispetto allo stesso periodo del 2017, molto più

dei prodotti ittici (2%) e dei salumi (2%). Nel 2017 è risultata in aumento la produzione di salumi, che ha chiuso i dodici mesi attestandosi a oltre 1,177 milioni di tonnellate da 1,174 del 2016 (+0,3%). Il valore della produzione ha mostrato una crescita più sostenuta, portandosi a 7.977 milioni di euro (+1,3%). In merito ai singoli salumi, il 2017 ha visto ancora una crescita nella produzione di prosciutto cotto. Grazie alla ripresa dei consumi interni e allo stimolo esercitato dalla crescita delle esportazioni, la produzione è salita a 295.200 tonnellate (+1,8%), per un valore di 2.007 milioni di euro (+2,3%). Il prosciutto cotto si è confermato così il principale salume prodotto con riferimento ai volumi. Del Bravo ha sottolineato inoltre che «i prodotti confezionati rappresentano ormai il 52% del totale contro il 43% del 2013 e la crescita nell’ultimo anno si è attestata intorno al 23%». Segno dei tempi: la comunicazione ha saputo utilizzare al meglio le caratteristiche positive del preconfezionato cogliendo l’aspetto della convenienza e delle informazioni nutrizionali riportate in etichetta. Riccardo Lagorio

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Assemblea Nazionale UNAItalia

Arriva a 6 miliardi il fatturato del settore avicolo nel 2017 Dai risultati dell’indagine Ipsos le carni avicole sono le carni più consumate in Italia

A

ssicurare agli Italiani un prodotto che coniughi gusto, qualità, sicurezza e convenienza. Proseguire l’impegno su alcuni temi di particolare interesse come il benessere animale, le biosicurezze e la sostenibilità dei processi produttivi, affrontando le difficili sfide come quella (vinta) della razionalizzazione dell’uso del

farmaco negli allevamenti (-63% di antibiotici dall’applicazione del piano di riduzione del 2015). UNAITALIA, in occasione della sesta assemblea nazionale svoltasi il 14 giugno scorso a Roma, traccia il bilancio di un settore che riscuote la fiducia dei consumatori italiani, certificata dall’aumento costante dei consumi.

Pollo e tacchino sempre più presenti in tavola Nelle abitudini di consumo alimentare, sempre più orientate alla scelta di prodotti ad alto contenuto di servizio, con garanzie di qualità, sicurezza e con un occhio alla salute, la carne bianca ha scalato i gradini delle preferenze degli Italiani, che affermano di aver aumentato

Dall’indagine Ipsos, per la maggioranza della popolazione, il 54%, pollo e tacchino sono diventate la principale fonte di proteine. La carne bianca è l’unica fonte proteica di origine animale che vede aumentare i consumi e ha affiancato legumi e prodotti vegetali nelle abitudini alimentari degli Italiani.

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Antonio Forlini è il nuovo presidente di UNAItalia L’assemblea di UNAItalia è stata l’occasione per il rinnovo dei vertici dell’associazione, con la nomina a presidente di Antonio Forlini, che ha preso il posto di Aldo Muraro, figura storica dell’avicoltura nazionale, scomparso nel marzo scorso. Teramano di 58 anni, Forlini ha una laurea in Giurisprudenza e un master MBA alla Bocconi di Milano. Dal 1996 è dirigente del Gruppo Amadori, nel quale ha ricoperto il ruolo di direttore del personale, sistemi e controllo e attualmente è consigliere di amministrazione in diverse società del gruppo nelle quali si occupa di internal auditing. Forlini inizia il suo mandato affiancato alla vicepresidenza da Mario Crescenti (AD Avicola Alimentare Monteverde), Giovanni Fileni (presidente Gruppo Fileni) e Mario Veronesi (presidente Veronesi Holding Spa). «La nostra è una filiera italiana che genera valore per tutto il Paese sia in termini di occupazione, valori sociali ed economici, sia in termini di benessere dei consumatori e del territorio» ha dichiarato il neopresidente. «Gli Italiani scelgono le carni bianche per il loro ottimo profilo nutrizionale, ma anche perché esiste una straordinaria capacità delle nostre aziende e dei nostri allevatori di offrire un prodotto di assoluta qualità, che risponde perfettamente alla domanda dei consumatori che vogliono alimenti buoni e sani, alleati della salute e del benessere e prodotti in modo sostenibile».

i consumi di pollo e tacchino del 24% negli ultimi cinque anni. Da un’indagine IPSOS presentata nel corso dell’assemblea di UNAITALIA è infatti emerso che per la maggioranza della popolazione (54% degli Italiani) pollo e tacchino sono diventate la principale fonte di proteine. Ci fidiamo di voi Un fattore chiave, sempre più rilevante nelle scelte e nei comportamenti d’acquisto, è la fiducia. E l’indagine IPSOS conferma che gli Italiani si fidano dei produttori avicoli nazionali, con il 70% che dichiara di avere un’opinione positiva del settore, il 61% si fida dei produttori avicoli e il 51% promuove l’impegno sulla sostenibilità. La fiducia dei consumatori verso i produttori avicoli italiani trova riscontro nell’attenzione che negli ultimi anni il settore ha dedicato a temi come il benessere animale, l’informazione al consumatore, l’innovazione tecnologica, la qualità e la sicurezza dei prodotti. Ne è un esempio l’azione di riduzione

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degli antibiotici negli allevamenti. A partire dal 2015, infatti, il settore ha attuato — di concerto con il Ministero della Salute — una politica di riduzione dell’uso dei farmaci, che ne ha permesso un taglio del 63%. Un percorso che il comparto porterà avanti anche in futuro, consolidando la riduzione dell’uso di alcuni antibiotici rilevanti nella medicina umana. Tutto il pollo che mangiamo in Italia è di produzione nazionale Quella avicola è l’unica filiera nel panorama zootecnico nazionale che garantisce l’autosufficienza rispetto al consumo interno, con un tasso di approvvigionamento pari

al 103%. Tuttavia, molti Italiani (il 64% secondo la ricerca IPSOS) non sanno che il pollo che portano in tavola è italiano. In realtà tutta la filiera avicola è 100% italiana. E più della metà di chi non sapeva che tutto il pollo portato in tavola fosse italiano, dice che — acquisita questa informazione — potrebbe consumare più carne bianca. Avicoltore dell’anno: il premio di UNAItalia alle eccellenze italiane Valorizzare le eccellenze di un settore tecnologicamente avanzato, sensibilizzare l’adozione di pratiche sempre più virtuose, premiare le idee più innovative, esaltare il saper fare italiano. Con questi

Nelle abitudini di consumo alimentare, sempre più orientate alla scelta di prodotti ad alto contenuto di servizio, con garanzie di qualità, sicurezza e con un occhio alla salute, la carne bianca ha scalato i gradini delle preferenze degli italiani, che affermano di aver aumentato i consumi di pollo e tacchino del 24% negli ultimi 5 anni

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Nelle immagini alcuni dati emersi dall’indagine dell’istituto di ricerca Ipsos.

Tutto il pollo che mangiamo in Italia è di produzione nazionale. Quella avicola è l’unica filiera nel panorama zootecnico nazionale che garantisce l’autosufficienza rispetto al consumo interno (tasso di approvvigionamento pari al 103%). Eppure, molti Italiani non sanno che il pollo che portano in tavola è italiano ma più della metà di questi consumatori afferma che, acquisita l’informazione, potrebbe consumare più carne bianca

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obiettivi UNAITALIA ha promosso la seconda edizione del premio “Avicoltore dell’anno: Premio 2018 migliori pratiche del settore avicolo italiano”, il riconoscimento che la filiera dedica ai suoi principali protagonisti: gli allevatori. I cinque vincitori sono stati selezionati tra decine di candidature e scelti da una giuria di esperti composta dal direttore di UNAItalia LARA SANFRANCESCO, dal vicesegretario generale di ALTROCONSUMO FRANCA BRAGA e da MARIA CARAMELLI, direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle D’Aosta. «Questo riconoscimento si inserisce in un percorso molto più ampio, avviato già da alcuni anni, attraverso il quale puntiamo a sensibilizzare i nostri avicoltori ad adottare pratiche di allevamento sempre più virtuose» commenta Lara Sanfrancesco. «Per questo, a partire dallo scorso anno, abbiamo deciso di raccontare il nostro impegno a migliorare ogni fase della filiera con un premio dedicato proprio ai suoi protagonisti:

gli allevatori. Siamo soddisfatti del cammino svolto finora, ma consapevoli che molto ancora si può fare». Per la categoria benessere animale sono stati premiati GIUSEPPE BELLONI, VINCENZO PETITTI e LORELLA SCOTTON. Per la categoria sostenibilità ambientale è stato premiato GIUSEPPE CIARCIELLO e per la categoria innovazione tecnologica è stato premiato MARCO LAVARINI. La giuria ha altresì assegnato delle menzioni speciali a 4 allevatori che si sono parimenti distinti nella pratica di allevamento, a testimonianza dell’ottimo livello delle candidature ricevute. Menzioni speciali per la categoria innovazione tecnologica sono state conferite agli allevatori STEFANO ZARATTINI (Jolanda di Savoia, Ferrara), NICOLA BOMBIERI (Grezzana, Verona) e FEDERICO GARONZI (Villafranca di Verona). A DANIELE ZANOTTI (Montiano, Forlì-Cesena) è stata invece riconosciuta la menzione speciale nella categoria benessere animale. Fonte: UNAItalia www.unaitalia.com

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Mangimi, cresce la produzione. Ora un patto per rilanciare il mais All’annuale assemblea di Assalzoo, svoltasi di recente a Roma, Alberto Allodi ha ceduto la presidenza a Marcello Veronesi. Numerose le sfide da affrontare, ad iniziare dalla ricerca di strategie efficaci per recuperare quote produttive di mais che oggi importiamo per il 53% del totale impiegato nella produzione di mangimi. Un deficit che non ha eguali nel resto del mondo di Anna Mossini

M

V ERONESI è il nuovo presidente di ASSALZOO, Associazione nazionale tra i produttori di alimenti zootecnici. Subentra ad A LBERTO ALLODI che ha guidato l’associazione per due mandati. L’elezione ARCELLO

è avvenuta il 14 giugno scorso, a Roma, in occasione dell’assemblea annuale. Veronesi è vicepresidente di Veronesi Holding, a cui fa capo anche la produzione di mangimi. «L’elezione alla presidenza di ASSALZOO — ha dichiarato subito dopo

la nomina — rappresenta motivo di grande orgoglio e non posso che ringraziare gli associati che hanno creduto in me assegnandomi un compito prestigioso che è quello di rappresentare il settore mangimistico italiano.

I componenti della tavola rotonda seguita al convegno nonché firmatari del Memorandum of Understanding.

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Le sfide che ci attendono sono impegnative e sono quelle che ha già affrontato con capacità e competenza Alberto Allodi negli anni della sua presidenza: sostenibilità, sicurezza e qualità saranno i concetti intorno ai quali concentreremo la prossima stagione dell’industria mangimistica in un dialogo aperto e costante con le istituzioni, il mondo scientifico e tutte le filiere agroalimentari». Crescita complessiva Prima dell’elezione di Marcello Veronesi alla massima carica di ASSALZOO, il presidente uscente Allodi ha illustrato l’andamento del comparto mangimistico registrato nel 2017, caratterizzato da una crescita complessiva sia per produzione, redditività e investimenti. Partiamo dalla produzione, che ha toccato i 14.272 milioni di tonnellate, incassando un +0,3% rispetto al 2016 quando i numeri si fermarono a 14.226 milioni di tonnellate, per un valore di 6,080 miliardi di euro che segnala circa un +1% sul 2016. Analoga percentuale va riferita ai prezzi alla produzione e al costo del lavoro, mentre gli investimenti fissi hanno toccato la soglia dei 100 milioni di euro, cifra a cui si è

arrivati partendo dai 90 milioni del 2015 divenuti poi 95 nel 2016. «La possibilità di presentare dei dati in aumento — ha dichiarato nel suo intervento Allodi — rappresenta per me motivo di grande soddisfazione perché dimostrano con chiarezza come la mangimistica italiana sia un comparto industriale sano e innovativo». Entrando nello specifico, il settore bovino e quello suino non hanno sostanzialmente registrato grandi variazioni. Per il primo vi è stata una leggera crescita con un’incidenza totale praticamente identica rispetto al 2016, mentre va segnalata la crescita dei mangimi destinati ai bufali che hanno incassato un +4%. Per i suini il superamento della soglia dei 3.600 milioni di tonnellate conferma in buona sostanza l’incidenza complessiva di un quarto sul totale della mangimistica italiana, guidata dal comparto dei volatili con oltre il 40% della produzione totale. In crescita anche la produzione di mangimi per i polli da carne, mentre un leggero calo si è avuto per i tacchini. Segno decisamente positivo per i mangimi destinati alle galline ovaiole, che rispetto al 2016 hanno incassato un +1%.

Centralità del convegno Relativamente al comparto degli ovini l’aumento è stato del 5% e del +3% per l’alimentazione ittica. «Come si vede il trend è positivo — ha sottolineato ancora Allodi — ed è la dimostrazione che nonostante i consumi interni non siano ancora del tutto ripartiti, il comparto mangimistico riesce a crescere. È doveroso però guardare al futuro e a questo riguardo le previsioni parlano ancora di un comparto avicolo in grado di trainare il settore con potenziali di crescita sostanziali. Gli altri settori scontano quella che potremmo definire una maggiore maturità e un difetto di domanda interna nei prodotti finali». L’interesse dell’incontro si è poi focalizzato sul convegno dal titolo “Mangimi italiani: mais materia prima strategica”, introdotto da Alberto Allodi e animato dagli interventi di GABRIELE CANALI dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, nonché membro del Comitato scientifico di ASSALZOO e di AMEDEO REYNERI dell’Università di Torino. Due interventi che, a seconda delle rispettive competenze, hanno fatto il punto sulla produzione mai-

MoU, il futuro del mais italiano parte da qui Produzione mangimistica in crescita, ma quote altamente deficitarie di mais nazionale. Alberto Allodi, nel suo intervento di commiato, ha ben sottolineato questa situazione e a conforto della necessità di trovare soluzioni efficaci sono intervenuti Gabriele Canali e Amedeo Reyneri. Dalle parole ai primi fatti il passo è stato breve e a margine della tavola rotonda seguita al convegno tutti gli attori della filiera hanno firmato il Memorandum of Understanding (MoU) per rilanciare la filiera del mais italiano. Il Memorandum rappresenta un momento importante dell’intero panorama agroalimentare italiano perché parla di una strategia complessiva di filiera che non si ferma a una mera constatazione della situazione, ma sceglie una via operativa. Una visione complessiva che ha al centro delle azioni da mettere in atto un’idea forte e condivisa: rilanciare la produzione italiana, dare un futuro al mais italiano, materia prima strategica per la zootecnia e per la filiera alimentare dei prodotti di origine animale. Le finalità del documento sono molto chiare e tutte legate alla promozione e all’utilizzo del prodotto italiano, coltivato, raccolto in Italia e utilizzato per prodotti della filiera zootecnica italiana. Tra le azioni previste vanno ricordate in particolare la spinta all’approvvigionamento con mais di produzione nazionale per l’alimentazione animale; la promozione della domanda interna a favore del prodotto maidicolo nazionale; la creazione di strumenti contrattuali innovativi per favorire le relazioni commerciali tra gli agricoltori e i restanti attori della filiera. I firmatari del MoU, messo a punto da Assalzoo con una larga componente della filiera, sono: Alberto Allodi; Giuseppe Carli (presidente di Assosementi); Massimiliano Giansanti (presidente di Confagricoltura); Giorgio Mercuri (presidente dell’Alleanza delle cooperative italiane agroalimentari); Giovanni Draghetta (presidente regionale Cia Lombardia); Cesare Soldi (presidente Associazione maiscoltori italiani); Franco Verrascina (presidente Copagri). A. Mo.

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Alberto Allodi durante il suo intervento all’assemblea annuale Assalzoo. dicola nazionale «passata in pochi anni da una superficie totale di circa 1 milione di ettari — ha sottolineato Canali — agli attuali 650.000, con oltre 500.000 concentrati nel nord del Paese. Una riduzione che ci ha reso deficitari e determinata anche da problemi fitosanitari e dall’andamento delle quotazioni caratterizzate da una notevole volatilità e incertezza che perdura tuttora. Per i primi sappiamo che la ricerca sta facendo la sua parte e presto, auspicabilmente, saranno disponibili soluzioni efficaci ed economicamente compatibili. Sul fronte dei prezzi invece, dopo il 2007 la volatilità delle commodities è diventata la caratteristica strutturale più chiara dei mercati, anche se non si segnalano grossi problemi strutturali di ridotta disponibilità». Aumentare la produzione «Nel 2017 il fabbisogno di mais nel nostro Paese è stato pari a 12,7 milioni di tonnellate — gli ha fatto eco Amedeo Reyneri — ma la nostra condizione deficitaria ha fatto sì che si ricorresse a una quota di importazione pari al 53%, figlia di

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una riduzione del 25% delle superfici coltivate. Numeri e percentuali che devono far riflettere, soprattutto se pensiamo che nel mondo, dal 1990 a oggi, la produzione di mais è aumentata, anche laddove si è registrata una diminuzione delle superfici coltivate. Lo testimoniano le cifre provenienti dalla Francia, dove la produzione ha registrato un +31% pur con un 5% in meno di terreni coltivati; l’Ungheria, con una produzione a +68% e superfici a +11%; la Spagna, +48% in produzione e –18% in superfici; gli USA, +134% in produzione e +30% in superfici coltivate. Dobbiamo quindi parlare di strategie per ottenere un aumento produttivo, obiettivo che l’adozione della precision farming potrebbe garantire in misura considerevole, tant’è vero che gli studi più recenti indicano nel 40% l’incremento che si potrebbe ottenere, peraltro legato a un importante contenimento di contaminazione da micotossine, che trova invece maggiori possibilità di propagazione con una bassa produzione».

Via ai contratti di filiera Per Canali e Reyneri la soluzione sta nell’innovazione, nella capacità di elaborare strategie che favoriscano la zootecnia italiana di qualità, obiettivo che secondo Gabriele Canali è possibile raggiungere attraverso una collaborazione organica tra i soggetti della filiera, cioè un’interprofessione in grado di interagire col mondo della ricerca e con le istituzioni. «Più che di politiche di intervento diretto — ha spiegato ancora Canali — c’è bisogno di strumenti efficaci per integrare e rafforzare queste forme di collaborazione. Il contratto di filiera potrebbe essere uno strumento valido che va in questa direzione». A favore di questa tesi la conclusione di Amedeo Reyneri, secondo il quale «i contratti di filiera vanno promossi valutando criticamente, armonizzandole, le normative esistenti. A sostegno di questa strada bastano due percentuali — ha concluso — negli ultimi 10 anni la produzione di mais nel mondo è aumentata del 50%. In Italia è diminuita del 40%». Anna Mossini

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Sommet de l’Élevage 2018, gli animali si fanno belli Il 3, 4 e 5 ottobre torna il rendez-vous dei professionisti dell’allevamento zootecnico francese al Parco esposizioni della Grande Halle d’Auvergne di Clermont-Ferrand

A

due mesi dall’apertura delle porte del primo appuntamento europeo dei professionisti dell’allevamento, gli organizzatori del Sommet de l’Élevage sono piuttosto sereni, come ci racconta il commissario generale del salone FABRICE BERTHON. «Con circa 1.500 imprese già iscritte, siamo in anticipo rispetto allo stesso periodo del 2017, e con 2.000 animali d’élite, 1.500 espositori attesi (di cui 300 internazionali da 32 Paesi), occupanti una superficie di 180.000 m2, e una trentina di conferenze programmate, il Sommet 2018 si annuncia sotto

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i migliori auspici». È certo comunque che questa nuova edizione saprà soddisfare i 95.000 visitatori attesi provenienti da tutto il mondo. Lo Zenith, epicentro del Sommet Come d’abitudine il ring dei concorsi dei bovini da carne e il Club d’affari internazionale riprenderanno il loro posto al centro della sala spettacoli dello Zenith d’Auvergne, magnifico scenario, propizio alla ricezione di eventi di grande portata. La razza Salers, star del 2018 L’edizione 2018 del salone prevede

il concorso nazionale della razza Salers, con la presenza di 400 capi in competizione, su un totale di 223.000 capi censiti in tutta la Francia. La Simmental in concorso La razza Simmental sarà in concorso con allevatori provenienti da Francia, Germania, Austria e Svizzera per un totale di 48 capi. Al termine della gara gli animali saranno venduti. >> Link: www.sommet-elevage.fr www.facebook.com/SommetElevage www.instagram.com/sommetelevage

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ballaggio. Quella di quest’anno sarà un’edizione ricca di contenuti ed eventi collaterali esclusivi. La competenza francese e il French touch creativo sono molto attesi dai visitatori internazionali. Sono inoltre in programma numerosi eventi collaterali nel settore dedicato all’innovazione. L’edizione 2018 è infine un’edizione volutamente positiva grazie ad alcune occasioni di networking: welcome coffee, happy hour ed eventi che daranno il ritmo dei quattro giorni del salone.

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TECNOLOGIE

Distribuiti in Italia in esclusiva da Lazzari Equipment

Da AMTeK, microonde continuo per tempering di carne

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istribuiti in Italia in esclusiva da LAZZARI EQUIPMENT, i tunnel a microonde dell’americana AMTek, leader mondiale nell’applicazione di questi sistemi per il settore alimentare, danno alle produzioni industriali incredibili vantaggi. AMTek propone un tunnel a microonde di concezione modulare, ovvero componibile liberamente dal cliente in quanto a numero di cavità di trattamento (zone di decongelo) e di numero di magnetron (emettitori di microonde) da applicare ad ogni zona di tempering del tunnel. La costruzione modulare permette quindi di dotarsi di un tunnel capace di decongelare ad esempio due tonnellate ora di blocchi di carnette, ma se l’esigenza produttiva dovesse aumentare sarà facilissimo ed economico aggiungere semplicemente un’ulteriore stazione di trattamento, con relativo magnetron, per raggiungere le quattro tonnellate ora, o addirittura di più.

Tanti i vantaggi per l’industria Il sistema di concepire il tunnel di tempering modularmente fa sì che si possa iniziare ad avvicinarsi a queste tecnologie con un investimento limitato, abituando nel contempo anche la produzione ai nuovi flussi produttivi e metodologie di lavoro. Un grande vantaggio è dato dal liberare le tipiche grandi celle di decongelo: si può destinare spazio male utilizzato e dedicarlo a nuove linee di lavorazione, senza investire in opere edili (o molto limitatamente), cambia inoltre totalmente la gestione delle materie prime. Se con i sistemi tradizionali si è costretti a prevedere le tonnellate di carni necessarie alle produzioni delle seguenti 48 ore, utilizzando un tunnel si possono gestire i flussi semplicemente on demand: se la produzione lo richiede, basterà portare direttamente dalla cella di stoccaggio al tunnel l’esatta quantità di carne che serve. Nulla di più, ma neanche nulla di meno.

Questo però non è il solo vantaggio: le carni stoccate a decongelare in celle ad aria forzata, oltre ad essere di difficile gestione, hanno il problema del calo peso dovuto sia ad evaporazione ma, soprattutto, alla perdita di proteina, che inevitabilmente inizia a sgocciolare dalla superficie dei blocchi che cambia di stato prima del cuore. Con il decongelo continuo a microonde invece si otterrà una buona uniformità di temperatura superficie/cuore, senza la minima perdita di peso. Solo questo enorme vantaggio giustifica oggi l’investimento in questa tecnologia. In parallelo, la qualità migliora moltissimo: la carica batterica (che inevitabilmente si innalza decongelando ad aria) trattando con le mi-

Con un tunnel a microonde AMTek studiato specificamente per il decongelo di blocchi di carne, il prodotto uscirà in continuo alla temperatura desiderata, senza cali peso, senza perdita di proteina liquida garantendo qualità e salubrità e soprattutto veloce reazione ad ordini improvvisi, cosa impossibile con i sistemi di decongelo tradizionali.

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Bettcher inizia la vendita diretta: assistenza e ricambi per i clienti italiani nel settore della lavorazione della carne

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all’inizio del mese luglio, i clienti italiani possono contattare direttamente Bettcher per la vendita di tutti i prodotti, i ricambi e l’assistenza necessaria1. Secondo THOMAS HOLM, vice president of Global Sales di Bettcher, la nuova struttura di vendita diretta è stata implementata grazie all’importanza dell’industria della carne in Italia, che ha registrato una crescita significativa. «L’Italia è sempre stata un mercato importante per Bettcher e per molti anni abbiamo avuto la fortuna di essere rappresentati ottimamente nella vendita e nei servizi dall’azienda LGR Equipment e dal suo direttore, GRAZIANO RONCAGLIA, che andrà ora in pensione» racconta Holm. «Ringraziamo Graziano per la sua lunga collaborazione, ricca

di successi, con la nostra società. Guardando al futuro, noi crediamo che l’inizio della vendita diretta di attrezzature e ricambi, così come il servizio diretto dalla fabbrica, ci consentirà di fornire il massimo livello di supporto alla nostra clientela italiana». Lavorando direttamente con gli uffici e il personale di Bettcher, tra cui GILDO LILLI, product specialist con sede in Italia (gildolilli@ bettcher.ch), i clienti trarranno vantaggio da una rappresentanza tempestiva, efficace ed efficiente fornita da personale aziendale altamente qualificato ed esperto, oltre a ricevere servizi e competenze leader del settore. I clienti italiani hanno anche un facile accesso diretto alle attrezzature e componenti Bettcher

Il nuovo Quantum Flex™ Trimmer di Bettcher è più leggero e più veloce per una migliore efficienza di taglio. Il suo design versatile si adatta a qualsiasi motore Bettcher (Quantum, UltraDrive®, UN-84).

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Bettcher GmbH annuncia la realizzazione di una struttura di vendita e assistenza diretta per i suoi clienti in Italia. La nuova struttura diventa effettiva dal 1o luglio e sostituisce le vendite attraverso il precedente distributore

situate negli stabilimenti europei di Bettcher a Dierikon, Svizzera. Novità del 2018 Le offerte di Bettcher includono due novità introdotte quest’anno. Il nuovo Quantum Flex™ Trimmer, uno strumento più leggero e più veloce per una migliore efficienza di taglio. L’impugnatura è compatibile con qualsiasi motore Bettcher: Quantum, UltraDrive® e UN-84. Indipendentemente dal sistema Bettcher installato in un impianto, l’impugnatura Quantum Flex si adatta senza problemi. Il nuovo design utilizza gli RPM di qualsiasi motore Bettcher, con conseguente aumento della velocità della lama e minore affaticamento dell’operatore insieme a tagli più facili e maggiori rese di carne. Quantum Skinner™, invece, sfrutta la comprovata potenza ed efficienza della combinazione Quantum Motor e Driveline di Bettcher per migliorare le prestazioni complessive di taglio negli impianti

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di lavorazione di carne, pollame e prodotti ittici. Progettato come sostituto diretto di prodotti pneumatici simili, Quantum Skinner offre un’esperienza di taglio silenziosa, sicura e produttiva, riducendo al contempo i costi energetici in modo significativo. L’azienda BETTCHER INDUSTRIES INC. è un’azienda di produzione ad integrazione verticale, certificata ISO 9001, con una base clienti globale e distribuzione diretta e assistenza in oltre 70 paesi in tutto il mondo. L’azienda è uno sviluppatore e produttore leader di attrezzature innovative per la lavorazione degli alimenti, servizi di ristorazione, industriali, medici e altre operazioni. Fondata nel 1944, Bettcher apporta al mercato oltre sette decenni di innovazioni di successo, tra cui la detenzione di circa 100 brevetti attivi. Gli uffici di Bettcher si trovano in Nord America, Europa, Brasile e Cina. >> Link: www.bettcher.com

Il nuovo Quantum Skinner™ di Bettcher migliora la potenza e le prestazioni di taglio grazie ad un’azione più rapida, più facile e più silenziosa, riducendo allo stesso tempo i costi energetici in modo significativo. Nota 1. Per la nuova struttura di vendita diretta contattare i numeri +39 06 94800276/+41 41 348 02 20; fax: +41 41 384 02 29; e-mail: info@bettcher.ch. Per maggiori informazioni riguar-

do la nuova struttura è possibile contattare GREGOR THOMALLA, managing director di Bettcher GmbH (GregorThomalla@ bettcher.ch) o MIKE FILTER, international sales manager direct sales (MikeFilter@bettcher.ch).

Robotizzazione e automatizzazione nei reparti di macellazione e sezionamento: progetti innovativi MIGUEL PRIETO MARADONA, direttore dell’Istituto di Scienze e Tecnologie Alimentari (ICTAL) e professore presso il Dipartimento di Igiene e Tecnologia Alimentare dell’Università di León (ULE), è uno degli autori di un’opera recentemente pubblicata sulla rivista Food Control, intitolata Meat inspection and hygiene in a Meat Factory Cell. An alternative concept. Un concetto alternativo che analizza la robotizzazione e l’automazione nelle sale di macellazione e nei macelli e la loro influenza sul miglioramento dei processi di ispezione e igiene delle carni. Lo studio analizza i vantaggi del processo robotizzato e automatizzato in stazioni cellulari modulari (Meat Factory Cells – MFC) e svolge una valutazione qualitativa dei rischi nell’ispezione e nell’igiene delle carni suine. Le stazioni modulari consentono un cambiamento rivoluzionario nei sistemi di macellazione e taglio delle carcasse di animali da macello. Oltre a migliorare l’ispezione attraverso l’applicazione di tecnologie diagnostiche avanzate, l’igiene del prodotto finale viene aumentata anche dal modo particolare in cui viene effettuato il taglio. Infatti le estremità, la testa e la colonna vertebrale sono separate per prime e non sono soggette a contaminazione fecale da parte del contenuto intestinale. La MFC consente inoltre un regime di raffreddamento personalizzato per parti diverse, la decontaminazione diretta o la lavorazione ad hoc, che contribuisce ad ottenere carni e prodotti derivati più sicuri con un minore consumo di energia. La MFC rispetta i principi del Codex alimentarius e migliora la salute pubblica rispetto ai sistemi convenzionali. Ci sono tre principali cambiamenti che il sistema MFC applica alla produzione e lavorazione della carne: 1) il lavoro è organizzato principalmente in stazioni cellulari anziché lungo i nastri trasportatori, com’è attualmente fatto; 2) combina processi attualmente separati in macellazione, taglio, disossamento e sezionatura; 3) la sezionatura delle carcasse avviene dall’esterno verso l’interno. Attualmente, l’attenzione si concentra sull’eliminazione degli organi interni prima di presentare una carcassa intatta per l’ispezione veterinaria. Lo studio fa parte di un progetto sviluppato dall’industria della carne che cerca di migliorare costantemente la produttività senza trascurare gli aspetti della sicurezza alimentare, questioni chiave nelle priorità strategiche di R & S del settore (fonti: Información de León, www.ileon.com; www.3tre3.it).

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STORIA E CULTURA

La Belle Époque della Romagnola Questa razza bovina, negli ultimi decenni del 1800 e nei primi del ‘900 conobbe un periodo di grande popolarità in Europa, che portò prima ad una forte crescita del numero di capi da macello venduti, poi dei riproduttori esportati, generando forti rialzi dei prezzi e dei redditi degli allevatori di Andrea Gaddini

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Origine della razza a nascita della razza è fatta risalire al 1600, quando gli allevatori romagnoli iniziarono a sostituire i bovini da lavoro pezzati

rossi e fromentini locali con quelli grigi di ceppo podolico, pugliesi e maremmani, provenienti soprattutto dal Ferrarese. La resistenza del bestiame da lavoro podolico

emiliano era nota. Nel 1681 GIAAGOSTINETTI consigliava agli agricoltori veneti di impiegare i buoi “ferraresi”, migliori di quelli locali e più resistenti al caldo durante l’araCOMO

Flora, vacca Romagnola dell’allevamento Tosi a Tor San Mauro (Bologna 1902, Cromolitografia Fran. Casanova e figlio).

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Toro romagnolo dell’allevamento Tosi (Hector George). tura, anche se più costosi, mentre nel 1688 FABIO ALLEGRI descriveva le vacche “pugliesi” che vivevano nella macchia, nei pressi della costa ferrarese, “dove stanno, come selvaggie giorno e notte, sempre alla foresta e sempre esposte all’ingiurie dei caldi e dei freddi”, richiedendo solo poche integrazioni di fieno. La sostituzione completa del vecchio bestiame con quello podolico risale probabilmente a inizio Ottocento. L’agronomo reggiano FILIPPO RE, nel 1805, lodava, tra gli altri, i buoi “bolognesi”, come erano anche chiamati i romagnoli, vista la loro ampia diffusione nella pianura felsinea. Nel 1846 l’agronomo tedesco AUGUST VON WECKHERLIN descriveva la razza bolognese “preziosa pei suoi grandi bovi, eccellenti nel tiro e per l’ingrassamento”. Tra il 1850 e il 1880, in Romagna e nelle regioni circostanti si diffusero tori chianini e loro incroci con maremmana, marchigiana e pugliese, detti “cornetti”, che inizialmente ebbero grande successo sui mercati, soprattutto per il basso prezzo, ma che poi si rivelarono poco adatti all’ambiente perché

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non abbastanza rustici, e furono quindi abbandonati. LUIGI BIFFI scriveva nel 1880 “alcuni tentarono di incrociare le bovine bolognesi con tori della Val di Chiana, ma essendosi ciò fatto in ristrettissime proporzioni non si formò un’altra vera sotto razza da prendere in esame”. Per ricostituire il tipo romagnolo podolico originario, a partire dal 1874 furono importate dal Polesine “le più belle sopranne”, oltre a riproduttori di razza Reggiana (BETTINI). Ancora Biffi scriveva “la razza impropriamente detta romagnola deriva dalla antica razza podolica, riprodotta dall’accoppiamento delle vacche bolognesi con tori del Polesine”. Il bestiame romagnolo fu quindi sottoposto ad un’intensa opera di miglioramento, a partire dal vecchio “bue-cavallo”, animale da lavoro disarmonico e con arti troppo lunghi, e si differenziò progressivamente dal Pugliese del Veneto e dal Marchigiano, più influenzato dal Chianino. Dalla montagna ed alta collina, dove si allevava la varietà “montanara” o “biracco” (CALZOLARI), molto simile alla Maremmana, e presente fino ai primi anni ‘60, il bestiame

variava gradualmente fino alla pianura, dove dominava il tipo “gentile”, meno rustico, seppure molto resistente, e con grande potenza motrice e capacità di ingrassamento. Nella pianura bolognese questi animali, molto potenti, soddisfacevano le esigenze dell’agricoltura della zona, orientata su colture industriali da rinnovo (canapa, barbabietola, tabacco), che richiedevano arature profonde, eseguite da pariglie di 6-7 e anche 8 buoi. La selezione ebbe inizialmente maggiore cura e migliori risultati nel Riminese e nel Cesenate e, in misura minore, nel Forlivese e nell’Imolese, mentre nel Ravennate l’attenzione era più che altro concentrata alla bonifica idraulica. Il risultato finale fu un bovino con equilibrio tra le due attitudini, carne e lavoro, con ottime caratteristiche di accrescimento e produzione di carne. Alla mostra di Firenze del 1904 un gruppo di romagnoli diede una resa del 65,3% (BETTINI). Anche nelle zone collinari e montuose si ebbe un miglioramento: MORONI, nel 1913, notava che la mole degli animali era notevol-

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Toro Medoro, allevamento avvocato Carlo Focaccia, Rimini (Sbrozzi, 1924). mente aumentata e che entrando in una vecchia stalla si osservava quasi sempre che le poste erano troppo corte, tanto da far commentare agli allevatori che “una volta non usavano buoi grandi come ora”. Nel Forlivese e nel Faentino gli animali da lavoro a fine carriera erano ingrassati per 50-80 giorni per ottenere i cosiddetti buoi pasquali, apprezzatissimi sul mercato di Milano dove contendevano clienti ai bovini piemontesi. I buoi romagnoli sfruttavano la caratteristica di ingrassare rapidamente dopo l’inverno passato in condizioni critiche di alimentazione, anche in età avanzata, ed esausti dal lavoro prestato, trasformando la razione, spesso povera in una resa al macello non trascurabile (FARINA). A partire dal 1896 la razza si diffuse ampiamente anche nel Ferrarese (BONFIGLIOLI), dove servivano animali rustici, robusti e di grossa taglia per le difficili condizioni

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ambientali delle terre bonificate, dando anche un reddito aggiuntivo soddisfacente con la produzione di carne. Il latte prodotto era destinato all’alimentazione dei vitelli, ma in alcuni allevamenti le vacche davano un reddito aggiuntivo, fornendo il latte per produrre lo squacquerone, il noto formaggio romagnolo a pasta molle (SBROZZI, 1924). Esportazione di capi da macello Dopo la rovinosa sconfitta nella guerra franco-prussiana del 1870-71 la Francia rimase sprovvista di risorse e soprattutto di animali da carne. Questo generò una forte richiesta di animali da macello dagli altri paesi, coperta in modo significativo dalle stalle italiane e in misura rilevante da quelle romagnole. Si verificò quindi una grave perturbazione dei mercati del nostro Paese, sulla quale lo Stato non intervenne, ritenendo che eventuali provvedimenti fossero contrari al principio del libero scambio. Il forte rincaro

degli animali da macello generò un marcato calo del consumo interno, che non riprese se non dopo alcuni anni, finita la crisi. La Romagnola si diffuse come animale da macello in Francia, grazie anche all’inaugurazione nel 1871 del tunnel del Frejus, che aveva aperto i traffici di molte merci tra Italia e Francia. I tori e le vacche di razza Romagnola erano inclusi tra quelli studiati al macello di Lione nel 1876 da CORNEVIN, per i quali rilevava buoni pesi alla macellazione. Per BARTOLUCCI, la “fuga del bestiame” verso la Francia, dal 1870 al 1889, aveva spinto gli agricoltori romagnoli, allettati dagli improvvisi alti guadagni, a trascurare le cure dell’allevamento “per preparare i bovini per la fiera o per il mercato”. I bovini presenti allora erano risultanti dall’incrocio e successivo meticciamento dei cornetti marchigiani, di taglia notevole, chiari, a corna grosse e corte, prodotti dall’unione della razza Chianina con podolici

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Vacca Faenza, allevamento Fratelli Valgimigli, Faenza (Sbrozzi, 1924). locali, con i romagnoli originari, di piccola taglia, con mantello grigio scuro e a corna lunghe. MORESCHI racconta il boom del commercio di bestiame romagnolo da macello: “Per un decennio, cioè dal 1870 al 1880, gli agricoltori delle Romagne, come quelli dell’Emilia tutta, si videro chiedere con insistenza i prodotti delle loro stalle dagli incettatori forestieri, che li pagavano in modo davvero soddisfacente”. Seguì però una stasi: “Più tardi, peraltro, scomparso l’aggio o scemato notevolmente e resi più gravosi i dazi di confine, il commercio di esportazione, specialmente verso la Francia, si arrestò, e gli agricoltori se ne lagnarono”. BARTOLUCCI racconta: “L’esportazione si arrestò di un tratto, e i prezzi del bestiame diminuirono più della metà, dando così un colpo tremendo a tutta l’industria zootecnica romagnola”. All’inizio del ventesimo secolo, l’accresciuto benessere determinò poi un nuovo incremento della domanda interna di carne, con conseguente aumento anche dei

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prezzi del bestiame. BENNICELLI scriveva nel 1914: “mentre alcuni anni fa si poteva acquistare un torello di un anno con seicento lire, adesso ne occorrono più di mille”. Esportazione di riproduttori Il periodo di prezzi alti e forte domanda spinse gli allevatori più evoluti ad un ulteriore miglioramento della genetica e dell’organizzazione aziendale, in particolare del razionamento. Una spinta decisiva per il progresso partì dalla grande tenuta (quasi duemila ettari) di Torre San Mauro dei principi Torlonia, a San Mauro di Romagna (oggi San Mauro Pascoli), condotta a partire dal 1876 dall’affittuario, l’ing. LEOPOLDO TOSI. L’azienda era stata amministrata da RUGGERO PASCOLI, dal 1862 fino al 1867, quando fu assassinato mentre tornava a casa in calesse, come ricordato dal figlio GIOVANNI nella poesia “La cavalla storna”. Secondo MOTTI il principio ispiratore di Tosi era “allevare molto

e scartare molto”, potendo lavorare su un patrimonio medio aziendale di oltre mille capi bovini. L’accuratezza delle tecniche di allevamento permise al personale dell’azienda di San Mauro di vincere il primo premio della Società protettrice degli animali, nel quadro del Concorso Nazionale di Torino, indetto dalla Società Zootecnica dal 19 al 24 maggio 1900. Tra le altre aziende produttrici di tori molto ricercati c’erano quelle dei fratelli CACCIAGUERRA, delle Congregazioni di Carità di Cesena e di Rimini, dei fratelli GUERRINI, di FOCACCIA a Gambellara, dove nacque Medoro, uno dei tori più famosi della razza. Oltre alla forte richiesta di animali da macello, crebbe la richiesta di riproduttori romagnoli, anche da regioni lontane. In Russia l’allevatore KONSTANTIN BRODSKIJ, maresciallo della nobiltà per la provincia di Ekaterinoslav (poi Dnipropetrovs’k, oggi Dnipro, in Ucraina), conobbe

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nel 1886 la razza Romagnola da una rivista torinese di zootecnia, sbarcò a Ravenna, per recarsi all’azienda Torlonia di Torre San Mauro, dove osservò il bestiame e l’organizzazione aziendale. Brodskij acquistò un toro per la sua azienda e successivamente mandò il suo segretario BABUSHKIN per comprare due torelli, due vacche e due vitelli. Il nobile russo raccontò che uno scheletro di bovino romagnolo era esposto presso un museo di Pietrogrado (oggi San Pietroburgo). La Romagnola fu introdotta anche in Libia, in Cirenaica, nel periodo della colonizzazione italiana, a fianco della Modicana e della Sarda, anche per incroci sulle razze locali (PIANI). Nel 1900, nell’azienda di Torre San Mauro fu istituito il libro genealogico dei bovini dell’azienda; nel 1906 si costituì il “Primo Sindacato di allevatori della razza bovina Romagnola”, e nel 1921 fu istituito un mercato concorso annuale. Nel giugno del 1900 furono inviati 20 capi a Parigi, al bois de Vincennes, per partecipare al Concorso universale dei bovini riproduttori, nel quadro dell’Esposizione Universale. I bovini romagnoli vinsero due grandi medaglie d’oro di campionato, due medaglie d’oro (1o premio) e sei medaglie di bronzo. HECTOR GEORGE, dopo l’Esposizione di Parigi, descrisse la Romagnola come la più definita tra le razze italiane, molto simile alla Grigia ungherese, sebbene più bassa e compatta, mentre le altre sarebbero state più che altro delle popolazioni meticce. George giudicò il treno posteriore della Romagnola molto più simile al tipo giurassico dell’Europa centrale, che non a quello asiatico, corrispondente all’attuale podolico, come testimoniato dalla stampa allegata al suo articolo. Miglioratrice delle altre podoliche Il successo della Romagnola la rese la scelta preferenziale per il miglioramento delle altre razze podoliche: se nel 1885 dalla Romagna partirono solo 14 torelli, nel 1895 divennero 151, per salire a 185 nel 1899 e a 390 nel 1926 (SBROZZI, 1948). Già nel 1899 Sbrozzi raccontava che

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“molto sangue romagnolo è specialmente andato a migliorare le vicine Marche ed imprimere dei pregi maggiori ai bovini del Ferrarese, del Polesine, del Padovano”. Nel 1914, per BENNICELLI, “il toro romagnolo (…) si è imposto come animale miglioratore delle razze bovine che con esso hanno somiglianza di forme ed una certa uniformità di ambiente. Ne è prova indiscutibile la forte esportazione che viene fatta sia all’interno che all’estero, esportazione che cresce ogni anno, facendo realizzare buoni guadagni agli allevatori”. Nel 1923 STAZI scriveva: “Bisogna considerare l’importanza di questa razza non soltanto per la speciale attitudine alla carne e al lavoro, ma anche in vista dell’impiego che si può fare di essa come razza incrociante, per migliorare i bovini di tipo podolico meno redditizi”. In effetti la Romagnola fu usata come incrociante sulla Pugliese del Veneto, razza del Polesine e della bassa Padovana, oggi estinta. Per la produzione di carne i pugliesi del Veneto erano incrociati con i romagnoli (BETTINI). Tori romagnoli intervennero anche in incroci su podoliche del centro-sud, nella tenuta del principe BONCOMPAGNI LUDOVISI a Procoio Vecchio, sulla via Tiberina, presso Roma, e del conte VALENTINO ORSOLINI CENCELLI a Magliano Sabina (Roma), nelle tenute Torlonia del Fucino e di Gubbio, in allevamenti del barone BARRACCO in Calabria e a Cerignola, presso la locale Scuola Pratica. La Romagnola, insieme alla Pugliese del Veneto, fu impiegata per il miglioramento della razza Istriana, di ceppo podolico, già sotto l’amministrazione austro-ungarica, a partire dall’inizio dell’Ottocento, e di nuovo dal 1905, con buoni risultati sulla produttività e la fecondità. Quando l’Istria passo all’Italia, gli incroci proseguirono, furono promosse le prime associazioni di allevatori e iniziarono incroci anche con tori maremmani. Gli incroci furono condotti in modo non appropriato e i bovini incrociati risultarono meno adatti al lavoro in quanto avevano unghioni più teneri, non adatti ai terreni dell’Istria; quindi al congresso zootecnico di Padova del 1931 si

decise di sospendere gli incroci e di selezionare gli animali più aderenti al tipo istriano primitivo, aprendo anche stazioni di monta. SIRRI e MARANI, nel 1930, sottolineavano come “non sempre le regioni che importarono dei torelli romagnoli per migliorare i bovini locali seppero metterli nelle condizioni necessarie per ottenere i migliori risultati. È evidente che non basta migliorare il tipo bovino di una zona; per creare un notevole aumento di reddito occorre soprattutto migliorare il sistema di allevamento”. CUGNINI, nel 1931, scriveva: “La Romagnola è un ottimo elemento di progresso per numerose popolazioni podoliche, ma non deve essere introdotta in località in cui il bestiame vive tra privazioni e deve quindi essere munito di grande rusticità”. Altra razza podolica insanguata dalla Romagnola fu la rumena Sura de Stepă, per riconvertirne l’attitudine prevalente al lavoro, migliorando la produzione di carne. Nel 1934 lo zootecnico FILIPPO USUELLI (1900-1973) riferiva che gli incroci di sostituzione, che avvenivano in tutti i Balcani, erano seguiti con particolare cura in Romania, dove si era recato per seguire l’acclimatamento della razza Romagnola gentile, in un paese dal clima nettamente più freddo di quello italiano, con punte di –40° in inverno. TELESFORO BONADONNA, nel 1950 e nel 1967, riferiva che la varietà Moldava della razza era stata insanguata dalla Romagnola, che, dopo confronti con Charolaise e Simmental, era risultata migliore, tanto da essere l’unica razza da carne impiegata negli incroci. Per lo zootecnico ungherese PAL HÖNSCH, la varietà Transilvăneană (grigia o bianca di Transilvania) della Sura de Stepă era più simile alla Romagnola che alla Grigia ungherese, sebbene la zona di allevamento di quest’ultima fosse molto più vicina, oltre ad essere stata territorio ungherese fino al 1918. Gli scambi tra Italia e Romania per molti anni sono stati intensi, con forti importazioni di bovini rumeni nel nostro paese. Alla fine dell’Ottocento l’Italia era la principale destinazione dei bovini vivi rumeni, superando in diversi

Eurocarni, 8/18



anni l’80% (FILIP), grazie anche alla buona qualità (STAZI). Nel 1967, una delegazione italiana guidata dal ministro dell’Agricoltura e Foreste FRANCO RESTIVO si recò in visita in URSS e a Charkhiv (oggi in Ucraina) i sovietici manifestarono interesse per le razze Romagnola e Chianina, per migliorare la Grigia della Steppa locale (BONADONNA). Per MAGLIANO e GOBETTO (1961) la Romagnola era diffusa in Ungheria e Russia, mentre a partire dagli anni ‘70 riproduttori romagnoli o materiale seminale sono stati introdotti in Gran Bretagna, Irlanda, Canada, Stati Uniti, Nuova Zelanda, Australia, Argentina, Messico, Colombia, Nicaragua, Kenia e Sud Africa (RIDOLFI). Come per altre Podoliche europee, le consistenze sono oggi molto ridotte rispetto a quelle dell’epoca del lavoro animale: al 31 dicembre 2017 il libro genealogico della Romagnola contava 12.150 capi e 369 allevamenti; circa due terzi del totale si trovavano in Romagna. Nel 1911, invece, la razza contava 163.796 capi nelle province di Ravenna e Forlì e 152.414 in quella di Bologna, compresi i soggetti montanari (maremmani) e le vacche adibite alla produzione del latte (PUCCI). Nel 1941 ALBERTARIO censiva 573.768 capi e, dopo il calo a 80.000 nel 1945, a fine guerra (SBROZZI, 1948), HÖNSCH ne riportava 560.400, riferiti al 1960, con dato riportato dagli Ispettorati Provinciali dell’Agricoltura, che salivano a 774.100 contando anche i meticci (dato del 1962 del Ministero dell’Agricoltura e Foreste). Andrea Gaddini Dottore in Agraria Ringraziamenti L’autore ringrazia per la disponibilità e la competenza la Biblioteca Comunale “Aurelio Saffi” di Forlì, la Biblioteca Comunale Manfrediana di Faenza e la Biblioteca Storica Nazionale dell’Agricoltura di Roma. Bibliografia • AGOSTINETTI GIACOMO (1681), Cento e dieci ricordi che formano il buon fattor di villa, Giuseppe Longhi, Bologna.

110

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• •

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Eurocarni, 8/18


ne dell’Esposizione universale di Parigi del 1900”, n. 25). PIANI GIOVANNI (1931), La Colonisation rurale de Peuplement en Cyrénaïque, Congrès de la Colonisation Rurale, Alger 26-29 mai 1930, 4e Partie, Ancienne Imprimerie Victor Heintz, Alger. pag. 456-464. PIROCCHI ANTONIO (1908), Sul miglioramento dei bovini in Romagna, Conferenza tenuta al Congresso agrario nazionale di Faenza-Rimini, 29 agosto–5 settembre 1908, Tip. dell’Unione cooperativa, Roma. P UCCI C ARLO (1912), Atlante monografico delle principali razze bovine italiane, 1: Razza bovina Maremmana e razza bovina Romagnola, Istituto micrografico italiano, Firenze. RE FILIPPO (1806), Elementi d’agricoltura di Filippo Re cavaliere dell’ordine della Corona di Ferro, professore nella r. Università di Bologna […], volume primo [-terzo], Stamperia Vitarelli, Venezia. RÉPUBLIQUE FRANÇAISE, MINISTÈRE DU C OMMERCE , DE L ’I NDU STRIE DES POSTES ET DES TÉLÉGRAPHES (1901), Exposition Universelle de 1900 à Paris. Liste des Récompenses, Imprimerie Nationale, pag. 1331, 1355. RIDOLFI MATTEO (2010), The Genetic Lines of the Romagnola around the World, Taurus International, 2: 24-28. SBROZZI DINO (1899), La razza bovina Romagnola e l’opera compiuta in suo favore dal Comizio e Circolo agricolo di Rimini, Tip. Malatestiana, Rimini. SBROZZI DINO (1900), La razza bovina Romagnola dell’azienda Torre San Mauro (Fattoria Torlonia): Esposizione di Parigi, anno 1900, Tipografia Capelli successore Malvolti, Rimini. SBROZZI DINO (1924), La razza bovina Romagnola alla Fiera Internazionale di Milano, 12-27 aprile 1924, Tip. F. Lega, Faenza. SBROZZI DINO (1930), La razza bovina Romagnola alla Fiera di Milano del 1930, Società tipografica forlivese, Forlì. SBROZZI DINO (1948), La razza

Eurocarni, 8/18

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STATISTICHE

Serie storiche sul sistema agricoltura, zootecnia e pesca – Parte II

Il sito dell’Istat di Aurora De Santis

I

l sito dell’Istituto Nazionale di Statistica è sempre più ricco di informazioni e di dati. Ad esempio, digitando seriestoriche.istat.it oppure www.istat.it/it/prodotti/ banche-dati/serie-storiche è possibile accedere ad un archivio di serie storiche ricco di circa 1.500 serie scaricabili e rielaborabili, articolate

in 22 temi e 6 macroaree: 1. Popolazione e Società, 2. Istruzione e Lavoro, 3. Salute e Welfare, 4. Industria e Servizi, 5. Ambiente e Agricoltura, 6. Economia e Finanza locale. Cliccando sulla voce Agricoltura, Zootecnia e Pesca nell’area Ambiente

e Agricoltura si accede all’area dedicata appunto al sistema Agricoltura, Zootecnia e Pesca (Figura 1), a sua volta suddivisa in quattro aree: 1. Aziende agricole, 2. Coltivazioni agricole e forestali, 3. Fertilizzanti, 4. Zootecnia e Pesca. In particolare, il settore Zootecnia

Figura 1 – La pagina relativa al sistema Agricoltura, Zootecnia e Pesca. 112

Eurocarni, 8/18


Tavola 13.24 – Bestiame macellato per specie – Anni 1861-2015 (capi in migliaia, peso morto in migliaia di quintali) Bovini e bufalini

Ovini e caprini

Suini

Equini

Pollame

Conigli e selvaggina

Peso morto

Peso morto

Anni N. capi

Peso morto

N. capi

Peso morto

N. capi

Peso morto

N. capi

1861

924

1.243

6.405

482

3.194

2.686

19

25

404

100

1862

838

1.042

5.862

451

2.496

2.121

19

25

410

98

1863

775

940

5.397

423

2.216

1.901

18

25

414

96

1864

718

999

5.010

409

1.909

1.716

18

27

419

99

1865

663

957

4.684

399

1.691

1.607

18

28

424

100

1866

592

936

4.729

395

1.774

1.530

19

28

430

102

1867

596

933

4.752

397

1.816

1.496

19

30

437

109

1868

610

946

4.643

402

1.727

1.525

20

31

442

114

1869

619

977

4.659

414

1.730

1.581

21

31

450

118

1870

707

1.020

4.916

424

1.819

1.671

23

32

456

120

1871

744

1.087

5.144

446

2.056

1.816

25

35

461

121

1872

824

1.172

5.704

471

2.236

2.016

26

35

466

122

1873

890

1.280

6.063

487

2.359

2.110

27

38

470

120

e Pesca contiene le serie storiche del bestiame macellato, del latte raccolto e prodotto e, infine, della produzione della pesca marittima e lagunare. I dati del sistema: bestiame macellato per specie Di seguito le tabelle contenenti i dati relativi al bestiame. Si fa notare che fino al 2013 nelle macellazioni del bestiame a carni rosse era compresa una stima del sommerso, cioè della macellazione effettuata in mattatoi

Eurocarni, 8/18

non ufficiali. Infine si fa presente che, nonostante l’Indagine mensile sulla macellazione del bestiame a carni bianche sia attiva dal 2001, fino al 2010 i dati relativi alla macellazione di polli, conigli e selvaggina provengono da stime della Contabilità nazionale. Solo a partire dal 2011 la fonte dei dati sulla macellazione del bestiame a carni bianche è l’indagine censuaria che rileva mensilmente, presso i mattatoi autorizzati, il numero di capi macellati e

Peso morto

il relativo peso vivo e peso morto, per il bestiame avicunicolo. Pertanto i risultati ottenuti, a partire dal 2011, non sono più comprensive delle macellazioni domestiche, invece stimate dalla Contabilità nazionale. Aurora De Santis Bibliografia Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), www.istat.it Sistema Statistico Nazionale (SISTAN), www.sistan.it

113


Tavola 13.24 (segue) – Bestiame macellato per specie – Anni 1861-2015 (capi in migliaia, peso morto in migliaia di quintali) Bovini e bufalini

Ovini e caprini

Suini

Equini

Pollame

Conigli e selvaggina

Peso morto

Peso morto

Anni N. capi

Peso morto

N. capi

Peso morto

1874

976

1.410

6.219

506

1875

1.013

1.564

6.329

1876

1.015

1.532

1877

986

1878

Peso morto

N. capi

2.434

2.232

28

38

475

122

523

2.499

2.328

28

41

480

124

7.339

543

2.829

2.452

28

41

496

126

1.510

7.515

560

2.828

2.550

30

44

477

125

981

1.503

6.951

574

2.753

2.593

30

45

458

127

1879

999

1.509

7.014

586

2.799

2.636

30

45

440

129

1880

1.030

1.526

7.102

601

2.878

2.650

32

48

423

130

1881

992

1.558

7.432

613

3.064

2.724

32

48

435

133

1882

1.021

1.603

7.416

628

3.137

2.771

34

49

449

133

1883

1.069

1.663

7.362

639

3.140

2.820

34

49

462

131

1884

1.182

1.739

7.366

646

3.148

2.841

35

49

474

130

1885

1.260

1.828

7.343

657

3.125

2.890

36

53

466

129

1886

1.296

1.932

7.653

665

3.383

2.911

36

53

458

127

1887

1.344

2.052

7.465

675

3.336

2.962

39

53

450

126

1888

1.470

2.049

7.271

683

3.244

2.983

39

54

441

124

1889

1.476

2.049

7.004

658

3.351

2.944

38

54

434

123

1890

1.396

2.051

6.433

635

3.146

2.904

37

54

424

121

1891

1.364

2.062

6.491

609

3.003

2.863

37

52

419

121

1892

1.364

2.055

6.263

583

2.975

2.821

38

52

414

122

1893

1.348

2.035

6.075

581

2.930

2.841

38

53

409

119

1894

1.305

2.014

5.945

578

2.896

2.829

38

50

405

118

1895

1.318

1.991

5.863

576

2.875

2.848

39

50

400

117

1896

1.329

1.969

5.825

573

2.922

2.867

39

50

406

115

1897

1.334

1.947

5.865

571

2.976

2.855

39

48

412

113

1898

1.295

1.925

5.952

568

3.031

2.873

39

48

419

111

1899

1.309

1.935

6.079

553

3.121

2.764

40

51

426

108

1900

1.289

1.944

6.283

540

2.981

2.685

40

55

432

105

1901

1.327

1.949

6.499

524

3.190

2.635

42

55

434

98

1902

1.350

1.956

6.059

510

3.291

2.583

43

59

435

102

1903

1.389

1.961

6.370

493

3.345

2.562

43

62

436

100

1904

1.406

1.978

6.665

475

3.478

2.542

43

66

438

98

1905

1.450

1.992

6.464

461

3.476

2.556

44

66

440

96

1906

1.514

2.006

6.695

443

3.562

2.586

46

70

448

95

1907

1.525

2.024

6.897

459

3.657

2.614

48

70

454

94

1908

1.563

2.044

7.133

476

3.662

2.703

51

74

462

92

1909

1.575

2.069

7.401

491

3.631

2.794

53

75

469

90

1910

1.586

2.090

7.641

509

3.602

2.922

54

79

474

87

114

N. capi

Peso morto

Eurocarni, 8/18


Tavola 13.24 (segue) – Bestiame macellato per specie – Anni 1861-2015 (capi in migliaia, peso morto in migliaia di quintali) Bovini e bufalini

Ovini e caprini

Suini

Equini

Pollame

Conigli e selvaggina

Peso morto

Peso morto

Anni N. capi

Peso morto

N. capi

Peso morto

N. capi

Peso morto

N. capi

1911

1.585

2.116

7.866

527

3.645

3.031

57

81

480

85

1912

1.556

2.221

8.029

553

3.687

3.181

58

85

496

89

1913

1.557

2.335

8.166

582

3.750

3.345

59

90

504

97

1914

1.857

2.399

8.184

598

4.046

3.437

61

91

516

109

1915

1.745

2.365

8.303

589

3.924

3.388

61

92

528

120

1916

1.584

2.321

8.353

540

3.655

3.155

84

121

540

135

1917

1.569

2.161

8.391

503

3.636

2.937

82

123

552

152

1918

1.476

2.195

8.251

512

3.604

2.984

82

123

560

158

1919

1.612

2.448

8.240

570

3.905

3.327

85

128

548

153

1920

1.851

2.825

8.235

657

3.998

3.842

90

130

540

152

1921

1.857

2.493

7.511

543

3.639

3.211

73

95

532

161

1922

1.978

2.798

7.656

499

4.011

3.858

54

73

524

150

1923

1.951

2.717

7.777

581

3.219

2.819

62

88

536

160

1924

1.591

2.061

7.884

520

3.146

2.534

75

102

544

163

1925

1.679

2.395

7.980

571

3.798

3.632

88

115

556

170

1926

2.402

3.277

8.759

546

4.296

4.179

92

122

568

180

1927

2.517

3.878

8.681

574

4.088

3.849

94

130

576

190

1928

2.473

3.897

8.029

582

3.737

3.327

104

149

584

205

1929

2.435

3.400

7.449

532

4.010

3.519

118

174

592

225

1930

1.818

2.462

6.937

541

4.312

4.084

102

142

596

250

1931

2.138

3.030

6.898

491

4.694

4.425

93

127

600

278

1932

2.191

3.397

6.518

472

3.592

3.143

93

127

608

310

1933

2.179

3.251

6.211

465

3.615

3.352

93

131

616

350

1934

2.169

3.108

5.985

484

3.967

3.522

93

131

624

395

1935

2.169

3.394

5.830

487

4.317

4.086

94

129

640

450

1936

2.207

3.383

6.128

503

4.356

3.811

94

127

648

510

1937

1.900

2.779

6.117

480

3.682

3.347

93

123

656

525

1938

2.192

3.348

6.327

501

4.027

3.855

85

104

660

550

1939

2.457

3.575

6.988

548

4.645

4.091

84

104

658

600

1940

2.219

3.295

7.968

576

4.802

4.855

77

101

640

660

1941

2.181

3.166

6.736

587

4.134

4.097

115

147

600

720

1942

2.532

3.320

4.323

371

3.217

2.937

89

111

560

770

1943

1.915

2.500

3.078

275

1.988

1.753

51

67

480

800

1944

894

1.133

1.929

187

1.211

994

57

73

400

790

1945

1.113

1.543

2.956

328

2.634

2.225

108

133

336

750

1946

1.458

1.924

4.873

460

3.178

2.673

111

152

352

660

1947

1.233

1.689

4.290

387

2.135

1.834

95

134

448

570

Eurocarni, 8/18

Peso morto

115


Tavola 13.24 (segue) – Bestiame macellato per specie – Anni 1861-2015 (capi in migliaia, peso morto in migliaia di quintali) Bovini e bufalini

Ovini e caprini

Suini

Equini

Pollame

Conigli e selvaggina

Peso morto

Peso morto

Anni N. capi

Peso morto

N. capi

Peso morto

1948

1.677

2.280

5.396

469

1949

1.930

2.643

5.418

1950

2.068

2.916

1951

1.804

1952

Peso morto

N. capi

Peso morto

2.903

2.586

103

143

495

520

453

3.633

3.262

117

165

562

480

5.926

477

2.847

2.595

137

191

584

450

2.668

5.824

464

2.598

2.467

151

206

770

466

1.914

2.908

5.841

467

3.665

3.483

145

194

786

486

1953

2.416

3.500

5.795

452

3.445

3.269

148

194

827

477

1954

2.666

3.958

5.567

439

2.724

2.675

183

248

943

479

1955

2.590

3.911

5.153

428

2.860

2.859

191

254

987

477

1956

2.653

4.151

5.142

422

3.667

3.669

182

222

1.048

486

1957

2.550

4.060

4.732

401

3.614

3.631

157

203

1.293

471

1958

2.628

4.332

5.241

397

3.368

3.430

140

191

1.471

504

1959

2.915

4.803

5.257

403

3.518

3.622

137

180

1.675

529

1960

2.739

4.663

5.444

413

4.008

4.148

145

191

2.216

571

1961

3.568

6.214

5.496

418

3.869

3.946

183

247

2.607

543

1962

3.843

6.680

5.752

442

3.688

3.811

177

219

3.076

568

1963

3.098

5.244

5.473

420

3.463

3.654

132

158

3.594

632

1964

2.691

5.293

5.301

396

4.503

4.704

120

142

4.284

654

1965

2.761

5.771

5.213

379

4.609

4.745

114

139

5.120

701

1966

3.187

6.911

5.387

392

4.056

4.254

117

139

5.535

762

1967

3.143

7.150

5.675

424

4.270

4.508

105

127

5.371

792

1968

3.120

7.824

5.917

437

5.168

5.391

131

157

5.322

822

1969

3.566

8.310

5.741

427

5.167

5.281

106

146

5.789

870

1970

3.237

8.272

6.057

452

6.939

5.647

148

200

6.264

942

1971

2.743

7.667

5.946

443

6.454

6.115

155

241

6.530

1.018

1972

2.223

6.415

5.762

419

6.622

6.248

99

151

7.094

1.140

1973

2.264

7.509

5.610

424

6.840

6.594

93

135

7.958

1.214

1974

4.977

10.755

5.775

606

7.605

7.380

268

458

8.329

1.342

1975

4.518

9.654

5.935

647

8.170

7.867

301

519

8.502

1.392

1976

4.632

10.176

5.920

621

8.388

8.159

310

577

8.969

1.402

1977

4.783

10.519

5.825

648

9.169

9.041

309

574

9.161

1.479

1978

4.685

10.268

5.765

632

9.621

9.666

320

590

9.566

1.581

1979

4.988

11.056

7.633

680

10.041

10.334

313

574

9.799

1.731

1980

5.128

11.479

7.982

717

10.285

10.855

282

522

10.144

1.835

1981

4.912

11.108

7.692

687

10.535

11.058

261

481

10.091

1.890

1982

4.794

11.070

7.527

677

10.542

11.081

232

447

10.403

1.914

1983

4.938

11.490

7.618

674

10.952

11.659

239

480

10.435

1.944

1984

5.132

11.819

8.047

706

11.447

12.181

256

516

10.192

1.971

116

N. capi

Eurocarni, 8/18


Tavola 13.24 (segue) – Bestiame macellato per specie – Anni 1861-2015 (capi in migliaia, peso morto in migliaia di quintali) Bovini e bufalini

Ovini e caprini

Suini

Equini

Pollame

Conigli e selvaggina

Peso morto

Peso morto

Anni N. capi

Peso morto

N. capi

Peso morto

N. capi

Peso morto

N. capi

Peso morto

1985

5.191

12.048

8.119

700

11.229

11.869

272

554

9.963

2.004

1986

5.101

11.800

7.959

674

11.073

11.722

263

545

10.083

2.028

1987

4.977

11.745

8.196

704

11.444

12.306

257

542

10.521

2.059

1988

4.919

11.641

8.467

729

11.737

12.691

252

533

10.722

2.155

1989

4.874

11.459

9.126

791

11.972

12.953

258

542

10.740

2.064

1990

4.884

11.653

9.582

847

12.134

13.330

259

570

11.040

2.029

1991

4.955

11.816

9.629

848

12.189

13.328

259

581

10.890

2.163

1992

5.067

12.175

9.655

860

12.259

13.419

276

621

10.947

2.234

1993

4.863

11.877

8.901

808

12.241

13.713

276

603

10.890

2.252

1994

4.755

11.712

8.553

789

12.135

13.693

268

581

10.941

2.303

1995

4.732

11.809

8.473

765

11.992

13.456

260

559

10.939

2.331

1996

4.636

11.820

8.362

776

11.944

14.103

248

537

11.192

2.375

1997

4.611

11.611

8.105

758

12.164

13.958

240

530

11.392

2.399

1998

4.416

11.127

7.806

733

12.571

14.122

227

504

11.504

2.412

1999

4.496

11.648

7.814

734

12.992

14.717

227

504

11.328

2.455

2000

4.433

11.534

7.420

690

12.920

14.784

235

510

10.888

2.435

2001

4.259

11.330

7.170

661

13.153

15.096

281

631

11.352

2.499

2002

4.340

11.348

6.935

629

13.267

15.367

199

457

11.690

2.521

2003

4.216

11.282

6.719

616

13.576

15.887

188

441

11.005

2.483

2004

4.210

11.483

7.027

628

13.583

15.899

202

484

11.335

2.888

2005

4.106

11.081

6.849

616

13.010

15.147

138

333

10.995

3.018

2006

4.050

11.103

6.899

614

13.380

15.592

167

412

9.842

2.970

2007

3.979

11.226

6.883

613

13.596

16.033

100

252

11.770

3.099

2008

3.833

10.593

6.501

597

13.616

16.060

99

247

12.371

1.825

2009

3.838

10.550

6.423

590

13.594

16.280

84

216

12.471

1.695

2010

3.862

10.753

5.988

543

13.764

16.730

67

179

13.190

1.674

2011 (a)

3.616

10.110

5.513

493

13.097

16.019

62

165

12.116

387

2012

3.529

9.817

5.352

476

13.377

16.508

72

181

12.554

382

2013

3.065

8.540

3.169

355

13.099

16.524

53

152

12.255

362

2014 (b)

2.590

7.094

2.650

266

10.931

13.278

42

109

12.401

365

2015

2.712

7.883

2.924

354

11.304

14.914

35

100

12.923

347

(a) Fino al 2010 i dati relativi alla macellazione di polli, conigli e selvaggina provengono da stime della Contabilità nazionale; dal 2011 la fonte è l’Indagine mensile sulla macellazione del bestiame a carni bianche e non è più comprensiva delle macellazioni domestiche. (b) Fino al 2013 nelle macellazioni era compresa una stima del sommerso, cioè della macellazione effettuata in mattatoi non ufficiali. Fonte: Ministero di agricoltura, industria e commercio (fino al 1938); Contabilità nazionale (dal 1939 al 2011); ISTAT, Macellazione mensile del bestiame a carni rosse; Macellazione mensile del bestiame a carni bianche.

Eurocarni, 8/18

117






AUSTRALIAN Fed Beef

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BEEF

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EF

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Il manzo australiano di NH Foods Australia è distribuito in esclusiva da Black Angus Premium Farms S.r.l • Gruppo Quabas Via Mascherpa 12 • 29010 Castelvetro Piacentino (PC) • Italia • Tel. +39 0523 257100 • Fax +39 0523 257139 • info@quabas.it


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