Eurocarni 8-2019

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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXIV N. 8 • Agosto 2019

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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali

Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi

Comitato di redazione Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Gianni Mozzoni (Legacoop) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Prof. Fausto Cantarelli – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata – Prof. Sergio Ventura

Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Luigi Credi – Lorenzo Fiorentin

EURO ANNUARIO CARNE 2019

Fotografia Luigi Credi

Euro Annuario Carne La banca dati internazionale del mercato delle carni sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore lavorazione, commercio e distribuzione carni. Edizione 2019 Copia cartacea: € 95,00

Abbonamenti Fioretta Fiorentin Amministrazione Andrea Tomassone

Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2018. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2018.

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985

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Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910

Ufficio stampa e Media Partner

Stampa

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EUROCARNI La prima rivista veramente europea

In questo numero:

La carne nel mondo

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Agenda

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Immagini

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Naturalmente carnivoro

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Tendenze

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AttualitĂ

Antidoto alle fake news

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Slalom

Crescita e debito italiani. Politica monetaria in UE e USA

Cosimo Sorrentino

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La carne in rete

Social meat

Elena Benedetti

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A pagina 36.

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Aziende

Montana porta la sostenibilità negli spot

Interviste

34

Quando la Mangalica vive sul lago di Bolsena

Riccardo Lagorio

36

L’Italia e le carni protagonisti di Alimentaria 2020

Elena Benedetti

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Gestire l’antibioticoresistenza: l’opinione di Loris Alborali Comunicare la carne

44

Smontiamo le bufale più diffuse sul mondo della carne Carni di montagna

46 Giovanni Ballarini

50

Retail news

Omnichannel, il futuro è adesso

56

Macellerie d’Italia

Cooperativa Valcarne: un nuovo punto vendita per raccontare un territorio

58

Meat blogger

Vegan in macelleria? Parliamone

Speciale BBQ

Lo chef Alberto Canton ci svela i segreti per un barbecue a regola d’arte

66

Berkel barbecue lovers

68

La rivoluzione olandese del barbecue a carbonella

70

Il bue solidale

72

Andrea Laganga

64

Speciale Baviera

La Baviera nel piatto, a quota 2.200 metri

Elena Benedetti

Indagini

La valorizzazione commerciale delle produzioni di razze autoctone

Giovanni Belletti et al. 80

Analisi di settore

La filiera ovicaprina

88

Razze

Allevare la Cinta senese, nuove opportunità di lavoro

92

I segreti della Gallina Romagnola

Veronica Fumarola

76

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A pagina 62.

EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXIV N. 8 • Agosto 2019

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In copertina: barbecue in festa (photo © ricka_kinamoto – stock.adobe.com).

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Il coniglio di Ischia, l’anima contadina di un’isola

Riccardo Lagorio

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Il richiamo della malga

Gian Omar Bison

100

Cervello, cresta, pelle

Giorgia Fieni

102

La lingua, versatilità e gusto

Josette Baverez Blanco 106

Sono 180 grammi, lascio?

Butcher boy

Giovanni Papalato 108

Assemblee

Assemblea ASS.I.CA.: la filiera dei salumi e il made in Italy alimentare

110

Fiere

Cibus Tec 2019: più padiglioni, più buyer, più settori

112

Tecnologie

Quali sono i benefici della digitalizzazione per l’industria della carne?

118

Misura del pH con Testo facile ed efficiente

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Sicurezza alimentare

UE: la carne preimballata non può essere congelata in prossimità della scadenza

124

Statistiche

Il commercio con l’estero delle carni anno 2018

Week-end

La carne in tavola

Aurora De Santis

126

A pagina 66.

A pagina 40. A pagina 94.

www.eurocarni-online.com 8

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Il meglio della

C A R N E D I V I T EOLl a Ln d eO se La carne bianca di vitello è un alimento straordinario: ricca di proteine e amminoacidi, facilmente digeribile, povera di grassi e con un alto contenuto di ferro. Cosa volete di più? C’è di più!! La carne di vitello ha anche un gusto raffinato e duttilità nella cottura: questo la rende protagonista della storia gastronomica italiana. Non a caso il vitello è tra le carni più presenti nei Menu dei grandi Chef in Italia. Un perfetto Menu estivo? Una tartare di carne di vitello leggera e gustosa. Trovate la ricetta dello Chef Stefano De Gregorio insieme a tante altre su www.carnedivitello.it. Responsabilità sociale d’impresa per il VanDrie Group: essere responsabili del mondo che ci circonda. Noi del VanDrie Group conosciamo le nostre responsabilità e ce ne facciamo carico verso i dipendenti, il consumatore, gli animali, il nostro prodotto e l’ambiente. www.vandriegroup.com

La carne di vitello con una percentuale di grasso inferiore al 5% ha la seguente composizione media per 100 grammi: 104 kcal, 439 kJ, 22,1 g di proteine e 1,7 g di grassi. (fonte RIVM - NEVO).

“TARTARE MEDITERRANEA” interpretata da Chef Stefano De Gregorio

Ricetta

Giraudi International Trading S.A.M. Tel: +377 931 042 42 E-mail: giraudi@giraudi.com

Intraco S.r.l. di Niclas e Simona Herzum Tel: +39 010 374 277 8 E-mail: herzum@ekro.nl

Tel: +31 055 549 82 22 E-mail: info@esafoods.com


LA CARNE NEL MONDO Singapore Si aprono le porte di Singapore per la bresaola italiana: è infatti finalmente giunta a conclusione la lunga trattativa del Ministero della Salute italiano con la Singapore Food Agency (SFA) per l’esportazione di carni bovine e prodotti a base di carne bovina dall’Italia verso la città-stato dell’Estremo oriente. La bresaola si aggiunge così a prosciutto crudo, mortadella e prosciutto cotto che le aziende italiane esportano a Singapore già da molti anni e che sono molto apprezzati dai locali: si pensi solo che nel 2018 le nostre esportazioni di salumi hanno registrato una crescita del 6,7% in peso e del 3,9% in valore, raggiungendo quasi i 2 milioni di euro. «Singapore è una delle città più cosmopolite del mondo e rappresenta un importante hub per il mercato asiatico» ha affermato il presidente di ASS.I.CA. NICOLA LEVONI. «La decisione della SFA di autorizzare l’importazione di bresaola italiana è un ottimo risultato ma per noi è solo un punto di partenza: dobbiamo ora proseguire nelle trattative per ottenere l’apertura del mercato di Singapore a tutta la gamma dei salumi italiani, inclusi quelli a breve stagionatura come i salami, le coppe e le pancette». A pochi mesi dall’avvio delle esportazioni di bresaola italiana in Giappone, l’accordo raggiunto con le autorità di Singapore fa ben sperare sulla possibilità che le trattative che il Ministero della Salute sta conducendo con molti Paesi Terzi possano portare alla fine del lungo embargo a cui sono stati sottoposti i prodotti bovini dopo la crisi BSE(fonte: ASS.I.CA.-Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi; in basso, la statua del Merlion, simbolo di Singapore con testa di leone e corpo di pesce; photo © siraphol – stock.adobe.com).

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Italia-Russia INALCA (Gruppo Cremonini) e un consorzio di investitori guidato dal Fondo sovrano russo RDIF (Fondo di Investimento Diretto Russo) hanno annunciato un investimento congiunto di oltre 1 miliardo di rubli (pari a circa 14 milioni di euro) nella filiera bovina integrata che Inalca sta realizzando in Russia. Nel 2014 Inalca ha aperto uno stabilimento nella regione di Orenburg, gestito dalla controllata Orenbeef, per la macellazione e produzione di prodotti a base di carne bovina. L’accordo prevede l’ingresso di RDIF e dei suoi co-investitori nel capitale di Orenbeef. La società utilizzerà le risorse per accelerare lo sviluppo e l’integrazione verticale del business, con particolare riferimento alla costruzione di allevamenti bovini. VINCENZO CREMONINI, AD del gruppo Cremonini, ricorda che «Inalca è presente in Russia da oltre 30 anni e il suo modello di business si basa su un’integrazione completa di una filiera sostenibile, dall’agricoltura alla trasformazione e alla distribuzione di prodotti. Questo modello di business è anche strumentale per valorizzare il lavoro di migliaia di agricoltori in Russia. Siamo molto felici dell’investimento azionario di RDIF che accelererà questo processo, migliorando la filiera, la qualità e la sostenibilità dei prodotti». Cremonini in Russia attualmente ha un grande impianto per la produzione di carne e prodotti a base di carne a Mosca, uno stabilimento di macellazione e lavorazione di carni bovine a Orenburg e 7 piattaforme distributive a Mosca, San Pietroburgo, Ekaterinburg, Novosibirsk, Rostov sul Don e Samara al servizio della ristorazione per la distribuzione anche di eccellenze alimentari italiane. RDIF è il fondo sovrano russo creato nel 2011 per realizzare coinvestimenti azionari, principalmente in Russia, accanto a primari investitori finanziari e strategici internazionali con oltre 1.500 miliardi di rubli investiti. Il fondo ha stabilito partnership strategiche congiunte con i principali coinvestitori internazionali di oltre 15 paesi per un totale di oltre 40 miliardi di dollari (fonte: EFA News – European Food Agency; photo © Inalca).

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AGENDA

Polesine Parmense (PR) L’Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense (PR) non è solo una struttura che tiene alta la bandiera della tradizione culinaria italiana, ma è anche e soprattutto il simbolo e il presidio di un territorio che non può essere contenuto da quattro mura, per quanto prestigiose e ricche di storia. A confermare che l’interesse principale dei fratelli L UCIANO e M ASSIMO S PIGAROLI è valorizzare e celebrare quell’area pianeggiante dominata dal Grande Fiume, il castello del gusto propone fino al 31 ottobre un’esperienza gastrofluviale all’aria aperta, per ravvivare la tradizione del picnic declinandola all’emiliana. Nonostante il nome suggerisca il contrario, il Pig-Nic non è un’iniziativa dedicata soltanto agli amanti del maiale ma, al contrario, una full immersion in un racconto storico-naturalistico che si apre con la passeggiata alla scoperta dei suini di razze antiche (la Nera parmigiana, la Bordigiana, la Maculata, ecc…) e prosegue all’interno del percorso Po Forest, condita dalle prelibatezze di un cestino confezionato dagli esperti della soddisfazione culinaria di Antica Corte Pallavicina. Prenotando un Pig Table — tavolo attrezzato per un massimo 8/10 persone nel bosco fluviale del Po — è possibile godersi uno splendido picnic targato Spigaroli. Il costo del cestino è di 22 euro a persona (10 euro il box bimbi). Perfetto per una gita d’agosto (photo © Luca Rossi, Antica Corte Pallavicina).

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Londra (UK) Torna sabato 30 agosto e domenica 1 settembre, al Tobacco Dock di Londra, Meatopia, l’evento fondato da JOSH OZERSKY e portato in Gran Bretagna dallo chef RICHARD H. TURNER che celebra la carne. Tra cotture alla griglia, musica dal vivo, birre e divertimento (photo Š instagram. com/MeatopiaUk). meatopia.co.uk instagram.com/MeatopiaUk


IMMAGINI

Il punto vendita aperto dalla Cooperativa di allevatori Valcarne a Busche (BL) lo scorso agosto non è solo bellissimo. Si tratta i interior design e comunicazione, con l’obiettivo di far diventare il nuovo negozio un punto di connessione e dialogo fra allevat

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infatti di un “progetto pilota” pensato e realizzato dallo studio di architettura di Camisano Vicentino (VI) MaMa, che ha curato tore e consumatore in un ambiente sobrio ed elegante. A pagina 58 trovate l’approfondimento (photo © Tiziano Scaffai).

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NATURALMENTE CARNIVORO

Lui è Michele Cannistraro, meglio conosciuto come il “cannibale”, per la determinazione che lo contraddistingue in ambito professionale e personale e per la sua passione per la carne, soprattutto se cucinata alla griglia. Noto al grande pubblico per la sua partecipazione alla terza edizione di Masterchef Italia, e risultato vincitore di Masterchef All Stars Italia 2018/19 — tra i piatti vincenti presentati in finale da Michele c’era uno spettacolare tomahawk affumicato con salsa all’ossobuco —, oggi il “cannibale” gestisce un atelier dove organizza corsi di cucina e catering. Recentemente, inoltre, Michele è diventato testimonial di The Bastard, innovativo barbecue dal design olandese realizzato in ceramica di cordierite, e quindi molto resistente alle alte temperature, che permette a cuochi professionisti e semplici BBQ lovers di grigliare, arrostire, affumicare, cuocere al forno e a bassa temperatura. Trovate la presentazione di The Bastard a pagina 70: certamente, avere un “cannibale” come garanzia non è da tutti.

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PRESENTA IL SIGILLO ITALIANO I DISCIPLINARI DEL SISTEMA QUALITÀ NAZIONALE ZOOTECNIA (SQNZ) RICONOSCIUTI DAL MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE

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TENDENZE

Distributori automatici: l’Italia ha il primato europeo

L’Italia è il Paese europeo col maggior numero di distributori automatici installati: ce n’è uno ogni 73 abitanti contro una media UE di 1 ogni 190 e il parco macchine è cresciuto di oltre 12.000 macchine nel 2018 (+1,4%). L’ultimo studio di settore di CONFIDA, l’associazione italiana della distribuzione automatica, realizzato in collaborazione con ACCENTURE, certifica che lungo lo Stivale alla fine dello scorso anno si è raggiunto il numero di 822.175 vending machine presenti in uffici e luoghi pubblici. La Francia, che è al secondo posto, ne ha circa 600.000 e la Germania poco più di 550.000. I distributori si trovano soprattutto nelle aziende private: 34% nell’industria e 17% nel commercio. Quasi un 20% nel pubblico, con scuola e università che rappresentano l’11% del totale. C’è poi un 9% nella sanità (pubblica e privata) e solo un 3% nei luoghi di transito come le stazioni ferroviarie e della metropolitana (fonte: EFA News - European Food Agency). Nella foto il distributore automatico di bistecche e salsicce della newyorchese THE APPLESTONE MEAT Co.: un servizio disponibile H24 all’esterno delle macellerie di STONE RIDGE e ACCORD, New York. In Italia l’azienda di riferimento per la realizzazione di distributori automatici (anche) di prodotti a base di carne è DF Italia (photo © newsledge.com).

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Quando il burger si tinge di oro

HARD ROCK INTERNATIONAL ha annunciato il più ampio rinnovamento di menù nella storia del brand internazionale col debutto, lo scorso giugno, di oltre 20 nuovi piatti in diverse parti del mondo. Il nuovo menù punta i riflettori su una line up inedita incentrata sul pluripremiato Steak Burgers: in testa il primo 24-Karat Gold Leaf Steak Burger™ al mondo, in sostegno di Action Against Hunger. Questo burger, a base di Angus Beef certificato, è un vero e proprio “gioiello”: un hamburger di prima classe con una carne pregiata e di primissima qualità da 227 grammi ricoperto da una foglia d’oro da 24 carati commestibile, formaggio cheddar, lattuga, pomodoro fresco e cipolla rossa (photo © Hard Rock Café).

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Intervento realizzato con il cofinanziamento FEASR del Piano di Sviluppo rurale 2014-2020 della Regione Toscana sottomisura 3.2


ATTUALITÀ

Antidoto alle fake news

I

l corso di formazione per giornalisti “Consumatori tra scelte alimentari e fake news”, organizzato dall’Unione Nazionale Consumatori, si è svolto lo scorso maggio a Roma, presso l’Hub di LVenture Group e LUISS EnLabs. La mattinata formativa, riconosciuta dall’ordine dei giornalisti del Lazio, è stata realizzata con la collaborazione di ASSITOL (Associazione Italiana dell’Industria Olearia), ASSOLATTE (Associazione Italiana Lattiero-Casearia) ed UNAITALIA (Unione Nazionale Filiere Agroalimentari Carni e Uova): tre partner d’eccellenza di UNC che hanno reso possibile affrontare il problema delle fake news nel campo dell’alimentazione.

Più responsabili e consapevoli M ASSIMILIANO D ONA , presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, che ha aperto i lavori, ha portato esempi di pubblicità ingannevoli, notizie inventate, leggende metropolitane ed esagerazioni in campo alimentare: di chi è la responsabilità di tale e tanta disinformazione? La responsabilità è in parte anche di ciascuno di noi. Ogni persona/ consumatore dovrebbe infatti acquisire gli strumenti per non cadere in questi tranelli architettati per motivi di business. Concretamente, si tratta di imparare a confrontare le notizie, resistere all’emotività davanti alla pubblicità, non fermarsi ai titoli (il rischio è quello di incappare in click bait, ossia titoli esca), verificare

Olio d’oliva, latte e derivati, uova e carni bianche sono alimenti centrali nella dieta, attorno ai quali circolano dicerie, false credenze, bugie: per contrastarne la circolazione, niente è più efficace che dar voce alla verità scientifica! È stato questo l’obiettivo di un corso per giornalisti durante il quale medici e docenti universitari hanno sfatato alcuni dei fake più comuni in campo alimentare

Secondo il rapporto “Infosfera” sull’universo mediatico italiano, realizzato lo scorso anno dal gruppo di ricerca sui mezzi di comunicazione di massa dell’Università Suor Orsola Benincasa, l’82% degli Italiani non sarebbe in grado di riconoscere una notizia bufala sul web. Dati allarmanti, se aggiungiamo anche che per l’87,76% l’informazione che circola in rete è professionale, quindi è attendibile (photo © georgejmclittle – stock.adobe.com).

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È amato da tutti, grandi e piccini. È consigliato espressamente dagli specialisti. Eppure sul pollo continuano a circolare fake news e falsi miti, dagli ormoni agli antibiotici passando per i presunti allevamenti in gabbia (photo © svittlana – stock.adobe.com). le fonti delle informazioni, fare fact-checking, non credere alle foto, verificare la URL… In una parola, per difendersi dalle fake news occorre l’empowerment del consumatore! Quindi, responsabilizzazione (e consapevolezza) degli operatori dell’informazione — a cui il corso è stato indirizzato — ma non solo. «Ciascuno di noi — ha affermato Dona — e non solo gli addetti ai lavori, “crea influenza”, quindi non possiamo dimenticare l’imperativo di adottare noi stessi, ogni giorno, comportamenti più responsabili». Olio d’oliva FRANCESCO VISIOLI, docente di Nutrizione umana presso l’Università di Padova, ha parlato degli equivoci che dilagano sull’olio d’oliva, un prodotto che ha segnato l’evoluzione della civiltà mediterranea assumendo significato religiosi, storici e, ultimamente, nutrizionali, rispetto al quale c’è, paradossalmente, poca cultura: si sono diffuse parecchie no-

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tizie infondate sull’olio d’oliva, che vengono recepite acriticamente dai consumatori. Il principale equivoco è quello del prezzo: l’olio d’oliva è un succo di frutta, ottenuto esclusivamente tramite procedimenti meccanici, che risente dell’andamento delle stagioni e che richiede mano d’opera. La qualità deve essere valorizzata anche a livello del prezzo di vendita. Le continue promozioni della GDO sull’olio extravergine, ad esempio, non aiutano a creare valore per la categoria. Alcuni modi di dire rientrati ormai nell’uso comune hanno poco senso: “spremuto a freddo”, considerato che, per legge, la temperatura a cui l’olio viene ottenuto non può superare i 27 gradi; “prima spremitura” non si usa quasi più: gli oli di qualità sono ottenuti per centrifugazione della pasta. Un capitolo a parte riguarda le frodi. Molto spesso si sente dire che gli oli d’oliva sono tagliati con oli

di semi. Questo può avvenire, ma se guardiamo i prezzi di certi oli di semi e le analisi effettuate sul prodotto finito, è alquanto improbabile che si trovino sul mercato, anche se qualche volta frodi del genere si registrano, come nel recente caso di Cerignola. Anche la dicitura 100% italiano non apporta informazioni utili: ogni paese produce oli di alta e bassa qualità e si tratta di scegliere quello che il consumatore ritiene più adatto al suo consumo. Lo stesso ragionamento si applica alle miscele (blend): una miscela di oli d’oliva di qualità darà un prodotto finale di livello, mentre possiamo trovare oli monovarietali difettati. In breve: anche se il consumatore ritiene di essere informato, sull’olio d’oliva si sono diffuse e continuano a diffondersi informazioni sbagliate che penalizzano un prodotto dalle rilevanti caratteristiche nutrizionali e culinarie. È necessario fare acquisti consapevoli, informan-

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L’uomo beve latte animale da almeno 10.000 anni: questo lo rende un alimento naturalmente presente nella dieta umana, ricco di nutrienti facilmente assimilabili, e parte integrante dell’evoluzione dell’uomo. dosi sui prodotti che stiamo comprando ed imparando a degustarli prima di fare le nostre scelte. Maggiori informazioni sull’olio sono contenute nella Guida sull’olio extravergine di oliva realizzata da UNC con ASSITOL (disponibile on-line a questo indirizzo: www.consumatori. it/wp-content/uploads/2018/12/ Guida-Olio-EVO.pdf). Latte, quanta confusione ANDREA GHISELLI, dirigente di ricerca presso CREA-Nutrizione, ha fatto capire quanto il latte sia un alimento spesso vittima di fake news, come ad esempio: è innaturale bere latte da adulti, per giunta di un’altra specie; il latte contiene calcio ma porta via quello delle ossa; il latte fa aumentare il colesterolo; il latte fa venire il diabete… e via dicendo. In realtà queste falsità sono solo costruite ad arte da una certa parte di popolazione che per diversi motivi ha deciso di dichiarare guerra al latte. Non è per nulla innaturale infatti bere latte in età adulta. È vero che dopo lo svezza-

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mento si perde un poco la capacità di digerire il lattosio, ma dobbiamo anche tenere conto che il lattante consuma una quantità di latte pari al 10-15% del proprio peso, mentre la quota di latte che beve un adulto è pari allo 0,3-0,5% e anche se la capacità di digestione del lattosio è ridotta, la stragrande maggioranza delle persone è in grado di bere una tazza di latte senza sintomatologia. Ad ogni modo, ammesso che si abbia qualche sintomo ascrivibile alla mal digestione del lattosio, si può sempre ricorrere ai prodotti a ridotto contenuto di lattosio. Non è nemmeno vero che siamo l’unico animale adulto che consuma latte; è invece corretto dire che siamo l’unico animale adulto che ha imparato a mungere una vacca! È esperienza di chiunque abbia un animale domestico, sia esso un gatto o cane, che se gli si offre del latte viene gradito e consumato. Non è vera l’ipotesi, millantata da molti, che le proteine del latte acidifichino l’organismo e lo

costringano a ricorrere al calcio dell’osso per tamponare, anzi è vero il contrario, vale a dire che il latte è dotato di un certo, anche se debole, potere alcalinizzante. Non è vero che il latte determini aumento di colesterolo e di malattie cardiovascolari, anzi molti studi hanno documentato un impatto nullo o favorevole sulle malattie cardiovascolari. Il consumo di latte, oltre ad avere un impatto favorevole sulla crescita dell’osso e sulla densità ossea, determina un rischio inferiore di diabete e sindrome metabolica, ha un effetto favorevole sulla sazietà e sul mantenimento del peso a lungo termine e non ci sono evidenze convincenti di aumento di cancro, come molti spesso dicono. Anzi le evidenze convincenti mettono in relazione il consumo di latte con un effetto protettivo nei confronti del cancro del colon. Insomma, tante se ne dicono, forse troppe! Le linee guida di tutto il mondo spingono verso un consumo ragionevole di latte che è

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un alimento estremamente ricco di nutrienti, bilanciato nelle componenti, relativamente poco costoso e ampiamente disponibile. Non solo non ha nessun senso rinunciare al prezioso apporto di latte e prodotti lattiero caseari dunque, ma il loro consumo è raccomandato dalle varie autorità nazionali e sovranazionali e potrebbe risparmiare un numero considerevole di anni di vita persi prematuramente o vissuti con disabilità. In Italia il consumo di latte arriva a coprire a malapena un terzo delle raccomandazioni (per sapere di più sul latte, è utile consultare la Guida per sfatare false credenze su latte e derivati realizzata da UNC in collaborazione con ASSOLATTE disponibile on-line a questo indirizzo: www.consumatori. it/wp-content/uploads/2018/11/ Guida_sul_latte_Latte_e_derivati_occhio_alle_fake_news.pdf. Focus sulle carni bianche ANTONELLO PAPARELLA, docente di Microbiologia alimentare presso

l’Università di Teramo, ha affermato che il settore avicolo è frequentemente bersaglio di false accuse che si diffondono sulla rete e nei media tradizionali. In particolare, ci sono alcune fake news su uova e carni bianche che, malgrado le smentite, sono periodicamente rilanciate dalla rete e trovano terreno fertile nei social. Ad esempio, è falso che ci siano ormoni nelle carni di pollo perché gli ormoni non sono mai utilizzati nelle carni avicole, sono vietati in tutta Europa, Italia inclusa, e per di più non avrebbero utilità in quanto hanno efficacia solo sui mammiferi; è falso anche che ci siano antibiotici nelle carni di pollo, i quali potrebbero essere somministrati solo per scopi terapeutici, non per promuovere la crescita dell’animale e come dimostrato dagli ultimi dati del Piano Nazionale Residui. È vero invece che — e questi sono utili consigli pratici dell’esperto — quando tocchiamo carne

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di pollo e gusci di uova dobbiamo usare accorgimenti per prevenire la contaminazione crociata, come ad esempio conservare sia uova che pollo al riparo dal contatto con alimenti da consumare crudi, non lavare il pollo prima di cuocerlo, usare piatti e stoviglie separati per pollo cotto e crudo, lavare accuratamente le mani dopo averlo toccato crudo; inoltre, conservare le uova nel ripiano superiore del frigo e non nello sportello, sgusciarle in un luogo separato rispetto all’area di preparazione, allontanare subito i gusci e lavare accuratamente mani e superfici di lavoro. Oltre a seguire questi accorgimenti è fondamentale imparare a riconoscere le fake news cercando di attenersi soltanto a fonti attendibili e a professionisti seri, senza credere a tutto ciò che gira in rete e che spesso non ha alcuna valenza scientifica. (Fonti: UNAItalia, www.unaitalia.com; UNC-Unione Nazionale Consumatori, www.consumatori.it)


SLALOM

Crescita e debito italiani. Politica monetaria in UE e USA di Cosimo Sorrentino

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el giorno in cui è stato ufficializzato il rischio per l’Italia di essere sottoposta ad una procedura per debito eccessivo, la Commissione europea ha adottato un consistente pacchetto di documenti e raccomandazioni, con il quale vengono evidenziati gli aspetti più problematici dei conti pubblici e delle politiche economiche dei singoli Paesi dell’Unione Europea. Così, ad esempio, la Francia viene graziata per uno sforamento dei conti pubblici — un deficit di oltre il 3% del PIL —, giudicato “limitato e temporaneo”. La Spagna

incassa la promozione e si avvia ad uscire, dopo anni, dalla procedura per deficit eccessivo. La Germania riceve l’ennesimo richiamo perché deve ridurre un surplus di bilancio che resta superiore ai limiti di tolleranza fissati per gli equilibri macroeconomici e che pesa anche sulle spalle dei suoi partners. La Lettonia, l’Estonia, la Danimarca, la Bulgaria, la Svezia e Malta vengono invece invitate, con una raccomandazione, a lottare contro la pratica, ancora diffusa, del riciclaggio di denaro proveniente da svariate attività illecite.

La nostra Italia viene indicata come la peggiore imputata sul piano del rispetto delle regole del debito e con un deficit che viaggia poco sopra il 2,4%. Deficit che dovrebbe attestarsi al 2,1% nel 2019, scongiurando così la sempre minacciata procedura d’infrazione che certamente potrebbe far male al nostro Paese. Non è certo la prima volta che l’Italia si trova a subire questi confronti, ma il quadro si presenta oggi in modo del tutto particolare. In passato si è infatti sempre arrivati ad accettabili compromessi, sia con la

L’economia USA sta battendo tutte le previsioni. Secondo i dati del Dipartimento del Commercio USA nel primo trimestre del 2019 il PIL americano ha registrato un incremento del 3,1% e, per il secondo quarto dell’anno in corso, le attese degli analisti oscillano tra una crescita del 2% e una del 2,4%.

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ricerca, da parte italiana, di equilibri di lungo periodo (questioni pensionistiche), sia col privilegiare obiettivi di più breve periodo (vari bonus). Stavolta il nostro Governo, forse per tener fede agli accordi di programma, ha voluto una rottura col passato, non tenendo conto di certi obblighi europei, soprattutto sul piano degli equilibri di bilancio, con la convinzione di vedere aumentato il potere d’acquisto dei cittadini e raggiungere in questo modo una maggiore crescita. I risultati attuali, purtroppo, non sono stati lusinghieri, poiché l’Italia si è attestata agli ultimi posti tra i Paesi UE, ma solo pochi giorni fa si sono registrati favorevoli, se pur timidi segnali, sul piano dell’occupazione. È anche vero, però, che si è registrato un calo generalizzato dell’economia europea, che ha rallentato la corsa di tutti, compresa la Germania, ma è pur altrettanto vero che ci sono ulteriori distanze rispetto ai nostri partners. Ed ora l’Italia si dovrà misurare con la minaccia della procedura d’infrazione per debito eccessivo. Dopo vari contatti con la Commissione UE, il Governo italiano ha fornito ogni utile informazione con l’assicurazione della tenuta del bilancio, portando il deficit entro limiti di sicurezza. Per il raggiungimento di dette finalità sono state fornite puntuali cifre e raffronti, molte delle quali, però, per loro natura, appaiono come una tantum e non propriamente strutturali. In questo contesto l’Europa non si fida e vuole proposte formali che non impegnino soltanto il ministro dell’economia, ma che abbiano il sigillo dell’intero Governo e del Parlamento, e cioè che il deficit 2019 non supererà il 2,1%. A nostro avviso gli elementi forniti dal Governo italiano sembrano adeguati a contenere le pretese europee spesso troppo formalistiche e, per di più, forse per i cattivi comportamenti del passato, non portatrici di fiducia. Elementi che quindi potrebbero consentire il superamento di una procedura che, peraltro, finora non è stata mai attuata nei confronti di nessun altro Paese, anche in situazioni peggiori di quelle nostre attuali. Intanto, la Banca Centrale Europea si mostra preoccupata per l’andamento dell’economia e cerca di contrastare i rischi di peggioramento spostando in avanti di almeno sei mesi l’indicazione di politica monetaria, stimando che i paesi resteranno ai livelli attuali almeno fino “a tutta la metà del 2020” e adombrando, neanche troppo sottovoce, la possibilità di introdurre nuovamente il Quantitative Easing per dare spinta forte e decisiva all’economia dell’area euro, ingolfata nella rete di un difficile ritorno alla normalità. Anche la Banca d’Italia ha corretto al ribasso le stime sul PIL fino al 2021 e si riserva un ulteriore taglio tenendo conto della revisione al ribasso dell’ISTAT per il primo trimestre di quest’anno, un anemico +0,3%, a causa della maggior debolezza della domanda estera. Segnala, poi, “il forte indebolimento dello scenario globale”,

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ma anche un lento e graduale miglioramento nel corso del prossimo biennio. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, e i riflessi, enormi, sull’intera Europa che ne conseguono, essi si preparano a celebrare il decimo anno continuo di ripresa dopo il 2008 e il periodo di depressione che lo aveva seguito. Il PIL USA continua infatti a crescere e, secondo il FMI, aumenterà ulteriormente con un +2,6%. La disoccupazione è attualmente al punto più basso degli ultimi 60 anni, anche se la crescita non è ugualmente distribuita tra i cittadini. Forse, con una vena di pregiudizio, il FMI sostiene che l’indebitamento pubblico al 105% del prodotto lordo continuerà ad aggravarsi in tempi di minore crescita economica, prevista per il prossimo anno, quando gli effetti della riforma fiscale esauriranno il loro potenziale stimolo. Nel frattempo, non si avrà nessun cambio dei tassi di interesse per il dollaro (forchetta tra 2,25 e 2,50), anche se la FED apre uno spiraglio a futuri interventi nell’anno in corso. Ma, mai come oggi, le sorti monetarie sono state legate alla politica presidenziale. È stata la riforma fiscale a consolidare i profitti aziendali, ad alimentare la Borsa negli ultimi due anni e, di conseguenza, a spingere la FED ai rincari progressivi dei tassi. In tempi più recenti, però, la guerra dei dazi che sta affliggendo l’economia USA ha suggerito alla FED il ritorno alla strategia degli incentivi. Non è che tale politica, come viene suggerito da molti osservatori, voglia copiare l’azione delle BC? Non è vero… ma ci credo. Cosimo Sorrentino

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LA CARNE IN RETE

Social di Elena

1. Coalvi è anche blog Sicuramente conoscete COALVI, Consorzio di Tutela della razza Piemontese. Forse non sapete che, oltre al sito e ai vari social, Coalvi è anche un blog al link www.coalvi.it/ blog. Attraverso questo canale il consorzio promuove le macellerie associate e i suoi servizi (come il Cashpay), gli eventi a cui partecipa e i progetti in tema di benessere animale e promozione delle sue carni piemontesi (photo © facebook.com/CoalviConsorzioRazzaPiemontese).

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2. Il vitello in cucina Vuoi realizzare un piatto a base di carne di vitello? Quanto tempo hai? Mezz’ora? Un’ora? Sei molto o poco pratico? Vai sul sito www.carnedivitello.it, seleziona i parametri e accedi a tantissime ricette. Realizzato da Veal Promotion Foundation in quattro lingue, tra cui l’italiano, questo portale è un ottimo strumento per valorizzare la carne di vitello in cucina. Una delle nostre ricette preferite è il burger di vitello “Jan”, il concept del GRUPPO VANDRIE che prende il nome dal fondatore JAN VAN DRIE (www.janfood.com).

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meat Benedetti

4. Wagyu Mafia 3. The Ethical Butcher La chiamano la Craft Meat Revolution, ovvero la rivoluzione che pone al centro le carni artigianali e ha come parte centrale del business un e-commerce in via di realizzazione, attraverso il quale si potranno acquistare on-line tagli di carni provenienti da allevamenti selezionati in UK. www.ethicalbutcher.co.uk è un progetto voluto da un team di chef, butchers e allevatori capeggiato da FARSHAD KAZEMIAN e da GLEN BURROWS che persegue l’idea di carni etiche, con l’animale e il suo ciclo di vita messi al centro di un progetto di benessere animale e sostenibilità ambientale (photo © instagram.com/ethicalbutcher).

Il brand Wagyu Mafia (www.wagyumafia.com) fa capo allo chef HISATO HAMADA e all’imprenditore TAKAFUMI HORIE. Sviluppato originariamente con un business per eventi pop-up intorno al tema del Wagyu, nel 2016 The WagyuMafia Progressive Kaiseki è diventato anche un ristorante a Tokyo. Noi li seguiamo su Instagram (instagram.com/wagyumafia), in quanto fonte di ispirazione nell’interpretazione mai scontata del Wagyu. Un esempio? In questa foto ecco 30 kg di spalla di Ozaki Beef lavorata e destinata alla preparazione di Wagyu jiro ramen con l’inconfondibile salsa BBQ Char siu tipica della cucina cantonese (photo © instagram.com/wagyumafia).

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Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy È on-line la quinta edizione dell’Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy, lo studio che ogni sei mesi analizza più di 100 informazioni presenti sulle etichette dei 100.000 prodotti di largo consumo digitalizzati dal servizio Immagino di GS1 Italy, incrociandole con le rilevazioni NIELSEN su venduto, consumo e fruizione dei media. Il risultato è una fotografia dettagliata delle abitudini di consumo degli Italiani, capace, allo stesso tempo, di individuare le macrotendenze e la loro evoluzione. Come la frenata di “free from” e italianità che, pur restando i fenomeni più rilevanti (6,8 miliardi di giro d’affari ciascuno), mostrano le prime criticità dopo anni di boom. Un indizio di come nel 2018 la voglia di gratificazione sia tornata a spingere gli acquisti più edonistici, confermando che è nel mix tra gusto e benessere che va cercata la “cifra” del carrello della spesa medio degli Italiani. In questa nuova edizione, l’Osservatorio Immagino approfondisce l’evoluzione di 10 macrofenomeni, a cui si aggiungono approfondimenti speciali dedicati a nuove tendenze di consumo: il boom del food to go (anche in GDO), la comparsa del tema della filiera sulle etichette dei prodotti, la valorizzazione sulle confezioni dei metodi di lavorazione e dell’innovazione di prodotto, ricetta o formato. •

La 5a edizione dell’Osservatorio Immagino è scaricabile gratuitamente dal sito osservatorioimmagino.it

Nuovo sito web per Carni Sostenibili: maggiore interazione con gli utenti e più fact checking PRISMI, azienda specializzata nel digital marketing, quotata al segmento AIM di Borsa italiana, ha realizzato il nuovo sito di Carni Sostenibili, associazione no profit di Roma promossa dalle associazioni di categoria ASS.I.CA., Assocarni e UNAItalia, nata per promuovere il consumo e la produzione sostenibile di carne in Italia: www.carnisostenibili.it. Un design rinnovato, a cura della divisione di PRISMI Creare Valore, con una nuova palette di colori ma, soprattutto, una nuova architettura delle informazioni. L’esperienza di navigazione è infatti stata resa più semplice e immediata grazie anche alla categorizzazione delle notizie, organizzata con label colorati. Fra le categorie fanno il loro ingresso il Fact checking, sezione dedicata alla verifica delle informazioni, e I nostri autori, spazio dedicato a presentare i contributor del sito. Inoltre, per aumentare la partecipazione dell’utente sul nuovo sito, sono state introdotte diverse modalità di interazione diretta. Con la funzionalità Sondaggi su un determinato tema il lettore potrà esprimere la sua preferenza, rispondendo a domande, valutando o indirizzando l’attività redazionale. Sotto ogni articolo è stata inserita la funzionalità del Click to Tweet che permette di condividere in maniera istantanea, anche con un commento, la news sui canali social. Un sito responsive, navigabile da mobile anche grazie al nuovo tool di ottimizzazione delle immagini che garantisce rapidità di caricamento e leggerezza di ogni pagina. Per potenziare ulteriormente velocità e performance, il server è stato migrato su un’infrastruttura Cloud basata su OpenStack e, sul fronte sicurezza, è stata implementata la CDN CloudFlare per migliorare la deliverability e mitigare eventuali attacchi DDoS-Denial of Service (fonte: EFA News-European Food Agency). >> Link: www.carnisostenibili.it

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L’Hamburger GUSTAmi® è una ricetta semplice che utilizza solo carne di SCOTTONA proveniente da ALLEVAMENTI ITALIANI. Gli animali vengono allevati in modo sano, naturale e nel rispetto del BENESSERE ANIMALE certificato CReNBA. L’Hamburger GUSTAmi® è GLUTEN FREE, SENZA CONSERVANTI e SENZA L’AGGIUNTA DI SOSTANZE ARTIFICIALI.

www.gustami.eu GUSTAmi® è un marchio di LANZA S.r.l. Viale Europa, 9 - 37024 Negrar (VR) - Italy - Tel. +39 045 750 00 46 - info@lanzasrl.com


AZIENDE

Montana porta la sostenibilità negli spot La nuova campagna comunica con leggerezza i plus della carne in scatola. On-line anche il rinnovato sito www.montanafood.it

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ontana, storico brand di carne in gelatina di INALCA (Gruppo Cremonini), torna con un nuovo spot televisivo e un nuovo sito web pensati per valorizzare i plus di un prodotto tradizionale che ha saputo rinnovarsi cogliendo al meglio le moderne tendenze del consumatore. Lo spot racconta in un modo completamente nuovo e originale gli aspetti distintivi della carne Montana: oltre all’italianità (100% carne da allevamenti italiani) alla filiera corta e controllata e alla gelatina fatta con il suo brodo naturale di carne, Montana è oggi l’unica sul mercato con dichiarazione ambientale di prodotto (EPD) in etichetta. La dichiarazione calcola gli impatti ambientali dell’intera filiera produttiva, dall’allevamento al recupero e riciclo delle confezioni, con un percorso certificato da cui

emerge l’impegno di Montana nel rispetto dell’ambiente, in linea con le richieste di un consumatore sempre più consapevole e responsabile. Ideato dall’agenzia Visionworks e prodotto dalla casa di produzione Al-One, con la regia di Daniele Persica, lo spot ci catapulta dentro lo scaffale di un supermercato, dove delle simpatiche scatoline interagiscono con un giovane e scrupoloso “responsabile della qualità”, in un divertente dialogo tra il mondo reale e il mondo fantastico dei cartoon realizzati in animazione 3D. Montana sposa così un nuovo filone di comunicazione dando vita ai suoi prodotti, che diventano i diretti testimonial dell’azienda e dei suoi valori. Lo spot è visibile, per tutto il periodo estivo, sulle principali emittenti nazionali nei formati 30'' e 15'', su www.montanafood.it e sui

principali social Montana (Facebook, Youtube). Leadership consolidate CREMONINI è la prima società privata in Europa nella produzione di carni bovine e prodotti trasformati a base di carne (Inalca, Montana, Manzotin e Ibis) ed è il numero uno in Italia nella commercializzazione e distribuzione al foodservice di prodotti alimentari (MARR). Detiene la leadership in Italia nei buffet delle stazioni ferroviarie e vanta una presenza rilevante nei principali scali aeroportuali italiani e nella ristorazione autostradale (Chef Express). In Europa è uno dei maggiori operatori nel settore della ristorazione a bordo treno. Nella ristorazione commerciale è presente in Italia con i ristoranti a marchio Roadhouse.

Nel nuovo spot, le scatoline Montana si presentano al pubblico sotto una veste nuova, come dei simpatici personaggi cartoon in grado di coinvolgere e divertire il pubblico di tutte le età.

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Scopri il Sapore... ...Scopri la Genuinità!

COPPIELLO GIOVANNI Tel. 049 725 596 Fax 049 893 0525 www.coppiello.it - info@coppiello.it

Fidatevi del Vostro Gusto e scoprirete la differenza. La bresaola e gli sfilacci di carne di cavallo di Giovanni Coppiello sono tutto il meglio e il buono che potete far provare ai vostri sensi. Scoprirete così un piatto unico dai pregi infiniti: ottimo antipasto, intingolo per condire paste bucate, oppure prelibato secondo. Nella foto una delle nostre Ricette Consigliate : Sfilaccetti di Cavallo con Julienne di Verdure. Esecuzione: bollire per qualche minuto le verdure tagliate julienne, guarnire il piatto e condire con un emulsione di olio d oliva e sale di sedano. Ingredienti per 4 persone 200 gr. di Sfilaccetti, 2 Carote, 6 Cucchiai di Olio d Oliva, 2 Zucchine, 200 gr. Cappuccio Bianco,

Studio Canaletto Associato . studiocanaletto.com

20 gr. di Sale al Sedano.

Bresaola di Equino

Salame di Equino

Julienne Di Bresaola di Equino

Sfilacci di Tacchino

Sfilacci di Manzo

Sfilacci di Equino


Quando la Mangalica vive sul lago di Bolsena Fondata da Mocca e Fritz Metzeler, innamoratisi di questi luoghi, Villa Caviciana è una splendida tenuta in cui si producono vini e oli, miele e specialità norcine da suini di razza Mangalica di Riccardo Lagorio

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n’area complessiva di 250 ettari che si snocciolano tra i comuni di Gradoli e Grotte di Castro, nell’alto Viterbese. Boschi, vigneti e uliveti, allevamenti di maiali e pecore. Una sorta di enclave autosufficiente, come un monastero medievale, che sforna golosità e che

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la FAMIGLIA METZELER ha realizzato nel corso di due decenni. Prodotti che ora girano per il mondo sotto l’insegna di Villa Caviciana. Al pari di quei viaggiatori incantati dal Grand Tour lungo la penisola, “quando per la prima volta abbiamo visto il lago di Bolsena,

abbiamo sentito un’irresistibile attrazione per questo paesaggio grandioso” hanno lasciato scritto nelle loro memorie i Metzeler. Difficile non essere travolti dai panorami che si godono da Macchia del Prete, dove ora sorge la cantina e il salone di ricevimento, e da Poggio

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A sinistra: vista della tenuta sul lago di Bolsena, posizione privilegiata che consente a Villa Caviciana di godere di un clima favorevole per la coltivazione della vite e degli ulivi. L’azienda gestisce attualmente un totale di 20 ettari di vigneti, 34 ettari di oliveti (con circa 6.000 alberi) e 86 ettari di bosco e pascoli. In alto: i maialetti di razza Mangalica. I piccoli stanno con le madri per almeno 20 giorni, dopodiché la fattrice torna con la sua famiglia (photo © Wirtschaftsforum). In basso: tagliere di salumi prodotti nella tenuta con le carni dei propri animali allevati internamente. Scota, luogo di vacanze esclusive nel casale ristrutturato. Qui dove tutto riporta all’eredità etrusca, fu scoperta in una grotta l’immagine Eurocarni, 8/19

di una sfinge che simboleggia l’immortalità ed è oggi logo aziendale. Tuttavia, il progetto germanico non si è fermato alla realizzazione 37


La Zackel, antica razza ovina ungherese, nota anche come Racka (photo © Tuscia fotografia). di un’azienda agricola che potrebbe essere autosufficiente, ma l’ha resa unica utilizzando specie animali e varietà vegetali forestiere che su questa terra vulcanica si declinano in maniera del tutto esclusiva. A partire dalla presenza più significativa su suolo italico di maiali di razza Mangalica. OMBRETTA CEPPARI, che de facto gestisce le fattorie assieme a FABRIZIO DE NICOLA, spiega che si tratta di «una delle più antiche razze suine europee che si sono mantenute pure. Le setole ricce ne hanno determinato il nome e proteggono la razza robusta dal caldo e dal freddo. Nella tenuta i nostri maiali lanosi vivono all’aperto tutto l’anno in grandi recinti». Si allevano circa 600 suini all’anno grazie a 50 fattrici. Un verro convive con 5 femmine e, 15 giorni prima del parto, la scrofa viene spostata in apposite “sale parto”, isolate dal resto del gruppo. I maialetti stanno con le madri per almeno 20 giorni, dopodiché la fattrice torna con la sua famiglia. «Un aspetto interessante che ci ha sorpreso è che le scrofe si aiutano

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Il salame misto di pecora e suino di Villa Caviciana. Privo di conservanti, ha un gusto intenso, adatto a chi ricerca sapori forti e insoliti (photo © instagram.com/robelibe). a vicenda se non hanno il latte per i cuccioli». A 90 giorni di vita, dopo la castrazione, gli animali sono pronti per vivere nei boschi. In parte autoalimentandosi, in parte aiutati dagli

operatori dell’azienda con orzo, granoturco e favino. Il vello di questi animali può essere biancastro, rossiccio o nero con il muso beige. I suinetti nascono con pelo striato beige e nero. An-

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cora, la Ceppari ricorda che non si tratta di suini «da ingrasso: hanno semmai una crescita lenta e sana, poiché vivono sempre all’aperto. Ciò si riflette sul fatto che siano molto resistenti allo stress e meno soggetti a malattie. Tutto questo va a beneficio della qualità della carne, leggermente più scura rispetto alle razze note, assai tenera, succosa e poco fibrosa. Lavorando con la razza Mangalica ciò che non manca è il lardo. Inoltre, la carne appare assai marezzata e caratterizzata da uno spesso e brillante strato di grasso bianco». Con queste premesse e caratteristiche, risulta essere la ristorazione di alto livello a consumare la maggior parte della carne. All’interno di Villa Caviciana si producono anche salumi. Sul po-

dio il prosciutto, stagionato 16 mesi, dalla carne color carminio. Ampio lo strato avorio del grasso esterno e ben venato all’interno della massa muscolare. Si distingue per il sapore di carne matura, dolce, con lungo retrogusto di frutta secca. «I pezzi più grandi maturano anche 5 anni» racconta Ombretta. Piacevoli anche la testa in cassetta e il lardo, rosato, dallo spiccato profumo di mandorla, che si accompagna felicemente a Filippo, il vino bianco IGT Lazio di uve Chardonnay e Sauvignon blanc. «Dall’Ungheria i signori Metzeler hanno portato anche le pecore di razza Zackel, conosciuta come Racka, dalle lunghe corna a cavatappi. 150 esemplari crescono nei pascoli recintati, in un ambiente del tutto naturale. La razza è robusta e

resistente. Nella tenuta lavoriamo soprattutto la carne, poco fibrosa e ricoperta da poco grasso». Il salame misto di pecora e suino, come tutti gli altri salumi di Villa Caviciana, è privo di conservanti. Ha una marcia in più. Dal diametro ridotto, lunghezza variabile tra 12 e 15 cm, è fragrante di carne ben stagionata. Il gusto intenso del suino e dell’ovino si sostengono a vicenda, la speziatura è corretta. Lo potranno apprezzare coloro che cercano gusti forti, insoliti, pregiati. Riccardo Lagorio Società Agricola Villa Caviciana Località Tojena Caviciana 01025 Grotte di Castro (VT) Telefono: 0763 798212 Web: villacaviciana.it

AOP Italia Zootecnica aumenta la base associativa con l’OP Consorzio Carni Sicilia Lo scorso 25 giugno, alla presenza del notaio, dott.ssa MARILENA BRUCATO, il Consorzio Carni di Sicilia ha approvato il nuovo statuto e dato vita alla prima Organizzazione Produttori di bovini da carne della Sicilia. Un avvenimento molto importante, per iniziare un cammino di costruzione progettuale a favore del settore zootecnico. Il Consorzio opera da molti anni nella filiera della carne bovina ed ha raggiunto importanti obiettivi in termini di aggregazione di produttori, certificazione, tracciabilità e promozione della carne bovina siciliana. Ad oggi conta circa 200 allevatori e la presenza in 40 punti vendita con il prodotto a marchio “Carni di Sicilia”. Una realtà importante e rappresentativa del settore carni bovine, quindi, in continua espansione. «Siamo convinti che l’aggregazione dei produttori sia la carta vincente per poter competere nel mercato di oggi» ha detto il presidente della nuova OP MARCO MOCCIARO. «La trasformazione del Consorzio in OP è stato un passo importante e obbligato per crescere ed ora attendiamo il riconoscimento ufficiale da parte della Regione Sicilia, sulla base dell’art. 152 del Regolamento (UE) n. 1308/13 che ci permetterà di avere voce in capitolo verso le istituzioni regionali, nazionali ed europee». Questi gli obbiettivi della neonata Organizzazione Produttori di bovini da carne della Sicilia: • concentrare e incrementare sempre più la produzione di vitelloni da carne per poter meglio servire il mercato che oggi richiede quantità, qualità, servizio. In Sicilia si produce appena il 18% della carne bovina che si consuma, per cui è chiaro che ci sono grandi opportunità per gli allevatori e, a tal proposito, una delle prime azioni dell’OP sarà di promuovere un progetto per la zootecnia bovina da carne in Sicilia; • continuare e migliorare il percorso di tracciabilità, certificazione e promozione della carne siciliana, utilizzando anche le opportunità che i bandi del PSR regionale offrono alle OP; • fornire e promuovere l’assistenza tecnica alle aziende associate; • stipulare convenzioni vantaggiose per i soci; • consolidare il percorso intrapreso a livello nazionale con l’adesione all’AOP Italia Zootecnica e al Consorzio Sigillo Italiano, il cui principale obiettivo è quello di diffondere il Sistema di Qualità Nazionale Zootecnia e di aggregare i produttori di carne in Italia. «Siamo convinti — continua Mocciaro — che l’aggregazione ci debba essere sì a livello regionale ma anche a livello nazionale e la Sicilia non può rimanere fuori da tali progettualità. In conclusione questa è un’opportunità per piccoli e grandi allevatori di sostenere un ruolo attivo nel mercato e nelle politiche del settore. Facciamo un appello ai produttori di carne che vogliono entrare a far parte dell’OP affinché ci contattino per un confronto e per valutare la loro possibile adesione all’OP perché “l’unione fa la forza”» (fonte: AOP Italia Zootecnica e Consorzio Sigillo Italiano).

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INTERVISTE

L’Italia e le carni protagonisti di Alimentaria 2020 Alimentaria 2020 punta a confermare l’elevato numero di visitatori ed espositori dell’ultima edizione, mettendo il Belpaese, le proteine animali e i nuovi di prodotto e di consumo al centro della manifestazione fieristica di Elena Benedetti

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ppuntiamoci qualche numero nell’agenda del prossimo anno: da lunedì 20 a giovedì 23 aprile 2020 a Barcellona, con la presenza di 4.500 espositori su di un’area di 100.000 m2. Questo e molto altro sarà Alimentaria, l’evento biennale che torna ad occupare la Gran Via del quartiere fieristico della capitale catalana. Abbiamo incontrato il suo CEO, J. ANTONIO VALLS, nel corso di una trasferta lampo a Milano per la presentazione della fiera ai media specializzati. Gli scambi commerciali tra Italia e Spagna sono sempre stati numerosi, vuoi per la prossimità geografica, vuoi anche per quella cultura enogastronomica che ci accomuna favorendo investimenti e business. Stando ai dati della Federación Española de Industrias de Alimentación y Bebidas (FIAB), l’Italia è il secondo partner commerciale per l’industria alimentare spagnola.

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Nel corso del 2018, il 12% delle esportazioni spagnole ha avuto come destinazione proprio l’Italia, raggiungendo un valore di 3,6 milioni di euro. I prodotti spagnoli più richiesti sono stati l’olio d’oliva, il pesce, crostacei e molluschi lavorati e le carni lavorate e conservate, per un valore, rispettivamente, di 895, 631 e 505 milioni di euro. Secondo i dati del Ministerio de Industria, Comercio y Turismo de España, l’Italia è oggi il quarto maggior importatore di prodotti alimentari e bevande in valore, con un volume di 1,5 milioni di euro nel 2017 (+5,1% rispetto all’anno precedente), che rappresenta il 4,3% del valore totale delle importazioni in Spagna. Se non ricordo male, nella scorsa edizione l’Italia è stato il paese più presente ad Alimentaria 2018. «Confermo! La Camera di Commercio e Industria Italiana per la

Spagna e l’Istituto nazionale per il Commercio Estero (ICE), insieme a più di 120 aziende italiane, ebbero il compito di presentare un bel campionamento di patrimonio agroalimentare all’interno della cornice di Alimentaria 2018. L’insieme delle aziende italiane occupò uno spazio espositivo di oltre 1.800 m2, cresciuto costantemente nelle ultime tre edizioni. Queste cifre hanno fatto sì che l’Italia fosse il Paese con la più grande area espositiva e col maggior numero di istituzioni e aziende partecipanti. L’Italia è inoltre al primo posto nella classifica dei Paesi con il maggior numero di visitatori, seguita da Francia e Portogallo. La fiera è stata visitata da importanti brand di distributori italiani come UNIONTRADE, PENNY MARKET, ICP, CEDI GROSS, DISTAL, GRUPO BALLETTA e CONTECO F OOD , nonché da importatori gourmet con un fatturato di oltre 2

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milioni di euro. Inoltre, attraverso il programma Hosted Buyers, Alimentaria ha invitato a partecipare alla fiera alcune delle principali catene di supermercati italiani, come COOP CENTRO ITALIA, IPER MONTEBELLO e MAGAZZINI GABRIELLI, oltre a grandi aziende del settore della distribuzione come MGM, BUZZI, MARR e OPTIMUM BUYING». Quali saranno le novità per l’edizione 2020? «Alimentaria 2020 includerà il salone Alimentaria Trends, che si estenderà su una superficie di oltre 4.500 m2, all’interno della quale saranno presentate le nuove tendenze nella produzione e nel consumo di alimenti, come i prodotti di gastronomia (Fine Foods), alimenti biologici (Organic Foods), alimenti senza allergeni (Free From), alimenti halal (Halal Foods) e gli alimenti funzionali (Functional Foods). Questa fiera andrà ad aggiungersi a quelle già esistenti nei settori strategici dell’agroalimentare, come l’industria della carne (Intercarn), l’industria lattiero-casearia (Interlact), conserviera (Expoconser), dei dolci (Snacks, Biscuits & Confectionery); della Dieta Mediterranea e dei prodotti freschi, oli di oliva e oli vegetali (Mediterranean Foods), e, non ultimo, del food service (Restaurama). Per quanto riguarda gli International Pavilions, riuniranno l’intera offerta internazionale, mentre Lands of Spain farà lo stesso con la produzione delle diverse regioni spagnole. Sempre nel 2020, il settore vitivinicolo inaugurerà un nuovo percorso con un progetto dedicato: il sotto salone Intervin di Alimentaria si trasformerà in Barcelona Wine Week. La nuova fiera proporrà un tour unico lungo la mappa dei vini spagnoli, e si svolgerà dal 3 al 5 febbraio 2020 presso la Fira de Barcelona. È invece confermata la sinergia a doppia mandata tra Alimentaria e Hostelco, il salone internazionale delle attrezzature per la ristorazione, l’ospitalità e la collettività, che ancora una volta uniranno le forze per offrire sia alla distribuzione che

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L’uovo dell’edizione 2020 L’immagine uovo, classica di Alimentaria 2020, è ispirata al Cloud Gate di Chicago, progettato dall’artista britannico-indiano ANISH KAPOOR. L’uovo è da sempre un simbolo che rimanda alla vita nuova e alla metafora di rinascita dei corpi e della natura (fonte: taccuinigastrosofici.it). E in questo senso il nuovo logo riflette perfettamente l’etica di Alimentaria: «un corpo vivente che interagisce con tutti i settori e si relaziona con ciò che lo circonda. Uno specchio attivo che proietta e guida l’innovazione, un motore per il cambiamento e una continua fonte di ispirazione», come ci ha spiegato il CEO di Alimentaria, J. ANTONIO VALLS, nel corso dell’intervista.

J. Antonio Valls, CEO di Alimentaria.

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Nel 2018 Alimentaria ha attirato 4.500 aziende espositrici, oltre un migliaio delle quali proveniente da 70 paesi, e circa 150.000 visitatori provenienti da 156 paesi. Il salone, che si svolgerà dal 20 al 23 aprile 2020, mira a dare continuità ad oltre 12.500 incontri di lavoro che hanno avuto luogo ad Alimentaria e Hostelco 2018, tra i 1.400 principali buyer, importatori e distributori in Europa, Asia, America Latina e Stati Uniti

Nella prossima edizione di Alimentaria, Intercarn, il sotto-salone della fiera dedicato alla carne e ai prodotti a base di carne, crescerà del 15% rispetto al passato, vantando una superficie espositiva di ben 20.000 m2 (photo © instagram.com/alimentariabcn). al canale HO.RE.CA. la più completa e trasversale offerta per l’industria alimentare, gastronomica e delle attrezzature per la ristorazione. Inoltre, organizzeremo congiuntamente una serie di attività di grande valore aggiunto come The Experience Live Gastronomy, uno spazio in cui si avranno workshop, aule gastronomiche e showcooking». Come definirebbe in poche parole Alimentaria e perché è così strategica per l’Italia? «Alimentaria è una fiera trasversale, al cui interno i sotto-saloni sono altamente specialistici e verticali, utili per visite mirate sul prodotto. L’Italia e la Spagna sono legate da un rapporto commerciale molto forte e il fatto che per l’edizione del prossimo anno il Belpaese sia il primo in termini di espositori e di visitatori è un dato di fatto.

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Non dimentichiamo poi che gli operatori commerciali in visita all’Alimentaria usano la fiera come leva commerciale per agganciare opportunità di business con il Sud e Centro America, primi fra tutti Messico, Argentina, Cile e Colombia». Quale sarà il ruolo delle carni e dei prodotti a base di carne nell’edizione 2020? «Decisamente centrale! La collocazione dei vini in un evento separato ci ha consentito di recuperare spazio espositivo e di rafforzare Intercarn, che in questo modo potrà crescere del 15% su una superficie di 20,000 m2. L’obiettivo sarà quello di raggiungere mille espositori e una verticalità, in termini di visitatori, che andrà dall’industria alla trasformazione, vendita al dettaglio, buyer, GDO e ristorazione».

Oltre alle carni ampliate, quali saranno le altre novità? «Non c’è alcun dubbio: Alimentaria Trends! Le tendenze alimentari rappresenteranno una nuova area all’interno di Alimentaria 2020 con le ultime novità in materia di alimenti biologici, free from, halal e funzionali. Alimentaria si appresta a consolidare il ruolo di grande piattaforma internazionale con una forte vocazione ad attrarre business, espositori e visitatori». Elena Benedetti Alimentaria 20-23 giugno 2020 Recinto Gran Via, Barcellona (Spagna) #Alimentaria2020 www.alimentaria.com www.facebook.com/AlimentariaBCN www.instagram.com/alimentariabcn

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A Cremona il prossimo 13 novembre la Giornata della Suinicoltura

Gestire l’antibioticoresistenza: l’opinione di Loris Alborali

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ancano ancora alcuni mesi, ma Expo Consulting Srl sta già lavorando all’organizzazione della prossima Giornata della Suinicoltura giunta alla sua quinta edizione (www.giornatadellasuinicoltura.it). L’evento questa volta si terrà a Cremona il 13 novembre, presso la sala congressi del Cremona Palace Hotel in via Castelleone 62 (il programma completo verrà divulgato nelle prossime settimane). Il tema al centro dell’evento, che come sempre farà perno sulla partecipazione di esperti tra i più illustri del settore sia a livello scientifico che istituzionale, nazionale ed estero, riguarderà la lotta all’antibioticoresistenza in allevamento, la corretta gestione del farmaco e i legami con la redditività aziendale. LORIS ALBORALI, responsabile della sezione diagnostica presso l’ISZLER della Lombardia e dell’Emilia-Romagna (Istituto zooprofilattico sperimentale) con sede a Brescia, sarà uno dei relatori della Giornata. Con lui abbiamo tracciato un piccolo quadro della situazione sia a livello nazionale che europeo.

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Dottor Alborali, quanto è grave attualmente il problema dell’antibioticoresistenza negli allevamenti suinicoli italiani? «L’antibioticoresistenza è un problema centrale che interessa numerosi settori, primo fra tutti quello umano, ma in maniera rilevante anche quello zootecnico e ambientale. Nell’allevamento suinicolo l’utilizzo degli antibiotici deve essere sicuramente migliorato e per far questo è necessario il contributo di tutto il comparto. È fondamentale che nel corso del 2019 parta un segnale forte finalizzato alla riduzione del consumo globale degli antimicrobici e in particolare di quelli critici». Su quali fronti si sta lavorando con maggiore efficacia per ridurne l’impatto negativo? «Diversi sono i fronti su cui si è cominciato a lavorare. Occorre partire dalla consapevolezza che è possibile iniziare subito a fare qualcosa riducendo l’utilizzo dei medicati, privilegiando i trattamenti individuali e mirati. È altrettanto determinante il ricorso alla diagnostica finalizzata all’identificazione dei patogeni e alla selezione delle

molecole da utilizzare, dando priorità agli antibiotici di primo intervento rispetto a quelli di secondo e terzo. Questo anche per escludere il problema sanitario e indirizzare gli interventi verso il miglioramento delle condizioni di benessere e gestione dell’animale. Inoltre, si sta lavorando molto affinché il medico veterinario e l’allevatore abbiano a disposizione il dato di consumo e il confronto con il relativo livello raggiunto negli altri allevamenti». Qual è la situazione a livello europeo? «L’antibioticoresistenza è una problematica che ha coinvolto molti Paesi non solo europei. Alcuni di essi, quali Danimarca e Olanda, hanno iniziato a lavorare diversi anni fa e oggi vantano un sistema che li sta portando ad una riduzione progressiva degli antibiotici. Gli altri Paesi europei hanno iniziato il percorso solo successivamente e stanno lavorando anche se con intensità e percorsi diversi per ridurre i consumi di antibiotici, migliorare il livello di biosicurezza e di benessere delle aziende ottimizzando l’utilizzo dei vaccini e di prodotti alternativi».

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COMUNICARE LA CARNE

Smontiamo le bufale piĂš diffuse sul mondo della carne

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La piattaforma web Carni Sostenibili ha diffuso una guida contro 5 fake news alimentari sul settore delle carni e dei salumi. Riportiamo la seconda delle notizie-bufala che circolano on-line e ne smontiamo il messaggio con dati alla mano

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l 90% degli Italiani parla di cibo e la maggior parte di loro, più del 70%, si informa on-line, ma solo il 6% quando cerca notizie lo fa su siti istituzionali. Il rischio è quello di imbattersi in fake news, informazioni false e dannose messe in circolazione per sostenere tesi predefinite, con l’unico scopo di inquinare il panorama informativo. Un problema tutt’altro che relativo, se si pensa che lo scorso anno 3 Italiani su 4 hanno creduto almeno ad una bufala. Il settore più tormentato dal dilagare di queste false notizie è quello della produzione e del consumo delle proteine animali: • “si mangia troppa carne”; • “la carne che mangiamo è piena di ormoni e antibiotici”; • “la carne provoca il cancro”; • “la sua produzione consuma troppa acqua e inquina”. La verità però è molto diversa e, in occasione del Fact-Checking Day, CARNI SOSTENIBILI ha deciso di sventare alcune delle fake news più diffuse sul mondo della carne. E noi le riportiamo. Nota Photo © александр таланцев – stock. adobe.com

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“La carne fa venire il cancro, lo dice l’OMS! ” Siamo nell’ottobre 2015 quando si diffonde la notizia che l’OMSOrganizzazione Mondiale della Sanità avrebbe sancito la relazione tra consumo di carne e cancro. Ma le cose non stavano proprio così. La IARC, l’agenzia dell’OMS che valuta e classifica le prove di cancerogenicità delle sostanze, infatti non ha mai affermato che la carne rossa provoca il cancro, ma che un consumo eccessivo di carne rossa e trasformata può contribuire al rischio di un solo tipo tumore (sui 156 conosciuti e classificati), più precisamente quello del colon-retto. Sul sito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità si legge: “Nel caso della carne rossa, la classificazione si basa su prove limitate provenienti da studi epidemiologici che mostrano associazioni positive tra il consumo di carne rossa e lo sviluppo di tumori del colon-retto, nonché una forte evidenza meccanicistica.

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Evidenze limitate indicano che è stata osservata un’associazione positiva tra esposizione all’agente e cancro, ma non è stato possibile escludere altre spiegazioni per le osservazioni (tecnicamente definite caso, bias o confusione)”. Si fa quindi riferimento all’eccesso dei consumi e non ad un consumo inteso in senso generale, con un aumento del rischio relativo di circa il 18% per le carni trasformate e del 17% per le carni rosse, ben diverso dal rischio “assoluto” o reale che scende a solo l’1%. Altra importante considerazione riguarda le quantità prese in esame dalla ricerca IARC, che sono superiori 50 grammi di carne trasformata e 100 grammi di carne rossa al giorno: livelli di consumo notevolmente più alti rispetto a quelli medi italiani, per cui il rischio diventa trascurabile quando si riportano i calcoli ai nostri consumi effettivi.

Secondo l’International Agency for Research on Cancer, poi, i fattori di rischio delle carni non dipendono dalla carne in sé, ma sono dovuti principalmente ai metodi di conservazione, preparazione e cottura di carne e derivati (come quelle su fiamma diretta tipiche del barbecue), da cui possono scaturire ammine eterocicliche aromatiche, idrocarburi policiclici aromatici e nitrosammine, composti che inducono mutazioni cancerogene. Fonte • CARNI SOSTENIBILI, www.carnisostenibili.it Nota Nella varietà degli alimenti a nostra disposizione, è sempre bene rispettare un equilibrio tra i vari nutrienti (photo © kucherav – stock.adobe. com).

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ABF s.r.l. Commercio Carni Via del Moscia, 1cde - 50060 Londa (Firenze) Italy Tel. ( +39) 055 835 1550 / (+39) 055 835 1557 — Fax (+39) 055 835 1600 / (+39) 055 835 2700 E-mail: info@abf-londa.it — Web: www.abfcarni.com


Carni di montagna Agnelli, vitelli e manzi allevati in montagna hanno peculiari caratteristiche di pregio che permettono di sostenere un’agrozootecnia in territori oggi a rischio d’abbandono di Giovanni Ballarini

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ell’Unione Europea, circa il 14% della superficie agricola (27 milioni di ettari) e il 18% delle aziende agricole (2,4 milioni) si trovano in zone montane. Queste zone ospitano rispettivamente il 12,5, il 20,4 e il 46,6% di bovini, ovini e caprini dell’UE. I bovini di montagna rappresentano il 10,4 del latte bovino totale e il 13,3% del totale della produzione di carne. Due quote, queste, che sono più elevate per i piccoli ruminanti,

capre e pecore, che producono il 32% del latte totale e il 23,4% della carne ovina. Agricoltura e zootecnia di montagna Il territorio italiano, rispetto all’UE, ha una maggiore presenza di montagna (35%, col 23% di pianure e il 42% di colline). In Italia in questi ultimi decenni il territorio montano ha assistito ad un progressivo abbandono della sua popolazione e,

quella che è rimasta, è sempre più anziana. Tutto questo si associa a una diminuzione degli allevamenti di animali con le loro produzioni di latte, formaggi e carni, dotate di particolari e pregiate caratteristiche. Queste ultime, se fossero ben comunicate, potrebbero rappresentare un importante elemento di contrasto alla diminuzione degli allevamenti e allo spopolamento di un territorio che ha invece bisogno di una presenza umana al fine di pre-

La permanenza di allevamenti di ruminanti in montagna deve tenere conto dei prezzi più elevati delle loro produzioni. Uno svantaggio che può essere compensato da una migliore qualità dei prodotti lattiero-caseari e della carne, come dimostrano le storie di successo di alcune aree dove imprenditori locali hanno proposto prodotti molto specifici e differenziati, aggiungendo valore all’intera catena alimentare (photo © mmphoto – stock.adobe.com). 50

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venire un sempre più preoccupante dissesto idrogeologico. I prodotti montani sono anche coinvolti nel mantenimento del paesaggio e della rete sociale rurale, in quanto garanti dell’attrattiva di questi territori, e nello sviluppo di altre attività economiche come il turismo. L’agricoltura e la zootecnia di montagna devono affrontare diversi limiti strutturali permanenti, come la scarsa accessibilità, che si traducono in una minore produttività e in costi di produzione, raccolta e trasporto più elevati. Per preservare l’allevamento dei ruminanti in montagna sono state avviate misure di politica agricola nazionale e comunitaria indirizzate a compensarne i limiti. Attualmente in molte aree montane questi sussidi forniscono gran parte del reddito ai contadini/ allevatori e sono essenziali per la sostenibilità economica delle fattorie anche attraverso vari servizi. Terroir e carni Il terroir è un’area dove le condizioni naturali, fisiche e chimiche, la zona geografica ed il clima permettono la realizzazione di un alimento specifico e identificabile mediante le caratteristiche di quella territorialità. Non può essere tradotto con territorio perché è un concetto molto più complesso e definisce l’interazione tra più fattori. Anche se tradizionalmente il termine è utilizzato dai Francesi per il mondo vitivinicolo, viene utilizzato anche per altri prodotti agricoli (formaggio, carni, salumi, ortaggi, pane, ecc…) e, in particolare, nell’olivicoltura di qualità. Eurocarni, 8/19

Porterhouse steak di manzo Pustertaler Sprinzen frollato 9 settimane da Meatery Snc di Thomas Mair & C., splendida macelleria-salumeria a Valdaora, Bolzano (photo © meatery.eu). Il terroir è una combinazione consolidatasi nel tempo di fattori come la posizione geografica, la denominazione, il terreno e il suolo, il clima, il vegetale coltivato e o l’animale allevato, le modalità di cultura o allevamento, i metodi di trasformazione dell’alimento, le modalità di commercializzazione di consumo. Quindi, non solo fattori fisici e chimici, ma anche antropici e storici. Il concetto di terroir si applica anche alle pratiche agro-zootecniche di produzione di alimenti d’origine animale in relazione al contributo dei pascoli montani e delle pratiche agricole del territorio. Nel caso delle carni prodotte da ruminanti, il terroir è un insieme inseparabile di ambiente fisico, compresi geologia, geografia, suolo e clima, razza e caratteristiche genetiche degli animali, loro alimentazione in relazione alla composizione botanica dei pascoli, dei foraggi e modalità in cui sono inclusi nell’alimentazione, pratiche degli agricoltori e dell’uomo

che possono influenzare l’ambiente fisico e gli animali attraverso pratiche culturali e di allevamento nel processo di produzione della carne. La conoscenza dettagliata dei legami tra allevamento e caratteristiche della carne è molto complessa poiché queste ultime, comprese le caratteristiche della carcassa, si plasmano durante l’intera la vita degli animali. Tuttavia, le ricerche stanno dimostrando che la tendenza ad allevare gli animali da carne all’aperto e al pascolo influisce su diverse caratteristiche della carne come il colore, l’attributo più importante preso in considerazione dai consumatori al momento dell’acquisto. Agnello, carcassa e qualità della carne nelle zone montane La produzione di agnelli nelle aree mediterranee si basa su capi giovani macellati come agnelli da latte (1012 kg di peso vivo) o agnelli leggeri (22-24 kg; età, meno di 90 giorni). Gli agnelli da latte sono nutriti solo con il latte delle loro madri, 51


Ovini in alpeggio di fronte al gruppo delle Pale di San Martino sulle Dolomiti (photo © Hermann – stock.adobe.com). mentre gli agnelli leggeri, dopo lo svezzamento a 45-50 giorni, sono ingrassati con concentrati. In questi sistemi allevatoriali le pecore sono stabulate durante il periodo del parto e alimentate con fieno, paglia e aggiunta di concentrati durante l’allattamento. La carne di agnelli leggeri provenienti da questi sistemi

di produzione è molto omogenea, di colore rosa pallido e il grasso è bianco. In alternativa, nei pascoli montani mediterranei, gli agnelli leggeri possono essere allevati in recinti durante la stagione primaverile o su pascoli di erba medica tra la tarda primavera e l’inizio dell’autunno, con un minimo o

addirittura nessun effetto dannoso sull’accrescimento dell’agnello e sulla qualità della carcassa. L’effetto di diverse alimentazioni (al pascolo in montagna o stabulazione con alimentazione concentrata) non ha influenze rilevanti sul colore del grasso negli agnelli leggeri mentre la carne degli agnelli

Macellerie di montagna: il marchio per la carne trentina d’alta quota Macellerie di montagna è il marchio realizzato lo scorso anno e promosso dalla categoria dei macellai trentini aderenti all’Associazione dei commercianti al dettaglio. L’idea alla sua base — ci ha raccontato il presidente della categoria macellai MASSIMO CORRÀ, titolare della macelleria Dal Massimo Goloso in quel di Coredo (TN) — è stata quella di creare un logo specifico con relativo disciplinare operativo al quale aderiscono liberamente le aziende che ritengono di possedere i requisiti richiesti. Ad oggi sono una quindicina le macellerie aderenti, che hanno raccolto la sfida, o l’appello che dir si voglia, ma contiamo di aumentare progressivamente il numero degli associati per garantire una rete diffusa capillarmente sul territorio provinciale. La parola d’ordine delle Macellerie di Montagna è formazione, un aggiornamento continuo a tutti i livelli» prosegue Massimo. «Da qui si innesca un “meccanismo” di sinergia tra le aziende che hanno aderito e, in Italia, quando parliamo di aziende, parliamo di persone che vivono il confronto quotidiano con le complessità collegate ad un territorio di montagna. Il Trentino è una regione montana che ha anche il pregio di forgiare le sue genti e consentire così a questo progetto di decollare!».

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al pascolo contiene una maggiore presenza di carotenoidi, flavonoidi e alfa tocoferolo rispetto agli agnelli alimentati con concentrati. Il grasso degli agnelli da latte le cui madri pascolano è più giallo e la carne è più scura in confronto a quanto che si verifica quando le madri hanno un’alimentazione a fieno. Gli agnelli allevati ad erba possono fornire carne più magre e più rossa. L’alimentazione con erba, inoltre, migliora la qualità della carne degli agnelli allevati esclusivamente col latte materno. Bovini e qualità della carne Gli allevamenti di bovini da latte delle zone montuose del Mediterraneo producono tradizionalmente vitelli svezzati che di solito sono venduti per essere ingrassati in allevamenti intensivi nelle pianure. Nonostante questa tendenza generale, alcune fattorie di montagna svolgono attività di ingrasso in azienda, anche in modo cooperativo, al fine di avere una maggior quota di valore aggiunto. Diverse sono le razze impiegate così come diversi sono i sistemi di allevamento e di alimentazione,

l’età e il peso di macellazione e per questo diversi sono gli incrementi ponderali e la qualità delle carcasse e delle carni. In linea di massima, nei bovini macellati allo stesso peso corporeo, il pascolo riduce la copertura del grasso sottocutaneo e il colore del grasso è fortemente influenzato dall’alimentazione con erba, virando verso il giallo a causa di un’alta deposizione di carotenoidi. Pertanto, il colore giallo del grasso può indicare un’alimentazione al pascolo che non è peraltro modificato da un periodo di finissaggio con concentrati. Il colore e la tenerezza della carne sono limitatamente influenzati dal pascolo e le carcasse presentano un adeguato strato di grasso. Un periodo di finitura di due mesi con concentrati dopo il pascolo in genere non ha effetto sul colore e la durezza della carne. Per quanto riguarda la composizione chimica, il pascolo migliora il profilo degli acidi grassi nei vitelli e nei giovani, aumentando il contenuto di acidi grassi polinsaturi (PUFA n-3).

Conclusioni L’esistenza nelle zone montane di condizioni ambientali e climatiche, di tradizioni e di saperi specifici per la produzione agricola e la trasformazione dei prodotti alimentari è un’opportunità importante, se non indispensabile, per la salvaguardia di un’economia montana sostenibile. La valorizzazione delle sinergie tra prodotti agricoli di storia e cultura locale, turismo, artigianato e gastronomia costituisce un paniere di merci in grado di sviluppare un valore aggiunto a lungo termine per prodotti emessi da uno specifico terroir e permettere una persistenza degli agricoltori e soprattutto un loro sviluppo. Il terroir si riferisce fondamentalmente a un sistema di interazioni tra fattori biofisici e umani che sono stati costruiti durante la storia e che sono specifici di un’area geografica limitata. I successi di aree montane italiane come la Valtellina si basano sulla differenziazione di un prodotto del territorio esattamente identificato e protetto da indicazioni geografiche. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma

Bio*Beef, direttamente dal maso del Sud Tirolo Il Consorzio carni biologiche Sud Tirolo ARGE BIOFLEISCH SÜDTIROL è composto da una rete di allevatori e contadini altoatesini d’alta montagna che pratica l‘allevamento di vacche nutrici e che lavora secondo il metodo dell’agricoltura biologica. I singoli masi sono controllati regolarmente dagli enti certificatori ABCert e BIKO Tirol. L’elenco degli associati al marchio “Bio*Beef dal maso sudtirolese” è accessibile alla pagina web biobeef.it/it/soci-biobeef-alto-adige. I masi dei soci sono distribuiti in gran parte tra Bolzano, Bressanone e San Candido-Sesto (BZ). L’allevamento è naturale, con i manzi che si muovono in libertà al pascolo o nelle stalle. I bovini si nutrono prevalentemente con erba e foraggio secco prodotti nel maso. I vitelli sono allattati dalla madre fino a 9/12 mesi restando sempre in mandria. La carne “Bio*Beef dal maso sudtirolese“ è povera di grassi e di colesterolo, presenta un elevato valore proteico, minerale e vitaminico, e contiene acidi grassi insaturi e acido linoleico coniugato. Le caratteristiche della carne sono il colore rosa scuro, la tenerezza e il profumo, sinonimo di genuinità. Il Consorzio vende i tagli di carne a privati, ristoranti e a negozi specializzati. >> Link: www.biobeef.it

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Per soddisfare un consumatore sempre più evoluto e everywhere

Omnichannel, il futuro è adesso

È

la rivoluzione del terzo millennio e, nel mass market, ha un solo nome: omnichannel *. La “dispersione” del consumatore su un ampio spettro di opzioni non solo ha ridefinito le categorie dello spazio e del tempo nell’universo del largo consumo, ma ha anche obbligato le imprese a ripensare in modo globale il loro modello aziendale, le strategie di marketing e le politiche di gestione dei diversi touchpoint e delle singole categorie merceologiche, per adeguarsi alle esigenze e ai desideri del nuovo customer journey. Uno scenario complesso, impegnativo e sfidante, che mette

in discussione l’intero “ecosistema” del largo consumo, imponendo alle imprese un cambiamento profondo e sfaccettato, ma anche agile e sostenibile. E proprio questa “controrivoluzione” è stata al centro dell’incontro “Oltre i canali, oltre le categorie. L’orientamento alla domanda nel largo consumo”, organizzato da GS1 ITALY e tenutosi lo scorso fine giugno a Milano. Partendo dall’analisi dei nuovi trend di mercato, dei nuovi canali e dei nuovi consumatori, passando per le testimonianze delle aziende che hanno già adottato nuovi approcci, e presentando gli

strumenti sviluppati da GS1 Italy per supportare le aziende nel loro percorso verso l’omnicanalità, l’evento ha tessuto il racconto del presente e del futuro della omnichannel revolution in Italia, affidandosi sia alle voci e alle esperienze dei protagonisti sia al know-how e alle analisi degli esperti. Lo scenario dell’omnichannel Ad aprire i lavori, moderati da ANDREA FARINET, chairman del Socialing Institute e docente alla LIUC-Università Cattaneo, sono state le analisi di scenario, che hanno ripercorso gli effetti già provocati dall’omnichannel

Acquisto in digitale o nel negozio fisico, non c’è più differenza Secondo EDMONDO LUCCHI, media and communication insight strategist di GfK, il consumatore non ravvisa più alcun dilemma tra canale fisico e canale digitale e si aspetta di utilizzarli in modo intercambiabile a seconda delle situazioni di acquisto e delle opportunità. Ma resta la fiducia, più dell’opportunità di saving, a pesare sulla scelta dell’insegna, tanto sul canale fisico quando su quello digitale.

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sui servizi retail e sui consumatori e hanno tracciato quelli a venire. EMILIO BELLINI, co-founder di LEADIN’ LAB, leadership design and innovation lab del Politecnico di Milano, ha stimolato una riflessione critica sulla natura del valore del servizio retail che sta profondamente mutando: se si allentano i legami con l’accesso alle merci, l’intermediazione, l’utilità di spazio e di tempo per il cliente di un supermercato, per progettare nuovi servizi retail occorre considerare nuovi modelli di innovazione e di design e le implicazioni delle tecnologie digitali. A raccontare come sta cambiando il customer journey è stato ROMOLO DE CAMILLIS, retailer director di THE N IELSEN C OMPANY , evidenziando come l’avvento del digitale non abbia annullato il piacere dello shopping, anche in luoghi fisici dov’è possibile avere contatti umani; l’esigenza di convenience e la ricerca di esperienze piacevoli sono destinate a convivere nel tempo e le aziende del largo consumo dovranno tenerne conto nel ridefinire la propria

offerta, per soddisfare e fidelizzare i clienti. Si tratta quindi di una grande opportunità per le aziende che sapranno usare i dati per comprendere i consumatori e per migliorare la propria offerta costantemente. Come si comportano i consumatori quando fanno la spesa on-line? Replicano i comportamenti che adottano nei punti vendita fisici tradizionali? Oppure sono più attenti ai trend emergenti, alle nuove referenze, alle funzionalità e agli ingredienti dei prodotti? A queste domande vuole rispondere il nuovo panel IRI E-commerce presentato da MARCO COLOMBO, solutions and innovation director di IRI: grazie all’incrocio tra le informazioni della banca dati Immagino e i dati IRI sul campione rappresentativo del canale e-commerce grocery, lo studio si pone l’obiettivo di individuare e di misurare i fenomeni rilevanti nel mondo delle vendite on-line del largo consumo confezionato. Ragionare in termini di categorie di clienti e bisogni e non più di

categorie di prodotti è l’evoluzione che l’omnicanalità ha richiesto al category management tradizionale e alle imprese del largo consumo. ANTONELLA ALTAVILLA, owner di ADF Consulting, ha evidenziato come questo nuovo approccio “omnicanale” anche nei processi di gestione delle categorie di prodotto rappresenti una grande opportunità per poter comprendere e soddisfare i clienti offrendo loro esperienze significative in tutti i touchpoint e ottenendone in cambio fedeltà nel medio lungo termine. (Fonte: GS1 Italy, Nuage Comunicazione, www.gs1it.org) Nota * Il marketing omnichannel comporta la capacità di orchestrare in un’unica regia le interazioni del cliente col brand, automatizzando le interazioni attraverso tutti i canali di contatto disponibili: i negozi on-line e quelli fisici, il direct marketing via social, e-mail, sms, app (da: www.jwebstudio.it).

Generazione Zeta, rivoluzione in arrivo Affrontando il tema dal punto di vista dei consumatori, Ken Hughes, leading consumer & shopper behaviouralist, author e CX strategist, ha posto l’accento sul fatto che la vera rivoluzione deve ancora arrivare ma che avverrà a breve, quando la Generazione Z diventerà il più grande gruppo di consumatori al mondo e farà sentire la sua presenza. Prospettiva che, a suo avviso, rende il futuro delle imprese eccitante e spaventoso allo stesso tempo. E richiede di cambiare il modus operandi, mettendo questo “nuovo” consumatore al centro. Ma chi rientra nella Generazione Zeta? «La Generazione Z o Centennials (conosciuta anche come iGen, Post-Millennials o Plurals) identifica le persone nate dopo i Millennials. La generazione è circoscritta tra i nati dal 1995 fino al 2010. Un aspetto importante di questa generazione è il suo diffuso utilizzo di Internet sin dalla nascita. I membri della Generazione Z sono considerati come avvezzi all'uso della tecnologia e i social media, che incidono per una parte significativa nel loro processo di socializzazione. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che crescere in un periodo di grave recessione dà loro una sensazione di instabilità e insicurezza, tuttavia sembrano essere i più desiderosi di aiutare il proprio paese e molto simili alla generazione del baby boom» (fonte: Wikipedia; photo © Antonio Diaz).

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MACELLERIE D’ITALIA

Rinnovarsi per crescere a partire dall’immagine

Cooperativa Valcarne: un nuovo punto vendita per raccontare un territorio

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o scorso mese di agosto a Busche, in provincia di Belluno, sul piazzale antistante LATTEBUSCHE, cooperativa veneta di riferimento per il latte e i prodotti derivati, apriva un punto vendita che si distanziava dagli altri tre posseduti da VALCARNE, cooperativa con sede a Feltre, molto radicata nel territorio. Nata nel 1974 dall’idea di alcuni allevatori del Bellunese per valorizzare le proprie produzioni, oggi Valcarne ha una novantina di soci e vende carne in una filiera

breve produttore-consumatore con macellai esperti. La scelta di Busche ha segnato un “cambio di passo” della cooperativa, dal punto di vista degli obiettivi di vendita, così come di presentazione e comunicazione. C’era infatti da parte di Valcarne la volontà di ampliare il target della propria clientela con i turisti, poiché il paese è una vera e propria porta sulle Dolomiti; proporre piatti pronti di rosticceria e preparati da cuocere che fossero particolarmente apprezzabili dai

Un nuovo punto vendita “pilota” per la Cooperativa di allevatori del Bellunese che punta a raccontare un territorio anche attraverso colori, design e grafica, coadiuvato da un nuovo logo e da una nuova modalità di comunicazione

Grandi foto colorano le pareti del negozio e raccontano il territorio di appartenenza dei prodotti a banco.

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turisti; raccontare il territorio per valorizzarlo e tutelarlo; affiancarsi ad eccellenze locali agroalimentari (adiacenti al negozio, infatti, ci sono i punti vendita di altre due cooperative della zona); testare nuove modalità comunicative per il settore carne. Il progetto pilota di Busche è stato opera dello studio di architettura di Camisano Vicentino (VI) MAMA, che ha curato interior design e comunicazione, con l’obiettivo di far diventare il nuovo negozio un punto di connessione e dialogo fra allevatore e consumatore in un ambiente sobrio ed elegante. Sul versante interior design, MAMA ha selezionato una palette colori e materiali legata al territorio: il rosa delle Dolomiti, messo in

Tutto nel nuovo punto vendita di Busche è stato pensato e progettato per dare una nuova immagine a Valcarne e per essere un punto di connessione e dialogo fra allevatore e consumatore in un ambiente sobrio ed elegante.

MaMaODA Officina d’Architettura Via Stadio 2 36043 Camisano Vicentino (VI) Telefono: 0444 023252 Web: www.mamaoda.com

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Valcarne – Cooperativa Feltrina S. Vittore produttori agricoli Srl Via Peschiera 2 32032 Feltre (BL) Telefono: 0439 81522 Web: www.valcarne.it

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Il grande bancone del nuovo punto vendita di Busche (BL), pensato per ospitare, a fianco dei tagli di carne fresca, una grande quantità di preparati e pronti a cuocere, molto amati dai turisti di passaggio in zona. risalto da un caldo grigio scuro, e molto abete per il soffitto e le travi a vista, i frontali del lungo banco carne, i piani di tavolini, panche e mensole e i fitti listelli verticali delle boiserie. Il grigio scuro è ripreso dalle piastrelle del pavimento, dalle strut-

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ture in metallo di espositori, tavoli e panche e dalle lampade che ricordano il campanaccio delle mucche, stringa di cuoio compresa. Le scelte di pura comunicazione, per rendere il punto vendita connettore e facilitatore del dialogo fra allevatore e consumatore, sono

iniziate col logo. Rinnovato da una grafica che riprende le Dolomiti, si arricchisce della scritta “sapori bellunesi”, scelte che enfatizzano quel legame essenziale. La comunicazione interna del negozio è fatta di grandi foto, pannelli esplicativi, cartoline e piccoli dépliant da prendere come ricordo o per avere un consiglio sempre a portata di mano. Tutti assieme raccontano in modo semplice ed empatico l’attività degli allevatori e la loro passione per il territorio e fanno riflettere su quanto lavoro e attenzione richiedano i prodotti Valcarne. Ad un anno dall’avvio, il progetto pilota è vincente: alti il gradimento dei clienti, l’afflusso di locali e turisti, il consumo di piatti di gastronomia e pronti da cuocere. Gli allevatori Valcarne si preparano così ad inserire il reparto di gastronomia anche negli altri punti vendita e a uniformarli alla nuova immagine, felici che l’amore per il territorio e la dedizione per il proprio lavoro siano stati riconosciuti e apprezzati. Nota Photo © Tiziano Scaffai.

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Il “boccone del macellaio” firmato Compral Carni conquista i buongustai: nasce così il Fassone spider steak dello chef Riccardo Milone Il noto gastronomo BEPPE BIGAZZI sostiene che nell’anteriore del bovino ci sarebbero alcuni tagli detti “il boccone del cuoco” o “boccone del macellaio”, ad indicare lo loro straordinaria bontà. Tagli coi quali si può fare di tutto: dai bolliti agli stufati, dai brasati agli arrosti, allo spezzatino. In Piemonte, e in particolare nel Cuneese, il bucun del maslé per eccellenza si trova nel posteriore ed è il cosiddetto ragno o ragnetto, così chiamato per la forma che ricorda vagamente una ragnatela in virtù dei tre tendini e relative venature di grasso che la caratterizzano e che sono all’origine della sua succulenza. Si tratta di un taglio particolare molto apprezzato nella cucina anglosassone: lo chiamano spider steak. Si trova all’interno dell’osso dell’anca e la spiccata marezzatura facilita la morbidezza durante la cottura che, unita a un’intensità di gusto tipica dei tagli poveri, porta a un risultato eccellente. In casa Compral, dove da tempo prosegue la ricerca e conseguente valorizzazione dell’intero capo bovino appartenente alla pregiata razza Piemontese, è lo chef RICCARDO MILONE (photo © Compral) a cimentarsi nel compito di elaborare ai fornelli i tagli sezionati e porzionati dai macellai del laboratorio aziendale. Nel suo ristorante alla Società Agricola di San Grato a Villanova Mondovì (CN), Milone, dopo vari test, ha deciso di proporre il proprio personale spider steak in modalità “tagliata”, pur riconoscendo che per la sua versatilità è ottima anche come arrosto o brasato. La cottura alla griglia richiede alcuni accorgimenti. «La carne va tirata fuori dal frigo per tempo e portata a temperatura ambiente» spiega Milone. «A questo punto, procedo massaggiandola con l’ausilio di un buon olio extravergine di oliva e quindi la lascio ancora riposare. Scaldo la griglia e, quando è rovente, sistemo il mio ragno cuocendolo su un lato per pochi minuti, per poi rivoltarlo e completare l’opera. Sale grosso e una spolverata di pepe nero sui due lati, poi la impiatto tagliata, aggiungendo un condimento leggero, che può essere a base di semplici erbe aromatiche oppure una salsina delicata. Il piatto è pronto, accompagnato da verdurine, per il gradimento dei commensali, che è garantito». Sostenitore della tesi — ampiamente condivisa dai gourmet — che la carne di razza Piemontese è eccellente “dal muso alla coda”, il direttore della cooperativa di allevatori Compral, BARTOLOMEO BOVETTI, ricorda il percorso compiuto assieme allo chef giramondo di Villanova, che ha alle spalle una dozzina di anni americani da New York alla West Coast, in cui si è specializzato nella lavorazione della carne. «Con Milone — racconta il dottor Bovetti — abbiamo iniziato una proficua collaborazione in occasione dell’Expo di Milano, presentando la nostra offerta completa e variegata di carni di Fassone. Poi ci siamo lanciati nell’esperienza in franchising della Fassoneria, che conta già una decina di locali in tutta Italia, dove la ristorazione è tutta all’insegna della razza Piemontese. La sua creatività ha consentito di mettere a punto tante gustose proposte, come i panini di Fassona Beef on Week e il Gaucho al fondo bruno. Ora stiamo ampliando l’offerta, dando valore a tagli quali appunto il ragno, che da veri bocconi del macellaio portiamo in degustazione ai nostri clienti». Come al solito, è la conoscenza a fare la differenza. Mangiare bene e spendere meno non è un controsenso, se si conoscono le materie prime.

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Gabriella e Claudio Limberti: da quindici anni a Vercelli tanta carne e un legame forte con il territorio Ad ogni primavera la manifestazione “La Fattoria in città” rappresenta per il comune piemontese di Vercelli una bella occasione per condividere con i propri abitanti, “grandi e piccoli”, i temi dell’agricoltura, della vita rurale, dell’allevamento e delle origini contadine della cittadina. Quest’anno la manifestazione è giunta alla quindicesima edizione e ha coinciso con un anniversario importante: gli 800 anni della posa della prima pietra della Basilica di Sant’Andrea, la prima basilica in stile gotico costruita in Italia, e della Magna Charta, che per l’occasione è stata esposta a Vercelli fino al 9 giugno. Il magico numero 15 di un evento e di una macelleria che ne rappresenta l’anima Quest’anno c’era però anche un altro anniversario da festeggiare, per un’importante realtà vercellese come è a tutti gli effetti la BOTTEGA DELLA CARNE – MACELLERIA LIMBERTI (Via Guido Cavalcanti 27, Vercelli; telefono: 0161 257729). «“Quindici anni di poesia per un’età che non ritorna” diceva la strofa di una canzone degli anni ‘70 e quindici sono anche gli anni di attività della nostra macelleria, e altrettanti di connubio con il COALVI, quando ci siamo trasformati In ristomacelleria col nostro brand Rosso27». Sono queste le parole di GABRIELLA e CLAUDIO LIMBERTI, punto di riferimento e di ristoro anche in quella che è, senza ombra di dubbio, la più grande manifestazione vercellese organizzata da Ascom, tra animali domestici, falconieri, aree didattiche, concerti e parco giochi. Il tema dell’edizione 2019 era improntato appunto sulla Magna Charta e sulla figura del cardinale GUALA BICHERI, e i nostri butcher non potevano non presentare una battuta a coltello studiata per la ricorrenza: la Magna Charnem, una tartare con una punta di agrodolce alla ciliegia accoppiata ad un’altra con tocco di cappero pantesco essiccato, mentre nel proprio stand i piatti che l’hanno fatta da padrone sono stati la battuta a coltello, la tagliata, gli hamburger, tutti rigorosamente di Fassone piemontese, accompagnati dalla giardiniera e da piatti tipici come la finanziera. Da macelleria a ristoretail, a street food? «Diciamo che partecipare ad un grande evento nella propria città è quasi un obbligo, però io lo chiamerei home food, anzi cibo di casa» Parola di Claudio Limberti (in foto con la moglie Gabriella e i figli Valentina e Umberto).

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MEAT BLOGGER

Vegan in macelleria? Parliamone di Andrea Laganga

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on vi preoccupate, il vostro butcher non è impazzito! Vi voglio invece raccontare cosa mi è successo qualche settimana fa. Ricevo una telefonata: dall’altra parte, a parlare c’è una di quelle attiviste vegan indiavolate, già in preda ad una crisi di nervi perché è in linea con un macellaio. Non una qualsiasi, ma lei, una delle voci più influenti del movimento vegano in Italia, DANIELA MARTANI. Forse la conoscerete come ex concorrente

del Grande Fratello 9, una vera “iena” spesso invitata dalle trasmissioni televisive in rappresentanza del plotone NO CARNE. Morale della favola, sono stato contattato da lei per un’intervista live nel suo programma radio “La mosca bianca”, che va in onda sull’emittente radio e Sky TV NSL Radio. Non mi voglio dilungare sull’intervista, che è stata molto corretta e professionale, anche simpatica, ma la voglio utilizzare come premessa

per l’articolo di questo numero. Proprio durante l’intervista, infatti, Martani mi ha lanciato una provocazione: “Caro macellaio, perché non inizi a vendere prodotti vegan in macelleria? Vedrai quanto guadagnerai e magari cambierai anche tu…”. Secondo voi è possibile? Partiamo prima dalle notizie del mondo che sto seguendo in questo periodo e in particolare una news proveniente dal Brasile che mi ha fatto parecchio riflettere.

È in continua crescita il mercato dei burger senza carne oggetto di investimenti anche da parte dei grandi Gruppi mondiali leader nella produzione di proteine animali (photo © Prostock-studio – stock.adobe.com).

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JBS lancia una linea di hamburger a base vegetale JBS, il più grande produttore di carne al mondo, ha lanciato sul mercato un hamburger a base vegetale, unendosi agli altri principali concorrenti di proteine animali. Il nuovo burger vegetariano, chiamato Incredible Burger, è a base di soia, grano, aglio, cipolle e barbabietole e viene prodotto e venduto dalla divisione di alimenti a valore aggiunto SEARA, con sede in Brasile. Nel suo briefing di mercato del primo trimestre, il 14 maggio scorso, GUILHERME CAVALCANTI, chief financial officer di JBS, intervistato dagli analisti finanziari sul nuovo hamburger a base vegetale, ha sottolineato il «focus continuo sull’innovazione» dell’azienda, confermando che Seara aveva recentemente lanciato questa nuova linea di prodotti «che hanno un sano e comodo appeal». Tra questi, appunto, l’Incredible Burger di Seara Gourmet, un’opzione per vegetariani e vegani con un «inconfondibile sapore di manzo», ma con ingredienti a base di verdura 100%, e la linea Seara Nature, con prodotti che utilizzano solo conservanti naturali, sodio ridotto e senza lattosio, e carni da animali alimentati con una dieta equilibrata di origine vegetale, composta da mais e soia biologici non transgenici. Il CEO globale di JBS FOODS, GILBERTO TOMAZONI, ha dichiarato che «la società non ha ancora rivelato la propria brand strategy in questo segmento, ma ha comunque iniziato a condividere col mercato la scelta di optare sui burger a base vegetale. Abbiamo un team globale che si occupa di innovazione e che ha sede a Chicago. Questo gruppo segue le tendenze dei consumatori in tutto il mondo e il trend dei prodotti NO MEAT sta catalizzando l’attenzione in termini di crescita e innovazione». Gli altri non stanno a guardare Anche altri due colossi dell’industria della carne statunitensi — TYSON FOODS e CARGILL — hanno segnalato le loro intenzioni di avventurarsi nella categoria delle

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In alto: Ethan Brown di Beyond Meat (photo © Beyond Meat). In basso: il Garden Gourmet Incredible Burger senza carne della Nestlé (photo © Nestlé). proteine alternative. Nel frattempo, BEYOND MEAT, la società americana creata dal miliardario vegano ETHAN BROWN nel 2009, ha raccolto quasi un quarto di miliardo di dollari per coltivare la sua linea di carni a base vegetale. Mentre la popolarità degli hamburger a base vegetale prodotti da aziende come BEYOND MEAT e IMPOSSIBLE FOODS continua ad aumentare, una serie di altri marchi tradizionalmente incentrati sulla carne si stanno concentrando sullo sviluppo di prodotti vegetariani concorrenti. All’inizio di quest’anno, Nestlé ha presentato il suo Garden

Gourmet Incredible Burger in Europa (disponibile come parte del nuovo hamburger di MCDONALD’S The Big Vegan in Germania) e prevede di lanciare una simile opzione chiamata Awesome Burger negli Stati Uniti attraverso il suo marchio Sweet Earth. Insomma, questi sono grandi marchi già pronti, o per lo più già partiti con una serie di macro investimenti per il mercato vegan. Ora, se questi colossi citati hanno stimato una considerevole fetta di clientela vegan su cui investire, anche noi butchers qualche riflessione dovremmo farla. Andrea Laganga

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SPECIALE BBQ

Estate, tempo di grigliate all’aperto, tempo di Irish beef

Lo chef Alberto Canton ci svela i segreti per un barbecue a regola d’arte

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n estate, sempre più spesso, le grigliate sono considerate un bellissimo momento di convivialità da vivere con amici e parenti. Che sia in giardino, in terrazzo o in qualsiasi luogo all’aperto, è uno dei modi migliori per godere del bel tempo e un modo divertente per organizzare cene e pranzi in cui i protagonisti assoluti sono solo il buon cibo, accompagnato da pia-

cevoli chiacchiere tra amici. Lo sa bene lo chef ALBERTO CANTON, proprietario del ristorante Bocon Divino di Camposampiero (PD), amante ed esperto di carne irlandese da 25 anni, quando ne ha scoperto le caratteristiche intrinseche: la tenerezza, il profumo e il grasso edibile, una prerogativa esclusiva nel suo genere. La passione per la carne irlandese lo ha spinto a

entrare a far parte dello Chefs’ Irish Beef Club (CIBC), iniziativa gestita da BORD BIA, l’ente governativo che promuove l’industria del food & beverage irlandese, di cui fanno parte prestigiosi chef riconosciuti a livello internazionale, alcuni dei quali stellati, che promuovono e valorizzano la carne di manzo irlandese nei loro ristoranti. Ma quali sono i must per un barbecue a regola d’arte? Per

Costolette di manzo irlandese al barbecue. Per avere una carne che sia al sangue, ma allo stesso tempo calda, bisogna tirar fuori la carne dal frigo almeno un’ora prima della cottura in modo che sia a temperatura ambiente (photo © irishbeef.co.uk).

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organizzare una grigliata bisogna in primis assicurarsi di avere carbonella e un accendino, vassoi resistenti al calore, coltelli ben affilati, guanti adatti e posate per la griglia, come ad esempio un forchettone. E, come afferma anche lo chef Canton, la cosa più importante per un BBQ perfetto è la qualità della carne! Per questo gli abbiamo chiesto il suo personale vademecum per un barbecue da 10 e lode. I dieci consigli dello chef 1. Il barbecue migliore è quello a legna, in quanto dà un risultato eccellente a livello di gusto: infatti, quando cade la goccia di grasso sulla legna, il fumo che emana affumica e profuma la carne naturalmente. La vite, l’ulivo o l’alloro sono le tipologie di legno più adatte a questo scopo. 2. Per una cottura ottimale, che renda la carne ben cotta all’esterno ma calda e al sangue all’in-

terno, bisogna cuocerla circa 3-4 minuti per lato. Molto dipende comunque anche dalla potenza dalla griglia che si utilizza. 3. Per avere una carne che sia al sangue, ma allo stesso tempo calda, bisogna tirar fuori la carne dal frigo almeno un’ora prima della cottura in modo che sia a temperatura ambiente. Un altro consiglio è quello di mettere la carne sulla griglia quando il caldo non è ancora al massimo, in quanto l’eccessivo calore brucerebbe soltanto l’esterno senza cuocere e scaldare l’interno. 4. I tagli di carne bovina migliori per la griglia sono quelli del costato come il cube roll, l’entrecôte e la fiorentina. 5. I condimenti più adatti per una buona carne alla griglia sono i più naturali: sale grosso e olio extravergine di oliva, che conviene passare su entrambi i lati del taglio dopo aver fatto un primo

giro veloce di cottura, in modo tale che il sale non irrigidisca le fibre, rendendo poi la carne “dura” alla masticazione. 6. Per fare dei “cambi” di carne, ad esempio dal manzo all’agnello, è opportuno pulire leggermente la brace prima con delle spazzole o spugne in ferro e a seguire un panno umido. 7. Il must dei contorni per la carne alla brace è rappresentato sicuramente dalle patate, ma anche da verdure e insalata. 8. La carne va marinata solo se ha qualche difetto di gusto perché la marinatura ne modifica il sapore e la qualità. 9. Un particolare molto importante a cui bisogna far attenzione per ottenere una carne tenera sul barbecue è la frollatura (stagionatura), che deve essere di almeno 28 giorni-1 mese. 10. È importante conoscere la potenza della griglia che si usa.

Lo chef Alberto Canton, del ristorante Bocon Divino di Camposampiero (PD), apprezza e sceglie per il suo locale irlandese da ben 25 anni, da quando cioè ne ha scoperto le caratteristiche intrinseche: la tenerezza, il profumo e il grasso edibile, una prerogativa esclusiva nel suo genere.

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Una selezione di coltelli e accessori per fare di ogni barbecue un capolavoro!

Berkel barbecue lovers

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estate è il periodo ideale per organizzare barbecue e grigliate. Da BERKEL — azienda di riferimento per chi è alla ricerca di affettatrici uniche e di qualità sia per uso domestico che professionale — arriva una linea di coltelli e accessori che coniugano performance e design per risultati da veri “re della griglia”. Diverse linee di coltelli che fondono il fascino di un’arte millenaria con le più avanzate tecniche di lavorazione e con la ricerca dei materiali più pregiati. Per garantire risultati e prestazioni eccellenti anche nel taglio manuale, Berkel ha acquisito una storica coltelleria di Maniago (PN), la cittadina friulana che vanta un’antichissima tradizione nella lavorazione delle lame.

Dalle mani sapienti dei maestri coltellinai nascono così veri capolavori di artigianalità, espressione di uno stile inconfondibilmente made in Italy. Design, forza e struttura Per i coltelli firmati Berkel solo gli acciai migliori per la lavorazione artigianale delle lame, manicature pregiate (legni rari, bufalo, cervo, resina), la garanzia di un prodotto realizzato in Italia e l’elegante firma Berkel incisa sulle lame è sigillo di qualità. La giunzione perfetta tra lama e manicatura assicura un livello di ermeticità assoluta e garantisce il massimo dell’igiene, mentre le eccellenti caratteristiche di affilatura, durezza e flessibilità della lama,

Dal forchettone ideale per tenere in posizione durante il taglio carni cotte e calde o pollame arrosto o rigirare le carni sulla griglia senza scottarsi, al coltello ideato per rimuovere agevolmente le ossa di carne, pesce e pollame di diverse dimensioni. Per autentici re della griglia!

garantiscono precisione e sicurezza in tutte le operazioni di taglio, dalla carne al pesce, dai salumi alle verdure.

Dall’alto, il Forchettone 18 cm e il coltello Filetto 21 della linea Elegance; il coltello Disosso 16 cm della linea San Mai e il coltello Arrosto 22 cm della linea Adhoc.

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Tagliere in faggio e acciaio inox. Le proposte Berkel • Elegance è la linea che identifica l’inconfondibile stile Berkel: lame forgiate a mano e manicature in resina nei tre colori della tradizione (rosso, nero e crema) impreziosite dalla firma color oro. Fa parte di questa collezione il Forchettone 18 cm, studiato per pezzature di medie dimensioni, ideale per tenere in posizione durante il taglio carni cotte e calde o pollame arrosto o rigirare le carni sulla griglia senza scottarsi. Sempre di questa collezione, il coltello Filetto 21 cm, stabile e maneggevole ideale per ricavare il miglior filetto eliminando eccessi di grasso o per spinare il pesce. Grazie alla precisione del taglio, questo coltello limita gli scarti anche su pezzature di piccole dimensioni. • La serie San Mai, ispirata alle antiche spade dei samurai giapponesi, è realizzata con uno speciale acciaio laminato (VG10) a 67 strati prodotto dalla giapponese Takefu Steel secondo una tecnica di lavorazione che si basa sull’antica arte della katana, la tradizionale spada a lama curva usata dai temutissimi guerrieri del Sol Levante. La lama si compone di una parte centrale in acciaio ad alto tenore di carbonio, particolarmente duro e resistente, che garantisce eccezionali prestazioni di taglio e un’ottima tenuta del filo all’usura, e da due strati

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esterni in acciaio inossidabile damascato, a 33 strati per lato, che conferiscono alla lama una maggiore resistenza alla corrosione e alla torsione. L’impugnatura in palissandro e il pattern damascato della lama rendono la collezione particolarmente preziosa e raffinata. Particolarmente utile in occasione di barbecue e grigliate il coltello Disosso 16 cm, ideato per rimuovere agevolmente le ossa di carne, pesce e pollame di diverse dimensioni. • Forza e stile si concentrano nelle impugnature accattivanti dei coltelli forgiati Adhoc. Di questa serie fa parte il coltello Arrosto 22 cm, appuntito e maneggevole, per affettare senza strappi carni cotte o arrosto. • Per servire salumi e pietanze, ecco gli eleganti taglieri realizzati artigianalmente da un’importante falegnameria italiana, con i legni più pregiati; studiati ad hoc per le affettatrici Berkel (elettriche o a volano) sono in legno di faggio e acciaio inox: una pratica scanalatura ne facilita il posizionamento sulle macchine. • Completano la collezione Berkel i grembiuli realizzati in resistente filato di puro cotone dotati di una pratica e spaziosa tasca e disponibili nell’inconfondibile rosso Berkel o nell’elegante versione in nero. >> Link: www.theberkelworld.it


The Bastard, Serious Outdoor Cooking

La rivoluzione olandese del barbecue a carbonella

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onostante la sempre maggior diffusione negli ultimi anni di barbecue a gas, elettrici oppure a pellet, per molti Italiani la carbonella continua oggi a rimanere la scelta migliore quando si organizza una grigliata. Gli amanti della tradizione, infatti, non vogliono rinunciare al profumo e al sapore che viene conferito alle pietanze da una cottura a carbone. Questa modalità di cottura, oltretutto, garantisce prestazioni sempre ottimali grazie alla grande elasticità nei tempi di cottura conferita dalla lenta combustione del carbone. Inoltre, i barbecue a carbonella, specialmente quando utilizzati du-

rante le escursioni, possono essere alimentati con la legna raccolta in loco. Fondamentali, nella scelta di un grande barbecue a carbonella, sono ovviamente i materiali di costruzione, dato che il braciere deve resistere a temperatura elevatissime e la struttura deve essere piuttosto resistente in modo da sopportare qualsiasi condizione climatica. Cucinare all’aperto, tutto l’anno Ogni marchio che produce barbecue a carbonella ha una sua idea precisa di quello che vuole offrire alla sua clientela, ma per un novizio può essere, a volte, difficile orientarsi di fronte ad un’offerta così sterminata.

Design essenziale olandese per un barbecue innovativo realizzato in ceramica di cordierite, molto resistente alle alte temperature

Per chi si ritiene già un professionista del BBQ, ma anche per i semplici appassionati che vogliono cucinare ottenendo ottimi risultati c’è The Bastard*. Design olandese e ceramiche industriali di altissima qualità (cordierite**) — con 20 anni di garanzia — per un barbecue che resiste senza alcun problema a tem-

Arrostire, affumicare, cuocere al forno e a bassa temperatura, grigliare. The Bastard BBQ permette di realizzare al meglio diversi tipi di pietanze: carne, pesce, verdure e anche la pizza (photo © Arthur van Diest Fotografie).

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perature altissime. Anche le parti secondarie sono infatti realizzate con acciaio inossidabile o acciaio temprato rifinito con una verniciatura a polvere per la massima resistenza alle intemperie. Bello, potente, versatile, facile da usare, The Bastard consente di grigliare, arrostire, affumicare, cuocere al forno e a bassa temperatura piatti di carne, pesce o verdure e anche la pizza. Da utilizzare tutti i mesi dell’anno, sul balcone, la terrazza o il giardino, The Bastard è disponibile in quattro modelli (The Bastard Compact, The Bastard Small, The Bastard Medium con e senza supporto, The Bastard large con e senza supporto), adattandosi quindi perfettamente alle diverse esigenze di ognuno di noi, insieme ad una vasta gamma di accessori. Per celebrare i primi 5 anni di The Bastard, inoltre, è stata realizzata un’edizione speciale limitata: The Bastard Large Urban, con finitura completamente nera opaca. •

Distributore per l’Italia: Pentole Agnelli Professional Cookware Baldassare Agnelli Spa – Bergamo www.pentoleagnellishop.it www.pentoleprofessionali.it thebastard.com

Note * The Bastard è un Mushikamado. Tradizionalmente, il Kamado era un antico forno in ceramica utilizzato in Estremo Oriente con un’incredibile capacità di esaltare del gusto delle pietanze. Durante l’occupazione del Giappone, furono alcuni soldati americani a prendere ispirazione dal Mushikamado — un forno trasportabile che le famiglie utilizzavano nelle cerimonie — per creare una nuova tipologia di barbecue. ** La ceramica di cordierite, così nominata in onore del geologo francese PIERRE L. A. CORDIER (17771861) che la scoprì, è un tipo di allumino silicato di magnesio. Possiede proprietà di resistenza agli shock termici particolarmente buone, vantando inoltre una bassa conduttività ed espansione termica.

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The Bastard BBQ a carbonella con supporto.

Il “cannibale” testimonial di The Bastard BBQ Si è guadagnato il soprannome del “cannibale” per la grinta e la determinazione che lo spingono a raggiungere ogni obiettivo, personale e professionale. MICHELE CANNISTRARO, lo chef partecipante alla terza edizione di Masterchef Italia e vincitore di Masterchef All Stars Italia (stagione 2018/19), è molto seguito sui social dove condivide la sua passione per la cucina e le cotture al barbecue con The Bastard, del quale è testimonial. Quali sono i punti di forza di questi barbecue? «Sono perfetti sia per chi si avvicina alle cotture BBQ ma anche per noi cuochi esperti o professionisti».

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Il bue solidale

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ulla scia del primo evento organizzato insieme all’associazione Butchers for Children e tenutosi a Genazzano (Roma) nel giugno 2018, il comitato de Il Gusto della Solidarietà, è tornato con un bellissimo evento che, nelle due giornate del 15 e 16 giugno, presso il parco degli Elcini, ha radunato tantissimi carnivori e appassionati delle cotture alla brace. Sotto la regia del maestro delle carni MARIO ANGELUCCI, e con la collaborazione del comune di Genazzano, ROMAIL, Procarni, Reteimpresa, Saltatempo e della Macelleria da Carlo di Genova, la manifestazione Bue allo Spiedo è stata una grande celebrazione della carne di qualità. La cottura del bue è iniziata il sabato mattina alle 9:00, seguita da una serata a tutto BBQ, con musica dal vivo ad accompagnare la “visione”

della cottura. Domenica mattina il bue è stato spolpato e servito alle persone presenti, quindi sono state battute all’asta due costate, una delle quali, fornita dal super butcher genovese Carlo Ferrando, era una Sashi Saiko. «Anche quest’anno siamo riusciti a centrare l’obiettivo» ha dichiarato con emozione Mario, che al figlio Luca ha dedicato la manifestazione. «Abbiamo raccolto 14.000 euro che sono stati interamente devoluti al reparto di ematologia pediatrica del Policlinico Umberto I di Roma. Fa piacere constatare che in un mondo sempre più votato all’individualismo e poco incline all’empatia, siamo in realtà ancora capaci di grandi slanci di generosità. E allora auspichiamo un futuro dove la solidarietà possa creare sentimenti di unione e fratellanza per migliorare la vita di chi

vive momenti di difficoltà, perché se ci sono solidarietà e unione allora anche un grande dolore può non essere stato vano e far nascere la speranza». • Per info e contributi alla onlus ROMAIL, www.romail.it

Mario Angelucci, promotore e regista dell’evento Bue allo Spiedo 2019, svoltosi a Genazzano, in provincia di Roma, lo scorso giugno (photo © Aldo Maffioli). 72

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Mangiare dell’ottima carne in compagnia e fare beneficenza per una causa importante: questo è stato Bue allo Spiedo 2019

CARRELLO RIBALTATORE

CARRELLO MULTILIFT

SCOTENNATRICE/PELATRICE CARNI FRESCHE E STAGIONATE

CONFEZIONATRICE SOTTOVUOTO A NASTRO

Mangiare dell’ottima carne in compagnia e fare una buona azione: ecco il significato di questo bellissimo evento alla sua seconda edizione. «Grazie per aver creduto in questo progetto tanto quanto io e la mia famiglia l’abbiamo desiderato e voluto» ha dichiarato Mario Angelucci. «Non ci fermeremo, vi aspettiamo il prossimo anno». Ed eccolo qui il bue fatto allo spiedo. Un bovino di 395 kg di peso selezionato e frollato dalla Procarni di Genazzano, aperto come se fosse “un polletto alla diavola”, poi arrostito per una notte intera e mangiato tutti insieme!

Tel. (+39) 0521 836670 Eurocarni, 8/19

info@cavallimpm.it www.cavallimpm.it


1/2/3) Alcuni momenti salienti della due giorni carnivora: l’arrivo del bue e la sistemazione per la cottura, durata una notte intera. 4) L’azzurro Orlando di Mario, con la maglia della Nazionale Italiana Macellai di cui fa parte, che ha guidato l’asta. 5) Bue allo Spiedo 2019 è stato organizzato con la collaborazione di comune di Genazzano, Onlus ROMAIL, Procarni, Reteimpresa, Saltatempo e Macelleria da Carlo di Genova (photo © Aldo Maffioli).

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1) Mario Angelucci. 2) La costata finlandese Sashi Saiko fornita da Carlo Ferrando della macelleria Da Carlo di Genova. Questa tipologia di carne viene definita la Wagyu europea, visto l’elevato grado di marezzatura. 3) Al termine dell’evento, asta compresa, è stata raccolta la somma di 14.000 euro interamente devoluta al reparto di ematologia pediatrica del Policlinico Umberto Primo di Roma. 4) Mario Angelucci, Elisa Moroncelli e Gaetano Ciani.

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SPECIALE BAVIERA

Alla scoperta del Manzo Bavarese Igp – Bayerisches Rindfleisch

La Baviera nel piatto, a quota 2.200 metri di Elena Benedetti

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ual è il segreto di una carne super? Sarà una questione di genetica? Sicuramente le razze selezionate dal tempo e dalla tradizione zootecnica contano, e non poco. Come conta anche il territorio, che rimanda ad un certo modo di allevare che tende ad elevare il benessere degli animali e la loro libertà di movimento. Non ultimo, c’è la corretta lavorazione delle carni, che esalta la materia prima grazie a mani esperte, formate da un’industria moderna e collaudata. Insomma, non è certo cosa da poco attraversare tutta una filiera di carne per raggiungere un prodotto perfettamente bilanciato tra imprinting di razza, alle-

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vamento in natura e sua trasformazione. Siamo andati nel sud della Germania, più precisamente nel Länder più grande, la Baviera, una regione che per conformazione geografica e climatica è da sempre vocata all’agricoltura e alla zootecnia da carne. Qui abbiamo scoperto l’IGP Manzo Bavarese, in tedesco Bayerisches Rindfleisch g.g.A., che, con una nuova campagna di promozione europea, è uscito dal perimetro locale del proprio territorio e si sta affacciando ai vari mercati europei. Lo scorso 1o luglio il Consorzio di Tutela del Manzo Bavarese IGP ha presentato il prodotto in una cornice davvero unica: il rifugio della cima del Nebelhorn, a quota

2.200 metri, sulle Alpi Bavaresi. Una struttura dalle linee moderne ed essenziali che si apre a un paesaggio semplicemente mozzafiato, raggiungibile a piedi con 3-4 ore di cammino dalla cittadina di Oberstdorf o in alternativa con tre funivie che attraversano sentieri, versanti di montagna, strade ferrate, pascoli e una ricca vegetazione. Qui si sono dati appuntamento allevatori, buyer, macellerie e ristoratori per celebrare una filiera della carne proveniente da capi nati e allevati in Baviera con metodi tradizionali e da razze locali. MICHAEL KELLER, maestro macellaio e sommelier delle carni, si considera un ambasciatore gourmet delle proteine animali. «In un contesto di

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Quando è l’Indicazione Geografica Protetta a fare la differenza Grazie alle condizioni geografiche e climatiche, la composizione del patrimonio bovino bavarese si discosta notevolmente da quella del resto della Germania. La differenza è particolarmente marcata rispetto ai Länder della Germania settentrionale, dove predomina la razza da latte Holstein-Frisia, mentre in Baviera l’80% della mandria è costituito dalla Pezzata rossa a duplice attitudine, seguita dalla Bruna e dalla Gialla di Franconia. Altre razze presenti in Baviera sono la Murnau-Werdenfelser e la Pinzgauer, adattatesi alle condizioni locali. Il manzo bavarese IGP — Bayerisches Rindfleisch — può provenire soltanto dalle razze tradizionali bavaresi e cioè la pezzata rossa, la bruna, la gialla di Franconia, la Pinzgauer e la Murnau-Werdenfelser. Le carni bovine tutelate dall’IGP Bayerisches Rindfleisch devono inoltre rispondere a rigorosi criteri di età e di peso alla macellazione, a seconda del tipo di animale. Nel vitello l’animale è svezzato all’età minima di 5 mesi e macellato non oltre gli 8 mesi, al raggiungimento di un peso compreso tra i 120 kg e i 220 kg. Nel manzo l’animale ha un’età compresa tra gli 8 e i 12 mesi e un peso tra i 150 e i 300 kg. Il bovino adulto, maschio o femmina, presenta un’età non inferiore ai 12 mesi e un peso non inferiore a 220 kg. I tori devono avere, alla macellazione, un peso massimo di 430 kg e un’età non superiore ai 24 mesi. Le vacche devono essere macellate ad un’età non superiore ai 7 anni e con un peso massimo di 450 kg (fonte: Disciplinare di produzione Bayerisches Rindfleisch – Manzo Bavarese Igp).

produzione industriale in cui vige sempre la battaglia sul prezzo, ed è quest’ultimo il più delle volte a vincere, la mia idea è invece quella di ridurre il consumo di carne a livello di quantità a favore della qualità» ha sottolineato Keller nel corso di una demo di taglio del Manzo Bavarese IGP. «Oggi non si parla più genericamente di carne bovina, ma di razze, animali, varietà di tagli, metodi di maturazione e anche di processi di cottura. In questo modo creiamo il valore del prodotto con uno storytelling che porta l’animale prima, e la sua carne dopo, al centro di tutto» ha rimarcato Michael. Il Manzo Bavarese preserva le antiche razze locali, come la Murnau Werdenfelser, la Pinzgauer Rind,

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Hans Auer, capo della cooperativa Erzeugergemeinschaft Südbayern, e il maestro macellaio Michael Keller.

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1) Manzo bavarese Igp. 2) Foto di gruppo a quota 2.224 metri di altezza dalla cima del Nebelhorn. 3) Tra gli ospiti della serata di presentazione del Manzo Bavarese Igp anche Matteo De Poli e Michele Turetta di Polo Ristorazione con Ilenia Cremona e Beate Söder. la Gelbvieh e, soprattutto, la Fleckvieh, la Simmental, con il sigillo dell’Indicazione Geografica Protetta, in quanto nate, ingrassate e macellate in Baviera. «Con tempistiche di trasporto che non superano le 3 ore si ottiene ottima carne bovina prodotta in modo etico» ha proseguito Keller. «L’allevamento e la trasformazio-

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Costituitosi nel 1967, il Consorzio allevatori della Baviera sudorientale è la più grande azienda di commercio di bestiame in Baviera, che, nonostante le tecnologie impiegate e una moderna struttura aziendale, fa della tradizione la garanzia di qualità del proprio prodotto. Con sede a Pocking, conta circa 8.500 aziende agricole della Bassa Baviera, dell’Alto Palatinato e dell’Altobavarese. Il 62% degli agricoltori è anche allevatore e rifornisce i capi al Consorzio per la macellazione e la commercializzazione del Manzo Bavarese IGP.

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ne della carne dei bovini di razza Simmental in Baviera ha alle spalle una storia lunga 180 anni sia nell’economia della carne che in quella casearia». L’altro passaggio fondamentale è la sua maturazione. «La parola magica di oggi è Dry Aged, ovvero la maturazione a secco in celle frigorifere a 0-2 °C (temperatura ambiente), con il 75-80% di umidità e un raffreddamento che consente di raggiungere una sintesi perfetta di intensità e persistenza gustativa della carne bovina dopo 28-50 giorni» ha detto Keller. Il maestro macellaio è quindi passato ad illustrare i principali tagli che esaltano il sapore del Manzo Bavarese IGP nel piatto. «Le nostre conoscenze si rifanno sempre alla tradizione del BBQ e dei tagli made in USA, dove culturalmente non si parla solo di bistecche, entrecôte o filetti, ma anche e soprattutto di flank steak, flat iron, picanha e spider steak, solo per citarne alcuni» ha precisato Keller, sezionando in diretta, coltello alla mano, i vari tagli. La serata è proseguita con una magica cena firmata dallo chef stellato MICHAEL PHILLIP al ristorante Gipfelrestaurant Nebelhorn 2224, con tre portate che hanno valorizzato tre tagli diversi di Manzo Bavarese IGP: lingua per l’antipasto, guancia per il ripieno dei ravioli e filetto per la portata principale. Phillip fa parte del circuito JRE-Jeunes Restaurateurs Europe e, insieme alla moglie HEIKE, gestisce il ristorante Philipp in Franconia, a Sommerhausen am Main, nel quale reinterpreta la cucina francese con contaminazioni e materie prime della sua terra. Ambasciatore del gusto del Manzo Bavarese IGP Phillip non ha dubbi: «Sono convinto che la carne di Manzo Bavarese IGP abbia a pieno titolo conquistato un posto di altissimo livello nell’offerta di carni di qualità anche nella ristorazione». >> Link: manzo-bavarese-igp.eu Nota Alle pagine 76 e 77 photo © ARochau – stock.adobe.com

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In alto: gli animali di razza Fleckvieh o Simmental bavarese, con il loro pascolo, sono perfettamente integrati all’ambiente che li ospita (photo © haiderose – stock.adobe.com). In basso: lo chef stellato Michael Phillip ha firmato una magica cena al ristorante Gipfelrestaurant Nebelhorn 2224, con tre portate che hanno valorizzato tagli diversi di Manzo Bavarese Igp: lingua per l’antipasto, guancia per il ripieno dei ravioli e filetto per la portata principale.

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INDAGINI

La valorizzazione commerciale delle produzioni di razze autoctone di Giovanni Belletti, Elena Favilli, Andrea Marescotti e Diego Pinducciu

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l patrimonio di biodiversità rappresentato dalle risorse genetiche animali costituisce un grande valore per la collettività e per le future generazioni, ma è molto spesso minacciato di erosione genetica o addirittura di estinzione a causa delle difficoltà che gli allevatori incontrano nel dare una remunerazione alla propria attività ottenendo sul mercato prezzi adeguati. Tali difficoltà sono in larga parte originate dagli attuali assetti

del sistema agroalimentare e delle filiere che, imponendo modalità di scambio pienamente coerenti ai modelli di produzione e di consumo standardizzati e a grande scala, hanno determinato un progressivo smantellamento dei circuiti locali di commercializzazione e dunque la marginalizzazione di numerose produzioni legate alle risorse genetiche locali. Le iniziative di recupero e di tutela delle risorse genetiche au-

toctone animali necessitano pertanto di essere accompagnate da adeguate azioni di qualificazione e di valorizzazione che, riattivando le filiere locali e i circuiti brevi, siano capaci di rafforzare la cultura tradizionale della produzione e della trasformazione locale; in questo modo, risorse genetiche autoctone possono diventare una componente importante per lo sviluppo più complessivo del territorio rurale (BELLETTI -C ASABIANCA -M ARESCOTTI , 2012).

Bovini di razza Maremmana. La Maremmana, discendente dalla Grigia della steppa o Podolica, è una razza rustica e frugale, resistente alle malattie e alle difficoltà climatiche. Ha contraddistinto per secoli le zone paludose della Maremma e si dimostra particolarmente adatta all’allevamento allo stato brado in ambienti marginali (photo © Visit Tuscany).

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Il presente contributo riporta i risultati di una ricerca1 sul posizionamento dei prodotti freschi e trasformati derivanti da alcune razze autoctone della provincia di Grosseto sui mercati locali, nazionali e internazionali, con l’obiettivo di evidenziare i vincoli e le opportunità che si presentano alle aziende agricole per una migliore valorizzazione dei prodotti sul mercato. Con il termine posizionamento, nella letteratura di marketing, si intende la collocazione di un determinato prodotto in un definito sistema di percezioni espresse dal consumatore, anche in relazione a un’offerta complessiva di prodotti concorrenti. Il posizionamento rappresenta una decisione chiave nella politica di marketing dell’impresa e più in generale nell’elaborazione della propria strategia. Per l’impresa, infatti, decidere il posizionamento del proprio prodotto e valutarne la percezione da parte degli utilizzatori è condizione preliminare a ogni decisione aziendale sui prodotti e ad ogni scelta riguardante la politica di mercato; allo stesso tempo, agire sul posizionamento del proprio prodotto significa mettere in atto una serie di azioni volte a migliorare la posizione competitiva del prodotto stesso e dunque a migliorarne la valorizzazione. Le basi rispetto alle quali l’impresa può fondare il posizionamento del proprio prodotto (GUATRI-VICARIFIOCCA, 1999) possono essere diverse e possono variare — anche in funzione delle specificità del prodotto — da quelle più tradizionali, quali il prezzo e il rapporto qualità/prezzo, le occasioni d’uso e utilizzi particolari, le proprietà chimico-fisiche, organolettiche o nutraceutiche, fino a dimensioni più simboliche e/o immateriali, quali ad esempio l’immagine posseduta dal produttore, o dal territorio, o dalla regione d’origine. Il posizionamento non necessariamente deve essere riferito al consumatore finale, ma in molti contesti può essere interpretato anche come posizionamento distributivo, ovvero riferito agli intermediari commerciali (e ai relativi canali) rilevanti

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per l’acquisto del prodotto. Nella ricerca l’analisi del posizionamento è stata sviluppata in riferimento ai prodotti derivanti da tre razze autoctone presenti sul territorio della provincia di Grosseto e di particolare rilievo non solo da un punto di vista biologico e zootecnico, ma anche socio-economico: la vacca Maremmana, il suino Macchiaiolo Maremmano e la pecora dell’Amiata. Si tratta di tre razze con consistenza e con problematiche inerenti la loro preservazione e la loro valorizzazione assai differenti, come emerso anche dalle analisi svolte nel corso del progetto (si veda ad esempio: PACCIANI-TOCCACELI, 2012). I prodotti derivanti dalle tre razze oggetto di osservazione sono realizzati da sistemi produttivi eterogenei. I sistemi produttivi della pecora Amiatina e del Macchiaiolo Maremmano sono costituiti da un numero molto ridotto di imprese di allevamento piccole e con caratteristiche di forte artigianalità, in alcuni casi hobbistiche o comunque scarsamente orientate al mercato, dove quasi sempre l’allevamento della razza osservata rappresenta un’attività accessoria. In questi anni l’attività è stata fortemente concentrata sul recupero della razza, con scarsa attenzione al rapporto con il mercato, anche a causa del volume produttivo ridottissimo. La trasformazione aziendale in salumi o in formaggio rappresenta in molti casi un’attività ancora embrionale o addirittura sperimentale (come nel caso dei salumi di Macchiaiolo). Nel caso della vacca Maremmana la razza è invece da tempo consolidata, il sistema produttivo è più evoluto e presenta una certa eterogeneità interna: accanto ad un certo numero di imprese di dimensioni ridotte operano alcune aziende di medio-grandi dimensioni rispetto al contesto di riferimento, che hanno sviluppato un proprio orientamento al mercato anche attraverso strategie di differenziazione e promozione2. Con riferimento ai tre casi analizzati, i prodotti freschi (carne) non sono identificati sul mercato con una marca del produttore, ma piut-


Suini di razza Macchiaiola Maremmana dell’azienda agricola Il Poggiolino di Montemurlo (photo © mercatoterradiprato.it). tosto con il riferimento alla razza e/o al territorio di produzione; anche nel caso dei prodotti trasformati la marca gioca un ruolo marginale. Il posizionamento del prodotto sul mercato è solo parzialmente il risultato dell’attività della singola impresa, che sia di allevamento oppure di trasformazione, ma è soprattutto dato dall’aggregato delle scelte delle singole imprese e di altri soggetti portatori di interesse nella razza. Emerge dunque l’importanza del coordinamento tra imprese per poter esprimere un posizionamento più efficace e coerente agli occhi del consumatore. La metodologia utilizzata si è basata sull’interazione diretta con operatori e testimoni privilegiati rappresentativi dei sistemi di offerta

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e di domanda, mediante interviste di tipo aperto sia ad allevatori che ad operatori della fase di trasformazione e distribuzione commerciale (ristoranti, macellerie tradizionali e punti di vendita diretta, servizi di ristorazione collettiva, imprese della grande distribuzione organizzata, gruppi di acquisto), sulla base di tracce di intervista predefinite, a cui si è aggiunto un focus group con gli allevatori delle tre razze indagate. I risultati dell’indagine Dall’indagine condotta emergono una serie di elementi interessanti relativi ai prodotti del territorio in generale e alle potenzialità (utilizzazione e posizionamento commerciale) dei prodotti derivanti dalle razze autoctone oggetto d’indagine.

I prodotti del territorio rappresentano, per gran parte dei soggetti intervistati, un punto di forza delle proprie strategie commerciali e di vendita. Il loro utilizzo, per quanto concerne nello specifico la carne e i prodotti trasformati, trova maggior spazio nell’ambito della ristorazione e della vendita al dettaglio (macelleria aziendale e/o tradizionale), ma anche la Grande Distribuzione Organizzata (GDO) e la ristorazione collettiva, pur con ambiti operativi e obiettivi differenti, porgono particolare attenzione sulla scelta della provenienza e della qualità del prodotto carne e derivati. I punti principali emersi dall’indagine sono sintetizzabili nei seguenti: • fattori di scelta: nel periodo di crisi che caratterizza da qualche anno l’economia, i fattori economici alla base della capacità di acquisto dei consumatori assumono un ruolo primario, finendo per condizionare la scelta del prodotto locale. Al contempo, anche fattori sociali ed etici rappresentano un elemento sempre più rilevante nella scelta dei prodotti alimentari. Come emerge, ad esempio, dalle interviste presso i responsabili delle mense scolastiche, nella composizione dei pasti gli organismi preposti operano per garantire il corretto equilibrio nutrizionale nel rispetto della sicurezza alimentare, ma anche per rispondere a nuove istanze, come accade in relazione al crescente numero nelle scuole di bambini che, per motivi di salute (intolleranze, allergie, ecc…) o etico-religiosi, non consumano alcune tipologie di alimenti; • approvvigionamento del prodotto: per quanto concerne il sistema di acquisto della carne, il ricorso all’approvvigionamento locale dal territorio assicura, per la maggior parte dei soggetti, l’affidabilità dei fornitori con i quali si collabora e con cui è possibile stringere un più stretto rapporto di fiducia. Il rapporto diretto con i produttori/allevatori è tuttavia limitato ad alcuni casi, e da molti operatori — in special modo

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quelli che richiedono maggiori volumi e continuità di fornitura, quali moderna distribuzione e mense — è avvertita la mancanza di un punto di riferimento aggregato che consenta di minimizzare i costi di transazione e di poter effettuare scelte di tagli anatomici più precise; • criteri di qualità richiesti: la maggior attenzione da parte degli intervistati è rivolta alla freschezza, attributo che in linea di massima sembra essere pienamente soddisfatto nei prodotti al momento acquistati. Altri criteri sono specifici per tipologia di soggetti distributori, per cui i clienti delle macellerie si soffermano sull’aspetto esteriore del prodotto o sulla tipologia del taglio, i ristoratori sulla tenerezza, sulla predisposizione a determinati tipi di preparazione e cottura e sulla “naturalità” degli insaccati, ovvero assenza di sostanze chimiche per la conservazione. La GDO necessita di requisiti che garantiscano tracciabilità e sicurezza, oltre che continuità e regolarità negli approvvigionamenti di quantità più elevate degli altri operatori, fatto che scoraggia al momento la possibilità di introduzione dei prodotti delle tre razze oggetto di indagine, e soprattutto del suino Macchiaiolo e della pecora dell’Amiata; • comunicazione e disponibilità all’acquisto del consumatore: i soggetti della distribuzione intervistati, consapevoli del valore intrinseco dei prodotti locali, dichiarano una disponibilità a pagare un sovrapprezzo per il prodotto locale rispetto al pari prodotto convenzionale, ma entro un limite medio che si aggira sul +30%, e cercano di comunicare il valore dei prodotti anche ai propri clienti attraverso diverse modalità, principalmente verbali dirette e in alcuni casi attraverso locandine, depliant o iniziative promozionali. L’atteggiamento del consumatore nei confronti del prodotto locale è influenzato da diversi fattori,

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tra cui il principale afferisce alla distinzione tra consumatore locale e turista, quest’ultimo più propenso e interessato (“curioso”) al prodotto tipico. Secondo numerosi intervistati, l’aspetto culturale o la fascia di reddito non sembrano essere un fattore che determina la scelta d’acquisto del prodotto locale, quanto piuttosto è la sensibilità verso determinate tematiche (ambientali, salutistiche, etiche) che sono alla base di una maggiore disponibilità a pagare l’eventuale sovrapprezzo rispetto al pari prodotto convenzionale; • razze autoctone: la vacca Maremmana è la razza più conosciuta e la sua carne risulta la più utilizzata sui vari canali di commercializzazione adottati (macellerie tradizionali e aziendali, ristoranti, ecc…). Questo grazie anche all’attività di valorizzazione, portata avanti da più di dieci anni, dai produttori e dalle istituzioni pubbliche locali, nonché attraverso il Presidio Slow Food che ha contribuito all’incremento della razza, alla sua diffusione e all’apprezzamento della carne non solo a livello locale, ma anche regionale e nazionale. Da quanto emerso nelle interviste con gli operatori del settore della distribuzione e del mondo del consumo, quello locale rappresenta al momento il canale di commercializzazione da potenziare per questa razza. In particolare, relativamente alla vendita di carne di vacca Maremmana al dettaglio,

un’opportunità potrebbe essere rappresentata dall’offerta in macellerie e punti vendita presenti in località turistiche. La vendita al dettaglio in piccoli centri abitati, soprattutto in zone montane, risulta invece complessa, soprattutto per la comunicabilità delle peculiarità della carne ai consumatori abituali, principalmente attenti al rapporto qualità/prezzo più che prestare attenzione al prodotto locale. Laddove il flusso turistico comporta la presenza di consumatori disposti a pagare un prezzo più alto per l’acquisto di prodotti legati al territorio che stanno visitando, la vendita di carne di Maremmana può invece rappresentare un’importante opportunità, purché sia curata la comunicazione delle caratteristiche legate al prodotto, che non sia solo verbale, ma effettuata eventualmente con l’aiuto di materiale informativo-divulgativo. La rete fra i punti vendita e le strutture turisticorecettive (infopoint, strutture alberghiere, ecc…) consentirebbe ai consumatori di avere a disposizione materiale informativo relativo al prodotto nonché indicazioni sulle macellerie dove poterlo reperire. Altro aspetto che potrebbe rappresentare un’opportunità per la valorizzazione della razza bovina Maremmana è l’inserimento della razza negli allevamenti di quelle macellerie che vendono carne di provenienza aziendale. Anche per quanto concerne il suino Macchiaiolo Maremmano, un’opportunità potrebbe essere connessa con la promozione dell’in-

Agriregionieuropa è una rivista scientifica riconosciuta dall’ANVUR per l’Area 13 – Scienze economiche e statistiche (ai sensi dell’art. 4 dell’allegato D del DM 120/2016). Essa ha un duplice obiettivo: favorire il dialogo tra ricerca scientifica e territorio in materia di agricoltura, agroalimentare e sviluppo rurale; coniugare la dimensione regionale con quella internazionale, dell’Unione Europea in particolare. Con la sua rete di esperti, Agriregionieuropa organizza e partecipa a seminari, convegni, iniziative pubbliche di approfondimento. Per i suoi scopi, ricerca la collaborazione delle Regioni e di tutte le istituzioni sul territorio. >> Link: agriregionieuropa.univpm.it

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La pecora dell’Amiata e delle Crete senesi è un tipo genetico della Toscana centrale e meridionale, appartenente alla famiglia dell’Appenninica, caratterizzato da buona attitudine alla produzione della lana e del latte, di qualità eccellente per la caseificazione. Anche la carne degli agnelli è tradizionalmente considerata di ottima qualità e quella dei riproduttori a fine carriera un tempo era utilizzata per la preparazione di prodotti locali da salumificio (fonte: www.georgofili.info; photo Clara Sargentini, Università di Firenze). serimento di suini macchiaioli negli allevamenti di quelle macellerie che vendono carne di provenienza aziendale; questo consentirebbe sia un aumento numerico dei capi che una maggior conoscenza delle caratteristiche della carne fresca e degli insaccati. Dalle interviste emerge che il Macchiaiolo risulta probabilmente la razza che suscita maggiore curiosità ed interesse da un punto di vista commerciale, manifestato in prevalenza dalle macellerie e dalla GDO per la carne fresca e per gli insaccati. Nei ristoranti, questa conoscenza è più approfondita e diverse sono le modalità con cui viene proposta questa razza nei menù. La pecora Amiatina è la razza che al momento risulta essere in generale meno conosciuta, probabilmente perché il processo di recupero e valorizzazione è ancora in corso sul territorio, un territorio che vanta una forte tradizione legata all’allevamento ovino e alla

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produzione di carne e latte, ma con altre tipologie di razze. L’interesse per questa produzione rimane, al momento, legato, per quanto concerne la carne, in prevalenza alla ristorazione, mentre nel circuito sia delle macellerie che della GDO e della ristorazione collettiva si mostra, in generale, meno interesse ad approfondire la conoscenza relativa. Alcune indicazioni operative per il posizionamento dei prodotti Le scelte relative al posizionamento dei prodotti in esame devono tenere conto delle specificità delle razze autoctone e dei sistemi di allevamento praticati, ed essere orientate dal principio della valorizzazione sostenibile al fine di garantire la riproducibilità delle risorse. La valorizzazione via mercato delle razze locali (costituite dal germoplasma, ma anche dai saperi e dalle modalità di organizzazione della produzione ad esse collegate), attraverso i prodotti da esse

ottenuti, richiede prima di tutto un attento esame delle modalità di incorporazione di tali risorse nei prodotti. Il processo di incorporazione deve essere realizzato con il concorso consapevole degli attori locali (imprese e altri portatori di interesse nella razza) e delle istituzioni scientifiche coinvolte, in modo da esaltarne la tipicità e renderne possibile la qualificazione agli occhi della società, e dunque la successiva commercializzazione. Una specifica attenzione deve poi essere dedicata alla fase di riproduzione delle risorse specifiche locali, in modo da mantenerne inalterate natura e caratteristiche. Un aspetto chiave da considerare è la relazione tra il posizionamento a livello aziendale (individuale) e il posizionamento a livello collettivo, tenuto conto che i prodotti esaminati in virtù delle loro caratteristiche possiedono un’immagine unica fortemente legata al nome della razza e al territorio. L’eterogeneità degli attori e delle loro aspettative può infatti impedire l’allineamento dei piani d’azione e l’adozione di una logica collettiva fin dalla fase di definizione dell’identità e della “qualità” del prodotto, ed è uno dei fattori di maggiore criticità riscontrati. Tra le altre criticità che emergono da altre esperienze di valorizzazione, e che sono presenti in misura differenziata anche nelle esperienze esaminate in questo studio, vi sono la difficoltà a riconoscere alcuni attributi qualitativi del prodotto da parte di parte dei clienti intermedi e finali, la difficoltà a raggiungere il consumatore attraverso i canali commerciali, e la minaccia di espropriazione delle risorse da parte di soggetti diversi da coloro che sono impegnati nel mantenimento della razza (allevatori). Scendendo in un maggiore dettaglio, l’analisi svolta dal lato dell’offerta ha evidenziato l’esistenza di significativi vincoli da parte dei sistemi locali di offerta che incidono in modo significativo sull’accesso ad alcuni canali e sulle alternative di posizionamento effettivamente praticabili. Tra questi

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vincoli emergono in particolare: • la frammentazione dell’offerta tra un numero elevato di imprese; • la difficoltà nel garantire continuità e puntualità delle consegne e la flessibilità sui quantitativi immessi alla distribuzione; • l’eterogeneità qualitativa dei prodotti e la mancanza di standard di prodotto condivisi, nonché di forme di garanzia all’acquirente; • la difficoltà nell’adeguamento alle norme igienico-sanitarie nelle fasi successive alla macellazione (trasporto carni, lavorazioni aziendali); • la carenza o la mancanza sul territorio di alcuni snodi fondamentali, in particolare a livello di strutture di macellazione, ma anche di servizi logistici e logistico-commerciali che siano in grado di garantire un raccordo operativo tra offerta e domanda (molto rilevante, ad esempio, nel raccordo con le piccole imprese del settore della ristorazione). La diversità dei prodotti esa-

minati rispetto ai prodotti della merceologia di riferimento (in termini ad esempio di colore, tenerezza, sapore, tempi e modalità di cottura), dovuta al loro legame con le razze locali e con il territorio, rappresenta un fattore di ostacolo nel rapportarsi con la domanda più ordinaria, ma può divenire un punto di forza se adeguatamente comunicata al consumatore e/o al cliente intermedio. Una comunicazione convincente si deve basare su una relazione stretta tra produttore e consumatore, che difficilmente può seguire forme codificate e su lunga distanza (a meno che non si consegua un forte coinvolgimento degli intermediari commerciali, risultato difficile da ottenere), e che può richiedere addirittura modalità contestuali di trasmissione volte ad accrescere il capitale di consumo del cliente. Nella definizione del posizionamento dei prodotti risulta necessario giocare sulla combinazione delle due leve della specificità e della provenienza, in quanto la seconda da sola — pur se più semplice da

comunicare — può rischiare di essere fuorviante e di non consentire di compensare il significativo gap di economicità che grava sui prodotti ottenuti dalle razze locali. Le maggiori potenzialità di valorizzazione dei prodotti delle razze autoctone oggetto di indagine sono presenti per gli allevamenti che effettuano anche vendita diretta (NAZIRI, 2009). Inoltre, alcune macellerie si sono mostrate interessate all’acquisto e alla vendita di prodotti provenienti da queste razze, specialmente di suino Macchiaiolo e, tra coloro che effettuano autoproduzione, anche all’inserimento nei propri allevamenti di alcuni capi della razza. Per intercettare il flusso di consumatori interessati ai prodotti del territorio e meno attenti al prezzo che contraddistingue le località turistiche della provincia, è necessario potenziare in tali aree l’offerta dei prodotti delle razze autoctone. A tal fine è auspicabile lo sviluppo di un circuito di macellerie (sia in località turistiche, ma anche e/o in centri abitati non di piccole dimensioni)

Il Parco naturale della Maremma (photo © Enjoy Maremma).

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Scottona maremmana (photo © The Butcher Baldacci, macelleria e ristorante a Livorno). e l’integrazione tra ristoratori, macellerie e salumifici/caseifici locali. La ristorazione rappresenta un canale particolarmente idoneo per il collocamento dei prodotti delle razze autoctone, in quanto la loro presenza nei menù costituisce un importante fattore nel marketing aziendale. Per alcuni ristoratori la difficoltà di approvvigionamento costituisce uno dei principali limiti ad un maggiore e più continuativo utilizzo nei menù dei ristoranti. In alcuni casi, infatti, manca una diretta conoscenza dei produttori dai quali rifornirsi, o comunque la carenza di tempo non permette di dedicarsi all’acquisto diretto in azienda. La figura di un intermediario locale che riesca a raccogliere e proporre questi prodotti sul mercato permetterebbe ai ristoratori, ma anche ad altri operatori della distribuzione, di superare tali specifiche problematiche, rafforzando la presenza dei prodotti locali nell’offerta. La componente culturale è un elemento fondamentale su cui si basano possibili azioni di valorizzazione e commercializzazione dei prodotti delle razze autoctone lo-

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cali. Sensibilizzazione, educazione, promozione, ma anche sostegno economico, sono le condizioni alla base delle iniziative da attivare, rivolte verso i consumatori in generale e, nel caso siano portate avanti nell’ambito della refezione scolastica, attraverso progetti specifici sulla territorialità dei prodotti, ovvero iniziative di valorizzazione che coinvolgano più soggetti istituzionali e privati attraverso corsi, degustazioni, visite in fattoria. Anche la formazione sulle modalità di utilizzo dei prodotti rivolta agli operatori del settore privato e pubblico (ristoratori, macellerie, trader, amministratori, ecc…) rappresenta un valido strumento per favorire lo sviluppo di opportunità commerciali dei prodotti delle razze autoctone e del territorio in generale. L’attivazione di eventi/corsi/ degustazioni sui prodotti tipici e locali presso i potenziali punti di vendita e di somministrazione (es. mercatini locali, fiere, manifestazioni e sagre, spazi dedicati nella GDO) è un’operazione strategica per la diffusione della conoscenza dei prodotti.

Conclusioni In conclusione, la ricerca, attraverso l’analisi di un caso di tre prodotti in provincia di Grosseto, ha evidenziato notevoli opportunità per la valorizzazione dei prodotti ottenuti dalle razze locali che risiedono principalmente nel rafforzamento dei circuiti locali, ma che per essere colte richiedono due principali presupposti. Il primo riguarda l’adozione di strategie di posizionamento e comunicazione che siano in grado di rafforzare il carattere identitario del prodotto, in stretta congiunzione però con le caratteristiche dei bioterritori in cui essi si collocano, considerati in tutta la loro complessità e ivi compresi i caratteri antropici legati anche alle culture di preparazione e di consumo degli alimenti. Tali strategie non possono però essere attuate dalle singole imprese, ma richiedono forme di organizzazione collettiva. Il secondo presupposto consiste nell’attenta selezione dei canali disponibili in funzione della ricerca di una coerenza tra le caratteristiche dei prodotti, e dei loro sistemi di produzione, e le caratteristiche dei diversi canali e modalità commerciali. Tale coerenza può essere supportata attraverso adeguate azioni di coinvolgimento degli attori, ma richiede comunque la riattivazione di circuiti locali di valorizzazione, sia pure su basi in gran parte diverse rispetto al passato. La scelta del posizionamento e delle modalità di valorizzazione deve tenere conto anche dei possibili effetti di feed-back che tale scelta può esercitare sulle modalità di gestione e di selezione della razza, e dei relativi sistemi di allevamento. In prospettiva, un punto di criticità potrebbe essere quello di prevenire eventuali usi impropri del nome della razza e della sua associazione con il territorio (THÉVENOD-MOTTET, 2010), il che richiede l’adozione di forme di tutela e comunque l’adozione di protocolli o disciplinari che definiscano le modalità di allevamento e di elaborazione/trasformazione dei prodotti ritenute indispensabili per preservarne l’identità e

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il legame con il territorio. Anche a questo fine appare essenziale il ruolo dell’azione collettiva, che può favorire l’aggregazione degli interessi degli allevatori e degli altri attori delle filiere ed esprimere così forme di governance delle iniziative di valorizzazione e di posizionamento dell’immagine dei prodotti, a cui le singole imprese potranno poi coordinarsi nei loro piani di marketing. In questo contesto va anche considerata l’esigenza di un sempre più stretto legame tra le decisioni di posizionamento e di marketing a livello del singolo prodotto e l’elaborazione di strategie di marketing territoriale in grado di valorizzare la capacità di far fronte all’omologazione dei sistemi di produzione e delle risorse biologiche, il che postula una capacità di aggregazione di interessi più ampi all’interno dei territori di produzione intorno a una visione condivisa dello sviluppo dei territori rurali. Giovanni Belletti Università di Firenze, Dip. di Scienze per l’Economia e l’Impresa Elena Favilli Diego Pinducciu Università di Pisa, Dip. di Scienze Agrarie, Alimentari e Agroambientali Andrea Marescotti Università di Firenze Dipartimento di Scienze Economiche, Agrobiodiversità e mercato Riferimenti bibliografici • BELLETTI G. (2003), Le denominazioni geografiche nel supporto all’agricoltura multifunzionale, Politica Agricola Internazionale, n.4, anno 2003, pp. 81-102. • B ELLETTI G., C ASABIANCA F., M ARE SCOTTI A. (2012), Local food quality and local resources, in: ARFINI F., MACINI M.C., DONATI M. (Eds.), Local Agri-food Systems in a Global World: Market, Social and Environmental Challenges, Cambridge Scholars Publishing, Cambridge, pp. 71-96. • B ELLETTI G., M ARESCOTTI A., P INDU CCIU D. (2012), Studio per il posizionamento dei prodotti trasformati derivanti dal germoplasma animale autoctono sui mercati

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nazionali ed internazionali inerenti il bioterritorio della provincia di Grosseto, Dipartimento di Scienze Economiche, Università di Firenze, Relazione finale, Firenze. GUATRI L., VICARI S., FIOCCA R. (1999), Marketing, Milano, Mc Graw Hill. IDDA L., BENEDETTO G., FURESI R. (2004), Il marketing territoriale per il settore agroalimentare, in G. ANTONELLI (a cura), Marketing agroalimentare. Specificità e temi di analisi, Franco Angeli, Milano. NAZIRI D. (2009), Direct sale as a means for promoting the sustainable use of plant genetic resources: the case of the Tuscany Region, Journal of Agriculture and Environment for International Development, 103(1/2), pp. 65-80. PACCIANI A., TOCCACELI D. (2012), Impatto socio-economico del germoplasma autoctono e del bioterritorio ai fini dello sviluppo del sistema territoriale Maremma e posizionamento sul mercato dei prodotti trasformati derivanti dal germoplasma animale, Università degli studi di Firenze, Dipartimento di Scienze Economiche, maggio 2012. THÉVENOD-MOTTET E. (2010), Geographical Indications and biodiversity, in: LOCKIE S., CARPENTER D. (Eds.), Agriculture, biodiversity, and markets, Earthscan, London, Washington D.C., pp. 201-212.

Note 1. La ricerca è stata realizzata dal Dipartimento di Scienze Economiche dell’Università di Firenze nell’ambito del Progetto di cooperazione transfrontaliera Italia-Francia “Vagal – Valorizzazione dei Genotipi Animali Autoctoni”, Regione Toscana – Provincia di Grosseto, cofinanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale della UE. Gli autori ringraziano i revisori anonimi per gli utili suggerimenti ricevuti. 2. Per una breve descrizione dei sistemi di produzione relativi alle tre razze oggetto d’indagine si rimanda a: BELLETTI, MARESCOTTI, PINDUCCIU, 2012. Fonte: AgriRegioniEuropa agriregionieuropa.univpm.it


ANALISI DI SETTORE

Ismea: tendenze e dinamiche della filiera ovicaprina italiana

La filiera ovicaprina

L

a filiera ovicaprina ha una scarsa rilevanza economica tra le produzioni agricole (carne e latte ovini rappresentano insieme poco più dell’1% del valore dell’agricoltura nazionale), ma da sempre è considerata strategica per lo sviluppo delle aree svantaggiate e per il ruolo sociale e ambientale che l’attività pastorizia garantisce in termini di presidio dei terreni marginali e la tutela della biodiversità. Il valore ambientale della filiera è senza dubbio superiore a quello economico misurato in termini di PIL (la pulizia dei terreni, prevenzione incendi e conservazione del paesaggio sono valori difficilmente quantificabili in termini economici, ma sicuramente necessari nelle aree

rurali). La filiera ovicaprina italiana è prevalentemente ad orientamento latte e la carne ne è un sottoprodotto (la carne ovina ai prezzi di base vale un terzo di quello del latte ovino). La crisi del comparto e la protesta dei pastori A febbraio 2019, la profonda crisi economica causata dal crollo del prezzo del formaggio Pecorino Romano DOP è sfociata in una rumorosa protesta. Il pecorino è la tipologia di prodotto che rappresenta la destinazione di oltre la metà della produzione lattifera ovina e ha destinazione prevalentemente esportativa (il 42% in USA). La crisi ha investito in una prima fase i trasformatori: una congiuntura

negativa determinata da una produzione superiore alle necessità programmate e da una riduzione della domanda interna ed estera ha provocato il crollo del prezzo del pecorino, situazione presto riversata sulla materia prima e quindi sui pastori, che nel giro di un mese hanno visto scendere il prezzo del latte ben al di sotto dei costi di produzione. Il tutto è sfociato in una protesta che ha portato all’attenzione dei media per alcune settimane la critica situazione della filiera ovicaprina. A questa realtà si è aggiunta la minaccia, da parte degli USA, di imporre dazi ad alcuni prodotti europei, tra cui il pecorino, che ha alimentato lo stato di incertezza già in atto.

Secondo i dati Istat, nel 2018 i consumi di carne ovina, che rappresentano una nicchia tra i consumi di carne e sono concentrati quasi esclusivamente durante le festività pasquali e natalizie, hanno segnato un ulteriore cedimento cui hanno contribuito sia le carni di agnello che quelle di capretto (photo © Alexander Raths – stock.adobe.com).

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Peso medio dei capi macellati e ripartizione delle macellazioni per tipologia

Bilancio di approvvigionamento

Il patrimonio ovicaprino si attesta da anni attorno agli 8 milioni di capi e la riduzione delle aree disponibili a pascolo, associata alla scarsa redditività, ne limita una eventuale

I principali fornitori di carni ovicaprine (2018, in quantità) • • • • • • •

Spagna Regno Unito Francia Grecia Irlanda Romania Altri

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17% 16% 15% 11% 9% 8% 24% Fonte Ismea

crescita; se poi a questo si aggiungono problematiche legate al mancato ricambio generazionale e alla difficoltà a reperire manodopera, si spiegano i fenomeni di concentrazione e la tendenza a convertire l’allevamento naturale-pastorale in allevamento intensivo. Ne sono prova i dati dell’Anagrafe Nazionale, da cui per il 2018 emerge una leggera contrazione del patrimonio associata ad una evidente contrazione del numero di aziende attive (ne risultano chiuse quasi 3.000 nel 2018). L’offerta di carni ovine nazionali nel 2018 Sul fronte dell’offerta, i dati sulle macellazioni dell’ISTAT evidenziano una contrazione del numero dei capi macellati (–3,4%), ma un aumento in termini di carne prodotta

(+1,6%). Il fenomeno è da ascriversi ad un maggior peso medio dei capi giovani macellati, ma anche al maggior numero di capi adulti avviati al macello: nel 2018, infatti, proprio per le criticità evidenziate, è aumentato del 4,7% il numero di pecore avviate al macello. Nel 2018 il peso medio degli agnelli rispetto al 2012, secondo i dati di macellazione di ISTAT, è aumentato del 25% e quello dell’agnellone del 44%. Il declino della domanda domestica di carni ovicaprine nel quinquennio Le carni hanno visto, nell’ultimo quinquennio, un andamento flessivo dei consumi per tutte le categorie, con variazioni negative che vanno dal –2% delle carni avicole al –26% di quelle cunicole; le carni

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ma in lieve rialzo rispetto al 2017, a sostenere l’ipotesi di maggiori consumi presso i canali HO.RE.CA. Il grado di autoapprovvigionamento è rimasto molto basso (40%), anche se è difficile stimare le macellazioni in azienda non contemplate dalle statistiche ufficiali.

L’Agnello del Centro Italia ha ottenuto già da alcuni anni la certificazione di qualità europea Igp, l’Indicazione Geografica Protetta. Si tratta dell’agnello nato e allevato nel territorio dell’Italia centrale (Abruzzo, Emilia-Romagna, Lazio, Marche, Toscana e Umbria), ottenuto da una popolazione di ovini storicamente presenti in quest’area, con specifiche attitudini, detta genericamente “appenninica”. ovicaprine hanno segnato perdite di volume, rispetto al 2014, pari al 17% e le flessioni negli anni si sono susseguite senza mai segnare una ripresa, con perdite particolarmente importanti negli ultimi due anni. Nel 2018, i consumi di carne ovina, che rappresentano comunque una piccola nicchia tra i consumi di carne (solo il 2%) e sono concentrati quasi esclusivamente nei due periodi dell’anno delle festività pasquali e natalizie, hanno segnato un ulteriore cedimento, cui hanno contribuito sia le carni di agnello (–4,5%) che quelle di capretto (–2,8%).

(–5%), il peso in termini di carne è aumentato nel 2018 del 6,7%.

Diminuiscono le importazioni di animali vivi La tendenza all’import di capi vivi è risultata in flessione dal 2014 (–16% in numero di capi), ma si è modificato leggermente il contesto, si sono rafforzati gli arrivi dai principali fornitori (Ungheria e Romania, da soli, oltre l’80%) dove alcune grandi aziende italiane hanno delocalizzato la produzione. Gli animali importati sono risultati molto più pesanti; infatti, malgrado il minor numero di capi importati

Il bilancio di approvvigionamento Da quanto emerge sul bilancio di approvvigionamento si può sottolineare un aumento delle macellazioni con un maggior apporto derivante dalle importazioni di animali vivi; un lieve incremento delle esportazioni di carni è stato possibile grazie alle produzioni certificate IGP, che favorite dai programmi di promozione e dalle nuove tecnologie di packaging sono riuscite a raggiungere anche nuovi mercati. Il consumo pro capite è rimasto esiguo (1 kg),

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Aumentano le importazioni di carni Sono aumentate dell’1,3% le importazioni di carni ovicaprine nel 2018 rispetto al 2017, malgrado la flessione dei consumi in atto. Va notato che comunque, nel quinquennio, anche queste si sono gradualmente ridotte perdendo 2,1 punti percentuali rispetto al 2014. Il quadro dei fornitori resta sostanzialmente lo stesso, ma si evidenzia un incremento degli arrivi dalla Grecia (+35%), favoriti dalla competitività di prezzo.

I costi di produzione Nel 2018, l’indice dei prezzi dei mezzi correnti, ossia l’indice dei costi di produzione per l’allevamento ovino, è aumentato del 5,5% rispetto al 2017. Sono risultate in aumento tutte le voci componenti dell’indice, in particolare sono aumentati dell’8,5% i costi per i mangimi e l’alimentazione, dell’8,3% i costi dei prodotti energetici e dell’1,4% i salari. Tali aumenti, associati alle difficoltà del mercato, erodono la già scarsa redditività di questo allevamento. I prezzi in allevamento I prezzi in allevamento hanno toccato, nel mese di febbraio e soprattutto in alcuni areali, i minimi storici. Nel periodo pasquale, però, la ripresa delle quotazioni è stata repentina e in alcuni casi si può parlare di una vera e propria impennata, tanto che nel mese di aprile sono risultati il 12% superiori a quelli dello stesso mese del 2017. Il veloce recupero non è però stato sufficiente a riportare il livello del prezzo medio nel periodo cumulato ai livelli del primo quadrimestre dello scorso anno, segnando una flessione del 3%. Va evidenziata comunque l’efficacia che la maggior consapevolezza del consumatore ha esercitato sulla distribuzione riguardo la provenienza dell’agnello, nonché la compattezza degli allevatori nell’offrire la merce in maniera aggregata, partecipando alle aste della GDO. Questo ha permesso al prodotto certificato di raggiungere livelli vicini ai 5,5 €/kg peso vivo pari agli 8 €/kg del peso carcassa: livello mai raggiunto in precedenza. (Fonte: Direzione Servizi per lo Sviluppo Rurale Responsabile di redazione: Antonella Finizia Redazione a cura di: Paola Parmigiani www.ismeamercati.it, www.ismea.it)

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RAZZE

Allevare la Cinta senese, nuove opportunità di lavoro Il Consorzio di tutela punta ad aumentare la produzione per far fronte alle molte richieste del mercato

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llevare Cinta senese come interessante opportunità di lavoro in questo particolare momento di incertezza economica. Il Consorzio della Cinta senese, attraverso il suo consiglio di amministrazione di recente rinnovato, si propone infatti di raggiungere un obiettivo ambizioso: raddoppiare se non triplicare la produzione di Cinta Senese DOP, perché l’attuale produzione di circa 4.000 capi non è sufficiente a soddisfare le molte richieste di mercato. Tale obiettivo rappresenta dunque una nuova opportunità di lavoro, ovviamente

col presupposto che sussistano alcune caratteristiche strutturali di base richieste dal Disciplinare (ad esempio, collocazione nel territorio toscano, adeguati spazi per allevamento allo stato brado e semibrado). È per questo che il Consorzio si rende disponibile a indicare le condizioni necessarie per avviare un allevamento di questa razza, ma soprattutto quali sono le problematiche e le criticità che tale tipo di impresa può presentare. «Sicuramente è indispensabile passione per gli animali e per la vita all’aria aperta» rileva

DANIELE BARUFFALDI, presidente del Consorzio. «Il Consorzio si mette a completa disposizione di chi volesse informazioni. La necessità di incrementare la produzione non è legata solo alla forte richiesta esistente, ma rappresenta un fattore indispensabile per stabilizzare il prezzo di mercato. Questo è realizzabile solo in presenza di numeri stabili e non altalenanti (peculiare nelle piccole produzioni). Ciò sarebbe di grande aiuto ai piccolissimi produttori che, immettendo sul mercato pochi animali senza programmazione, sono di conseguenza soggetti ad essere

Capi di Cinta senese (photo © unpict.com). 92

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facile preda da parte di chi gioca al ribasso sul prezzo. Altro vantaggio di una maggiore produzione, sta nel poter programmare la logistica per la vendita di carne fresca, che ha ovviamente scadenza a breve e che necessita di trasporti speciali. Carne che risulta essere il punto di forza per la peculiare qualità che la caratterizza e il vero soggetto della DOP». Esistono dunque condizioni di mercato e necessità oggettive per puntare a incrementare la produzione di questo meraviglioso animale, uno dei principali ambasciatori della toscanità nel mondo ed elemento di eccellenza dell’agroalimentare italiano. Ma chi si appresta ad avviare un allevamento di Cinta senese ha sicuramente bisogno di essere accompagnato da poche ma importanti informazioni. Ciò per non illudere e indurre in eventuali errori i nuovi allevatori e di conseguenza costringerli a chiudere dopo una breve esperienza. «Fa più danno

Daniele Baruffaldi, presidente del Consorzio della Cinta senese. un allevatore che chiude rispetto a dieci che non aprono» osserva Baruffaldi. «Quindi, chi pensa che allevare la Cinta possa essere una buona opportunità si rivolga pure

al Consorzio. Siamo disponibilissimi a dare tutte le informazioni e il sostegno possibile». >> Link: www.cintasenesedop.it

“Prosciutto Experience Farm Tour” nel Chianti storico Scoperta del territorio, gastronomia e avventura: è questa la proposta esclusiva dell’azienda agricola Cipressi in Chianti (www.cipressichianti.it) di Radda in Chianti (SI). Si chiama “Prosciutto Experience Farm Tour” ed è un’esperienza multisensoriale diretta che punta a valorizzare uno dei prodotti della tradizione locale più rappresentativi: il prosciutto di Cinta senese. Salendo a bordo di un fuoristrada, seguendo un itinerario tra vigneti, strade boschive, bianche, sterrate e mulattiere, molte delle quali ricavate su tracciati antichissimi che mettevano in comunicazione la Maremma col Valdarno e gli Appennini fin dall’epoca etrusca, si raggiunge la fattoria che ospita l’allevamento del suino di Cinta sulle colline di Barbischio. Qui i suini pascolano all’aperto in un antico querceto di 40 ettari. Diffusissima nel Medioevo, come testimoniano le numerose opere d’arte toscane, questa razza negli anni ‘60 subì un fortissimo calo, rischiando l’estinzione. Grazie a un gruppo di allevatori locali si riuscì a recuperarla fino ad arrivare nel 2012 al riconoscimento della DOP. Le sue carni prelibate si possono cucinare in vari modi o trasformare in diversi salumi e alla fattoria si avrà la possibilità di degustarli per apprezzarne il sapore e i profumi unici grazie all’allevamento al pascolo e alle caratteristiche genetiche. Il percorso ad anello è lungo circa 35 km e permette di ammirare borghi fortificati, castelli medioevali e antichi monumenti religiosi che, insieme alla Cinta, disegnano la storia di questo territorio. Al rientro a Radda in Chianti, il tour prosegue con la visita alla cinquecentesca cantina di stagionatura, nel centro del borgo. Per finire, ci si dirige al Rural Market, ex officina meccanica recuperata, dove si viene guidati alla scoperta dei prodotti di biodiversità agricola di coltivatori e allevatori custodi di specie vegetali e razze antiche di Toscana, Emilia-Romagna e Liguria. La durata del Rural tour è di circa 2,5 ore, con un costo a persona di 90 euro (minimo quattro persone). È richiesta la prenotazione.

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I segreti della Gallina Romagnola Valentina Cipelli e suo marito Alessandro sono impegnati nel recupero di questa razza avicola in via di estinzione, che si caratterizza per la produzione di uova pregiate e per una carne molto saporita di Veronica Fumarola

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bbandonare la città per vivere in mezzo alla natura. È il 2012 quando VALENTINA CIPELLI e suo marito ALESSANDRO, insieme al piccolo PIETRO, si trasferiscono dalla pianura alla collina, esattamente a Mulazzano, in provincia di Parma. Ed è qui che danno vita al PODERE CRISTINA. «All’inizio si trattava di una vera e propria scelta di vita. Poi, quasi per gioco, abbiamo deciso di avviare anche un’attività agricola incentrata sul biologico» confida Alessandro. «Siamo ancora in una fase embrionale, ma anno dopo anno stiamo crescendo». Piccole, agili e dalle uova pregiate Al centro dell’attività c’è l’allevamento della Gallina Romagnola, una razza in via di estinzione a cui Cristina si è appassionata fin da subito, abbracciando il progetto di recupero dell’Università di Parma e avviando un allevamento. «Ho preferito questa razza antica perché è in via di estinzione» racconta. «Ne sono rimasta affascinata anche dal punto di vista estetico: sono piccoline, agili, per certi aspetti simili a uccelli. Infatti, presentano livree colorate: la maggior parte è bianca e maculata di nero, ma anche marrone e oro». Le Romagnole amano volare, necessitano di ampi spazi per razzolare e procurarsi del cibo. Alcuni esemplari preferiscono dormire sui rami degli alberi ma, confida Alessandro, «Di giorno le lasciamo libere di vivere all’aperto nei nostri prati, mentre di notte preferiamo

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Valentina Cipelli. Insieme al marito Alessandro gestisce il Podere Cristina a Mulazzano, in provincia di Parma, dove alleva galline di razza Romagnola.

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chiuderle nel loro recinto per evitare che diventino prede di volpi o altri animali». La Gallina Romagnola è di piccola taglia: il maschio raggiunge i 2,5 kg e la femmina 2 kg in circa nove mesi, tempi troppo lunghi per i moderni allevamenti intensivi. Probabilmente è questo il principale motivo, insieme al ridotto numero di uova che è in grado di produrre, ad aver portato all’abbandono di questa razza avicola. Eppure, le uova sembrano essere davvero pregiate: «Le nostre uova si caratterizzano per il gusto inconfondibile, per la consistenza del guscio e per le diverse gradazioni di colore che assume, per il giallo non troppo acceso del tuorlo, a testimonianza di un’alimentazione varia ed equilibrata, e per le dimensioni non omogenee. Per questo molto spesso ci viene detto che sono come quelle che portava la nonna dal pollaio». Ma non solo. Le uova sono particolarmente delicate, di colore bianco e non con un peso mai inferiore ai 55 grammi. Inoltre, hanno un tuorlo particolarmente denso, che le rende perfette per alcune ricette; infatti, hanno un’indubbia capacità di rendere molto soffici i prodotti finiti. Per questo molti cuochi le preferiscono per la preparazione di creme, maionese, dolci e pasta fresca fatta in casa. Al Podere Cristina la raccolta avviene rigorosamente a mano e ogni gallina è in grado di produrne circa 150 all’anno. Dove acquistarle? Presso il podere o il Rural Market a Parma (Borgo Giacomo Tommasini 7; www.rural.it). La bontà delle uova dipende naturalmente anche dalla dieta delle galline. «L’alimentazione è biologica e integrata con tutto quello che le galline trovano gironzolando all’esterno delle loro “casette”» continua Valentina. «Diamo loro un mix di cereali, grano, sorgo, pisello proteico, che va ad unirsi a quello che mangiano nei prati». In casseruola e nei cappelletti Le uova non sono l’unico valore aggiunto di questa razza. Anche la carne è particolarmente saporita:

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La Romagnola si caratterizza per la produzione di uova di grande pregio e delicatezza di colore bianco e un peso mai inferiore ai 55 g. «Non sembra di mangiare una gallina ma un animale da cacciagione» afferma Alessandro. E al Podere Cristina lo sanno bene. Da qualche anno, infatti, hanno inaugurato un piccolo ristorante, aperto solo nel week-end, e tra i diversi piatti a menu troviamo: pollo in casseruola, pollo al forno e cappelletti aperti (degli antenati dell’anolino, tanto famoso nel Parmigiano, una chiamati anche “mezze maniche”). Si tratta di piccoli cilindri di pasta farciti esclusivamente con la carne di Gallina Romagnola, di cui il Podere conta circa 250 capi. «L’obiettivo è quello di arrivare a 500 — confida Alessandro — ma ci vuole un po’ di tempo. Noi partiamo dal principio, dal pulcino, e per questo le tempistiche si

allungano». Oltre all’allevamento, Valentina e Alessandro coltivano grani antichi coi quali realizzano particolari farine, che vendono oppure utilizzano nelle preparazioni del ristorante. Gli obiettivi futuri? Per il 2019 progettano di coltivare anche ceci e lenticchie, avviare l’allevamento di maiali (seppure solo per uso interno) e realizzare un piccolo macello per poter vendere la carne di Gallina Romagnola al consumatore finale. Veronica Fumarola Podere Cristina Via Monchio di Mulazzano 4 43037 Lesignano Bagni (PR) Telefono: 0521 852741 Web: www.poderecristina.it

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WEEK-END

Il coniglio di Ischia, l’anima contadina di un’isola L’economia di Ischia è stata sempre prevalentemente agricola e l’allevamento per autoconsumo un aspetto decisivo per il sostentamento delle famiglie: privilegiato il coniglio per la velocità dei tempi di riproduzione e di accrescimento di Riccardo Lagorio

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na particolar razza di conigli hanno il loro covo nelle corti, e nei fondi de’ contadini del lato meridionale, più che settentrionale dell’isola. Sono detti Liparini perché hanno la figura ed appartengono alla famiglia de’ lepri… La loro carne è tenera e saporosa”. Raccontava così nel 1867 GIUSEPPE D’ASCIA all’interno di Storia dell’isola d’Ischia (pag. 76), aprendo il dibattito sull’origine selvatica dei conigli allevati sull’isola. E, malgrado molte cose siano inevitabilmente cambiate, gli allevamenti di coniglio continuano a concentrarsi nella parte sud dell’isola, mentre le domeniche degli Ischitani non si possono definire tali in assenza del tradizionale piatto a base del roditore. Tanto che si stima un consumo medio annuo di questo tipo di carne pari a 40 kg, contro una media di 16 kg sul territorio nazionale restante. “Isola di terra” secondo la definizione di RICCARDO D’AMBRA, ristoratore e storico locale, Ischia appare assai diversa dalle vicine Capri e Procida, isole mediterranee dove il mare si respira in ogni vicolo. Nel suo ristorante Il Focolare rivendica l’anima contadina d’Ischia per mezzo dei piatti: polpette di maiale, lumache, pollo in crosta di sale e lardo di Colonnata. L’economia di Ischia è infatti stata sempre prevalentemente agricola e l’allevamento degli animali per autoconsumo un aspetto decisivo per il sostentamento delle

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La preparazione del coniglio in tranci presso il ristorante La Locanda da Vito, Forio d’Ischia.

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Gramigna, avena, orzo selvatico e steli di ginestra sono il modo migliore per garantire cibo ai conigli, racconta Luigi Di Costanzo, titolare dell’azienda agricola ‘U Cunigl. Poi erbe locali raccolte nei prati come peperna, rosmarino e maggiorana

Spaghetti al sugo di coniglio con fegato di coniglio.

Per tradizione la pezzatura dell’animale macellato deve aggirarsi intorno al chilo, da dividersi in nove pezzature. Le cosce posteriori e quelle anteriori, la coda, la cassa toracica, la testa divisa in due e la parte centrale con i rognoncini. Ma i pezzi più caratterizzanti sono l’intestino tenue e lo stomaco con cui si preparano gli ‘mbrugliatell e le bombette di coniglio

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famiglie: privilegiato il coniglio per la velocità dei tempi di riproduzione e di accrescimento. Tipologia di allevamento assai caratteristico, che avviene (o, meglio, avveniva) in profonde fosse, le cui pareti appaiono rivestite di tufo locale tranne in alcuni punti alla base, dove si ricavavano cunicoli che i conigli ultimavano creandosi delle tane (foleche). L’alimentazione era a base di foglie e steli di leguminose, residui di potatura di alberi da frutta, erba e fieno. Solo così, fino agli anni Settanta, si otteneva il coniglio di casa, di fossa. In quattro decenni la presenza delle fosse si è andata assottigliando drasticamente e anche la popolazione cunicola è cambiata. L’allevamento avviene in gabbie all’aperto e si sono aggiunte moltissime altre razze. «Piegarsi al turismo ha voluto dire in alcuni casi perdere l’identità. E le fosse sono un elemento della nostra identità, forse la più appariscente» continua Riccardo D’Ambra. Dai 5.000 ettari coltivati (3.000 a vite) oggi ne sono rimasti 350. Eppure c’è ancora chi, giovane, crede nell’agricoltura.

Come LUIGI DI COSTANZO, allevatore di conigli coadiuvato la LAVINIA DE BENEDETTO, zoonomo. Secondo Di Costanzo l’alimentazione fa il discrimine: «Gramigna, avena, orzo selvatico e steli di ginestra sono il modo migliore per garantire cibo ai conigli. Poi erbe locali, raccolte nei prati come peperna, rosmarino e maggiorana. Ciò rende le nostre gabbie un grande bosco». Nei 2.600 ettari en plain air sotto pergole di kiwi e chayote, gli animali sono allevati in assenza di ventilazione e luce artificiali. «Così facendo si ha una bassa incidenza di malattie respiratorie e gastroenteriche. Inoltre, i conigli non inalano l’ammoniaca degli allevamenti in batteria» chiarisce la De Benedetto. A ‘U Cunigl vivono 400 fattrici e 12 maschi. Uno degli aspetti centrali è il periodo che i cuccioli trascorrono con le madri, 35 giorni, per incrementare il sistema immunitario e contenere la mortalità dei nuovi nati. Il particolare metodo di allevamento permette di avere carni sode e saporite, con poco grasso perirenale e la giusta quantità di

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grasso lombare. «Secondo tradizione, la pezzatura dell’animale macellato deve aggirarsi intorno al chilogrammo, da dividersi in nove pezzature: le cosce posteriori e quelle anteriori, la coda, la cassa toracica, la testa divisa in due e la parte centrale con i rognoncini. Ma i pezzi più caratterizzanti sono l’intestino tenue e lo stomaco. Il primo si taglia con le forbici e si lavora con sale, limone, aceto e si attorciglia intorno a rametti di prezzemolo ottenendo gli ‘mbrugliatell; il secondo va tranciato all’altezza del piloro, lavato, e imbottito con aglio, peperoncino, prezzemolo e fegato. Ecco fatte le bombette di coniglio» spiega Di Costanzo. Per assaggiare del buon coniglio si arriva a Forio, dove VITO E FRANCESCA CALISE hanno riconvertito poco più d’un anno fa uno storico locale ischitano, la Terra del fuoco, chiamandolo semplicemente La Locanda Da Vito. «Eleganza e semplicità sono i nostri dogmi» racconta lui, davanti all’ampia vetrata che dà sul Becco dell’aquila. Il fratello Mario, buona mano, lavora pesce isolano ma nel coniglio si riconosce un tocco di inventiva non usuale. I Tre volti del coniglio sono imperdibili: si tratta di rotoli di carne ripiena di scarola e pomodorini, pancetta e Pecorino romano DOP. Si passa alla pasta al sugo di coniglio, con il fegato del roditore. E infine il piatto tradizionale, il coniglio in tranci. Che resiste malgrado il turismo, non sempre attento alla storia dei luoghi dove approda. Riccardo Lagorio Il Focolare di Riccardo D’Ambra Via Cretajo del Crocifisso 3 Barano d’Ischia (NA) Telefono: 081 902944 Web: trattoriailfocolare.it Az. Agr. Luigi Costanzo ‘U Cunigl Via Duca degli Abruzzi Barano d’Ischia (NA) Telefono: 347 6540282

In alto: Luigi di Costanzo, titolare dell’azienda agricola ‘U Cunigl. In basso: Lavinia De Benedetto in una delle caratteristiche fosse rivestite di tufo per l’allevamento dei conigli.

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La Locanda di Vito Via Provinciale Panza 321 80075 Forio (NA) Telefono: 081 907994 Web: lalocandadivito.business.site

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Il richiamo della malga A Malga Borcola Leonardo Gerola si dedica coi genitori ad allevamento, produzione di burro e formaggi e ristorazione di Gian Omar Bison

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he sia terra di frontiera non vi sono dubbi. Arrivando al Passo della Borcola (1207 m slm) da Val Posina, versante orientale del massiccio del Pasubio, in prossimità dell’omonima malga di LEONARDO GEROLA, si entra in comune di Terragnolo (TN) e si passa dal Veneto al Trentino Alto Adige, dalla provincia di Vicenza a quella di Trento (un tempo dall’Impero Asburgico alla Repubblica di Venezia e dall’Austria all’Italia) sul volgere di duecento metri circa. Più che un confine un vertice, una sintesi storica e amministrativa, dove il ventottenne Leonardo, schivo e laborioso, esprime pienamente il rigore e l’operosità tipica delle genti di queste valli. E anche l’attaccamento ostinato al suo paese e la preoccupazione per lo spopolamento di boschi e contrade. Si narra che lo stesso Attila arrivato al passo della Borcola, viste le vallate aspre sottostanti, abbia detto: Hanc terram nolo, ovvero “Questa terra non la voglio”, da cui Terragnolo. In effetti qui si sgobba parecchio in rapporto al clima e all’ambiente. E la fatica è la cifra del lavoro che Leonardo ha scelto e inteso portare avanti dal 2010 ottenendo in concessione la malga, sulla scia degli sforzi portati avanti per decenni dai nonni e dai genitori sempre su questi monti e pascoli. «I miei nonni — ricorda — dal 1964 al 1986 sono sempre stati tra Terragnolo e malga Borcola dove vivevano da giugno a settembre. La loro era un’agricoltura di sussistenza con poco bestiame ristallato. Nonno Enrico gestiva anche il caseificio del paese e trasformava il latte conferito.

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Leonardo Gerola. Dal 1987 sono arrivati altri gestori in malga ma nel 2010, dopo un restauro impegnativo portato avanti dal comune, ho vinto la gara d’appalto e da allora la conduco io». Diplomato alla scuola alberghiera e cuoco di professione, dopo alcune stagioni negli alberghi il richiamo del bestiame, non solo della foresta, ha avuto la meglio. «La mia passione sono sempre state le bestie. E a Terragnolo dieci anni fa circa nel giro di poco tempo sono arrivato ad allevare 30 capi tra capre e pecore. Poi è arrivata la malga e così mi sono dedicato esclusivamente alle vacche

da latte. Fare il cuoco mi piace e quando ne facevo la professione principale lavoravo e guadagnavo parecchio. Ma alla sera, all’ora di coricarmi, non ero soddisfatto. Da quando faccio l’allevatore e in Borcola pure il ristoratore mi sento realizzato. Mi ammazzo di lavoro ma vado a letto contento». Attualmente le vacche in lattazione sono ventisei, munte tre alla volta e tre i quintali di latte prodotti al giorno. «Sono partito con la razza Bruna, poi Frisona e Pezzata rossa ma adesso mi trovo bene con le Rendene, le Grigie.

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Sono animali più rustici e adattabili a queste zone impervie e alle temperature. È inutile che abbia in stalla una Frisona che con queste condizioni climatiche e ambientali non produce quanto potrebbe». Poi ci sono pecore, capre, oche, galline, pavoni, maiali vietnamiti. «Vendiamo le uova e il resto è per abbellire la malga e dare un’attrazione a famiglie e bambini. Gli animali da reddito sono solo le vacche da latte per la produzione del nostro formaggio». In malga i Gerola ci restano da maggio a settembre. Poi le strade vengono chiuse e le condizioni diventano impraticabili. Ad ottobre, dopo una breve transumanza di pochi chilometri, il ristallo a Terragnolo. E qui ancora allevamento per trasformare il latte presso il caseificio di Lavarone. «Tutto il latte viene trasformato da mio padre Candido in burro, tosella, ricotta e yogurt. Viene consumato e venduto principalmente qui e poi impiegato in cucina, dove mi aiuta mia mamma Laura. Parliamo di formaggi base senza ingredienti aggiuntivi oppure aromatizzati al timo, erba cipollina e peperoncino». In cucina si propongono piatti della tradizione locale e di propria produzione. Spiccano gli Gnocchi di pane con le erbette della Borcola e quelli di ricotta conditi con timo e burro raccolti e prodotti in malga. E poi il fanzelto, tipico pane sottile preparato col grano saraceno della valle (che è presidio Slow Food) usato per accompagnare formaggi e insaccati, ma anche mieli e confetture e gnocchi con lo stesso grano. Immancabili polenta e gulasch, salsicce e cervo. E i dolci, veramente speciali. Il tutto viene annaffiato da birra artigianale del birrificio Due Valli di Posina, la birra terragnola fatta con l’acqua di Terragnolo e birrificata in Folgaria, alle quali si aggiungono le classiche birre industriali nazionali. Come vino si va dal Merlot al Chardonnay passando per Lagrein e Marzemino, rigorosamente in bottiglia. Una scelta territoriale per quanto possibile. «Qui abbiamo all’interno 25 coperti e poi fuori sotto il gazebo possiamo arrivare anche a cento.

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La zona di Malga Borcola è un luogo di straordinario interesse naturalistico. Lavoriamo soprattutto il fine settimana e durante le festività. Ma anche nelle altre giornate non ci possiamo lamentare». Fare della malga una tappa gourmet e ampliare il menu? «Ci siamo informati per introdurre bovini da carne magari con una linea vacca-vitello e macellare i nostri bovini, ma gli animali dall’abbattimento al sezionamento ci costano 7/800 euro a capo. Al momento non ne vale la pena. In queste condizioni, considerati pure gli spazi a disposizione, non sarebbe fattibile e remunerativo». Ti vedi qui per i prossimi 30 anni? «I miei iniziano ad avere una certa età e se un domani dovessi avere una famiglia mia sarà complicato fare la stagione in malga così come la faccio adesso. Anche perché qui non mi permettono di fare nulla. Se avessi voluto andare via dal mio paese avrei potuto farlo anni fa in Valsugana dove mio zio fa il veterinario e mi aveva proposto di raggiungerlo essendoci molte stalle chiuse. Ma io voglio stare a Terragnolo, voglio fare impresa al mio paese, ampliare la stalla e aumentare il numero di capi abbinando un caseificio container. Da noi il paese conta solo seicento abitanti ed è popolato soprattutto da anziani. Le famiglie vanno a Rovereto (TN) e per questo bisogna investire ed attirare giovani e coppie. Mi voj farme na fameja qua! Voi star al

me paese! Ho lavoro, attività, investimenti. Il lavoro in genere non mi spaventa, mi preoccupano di più le tasse e le imposte che gravano sulle imprese. Credo di aver fatto una scelta difficile, contro tante situazioni e, al di là dei giusti richiami alla prudenza, io lo faccio per mia soddisfazione personale e spero che un giorno arriveranno anche i giusti guadagni. Di quelli che conosco io nessuno si sta arricchendo anche disponendo di cento, duecento o trecento capi». Ma qui, come nella montagna veneta in genere, ci sono anche problemi di predazione. A luglio scorso, ad esempio, Lorenzo ha dovuto abbattere una vitella perché massacrata da un lupo o da un orso. «Le autorità competenti non l’hanno capito pienamente» sottolinea. «Sta di fatto che da un anno a questa parte la predazione è sicuramente aumentata e lo testimoniano le quantità importanti di camosci aggrediti e mezzi mangiati che si ritrovano tra i monti». Non bastasse, c’è pure l’attività boschiva. «Ho iniziato anche a far legna nei boschi che poi vendo al paese. Mi piacerebbe dedicarmi anche alla coltivazione dei piccoli frutti di bosco che adesso hanno mercato. Ma dovremmo recintare gli appezzamenti per la presenza dei cervi». Gian Omar Bison >> Link: www.malgaborcola.it

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LA CARNE IN TAVOLA

Quinto quarto parte II

Cervello, cresta, pelle di Giorgia Fieni

I

n un precedente articolo (in Eurocarni n. 9/2018, pag. 130), vi ho raccontato della nuova vita del quinto quarto, ossia di tutti quei tagli che un tempo venivano usati, poi scartati, e che oggi sono tornati prepotentemente sulle tavole di chef e cuochi di ogni tipo di bravura. Ci eravamo soffermati su testicoli, cuore e coda e oggi prendiamo in esame un altro trittico: cervello, cresta, pelle. Cervello di gallina? Meglio d’agnello, grazie Secondo il sito Identità Golose, uno dei piatti da ricordare per il 2014

è il cervello di granseola che MAURO ULIASSI usa per condire le linguine con menta e scorza di lime; uno di quelli del 2018 è Cervella di vitello fondenti, ricci di mare, tonkotsu e cipollotto di EUGENIO RONCORONI (un mix di terra e mare, di cucina contadina e di tocchi esotici che bene esplica verso quale direzione gastronomica ci stiamo muovendo); per il 2019, invece, si candida ENRICO MAZZARONI, che usa il cervello di agnello a tutto pasto (trasformandolo in spuma o in crema, per finire al dessert “con ciliegie fermentate in infuso di ciliegie, peperoncino e neve di cocco”). Tutto, però, ha avuto inizio dalla cucina

regionale, proprio con il cervello di agnello: fritto (pastellato in Sicilia, fra due fette di pane in Trentino) oppure al forno (con olive e capperi in Campania, con patate e cipolle in Abruzzo, con burro e prosciutto in Emilia); ma anche con quello bovino, usato come ripieno per la Cima ligure, gli agnolotti toscani, i cialzons friulani, i calzonicchi laziali (e dei Ravioli di anatra Moulard e cervella di vitello nel suo fondo ristretto con una grattugiata di formaggio di pecora di Murazzano di MASSIMO CAMIA) e come ingrediente per la Finanziera piemontese, i Vincisgrassi marchigiani e dei Fritti misti di tutta Italia.

Polpettine di cervello di agnello fritte.

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A loro volta, queste ricette sono un’evoluzione del semplice “butto il cervello in una pentola assieme agli altri ingredienti”, come faceva APICIO con tordi, lumache, fegatini, porri e pepe, descrivendo poi il tutto nel Libro Quinto del “De re coquinaria” (opera in cui il cervello è usato anche per la farcitura di una zucca assieme a uova e spezie). Tutto questo ha permesso a questo quinto quarto di arrivare fin sulle tavole moderne. In una cucina casalinga basta lessarlo e metterlo in una frittata, da insaporire con carciofi, aglio, prezzemolo e pane ammollato nella panna (oppure farla semplice semplice e chiamarla Duelos y Quebrantos — lotta e dolori —, alla spagnola, per ricordare che questo piatto era consumato nei sabati di astinenza), oppure cucinarlo alla mugnaia (come fosse una sogliola o una scaloppina, cotto nel burro, preferibilmente nocciola, come i francesi insegnano) o rosolato in cipolla e prezzemolo (in Austria chiamano questa ricetta cervella alla Hofburg). Sono solo idee, naturalmente, aperte alla vostra fantasia, ma con un’unica avvertenza: la Cervellata in realtà è solo una salsiccia preparata con carne magra mista di maiale e vitello, quindi attenzione quando fate la spesa… Tenendo conto a maggior ragione del fatto che questo organo, se contaminato, è il principale responsabile del “morbo della mucca pazza”, per cui controllate sempre le etichette e la provenienza e sottoponetelo ad una cottura adeguata. Che questo comunque non vi fermi dall’utilizzarlo: secondo un autore cinquecentesco che tratta della lepre, le sue cervella lesse giovano alle gengive e che il suo fiele misto a zucchero permette di guarire gli occhi; in quanto al sapore, invece, diamo la parola all’enologo FAUSTO MACULAN: «La testa del piccione contiene una sostanza ora quasi inutilizzata per ragioni sanitarie: il cervello. La materia grigia ha un sapore dolce e delicato e, se si potesse avere in bocca un sorso di Breganze DOC Torcolato, ben fresco di temperatura, si formerebbe un connubio di sensazioni

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Le creste di gallo sono utilizzate anche nell’alta ristorazione, come queste postate sul profilo Instagram dello chef Frédéric Duca del ristorante parigino Rooster (photo © www.rooster-restaurant.com). che dire intriganti parrebbe limitante. La dolcezza della carne si fonde con il dolce-non-dolce del vino e con i suoi aromi di frutta secca e di agrumi canditi; non si tratta di un abbinamento, ma della creazione di un nuovo sapore». Metti giù la cresta! Se il cervello gode di una rinomata reputazione, la cresta che svetta sulla testa degli animali di solito invece non è ben vista: alzarla significa mostrare in pubblico un lato supponente della propria personalità. A Padova non se ne preoccupano più di tanto: la mettono in concia coi fegatini oppure aggiungono la pasta e chiamano la ricetta Bigoli coi rovinazzi. A Roma la mettono nel timballo di riso assieme al resto delle frattaglie. GORDON RAMSAY ama quella di faraona: prima bollita in un saporito

brodo poi rosolata rapidamente ad alta temperatura. Apelle, figlio di Apollo, fece una palla di pelle di pollo… Terzo elemento trattato in questo articolo, la pelle. Sto pensando alla croccantezza del pollo arrosto, il cui sapore è proprio lì racchiuso, o a quella lucente del pesce che esce dal forno, ma anche al fatto che essa, nella storia dell’uomo, è il contenitore “magico” in cui il latte conservato diventava formaggio e che era capace di diventare, dopo opportuni trattamenti, abiti e borse e scarpe. Di solito, è la prima che subisce il contatto con la padella, perché rilascia grasso e sigilla la carne, mantenendola compatta (e questo accorgimento serve anche a toglierla più facilmente, se non la

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Pelle di pollo fritta, servita in forma di chips, perfetta per un aperitivo insolito. si desidera). Inoltre, può essere un contenitore per la polpa stessa, con erbe e altri ingredienti, da stagionare o cucinare bollita: sto pensando al Collo di gallina toscano, per esempio, oppure allo Zampone. Oggi GABRIELE BOFFA usa quella del gallo, in crema, per mantecare un risotto, MASSIMO BOTTURA quella dell’anguilla come appetizer (un consiglio per eliminarle la vischiosità: strofinatela con cenere di legna racchiusa in un foglio di carta da pacchi e poi lavatela… Non so se lo fa anche lo chef ma funziona; se invece la volete proprio eliminare, tagliate sotto la mandibola e tirate). PAOLO CASANOVA infila asparagi rosolati sotto la pelle del salmone e serve con alghe wakame al sale affumicato ed essenza di pino mugo. D IEGO G UERRERO ama particolarmente questo ingrediente, trasformando quella del baccalà in un cannolo croccante e usando quella di agnello per racchiudere un bocconcino di carne piccante alla brace.

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Molti chef comunque trasformano la pelle animale in chips, esattamente come si fa per la buccia dei vegetali, fritte o al forno: che sia rana pescatrice o pollo, rombo, spigola, baccalà, dentice, salmone o trota (ma non storione perché non è commestibile), così il commensale può scegliere se consumarla o meno. Anche se il farlo a volte è un’esperienza di gusto, come raccontava ANTHONY BOURDAIN nel 2010 (spiegando molto bene cosa significa privare un pesce di questa componente): “Al Le Bernardin il pesce è servito senza la pelle, ma la spigola fa eccezione. La sua pelle è una componente importante del piatto finale, aggiungendo una texture vitale e note di sapore, oltre ad avere un aspetto davvero cool. Questo significa che il lavoro di rimozione delle squame dovrà essere molto accurato per evitare che, più tardi, quelle non rimosse finiscano nel piatto assieme alla pelle. Ogni singola squama va accuratamente raschiata nel lavandino, lontano dal tagliere. Justo [che ne è l’executive chef] è

ben consapevole della propensione delle squame trasparenti a volare attraverso la stanza e ad aggrapparsi inosservate alla carne bianca del pesce. Una squama trasparente in un piatto di pesce sarebbe un guaio. Raschia quindi accuratamente le squame con rapidità, evitando ovviamente le lunghe ed estremamente malvagie spine del pesce, che potrebbero facilmente penetrare nel suo guanto e infliggere una ferita dolorosa e istantaneamente infettiva. Filettare la carne, rimuovere le spine (più difficili e riluttanti a uscire rispetto a quelle del salmone), tagliare e preparare le porzioni. Nella porzionatura è importante che Justo tenga a mente il metodo di cottura e il risultato previsto: un pesce oblungo in umido cotto in modo omogeneo con uno strato di pelle molto croccante su un lato. Se il pezzo di pesce fosse troppo piccolo, nel momento in cui la pelle diventasse croccante la carne sarebbe troppo cotta. Ma dal momento che la natura fa di testa sua e non esistono 2 pesci esattamente uguali, la dimensione ottimale non è sempre disponibile. È compito di Justo risolvere il problema”. Giorgia Fieni

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La lingua, versatilità e gusto di Josette Baverez Blanco

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on a tutti piace, ma quando piace… non si perde certamente l’occasione di prepararla e di mangiarla! Che sia bovina, suina o di altro animale, ad esempio di anatra, la lingua è considerata una frattaglia, il cosiddetto quinto quarto, e si trova spesso sul carrello dei bolliti nelle regioni che presentano questa specialità. Viene allora servita con la famosa salsa verde a base di prezzemolo, con una salsa piccante e del cren o con la vinaigrette alla francese, ottima anche affumicata, salmistrata o al Madera. Sono descritte da PELLEGRINO ARTUSI nel suo manuale “La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene” (1891), la Lingua alla scarlatta, che prende un bel colore rosso, la Lin-

gua di vitella di latte in salsa piccante e le Scaloppe di lingua farsite in bella vista. Tante ricette da riscoprire che evidenziano quanto fosse, la lingua, un piatto raffinato. In effetti, la lingua bovina veniva una volta messa da parte per i nobili del paese che l’affidavano a contadini esperti. E loro facevano sì che potesse diventare un piatto da re! La lingua richiede infatti un’accurata e lunga preparazione non tanto per smorzarne il sapore quanto, soprattutto, da un punto di vista igienico. La cavità orale, seconda all’intestino crasso, è sede di colonie batteriche sia fisiologiche che patologiche. Si deve star quindi attenti anche al rischio di contaminazioni crociate verso altre preparazioni già cotte.

La prima cosa da fare è sanificarne la superficie (oltre ai batteri c’è presenza di stagno) e cuocerla isolata. C’è anche chi decide di togliere a crudo l’epitelio ma è molto più facile da cotta! Quali sono i successivi passaggi per presentare a tavola una buona lingua? Per rendere morbido il muscolo si esegue al macello una lunga frollatura. In seguito il macellaio deve pulirla con sale e spazzole con setole dure prima di cuocerla una prima volta. Va di nuovo messa in ammollo in acqua fredda con una marinatura a base di aromi, spezie, erbe, aceto, aglio e a volte brodo vegetale, per un periodo più o meno lungo. La fase della vera e propria cottura da fare in casa deve essere

Lingua di bue con insalata di sedano rapa e crostini.

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prolungata (dai 60 ai 90 minuti) e iniziare ad acqua fredda per evitare lo shock termico che tenderebbe ad indurirla eccessivamente. Va quindi raffreddata nel medesimo liquido prima di essere spellata e tagliata a scaloppe che saranno condite, messe in padella o arrostite. Essendo personalmente golosa di lingua, mi piace circondarmi di persone col mio stesso gusto e prepararla secondo il loro desiderio. Ho notato che la maggior parte la preferisce salmistrata, preparazione antica per la sua conservazione con l’uso di sale o di nitrato di potassio. Si tratta anche di un prodotto agroalimentare tradizionale del Veneto e delle regioni confinanti, Lombardia, Emilia, Friuli e Trentino. Tagliata a fettine sottili, calda o fredda, si sposa bene coi piatti più disparati, risotti, insalate, pasta, secondi, verdure come carciofi, sedano, spinaci e anche patate, uova, maionese,salsa verde e mostarda di frutta nel mantovano. Il suo sapore intenso e aromatico viene a scelta messo in risalto o smussato. Dal punto di vista nutrizionale, la lingua è particolarmente interessante ma non adatta a tutti. Diamo un’occhiata alla sua composizione: per 100 grammi di carne, troviamo 74,53 grammi di acqua, 17,18 di proteine, 5,48 di grassi, 1,91 di carboidrati per 131 calorie; 7 milligrammi di calcio, 159 di fosforo, 2,72 di ferro, 82 di sodio, 271 di potassio, 0,17 di vitamina B1 e 0,41 di B2. È la frattaglia con minor tenore di colesterolo, solo 62 mg. Ricca di purine, non è consigliabile a chi soffre di gotta o di iperuricemia mentre la sua ricchezza di ferro, potassio e fosforo la rende ideale contro l’anemia sideropenica. Altamente energetica, la possiamo assimilare ad un taglio di muscolo grasso. La sua cottura accurata e prolungata le dà digeribilità ma ricordiamoci di non farla bollire assieme alle altre carni ad esempio per fare un brodo. Come dicevamo, la si trova nei classici bolliti misti ma tagliata a fette sottili o a dadini la si può ritrovare nei piatti più disparati, risotti, paste, insalate… È ottima con carciofi,

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Tacos con lingua di manzo, cipolla rossa, rapanelli e avocado. patate, spinaci, sedano, uovo e maionese. Si può anche marinare nel latte e cuocerla con cipolla, sedano, carota, chiodi di garofano e foglie di alloro, oppure scottarla, pelarla e cuocerla al forno come un arrosto. D’uso estremamente duttile, la lingua viene trattata diversamente da regione a regione caratterizzandone la gastronomia. A Milano, ne fanno uno spezzatino con patate e piselli ma si traveste anche in cotoletta alla milanese con farina, uovo, pangrattato e frittura in olio di semi. Nel Piemonte troneggia nel bollito misto mentre nel Veneto piace salmistrata. In Liguria, si cuoce alla genovese ossia pelata, con cipolla, carota tritata e vino rosso. Nel Trentino diventerà uno stracotto di lingua; viene allora cotta nel vino

Teroldego dopo essere stata bollita con cipolla, funghi, sedano, carota e passato di pomodoro. Ovunque, quando è solo bollita, il suo sapore intenso aromatico e leggermente salato viene smorzato a piacere con la mostarda di frutta di Cremona. Calda o fredda, la lingua dovrebbe incontrare una migliore accoglienza da parte del consumatore, in particolare da chi ha anche problemi di masticazione. Poche carni così ricche si prestano a tante ricette. Potrebbe dunque diventare un alimento di riguardo per le persone anziane esenti da problemi di acido urico. È tutta una questione di abitudini e di educazione alla curiosità gastronomica da sviluppare in ogni famiglia. Josette Baverez Blanco

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SONO 180 GRAMMI, LASCIO?

Nixon, Lambchop

Butcher boy di Giovanni Papalato

“Oh mother oh mother I can not tell that butcher that butcher that boy I love so well he courted he courted my life away and now at home at home he will not stay” Lambchop, The Butcher Boy, 2000

B

utcher Boy, il garzone del macellaio, è uno dei brani più belli di NIXON, un disco fondamentale per un collettivo di Nashville capitanato da KURT WAGNER che agli esordi si chiamava Posterchild (cassette autoprodotte e uno split con Crop Circle Hoax) ma che poi ha inciso dischi a nome Lambchop, che in americano significa costoletta d’agnello. Un piatto della tradizione pasquale, specialmente qui in Italia, ma che non conosce davvero confini. Confini, quelli inglesi, in cui l’agnello è allevato e consumato in larghissima misura, che la band in questione ha letteralmente preso in grande considerazione a partire magari proprio dal nome. Quando Nixon fu pubblicato nel 2000, fu immediatamente consacrato dalla stampa musicale britannica, sebbene la maggior parte delle persone in America continuasse a non avere idea di chi fossero. È l’album in cui sono diventati la band che la gente identifica come Lambchop: 14 reietti in denim e bottoni di perle in piedi sul palco che si fissano le scarpe suonando musica country legata a doppio filo con il soul e l’indie. Questo è il disco che ha venduto di più, il più acclamato da critica e

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pubblico e probabilmente il loro capolavoro. È da qui che virano verso territori decisamente meno paranoici rispetto agli esordi, ampliando il discorso già iniziato con il disco precedente What Another

Man Spills. A parte le ultime due tracce di questo album dedicato a uno dei più controversi presidenti della storia contemporanea statunitense, i Lambchop costruiscono infatti brani solari, con in testa la

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black music (il soul in particolare) e gli idoli di Wagner come CURTIS MAYFIELD e BARRY WHITE. A questo, accostano arrangiamenti per archi e fiati che non sfigurerebbero nel repertorio di BACHARACH e tra le e colonne sonore di quelle intramontabili commedie hollywoodiane in bianco e nero che non smettono di essere trasmesse ancora oggi. Ma attenzione, il country è sempre presente; è solo filtrato da una sensibilità indie a bassa fedeltà. È un’attitudine che non scompare, pur mutando. Nelle prime otto canzoni, ed escludendo le ultime due che sono cupe e drammatiche, sono presenti una sensualità e una vitalità che rappresentano un vero e proprio cambiamento rispetto ad una band etichettata come eccellente ma distante nel suo essere cerebrale. Non solo la musica, ma anche il modo e le parole con cui Wagner canta, raggiungono picchi emozionali ed evocativi che non possono lasciare indifferenti. The Gold Shoe si muove dolcemente rétro ma vicina, su accordi gentili tra spazzole e archi. Un invito ad entrare, a non aver paura. Ci pensa Grupius, uno dei brani più emblematici dell’intero disco, a farci muovere tra riff accennati e fiati, ad un ritmo Motown, abbassare le spalle e allargare le braccia sul falsetto. Un brano carico di sentimento, anche nelle liriche. “Oooooh (what’s the matter with the boy?) Oooooh (has he really given up for sure?) Here’s a new solution: Be square and kind to all your friends Stop staring through the bitter lens Ancient institution This learning not to demonstrate Your asinine and callous traits It could take some practice, I know It could take some practice, I know”. Così anche You Masculine You, tra frasi sussurrate, la voce che vacilla, passionale, con un arrangiamento orchestrale che, per quanto elaborato, non appesantisce, anzi la solleva in alto. Up With The People è una ballata con reminiscenze velvettiane e un

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ritornello fatto di cori che lambiscono il Gospel, che esplode nel finale. È invece onirica e sa di qualcosa che è rimasto Nashville Parent, ma è ancora la voce di Wagner a non incupirci, anzi, a cullarci. Torna poi Detroit ma più verso gli anni ‘70, stavolta con What Else It Could Be?, confidenziale sui falsetti irriverenti fiati e tamburi. The Distance From Her To There è slide e xilofono, una tromba che non interrompe ma esalta invece un racconto che sa di una consapevolezza sana, non triste. Un lungo intro orchestrale che sa di lontano, i rumori della campagna alla sera, i grilli, un’opportunità e The Book I Haven’t Read è una ballata sofisticata e perfetta. Poi il disco prende una piega diversa, a partire da The Petrified Florist che scura si insinua, il pianoforte scandisce il tempo e il pezzo in un crescendo di flanger e distorsioni esplode e si consuma. Come in medley si accende il finale che è affidato a The Butcher Boy, il brano più estremo del disco: una storia drammatica di amore e suicidio ma ad un ritmo tirato e un’interpretazione marcatamente dissociata, quasi fossero due cose distinte per intensità. Risulta un brano affascinante e misterioso, che contrasta coi toni e i registri fin qui ascoltati. Abbiamo una serie di canzoni con melodie cariche di sentimento che illuminano gli angoli più nascosti di Kurt Wagner, un autore di rara profondità che assieme al suo numeroso collettivo e ad una mirabile orchestra ha dato vita ad un album magnifico e fondamentale. Senza aver timore di sminuire i dischi precedenti e quelli successivi, che tra l’altro hanno ribadito un grande coraggio compositivo, possiamo definire Nixon il capolavoro di Lambchop. Quasi 20 anni dopo la sensazione di un disco che ha la forza di un classico è concreta. Uno stato di grazia compositivo ed esecutivo che non si esaurisce nel tempo. Giovanni Papalato Nota A pag. 108 photo © Lucio Pellacani.

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Assemblea ASS.I.CA.: la filiera dei salumi e il made in Italy alimentare

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i è svolta lo scorso 13 giugno, a Roma, l’assemblea annuale di ASS.I.CA., l’Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi aderente a CONFINDUSTRIA. Al centro della discussione è stato posto il tema del futuro dell’intera filiera, oltre alla presentazione dei dati economici di un settore, quello dei salumi, che registra una lieve crescita nell’export e una flessione nei consumi. Le aziende associate ad ASS.I.CA. — circa 180, rappresentative dei più importanti marchi della salumeria italiana — esprimono l’80% del fatturato industriale della produzione delle carni trasformate (salumi, carni in scatola, grassi suini lavorati) pari a oltre 8 miliardi di euro. Di questi, circa 1,5 miliardi di euro provengono dall’export. Il saldo commerciale del settore ha registrato un incremento del 1,5% per oltre 1,3 miliardi di euro. «Il 2018 ha segnato un incremento dei livelli produttivi del settore suinicolo, caratterizzato tuttavia da consumi stagnanti e da un rallentamento della crescita delle esportazioni» ha affermato il presidente di ASS.I.CA. NICOLA LEVONI. «In questo contesto mutevole e volatile, abbiamo proposto soluzioni alla nostra politica che, con tempestività e impegno, ha messo a punto con noi risposte concrete. Registriamo dunque con estremo favore la previsione nel Decreto Emergenze in agricoltura di un apposito fondo per l’ammodernamento, l’innovazione e la promozione del settore suinicolo. Un segnale di attenzione tempestivo, concreto e niente affatto trascurabile.

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E l’approccio trasversale a tutte le forze parlamentari e di governo con cui è stato portato avanti questo provvedimento ci conferma ancora una volta di quanto il nostro settore e l’agroalimentare tutto siano effettivamente al centro del rilancio del nostro Paese». Consumi interni: il cotto sempre in cima alle preferenze degli Italiani Nel 2018 è risultata in aumento

la produzione di salumi, che ha chiuso i dodici mesi attestandosi a oltre 1,184 milioni di tonnellate da 1,177 del 2017 (+0,6%). Il valore della produzione ha mostrato una crescita più sostenuta, portandosi a 8.081,9 milioni di euro (+1,3%). Flessione invece nei consumi (–0,9% per 1,049 milioni di tonnellate), che vede però le preferenze degli Italiani invariate rispetto allo scorso anno: al primo posto sempre il prosciutto cotto, con una quota

Nicola Levoni, presidente ASS.I.CA.

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Bene salami e mortadelle. Tornano a crescere in volume le spedizioni dei prosciutti crudi stagionati Nel 2018 sono tornate a crescere in volume le spedizioni di prosciutti crudi stagionati: gli invii di prodotti con e senza osso hanno infatti evidenziato un +5,1% in quantità (per 72.335 t), a fronte di un valore stabile a 757,1 milioni di euro (+0,1%). Il saldo commerciale ha registrato un incremento, arrivando a 688,9 milioni di euro dai 683,1 del 2017 (+0,8%). Entrambe le voci doganali che compongono la categoria sono risultate in crescita. Bene, in particolare, le esportazioni di prosciutti in osso, che hanno chiuso l’anno con un +58,5% in quantità (per 5.907 t) e +4,9% in valore, per 24,3 milioni di euro, mentre le esportazioni di prosciutti disossati (comprendenti anche speck, coppe e culatelli) hanno toccato quota 66.428 t (+2,1%), per un fatturato stabile a 732,8 milioni di euro. Considerando l’insieme delle due voci doganali, hanno mostrato una crescita solo in volume le spedizioni verso i partner comunitari (+5,0% in quantità, per 57.232 t, ma un –0,9% in valore, per 563 milioni di euro), mentre quelle verso i Paesi Terzi sono risultate in aumento sia in quantità sia in valore (+5,7% in quantità, per 15.103 t, e un +3,3% in valore, per 194,1 milioni di euro). Buono il risultato dell’export di mortadella e würstel: +3,5% in quantità, per 39.105 t, e +4,1% in valore, per 137,7 milioni di euro. Incremento significativo anche per le esportazioni di salami, arrivate nel 2018 a toccare quota 32.697 t (+3,0%) per 317,9 milioni di euro (+3,0%). Rimbalzo negativo per le esportazioni di prosciutto cotto: –22,1% in quantità, per 19.442 t, e –11,4% in valore, per 133,4 milioni di euro. A penalizzare la performance è stato il forte ridimensionamento delle spedizioni verso la Spagna, la cui domanda è scesa a seguito della ripresa della produzione domestica. Trend cedente per l’export di pancetta stagionata, che ha chiuso il 2018 con un –1,7%, per 5.507 t, e un –2,8%, per circa 42 milioni di euro. In difficoltà, infine, sono apparse anche le esportazioni di bresaola. La voce, nel complesso dei dodici mesi, ha registrato un –2,6% in quantità, per 3.808 t, e un –2,2% in valore, per 63,2 milioni di euro. Fra i mercati UE spicca la performance verso la Francia (+8,4%, per 36.047 t, e +4,7%, per circa 281 mln di euro), divenuta primo mercato di riferimento in quantità, ma sempre al secondo posto in termini di fatturato dietro alla Germania. In crescita sono risultate le spedizioni verso Belgio (+7,2% e +5,4%), Paesi Bassi (+26,9% e +20,8%), Slovenia (+19,6% e +20,2%) e Croazia (+4,9% e +4,2%). Buon 2018 per gli scambi con i Paesi extra UE. Nel corso dell’anno, infatti, le esportazioni verso i Paesi terzi sono salite a 36.739 t dalle 33.737 t del 2017 (+8,9%), per un valore di 342,4 milioni di euro (+3,1%). Determinante per il risultato complessivo l’ottima performance verso gli Stati Uniti (+12,5%, per 9.935 t, e un +9,9%, per 116,6 milioni di euro), nostro principale partner commerciale fuori dalla UE. Un contributo positivo al risultato generale è arrivato anche dalle spedizioni verso Libano (+1,5% e +3,5%), Bosnia Erzegovina (+8,5% e +0,9%), Norvegia (+5,2% e +5,7%) e Repubblica Sudafricana (+21,7% e +30,7%).

pari al 26,4% del totale dei salumi, seguito dal prosciutto crudo al 21,8%, da mortadella e würstel al 19,0%, dal salame al 7,9% e dalla bresaola all’1,4%. «Per una ripresa dei consumi interni, in flessione ormai da anni, occorre ridare slancio all’economia nazionale, ricordando la centralità dell’impresa, che non deve essere più vista con diffidenza, ma come un partner importante all’interno della filiera e una garanzia per il consumatore. Oggi sono più che mai una priorità le iniziative volte alla corretta informazione e alla promozione di moderni e corretti stili alimentari e di vita per valorizzare la tradizione e la tipicità del nostro settore», ha continuato Levoni. Export in lieve crescita Secondo le elaborazioni ASS.I.CA.

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sui primi dati ISTAT, nel corso del 2018 il nostro export ha raggiunto quota 181.997 t (+1,0%) per un valore di 1,5 miliardi di euro (+0,3%). In difficoltà sono apparse le spedizioni verso la UE, mentre è risultato più dinamico l’export verso i Paesi Terzi, dove un ruolo importante è stato giocato dalle spedizioni verso gli USA. Nel corso dell’anno hanno evidenziato un calo le importazioni di salumi, scese a 51.295 t (–8,2%) per un valore di 202,7 milioni di euro (–6,7%). «Il 2018 è stato un anno ancora positivo sul fronte dell’export. Sicuramente abbiamo registrato una crescita più contenuta rispetto al passato, ma dobbiamo considerare che dal 2014 ad oggi le nostre esportazioni di salumi sono aumentate del 21,9% in quantità e del 21,4% in valore.

Nel 2018, inoltre, abbiamo assistito ad un generale rallentamento dell’export made in Italy, anche a causa delle difficoltà di alcuni partner commerciali fondamentali nella UE», ha specificato il presidente. Per agevolare sempre di più le aziende nella loro attività di internazionalizzazione, ASS.I.CA. ha realizzato una piattaforma on-line, in cui sono raccolte tutte le informazioni utili per esportare carni suine e salumi. «La realizzazione di questo complesso e articolato database ha richiesto un lungo lavoro, che proseguirà da qui in poi con continui aggiornamenti e approfondimenti. Sono certo che questo strumento sarà un validissimo supporto per le nostre aziende che si muovono sui mercati internazionali», ha concluso Levoni. (Fonte: Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi)

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FIERE

Cibus Tec 2019: più padiglioni, più buyer, più settori 3.000 top buyer provenienti da 70 Paesi, espositori italiani e internazionali in crescita del 30%, innovazioni tecnologiche per il food & beverage e un’agenda ricca di workshop e dimostrazioni: il salone in programma dal 22 al 25 ottobre alle Fiere di Parma cresce nel segno dell’internazionalizzazione

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rescita del 30% degli espositori e del 25% dell’area espositiva, che a pochi mesi dell’apertura è praticamente sold out. Nel complesso 1.300 aziende (+30% rispetto alla precedente edizione) che potranno attingere, anche grazie al supporto di ICEAgenzia, al più grande programma top buyer di tutte le fiere foodtec con

oltre 3.000 operatori internazionali provenienti da 70 Paesi. Sono questi, in sintesi, i numeri esposti alla conferenza stampa di presentazione di Cibus Tec, dal 2016 braccio operativo di KPE-Koeln Parma Exhibitions Srl, tra le più importanti piattaforme globali dedicate alle tecnologie del food & beverage, che si svolgerà alle Fiere di Parma dal

22 al 25 ottobre. L’incontro con la stampa si è svolto lo scorso 12 giugno a Milano, alla presenza di THOMAS ROSOLIA, presidente di Koeln Parma Exhibitions Srl, Antonio Cellie, CEO di Koeln Parma Exhibitions Srl e di Fiere di Parma Spa, e MARIA INES ARONADIO, direttore dell’ufficio di Coordinamento promozione del made in Italy di ICE-Agenzia.

Thomas Rosolia, Maria Ines Aronadio e Antonio Cellie all’incontro milanese con la stampa per la presentazione di Cibus Tec, il salone dedicato alle tecnologie del food & beverage che si svolgerà a Parma dal 22 al 25 ottobre.

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«40.000 visitatori attesi, il 25% dei quali esteri, un 30% di espositori stranieri in più e 3.000 top buyer: capitalizziamo in questa 52a edizione i risultati di una partnership, quella tra Koelnmesse e Fiere di Parma, grazie alla quale Cibus Tec fa oggi parte della più grande piattaforma mondiale permanente per il food ed il food tech» ha dichiarato in apertura di conferenza Thomas Rosolia. «Insieme ad Anuga, Cibus, ISM, Anuga FoodTec, ProSweets Cologne e ad altre dodici manifestazioni del nostro circuito, infatti, abbiamo creato una community di 11.000 imprese. Un circuito virtuoso che, se da un lato ha rafforzato il processo di internazionalizzazione dell’appuntamento di Parma, dall’altro ha contribuito a valorizzare le tecnologie made in Italy oltre confine: ad Anuga FoodTec gli espositori italiani sono infatti cresciuti dell’11%, mentre a Prosweets Cologne del 14%». «Dagli anni ‘30 Fiere di Parma sono il teatro fieristico di riferimento per il settore del food processing nonché del packaging & bottling» ha

proseguito Antonio Cellie. «Oggi siamo a pieno titolo nella élite internazionale grazie ad un quartiere baricentrico, ad un rapporto privilegiato, attraverso Cibus, con l’industria alimentare e alla partnership con Koelnmesse. Una joint venture tra due leader mondiali nel settore alimentare grazie alla quale grandi gruppi ma anche le pmi operanti nel food & beverage e processing & packaging hanno accesso ad una piattaforma di mercato unica, permanente e globale. Un volano per l’export delle tecnologie made in Italy perfettamente sincrone alla domanda internazionale che richiede specializzazione e competenza distintive». In fiera saranno presenti 400 brand esteri del food & beverage provenienti da 25 nazioni con una crescita del 30% rispetto al 2016. Tra i Paesi più rappresentati ci sono la Germania, i Paesi Bassi, la Danimarca, la Svizzera e la Francia. Ben nutrite anche le partecipazioni di aziende provenienti da Cina, USA e Turchia.

Tutti i settori, tutte le tecnologie A quattro mesi dall’apertura della manifestazione, l’area espositiva disponibile — che prevede un padiglione aggiuntivo rispetto la precedente edizione — era già praticamente occupata. Riconferme di espositori storici come ALPMA, BIZERBA, CFT, GEA, GOGLIO, GRASSELLI, ILPRA, IMA, JBT, MULTIVAC, PFM, RISCO, SACMI, TREIF ma anche new entry come AROL, COLUSSI ERMES, ELOPAK, IPI/ FLEXLINK (GRUPPO COESIA), KRONES, OCME, PROVISUR, SMIPACK, TECNOPOOL e TNA solo per citarne alcuni. Nel complesso 1.300 espositori (nel 2016 erano 1.000), le tecnologie per tutte le filiere dell’agroalimentare (Frutta e Vegetali, Latte e derivati, Carne e Prodotti Ittici, Piatti Pronti) e l’ingresso di un nuovo comparto: Prodotti da Forno e derivati dai Cereali, Snack e Prodotti Dolciari. Cresce del 20% la sezione “Meat”, forte di un distretto, quello di Parma, che vanta 500 aziende alimentari di settore e best practice esportate in tutto il mondo. Infine, cambio di passo del comparto del

I focus tematici di Cibus Tec 2019 Focus bakery confectionery e snack Il progetto dedicato ai settori Bakery, Confectionery e Snack — organizzato in collaborazione con ProSweets Cologne e ISM, eventi leader a livello globale di Koelnmesse — è andato a colmare con successo l’assenza in Italia di un appuntamento fieristico con focus industriale dedicato a questi settori. Focus Beverage Per la prima volta, negli 80 anni di storia del salone, un intero padiglione viene dedicato alla valorizzazione delle migliori soluzioni tecnologiche e delle innovazioni per i settori Succhi, Latte, Acque, Soft Drinks, Birra, Liquori e Vino. Cibus Tec, potendo contare sulla presenza espositiva di oltre 150 tra i principali fornitori italiani ed internazionali, si conquista un ruolo di primo piano tra gli eventi dedicati alle soluzioni di preparazione e imbottigliamento bevande. Focus Packaging Il processo di evoluzione di Cibus Tec da manifestazione dedicata al processing a piattaforma tecnologica si completa con l’edizione 2019: le soluzioni di confezionamento primario, potenziate nelle edizioni del 2014 e 2016, si arricchiscono con le migliori tecnologie per l’imballaggio, il fine linea e la logistica. Si registra infatti una crescita del 40% degli spazi e delle aziende del settore. Focus Meat Nonostante la vicinanza di altri appuntamenti internazionali, la sezione dedicata alla lavorazione delle carni è cresciuta del 20%. La forza di un distretto con oltre 500 aziende alimentari del settore carni, le best practice esportate in tutto il mondo e i contenuti sviluppati consacrano Cibus Tec come manifestazione di riferimento per il settore. Accanto alle tecnologie per il confezionamento, la sezione Meat di Cibus Tec può contare sui migliori brand dedicati alla lavorazione, tra cui FRIGOMECCANICA, GEA, GHERRI MEAT, GRASSELLI, JARVIS, LAZZARI, MENOZZI, RISCO, SONCINI, TREIF.

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«Il settore delle macchine alimentari è una delle eccellenze della tecnologia italiana, su cui il Sistema Italia punta in maniera sempre più decisa» ha sottolineato Maria Ines Aronadio di ICE-Agenzia (photo © www.promo. cibustec.com). Packaging, con una crescita dell’area del 40% rispetto alla precedente edizione. Ad andare in scena a Parma, insomma, non sarà più semplicemente una “manifestazione” dedicata al processing ma una piattaforma tecnologica completa e unica sul mercato. Il più grande top buyer program di tutte le fiere foodtec Per aiutare l’export delle aziende italiane Cibus Tec organizzerà il più grande Top Buyer Program di tutte le fiere foodtec, che porterà a Parma più di 3.000 operatori internazionali da 70 Paesi e due iniziative speciali relative ad India e Africa. L’India è il 20 produttore mondiale di prodotti agricoli dopo la Cina ed il 60 mercato alimentare a livello mondiale. Tuttavia, in India gli sprechi lungo la catena agroalimentare sfiorano il 40% rispetto alla produzione primaria. ICE-Agenzia, in partnership con le CONFINDUSTRIE EMILIAROMAGNA, VENETO e LOMBARDIA, ha avviato l’iniziativa India Educational & Business Program. Un progetto di azioni e servizi mirati allo sviluppo di accordi in India, rivolto alle imprese manifatturiere italiane della filiera agroindustriale e del food processing. In tale contesto, l’appuntamento di Parma è stato scelto quale piattaforma per

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incontri B2B fra le più importanti aziende food & beverage indiane e gli espositori di Cibus Tec. In Africa le previsioni di crescita sono di un +5% del PIL all’anno. Entro il 2030, il PIL africano sarà il 5% del PIL mondiale (fonte: African Development Bank). In questo contesto, un ruolo importante lo gioca il settore frutta e vegetali, chiave di crescita economica dell’Africa. Ed è da queste premesse che nasce il progetto Lab Innova, promosso da ICE-Agenzia, che intende contribuire a sviluppare la collaborazione tra imprese UE 28-Africa, puntando sul trasferimento tecnologico. Il programma coinvolge Etiopia, Mozambico, Uganda, Tanzania ed Angola e offrirà incontri B2B proprio in occasione di Cibus Tec. L’Italia vanta oggi la leadership indiscussa nelle tecnologie alimentari con 7,3 miliardi di euro di fatturato, rappresentando il 32% della produzione dell’UE 28. Seguono sul podio la Germania, con 5,9 miliardi di euro (25% del totale produzione UE 28), e la Francia (8%) con 1.8 miliardi (fonte: Prometeia)1. Un settore poco noto al grande pubblico — c.d hidden champion — ma che incarna il meglio della manifattura made in Italy: leadership di nicchia, produzioni ad alto valore aggiunto, e forte propensione all’export.

Innovazione e sostenibilità A Cibus Tec le innovazioni proposte strizzeranno l’occhio al futuro, assecondando la necessità di produzioni sempre più sostenibili, per offrire al consumatore prodotti nutrienti e soprattutto caratterizzati da elevati standard di sicurezza. È in tale ottica che sarà ospitato l’IBS–International Biofilm Summit, la più importante conferenza mondiale dedicata alle problematiche da biofilm nell’industria alimentare. Nel mondo ogni anno, più di un miliardo di tonnellate di cibo è sprecato proprio a causa delle contaminazioni. Va invece nella direzione dell’innovazione tecnologica il Cibus Tec Industry, il progetto che riprodurrà in fiera 4 linee altamente automatizzate e funzionanti dedicate al settore caseario, delle carni, dei piatti pronti e dei prodotti da forno. Linee di produzione a ciclo completo dalla materia prima al prodotto finito fino a soluzioni avanzate di stoccaggio. Altri eventi in agenda sono: il Tomato Day, in collaborazione con AMITOM e WPTC, Logisticamente On Food 2019 realizzato con Logisticamente, DIU Design for Intended Use For Food Packaging Showcases organizzato da NETHERLANDS PACKAGING CENTER, e gli innovativi workshops organizzati da EHEDG (European Hygienic Engineering and Design Group) e dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei Tecnologi Alimentari. Nota 1. Una stima per difetto che non tiene conto delle imprese produttrici di tecnologie per il confezionamento e l’imballaggio (1100 imprese per 4.3 miliardi di fatturato) che destinano una quota importante dei loro prodotti proprio all’industria alimentare.

Cibus Tec Fiere di Parma, 22-25 ottobre 2019 Web: www.cibustec.it

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TECNOLOGIE

Le soluzioni del gruppo CSB consentono di raggiungere risultati concreti

Quali sono i benefici della digitalizzazione per l’industria della carne?

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on importa che sia carne fresca, salumi o prosciutti: chi vende prodotti a base di carne ha imparato a lavorare in modo efficiente. Ma quasi nessuna industria è sottoposta ad una pressione dei costi pari a quella della carne e salumi. La buona notizia è che, grazie alla digitalizzazione, sono aumentate le possibilità per ottimizzare ulteriormente i processi, ridurre il consumo delle materie prime e risparmiare sui costi.

Produzione digitale di carne Ciò che distingue l’industria della carne da altre industrie è il costo estremamente elevato delle materie prime, che ammonta mediamente a circa il 60% dei ricavi. Le richieste dei consumatori, inoltre, sono spesso enormi. Sebbene molti di loro nei sondaggi affermino che sarebbero disposti a pagare di più per una buona carne, alla prova dei fatti guardano principalmente al prezzo. Si aggiunga a ciò il potere contrattuale in continua

crescita della Grande Distribuzione e diviene ovvio come le aziende di carne, in questa situazione, debbano trovare nuovi modi per rimanere competitivi. Studi di settore svolti nei paesi industrializzati riportano che la digitalizzazione aumenta la produttività e riduce i costi. Le soluzioni del gruppo CSB portano proprio in quella direzione e consentono di raggiungere risultati concreti. Di seguito sono elencati i più importanti.

Il modulo PPS del CSB-System offre agli utenti scenari di pianificazione a lungo, a medio e breve termine.

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Controllo dei costi La digitalizzazione consente ai responsabili decisionali di reagire meglio ai cambiamenti nel mercato delle materie prime, perché hanno sotto controllo i loro margini di profitto. Un esempio concreto: poiché la Cina è colpita dalla peste suina africana, le aziende acquistano carne di maiale in altre regioni. Pertanto, il boom della domanda ha aumentato in Germania i prezzi per suino di quasi 20 euro. Produttori che non hanno trasparenza sui costi e sui margini di profitto dei prodotti potrebbero incorrere facilmente in difficoltà finanziarie. In questi casi, le soluzioni digitali aiutano a reagire rapidamente e a controllare i margini nel miglior modo possibile. Ottimizzazione degli acquisti La digitalizzazione inizia già con l’acquisto di materie prime. CSB offre una soluzione completa per l’ottimizzazione degli acquisti dell’industria a processi. Così, in modo rapido e semplice, si garantisce ai clienti e al reparto produzione la qualità desiderata, al reparto acquisti le migliori opzioni di approvvigionamento. Contemporaneamente, i costi si abbassano: grazie all’interazione tra il modulo Produzione per l’ottimizzazione delle distinte base e ricette e l’ottimizzazione degli acquisti, è possibile risparmiare dall’1 al 5% sulle componenti acquistate. Processi di produzione più efficienti La produzione è uno degli ambiti di applicazione più importanti delle attività di ottimizzazione e digitalizzazione. È più facile ottimizzare i costi quando si è capaci di calcolare colli di bottiglia, risorse e il loro valore. È un’attività altamente complessa che non si può né improvvisare né si risolve con soluzioni ad isola che non comunicano senza intoppi col software ERP. Conoscere l’efficienza dei sistemi di produzione e confezionamento e la qualità richiesta è l’unico modo per ottimizzare e defi nire il potenziale di risparmio nella produzione.

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Tracciabilità con smartphone. La pianificazione della produzione nel sistema CSB, ad esempio, offre scenari di pianificazione a lungo, a medio e a breve termine. Questo garantisce la necessaria freschezza delle materie prime, l’utilizzo ottimale delle macchine e una maggiore velocità di produzione; il tutto a costi più bassi rispetto al passato. Un taglio perfetto nel sezionamento Una delle aree più sensibili nella produzione di carne è il sezionamento, tanto che in questo comparto si possono già decidere profitti e perdite di un’azienda. Altrettanto alto è il potenziale che può essere ottenuto solo con una buona pianificazione. Moduli di pianificazione all’avanguardia prendono in considerazione le informazioni provenienti da acquisti, magazzino, produzione e vendita, per determinare il fabbisogno dei

tagli principali per il sezionamento nel modo più accurato possibile. Anche la resa della carcassa può essere facilmente ottimizzata. Il monitoraggio on-line supportato dall’IT con confronto permanente obiettivo–effettivo direttamente alla linea di taglio ha dimostrato di essere un metodo collaudato. Questo crea le fondamenta per intervenire rapidamente agli scostamenti di qualità dei tagli principali e all’efficienza delle risorse umane. Casi concreti dimostrano che in media è possibile un risparmio del 2%. Un impegno di capitale inferiore Anche sul magazzino si può risparmiare se si trova il giusto equilibrio delle giacenze: mentre un magazzino pieno aumenta i costi di stoccaggio e il grado di capitale impegnato, uno stock troppo basso può causare strozzature o fermi nella produzio-

Studi di settore svolti nei paesi industrializzati riportano che la digitalizzazione aumenta la produttività e riduce i costi. La pianificazione della produzione nel sistema CSB, ad esempio, offre scenari di pianificazione a lungo, garantendo la necessaria freschezza delle materie prime, l’utilizzo ottimale delle macchine e una maggiore velocità di produzione. Il tutto a costi più bassi rispetto al passato

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L’uso costante di soluzioni IT smart e l’organizzazione dei processi di produzione e logistica sono tra le misure più importanti per garantire redditività e competitività a lungo termine all’industria della carne. Soluzioni che, tra l’altro, sono già disponibili, provate e collaudate da molti produttori in tutto il mondo

si può optare per metodi diversi di evasione ordini come Pick-by-Light, Pick-to-Light, Pick-by-Voice, Pick-byVision oppure l’evasione con sorter. Spesso una combinazione di questi è la scelta migliore, per elaborare in modo ottimale diversi gruppi di articoli.

In alto: caricamento lotti. In basso: ottimizzazione dei giri col CSB-System. ne. Tutto ciò può essere ottimizzato in maniera relativamente facile, ad esempio, con funzionalità del CSB-System quali la pianificazione delle materie prime e la gestione del magazzino. Oltre al monitoraggio intelligente dello stock di magazzino, il sistema determina le quantità ottimali da ordinare e segnala automaticamente se sono state raggiunte scorte minime nella materia prima o nel magazzino di spedizione. Il risultato è una copertura al 100% dei bisogni di materie prime con il minimo impegno di capitale possibile. L’esperienza ha dimostrato che i costi per le giacenze possono essere ridotti di circa il 30%.

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Meno errori durante l’evasione ordini Puntare costantemente all’implementazione e integrazione di nuove tecnologie consente di risparmiare parecchio tempo e soldi al momento dell’evasione ordini. Procedure di evasioni ordini senza supporto cartaceo, oltre al risparmio di carta, aiutano a minimizzare le quote di errori e quindi i relativi costi per gestire reclami, storni, nuova preparazione e consegna della merce. La pratica più comune nell’industria della carne è l’evasione ordini con dispositivi mobili di acquisizione dati. A seconda della gamma di prodotti, della struttura dell’ordine, degli spazi in uso, ecc…,

Costi di trasporto più bassi Enorme potenziale di risparmio è fornito anche dalla logistica dei trasporti. I produttori di carne possono aspettarsi fi no al 15% in meno di costi di gestione del trasporto se pianificano, gestiscono e controllano il tutto grazie ad un software idoneo. Gestione e ottimizzazione giri consentono di ottimizzare giri, distanza, utilizzo, peso e volume di carico, nonché impiego di veicoli e personale. Questo non solo riduce i costi di trasporto, che sono il fattore di costo più alto nella logistica, ma anche le risorse sono utilizzate meglio. A seconda del parco veicoli e della struttura di consegna, si può risparmiare anche sui singoli veicoli a disposizione. Rintracciabilità più veloce In tutto il mondo le autorità preposte stanno inasprendo i requisiti di tracciabilità dei prodotti alimentari. E anche la distribuzione e i consumatori vogliono vedere i dati e questo è possibile solo attraverso processi digitalizzati. La soluzione consiste in una raccolta elettronica

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Preparazione ordini con sorter. completa di dati che include la documentazione dei movimenti di magazzino all’interno del flusso operativo dei materiali. Qui, ad esempio, è consigliato/adatto l’uso di codici a barre e scanner. Se anche le linee di produzione sono integrate, il risultato è un’immagine completamente trasparente di tutte le fasi di lavorazione di un prodotto, a seconda del grado di dettaglio che si vuole documentare, nei bovini persino dall’auricolare. Eventuali ritiri di merce possono essere organizzati in pochi minuti. Ricette migliori Funzionalità specif iche come l’ottimizzazione ricette calcolano la composizione più vantaggiosa delle ricette tenendo conto delle restrizioni chimiche e tecnologiche, senza trascurare naturalmente una qualità costantemente elevata del prodotto. Ciò riduce significativamente i costi delle materie prime e aumenta i margini di profitto per ciascun prodotto.

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A seconda della ricetta originale, già in una prima fase di ottimizzazione, si può risparmiare oltre il 5% delle componenti utilizzate. Per essere in grado di reagire a prezzi delle materie prime fortemente fluttuanti, il CSB-System offre ricette variabili, consentendo ai responsabili di produzione di mantenere la flessibilità desiderata nell’intero processo di produzione. Redditività e competitività a lungo termine per l’industria della carne Processi digitalizzati perfettamente coordinati fanno risparmiare tempo e garantiscono trasparenza su prodotti e processi. La digitalizzazione aiuta ad ottenere una pianificazione e un controllo coerenti dalla stalla al consumatore, a reagire in modo flessibile agli sviluppi del mercato, alle fluttuazioni dei prezzi e ai desideri dei consumatori ed infine consente anche di ridurre i costi. L’uso costante di soluzioni IT smart e l’organizzazione dei processi di

produzione e logistica sono quindi tra le misure più importanti al fine di garantire redditività e competitività a lungo termine all’industria della carne. E, soprattutto, queste soluzioni sono disponibili, provate e già collaudate da molti produttori in tutto il mondo.

Referente: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (Verona) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

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Misura del pH con Testo facile ed efficiente

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l valore pH dei prodotti alimentari influisce direttamente sulla crescita di microrganismi. Il tasso di acidità di frutta, condimenti per insalate, marmellate, ecc… è un inibitore naturale della crescita microbica. Più basso è il valore pH, più è difficile che i germi riescano a moltiplicarsi. Il valore di pH è molto importante nella lavorazione di carni e salumi. Influenza direttamente le proprietà chiave dei prodotti come igroscopicità, sapore, colore, tenerezza e durata di conservazione della carne.

Come misurare il valore di pH? 1. Scegliere l’elettrodo e lo strumento giusti per l’impiego previsto. 2. Controllare l’elettrodo (livello del liquido, rottura del vetro, aprire il tappo prima della misura). 3. Sciacquare l’elettrodo con acqua e asciugarlo. Non strofinare!

4. Immergere l’elettrodo nella soluzione di misura, agitarlo brevemente, quindi lasciarlo fermo. Nella maggior parte dei casi il valore pH con elettrodo “fermo” è quello più corretto. 5. Attendere fino a quando viene raggiunto un valore stabile con l’aiuto della funzione automatica hold. 6. Sciacquare l’elettrodo con acqua di rubinetto e conservarlo in base alle istruzioni del costruttore. 7. La temperatura della soluzione di misura deve essere documentata insieme al valore pH. Questo vale per tutte le misure del valore pH e per tutti i misuratori di pH. La soluzione ideale La misura del pH nell’industria alimentare non solo deve essere particolarmente precisa, ma richiede anche strumenti di misura flessibili.

Infatti devono adattarsi alle sostanze più diverse: a sostanze semisolide come la carne; a sostanze pastose come gelatina, ricotta o formaggio; e naturalmente a liquidi come latte, bevande o acqua. Testo offre le sonde ottimali per ogni applicazione e tutti gli accessori e i materiali di consumo necessari.

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SICUREZZA ALIMENTARE

UE: la carne preimballata non può essere congelata in prossimità della scadenza

I

l congelamento della carne preimballata prossima alla scadenza, al fine di prolungarne la vita commerciale, si deve considerare una violazione della norma. È quanto ha chiarito l’Unione Europea, a seguito di una notifica attivata dalla Grecia il 23 gennaio 2019 tramite il sistema comunitario RASFF, in merito al congelamento di un lotto di carne fresca bovina refrigerata preimballata sottovuoto di origine statunitense importato in Italia e successivamente congelato prima della data di scadenza. “Il sistema — ha precisato Bruxelles — potrebbe essere utilizzato per occultare il deterioramento, compromettendo in tal modo ulteriormente la sicurezza delle carni commercializzate e finendo per indurre in errore i consumatori sulla qualità delle carni messe in vendita”. A darne notizia è stato il Ministero della Salute italiano1, che ha fatto sapere che le carni fresche — una volta sezionate e messe in vaschetta per la vendita al pubblico (preimballate) — in prossimità della scadenza non possono essere congelate per prolungare la vita commerciale. La questione riguarda sia i consumatori, visto che stiamo parlando delle vaschette preparate nei reparti macelleria dei supermercati ed esposte nei banchi frigo, sia i tagli di 5-10 kg commercializzati all’ingrosso in confezioni sottovuoto. Secondo la norma europea, la carne fresca non può essere congelata in qualsiasi fase della filiera, in particolare in prossimità della scadenza commerciale. La Commissione europea, con nota Ares (2019) 2456574 del 0804-2019, ha considerato quanto

124

disposto dall’allegato III, sezione I, capitolo VII, punto 1, del Reg. (CE) n. 853/2004 come un obbligo giuridico inequivocabile, che non ammette flessibilità, e ha così argomentato: • il periodo di stabilizzazione, durante il quale il pH delle carni della carcassa si stabilizza, dura pochi giorni e cade abitualmente prima dell’immissione sul mercato; • l’allegato III, sezione I, capitolo VII, punto 4, del Regolamento (CE) n. 853/2004 stabilisce che “[le] carni destinate al congelamento devono essere congelate senza indebiti ritardi, tenendo conto del periodo di stabilizzazione eventualmente necessario prima del congelamento stesso”. Tale obbligo giuridico è stato ribadito nella sezione 5.4 della comunicazione della Commissione dal titolo “Orientamenti della UE sulle donazioni alimentari”1;

• tale obbligo non sarebbe esplicitato così inequivocabilmente se le carni potessero essere congelate in qualsiasi fase della filiera di produzione e dunque il testo non ammette alcuna flessibilità. (Fonte: UNAItalia www.unaitalia.com) Note 1. “Per motivi di igiene, il Reg. (CE) n. 853/2004 dispone che gli alimenti di origine animale destinati al congelamento debbano essere congelati senza indebiti ritardi dopo la produzione (52). La prescrizione non si applica ai dettaglianti che riforniscono altri operatori del settore alimentare, quali le banche alimentari, purché tale attività del dettagliante rimanga marginale, localizzata e ristretta ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 5, lettera b), punto ii), dello stesso regolamento”.

D’ora in poi il congelamento della carne preimballata prossima alla scadenza, per prolungare la vita commerciale, si deve considerare una violazione della norma (photo © Kevin Largent – stock.adobe.com).

Eurocarni, 8/19


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STATISTICHE

Il commercio con l’estero delle carni anno 2018 di Aurora De Santis

L’elaborazione sul commercio con l’estero degli animali vivi e delle carni: fonti e metodologia Istituto Nazionale di Statistica effettua, a partire dal 1990, un’elaborazione sul commercio con l’estero degli animali vivi e delle carni. Vengono elaborati mensilmente i dati prodotti dal servizio Commercio con l’estero, con riferimento al numero dei capi e al relativo peso vivo, nonché ai quantitativi di carne scambiati con l’estero. Le specie prese in esame

L’

126

sono: bovina, suina, ovicaprina, avicola ed equina. Si distinguono gli scambi intra-UE da quelli con il resto del mondo. I dati non vengono però aggiornati con le successive uscite del servizio Commercio con l’estero di dati definitivi. I dati sono disponibili in forma cartacea dal 1990 al 2008 e, successivamente, sono stati diffusi sul sistema informativo Agri.istat.it a partire dal 2009. Le fonti dell’elaborazione sono due rilevazioni ISTAT, entrambe mensili: Cessioni/acquisti beni

con i paesi UE (sistema INTRASTAT) e Commercio speciale esportazione/importazione extra-UE. Una volta acquisiti i dati, vengono effettuati controlli di congruenza con dati precedenti della stessa elaborazione e successivamente archiviati e diffusi su banche dati sia ISTAT che EUROSTAT. Bibliografia • Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), www.istat.it • Sistema Statistico Nazionale (SISTAN), www.sistan.it

Eurocarni, 8/19


Eurocarni, 8/19

127

981.086 1.006 24.887

Ovini

Caprini

Equini

27.647

Carni equine

25,5

–1,3

4,1

–2,9 22,8

–29,9

–23,0

–94,1

–5,6

–15,6

– 6,7

– 6,4

–71,9

–11,5

–57,6

9,4

–9,5

Var. % rispetto all’anno precedente

25.074

22.184

1.004.880

303.733 32.668

9.264.877

24.829

1.006

981.086

1.342.005

1.050.319

102.230

66

400.702

2.111

236.055

309.155

di cui Europa

Fonte: ISTAT, elaborazione sul commercio estero degli animali vivi.

a) I dati sono provvisori; le variazioni pari a –100% si riferiscono a quantità molto piccole. b) Animali vivi in numero di capi, carni rosse in tonnellate. c) Europa a 28 paesi, sia importazioni che esportazioni.

24.793

1.005.595

319.692 64.538

Carni ovine-caprine

Carni suine

Carni bovine – fresche o refrigerate – congelate

9.267.117

1.342.011

Suini

Pollame domestico

1.075.895

102.244

66

426.214

Totale bovini

Riproduttori di razza pura

Altri non domestici

Altri

2.111

236.055

Giovenche

Vacche

309.205

Totale mondo

Vitelli

Categorie

Importazioni

–25,2

– 0,8

4,1

–3,3 22,9

–29,9

–23,1

–94,1

–5,6

–15,6

– 8,9

– 6,4

–71,9

–16,8

–57,6

9,4

–9,5

Var. % rispetto all’anno precedente

2.487

4.128

76.577

80.231 43.154

12.619.552

338

1.668

10.707

2.672

42

405

165

691

6.732

Totale mondo

–2,8

5,7

–18,4

–1,1 – 6,8

–22,7

– 63,0

–100,0

–100,0

30,2

– 45,0

35,0

– 49,4

10,7

– 86,2

19,8

–55,9

1.524

2.445

46.487

79.545 36.582

9.566.632

146

1.668

9.094

2.486

42

187

165

9

6.205

di cui Europa

Esportazioni Var. % rispetto all’anno precedente

Tavola 1 – Dati mensili sul commercio estero degli animali vivi e delle carni (gennaio-dicembre 2018)

–1,5

–7,4

–19,4

0,2 –1,4

–24,7

–79,1

–100,0

–100,0

30,2

– 49,7

63,1

– 49,4

– 48,5

– 85,5

– 88,2

–58,4

Var. % rispetto all’anno precedente




BE

EF

TS

OA K EY

E X P OR


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