EUROCARNI 9-2020

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EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXV N. 9 • Settembre 2020

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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali

Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi

Comitato di redazione Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Gianni Mozzoni (Legacoop) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Dr. Alfonso Piscopo

Segreteria di redazione Gaia Borghi

Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata

Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Luigi Credi – Lorenzo Fiorentin – Chiara Zaccaroni Fotografia Luigi Credi

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Amministrazione Andrea Tomassone

La banca dati internazionale del mercato delle carni sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore lavorazione, commercio e distribuzione carni. Edizione 2020 Copia cartacea: € 95,00

Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2019. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2019.

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 0598671709 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985

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Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910

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EUROCARNI La prima rivista veramente europea

In questo numero:

La carne nel mondo

Germania – USA – Francia – Israele

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Agenda

Parma: Cibus Forum

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Anteprima

Sondaggio in macelleria

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Naturalmente carnivoro

Bifulco Family

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Meat Pack

Pulled Beef precotto e marinato

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Fileni si affida al Mater-Bi di Novamont

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Lettere alla Redazione

Vendita di carne cruda confezionata sottovuoto al dettaglio…

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Lettere

Benessere animale: lettera aperta a Teresa Bellanova

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Attualità

Carni e lockdown: resoconto e prospettive

Sebastiano Corona

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Slalom

Gli aiuti europei e i nostri obblighi

Cosimo Sorrentino

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A pagina 142.

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Elena Benedetti

La carne in rete

Social meat

Aziende

Pastrami: tutto il gusto e la morbidezza del brisket, una fetta sopra l’altra Gaia Borghi Criocabin, dalla parte delle botteghe innovative

Elena Benedetti

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Luglio 2020, storica data per i salumi italiani 100% tradizionali

50

Comunicare la carne

W le nostre carni bianche!

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Meat webinar

Il futuro dell’agroalimentare è racchiuso nella sostenibilità

Anna Mossini

56

Produrre carne bovina è sostenibile: lo afferma il mondo scientifico

Anna Mossini

62

The power of vacuum: un evento virtuale al PackForum di Sealed Air

68

Mercati

Allevata secondo natura

70

Indagini

Suini, le tendenze di settore

74

Nomisma, report sui consumi di carne durante il lockdown

84

Allevamento e Covid-19

86

Tutto il biologico, oggi

Biolà, carne, formaggi e “gelato agricolo”

Massimiliano Rella 90

Macellerie d’Italia

Macelleria Ligas, carni e salumi locali che valgono un viaggio nell’Isola

Sebastiano Corona

94

Fratelli Bonsignore, allevatori consapevoli, macellai per passione

Elena Benedetti

98

Gare carnivore

And the winner is…

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Nutrizione

Carne e aromi mediterranei

Giovanni Ballarini 108

La carne in tavola

Picaja, Tasca e Cima

Nunzia Manicardi 112

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Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXV N. 9 • Settembre 2020

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A pagina 74. In copertina: il pastrami prodotto dalla Ala carni del Gruppo Bervini (photo © Massimiliano Rella).

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Analisi

Emilia-Romagna, nel 2019 l’export agroalimentare ha incassato un +4,7% Anna Mossini

114

Fiere

Osservatorio Tuttofood, si punta su export e digitale

120

Meat-Tech e Tuttofood insieme a Milano

122 Andrea Gaddini

Razze

La Grigia ucraina

Tecnologie

Webshop: ordino oggi, ricevo domani

136

Ci dedichiamo completamente all’affilatura

140

Da IMPRIMA nuove tecnologie per la sicurezza alimentare: TT Sensor Plus 2

142

NaturCEASE™ Dry, proteggere le proprietà degli elaborati di carne

146

Storia e cultura

126

Giovanni Ballarini 154

Kebab, nulla di più nuovo dell’antico

A pagina 52.

A pagina 56.

A pagina 108.

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LA CARNE NEL MONDO

Germania A seguito dei focolai di Covid-19 che si sono verificati in alcuni macelli in Germania, il governo tedesco guidato da ANGELA MERKEL ha varato norme più severe a tutela delle condizioni di lavoro nell’intero settore della lavorazione della carne, vietando il subappalto delle operazioni di somministrazione di manodopera e aumentando l’importo delle sanzioni e il numero delle ispezioni. La decisione è stata presa dal Consiglio dei Ministri tedesco e le nuove disposizioni dovrebbero essere operative dal 2021. In Italia la situazione è completamente diversa, come ha spiegato alla stampa STEFANO MANTEGAZZA, segretario generale di UILA–Unione Italiana dei lavoratori agroalimentari. «I macelli italiani sono più sicuri rispetto a quelli esteri — ha spiegato Mantegazza — e tutto il settore ha risposto molto positivamente alla pandemia, potendo essere considerato un esempio per l’Italia che riparte su come coniugare insieme lavoro, flessibilità organizzativa, garanzie di sicurezza e tutela della salute. Negli USA hanno chiuso tantissimi macelli: qui da noi non si è verificato un caso simile, non solo nella filiera delle carni ma in assoluto in tutto il settore alimentare» (fonte: UNAItalia; photo © Renar – stock.adobe.com).

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RAPPRESENTANTE ESCLUSIVO PER L’ITALIA


USA L’americana TYSON FOODS, una delle più grandi aziende alimentari del mondo e leader riconosciuto nel settore degli alimenti proteici, presenta per il mercato europeo del foodservice una linea di specialità a base di carne di pollo col suo brand di punta Tyson. La linea è composta da 28 referenze surgelate, dai finger food ai meal component. «Il mondo si sta evolvendo rapidamente e i consumatori di oggi devono affrontare ostacoli e adattarsi rapidamente ai cambiamenti», ha dichiarato BRETT VAN DE BOVENKAMP, presidente di area di Tyson Foods Europe. «Forniamo ai nostri clienti soluzioni pertinenti a livello locale, sfruttando approfondimenti, innovazione, capacità di ricerca e sviluppo e risorse in tutti i mercati. La nostra catena di approvvigionamento flessibile ci consente di supportare i nostri clienti e la loro crescita offrendo il miglior servizio e adeguati piani d’emergenza per l’approvvigionamento. I prodotti europei Tyson provengono dalle nostre aziende Tyson Foods in Olanda, Thailandia e dalla nostra joint venture in Brasile». «Con due centri di innovazione in Europa, abbiamo accesso a team nazionali di talento, che ci aiutano a servire nuovi clienti, canali e aree geografiche», ha dichiarato FELIPE CASTILLO, direttore marketing e innovazione di Tyson Foods Europe. «Il nostro obiettivo è soddisfare le esigenze dei clienti che utilizzano un portafoglio completo di prodotti, inclusi i prodotti Tyson, facendo sempre attenzione alla sostenibilità». La domanda globale di proteine è in crescita insieme alla popolazione mondiale. EUROMONITOR ha stimato che oltre il 90% della crescita del consumo di proteine nei prossimi cinque anni avverrà al di fuori degli Stati Uniti. Tyson Foods ha acquisito il business europeo di BRF SA nel 2019, basandosi sulla strategia di crescita dell’azienda per ampliare l’offerta di prodotti proteici a valore aggiunto nei mercati globali e per servire meglio i clienti in Europa (fonte: EFA News – European Food Agency; photo © Axios).

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Francia L’Assemblea nazionale francese ha approvato in via definitiva un disegno di legge sulla trasparenza delle informazioni sui prodotti agricoli e alimentari, già approvato dal Senato il 4 marzo scorso. La legge, sostenuta dal Governo, incorpora diverse disposizioni adottate nel quadro della legge EGAlim, ma dichiarate inammissibili dal Consiglio costituzionale nell’ottobre 2018. Questo testo rafforza tutte le disposizioni in vigore relative alla trasparenza e all’informazione del consumatore. Grazie a questa legge, l’etichettatura dell’origine della carne suina, avicola, ovicaprina e della carne macinata sarà ora obbligatoria nella ristorazione fuori casa (era già obbligatoria soltanto per la carne bovina). Continua, inoltre, la lotta al meat-sounding: la legge ora proibisce l’uso di nomi usati per designare alimenti di origine animale, per descrivere, commercializzare e promuovere alimenti contenenti proteine vegetali oltre una soglia che sarà fissata con decreto. Tutte queste disposizioni integrano utilmente le misure già adottate dal governo. Pertanto, l’esperimento relativo all’obbligo di etichettare l’origine del latte, del latte nei prodotti lattiero-caseari e della carne nei prodotti trasformati è appena stato prorogato, a seguito di una decisione favorevole della Commissione europea, fino al 31 dicembre 2021. La DGCCRF ha inoltre avviato i lavori all’inizio dell’anno, nell’ambito del Consiglio nazionale dei consumi, sull’etichettatura di origine. Per il ministro dell’agricoltura e dell’alimentazione DIDIER GUILLAUME «questo è un passo avanti per tutti i Francesi. Spero che queste misure, che finora sono state un’iniziativa nazionale, facciano ora parte di uno sviluppo più generale a livello europeo. A questo proposito, accolgo con favore l’obiettivo che la Commissione europea si è recentemente prefissata nel contesto della sua strategia Farm to fork, ovvero quello di rafforzare l’informazione dei consumatori attraverso l’etichettatura di origine, l’etichettatura relativa al benessere degli animali, l’etichettatura nutrizionale e persino lo sviluppo di un sistema di etichettatura relativa alla sostenibilità». AGNÈS PANNIER-RUNACHER, sottosegretario di Stato presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha affermato che «il miglioramento dell’etichettatura dei prodotti alimentari è essenziale per consentire ai consumatori di diventare veri e propri attori-consumatori» (fonti: agriculture.gouv.fr e UNAItalia; photo © illustrezvous – stock.adobe.com).

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Israele La start-up israeliana attiva nel settore delle tecnologie alimentari REDEFINE MEAT presenta la prima alternativa vegetale alla carne stampata in 3D, che l’azienda chiama Alt-Steak. Redefine Meat rende noto che, verso la fine dell’anno, il prodotto verrà sottoposto alla prova della cottura, prima di essere disponibile sul mercato, comunque entro il 2021. Utilizzando la tecnologia della stampa in 3D, la start-up è infatti in grado di creare diversi “inchiostri” a base vegetale, che vengono utilizzati per formare il prodotto Alt-Steak e altri prodotti alternativi alla carne. Arricchendo la ricetta Alt-Steak con i prodotti Alt-Blood, Alt-Muscle e Alt-Fat di proprietà dell’azienda, si ottiene un’alternativa a base vegetale alla carne con bassi livelli di colesterolo e un aspetto, un odore e un sapore simile al prodotto carneo. Redefine Meat è riuscita a definire 70 parametri sensoriali attraverso i quali la stampante in 3D è in grado di creare un “taglio” a base vegetale che, come detto, secondo l’azienda, possiede sapore, aroma, aspetto, tenerezza simili al taglio di carne vera (photo © Reuters/Amir Cohen).

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Il taglio “alla francese” è riconosciuto dai professionisti di tutto il mondo come il più accurato. Le carcasse sono sezionate metodicamente, secondo le linee anatomiche dell’animale, in 34 tagli evidenziando così il carattere unico di ciascun muscolo. Vi è una vasta gamma di sapori grazie alle 22 razze bovine prodotte in Francia GLI SǺVSRS ZEVMIXª XIRIVI^^E WYGGSWMXª e gusto persistente.

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Portavoce della ĀĮĞåŹ±ƐÚåĮĮ±ƐϱŹĻå ÆŇƽĞĻ±ƐüŹ±ĻÏåžå


AGENDA

Parma Dopo la sofferta riprogrammazione delle grandi fiere dell’agroalimentare a livello nazionale ed internazionale (solo per citarne alcune, Alimentaria, Vinitaly, Cibus e SIAL), la filiera agroalimentare si incontrerà per la prima volta a Parma mercoledì 2 settembre e giovedì 3 settembre al Cibus Forum: il food & beverage post Covid-19. Obiettivo del Forum è quello di contribuire alla definizione di una strategia, condivisa da tutti gli attori coinvolti, che riesca a far crescere i consumi alimentari domestici come pure l’export. Sarà un evento sia fisico che digitale, con quattro sessioni di dibattito e un’offerta espositiva dove aziende del food e food technology presenteranno le ultime novità del settore e le best practice del made in Italy. Al Forum sarà presente un nutrito parterre di autorità, tra cui la ministra delle Politiche Agricole TERESA BELLANOVA, oltre agli esponenti più rappresentativi dell’industria alimentare, dell’agricoltura e della Distribuzione Moderna. Interverranno anche CATHERINE GESLAIN LANÉELLE, vice capo di Gabinetto Commissario UE Agricoltura; l’europarlamentare PAOLO DE CASTRO, che segue sempre con grande attenzione le evoluzioni nel mercato e nell’industria delle carni; ROBERTO LUONGO, direttore ICE Agenzia; il Governatore della Regione Emilia-Romagna STEFANO BONACCINI e FEDERICO PIZZAROTTI, sindaco di Parma. Il mondo dell’industria alimentare sarà rappresentato da IVANO VACONDIO, presidente Federalimentare, e vedrà la partecipazione delle maggiori aziende (alcune delle quali esporranno i loro nuovi prodotti) e le relazioni di vari capitani d’industria. Ci saremo naturalmente anche noi con EUROCARNI. Vi aspettiamo. cibusforum.cibus.it

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ANTEPRIMA

Sondaggio in macelleria: nel corso di questa estate 2020 iMEAT, in collaborazione con Federcarni, Associazione nazionale Macellai Italiani, e la nostra rivista Eurocarni, ha condotto un sondaggio al fine di ottenere una fotografia del settore delle macellerie durante i mesi di emergenza Covid-19. Sul prossimo numero di Eurocarni di ottobre vi presenteremo tutti i risultati (photo Š DmyTo – stock.adobe.com).

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NATURALMENTE CARNIVORO

Si può far coniugare la tradizione di un mestiere antico con un mercato e una società che cambiano rapidamente, spesso e volentieri con accelerazioni inaspettate e inimmaginabili? Sì, si può. O, per lo meno, i Bifulco questo equilibrio l’hanno trovato e sono un esempio per tutti. In questa foto scelta per la nostra rubrica del “Naturalmente carnivoro” del mese, vedete al centro Francesco Bifulco con i figli Nando e Luciano. La loro è una realtà che da Ottaviano, zona vesuviana, parte dalla tradizionale macelleria e gastronomia per arrivare ad una stupenda braceria, passando attraverso il Bifulco Bifburger Streetfood e al delivery con consegne a domicilio di tagli e box speciali. Grande professionalità, una passione che oggi è alla quarta generazione e una cura che emerge visibilmente anche nella comunicazione (www.bifulco.family; photo © bifulco.family).

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MEAT PACK Pulled Beef precotto e marinato

Presso l’insegna EUROSPAR abbiamo trovato il Pulled Beef precotto e marinato di TANN (Gruppo Spar). Confezionato in una box cartonata, si presenta con l’immagine del prodotto cotto, “così tenero che si taglia con la forchetta”. Si tratta di un arrosto di manzo marinato e poi cotto a lungo a bassa temperatura. Estratta dalla confezione la carne va riposta su una teglia e fatta cuocere in forno per 30 minuti a 180 °C o su una griglia con calore indiretto.

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I fornitori di carne belgi sono tra i precursori in termini di competenze professionali: in base alle specifiche del cliente, offrono un servizio personalizzato, su misura e con il massimo rendimento. Inoltre, la carne fresca viene fornita con estrema rapidità , come solo da un partner affidabile e di fiducia ci si può aspettare.

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Fileni si affida al Mater-Bi di Novamont

FILENI, azienda marchigiana leader nella produzione di carni biologiche in Italia (www.fileni.it), ha lanciato un nuovo packaging per i prodotti antibiotic free. Le nuove confezioni sono compostabili in ogni loro parte, vassoio, film, etichetta e pad assorbente. Il passaggio a questa nuova confezione consente di non immettere nell’ambiente 1,5 milioni di vassoi in plastica tradizionale. Una piccola grande rivoluzione che cambierà radicalmente anche la gestualità in cucina (i vassoi vanno infatti conferiti nell’organico) e segnerà la strada dell’impegno quotidiano di ciascuno di noi anche nelle piccole cose per un mondo più giusto, pulito ed equo. Fileni si impegna — riporta una nota aziendale — ad offrire ai propri clienti dei prodotti di alta qualità nel pieno rispetto del benessere degli animali e dell’ambiente. Il Gruppo ha da tempo intrapreso un percorso sostenibile di economia circolare teso a raggiungere un progressivo azzeramento degli sprechi e dell’impatto ambientale di tutta la filiera produttiva. Il vassoio è stato realizzato in Mater-Bi, materiale nato dalla ricerca Novamont, l’azienda leader a livello internazionale nel settore delle bioplastiche e ottenuto grazie ad una filiera integrata che utilizza materie prime vegetali per offrire soluzioni compostabili che permettano di conciliare qualità e performance dei prodotti con un uso efficiente delle risorse dal punto di vista ambientale. Il film protettivo è fatto in PLA (acido polilattico), l’innovativa bioplastica che deriva dalla trasformazione degli zuccheri presenti in mais, barbabietola, canna da zucchero e altri materiali naturali e rinnovabili. L’etichetta è realizzata in carta biodegradabile Vellum, un tipo di pergamena particolarmente fine, liscia e resistente. Fileni ha voluto rinnovare completamente anche l’aspetto grafico delle etichette che, nella nuova versione, recano il claim “Salviamo il Pianeta”, invitando così anche il consumatore a compiere una scelta consapevole, responsabile e informata.

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LETTERE ALLA REDAZIONE Vendita di carne cruda confezionata sottovuoto al dettaglio da parte di un ristorante/griglieria Un ristorante che somministra carne alla griglia (codice ATECO 56.10.11), in possesso di una regolare cella di frollatura approvata dalla ASL locale, può vendere anche la carne cruda confezionata sottovuoto al dettaglio? Il tutto ovviamente attivando una procedura interna ad hoc per il confezionamento e la porzionatura e rispettando le norme vigenti di etichettatura e catena del freddo. Grazie per la risposta. La risposta al quesito L’esercizio di ristorazione rientra nella definizione di “commercio al dettaglio” fornita dall’art. 3 del Regolamento (CE) n. 178/2002: “commercio al dettaglio”, la movimentazione e/o trasformazione degli alimenti e il loro stoccaggio nel punto di vendita o di consegna al consumatore finale, compresi i terminali di distribuzione, gli esercizi di ristorazione, le mense di aziende e istituzioni, i ristoranti e altre strutture di

ristorazione analoghe, i negozi, i centri di distribuzione per supermercati e i punti di vendita all’ingrosso. La possibilità di vendere al consumatore finale tagli di carni fresche sottovuoto, crude e pronte per la cottura, eventualmente accompagnate da condimenti e salse, ma anche di preparazioni di carni già elaborate con aggiunta di altri ingredienti, anch’esse pronte per essere cotte (ricordiamo anche la definizione di “preparazioni di carni”: carni fresche, incluse le carni ridotte in frammenti, che hanno subito un’aggiunta di prodotti alimentari, condimenti o additivi o trattamenti non sufficienti a modificare la struttura muscolofibrosa interna della carne e ad eliminare quindi le caratteristiche delle carni fresche), dal punto di vista igienico-sanitario dipende dalla sussistenza dei requisiti generali dettati dal Regolamento (CE) n. 852/2004 e di quelli specifici (per le carni) dettati dal Regolamento (CE) n. 853/2004 (allegato III).

È chiaro che la sussistenza dei requisiti dipende anche dalle attrezzature e dagli spazi disponibili per il sezionamento, l’imballaggio sottovuoto, lo stoccaggio delle carni, ecc…: dovranno essere evitate sovrapposizioni o contemporaneità di attività che possano sottendere il rischio di contaminazioni crociate. Rischio che deve essere valutato e gestito con adeguate procedure di autocontrollo: buone pratiche di igiene e di lavorazione (GHP e GMP) e procedure basate sul sistema HACCP, previste dagli artt. 4 e 5 del Reg. 852/2004. Naturalmente il rispetto della catena del freddo riveste notevole importanza. Altro aspetto di grande rilievo è l’etichettatura. Trattandosi di prodotti preimballati nel luogo di vendita per la vendita diretta, come per i prodotti non preimballati occorrerà rispettare l’art. 44 del Regolamento (UE) n. 1169/2011, che, oltre ad affermare l’obbligo di indicazione degli eventuali allergeni

La possibilità di vendere al consumatore finale tagli di carni fresche sottovuoto, crude e pronte per la cottura, ma anche di preparazioni di carni già elaborate con aggiunta di altri ingredienti, anch’esse pronte per essere cotte, dal punto di vista igienico sanitario dipende dalla sussistenza dei requisiti generali dettati dal Reg. (CE) n. 852/2004 e di quelli specifici del Reg. (CE) n. 853/2004 (photo © golubovy – stock.adobe.com).

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presenti (art. 9, par. 1, lettera c, dello stesso Regolamento), rimanda alle indicazioni obbligatorie definite dagli Stati Membri: in Italia la norma di riferimento è il DLgs 15 dicembre 2017, n. 231, che all’art. 19 elenca le seguenti informazioni (ci limitiamo ad indicare solo quelle che possono avere interesse per le carni), che devono essere fornite al consumatore munendo gli alimenti di “apposito cartello applicato ai recipienti che li contengono oppure di altro sistema equivalente, anche digitale, facilmente accessibile e riconoscibile, presente nei comparti in cui sono esposti”: a. la denominazione dell’alimento (es: carne fresca di bovino adulto); b. l’elenco degli ingredienti salvo i casi di esenzione disposti dal regolamento; c. le modalità di conservazione per i prodotti alimentari rapidamente deperibili. L’elenco degli ingredienti può essere omesso solo nel caso delle carni prive di altri ingredienti (trattandosi di unico ingrediente, già indicato nella denominazione), mentre nel caso delle “preparazioni di carni” tutti gli ingredienti devono essere citati. Inoltre, non deve essere interrotta la rintracciabilità, da garantire mediante sistemi o procedure come disposto dall’art. 18 del Reg. 178/2002. Restano obbligatorie, per quanto previsto per la vendita al dettaglio, le indicazioni previste dalle normative relative alle diverse specie su paese di origine/allevamento/ macellazione/lotto/numero auricolare/numero macello, ecc… Sempre nel rispetto della normativa sanitaria, l’operatore del settore alimentare dovrà notificare all’autorità competente (ASL) la nuova attività introdotta, mediante inoltro della SCIA sanitaria. Sotto l’aspetto amministrativo/ commerciale, a tutto ciò è certamente propedeutica l’aggiunta dei codici ATECO necessari allo svolgimento di attività diversa da quella originaria di ristorazione. Marco Cappelli Tecnico della Prevenzione

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LETTERE

Benessere animale: lettera aperta a Teresa Bellanova Lettera aperta dell’OI INTERCARNEITALIA alla Ministra Teresa Bellanova sulle vicende del benessere animale propagandate da CIWF, Greenpeace e Legambiente Legnaro, 29 luglio 2020

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entilissima Ministra Senatrice Teresa Bellanova, abbiamo letto la lettera aperta a Lei indirizzata da CIWF, LEGAMBIENTE e GREENPEACE in merito all’approvazione dell’art. 224-bis “Sistema di Qualità Nazionale per il benessere animale” e Le scriviamo, per dire la nostra. Avevamo spiegato, per tempo, ai Suoi uffici e poi anche al Presidente della Commissione Agricoltura della Camera, ING. FILIPPO GALLINELLA dei 5 Stelle, che tale articolo, oltre ad essere controproducente per gli allevatori (tutti, non solo quelli di bovini da carne) per l’inutile aggravio di costi, non avrebbe sicuramente placato gli animi degli animalisti “nostrani” che l’unico articolo che potrebbero “approvare” è la trasformazione degli animali da reddito in animali da compagnia. Ma non siamo stati ascoltati! Smettiamo di produrre qualità e sicurezza alimentare con gli standard ed i livelli di benessere animale raggiunti in Italia, perché non sono previste “etichette lenzuolo” ideate dal CIWF, ovvero, da chi gli allevamenti li visita di notte e li cerca apposta, con il lanternino, solo ed unicamente se hanno dei difetti da mostrare? Signora Ministra, crediamo che prima di ricevere gli animalisti debba ascoltare gli allevatori, ovvero coloro che ogni giorno lavorano per garantire il benessere animale vero, dimostrabile concretamente e non perché disegnato in una etichetta fuorviante, come vorrebbero ambientalisti e animalisti. Un inciso per gli addetti ai lavori: non è passando

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da CReNBA a ClassyFarm che diventiamo più bravi o più belli. Sia chiaro, nei nostri allevamenti il benessere animale è rispettato già da ieri, ben oltre la normativa cogente europea e sfidiamo qualsiasi animalista/ ambientalista a dimostrare il contrario. Un’informazione a Lei e un memento al CIWF: lunedì 8 aprile 2019, abbiamo ospitato in una nostra azienda di allevamento bovini da carne la portavoce del CIWF, per mostrarle come alleviamo e come stanno i nostri bovini in materia di benessere animale. Unico argomento in dissintonia, il fatto che i bovini erano allevati in box e non all’aria aperta! Al che le abbiamo fatto notare, visivamente e concretamente: • la totale assenza di stress da parte dei bovini, alcuni intenti a mangiare cereali selezionati e di alta qualità (vedi certificazioni aziendali), altri a bere acqua pulita (e non da fossi, pozzanghere o vasche ospitanti parassiti), altri coricati sulla morbida lettiera fatta di paglia e sostanza organica, che riproduce un ambiente adatto per gli zoccoli e per il riposo, sicuramente migliore dei prati, tanto cari agli animalisti; • il clima dentro la stalla, gradevole, nessun odore, aria movimentata al bisogno da “elicotteri”, temperatura costante, illuminazione artificiale adeguata, assenza di parassiti; • il controllo dei bovini, ovvero, il giro stalla dell’allevatore e del veterinario aziendale, per verificare visivamente ogni giorno lo stato di salute e la dominanza (anche i bovini hanno un

capo-branco) ed eventualmente intervenire tempestivamente, per evitare l’uso di farmaci che, nella zootecnia bovina da carne, si utilizzano unicamente per curare l’animale se ammalato e non come vorrebbero i detrattori della zootecnia, per farli crescere più rapidamente. Signora Ministra, abbiamo anche spiegato alla portavoce del CIWF che quando acquistiamo i vitelli tenuti al pascolo assieme alla vacca nutrice dobbiamo vaccinarli per eliminare tutti i parassiti accumulati e Le risparmiamo la descrizione di come agisce l’Hypoderma bovis sulla pelle del bovino. Abbiamo spiegato che il trasporto avviene con camion certificati, seguendo le rigide regole dei Regolamenti comunitari e, cosa più importante, che quando arrivano nelle nostre aziende devono essere fisicamente a posto, non aver patito alcuna sofferenza, altrimenti contestiamo qualsiasi problema al fornitore che, trattandosi di animali da reddito, è il primo a garantire la qualità del trasporto. Lo stesso quando vengono caricati ed avviati alla macellazione, per finire un ciclo e produrre il buon cibo che il 95% della popolazione (che può permetterselo) consuma abitualmente, tranne i vegani, in declino, per numero e salute. E nel 2020, CIWF, LEGAMBIENTE, GREENPEACE si inventano l’etichetta con la “gabbia o il prato fiorito” per classificare il benessere animale??? Signora Ministra, queste sono proposte assurde, che ci piacerebbe poterle confrontare con costoro per farli ragionare, ma è molto difficile.

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Fabiano Barbisan, presidente di UNICARVE, con Federica Di Leonardo, responsabile Media e Relazioni Esterne di CIWF Italia, in visita ad un allevamento veneto (photo © UNICARVE). Infatti, dopo l’incontro nell’aprile del 2019 con la portavoce del CIWF, avevamo chiesto di organizzare a Bologna, presso la loro sede, un tavolo, per discutere quanto da noi mostrato in materia di benessere animale: stiamo ancora attendendo una loro proposta! Probabilmente non arriva, perché non hanno argomenti a loro vantaggio. Se costoro si appagano e si dichiarano vincitori, se il Parlamento approva una etichetta che dia informazioni visive sul sistema di allevamento (biologico, al coperto, intensivo), sono dannosi e vanno contro il vero benessere animale che esiste negli allevamenti protetti. I nostri non sono allevamenti “intensivi”, sono allevamenti “protetti”!!! Ci perdoni, Signora Ministra, per la forza delle nostre frasi, ma è ora di finirla che costoro utilizzino nei loro siti web, per fare proseliti, video registrati e datati, con immagini cruente di allevamenti o macelli, soprattutto esteri, che gli allevatori italiani onesti sono i primi a condannare, perché oltre ad urtare la sensibilità e la dignità di un lavoro importante per l’umanità, creano danni gravissimi a chi lavora nella filiera zootecnica. Scrivano dove e quando hanno fatto quei video e saremo noi a rivolgerci alla Procura della Repubblica

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per far chiudere quelle aziende e chiedere anche i danni. Non si può fare di tutta l’erba un fascio!! Signora Ministra, si potrebbe andare avanti all’infinito a smontare l’arroganza di costoro, ci piacerebbe farlo confrontandoci dentro un allevamento (che facciamo scegliere al CIWF) e non su Tavoli post-salotto o, concordiamo con Lei, post-giardinaggio. Signora Ministra, ora che “l’isolamento sociale” s’è un po’ allentato, Le chiediamo di poterla incontrare, in piena sicurezza, in una nostra azienda, per presentarle il Piano Carni Bovine Nazionale, redatto dagli allevatori e adottato dall’OI INTERCARNEITALIA, l’unica Interprofessione riconosciuta in Italia per la zootecnia bovina da carne, nonostante ci sia chi, purtroppo, del settore agricolo, remi contro per bloccarla, facendo del male agli allevatori che, addirittura, costoro associano. Il Piano Carni Bovine Nazionale è già in funzione e basterebbe poco, Signora Ministra, per farlo decollare, se Lei ci aiuta, per recuperare terreno a livello commerciale, unico vero grande problema che costringe gli allevatori a vendere sotto i costi di produzione. A tal proposito, oltre ad affermare che le nostre aziende lavorano per rispettare la sostenibili-

tà ambientale, sociale ed economica, Le facciamo presente che i PSR e la Nuova PAC devono stanziare risorse adeguate, per favorire investimenti in nuova tecnologia ed infrastrutture zootecniche in grado di migliorare sempre più il lavoro dell’uomo ed il benessere animale. Quindi, bolliamo con una semplice definizione, “demente”, chi propone di tassare la carne, pensando di fare un favore all’ambiente! Nell’attesa di poterla incontrare, gradisca i nostri migliori saluti e sentimenti di stima per il lavoro che quotidianamente svolge a favore dell’agricoltura italiana. Il Presidente Fabio Scomparin

Organizzazione Interprofessionale INTERCARNEITALIA Via 1o Maggio 7 – 35020 Legnaro (PD) Telefono: 049 8830675 E-mail: info@intercarneitalia.it Web: www.intercarneitalia.it

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ATTUALITÀ

Carni e lockdown: resoconto e prospettive All’indomani delle misure restrittive adottate per il contenimento del virus Covid-19, Ismea ha intrapreso un monitoraggio delle filiere agroalimentari, facendo una fotografia del momento e presentando ipotesi per il futuro di Sebastiano Corona

C

he la crisi economica a cui stiamo andando incontro sia peggiore anche di quella mondiale del 2008 è cosa assodata. È una recessione senza precedenti per l’ampiezza delle aree coinvolte e l’incertezza sulla durata della pandemia. Non solo, infatti, si tratta

di un evento straordinariamente repentino e imprevedibile, bensì si parla di un evento influenzato da fattori indipendenti dall’aspetto economico, in cui si sono bloccati in contemporanea domanda, offerta, produzione, logistica, lavoro dipendente. Non a caso, gli strumenti di

politica economica sinora adottati non si sono mostrati sufficienti né pienamente efficaci. Gli indicatori economici disegnano un quadro a tinte fosche, in cui si inserisce un clima di forte incertezza, rendendo difficili ipotesi plausibili sul futuro prossimo.

Quello avicolo è senza dubbio il settore che ha registrato la migliore performance nel lockdown, complice, probabilmente, anche la minore dipendenza dall’Ho.re.ca. e lo sviluppo di prodotti elaborati e confezionati spesso a base di pollo (photo © New Africa – stock.adobe.com).

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In Italia la crisi si è presentata in un momento di complessive difficoltà date da un incontrollabile debito pubblico, un elevato tasso di disoccupazione e una modesta crescita della produzione. Tutti elementi che, sommati, fanno ritenere verosimili stime della Commissione europea, di una flessione per l’anno 2020 superiore all’11% del PIL. Già da una prima analisi, è evidente che nemmeno il comparto agroalimentare sia immune dalla recessione. Tutt’altro. La crisi dovuta al lockdown ha portato con sé la consapevolezza del ruolo strategico del settore agroalimentare nella vita economica e sociale, ma sono evidenti sacche di calo vertiginoso della domanda e problemi enormi contrastanti e diversi, talvolta anche all’interno di uno stesso settore produttivo. Si pensi al canale HO.RE.CA., rimasto clamorosamente al palo in pochi giorni, sia in ambito nazionale che internazionale, o all’azzeramento di catering e banqueting, eventi e manifestazioni, così come dei flussi turistici, sia interni sia esteri, oltre ad altre problematiche indirette o trasversali relative, per esempio, alla logistica, al personale, alla disponibilità di servizi e beni per l’assistenza ai macchinari: tutti elementi che contribuiscono a rendere difficile l’operatività di un comparto intero. Al netto della pandemia, il 2020 si prospettava come un anno particolarmente dinamico per il comparto. La crisi ha fatto irruzione in una fase straordinaria in cui l’export agroalimentare segnava un +5,3% (dati 2019 su 2018), poi aumentato addirittura a +10,4% nel primo trimestre 2020, subito interrotto ad aprile e anzitempo rispetto agli altri Paesi europei, considerato che nella prima fase della pandemia — quando l’Italia era ancora il primo e unico Paese colpito in Europa —, si sono verificati casi, seppur isolati, di boicottaggio del prodotto italiano e un diffuso clima di paura da contagio tramite il cibo tricolore. La produzione industriale, secondo ISMEA, ha avuto, dopo un

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In sofferenza durante il lockdown la filiera del bovino, soprattutto per la forte dipendenza dall’estero nell’approvvigionamento dei ristalli. Nemmeno il mercato è stato però clemente: sono infatti aumentate le vendite alla distribuzione, ma con evidente insoddisfazione degli allevatori per le quotazioni (photo © contrastwerkstatt – stock.adobe.com). ragguardevole +7,3% di gennaio e +2,6% di febbraio, una drammatica battuta d’arresto a marzo per –6,5%, seguita da un –8,1% ad aprile e da un –8,4% a maggio. Il comparto agricolo, nel primo trimestre del 2020, ha segnato un –0,7% su base annua del valore aggiunto. Si sono registrate inoltre dinamiche particolari, come un incremento importante delle vendite al dettaglio: a marzo +19%, ad aprile +18% rispetto all’anno precedente e +8%, nel totale del quadrimestre. Dinamiche, queste, dovute anche ad un iniziale panico diffuso tra i consumatori, che ha portato ad un prevedibile e importante approvvigionamento di prodotti rispetto al fabbisogno reale.

Si è verificato parallelamente un orientamento verso la spesa on-line e il delivery. L’abbandono dei centri commerciali, considerata anche la chiusura della stragrande maggioranza delle attività presenti al loro interno, ha spostato l’attenzione sui supermercati e discount prima e sui negozi di vicinato dopo. Per ovvie ragioni, la frequenza nell’acquisto è passata da 11 a 8 visite al mese e si è registrato il noto fenomeno dell’abbandono dei prodotti da stock, a favore dell’ingredientistica (uova, farina, lievito, olio, mozzarella, ecc…). E come dimenticare la caccia all’introvabile lievito? L’enorme disponibilità di tempo ha portato gli Italiani a riappro-

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Coronavirus: vendite carne bovina –30%. Organizzazione Interprofessionale della Carne Bovina: subito piano strutturale di rilancio Un piano di sostegno strutturale per rilanciare il settore delle carni bovine, duramente colpito dall’emergenza coronavirus. Lo chiede OICB, l’Organizzazione Interprofessionale della Carne Bovina in via di riconoscimento, a cui aderiscono ASSALZOO, ASSOGRASSI, CIA-AGRICOLTORI ITALIANI, CONFAGRICOLTURA, COPAGRI, FIESA CONFESERCENTI e UNICEB. La chiusura del canale HO.RE.CA. nei mesi scorsi, con lo stop di tutte le attività di hotel, ristoranti, caffè, bar e mense, unita alle forti restrizioni imposte alla circolazione in ambito comunitario e al rallentamento delle attività di macellazione durante il lockdown, ha comportato pesanti ripercussioni nel settore del bovino da carne, determinando un crollo delle vendite di oltre il 30%. Il comparto più penalizzato è quello del vitello a carne bianca, destinato in prevalenza ai settori ristorazione e alberghiero. Per questi motivi, le 7 organizzazioni riunite in OICB accolgono con favore le misure di sostegno al settore, anche se sottolineano la necessità di interventi di lungo periodo per uscire dall’emergenza. In particolare, l’Organizzazione Interprofessionale esprime soddisfazione per gli interventi a tutela del vitello a carne bianca nell’ambito del fondo emergenziale. Misure invocate dall’OI con una lettera alla Ministra delle Politiche Agricole Teresa Bellanova (si legga il testo completo a pagina 28) e totalmente accolte: si tratta di 20 milioni di euro per il premio alla macellazione vitelli di età inferiore a 8 mesi (aiuto erogato per vitelli nati, allevati e macellati in Italia dal primo marzo al 30 giugno 2020, nel limite massimo di 110 €/capo). Stanziati, inoltre, 15 milioni di euro di aiuti per l’ammasso privato di carni fresche o refrigerate di vitello. A questo proposito, però, secondo OICB è necessario rimuovere il massimale di aiuto previsto dal Quadro temporaneo di aiuti della Commissione UE, pari a 100.000 euro per singola impresa agricola, al fine di non depotenziare l’efficacia della misura del premio alla macellazione. Più in generale, l’organizzazione in tutte le sue componenti manifesta la piena disponibilità a fornire appoggio e collaborazione al MIPAAF per la creazione di un piano di sostegno strutturale che rilanci e valorizzi il settore delle carni bovine italiane, puntando su export, promozione e tavolo di dialogo con la Grande Distribuzione Organizzata (fonte: EFA News – European Food Agency; photo © karepa – stock.adobe.com).

priarsi della propria cucina e a cimentarsi in vecchie e nuove ricette. Da qui un calo di tutti i prodotti pronti, della IV e V gamma e di molto altro. Il periodo del lockdown è stato inoltre caratterizzato da un primo picco iniziale di spesa, dovuto al timore di mancanza di prodotti nel mercato, ma anche da una Pasqua che, in assenza completa del settore HO.RE.CA., ha registrato un incremento delle vendite al dettaglio, del 18% rispetto a quella del 2019.

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A sottolineare il senso di responsabilità degli operatori del comparto non si sono registrati gli ipotizzati fenomeni di speculazione, seppur alcuni aumenti, anche di altre tipologie di beni e servizi, abbiano mostrato comprensibili incrementi di prezzo, dovuti sia alle normali dinamiche di mercato, sia alla riduzione della scontistica e delle promozioni, che in questa fase, per ovvie ragioni, non hanno avuto luogo. Merita di essere segnalato l’incremento nella vendita di uova

(+14%), oli e derivati dei cereali (+8%), a fronte di una generalizzata sofferenza di vini e prodotti ittici, al netto delle conserve che sono state le più ricercate ad inizio emergenza, con ben +20% settimanale, per il tonno in scatola. Incrementi superiori al 20% anche per farine, surgelati e salumi in vaschetta. Per lo stesso fenomeno dell’effetto scorta anche i prodotti confezionati hanno avuto un’impennata della domanda. Vino e spumanti, in forte sofferenza, hanno registrato

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un aumento non appena terminato il lockdown, a conferma del loro consumo in ambiti conviviali e forse legati a festeggiamenti, seppur blandi e sobri, per la fine della segregazione. In questo scenario complesso e a tratti schizofrenico, le carni hanno registrato fenomeni diversi tra loro. La filiera suinicola, per esempio, ha accusato il colpo e ha registrato un rallentamento complessivo nei ritmi di lavorazione degli impianti di macellazione, poi nell’industria di trasformazione è seguito un progressivo indebolimento dei prezzi all’origine, dovuto principalmente al completo fermo dell’HO.RE.CA. che ha fatto segnare un –20% delle vendite. Per tutto il periodo dell’emergenza, ad una forte riduzione della domanda al banco e ad una continua contrazione delle quotazioni dei principali tagli di carne fresca, si è contrapposto un discreto interesse verso gli affettati in vaschetta. La reazione alla ripresa è stata però incoraggiante: si sono mostrati infatti subito i primi segnali con i prezzi in progressivo aumento in tutte le fasi della filiera. Quello avicolo è senza dubbio il settore che ha registrato la migliore performance nel lockdown, complice, probabilmente, anche la minore dipendenza dall’HO.RE.CA. e grazie allo sviluppo di prodotti elaborati e confezionati, spesso a base di pollo.

Tuttavia, dopo un’impennata della richiesta, nelle prime settimane, con il trascorrere del tempo, la domanda si è assestata e le quotazioni di conseguenza. Secondo ISMEA, infatti, la chiusura delle rosticcerie aveva spinto gli operatori a far minori accasamenti di polli leggeri e maggiori di pesanti, ma nel mese di maggio la domanda ha registrato una repentina virata verso i busti leggeri creando difficoltà di allocamento per quelli pesanti, con ripercussioni negative sui prezzi. Nell’ultima fase la richiesta, anche a seguito della riapertura dell’HO.RE.CA., si è mostrata incerta e irregolare, ma gli operatori stimano un ritorno, in breve tempo, ad una situazione di maggior equilibrio e quindi anche di ristabilizzazione delle quotazioni. Ha sofferto certamente di più la filiera del bovino, soprattutto per la forte dipendenza dall’estero nell’approvvigionamento dei ristalli. Nemmeno il mercato è stato però clemente: sono aumentate le vendite alla distribuzione (+4% su base annua), ma con evidente insoddisfazione degli allevatori per le quotazioni, soprattutto laddove le referenze avevano come principale sbocco l’HO.RE.CA. o l’export. La pressione sul mercato dall’offerta di carne di provenienza estera con prezzi medi inferiori, oltre a far calare le quotazioni del prodotto

nazionale, ne hanno generato una flessione in termini di richiesta. Ma la filiera delle carni che ha maggiormente sofferto a causa del lockdown è quella ovina, che già prima dell’arrivo della pandemia era in una situazione critica per una flessione dei consumi. Nel 2019: il valore degli acquisti domestici in volume faceva segnare infatti un –12% rispetto all’anno precedente. La Pasqua tra le mura domestiche e la chiusura completa dell’HO. RE.CA. hanno compromesso anche le vendite primaverili di agnelli e così i risultati dell’intera annata, che si profila tra le peggiori degli ultimi tempi. Il calo della domanda ha infatti generato anche un decremento delle quotazioni, che nella settimana pasquale ha mostrato — rispetto a Pasqua 2019 — un –15% del prezzo al chilo per gli agnelli vivi e un –13% del prezzo carcassa, delle carni all’ingrosso. Sebastiano Corona Nota I rapporti ISMEA sull’analisi dei trend dei consumi delle famiglie italiane, sulla situazione di mercato e dei prezzi di tutte le filiere agroalimentari, a seguito della crisi economica legata al coronavirus, sono numerosi e tutti disponibili sul sito dell’istituto all’indirizzo: www.ismea.it/istituto-di-servizi-peril-mercato-agricolo-alimentare

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Gli aiuti europei e i nostri obblighi di Cosimo Sorrentino

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a presidenza tedesca dell’Unione Europea per il semestre che scade il 31 dicembre di quest’anno ha subito manifestato in maniera chiara ed innovativa di ispirarsi a due obiettivi da raggiungere: mediazione e guida. La guida dell’Europa, passata dalla Croazia, la quale ha operato fino al 30 giugno u.s., ha fatto intravedere una grande svolta, imponendo un nuovo tono alla risposta da dare alla crisi che stiamo vivendo. L’aggravamento dell’emergenza sanitaria ed il trovarsi in una profonda recessione che si prevede durerà a lungo, con la costruzione dell’intera Europa e del Mercato Unico in crisi esistenziale, hanno imposto un rovesciamento di prospettiva e, nel giro di poco tempo, la Germania è passata dalla concessione di prestiti limitati e condizionati, dalle regole ai bilanci pubblici, dalle assolute responsabilità nazionali dei singoli governi, a prestiti con condizioni minime, ad apertura di sovvenzioni, se pur limitate, a fondo perduto, alla più grande emissioni di obbligazioni comunitarie, mai previste, (750 miliardi) garantite dagli stessi stati attraverso il bilancio comune. Si tratta di decisioni che si ritenevano impensabili fino a qualche tempo molto vicino a noi, tanto che avevamo sempre sottolineato la scarsa, se non inesistente, solidarietà europea, anche in occasione del dramma sanitario che in questo 2020 ha investito il mondo e l’Italia in particolare. Va sottolineato, peraltro, che la Germania non ha agito da sola, poiché hanno pesato anche le posizioni degli altri Paesi, specialmente di quelli del Sud, con la Francia in pole position ed altri

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«La Germania è consapevole della propria responsabilità nei confronti dell’Unione europea»: lo ha dichiarato la cancelliera Angela Merkel in apertura del programma del proprio semestre di presidenza del Consiglio UE che terminerà il prossimo dicembre (photo © www.ispionline.it). come Spagna e Italia schierati a favore di una risposta finanziaria europea comune. È indubbio però che la nazione della cancelliera ANGELA MERKEL abbia mostrato un cambiamento di prospettiva che ha ammorbidito i rapporti coi Paesi definiti “frugali” al febbraio dal FINANCIAL TIMES, allorquando è emerso, in modo evidente, il rischio del disfacimento dell’Unione Europea, con la divisione tra un gruppo di Paesi in grado di andare avanti e progredire ed altri completamente alla deriva. Era in gioco anche la tenuta democratica e non solo economica della società e la Germania avrebbe avuto, pur essa, tutto da perdere da un mercato, che, alla fine, così sconvolto, non avrebbe prodotto e non avrebbe comprato né consumato.

Il programma della presidenza tedesca potrebbe così essere sintetizzato: bilancio UE, Brexit, difesa del multilateralismo, relazioni con gli Stati Uniti e Cina, difesa dell’industria e della sovranità economica europea, il tutto condito dal motto: “Insieme. Rendere di nuovo forte l’Europa”. Con questo spirito a luglio si è così potuti arrivare ad un accordo in sede europea, dopo travagliate sedute che hanno visto contrapposte due posizioni, quella dei Paesi del Sud, incluse Francia e Germania, aperta alla concessione di sostanziosi aiuti ai Paesi in maggiore difficoltà, e appunto quella dei Paesi cosiddetti “frugali”, come Olanda, Austria, Danimarca, Svezia e Finlandia, attestati su posizioni fondate nell’ottica di un rigorismo protestante.

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In definitiva, su un pacchetto totale di 750 miliardi, l’Italia potrà attingere 81,4 miliardi di sussidi e 127,4 miliardi di prestiti, fondi che, però, potranno essere disponibili solo nel 2021. Ma ora all’Italia tocca sostenere una sfida che non si presenta facile, perché, dopo avere ottenuto una certa solidarietà europea, bisogna saper usare le risorse che l’Europa ci ha concesso. Dovremo saper fare un buon uso dei miliardi che giungeranno e ciò non vuol dire che i progetti che le varie amministrazioni nazionali e regionali, che, in questi anni non hanno potuto essere finanziati per le restrizioni delle regole europee, diventeranno ora possibili, poiché in realtà l’Italia non ha ancora progetti di provata efficacia che attendono di essere finanziati. Il Recovery Fund impone al Paese una svolta nell’impostazione della politica economica; serve una soluzione istituzionale nuova che assicuri una spesa efficace dei fondi e sia in grado di interloquire con l’Europa. Basti ricordare che uno dei punti chiave dell’accordo raggiunto in sede europea delinea i criteri coi quali la Commissione UE valuterà i piani “per la ripresa e la resilienza” dei vari Stati entro due mesi dalla loro presentazione. Nella valutazione, il punteggio più alto dovrà essere ottenuto con i criteri della coerenza, le raccomandazioni specifiche per Paese, nonché col “rafforzamento del potenziale di crescita, della creazione dei posti di lavoro e della resilienza sociale ed economica”. Si tratta sostanzialmente di riforme che sono in larga parte le stesse sollecitate negli ultimi anni nei vari documenti dell’UE. Chiaramente il quadro è cambiato con l’esplosione dell’epidemia. A maggio l’UE ha infatti potuto dare una valutazione solo parziale, concentrandosi sulla necessità di proteggere famiglie e imprese e di riprendere appena possibile il percorso di sostenibilità del debito. Su altri nodi si fa riferimento all’invito di non invertire le precedenti riforme previdenziali, a contenere la spesa pensionistica, a ridurre la pressione fiscale sul lavoro, rivedendo le varie agevolazioni, a migliorare l’efficienza della pubblica amministrazione e a ridurre la durata dei processi civili. Tanto premesso dobbiamo esprimere il nostro timore e la preoccupazione che non si possa ben operare nel prossimo futuro; futuro che deve essere futuro presente e non futuro a lungo termine, mentre ad oggi non riscontriamo l’impegno necessario a preparare una strategia in grado di mobilitare tutte le energie del Governo e delle istituzioni locali con le necessarie riforme così importanti per il nostro futuro. Un futuro, ripetiamolo, che potrà segnare l’inizio delle ripresa o la continuazione della decadenza. Dobbiamo essere consapevoli che il progetto della next generation è l’ultima occasione per non rendere incolmabile la distanza che ci separa dai Paesi europei più capaci nel preparare gli strumenti atti a costruire il futuro. Cosimo Sorrentino

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Crescere e migliorare, questo è l’obiettivo. Nata nel 1950 da una tradizione famigliare, oggi la Bervini Primo srl è presente sul mercato nazionale ed internazionale come azienda di importazione, lavorazione e vendita di carni. BERVINI PRIMO S.R.L. via Colonie, 13 42013 Salvaterra di Casalgrande Reggio Emilia · Italia

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LA CARNE IN RETE

Social di Elena

1. Meatologist Kubaka ALBERT KUBAKA si definisce Meatologist e dalla Svezia gestisce instagram.com/albert.kubaka che, ovviamente, noi seguiamo religiosamente. La sua passione è per le carni che seleziona e prepara presso Food Gourmet, distributore e grossista di carni e prodotti food per la ristorazione in quel di Johanneshov, Stoccolma. Ci sono parecchi account su Instagram gestiti da svedesi che fanno un ottimo lavoro nello storytelling delle carni e Kubaka è uno di questi (instagram.com/albert.kubaka).

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2. Beef Innovation Network Europe BovINE, anagramma di Beef Innovation Network Europe, è la rete europea di innovazione per gli allevamenti di bovini da carne che si propone di colmare il divario tra ricerca e innovazione, riunendo allevatori, organizzazioni agricole, consulenti, ricercatori e altri attori rilevanti in tutta Europa per affrontare le sfide urgenti dei produttori di carne bovina. Da seguire attraverso il portale www.bovine-eu.net

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meat Benedetti

3. Ham session su Instagram I suoi post e video si trasformano spesso in tormentoni social di culto. Il super butcher e norcino toscano LORENZO CHINI, dell’omonima macelleria di Gaiole in Chianti (FI), è da seguire su instagram.com/chini.lorenzo per le sue stories e i post che raccontano il suo mondo fatto di carni e salumi artigianali di qualità, sempre filtrati dal suo umorismo toscano, dissacrante e travolgente (come la mascherina di salame da lui inventata sotto lockdown). Qui lo vedete in una ham session in bottega con l’attore senese FRANCESCO ARCA (@francescoarcaofficial), grande estimatore dei suoi salumi, durante una recente visita alla macelleria (photo © instagram.com/chini.lorenzo).

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4. Il Mannarino I mesi di lockdown milanese hanno sicuramente dato un’accelerazione alla vendita on-line di carne, ma Il Mannarino non si è certo fatto trovare impreparato. E così la “Macelleria di quartiere con cucina” www.ilmannarino.it oggi spedisce i tagli selezionati in tutto il Nord Italia e nella Capitale. Bombette, costate, fiorentine, oltre a bistecche, salsicce, tartare, arrosticini — e molto altro ancora — sono a portata di clic. Su Milano hinterland la consegna è gratuita per ordini superiori ai 50 euro, mentre nelle altre zone d’Italia gestite è gratis oltre i 100 euro (photo © instagram.com/ilmannarino).

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Foodbarrio: un social commerce che punta solo alle eccellenze L’e-commerce di food in Italia è in continua crescita. Nel 2019 c’è stato un incremento di acquisti on-line di prodotti alimentari del 39% rispetto al 2018. E c’è da scommettere che questo dato sia cresciuto esponenzialmente durante il lockdown. La pandemia ha lasciato un mondo profondamente cambiato, in cui la distanza sociale ha modificato il nostro stile di vita, accelerando un processo irreversibile che porterà tantissimi produttori made in Italy a dover aprire uno shop on-line per ovviare a problemi di contatto fisico ma anche alle limitatezze dei mercati. Molti piccoli produttori non hanno tempo, conoscenze e spesso risorse per iniziare a creare da soli un e-commerce dove vendere i propri prodotti. Per questo motivo è nato Foodbarrio, un social commerce che punta solo alle eccellenze gastronomiche. “In questo mercato virtuale il produttore può creare la propria vetrina/ bottega dove caricare tutte le proprie specialità senza limiti e iniziare a vendere on-line in Italia e, a breve, all’estero in un solo giorno. Inoltre, i produttori che si uniscono a Foodbarrio hanno accesso a una serie di vantaggi, tra cui un team dedicato a supporto, un social interno per interagire e rimanere in contatto con i propri clienti, l’accesso alla community degli amanti del cibo che animano l’app e promozioni a loro dedicate. Foodbarrio è anche un luogo di incontro virtuale che mette in contatto i cultori del buon cibo con i produttori regionali. Gli artigiani del cibo possono infatti raccontarsi e farsi conoscere ad un pubblico che non può fisicamente entrare in contatto con loro e gli appassionati di specialità tipiche possono vagare virtualmente per cantine, frantoi, caseifici, norcinerie e agriturismi, costruendo un vero e proprio rapporto con i produttori. Infine, riconoscendo margini più ampi ai produttori, si incentiva la sostenibilità delle realtà rurali, che torneranno a essere attrattive anche per le giovani generazioni e le piccole aziende saranno valorizzate, premiando la genuinità, la biodiversità dei prodotti e la trasparenza dei processi produttivi”. >> Link: www.foodbarrio.com

Click & Drive con Roadhouse La catena di steakhouse Roadhouse Restaurant del Gruppo Cremonini non arresta la sua crescita: a fine luglio a Milano ha infatti inaugurato a due passi dal Duomo (via Merlo, angolo via Larga) il ristorante numero 154 che servirà nella modalità delivery anche i piatti di Calavera Fresh Mex. Per facilitare gli acquisti in modalità contactless, Roadhouse Restaurant ha ideato il Click & Drive: si ordina e si paga dall’app con un semplice click, accedendo ogni giorno ad offerte riservate e si ritira l’acquisto in totale sicurezza, restando comodamente in auto all’orario scelto, senza file o attese. >> Link: www.roadhouse.it

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Concept design by Angelo Cristofoli

Per noi la razza è un’ opera d’arte

Organizziamo produzioni dedicate grazie all’esperienza nell’allevamento delle razze italiane pregiate Agrifap S.r.l. Società Agricola alleva direttamente e organizza filiere per assicurare costanza e continuità di fornitura

Puntiamo sul prodotto italiano con particolare dedizione per le razze:

Chianina - Marchigiana Podolica - Romagnola

L’attenzione al prodotto italiano si estende anche alle produzioni Biologiche di bovini:

nati, allevati e macellati in Italia

Per informazioni commerciali: Agrifap S.r.l. Società Agricola | Ufficio: +39 045 8876471 | Email: info@agrifap.com | Web: www.agrifap.com


AZIENDE

La versione pregiata Montreal style di Ala carni, Gruppo Bervini

Pastrami: tutto il gusto e la morbidezza del brisket, una fetta sopra l’altra di Gaia Borghi

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arne di manzo messa dapprima in salamoia, quindi aromatizzata, affumicata e cotta a vapore: il pastrami vi dà il benvenuto nel suo mondo fatto di sandwich succulenti a più strati accompagnati da senape e cetrioli sottaceto, caffetterie affollate dallo stile vagamente retro come Katz’s a New York o Schwartz’s Deli a Montréal e antiche tradizioni kosher. Tradizioni che tra la seconda metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento si imbarcarono sulle grandi navi insieme agli immigrati di religione ebraica provenienti dall’Europa dell’Est, Romania in particolare, e arrivarono fin dall’altra parte dell’Oceano, allontanandosi certamente moltissimo dalla versione originaria della pastramă o pastırma — nata come metodo per conservare a lungo la carne che poteva essere di pecora, montone o tacchino —, ma divenendo a tutti gli effetti un piatto emblematico della gastronomia USA e canadese. A sinistra: punta di petto bovino, sale, pepe, rosmarino e timo. È la versione del pastrami prodotta dalla Ala carni del Gruppo reggiano Bervini nello stabilimento di Ala (TN). Specialità americana e canadese, l’origine del pastrami è la cucina tradizionale ebraica dell’Europa dell’Est, anche se ne esistono versioni similari in Turchia, Israele e Siria. La ricetta fu esportata Oltreoceano tra la seconda metà dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, dove venne “contaminata” dalle varie influenze degli immigrati di diversa provenienza che si ritrovarono a vivere tutti insieme nei ghetti ebraici dell’America del Nord di fine XIX secolo (photo © Massimiliano Rella).

Stupirsi col gusto della punta di petto Più canadese che statunitense in questo caso a dire il vero, perché la ricetta del pastrami di cui vogliamo parlarvi, e a cui abbiamo dedicato la copertina di questo numero di EUROCARNI, arriva direttamente da un viaggio in Québec fatto oltre 30 anni fa da RENZO BERVINI, presidente dell’omonimo Gruppo la cui sede principale si trova a Salvaterra di Casalgrande, in provincia di Reggio Emilia. Il taglio per la preparazione della tipica Viande fumée à la montréalaise o Smoked meat, come viene più semplicemente chiamato il pastrami da quelle parti, è infatti la punta di petto, il Beef brisket per intenderci, mentre negli Stati Uniti si utilizzano

solitamente tagli più grassi ed una speziatura più accentuata, con la presenza di pepe, paprika, chiodi di garofano, aglio, coriandolo…. A produrre per il Gruppo Bervini questo pastrami dal gusto molto delicato ma al tempo stesso ricco, e con quel caratteristico sentore smoky che tanto ci piace, è la ALA CARNI nel suo stabilimento di Ala, in provincia di Trento. La punta di petto è un taglio generalmente piuttosto fibroso, ricco di tessuti connettivi, che necessita di lunghe cotture; è adatto ad esempio per il bollito e deve essere quindi di qualità elevata perché il pastrami che se ne ricaverà resti morbido e gustoso. Per questa versione pregiata parliamo di carne di bovino adulto selezionata e grain fed. Come accennato, la punta di petto viene immersa in salamoia, la si asciuga per bene e la si cosparge interamente di spezie, sale, pepe, rosmarino e timo, massaggiandola affinché penetrino all’interno il più possibile. Seguono l’affumicatura e la cottura a vapore. Prima del sottovuoto il pastrami è ripulito dall’eccesso di spezie rimasto in superficie, così la carne risulterà più dolce e sarà maggiormente gradita alla maggior parte dei nostri connazionali, non così abituati ad imbottire i propri panini con la carne quando non si tratti di insaccati, hamburger o della mitica fettina di pollo panata. Mangiare il pastrami: da protagonista o nell’imbottitura Nella foto di copertina e in quella nella pagina seguente potete vedere il pastrami tagliato a fette piuttosto spesse: le si possono infatti gustare così, al naturale, con un contorno di insalata di patate condita con

Presente da oltre 20 anni sul mercato, la ditta Ala carni Srl, parte del Gruppo Bervini, offre ai propri clienti — catering e GDO , un’ampia gamma di prodotti di carne fresca, salmistrata e affumicata. L’azienda si distingue per la disponibilità ad andare incontro alle esigenze della propria clientela e per la competitività delle sue offerte, sempre volte a garantire servizi eccellenti e personalizzabili. >> Link: www.alacarni.it

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Il tramezzino al pastrami è il panino prediletto da Barney Panofsky, protagonista del meraviglioso romanzo “La versione di Barney” dello scrittore e giornalista canadese Mordecai Richler, di origine ebrea-ortodossa. E noi siamo certi diventerà anche il vostro al primo assaggio (photo © Massimiliano Rella). yogurt arricchito con erba cipollina e prezzemolo o con la classica coleslaw a base di cavolo cappuccio, carote e maionese. Per mangiare il vostro pastrami come ripieno di un sandwich, un toast, un bun o tra

due fette di pane preferibilmente “nero”, integrale o di segale (il tipico sandwich americano), meglio tagliare invece le fette molto sottili, magari usando l’affettatrice al posto del coltello. A questo punto

aggiungete la vostra salsa preferita ed iniziate ad impilare, sfidando la gravità e l’ampiezza del vostro morso o del vostro appetito. Gaia Borghi

Bervini, dal 1950 La Bervini Primo Srl nasce nel 1950 come azienda di lavorazione sottoprodotti animali e materie prime per l’industria farmaceutica, a carattere familiare. A gestirla sono i coniugi Primo e Maria Bervini. Nel corso degli anni l’azienda cresce e arricchisce costantemente la propria offerta, consolidando il proprio operato in termini di qualità, professionalità e servizio alla clientela. A seguito dell’ingresso dell’attuale presidente, Renzo Bervini, si creano le condizioni per un ulteriore allargamento della gamma produttiva aziendale, con la ricerca di eccellenze provenienti dai vari paesi europei, l’America del Sud, l’Australia, il Canada, gli Stati Uniti, l’Asia. Attualmente la Bervini è protagonista sia nel mercato nazionale che in quello internazionale in veste di azienda di importazione, lavorazione e vendita di carni refrigerate e congelate di diverse specie animali, bovino, suino, ovicaprino, equino, selvaggina, ecc…, carni porzionate e confezionate skin pack, bistecche, macinati e hamburger, prodotti ittici e verdure surgelate, provenienti da vari Paesi del mondo. Accuratezza, serietà e volontà di miglioramento contraddistinguono oggi un’offerta ricca ed estremamente diversificata per il mercato del retail e del catering, in Italia come all’estero. Bervini non si occupa però soltanto di importazione: Filiera Bervini è infatti il marchio che identifica l’intera filiera di sua proprietà. Bervini alleva e macella gli animali garantendo alti standard qualitativi e attenzione al benessere, assicurando periodici controlli veterinari e la sicurezza dei mangimi. Sempre all’interno della filiera, Bervini effettua la lavorazione delle carni nel rispetto delle più severe normative igienico-sanitarie. La filiera Bervini integrata e sostenibile controlla, infine, le carni importate in termini di tracciabilità completa e trasparenza dei prodotti. >> Link: www.bervini.com

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Vanlommel fornisce carne di vitello su misura: tagliata e confezionata come pi vi piace. In quanto regista di una Þliera chiusa, Vanlommel si occupa in proprio dellÕintero processo, dallÕacquisto e dallÕevoluzione dei vitelli da ingrassare, Þno alla tracciabilit completa a livello del singolo pezzo porzionato. Professionalit con totale Þducia.

Commerico di bovini e carni Industrielaan 21 2250 Olen Belgio

T: +32 (0)14 21 51 50 F: +32 (0)14 21 44 42 E: info@vanlommel.be www.vanlommel.be


Criocabin, dalla parte delle botteghe innovative di Elena Benedetti

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iamo già arrivati a settembre, tre quarti di un anno che ricorderemo per gli eventi e gli scenari complessi che, mese dopo mese, abbiamo vissuto sia professionalmente che nella sfera personale. Un anno imprevedibile, decisamente “liquido”, per dirla con le parole del sociologo polacco ZYGMUNT BAUMAN, dove “il cambiamento è l’unica cosa permanente e l’incertezza è l’unica certezza”.

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Un anno, infine, in cui le aziende si sono velocemente adeguate alle mutate dinamiche del mercato e dei consumatori. Ne sa qualcosa CRIOCABIN SPA, l’azienda padovana di Praglia di Teolo (PD), leader nella progettazione di idee innovative per l’arredamento del punto vendita. Se prima Criocabin lavorava con un approccio di grande attenzione alle analisi del mercato e dei bisogni della sua clientela, in tempi

di Covid-19, nella fluidità degli scenari che mutano velocemente, questa abilità è stata condizione necessaria per garantire nuovi concept di ristorazione e aree espositive refrigerate sempre più tecnologiche ed innovative. Di tutto questo ne abbiamo parlato con Alessandro Ambrosi, consulente interior design accreditato di Criocabin che si occupa di seguire proprio le tendenze e le necessità dei clienti.

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Ecco un esempio di sistema di refrigerazione con l’esclusiva tecnologia a glicole G-Concept, totalmente made in Criocabin, per la conservazione ottimale della carne presso la Fasoli Carni di Ronco all’Adige (VR). Con G-Concept si garantisce il mantenimento dell’umidità del prodotto in modo naturale, evitandone al contempo la perdita di peso. La macelleria innovativa firmata Criocabin abbina le caratteristiche positive della Grande Distribuzione con i contenuti altamente qualitativi dell’artigianalità e della tradizione (photo © Criocabin).

La pandemia virale ha avuto un grosso impatto nel suo lavoro di progettista di negozi specializzati? «In realtà, non più di tanto. Il settore era già parecchio regolamentato da numerose normative. Certo, oggi ancor di più occorre fare attenzione a come il cliente si muove all’interno dello spazio adibito alla vendita e i percorsi del personale di servizio e dei consumatori devono essere ben definiti e sicuri per evitare sconfinamenti. C’è poi il tema delle eventuali barriere in plexiglass, utilizzate quando gli spazi lo richiedono, secondo una progettualità che verte su tutto il processo, di lavorazione e vendita e di acquisto». Girovagando all’estero per negozi specializzati e macellerie, ho spesso notato una presenza diffusa non solo dei banchi con personale ma anche di spazi self-service. Questo, a parer suo, è un modello replicabile anche da noi? «Le aree di libero servizio sono legate alla diversità della modalità di vendita e sono più diffuse, per esempio, nelle catene e nei supermercati. Io ritengo che il negozio

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specializzato, per come lo concepiamo noi, sia costruito più sulla relazione diretta col cliente». Qual è la sua visione di macelleria moderna? «Per il settore macelleria l’allestimento più innovativo di Criocabin è sicuramente il sistema di refrigerazione con l’esclusiva tecnologia a glicole G-Concept, prodotto integralmente dall’azienda di Praglia di Teolo, per la conservazione ottimale della carne. Con G-Concept viene garantito il mantenimento dell’umidità del prodotto in modo naturale, evitandone al contempo la perdita di peso, con un risparmio provato di 9.000 €/anno e un risparmio delle ore lavorative pari a 14.400 €/anno. Il G-Concept è l’evoluzione del banco di vendita refrigerato, perché con questa serpentina che fa passare il liquido refrigerato nel ripiano mantiene perfettamente la conservazione delle carni ed è ideale anche per preparati e pronti a cuocere. Criocabin ha standard di prodotto elevatissimi, grazie agli ingegneri interni, allo sviluppo

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Il Centro Carni Boldrini di Minerbe, Verona, con gli allestimenti Criocabin. Criocabin ha standard di prodotto elevatissimi, grazie agli ingegneri interni, allo sviluppo dei banchi refrigerati non solo dal punto di vista estetico ma anche prestazionale (photo © Criocabin). dei banchi refrigerati non solo dal punto di vista estetico ma anche prestazionale. Un altro prodotto interessante è la vetrina verticale, che può essere terminale a banco o in retrobanco, ideale per la maturazione delle lombate (dry aging). Questa vetrina ha poi il pregio di essere utilizzata anche come banco di conservazione espositivo». Quanto è cambiato il banco carni in questi ultimi anni? «Più che cambiato direi che si è stravolto: se prima, infatti, su 10 metri lineari di banco 8 erano destinati alla carne al taglio e 2 ai pronti a cuocere e ai salumi, oggi la situazione si è ribaltata. Oggi viene dato più spazio ai preparati e ai pronti a cuocere, più tempo è dedicato alla lavorazione della carne così da

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garantire al consumatore un prodotto facile e veloce da cucinare». Il rapporto con il cliente resta quindi centrale? «Assolutamente, perché si fa leva sul fatto che tu esercente nella relazione che giorno dopo giorno costruisci col cliente trasmetti la serenità che il prodotto acquistato è preparato a regola d’arte. E non dimentichiamo i servizi offerti attraverso questo contatto diretto, come ad esempio gli ordini telefonici e le consegne a domicilio, esplosi giocoforza in tempo di lockdown ma spesso ancora richiesti perché comodi e utili». I macellai sono pronti a rinnovarsi? «I giovani li vedo molto motivati e pronti a mettersi in gioco e a investire. Eppure ci sono ancora

tanti professionisti, che magari avrebbero grandissime potenzialità, che rimangono ostici verso le preparazioni, verso quell’idea di “svecchiare” la bottega, anche con pochi elementi essenziali: una giusta luce, qualche arredo… Serve una visione più moderna, un’apertura verso nuovi tipi di lavorazione come la frollatura della carne, celle espositive murali o l’orientamento verso la ristorazione veloce». Elena Benedetti

Criocabin Spa Via S. Benedetto 40/A 35037 Praglia di Teolo (PD) Telefono: 049 9909100 E-mail: info@criocabin.com Web: www.criocabin.com

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Luglio 2020, storica data per i salumi italiani 100% tradizionali L’obbligo di indicare in etichetta l’origine delle carni suine nei prodotti trasformati va nella direzione della tutela della trasparenza del mercato e dei salumi della tradizione come da sempre sostenuto da Stagionello Store

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ono trascorsi tre mesi da quando l’Italia ha sottoposto all’attenzione dell’Unione Europea la proposta di decreto nazionale che prevede l’obbligo dell’indicazione dell’origine delle carni suine nei prodotti trasformati quali i salumi. In questi tre mesi l’Europa non si è pronunciata negativamente e, pertanto, il provvedimento può essere approvato sul territorio nazionale italiano.

“Da sempre con Stagionello® divulghiamo una vision fortemente legata al made in Italy. In tempi non sospetti Stagionello®, grazie all’applicazione del Cuomo Method, chiudeva il cerchio di una filiera di produzione del salume totalmente made in Italy, tracciata, verificabile e monitorata in continuo. È il momento giusto per riscoprire e far riscoprire al mondo intero il vero ed originale made in Italy prodotto in maniera sicura e controllata”

La Stagionello Academy sostiene da sempre l’idea di un salume made in Italy fatto di materie prime italiane.

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«Ed è questo un giorno memorabile, una conquista per noi operatori del settore che da sempre lavoriamo a sostegno degli allevatori e dei produttori italiani» ci dicono da Stagionello Store. Tale provvedimento prevede infatti che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le seguenti informazioni: Paese di nascita degli animali, Paese di allevamento, Paese di macellazione. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso Paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma “Origine: (nome del Paese)”. La dicitura “100% italiano” è utilizzabile dunque solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. «Finalmente le nostre idee di salumi sicuri e tradizionali iniziano a concretizzarsi. Da sempre con Stagionello® divulghiamo una vision fortemente legata al made in Italy. In tempi non sospetti, quando per alcuni il food made in Italy era solo una moda, Stagionello®, grazie all’applicazione del Cuomo Method (dispositivo e metodo brevettato da ALESSANDRO CUOMO; brevetto N. EP2769276B1), chiudeva il cerchio di una filiera di produzione del salume totalmente made in Italy, tracciata, verificabile e monitorata in continuo. In Italia, così come all’estero abbiamo trasmesso, e continuiamo ogni giorno a farlo, il nostro sapere ai manager della filiera alimentare tradizionale in tutto il mondo. Abbiamo sempre sostenuto

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Stagionello® chiude il cerchio di una filiera di produzione del salume totalmente made in Italy, tracciata, verificabile e monitorata in continuo. con la Stagionello Academy l’idea che un salume made in Italy sia fatto di materie prime italiane, che conservano la memoria storica del nostro Paese. Ciò che mangia l’animale, i territori in cui viene allevato… sono i primi ingredienti di un vero salume 100% italiano. Tracciabilità e sicurezza sono dunque le due prerogative di un decreto che arriva nel momento storico ed economico più giusto. Le chiusure massive delle attività dovute al Covid-19 hanno infatti arrecato un danno a carico delle nostre attività agricole e dei 5.000 allevamenti italiani ormai in ginocchio anche a causa della concorrenza sleale estera. È questo il momento giusto per dire basta a carni estere spesso propinate per italiane. Oggi più che mai la filosofia del From farm to fork ha bisogno di

essere sostenuta dalle leggi. Il consumatore finale, con #iorestoacasa, ha acquisito una nuova consapevolezza, adottando una maggiore responsabilità nelle scelte che fa al momento dell’acquisto. Il consumatore finale vuole cibi salubri, a km 0 e, soprattutto, provenienti da filiere interamente made in Italy. È il momento giusto per riscoprire e far riscoprire al mondo intero il vero ed originale made in Italy prodotto in maniera sicura e controllata. Solo così potremmo portare a tavola dei 35 milioni di Italiani che ogni settimana scelgono salumi stagionati e cotti i sapori di un tempo, genuini e sicuri».

>> Link: stagionellostore.com

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COMUNICARE LA CARNE

W le nostre carni bianche! Al via una nuova campagna promozionale che racconta gli alti standard del settore su benessere animale, sostenibilità, sicurezza alimentare e benefici nutrizionali

È

stata lanciata, nella metà del mese di luglio, una nuova campagna di comunicazione e promozione delle carni bianche dell’Unione Europea. Col claim “Le nostre carni bianche. Pollo e tacchino di alta qualità, dai nostri territori con le garanzie dell’Europa”, il suo obiettivo è quello di rafforzare la fiducia dei consumatori sulla qualità delle carni bianche dell’UE. La campagna si concentra sull’importanza degli elevati standard UE, tra i più rigorosi al mondo, che sono garanzia di benessere animale, sostenibilità e sicurezza alimentare nella produzione di carni bianche. Essa punta molto anche sul coinvolgimento attivo e l’intrattenimento del consumatore stesso: molte delle attività pianificate si concentrano infatti sui benefici nutrizionali, proponendo tanti modi diversi e divertenti per cimentarsi in cucina nella preparazione di ricette a base di carne di pollo e tacchino. L’iniziativa vede riunite le cinque organizzazioni nazionali di rappresentanza delle filiere delle carni avicole di Italia, Francia, Germania, Polonia e Paesi Bassi e la loro associazione europea AVEC, con sede in Belgio, nell’ambito di un programma di due anni sostenuto dalla Commissione europea. L’Italia è presente attraverso UNAItalia, l’associazione di categoria che rappresenta oltre il 90% della filiera avicunicola nazionale, un comparto totalmente made in Italy e altamente strategico per l’industria agroalimentare italiana.

“Le nostre carni bianche. Pollo e tacchino di alta qualità, dai nostri territori con le garanzie dell’Europa” è il claim della nuova campagna di comunicazione delle carni bianche dell’Unione Europea che ha l’obiettivo di rafforzare la fiducia dei consumatori sulla qualità delle carni bianche UE. 52

Cosa c’è da sapere sulle carni avicole europee In media ogni cittadino dell’UE consuma 25,3 chili di carne avicola all’anno. «I nostri prodotti sono Eurocarni, 9/20


FIORANI

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IL FUTURO ALLE ORIGINI

FIORANI, la salute vien mangiando…bene! MANGIARE BENE PER VIVERE BENE Quello che mettiamo nel piatto condiziona la nostra salute e il nostro benessere. Per questo è importante fare scelte consapevoli e orientarsi verso un’alimentazione equilibrata e sana. Per Fiorani si tratta di uno dei principi-guida seguiti nell’ideazione delle referenze da proporre alla platea dei suoi clienti: vogliamo che chi sceglie i nostri prodotti abbia la garanzia di qualità/sicurezza e sappia di poter contare su un marchio che ha a cuore il benessere dei consumatori e ne consideri i ritmi di vita e i bisogni. Fiorani propone ricette studiate per essere equilibrate, ricche di gusto e tutte senza glutine, per fare in modo che ogni pasto sia davvero un’occasione per prendersi cura di sé. Inoltre controlliamo minuziosamente tutte le produzioni, assicuriamo tracciabilità al 100% e utilizziamo solo materia prima d’eccellenza. Come azienda del Gruppo Cremonini, principale realtà italiana ed europea del settore, infatti possiamo attingere senza interruzioni a forniture di carne di filiera di primo livello. GUSTO E PRATICITÀ, CONNUBIO PERFETTO Il pasto perfetto? Secondo Fiorani è gustoso, sano e veloce da preparare. In base a questi criteri proponiamo referenze di alto livello, qualitativamente e di servizio. Prodotti al passo con i tempi, che diano risposte reali alle esigenze dei nostri consumatori. Le nostre gamme - FIORANI, Linea Benessere e private label – sono ricche di sapore, pratiche e veloci da cucinare, con packaging progettati per mantenere la freschezza per più giorni nella totale sicurezza. Fiore all’occhiello della gamma FIORANI sono i crudi, le nostre tartare presentate in diverse declinazioni (bovino, vitello, gustosa, scottona e chianina). È un prodotto capace di stupire, ma senza effetti speciali. In primo piano mettiamo infatti la qualità e la semplicità degli ingredienti affinché siano questi a solleticare il palato dei nostri clienti. Le tartare sono subito pronte da consumare, in pratiche confezioni Skin. Non solo bovino! In stabilimenti rigorosamente separati (per evitare il rischio di cross contamination) Fiorani lavora anche tagli di suino italiano di primissima scelta. Da qui la gamma dei suini marinati FIORANI, arricchiti con una marinatura leggera che li rende più teneri e succulenti e la Linea Benessere, che propone salsicce, luganeghe, spiedini, hamburger con diverse ricettazioni e formati (anche famiglia) per soddisfare tutti i gusti e le

seguici su:

esigenze. Un altro fra i nostri prodotti più sfiziosi è l’Involtino di Lonza di Suino, ripieno di un tenero e saporito impasto a base di formaggio. È un piatto semplice, velocissimo da cucinare, pensato per portare allegria e gusto a tavola, apprezzatissimo dai bambini e ideale anche come aperitivo, magari tagliato a rondelle. LA SOSTENIBILITÀ TUTTI I GIORNI La ricerca di un equilibrio fra produzione e sostenibilità è una parte essenziale della nostra etica produttiva. Fiorani utilizza energie rinnovabili e ottimizza i propri processi produttivi nell’ottica di ridurre al massimo gli sprechi. Inoltre ricerca e sviluppa soluzioni innovative di packaging, cercando di ridurre i materiali impiegati, diminuirne il peso e garantirne la possibilità di riutilizzo post consumer. Grazie all’utilizzo di confezioni separabili o monoporzioni vengono meglio preservate la qualità e le caratteristiche organolettiche per più giorni. Oltre a ciò Fiorani sceglie solo fornitori di imballaggi certificati FSC, un marchio che garantisce e identifica prodotti contenenti legno proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. L’ESPERIENZA FIORANI DA QUATTRO GENERAZIONI In Fiorani&C. confluisce l’esperienza di quattro generazioni che hanno lavorato e operato con successo nel settore. L’azienda, parte del Gruppo Cremonini, è diventata leader italiano nella lavorazione e trasformazione delle carni. I suoi tre stabilimenti produttivi sono strutturati con la logica dell’hub, si tratta cioè di centri dove confluiscono tutti i fornitori e da cui le lavorazioni vengono assegnate ai vari settori produttivi che gestiscono le operazioni di taglio e confezionamento delle carni, con reparti specializzati nei servizi di porzionatura, macinatura e realizzazione di prodotti elaborati e cotti. Fiorani è all’avanguardia per la sua dotazione tecnologica che permette di processare grandi volumi di materia prima just in time oltre che controlli capillari sulla merce che poi viene trasferita ai punti vendita.

Sul sito www.fioraniec.com nella sezione ricette si trovano tante sfiziose idee (e diverse tipologie di cottura) per portare in tavola i prodotti Fiorani.

FIORANI&C. S.P.A. - VIA COPPALATI N. 52 - 29122 PIACENZA (PC) P.IVA 01410740334 - TEL. +39 (0)523-596111 - marketing.fiorani@fiorani.net


Quattro verità dietro le fake news sulle carni avicole in Europa L’alimentazione consapevole è una priorità per la maggior parte delle persone. I consumatori vogliono sapere quanto è sano il loro cibo e da dove proviene. Tuttavia, oltre alle informazioni pertinenti e corrette, abbondano falsi miti e fake news, alcuni dei quali anche sulle carni avicole. Ecco quattro verità che eliminano alcuni preconcetti molto diffusi. 1. Verità 1 – Polli e tacchini europei sono allevati solo a terra In tutta l’UE l’allevamento a terra è l’unica forma di allevamento utilizzata per la produzione di carne avicola. Gli animali sono allevati in idonei capannoni dove sono sempre controllati tutti i parametri microclimatici e di illuminazione, oltre che relativi alla densità, in modo da permettere comportamenti naturali dell’animale come ruspare su lettiera di paglia o trucioli di legno. Negli allevamenti biologici e all’aria aperta gli uccelli hanno inoltre aree verdi recintate dove possono muoversi liberamente. Gli animali hanno sempre a disposizione acqua a sufficienza così come mangime. 2. Verità 2 – Le carni avicole sono prive di ormoni L’uso di ormoni e stimolatori della crescita nell’allevamento è da tempo vietato in tutta l’Unione Europea. Per questo gli ormoni non vengono mai impiegati negli allevamenti italiani di polli e tacchini. L’uso degli ormoni sarebbe inoltre inutile e antieconomico in quanto non efficace sui polli che non sono mammiferi. Non avrebbe quindi senso somministrarli ad animali che non raggiungono la maturazione sessuale. Per ottimizzare il processo di crescita, i produttori ora utilizzano un metodo molto più efficace e allo stesso tempo rispettoso degli animali: razze avicole robuste e sane, abbinate a mangimi bilanciati e condizioni ambientali ottimali. 3. Verità 3 – Le carni avicole europee non hanno residui di antibiotici Gli antibiotici possono essere somministrati solo dopo diagnosi e prescrizione di un veterinario e secondo il principio “il meno possibile, solo quando necessario”. Gli antibiotici in allevamento sono utilizzati solo a scopi curativi, mai preventivi. Negli ultimi anni, l’uso di antibiotici nel settore avicolo è stato drasticamente ridotto grazie all’introduzione di diverse misure. Tra queste vi sono migliori sistemi di biosicurezza, la selezione di razze robuste, una gestione ottimizzata dell’allevamento e dei parametri ambientali. In Italia, dal 2011 al 2019 l’uso di antibiotici nel pollo è diminuito dell’87%. Inoltre, in caso di trattamento, l’animale è avviato al macello solo dopo un periodo di sospensione, cioè un adeguato tempo stabilito per legge tra l’ultima somministrazione e la commercializzazione delle carni. Questo per garantire che la carne che viene successivamente consumata dal consumatore non contenga più tracce di medicinali. 4. Verità 4 – La carne di pollo non va mai lavata, le mani sì Un Italiano su quattro è convinto che lavare il pollo crudo sotto l’acqua aiuti a eliminare eventuali batteri. Niente di più falso: il lavaggio non solo non elimina i batteri ma contribuisce anche a diffondere sui piani della cucina eventuali batteri presenti. La cosa corretta da fare è invece lavarsi bene le mani col sapone per almeno 20 secondi prima e dopo aver maneggiato il cibo e non appoggiare mai la carne cotta nello stesso piatto che conteneva la carne cruda per evitare contaminazioni. Sempre a questo fine il consiglio è quello di usare un tagliere e posate diverse e di lavare gli utensili e le superfici che sono state a contatto con la carne cruda con acqua e detersivo.

molto apprezzati dai cittadini europei e il loro gradimento continua a crescere» spiega Birthe Steenberg, segretario generale dell’organizzazione europea del settore AVEC. «La nostra idea è di informare sui miglioramenti che il settore ha realizzato negli ultimi anni». In effetti, gli standard nell’Unione Europea sono tra i più alti al mondo. Ciò è possibile grazie alle

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rigide normative UE, ma anche per gli sforzi del settore nel migliorare continuamente le condizioni di produzione in termini di conservazione delle risorse naturali e benessere degli animali. La campagna mira inoltre a sensibilizzare sulla versatilità delle carni bianche, incoraggiando i consumatori a conoscere meglio le diverse tipologie e parti di pollo e

tacchino, offrendo ispirazione per la loro preparazione. Un variegato mix di misure comunicative I messaggi chiave della campagna di comunicazione saranno diffusi attraverso vari canali di informazione in tutti e sei i Paesi. Questi includono un nuovo sito web — eu-poultry.eu —, un opuscolo

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informativo e un’attività di comunicazione su canali social (Twitter e Facebook) di Viva il Pollo — @ vivailpollo —, già seguiti da una numerosa community di appassionati di pollo e carni bianche italiane. Sarà inoltre lanciata una campagna media e realizzati una serie di eventi dedicati. Testimonial d’eccezione della campagna di comunicazione italiana sarà Sonia Peronaci, fondatrice di Giallozafferano.it e autrice di molti libri di cucina oltre che di diverse produzioni televisive. Sonia accompagnerà la campagna attraverso la realizzazione di ricette semplici ma originali pensate ad hoc per tutta la famiglia e sarà parte di un divertente showcooking in occasione del “Pollo Arrosto Day” che si celebra il 2 ottobre, in concomitanza con la festa dei nonni. Altra occasione per conoscere meglio le carni bianche andrà in scena durante il Food&Science Festival che si svolgerà on-line e offline a Mantova, dal 2 al 4 ottobre prossimi.

Nonostante le numerose sfide logistiche, il settore avicolo europeo ha dimostrato la propria capacità di resistere durante l’emergenza Covid-19, garantendo costantemente la fornitura di carni bianche a tutti i cittadini dell’UE e operando nel rispetto delle norme di sicurezza, a garanzia di lavoratori e consumatori. La produzione di carni avicole nell’UE è supportata da una legislazione forte che garantisce l’alta qualità dei propri prodotti

Il settore avicolo europeo: in prima linea durante l’emergenza Covid per garantire cibo sulle tavole in piena sicurezza Durante l’emergenza Covid i cittadini europei sono diventati ancor più consapevoli del ruolo fondamentale svolto dall’agricoltura e dall’industria agroalimentare. Nonostante le numerose sfide logistiche, il settore avicolo europeo ha dimostrato la propria capacità di resistere alla crisi, garantendo costantemente la fornitura di carni bianche a tutti i cittadini dell’UE e

operando nel rispetto delle norme di sicurezza, a garanzia di lavoratori e consumatori. Lanciando il loro programma di promozione a più voci, i partner cercano di comunicare come la produzione di carni avicole nell’UE sia supportata da una legislazione forte che garantisce l’alta qualità dei propri prodotti. I consumatori possono essere certi di acquistare e consumare carni bianche sane e di qualità, prodotti alimentari che rispondono fedelmente al motto: Enjoy, it’s from Europe!


MEAT WEBINAR

Il futuro dell’agroalimentare è racchiuso nella sostenibilità Nuova PAC, Green New Deal. I due più importanti documenti europei che guideranno il settore primario nei prossimi anni ruoteranno intorno ad un tema sempre più imprescindibile, in cui l’innovazione tecnologica e le nuove competenze professionali giocheranno un ruolo fondamentale. Se ne è parlato di recente ad una web conference in cui si è discusso di rischi da evitare e opportunità da sfruttare di Anna Mossini

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ccorre evitare che i nostri mercati siano invasi da prodotti non sostenibili non per avvallare una forma di protezionismo bensì per favorire un’efficace promozione della sostenibilità, importante leva di supporto economico per chi sulla sostenibilità ha deciso di investire». Così MATTEO GIULIANO CAROLI, professore ordinario di Economia e gestione delle imprese internazionali presso l’Università Luiss Guido Carli all’inizio del suo intervento durante il Food & Made in Italy summit, svoltosi di recente in modalità streaming e organizzato da IL SOLE 24 ORE. Una web conference che ha potuto contare sulla partecipazione di numerosi esperti per approfondire l’impatto che la recente pande-

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mia da Covid-19 ha riversato sul comparto agroalimentare italiano, concentrando l’attenzione sulle priorità oggi esistenti e le azioni che si possono mettere in campo per ripartire e rilanciare uno dei settori-simboli del made in Italy. Partendo dalla sostenibilità e dall’innovazione. Gli obiettivi europei I lavori sono stati introdotti dall’intervento di P AOLO D E C ASTRO , coordinatore S&D Commissione Agricoltura al Parlamento europeo, che ha sottolineato l’importanza della PAC (Politica Agricola Comune) all’interno del New Green Deal, il progetto lanciato dalla Commissione UE per traghettare l’Europa verso l’abbattimento delle emissioni nocive, contribuendo

Il Green Deal europeo contiene una serie di misure per rendere più sostenibili e meno dannosi per l’ambiente la produzione di energia e lo stile di vita dei cittadini europei (photo © AdobeStock/ Ingo Bartussek).

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A fine maggio la Commissione europea ha pubblicato l’attesa strategia Farm to Fork, come parte importante dell’European Green Deal, l’ambiziosa proposta legislativa in tema di ambiente a cui ha lavorato la nuova Commissione, insediata nello scorso dicembre e in carica per i prossimi 5 anni. La Farm to Fork è stata studiata per trasformare il sistema alimentare europeo, rendendo più sostenibile sotto diversi aspetti e riducendo il suo impatto sui Paesi Terzi. in questo modo a contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. «La Biodiversity e il Farm to Fork — ha ricordato — rappresentano le declinazioni strategiche di questo importante documento che fra i suoi obiettivi prevede la riduzione del 50% dei fitofarmaci utilizzati in agricoltura. Un obiettivo ambizioso, che per essere centrato deve comunque prevedere delle alternative: quali? Ecco allora che l’impianto normativo della nuova PAC, che entrerà in vigore il 10 gennaio 2023 per durare fino al 2027, dovrà prevedere azioni incentivanti e non penalizzanti nei confronti degli agricoltori, chiamati a produrre di più, con meno risorse e un minor utilizzo di chimica inquinante». «Il futuro agroalimentare europeo previsto dal progetto Farm to Fork voluto dalla Commissione è un futuro molto ambizioso» ha

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scandito il presidente di CONFAGRICOLTURA, MASSIMILIANO GIANSANTI. «Anche perché arriva in un momento molto particolare, caratterizzato prima dalla pandemia e ora dagli effetti che ha provocato a livello globale. Gli agricoltori italiani non si sono mai fermati e hanno continuato a produrre perché un grande Paese, quale è il nostro, deve avere una grande agricoltura e un altrettanto importante settore agroalimentare. Oggi l’11% della popolazione mondiale non ha accesso al cibo e la sfida che abbiamo davanti, soprattutto in considerazione dell’aumento della popolazione mondiale, sarà quella di produrre sempre di più ma con meno risorse, dovendo fare i conti con gli effetti causati dai cambiamenti climatici e con la necessità di ridurre gli interventi fitosanitari.

Tutto questo riconduce alla sostenibilità ambientale che deve essere accompagnata da quella sociale ed economica, ognuna legata indissolubilmente all’altra. Le strategie previste dal progetto Farm to Fork — ha continuato Giansanti — in parte preoccupano; per questo occorre lavorare con la Commissione per migliorarle affinché agli agricoltori e agli allevatori vengano garantite redditività e sostenibilità economica». Premiare la sostenibilità Per il presidente di CONFAGRICOLTURA il mondo produttivo italiano, soprattutto nei mesi della pandemia, ha dimostrato di non avere nulla da invidiare ai colleghi di altri Paesi. «La sostenibilità dovrà essere il faro nel futuro del comparto agroalimentare — ha insistito — e nel nostro Paese abbiamo già importanti esempi a cui guardare con orgoglio. Il futu-

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ro dell’agroalimentare mondiale non potrà più prescindere dalla sostenibilità; anche per questo il nostro obiettivo deve essere quello di aumentare la produzione per arrivare all’autosufficienza. Un percorso che può trovare un valido alleato nella tecnologia, nella digitalizzazione, nei frutti della scienza applicati all’agricoltura che ci permetteranno di mantenere gli standard raggiunti, migliorandoli ulteriormente». Tassare le produzioni non sostenibili e promuovere quelle che lo sono; convergenza quindi del presidente di CONFAGRICOLTURA sulle parole di MATTEO GIULIANO CAROLI, il quale ha approfondito ricordando che «il concetto di sostenibilità è ineluttabile, tant’è vero che la finanza internazionale sta spingendo molto energicamente in questa direzione penalizzando invece chi ha deciso di non seguirla. La sostenibilità richiede investimenti che non si ripagano subito, che aumentano il valore del prodotto ma non in termini rapidi. Anche per questo occorre muoversi su strategie di politica industriale come prevede l’economia circolare, strategie che esigono competenze professionali più importanti. Nella maggioranza dei casi le aziende agricole italiane sono caratterizzate da dimensioni mediopiccole; ciononostante, molte di loro hanno già investito o stanno per investire in tecnologia. Un chiaro ed evidente segnale che deve essere incentivato con politiche che favoriscano questo percorso in cui si inserisce anche l’innovazione di una nuova concezione del prodotto per rispondere alle esigenze del mercato riducendo gli sprechi. In questo contesto l’economia circolare rappresenta la risposta più appropriata perché soddisfa pienamente il concetto di sostenibilità. Sarebbe allora sbagliato, parlando di penalizzazione di prodotti non sostenibili parlare di protezionismo: l’obiettivo è quello di premiare chi investe in sostenibilità e per farlo occorre individuare meccanismi molto chiari».

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Investire e promuovere «La sostenibilità è costosa, oggi il 30% delle aziende agricole italiane non può permettersela e quindi difficilmente intraprenderà questa strada. Perché, però, bisogna farla?». È questa la domanda che ha dato inizio all’intervento di GIORGIA PALAZZO, Partner Expense Reduction Analysis. «La risposta è molto semplice: perché è ineluttabile, perché in futuro il paradigma nelle scelte dei consumatori sarà la salvaguardia dell’ambiente. Stiamo vivendo un momento molto importante e investire nell’innovazione a sostegno della sostenibilità sarà una richiesta sempre più impellente e una discriminante tra chi è sostenibile e chi no. Un percorso che si configurerà anche importante volano per l’export, rispetto al quale dovremo dimostrare di saper sfruttare un’occasione unica per valorizzare maggiormente le nostre produzioni puntando anche sulla biodiversità, che in Italia è straordinaria: in poche parole, dobbiamo essere più bravi dei nostri competitor stranieri, soprattutto perché abbiamo tutte le armi necessarie per vincere. In questo percorso caratterizzato dall’innovazione la tecnologia Blockchain sarà sempre più un meccanismo abilitante per promuovere il made in Italy nel mondo affinché anche la casalinga americana sia messa nella condizione tecnologica di scoprire le caratteristiche delle nostre produzioni agroalimentari». «L’emergenza sanitaria Covid-19, e in particolare le restrizioni per contenerne la diffusione, hanno riportato l’attenzione sull’importanza dell’agricoltura e dell’agroalimentare — ha affermato CLAUDIA MERLINO, direttore generale della Confederazione Agricoltori Italiani (CIA) — considerati settori strategici per l’economia nazionale. Si è quindi rafforzata la centralità del cibo made in Italy, soprattutto local, che ha spinto ad una revisione dei processi di scambio dal campo alla tavola, sempre più orientati a realizzare e a sviluppare sistemi

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Nella maggioranza dei casi le aziende agricole italiane sono caratterizzate da dimensioni medio-piccole; ciononostante, molte di loro hanno già investito o stanno per investire in tecnologia (photo © panuwat – stock.adobe.com). produttivi a vocazione territoriale. La congiuntura socioeconomica scaturita dalla pandemia ha richiesto dunque il superamento delle classiche relazioni per dare origine a vere e proprie reti di impresa territoriali che puntano su tipicità agricole e alimentari locali, sul coinvolgimento attivo dei suoi attori, dagli agricoltori ai consumatori, passando per commercio e logistica ma anche per enti locali e mondo della ricerca. Durante l’emergenza sanitaria l’export agroalimentare ha dovuto incassare un –12%, mentre l’ecommerce da gennaio a giugno ha registrato un +120% che da maggio a fine giugno è aumentato fino a toccare un +160%. Si tratta di un dato che va studiato perché, al di là della contingenza del momento, dimostra il desiderio del consumatore di entrare in contatto con il produttore. In questo vasto concetto di territorialità la sostenibilità si inserisce a pieno titolo e, oltre che per il consumatore, occorre individuare le modalità affinché anche il mondo della risto-

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razione possa allacciare un contatto diretto con il mondo produttivo». Il ruolo dell’Italia Non poteva mancare la voce del mondo fieristico, duramente penalizzato dalla pandemia Covid-19, rappresentato al summit Food & Made in Italy dall’AD di Fiere di Parma ANTONIO CELLIE, il quale ha ricordato come «Cibus rappresenti la piattaforma marketing di riferimento per il made in Italy agroalimentare, attraverso il quale FEDERALIMENTARE riesce a interpretare e a orientare la domanda del mercato internazionale. Dopo l’emergenza coronavirus si delineano nel mondo mutamenti strutturali dei comportamenti di consumo, alcuni dei quali favorevoli alla nostra offerta food & beverage. Di questo si parlerà alla prossima edizione di Cibus prevista dal 4 al 7 maggio del 2021». Al ministro per le Politiche agricole TERESA BELLANOVA è toccato il compito di chiudere i lavori con alcune riflessioni sul ruolo svolto dall’Italia durante la pandemia e

sulla necessità che ora sia l’Europa a fare la sua parte a iniziare dalla riforma della PAC, senza dimenticare l’implementazione della strategia prevista dal New Green Deal che secondo la ministra deve riconoscere il ruolo degli agricoltori a favore della sostenibilità attraverso risorse aggiuntive. Un pensiero Bellanova l’ha riservato anche al settore della ristorazione, pur non essendo un comparto che rientra nel suo dicastero. «Tuttavia — ha concluso — le sorti del settore HO.RE.CA. mi stanno a cuore perché ne conseguono ricadute inevitabili sulla filiera agroalimentare, in particolare per le imprese e i produttori, come quelli del vino che più hanno investito sulla qualità e su un posizionamento medio-alto. Ma un duro prezzo lo stanno pagando anche il comparto ittico e quello dei salumi e dei formaggi. Tutto l’agroalimentare è coinvolto e per questo sto cercando di promuovere il confronto con i colleghi degli altri dicasteri competenti alla ricerca di soluzioni». Anna Mossini

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Produrre carne bovina è sostenibile: lo afferma il mondo scientifico L’Accademia dei Georgofili ha organizzato una web conference durante la quale, su un tema particolarmente spinoso e oggetto di campagne mediatiche molto aggressive, si sono confrontati alcuni tra i maggiori esperti. Troppe le informazioni fuorvianti indirizzate all’opinione pubblica. La scienza deve avere l’ultima parola di Anna Mossini

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La richiesta di carne bovina è in crescita e continuerà a esserlo a livello mondiale. Ecco perché di carne, della sua sostenibilità produttiva, del ruolo della ricerca e dell’innovazione tecnologica che la riguarda è importante parlarne (photo © Prostock-studio – stock.adobe.com).

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ual è il rapporto tra produzione di carne bovina e sostenibilità ambientale? Quale, nel comparto, il ruolo della ricerca e dell’innovazione tecnologica? Il tema è attuale, scottante. E se, come afferma il vicepresidente dell’Accademia dei Georgofili, PIETRO PICCAROLO, «la pandemia ha permesso di far conoscere all’opinione pubblica la voce autorevole della scienza», è altrettanto vero che «la carne non deve essere vista come un pericolo, bensì come una risorsa». Di carne, della sua sostenibilità produttiva, del ruolo della ricerca e dell’innovazione tecnologica che la riguarda si è parlato di recente nel corso di una web conference alla quale hanno partecipato i più autorevoli docenti di diversi atenei nazionali coordinati da BRUNO RONCHI dell’Università di Viterbo, il quale, riprendendo l’affermazione di Piccarolo, ha voluto puntualizzare l’esigenza «che l’opinione pubblica sia guidata dalle informazioni scientifiche, da dati veri, riconosciuti, e che l’allevatore possa essere messo nella condizione di fare reddito salvaguardando il territorio, la biodiversità, mantenendo quel suo ruolo di custode, oltre che del territorio, di un patrimonio zootecnico spesso costituito da razze autoctone. La convinzione diffusa che le filiere bovine siano le maggiori responsabili di un negativo impatto ambientale è purtroppo molto diffusa — ha rincarato — tant’è vero che molti organi di informazione, ciclicamente, e con diversi articoli, suggeriscono la forte riduzione di consumo di carne o addirittura la sua sostituzione. La realtà però non è esattamente questa ed è giusto tentare di riportare il dibattito dentro ad un confine scientifico e tecnologico in grado di mettere in luce quanto oggi conosciamo sul reale impatto che le filiere bovine da carne italiane hanno sull’ambiente perché non mancano, sono numerose e, soprattutto, sono applicate le buone prassi di sostenibilità, peraltro in continua evoluzione, grazie ad un’incessante attività di ricerca che ci permette di delineare già oggi gli scenari futuri».

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Durante la web conference è emersa forte l’esigenza che l’opinione pubblica debba essere guidata dalle informazioni scientifiche, dati veri, riconosciuti, e che l’allevatore possa essere messo nella condizione di fare reddito salvaguardando il territorio, la biodiversità, mantenendo quel ruolo di custode di un patrimonio zootecnico spesso costituito da razze autoctone e del territorio stesso (photo © Annora – stock.adobe.com). Le fake non sono smart Entriamo allora nel mondo delle fake news che, secondo GIUSEPPE PULINA dell’Università di Sassari, «da una decina d’anni stanno mettendo sotto accusa la carne bovina per le sue presunte ricadute sull’ambiente, perché ritenuta responsabile di alcune patologie e anche perché considerata proveniente da allevamenti dove non esiste il benessere animale. Si tratta di convinzioni che purtroppo nell’opinione pubblica hanno creato un insieme di paradigmi difficili, se non impossibili in qualche caso, da sradicare. Quando parliamo di fake news — ha continuato Pulina — dobbiamo suddividerle in due filoni: quello della disinformation e quello della misinformation. Parliamo di misinformation quando sentiamo affermare che la carne, secondo uno studio condotto dall’Organizzazione Mondiale della

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Sanità (OMS), provoca il cancro. Un’affermazione che va corretta con una risposta più esaustiva. L’OMS, attraverso la IARC (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) ha analizzato il rischio di sviluppare un solo tipo di cancro, quello al colon-retto, sulle 156 neoplasie conosciute, in relazione ad un consumo eccessivo di carne, che in America è ben superiore a quello italiano. Ebbene, il rischio assoluto è inferiore all’1%, percentuale quindi trascurabile. Parliamo invece di disinformation quando si afferma, ad esempio, che i prodotti animali contengono antibiotici che contribuiscono a innescare nell’uomo il fenomeno dell’antibioticoresistenza. Tuttavia, da oltre un decennio è vietato l’uso di antibiotici in allevamento a scopo preventivo, mentre è autorizzato solo come terapia e profilassi dell’animale a condizione che venga

prescritto dal veterinario. Nelle oltre 44.000 analisi condotte in Italia nel 2017 dalle autorità competenti per la valutazione dei residui di trattamenti farmacologici su animali produttori di derrate alimentari solamente 39 sono risultate positive. Gli esempi potrebbero continuare e purtroppo le false narrazioni che somigliano a notizie, costruite deliberatamente per fuorviare o peggio ingannare il lettore, spesso centrano il loro bersaglio». Il “peso” delle emissioni Quando si parla di impatto ambientale si deve parlare necessariamente delle emissioni di gas serra, denominate anche Carbon footprint, il cui incremento, come ha spiegato GIACOMO PIRLO del CREA, «determina l’innalzamento delle temperature. Nel nostro Paese sono state effettuate diverse stime della Carbon footprint prodotta da

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Alimentazione, gestione dei liquami, salute e benessere animale sono gli aspetti sui quali si lavora da tempo con ottimi risultati e sui quali si continuerà a lavorare per ottimizzare le performance e ridurre le attuali percentuali emissive, ha dichiarato Mauro Antongiovanni dell’Università degli Studi di Firenze (photo © Dietrich Leppert). allevamenti di bovini da carne con risultati molto variabili e oscillanti da 9,9 a 26 kg di CO2 equivalente a seconda del metodo adottato e del tipo di allevamento. Gli studi fin qui condotti — ha sottolineato Pirlo nel suo intervento — hanno anche evidenziato che è possibile ridurre le emissioni aumentando il sequestro di carbonio. La ricerca non si ferma e l’orientamento degli studi si dirige verso l’analisi delle varie cause di variabilità, come il tipo genetico e il sistema di allevamento, ma anche su altre categorie come il consumo di acqua e la biodiversità per estendere l’analisi all’intera filiera. Per delineare un quadro completo sarà comunque importante indagare anche sull’impatto ambientale causato dalla produzione di latte, di carne suina e avicola; questo ci permetterà di avere a disposizione una maggior mole di dati attraverso i quali effettuare verifiche consequenziali al fine di individuare

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le scelte da compiere per migliorare le prestazioni ambientali. Infine, ma non certo per importanza — ha concluso Pirlo — dovrà essere integrata nei metodi utilizzati la dinamicità di alcuni fenomeni come il sequestro di carbonio del suolo e l’evoluzione nella durata della perturbazione della temperatura atmosferica differente tra i gas ad effetto serra». Ripristinare la verità Per MAURO ANTONGIOVANNI dell’Università degli Studi di Firenze è urgente «ripristinare la verità», perché le troppe fake news in circolazione colpevolizzano ingiustamente il settore della carne bovina, accusato di provocare il surriscaldamento globale e diffondere pandemie. Riguardo il primo, è ormai accertato che la causa origina dai gas serra e dalle polveri sottili: anidride carbonica, metano e ossidi di azoto. In base ai più recenti studi condotti dalla FAO (Organizzazione delle

Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), la produzione energetica derivante da fonti fossili è la maggiore responsabile del rilascio di anidride carbonica in atmosfera con una percentuale dell’83%, mentre tutte le attività agricole contribuiscono per un più modesto 7%». Ma com’è distribuito a livello globale il contributo degli allevamenti zootecnici nella produzione di gas serra? «Il continente che produce più emissioni — ha scandito Antongiovanni — è l’America centro-meridionale dove, a causa della deforestazione selvaggia in atto, l’attività fotosintetica delle piante è fortemente limitata: l’impatto stimato infatti parla di 1735 milioni di tonnellate di CO2 equivalente l’anno. A seguire troviamo la Cina e il Sud-Est Asiatico con 1074 milioni/t, mentre il Nord America contribuisce per 684 milioni/t e l’Europa occidentale per 602 milioni. Pas-

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sando all’Africa del nord e a quella Sub-sahariana la cifra si ferma a poco più di 700 milioni/t/anno. Per precisione va detto che in America latina e in Nord America prevalgono gli allevamenti bovini mentre in Cina e nel Sud-Est Asiatico quelli suinicoli e avicoli. Se consideriamo poi l’aspetto legato alla diffusione dei virus, proprio il più recente rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) del 2018, conferma che l’inquinamento atmosferico più subdolo e pericoloso per questo tipo di diffusione è il particolato che vede nel riscaldamento domestico e industriale il maggiore responsabile con una quota del 37%, mentre gli allevamenti e le colture ad essi collegate contribuiscono per un più contenuto 17%. Dovremmo allora affermare che il settore zootecnico, e quello da carne in particolare, non ha nessuna responsabilità? No — è stato il pensiero conclusivo di Antongiovanni — perché l’obiettivo deve essere sempre quello di migliorare attraverso gli strumenti che il progresso scientifico e tecnologico ci mettono a disposizione. Alimentazione, gestione dei liquami, salute e benessere animale sono gli aspetti sui quali si lavora da tempo con ottimi risultati e sui quali si continuerà a lavorare per ottimizzare sempre più le performance e ridurre ulteriormente le attuali percentuali emissive. Il blocco della circolazione dei veicoli e di una parte delle attività commerciali vissuto durante il lockdown ha evidenziato attraverso le rilevazioni satellitari una significativa diminuzione dei gas serra e delle polveri sottili. Il settore zootecnico, come sappiamo, non ha subito il medesimo blocco. Credo che su questo occorra riflettere». Più cibo meno risorse Produrre di più utilizzando meno risorse. È questo lo scenario al 2050 per il nostro pianeta che sarà abitato da circa 9 miliardi di persone a fronte dei 7,7 attualmente stimati. «La richiesta di carne bovina è in crescita e continuerà a esserlo a livello mondiale» ha spiegato nel

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suo intervento M ARCELLO M ELE dell’Università di Pisa. «Parte da qui l’esigenza di pensare a sistemi produttivi alternativi, rispetto ai modelli applicati negli ultimi 70 anni, che garantiscano sia la sostenibilità del processo produttivo sia la quantità di carne necessaria per garantire la sicurezza alimentare del pianeta. È qui che si inserisce il concetto di intensificazione sostenibile, un approccio spesso criticato perché i valori assegnati ai due termini non sono sempre comparabili. Attualmente si pensa di avvicinare i modelli di intensificazione sostenibile ai principi dell’agroecologia, definendo un sistema produttivo che riduca l’impronta ambientale, supporti le economie rurali e migliori la disponibilità di nutrienti per l’uomo e il benessere degli animali. L’obiettivo, quindi, è quello di far convergere intensificazione sostenibile e agroecologia considerate attualmente due diverse forme della modernizzazione ecologica dell’agricoltura. I sistemi integrati agroforestali prevedono la coltivazione sulla stessa superficie agraria di colture arboree e erbacee con la possibilità di inserire anche l’allevamento di animali per sfruttare le risorse foraggere. Questi sistemi favorirebbero: • il miglioramento della sostenibilità ambientale perché mitigano le emissioni e contrastano i fenomeni erosivi; • il benessere animale perché conferiscono conforto termico al bestiame garantendogli un miglior adattamento agli eventi climatici estremi; • la qualità nutrizionale dei prodotti. Per raggiungere questo obiettivo, tuttavia, è fondamentale l’investimento nella ricerca scientifica per acquisire tutte le conoscenze necessarie a costruire i modelli di agroforestry più adatti alle condizioni pedo-climatiche italiane, in grado di garantire realmente una intensivizzazione sostenibile dei processi produttivi e mantenere alta la competitività delle aziende agricole italiane». Anna Mossini


The power of vacuum: un evento virtuale al PackForum di Sealed Air

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a sostenibilità, la riduzione degli sprechi alimentari, il miglioramento della sicurezza alimentare e l’estensione della shelf-life sono stati i principali temi nell’agenda di un recente evento organizzato da Sealed Air, leader mondiale nelle soluzioni di confezionamento innovative per prodotti alimentari e non. L’evento on-line ha permesso di far conoscere “Il potere del sottovuoto” ad un’audience di professionisti dell’industria alimentare di tutta Europa attraverso presentazioni e sessioni interattive con domande e risposte sul ruolo sempre più critico degli imballaggi sottovuoto nella protezione degli alimenti.

«I professionisti coinvolti nella produzione alimentare, nella lavorazione, nell’imballaggio, nella distribuzione e nella vendita al retail hanno potuto ascoltare come Sealed Air stia aiutando a risolvere alcune delle più grandi sfide nella catena di approvvigionamento alimentare» ha dichiarato DUNCAN MCINTYRE, Marketing Director EMEA di Sealed Air. «I consumatori, giustamente, chiedono alimenti più freschi, più sicuri e più sostenibili. Le nostre soluzioni per gli imballaggi sottovuoto sono progettate per aiutare le aziende a soddisfare questa domanda e, in ultima analisi, aumentare le vendite».

Il team Sealed Air ha illustrato le proprie competenze nei sistemi di imballaggio sottovuoto Cryovac®, tra cui la vasta gamma di materiali per il sottovuoto skin Cryovac® Darfresh® e i sacchi di ultima generazione OptiDureTM. Questi sistemi forniscono ai clienti un modo completo per proteggere il cibo e migliorare l’efficienza operativa. I partecipanti hanno inoltre avuto l’occasione di ascoltare l’intervento di DENISE MATHIESON, Senior UK Technical Packaging Manager – Fresh and Packed Quality di TESCO. Per Tesco gli imballaggi rappresentano una parte degli sforzi continui per sostenere un’economia circolare.

Salume confezionato nel sacco di ultima generazione OptiDureTM di Cryovac®, che protegge il cibo e migliora l’efficienza operativa.

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come questi stiano plasmando il ruolo del packaging, per aiutare le aziende ad ottimizzare le proprie attività e a sintonizzarsi meglio con i consumatori».

La sala tecnica del centro espositivo Packforum a Passirana di Rho (MI). «Molte aziende considerano oggi l’imballaggio una parte strategica del proprio operato e un modo per rendere rilevanti i propri marchi» ha aggiunto McIntyre. «Aiutiamo le aziende ad adattarsi ai mercati

in rapida evoluzione, mettendole in una posizione salda che permetta di cogliere le opportunità di un modo di vivere e di lavorare sempre più circolare. Packforum continuerà ad esplorare questi trend e a mostrare

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>> Link: www.sealedair.com


MERCATI

Allevata secondo natura I segreti della carne di manzo irlandese: allevamento al pascolo, nutrimento a base di erba e rispetto del benessere dell’animale sono le caratteristiche principali che la rendono così speciale

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a carne bovina irlandese è riconosciuta come una delle carni più succulente e appetitose presenti sul mercato. Secondo BORD BIA, ente governativo per la promozione dei prodotti alimentari irlandesi, questa carne tenera e magra di color rosso borgogna e dal gusto deciso e ben distinto non solo soddisfa il palato, ma è anche ricca dal punto di vista nutrizionale, con alti livelli di vitamine e sostanze nutritive come ferro e acidi grassi Omega-3. Ma quali sono esattamente i segreti che assicurano le preziose caratteristiche e le numerose proprietà nutrizionali alla carne irlandese? Potremmo riassumerli nell’espressione: allevamento secondo natura. Il rispetto del benessere dell’animale in ogni fase della vita dei capi è infatti una delle caratteristiche principali degli allevamenti in Irlanda. A questo si aggiungono le caratteristiche

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geografiche e climatiche di questa terra particolarmente favorevoli ad una lunga stagione di allevamento libero al pascolo, con un nutrimento a base di erba fresca. L’isola è lambita dalla corrente del Golfo, che ne mitiga il clima, e da piogge frequenti; qui l’erba cresce rigogliosa per buona parte dell’anno, offrendo un nutrimento naturale alle mandrie bovine. L’Irlanda vanta una superficie agricola di circa 5 milioni di ettari, oltre l’80% dei quali è costituito da pascolo, quindi non manca di certo quell’ingrediente speciale che rende la carne irlandese così eccezionale: morbide colline e distese sconfinate di prati verdi. Al giorno d’oggi i consumatori sono sempre più consapevoli della necessità di ridurre quantitativamente il consumo di carne rossa in nome della sostenibilità ambientale e della salute. Per questo tra gli Italiani si evidenzia un fenomeno di

riduzione del consumo di carne, a fronte di un miglioramento qualitativo: si preferisce mangiarne meno, ma di migliore qualità. Da questo punto di vista, la scelta migliore è quella di optare per una carne proveniente da bovini allevati al pascolo. Ed è proprio questo il caso dei manzi irlandesi; questi ultimi infatti pascolano all’aperto e in libertà per buona parte dell’anno e seguono un’alimentazione a base di erba: queste metodologie offrono standard elevati in termini di qualità, tracciabilità e benessere degli animali. Tra le più importanti troviamo il Sustainable Beef & Lamb Assurance Scheme (SBLAS), un programma di tutela della qualità e della sostenibilità della produzione bovina e ovina irlandese, certificato ISO 17065/2012, che lavora su due fronti: da una parte supervisiona il lavoro delle aziende irlandesi attraverso uno schema operativo

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Allevare secondo natura: in Irlanda il bestiame è nel DNA non solo degli allevatori ma di tutta la popolazione. Il Paese vanta infatti una lunga tradizione nell’allevamento bovino e ovino (photo Š Bord Bia).

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Il Bord Bia Quality Assurance Scheme, programma di qualità assicurata promosso da Bord Bia. che si basa su standard qualitativi rigorosi in grado di identificare le best practice; dall’altra, esso tutela i consumatori e i distributori attraverso ispezioni e controlli periodici sui prodotti e con l’attribuzione del marchio di qualità assicurata solo per quei prodotti che rispettano pienamente i requisiti dello schema qualitativo e con una validità di 18 mesi.

L’amore per il bestiame fa parte da sempre della cultura della vita rurale di questo Paese. Il 99% di tutte le aziende agricole è di proprietà familiare, una tradizione che passa con orgoglio di generazione in generazione. Questo approccio pone al centro dell’agricoltura la salute e il benessere dei bovini e la sostenibilità dei pascoli verdi su cui sono allevati. Inoltre, la carne allevata al pascolo è 8 volte più ricca di betacarotene e 5 volte più ricca di Vitamina A e di Vitamina E — ottime alleate per il nostro sistema immunitario e apparato visivo — rispetto alla carne allevata con le tecniche tradizionali in stalla. Infine, una dieta a base di erba arricchisce la carne di importanti sostanze nutritive, come ferro e acidi grassi Omega-3, oltre a produrre un sapore eccezionale.

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Suini, le tendenze di settore

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e previsioni per il settore della carne suina a livello globale sono particolarmente incerte, sia perché la diffusione della Peste Suina Africana (PSA) continua ad avere un impatto rilevante sull’offerta di molti Paesi asiatici, in particolare della Cina, sia a causa dell’esplosione a livello globale della pandemia di Covid-19, che da marzo 2020 ha costretto molti

Paesi in tutto il mondo ad adottare misure restrittive d’emergenza per limitare la diffusione del contagio. Attualmente risulta davvero complicato prevedere quali saranno le ripercussioni sull’economia globale della chiusura quasi totale delle attività produttive decisa da molti governi per arginare la crisi sanitaria che ha investito in tempi rapidissimi gran parte del pianeta.

Se da una parte, infatti, in molti Paesi, la domanda interna di carne suina è stata ridimensionata dalla chiusura dei canali HO.RE.CA., dall’altra, in Italia, si osservano dei rallentamenti delle attività di macellazione e di trasformazione, a causa della riorganizzazione delle strutture per rispettare le norme sanitarie a tutela dei lavoratori (adozione di presidi sanitari da indossare nel luogo di

Risultano in calo le macellazioni di carne suina della UE (–1,3% su base annua), mentre Italia e Spagna sono in controtendenza (photo © davit85 – stock.adobe.com).

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Si conferma in crescita l’export di carne suina dell’UE, che continua a guadagnare quote di mercato cinese (photo © Evgesha – stock.adobe.com).

lavoro, distanza di sicurezza lungo la linea di produzione, ecc…). Non da ultimo, alcuni stabilimenti produttivi hanno dovuto temporaneamente chiudere per la presenza di lavoratori malati, con conseguente blocco delle attività per alcuni giorni, accumulo di offerta e lavoratori a casa. Poiché siamo ancora nel pieno della crisi, il presente documento si limiterà a descrivere le dinamiche del settore suinicolo a livello nazionale e internazionale osservate prima della pandemia, fornendo comunque dati e informazioni quanto più aggiornati sull’impatto che le misure d’emergenza adottate contro la diffusione del Covid-19 stanno avendo sulla filiera della carne suina. Previsioni UE nel 2020: in crescita la produzione di carne suina comunitaria Secondo le previsioni della Commissione europea (DG Agri)1, la

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produzione di carne suina dell’UE dovrebbe crescere leggermente durante il 2020, dato che la continua richiesta di esportazioni verso i mercati asiatici, in particolare verso la Cina, mantiene i prezzi internazionali alti e favorisce pesi più elevati alla macellazione. La crescita della produzione UE dovrebbe essere trainata dalla Spagna, che potrebbe diventare il primo Paese produttore in ambito comunitario per numero di capi macellati, mentre la Germania dovrebbe mantenere il primato per la produzione calcolata in volume, visto che il peso di macellazione in Spagna è inferiore. L’impatto del Covid-19 sul mercato suinicolo dell’UE è previsto che sia particolarmente rilevante soprattutto su alcuni prodotti specifici del foodservice (per esempio i prosciutti, i salumi, la porchetta, ecc…). Piuttosto, il settore per intero continua ad essere fortemente condizionato

dagli effetti dell’epidemia della PSA in molte aree del mondo. La peste suina è ancora contenuta in UE, ma continua lentamente a diffondersi. A febbraio 2020, ad esempio, la Grecia ha confermato il primo focolaio, quindi attualmente risultano dieci gli Stati Membri contagiati dalla malattia: Grecia, Belgio, Estonia, Ungheria, Italia (Sardegna), Lettonia, Lituania, Polonia, Romania e Slovacchia. Mercati internazionali influenzati dal crollo della produzione cinese (–35% rispetto al 2018) Di sicuro tra gli eventi di maggiore impatto sull’andamento del mercato suinicolo internazionale a medio termine c’è il crollo della produzione suinicola cinese a causa della PSA: si stima infatti che a fine 2020 la Cina registrerà un calo produttivo superiore al 35% rispetto al 2018 a causa della decimazione

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dei capi infetti. Questo vuoto potrà essere colmato solo parzialmente dalle importazioni, che comunque aumenteranno significativamente dato che il rialzo delle quotazioni in Cina attirerà i produttori stranieri ad esportare anche i prodotti che normalmente sono destinati al mercato locale. La produzione di carne suina in Cina è previsto che inizi a dare segni di ripresa dal 2021 se la PSA verrà controllata e potrebbe stabilizzarsi entro il 2025 se la ristrutturazione dell’industria suinicola nazionale cinese si rivelerà rapida ed efficace. Fino dai primi mesi del 2020, la produzione di carne suina dell’UE risultava in fase di contrazione a causa delle scelte politiche derivanti dagli impegni ambientali assunti in molti Paesi membri dell’UE (es. Germania e Paesi Bassi) e dai rischi di contagio di PSA nei Paesi dell’Europa centrale e orientale. Tuttavia, la domanda sostenuta e i prezzi internazionali ancora elevati dovrebbero favorire la crescita di altri player, soprattutto di quelli che guardano ad Est, come la già citata Spagna. Da questo punto di vista, la pandemia di Covid-19 sembrerebbe non aver avuto finora un grande impatto, visto che la domanda cinese di carne suina continua a crescere e gli impianti di macellazione europei stanno continuando, seppure a ritmi rallentati, la loro attività. Tuttavia, gli effetti potrebbero emergere nei prossimi mesi, a fronte di un ampliamento del differenziale tra l’offerta ridotta dei Paesi produttori dell’UE e la continua richiesta di carne suina della Cina. Consumi UE in progressiva riduzione anche nel 2020 Nel medio periodo, una volta che la produzione cinese tornerà a crescere, la produzione UE e i prezzi è previsto che si riassestino al ribasso. Il consumo medio apparente di carne suina in UE, già in costante riduzione in molti Stati Membri, nel 2020 si dovrebbe attestare sui 32,5 kg pro capite, con un ulteriore

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calo di 0,7 kg rispetto all’anno precedente; al netto delle tendenze di acquisto legate ai cambiamenti socioculturali dei consumatori, i prezzi elevati favoriscono il consumo di altre tipologie di carne, in particolare quella di pollo. Le esportazioni UE di carne suina Le esportazioni UE di carne suina sono aumentate del 17% nel 2019 grazie alla forte domanda cinese, dove la quota di export dell’Unione è raddoppiata fino a raggiungere il 36% del mercato. Questo trend di crescita dovrebbe confermarsi anche nel 2020, in cui la richiesta di carne suina da parte della Cina dovrebbe rimanere sostenuta e le esportazioni dell’UE dovrebbero aumentare di un ulteriore 12%. Tuttavia, va sottolineato che queste sono stime formulate dalla Commissione europea a fine 2019 e ad oggi non sono ancora prevedibili gli effetti che avrà l’epidemia mondiale di Covid-19 sui flussi internazionali dei prodotti agroalimentari in generale, e della carne suina in particolare. Se da una parte le esportazioni verso Cina, Giappone, Australia e Hong Kong sono infatti incrementate, durante il 2019 si è invece registrato un calo significativo dell’export UE verso gli altri principali partner commerciali: Corea del Sud –22%, Filippine –24% e Ucraina –18%. Nell’ultimo anno le esportazioni UE di frattaglie sono aumentate, ma in maniera più contenuta rispetto alla carne suina (+7%). Nel 2019, dopo la Cina, il principale Paese di destinazione della carne suina dell’UE è stato il Regno Unito (con una quota del 22%). Sul fronte della concorrenza internazionale, l’UE risulta il primo fornitore del mercato cinese, seguito dagli USA che, nell’ultimo anno, hanno triplicato le loro esportazioni nonostante l’applicazione di dazi all’import del governo cinese2. Pure il Brasile ha continuato ad aumentare la sua quota di mercato, mentre il Canada non ha potuto approfittare della situazione per la


La chiusura dei canali Ho.re.ca. e l’adozione di misure sanitarie per garantire la sicurezza degli operatori della filiera stanno comportando una diminuzione delle attività di macellazione e trasformazione della carne suina e un accumulo di offerta da parte degli allevatori con conseguente svalutazione dei suini vivi

sospensione dell’accesso dei suoi prodotti in Cina durante buona parte del secondo semestre del 2019. Andando ad analizzare i dati per singolo Paese esportatore, nel 2019 il primo fornitore di carne suina della Cina è stata la Spagna (seconda la Germania, seguita dagli USA), che da sola contribuisce per il 27% ai volumi complessivamente esportati dall’UE sul mercato cinese. Le macellazioni UE Nel 2019 le macellazioni UE hanno registrato un calo pari all’1,3% in termini di numero di capi suini. In particolare, si osserva un forte decremento produttivo da parte di alcuni dei principali Paesi UE: il calo del numero dei suini macellati è stato pari al –6,9% in Danimarca, al –5,8% in Polonia, del –4,5% in Belgio rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Per tutti questi Paesi il 2018 era stato invece segnato da una produzione in crescita. La Germania, primo Paese produttore di carne suina in UE col 22% dei capi macellati, conferma l’andamento negativo delle macellazioni già registrato nel corso del 2018 (nel 2019 –2,7%). L’Italia risulta in controtendenza: dopo aver fatto registrare un calo della produzione durante il 2018, nel 2019 ha aumentato il numero dei suini macellati (+2%). Così come ha continuato a crescere anche la produzione suinicola spagnola (+1% nel 2019), ma in deciso rallentamento rispetto al 2018 (+5,5%). Il mercato UE all’origine Durante i primi mesi del 2020, i prezzi della carne suina UE hanno continuato a crescere, sostenuti dall’aumento della doman-

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da di Cina e Hong Kong e degli altri Paesi asiatici in cui la peste suina sta riducendo la disponibilità dei capi per la macellazione e vendita. L’impennata delle importazioni cinesi nel 2019 ha spinto i prezzi UE di carne suina che a dicembre hanno quasi raggiunto il valore di 2,00 €/kg (+45% rispetto al 2018). Tuttavia, a partire da marzo 2020, si osserva un’inversione di tendenza dovuta alle misure di contenimento del Covid-19 adottate dai governi della maggior parte degli Stati Membri. La chiusura dei canali HO.RE.CA. e l’adozione di misure sanitarie per garantire la sicurezza per gli operatori della filiera stanno comportando una diminuzione delle attività di macellazione e di trasformazione della carne suina, e un accumulo di offerta da parte degli allevatori con conseguente svalutazione dei suini vivi. Ad aprile 2020, le quotazioni medie UE delle principali tipologie produttive del settore (suini classe S ed E) risultano in calo rispetto al mese precedente (–4,1%) e si attestano su un valore pari a 1,87 €/kg, comunque superiore del 17,6% rispetto alla quotazione di aprile 2019. Anche i prezzi dei suinetti ad aprile 2020 fanno registrare un calo rispetto ai valori del mese precedente (–7,9%). Sebbene il prezzo dei suini da macello stia leggermente calando a causa del Covid-19, si prevede che le quotazioni nei prossimi mesi si manterranno comunque elevate, grazie alla continua richiesta di carne suina da parte del mercato cinese, e nonostante la riduzione della domanda da parte del settore HO.RE.CA. In sintesi, il principale

rischio per la stabilità del mercato di carne suina UE resta la diffusione della PSA negli Stati Membri. Il settore suinicolo nazionale A fronte di queste dinamiche internazionali, fortemente condizionate dalla domanda cinese, il settore suinicolo italiano non risulta ancora direttamente coinvolto nei flussi di carne suina verso la Cina. Tuttavia, il mercato nazionale risente dell’aumento delle quotazioni internazionali dei suini da allevamento (suinetti) e della carne suina fresca, di cui l’Italia è importatrice netta. Analizzando l’indice ISMEA dei prezzi all’origine, i prezzi medi per la categoria dei suini risultano in calo del 3,9% nel 2019 rispetto al valore medio del 2018, a causa delle flessioni delle quotazioni dei suini da macello osservato durante la prima parte dell’anno. Tuttavia, va sottolineato il trend in crescita dell’indice dovuto proprio alla ripresa delle quotazioni sia dei suini da macello che dei suini da allevamento, a partire da marzo 2019, trainato soprattutto dall’aumento dei prezzi dei suini da allevamento. A dicembre 2019 l’indice dei prezzi dei suini da macello registrava un aumento del 25% rispetto al valore di dicembre 2018 e l’indice dei prezzi dei suini da allevamento +27%. Durante il primo trimestre del 2020 appare evidente il calo dell’indice legato alla caduta delle quotazioni all’origine dei suini da macello, mentre per i suinetti da allevamento i prezzi confermano il trend positivo osservato a fine 2019. L’emergenza Covid ha accelerato la flessione dei prezzi all’origine in Italia A partire da febbraio 2020, l’intero comparto produttivo è stato coinvolto da azioni di riorganizzazione logistica e produttiva in adeguamento alle norme previste per fronteggiare la crisi dovuta al Covid-19. A fronte di ciò, il mercato suinicolo italiano, nel quale ad inizio 2020 già era emerso un indebolimento dei prezzi all’origine dei suini pesanti destinati alle produzioni tipiche, sta registrando una

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Il consumo medio apparente di carne suina in UE, già in costante riduzione in molti Stati Membri, nel 2020 si dovrebbe attestare sui 32,5 kg pro capite, con un ulteriore calo di 0,7 kg rispetto all’anno precedente (photo © Sergey Ryzhov – stock.adobe.com). tendenza al ribasso di tutti i prezzi dei capi vivi. I fattori che stanno agendo con maggiore dinamica sul mercato sono due: il pressoché totale azzeramento del canale HO.RE.CA., che sta determinando una forte riduzione della domanda dei principali prodotti della filiera e notevoli perdite per gli operatori (si stima una perdita di circa il 20% delle vendite per il settore a causa della chiusura di ristoranti, bar e mense scolastiche); all’elemento precedente si aggiunge poi il rallentamento del ritmo di lavorazione degli impianti di macellazione e dell’industria (con un calo produttivo rispetto alla situazione “normale” di circa il 20%), a causa della riduzione del numero di operatori e alla riorganizzazione delle strutture di trasfor-

mazione per garantire la sicurezza sanitaria dei lavoratori. La ridotta capacità di macellazione genera un eccesso di disponibilità sul mercato di suini vivi che, non assorbiti dalle strutture di macellazione, aumentano di peso rischiando lo sforamento dai parametri del Disciplinare delle DOP, con conseguente perdita di valore e di investimento sia per gli allevatori sia per i macellatori. Va comunque ricordato che per i produttori suinicoli italiani il 2019 è stata un’annata eccezionalmente positiva, caratterizzata da un notevole innalzamento delle quotazioni della materia prima nella seconda parte dell’anno. A dicembre 2019 il prezzo del suino pesante (156-176 kg) — principale specializzazione produttiva italiana, destinato soprattutto all’industria

Per i produttori suinicoli italiani il 2019 è stata un’annata molto positiva, caratterizzata da un notevole innalzamento delle quotazioni della materia prima nella seconda parte dell’anno. Nonostante i cali di mercato registrati, quindi, nel primo trimestre 2020 i prezzi medi all’origine sono rimasti ben al di sopra dei prezzi del primo trimestre 2019

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di trasformazione di alta qualità (DOP) — risultava pari a 1,73 €/kg (+32,6% rispetto a dicembre 2018). Andamento simile anche per il prezzo del suino leggero (90-115 kg), destinato alla produzione di carni fresche, che nel mese di dicembre ha assunto un valore pari a 1,53 €/ kg (+33,8% rispetto al prezzo registrato nel dicembre 2018). Anche per i suinetti (30 kg) a dicembre 2019 si registrava un prezzo (2,91 €/kg) che supera del 26% il valore dell’anno precedente. Nonostante i cali di mercato registrati, quindi, durante il primo trimestre 2020 i prezzi medi all’origine si sono mantenuti ancora ben al di sopra dei prezzi del primo trimestre 2019, sia per quanto riguarda i suini da macello (+25% per i suini pesanti e +24% per i suini leggeri), che per i suini da allevamento (+39% per i suinetti da 30 kg), ma la tendenza al ribasso risulta evidente e piuttosto rilevante. I prezzi all’ingrosso dei tagli di carne suina non hanno segnato, nel 2019, lo stesso trend di crescita eccezionale che ha interessato il mercato del vivo Per quanto riguarda i prezzi all’in-

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grosso dei tagli di carne suina industriale3, nel 2019 non si è osservato il trend di crescita eccezionale che ha interessato i prezzi all’origine; tuttavia, nella seconda fase dell’anno i principali prodotti hanno subito un buon apprezzamento rispetto all’anno precedente. In particolare, i prosciutti freschi non appartenenti al circuito tutelato, a dicembre 2019, erano quotati 3,5 €/kg, con un apprezzamento di 20,2 punti percentuali rispetto a dicembre 2018. Anche per le cosce fresche destinate al circuito delle DOP, a fine 2019 si registra un aumento delle quotazioni, sebbene più contenuto (+3,7%) sul prezzo di dicembre 2018. Nel 2019 si osserva un andamento molto positivo anche per il prezzo medio del lombo taglio Padova, che a dicembre 2019 superava del 23,8% il valore dell’anno precedente. Nel primo trimestre 2020 i prosciutti freschi destinati alle produzioni tipiche continuano a registrare quotazioni più elevate rispetto a quelle del primo trimestre del 2019 (+7,8%), così come le cosce fresche destinate al circuito non Dop (+17,7%). A marzo 2020 si continua a registrare il trend positivo del prezzo del lombo taglio Padova (+19,3% rispetto al valore medio del primo trimestre 2019). In generale, il mercato all’ingrosso della carne suina fresca si sta mantenendo stabile nel periodo di emergenza Covid-19, ma continuano a calare le quotazioni delle cosce fresche (sia per il circuito DOP che non) destinate alla stagionatura. In particolare, fra i prodotti che più risentono della crisi ci sono il prosciutto crudo stagionato (soprattutto il Parma) e la pancetta, le cui quotazioni — in calo da settimane — risultano particolarmente indebolite dal crollo della domanda da parte degli operatori dell’HO.RE.CA. Tengono le quotazioni del lombo taglio Padova, come molti altri tagli freschi, sostenute dall’aumento degli acquisti presso la GDO osservato nelle prime fasi del lockdown.

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In ripresa le macellazioni Da ottobre 2019 è evidente una ripresa delle macellazioni suine in Italia rispetto ai mesi precedenti, andamento simile a quello osservato nel 2018. Nel 2019 sono stati macellati 11,5 milioni di capi, segnando un incremento produttivo del 2,1% rispetto all’anno precedente.

ecc…) per creare stock casalinghi e prepararsi ad eventuali mancati approvvigionamenti della distribuzione. Per il settore suinicolo questo si è tradotto in un forte aumento delle vendite dei prodotti in vaschetta a “peso imposto” nella GDO. L’elevata domanda di affettati in vaschetta è giustificata dal fatto che questo formato ha un maggiore grado di conservabilità (shelf-life) ed è più facilmente vendibile poiché non richiede l’intervento dell’operatore. La domanda di questi prodotti, cresciuta in maniera rapida, fatica tuttavia ad essere esaudita dall’industria per due motivi principali: riduzione di personale sulle linee e limitata capacità degli impianti. Inoltre, se da una parte aumenta il consumo di affettati confezionati, dall’altro il segmento del “peso variabile” (affettati al banco del fresco) risulta in difficoltà e le vendite elevate del segmento del “peso imposto” (affettati in vaschetta) non sempre riescono a compensare questo calo. Fonte: Ismea – Tendenze Suino, Direzione Servizi per lo Sviluppo Rurale www.ismeamercati.it www.ismea.it

Consumi domestici di carne suina in calo nel 2019, ma tengono gli acquisti di salumi In linea con la dinamica al ribasso osservata nel 2019 per gli acquisti domestici del totale “carni fresche”, anche i consumi di carni suine fresche mostrano un calo sia in valore (–1,6%) che in volume (–4,6%) rispetto al 2018. Per i salumi, invece, la spesa si mantiene sostanzialmente stabile nel 2019 per tutti i principali prodotti (+0,9%), anche se i volumi sono in leggero calo rispetto al 2018 (–1,3%). Nel primo trimestre del 2020 appare evidente l’effetto del Covid-19 sulle dinamiche degli acquisti degli Italiani. Infatti, dopo l’entrata in vigore del lockdown ad inizio marzo, si è registrata una tendenza all’approvvigionamento di prodotti conservabili (pasta, riso, conserve di pesce, conserve di pomodoro,

Note 1. EC (2020), EU agricultural markets short term Outlook – Spring 2020, pubblicato ad aprile 2020 e disponibile al seguente link: ec.europa.eu/info/food-farming-fisheries/farming/factsand-figures/markets/outlook/ short-term_it 2. Questo aumento delle tariffe cinesi sulle importazioni statunitensi era frutto di una guerra commerciale che si è innescata nel febbraio 2018 a partire dall’aumento dei dazi all’importazione di prodotti cinesi voluta da Trump a difesa dell’economia nazionale americana. La Cina ha deciso di rispondere “colpo a colpo” penalizzando soprattutto l’ingresso nei propri confini di soia, grano e carne suina provenienti dagli Stati Uniti. 3. Fonte quotazioni CUN.

Impatto significativo dell’aumento dei prezzi dei suinetti sui costi di produzione degli allevamenti specializzati nell’ingrasso Nel 2019 l’indice ISMEA dei prezzi dei mezzi correnti di produzione (base 2010) per i suini da macello presenta una dinamica crescente per tutta la prima parte dell’anno, dovuta soprattutto all’incidenza della voce “animali di allevamento”, mentre nella seconda parte dell’anno assume un andamento flessivo, con una risalita nei mesi conclusivi. Si mantengono stabili le voci legate ai mangimi e ai prodotti energetici. Nel primo trimestre del 2020 si conferma l’andamento al rialzo dell’indice dei prezzi dei mezzi correnti osservato anche negli ultimi mesi del 2019, condizionato dal forte aumento delle quotazioni dei suinetti da ingrasso.

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Nomisma, report sui consumi di carne durante il lockdown Tra i must ritenuti indispensabili: “origine 100% italiana”, “sostenibilità” e “biologico”

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l lockdown scaturito dall’emergenza sanitaria Covid-19 ha cambiato le abitudini di consumo degli Italiani rafforzando in loro la sensibilità verso i temi della salute, della sicurezza, dell’origine e della sostenibilità dei prodotti alimentari acquistati. È questo quanto emerge dal focus sui trend dei consumi alimentari dell’Osservatorio “The World after Lockdown” di NOMISMA, che indaga in maniera continuativa abitudini, stati d’animo, consumi e aspettative relative al post coronavirus su un campione di 1.000 Italiani

responsabili degli acquisti (18-65 anni). L’ultimo approfondimento è stato realizzato ad hoc per FILENI ed ha voluto indagare le abitudini e le preferenze dei consumatori di carne. Durante il lockdown abbiamo fatto scelte più salutari e ci siamo orientati verso cibi di maggiore qualità e più sicuri, sia in termini di provenienza che in termini di metodi di produzione. Made in Italy e Km 0 sono diventati attributi centrali nella scelta dei prodotti alimentari (il 22% dei consumatori dichiara

di aver incrementato gli acquisti in queste due categorie), coinvolgendo anche chi prima non era solito ricercare queste caratteristiche (il 28% ha cominciato ad acquistare prodotti alimentari provenienti da filiere corte proprio durante la quarantena). In crescita anche l’interesse verso i metodi di produzione biologica e sostenibile: durante il lockdown il 20% degli Italiani ha preferito cibi prodotti con metodi a basso impatto ambientale, il 12% ha acquistato prodotti alimentari con

I consumatori hanno le idee chiare sui valori e sulle garanzie che la carne biologica può offrire e chiedono che ci sia coerenza anche col packaging: 9 su 10 vorrebbero infatti un packaging sostenibile e il 36% afferma che la confezione della carne bio dovrebbe essere riciclabile al 100%, compostabile (photo © UlrikaArt – stock.adobe.com).

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Osservatorio “The World after Lockdown” L’Osservatorio “The World after Lockdown” è uno strumento di monitoraggio al servizio delle aziende italiane che “fotografa” l’impatto del lockdown sulle vite degli Italiani, monitorando in maniera continuativa — abitudini, stati d’animo, consumi degli italiani e aspettative relative al post coronavirus — attraverso il monitoraggio di un campione di 1.000 Italiani responsabili degli acquisti (dai 18 ai 65 anni). La comprensione delle trasformazioni in atto e il tracking di opinioni e trend è fondamentale per indirizzare le scelte strategiche di imprese e istituzioni, programmare il post-lockdown e inoltre per: • correggere in “corso d’opera” le azioni previste nei piani marketing aziendali; • individuare le più efficaci strategie di comunicazione esterna; • comprendere le nuove esigenze della consumer base; • introdurre nuovi prodotti e/o servizi. >> Link: www.nomisma.it

packaging sostenibile e il 30% ha sperimentato i prodotti biologici per la prima volta. L’approfondimento di N O MISMA ha rilevato che attributi come “origine 100% italiana”, “sostenibilità” e “biologico” sono per il consumatore assolutamente indispensabili nel carrello della spesa alimentare e, ancor di più su alcune categorie di prodotti. È il caso dei freschi e in particolare della carne: il 71% dei consumatori reputa importante l’origine 100% italiana ma questa quota sale al 78% per la carne, il 51% cerca il marchio bio tra gli scaffali, ma ancor di più sul banco carne (54%). Altri fattori che entrano in gioco nella scelta della carne da acquistare sono l’assenza di antibiotici (importante per il 75% dei consumatori di carne), la preferenza verso carni da animali cresciuti all’aperto (66%), l’assenza di OGM nei mangimi (65%) e l’alimentazione con soli mangimi vegetali (56%). Secondo NOMISMA la stragrande maggioranza degli Italiani non rinuncia alla carne: gli adulti tra i 18 e i 65 anni che nell’ultimo anno hanno consumato carne in almeno un’occasione sono il 92% della popolazione. Di questi, il 52% ha scelto la carne biologica per motivi

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di salute/benessere (16% degli users), perché garantisce l’assenza di antibiotici (15%), perché è priva di OGM, additivi e conservanti (12%), e perché è ritenuta in generale più sicura (12%). Infine, circa 1 consumatore su 10 la acquista perché prodotta secondo metodi più rispettosi dell’ambiente o da allevamenti sostenibili. Anche il packaging della carne diventa protagonista e portatore di messaggi “green”. I consumatori hanno quindi le idee ben chiare sui valori e sulle garanzie che la carne biologica può offrire e chiedono che ci sia coerenza anche con il packaging: 9 user su 10 vogliono trovare nei supermercati carne bio con un packaging sostenibile e il 36% afferma che la confezione della carne bio dovrebbe essere riciclabile al 100%, compostabile (17%) o comunque contenere meno plastica possibile (16%). Ma i valori e l’importanza del pack sostenibile hanno bisogno di essere comunicati, tanto che l’11% degli user di carne bio vorrebbe trovare in etichetta informazioni sull’impatto ambientale dell’imballaggio. Fonte: EFA News European Food Agency www.efanews.eu


Allevamento e Covid-19 Presentati i risultati dell’indagine condotta da MSD Animal Health che analizza impatto, conseguenze e prospettive della pandemia sul comparto allevamento. Il settore è stato colpito in maniera incisiva; il 61% degli intervistati ci vede comunque un’occasione per valorizzare il made in Italy

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ono stati resi noti i risultati dell’indagine realizzata da MSD Animal Health per esaminare l’impatto della pandemia da Covid-19 sul settore dell’allevamento. La survey, condotta su un campione di circa 200 allevatori di piccole e grandi produzioni, ha analizzato il modo in cui queste realtà si sono interfacciate con l’emergenza sanitaria e le conseguenze di breve e lungo periodo sul comparto. Le categorie coinvolte nel questionario sono state diverse così da far emergere una visione a tutto tondo: allevatori di suini (51,7%), bovini da latte (29,9%), bovini da carne (12,6%), ma anche ovini (2,3%), avicoli (1,7%) e caprini (1,1%). Quali i principali effetti sull’allevamento? In che modo il lavoro è stato riorganizzato? Quale ruolo ha giocato la figura del medico veterinario? Può questa emergenza rappresentare un’occasione in termini di incremento della biosicurezza e in generale per una maggiore valorizzazione del made in Italy? Sono queste le principali domande a cui la survey ha cercato di dare

risposta, fornendo una panoramica e le prospettive future del settore. Impatto e riorganizzazione del lavoro Il settore dell’allevamento è stato immediatamente coinvolto e ha dimostrato resilienza e adattabilità di fronte alle improvvise difficoltà di un’emergenza sanitaria, non fermando la produzione. Dalla survey emerge che le principali ripercussioni subite dagli allevatori riguardano problematiche e rallentamenti sui prodotti sia venduti sia acquistati (rispettivamente il 40% e il 18% delle risposte) mentre il 15% delle risposte indica la necessità di ripensare l’organizzazione del lavoro per garantire l’approvvigionamento e la continuità produttiva. È da evidenziare come, durante tutta la fase 1, gli allevatori abbiano dimostrato una grande capacità di adattamento e grande senso di responsabilità, riorganizzando le proprie aziende per garantire la sicurezza dei lavoratori e degli animali. I principali cambiamenti

Azienda leader a livello mondiale nel settore biofarmaceutico, da oltre un secolo MSD sviluppa al fine di preservare la salute e la vita di tutti, farmaci e vaccini per molte delle malattie più gravi al mondo. MSD Animal Health, nota come Merck Animal Health negli Stati Uniti e in Canada, è la divisione di MSD a livello globale dedicata alla salute animale. Attraverso il suo impegno nella Scienza per Animali più sani, MSD Animal Health offre a veterinari, allevatori, proprietari di animali da compagnia e istituzioni, una delle più ampie gamme di farmaci, vaccini, soluzioni e servizi di gestione della salute in ambito veterinario, nonché una vasta gamma di prodotti di identificazione, tracciabilità e monitoraggio digitali.

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a livello organizzativo riguardano l’aumento sostanziale delle ore lavorative (indicato dal 29% degli intervistati) e una differente pianificazione dei turni di lavoro (28%) che ha permesso di garantire le distanze di sicurezza lungo la catena produttiva. Si evidenzia infine una riorganizzazione del lavoro in ambito familiare (18%): nel caso di aziende a conduzione familiare, i titolari degli allevamenti si sono schierati in prima linea per far fronte a questa esigenza, coinvolgendo anche collaboratori familiari. Oltre alla riorganizzazione del lavoro qualcuno si è impegnato anche nella diversificazione della produzione: «Solitamente, i nostri principali clienti appartengono all’HO.RE.CA. e il lockdown ha segnato indubbiamente un calo delle vendite e quindi di fatturato. L’aumento di richiesta di prodotti da parte della Grande Distribuzione non ha compensato questo calo», ha dichiaro P AOLO F ELLEGARA , co-titolare con il fratello Stefano della Società agricola Pievetta Ss di Fellegara. «Partendo da questa consapevolezza — ha aggiunto — abbiamo deciso di diversificare la nostra produzione, tradizionalmente incentrata su latte fresco e yogurt, e aumentare l’offerta di prodotti per i quali riscontravamo più domanda, come i dessert e i formaggi freschi. Questo ci ha permesso di riprenderci in fretta, tamponare il crollo del fatturato e trarre vantaggio da questa esperienza per attuare rapidamente nuovi processi di implementazione».

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La survey, condotta da MSD Animal Health su un campione di circa 200 allevatori di piccole e grandi produzioni, ha analizzato il modo in cui queste realtà si sono interfacciate con l’emergenza sanitaria e le conseguenze di breve e lungo periodo sul comparto.

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Parola chiave: biosicurezza Il tema della biosicurezza è da sempre fondamentale e priorità assoluta per le aziende che si occupano di allevamento, che già in condizioni normali applicano norme e leggi stringenti. L’applicazione di ulteriori misure in questo senso non ha quindi rappresentato un ostacolo, ma ha sicuramente richiesto lo sforzo di tutti gli attori coinvolti che si sono impegnati affinché il livello di guardia fosse ancora maggiore. «La biosicurezza è uno degli aspetti a cui più tengo all’interno del mio allevamento», ha dichiarato MIRKO LINGIARDI, della Azienda Agricola Serena, con un allevamento di suini nella bassa Pianura Padana. «Fin dall’entrata in vigore delle normative europee sulla sicurezza — ha continuato — ho investito in misure e interventi concreti che garantissero il benessere della mia mandria. Mi sono accorto infatti in prima persona di come, nel lungo termine, buone pratiche di biosicurezza garantiscano risultati ottimali,

dalla riduzione del tasso della mortalità all’aumento di produzione, incrementando così il fatturato. Anche per questo motivo, durante l’emergenza sanitaria da Covid-19, ho voluto continuare a mantenere standard qualitativi alti: è stato un periodo difficile ma non ho voluto che la mia mandria ne pagasse le conseguenze». Uno sguardo al futuro Nonostante la pandemia da Covid-19 abbia avuto un forte impatto, sia in termini logistici sia economici, sul settore dell’allevamento, in vista della ripartenza emergono anche opportunità che la filiera potrà cogliere. In termini di sicurezza, la pandemia rappresenta l’occasione per migliorare ulteriormente condizioni di biosicurezza e di prevenzione lungo l’intera catena produttiva, come confermato da oltre il 55% degli intervistati. «La filiera italiana è una delle migliori in Europa e il potenziale è riconosciuto su larga scala. L’adozione di

misure che ampliano le pratiche di biosicurezza e di prevenzione all’interno degli allevamenti non fanno altro che consolidare la forza dei nostri prodotti e della nostra offerta: perché un animale sano e allevato nel benessere, dai primi mesi di vita fino all’età della massima produzione, si traduce in maggiore rendita e qualità del prodotto finale. Per questo i controlli che vengono effettuati rappresentano per me un riconoscimento del mio lavoro, perché è l’attenzione quotidiana che mi permette di raggiungere i risultati di eccellenza», dichiara Paolo Fellegara. Una menzione particolare riguarda infatti il made in Italy: il 61% degli allevatori vede un’opportunità per la valorizzazione delle produzioni italiane e il rilancio del settore, rappresentato spesso da aziende locali e a conduzione familiare, piccole e media imprese impegnate ogni giorno a garantire la massima qualità dei nostri prodotti di eccellenza e conosciuti nel mondo.

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TUTTO IL BIOLOGICO, OGGI

Biolà, carne, formaggi e “gelato agricolo” Lontane ma vicine, la zootecnia e la gelateria a Biolà sono unite da un filo conduttore comune: il latte di qualità. Da animali di razza Frisona e Jersey l’azienda, 200 ettari in tutto, affianca alla produzione di latte, formaggi, mozzarelle, yogurt e agri-gelato biologico quella di carne da animali grass fed, alimentati allo stato brado, senza cereali di Massimiliano Rella

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In basso: l’allevatore e produttore di carne e formaggi Giuseppe Brandizzi nel suo allevamento di Fiumicino (Roma). A sinistra: una panoramica dell’allevamento Brandizzi. L’allevamento conta 250 capi in tutto.

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l “gelato agricolo" che non ti aspetti è una delicata crema da latte crudo ai sapori di mandorla di Sicilia, di pistacchio mediterraneo, di vaniglia, cioccolato e altri gusti. Con la frutta di stagione — le more selvatiche, le fragole, i fichi, il melone con la menta — che insaporisce invece freschi sorbetti artigianali. Tutto biologico, certificato, di qualità. Sembrerebbe una storia come tante se non fosse che il protagonista è un allevamento, non una gelateria, ma un’autentica azienda di vacche da carne e da latte, con caseificio e furgoni per la vendita itinerante, nelle strade, nelle piazze, che ci ricorda per qualche verso quella “vecchia fattoria” che imperversava in una famosa canzoncina per bambini. L’allevamento di GIUSEPPE BRANDIZZI, un simpatico signore di 64 anni, si trova nella campagna alle porte della capitale, non lontano da Fiumicino, nel cuore del nuovo Biodistretto Etrusco Romano, un’area e una rete di aziende agroalimentari a vocazione biologica, di recente costituzione. Lontane ma vicine, la zootecnia e la gelateria sono unite da un filo

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conduttore: il latte di qualità che quest’azienda zootecnica di 200 ettari produce giornalmente (15 quintali) dalla mungitura d’animali di razza Frisona e Jersey. Complessivamente 250 capi tra vacche da latte e meticce da carne. In termini di fatturato un giro d’affari di 600.000 euro l’anno a marchio Biolà: latte, formaggi, mozzarelle, yogurt, agri-gelato biologico e carne da animali grass fed, alimentati allo stato brado, senza cereali. Una voce minore, seppur importante, quella della vendita di carne per quest’azienda con 7 dipendenti tra fissi e avventizi, che deriva il grosso del business dal latte e suoi derivati. Sono comunque una cinquantina i capi macellati ogni anno, in prevalenza meticce grass fed ma anche Jersey e Frisone arrivate alla fine del ciclo del latte. L’idea è di macellare tutta la bestia, valorizzando anche i tagli più desueti come la pancia e il quinto quarto. «L’attenzione alla qualità dà un alto valore aggiunto alla materia prima se trasformata in prodotti ben fatti, come formaggi, yogurt e gelato, e venduti direttamente» ci

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Il caseificio e le carni a marchio Biolà. spiega Brandizzi. «Infatti il 70% del nostro fatturato proviene da un 30% di latte, che vendiamo direttamente o che trasformiamo in formaggio, sempre a vendita diretta, nel caseificio aziendale. Il resto del latte, quel

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70% che vale il 30% del fatturato, lo vendiamo invece alla Centrale». La vendita diretta dei prodotti di Biolà, introdotta dal signor Giuseppe nel 2005, si svolge sia in azienda — tre mattine a settimane con

pre-ordine telefonico/telematico — che nei quartieri di Roma attraverso un furgone itinerante carico di carne, mozzarelle, gelati a latte crudo, latte crudo sfuso e formaggi, secondo un calendario settimanale consultabile sul sito (www.biola.it). I prodotti sono anche nei banchi di gastronomie e prodotti biologici del Lazio. L’azienda di Giuseppe Brandizzi prende forma tre generazioni addietro grazie al nonno commerciante di bestiame, ovini soprattutto. Il papà imprenditore introdusse le vacche da latte negli anni ‘70, guidando l’attività fino al 2000, oggi una realtà di 200 ettari (80 di proprietà e 120 in affitto) certificata bio per la campagna già dal ‘97 e per l’allevamento dal ‘99. La novità introdotta dal signor Giuseppe, nel 2005, è proprio la vendita diretta e in tempi più recenti lo shop on-line (www.biolashop.it). Così, trovandosi già in rete, non si è fatto cogliere impreparato durante la fase d’emergenza che ha visto esplodere l’e-commerce anche in campo agroalimentare. Un momento del mercato che ha portato a triplicare gli ordini, provocando qualche problema di rifornimento e gestione delle quantità e la necessaria chiusura del sito per due giorni per smaltire le richieste. «Dopo anni di globalizzazione il coronavirus ha fatto recuperare un po’ d’immagine perduta alla figura del produttore primario del passato, colui che faceva il cibo e lo vendeva, mettendoci la faccia» sottolinea Brandizzi. «L’emergenza ha accresciuto anche l’interesse verso gli animali grass fed, una cinquantina di meticce che noi alleviamo da sempre allo stato brado, con un’alimentazione priva di cereali che assicura una carne meno grassa, dal carattere più selvatico e con marezzatura minore. Quelle da latte, invece, le alimentiamo con un regime che è una via di mezzo: erba spontanea, foraggio e cereali». Massimiliano Rella Nota Photo © Massimiliano Rella.

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Intervento realizzato con il cofinanziamento FEASR del Piano di Sviluppo rurale 2014-2020 della Regione Toscana sottomisura 3.2


MACELLERIE D’ITALIA

In Ogliastra tappa obbligata a Lanusei da Roberto Ligas

Macelleria Ligas, carni e salumi locali che valgono un viaggio nell’Isola di Sebastiano Corona

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Roberto Ligas.

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e avete la fortuna di visitare l’Ogliastra, un gioiello incastonato nella costa centro orientale della Sardegna, non accontentatevi di ammirare spiagge incantevoli come Cala Mariolu, Cala Luna o Cala Goloritzè. Non limitatevi a passeggiare tra le Tombe dei Giganti nel magnifico parco di Selene. Non fermatevi soltanto a godere di una bellissima montagna che si tuffa nel mare. L’Ogliastra non è infatti solo natura incontaminata, bellezza, cultura e identità. Nella Blue zone, dove gli ultracentenari non si contano, c’è anche tantissimo, eccellente cibo: culurgionis, sebadas, coccoi prena, pane pistoccu, salumi, formaggi e il principe dei vini isolani, il Cannonau. Ma per chi vuole mangiare ottima carne e insaccati locali, la tappa obbligata è Lanusei, dove ROBERTO LIGAS, classe 1968, gestisce da trent’anni una macelleria vista mare, ricca di ogni specialità tipica. L’offerta è prevalentemente regionale: dai bovini adulti di Arborea all’ovino di Thiesi, sia pecora, sia agnello, per finire con i suini ogliastrini, compreso il classico maialetto sardo da latte. E ancora: polli e conigli del Campidano. Solo talvolta il prodotto è importato da Oltretirreno e sempre di gran qualità. «Non avevamo nessuna tradizione in famiglia, sono il primo macellaio di casa. Ma quando ho finito il militare, nell’88, sono andato a servizio da un ex collega, per un periodo di apprendistato.

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MEATY. store

Orgoglio Carnivoro, T-shirts etc.


Preparati della Macelleria Ligas di Lanusei (NU). Hamburger, involtini, spezzatini, tagliata pronta, straccetti con aromi o verdure e molto altro ancora: l’offerta di Roberto Ligas è ricchissima e va incontro ad una richiesta da parte della clientela di piatti pronti che è aumentata via via nel tempo. Anche se non ne avevo dimestichezza, il mondo delle carni mi ha appassionato subito e così, nel ‘95, mi sono messo in proprio, comprando la licenza dal mio stesso datore di lavoro e dando fondo ad ogni risparmio mio e di mia moglie Stefania, con cui tuttora gestisco il negozio. Ci siamo indebitati per realizzare un sogno, ma tempo qualche anno, avevamo già recuperato sull’investimento fatto», ricorda Ligas, con nostalgia. «Il negozio era un locale molto piccolo, in pieno centro a

Lanusei e ci assorbiva per 14 ore al giorno. Facevamo tutto da soli, dagli acquisti, al sezionamento e porzionamento delle carni, per finire con la vendita e le pulizie quotidiane», aggiunge. È stata una vita di sacrifici, ma anche di grandi soddisfazioni sul piano professionale, visto che oggi con la famiglia Ligas, nei nuovi locali di via delle Mimose, operano altre 4 persone, 2 delle quali a tempo pieno e 2 saltuariamente. «L’inizio è stato un periodo di grande entusiasmo, ma anche di difficoltà.

Nel tempo il lavoro del macellaio è cambiato molto, anche in una realtà come quella ogliastrina, un’isola nell’isola di Sardegna. Quando abbiamo aperto, 25 anni fa, racconta Roberto Ligas, la spesa in macelleria si faceva una volta la settimana e per ogni giorno c’era una parte dell’animale da mettere in pentola. Oggi è il banco dei preparati ad essere sempre più ricco

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Un aiuto prezioso ce l’ha dato a suo tempo la Cooperativa Orientalcarni, un raro caso in zona, di collaborazione tra macellai — gli aderenti sono 12 — che opera nel trasporto di carni da e per l’Ogliastra, permettendo così a diverse aziende, di ammortizzare i costi della logistica. Si tratta di una realtà che tuttora, a distanza di quasi 50 anni dalla sua nascita, è di grande supporto in una zona della Sardegna che ha sempre vissuto l’isolamento dagli altri territori». Un’impresa che tuttora opera e che è stata utilissima per avere un appoggio nel momento dell’avvio della macelleria o in periodi difficili per il comparto, come per esempio la fase in cui, diversi anni fa, i mattatoi, così come li avevamo conosciuti in passato, iniziarono a chiudere per l’adeguamento alle prime norme europee in materia. Oppure a seguito del caso della cosiddetta mucca pazza: a parte lo

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stravolgimento normativo, lo scandalo, il disorientamento, i clienti per diverso tempo non volevano acquistare carne di bovino: «è stata una fase drammatica, l’apocalisse per il settore, in cui fortunatamente abbiamo trovato un modo per stare a galla e nell’unità e nella collaborazione, ci siamo fatti da spalla uno con l’altro» racconta Ligas. Nel tempo il lavoro del macellaio è cambiato molto, anche in una realtà come quella ogliastrina, un’isola nell’isola di Sardegna. Il mercato si è stravolto anche qui. «Quando abbiamo aperto, 25 anni fa, la spesa in macelleria si faceva una volta alla settimana e per ogni giorno c’era un pezzo o una parte dell’animale da mettere in pentola. La domenica era festa e la scelta andava sui tagli più pregiati. Il giorno in cui si macellava era destinato al consumo delle frattaglie. Il lunedì era invece di magra e quindi il menu prevedeva un brodo o un piatto leggero. E così a seguire. Nessuno chiedeva prodotti trasformati, perché si preparavano a casa. Ora che l’impegno sul fronte professionale lontano dalle mura domestiche, sia per gli uomini sia per le donne è molto maggiore, non c’è modo di dedicarsi ai fornelli. Quindi il banco dei preparati è sempre più ricco e anche nel retrobottega, le ore che si passano a fare panature, marinature, piatti pronti alla cottura, assorbono il personale per giornate intere. Hamburger, involtini, spezzatini, tagliata pronta, straccetti con aromi o verdure e molto altro ancora: l’offerta è ricchissima. Nel trovare piatti graditi ai nostri clienti ci ha aiutati molto EUROCARNI, da cui, più di un decennio fa, abbiamo attinto ricette molto apprezzate, come i tramezzini di carne, le rollate, le polpette e i polpettoni con zucchine e melanzane, che tuttora i clienti ci chiedono», precisa il macellaio ogliastrino, lettore storico della nostra rivista. Salsiccia e carni frollate per le grandi occasioni Tra i prodotti di punta vi è inoltre

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la salsiccia, aromatizzata con vino bianco, priva di conservanti, additivi o coloranti, che ha come peculiarità solo aglio e ottima carne suina. «Il segreto è quello di impiegare sempre carne di qualità, anche quando deve essere trasformata: non si deve mai tradire il cliente, perché una delusione si paga cara sotto il profilo commerciale. Chi è scontento, anche una sola volta, oggi, al contrario di quanto accadeva un tempo, cambia subito negozio» dice Ligas che di recente, sul piano dell’offerta, ha ampliato la gamma. Frollatura, la novità Da qualche mese è possibile infatti acquistare carni frollate tra i 70 e i 90 giorni: un trattamento delicato che trasforma le carni eccellenti, in piatti unici. «In Sardegna non abbiamo una tradizione importante in questo senso. Addirittura, si tende a consumare la carne il giorno stesso della macellazione. Poi alcuni clienti, incuriositi per averne sentito parlare o per averla assaggiata in altri contesti, hanno iniziato a farne richiesta e allora abbiamo deciso di procedere con delle prove in cella. Ma il fatto di aprire e chiudere la porta di frequente non era ideale per il risultato che volevamo ottenere e poteva generare problemi, perché gli sbalzi termici e l’umidità impediscono di raggiungere l’obiettivo. Ed è così che ho deciso di acquistare un maturatore con vetrina, che permette a tutti i clienti di osservare lo stato dei tagli messi a frollare. Ho dovuto affinare il tiro, rispetto ai primi esperimenti, ma alla fine il risultato è stato sorprendente: un prodotto eccellente, una carne per le grandi occasioni». Insomma, c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire, anche per chi già ha raggiunto un livello elevatissimo. Sebastiano Corona Macelleria Ligas Roberto via delle Mimose 3 08045 Lanusei (NU) Telefono: 0782 41513 338 3496471


La macelleria Bonsignore Carni di Castelvetrano (TP)

Fratelli Bonsignore, allevatori consapevoli, macellai per passione di Elena Benedetti

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i eravamo sentiti telefonicamente ai tempi del lockdown: la sottoscritta chiusa in Redazione insieme a qualche collega a preparare i numeri delle riviste in tema Covid-19, nello sgomento e nell’angoscia di quei giorni pesanti, e i fratelli Bonsignore in bottega giù a Castelvetrano, in

provincia di Trapani, a far fronte ad un modo di lavorare ed accogliere la clientela che ogni giorno richiedeva nuove regole e presidi. Da queste telefonate è nata un’intervista dedicata ad una realtà che da tanti anni è un punto di riferimento per chi ricerca gusto, tenerezza e qualità delle carni.

Qual è la vostra storia? Siete macellai per tradizione famigliare o per scelta e passione imprenditoriale? «Siamo due fratelli, FILIPPO e FRANCESCO BONSIGNORE, macellai per passione fin da quando eravamo ragazzi. La nostra è stata una scelta dettata dalla voglia di metterci in gioco e iniziare fin da giovanissimi

Produzione della salsiccia legata a mano, specialità della macelleria Bonsignore Carni di Castelvetrano (TP).

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a fare impresa. Oggi, grazie a questa scelta, vantiamo un’esperienza pluriennale e da trent’anni siamo presenti nel settore delle carni». Nel vostro territorio quanto è importante offrire prodotti del territorio, sia che si tratti di razze che di allevamenti locali? Avete contatti con allevatori della zona? Seguite gli approvvigionamenti personalmente o vi appoggiate a distributori? «Pensiamo che sia importantissimo offrire prodotti locali ed è quello che da sempre cerchiamo di fare. Per questo, oltre ad essere macellai per professione, siamo allevatori consapevoli: attualmente il 60% del fabbisogno della macelleria viene coperto dal nostro allevamento di bovini e ovini. Per la parte rimanente, ovvero carni bianche di suino, tacchino e pollo, facciamo riferimento ad aziende controllate come AIA, Amadori, Fileni». Mi raccontate il vostro banco carni e il reparto gastronomia? «Il nostro banco carni parte da una selezione di carni sempre fresche e a km 0, grazie alla macellazione settimanale. È vasta anche la scelta dei “pronti a cuocere” e sono tante specialità che ci contraddistinguono, tipiche del nostro territorio, come la salsiccia a punta di coltello o l’insalata di musso. Si passa poi al banco salumi e formaggi, tipici della zona e provenienti solo da

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Filippo e Francesco Bonsignore e il banco macelleria di Bonsignore Carni. caseifici siciliani. Infine il banco gastronomia, con un’ampia scelta di piatti regionali, dal primo al secondo al contorno. Non manca il pollo allo spiedo e offriamo anche la possibilità di scegliere la carne direttamente dal banco e grigliarla a vista!». Come è cambiato il lavoro in macelleria? Fate ristorazione? È possibile consumare i vostri prodotti in macelleria? «Negli ultimi cinque anni abbiamo riscontrato un’evoluzione della professione. Oggi non c’è più il classico macellaio di bottega

che vende la sua carne ma un macellaio evoluto, un vero e proprio gastronomo pronto a seguire e ad andare incontro alle esigenze del mercato. Le abitudini della clientela si sono molto modificate nel tempo e per questo motivo, già da dieci anni a questa parte, abbiamo ampliato la nostra offerta includendo la ristorazione. Diamo infatti la possibilità di consumare i nostri prodotti in macelleria: abbiamo soltanto dieci posti ma riscontriamo molto apprezzamento da parte di chi lavora o ha poco tempo per la pausa pranzo.

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Alcuni capi dell’allevamento di Filippo e Francesco Bonsignore. Serviamo pasti sia caldi che freddi. Sono tanti quelli che scelgono di farsi grigliare la carne al momento e consumarla dentro la nostra macelleria accompagnata da un contorno. Pensiamo che questo sia il futuro della gastro-macelleria». Fate pronti a cuocere? Se sì, quali sono i cinque più richiesti? «I pronti a cuocere rappresentano il 50% della richiesta della clientela. Nel tempo abbiamo diversificato e ampliato la nostra offerta grazie anche ai nostri collaboratori specializzati, che si dedicano cioè soltanto alla realizzazione di pronti a cuocere. Vendiamo fino a 7 tipologie diverse di involtini ma vanno tantissimo anche le torte di carne, le piadine di carne farcite con salumi e verdure, gli arrotolati di zucchine e pancetta e diversi tipi di ariste con speck e arancia o mele e pistacchio. È un settore in continua evoluzione!». Nella recente fase di lockdown avete attivato servizi nuovi per garantire gli acquisti alla vostra clientela (consegne a domicilio, ordini on-line,…)? «Sì. Nella fase di lockdown abbiamo massimizzato il servizio di consegna a domicilio, proponendo anche dei menù sulle nostre piattaforme social, in modo da ampliare l’offerta

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dal punto di vista gastronomico. È stato anche un modo per essere presenti e non abbandonare tutti coloro che non volevano rinunciare a mangiar bene in un momento così difficile e triste». C’è richiesta di biologico? «Il biologico ricopre al momento un 40% delle richieste, soprattutto per quanto riguarda la carne bianca, nello specifico il pollo». Da parte dei consumatori la richiesta si sta orientando verso determinati prodotti o è ampia? Ad esempio, si richiedono più piatti pronti o preparati che richiedono meno tempo di cottura? «Decisamente sì. Negli anni abbiamo assistito ad un calo nella vendita del fresco al dettaglio e un aumento della richiesta dei pronti a cuocere o della gastronomia. Ci siamo resi conto che si consuma meno carne a casa oppure chi lavora e non ha il tempo di dedicarsi alle lunghe cotture. Per questo diventa più semplice l’acquisto di piatti pronti o preparati. Andando incontro alle richieste di mercato noi ad esempio proponiamo nei vari giorni della settimana anche ricette della tradizione siciliana che oramai a casa non fa più nessuno, come la tradizionale pecora bollita o la trippa alla parmigiana e

tante altre che riscontrano sempre molto successo». Seguite corsi di aggiornamento? Se sì, dove e come? «Sì, seguiamo corsi di aggiornamento con cadenza semestrale, con operatori di aziende specializzate nel settore direttamente nel nostro laboratorio, soprattutto per tutte le novità del comparto “preparati e pronti a cuocere”. Seguiamo anche eventi e fiere che riguardano l’innovazione in macelleria». Per chi oggi volesse intraprendere questo mestiere che cosa gli/le consigliereste? «Pensiamo che la formazione sia molto importante. Per chi ha intenzione di intraprendere questo mestiere è fondamentale avere tanta passione e dedizione, saper conoscere e apprezzare ciò che viene trasmesso da chi da anni lo fa. Non ci si improvvisa macellai: bisogna avere passione e crederci veramente. Sicuramente dei percorsi formativi o una vera e propria accademia aiuterebbero molto». Elena Benedetti Bonsignore Carni Viale Roma 61 91022 Castelvetrano (TP) E-mail: bonsignorecarni@gmail.com Web: www.bonsignorecarni.com

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GARE CARNIVORE

And the winner is… Ecco il podio dei vincitori della competizione carnivora di IBC-International Butcher Contest che ha infiammato Facebook e coinvolto maestri macellai da tutto il mondo

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a community su Facebook di Butchers Family Group, creata e coordinata da ALE ELALOUI, insieme al team composto dai colleghi macellai FRANCESCA BAIANI, MARCO DELFINI e TINA COTELLESSA, tra il mese di giugno e quello di luglio ha promosso una nuova grande sfida: unire tutti i macellai del mondo in un contest internazionale digitale, l’IBC-International Butcher Contest. Per partecipare alla competizione occorreva prepa-

rare un mini display a tema libero, utilizzando almeno tre tipologie di carni scelte e riconoscibili. I butchers erano poi invitati a scattare 3 foto (display intero, la preparazione migliore e il partecipante accanto al display) che non dovevano contenere elementi che potessero far risalire all’autore/autrice o alla provenienza, pena la squalifica. L’allestimento doveva essere inedito e non poteva essere anticipato sui social prima della votazione da parte dei giudici

e del benestare del Butchers Family Group. Per il contest sono stati valutati 50 display e la giuria internazionale, composta da butchers provenienti da Europa, USA, Messico, Brasile, Australia e Africa, ha decretato il podio, oltre a tre categorie speciali: Lady Butcher, Young Butcher e Web Content Butcher. La gara ha registrato un grande successo in termini di adesioni, condivisioni, like, commenti, e — come è ovvio che sia quando

Il maestro delle carni inglese Ben Tindale, managing butcher presso G. Shearer & Son Butchers a Holbeach, UK, è risultato il vincitore di questa prima edizione dell’IBC-International Butcher Contest. Il suo display si è guadagnato il podio e moltissimi apprezzamenti da parte dei colleghi e appassionati.

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A sinistra: il display della seconda classificata, Margherita Pugliese, vincitrice anche del titolo di Lady Butcher, qui in foto insieme al consorte e collega Giuseppe De Falco. Margherita crea bellissimi elaborati di carne nella sua Macelleria O’ Sistimato a Melito, Napoli. A destra: il terzo posto dell’IBC International Butcher Contest 2020 è stato assegnato al macellaio franco/marocchino Mohamed Seddik (Moms boucher – facebook.com/seviseviverum). ci si relaziona sui social — anche qualche polemica. La soddisfazione di ALE ELALOUI e del suo team è però stata piena: «c’è tanta voglia di fare rete, di condividere esperienze e visioni di un lavoro che ogni giorno creiamo con le nostre mani e che deve trovare il giusto bilanciamento tra la redditività di un banco carne e la soddisfazione di una clientela che si fidelizza al tuo lavoro». Il Butchers Family Group è un bell’esempio di gruppo attivo che su Facebook conta oltre 8.000 followers, per la maggior parte macellai e operatori nel settore carne. La condivisione quotidiana di foto e video che raccontano la quotidianità di questi professionisti delle carni è preziosa nel trasmettere stimoli e idee, aiutare a risolvere problemi e anche superare momenti di difficoltà. >> Link: facebook.com/ButchersFamilyGroup

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Tra i premi collaterali c’è stato anche il Best Meat Product che ha vinto Stefano Limuti della Bottega della Carne di Angera (VA). La giuria, composta da Ale Elaloui, dallo chef stellato Marcello Trentini e dal referente mondiale dei giudici del World Butchers’ Challenge Robert Retallick, ha decretato l’arista di suino in porchetta (con lardo al pepe rosa) di Stefano Limuti miglior preparato per preparazione ed estetica, vendibilità del prodotto e cucinabilità.

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Largo ai giovani! Il primo posto nella categoria Young Butcher promossa da Maremma che Ciccia – Food and Meat Blogger è stato assegnato a Marco Iuculano (facebook.com/marco.iucu), che lavora presso la Macelleria Moretti di Ferrara. Giovanissima new entry della Nazionale Italiana Macellai, Marco ha realizzato un display con pronti a cuocere originali e curatissimi, presentati con grande cura e attenzione anche alla resa fotografica. Complimenti (photo © facebook.com/marco.iucu).

Gli sponsor di IBC-International Butcher Contest 2020 La competizione carnivora internazionale organizzata dal Butcher Family Group è stata supportata dalla coltelleria MaglioNero (maglionero.com) di Premana (LC), da Butchers Brothers (www.butcher-bros.com), il portale di e-commerce che celebra la figura iconica del butcher, da Maremma che Ciccia – Food e Meat Blogger (facebook.com/maremmacheciccia) e, naturalmente, dalla nostra rivista Eurocarni (eurocarni-online.com).

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Web Butcher contest L’altra categoria Maremma che Ciccia – Food and Meat Blogger ha riguardato il vincitore del Web Butcher Contest sempre all’interno dell’IBC-International Butcher Contest 2020. Qui il vincitore è stato Graziano Di Domenico, che si è portato a casa il premio con oltre 1.400 like. È stato molto apprezzato il suo display di preparati di carne, una piccola “pasticceria” di pronti a cuocere buonissimi e molto scenografici! (photo © facebook.com/ButchersFamilyGroup).

Butcher Family Group Butcher Family Group (facebook.com/ButchersFamilyGroup) è un’associazione che si occupa di formare il macellaio moderno. «Siamo nati su Facebook, come uno dei tanti gruppi che nascono e muoiono. Siamo partiti con l’idea di condividere idee ed esperienze e ci siamo presto resi conto che molti colleghi chiedevano o avevano bisogno di una vera formazione professionale» ha detto MARCO DELFINI, uno dei fondatori del BFG, a Braciamiancora. La grande famiglia del BFG raduna intorno a sé tanti e diversi professionisti del settore carnivoro. Dai preparati al taglio, dalla frollatura al marketing di bottega: i corsi sono aperti a chiunque abbia voglia di crescere e imparare. La maggior parte di questi è gratuita, si svolge in giornata e, per quelli a pagamento, sono previsti sconti per i soci (fonte: braciamiancora.com).

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NUTRIZIONE

Carne e aromi mediterranei Nelle popolazioni del Mediterraneo i tradizionali sistemi di cottura delle carni vedono sempre la presenza di erbe aromatiche ricche di polifenoli, come aglio,rosmarino, cipolla, che ne proteggono i grassi dai danni dell’ossidazione di Giovanni Ballarini

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Il rosmarino è un ingrediente chiave delle ricette mediterranee a base di carne insieme ad aglio e olio extravergine d’oliva. Andrebbe sempre utilizzato fresco, per meglio godere del suo tipico profumo.

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a Dieta Mediterranea è un modello nutrizionale che si ispira all’alimentazione delle popolazioni di alcuni paesi del bacino mediterraneo — Italia meridionale, Spagna, Grecia e Marocco — che privilegia cereali, frutta, verdura, semi, olio d’oliva (grasso insaturo), rispetto ad un minore uso di carni rosse e grassi animali (grassi saturi) ed a un moderato consumo di pesce, carne bianca (pollame), legumi, uova, latticini, vino rosso, dolci. Solo negli anni cinquanta del XX secolo venne introdotto il concetto di “Dieta Mediterranea”, ma già in precedenza alcuni dietologi avevano avanzato l’ipotesi del benefico effetto di un limitato consumo di alimenti di origine animale come latticini, carne, uova. Al Seven Countries Study of cardiovascular diseases del fisiologo statunitense ANCEL KEYS, il più grande studio epidemiologico mai fatto prima nel campo della nutrizione, viene però riconosciuto il merito di averne documentato il ruolo protettivo nei riguardi della cardiopatia coronarica e di altre condizioni morbose. Nel 2010 la Dieta Mediterranea è stata inserita dall’UNESCO nella lista dei patrimoni immateriali dell’umanità. Nelle popolazioni del Mediterraneo i tradizionali sistemi di cottura delle carni vedono sempre la presenza di erbe aromatiche ricche di polifenoli. Negli arrosti sono presenti rosmarino e aglio; la porchetta è aromatizzata con rosmarino, aglio e finocchio; nei bolliti durante la cottura si aggiungono

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cianidine e sono responsabili del colore di mele e agrumi; la quercetina, il più usato antiossidante naturale in farmacologia; i tannini condensati o catechine, tipici del tè. Fra i polifenoli non flavonoidi vi sono gli acidi benzoici e idrocinnamici del caffè e dell’olio d’oliva e il resveratrolo, presente nella buccia dell’uva. Aglio L’aglio (Allium sativum) e altri Allium contengono composti di zolfo volatili generati dalla scissione operata da enzimi di precursori di aroma relativamente solidi e inodori e tra questi predomina l’allicina, un composto solforganico che rappresenta il meccanismo di difesa dell’aglio da parassiti e infezioni. Altre componenti dell’aglio con attività antibiotica sono il bisolfuro di allile, l’allipropile allicina e la garlicina.

Considerato un alimento terapeutico e preventivo, da molti anni l’aglio è sottoposto a numerosi studi per i suoi benefici sull’organismo umano derivanti dal suo consumo giornaliero. È importate sottolineare che i valori nutrizionali dell’aglio sono nella media di altri alimenti, ma ciò che lo rendono un vero e proprio “farmaco naturale” sono le numerose sostanze extranutrizionali. cipolla e sedano; molte fritture, e tra queste quelle di fegato, sono accompagnate dalla cipolla; diversi salumi sono preparati con aglio o semi di finocchio. In tutte queste preparazioni i polifenoli proteggono le carni e, soprattutto, i loro grassi dai danni dell’ossidazione. Polifenoli delle erbe aromatiche mediterranee Le erbe aromatiche mediterranee contengono un gran numero di

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composti importanti per l’uomo in virtù della loro azione antiossidante. La loro funzione è proteggere le piante dal rischio ossidativo prodotto dalla luce solare e da altri agenti ambientali e, per la stessa ragione, contribuiscono alla conservazione delle proprietà degli alimenti vegetali e hanno azioni benefiche sulla salute. Tra i polifenoli vi sono le antocianine che, durante la maturazione dei vegetali, si trasformano in anto-

Cipolla La cipolla (Allium cepa) ha un caratteristico odore dovuto ai solfossidi e, soprattutto, al trans-tiopropanal-Sossido. Gli alchil o alchenil cisteina solfossidi (ACSO), dopo il taglio, si combinano con la allinasi, un enzima che produce acidi solfenici, piruvato e ammoniaca. L’acido sulfenico, attaccato da un secondo enzima, produce una molecola volatile e idrosolubile che è appunto il fattore lacrimogeno poiché, quando entra in contatto con l’umore acquoso presente sul bulbo oculare, si trasforma in acido solforico, che provoca una reazione di difesa da parte dell’occhio con produzione di lacrime. La cipolla contiene anche polifenoli come la quercetina. Finocchio Il finocchio (Foeniculum vulgare), pianta della famiglia delle Ombrellifere, è ricco di minerali e vitamine, contiene anetolo e flavonoidi che, insieme alla vitamina C, gli conferiscono proprietà antiossidanti. I semi di finocchio contengono oli essenziali con molti principi attivi: limonene, fellandrene, tuyene, fenchene, alfa e beta-pinene, anisaldeide, alfa e beta-terpinene,

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trans-anetolo con un aroma gradevole e dolciastro, cineolo e mircene (terpenoidi), fencone dal sapore amaro, feniculina, dipinene, canfene, dipentene, acido metilcavicolo, estragolo, flavonoidi (canferolo e quercetina). Rosmarino Il rosmarino (Rosmarinus officinalis) contiene carnosolo, rosmanolo, isorosmanolo e soprattutto il rosmaridifenolo potenti antiossidanti, resistenti anche al calore. La sua azione antiossidante spiega il suo largo impiego tradizionale nella conservazione di grassi animali (lardo, strutto, salumi diversi) e nella cottura di alimenti grassi, soprattutto in recipienti metallici. La frittura o la cottura in padella di ferro o di rame, anche se stagnata, sarebbe fortemente ossidante se non fosse presente il rosmarino. Sedano Il sedano (Apium graveolens L.) è un vegetale mediterraneo conosciuto

fin dall’antichità e il suo olio essenziale, presente in una percentuale variabile dal 2 al 3% dell’ortaggio, contiene monoterpeni, tra i quali limonene e saliene, cumarine, furocumarine (apiumetina), ftalidi (es. seciunolide sedanedolifi, cnidilide, e, soprattutto, 3-n-butilftalide, molecola alla quale è attribuito un ruolo anticolesterolico), flavonoidi e alcaloidi non ancora del tutto identificati. Nella preparazione del brodo il sedano porta un aroma inconfondibile, il cui “segreto” è legato al feromone, molecola che regola il comportamento sessuale nei mammiferi e tra questi anche l’uomo, il più importante dei quali è il 5alfaandrost-l6en-3alfa-olo. L’esistenza di feromoni nel regno animale è da tempo un fatto scontato, mentre più recente è la scoperta che steroidi del tipo Delta-16 sono presenti anche nel regno vegetale e che ogni grammo di sedano e di pastinaca contiene circa otto nanogrammi di 5alfa-androst-

l6en-3alfa-olo. Altri alimenti ricchi di feromoni sono i tartufi, tanto che per questo motivo il sedano può essere considerato il tartufo dei poveri e che possa modificare il comportamento e gli equilibri ormonali in senso favorevole alla riproduzione, come vuole la nuova della psicodietetica. La psicodietetica da tempo aveva dedicato attenzione alle caratteristiche nutrizionali degli alimenti ed in particolare alla presenza o meno di taluni amminoacidi, come il triptofano, precursore della serotonina, mediatore nervoso che regola l’aggressività. Più recentemente questa disciplina ha preso in considerazione gli ormoni e gli antiormoni, largamente presenti soprattutto negli alimenti vegetali, e ora anche i feromoni, molecole che capaci di modificare il comportamento e presenti in alimenti vegetali, come il sedano. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma

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LA CARNE IN TAVOLA

Picaja, Tasca e Cima Specialità tradizionali di Parma, Piacenza e Genova: a ognuna la sua, ma tutte hanno in comune la punta di vitello tagliata in modo da formare una tasca riempita con ingredienti vari di Nunzia Manicardi

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embra un gioco di parole, una filastrocca infantile, una cantilena… E dell’infanzia, Picaja, Tasca e Cima, conservano il sapore lontano, quello delle cose buone, che si ricordano e si ricercano in mezzo ai tumultuosi avvenimenti dell’esistenza per fermarsi un attimo ad assaporare, ad indugiare in quella calma e serenità ormai perdute. Si tratta di tre specialità gastronomiche appartenenti a tre aree locali differenti — Bassa parmense, collina piacentina e entroterra genovese —, unite da quegli antichissimi passaggi fra le montagne un tempo frequentati soprattutto dai pastori nelle loro transumanze.

Più che strade erano viottoli, sentieri, che si inerpicavano su e giù e dentro un Appennino ancora oggi in parte selvatico e che collegavano il mare con la pianura e la pianura col mare, portando di qua e di là una straordinaria ricchezza di esperienze diverse che andavano a confluire in una cultura mista dai tratti affascinanti ma tuttora non adeguatamente conosciuti. Picaja, Tasca e Cima conservano, di quei tempi remoti, la parte forse migliore e più facilmente accessibile a tutti: quella legata al cibo, al vissuto, al calore di genti semplici e un po’ rustiche ma che in questi piatti hanno saputo sfoggiare una raffinatezza notevolissima.

Tasca piacentina ripiena (photo © ricette.giallozafferano.it).

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Bassa parmense, collina piacentina e entroterra genovese, tre territori uniti da antichissimi passaggi fra le montagne frequentati dai pastori durante le transumanze. Picaja, Tasca e Cima conservano di quel passato remoto il calore di genti semplici e un po’ rustiche ma che in questi piatti prelibati hanno saputo sfoggiare una notevolissima raffinatezza

Picaja La Picaja è tipica della Bassa parmense. Preparazioni analoghe si trovano nelle vicine aree del Bresciano (pancia ripiena alla bresciana) e della Bergamasca (punta ripiena alla bergamasca). È una punta di vitello in cui viene praticata una larga tasca dentro la quale è inserito un ripieno uguale a quello degli anolini, l’altrettanto tipica pasta in brodo “imbottita”. Questo ripieno è un impasto di formaggio Parmigiano Reggiano stravecchio grattugiato con un po’ di pane raffermo anch’esso grattugiato e l’aggiunta di uova sbattute con un pizzico di pepe, noce moscata e sale. Manca, nel caso della picaja, il sugo ristretto di stracotto di manzo insaporito con noce moscata. La tasca deve essere riempita con grande attenzione in modo da non

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romperla e non lasciare spazi vuoti. Viene poi ricucita con refe bianco e messa a cuocere. Il tipo di cottura è vario e fa parte del patrimonio gastronomico di ogni famiglia che continui a cucinare questo piatto, soprattutto per le festività. C’è chi la fa bollire in abbondante acqua con sedano, carota e cipolla per circa un’ora e mezza e chi la mette in forno, a 190-200º, per una cottura lenta preceduta da una rapida rosolatura su entrambi i lati per sigillare bene la carne. La cottura al forno rende la picaja più succosa e saporita e le conferisce inoltre una deliziosa crosticina in superficie. La punta di petto, del resto, è indicata specialmente per arrosti e rotoli farciti. Dopo averla fatta riposare per circa un quarto d’ora, si taglia a fette e la si irrora col sugo di cottura in precedenza ridotto di un terzo. Al Tasc La Tasca piacentina (al Tasc) caratterizza le tradizioni culinarie soprattutto della collina. Anche in questo caso si utilizza la punta di vitello tagliata a tasca, a sua volta riempita e successivamente cucita a mano per impedire la fuoriuscita dell’impasto. Qui, nel Piacentino, si adoperano anche le verdure, bietole o spinaci. Poi, oltre al formaggio, alle uova e al pangrattato, anche aglio pestato e pancetta lardata tritata finemente, con sale e pepe a piacere. Si cuoce a bollitura. Una volta tagliata a fette, la Tasca viene accompagnata dalla salsa verde casalinga a base di prezzemolo, peperone e carote. Ottima quella secondo la ricetta della zona di Cerignale, con prezzemolo (meglio se fresco), aglio, tuorlo d’uovo sodo, mollica di pane bagnata nell’aceto, vino bianco, olio, sale e pepe. Personalmente consiglio anche la mostarda, soprattutto se si ha la fortuna di imbattersi in una mostarda preparata familiarmente secondo la tradizione che anche qui, pur non essendo nel Cremonese e nel Mantovano, rimane comunque caratteristica e abbastanza viva. ‘A Çimma La Cima genovese è caratterizzata soprattutto dalle frattaglie

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Cima alla genovese (photo © ricette.giallozafferano.it). dell’animale che vanno a formare l’impasto. È infatti un piatto della cucina di recupero, anche se complessivamente risulta molto ricco e pregiato. Tipico della zona del capoluogo, è però diffuso in tutta la Liguria di cui costituisce uno dei simboli gastronomici più conosciuti ed apprezzati. Il grande cantautore genovese FABRIZIO DE ANDRÈ le ha perfino dedicato una canzone, ‘A Çimma, scritta con I VANO F OSSATI , altro grande cantautore della città della Lanterna. Nella canzone, in cui si parla poeticamente anche della ricetta, il ritornello dice: “Cielo sereno terra scura / carne tenera non diventare nera / non ritornare dura / e nel nome di Maria / tutti i diavoli da questa pentola / andate via”. Si fa intuire anche la lunghezza e laboriosità della ricetta. “Ti sveglierai sull’indaco del mattino / quando la luce ha un piede in terra e l’altro in mare / ti guarderai allo specchio di un tegamino /

il cielo si guarderà alla specchio della rugiada / metterai la scopa dritta in un angolo / che se dalla cappa scivola in cucina la strega / a forza di contare le paglie che ci sono / la cima è già piena è già cucita”. Si prepara sempre con la tasca che si riempie con polpa di vitello, poppa (tettina di vitello), strigolo (parte della trippa), animella, cervello e testicolo di vitello, uova, Parmigiano Reggiano grattugiato, piselli, mollica di pane ammollata in acqua o latte, aglio, maggiorana, sale, pepe e olio evo (ovviamente ligure). Nel brodo di cottura ci saranno gli odori di rito, cioè sedano, carota e cipolla. Vista la ricca farcitura è bene avvolgere la cima in un canovaccio bianco per non disperderla durante la bollitura. E poi… “Poi vengono a prendertela i camerieri / ti lasciano tutto il fumo del tuo mestiere / tocca allo scapolo la prima coltellata / mangiate mangiate non sapete chi vi mangerà”. Nunzia Manicardi

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ANALISI

Emilia-Romagna, nel 2019 l’export agroalimentare ha incassato un +4,7% Gli effetti della pandemia condizioneranno l’andamento di quest’anno, «ma i nostri fondamentali sono solidi e lo hanno dimostrato» ha dichiarato l’assessore Alessio Mammi alla presentazione del Rapporto agroalimentare. «Adesso la grande partita si giocherà sulla PAC 2020-2027» di Anna Mossini

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er la prima volta, in 27 anni, la presentazione del Rapporto Agroalimentare dell’EmiliaRomagna si è tenuto in streaming. Un inedito dovuto alle restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria Covid-19 che non solo ha procra114

stinato rispetto al passato la data del convegno, solitamente fissata a maggio e quest’anno invece rimandata al 27 luglio, ma soprattutto ha impedito al consueto e numeroso pubblico composto da stampa e addetti ai lavori di parteciparvi in

presenza. Lo ha ricordato nel suo intervento introduttivo il presidente di UNIONCAMERE EMILIA-ROMAGNA, ALBERTO ZAMBIANCHI, l’ente che esattamente da 27 anni, insieme alla Regione Emilia-Romagna, elabora il Rapporto. Eurocarni, 9/20


20° SALONE INTERNAZIONALE DELL’ALIMENTAZIONE

parma

4/7maggio2021

welcome to foo d la n d


Speso il 93% delle risorse legate ai PSR Il sostegno ai redditi degli agricoltori ha confermato l’importanza delle politiche europee. Giunto ormai alla fine, il bilancio del Programma di sviluppo rurale 2014-2020 targato Emilia-Romagna parla di risorse messe a bando per un importo superiore a 1.120 miliardi di euro, pari al 93% di tutta la dotazione disponibile per l’intero PSR con la pubblicazione di 417 bandi che hanno coinvolto una platea di oltre 23.000 beneficiari, di cui 2.700 giovani e quasi 4.500 donne. I contributi concessi hanno superato il miliardo di euro, cioè quasi l’85% delle risorse disponibili: 420 milioni sono andati alla competitività, 474 milioni all’ambiente e al clima e 97 milioni allo sviluppo del territori. Riguardo la quota export va ricordato che circa l’80% è destinato all’area UE, con la Germania in testa per il 17,37%, seguita dalla Francia (14,11%), a cui si aggiungono Stati Uniti con l’8,04% e il Regno Unito (7,38%). In regione, la provincia in cima alla lista per prodotti esportati è quella di Parma con un controvalore di 1,79 miliardi di euro; segua a ruota Modena con 1,33 miliardi; Ravenna (783 milioni); Reggio Emilia (637 milioni); Bologna (circa 628 milioni); Forlì-Cesena (592 milioni); Piacenza (437 milioni); Ferrara (398 milioni) e infine Rimini con 236 milioni di euro. A. Mo.

Le conseguenze del Covid-19 Impossibile non partire con una profonda riflessione sulla situazione che anche a livello globale è stata determinata dalla pandemia. «Nello scorso mese di gennaio — ha dichiarato Zambianchi — il Fondo monetario internazionale prevedeva a livello globale un aumento del PIL (Prodotto Interno Lordo) pari al 3,3%. Solo sei mesi dopo, quindi a giugno, il segno più si è trasformato in meno e la previsione parlava di un –4,9%. Uno tsunami che ovviamente non ha risparmiato l’Emilia-Romagna, costretta a fare i conti con una previsione che per il 2020 vede il PIL a –10,6%, a cui nel 2021 seguirà una parziale ripresa calcolata in un +6,8%. Un contesto che ai dati negativi unisce inevitabilmente la preoccupazione per il futuro, in cui però il comparto

agroalimentare è visto come uno dei pochi a soffrire meno di altri, soprattutto se guardiamo all’export, che nel primo trimestre di quest’anno ha incassato un +8%». Nel suo intervento, il presidente di Unioncamere Emilia-Romagna ha ricordato che la PLV (Valore della Produzione Agricola regionale) nel 2019 si è ridotta a 4,2 miliardi di euro dopo quattro anni di crescita costante, ma ha anche sottolineato il positivo dato dell’export, che ha registrato un +4,7% rispetto all’anno prima. «Per far fronte ad un futuro incerto e senza dubbio complicato — ha rimarcato — Regione Emilia Romagna e Camere di commercio, attraverso i Confidi e gli Agrifidi, hanno messo a disposizione delle imprese ingenti risorse per rispondere alle esigenze di liquidità e alle

Non vi è alcun dubbio che sul futuro del settore primario peseranno le fondamenta costruite nel passato e le politiche agricole europee oggi in discussione, ad iniziare dalla PAC 2020-2027 che, con ogni probabilità, entrerà in vigore il 1o gennaio 2023, dando vita fino ad allora ad un periodo di transizione in cui vengono confermate la proroga del regime dei pagamenti a tutto il 2022 e le regole attualmente in vigore

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spese legate all’ordinaria gestione aziendale, un’iniziativa che abbiamo adottato per valorizzare anche sui mercati esteri le straordinarie eccellenze del territorio e che si inserisce in una consolidata partnership tra Regione e Unioncamere». Export miliardario Tutti concordi nel considerare l’epidemia da Covid-19 un sostanziale spartiacque tra un prima e un dopo emergenza sanitaria, non vi è alcun dubbio che sul futuro del settore primario peseranno le fondamenta costruite nel passato e le politiche agricole europee oggi in discussione, ad iniziare dalla PAC 2020-2027 che, con ogni probabilità, entrerà in vigore il 1o gennaio 2023, dando vita fino ad allora ad un periodo di transizione in cui vengono confermate la proroga del regime dei pagamenti a tutto il 2022 e le regole attualmente in vigore. «L’aumento del 4,7% dell’export agroalimentare regionale registrato nel 2019 — ha sottolineato l’assessore regionale all’Agricoltura, ALESSIO MAMMI — superiore a quello nazionale fermo ad un +3,7% e che si traduce in un valore totale di 6,8 miliardi di euro, si associa all’incremento dell’occupazione, +3%, che vuol dire 72.000 lavoratori in più sul 2018 con una componente femminile vicina al 30%. Non solo. Abbiamo chiuso l’anno con un saldo positivo a bilancio di 200 milioni di euro e un grado di insolvenza del 4% che è molto inferiore a quello registrato negli altri comparti produttivi e ancora di più se raffrontato a quello nazionale. Tutto bene quindi? No, anche se quell’8% di export incassato nel primo trimestre di quest’anno dimostra la solidità dei nostri fondamentali e la capacità di creare occupazione, i contraccolpi legati all’emergenza sanitaria, nonostante il comparto non si sia mai fermato, ci sono stati con un innalzamento dei costi produttivi, alcune speculazioni e il crollo delle vendite destinate al settore HO.RE.CA. Ma non è bastato. I danni causati dalle conseguenze dei cambiamenti climatici caratterizzate prima dalla siccità e poi dalle

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gelate primaverili e quelli legati alle nuove patologie, prima fra tutte l’infestazione nell’ortofrutta della cimice asiatica, ci dicono chiaramente che i trend del passato non ci possono dare certezze, al contrario ci obbligano a un impegno costante e se possibile maggiore. La Regione, oltre ad aver contribuito alla costruzione e alla definizione delle misure di intervento previste dal Governo, ha adottato iniziative di semplificazione e flessibilità sugli adempimenti amministrativi e sulle scadenze, ma ha anche cercato di mobilitare tutte le risorse ancora disponibili sui PSR e sull’OCM, tant’è vero che con il bilancio regionale siamo riusciti ad abbattere i tassi di interesse sui prestiti di conduzione con uno stanziamento di 3,4 milioni di euro. Con l’assestamento di bilancio sono poi state stanziate ulteriori risorse, 3 milioni di euro, per interventi che riguardano gli aiuti forfetari ai 1.200 agriturismi della Regione; 1,5 milioni per il settore della bar-

babietola e ben 17 milioni di euro per il lattiero-caseario». Regioni fondamentali Mammi ha poi voluto dedicare una riflessione alla nuova PAC e a quanto si sta discutendo nelle sale istituzionali di Bruxelles. «La nuova Politica agricola europea dovrà tenere conto delle richieste dei vari Paesi membri — ha affermato — perché davanti ha un compito storico. Di salute e di cibo non si può fare a meno e senza la tutela di questi due pilastri non ci possono essere prospettive di futuro. È per questo che il settore agroalimentare va sostenuto e i PSR (Programmi di Sviluppo Rurale, NdR) rappresentano lo strumento più efficace per sostenere il reddito e la produttività delle aziende accompagnandole verso la transizione ecologica: uno degli elementi cruciali della nuova PAC che racchiude peraltro una grande incertezza legata al ruolo che avranno le Regioni, fino a oggi protagoniste per i monitoraggi e

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le analisi necessarie a un corretto stanziamento dei fondi. Se l’idea dovesse essere quella di marginalizzarle a causa di un mancato utilizzo degli stanziamenti da parte di alcune, sarebbe un grave errore perché la centralizzazione non risolverà questo problema. I mesi che abbiamo davanti — ha concluso l’assessore — ci impegneranno su tre fronti. Il primo riguarderà il futuro dei PSR, perché dovremo decidere quali saranno le priorità che li guideranno concentrando le risorse sugli asset più strategici; il secondo fronte riguarderà gli interventi per garantire un maggiore sostegno a determinate filiere; il terzo investirà la semplificazione amministrativa e procedurale rispetto alla quale interverremo su quello che è di nostra competenza». Anna Mossini Nota A pagina 114, photo © Naeblys – stock.adobe.com


“Sicurezza alimentare: metodi rapidi per il controllo di alimenti, acque e ambiente”: appuntamento il 1o ottobre in web conference con gli aggiornamenti e le novità salienti sui metodi di analisi rapide Per il terzo anno consecutivo torna il convegno tecnico-scientifico dedicato alle novità sui metodi di analisi rapida da utilizzare in azienda nell’ambito dell’HACCP. Dopo il successo delle precedenti edizioni, che hanno registrato la partecipazione di 180 corsisti e di 13 aziende del settore, l’appuntamento del 2020 si presenta in una veste nuova, in linea con le misure in vigore a seguito della situazione sanitaria attuale. Per la prima volta il convegno “Sicurezza alimentare: metodi rapidi per il controllo di alimenti, acque e ambiente” si terrà infatti in modalità digitale, giovedì 1o ottobre dalle 9:30 alle 13:30. Grazie all’utilizzo della piattaforma BigBlueButton sarà possibile seguire la giornata di studio da PC e fruire della massima interazione con tutti i partecipanti. L’evento è ideato e organizzato da c_om_unicando, il gruppo di lavoro di OM specializzato nella comunicazione per il settore agroalimentare. L’edizione di quest’anno vede l’approfondimento delle tematiche legate al settore delle analisi rapide e l’introduzione di argomenti di attualità, anche dal punto di vista legale. I relatori parleranno dell’applicazione dei metodi immunochimici, molecolari ed enzimatici per la determinazione di contaminanti chimici, di allergeni e di patogeni negli alimenti e sulle superfici; approfondiranno le basi teoriche della sanificazione, le applicazioni dei sistemi più diffusi per condurre un monitoraggio delle condizioni igieniche di ambienti e attrezzature, anche nel contrastare la diffusione del SARS-CoV-2 negli ambienti di produzione; analizzeranno l’importanza delle caratteristiche chimiche dell’acqua per le operazioni di detergenza e sanificazione. Più precisamente gli interventi dei relatori verteranno su: • problemi chimico-fisici-microbiologici derivanti dall’acqua di processo (MARIO STANGA, chimico industriale, esperto in Sanificazione per l’industria alimentare); • l’utilizzo dei dati ottenuti con i metodi di analisi rapida in sede di controllo ufficiale e di contenzioso (GIORGIA ANDREIS, avvocato, Studio Andreis e Associati Avvocati, Torino e Milano); • valutare le condizioni igieniche delle superfici grazie all'utilizzo di kit per i monitoraggi ambientali (relatore in attesa di conferma). Il convegno si rivolge a responsabili produzione di aziende agroalimentari, ristorazione collettiva e GD, responsabili qualità e laboratorio, consulenti, tecnologi alimentari e alla stampa di settore. La partecipazione è gratuita previa iscrizione (photo © industrieblick – stock.adobe.com). • www.in-formare.net/formazione/sicurezza-alimentare-metodi-rapidi-per-il-controllo-di-alimentiacque-e-ambiente-2020

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FIERE

Questo il passaporto per la crescita del food & beverage nel 2020

Osservatorio Tuttofood, si punta su export e digitale

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l peggio è davvero passato? Mentre Asia e Europa si avviano gradualmente verso la “nuova normalità”, le Americhe stanno ancora fronteggiando il picco dell’epidemia e molti Paesi sono impegnati a contenere possibili nuovi focolai. Le conseguenze economiche sono quindi ancora terribilmente incerte. L’agroalimentare ha finora risentito meno di altri settori ma, avverte la FAO nel suo Food Outlook Report di giugno, c’è ancora da lavorare per evitare che l’emergenza sanitaria si trasformi in emergenza alimentare. In questo sarà fondamentale il ruolo del commercio internazionale, sottolinea l’organizzazione: a oggi il Report prevede una crescita del

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2,2% tra 2020 e 2021 per i cereali e moderati incrementi anche per carni, ittico e oli vegetali. Scambi internazionali resilienti e sorprendenti I dati dell’export italiano nel primo trimestre dell’anno, recentemente pubblicati dall’ISTAT, sembrano confermare la resilienza del settore. La pasta italiana, in particolare, dopo il record di 2,6 miliardi di euro in esportazioni nel 2019, a marzo ha fatto registrare un ulteriore balzo nelle vendite all’estero di ben il 21% in volume, con 97.000 tonnellate esportate in più, 72.000 delle quali sui mercati comunitari. Positivo contro ogni aspettativa anche il risultato

del vino, con un +5,1% sui mercati extra-UE nel primo quadrimestre 2020. Gli scambi internazionali saranno, secondo le stime elaborate da FIM, il traino per la crescita del comparto del settore food & beverage che quest’anno subirà, per cause di forza maggiore, un calo del 5%: le esportazioni del settore cresceranno mediamente dell’11% nel biennio 2020-2021 e meglio degli altri comparti faranno distillati, farine, food equipment, dolci, acqua, caffè e latte. I comparti salumi, vino, birra e packaging si presenteranno in linea con la media del settore. I comparti delle conserve e della pasta registreranno la progressione più limitata.

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Intercettare una domanda globale in evoluzione Ma quali sono i fattori davvero importanti per i consumatori internazionali quando acquistano un prodotto? La ricerca What matters to consumers when buying food? condotta a livello globale da DNV GL — tra gli enti di certificazione più attivi nel settore — evidenzia come l’emergenza Covid abbia portato in primo piano i temi della sicurezza alimentare. Importanti anche gli aspetti ambientali e sociali. In particolare, i consumatori sono attenti ad una lista ingredienti chiara e all’origine del prodotto e degli ingredienti, ma anche ad aspetti di sostenibilità come confezioni compostabili o riciclabili, misure per ridurre lo spreco alimentare e rispetto per il benessere animale. Nell’ambito della costante interazione di Tuttofood con tutti gli attori delle filiere, l’Osservatorio ha integrato la comparazione dei dati anche con un’analisi qualitativa basata su interviste ai buyer di una selezione tra le più importanti catene internazionali della GDO. Il quadro che ne emerge indica, tra le altre cose, che l’accelerazione verso l’e-commerce e l’home delivery viene sospinta da richieste sempre più dirette degli utenti stessi. Non sempre le tendenze d’acquisto online e off-line appaiono coerenti, però, e questo pone nuove sfide agli operatori. Uno dei principali impegni che attende la GDO è supportare i consumatori nella loro esigenza sempre più sentita di fare scelte consapevoli. Si stanno quindi moltiplicando le catene che rendono trasparente al consumatore questo aspetto tramite “bollini” di sostenibilità e punteggi che misurano l’impronta ecologica del prodotto. Da tenere sotto osservazione anche il fenomeno della scelta di prodotti legati alla territorialità e alla prossimità, fenomeno di per sé positivo ma che occorre monitorare con attenzione. È probabile, infatti, che con la ripresa dei commerci internazionali questa dinamica si possa attenuare, ma un effetto a

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Cinque trend su cui scommettere 1. Il boom dell’e-commerce è qui per restare. Anche nel food. I piccoli negozi e i locali indipendenti stanno scoprendo il digitale, per un’offerta sempre più diversificata e adatta anche alle richieste di target esigenti, come i Millennials. 2. La sostenibilità non è una moda. Con l’emergenza, anche i più scettici si sono resi conto che adottare un approccio responsabile verso l’ambiente, le persone e le risorse non è greenwashing, ma una necessità per continuare a crescere nel medio-lungo termine. 3. La qualità paga in tutti i sensi. Che i consumatori siano più consapevoli e informati ce lo ripetiamo da tempo, ma i dati lo confermano. E, sorpresa, non sono poi tanto social: contano di più le etichette e una qualità certificata, per cui sono disposti a pagare di più. 4. Costruire la brand awareness. Le ricerche confermano che il consumatore si fida di più delle marche che conosce bene. E anche il White Label può essere “marca” se sostenuto dal prestigio della catena. Investire sulla brand awareness sono soldi ben spesi. 5. Il tuo mercato è il mondo. Sarà soprattutto il commercio internazionale a sostenere la ripresa tra il 2020 e il 2021. Per chi non si è ancora aperto ai mercati esteri, è il momento di farlo, scegliendo partner istituzionali affidabili.

medio-lungo termine sarà che sicuramente i brand dovranno porre ancora più attenzione agli aspetti reputazionali. I mercati su cui puntare Quali Paesi tenere d’occhio nel food & beverage? Il Consumer Spending Tracking di IRI analizza la spesa nella Distribuzione Organizzata in 8 principali mercati avanzati (Italia, Francia, Germania, Spagna, Paesi Bassi, Regno Unito, Stati Uniti e Nuova Zelanda). La più recente edizione (maggio) segnala, per l’alimentare in generale, le crescite più elevate in Nuova Zelanda (+21,2%) e Stati Uniti (20,3%), mentre tra gli inseguitori troviamo Paesi Bassi (12,5%), Spagna (12,2%) e Regno Unito (10,4%). Meno dinamiche ma comunque in partita Germania (8,9%) e Italia (6,4%), mentre fanalino di coda è la Francia (–0,7%). Fra i trend generalizzati più interessanti, continua in tutti Paesi in varia misura la crescita della private label, ovvero i prodotti ad etichetta bianca, con picchi in Francia, nei Paesi Bassi e soprattutto nel Regno Unito: nonostante la crescita sia fino ad oggi negativa (2,4%), bisogna

tenere presente una penetrazione che vale già oltre la metà del totale (53%). Riguardo all’Italia, la priorità sarà diversificare i canali. Il primo della classe del 2020 sarà sicuramente l’e-commerce, con una crescita del Food & Grocery che l’Osservatorio eCommerce B2C, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano e da Netcomm, stima al +55% per un totale di quasi un miliardo di euro in valore. Bene anche i negozi di prossimità.

La fiera internazionale B2B dedicata al settore food & beverage Rho, Fiera Milano 17-20 maggio 2021 www.tuttofood.it

Nota A pagina 120, photo © kucherav – stock.adobe.com

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Appuntamento dal 17 al 20 maggio 2021

Meat-Tech e Tuttofood insieme a Milano

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iliera, food safety e sostenibilità sono gli hot topics della terza edizione di MEAT-TECH 2021, la fiera di IPACK IMA dedicata alle soluzioni di processing e packaging per l’industria delle carni, dei derivati e dei piatti pronti, che si svolgerà a Fiera Milano dal 17 al 20 maggio. Tra le novità, la contemporaneità con Tuttofood, la fiera internazionale B2B dedicata al settore alimentare che offrirà un contesto unico nel panorama europeo integrando l’offerta fieristica delle filiere Meat, Seafood e Dairy, settori storici di Tuttofood, col meglio delle tecnologie e soluzioni di processo e confezionamento di MEAT-TECH. Milano, nel 2021, diventa quindi teatro di un rinnovato modo di fare networking, per ampliare le occasioni di business e creare contaminazioni sempre nuove all’interno del polo

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fieristico logisticamente e tecnologicamente più avanzato d’Italia e tra i più importanti in Europa. In linea con le esigenze dell’industria, MEAT-TECH consolida la sua strategia basata sull’ascolto delle esigenze del mercato: a luglio si è infatti svolto un incontro tra gli espositori della fiera, un momento di importante confronto sulle tendenze del mercato, le aspettative di espositori e clienti, le interessanti prospettive che si prefigurano con le nuove scelte legate al cambio di data di MEAT-TECH.

Grazie a questa forma di coinvolgimento diretto, sono state definite le linee guida per i contenuti dell’edizione 2021 della manifestazione al fine di renderla sempre più aderente alle aspettative di business, in termini di filiere rappresentate, soluzioni tecnologiche e mercati di riferimento. Ad aprire i lavori è intervenuto anche NICOLA LEVONI, presidente di ASS.I.CA. (Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi), partner storico di MEAT-TECH, in rappresentanza di un settore da oltre 8

Milano nel 2021 diventa teatro di un rinnovato modo di fare networking, per ampliare le occasioni di business e creare contaminazioni sempre nuove all’interno del polo fieristico logisticamente e tecnologicamente più avanzato d’Italia e tra i più importanti in Europa

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COMITATO TECNICO SCIENTIFICO MARCA 2020

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MEAT-TECH è la fiera delle tecnologie e dei materiali innovativi per lavorazione, trasformazione e confezionamento di carne, derivati e piatti pronti. Un’offerta espositiva che si completa con spezie, aromi e ingredienti per l’industria alimentare. I numeri dell’edizione 2018: 180+ espositori, 14.363 visitatori e un gradimento dei visitatori pari a 7,3 punti su un massimo di 9.

miliardi di euro. «L’interesse della nostra industria per un progetto di filiera con tecnologia e prodotto finito in esposizione è certamente elevato», ha evidenziato Levoni. «La fattiva collaborazione della nostra associazione con MEAT-TECH ci porterà all’organizzazione di eventi di avvicinamento e di un meeting durante le giornate di manifestazione». MEAT-TECH è realmente l’evento in cui tutta l’industria di riferimento si identifica: oltre ad ASS.I.CA., le associazioni ANIMAASSOFOODTEC e UCIMA sono infatti partner strategici della manifestazione. Il 2019 è stato un anno di riflessione per il comparto italiano delle carni suine e in particolare

per i salumi (produzione a –0,7% in quantità, consumi a –0.6%). Il settore ha dovuto confrontarsi con una domanda debole e una crescita dei prezzi della materia prima. «Guardiamo comunque con ottimismo alla possibilità di dare slancio ad una ripartenza organica dell’intero comparto, fiore all’occhiello del food made in Italy nel mondo, senza dimenticare alcun anello della filiera e mettendo in campo azioni di ampio respiro anche sul fronte export» ha commentato Levoni. «Per il nostro settore sono fondamentali le tecnologie di processo e di confezionamento». Secondo i dati ANIMA ASSOFOODTEC, le tecnologie ed at-

trezzature italiane per prodotti alimentari hanno consolidato nel 2019 un valore della produzione pari a 5,2 miliardi di euro (+0,2% rispetto al 2018), con l’export che ha toccato quota 3,4 miliardi di euro. Come ha sottolineato UCIMA, l’industria delle macchine per packaging vede proprio nel food un settore di destinazione importante, con il 55,9% del fatturato, che nel 2019 ha superato complessivamente gli 8 miliardi di euro con interessanti volumi di crescita dell’export (2,3%; fonte: MECS). La contemporaneità di MEATTECH e Tuttofood assume un significato strategico ancora più importante poiché unisce due settori che hanno dimostrato capacità di adattarsi alle esigenze del canale retail che è in profonda trasformazione e che ha la necessità di assecondare le richieste di sostenibilità e food safety che il consumatore sempre più ricerca. >> Link: ipackima.com/it/MeatTech.html

B/Open, nuove date per la fiera B2B dedicata al biologico e al natural self-care: 23-24 novembre B/Open, la manifestazione di Veronafiere dedicata al food biologico certificato e al natural self-care, è stata riprogrammata per il 23 e 24 novembre 2020, con un taglio esclusivamente B2B. Si tratta di una formula smart di due giorni che affianca alle sezioni espositive diverse opportunità di formazione, confronto e aggiornamento costruite attraverso la collaborazione con i principali enti certificatori italiani, le istituzioni e i maggiori player del settore. «La manifestazione si pone l’obiettivo di dare risposte concrete e offrire opportunità di crescita ad un settore che si sta espandendo su scala mondiale, con un valore del mercato vicino ai 100 miliardi di euro, dei quali quasi 41 miliardi sviluppati in Europa» ha detto FLAVIO INNOCENZI, direttore commerciale di Veronafiere. «La stessa Commissione europea, proprio nei giorni scorsi, ha ufficializzato nella strategia Farm to Fork all’interno del più ampio progetto sul Green Deal l’obiettivo di raggiungere almeno il 25% della superficie agricola utile entro il 2030». La superficie agricola utile dedicata al biologico in Italia nel 2018 ha raggiunto 1,9 milioni di ettari (il 7,7% del totale) e si colloca al terzo posto in UE, alle spalle di Spagna (2,2 milioni di ettari) e Francia (2 milioni di ettari), ma il nostro Paese si colloca al primo posto per numero di operatori, quasi 70.000. La prima edizione di B/Open si terrà in contemporanea a Wine2Wine Exhibition & Forum, appuntamento annuale dedicato al mondo del vino, per creare nuove sinergie tra due settori che condividono un pubblico di operatori specializzati nel comparto dell’agroalimentare e medesimi trend di crescita dei consumi. >> Link: www.b-opentrade.com

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RAZZE

La Grigia ucraina di Andrea Gaddini

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a Podolia, regione dell’Ucraina, repubblica ex-sovietica, è tradizionalmente considerata zona di origine del ceppo podolico o della steppa, un gruppo di bovini grigi dalle lunghe corna, di grande rusticità, con forte attitudine al lavoro, ma con buona produzione di carne. In Ucraina è tuttora presente una razza, la Grigia ucraina (Seraya ukrainskaya o Seroukrainskaya), che manifesta gli stessi caratteri delle altre razze del ceppo podolico, con alcune particolarità, come grandi dimensioni, basso peso alla nascita e ottima qualità delle pelli.

Storia VOLODYMYR KOZYR, accademico delle scienze dell’Ucraina, tra i principali sostenitori delle razze autoctone

scrisse: “Il bestiame Grigio ucraino è un monumento vivente di un’era della cultura preistorica Trypilliana”. Il riferimento è alla cultura preistorica di Cucuteni-Trypillian, attiva tra il 5400 e il 2700 a.C. tra le attuali Ucraina, Moldova e Romania, i cui manufatti ritraggono bovini dalle lunghe corna a lira, oppure edifici o figure antropomorfe ornate con tali corna. Tuttavia, i bovini rappresentati potrebbero essere uri, antenati selvatici dei bovini domestici (NIKITIN et al.). Come tutte le razze zootecniche, la Grigia nasce da un bisogno vitale della popolazione locale, legata al sistema di produzione del luogo e dell’epoca. La razza era infatti usata principalmente come animale da lavoro, resistente, frugale e ben

adattato all’ambiente delle steppe meridionali dell’Ucraina e della Russia. Il bestiame grigio era parte importante della ricchezza del Sič di Zaporižžja, protostato dei cosacchi in Ucraina, attivo dal 1552 al 1775 (CHEGORKA). Questi animali erano essenziali nel Chumakstvo, tradizionale trasporto ucraino su lunghe o lunghissime distanze, su carri tirati da buoi, per il trasporto, soprattutto di sale dalla Crimea, ma anche di pesce, legname e granaglie. Il Chumakstvo fu attivo dal tardo Medioevo a fine ‘800 su percorsi noti come “Via Lattea” ed è molto presente nella cultura, nel linguaggio e nel folklore ucraino. I buoi preferiti erano i Grigi ucraini, in particolare della varietà

Vacca Grigia ucraina (photo © www.fao.org).

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Bessarabiana, verso i quali i carrettieri, i Chumak, avevano un rispetto quasi superstizioso (CHEGORKA). I buoi Grigi erano caratterizzati da grande docilità e resistenza alla fatica, potevano lavorare nei campi per 10-12 ore consecutive oppure trasportare pesi fino a 2000 kg. Questo, insieme alla frugalità, la capacità di nutrirsi di foraggi molto grezzi, ne faceva gli animali ideali per le piccole aziende agricole nell’ambiente della steppa, alle quali fornivano lavoro e carne. Erano adibiti al lavoro dall’età di quattro anni e fino ai quindici, con maggiore produttività tra i sette e i dieci anni. I buoi erano chiamati con nomi caratteristici, e nel dizionario di BORIS GRINCHENKO ne erano menzionati oltre cinquanta, come Bilan (bue bianco), Karaman (bue nero), Buyan (bue capriccioso), Kyslitsia, ossia frutto agro (bue testardo), Khalabuda, ossia capanna (bue con grandi corna). Fin dal 1843, alla prima fiera di Odessa, la razza era presente con molti esemplari (GUZIEV et al., 2009b), e nel 1845 nella regione di Poltava c’erano oltre 782.000 capi. Nello stesso anno i bovini erano 3,5 volte i cavalli, il che dà una misura della loro importanza nell’economia dell’epoca. La situazione cambiò in modo radicale dal 1861, con la scoperta e lo sfruttamento del ferro e del carbone in Ucraina. La nascita di insediamenti industriali, con la concentrazione in centri urbani, determinò una domanda di latte, latticini e carne, e indusse l’incrocio del bestiame locale con razze migliorate. Inoltre, i bovini da lavoro furono sostituiti con cavalli da tiro, più produttivi e dalla carriera più lunga (fino al doppio rispetto a un bue). Lo sviluppo delle ferrovie, legato all’industrializzazione, rese poi progressivamente obsoleto il trasporto su veicoli con trazione animale (CHEGORKA). Già nel 1866 i bovini erano diminuiti di 15.000 unità (ZHITNYAK). Quindi, al contrario di quello che accadde in altri Paesi, le razze rustiche tradizionali da lavoro furono messe in crisi dalla sostituzione

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La Podolia è una regione storico-geografica situata nella zona centrooccidentale e sud-occidentale dell'attuale Ucraina e la Moldavia nord-orientale. Il nome Podolia appare in fonti storiche per la prima volta nel XIV secolo, quando i polacchi iniziarono a spostarsi nella regione.

Oggetti della cultura archeologica di Cucuteni-Trypillian, che fiorì fra il 5500 a.C. e 2750 a.C. circa nella regione del Dnestr-Dnepr dell’attuale Romania, Moldavia e Ucraina. con i cavalli da tiro prima che con i trattori. Nonostante ciò, fino all’inizio del XXI secolo la Grigia ucraina era ancora la razza bovina principale dell’Ucraina. Alcuni allevatori, come il proprietario terriero di Ekaterinoslav STEPAN DEKONSKI, cercarono di mantenere la razza e di propagandarne

le qualità. Nel 1900 scrisse: “Sono uno di quegli allevatori che crede fermamente in tutte le migliori qualità del bestiame ucraino. Io ritengo che questa razza sia universale”. Nel 1908 si contavano 7,5 milioni di capi (FRENCH) e nel 1910-11, da un censimento dei bovini della provincia di Ekaterinoslav, di oltre

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Toro del Mar Nero di razza Ucraina della tenuta del Principe V.S. Kochubey (photo © ferma.org.ua). 787.700 capi bovini quasi il 70% era rappresentato da Grigi. È da notare che nella zona di Ekaterinoslav (oggi Dnipro) si trovavano gli allevamenti del nobile KONSTANTIN BRODSKIJ, che nel 1900 acquistò a Ravenna dei riproduttori di razza Romagnola, dopo averli ammirati su una rivista, probabilmente trovandoli molto simili ai bovini grigi ucraini (si veda di GADDINI A., La Belle Époque della Romagnola, in EUROCARNI n. 8/2018, pag. 107). Il Libro Genealogico fu istituito nel 1909 dalla Società di Kharkiv, su iniziativa della PROF.SSA P.A. PAHOMOVA, e fino al 1918 sono riportati i dati di 1250 bovini adulti (GUZIEV et al., 2009b). La crisi della razza emerge dalle parole dell’esperto allevatore MITROFAN SHCHEPKIN e le sue impressioni sul bestiame Grigio ucraino presentato alla Fiera zootecnica di Kharkiv nel 1913: “Sono stati spazzati via dalla steppa vergine che ha mantenuto la sua copertura dal tempo dei Peceneghi … nel passato” (i Peceneghi erano un popolo nomade delle steppe, invasore dell’Europa alla fine dell’Impero romano). Nel 1916 nel Paese si allevavano

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2 milioni 813.000 capi (CHEGORKA), ma una spinta ulteriore verso la quasi sparizione della razza fu la lunga guerra civile che seguì la Rivoluzione d’Ottobre del 1917, con le conseguenti devastazioni e la carestia. In questa situazione molti tori riproduttori furono abbattuti, in quanto ritenuti improduttivi (ZHYTNIAK). Si introdussero allora tori di altre razze, in modo non programmato, e la produttività scese. Comunque, nel 1922, il bestiame di razza Grigia raggiungeva ancora i 2,6 milioni di capi (ZHYTNIAK) e nel 1923 nacquero aziende per l’allevamento della Grigia, il cui allevamento era pianificato in Ucraina insieme a quello della Rossa della steppa, della Testa bianca ucraina e della Poliska. Ancora nel 1926, M.D. P O TEMKIN scriveva: “La razza Ucraina è un monumento vivente a un’intera epoca dell’allevamento, alle steppe del sud e alla zootecnia: non si può non amarla” (GUZIEV et al., 2009b). Nel 1928 esistevano 1,6 milioni di capi e fu istituito il libro genealogico (FRENCH), nel 1929 il Libro delle mandrie di razza, nel quale si legge che nel 1932 erano iscritti 5.430 capi e

nel 1935 nacque il Libro genealogico di stato (PORTER). Negli anni ‘30 la selezione sulla razza avveniva in tre aziende agricole di stato: Oktyabry (Ottobre) nella regione di Poltava, Liubomirovka e Polivanivka nella regione di Dnipro, oltre al primo allevamento di stato per la razza a Gradizhsky, alimentato da ciò che restava del bestiame delle piccole aziende private (GUZIEV et al., 2009b). Nei decenni seguenti, però, la zootecnia sovietica scelse di importare e allevare razze estere, arrivando anche all’incrocio di assorbimento delle razze locali in esse. Come risultato, se nel 1935 la Grigia ucraina rappresentava ancora circa il 6,4% dei bovini ucraini, prima della Seconda guerra mondiale era solo l’1% del totale e dopo la guerra la popolazione fu ancora dimezzata (ZHYTNIAK). Dal 1948 e fino al 1965 a Polivanivka iniziò l’incrocio con tori della razza da latte Kostroma, seguito dalla PROF.SSA M.F. ROSTOVTSEVA, per migliorare la produzione di latte ma con scarsa attenzione al valore genetico dei tori e dal 1961 al 1965 si incrociò la Grigia con tori di razze da carne Charolaise e Shorthorn, sotto la guida del PROF. I.F. SUL’ZHENKO (GUZIEV et al., 2009b). Nel 1955 restavano oltre 200.000 capi in sei regioni dell’Ucraina, che rappresentavano il 3,7% del numero totale dei bovini in Unione Sovietica, ma già nel 1968 il numero crollò a 17.000 capi, concentrati in molte aziende delle regioni di Dnipro, Kherson e Cherkasy, e nel 1974, nella regione di Dnipro, c’erano meno di 10.000 vacche e giovenche della razza Grigia, oltretutto molte di esse erano incrociate con la Rossa della steppa (ZHYTNIAK). DIMITRIEV et al. nel 1980 contava 1.000 capi, 410 dei quali puri, WEZYK nel 1989 ne riferiva 650, con grave rischio di estinzione, mentre la DAD-IS nel 1990 dava una consistenza di 1.500 capi, di cui 684 vacche (73% in purezza) e 13 tori. KOZYR, nel 1995, contava solo mille capi, e nel 2007 il livello di conservazione della razza era definito dalla FAO come “critico”.

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Vacche di razza Grigia ucraina (photo © www.fao.org). Diffusione e consistenza L’ampia zona di diffusione della razza, specialmente in passato, determinò la presenza di diverse varietà locali (un lavoro di BODÓ et al. ne menziona 14), o comunque di diversi nomi con cui questi bovini erano noti nell’Impero russo e poi in Unione Sovietica, e solo all’inizio del XX secolo il nome è stato unificato in “Grigia ucraina”. La razza era nota come Malorussa, Poltava, Cherkasy (Circassa), Podolsk, Hutsul, Bessarabiana o Chersoneso (oggi Sebastopoli). Nel Caucaso settentrionale era nota come razza Ciornomorska (razza del Mar Nero) o del Kuban, regione del sud della Russia, sul mar Nero. Nell’Ottocento il maggior numero di bovini di razza Grigia era nelle province di Kiev, Kharkov, Ekaterinoslav, Kherson e Tauride. Per FRENCH, i bovini Grigi erano diffusi anche nel Caucaso settentrionale e nelle regioni russe di Stalingrado (oggi Volgograd) e Rostov. Nel 2015 in Ucraina c’erano circa 850 capi, tra i quali 13 tori e

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364 vacche, allevati in tre luoghi: il principale era l’azienda sperimentale Markeyevo di Polivanivka (SICHESLAVSHCHINA), dell’Istituto ucraino di agricoltura della steppa, nella regione di Dnipro, con 266 vacche, che è tuttora l’azienda i cui riproduttori hanno il più alto valore, con costituzione robusta e peculiare qualità del pelo e della pelle e sono sotto continuo controllo. Inoltre, si contavano l’azienda di sussistenza Kyiv-Pechersk Lavra, con 62 vacche, e l’azienda dell’Istituto di zootecnia della steppa nella storica riserva naturale di Askaniya-Nova, nella zona di Kherson, con 36 vacche (KOZIR). Per il 2018, DAD-IS riporta 952 capi in 2 aziende, di cui 12 tori e 352 vacche in produzione. Altri capi sono forse ancora allevati in Russia: infatti, da AskaniyaNova 125 capi furono spostati dal 1982 in Siberia, nella regione di Shebalin, nel centro di allevamento sperimentale dell’Accademia russa delle scienze, sezione siberiana, di Cherga, nella repubblica russa dell’Altai, da cui in seguito alcune

decine di capi hanno costituito un nuovo nucleo, in un’azienda sperimentale della stessa Accademia russa delle scienze a Elbashi, nel distretto di Iskitim, regione di Novosibirsk. Tuttavia, DAD-IS non segnala capi di razza Grigia ucraina nella Federazione russa. Morfologia Gli animali sono alti con scheletro grande e arti lunghi e solidi, articolazioni sviluppate e asciutte, appiombi molto corretti e struttura robusta e proporzionata; gli unghioni hanno un corno molto resistente, l’andatura è vivace. La testa è lunga e stretta, ma può avere profilo camuso ed essere pesante, il ciuffo del sincipite è folto, chiaro e a volte rossiccio, gli occhi sono piccoli, vivaci e a fior di pelle, il profilo è rettilineo. Le corna sono grandi, di colore bianchiccio con punte nere ed escono verso l’esterno dalla nuca, si curvano in avanti e a volte indietro, dando una forma a lira. Il collo non è lungo, con giogaia abbondante, il treno anteriore è molto sviluppato,

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tipico degli animali da lavoro, ma questa morfologia si attenua negli animali selezionati. Il torace è largo e profondo, e costituisce il 53% dell’altezza al garrese, le coste sono ben arcuate o piane, lo sterno è ben sviluppato, il garrese è stretto e prominente, con muscoli ben sviluppati e pelle spessa. Il tronco è allungato e la linea dorsale è dritta e robusta, i lombi sono lunghi, di frequente bassi, con attacco della coda alto. I fianchi sono profondi, l’addome è voluminoso ma non pendulo. I quarti posteriori sono mediamente sviluppati, la coscia è dritta, leggermente flessa, e lo sviluppo insufficiente del posteriore è il difetto principale di molti animali, che riduce il potenziale di produzione carnea (FRENCH). La mammella è arrotondata, di volume ridotto, con quarti anteriori più sviluppati dei posteriori. I capezzoli dei quarti anteriori sono ben diretti, mentre i posteriori sono spesso troppo ravvicinati. La pelle ha pigmentazione scura, protettiva contro i raggi del sole, e sono scuri anche il musello, il margine palpebrale, la maggior parte della lingua, il palato, le mucose anali, la rima vulvare, il fondo dello scroto, unghioni e unghielli, e il nappo della coda, che può portare peli grigi, come i peli del bordo del padiglione auricolare, il cui interno è grigio, grigio scuro, rossogiallastro. Anche gli occhi sono neri ed espressivi, con lunghe ciglia nere. Ci sono depigmentazioni tra le cosce, lo scroto, la mammella, le orecchie e sopra le labbra. Il mantello varia dal grigio argentato al nero, spesso con sfumature scure su collo, torace e ventre e macchie nere o rossastre. È frequente una bordatura bianca del musello (GUZIEV, 2001). I tori sono decisamente più scuri delle vacche. I lati della giogaia sono scuri, spesso neri nei tori, nei quali sono spesso presenti “occhiali”, bianchi su mantello nero o neri su mantello grigio. La linea dorsale in alcuni capi è nera, su mantello chiaro, o chiara su mantello scuro (GUZIEV et al. 2009b).

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I vitelli alla nascita hanno il classico colore fromentino delle razze della steppa, definito localmente come arancio bruciato, e cambiano il pelo a 4-6 mesi, ma possono anche essere grigi alla nascita. Il pelo è fitto, e insieme alla pelle spessa serve per difesa dalle avversità climatiche e biologiche. Dimensioni Il peso medio dei tori è 780 kg (secondo DAD-IS 850 kg), con punte di 1.000 kg per animali in ottime condizioni di alimentazione e fino a 1.400 a 1.500 kg per esemplari alimentati e ingrassati in modo speciale (FRENCH). Il peso medio delle vacche è di 580-600 kg, (DAD-IS-500, FRENCH 400-500) con punte di 700 kg con razione ideale. L’altezza al garrese media è di 137 cm per i tori e 129 cm per le vacche (DAD-IS). Per GUZIEV et al. (2009b), l’altezza al garrese dei tori è di 155-158 cm e per le vacche di 133-135. Secondo FRENCH, nelle vacche della razza la lunghezza del tronco è di 166 cm, la circonferenza toracica di 185 cm, la profondità del torace è di 75 cm e la larghezza di 44-48 cm. La mammella ha lunghezza di 31-36 cm e profondità di 23-29 cm. La lunghezza delle corna varia tra 61

e 92 cm e la distanza tra le punte può raggiungere 213 cm. ZHITNYAK riferisce di un tororecord che, prima della seconda guerra mondiale, raggiunse 1.572 kg di peso vivo, 160 cm di altezza al garrese e 200 di lunghezza del tronco in un’azienda dell’allora distretto di Oposhnia. Il corpo del toro fu anche esposto nel museo delle tradizioni popolari di Poltava ma andò distrutto in un incendio che devastò il museo durante la guerra. Negli ultimi decenni la taglia della razza si è ridotta (GUZIEV et al., 2009a). Dalla fine della guerra la conformazione è cambiata, attenuando i caratteri da lavoro e accentuando quelli da carne, con aumento di circonferenza toracica (12 cm), larghezza (di 6 cm), indice di consistenza (da 118,8 a 124,2) peso (da 132 a 150,3) e indice di estensione da 116,9 a 121,0. Caratteristiche produttive La razza è nota per la resistenza alle malattie e alle condizioni climatiche avverse della steppa, con inverni molto freddi ed estati calde ed aride. I bovini sono longevi, con carriera produttiva media di 13 anni e frugali, riuscendo a sostentarsi al

Toro di razza Grigia ucraina (photo © www.fao.org).

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pascolo anche per tutto l’anno, e a riprendersi con una notevole crescita compensatoria dopo periodi di privazioni di alimento. Come integrazione sono di solito somministrati fieno, paglia, insilato di mais, fieno di erba medica, granella di cereali in miscuglio, mangimi composti e mangimi minerali. Hanno ottima vitalità, longevità e capacità riproduttiva, con forte istinto materno. Le piccole dimensioni del vitello alla nascita (27-29 kg per DIMITRIEV et al.) garantiscono una grande facilità di parto. La razza ha un alto tasso di fertilità: viene riferito che per molti anni il livello dei vitelli nati per 100 vacche è stato intorno al 90-99%. L’età media al primo parto è di 28 mesi e l’interparto medio per DADIS è di 375 giorni e per GUZIEV et al. (2009a) di 367 giorni. La durata media della gravidanza è di 282,5 giorni, la percentuale di vacche fecondate è del 92%, la gemellarità è del 9,7%, il peso delle giovenche alla prima fecondazione è di 370 kg (GUZIEV et al., 2009b). L’attitudine oggi prevalente è la produzione della carne. Localmente la sua qualità, in particolare quella della varietà Cherkasy, è paragonata a quella della Chianina e della Charolaise e nel 1917 fu riconosciuta come miglior razza da carne in Russia. La selezione non era inizialmente orientata alla produzione di carne, alla quale erano destinati solo gli animali a fine carriera e quelli malati o infortunati, ma quando si selezionò per l’attitudine, la razza manifestò un ottimo potenziale per la costruzione di massa muscolare, pur soffrendo la concorrenza delle razze cosmopolite, ma rimanendo più produttive nelle condizioni avverse delle steppe meridionali.

La maturazione è tardiva ma il ritmo di sviluppo e le dimensioni sono determinate in gran parte dai livelli nutritivi e dalle pratiche di allevamento (FRENCH). Questo determina una certa difformità nei dati sulla produzione. La carne è magra con scarsa marezzatura e spessore medio del grasso sottocutaneo ed è molto apprezzata anche per il brodo. La risposta all’ingrasso è buona (ZHYTNIAK). L’accrescimento medio giornaliero all’età di 9-12 mesi è di 766-822 g (DIMITRIEV et al.). Per Guziev et al. (2009a) se i vitelli sono allattati il peso allo svezzamento a sette mesi va da 177 a 215 kg. All’età di 16 mesi i vitelloni arrivano a 439 kg (intervallo 420480), con un consumo di 7,8 unità foraggere per kg di incremento di peso (DIMITRIEV et al.), a 18 mesi pesano 500 kg e a due anni 670 kg (Slow Food). La resa al macello riportata è del 58,7% (DIMITRIEV et al.), del 59-61% (Slow Food) e del 60,1% (Ferma.org), mentre per FRENCH è del 54%, che però può arrivare al 65% con adatta alimentazione. Nel periodo in cui la Grigia era usata per il lavoro, la produzione del latte era destinata ai vitelli e non era oggetto di selezione. Nel 1910 la produzione di latte nelle migliori vaccherie era da 1.100 a 1.500 kg, ma dagli anni ‘60 con la selezione arrivò a valori medi tra 2.900 e 3.200 kg, con tasso di grasso tra 4,23 e 4,53% e proteina tra 3,20 e 3,45%. La produzione record di latte si ottenne nel 1971: la vacca Iriska 5180 produsse 5.365 kg di latte con il 5,02% di grasso (DIMITRIEV et al.). I record di produzione si ottenevano tra la 5a e la 9a lattazione, a testimonianza della longevità produttiva

L’attitudine oggi prevalente della razza Grigia ucraina è la produzione della carne. Localmente la sua qualità, in particolare quella della varietà Cherkasy, è paragonata a quella della Chianina e della Charolaise e nel 1917 fu riconosciuta come miglior razza da carne in Russia

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della razza (GUZIEV et al., 2009a). Dal 1979 le vacche non sono più munte e il latte è destinato all’allattamento. Le vacche, dato il loro carattere mite, accettano di allattare anche altri vitelli, oltre al loro. Va anche considerata la produzione delle pelli, di alta qualità per il loro spessore, l’elasticità e la durezza del cuoio. Per FRENCH le pelli grezze dei vitelloni della Grigia a 12 mesi pesavano 33.4±2.25 kg, erano trattate come pelli pesanti e molto quotate sul mercato locale. Il rapporto tra peso finale e peso grezzo era del 10,21%, la lunghezza della pelle grezza di 208±4.5 cm. Lo spessore all’ultima costola è di 12,3 cm, con notevole variabilità (13,1-14,7%). I vitelloni maschi a 15-16 mesi hanno pelli pesanti, tra 41-42 kg, pari all’8-10% del peso alla macellazione, di buone dimensioni, lunghe 244 cm e larghe 177. Caratteristiche genetiche Nonostante la grande mole di ricerche sulla variabilità fenotipica dei caratteri zootecnici rispetto a geni strutturali, DNA mitocondriale, polimorfismi inter-microsatellite, ecc…, le caratteristiche biologiche della Grigia ucraina e la sua storia genetica e zootecnica non sono ancora state studiate in modo esaustivo e il lavoro scientifico di ricerca è ancora in atto (KOZYR). Gli animali della razza sono portatori di geni rari e la Grigia dovrebbe esistere almeno come potenziale fonte di materiale genetico da usare nel futuro. Studi recenti sul sangue e sul latte hanno scoperto combinazioni genetiche inusuali nel genotipo, come specifici alleli dei gruppi sanguigni del sistema B o rare unità ereditarie di alleli di caseine del latte. Negli eritrociti è stata trovata una variante della proteina fosfoglucomutasi, e nel plasma una nuova proteina, la posttransferrina 3. L’uso di un numero limitato di tori sta però riducendo la variabilità osservata negli antigeni dei gruppi sanguigni. La mandria di Polivanivka comprende cinque gruppi imparentati che variano per produttività e sistemi polimorfici e

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Mandria (photo © www.fao.org). tutte le femmine derivano da due linee genealogiche: Petushka (62%) e Shamrin (38%). I dati indicano anche un rilevante cambiamento della struttura genetica degli animali di AskaniyaNova, a partire dal 1994, forse per aumento della popolazione e per peggioramento delle condizioni ambientali (GLAZKO et al. 2009b). Conservazione Per VOLODYMYR KOZYR la Grigia ha un assortimento di caratteri genetici di grande valore, importante per l’allevamento del futuro, e che sarebbe un grave errore perdere. Il principale scopo di conservazione è mantenere il pool di geni che determinano le caratteristiche specifiche della razza e mantenere la variabilità genetica e i caratteri di fertilità, aspetto esteriore, alto tasso di grasso nel latte, adattabilità alle condizioni ambientali locali. La Stazione statale di allevamento si è aperta nel 1935, insistendo sulla produzione di latte e carne (FRENCH), e negli anni ‘60 è partito un programma di conservazione, e furono creati i gruppi di conserva-

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zione di Polivanivka e di AskaniyaNova e, a partire dal 1982, quelli di Cherga e Elbashi. A Polivanivka e Askaniya-Nova dal 1990 è stato raccolto del seme congelato. Nel 2005, con l’assistenza del WWF, sono stati liberati 17 capi di Grigia ucraina sull’isola Tătaru del Delta del Danubio, in territorio ucraino, per ristabilire il naturale carico di pascolamento ed arrestare il degrado delle foreste adiacenti. L’adattamento degli animali è stato buono e la loro attività di pascolo ha portato ad un arricchimento della composizione in specie della flora e ha garantito un incentivo allo sviluppo e al rinnovamento degli ecosistemi naturali (CHEGORKA). Da notare che il Delta del Danubio è anche vicino alla zona rumena di Pardina, sede di allevamenti della razza Sura de Stepă (si veda di GADDINI A., DASCALU D.L., La Sura de Stepă, in EUROCARNI n. 3/2018, pag. 72) e non lontana dagli allevamenti prossimi al mar Nero della razza bulgara Balgarsko Sivo Govedo (GADDINI A., La Grigia bulgara, in EUROCARNI n. 3/2019, pag. 120). La Grigia ucraina è inserita nell’Arca

del Gusto di Slow Food, nominata da YURI STOLPOVSKY. Un gruppo di scienziati ucraini ha elaborato una proposta per dare alla Grigia ucraina lo status di patrimonio nazionale, per consentirne la conservazione e lo sviluppo (CHEGORKA). Influenza su altre razze La Grigia è stata incrociata con razze da carne e da latte e ha contribuito a formare nuove razze: la Rossa della steppa è nata dall’incrocio con Frisona rossa orientale e Angeln e in seguito con Bruna svizzera e Frisona orientale, la Poliska myasna viene da un complesso incrocio con Simmental, Charolaise, Chianina e razza Inguscia. La razza Lebedin (LEBEDINSKAYA) è nata dall’incrocio con tori Brown Swiss (DIMITRIEV et al.), la Simmental ucraina e il tipo Simmental della steppa sono nate dall’incrocio con tori Simmental. La Testa bianca ucraina (Ukrainska biligolova) nacque tra fine ‘700 e inizio ‘800, probabilmente quando i Mennoniti, seguaci di una chiesa anabattista che si stabilirono in Ucraina, invitati dall’imperatrice Caterina II, portarono con se dei

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capi della razza olandese Testa bianca di Groningen, che furono incrociati con la Grigia ucraina ed altre razze locali. Anche la razza turca estinta Malakan derivava dalla Grigia ucraina. DAD-IS cita un’altra razza podolica oggi estinta, la Oldenburg ucraina o Pezzata nera podolica, razza da latte diffusa in Kamenets-Podolsk, Ucraina occidentale, della quale esisteva il libro genealogico, ottenuta da incrocio di Oldenburg su bestiame locale alla fine dell’Ottocento, poi assorbita dalla Pezzata nera. Andrea Gaddini Statistiche nazionali In Ucraina FAOSTAT conta per il 2018 3.530.800 capi bovini vivi e 2.145.900 capi macellati, per un peso totale di 358.900 tonnellate, con una media di 167,25 kg per carcassa. Bibliografia • BODÓ I. (a cura di), Characterisation of Indigenous and Improved Breeds, Te-Art-Rum Bt., Budapest: 144. • CHEGORKA P. (2019), Siri mogikani ukrainskogo stepu, Den (day.kyiv. ua) 5 aprile 2019. • DMITRIEV N.G., ERNST L.K. (1989), Animal genetic resources of the USSR, FAO, Roma, 90-91 pp. • FRENCH M.H. (1966), European breeds of cattle, prep. in association with JOHANSSON I., JOSHI N.R., MCLAUGHLIN E.A., FAO, Roma. • GLAZKO V.I. (2001), Podolic Cattle in the Ukraine and Eastern Territories, Stočarstvo: 55 (1): 33–60. • GLAZKO V.I., GLAZKO T. (2009a), A short summary of Ukrainian Grey cattle breed, in Characterisation of Indigenous and Improved Breeds, Te-Art-Rum Bt., Budapest: 131140. • GLAZKO V.I., GLAZKO T. (2009b), Studies on Grey Ukrainian Cattle, in Characterisation of Indigenous and Improved Breeds, Te-Art-Rum Bt., Budapest: 270-277. • GUZIEV I.V., CHIRKOVA O.P., PODOBA B.E., GODOVANETS L.V. (2009a), Ukrainian Grey, in BODÓ I. (a cura di) Characterisation of Indigenous and Improved Breeds, Te-Art-

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Rum Bt., Budapest: 141-144. • G UZIEV I.V., C HIRKOVA O.P., PODOBA B.E., GODOVANETS L.V. (2009b), Storia e modernità della razza Grigia ucraina, Atti del convegno “Sulle tracce delle podoliche”, Matera, 9-12 luglio 2009: 47-56. • KOZYR VOLODYMYR S. (2016), Sira ukrainska poroda: natsionalne nadbannia na mezhi zniknennia, Agro-business.com.ua, 12 gennaio 2016. • KUGLER W. (2006), SAVE Focus 2005, Special Edition Balkan Transboundary Occurring Breeds and Breed Groups of the Balkan, SAVE Foundation, Costanza, Germania: 19. • MASON I.L. (1951), World Dictionary of Livestock Breeds, Types and Varieties, Commonwealth Agricultural Bureaux, Slough, Bucks, Inghilterra. • NIKITIN A.G., SOKHATSKY M.P., KOVALIUKH M.M., VIDEIKO M.Y. (2010), Comprehensive Site Chronology and Ancient Mitochondrial DNA Analysis from Verteba Cave – a Trypillian Culture Site of Eneolithic Ukraine, IANSA, Interdisciplinary Archaeological Natural Sciences in ARCHAEOLOGY, 1-2/2010, 9-18. • PORTER V. (2002), Mason’s World Dictionary of Livestock Breeds, Types and Varieties, CABI Publishing, New York, USA. • R EZNIKOVA Y U ., P OLUPAN Y U ., DZHUS P. (2016), Natural Resistance of the Ukrainian Grey Cows, The Animal Biology, 18: 111-116. • ZHITNYAK G. (2016), Stasti seuju ukrainskuiu: slovo v zashitu drevnei korovi, Agrostory, 21/09/16. Sitografia • www.fao.org/dad-is/data/en • www.fao.org/faostat/en/#data • ferma.org.ua/threads/siraukrajinska-poroda-koriv.686 • www.fondazioneslowfood.com/ en/ark-of-taste-slow-food/greyukrainian-cow • w w w. s a v e - f o u n d a t i o n . net/?lang=en • en.wikipedia.org/wiki/Ukrainian_Grey • wwf.panda.org/?106220/Newcalves-signal-hope-for-DanubeDelta


TECNOLOGIE

Il CSB-System offre soluzioni al passo con i tempi

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I

l Covid-19 ha causato nel nostro Paese e in gran parte del mondo una crisi senza precedenti in termini sanitari, economici e sociali, che sta mettendo a dura prova la resistenza di tutti. Tra i tanti interventi a sottolineare la capacità di riemergere, le aziende alimentari stanno ampliando l’utilizzo di soluzioni digitali per comunicare in modo ottimale con il cliente e rispondere alle sue esigenze. Il gruppo CSB-System vuole essere al loro fianco e, oltre alle soluzioni classiche, ha potenziato l’offerta di servizi digitali, come i negozi on-line: questi non solo rendono i processi più efficienti, ma aprono anche nuove opportunità di vendita, perché la possibilità di eseguire degli ordini on-line facilita la comunicazione tra le parti o a volte è addirittura l’unico strumento

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per produttori e commercianti di proporre i loro prodotti. Ma, indipendentemente, dalla situazione attuale, la vendita on-line di prodotti alimentari ha anche comunque un grande potenziale, soprattutto per i prodotti di nicchia o in zone a bassa densità di supermercati. Portale web CSB per gestire gli ordini dei clienti Si pensi ad un gruppo formato da tante filiali e/o negozi che giornalmente eseguono degli ordini di fornitura. Ciò che solitamente avveniva per telefono direttamente o tramite rappresentante, fax ed e-mail è ora completamente on-line con notevoli risparmi di tempo. Il portale web gestito tramite CSBSystem mette a disposizione on-line il registro degli ordini sotto forma di matrice. Tramite un’apposita

maschera, che può essere gestita anche tramite tablet, l’utente può scegliere comodamente tra migliaia di articoli, inserendo quantità desiderata e date di consegna. È presente un’area separata per gli articoli in promozione e può anche essere visualizzata la cronologia degli ordini dei singoli articoli. Nel complesso, l’elevato livello di integrazione dei dati tra il CSB ERP ed il portale assicura che non vi sia interruzione del supporto tra acquisizione ed elaborazione delle informazioni: tutti i dati dell’ordine sono immediatamente disponibili per l’elaborazione nell’impianto di produzione, già nel momento in cui sono inseriti. Si può dire finalmente addio a soluzioni ad isola, doppi inserimenti degli stessi dati, problemi di interfaccia e sincronizzazioni manuali.

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oiché gli acquisti alimentari si effettuano anche “con gli occhi”, è fondamentale per i rivenditori che i loro prodotti a base di carne mantengano un colore rosso vivo. Anche il sapore natural-

mente ha un impatto notevole sulla decisione dei consumatori1. Tuttavia, entrambi questi due parametri possono deteriorarsi nel tempo a causa dei processi di ossidazione. Diversi studi dimostrano che esiste

una relazione tra ossidazione lipidica (TBARS) e deterioramento del colore della carne2,3,4. I prodotti di reazione del processo di ossidazione lipidica (ad es. radicali liberi, perossidi) provocano la formazione

NaturCEASE Dry è la soluzione all-in-one di Kemin per migliorare la shelf-life dei prodotti a base di carne, mantenendone il colore brillante e il sapore fresco, con l’ulteriore vantaggio di controllare gli organismi di deterioramento.

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Figura 1 – Schema delle interconversioni redox della mioglobina sulla superficie della carne

di cattivi odori ed aromi e accelerano il processo di ossidazione dell’ossimioglobina (colore rosso vivo) in metamioglobina (grigiomarrone)1,5,6 (Figura 1). Inoltre, l’ossidazione dell’ossimioglobina promuove anche l’ossidazione lipidica, poiché la reazione produce ioni di ferro5. Oltre al deterioramento chimico, anche i microrganismi influenzano la qualità, la sicurezza e il colore dei prodotti a base di carne7. Una soluzione unica “clean label” che offre molteplici vantaggi NaturCEASE Dry di Kemin è una potente combinazione di aceto tamponato e tre estratti vegetali naturali. NaturCEASE Dry unisce il potere di questi estratti vegetali in combinazione con l’aceto tamponato in polvere, aggiungendo un ulteriore effetto di inibizione microbica alla miscela. La macinatura accelera il deterioramento della qualità della carne, a causa dell’aumento della super ficie di contaminazione microbica2,8. Nell’industria della carne, antiossidanti come l’acido ascorbico (E300) sono usati per ritardare l’ossidazione dei lipidi e, di conseguenza, lo sviluppo di odori sgradevoli, migliorando contemporaneamente la stabilità del

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Figura 2 – Rappresentazione schematica dei campioni confezionati

colore. Per garantire che i prodotti rimangano freschi e sicuri da consumare, gli antimicrobici possono essere usati per inibire la crescita di microrganismi. Gli antimicrobici sintetici comunemente usati sono il lattato di sodio (E325) e l’acetato di sodio (E262(i))9. Tuttavia, i consumatori oggi preferiscono scegliere alimenti che contengano ingredienti naturali (clean label). Alcuni estratti vegetali naturali hanno forti proprietà antiossidanti, mentre altri, come l’estratto di acerola, una fonte naturale di vitamina C, mo-

strano anche eccellenti proprietà stabilizzanti del colore10. L’aceto tamponato in polvere ha inoltre dimostrato di avere un effetto inibitorio microbico. Sia l’aceto tamponato che gli estratti vegetali sono ingredienti etichettati come naturali e sono quindi utili alternative agli additivi sintetici. I produttori di carne lavorata preferiscono usare miscele già pronte di ingredienti, usufruendo di diversi vantaggi: NaturCEASE Dry offre in un’unica miscela un ritardo dell’ossidazione dei lipidi, una

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l’impatto del posizionamento delle luci. Ogni giorno sono state utilizzate confezioni chiuse (Figura 2). La composizione del gas della confezione in atmosfera modificata (MAP) è stata misurata da un analizzatore di gas dello spazio di testa. Prima di aprire la confezione, i due campioni superiori sono stati utilizzati per effettuare l’analisi chimica (TBARS), microbica (conteggio delle unità formanti colonia) e strumentale (pH, colore). I due campioni inferiori sono stati utilizzati per l’analisi sensoriale. La Tabella 1 mostra i trattamenti usati sui campioni di carne di maiale macinata cruda con dosaggi calcolati sul peso totale del prodotto.

Macinato di maiale fresco. Dallo studio effettuato sul macinato di maiale, NaturCEASE Dray è stato il trattamento più efficace nel prevenire la formazione di prodotti di ossidazione secondaria (TBARS). maggiore efficacia di stabilizzazione del colore della carne e una clean label. NaturCEASE Dry è la soluzione unica per la sicurezza alimentare con proprietà antiossidanti. In questo studio, di cui riportiamo i risultati di seguito, sono state confrontate le proprietà stabilizzanti di NaturCEASE Dry in macinato di maiale (nelle percentuali dello 0,3% e dello 0,5%) con un campione macinato di maiale non trattato (negativo), e con campioni trattati con acetato di sodio (0,1 %), con acido ascorbico (0,18 %) e con lattato di sodio (2,0 %) considerati come campioni standard (positivi) di controllo.

Lo studio e il confronto Col macinato di maiale fresco (2325% di grassi) sono state formate mini porzioni da 65,5 g ciascuna. Successivamente, sono stati riempiti vassoi di polipropilene con 4 campioni ognuno per ottenere un rapporto spazio di testa:carne di 2:1 e sono stati confezionati in condizioni di atmosfera modificata (70% O2/30% CO2). I primi 2 giorni dello studio, i campioni sono stati conservati in condizioni refrigerate (4 °C) al buio. I giorni successivi, i campioni sono stati illuminati per 12 ore al giorno. Ogni giorno, i campioni sono stati spostati casualmente sullo scaffale per ridurre al minimo

Protezione del colore Il maiale macinato trattato con acido ascorbico ha mostrato di avere la massima stabilità del colore in quanto il ∆E è stato sempre il più basso durante le prove. La differenza di colore degli altri trattamenti è rimasta relativamente la stessa fino al giorno 14. Da quel momento, il macinato suino non trattato e i campioni trattati con acetato di sodio e lattato di sodio avevano chiaramente un ∆E più alto, rispetto ai campioni trattati con NaturCEASE Dry. Al giorno 16, il macinato non trattato ha mostrato il cambiamento di colore più elevato (Figura 3). Le foto scattate durante lo studio confermano i risultati della valutazione del cambiamento di colore (Tabella 2). Solo ai giorni 14 e 16 si può osservare visivamente una chiara differenza. A queste ultime due misurazioni, il macinato non trattato e i campioni trattati con acetato

Tabella 1 – Trattamenti sui campioni di carne macinata di maiale Trattamenti

Dosaggio Principi attivi

Maiale macinato crudo non trattato N/A

Nessun ingrediente aggiunto

NaturCEASE Dry

0,3%

Combinazione di aceto tamponato in polvere e estratti vegetali naturali

NaturCEASE Dry

0,5%

Combinazione di aceto tamponato in polvere e estratti vegetali naturali

Lattato di sodio (E325)

2,5%

Lattato di sodio

Acetato di sodio (E262(i))

0,1%

Acetato di sodio

Acido Ascorbico (E300)

0,18%

Acido Ascorbico

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Figura 3 – Cambiamento dl colore (ΔE) dei campioni

Figura 4 – Cambiamento di colore (a* valore) dei campioni

Tabella 2 – Aspetto dei campioni

di sodio e lattato di sodio hanno un colore rosa meno brillante rispetto agli altri campioni. Il valore della saturazione del rosso (Figura 4) conferma che i campioni trattati con acido ascorbico sono stati più stabili, seguiti dai campioni trattati con NaturCEASE Dry, sodio lattato e sodio acetato e il macinato non trattato. Protezione della freschezza I TBARS (i prodotti dell’ossidazione lipidica) dei campioni trattati con NaturCEASE Dry sono rimasti stabili (Figura 5). Tutti gli altri campioni trattati hanno avuto un aumento di TBARS. I risultati indicano che NaturCEASE Dry è stata la soluzione più performante per quanto riguarda la protezione della carne macinata dall’ossidazione dei lipidi. Protezione della sicurezza I conteggi totali delle Unità Formanti Colonie (UFC) di tutti i campioni trattati sono aumentati durante lo studio (Figura 6). Il macinato non trattato e il campione trattato con acido ascorbico hanno mostrato la stabilità microbica più bassa in quanto hanno superato il limite microbico al giorno 7; a seguire, il macinato trattato con acetato di sodio e lattato di sodio (giorno 14), NaturCEASE Dry dosato allo 0,3% (giorno 16) e NaturCEASE Dry dosato allo 0,5%. Il dosaggio più alto di NaturCEASE Dry è stato il trattamento più performante in quanto non ha superato il limite microbico (6,7 Log10 UFC/g)14 durante la durata totale dello studio. I conteggi totali delle Unità Formanti Colonie (UFC) del macinato non trattato e del campione trattato con acido ascorbico non sono segnati al giorno 16 poiché le misurazioni hanno superato il massimo di rilevamento già al giorno 14. Ciò significa che i valori al giorno 14 erano in pratica superiori a quelli rappresentati nel grafico. Protezione del sapore Per salvaguardare il panel sensoriale, sono stati inclusi nelle analisi solo i campioni trattati al di sotto del limite microbico. Quindi durante

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lo studio il numero di campioni è diminuito e la linea del “punteggio massimo” non è stata continuamente pari a 6 (Figure 7 e 8). In generale, tutti i campioni trattati sono rimasti accettabili (punteggio > 5) durante la prova, ad eccezione dei campioni trattati con lattato di sodio al giorno 1. I campioni trattati con lattato di sodio hanno mostrato generalmente i punteggi più bassi, a causa di un sapore acido. Ciò ha portato a un punteggio < 5 al giorno 1. Durante lo studio per nessuno dei campioni trattati è stato notato né un sapore rancido né un odore sgradevole poiché i campioni erano già inammissibili prima che i TBARS raggiungessero valori critici (>0,5 ppm)16 e quindi sono stati esclusi dal test sensoriale. I risultati della Classifica preferenziale (Figura 8) sono stati in linea con i livelli di gradimento (Figura 7). Il campione trattato con lattato di sodio ha ottenuto in generale i punteggi più bassi. La soluzione unica NaturCEASE Dry ha avuto un effetto positivo sulle proprietà sensoriali del macinato. Il dosaggio più alto ha mostrato sempre livelli di gradimento più alti rispetto al dosaggio più basso ed ha ottenuto in generale migliori punteggi. Conclusione In conclusione, NaturCEASE Dry (usato sui campioni nelle due percentuali dello 0,3% e dello 0,5%) ha sovraperformato in vari parametri i campioni positivi testati (campioni trattati con acetato di sodio, lattato di sodio e acido ascorbico) e il campione negativo (non trattato). Sul macinato di maiale, NaturCEASE Dry è stato il trattamento più efficace nel prevenire la formazione di prodotti di ossidazione secondaria (TBARS). Il sapore del macinato si è conservato per tutta la durata dello studio (16 giorni a 4 °C). I trattamenti con NaturCEASE Dry hanno stabilizzato il deterioramento del colore della carne macinata. Il campione non trattato (negativo) e i campioni trattati con acetato di sodio e lattato di sodio hanno mostrato la minor stabilità del colore.

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Figura 5 – TBARS dei campioni

Figura 6 – Unità Formanti Colonia dei campioni

Figura 7– Livello di gradimento/accettazione dei campioni

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Figura 8 – Classifica di preferenza dei campioni

Inoltre, NaturCEASE Dry ha esteso la durata di conservazione del macinato suino con 9 giorni senza sviluppo microbico (da 7 a ≥ 16 giorni), superando i trattamenti con l’acido ascorbico (7 giorni), l’acetato di sodio (14 giorni) e il lattato di sodio (14 giorni). Lo studio dimostra chiaramente che NaturCEASE Dry, a differenza di altri ingredienti testati, è una miscela combinata che controlla tutti i parametri essenziali per mantenere fresco e sicuro il macinato di maiale a livello di ossidazione, sapore, colore e deterioramento microbico. Note 1. VERBEKE W., DE SMET S., VACKIER I., VAN OCCKEL M.J., WARNANTS N., VAN KENHOVE P. (2005), Ruolo degli spunti di ricerca intrinseci nella formazione delle preferenze dei consumatori e nella scelta del macinato di maiale, SCIENZA DELLA CARNE, 69, 343-354. 2. G RAY J.I., G OMAA E.A., B UC KLEY D.J. (1996), Qualità ossidativa e durata di conservazione delle carni, SCIENZA DELLA CARNE, 43, 111-123 3. CHAIJAN M. (2008), Recensione: Ossidazioni lipidiche e mioglobiniche negli alimenti muscolari, in Rivista Songklanakarin di scienza e tecnologia, 30 (1), 47-53. 4. RENERRE M. (1990), Recensione: fattori coinvolti nella decolorazione della carne di man-

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5.

6.

7.

8.

9.

zo, INTERNATIONAL JOURNAL OF FOOD SCIENCE AND TECHNOLOGY, 25: 613-630. GRUNWALD E.W., RICHARDS M. P. (2006), Gli studi con varianti di mioglobina indicano che l’emina rilasciata è il promotore primario dell’ossidazione dei lipidi nel muscolo del pesce lavato, JOURNAL OF AGRICULTURAL AND FOOD CHEMISTRY, 54: 4452-4460. YIN M.C., FAUSTMAN C. (1993), Influenza della temperatura, del pH e della composizione dei fosfolipidi sulla stabilità della mioglobina e del fosfolipide: un modello di liposoma, JOURNAL OF AGRICULTURAL AND FOOD CHEMISTRY, 41: 853-857. SATTERLEE L.D., HANSMEYER W. (1974), Il ruolo della luce e dei batteri superficiali nella stabilità del colore della carne bovina preconfezionata, JOURNAL OF FOOD SCIENCE, 39: 305-308. FAUSTMAN C., SUN Q., MANCINI R., SUMAN S.P. (2010), Interazioni di mioglobina e ossidazione li pidica: basi meccanicistiche e controllo, SCIENZA DELLA CARNE, 86: 86-94. JENSEN J.M., ROBBINS K.L., RYAN K.J., HOMCO-RYAN C., MCKEITH F.K., BREWER M.S. (2003), Effetti dei sali lattici e dell’acido acetico sulle caratteristiche di qualità del maiale migliorato durante l’esposizione al supermercato, SCIENZA DELLA CARNE, 63: 501–508.

10. VENDRAMINI A.L., TRUGO L.C. (2000), Composizione chimica del frutto di acerola (Malpighia punicifolia L.) in tre fasi di maturità, CHIMICA ALIMENTARE, 71: 195-198. 11. OGDEN S.K., TAYLOR A.J., DODD C.E.R., GUERRERO I., BUENDIA H.E., GALLARDO F. (1996), L’effetto della combinazione di acido propionico e acido ascorbico sulla conservazione e sulla qualità di macinato suino fresco, LEBENSMITTEL-WEISSENCHAFT UND-TECHNOLOGIE, 29: 227-233. 12. TUKAHARA K., YAMAMOTO Y. (1983), Studi cinetici sulla riduzione della metamioglobina da parte dell’acido ascorbico, THE JOURNAL OF BIOCHEMISTRY, 93: 15-22. 13. BREWER S. (2011), Preservare la qualità del manzo con antiossidanti naturali. Ricerca dei fattori di miglioramento sul foglio bianco nel manzo, ricerca e gestione della conoscenza, CATTLEMEN’S BEEF BOARD e NATIONAL CATTLEMEN’S BEEF ASSOCIATION, New York, USA. 14. COMMISSIONE EUROPEA (2005), Regolamento della Commissione (EC) N. 2073/2005 del 15 Novembre sui criteri microbiologici per i prodotti alimentari, Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea, L338, 1-26 pp. 15. OLIVERA D.F., BAMBICHA R., LAPORTE G., CÁRDENAS F.C., MESTORINO N. (2013), Cinetica dei cambiamenti di colore e consistenza del manzo durante la conservazione, JOURNAL OF FOOD SCIENCE AND TECHNOLOGY, 50 (4), 821-825 pp. 16. TARLADGIS, B.G., WATTS B.M., YOUNATHAN N.T., DUGAN L. (1960), Un metodo di distillazione per la determinazione quantitativa della malondialdeide negli alimenti rancidi, JOURNAL OF THE AMERICAN OIL CHEMISTS SOCIETY, 37, 4448 pp.

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STORIA E CULTURA

Kebab, nulla di più nuovo dell’antico di Giovanni Ballarini

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ira su’ ceppi accesi / lo spiedo scoppiettando scrive GIOSUÈ CARDUCCI in San Martino. Il poeta non precisa però che continuamente bisogna seguirne la cottura, regolando il fuoco e la sua vicinanza agli spiedi, inumidendo le carni con olio o grasso aromatizzato affinché non divengano troppo secche. Anche per questo motivo il rosticciere era una delle più importanti figure dell’alta gastronomia medievale e rinascimentale, quando si usavano spiedi posti orizzontalmente di fronte al fuoco. Da sempre i popoli mangiano carni arrostite. Nella Fertile Mezzaluna, nel X secolo circa dell’era corrente, i Persiani usano in uno

scritto medico la parola kebab per indicare la grigliatura, ma soltanto in tempi recenti, probabilmente nel XIX secolo, a Bursa, Turchia, avviene la rivoluzione dello spiedo verticale. Strisce di carne di animali diversi (agnello, montone, manzo, pollo o tacchino), dopo essere state marinate con latte acido o yogurt, sono infilzate su uno spiedo verticale alla cui sommità sono poste strisce di grasso (anche burro) e verdure aromatiche, formando un grosso cilindro rastremato verso il basso e che di solito pesa dai 7 ai 30 kg, ma può pesare anche molto di più. Lo spiedo in posizione verticale è ruotato davanti ad una fonte di

calore, un tempo braci sistemate in griglie disposte verticalmente intorno allo spiedo e oggi sostituite da resistenze elettriche o da un bruciatore a gas. Per il taglio si procede dall’esterno del cilindro di carne — man mano che questo cuoce —, verso l’interno, con un movimento che va dal basso verso l’alto. Un tempo il taglio era compiuto a mano con un coltello affilatissimo, mentre ora si usa anche una macchinetta elettrica con lama rotante che scorre sul cilindro asportando fettine sottili. La carne si serve all’interno di panini e piadine o viene collocata su un piatto con condimenti tradi-

Il döner kebab non è il primo alimento che ci viene dalla scienza e dalla cucina del vicino oriente: dalla cultura araba abbiamo ricevuto l’alcole e il caffè che sono divenuti mondiali, come sta avvenendo ora per il döner kebab e come d’altra parte era avvenuto per la pizza italiana (photo © Patryk Kosmider – stock.adobe.com).

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zionali e non, come avviene ora in Europa e in America dove si usano salse come la maionese o il ketchup. Kebabbaro, parola italiana Il kebab nella sua forma contemporanea (döner kebab, grigliata verticale, o semplicemente döner) compare in Germania, dove attualmente ci sono circa 16.000 kebaberie che ogni giorno ne servono tre milioni di porzioni. In Italia il döner kebab ha cominciato a diffondersi prima nel Nord, in particolare Milano e Torino, ancora oggi le città con il maggior numero di kebabbari. Per l’Accademia Italiana della Crusca kebabbaro — il “commerciante che prepara e vende kebab” (DEVOTOOLI, 2018) — è a tutti gli effetti una parola italiana, la cui forma corretta prevede l’intensificazione della bilabiale [b] solo prima del suffisso -aro; una parola che non si può considerare un regionalismo appartenente al romanesco, perché probabilmente nasce nelle regioni settentrionali dove compare per la prima volta e la sua diffusione su tutto il territorio nazionale ha disperso le tracce della sua origine. La ricerca sul web nelle pagine in lingua italiana dimostra che la nascita di kebabbaro è anteriore a quella attestata sui dizionari contemporanei: comincerebbe infatti a circolare diffusamente intorno al 2003-4, ma viene usata per la prima volta nel 2001, in una conversazione all’interno di un forum. Il suo significato è tanto quello di venditore di kebab quanto quello di locale pubblico in cui si vende kebab. Nel nostro Paese il mercato del kebab è in fortissima espansione e frammentato in una miriade di aziende personali, anche se esiste qualche esperienza di franchising. La crescente fortuna d’impiego di kebabbaro allude a questo successo crescente. Successo del kebab L’indubbio successo del döner kebab risiede in una felice combinazione di diverse condizioni. Innanzitutto si possono di usare carni differenti, compresi tagli di non grande pregio gastronomico, e una quasi infinita

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varietà d’aromatizzazioni adatte ai diversi gusti, abitudini e culture. Altrettanto importante è la cottura in verticale di un assemblaggio di carni disposte in modo da formare un cilindro di ragguardevoli dimensioni. Diversamente dalla cottura di piccoli pezzi di carne in spiedi orizzontali, infatti, come gli spiedini o gli arrosticini abruzzesi, che facilmente tendono a essere asciutti se non secchi e perdono gli aromi dei condimenti, nella cottura in spiedo verticale il grasso posto in cima al cilindro coi suoi aromi cola lungo e soprattutto entro il cilindro stesso. Inoltre il calore, che si diffonde dolcemente all’interno del cilindro carneo, dove non vi è aria e quindi ossigeno, effettua una cottura prolungata a bassa temperatura, come quella scoperta dalla cucina postmoderna dei grandi cuochi. Alla carne cotta a bassa temperatura è infine aggiunto un minimo di grigliatura quando è tagliata nella parte superficiale del cilindro a diretto contatto con la radiazione delle braci o di una similare fonte di calore. Sensibilità e sicurezza Cuoco si diventa, rosticciere si nasce è un aforisma di JEAN ANTHELME BRILLAT-SAVARIN, padre della moderna gastronomia. Seguendo l’antropologo e filosofo francese CLAUDE LÉVISTRAUSS, invece, l’arrosto avrebbe preceduto altri sistemi di cottura, ma si deve anche pensare che per essere eccelsi rosticcieri è necessario avere un’innata predisposizione che può essere sì raffinata, ma non appresa con l’insegnamento o l’esperienza della cucina. La rosticceria è infatti una difficile arte che richiede una speciale e innata sensibilità, come testimonia la raffinata tecnologia del döner kebab alla base del suo successo e della sua rapida diffusione in tutti i Paesi del mondo, anche adeguandosi ai gusti locali. Per questo l’Unione Europea si sta occupando della sua sicurezza, considerando l’uso di carni congelate e additivi (acido fosforico, fosfati e polifosfati). Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma




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