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Macellerie d’Italia L’epopea di Egidio Brotto Gian Omar Bison
Il mercato nazionale della carne bovina è probabile debba dividersi in due scenari, con due tipologie di consumatori, ovvero quelli che la crisi fi nanziaria spingerà verso la convenienza di prezzo e quelli che — sempre più attenti e consapevoli ai cibi che consumano e ai problemi etici ed ambientali — sceglieranno prodotti in grado di garantire la qualità, il salutismo e la territorialità. L’evolversi della fi liera italiana delle carni bovine dovrà intercettare e soddisfare proprio questa seconda tipologia di consumatore, diventando una fi liera più “identitaria”. Andrà rivalutato il consumo di un prodotto che sta gradualmente perdendo appeal proprio per la scarsa riconoscibilità che ne comporta spesso un allineamento sulla scarsa qualità (photo © Pixel-Shot – stock.adobe.com).
53,00 €/capo, si può facilmente dedurre che la redditività in questi allevamenti di eccellenza sia stata nel complesso negativa a partire dal mese di marzo con l’inizio della crisi sanitaria. A fronte di una incomprimibilità dei costi, non resta che sperare in una ripresa dei prezzi di vendita. La ripartenza delle attività di ristorazione e dei fl ussi turistici potrebbero rendere di nuovo tonico il mercato dei prossimi mesi.
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Le prospettive
Nel primo trimestre del 2021 l’indice di clima di fi ducia delle imprese di prima lavorazione delle carni rosse è ulteriormente peggiorato (–20,4), facendo segnare una contrazione di quasi 15 punti sul quarto trimestre 2020 e tornando a valori prossimi a quelli del I trimestre 2020, quando l’avvento della pandemia aveva portato il sentiment degli imprenditori ai livelli più pessimistici del quinquennio. Gli allevatori hanno mostrato pessimismo anche nel primo trimestre 2021 perché la fi ammata di ritorno dei contagi nel periodo invernale ha costretto ad un prolungamento delle misure restrittive che hanno di fatto limitato gli entusiasmi per l’auspicato ritorno alla normalità e la conseguente ripresa del mercato.
Il livello dell’indice a inizio 2021 resta tra i più bassi degli ultimi 5 anni, solo nel 2016 aveva toccato livelli simili quando l’impatto mediatico del comunicato dell’OMS sulle carni rosse ne aveva provocato un improvviso crollo dei consumi. Ma l’indice è riferito al primo trimestre, quando la situazione ancora non era chiara e l’aumento dei contagi destava preoccupazione sui tempi di ritorno alla normalità, già a partire dalla primavera la situazione migliora e l’aumento degli acquisti di ristalli è un primo segnale per un’inversione di tendenza per il prossimo trimestre. Rispetto allo scorso anno la situazione è sicuramente migliore grazie alla campagna vaccinale in corso a al rallentamento delle restrizioni in vista dell’estate che sta avvenendo con anticipo rispetto al 2020. Questo fa auspicare un aumento delle richieste da parte della ristorazione superiore rispetto a quanto avvenuto lo scorso anno. Va sottolineato che la fi liera della carne bovina nazionale ha reagito bene sin da subito all’emergenza, proseguendo regolarmente l’attività senza blocchi sanitari diretti, riorganizzando i fl ussi nei diversi canali distributivi e garantendo la presenza di merce anche nei periodi più diffi cili. I livelli produttivi nazionali sono riusciti a rimanere inalterati rispetto alle normali annate,
malgrado il 2020 sia stato un anno del tutto anomalo. Un problema che persiste e si acuisce è però quello della redditività. I prezzi nazionali in allevamento hanno mostrato una discreta tenuta nella prima fase, ma hanno avuto un cedimento importante nella seconda metà dell’anno quando la pressione delle carni estere si sommata ad un lieve calo della domanda domestica. Di contro, i costi di produzione elevati e incomprimibili non permettono al prodotto nazionale di essere competitivo sul prezzo con quello estero e la dipendenza dall’estero sia per i ristalli che per il soddisfacimento della domanda interna (l’Italia produce solo il 55% di quel che consuma) non permette di gestire la volatilità degli stessi.
Tra i problemi che interesseranno il comparto e che causeranno un permanere dell’incertezza ci sono le dinamiche al rialzo dei prezzi dei mangimi e la crescente attenzione dei governi sulle proteine animali e sulla loro sostenibilità. Proprio a tal proposito ci potrebbe essere una crescita dei costi, sia per gli investimenti infrastrutturali, che per il confronto con i più stringenti regolamenti governativi.
Andrà data “un’identità” ad un prodotto che sta gradualmente perdendo appeal proprio per la scarsa riconoscibilità
Il mercato nazionale della carne bovina è probabile debba dividersi in due scenari, con due tipologie di consumatori, ovvero quelli che la crisi fi nanziaria spingerà verso la convenienza di prezzo, e quelli che — sempre più attenti e consapevoli ai cibi che consumano e ai problemi etici ed ambientali — sceglieranno prodotti in grado di garantire la qualità, il salutismo e la territorialità. L’evolversi della fi liera italiana delle carni bovine dovrà intercettare e soddisfare proprio questa seconda tipologia di consumatore, diventando una fi liera più “identitaria”, potenziando e valorizzando elementi di “valore aggiunto”, “qualità organolettica”, “modalità di frollatura”, “riconoscimenti territoriali”, “marchi di garanzia del rispetto animale e ambientale”, valori etici e sociali, persino i miglioramenti che le nuove tecnologie possono aver apportato al prodotto.
Andrà rivalutato il consumo di un prodotto che sta gradualmente perdendo appeal proprio per la scarsa riconoscibilità che ne comporta spesso un allineamento sulla scarsa qualità.
La fi liera della carne bovina nazionale è una risorsa strategica per il Paese e servirà dunque a completamento delle strategie produttive anche una politica di settore a lungo termine che cerchi di migliorare e rendere forti i rapporti tra produzione e distribuzione. Fonte: Ismea – Direzione Servizi per lo Sviluppo Rurale
Responsabile: Michele Di Domenico Redazione a cura di:
Paola Parmigiani
www.ismeamercati.it
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A destra: dall’azienda agricola Brotto provengono i cereali e il fi eno necessari ad alimentare i bovini allevati secondo disciplinari su base volontaria come quello della “Scottona ai cereali” approvato dalla Regione Veneto. In basso: Egidio Brotto.
Egidio Brotto, 81 anni, rappresenta il prototipo del self made man, il modello di veneto tutto lavoro, coraggio e sacrifi cio e il suo è il tipico sogno italiano realizzato nel Belpaese del boom economico. L’epopea di Egidio è iniziata in bicicletta nel 1952 e continua tutt’ora. In mezzo, l’esordio da garzone a 12 anni, il lavoro in una macelleria di Milano con due bistecche al giorno e pernotto nel sottoscala, la prima bottega di proprietà. E così avanti, sempre avanti fi no ad oggi, dove i Brotto sono una realtà importante e consolidata nel Vicentino: 32 dipendenti impiegati tra le due macellerie con gastronomia, il laboratorio per salumi e insaccati, la cucina, l’azienda agri-
La produzione di insaccati della famiglia Brotto comprende crudi stagionati (salami, sopresse, pancette, bondiole), salsiccia e cotechini.
cola dove ristallano mediamente 200 bovini e dove hanno anche un macello che lavora non solo per loro. «Il mio sogno — ricorda Egidio — è sempre stato quello di avviare un negozio di alimentari. A 12 anni il mio primo impiego in una bottega a Bassano del Grappa (VI). Venti chilometri andare e venti tornare, non sono mai arrivato dopo le 6:30. La stanchezza? Mai provato stanchezza nella vita. Mai!».
All’epoca la spesa si consegnava spesso a casa. E ancora pedalare. «Nel 1956 ebbi un diverbio col datore di lavoro e andai a Milano da uno zio che mi promise mari e monti ma, di lavoro, neanche il miraggio. Battemmo a tappeto azienda per azienda fi no a Cantù dove avevo una cugina che lavorava nel macello Franchini, una realtà enorme che impiegava settecento persone, quasi tutti veneti e friulani. Gente che parlava poco e lavorava molto. Dopo due giorni ci lavoravo anch’io.
Una sera, terminate le ore di lavoro, con un collega abruzzese ci spedirono a scaricare la carne in una macelleria di Saronno. Terminammo ad ora tarda il lavoro e, saputo che ci aspettavano quaranta chilometri per rientrare a casa, il titolare ci indicò il sottoscala con due sacchi. Ci mettemmo a dormire e rimanemmo lì a lavorare un anno: una bistecca a pranzo e una a cena che cucinavamo nello stesso fornetto elettrico che usavamo per riscaldarci, acqua di rubinetto e avanti».
Dopo un anno il rientro a casa. «Volevo fare il banconiere, il salumiere, non solo il macellaio».
Neanche il tempo di salutare i famigliari che alle otto di mattina del giorno seguente riprende a lavorare dal vecchio titolare che gli chiede di fare il direttore. Diciassette anni e diciassette dipendenti sotto la sua guida. «Nonostante lo stipendio molto alto dopo un po’ chiesi di andarmene perché non imparavo niente e così il giorno seguente trovai impiego presso un’altra bottega dove, tra alti e bassi, sono rimasto cinque anni fi no a quando mi chiamarono per il servizio di leva. Rientrato nel 1963, ho aperto la mia prima macelleria a Cassola (VI), che ancora è lì e funziona, e poi negli anni ne ho aperta un’altra a Romano D’Ezzelino».
Nel frattempo, maturata l’idea di avere in mano la fi liera completa, dai campi all’allevamento al bancone, «ho acquistato dei terreni a Cassola sui quali ho costruito casa e stalla dove poter ingrassare bovini da carne. I miei bovini. Poi è arrivato il macello aziendale e l’allargamento della macelleria di Cassola, che è diventata anche gastronomia, il laboratorio per i salumi (questi vengono prodotti e venduti anche conto terzi), le cucine».
E tutto questo con a capo sempre Egidio insieme a due (STEFANIA e ANNAROSA) delle quattro figlie coinvolte nell’impresa di famiglia diventata una Srl e una Sas (l’azienda agricola) seguite da MASSIMO FAGAN, amministratore e genero di Egidio.
Ma andiamo con ordine. L’allevamento che fa capo alla proprietà è funzionalmente connesso all’azienda agricola e vicino allo stabilimento centrale, dove i bovini vengono conferiti per la macellazione. Gli animali allevati nella fattoria sono alimentati a cereali, erba medica e fi eno provenienti dai campi di proprietà. E allevati come da disciplinare di produzione della “Scottona ai cereali” approvato dalla Regione Veneto, che certifi ca la produzione di carne a “Qualità Verifi cata” (certifi cazione volontaria). «Siamo soci UNICARVE — eviden-