Il Pesce 1-2016

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IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO

PERIODICO DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67

N. 1/2016



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Anno XXXIII N. 1 • Febbraio 2016

IL PESCE «Da’ un pesce a un uomo ed egli avrà un pasto; insegnagli ad allevarlo e avrà il nutrimento per tutta la vita»

Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

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Direzione – Redazione Amministrazione Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.ilpesce-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 741 del 30-12-1983

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi Fotografia Luigi Credi

Tariffe abbonamenti Annuale (6 numeri): Italia € 40,00 Estero € 50,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910

Comitato di redazione Franco Ferrari – Manrico Murzi – Clara Scaglioni Consulenti scientifici Dr. Gaetano Arcarese – Prof. Giorgio Giorgetti – Prof. Ettore Grimaldi – Dr. Lucia Liddo – Prof. Febo Lumare – Prof. Graziella Mura – Dr. Francesco Paesanti – Dr. G.B. Palmegiano – Prof. Bianca Maria Poli – Dr. Gino Ravagnan – Prof. Remigio Rossi – Dr. Marco Saroglia – Dr. Aldo Tasselli Collaboratori scientifici Prof. Corrado Barberis – Dr. Alessandro De Maddalena – Dr. Maurizio Dell’Agnello – Prof. Fabrizio Ferrari – Dr. Claudio Ghittino – Dr. Gianluigi Negroni – Dr. Paola Pierelli – Prof. Guido Razzoli – Prof. Aldo Schiavo – Prof. Cosimo Sebastio – Dr. Antonio Trincanato Collaboratori scientifici esteri Prof. R. Billard (Francia) – Dr. S. Sarig (Israele) Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CS5.5. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CS5.1.

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IL PESCE

Anno XXXIII N. 1 • Febbraio 2016

In questo numero: Immagini

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Calendario fiere

Fiere, mostre, convegni 2016

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Legislazione

Dichiarazione nutrizionale: i colpi di coda del Regolamento UE 1169 Guido Guidi

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Attualità

Regolamento 1380/2013 sull’obbligo di sbarco: soluzione finale o fine della pesca dei piccoli pelagici in Adriatico?

Alessandro Lucchetti 18

Il pesce in rete

Social fish

Elena Benedetti

24

Comunichiamo

Facebook e la Vanità

Chiara Russotto

26

Acquacoltura

Acquacoltura e ambiente

Dario Cianci

28

STEF Italia e La Nef, a ciascuno il suo mestiere

Elena Benedetti

33

Consorzio Sàpere, una realtà lagunare

Luca Del Grammastro 38 Renato Naccari

Aziende

Pesca

FAD: habitat artificiali per pesci in aiuto delle comunità costiere

Mercati

Il tonno aspetta ancora la ripresa

Roberto Villa

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Il mercato del salmone nel 2015

Roberto Villa

46

Osservatorio internazionale Specific Timor-Leste aquaculture vacated areas: practical proposal

Gianluigi Negroni

50

Prodotti tipici

La vita è baccalà

Riccardo Lagorio

60

Il pesce in tavola

Le alici, un patrimonio per la salute e per la tavola

Nunzia Manicardi

64

Sapore di spiaggia: menu alle vongole

Giorgia Fieni

72

Taverna del Borgo, lo stocco di Mammola protagonista

Massimiliano Rella

76

L’Oseleta: il viaggio è servito

Riccardo Lagorio

78

Peccati di gola nella chiesa del pesce di Göteborg

Massimiliano Rella

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Sapore di mare

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Tendenze

Home restaurant e sicurezza alimentare

Marco Cappelli Mino Orlandi

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Convegni

Sostenibilità e innovazione per il rilancio del settore pesca

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Rassegne

Festival Triveneto del Baccalà, and the winner is…

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Fiere

Tengono i prodotti a marca, crescono premium e bio

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Indagini

Confezionamento in atmosfera protettiva

Luciano Boffo 102 Patrizia Buratti Irene Francescon Valentina Biscalchin

La pagina scientifica

Anisakis, parassitosi nei pesci

Giuseppe Arcangeli Claudio Mantovani

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Gli straordinari poteri delle cozze

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Tecnologie

I nuovi concept di packaging per il settore ittico aprono grandi orizzonti

126

Sicurezza alimentare

MIPAAF: nel 2015 oltre 100.000 controlli e 81 milioni di sequestri

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Quanto cuocere le vongole per eliminare il rischio di epatite A?

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Storia e cultura

Il polpo mitizzato

Maurizio Dell’Agnello 134

Libri

Biotossine marine

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Marketing del gusto: il cibo non ammette improvvisazione

140

Around the world, nutrire il pianeta in un libro fotografico

142

Ecco perché mangi pesce sicuro

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In copertina: impianto di molluschicoltura.

All articles are available in English in abstract format at our website www.ilpesce-online.com 8

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IMMAGINI

Stocco e patate alla mammolese alla Taverna del Borgo, Mammola (RC). Dalle Lofoten alle coste italiane il merluzzo si trasforma e diventa un’eccellenza ittica calabrese, lo stocco di Mammola, borgo in cui è lavorato secondo tradizione e in modo artigianale. Gli chef Nunzio e Giuseppe Pisano hanno elaborato un menu dove lo stocco è assoluto protagonista. L’articolo di Massimiliano Rella a pagina 76 (photo © Massimiliano Rella).

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CALENDARIO FIERE

Fiere, mostre, convegni 2016 Italia MARCA BY BOLOGNAFIERE Private label conference and exhibition Bologna, 13-14 gennaio Organizzazione: BolognaFiere Spa Viale della Fiera, 20 40127 Bologna Tel. 051 282111 Fax 051 051 6374017 marca@bolognafiere.it www.marca.bolognafiere.it

MONDO PESCA Carrara, 21-24 gennaio Organizzazione: CarraraFiere Viale G. Galilei, 133 54033 Marina di Carrara (MS) Tel. 0585 787963 www.mondopescaexpo.it

RHEX RIMINI HORECA EXPO Rimini, 23-27 gennaio Organizzazione: Rimini Fiera Spa Via Emilia, 155 – 47921 Rimini Tel. 0541 744111 www.rhex.it

CIBUS – 18º Salone internazionale dell’Alimentazione Parma, 9-12 maggio Organizzazione: Fiere di Parma Spa Tel. 0521 996206 cibus@fiereparma.it – www.cibus.it

SALONE DEL GUSTO Torino, 22-26 settembre Organizzazione: Slow Food Via Mendicità Istruita, 14 12042 Bra (CN) Tel. 0172 419611 servicecentre@slowfood.com www.salonedelgusto.it

CIBUS TEC Salone delle tecnologie per l’industria alimentare Parma, 25-28 ottobre Organizzazione: Fiere di Parma Spa Tel. 0521 996206 f.bettio@fiereparma.it www.cibustec.it

Estero WINTER FANCY FOOD SHOW San Francisco (USA), 17-19 gennaio Organizzazione: Specialty Food Association Tel. +1 646 8780301 membership@specialtyfood.com www.specialtyfood.com

AQUACULTURE 2016 Las Vegas (USA), 22-26 febbraio Organizzazione: World Aquaculture Society (WAS) 143 J.M. Parker Coliseum Louisiana State University Baton Rouge, LA 70803 (USA) Tel. +1 225 578 3137 mario@marevent.com www.was.org

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GLOBAL CATFISH CONFERENCE Tampico, Tamaulipas (Messico) 1-2 marzo Organizzazione: World Aquaculture Society (WAS) 143 J.M. Parker Coliseum Louisiana State University Baton Rouge, LA 70803 (USA) Tel. +1 225 578 3137 mario@marevent.com – www.was.org

SEAFOOD EXPO NORTH AMERICA Boston (USA), 6-8 marzo Organizzazione: Diversified Communications PO Box 7437 Portland, ME 04112-7437 (USA) Tel. +31 10 206 7465 customerservice@divcom.com seafoodexpo.com/north-america

MIDDLE EAST AQUACULTURE FORUM Dubai (EAU), 13-15 marzo Organizzazione: World Aquaculture Society (WAS) 143 J.M. Parker Coliseum Louisiana State University Baton Rouge, LA 70803 (USA)

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Tel. +1 225 578 3137 mario@marevent.com www.was.org

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CONXEMAR 2016 Vigo (Spagna), 4-6 ottobre Organizzazione: Conxemar Avda. Beiramar, 29 – 36202 Vigo Tel. +34 986 433351 Fax +34 986 221174 conxemar@conxemar.com www.conxemar.com

AQUAFEED HORIZONS ASIA 2016 Bangkok (Tailandia), 29 marzo Organizzazione: Aquafeed.com Kailua, Hawaii 96734 (USA) editor@aquafeed.com www.aquafeed.com

OFFSHORE MARICULTURE CONFERENCE EUROPE Barcellona (Spagna), 6-7 aprile Organizzazione: Mercator Media Spinnaker House Waterside Gardens Fareham – Hampshire PO16 8SD (UK) Tel. +44 1329 825335 corporate@mercatormedia.com www.offshoremariculture.com/europe

APA ASIA-PACIFIC AQUACULTURE 2016 Surabaya (Indonesia) 26-29 aprile Organizzazione: World Aquaculture Society (WAS) 143 J.M. Parker Coliseum Louisiana State University Baton Rouge, LA 70803 (USA) Tel. +1 225 578 3137 mario@marevent.com www.was.org

ALIMENTARIA 2016 Barcellona (Spagna), 25-28 aprile Organizzazione: Alimentaria Exhibitions SA Avinguda Reina Maria Cristina, s/n 08015 Barcellona (Spagna) Tel. +34 93 4521800 alimentaria-bcn@alimentaria.com www.alimentaria-bcn.com

SIAL CHINA The Asian Food Marketplace Shanghai (Cina), 5-7 maggio Organizzazione: Comexposium 70 Avenue du Général-de-Gaulle 92058 Paris-La Défense (Francia) Tel. +33 1 76771111 www.salonifrancesi.it www.sialchina.com

SUMMER FANCY FOOD SHOW New York (USA), 26-28 giugno Organizzazione: Specialty Food Association membership@specialtyfood.com www.specialtyfood.com SEAFOOD EXPO GLOBAL SEAFOOD PROCESSING GLOBAL Bruxelles (Belgio), 26-28 aprile Organizzazione: Diversified Communications PO Box 7437 Portland, ME 04112-7437 (USA)

customerservice@divcom.com seafoodexpo.com/asia

SEAFOOD EXPO ASIA Hong Kong (Cina), 6-8 settembre Organizzazione: Diversified Communications PO Box 7437 Portland, ME 04112-7437 (USA) Tel. +31 10 206 7465

SIAL 2016 Parigi (Francia), 16-20 ottobre Organizzazione: Comexposium 70 Avenue du Général-de-Gaulle 92058 Paris-La Défense (Francia) Tel. +33 1 76771111 www.salonifrancesi.it www.sialparis.com

SEAFEX Dubai (EAU), 7-9 novembre Organizzazione: DWTC Dubai World Trade Centre PO Box 9292 – Dubai (EAU) Tel. +971 4 332 1000 seafex@dwtc.com www.seafexme.com

ALL4PACK Paris – The glogal marketplace for packaging, processing, printing, handling Parigi (Francia), 14-17 novembre Organizzazione: Comexposium 70 Avenue du Général-de-Gaulle 92058 Paris-La Défense (Francia) Tel. +33 1 76771111 www.salonifrancesi.it www.all4pack.com

Le date e i luoghi delle fiere sono soggetti sempre a variazioni. Si consiglia chi è interessato a partecipare a una fiera ad accertarsi, presso gli organizzatori, del luogo e della data. Si declina pertanto ogni responsabilità per eventuali inesattezze.

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LEGISLAZIONE

Dichiarazione nutrizionale: i colpi di coda del Regolamento UE 1169 Non ci si era ancora abituati all’idea di dover segnalare la presenza di allergeni in etichetta, che ora si deve sottostare ad un ulteriore obbligo. Aumentano le incombenze e quindi i costi a carico dei produttori. Bisogna però leggere l’ennesima norma come un’occasione sul piano commerciale di Guido Guidi

Il Regolamento UE 1169/2011 che detta le norme comunitarie in merito alle informazioni ai consumatori è divenuto applicabile a più riprese e in momenti differenti, tutti previsti dalla normativa stessa. Dopo l’entrata in vigore dei dettati

relativi alle carni macinate e poi all’indicazione degli allergeni, è ora la volta della tabella nutrizionale che sarà obbligatoria a far data dal 13 dicembre 2016. Chi però in questi ultimi anni avesse inteso, su base volontaria,

dare al consumatore delle informazioni sui valori nutrizionali del prodotto, si sarebbe già dovuto adeguare. Non avrebbe potuto dunque presentare una tabella nutrizionale a proprio piacimento, ma solo secondo

Secondo quanto disposto dal Regolamento UE 1169/2011, dal 13 dicembre 2016 la tabella nutrizionale diverrà obbligatoria sulle etichette degli alimenti preconfezionati (photo © www.sobeys.com).

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L’indicazione sul valore nutrizionale di un cibo diventa obbligatoria negli alimenti preconfezionati, mentre resta in capo agli Stati Membri la potestà di decidere quali informazioni debbano accompagnare la vendita di alimenti privi di preimballaggio o imballati sul luogo di vendita o, ancora, quando è previsto il preimballaggio per la vendita diretta (photo © receivehappy.com). le indicazioni imposte dalla nuova norma europea. L’etichettatura nutrizionale è già divenuta obbligatoria infatti nei casi in cui “un’informazione nutrizionale figuri in etichetta o nella presentazione o nella pubblicità dei prodotti alimentari a eccezione delle campagne pubblicitarie”. Inoltre, chi attribuiva al prodotto qualità specifiche e benefiche come “ricco di fibra” oppure “ricco di calcio” o diciture simili, aveva già da tempo l’obbligo di adeguarsi al tanto discusso Regolamento comunitario. L’indicazione sul valore nutrizionale di un cibo diventa obbligatoria, beninteso, negli alimenti preconfezionati, mentre tuttora rimane in capo agli Stati Membri dell’UE la potestà di decidere quali informazioni debbano accompagnare la vendita di alimenti al consumatore finale o alle collettività quando il prodotto è privo di preimballaggio oppure sia imballato sul luogo di vendita su richiesta del consumatore o ancora quando è previsto il preimballaggio per la vendita diretta. Ci potrebbero pertanto essere ulteriori sorprese nel futuro prossimo. Gli articoli che interessano il produttore a questo proposito sono quelli dal 29 al 35 del Regolamento, dove è fornita una prima precisazio-

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ne in merito al fatto che la tabella nutrizionale non sia richiesta agli integratori alimentari e alle acque minerali, per i quali è invece prevista una dichiarazione nutrizionale apposita e completamente differente da quella che andiamo a descrivere. La norma, inoltre, si applica fatta salva la Direttiva 2009/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 maggio 2009, relativa agli alimenti destinati ad un’alimentazione particolare. Ci sono ulteriori prodotti alimentari per i quali la dichiarazione nutrizionale non è obbligatoria. Si tratta dei: • prodotti non trasformati o sottoposti unicamente a maturazione mono-ingrediente o con una sola categoria di ingredienti; • acque destinate al consumo umano; • piante aromatiche, spezie o loro miscele; • sale e succedanei; • edulcoranti da tavola; • estratti e chicchi di caffè/decaffeinati, di cicoria; • infusioni a base di erbe e di frutta, tè/decaffeinati, istantanei o solubili o estratti; • aceti di fermentazione e succedanei;

• aromi; • additivi e coadiuvanti tecnologici, enzimi; • gelatina, composti di gelificazione per marmellate, lieviti, gomme da masticare; • alimenti in imballaggi con superficie maggiore inferiore a 25 cm2; • alimenti anche confezionati artigianalmente, forniti di piccole quantità al consumatore finale o strutture locali di vendita al dettaglio. La tabella nutrizionale di tutti gli altri prodotti, per i quali l’obbligo invece entrerà a breve in vigore, deve contenere nello specifico i seguenti valori: a. il valore energetico; b. la quantità di grassi, acidi grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine e sale. Le suddette indicazioni possono essere ulteriormente integrate con acidi grassi monoinsaturi, acidi grassi polinsaturi, polioli, amido, fibre, i sali minerali o le vitamine elencati all’allegato XIII del Regolamento, presenti nella quantità definita dal regolamento stesso. Le vitamine e i sali minerali devono essere elencati se presenti in misura significativa rispetto alla Razione Giornaliera Raccomandata (Rda). Per determinare cosa costituisca una quantità significativa di vitamine e di sali minerali devono essere presi in considerazione i seguenti valori: • 15% dei valori nutritivi di riferimento per 100 g o 100 ml nel caso di prodotti diversi dalle bevande; • il 7,5% dei valori nutritivi di riferimento per 100 ml nel caso delle bevande; • oppure, il 15% dei valori nutritivi di riferimento per porzione se l’imballaggio contiene una sola porzione. Nella dichiarazione nutrizionale, il valore energetico accompagnato dalla quantità di grassi, acidi grassi saturi, zuccheri e sale, la quantità di sostanze nutritive e/o la percentuale delle assunzioni di riferimento fissate nell’allegato XIII, parte b del Regolamento, possono essere espresse soltanto per porzione o per unità di consumo. In questo caso, la porzione o l’unità utilizzata è indica-

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ta nelle immediate prossimità della dichiarazione nutrizionale. Quando le quantità di sostanze nutritive sono espresse soltanto per porzione o per unità di consumo e nei casi espressamente previsti dalla norma, il valore energetico è espresso per 100 g o per 100 ml nonché per porzione o per unità di consumo. Se il valore energetico o la quantità di sostanze nutritive di un prodotto si può ritenere trascurabile, le informazioni relative a questi elementi possono essere sostituite da una dicitura del tipo “contiene quantità trascurabili di…”. Il valore energetico e le quantità di sostanze nutritive sono sempre espressi per 100 g o per 100 ml. Mentre le eventuali dichiarazioni relative alle vitamine o ai sali minerali, oltre alla forma di espressione per 100 g o per 100 ml, possono essere espresse quali percentuali delle assunzioni di riferimento. In tal caso, deve figurare, nelle immediate vicinanze, la seguente dicitura supplementare: “assunzioni di riferimento di un adulto medio (8.400 kJ/2.000 Kcal)”. Il valore energetico e le quantità di sostanze nutritive si riferiscono all’alimento così com’è venduto. È possibile che le indicazioni si riferiscano anche all’alimento dopo la sua preparazione per l’impiego, ma solo nel caso in cui le modalità di utilizzo siano descritte in modo particolareggiato.

Altro aspetto importante è che le indicazioni nutrizionali vengano presentate nel campo visivo principale dell’etichetta e utilizzando una dimensione di carattere la cui parte mediana (altezza della x) sia pari o superiore a 1,2 mm, così come previsto all’articolo 13, paragrafo 2. Nel complesso, fanno eccezione le bevande alcoliche, qualora l’etichetta contenga i valori nutrizionali. In questo caso, infatti, il contenuto della dichiarazione si può limitare al solo valore energetico. Ricordiamo che l’articolo 16, comma 4, del Regolamento europeo in questione decreta la non obbligatorietà dell’elenco ingredienti e della dichiarazione nutrizionale nell’etichetta delle bevande con contenuto alcolico superiore all’1,2% in volume. Poiché non è sempre facile reperire i dati che vanno riportati nella tabella nutrizionale, il regolamento offre tre possibilità per definire i valori da dichiarare: 1. la prima è che si tratti di valori medi stabiliti a seguito di analisi dell’alimento effettuate direttamente dal fabbricante e con costi, ovviamente, a suo carico; 2. la seconda possibilità è che il produttore si riferisca a valori medi noti o effettivi relativi agli ingredienti utilizzati; 3. in terza ipotesi, il calcolo può essere effettuato a partire da

dati stabiliti e universalmente accettati. Questo consentirebbe alle piccole imprese che non possono accollarsi i costi di ricerche specifiche di assolvere all’obbligo senza investire cifre eccessive in analisi di laboratorio. Tuttavia, il problema resta per i prodotti più complessi e magari di ricetta esclusiva dell’impresa, che per una questione di maggior tutela dovrebbe preferibilmente realizzare esami ad hoc. Questo aspetto della norma più di altri rappresenta un onere per le microaziende, soprattutto per quelle familiari e artigiane, sulle quali ricadrebbe un’ulteriore incombenza con relativo costo, non solo in termini economici, ma anche di risorse complessive da dedicare. Sennonché, in tempi in cui il consumatore è particolarmente attento al valore nutrizionale di un alimento, presentare la tabella nutrizionale può fare la differenza tra vendere o meno. Soprattutto nel confronto con i prodotti industriali, che da tempo riportano le indicazioni nutrizionali per motivazioni commerciali, non apporre simili informazioni può diventare per le aziende meno organizzate un elemento di forte svantaggio. Questo nuovo obbligo va visto quindi come un’opportunità e per l’ennesima volta le imprese, soprattutto le più piccole, si vedono costrette a fare di vizio, virtù. Guido Guidi

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ATTUALITÀ

Regolamento 1380/2013 sull’obbligo di sbarco: soluzione finale o fine della pesca dei piccoli pelagici in Adriatico? di Alessandro Lucchetti

Il Regolamento 1380/2013 stabilisce per il Mediterraneo il divieto di rigetto in mare per quelle specie per cui è prevista una taglia minima comunitaria, in base al Reg. 1967/2006. In genere, una specie può essere rigettata in mare dopo la cattura per diversi motivi: perché inferiore alla taglia minima, perché rovinata,

per fuori dalla quota, perché non di interesse commerciale, ecc… Con il suddetto regolamento la nuova PCP ha abolito la pratica del rigetto in mare per le specie soggette a taglia minima e introdotto l’obbligo di sbarco. Inoltre, le catture di specie che il pescatore intende scartare dovranno essere tenute a bordo in

maniera da essere chiaramente distinguibili dalle catture commerciali. Infine, una volta sbarcate, l’uso delle catture di specie di taglia inferiore alla taglia minima di riferimento per la conservazione è autorizzato unicamente a fini diversi dal consumo umano diretto, compresi la farina di pesce, l’olio di pesce, gli alimenti

Tipica cattura di una rete volante.

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Figura 1 – Schema della pesca con reti volanti. per animali, gli additivi alimentari, i prodotti farmaceutici e cosmetici. Gli obiettivi principali del Regolamento sono di rendere la pesca più selettiva e di ridurre gradualmente i rigetti in mare. Le catture accidentali e i rigetti costituiscono di fatto uno spreco considerevole e incidono negativamente sullo sfruttamento sostenibile delle risorse biologiche marine e sugli ecosistemi marini. Il suddetto obbligo di sbarco non si applica alle: a) specie la cui pesca è vietata e che sono identificate come tali in un atto giuridico dell’Unione adottato nel settore della PCP; b) specie per le quali prove scientifiche dimostrano alti tassi di sopravvivenza; c) catture rientranti nelle esenzioni de minimis; d) pesci danneggiati da predatori, quali mammiferi marini, che, essendo potenzialmente pericolosi per la salute umana e degli animali domestici, devono essere immediatamente smaltiti in mare. L’esenzione de minimis si applica nei casi seguenti: 1. qualora sia scientificamente dimostrato che è molto difficile conseguire gli aumenti di selettività; 2. per evitare costi sproporzionati di trasformazione delle catture accidentali, per gli attrezzi da pesca per i quali le catture accidentali per attrezzo non rappresentano più di una certa percentuale, da fissare in un piano pluriennale, del totale

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annuo delle catture effettuate dall’attrezzo in questione. A tal proposito il Regolamento Delegato (UE) n. 1392/2014 ha stabilito diverse percentuali di esenzione nelle diverse aree italiane. L’obbligo di sbarco è stato introdotto in modo differenziato a seconda delle varie attività di pesca. In particolare, l’obbligo di sbarco è già entrato in vigore dal 1º gennaio 2015 per la pesca dei piccoli pelagici, vale a dire per la pesca di sgombro, sugarello, acciuga, argentina, sardina, spratto. Per le attività di pesca che mirano alle specie demersali, l’obbligo di sbarco in Mediterraneo sarà attuato al più tardi dal 2019. In Italia, le attività di pesca interessate dall’obbligo di sbarco fin dal 1º gennaio 2015 sono sostanzialmente la pesca con i ciancioli (o lampare) e la pesca con reti volanti. Le reti “volanti”, note anche come reti da traino pelagiche, sono reti di grandi dimensioni lunghe anche più di 70 m che vengono trainate da una o due imbarcazioni; in Italia la pesca più diffusa è però quella in coppia. Pertanto i piccoli pelagici, che di giorno formano grossi banchi nei pressi del fondo, vengono prima individuati tramite ecoscandagli (la fase di ricerca può durare diverse ore), quindi catturati nel momento in cui la rete viene trainata (Figura 1). I “ciancioli” sono reti di grandi dimensioni (circa 400-600 m di lunghezza della lima da sugheri) che vengono calate in mare per circuire

e quindi racchiudere, con il recupero immediato della rete, un banco di pesce, dopo averlo individuato con lo scandaglio e aggregato per mezzo di luci (Figura 2). In entrambe le attività di pesca, le acciughe (Engraulis encrasicolus) e le sardine (Sardina pilchardus) rappresentano le specie target. Queste specie rappresentano quasi sempre oltre il 90% della cattura in queste attività di pesca. In considerazione delle specie target, quindi, il Regolamento 1967/ 2006 ha fissato i seguenti limiti di maglia: • nelle reti volanti la dimensione minima delle maglie è di 20 mm, nel caso in cui acciuga e sardina rappresentino almeno l’80% in peso vivo dopo la cernita; • nelle reti a circuizione la dimensione minima delle maglie è di 14 mm. In entrambi i tipi di pesca sussistono le condizioni per la concessione dell’esenzione de minimis (ammesse con Regolamento Delegato (UE) n. 1392/2014). Infatti, in considerazione delle specie target è estremamente improbabile conseguire aumenti di selettività agendo sulle dimensioni delle maglie o su alcune caratteristiche tecniche delle reti. In alcune esperienze si è evidenziato come l’aumento delle dimensioni delle maglie nelle reti volanti possa implicare l’ammagliamento del pesce (la maglia della rete va a stringersi attorno al corpo del pesce che, pertanto, rimane intrappolato), cosa che di fatto determina il completo deterioramento del pescato. Inoltre, lo sbarco in banchina del prodotto ittico altrimenti scartato, nel caso in cui non venga individuato un canale commerciale, rappresenta sicuramente un costo notevole per le operazioni di smaltimento. Specialmente durante la stagione estiva poi, in coincidenza con le alte temperature, il prodotto ittico ad elevata deperibilità potrebbe rappresentare un rischio sanitario, soprattutto considerando che le aree portuali spesso coincidono con aree ad elevata vocazione turistica. In Italia le specie interessate dall’obbligo di sbarco dal 1º gennaio

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2015 sono quindi acciuga, sardina, sgombro, lanzardo, suro, aventi le seguenti taglie minime stabilite dal Regolamento CE 1967/2006: • Engraulis encrasicolus (acciuga): 9 cm; • Sardina pilchardus (sardina): 11 cm; • Scomber scomber (sgombro); • Scomber japonicus (lanzardo): 18 cm; • Trachurus spp (suro o sugarello): 15 cm. Essendo praticamente impossibile per gli organi di controllo verificare la taglia minima di tutte le acciughe e sardine, in caso di grandi quantitativi, il Regolamento suddetto lasciava agli Stati Membri la facoltà di convertire la taglia di acciuga e sardina come segue:

• acciuga: possibilità di convertire la taglia minima in 110 esemplari per kg; • sardina: possibilità di convertire la taglia minima in 55 esemplari per kg. Da questo punto di vista il Regolamento 1380/2013 ha introdotto un cambiamento radicale rispetto a quanto previsto nel Regolamento CE 1967/2006. Infatti, il Regolamento CE 1967/2006 stabiliva taglie minime per alcune specie commerciali senza alcuna tolleranza lungo tutta la filiera. L’obiettivo era quello di scoraggiare la vendita finale di prodotto sotto misura e di conseguenza anche la richiesta di mercato di pesce sotto taglia. Questa norma, per quanto poco gradita alla categoria dei pescatori, era in ogni caso riconosciuta da

questi come necessaria, se applicata e fatta rispettare con buon senso. Al contrario, il Regolamento 1380/2013, pur vietando la commercializzazione ai fini del consumo umano di prodotto ittico sotto taglia, ha aperto la possibilità di utilizzare tale prodotto per altri fini, attivando potenziali nuovi canali di mercato (farine di pesce, ad esempio). Questa prospettiva sembra di fatto contraddire i propositi di buona gestione della risorsa insiti nel Regolamento 1380/2013. Infatti, se un’imbarcazione potrà in qualche modo commercializzare prodotto ittico anche sotto misura, se ben valutato ai mercati, sarà interessata a catturare il maggior quantitativo di pesce possibile, indipendentemente dalla taglia dello stesso.

Figura 2 – Schema della pesca con reti a circuizione.

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L’utilizzo di maglie superiori a 20 mm di apertura determina l’ammagliamento del pesce. Questo approccio va contro le politiche di autogestione messe in atto in alcune marinerie virtuose, che, in maniera autonoma, negli anni si sono dotate di quote giornaliere di pescato per cercare di stabilizzare i prezzi di mercato (molto variabili in dipendenza delle quantità conferite al mercato). La possibilità aperta dal Regolamento 1380/2013 di fatto rischia di portare indietro di oltre 20 anni il percorso di buona gestione avviato in Adriatico. Negli anni ‘70 e ‘80, infatti, la Legge 388 del 02/08/1975 e successivamente il Regolamento (CEE) n. 2204/82 del Consiglio (e tutti i Regolamenti inter-

corsi successivamente) stabilivano norme generali per la concessione di un premio di riporto speciale per le sardine e le acciughe mediterranee (destinate poi quasi interamente alla produzione di farine di pesce), giustificando il premio in relazione alle difficoltà particolari sul mercato interno e alla forte concorrenza da parte di taluni Paesi Terzi. In particolare, le organizzazioni di produttori dovevano comunicare mensilmente all’AIMA (successivamente all’AGEA) i quantitativi ritirati dal mercato e destinati a beneficiare del premio di riporto, distinti per categorie di prodotto.

“La situazione dello stock di acciughe in Adriatico è critica (diverse imbarcazioni stanno abbandonando la pesca dei piccoli pelagici), ma il rischio concreto insito nel Regolamento 1380/ 2013 è che tale norma possa trasformarsi in un boomerang, portando ad una situazione persino peggiore di quella attuale”

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In quegli anni questa possibilità aveva dato il via ad una pesca indiscriminata di piccoli pelagici, con la conseguenza che, a partire dagli inizi degli anni ‘80, si è assistito ad una progressiva riduzione delle catture in Adriatico (GSA17), fino al collasso dello stock di acciughe alla fine degli anni ‘80, rilevato dai ricercatori del CNR-ISMAR di Ancona (Figura 3). Quindi la possibilità che una situazione del genere possa ripetersi allarma non poco la categoria dei pescatori. L’idea di ridurre i rigetti in mare è senz’altro essenziale per garantire un futuro alla risorsa, ma forse altre strade dovrebbero essere percorse prima di intraprenderne una sconosciuta, che in Mediterraneo potrebbe addirittura condurre ad esiti opposti rispetto alle intenzioni. Lo stock di acciughe in Adriatico è senza dubbio in chiara difficoltà (come rilevato dallo STECF della Commissione europea), probabilmente a causa dell’eccessivo sforzo di pesca, e per forza di cose qualcosa andrebbe cambiato nell’attuale modello di gestione.

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Per la conservazione della risorsa sarebbe forse più idoneo applicare una gestione dello sforzo di pesca a livello di bacino (già in parte intrapresa con il DM 16/03/2015) inteso come numero massimo di imbarcazioni e di giorni di pesca annuali (le misure prese fino ad ora fanno riferimento esclusivamente al numero di giorni, senza dare indicazioni sul numero di imbarcazioni che possono attuare questo tipo di pesca). Per fare questo sarebbe il caso di contingentare il numero delle imbarcazioni dedite a questa attività, tramite permessi di pesca, ad esempio. Considerando la tipologia delle catture (una o due specie target), sarebbe opportuno introdurre delle quote massime pescabili stabilite sulla base di evidenze scientifiche, gestione che nel caso del tonno rosso ha dato risultati confortanti in pochi anni. L’introduzione di quote potrebbe anche consentire di ottenere una migliore valutazione ai mercati per il prodotto ittico sbarcato. Inoltre, tenendo in considerazione le informazioni sulla biologia ed etologia della specie, dovrebbero essere stabiliti, oltre a quelli già esistenti, aree e periodi preclusi alla pesca in considerazione dell’elevata presenza di giovanili (ad esempio estendere in maniera permanente il divieto di pesca a 6 miglia dalla costa, con i dovuti distinguo: ad esempio nel Golfo di Trieste, dove limiti geogra-

Figura 3 – Andamento degli sbarcati di acciughe in Adriatico negli ultimi 35 anni. fici renderebbero la norma troppo vincolante). Infine, sulla base delle informazioni già disponibili dalle diverse attività di monitoraggio della risorsa, sarebbe opportuno, con un’analisi del rischio, identificare le aree potenzialmente critiche per la presenza di pesce sotto taglia e intensificare i controlli proprio in quelle aree. In sintesi, il Regolamento 1380/ 2013 rappresenta una novità solo potenzialmente positiva per la conservazione dello stock di acciuga e sardina. La situazione dello stock di acciughe in Adriatico è critica (diverse imbarcazioni stanno ab-

bandonando la pesca dei piccoli pelagici), ma il rischio concreto insito nel Regolamento suddetto è che tale norma possa trasformarsi in un boomerang, portando ad una situazione persino peggiore di quella attuale. Infine, restano diverse perplessità sulla possibilità di attuare un’efficace attività di controllo sull’applicazione di questo Regolamento; si sta già parlando di telecamere a bordo dei pescherecci, misura che ovviamente rappresenterebbe un ulteriore elemento di tensione in un settore che già sta attraversando un periodo di grossa crisi. Alessandro Lucchetti

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IL PESCE IN RETE

Social di Elena

2. Il mercato ittico di Chioggia in un clic 1. Big Fish Italia su Facebook BIG FISH ITALIA è un gruppo chiuso su Facebook e per accedervi occorre farne richiesta all’amministratore. Si tratta di un luogo d’incontro tra operatori del settore ittico all’ingrosso e pescherie, dove si possono condividere idee, promuovere prodotti, cercare nuovi contatti commerciali e risolvere i problemi più comuni che ogni giorno il settore incontra attraverso il confronto. Bello il motto dato al gruppo: “Big Fish, peschiamo idee per vendere prodotti”, mentre facebook.com/groups/bigfish. italia è il link della pagina.

CHIOGGIA PESCA è un progetto nato dalla Fondazione della Pesca per la valorizzazione del prodotto ittico locale di Chioggia, per la sua commercializzazione e per farlo conoscere nel pieno delle sue peculiarità. Attraverso il portale chioggiapesca.it si possono trovare i contatti diretti dei rivenditori all’ingrosso e al minuto, leggere le ricette tradizionali, la spiegazione delle tecniche di pesca e le schede di pesci, crostacei e molluschi (in basso, uno scorcio di Chioggia; photo © mapio.net).

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fish Benedetti

3. Nieddittas: esempio di comunicazione Ha oltre 16.000 seguaci la pagina web di NIEDDITTAS, la cooperativa di pescatori di Arborea che ha preso il nome dalle famose cozze del Golfo di Oristano. All’avanguardia non solo nell’allevamento di cozze in mare aperto, la cooperativa è presente on-line con il bel sito web nieddittas. it completato da un’attiva presenza sui social. La pagina facebook.com/Nieddittas è molto trafficata ed è un ottimo esempio di come la comunicazione oggi possa fare da leva alla promozione dei prodotti e alla diffusione di un corretto uso delle materie prime in cucina. Sicuramente tra il materiale più scaricato c’è il pdf delle ricette eleganti e raffinate che hanno come ingredienti principale le cozze Nieddittas, firmate dal cuoco sardo Luigi Pomata dell’omonimo ristorante di Cagliari (in basso, un piatto di cozze Nieddittas e dentice in crema di latte, firmato dallo chef Pomata; photo © Nieddittas).

4. Origin, il network delle Igp Forse non tutti sanno che esiste un’organizzazione del network delle Indicazioni Geografiche Protette, le IGP, con sede a Ginevra e presente on-line su origin-gi.com. Fondata nel 2003, questo ente no-profit e non governativo rappresenta oggi oltre 400 consorzi e associazioni di produttori di oltre 40 Paesi. Il suo obiettivo è rafforzare la protezione dei prodotti IGP e combattere le contraffazioni nell’agroalimentare (in basso, la lavorazione delle acciughe sotto sale del Mar Ligure IGP; photo © leivinvita. blogspot.it).

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COMUNICHIAMO

Facebook e la Vanità di Chiara Russotto

È come quando siete in autostrada, state guidando in prima corsia e notate che qualcuno si è “piantato” nella seconda ai 100 km/h! L’autista che sopraggiunge lampeggia e, con fare minaccioso, sventola una mano in quella direzione: niente, il veicolo non intende spostarsi. I numeri non sono importanti Ma da dove nasce questa abitudine di occupare la seconda corsia di marcia, nonostante la bassa velocità? Sarà mica che i numeri ci facciano

sentire segretamente più machos? Ecco, Facebook più o meno è così. Più sono i fan della nostra pagina e più noi imprenditori ci sentiamo gratificati, belli e amati. Ma al grande numero difficilmente corrisponde la stessa alta interazione da parte dei fan. Anzi, nella maggioranza dei casi, a molti fan corrisponde poca, pochissima, interazione. Facciamo una prova. Aprite la vostra pagina aziendale Facebook e andate a leggere i vostri “insights”. Trovate anche voi che, rispetto al numero di

“like” totali, l’interazione dei vostri fan sia troppo bassa? Vi mostro le statistiche di una pagina che mi rende molto soddisfatta, sia in termini di interazione che di risultati di fatturato. Questa settimana i miei clienti sono stati in ferie e, come vedete, Facebook registra una flessione del 31,8% rispetto alle interazioni della settimana scorsa. In questo caso ci può stare. Ma se questa fosse la media di interazione annuale, voi, avreste un aumento registrabile di fatturato? Gli “insights” — le statistiche di

Chiara Russotto ha 39 anni, è consulente di comunicazione e titolare di Smarti Editrice. Si occupa prevalentemente di food, adora i suoi clienti, cede al cibo per amore, lotta con la dieta, ride, ha due cani ed una passione per i libri che trattano argomenti dei quali, lei, non capisce assolutamente nulla.

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I social network sono la forma di aggregazione più diffusa su internet ed ogni giorno registrano una crescita esponenziale di utenti. Il successo consolidato di queste community offre la possibilità alle aziende di promuovere i prodotti, gestire l’immagine, espandere i contatti, interagire con clienti, attuali e potenziali, e poterli fidelizzare. prestazione — vi permettono così di comprendere il comportamento del vostro pubblico, l’efficacia della vostra comunicazione e, nel caso non sia vincente, di cambiarla indirizzandola verso i contenuti che il vostro pubblico ama di più. Torniamo per un momento ai “like”. Chi è il vostro pubblico? Se il vostro pubblico è composto dai vostri amici personali… Ragazzi, abbiamo un problema. I vostri amici sono veramente il vostro target? Vi vogliono bene, certo, ma sarebbe meglio concentrarsi sui clienti interessati ai vostri prodotti. Invece, se notate che la maggior parte dei vostri fan è indiana, cinese o ghanese — ma non vendete in quei Paesi —, chiamate la vostra agenzia di comunicazione e fategli una “ramanzina epocale”. Quello non è il vostro target, per cui dovranno eliminarli tutti (buttando a ramengo i soldi spesi con agenzie estere, che vendono pacchetti di “like”), perché quando farete delle campagne pubblicitarie sul target, il vostro target sarà completamente sbagliato! I vostri fan abitano intorno al vostro punto vendita? Vantatevi, perché siete veramente bravi! Non lo sapete? Convertite il vostro profilo privato in “Pagina Facebook”.

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I numeri non sono importanti? Le statistiche sono fondamentali, il numero dei fan “no”. Se avete 1.000/1.500 fan, sarà più facile per voi coinvolgerne almeno la metà. Ora ragionate su questo: 500 nuovi clienti vi renderebbero molto più ricchi, vero? E allora. Il numero di “like” non è importante: l’importante è coinvolgere almeno il 20% del vostro pubblico. Il resto lo farà il passaparola su web. Perché le nostre pagine sono molto più viste dai nostri non fan che dai nostri fan. Ora tornate un attimo con me in autostrada. Vi

ricordate? Stavamo guidando nella prima corsia e notavamo la scena. Adesso di fronte a voi la corsia è libera, il sole splende, la musica che si diffonde nell’abitacolo è “You’re the First, The Last, My Everything” di BARRY WHITE… Guardate un attimo i due litiganti e, proseguendo, superateli sorridendo. P.S.: l’art. 148 del codice della strada ammette il superamento da destra nel caso in cui il veicolo alla vostra sinistra sia più lento della vostra normale andatura. Chiara Russotto

Qualcuno ha domande da Porci? Attraverso questa rubrica rispondiamo alle mail che ci sembrano più utili ad approfondire gli argomenti trattati. Vi preghiamo di darci più informazioni possibili, così da rendere i nostri consigli efficaci o, nel caso siate interessati ad argomenti specifici, di comunicarcelo a: info@pubblicitaitalia.com o chiara.russotto@icloud.it (Photo © Alessio Sabbadini)

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ACQUACOLTURA

Acquacoltura e ambiente di Dario Cianci

Tra i problemi di rilevante interesse che riguardano l’acquacoltura (si veda GEORGOFILI INFO, 2 settembre 2015 e 28 ottobre 2015, www. georgofili.info), vi è certamente la sua azione sull’ambiente. L’acquacoltura, invocata come alternativa sostenibile allo sfruttamento delle specie ittiche marine, non dovrebbe infatti inquinare, ma salvaguardare l’ambiente e gli ecosistemi per produrre alimenti sani e rispettosi del consumatore. Rappresenta un’attività legata all’utilizzazione delle acque (dolci, salmastre o marine) e delle aree rurali costiere, e il suo sviluppo richiede la qualificazione del prodotto e le indicazioni dei parametri fisici, chimici e biologici dell’ambiente di produzione. L’ac-

quacoltura più sostenibile è quella estensiva, perché sfrutta le risorse ambientali senza integrare artificialmente l’alimentazione e garantisce di più il benessere degli animali con la più bassa densità di allevamento e le migliori condizioni igieniche delle acque. Un basso impatto ambientale hanno le specie erbivore o onnivore (carpa, tilapia, tinca, cefalo) che si nutrono soprattutto di alimenti vegetali. Anche la maricoltura negli ultimi anni ha assunto un ruolo importante non solo per la produzione ittica, ma anche per la salvaguardia e la conservazione dell’ambiente. Un allevamento sostenibile è la molluschicoltura, cioè l’allevamento di cozze, vongole e ostriche, che si nutrono di microrganismi presenti

nell’acqua e non abbisognano di aggiunte di mangimi. Il loro ambiente di allevamento deve però essere sicuro per evitare che sostanze nocive alla salute del consumatore si accumulino nel loro organismo. Molta parte dell’acquacoltura è però ancora lontana dalla sostenibilità ambientale. L’allevamento intensivo di pesci carnivori (soprattutto tonno, ma anche salmone, orate o spigole) ha infatti un forte impatto ambientale perché queste specie per nutrirsi consumano grandi quantità di altro pesce: 20 kg di pesce trasformati in mangime per ottenere 1 kg di tonno, 5 per 1 kg di salmone. La pesca di specie non commerciali mette a rischio le colonie di delfini che se ne nutrono. Vicino alle gabbie

La maricoltura negli ultimi anni ha assunto un ruolo importante non solo per la produzione ittica, ma anche per la salvaguardia e la conservazione dell’ambiente (photo © melbournefishinghole.com).

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L’Accademia dei Georgofili è al mondo la più antica istituzione del genere ad occuparsi di agricoltura, ambiente e alimenti. Promuove il progresso delle conoscenze, lo sviluppo delle attività tecnico economiche e la crescita sociale. Adeguando ai tempi organizzazione, metodologia e strumenti di lavoro, ha sempre mantenuto il proprio ruolo e gli obiettivi enunciati con l’atto costitutivo. Il lavoro svolto dall’Accademia fa emergere un richiamo alla consapevolezza della vitale importanza dell’agricoltura, da sempre giustamente considerata settore primario, non solo per la priorità temporale delle sue attività produttive, ma anche perché ha costituito e costituisce tuttora la fonte principale del nostro sostentamento alimentare. Inoltre, è stata la matrice dello sviluppo manifatturiero industriale (al quale ha fornito materie prime, forza lavoro e capitali) e rappresenta il fondamentale fattore di equilibrio per la biosfera della quale l’uomo è parte integrante e dalla quale dipende la sua stessa sopravvivenza. L’Accademia ha accompagnato lo sviluppo delle scienze agrarie, nella loro accezione più ampia. Seguendo l’evolversi dei tempi, continua ad affrontare le nuove problematiche che investono l’agricoltura e tutti i rapporti dell’uomo con l’ambiente naturale. Conduce studi e ricerche, adottando le più moderne metodologie, al fine di promuovere concrete iniziative. I risultati vengono esposti e discussi pubblicamente in apposite “Adunanze pubbliche”, poi riportate nell’annuale volume degli Atti. Per affrontare lo studio di ogni singola problematica, l’Accademia liberamente si avvale della collaborazione dei più qualificati studiosi e tecnici, ovunque siano, anche se afferenti a diversi enti pubblici e privati. Per lo studio di specifici temi sono costituiti anche appositi centri e comitati consultivi. Inoltre, al fine di potenziare attività e collaborazioni sull’intero territorio nazionale, i Georgofili hanno realizzato Sezioni geografiche. L’attività editoriale oggi comprende anche la Rivista di storia dell’agricoltura, le Informazioni dai Georgofili, monografie su specifici argomenti, pubblicazioni commentate di antichi manoscritti, vari cataloghi. I Georgofili hanno rappresentato e rappresentano uno strumento per confrontare e far circolare le idee, collegandosi con il mondo e contribuendo a mantenere alto il prestigio della nostra cultura, sempre nel pieno rispetto del proprio motto Prosperitati Publicae Augendae. >> Link: georgofili.info

dei salmoni è stata accertata inoltre la riduzione della biodiversità e la crescita eccessiva di alghe planctoniche che rilasciano tossine nocive. Negli allevamenti intensivi è sacrificato il benessere animale perché è difficile garantire basse densità di allevamento e favorire adeguati ricambi. Per fare spazio ai bacini artificiali vengono talora distrutte aree naturali con la scomparsa delle specie autoctone (non solo di pesci e crostacei, ma anche di mammiferi e uccelli). Una pratica non sostenibile è la cattura di giovani esemplari selvatici per trasferirli negli allevamenti; si danneggiano così molte altre specie perché per catturare il novellame vengono uccisi moltissimi avannotti di altre specie ed altri organismi di macro-zooplancton.

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Spesso i reflui prodotti negli impianti intensivi (deiezioni, avanzi di alimenti, residui di farmaci) hanno un impatto ambientale negativo (cambiamenti nella composizione chimica per cataboliti azotati ed anidride carbonica, produzione di batteri e di tossine) che possono comportare anche gravi danni alle comunità bentoniche e nectoniche negli ecosistemi circostanti. Il problema può essere ridotto con sistemi di decantazione e depurazione che consentano alle acque reflue di tornare ad avere caratteristiche chimico-fisiche simili a quelle di entrata, oppure recuperandole per riutilizzarle come terreno di coltura per alghe e altri organismi vegetali. In Italia si usa immettere novellame di pesci detritivori (cefali) nei

bacini di decantazione delle acque reflue. Gli obiettivi dell’acquacoltura devono tenere conto perciò dell’impatto ambientale derivante dall’uso scorretto degli impianti; l’ecosostenibilità può essere promossa con interventi gestionali (con minori costi energetici) che ne garantiscano la compatibilità dei prodotti ecofriendly (eticamente sostenibili) con le aree protette. Scienziati e organizzazioni noprofit (Slow Food e Greenpeace) contestano all’acquacoltura iperintensiva i danni ambientali che può comportare e il rispetto dei diritti degli animali. Oggi si pone il problema di proporre al mondo operativo tecnologie che possano ridurre l’impatto sull’ecosistema suolo-acqua-aria e favorirne la sopravvivenza. Tuttavia la FAO indica l’acquacoltura come una opportunità per offrire alle popolazioni dei Paesi poveri risorse alimentari e la diversificazione della dieta, nonché per sostenere i consumi dei Paesi ricchi, senza incidere sulle popolazioni ittiche naturali. Il Regolamento europeo 710/2009 stabilisce le modalità di applicazione delle norme fondamentali contenute nel Reg. CE 834/2007 per la produzione biologica di alghe marine e di animali di acquacoltura i cui tratti caratteristici riguardano l’attenzione agli aspetti etici di salvaguardia dell’ambiente e del benessere animale, alla qualità e naturalità come elemento centrale della produzione, nonché agli spazi in vasca, ai parametri fisico-chimici dell’acqua, agli scarichi. Un inquinamento genetico può essere determinato dalle frequenti fughe di pesce allevato, soprattutto spigole e orate, e dalla loro interazione con il selvatico. Nonostante il limite dato dalle minori capacità riproduttive dei pesci d’allevamento è possibile una influenza sia dal punto di vista ecologico (competizione per l’accaparramento delle risorse) che da quello genetico (introduzione nella popolazione naturale di geni selezionati nell’allevamento, con riduzione delle diversità genetiche nella specie e la perdita di geni selezionati naturalmente). Dario Cianci (Fonte: Accademia dei Georgofili)

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Nasce il Ministero dell’Agroalimentare italiano L’annuncio ufficiale è arrivato dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, in occasione della firma del protocollo d’intesa “Diamo credito all’agroalimentare italiano” tra il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e Intesa San Paolo, dopo che il ministro Martina aveva anticipato la novità in occasione dell’assemblea della Coldiretti prima di Natale. Secondo quanto spiegato dal premier, «con i decreti Madia il Ministero dell’Agricoltura prenderà il nome di Ministero dell’Agroalimentare, un ministero centrale nello sviluppo e nell’identità del sistema Paese. L’agricoltura — ha aggiunto Renzi — è un settore strategico della nostra economia, dove emergono le qualità, le capacità, l’identità stessa del nostro Paese, del nostro territorio, anche nel mondo». «Un passo necessario per valorizzare i primati dell’agroalimentare made in Italy nella definizione delle misure che vanno dalla tutela della qualità e delle caratteristiche degli alimenti alle norme sull’etichettatura fino agli interventi per ottimizzare la penetrazione dei mercati esteri e raggiungere presto l’obiettivo dei 50 miliardi di export fissato dal presidente del Consiglio» ha commentato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nell’esprimere apprezzamento per l’annuncio del premier. «Si tratta di una scelta importante per avere un interlocutore di governo forte e univoco nei confronti dell’Unione Europea dalla quale dipendono oggi gran parte delle politiche nell’agroalimentare ma anche per rafforzare la filiera agroalimentare made in Italy dal campo alla tavola» ha concluso Moncalvo, ricordando che «non è un caso che da tempo la Francia possa contare su un unico Ministero dell’Agricoltura, dell’Agroalimentare e delle Foreste». L’annuncio di Renzi conferma il trend che nel 2015, anno di Expo, ha visto il fatturato dell’agroalimentare italiano raggiungere i 135 miliardi sotto la spinta del record storico delle esportazioni e della ripresa dei consumi interni. Si tratta del secondo comparto manifatturiero made in Italy che svolge però un effetto traino unico sull’intera economia per l’impatto positivo di immagine sui mercati esteri dove il cibo made in Italy è sinonimo di qualità. (Coldiretti)

Nuovo piano di gestione per la pesca del rossetto in Toscana e Liguria Nel mese di gennaio è stato firmato al Palazzo dell’Agricoltura il decreto di adozione del nuovo Piano di gestione per la pesca del rossetto (Aphia minuta) con la sciabica e la circuizione senza chiusura in Toscana e Liguria (zona GSA 9), in deroga alle misure tecniche previste dal Regolamento (CE) n. 1967/2006, “Regolamento Mediterraneo”. Il nuovo piano consentirà la pesca del rossetto in queste aree fino al 2018. Il Decreto è stato adottato a seguito dell’approvazione del piano di gestione da parte della Commissione europea. «L’adozione immediata del decreto ministeriale, a seguito dell’approvazione da parte degli uffici di Bruxelles del piano di gestione, è un grande atto di responsabilità del Governo nei confronti dei pescatori che hanno tanto atteso il nulla osta della Commissione europea» ha sottolineato il sottosegretario con delega alla pesca Giuseppe Castiglione. «La pesca del rossetto in Toscana e Liguria dà lavoro a circa 130 imprese che impiegano 800 persone e il Governo ha ben presente che ogni giorno di attesa per l’approvazione del piano di gestione ha comportato, in considerazione dell’avvio del periodo di pesca, gravi difficoltà ai pescatori. Per questo abbiamo cercato di accelerare il più possibile i tempi della burocrazia europea, che richiedeva maggiori informazioni di carattere scientifico in merito alla conservazione della risorsa. Grazie a un attento lavoro di coordinamento, ora possiamo autorizzare in tempi brevissimi le imbarcazioni che presenteranno la domanda». Il rossetto è un piccolo pesce osseo caratterizzato da una taglia massima di 6 cm. In Italia rappresenta un’importante risorsa della pesca artigianale e la sua cattura, nei mesi invernali, è una consuetudine della flotta artigianale. La pesca del rossetto è svolta tradizionalmente sotto costa mediante l’uso di sciabiche e reti da circuizione senza chiusura. Il Regolamento Mediterraneo consente deroghe, se giustificate da vincoli geografici specifici, alle attività di pesca che non abbiano un impatto significativo sull’ambiente marino, interessino un numero limitato di imbarcazioni, non possano essere esercitate con altri attrezzi e rientrino in un piano di gestione. La pesca del rossetto è stata quindi autorizzata nella GSA 9 (Liguria, Toscana) per il triennio 2011-2014, in deroga al Reg. comunitario 1967/2006, nell’ambito di un piano di gestione approvato dalla Comunità europea e scaduto nel 2014. Il MiPAAF ha proceduto a ripresentare un nuovo piano di gestione nazionale 2015-2018 in deroga ai valori minimi stabiliti dal Regolamento Mediterraneo relativi alla distanza dalla costa e profondità per le sciabiche da natante per la pesca del rossetto nelle acque territoriali del GSA 9. Piano approvato solo in gennaio dagli uffici di Bruxelles. (Ufficio Stampa MiPAAF)

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AZIENDE

Una case history di successo basata su una partnership vincente

STEF Italia e La Nef, a ciascuno il suo mestiere di Elena Benedetti

L’attività di logistica è una componente tanto critica quanto strategica nella filiera ittica. Essa ha un impatto sul prezzo dei prodotti al consumo e tale impatto è tanto maggiore quanto più deperibili sono le merci in questione. Si sa che la minore shelf-life richiede più tempestività nella logistica e quindi un livello di servizio più performante. In tale contesto il ruolo dell’operatore

logistico, al quale vengono sempre più spesso esternalizzate attività di trasporto, distribuzione, gestione dei magazzini, diventa sempre più strategico. Questa è una case history di successo che spiega la strategia vincente di un’azienda moderna nel concentrarsi sul proprio prodotto delegando una parte strategica del business al fornitore. I protagoni-

sti sono STEF Italia, specialista europeo della logistica del freddo, leader nella logistica, groupage e trasporto, e La Nef (www.lanef.it), società di distribuzione del salmone affumicato. Abbiamo incontrato il suo presidente, GIORDANO PALAZZO, ANDREA ROSSI, direttore Vendite Trasporto Mid Market di STEF Italia e FRANCESCO MINUNNI, SRM Area Sud di STEF Italia, per sondare come

Prodotto di alta gamma di La Nef, realizzato dopo 30 anni di attività, Coda Nera si ottiene attraverso la selezione dei migliori salmoni freschi. La versione Riserva è destinata al Salmone atlantico a marchio Label Rouge, un riconoscimento riservato a un numero limitato di allevamenti. Le zone tipiche di allevamento sono le isole del nord della Scozia e della Norvegia, in mare aperto e incontaminato, caratterizzato da basse temperature dell’acqua e da una lenta crescita dei salmoni.

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nasce e si sviluppa nel tempo una partnership vincente.

Giordano Palazzo, fondatore e presidente di La Nef di Osimo (AN). «Il servizio di STEF Italia e lo standard qualitativo che questo partner ci garantisce è per noi fondamentale, dato che ci consente di non investire in struttura permettendoci di fare il nostro mestiere. Quel mestiere nel quale siamo bravi!».

La Nef, qualità di prodotto e servizio grazie al fornitore giusto Fondata nel 1989 con sede a Osimo, in provincia di Ancona, La Nef inizia la sua attività come distributore locale di salmone affumicato. «Il mondo del salmone affumicato è facile e al contempo difficile — mi spiega Giordano Palazzo — perché non ci sono tante figure preparate in questo business. C’è molta improvvisazione nel mercato ma, allo stesso tempo, parecchie opportunità da cogliere. Abbiamo iniziato a lavorare concentrando la nostra attenzione verso un tipo di logistica attenta al costo del servizio per poi maturare un cambio di strategia. Dovevamo trovare un tipo di collaborazione con un nuovo fornitore che fosse davvero profonda, per crescere e consolidare la nostra posizione sul mercato». La collaborazione con STEF Italia «Siamo fornitori di prodotti di eccellenza con salmone, tonno e pesce

spada, ma la qualità del prodotto non può prescindere dagli standard di servizio che dobbiamo garantire ai nostri clienti, in gran parte insegne della DO e GDO» precisa Palazzo. «Abbiamo così puntato sul miglioramento del servizio andando alla ricerca di un fornitore che ci potesse seguire e garantire gli stessi standard qualitativi. La collaborazione con STEF Italia si sta dimostrando vincente: si stanno aprendo possibilità importanti. Essendo un’azienda di distribuzione dobbiamo fare attenzione a pianificare investimenti strutturali e questo ci dà dei vantaggi. Nel corso degli anni abbiamo capito che dovevamo crescere e, in quanto distributori di un prodotto di altissimo livello qualitativo, abbiamo puntato sul miglioramento del servizio andando alla ricerca di un fornitore che ci potesse seguire e garantire gli stessi standard». Una collaborazione quella tra STEF Italia e La Nef confermata dai numeri, con 3.000 tonnellate di prodotto annuo venduto con le tre linee “Coda Nera”, “Bottega del Mare” e

STEF Italia offre una copertura totale del territorio nazionale attraverso 28 piattaforme.

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Magazzino STEF Italia.

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Per STEF il premio “Il logistico dell’anno” 2015 In occasione della undicesima edizione del premio “Il logistico dell’anno” 2015, il principale riconoscimento in Italia del settore fondato e organizzato da Assologistica, l’associazione delle imprese della filiera logistica italiana in c/terzi, insieme alle sue ramificazioni, la testata Euromerci ed Assologistica Cultura e Formazione, STEF è stata premiata per il suo piano di associazione dei dipendenti al capitale aziendale in Italia. Sin dalla sua creazione, STEF, specialista europeo della logistica del freddo, persegue un piano di associazione dei dipendenti al capitale aziendale, fattore di vera e propria coesione sociale. Questa ambizione si concretizza in una politica che favorisce l’azionariato dei dipendenti, implementata in Francia nel 1993. Nonostante l’assenza di un’armonizzazione fiscale a livello europeo, STEF ha deciso di estendere progressivamente tale principio di partecipazione dei dipendenti all’azionariato della società ai collaboratori delle filiali nei Paesi in cui opera: Spagna e Portogallo nel 2005 e Belgio nel 2012. Dal maggio scorso, i 528 collaboratori del Gruppo STEF in Italia possono beneficiare di un Piano di Risparmio Aziendale. «Siamo particolarmente orgogliosi di questo premio, che riconosce il nostro piano di azionariato dei dipendenti in Italia» ha affermato la Direzione Generale di STEF Italia. «STEF ha reso il principio di associazione dei dipendenti al proprio capitale un modello unico in Europa nel settore del trasporto e della logistica. Il Piano di Risparmio Aziendale è uno strumento di fidelizzazione dei collaboratori e di sviluppo di una cultura aziendale forte. La sua attuazione in Italia, secondo Paese del gruppo in termini di fatturato, rafforzerà il legame già esistente tra il gruppo e i propri collaboratori, offrendo loro la possibilità di essere maggiormente associati agli sviluppi e alle performance future del gruppo. L’azionariato dei dipendenti consente altresì di sviluppare un rapporto di fiducia e di responsabilità condivisa tra tutti».

STEF Italia offre un servizio globale, effettuando un’attività logistica e trasporto a 360º su tutta la supply chain agroalimentare.

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“Re Salmone”. Il segmento di mercato del salmone in Italia è in crescita, forte dell’immagine positiva che il prodotto ha presso il consumatore, che lo acquista per le proteine nobili, i benefici nutrizionali e la praticità in cucina. Ma i margini di sviluppo sono altrettanto ampi. «Da sempre siamo abituati a comunicare la qualità reale dei prodotti», sottolinea il presidente Palazzo, aggiungendo che nel mercato c’è fame di conoscenza e di argomenti. «Il mercato del salmone è caotico nella distribuzione ed è poco conosciuto. Fino a poco tempo fa il prodotto era stagionale. Nel 2015 abbiamo invece notato un grosso incremento delle vendite nei primi 10 mesi dell’anno, a testimonianza del mutato orientamento del consumatore all’acquisto oramai slegato dalle festività del Natale». STEF Italia, quando il fornitore di logistica cresce insieme al cliente «Da parte di STEF Italia c’è ammirazione e stima per questo cliente che

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rappresenta una bella realtà di imprenditoria italiana» mi dice ANDREA ROSSI, direttore Vendite Trasporto Mid Market di STEF Italia. «Abbiamo lavorato tanto per soddisfare le richieste di Palazzo e dei suoi collaboratori ed è stato interessante accompagnare questa azienda nella sua fase di sviluppo e crescita. Una sinergia di successo che per noi è motivo di gratificazione e orgoglio, anche per la delicatezza del prodotto che commercializza» aggiunge FRANCESCO MINUNNI, SRM Area Sud di STEF Italia. La collaborazione tra La Nef e STEF Italia è iniziata nel 2005, arrivando ad una copertura dei trasporti su base nazionale nel 20112012. STEF Italia oggi si occupa delle attività di logistica e di trasporto per La Nef, oltre alla gestione di un magazzino da 200 bancali a terra ubicato ad Ascoli Piceno. Da gennaio di quest’anno il Gruppo si occupa anche della stampa di tutti i documenti del magazzino, facendo così risparmiare tempo e spa-

zio a La Nef. «Se guardiamo nel nostro portafoglio clienti, le aziende che hanno avuto successo sono quelle che si sono concentrate sul loro core business lavorativo» sottolinea Rossi, aggiungendo che «la logistica è un è un driver di servizio ed è corretto che sia gestita da un player in grado di garantire quegli standard qualitativi ottenibili solo da chi fa della logistica il proprio core business». Ecco un bell’esempio di successo tra un’idea di business vincente e una partnership che consente al distributore di concentrarsi sul proprio prodotto, delegando una parte strategica ad uno specialista della logistica integrata. Elena Benedetti

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Consorzio Sàpere, una realtà lagunare di Luca del Grammastro e Renato Naccari

Il Consorzio Sàpere è una realtà societaria consolidata presente dal 2007 come commissionaria all’interno del Mercato Ittico all’Ingrosso di Chioggia, luminosa città lagunare, con un’identità contrassegnata da professionalità e serietà che hanno qualificato in questi anni l’intera forma aziendale. La qualità dei prodotti ittici commercializzati, la perfetta efficienza dei servizi e l’efficace logistica fanno del Mercato di Chioggia e del Consorzio Sàpere un preciso punto di riferimento per la rete distributiva italiana ed estera per tutti coloro che operano nella Grande

Distribuzione (GDO) e all’ingrosso. Sui mercati la merce è qualche volta meno importante del commercio e il commercio, a sua volta, meno interessante della passione stessa del negoziare. Così è nella marina di Chioggia, luogo di elezione per gli incontri e gli accordi, storico spazio delle mediazioni, delle contrattazioni e dello scambio. Uomini che affollano la piazzetta dell’isola dei Cantieri, le grida, gli sguardi, i traffici, il via vai di quanti comprano e vendono, i motopescherecci che sostano dopo una lunga notte di pesca, tutti comunque attenti alla freschezza

e qualità delle specie ittiche che concorrono a colmare la sala aste. Sicuramente il mercato è un luogo di elezione della socialità, un delicato punto d’intersezione di pubblico e privato, centro naturale della vita economica ma più ampiamente anche della comunità locale, della società civile, punto di riferimento spaziale nel contesto urbano. È una piazza che si identifica con le pietre umide del molo, gli scali del porto canale, i piccoli slarghi che secondano le banchine. Non può essere altrove, se non dentro quello spazio da tutti indicato come la Marina, spazio per

Mercato ittico di Chioggia (photo © sl4lifestyle.wordpress.com).

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“La qualità dei prodotti ittici commercializzati, la perfetta efficienza dei servizi e l’efficace logistica fanno del Mercato di Chioggia e del Consorzio Sàpere un preciso punto di riferimento per la rete distributiva italiana ed estera per tutti coloro che operano nella Grande Distribuzione e all’ingrosso” antonomasia aperto all’accesso di tutti, alle molteplici negoziazioni e a tutte le transazioni possibili. Il Mercato Ittico di Chioggia, inaugurato nel 1960 sull’Isola Cantieri, tra i due porti canale del Lusenzo e San Domenico, è uno dei più importanti del nostro Paese e si trova al centro di un tessuto produttivo che spazia dal porto peschereccio, ove attracca una delle maggiori flotte da pesca italiane, ad un insieme di industrie di importazione, lavorazione, stoccaggio e trasformazione del prodotto. Le modalità di commercializzazione del Consorzio Sàpere sono

quelle del fresco, vivo, congelato, decongelato, affumicato e confezionato anche da lontana provenienza. Il mare, la laguna, le valli da pesca, gli allevamenti in laguna e a mare di molluschi bivalvi come doni naturali e l’esercizio da parte della Marineria di Chioggia di tutti i tipi di pesca possibili (strascico, volante, nasse, ecc…) permettono l’apporto al mercato e al Consorzio stesso di una vasta gamma di prodotti ittici freschi. La posizione strategica dell’azienda all’interno dell’area mercatale, le celle frigorifere e i locali a temperatura controllata assicurano

costantemente il mantenimento della catena del freddo e gli elevati standard di qualità del prodotto grazie anche ad elevati standard igienico-sanitari dettate dal sistema di controllo HACCP. La funzione di un Mercato all’Ingrosso dei prodotti ittici è quello di supportare a terra lo sforzo del lavoro e della produzione di preservare il pescatore da interferenze parassitarie facendo sì che il ruolo della domanda e dell’offerta avvenga in assoluta trasparenza. Dott. Luca del Grammastro Controllo Qualità Renato Naccari Presidente Consorzio Sàpere

Consorzio Sàpere Via Giovanni Poli 1 Mercato Ittico Box n. 9/A-10/A 30015 Chioggia (VE) Telefono e fax: 041 404920 E-mail: info@consorziosapere.it

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PESCA

FAD: habitat artificiali per pesci in aiuto delle comunità costiere La FAO, in collaborazione con l’Unione Europea, ha appena completato il posizionamento di 25 FADs lungo i 3.300 km di costa della Somalia, un’iniziativa per potenziare la piccola pesca locale I dispositivi di concentrazione del pesce (FAD, acronimo inglese di Feed Aggregation Devices) sono costituiti da una boa galleggiante, con a pochi metri un “tappeto habitat”. La vegetazione cresce rapidamente sotto questo tappeto, attirando un gran numero di pesci, in sostanza creando nuove zone di pesca ad alta densità, dove non ne esistevano prima. I 25 “magneti”, posizionati in questi mesi dalla FAO lungo le coste somale, attireranno molte varietà di pesci, tra cui il tonno, che normalmente i piccoli pescatori non riescono a catturare con facilità, incoraggiandoli a pescare lontano da barriere coralline e praterie sottomarine, spesso sottoposte a uno sfruttamento eccessivo. Questo progetto è stato finanziato dal Giappone e dalla Svizzera, mentre le Forze Navali dell’Unione Europea (EUNAVFOR) — che hanno un ruolo importante nel combattere a livello regionale la pirateria e monitorare la pesca — hanno fornito la protezione e il sostegno logistico per la nave che ha distribuito i FAD. «Il progetto FAD è al centro del lavoro della FAO e dei nostri partner per incrementare i mezzi di sussistenza delle popolazioni costiere, rafforzarne le capacità di ripresa e per affrontare le cause profonde della pirateria (la pesca illegale, il degrado della pesca locale, gli alti livelli di disoccupazione giovanile) e l’insicurezza alimentare», ha affermato RICHARD TRENCHARD, rappresentante della FAO in Somalia. Il capo della delegazione dell’Unione Europea, nonché ambasciatore in Somalia, MICHELE CERVONE D’URSO, ha elogiato il programma FAD come

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un ampliamento decisivo dell’impegno già in atto di creare occupazione nelle zone della Somalia colpite dalla pirateria. «Si tratta di un approccio integrato per creare opportunità di

lavoro di lungo periodo e sostenibili per i giovani e per le donne, come alternative alla pirateria e all’emigrazione, sviluppando catene di valore nel settore della pesca per le comunità

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costiere delle regioni del Puntland, del Galmudug e del Benadir, dove tradizionalmente le comunità hanno unito la pesca stagionale ad attività pastorali», ha dichiarato d’Urso. La FAO ha lavorato con 20 comunità, oltre che con i ministeri federali e regionali della Somalia, per individuare i luoghi di distribuzione dei FAD e far sì che fossero ben accetti e utilizzati correttamente dalle comunità locali. Sviluppo ad ampio raggio Secondo i dati della FAO, sono poco più di un milione le persone in Somalia che al momento devono fare i conti con una grave penuria alimentare, mentre si stima che siano 307.800 i bambini sotto i cinque anni che sono affetti da malnutrizione acuta. L’agenzia delle Nazioni Unite considera la pesca sostenibile un elemento chiave per affrontare l’insicurezza alimentare e la malnutrizione nel Paese. Secondo il rappresentante della FAO RICHARD TRENCHARD, questi dispositivi dovrebbero aiutare a rilanciare uno sviluppo a lungo termine in queste comunità e, cosa più importante, incoraggiare gli investimenti per rafforzare legami con il mercato. «Oltre ad estendere il programma FAD ad altre aree, lavoreremo con i ministeri e le comunità di pescatori per attrarre ulteriori investimenti con l’obiettivo di realizzare ghiacciaie, magazzini a bassa temperatura dove conservare il pescato, impianti per la lavorazione del pesce, migliori luoghi di sbarco e, naturalmente, strade migliori per portare il pesce fresco il più rapidamente possibile ai

mercati», ha affermato Trenchard. Tra le altre attività connesse svolte dalla FAO in Somalia vi sono la costruzione di barche, la formazione su come conservare il pesce, la distribuzione di frigoriferi alimentati con energia solare, la costruzione di moli e la registrazione dei pescatori. Molte di queste attività sono state sostenute dai generosi finanziamenti della Norvegia e del Regno Unito. Oltre a questo, con il finanziamento dell’Unione Europea, la FAO prevede di lanciare un programma più ampio per stimolare ulteriormente la crescita del settore della pesca e ridurre la possibilità che in futuro riemerga la pirateria. Fondamentale puntare alla sostenibilità Poiché i FAD possono avere un impatto ambientale negativo se usati incautamente, la FAO è stata in prima linea per sviluppare linee guida per un loro uso sostenibile. La posizione in cui vengono collocati è la chiave per garantirne la sostenibilità. In Somalia i dispositivi forniti dalla FAO sono stati dispiegati in luoghi mirati dalle acque profonde e sono ancorati al fondo marino. La FAO è stata attivamente impegnata con le donne, con i giovani e con i pescatori, oltre che con le autorità competenti, per sviluppare le migliori pratiche locali di gestione e regole in grado di ridurre il rischio di conflitti a livello locale e garantire l’uso sostenibile di ogni FAD. Queste regole sono sancite negli accordi locali, firmati dagli anziani dei villaggi, dai capi delle cooperative e dai ministeri. (Fonte: FAO – Food and Agriculture Organization)

FAO, working with the European Union, has just completed the deployment of 25 “fish magnets” along Somalia’s 3,300-km coastline, a move that will boost the nation’s small-scale artisanal fisheries.The FishAggregating Devices (FADs) consist of a floating buoy and “habitat mat” a few metres across. Plant life quickly grows under the mat, attracting large numbers of fish, in essence creating new high-density fishing grounds where none existed before. The 25 “fish magnets” will attract many different fish species, including tuna, that normally small-scale fishers cannot easily catch, making fishing more safe and efficient, while also encouraging fishers to switch their fishing efforts away from habitats such as coral reefs and sea grasses that are vulnerable to overfishing.

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MERCATI

Nel 2015 prezzi bassi e domanda stagnante

Il tonno aspetta ancora la ripresa di Roberto Villa

Il 2014 ha fatto segnare il minimo degli ultimi sei anni per quanto riguarda i prezzi del tonno skipjack; ciò ha pesantemente influenzato l’andamento della domanda mondiale. Tale discesa è proseguita fino a metà 2015, scendendo addirittura sotto i 1.000 dollari per tonnellata, a causa di una domanda stagnante dei principali bacini di consumo,

vale a dire USA, Unione Europea e Medio Oriente. A partire dal luglio del 2014 si sono verificati aumenti nelle catture di tonno nel Pacifico occidentale ed orientale, sebbene le importazioni da parte delle imprese di confezionamento della Tailandia siano scese del 10% e del 7% rispettivamente per il tonno skipjack e per il tonno a pinne gialle, se para-

gonate al 2013. Nel primo trimestre del 2015 le importazioni tailandesi di tonno congelato sono scese del 20% (–38.500 tonnellate) rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente. Stessa situazione anche per i principali paesi del Sud America, con importazioni in calo del 14% e del 7% per skipjack e tonno a pinne gialle, sebbene le catture nel Pacifi-

Tonni skipjack catturati nelle Filippine (photo © meganbailey.ca). Il tonnetto striato o skipjack (Katsuwonus pelamis) è il tonno più utilizzato nelle conserve, soprattutto nel Nord Europa.

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co orientale siano state in aumento di oltre il 20%, fino a totalizzare 169.000 tonnellate nel trimestre. Al fine di contenere il persistere delle basse quotazioni, la World Tuna Purse Seine Organization ha deciso di ridurre del 35% le catture nel Pacifico occidentale e centrale tra maggio e dicembre 2015. La Tailandia, nel primo semestre del 2015, ha sofferto di un fatturato in discesa del 20% circa, corrispondente ad una diminuzione dell’8% nei volumi, sebbene gli incrementi significativi verso i paesi arabi (Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Oman) e verso il Brasile (+26%) non siano riusciti a compensare il declino delle esportazioni verso USA, Europa, Giappone, Australia. Situazione simile per l’Ecuador, che ha registrato un calo dei volumi intorno all’8% nonostante maggiori spedizioni, oltre il 20%, verso UE e USA. Sulle piazze di Bangkok, Manta (Ecuador) e Mahe (Seychelles) i prezzi si sono stabilizzati intorno ai 900-1000 dollari/tonnellata per lo skipjack e ai 1500-1550 dollari/ tonnellata per il pinne gialle. Nell’Atlantico, i prezzi medi ad Abidjan (Costa d’Avorio) erano rispettivamente pari a 950 e a 1.650

“La Commissione per la conservazione del tonno atlantico (ICCAT) ha consentito per il 2015 un incremento del 20% delle quote di cattura, grazie al recupero del patrimonio di tonno pinne blu seguito ad un contenimento nell’ultimo triennio” dollari/tonnellata. La Commissione per la conservazione del tonno atlantico (ICCAT) ha consentito per il 2015 un incremento del 20% delle quote di cattura, grazie al recupero del patrimonio di tonno pinne blu seguito ad un contenimento nell’ultimo triennio. Per l’inizio del 2016 non si intravedono condizioni di mercato differenti, con un’offerta abbondante a prezzi bassi e una domanda globalmente stagnante. I consumi di tonno fresco e congelato Sul fronte dei consumi, in Giappone è continuato il calo, ad esclusione dei periodi corrispondenti alle tradizionali festività di aprile e maggio, sia per quanto concerne il tonno fresco destinato al sashimi, sia per il tonno congelato; da notare che nel primo

Preparazione di tonno (photo © allatsea.biz). Se solo una dozzina di anni fa i Giapponesi mangiavano oltre 40 chili di pesce l’anno, ora sono scesi a 27. Per la prima volta dal 2006 il consumo di carne ha infatti superato quello di pesce e il Giappone è diventato il primo importatore al mondo di maiale.

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semestre la riduzione è stata del 50% circa rispetto al 2010. Unici dati in controtendenza sono l’aumento delle importazioni di prodotti congelati (+3%), dovute ad una stagione localmente iniziata in ritardo, e l’aumento delle importazioni di filetti di tonno congelati, passati da 10.500 a 13.000 tonnellate nel primo trimestre del 2015 sul 2014. Negli Stati Uniti si è verificato un leggero aumento di importazioni di prodotto sia fresco sia congelato, tale da far sopravanzare il Giappone in termini quantitativi, con principali fornitori Tailandia, Maldive, Trinidad e Tobago e Sri Lanka, quest’ultimo risalito in posizione privilegiata a seguito del bando emesso dall’Unione Europea. In conseguenza di tale bando sono aumentate nell’UE le importazioni da Ecuador, Vietnam e Messico, dirette principalmente nel Regno Unito. I consumi di tonno in scatola Sono rimasti assestati su valori decisamente bassi i consumi di tonno in scatola nelle principali aree del mondo (USA, Unione Europea, Medio Oriente, Australia). Nella UE si è verificato un leggero calo delle importazioni di tonno lavorato, con i filetti a rappresentare circa il 30% dei volumi totali. All’interno della UE, Spagna, Italia e Francia sono i principali Paesi dove avviene la rilavorazione dei filetti cotti; nel primo semestre del 2015 le importazioni sono aumentate, con provenienze da Indonesia, Papua Nuova Guinea, Costa d’Avorio, tutte superiori al 30% rispetto allo stesso periodo del 2014. Le importazioni di tonno in scatola da parte del Giappone sono aumentate del 7% circa, mentre in Australia sono rimaste stabili. Buona anche la richiesta dai Paesi arabi. Roberto Villa

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Alti prezzo e domanda del salmone norvegese, Cile in affanno

Il mercato del salmone nel 2015 di Roberto Villa

Il bilancio dell’anno 2015 per il salmone allevato può essere archiviato con una nota tutto sommato positiva, sebbene in maniera non omogenea in tutti i Paesi produttori. Se la Norvegia continua a trarre beneficio da un prezzo piuttosto favorevole, grazie principalmente ad una domanda robusta proveniente dall’Unione Europea, il Cile sta affrontando prezzi ormai scesi ai livelli del 2012, tuttavia con costi di produzione superiori a quelli degli altri Paesi. Sul fronte del salmone selvatico, le catture sia in Russia sia in Alaska sono state eccezionali dal punto di vista dei numeri; in particolare l’Alaska ha fatto registrare il secondo miglior risultato di tutti i tempi, con 257 milioni di pesci, anche se il dollaro, rafforzatosi sulle altre valute, non

è stato di aiuto per le esportazioni di questo straordinario raccolto. I prezzi del salmone norvegese hanno iniziato il 2015 inferiori di 5 NOK/kg rispetto al prezzo del 2014, a causa dell’elevato volume dell’anno precedente, che ha inoltre dovuto smaltire le scorte del mercato russo, chiuso alle importazioni di determinati generi alimentari. Durante l’anno si sono però manifestate diverse condizioni favorevoli al rialzo dei prezzi (diminuzione del peso medio dei pesci, abbassamento delle temperature, calo della biomassa, deprezzamento della corona rispetto all’euro), tali da chiudere l’anno su valori superiori a quelli del 2014. Peraltro è da notare che, secondo gli operatori economici, il mercato scommette che per i prossimi

due anni il prezzo del salmone norvegese si manterrà su livelli elevati. Un discorso completamente opposto riguarda invece il prodotto di origine cilena, per il quale una domanda depressa nei principali Paesi di destinazione ha determinato una repentina caduta dei prezzi di esportazione: nella settimana 42 del 2015 i filetti di salmone atlantico fresco sul mercato statunitense avevano una quotazione media di 7,23 USD/ kg contro i 9,30 USD/kg registrati nella stessa settimana dell’anno precedente, corrispondenti ad una diminuzione di oltre il 22%. Come prevedibile, il prezzo del salmone selvatico, soprattutto del salmone rosa e del sockeye, è rimasto basso proprio a motivo delle elevate catture.

Allevamento di salmoni in Norvegia (photo © Tor-Eddie Fossbakk/ACG). Secondo il Norwegian Seafood Council, nei primi tre trimestri del 2015 la Norvegia ha esportato 571.000 tonnellate di prodotto verso l’UE, per un controvalore di circa 25 miliardi di corone.

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riore rimuneratività per le industrie del settore. Non ci sono tuttavia solo notizie positive, poiché i costi di produzione sono previsti in rialzo a causa di due fattori: le condizioni climatiche anomale dovute al fenomeno El Niño, che potrebbe ridurre drasticamente le catture di anchoveta in Sud America, con un conseguente brusco innalzamento del prezzo delle farine di pesce; il pidocchio di mare, che nel corso del 2015 ha raggiunto livelli preoccupanti in alcune zone della Norvegia, potrebbe influenzare negativamente la produzione di biomassa. Tartine con salmone norvegese e formaggio (photo © lovedbyparents.com). Norvegia Un altro anno molto remunerativo per la salmonicoltura del paese scandinavo, grazie all’incremento delle esportazioni avvenute a spese di altri Paesi. Le preferenze dei consumatori negli Stati Uniti hanno indotto molte catene della Grande Distribuzione a rifornirsi sul mercato norvegese piuttosto che su quello cileno, nonostante il principale mercato per il salmone atlantico norvegese resti l’Unione Europea, area geografica che sembra non essere influenzata dai persistenti prezzi alti. Gli esportatori norvegesi hanno infatti tratto vantaggio dalle maggiori domande provenienti da Unione Europea e USA, nonché dall’indebolimento del cambio contro l’euro, per colmare la mancanza dello sbocco russo a causa dell’embargo. Sono aumentate le esportazioni verso tutti i nove principali mercati esteri, rappresentati da Paesi membri dell’Unione Europea; la Polonia — il principale mercato, dove il salmone è destinato in buona

parte alla lavorazione e all’affumicatura — ha raggiunto la quota del 13% dell’export complessivo norvegese. Secondo il Norwegian Seafood Council, nei primi tre trimestri del 2015 la Norvegia ha esportato 571.000 tonnellate di prodotto verso l’UE, per un controvalore di circa 25 miliardi di corone, pari rispettivamente ad un incremento dell’11% e del 14% sullo stesso periodo del 2014. Anche il deprezzamento della corona contro il dollaro statunitense ha sostenuto l’incremento delle spedizioni dall’altra parte dell’Atlantico e pure il mercato asiatico ha visto esportazioni pari a 111.000 tonnellate nei primi nove mesi del 2015 per un controvalore di circa 5 miliardi di corone. La produzione totale norvegese nel 2015 è cresciuta del 4% circa rispetto all’anno precedente; un aumento simile è stimato per il 2016. I prezzi sono previsti sui medesimi livelli alti raggiunti a fine 2015, il che si tradurrà in un’ulte-

“La Norvegia continua a trarre beneficio da un prezzo piuttosto favorevole, grazie principalmente ad una domanda robusta proveniente dall’UE, mentre il Cile sta affrontando prezzi scesi ai livelli del 2012, con costi di produzione superiori a quelli degli altri Paesi”

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Cile L’anno passato è stato tutt’altro che memorabile per la filiera salmonicola del paese andino, a causa di numerose circostanze negative manifestatesi contemporaneamente: la svalutazione delle valute di alcuni dei principali mercati di sbocco (Brasile, Russia); l’aumento delle importazioni di prodotto norvegese da parte degli USA (che tuttora costituiscono il 25% delle destinazioni per le esportazioni cilene). Secondo il rapporto emesso da Subpesca, il salmone atlantico ha rappresentato il 47,5% del totale raccolto nel paese durante il primo semestre 2015, pari a 206.000 tonnellate, tuttavia con un drastico calo del 33% rispetto al primo semestre 2014. Regno Unito Dopo il picco produttivo di 180.000 tonnellate registrato in Scozia nel 2014, le quantità raccolte nel 2015 non hanno doppiato quel valore. Gli USA hanno reperito il salmone fresco preferibilmente da Norvegia e Canada piuttosto che dal Regno Unito, a motivo della svalutazione delle due valute locali contro il dollaro con evidenti benefici di cambio rispetto alla sterlina. Poiché le isole Far Øer hanno esportato molto di più verso la Federazione Russa, buona parte del salmone scozzese è stato destinato al mercato interno britannico. Federazione Russa La disponibilità di salmone atlantico estero è diminuita in maniera con-

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(+3.000 tonnellate nei primi sei mesi) derivante dalle catture realizzate nella parte orientale del grande paese, reso competitivo anche grazie alla praticabilità della rotta navale artica che ha consentito di ridurre i prezzi della distribuzione del 20%, il quale altrimenti sarebbe stato più economicamente destinato al vicino mercato dell’Estremo Oriente (Giappone, Cina, Corea del Sud).

Allevamento di salmoni in Cile (photo © business-ethics.com). sistente nel corso del 2015, con una contrazione di oltre il 50% (secondo l’Agenzia Federale delle Dogane, nel primo semestre le importazioni sono state pari a 30.000 tonnellate contro un valore doppio nel primo semestre del 2014). Attualmente, dopo

l’inclusione ad agosto dell’Islanda nell’ambito delle nazioni oggetto di embargo, i soli fornitori di salmone atlantico fresco sono le isole Far Øer e il Cile. In sostituzione del prodotto importato, è aumentato molto il consumo di salmone pacifico nazionale

Giappone La domanda per il salmone atlantico fresco è rimasta stabile mentre la svalutazione dello yen non ha consentito se non esigui incrementi nelle importazioni di salmone dall’Alaska e dal Cile. La recente sigla di un trattato di collaborazione economica transpacifica con altri Paesi della sponda opposta dell’Oceano consentirà di ridurre il 95% delle tariffe sui prodotti ittici, incluse alcune sul salmone congelato, con prevedibili aumenti degli scambi commerciali verso il paese nipponico. Roberto Villa

Società Agricola Moceniga Pesca S.S. V.le Marconi 3/A 45010 - Rosolina (Rovigo) Tel./Fax: 0426 340265 E-mail: moceniga@libero.it

Centro di Depurazione e Spedizione

Centro di Depurazione e spedizione molluschi Via dell’Artigianato 20/22 45010 - Rosolina (Rovigo) Tel.: 0426 270034 Fax: 0426 047500 E-mail: segreteria@moceniga.it Web: www.moceniga.it

Viale Marconi 68 - Rosolina (RO) - Fax 0426 047500 - 0426 664990 Web: www.almeca.it - E-mail: almeca2007@libero.it


OSSERVATORIO INTERNAZIONALE

Aquaculture Feasibility study

Specific Timor-Leste aquaculture vacated areas: practical proposal First part by Gianluigi Negroni

Timor-Leste has a large untapped resources of sites that can be used for brackish water and marine aquaculture. It is very important to choose the most appropriate place and secure a good project organization to permit the development of a profitable Timorese aquaculture sector. An appropriate feasibility

study is the right tool to develop a profitable aquaculture sector in Timor-Leste. This paper is particularly target to develop aquaculture in the most favorable places in TimorLeste. Until now a lack of technical knowledge for fish farm construction is shown in Timor-Leste. Several farms constructed until today does

not respect the minimal technical requirements for the developing of a modern and profitable aquaculture. Favorable aquaculture place in Timor-Leste The main objective of the aquaculture is to have an economic activity, the construction cost often are a

Fish market, Dili, Timor-Leste (photo Š ADB/Luis Enrique Ascui, www.ctknetwork.org).

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Fig. 1 – NIWA and NDFA aquaculture plan (NIWA 2015). bottleneck particularly for the little size aquaculturist. The economic activity includes also the nutrition as expensive fish flower is one of the best protein available sources. Generally local potential aquaculturist has very little capital available and often has other priorities. To choose the most appropriate site is the first good step to develop the aquaculture industry in Timor-Leste. Technology must follow the site characteristic for a profitable and sustainable aquaculture. After several field surveys the writer has a good idea of the most appropriate places for the freshwater and marine aquaculture in Timor-Leste. Freshwater aquaculture Timor-Leste has available and good quality water. Actually, according with the writer opinion, the easiest place to develop aquaculture farms are in the already well established irrigation scheme. One of the best examples are the Maliana and Manatuto irrigation schemes but there is many other available. Manatuto has also a favorable brackish water aquaculture situation. Moreover the rice cum fish aquaculture is another way to develop the fish culture, some

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examples are already in the country but not well diffused. Utilizing these already irrigated sites the construction cost are less, logistic already organized and the water always available. Water can easy recycled in the close agriculture land, so there is not any competition. In fact in a new aquaculture site the construction and maintenance costs of water collection and networking is generally high. Generally the irrigated visited areas are clay soil and some are close to the sea for a good brackish water aquaculture. Thousands Ha of land is already available for freshwater and brackish water aquaculture with a very low investment. In Figure 1 it is possible to see the actual and future aquaculture activities in Timor-Leste, mainly are freshwater aquaculture. Marine and brackish water aquaculture The Timor-Leste marine aquaculture can be developed in the available “mud flat”, many are available along the northern and southern coast. Until now a very little fraction are used for aquaculture. Actual aquaculture in mad flat are using the intermittent tidal water, this very primitive aquaculture and does not

permit to perform a modern aquaculture farming system. Only the use of an appropriate farming system, where the pond could be emptied and filled appropriately, can permit the development of a modern aquaculture industry in Timor-Leste. It is possible to find several examples of low coast land with large aquaculture possibilities and availability of marine and fresh water to develop brackish aquaculture. One site is the Atabai coastal plan (Louas) and the Manatuto irrigation Scheme on the coast (Mr. G. Negroni personal Survey). Moreover there are the some sheltered areas where it is possible to develop some cage culture, they are: Atauro island (Biqueli and Beloi areas), Cristo rei and Tibar (see report FAO Feasibility study and pilot culture production of marine finfish cage culture in Timor-Leste, Mr. Irzal Effendi 2015 and Negroni field survey 2015). How to organize the aquaculture chosen aquaculture site The most interesting aquaculture spots can be organized in an effective way. We know the land property in TL could be a problem but with a good organization this point can be solved. The new constitution or

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Fig. 2 – Atauro Island cage sites (Mr. Effendi FAO mission 2015).

Fig. 3 – Example of possible aquaculture site, one already developed in the past, Gulumanu.

Fig. 4 – Atabai rice plan and coastal zone (Negroni West coast field survey, 2015).

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the revamp of “local aquaculture group” is a mandatory action to be firstly done and to obtain the local people collaboration. In fact it already was experienced poisoning of the new aquaculture sites for futile local problem, the social factor in Timor-Leste must be appropriately considered. As many sites are of limited extension the aquaculture operation must be limited to the available place without harming the mangrove areas, or other activities if any. All the favourable sites close to the urban centre have a strong competition from other activities as port, tourism and coastal land urbanization. The land aquaculture site must be well equipped for modern aquaculture activities as you can see in the next chapters as for structure (canal, pond, worker house,…) as for equipment (pumps, truck, bin, ice, laboratory, net,…). An appropriate aquaculture “guiding” must be present for the first cycles and when it is needed as the local aquaculture association need to understand how to manage an aquaculture business. The chosen areas must than have a detailed feasibility study to assess all the strong and weak points of the aquaculture venture and to attract the needed capital. Capital can be from the private sector, MAF and Donor Partners. The project can subdivided the available area in several ponds and given to the member of the aquaculture group after an appropriate training. This kind of organization has several examples in the world, some they call “Social Aquaculture” in Indonesia (pond) or “Mariculture Park” (cage aquaculture) in Philippines. The result of this group aquaculture is different but it is possible to consider them positive. See the old abandoned farm in the upper part of Figure 3. It is possible to develop some hundreds Ha of fish ponds in this coastal marine area. Several other coastal plans are available along the Timor-Leste coastline (Negroni Western coast field survey 2015). In Figure 4 it is possible to note the Atabai rice irrigated areas that have an irrigated rice network that

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Advantages to the Central Farm • More products from other producers to process and direct marketing. • Specialize in the industrialmarketing aspects. • Reduced capital investment in production facilities. • Increased sales of feed, fry, services. • Access to international financial institutions.

Diagram 1. can be used in the coastal zone for brackish aquaculture. The available total costal area is almost 300 Ha, not all utilizable for aquaculture due to some limited human presence. The undersigned estimated in 50% the aquaculture available coastal area. Technical aquaculture steps The entire life cycle of the aquaculture crop, from egg to market-size product, are completed in a production line composed of these stages: • Hatchery: parental brood stock produces high quality hybrid fry; • Nursery: young fry are raised to juveniles; • Grow out: juveniles are raised to market size product; • Processing Plant: processing and packaging of fish fillets; • Support & service: ensuring supply of feed, disease control, etc…; • Marketing: distribution to local and foreign markets. In a vertically integrated system, all production stages are carried out under the same business/ownership roof. Alternatively, the same components could be carried out differently, employing the strategy of Central Farm – Satellite Farms, as follows: * Central Farm: carries out activities seen in the Diagram 1. It maintains the parental brood stocks, performs the hatchery and partial nursery activity, and is responsible for processing & marketing. The Central Farm

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provides all the support and back-up services; Satellite Farms: are engaged in one production stage only, namely: the “fattening” grow out of fingerlings to market size product (Grow out may also be carried out by the Central Farm); The division of the production line between the Central Farm and the Satellites allows specialization and optimization of the production process. Satellite Farm is essential, for the individual farmer, agricultural cooperative or agricultural entrepreneur, lacking the ability to manage and control the technically complex parts of the production line. It is beyond the capability of the farmer to engage in final product packaging and marketing to foreign markets. On the other hand, the Central Farm is better equipped to master the technically complex steps including hatchery, processing, packaging and export marketing; Local business enterprises, Governments and international Aid organizations have an interest in participating in Satellite Farming projects, because they bring about development in rural communities; Satellite Farming can create a win-win situation for all concerned. Central farm could be based where the aquaculture industry is already well developed.

Advantages to farmers, agricultural cooperatives and agricultural entrepreneurs • New production system for market. • Increased employment and income generation. • Reliable supply of fry, feed, extension services. • Reliable processing and access to markets. Advantages to Government & Regional authorities • Cause development in rural areas. • Increased employment. • Increase foreign currency generation. • Possibility of obtaining development loans from international finance institutions. • Less risk of default on repayment, due to involvement of the Central Farm. Data collection manual The Data Collection Manual organizes the gathering of preliminary data needed to select a suitable site for your fish farm. The information gathered in this Manual will be used by to determine the suitability of the site and to define a Project Concept, suited for the site conditions. The Manual is provided as a questionnaire, divided into the following categories: • Land and slope data; • Infrastructure; • Water Sources; • Water Analysis; • Climatic Data; • Map Preparation; • Tide.

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Criteria for selecting the appropriate aquaculture crop • Full control over the life cycle processes in captivity; • Fast growth rate, from egg to market size; • Simple and inexpensive dietary requirements; • Hardiness and resistance to diseases; • Market acceptability; • Availability of advanced and proven technology. A few other “burning” questions • How shall I choose the best possible site for my project? • What is the best production system? • What is the best possible crop organism to rise? • How, and who, shall design my project? • What will be my operating costs? • What will be my financial returns, and profitability? • How shall I protect my investment in aquaculture over the years? Feasibility study To solve some question arisen in the previous chapter a technical feasibility study and a business plan for the establishment of the proposed fish farming aquaculture project must be inevitably performed. Objective • To prepare a bankable Business Plan for presentation to: 1. promoters for securing equity capital participation; 2. commercial banks and/or financial institutions for securing loan financing; • Local Government authorities for obtaining various permits & economic/financial incentives. Procedure A. The Business Plan is prepared for a specific site, with specific production goals in mind. Preliminary data is collected by you. B. Detailed data regarding site conditions and local economic parameters are gathered by a team of experts during site visitation. Site inspection includes thorough

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Criteria for an optimal aquaculture project • • • • • • • • • •

Located on a suitable site, reliable water source, suitable land and friendly neighbours. Knowledge of the relevant climatic and land conditions. Access to the relevant target markets. Surrounded by supportive infrastructure. Designed as a multipurpose production system. Engineered and constructed to last. Planned conservatively for cost-effective production, under local conditions. Backed up technologically. Environmentally friendly enterprise. Economic oriented.

Aquaculture site: factors to consider • • • • • • • •

Climate: precipitation, temperature range, winds, solar radiation, cloudiness. Water source: type, availability, seasonal flow rate, elevations, flooding. Water quality: composition, salinity, mud erosion, etc… Land: topography and the elevation system of land and water source. Soil: profile and mechanical characteristics for construction. Environment: pollution, hazards, sensitive ecological niches. Infrastructure: roads, services, access, communication, electrical grid, etc… Social: neighbors attitude.

examination of climatic, soil and other available data. Based on this data, various production alternatives are considered and analyzed and the most feasible one is selected. A Production Strategy is developed, the facilities needed to carry out the production plan are determined and the economic feasibility of the proposed aquaculture activity is analyzed. The economic analysis is based on actual local cost units and on local financial practices. The Business Plan is prepared in a bankable format, to enable presentation to local and/or international finance institutions. The scope and content of the business plan are agreed with the owner prior to initiation. The financial business plan must be prepared in Excel format and contain at least the following sheet: • Sales projection; • Capital cost assumption; • Capital cost;

• Income statement with all the important investment financial parameter as RoI (Return on Investment), break-even point, IRR (Internal rate of return), etc… This last table is calculated on a 10 years span to have a clear view on a large span of the farming time. The excel tables could be easy modified and updated to change the aquaculture farm scenarios. Engineering services provided for a typical aquaculture project The scope of work will be adapted on a case by case basis, to suit each individual project, according to site conditions, project scale and the design requirements. The total scope of the engineering work can be done in cooperation with a local engineering company, which will operate under the supervision of the commitment, and will carry out part of the scope of work, as shall be agreed. Basic engineering for the

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implementation of an aquaculture project includes: • Layout – Review of several layout alternatives of main production facilities. Detailed layout of selected, most suitable, alternative, place Very important to select the most appropriate: pumping station, water income point(s), input/output network channel, ponds size/height, settling pond, water receiving pond, bioremediation pond; • Flow scheme – Quantitative and qualitative engineering analysis of the water supply, drainage system and re-circulation water system. • Project development – Flow sheet showing the step by step project development; • Ponds – Specifications and detailed design of typical ponds for fish and Shrimp (the project may include 3-5 types of typical ponds, for the various production phases); • Grow out pond: • surface from 500 to 20.000 SQ MT, 10.000 the average; • shape, square with rounded corner, sometime a concrete or gravel ramp for vehicles access; • slope of pond walls dike 2-2,5:1, could be lined with high density polyethylene black liner to protect against erosion; • possibility of three-phase electricity outlets around the pond wall; • four or more jetty installed around the pond perimeter for feed and water quality control; • pond floor with 1:100 slope to the deepest part close to the monk outlet; • Main water intakes – Specifications and design of main water intakes (from sea, estuary, canal or river); • Water supply and drainage – Detailed design of the water systems and its various structures, adapted to the site topography, and including flow diagrams of the water supply and drainage systems;

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• Earthmoving – Guidelines for earthworks, computerized optimization of “cut and fill” calculations; • Tender for earthworks – List of items to be included in the tender for earthworks; • Pond inlet and outlet – Specifications and design of inlet and outlet structures; • Concrete works – Specifications and Guidelines for all concrete works, wherever applicable; • Structural works – Guidelines for structural works, wherever applicable; • Electrical system – Conceptual design of the electrical supply and distribution system, and an electrical one-line diagram; • Mobile equipment – Specifications and/or drawings of mobile operational equipment; • Operating equipment – Specifications and capacity calculations of the operating equipment, such as Fish Elevators, Screw Elevators, Automated Mobile Sorting Machine, Transfer Tanks, Chilled Water Installation for filling Transfer Tanks, etc…; • Processing plant – Basic and Detailed Engineering of processing plant building, piping, water system; air conditioning, cooling and refrigeration systems. General layout of the processing plant; flow scheme and block diagrams of the processing plant; processing equipment specifications; electrical system and distribution; electrical one-line diagram; specifications for the treatment plant; • Laboratory – Specifications for laboratory equipment; • Operational structures – Guidelines for operational buildings (such as feed storage, maintenance buildings, laboratory building, personnel eatery, bathroom and shovel, etc…). Essentials in site selection a. Studies of watershed and flooding records. This is to determine the possible future effect of fishpond development and to take appropriate precautions.

b. For marine site, Tidal studies in the locality. The local tidal characteristics regarding highest tides, lowest tides, annual absolute range and normal daily fluctuations are important considerations. For final determination of the suitability of a specific site, its elevation based on 0 tidal datum is important. c. Area available and topographic survey. Area and topographic survey are essential in planning layout and construction specifications. d. Water supply and quality. This is related to (b) above but more thorough survey has to be conducted once a site has been chosen for development. Salinity, turbidity, exposure to pollution and pH should also be considered. This is a key factor and one of the major costs of your future farm. e. Soil properties. For fishpond purposes the characteristics to be emphasized are: (i) load bearing capacity, (ii) pH, (iii) quality at different horizons, down to at least one meter (soil drill to be used), (iv) content of organic matter, etc… f. Climatic conditions. These include rainfall, temperatures, prevalent winds, rate of evaporation, seasons especially with regards to number of sunny days per year, etc… g. Vegetation. The type can be good index of site elevation, type of soil, etc… The expense for development will depend on age and size of trees. Buffer zones ranging from 10 to 50 meters from river banks or exposed coastal shores are advisable for wind and wave brakes. Some vegetated areas within big pond systems may be required. Mangrove areas must be generally respected could have acid-sulfite soil that are not favorable to the farming. h. Availability of management and labor manpower. This can be developed in time in fishpond development centers. Proper training of these industry manpower can contribute to the future of the industry.

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Fish for sale at the roadside in Timor-Leste (photo Š www.famillelewis.com).

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i. Marketing problems. These will include: (i) ice plants (ii) cold storage plants (iii) boats, trucks and rates of charges (iv) prevailing prices of products (v) availability and prices of input supplies. j. Accessibility and infrastructure. These should consider roads, harbors, airports and structures for educational health and social institutions for fishpond communities. k. Layout. This will depend on area available, topography, species intended to be cultured and type of management procedure to be adopted. The layout of the pond system will depend on the size and shape of the area. These will also determine the number and sizes of ponds and position of water canals and gates. In the modern layout system it is possible to have the following structures: pumping station, intake and drainage channel, ponds, settling pond, bioremediation pond and recycling pump. The above structures permit a well-managed water and fish system, this permit the best performances of your animals, maximizing your productivity and economic return. l. Construction. The procedure to be adopted will be based on the characteristics of the site as a whole. m. Selection data evaluation. Since the factors to be considered in selection of sites for development and in determining the suitability of each particular site are many, proper selection and determination should be based on the combined effects of the various factors considering the relative (weighted) importance of these factors. Secondary gates are usually now located not centrally but toward one end of the narrower side of the compartment. This gives good water turbulence and circulation during the water filling and discharging operations. The less gates there are, the less is the initial cost and also the maintenance. There are no gates between rearing compartments. In some areas, only one canal is used

for both supply and discharge while in shrimp culture there are separate channels for supply and discharge hence two gates per rearing compartment. Other configuration can be possible. Diversion canals are constructed where there is much water runoff from adjoining field. This prevents sudden salinity changes, entry of polluted water that is loaded with pesticides and also prevents entry of silted water into the pond complex. Pond compartments for fish nurseries usually constitute from 1 to 4 percent of the total area. The more intensive the culture, the wider are the nurseries. Bottom elevation of nurseries is usually same or slightly higher than rearing ponds. Location of nurseries is usually away from perimeter dikes but as close to the water supply gates as possible. It is now a common practice to have roofed small acclimatization compartments at the corner of the nursery or fry pond. Transition ponds also occupy like the nurseries from 1 to 4 percent or may be a bit larger. Bottom elevations may be lower than rearing ponds. The location is usually near the nurseries. In the past, 20 to 50 ha compartments were not uncommon. However, with new intensive methods, most of the rearing ponds are limited to a maximum of 0,5/1-5 or so hectares. This gives the operator better pond water and stock control. The tendency seems to be toward smaller units for flexibility and better marketing strategies. Elevation of rearing pond bottom for fish usually is such that a maximum of 140 cm of water can be held in the ponds during culture periods (minimum 100 cm). In modern ponds, a canal system to completely drain the water in the rearing ponds is usually built. This facilitates quick draining and complete and immediate drying. In principle, the good ponds are those with individual water control for each pond. Some intensively managed ponds are now yielding close to 10 tons/ha/year and more. Gianluigi Negroni


PRODOTTI TIPICI

Islanda, partner commerciale insostituibile per il suo merluzzo

La vita è baccalà di Riccardo Lagorio

Certo, direbbe qualcuno dai capelli ormai sbiaditi dal tempo, anche noi eravamo fieri di riprodurre un pesce sulle 5 lire. In verità, il rovescio delle 5 lire coniate per le spese quotidiane sino al 1999 raffigurava un delfino (e non già un pesce), ma ogni confronto con la numismatica islandese perderebbe di senso, dato che su tutti cinque i tagli che hanno corso legale sull’isola-Stato si trovano le effigie di animali marini, tra cui il capelano

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e il lompo. Pesci che sui nostri mercati sono pressoché sconosciuti e dei quali arrivano spesso solo le uova, succedanee del caviale. Del resto con i loro 1,5 milioni di tonnellate i pescherecci islandesi si collocano al 160 posto al mondo per prelievo di pesce dai fondali marini. E se l’equazione pesce sta all’Islanda come petrolio sta al Qatar risulta così d’intuitiva evidenza, si capisce perché la moneta da 1 Corona

rappresenti il pesce più amato qui in Italia e per il quale l’Islanda è partner commerciale insostituibile, il merluzzo. La produzione alimentare islandese è focalizzata sul grande valore delle materie prime ricavate da un mare ancora pulito. Avviene anche per il confezionamento del merluzzo, direttamente a bordo delle navi attrezzate con tecnologia all’avanguardia: lavorato e refrigerato, o

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Ma anche in Nigeria, dove si esportano soprattutto le teste di pesce secco, si consuma merluzzo islandese.

congelato o ancora salato e pronto per essere conservato. Per questa ragione il merluzzo islandese, sotto forma di baccalà, è rinomato e competitivo sui mercati internazionali. Tra le destinazioni più importanti ci sono il Regno Unito (il merluzzo è indispensabile per il loro fish and chips), la Francia, la Spagna (dove è quasi d’obbligo consumarlo durante la Settimana Santa e le festività di fine d’anno) e il Portogallo.

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La pesca del merluzzo: sostenibile e in crescita Pescato in maniera responsabile e trattato secondo i più alti standard riscontrabili nel settore, il baccalà è al centro degli scambi commerciali dell’Islanda da oltre cent’anni ed è considerato tanto identitario da figurare (squartato a metà sotto una corona d’oro su fondo rosso) persino nello stemma del Paese dal 1415 al 1903. La cattura di merluzzo nelle acque islandesi è contingentata da parte delle autorità internazionali e nel 2014 è stata di 223.000 tonnellate, con un incremento del 12% sull’anno precedente. La riserva del merluzzo islandese è, infatti, cresciuta notevolmente negli ultimi anni e la previsione è che nel medio periodo la quota possa di fatto incrementare. La pesca del merluzzo avviene durante tutto il corso dell’anno, con picchi tra febbraio e marzo e tra ottobre e novembre a profondità variabili tra 100 e 250 metri. Lì la temperatura è relativamente alta, toccando punte di 7°. Quasi il 50% delle catture avviene con il metodo a strascico e le più importanti zone di pesca si trovano nei fiordi occidentali e sulla costa sud-orientale. Una volta catturato, il merluzzo viene esportato fresco (in ragione del 35%), congelato a terra (il 23%) o messo sotto sale (il 22%). I pesci, debitamente eviscerati e lavati, vengono salati con alternanza di sale e messi uno sull’altro a una temperatura variabile tra 0° e 5°; successivamente le baffe che stanno alla base della colonna sono riposte in alto e così per almeno 3 mesi, tempo che si considera idoneo affinché il sale sia penetrato nei tessuti e ne consenta la conservazione. Il calo peso è in media del 50%.Le pezzature vengono rifilate a seconda delle richieste del mercato di riferimento. Oggi la disponibilità è anche di filetti, pronti a essere dissalati (operazione che di solito compie l’importatore nel Paese importatore), imballati in monoporzione e venduti per essere

cucinati. In Italia, tempo e procedure di preparazione del baccalà ne avevano rallentato il consumo, che oggi è in netta ripresa anche grazie a queste innovazioni di prodotto. L’ammollo per l’eliminazione del sale e per ridare consistenza ai tessuti del merluzzo appaiono azioni del tutto accettabili da parte di chi desidera assaporare il baccalà che, secondo una pratica distinzione non esaustiva delle caratteristiche differenze che si possono riscontrare tra una partita e l’altra, più il filetto è bianco, più è considerato di pregio. Evviva il baccalà Due dozzine di società tra armatori di pescherecci, produttori di imballaggi e lavorazione di merluzzo sono i finanziatori di una campagna che ha come obiettivo la valorizzazione nel Belpaese del baccalà islandese. Tutte le aziende coinvolte partecipano al progetto Islanda: pesca responsabile (Iceland Responsible Fisheries), tema assai caro alla popolazione di lassù, che prevede una particolare attenzione nei metodi di pesca e la massima limitazione degli scarti del pesce. In verità in Islanda hanno sempre recuperato tutto dal merluzzo: la pelle sostituiva il pane per le merende dei bambini, oppure conciata come il cuoio veniva usata per fare borse e oggi se ne ricavano preziosi portachiavi. L’intestino macinato viene dato in pasto ai salmoni d’allevamento mentre dal fegato si ricava il famoso olio di fegato di merluzzo, alimento ricco di proprietà e valori nutrizionali. Molte delle aziende del settore risultano a carattere familiare, come la Valafell di Ólafsvík (valafell.is) fondata nel 1969 da BJÖRN ERLINGUR JÓNASSON e KRISTÍN VIGFÚSDÓTTIR. La lavorazione di pesce ha superato nel 2015 le 1.000 tonnellate anche grazie all’ampliamento dell’impianto, che conta ora su 3.000 m2, un selezionatore di materia prima e di imballaggio forniti dalla ditta Marel, un nuovo sistema di eviscerazione e una nuova linea di taglio e pulitura che consegnano la società islandese ai primi posti al mondo per efficienza, sicurezza e tracciabilità.

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Essiccazione dei merluzzi.

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In Islanda, una volta catturato, il merluzzo viene esportato fresco (35%), congelato a terra (23%) o sotto sale (22%). L’azienda Vísir (visirhf.is) utilizza dal canto suo esclusivamente pescherecci dotati di palangari e procede alla lavorazione negli stabilimenti di Grindavík, una cittadina votata al settore ittico tra le più vive del Paese e offrendo prodotti ittici pensati per i consumatori più esigenti. Aziende che hanno rapporti commerciali con il mondo intero, poiché il baccalà vien poco utilizzato sulle tavole islandesi, dove si privilegia il consumo del pesce fresco (eccezion fatta per lo harðfiskur, pesce essiccato utilizzato come snack con pane di segale e burro). Tuttavia, l’impulso dato da cuochi italiani, tra cui il precursore SALVATORE TORRINI (padre della star musicale islandese Emiliana) e LORENZO ALESSIO, alla scoperta della

cucina mediterranea da parte degli Islandesi li ha in parte abituati all’abbinamento con sapori e prodotti del tutto nostrani. Il baccalà mantecato in biscotto di rosmarino e origano e l’esotica crocchetta di baccalà, cetriolo marinato e caviale di zafferano con yogurt rappresentano una nuova frontiera che Lorenzo Alessio (di origini calabresi dove il merluzzo è stoccafisso, pardon, stocco) ha fatto conoscere nel Paese atlantico prima che da noi. Una scenografica (e gustosa) rappresentazione del territorio è d’altro canto il carpaccio di baccalà e finocchio in salmoriglio e geyser di bergamotto (essenza dell’agrume è spruzzata su ghiaccio secco in modo da sprigionare il più distintivo dei profumi mediterranei) mentre

“La produzione alimentare islandese è focalizzata sul valore delle materie prime ricavate da un mare pulito. Avviene anche per il confezionamento del merluzzo, a bordo di navi con tecnologia all’avanguardia”

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il rimando calabrese si percepisce chiaramente nella frisella al baccalà e nella mezza manica fritta con capperi, olive, origano e baccalà, due amuse bouche di particolare intensità gustativa che forse s’inchina solo davanti alla fregola di baccalà affumicato, straordinaria rivisitazione nell’utilizzo della semola sarda. Mediterraneo, insomma, che si intreccia con il più settentrionale degli Stati europei e crea un unicum di sapori, toni ed espressività culinarie marcandone però le distanze. Accade anche in letteratura. La speculazione di PEDRO CALDERÓN DE LA BARCA, letterato barocco dell’Europa meridionale, lo porta ad affermare che l’esistenza terrena è sogno, con la conseguente fugacità del tempo e vanità delle cose materiali (La vida es sueño), mentre per il pragmatico nordeuropeo SALVAT, il protagonista di Salka Valka, e il suo creatore, il premio Nobel islandese HALLDÓR KILJAN LAXNES, la vita è baccalà. Riccardo Lagorio Nota A pagina 60 imbarcazioni da pesca islandesi.

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IL PESCE IN TAVOLA

Tesori nutrizionali e gastronomici a basso prezzo

Le alici, un patrimonio per la salute e per la tavola di Nunzia Manicardi

Ci rimandano sempre l’idea dell’estate e del mare, quasi fossero questi il loro periodo e il loro habitat unici ed esclusivi, ma il consumo di alici è vivamente consigliato in tutte le stagioni dell’anno e in tutti gli ambienti, montagna compresa. Perché l’alice (chiamata anche “acciuga”), questo piccolo e delizioso pesce azzurro, forse il più delicato di tutti, forse anche il più diffuso dato che lo si ritrova ancora in abbondanza in tutto il Mar Mediterraneo ma anche nel Mar Baltico e nell’Oceano Atlantico, è una miniera inesauribile di principi nutritivi apportatori di benessere per il nostro organismo dal punto di vista

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sia fisico che psichico. Le sue proprietà nutrizionali sono eccezionali e meriterebbero di essere maggiormente conosciute e utilizzate. È un alimento-base, quindi, della dieta mediterranea, che dovrebbe uscire dall’ambito tutto sommato ristretto in cui finora è stato confinato e che è quello dell’antipasto e del cocktail o, in origine, del mangiare povero dei pescatori. L’alice è un patrimonio di salute che dovrebbe essere ancora di più conosciuto e valorizzato facendola diventare un piatto principale (settimanale, dunque) della nostra corretta dieta alimentare e non un

contorno facoltativo o un di più occasionale. Unica avvertenza, oggi più che mai d’obbligo e da osservare con il massimo scrupolo: attenzione se e quando mangiate le alici crude perché potrebbero trasmettere il parassita Anisakis che provoca un’infezione gastrointestinale la quale si risolve nella maggioranza dei casi spontaneamente e abbastanza benignamente ma che, in generale, non va trascurata. Ciò non deve creare alcun allarme: innanzitutto perché la presenza di eventuali larve è visibile a occhio nudo e poi perché in ogni caso si elimina del tutto con il congelamento o con la cottura in

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Terrina di alici al profumo di menta e agrumi (photo Š www.bigodino.it).

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entrambi i casi secondo determinati parametri di sicurezza fissati oggi anche per legge. È un problema, per altro, attualmente piuttosto diffuso in tutto il mondo a causa dell’aumentato e generalizzato consumo di pesce crudo come moda d’importazione giapponese (dove, infatti, l’anisakidosi è molto presente) e di cui si sta prendendo coscienza anche a livello di massa, sia pure con ritardo poiché è soltanto da pochi anni che se ne parla pubblicamente benché l'Anisakis sia noto nella letteratura scientifica dal 1845. Quindi, nessuna demonizzazione della nostra preziosa alice, ma soltanto un po’ di sana prevenzione sanitaria che non guasta mai e di cui, d’altra parte, ben pochi sembrano preoccuparsi quando vanno nei locali alla moda a sborsare fior di quattrini per pesci crudi di dubbia o ignota provenienza. Le norme igieniche e profilattiche da osservare, a livello sia italiano che comunitario, sono del resto piuttosto semplici e prevedono, in sintesi, che le larve vengano completamente uccise in seguito al congelamento (a –20 °C o anche meno per almeno 24 ore, meglio se per 3-4 giorni, normativa CE 853/2004 approvata dal Parlamento Europeo) e/o in seguito a cottura per almeno 1 minuto a una temperatura attorno ai 6570 °C oppure mediante immersione in salamoia per circa 1 mese (per il congelamento fate però attenzione che, tra i congelatori domestici, solo quelli a tre o quattro stelle sono in grado di raggiungere la temperatura richiesta, mentre quelli a una o due stelle raggiungono rispettivamente una temperatura non sufficiente di –6 e –12 °C). In Italia inoltre è vietato a ristoranti e punti di ristorazione collettiva servire pesce crudo, marinato o affumicato a freddo salvo che non sia stato precedentemente congelato (–20 °C) per almeno 24 ore (Ordinanza Ministeriale del 12/05/1992 – Misure urgenti per la prevenzione delle parassitosi da Anisakis). La normativa prescrive per i ristoratori l’obbligo di munirsi di abbattitori di temperatura in relazione ai quantitativi di prodotto che si intendono trattare.

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Più restrittiva ancora la normativa degli Stati Uniti dove la FDA (Food and Drug Administration) raccomanda il congelamento ad almeno –35 °C per 15 ore o ad almeno –20 °C per 1 settimana mentre la CDC (Centers for Disease Control and Prevention) raccomanda la cottura dei prodotti ittici ad almeno 63 °C o il congelamento ad almeno –20 °C per 1 settimana oppure ad almeno –35 °C fino alla solidificazione con immagazzinamento a –35 °C per 15 ore o a –20 °C per 24 ore. Fatte salve queste precauzioni, godiamoci quindi il nostro pesciolino e i meravigliosi doni nutrizionali che da tempo immemorabile ci offre e che non solo può ma anche deve continuare a offrirci per garantirci perfetta salute. L’alice infatti addirittura si distingue fra tutti i pesci azzurri per il suo straordinario apporto nutrizionale costituito da un’altissima percentuale di calcio, ferro (altamente assimilabile, come nella carne rossa, ma con il vantaggio di non essere associato a elevate proporzioni di grassi saturi e colesterolo), zinco, potassio, fosforo, proteine, vitamine (A e B) e Omega-3. Di questi ultimi in particolare, acidi grassi polinsaturi, è adesso ormai ben nota l’indispensabile funzione di abbassare i trigliceridi e i valori del colesterolo LDL (quello “cattivo” che si deposita sulle pareti delle arterie) senza influire sulla concentrazione dell’HDL (colesterolo “buono”), con effetto quindi antiarteriosclerotico dovuto specialmente alla presenza dell’acido linolenico e al suo prodotto di catabolismo, l’acido eicosapentanoico (EPA), in grado di stimolare la produzione delle prostaglandine della serie-3, potenti antinfiammatori, antiaggreganti piastrinici e vasodilatatori. Quanto al valore energetico, 100 g di alici apportano in media 96 kcal, 16,8 g di proteine, 2,6 g di grassi e 1,5 g di carboidrati. Viene chiamato “pesce povero” ma, come si vede, di povero ha soltanto l’accesso alimentare, cioè quella diffusione in mare che lo rende, o lo rendeva, così abituale e facilmente accessibile agli strati più umili della popolazione, specialmente pescatori. Purtroppo questa defi-

Linguine cotte in acqua di peperone arrostito, colatura di alici, alici di Cetara e coriandolo fresco. Piatto di Cristina Bowerman (photo © www. identitagolose.it). nizione, di carattere più che altro antropologico ed etnografico, unita anche alle piccole dimensioni dell’alice, ha avuto l’effetto di svilirne l’apporto nutrizionale che in realtà, come abbiamo appena visto, è ricchissimo. Alici crude Fatte salve le avvertenze di cui sopra, il modo migliore di consumarla dovrebbe continuare ad essere a crudo per non ridurre o danneggiare i nutrienti. In tal caso potremo ricorrere alla preparazione più antica e tradizionale, quella marinatura che i pescatori delle nostre coste, soprattutto quelli del Tirreno e, in particolare, della Campania (nello specifico il Cilento), utilizzavano come pasto principale del loro scarso ma assai salutare nutrimento quotidiano. La marinatura è una preparazione che serve a insaporire, conservare e ammorbidire sia pesci che carni i quali in questo modo vengono come “cotti” a freddo. La versione probabilmente più antica è la salamoia, in cui gli alimenti venivano conservati in acqua salata, di mare (da cui il nome). In seguito tale acqua è stata sostituita da aceto di vino bianco, spesso accompagnato da succo di limone, che “cuoce” leggermente le carni, ma senza sale, che farebbe

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Alici al forno Si condiscono semplicemente con prezzemolo, pomodoro e aglio o anche senza niente del tutto. Anzi, quest’ultimo forse è il modo da preferire, senza che alcun altro gusto venga a interferire con quello squisito delle carni a cui la cottura al forno conferisce inoltre quella croccantezza che le rende davvero prelibate. Così, del resto, le mangiano per lo più in Spagna e in altri Paesi del Mediterraneo, cuocendole su griglie improvvisate anche lungo le strade come street food di ancestrale memoria. Alici alla marinara Occhio a non farsi trarre in inganno! Nonostante il nome, le alici alla marinara sono senza marinatura. Sono però altrettanto facili da preparare. Riponete in un tegame l’olio, l’aglio e il pomodoro tagliato a pezzetti; fate cuocere per 10 minuti a fiamma bassa con un coperchio. Aggiungete le alici pulite e private della testa, continuate a cuocere per altri 10 minuti e poi cospargetele con il prezzemolo tritato. Alici “a maruzzella” Le alici “a maruzzella” sono un appetitosissimo piatto povero che permette anche di smaltire il pane avanzato. Le alici, una volta preparate come al solito a filetto, vanno riempite di pane raffermo, arrotolate intorno a un cappero e, volendo, ad una fettina d’aglio, poi disposte in una teglia e cosparse di pangrattato (va bene ancora sempre quello raffermo), olio evo, prezzemolo e un po’ d’aglio. Infornare a 180 ºC per 20 minuti. Alici ripiene (“mbettonate”) Un ripieno più ricco è quello delle alici “mbettonate”, in cui l’imbottitura è costituita da uova intere, formaggio caprino, olio evo, prezzemolo, sale. Dopo averle farcite le si mette nel recipiente, si versa sopra la salsa e si lascia cuocere per una decina di minuti. Alici fritte, anche marinate Sicuramente le alici fritte sono gustosissime. È bene però, per quelle norme dietetiche che tutti dovrebbero osservare, non consumarle troppo spesso e, in ogni caso, utilizzare olio extravergine d’oliva o d’arachidi, friggere a temperatura non troppo alta (inferiore ai 180 ºC), scolarle con molta cura e depositarle su un doppio strato di carta assorbente prima di servirle. Si utilizza la frittura anche per le alici precedentemente marinate. Zeppole con le alici Ricetta per una frittura un po’ più complessa, ma pur sempre facile. Le alici vanno avvolte in una pastella preparata con farina, acqua, sale e lievito (la pasta deve lievitare al caldo, meglio se coperta). Si frigge in olio evo. Alici “arraganate” È una ricetta tipicamente pugliese, così come il termine “arraganate” che nelle ricette significa “ricoprire con mollica di pane”. Le alici, lavate e deliscate, vanno disposte in un tegame, cosparse con un trito d’aglio e prezzemolo e ricoperte con il pane raffermo sbriciolato.

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Tortino di alici ripieno di patate e indivia riccia con finocchietto selvatico secco (photo © www.cuocaatempoperso.com) Un filo d’olio e poi si fa un altro strato con un ultimo filo d’olio. In forno a 180 ºC finché la superficie non è ben dorata. Ricordarsi di servire il piatto caldo. Alici alla pizzaiola Si depongono su un “letto” di pane ricoperto di pomodoro fresco (una sorta di panzanella), poi si condisce con olio evo, trito di cipolla e prezzemolo, un po’ aglio, sale e pepe. Si fa cuocere in padella per appena 5 minuti, facendo attenzione a che il pane non si asciughi troppo. Alici gratinate al forno Disponete le alici in un tegame, poi versateci sopra un composto di pangrattato (anche raffermo), prezzemolo, aglio e pepe, irrorato con il succo di mezzo limone e un po’ d’olio evo. Cuocere a 220 ºC per circa 10 minuti nella parte alta del forno perché la superficie deve diventare ben dorata. Servire immediatamente. Alici ripiene al forno Ricetta siciliana ricca di ingredienti, rispetto alle precedenti, come di solito capita nei piatti della tradizione dell’isola. Preparate un composto con pangrattato (o raffermo), prezzemolo, basilico, pecorino, uvetta, pinoli e capperi tritati e olio evo (se necessario, aggiungere un po’ di acqua tiepida per ammorbidire l’impasto). Depositate in una teglia uno strato di alici e, su ognuna di esse, sistemate un bel po’ del composto, pressandolo leggermente con le dita e coprendolo con un’altra alice (come se fosse un panino imbottito). Versate sulle alici dei pomodori freschi (qualità Pachino) tagliati e metà, scolati dell’acqua e conditi con origano, basilico e timo freschi, sale e olio evo. Irrorate con un filo d’olio e infornate per circa 20 minuti. Servite tiepido per permettere di poter gustare nel dettaglio i tanti ingredienti. Alici in tortiera (con le penne rigate) La ricetta potrebbe sembrare simile ad alcune già descritte, ma in realtà non è così perché spesso le alici in tortiera sono abbinate alla pastasciutta, di solito alle penne rigate. Nella teglia si dispone uno strato di alici e poi uno di pasta scolata appena al dente (si può anche raddoppiare gli strati) e si finisce con rosmarino tritato e un po’ olio evo. Cottura in forno per circa 15 minuti a 200 ºC e anche più.

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Pizza con alici (photo © dailyhomemade.files.wordpress.com). fuoriuscire i succhi dei pesci e delle carni (a meno che non si debbano superare le 48 ore di marinatura, come nelle produzioni industriali, perché in tal caso il sale aiuterebbe nella conservazione). Alici marinate Ricetta semplicissima e gustosissima, da veri intenditori. Gli ingredienti sono esclusivamente alici, aglio, limone, prezzemolo, olio evo, pepe e sale (in questa e in tutte le ricette che seguono è sempre indicata la presenza del sale, che a mio avviso si può benissimo omettere anche totalmente a maggior vantaggio della nostra salute visto che abitualmente ne assumiamo in eccesso). Occorre innanzitutto pulire le alici (assicuratevi che siano fresche e sane!) eliminando le teste e le interiora. È preferibile effettuare questa operazione indossando guanti di lattice. Per pulire le alici bisogna prima staccare le teste e poi far scorrere il pollice lungo il ventre per aprirle completamente, a libro. Togliete poi la lisca centrale e le interiora ricavandone dei filetti che — dopo averli

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ben sciacquati in acqua corrente e con molta attenzione per non romperli e comunque per non dividere i due lembi — vanno immersi nella marinatura di aceto e limone o anche soltanto di uno dei due. Attenzione perché a seconda della marinatura cambiano i tempi di immersione: se è di solo aceto, 12 ore; se è di solo limone 3 o 4 ore; se è di entrambi 5 ore. Alla fine si dispongono i filetti in un recipiente (piatto o tegame) uno accanto all’altro, belli distesi, e si condiscono con gli altri ingredienti. Coprire con una pellicola trasparente e lasciare riposare almeno 5 ore a temperatura ambiente. Si consiglia di consumare subito. Le alici marinate vengono servite quasi sempre come antipasto dato che la marinatura rende questi pesci ancora più piccoli e perciò poco soddisfacenti per l’occhio. Danno l’idea che ci si possa saziare poco, insomma. Ma un bel piatto di alici marinate con del buon pane casereccio e un bicchiere di vino altrettanto genuino costituiscono invece un piatto completo e assolutamente nutriente. Provare per credere. Nel

loro utilizzo “moderno” in chiave di antipasto vengono spesso accostate, anche nei ristoranti, al cocktail di gamberetti o al carpaccio di pesce spada o all’insalata di polipo. Alici cotte Il modo migliore per preservare le caratteristiche nutrizionali delle alici è la cottura al forno, ma anche al tegame il risultato è garantito. Proponiamo qualche ricetta nel box a pgina 68. Immancabile è la ricetta con gli spaghetti, che si prestano ancora una volta ad un abbinamento ideale con il pesce. Si condiscono con una salsa di alici, pomodori pelati, aglio e olio, cotta per una decina di minuti. Si mantecano gli spaghetti e si cosparge di prezzemolo tritato. E poi, naturalmente, non possiamo dimenticare le alici come ingrediente fondamentale sulla pizza, declinata nelle tante varianti che l’italica fantasia ha saputo creare con arte sopraffina. Nunzia Manicardi Nota A pagina 64 alici fresche (photo © www.tipsfromthechef.com).

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LEPORE MARE SPA


Sapore di spiaggia: menu alle vongole di Giorgia Fieni

Bastano la spiaggia e la brace per ottenere il meglio da un piatto di vongole: questi due elementi (freschezza della materia prima e calore sufficientemente alto da distruggere tutti gli inquinanti) garantiscono da soli bontà e salubrità, nonché un momento conviviale irripetibile: negli anni Sessanta ENNIO FLAIANO ebbe a descrivere “il Paese Italia” come il luogo dove si canta “Una rotonda sul mare” mangiando vongole… Indubbiamente la colonna sonora è cambiata, la ricetta di certo molto meno. Purtroppo le occasioni per gustarsi in tal modo le vongole sono rarissime e limitate ai nostri momenti di vacanza, quindi, per essere certi della loro sicurezza anche a casa, all’acquisto dobbiamo assicurarci che siano vive e, soprattutto, leggere bene l’etichetta, in modo da ottenere tutte le informazioni relative a specie, tipo di allevamento, data di confezio-

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namento e scadenza. È anche molto importante epurarle completamente della sabbia, lasciandole almeno sei ore in ammollo in acqua salata. Una volta fatto questo, possiamo comporre un intero menu a base di vongole. ANTIPASTO. Pizza al pomodoro con vongole veraci. Tsuke-yaki (molluschi marinati in sakè dolce e salsa di soia e fritti). Pane da hot dog, maionese, insalata di carote e cavolo cappuccio, vongole (immerse in una pastella di farina e latte condensato) fritte. Focaccia con vongole al pomodoro e basilico. PRIMI PIATTI. Gnocchetti di patate con vongole, zucchine, scorze di agrumi. Pasta alle vongole, zafferano, funghi su crema di cannellini e speck. New England clam chowder: qui le conchiglie sono in zuppa con aggiunta di bacon, patate, erbe e un roux che lega gli ingredienti rendendola così piuttosto cremosa.

Un piatto che, secondo una canzone di Nick Cave, “ti fa venir voglia di piangere pur di ottenerne ancora”. Minestra di farro e vongole. Cavatelli con vongole e ricci di mare su crema di fagioli. Crema di ceci con cozze, vongole, gamberetti e julienne di calamari e seppie. Risotto di Amalfi con le vongole. Vongole con riso al pesto. Asari no suimono (consommé giapponese con vongole, brodo dashi, cipollotti, funghi shitake, zenzero, salsa di soia, mirin, tofu morbido). Minestra di vongole e fagioli. Spinosini (sono i maccheroncini di Campofilone) fritti con verdure croccanti e vongole (il tutto servito in brodo). Zuppa di foglie e fiori di zucchine con cozze e vongole veraci. Fregola con arselle. Passatelli con zucchine e vongole. Orecchiette con cime di rapa, vongole e ricotta. SECONDI PIATTI. Filetto di sarago pizzuto con vongole e fiori di cappero. Vongole in casseruola (chiamatele

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“caparossoi” per dar loro un tocco veneto). Sauté di vongole. Vongole alla marinara. Vongole prezzemolate. Vongole alla mostarda. Arselle all’uovo. Cozze e vongole con citronella e cocco. Spiedino spadellato con capesante, vongole e cozze chiuse nel bacon. CONTORNI. Carciofi con vongole e fave. La scelta, come vedete, è variegata, ma oggi voglio esagerare e regalarvi altra tradizione e altra innovazione. La tradizione viene dagli spaghetti con le vongole, una ricetta classica delle nostre coste, talmente buona che è spesso cucinata anche nell’entroterra, in occasione della Vigilia di Natale e non solo. Gli ingredienti sono pochi e per questo l’ottima qualità è essenziale: vongole, olio, vino bianco e una spolverata di prezzemolo fresco a completare il tutto. Poi, ovviamente, non mancano le varianti. Il pomodoro è non necessario sotto forma di sugo, ma, se fresco, sicuramente darà colore e dolcezza. Il piccante (aglio e/o peperoncino) è gradito, ma, per dare sprint, è sufficiente il succo di limone. L’innovazione arriva, come sempre, dalle cucine degli chef. Da quella di DAMIANO NIGRO, che ricorda il pane e mortadella della sua gioventù proponendo i Ravioli (farina e acqua) di mortadella (con pane ammollato nel latte) con calamaretti (saltati con erba cipollina e zenzero) e vongole veraci (in guazzetto con aglio e timo). Da quella di MAURO ULIASSI, la cui Zuppa di Venus grosse appena scottate e tuffate in acqua e ghiaccio prevede la loro acqua (arricchita con cipollotto stufato, aglio orsino, peperoncino, scorza di limone e coriandolo fresco) versata da una teiera direttamente davanti al commensale. Da quella di FABIO BALDASSARRE, coi suoi Gnocchi di ricotta ed erbe su crema di patate, vongole e tè nero affumicato. Da quella di ENRICO FACCO, con Paccheri ripieni di scorfano su crema di vongole, polvere di pomodoro e clorofilla di cerfoglio. Da quella di PIETRO PENNA, con gli Spaghetti del Maestro: vongole

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La New England clam chowder (photo © www.lifeasastrawberry.com). scoppiate con bottarga di muggine, bigolo al cacio e pepe con cialda di guanciale croccante. Da quella di BRUNO BARBIERI, che consiglia di abbinarle col fagiano. Da quella di MASSIMILIANO ALAJMO, col Cappuccino della Laguna: scorfano, coda di rospo, vongole su una finissima mousseline di patate. Da quella di MATTEO TORRETTA: Croquet di maiale con salsa di vongole e zenzero. In compagnia di uno chef di mare come MORENO CEDRONI non possiamo invece che tornare dove tutto ha

avuto inizio, la spiaggia. «Tra gli 8 e i 10 anni tiravo su le vongole con le mani come mi aveva insegnato nonna Maria (…) La sua polenta gialla con le vongole ancora me la ricordo, ci andavo pazzo». Giorgia Fieni Note A pagina 72 vongole alla pescatora. Piatto tipico della cucina marchigiana, le vongole sono cotte in padella, sfumate con il vino bianco e insaporite dal prezzemolo e dall’aglio (photo © www.my-personaltrainer.it).

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SAPORE DI MARE

Taverna del Borgo, lo stocco di Mammola protagonista di Massimiliano Rella

Sapore delicato e consistenza polposa: lo stocco di Mammola, eccellenza ittica calabrese, è una materia prima dalle risonanze nordiche e molto versatile in cucina. Alla Taverna del Borgo, accogliente trattoria rustica dall’atmosfera domestica al centro di Mammola, provincia di Reggio Calabria, gli chef Nunzio e Giuseppe Pisano — cugini — hanno elaborato tutto un menu a base di stocco, dall’antipasto al secondo. Come di consueto si comincia dagli antipasti, caldi o freddi: gustose frittelline, insalata di stocco crudo con olio extravergine d’oliva e origano oppure carpaccio

di stocco con pomodorini secchi e finocchietto selvatico. Fin qui gli antipasti freddi. Appartengono invece alla categoria dei caldi i fagioli con lo stocco, i tortini di stocco con pomodoro, patate e pane profumato oppure i tocchetti di baccalà fritto con cipolla in agrodolce, fumanti e fragranti. Un prodotto che arriva da lontano Anche se le coste della Calabria sono lambite dai pescosi mari Ionio e Tirreno lo stocco di Mammola arriva da molto lontano. Per la produzione di questa specialità la materia prima, il

merluzzo, proviene dai mari nordici, in prevalenza dal mar di Norvegia. Pescato nel periodo invernale, tra gennaio e aprile, viene essiccato su graticci di legno esposti alle fredde temperature delle isole Lofoten fino a giugno quando è raccolto e selezionato per specie e qualità. Secondo il disciplinare di produzione però il pesce può arrivare anche da Groenlandia, Svalbard, Russia, Gran Bretagna, Francia, Spagna, Portogallo ma soltanto la lavorazione tradizionale e artigianale nel borgo tra l’Aspromonte e le Serre calabresi lo trasforma nello stocco di Mammola.

Stocco e patate alla mammolese, con lo chef Nunzio Pisano.

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Preparazione dello stocco e patate alla mammolese.

“U piscistoccu ‘i Mammula: merluzzu norveggisi siccatu a lu suli e a lu ventu e mandatu a Mammula mu veni rimojatu e vvindutu. L’acqua di li muntagni lu rendi morbidu e ssapuritu”

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In questo territorio lo stoccafisso viene lavorato con l’acqua delle sorgenti di montagna, come quella del monte Scali, purissima e oligominerale ma ricca di calcio, ferro, magnesio e altre sostanze. Pulito, tagliato, privato della lisca e rifilato con cura, viene immerso a più riprese e più giorni nell’acqua che lo ammorbidisce, lo sbianca e lo arricchisce anche delle sue sostanze oligominerali. Una delle principali aziende produttrici è Alagna & Spanò (www. stoccomammola.it), nata dalla storica attività della famiglia Scarfò acquisita nel 1987 da Domenico Spanò. L’azienda lavora 300 quintali l’anno di stoccafisso norvegese, ottenendo circa 900 quintali di prodotto finito che poi distribuisce a ristoranti, pescherie e supermercati con il marchio del Consorzio Stocco di Mammola, ed esporta in tutto il mondo, fino in Australia e USA. Lo vende anche a Mammola nel punto vendita aziendale aperto dal lunedì alla domenica.

Ma torniamo ai piatti della Taverna del Borgo. Da non perdere i saporiti spaghettoni di segale fatti in casa conditi con stocco, guanciale, pomodorini, basilico e peperoncino serviti in tavola con la tradizionale ricotta affumicata locale, ma anche le fettuccine con stocco e porcini e le mezzelune ripiene di stocco con salsa di pomodorini. Ed eccoci ai secondi. Il pesce stocco si può cucinare arrosto e il ristorante lo propone insieme a patate e peperoni oppure funghi porcini. Ma la ricetta più tipica e apprezzata è lo stocco e patate alla Mammolese, cioè lo stoccafisso cotto con patate, cipolla, pomodori pelati, peperoncino piccante fresco e secco, olive Geracesi e semi di finocchietto selvatico (menu completo € 28,00; telefono: 0964 418942, nunziopisano@libero.it, www.latavernadelborgo.it). Massimiliano Rella Nota Photo © Massimiliano Rella.

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L’Oseleta: il viaggio è servito Se la cucina è saper rappresentare un viaggio in un piatto, in quella dello chef Giuseppe D’Aquino Nord e Sud si attraggono vicendevolmente, convivono presente e passato. Nella splendida cornice di Villa Cordevigo, sulle colline veronesi, una roccaforte del buon gusto dove si celebra il ritorno alla sostanza di Riccardo Lagorio

Vola alta l’Oseleta. Non poteva essere altrimenti, da quando conta sulla professionalità ed esperienza delle ali di due Pegaso: GIUSEPPE D’AQUINO in cucina e MARCO ANDRONICO in sala. E l’aiuta non poco l’ambiente, incastonato seppur indipendente da Villa Cordevigo, una magione del Settecento nel cuore di 100 ettari vitati sulle colline veronesi che oggi è anche sede di un prestigioso hotel a 5 stelle.

Di bianco vestita la sala, incoronata dal maestoso lampadario in vetro di Murano, e affacciata per mezzo di enormi vetrate sul quieto verde esterno di tassi e platani. Ampia carta dei cibi, articolata quella dei vini, inconsueta quella delle acque. Spicca un menu denominato Dal 2010… che racchiude molte esperienze golose dei primordi che da quell’anno vivificano l’Oseleta prevalentemente a base di pesce.

In ciascun piatto si avverte un’altalena di contrasti bilanciati e nel contempo il racconto personale di Giuseppe D’Aquino che, attraverso la lente di un viaggiatore attento alle pratiche dei fornelli, illustra l’identità italica: cappelletti di zucca, triglia, bagna cauda, nocciole. Un percorso dove convivono piatti e usanze che prendono il via dalle colline piemontesi e si spingono con decisione verso la cucina marinara

Fegato grasso, tonno, salsa di soia (photo © www.24orenews.it).

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partenopea, tanto cara al D’Aquino, attraverso la padana pasta ripiena di zucca. La cucina è saper rappresentare un viaggio in un piatto, insomma. E lo è a maggior ragione quando al centro della preparazione si trova il baccalà, che di strada ne percorre eccome prima di essere accomodato su una scapece di zucchine e provola affumicata. Nord e sud si attraggono a vicenda. Attrazione che è facile da intuire anche nella Capasanta su cime di rapa e salsa di mozzarella, una versione più delicata ma altrettanto deliziosa quanto il baccalà. Di questa carrellata che iniziò all’arrivo di Giuseppe D’Aquino all’Oseleta fa parte un altro piatto, Tonno, fegato grasso, salsa di soia che, parafrasando un altro D’Aquino, Tommaso, è di per sé necessario e che non trae da altri la propria necessità, ma è causa di necessità per gli altri. Una preparazione che forse vale il viaggio, di certo sorprende con quell’ammansire il pescione nel grasso mondo del foie gras ed al quale la liquida salsa di soia, servita calda al tavolo, conferisce ordine e forma. Umido e secco, caldo e freddo si rincorrono in un piatto di concezione, in fin dei conti, di perfezione aristotelica. Ritorno alla sostanza con buona pace dell’apparenza che ha imperversato e continua a impadronirsi della TV, carta stampata e rete? In questa roccaforte del buon gusto pare che si vada in questa direzione, tanto che si celebra anche il Primo amore, il pomodoro del piennolo. Scorrono le memorie di un giovane D’Aquino: Spaghetti al pomodoro, burrata, scorza di limone (altro simbolo del locale, gettonato come nessun altro dagli stranieri che ricercano l’essenza della cucina italiana); la Spigola all’acquapazza, schiuma di mare; e la Melanzana, gamberi, mozzarella, declinazioni attraverso profumi, colori e bouquet della cucina meridionale («niente cloni: non sono giapponese, ma napoletano», rivendica con orgoglio). Certo l’attenzione a rappresentare con precisione il percorso di avvicinamento delle due culture,

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La cucina di Giuseppe D’Aquino è stata premiata nel 2013 con la prestigiosa stella Michelin (photo © www.ristoranteoseleta.it). vivace del Meridione e più terragna del Nord, è ben presente nel Riso Vialone Nano, pomodoro del piennolo, calamaretti spillo, colatura di alici, limone candito. Il riso assume colore, il pomodoro del piennolo acquisisce sostanza, diventa spunto per esaltare gli elementi marini al centro del piatto. Altra considerazione vale di essere suggerita: l’accostamento, mai scontato e banale — s’intende —, tra pesce e formaggio. Lo si propone anche nella regale Cernia, porcini, tartufo e provola affumicata, un’esaltazione del mare, della terra e dell’elemento silvestre che innalza ulteriormente l’asticella del gusto. Non mancano da parte di Giuseppe D’Aquino gli omaggi alla terra che l’ha adottato nella Frittura di moeca ripiena di Parmigiano Reggiano e uova, stagionale eppure di grande impatto gustativo; nel Croccante di mais e baccalà, che è parte degli scenografici amusebouche appollaiati sull’impianto radicale dei locali ulivi; in quella coloratissima rincorsa di sapori con Mazzancolla cruda, cuore di carciofo di Sant’Erasmo e burrata; e nell’Anguilla, lumache, fonduta d’aglio polesano e riduzione di Riesling, una spettacolare riproduzione e riproposizione di un piatto ampio e sapido, inebriante e voluttuoso di pescatori-raccoglitori.

Gli albori della storia, insomma, per mezzo di un viaggio — qui temporale — in cui ci si può spingere indietro nei millenni sino a quando il crudo mangiare era preponderante: un cibo… da selvaggio, insomma, quello della Tartare di gambero rosso, salsa d’ostrica e sorbetto al sedano. O leggere nella Battuta di Fassona, acciughe del Cantabrico, alghe in tempura, salsa di peperoni arrosto e caviale, una summa di viaggio attraverso il tempo e lo spazio di sorprendente riuscita e completezza. Tra le pagine anche un menu (Rispetto) concepito, organizzato e gestito con l’intento di ridurre al minimo gli impatti ambientali, sociali ed economici nella preparazione delle pietanza, di concerto con Cloros, un’azienda locale che si occupa di efficienza energetica. Nella carta dei dessert una sfera di cioccolato bianco cela amaretto e pesca: la tradizione va preservata in uno scrigno inespugnabile. Seguirà il relax nella sala benessere per festeggiare la vita. Riccardo Lagorio Ristorante Oseleta Località Cordevigo 37010 Cavaion Veronese (VR) Telefono: 045 7235287 E-mail: info@ristoranteoseleta.it Web: www.ristoranteoseleta.it

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Peccati di gola nella chiesa del pesce di Gรถteborg di Massimiliano Rella

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“La qualità del pesce e dei crostacei di questo storico mercato è eccellente e lo stesso pesce si può gustare in alcuni dei ristoranti all’interno del mercato, il più famoso dei quali è Gabriel”

Cucina di mare nella “chiesa del pesce”, la Feskekörka, un mercato ittico in un edificio slanciato verso il cielo, d’impianto neo-gotico e di chiara professione protestante. Si trova a Göteborg, in Svezia, ed è un luogo effettivamente originale. Sarà vero, allora, che il diavolo è l’anima del commercio? Ma partiamo dal ristorante, il motivo per cui siamo arrivati fin qui per scoprire l’originale sede in cui è ospitato, la Feskekörka appunto, la chiesa del pesce. Il ristorante Gabriel, aperto qui trentuno anni fa, ha avuto successo

nonostante le critiche e le diffidenze iniziali, anche per la sua insolita sede. A raccontarcelo è il giovane chef JOHAN MALM, il figlio poco più che trentenne del fondatore del locale. «Quando mio padre decise di aprire il suo ristorante gli dicevano che era un pazzo» ricorda Malm. «“Apri un ristorante tra gli odori di un mercato del pesce?”, gli chiedevano. Invece è andata benissimo! Siamo ancora nella Feskekörka e i nostri clienti apprezzano la possibilità di mangiare piatti di pesce fresco belli e pronti, dopo un giro tra i banchi che stuzzica

“Presenza abituale nei menu dei locali è l’aringa: fritta su pane croccante o con purè di patate e mirtilli rossi, si distingue per il gusto deciso e pieno”

Banchi del pesce nella Feskekörka, il mercato ittico di Göteborg. Costruito nel 1874, deve il suo nome alla somiglianza dell’edificio che lo ospita con una chiesa, senza pareti interne e con le finestre alte ad arco.

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Ostriche con vodka, limone, caviale svedese e aneto al ristorante Gabriel. l’appetito o tra una spesa e l’altra». A dimostrarlo è il tutto esaurito del venerdì e del sabato, quando bisogna prenotare per assicurarsi un posto a tavola. Ci troviamo sulla costa occidentale della Svezia meridionale, a Göteborg, il più grande porto scandinavo. La Feskekörka si trova all’interno della struttura progettata nel 1874 dall’architetto Victor von Gegerfelt come una grande costruzione sperimentale da realizzare senza l’uso di pilastri. L’esterno ricorda una chiesa neo-gotica ma la facciata austera ed ecclesiale con le grandi vetrate ogivali cela tanti banchi di pesce freschissimo proveniente dai mari del Nord, un “tempio” ittico affacciato sul canale Vallgrav di Göteborg (orari: mart.-ven. 10.00-18.00, sab. 10.00-15.00; www.feskekörka.se). La struttura ospita anche due caffè oltre al ristorante Gabriel (info@restauranggabriel.se, www. restauranggabriel.se), ormai un’istituzione per chi ama la cucina di pesce

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fresco. Ricavato su un piano rialzato collegato al mercato da una lunga scala, è un ristorante originale, privo di pareti, con vista sui fornitissimi banchi di pesci del nord. La cucina si trova al centro della “sala” per permettere ai clienti di osservare lo chef e i suoi collaboratori in azione: una scelta di trasparenza, qualità e freschezza della materia prima — “pescata” al piano inferiore — e semplicità delle ricette per esaltare il gusto. L’offerta gastronomica è incentrata sulla disponibilità quotidiana di specie ittiche, con proposte di crudo e cotto. Molti i crudi, a cominciare dagli antipasti, come gli scampi appena scottati, il salmone crudo e le ostriche aperte direttamente da JOHAN MALM, campione svedese di apertura di ostriche nel 2010 e nel 2012. I pregiati molluschi sono presentati anche in abbinamenti “tipici” come le Ostriche con Vodka Absolute, limone, aneto e “caviale svedese” di Coregonus.

L’aragosta è una altra protagonista, in particolare in autunno, stagione di pesca, quando in zona si organizzano anche safari turistici: possiamo gustarla bollita all’aneto, grigliata o in altre gustose interpretazioni. Non mancano mai i gamberi, ottimi anche gratinati con purè di patate e funghi, e le cozze, per esempio al vino bianco e cipolla. Altra presenza abituale è l’aringa: fritta su pane croccante o con purè di patate e mirtilli rossi, si distingue per il gusto deciso e pieno. Alcuni piatti sono nel menu da sempre, come la deliziosa zuppa di pesce alla Gabriel, il salmone marinato con crema di patate e la sogliola al limone con funghi e burro fuso, richiesti e apprezzati. Insomma, tra una preghiera e l’altra concediamoci un peccato di gola. Massimiliano Rella Nota A pagina 80 Johan Malm (photo © Massimiliano Rella).

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TENDENZE

Home restaurant e sicurezza alimentare di Marco Cappelli e Mino Orlandi

Da alcuni anni, dapprima negli Stati Uniti (si ricordino le performances culinarie dei guerrilla restaurant, una specie di movimento per la liberazione del gusto, sorti intorno alla metà dello scorso decennio a San Francisco e New York: ristoranti estemporanei talvolta attivi per una sola notte) e poi in Europa, con inizio nel Regno Unito, hanno preso corpo gli home restaurant. Una realtà che sta attirando l’attenzione di autorità ed enti preposti alla regolamentazione e al controllo in diversi Paesi europei. Un’interessante definizione di questi “ristoranti domestici” è re-

peribile su un sito internet privato appositamente dedicato[1]: “l’home restaurant è la possibilità offerta a chiunque ami stare ai fornelli di trasformare la propria casa e la propria cucina in un ristorante occasionalmente aperto per amici, conoscenti e perfetti sconosciuti (viaggiatori soprattutto) che avranno la possibilità di sperimentare la cucina originale dei luoghi frequentati abitualmente o in occasione di un viaggio”. Il sistema di home restaurant promette per lo più la degustazione di pietanze tipiche e tradizionali, preparate da appassionati di cucina benché non professionisti, in un

ambiente familiare e amichevole; rappresenta comunque un’occasione di reddito che, soprattutto in tempi di crisi occupazionale, molti potrebbero essere tentati di perseguire, e si può trasformare in una vera e propria attività commerciale. Può anche rappresentare, soprattutto per i giovani, un “banco di prova” per successive e più impegnative attività nel settore della ristorazione. Esistono già attività che prevedono la somministrazione di alimenti in case private (agriturismo, ittiturismo, Bed & Breakfast) e che sono state variamente regolamentate dalle Regioni con proprie disposizioni:

Pietanze tipiche e tradizionali preparate da appassionati di cucina in un ambiente familiare e amichevole: è quel che ci aspetta se si sceglie l’esperienza dell’home restaurant. Nata in USA, è oggi una realtà diffusa anche in Europa.

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lordo è di 5000 euro all’anno (oltre tale limite diviene obbligatoria l’apertura di partita IVA). Si è trovato riferimento alle regole sopra citate solamente nel Disegno di Legge del Senato della Repubblica n. 1612 del 16 giugno 2009[3], mai approvato, il cui testo è stato ripresentato con il più recente DDL n. 1271 del 30 gennaio 2014[4], tuttora in discussione: pertanto le stesse non risultano, al momento, cogenti. La preoccupazione per una situazione poco chiara, priva di regole e in espansione, viene espressa dalla FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), aderente a CONFCOMMERCIO, nella sua Circolare n. 36/2015[5]: in essa viene riportato “un elenco, non esaustivo delle principali violazioni di legge poste in essere da chi adibisce l’abitazione a pubblico esercizio”, inquadrabili nei diversi settori fiscale, amministrativo, urbanistico, della sicurezza, dell’ordine pubblico, igienico-sanitario (requisiti, procedure HACCP, comunicazione all’autorità sanitaria, formazione del personale addetto), ecc…, con invito agli associati a presentare esposti-denuncia alle autorità territoriali competenti per le diverse materie.

Gli home restaurant sono il valore aggiunto della scoperta di un territorio grazie alle ricette tipiche realizzate con prodotti locali dalle mani di nonne, mamme, zie, amiche e amici. La loro funzione culturale e sociale necessita oggi di svilupparsi nel rispetto di regole ed evitando la concorrenza sleale nei confronti delle altre attività di ristorazione. anche l’attività di home restaurant necessita di una regolamentazione, oltre che sotto gli aspetti amministrativo e fiscale, anche sotto quello igienico-sanitario e della sicurezza alimentare, per evitare che un’attività interessante sotto gli aspetti culturale e di piccolo sostegno al reddito si sviluppi indiscriminatamente, a scapito delle regole a cui altri operatori del settore della ristorazione devono sottostare.

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In un altro sito internet privato, di carattere professionale[2], viene affermato, sebbene non siano citate le fonti normative, che, data l’attuale mancanza di una regolamentazione specifica, occorre comunicare al comune competente l’inizio dell’attività, limitando questa alla preparazione di 20 pasti al giorno, configurandola come attività saltuaria d’impresa (senza necessità di aprire una partita IVA) se l’incasso massimo

Il Ministero dello Sviluppo Economico Il Ministero dello Sviluppo Economico, in risposta a quesiti posti da Camere di Commercio e Comuni (e ciò dimostra il carattere emergente del problema, nei confronti del quale gli stessi addetti ai lavori si trovano impreparati), si è recentemente occupato di questa tipologia di attività con alcune sue risoluzioni. La Risoluzione n. 50481 del 10 aprile 2015[6] tratta proprio l’attività di home restaurant, caratterizzata dalla “preparazione di pranzi e cene presso il proprio domicilio in giorni dedicati e per poche persone, trattate come ospiti personali, però paganti”, prendendo atto dell’esistenza di tali attività a Roma e Milano e della pubblicità su siti web. Il MISE richiama la normativa vigente che disciplina l’attività di somministrazione di alimenti e bevande: la Legge 25 agosto 1991, n.

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287[7], modificata dal DLgs 26 marzo 2010, n. 59[8], che definisce come “somministrazione… la vendita per il consumo sul posto”, riscontrabile in “tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell’esercizio o in una superficie aperta al pubblico, all’uopo attrezzati”, e distingue tra attività rivolte al pubblico in generale e attività riservate a particolari soggetti. Non ha dubbi il direttore generale del MISE nel classificare l’home restaurant come un’attività di somministrazione, benché gli alimenti vengano preparati e somministrati presso il domicilio del cuoco che rappresenta comunque un locale attrezzato aperto alla clientela; e, ancora, il pagamento di un corrispettivo fa inquadrare l’home restaurant come un’attività economica, e pertanto assoggettabile alla normativa vigente. La Risoluzione del MISE ne richiama una precedente, n. 98416 del 12/06/2013[9], che, esaminato un caso concreto (preparazione di alimenti nella cucina di una villa per la somministrazione, non continuativa ma solo su prenotazione, soprattutto

in occasione di cerimonie), si era già espressa allo stesso modo, escludendo trattarsi di attività di catering o banqueting (consistente — secondo citazione dell’ancora precedente Risoluzione n. 8562 del 17/01/2013[10] — “nel preparare i pasti in un luogo di produzione per poi trasportarli in un altro per il consumo da parte di una collettività”) ed affermando trattarsi invece di vera e propria attività di somministrazione, soggetta, a seconda dei casi, a segnalazione certificata di inizio attività da parte del titolare di cui all’art. 19 della Legge n. 241/1990[11] o a autorizzazione da parte del Comune (caso, quest’ultimo, della programmazione nelle aree tutelate ai sensi dell’art. 64 del DLgs n. 59/2010[8]). Il Regolamento (CE) n. 852/2004 Lo scopo di questa trattazione è di approfondire gli aspetti riguardanti la sicurezza alimentare e gli obblighi connessi, a prescindere dall’inquadramento amministrativo e fiscale che può essere attribuito a questa nuova tipologia di attività. Si auspica, peraltro, una rapida

e chiarificatrice conclusione dei lavori del Gruppo di lavoro Home food, recentemente costituito (prima riunione: 27 marzo 2015) all’interno del gruppo tecnico interregionale “Sanità veterinaria e sicurezza alimentare”. Anche diverse Regioni sono impegnate, con le loro strutture preposte e gruppi di lavoro istituiti ad hoc, per una regolamentazione in ambito territoriale. È opportuno puntualizzare che anche i già citati Disegni di Legge richiamano, nella relazione introduttiva, il “rispetto dei requisiti igienicosanitari stabiliti dalla normativa in materia”[3,4]. Il Regolamento (CE) n. 852/2004[12], facente parte del “pacchetto igiene”, che “stabilisce norme generali in materia di igiene dei prodotti alimentari destinate agli operatori del settore alimentare”, e che “si applica a tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione degli alimenti” (art. 1, par. 1), prevede, tra i casi di esclusione dal campo di applicazione, la “preparazione, la manipolazione e la conservazione domestica di alimenti destinati al consumo domestico privato” (art.

L’operatore di home restaurant, esercitando un’attività di “somministrazione” di cibo, deve garantire la rintracciabilità a monte individuando l’operatore del settore alimentare dal quale ha acquistato le materie prime.

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L’home restaurant pone il problema della sicurezza alimentare. Diverse Regioni sono infatti attualmente impegnate in una regolamentazione in ambito territoriale. 1, par. 2, lettera b): non è evidentemente il caso dell’home restaurant, in quanto destinatario (consumatore finale) degli alimenti non è la famiglia residente ma qualunque avventore. L’attività si configura quindi come rientrante nel campo di applicazione del Regolamento, il quale peraltro, all’allegato II, riserva il capitolo 3 ai requisiti previsti per una serie di strutture: oltre a padiglioni, chioschi, banchi autotrasportati e distributori automatici, i “locali utilizzati principalmente come abitazione privata ma dove gli alimenti sono regolarmente preparati per essere commercializzati”. Procedure di autocontrollo La non esclusione dal campo di applicazione del Regolamento e le caratteristiche dei requisiti elencati dal Capitolo III dell’Allegato II fa ritenere obbligatorie, come in qualunque attività di ristorazione, la predisposizione, il mantenimento e l’attuazione di procedure basate sul sistema HACCP, previste dall’art. 5 del Regolamento stesso, nonché di procedure relative alle buone pratiche di igiene (GHP) e di lavorazione (GMP), necessarie per garantire la

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sicurezza alimentare, obiettivo della normativa comunitaria del “pacchetto igiene”. Ciò fatto salvo l’eventuale assoggettamento a regimi di semplificazione delle procedure. L’eventuale adozione di manuali di corrette prassi igieniche può costituire un ausilio per facilitare l’applicazione delle procedure HACCP. Tra gli aspetti procedurali trovano collocazione l’obbligo di indicare la presenza di allergeni negli alimenti somministrati, in applicazione di quanto previsto dal Regolamento (UE) n. 1169/2011[13], e quello di gestire conformemente alla normativa vigente la somministrazione di pesce crudo, secondo quanto puntualizzato dalla nota della DGSAN del Ministero della Salute n. 4379-P del 17 febbraio 2011[14]. Formazione dell’OSA e degli addetti La formazione di questa particolare categoria di Operatore del Settore Alimentare (il responsabile dell’attività di home restaurant), che come si è visto è prevista dal Capitolo XII dell’Allegato II al Reg. 852/2004, deve essere effettuata nel rispetto delle disposizioni delle singole Re-

gioni. Si ritiene che anche eventuali altri addetti, che dovrebbero essere riconducibili al nucleo familiare dell’OSA (per la tipologia di attività e per i suoi presupposti “sociali” risulterebbe difficile pensare alla presenza di dipendenti), debbano essere formati e addestrati, anch’essi secondo le disposizioni attualmente emanate dalla singole Regioni. Rintracciabilità Anche l’operatore di home restaurant, esercitando un’attività di somministrazione, deve garantire la rintracciabilità a monte, ai sensi dell’art. 18 del Regolamento (CE) n. 178/2001[15], individuando l’operatore del settore alimentare dal quale ha acquistato le materie prime. Com’è noto, la rintracciabilità viene generalmente garantita mediante l’acquisizione e la conservazione/ registrazione della documentazione commerciale dei prodotti alimentari. Se l’attività fosse svolta in regime di impresa (con partita IVA), gli acquisti sarebbero effettuati acquisendo dal fornitore la documentazione commerciale necessaria alla rintracciabilità: fattura o documento di trasporto.

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I requisiti generali Il primo requisito generale previsto dal citato Capitolo III è quello dell’ubicazione, progettazione, costruzione, manutenzione e pulizia della struttura “in modo tale da evitare rischi di contaminazione, in particolare da parte di animali e di animali infestanti”. Gli altri requisiti comprendono: 1. la presenza di adeguate attrezzature per il mantenimento dell’igiene personale, comprese quelle per lavarsi e asciugarsi le mani, servizi igienico-sanitari e locali adibiti a spogliatoio: l’auspicata regolamentazione dovrebbe valutare l’ipotesi di poter utilizzare le attrezzature domestiche, e con quali eventuali limitazioni e/o prescrizioni; 2. l’utilizzo di superfici a contatto con gli alimenti lisce, facili da pulire e da disinfettare, in buone condizioni, di materiali non tossici e resistenti alla corrosione; 3. opportune misure per la pulizia e disinfezione degli strumenti di lavoro e degli impianti; 4. condizioni igieniche adeguate per il lavaggio degli alimenti; 5. adeguata erogazione di acqua potabile calda e/o fredda (ma in riferimento ai punti 1 e 3, si ritiene indispensabile l’erogazione di acqua calda, che comunque generalmente è presente nelle abitazioni private); 6. la presenza di attrezzature e impianti adeguati per il deposito e lo smaltimento di sostanze pericolose o non commestibili e dei rifiuti solidi e liquidi; 7. la presenza di appropriati impianti o attrezzature per mantenere e controllare adeguate condizioni di temperatura degli alimenti; 8. la collocazione degli alimenti in modo da evitare rischi di contaminazione. Devono inoltre essere applicati, come in tutte le strutture e fasi della produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti, i seguenti Capitoli dell’Allegato II: • Cap. V – Requisiti applicabili alle attrezzature (devono essere di materiali idonei, lavabili e se necessario disinfettabili, mantenute pulite evitando contaminazioni); • Cap. VI – Rifiuti alimentari (idonei contenitori chiusi, smaltimento rapido adeguato evitando contaminazioni, ecc…); • Cap. VII – Rifornimento idrico (sufficiente acqua potabile, senza contaminazioni); • Cap.VIII – Igiene personale (pulizia generale, igiene delle mani, abbigliamento adeguato,allontanamento degli addetti con sintomi riconducibili a malattie trasmissibili attraverso gli alimenti, ecc…); • Cap. IX – Requisiti applicabili ai prodotti alimentari (materie prime non contaminate, conservazione e protezione evitando contaminazioni, catena del freddo, abbattimento dei prodotti cotti, procedure di scongelamento, controllo degli animali infestanti ed esclusione dell’accesso ai locali di lavorazione e conservazione agli animali domestici per impedire contaminazioni, ecc…); • Cap. XII – Formazione (per operatori responsabili e per addetti).

Se l’attività fosse invece svolta occasionalmente dalla persona fisica, questa dovrebbe comunque attuare e documentare la rintracciabilità, per esempio effettuando acquisti presso esercizi al dettaglio che rilasciano

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scontrini fiscali cosiddetti “parlanti”, che riportano nel dettaglio la denominazione del bene acquistato, o facendo accompagnare allo scontrino una dichiarazione dettagliata del venditore. Per quanto riguarda

l’acquisto diretto di prodotti alimentari da produttori primari (aziende agricole, imprese di pesca, ecc…), nei limiti territoriali e/o quantitativi previsti, trattandosi di imprese la rintracciabilità sarà garantita da regolari documenti commerciali. Nei casi di acquisto da produttori primari “per autoconsumo” che cedono occasionalmente piccole quantità di alimenti ai consumatori finali o ai dettaglianti locali (vedere le esclusioni dal campo di applicazione del Regolamento CE n. 852/2004), si ritiene che debba almeno essere acquisita una dichiarazione scritta dei produttori stessi attestante la natura e il nome e indirizzo del produttore. Tali modalità devono essere seguite anche nel caso di acquisto di selvaggina cacciata: le linee guida per l’applicazione del Regolamento (CE) n. 853/2004 (Accordo del 17/12/2009)[16] raccomandano che il cacciatore che cede capi di selvaggina, comunque nei limiti quantitativi previsti (un capo all’anno di selvaggina di grossa taglia o 100 capi all’anno di selvaggina piccola), rilasci una dichiarazione scritta: “il cacciatore deve comunicare in forma scritta all’esercente l’attività di commercio al dettaglio o di somministrazione la zona di provenienza degli animali cacciati”. Nel caso delle uova, il produttore che alleva meno di 50 galline ovaiole può cedere (su mercati locali o con vendita “porta a porta”) uova nel raggio di 10 chilometri dal luogo di produzione apponendo un cartello o fornendo un biglietto con indicazione del nome e dell’indirizzo del produttore. (Art. 2, comma 1, del Decreto. MIPAAF 11 dicembre 2009)[17]. Registrazione dello “stabilimento” e controllo ufficiale Il fatto che l’attività di home restaurant non sia esclusa dal campo di applicazione del Regolamento 852/2004 deve comportare, in attuazione di quanto previsto dall’art. 6, la notifica dell’apertura dell’attività e delle variazioni significative all’autorità competente. Tale notifica deve essere inoltrata all’ASL secondo le disposizioni emanate da ciascuna

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Regione o Provincia autonoma. La notifica per la registrazione è finalizzata a consentire all’autorità competente il controllo ufficiale per l’intero periodo di attività, anche nel caso in cui la somministrazione sia esercitata in regime di attività saltuaria. Il titolare, effettuandola, deve assoggettarsi al controllo consentendo, in qualunque momento ed in maniera incondizionata, l’accesso alla propria abitazione degli incaricati del controllo. Anche qualora venissero indicati nella notifica particolari giorni della settimana per lo svolgimento dell’attività, dovrebbero essere evitate anche negli altri giorni contaminazioni ambientali (strutture ed attrezzature) in grado di costituire situazioni di rischio al momento della somministrazione; gli alimenti conservati da una giornata di attività all’altra dovrebbero essere gestiti in maniera adeguata, secondo le loro caratteristiche, anche nei giorni di inattività, per non pregiudicarne la sicurezza. Pertanto i controlli, che verosimilmente si svolgeranno preferibilmente nei giorni di piena attività, dovrebbero poter essere effettuati, secondo valutazione degli incaricati, anche nei momenti di inattività. Per esempio, se nella notifica venisse dichiarato lo svolgimento dell’attività il sabato e la domenica, occorrerebbe poter verificare la conformità delle strutture e delle attrezzature, nonché degli alimenti e delle procedure, anche negli altri giorni della settimana. Nel caso, invece, di attività stagionale e quindi temporanea, per esempio che si svolgesse nel periodo da giugno a settembre, questa caratteristica potrebbe essere opportunamente notificata, escludendo il controllo ufficiale nel periodo di inattività. Altre attività Solo per maggiore dettaglio si vogliono evidenziare altre tipologie di attività in qualche modo associabili, per le modalità e la natura “abitativa” della sede operativa, a quella di home restaurant, costituendo comunque situazioni anomale rispetto alle tipologie più note: • preparazione di alimenti in abi-

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tazione privata per somministrazione o vendita in stabilimento registrato dallo stesso produttore (es.: titolare di un bar che prepara alcuni alimenti presso la propria abitazione); • preparazione di alimenti in abitazione privata per la fornitura a consumatori finali o stabilimenti di vendita al dettaglio o di somministrazione (con o senza trasporto a cura del produttore); • preparazione di alimenti in abitazione privata per la fornitura con modalità di catering (es. buffet per cerimonie), quindi con trasporto in altro luogo a cura del produttore; • cuoco che opera al domicilio privato del committente in occasione di pranzi conviviali, feste private ecc…, portando con sé attrezzature e materie prime. Anche tali attività meriterebbero la dovuta attenzione e discussione da parte degli addetti ai lavori e dovrebbero essere conseguentemente regolamentate dalle autorità competenti quando non vi fossero i presupposti per una esplicita esclusione. Conclusioni L’home restaurant, probabilmente destinato ad uscire dall’ambito “romantico” in cui è nato, presentato come il luogo della riproposizione delle tradizioni culinarie di mamme e nonne, può comunque svolgere una funzione culturale e sociale, purché possa svilupparsi nel rispetto delle regole ed evitando la concorrenza sleale nei confronti di altre attività di ristorazione soggette a vincoli di legge e all’attività di controllo effettuata dalle pubbliche autorità, garantendo lo stesso livello di sicurezza alimentare per il consumatore. Pertanto, dal punto di vista igienico-sanitario, sono irrinunciabili il pronunciamento da parte delle autorità competenti centrali (Ministero della Salute) e regionali e l’attività di controllo dell’autorità competente territoriale (Aziende Sanitarie Locali); ma non deve essere dimenticato il ruolo centrale dell’Operatore del Settore Alimentare (nel caso trattato: il “padrone di casa” che svolge l’attività) nel garantire la sicurezza


degli alimenti mediante il rispetto dei requisiti igienici, le procedure di autocontrollo e la formazione. Marco Cappelli Tecnico della Prevenzione ASL n. 5 – La Spezia Mino Orlandi Dirigente Veterinario ASL n. 5 – La Spezia Bibliografia, sitografia e normativa 1. Home restaurant nel mondo (www.homerestaurant.com/it; consultato il 27/09/2015). 2. Home Restaurant: la passione per la cucina diventa business, PANORAMA CHEF del 4 giugno 2015 (www.panoramachef.it/ home-restaurant-la-passioneper-la-cucina-diventa-business; consultato il 27/09/2015). 3. Senato della Repubblica, XVI Legislatura — Disegno di Legge d’iniziativa dei senatori Fleres e Alicata n. 1612 comunicato alla Presidenza il 16 giugno 2009 — “Disposizioni in materia di promozione e di svolgimento dell’attività di home food” (www. senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/213445.pdf). 4. Senato della Repubblica, XVII Legislatura, Disegno di Legge d’iniziativa del senatore Alicata n. 1271 presentato il 30 gennaio 2014 — “Disposizioni in materia di promozione e di svolgimento dell’attività di home food” (www. senato.it/leg/17/BGT/Schede/FascicoloSchedeDDL/ebook/43840. pdf). 5. FIPE, Federazione Italiana Pubblici Esercizi – Circolare n. 36/2015 Prot. n. 437 MF/mr del 6 marzo 2015. 6. Ministero dello Sviluppo Economico, Direzione Generale per il Mercato, la concorrenza, i Consumatori, la Vigilanza e la Normativa Tecnica — Risoluzione n. 50481 del 10 aprile 2015 “Attività di cuoco a domicilio – Home Restaurant – Richiesta parere” (www.sviluppoeconomico.gov.it). 7. Legge 25 agosto 1991, n. 287 – Aggiornamento della normativa sull’insediamento e sull’attività

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dei pubblici esercizi (GURI n. 206 del 03/09/1991). 8. Decreto Legislativo 26 marzo 2010, n. 59 – Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno (GU n. 94 del 23/4/2010 – Suppl. Ordinario n. 75). 9. Ministero dello Sviluppo Economico, Dipartimento per l’impresa e l’internazionalizzazione, Direzione Generale per il Mercato, la concorrenza, Consumatori, Vigilanza e Normativa Tecnica, Divisione IV Promozione della concorrenza e semplificazioni per le imprese – Risoluzione n. 98416 del 12 giugno 2013 “Attività di catering – banqueting – Attività di somministrazione di alimenti e bevande – Richiesta parere” (www.sviluppoeconomico.gov. it). 10. Ministero dello Sviluppo Economico, Dipartimento per l’impresa e l’internazionalizzazione, Direzione Generale per il Mercato, la concorrenza, Consumatori, Vigilanza e Normativa Tecnica, Divisione IV Promozione della concorrenza e semplificazioni per le imprese – Risoluzione n. 8562 del 17/01/2013 (www.sviluppoeconomico.gov.it). 11. Legge 7 agosto 1990, n. 241 – Nuove norme sul procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi (GURI n. 192 del 18/8/1990). 12. Regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 sull’igiene dei prodotti alimentari (rettifica in GUUE n. L 226 del 25/06/2004). 13. Regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i Regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la Direttiva 87/250/CEE della Commissione, la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la direttiva 1999/10/CE della Commissione, la Direttiva 2000/13/CE del Parlamento euro-

peo e del Consiglio, le Direttive 2002/67/CE e 2008/5/CE della Commissione e il Regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione (GUUE n. L 304 del 22/11/2011). 14. Nota prot. n. 4379-P-17/02/2011 DGSAN del Ministero della Salute, Dipartimento per la Sanità pubblica veterinaria, la nutrizione e la sicurezza degli alimenti, Direzione Generale della Sicurezza degli Alimenti e della Nutrizione, Ufficio III Igiene degli Alimenti di Origine Animale – Chiarimenti concernenti alcuni aspetti applicativi del Regolamento CE 853/2004 in materia di vendita e somministrazione di preparazioni gastronomiche contenenti prodotti della pesca destinati ad essere consumati crudi o praticamente crudi. 15. Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GUCE n. L 371 del 01/02/2002), modificato dal Regolamento (CE) n. 1642/2003 (GUCE n. L 245 del 29/09/2003). 16. Accordo, ai sensi dell’articolo 4 del Decreto Legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome relativo a “Linee guida applicative del Regolamento n. 853/2004/ CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull’igiene dei prodotti di origine animale”, Rep. Atti 253/CSR del 17/12/2009 (GURI n. 14 del 19/01/2010). 17. Decreto del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali 11 dicembre 2009 – Modalità per l’applicazione di disposizioni comunitarie in materia di commercializzazione delle uova, ai sensi dei Regolamenti (CE) n. 1234/2007, del Consiglio e n. 589/2008, della Commissione e del Decreto Legislativo 29 luglio 2003, n. 267 (GURI n. 111 del 14/05/2010).

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CONVEGNI

Sostenibilità e innovazione per il rilancio del settore pesca Lo scorso 17 dicembre, presso la sede della Direzione Generale della Pesca marittima e dell’acquacoltura del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, si è svolta la conferenza stampa sul tema “La nuova pesca in Italia: le scelte della sostenibilità e dell’innovazione”, alla presenza del sottosegretario con delega alla pesca GIUSEPPE CASTIGLIONE, del capo Dipartimento delle politiche competitive, della qualità agroalimentare, ippiche e della pesca LUCA BIANCHI, del direttore generale della pesca marittima e acquacoltura RICCARDO RIGILLO e del capo Reparto Pesca Marittima del Corpo delle Capitanerie di Porto C.A. (CP)

VINCENZO MORANTE. «Considerando l’attuale periodo congiunturale e le indicazioni della Politica comune della pesca — ha affermato il sottosegretario Castiglione — il bilancio è positivo, anche a livello europeo, alla luce della chiusura di tutte le procedure di infrazione. La Commissione ha riconosciuto infatti l’impegno profuso dall’Italia negli ultimi tempi, ai fini del pieno e puntuale rispetto delle regole comuni in materia e per il contrasto della pesca illegale. Le scelte che devono ispirare oggi la pesca italiana sono la sostenibilità, l’innovazione e la redditività. È necessario quindi un cambiamento di mentalità per tutto il

settore e gli strumenti da adoperare devono interessare non solo l’attività di pesca, ma anche la regolazione e la gestione dell’attività stessa, nonché gli effetti su scala più ampia. In particolare, la gestione amministrativa della pesca richiederà una spinta alla modernizzazione attraverso la digitalizzazione. La sfida digitale è ormai un tema di interesse non solo italiano e un dato acquisito per l’economia europea, oltre che una chiave per lo sviluppo globale». Nel dettaglio i punti più importanti dell’incontro. La revisione del sistema di gestione La chiave operativa sarà la revisione del sistema di gestione, a partire dal

Le scelte che devono ispirare oggi la pesca italiana sono la sostenibilità, l’innovazione e la redditività, ha dichiarato durante l’incontro il sottosegretario con delega alla pesca Giuseppe Castiglione (photo © www.cronachemaceratesi.it).

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concetto di autorizzazione all’attività e dalla definizione di tipologia di pesca. In questo quadro sarà sempre più importante l’attenzione agli stock di specie obiettivo (o “target”), assieme ad una razionalizzazione degli attrezzi e mestieri di pesca, preferendo un numero ristretto di attrezzi, efficienti e poco impattanti, per tutte le flotte. L’utilizzo di tecnologie legate all’economia blu Accanto a questi strumenti, sarà necessario utilizzare quelle tecnologie legate alla “economia blu”, non esclusive della pesca ma che riducano l’impatto indiretto delle attività di pesca sugli ecosistemi. L’eco-efficienza dei motori delle imbarcazioni potrà essere il fattore trainante di questa strumentazione. Motori non più alimentati con oli combustibili ma con gas sono il contesto per fare un ulteriore passo verso la eco-compatibilità e la eco-efficienza attraverso l’introduzione di biogas (prodotto quindi

da riutilizzo di scarti organici) quale combustibile in una sorta di circuito virtuoso produzione-consumo. Le possibilità di finanziamento del FEAMP Su tutti questi obiettivi e strumenti sarà un valido ausilio il FEAMP (Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca), che prevede possibilità di finanziarie tutte queste linee di azione, con investimenti mirati all’incremento di selettività (delle attrezzature); a una maggiore efficienza degli strumenti di controllo; a una migliore eco-efficienza energetica. Rapporti con l’Unione Europea Chiuse tutte le procedure di infrazione. L’Italia quindi non ha procedure di infrazione aperte in materia di politica comune della pesca. Nel dettaglio: • la procedura di infrazione sulle reti da posta derivanti: nel luglio 2014, è stata formalmente chiusa la procedura d’infrazio-

ne riguardante le reti da posta derivanti; • la denuncia per le autorizzazioni alle volanti: nel settembre 2015, nell’ambito della procedura “EU Pilot”, è stata archiviata la denuncia presentata da privati in materia di autorizzazioni temporanee concesse dall’Amministrazione italiana alle “volanti”. In caso di accertata violazione delle regole della UE, la Commissione avrebbe avviato una procedura formale di infrazione; • la procedura di infrazione per la mancata presentazione del piano di gestione delle draghe idrauliche (sistema di pesca dei molluschi bivalvi): nel dicembre 2015, è stata formalmente chiusa la procedura per la mancata presentazione del piano di gestione delle draghe idrauliche, ai sensi del Regolamento n. 1967/2006 del Consiglio dell’Unione Europea. (Ufficio Stampa MIPAAF www.politicheagricole.it)


RASSEGNE

Festival Triveneto del Baccalà, and the winner is… La ricetta firmata dallo chef Michele Cella della biosteria Basilico Tredici di Treviso si è aggiudicata la vittoria della sesta edizione del Festival Dopo 28 tappe in tutto il Triveneto, da settembre a novembre 2015, dopo la creazione di altrettante ricette gustose e innovative, la giuria ha degustato e valutato le sei ricette arrivate in finale, decretando la vincitrice della sesta edizione del Festival Triveneto del Baccalà – Trofeo Tagliapietra, ovvero “Riso, carbone, baccalà e saòr”, firmata dallo chef MICHELE CELLA della biosteria Basilico Tredici di Treviso. La cerimonia di premiazione si è svolta mercoledì 2 dicembre al termine del gala finale

del Festival, nella splendida cornice della Tenuta Polvaro di Annone Veneto, Venezia. Ad accompagnare i piatti proposti dagli chef finalisti i vini de La Strada Vini DOC Lison Pramaggiore. La giuria, coordinata da FRANCO FAVARETTO del Baccalàdivino di Mestre (VE), era composta da ETTORE BONALBERTI, ideatore e presidente onorario del Festival, dallo chef GIANCARLO PERBELLINI di Casa Perbellini (VR), da NICOLA PORTINARI, ristorante La Peca, Lonigo (VI), da EMANUELE SCARELLO, Agli

Amici (UD), da PETER BRUNEL, Lungarno Collection (FI), da GRAZIANO PREST, ristorante Tivoli di Cortina D’Ampezzo, vincitore dell’edizione 2014 della rassegna, e da FAUSTO ARRIGHI, tecnico della ristorazione ed ex direttore della Guida Michelin. «È una grande emozione vincere la sesta edizione del Festival Triveneto del Baccalà» ha dichiarato Michele Cella nel corso della premiazione. «Dedico il Trofeo Tagliapietra alla mia brigata, che ha contribuito con passione e dedizione alla creazione

Il “Riso, carbone, baccalà e saòr” firmato dallo chef Michele Cella della biosteria Basilico Tredici di Treviso è la ricetta vincitrice della sesta edizione del Festival Triveneto del Baccalà (photo © Tobia Berti).

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La giuria del Festival Triveneto del Baccalà, insieme al vincitore, lo chef Michele Cella, a cui è stato assegnato il Trofeo Tagliapietra e un viaggio alle Lofoten, isole norvegesi patria dello stoccafisso (photo © Tobia Berti). di questo nuovo piatto». Alla manifestazione, organizzata dalla Dogale Confraternita del Baccalà Mantecato, con la Venerabile Confraternita del Baccalà alla Vicentina, la Patavina Confraternita del Baccalà e la Vulnerabile Confraternita dello Stofiss dei Frati, in collaborazione con la Tagliapietra e figli Srl, importante azienda italiana importatrice di stoccafisso con sede a Mestre, hanno preso parte 28 ristoranti tra Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, presentando, come da regolamento, esclusivamente ricette originali e innovative. Durante il gala finale, è stato inoltre servito l’appetizer realizzato dall’Osteria ai Trani di Rovigo, che si è conquistata il titolo di vincitore del primo Trofeo Tagliapietra di Baccalando, il percorso del Festival dedicato ai più giovani, novità di quest’anno, che ha coinvolto sette locali alla moda del Veneto. Ciascun locale partecipante ha presentato la propria proposta culinaria, dai cichéti agli stuzzichini, ai finger food a base di baccalà. Il

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“miniburger con baccalà mantecato, cipolla di Tropea caramellata e misticanza” dell’Osteria ai Trani è stato premiato come la proposta più innovativa. I titolari, i fratelli FABRIZIO e ANDREA CONFORTO, hanno vinto un viaggio ad Oslo per due persone. «Decretare le sei ricette finaliste è stato un compito arduo per tutto il Comitato esecutivo perché gli standard di questa edizione sono stati altissimi. La ricetta vincitrice ha convinto la giuria per la valorizzazione del baccalà in termini di creatività, senza andare a discapito del gusto e dell’estetica nella presentazione», ha dichiarato LUCA PADOVANI, presidente del Comitato organizzatore del Festival. «È stata un’edizione ricca di novità e di rinnovato entusiasmo verso un prodotto dalle innumerevole sfaccettature qual è il baccalà» ha concluso DANIELE TAGLIAPIETRA, AD dell’azienda omonima. «Il nostro obiettivo e quello del Comitato del Festival è proprio quello di diffondere la cultura del baccalà come pesce versatile, attraverso il quale creare

gustose ricette. Dopo 28 tappe nei ristoranti del Triveneto, possiamo dire di aver riscontrato un maggiore interesse da parte del pubblico; inoltre, gli eventi organizzati con Baccalando hanno attratto molti giovani: segnale che il baccalà è un prodotto che può essere interpretato in maniera creativa in cucina». Tagliapietra, le eccellenze del mare Portare in tavola il gusto del mare, naturale al 100%, è da oltre cinquanta anni l’obiettivo della Tagliapietra e figli Srl, azienda a gestione familiare specializzata nella commercializzazione di prodotti ittici oggi condotta con passione e amore dai fratelli Valentina, Luca e Daniele. Che, insieme al padre Ermanno, hanno voluto portare alla ribalta, attraverso il Festival, il merluzzo, alimento ricco di valori nutrizionali ed estremamente versatile in cucina, sia nella versione fresca, che in quella salata ed essiccata. >> Link: www.festivaldelbaccala.it

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FIERE

Tengono i prodotti a marca, crescono premium e bio Marca 2016, un’edizione record per il salone sui prodotti MDD. In crescita il numero delle insegne e degli espositori Cresce Marca 2016, il grande Salone internazionale sui prodotti a Marca del Distributore (MDD) organizzato da BolognaFiere in collaborazione con ADM (Associazione Distribuzione Moderna), che ogni anno apre il calendario fieristico dell’anno e che, per l’edizione 2016, si è svolto il 13 e 14 gennaio presso il quartiere fieristico di Bologna. Nel 2015 nei prodotti di largo consumo confezionato la Marca del Distributore (MDD) ha raggiunto la quota del 18,3%, in linea con il trend dello scorso anno.

Se si analizzano i singoli segmenti, emerge che i prodotti “Premium” e “Bio”, quelli a maggiore valore, hanno registrato una crescita significativa: con vendite a valore per il segmento “Premium” del +13,1% e per quello “Bio” del +11%. MDD strategica e in espansione La Marca del Distributore crea valore, innova, sviluppa segmenti premium, comunica, si impegna in un’opera di sostenibilità e di trasparenza, senza mai dimenticare

la centralità della convenienza. Un’evoluzione che, oltre a consolidare un rapporto di fiducia con il consumatore, risponde perfettamente alle sue nuove esigenze di acquistare non solo un prodotto, ma anche tutto ciò che esso esprime.

Visitatori all’edizione 2016 del Salone internazionale sui prodotti a Marca del Distributore (MDD).

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I contenuti del 12º Rapporto Marca/BolognaFiere sulla MDD Durante il convegno inaugurale di Marca, introdotto dal presidente di BolognaFiere DUCCIO CAMPAGNOLI, sono stati esposti i principali contenuti del “12º Rapporto Marca/ BolognaFiere sulla MDD”, alla presenza di PAOLO DE CASTRO, membro della Commissione per l’Agricoltura e lo Sviluppo rurale del Parlamento europeo, e MASSIMO VIVIANI, consigliere delegato ADM. De Castro, in particolare, ha invitato a riflettere, alla luce dell’attività dell’Unione Europea, sui potenziali impatti che il sistema delle private labels può avere sulla filiera e sui consumatori nel medio e lungo periodo. Viviani, invece, ha introdotto il tema della sostenibilità e della responsabilità sociale d’impresa per le aziende della distribuzione e in particolare per la Marca del Distributore. Attraverso questi prodotti l’impresa può definire la propria immagine e il proprio posizionamento, con processi di innovazione, di informazione, di trasparenza e di valorizzazione dell’italianità e della PMI. La Marca del Distributore si allontana dalla sua prima immagine di alternativa a prezzo contenuto delle grandi marche, ma ne eredita il ruolo di guida nel mondo del Largo Consumo, acquisendo un nuovo spazio e un posizionamento che la condurrà nel suo prossimo sviluppo. “La marca del distributore: le ragioni di una

In alto: il presidente di BolognaFiere, Duccio Campagnoli, insieme a Paolo De Castro, membro della Commissione per l’Agricoltura e lo Sviluppo rurale del Parlamento europeo. Al centro: Sabrina Guidone, Riccardo Mazzanti ed Evaristo Pregnolato di Finpesca con Raffaella Nateri, di Sushimania, gruppo Acqua. In basso: Alessio Sala di Perfetta.

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“Il prodotto con il brand dell’insegna è l’elemento più caratterizzante di questa evoluzione: non si tratta più di una private label dove il prezzo è la mera somma dei costi diretti, ma di una vera Marca del Distributore, che assorbe in sé tutti i valori dell’impresa distributiva”

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CMP Srl, forniture e attrezzature per l’imballaggio di Saluzzo (CN). fiducia riconosciuta” è stato il tema dell’intervento di GUIDO CRISTINI, coordinatore dell’Osservatorio Marca/ BolognaFiere sulla MDD e professore di Marketing dell’Università di Parma, sull’evoluzione della Marca del Distributore, che ha visto nel 2015 un anno all’insegna della qualità. La MDD, infatti, ha limitato il ricorso alle promozioni e ha qualificato la sua offerta a vantaggio dei segmenti premium e biologico. La convenienza non ha rappresentato più il solo fattore di attrazione, ma è stata affiancata da altre dimensioni che hanno costituito un elemento decisivo per la scelta da parte dei consumatori, quali la qualità, la sicurezza, la varietà, la tradizione, la sostenibilità, l’informazione. FRANCESCO MORACE, presidente di Future Concept Lab, ha poi aperto una riflessione in merito alla fase di profondo cambiamento sociale che si sta vivendo. La Marca del Distributore sta dimostrando una vitalità inaspettata che si incontra con i nuovi paradigmi del futuro: la vicinanza al territorio, la necessità di preservare la qualità a un prezzo accessibile, la possibilità di diventare i garanti di una nuova catena del valore che parte da una catena della fiducia coinvolgendo clienti e fornitori. Sostenibilità, semplificazione, convivialità e qualità della vita costituiscono i pilastri di una nuova visione che la Marca del Distributore potrà rafforzare nei prossimi anni.

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Un concetto sul quale si è molto calcato è in particolare quello della sostenibilità. Questo è un termine sempre più utilizzato e soggetto a inflazione, soprattutto comunicativa, che rischia di banalizzare il tema e di rendere scarsamente distinguibili i comportamenti dalle mere dichiarazioni di intenti. Risulta invece fondamentale, soprattutto nella comunicazione, “la sostenibilità della sostenibilità”. MASSIMILIANO DONA, segretario generale Unione Nazionale Consumatori, ha stimolato le insegne a valorizzare meglio la Marca del Distributore come canale di comunicazione, dimostrandosi più sensibili rispetto a temi cari ai consumatori, come la provenienza delle materie prime, l’indicazione dello stabilimento di produzione, il rispetto dei principi di sostenibilità, ma anche la chiarezza (anche in termini grafici) delle etichette, aspetti sempre più decisivi nelle scelte di acquisto. «La distribuzione sta evolvendo verso un modello nel quale la responsabilità sociale d’impresa diventa un elemento strategico dal punto di vista economico, sociale e ambientale. Il prodotto con il brand dell’insegna è l’elemento più caratterizzante di questa evoluzione: non si tratta più di una private label dove il prezzo è la mera somma dei costi diretti, ma di una vera “Marca del Distributore”, che assorbe in sé tutti i valori dell’impresa distributiva. In questa evoluzione, la Marca del Distributore si trova perfettamente allineata con le nuove esigenze dei consumatori, sempre più consapevoli nei loro acquisti, sostituendosi nel ruolo di “marca” ai più grandi nomi industriali, che hanno negli ultimi anni diminuito gli investimenti in innovazione e comunicazione incrementando l’utilizzo della leva promozionale per sostenere i volumi» ha commentato Francesco Pugliese, presidente di ADM. Focus su Marca Marca è l’unica fiera italiana sui prodotti a Marca del Distributore (MDD). È organizzata da BolognaFiere in collaborazione con ADM. >> Link: www.marca.bolognafiere.it

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INDAGINI

Confezionamento in atmosfera protettiva Un sistema di packaging guardato con particolare interesse dalla Grande Distribuzione perché consente di poter offrire alla clientela prodotti freschi ready to cook e cotti ready to eat con shelf-life di gran lunga superiore a quella realizzata con altri sistemi di confezionamento di Luciano Boffo, Patrizia Buratti, Irene Francescon e Valentina Biscalchin

La richiesta commerciale di prodotti freschi, accattivanti, sicuri, pronti all’uso e a lunga shelf-life, implica la necessità di migliorare i metodi di confezionamento e conservazione dei prodotti. Il confezionamento in MAP (Modified Atmosphere Packag-

ing) è una tecnica ormai utilizzata in vari settori alimentari che consente di prolungare sensibilmente la vita commerciale dei prodotti. L’efficacia del confezionamento in MAP è conosciuta fin dalla fine degli anni ‘20, ma come metodo di confezionamento

non è stato utilizzato commercialmente in Europa prima degli anni ‘70. Da un punto di vista storico, va ricordato che questa tecnica è stata utilizzata nel 1930 nelle celle delle navi per il trasporto delle carni bovine e ovine dall’Australia e dalla

Il confezionamento in MAP è una tecnologia molto versatile, che si adatta perfettamente ai diversi tipi di alimenti, ovviamente modificando la composizione dei gas che vengono introdotti nella confezione, in rapporto alla composizione e alle caratteristiche qualitative del prodotto che si desidera confezionare.

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Tabella 1 – Composizione dell’aria atmosferica Azoto

78,080 vol.

Ossigeno

20,950 vol.

Argon

0,930 vol.

Anidride carbonica

0,038 vol.

Acqua

varia in relazione al tasso di umidità

Altri gas: neon, elio, metano, kripton, idrogeno, biossido di azoto, xenon

Tabella 2 – Requisiti di legge e di purezza dei principali gas impiegati nel confezionamento in atmosfera protettiva CO2 alimentare E 290 Tenore minimo

> 99% < o uguale a 10 ppm

CO2 Oil (in vapour phase)

< 0,1 ml

Agenti riducenti H2S

superamento Test JEFCA

Acidità

superamento Test JEFCA

Tenore non meno del

≥ 99%

THC (calcolato come CH4)

≤ 100 μl/l

H2O

≤ 0,05% N2 alimentare E 941

Titolo

≥ 99%

THC (calcolato come CH4)

≤ 100 μl/l

H2O

≤ 0,05%

NO2

≤ 1% μl/l

O2

≤ 1%

Ossido di carbonio

≤ 10 μl/l N2O alimentare E 942

Titolo

≥ 99%

H2O

≤ 0,05%

Ossido di carbonio

≤ 30 μl/l

Biossido di azoto e ossido di azoto

≤ 10 μl/l

Ar alimentare E 938 Titolo H2O Metano CH4 e altri idrocarburi Nuova Zelanda al Regno Unito. È stata poi successivamente applicata anche per l’immagazzinaggio di frutta fresca. Il confezionamento in MAP, associato alla refrigerazione,

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≥ 99% ≤ 0,05% ≤ 100 μl/l presenta numerosi vantaggi perché estende la shelf-life del prodotto riducendo la perdita economica e permette al prodotto di essere trasportato anche a lunga distanza

ed essere facilmente esposto per la commercializzazione e la vendita. Esso consiste nell’estrazione dei gas atmosferici presenti nella confezione (Tabella 1) e la sostituzione degli stessi con premiscele studiate appositamente per stabilizzare e conservare più a lungo il prodotto. Variando opportunamente la composizione percentuale di questi gas è possibile prolungare la shelflife e quindi la vita commerciale dei prodotti alimentari. La Grande Distribuzione guarda con particolare interesse a questo sistema di packaging perché consente di poter offrire alla clientela prodotti freschi ready to cook e prodotti cotti ready to eat con shelf-life di gran lunga superiore a quella realizzata con altri sistemi di confezionamento. La produzione viene di norma realizzata in stabilimenti con riconoscimento comunitario rispondenti a precisi requisiti strutturali e igienico-sanitari, nel rispetto delle norme igieniche e della catena del freddo lungo tutta la filiera produttiva e avendo cura di ridurre al minimo le contaminazioni crociate. La degradazione di un prodotto confezionato dipende dalla microflora endogena presente sul prodotto, dalla lavorazione, dal tipo di confezionamento e dalla temperatura di stoccaggio. Il confezionamento in atmosfera protettiva consente di bloccare lo sviluppo microbico, rallentare i processi degradativi, ridurre le alterazioni enzimatiche e mantenere le proprietà sensoriali del prodotto prolungando così la sua vita commerciale senza ricorrere all’aggiunta di additivi o altri sistemi di conservazione che comunque avrebbero effetti negativi sulle caratteristiche qualitative dell’alimento. È opportuno partire da prodotti con caratteristiche qualitative e microbiologiche ineccepibili poiché questo sistema di conservazione non è in grado di influenzare lo status originale dell’alimento e non rappresenta un metodo di risanamento o di miglioramento qualitativo. Contribuisce invece a mantenere più a lungo inalterate le caratteristiche sensoriali e organolettiche. È una tecnologia molto versatile, che si

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adatta perfettamente ai diversi tipi di alimenti, ovviamente modificando la composizione dei gas che vengono introdotti nella confezione, in rapporto alla composizione e alle caratteristiche qualitative del prodotto che si desidera confezionare. È un metodo di confezionamento che sicuramente ha dei costi molto più elevati rispetto ai metodi tradizionali (costo dei gas, del materiale di confezionamento, delle macchine, degli impianti e della gestione di controllo molto più complessa e capillare), ma che comunque viene accettato dalla Grande Distribuzione e dall’utenza per il valore aggiunto del prodotto finito. I gas impiegati La scelta dei gas che vengono impiegati è strettamente correlata con il tipo di alimento che si intende confezionare: è necessario valutare le interazioni che si instaurano tra i gas, l’alimento e i materiali di imballaggio. Il Reg. 1333/08 e il Reg. 1129/11 individuano i 7 gas che possono essere utilizzati per confezionare i prodotti alimentari in atmosfera protettiva: ossigeno, azoto, anidride carbonica, argon, elio, protossido di azoto e idrogeno. Gli stessi regolamenti inquadrano suddetti gas tra gli additivi, senza tuttavia l’obbligo di dichiararli in etichetta. Questo viene ribadito anche dal Reg. 1169/11 all’allegato III: è sufficiente indicare “prodotto confezionato in atmosfera protettiva”. La normativa non stabilisce una quantità massima di impiego e pertanto possono essere utilizzati senza alcuna limitazione. I gas che vengono forniti devono rispondere agli standard di qualità e ai criteri di purezza definiti dal Reg. 231/2012 (Tabella 2). In genere le aziende fornitrici sono certificate

FSSC 22.000:2010. I gas vengono forniti in bombole o in pacchi bombole che hanno una pressione di circa 200 atmosfere. Attraverso un primo riduttore la pressione viene portata a circa 50 atmosfere e successivamente, con un altro riduttore, a 13-15 atmosfere, che è la pressione che si trova nelle condutture collegate con il miscelatore. Dal miscelatore i gas escono a una pressione di 5 atmosfere. La macchina confezionatrice lavora a una pressione di 0,2-0,5 bar. È fondamentale verificare con analizzatore dei gas, prima dell’inizio del confezionamento, che la composizione della miscela sia corretta, come pure la percentuale dei singoli gas. Analogo intervento deve essere effettuato anche sui prodotti già confezionati per valutare eventuali modifiche della composizione in relazione a fenomeni di assorbimento dei gas da parte dell’alimento. Il rapporto gas/alimento deve essere di tre a uno. Molta attenzione deve essere posta dagli operatori durante le fasi di cambio della miscela tra una produzione e la successiva, per evitare grossolani errori. Il polmone del miscelatore e della macchina confezionatrice devono essere svuotati completamente e poi riempiti con la nuova miscela. Di seguito vengono analizzate le principali caratteristiche dei gas che vengono impiegati nel settore ittico. Anidride carbonica (E 290) L’anidride carbonica ha un effetto batteriostatico molto importante. Anche concentrazioni del 5% sono in grado di inibire, sia pur parzialmente, lo sviluppo di un’ampia gamma di microrganismi; ovviamente per avere risultati più marcati è necessario arrivare a concentrazioni dell’ordine del 30-40%. Lieviti, germi aerobi

“L’atmosfera protettiva non migliora le caratteristiche microbiologiche dell’alimento ma ne rallenta semplicemente la moltiplicazione batterica. Pertanto, è fondamentale confezionare soltanto prodotti ittici con cariche microbiche molto basse” IL PESCE, 1/16

stretti e muffe sono sensibili a questo gas che esercita un efficace effetto batteriostatico. Analogo effetto viene esercitato anche sui batteri che, attraverso processi di decarbossilazione, portano alla formazione nei prodotti ittici di ammine biogene tipo istamina, putrescina, cadaverina, tiramina e spermina, spesso responsabili di intossicazioni alimentari. Va sottolineato però che l’azione batteriostatica dell’anidride carbonica non vale per tutti i microrganismi, ad esempio i batteri lattici, gli stafilococchi, i clostridi, i germi anaerobi sviluppano bene in presenza di CO2 e basse concentrazioni di O2. Alcuni batteri riscontrati sul pesce sono in grado di tollerare alti livelli di anidride carbonica: Photobacterium phosphoreum, i batteri lattici, Carnobacterium maltaromaticum in particolare, sono capaci di crescere in presenza di CO2 e sono implicati nel deterioramento del pesce confezionato in MAP. L’effetto batteriostatico della CO2 è influenzato in maniera significativa dalla temperatura di conservazione dell’alimento. Infatti, temperature di refrigerazione prossime a 0 °C aumentano la solubilità della CO2 nell’acqua e nei liquidi dell’alimento: minore è la temperatura utilizzata, maggiore è il tasso di assorbimento di CO2 osservato nei tessuti dei pesci. Si ha come conseguenza, da un lato, un collasso della confezione per la riduzione della pressione di CO2, e dall’altro una maggiore perdita di acqua dell’alimento per una attenuazione dei legami intrinseci tra l’acqua e i filamenti proteici. Questo è particolarmente evidente nel pesce e nella carne. Per ovviare a questi effetti negativi è opportuno non superare determinate concentrazioni di CO2 da un lato, e dall’altro aggiungere alla miscela gas di azoto, che ha come unico risultato quello di evitare il collasso della confezione e stabilizzare il prodotto. L’effetto inibitorio sullo sviluppo microbico della CO2 si mantiene anche dopo l’apertura della confezione, poiché la stessa è disciolta nell’alimento e impiega un certo periodo di tempo prima di dissociarsi dallo stesso.

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L’effetto batteriostatico della CO2 è legato anche alla sua reazione con l’acqua presente nell’alimento, che porta alla formazione di acido carbonico con conseguente abbassamento del pH, a tutto vantaggio della stabilità del prodotto. Le ogive delle bombole di anidride carbonica sono identificate da un colore grigio. Ossigeno (E 948) L’ossigeno viene impiegato nel confezionamento in atmosfera protettiva per mantenere il colore rosso vivo delle carni e del pesce, o per consentire la “respirazione” dei vegetali. L’unione dell’O2 con la mioglobina porta alla formazione della ossimioglobina di colore rosso vivo. L’ossigeno viene impiegato anche per prolungare la shelf-life dei molluschi bivalvi vongole confezionati in ATM. A parte questi casi, in via generale si tende a mantenere basso il livello di O2 per inibire la crescita dei germi aerobi e aerobi facoltativi e per evitare i processi ossidativi e di irrancidimento dei grassi. Questo fenomeno è particolarmente frequente nei prodotti ittici ricchi di acidi grassi polinsaturi come salmone, sgombro, tonno, ecc… dove si innesca una reazione che porta alla formazione di aldeidi e chetoni che conferiscono al prodotto il caratteristico odore di rancido. Di conseguenza è importante valutare attentamente le caratteristiche chimiche dei prodotti che vengono confezionati e soprattutto non introdurre mai dosaggi troppo elevati. Le ogive delle bombole di ossigeno sono identificate da un colore bianco. Azoto (E 941) L’azoto è un gas inerte, incolore e insapore che ha una bassa solubilità in acqua e nei lipidi. In genere non reagisce con gli alimenti con i quali viene a contatto. È utilizzato con la funzione di riempimento delle confezioni, mantenendo inalterata la forma e impedendo lo schiacciamento e il collasso del film plastico. Ha anche una importante azione di protezione dell’alimento dall’ossigeno presente nella confezione, rallentando così i

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Tabella 3 – Miscele utilizzate nei prodotti ittici Pesci grassi, affumicati, decongelati, crostacei Sgombro, anguilla, salmone, moscardino, totano, ciuffi di calamaro e di totano, seppia, polpo, gamberi… N2

40-70%

CO2

30-60% Pesci con carni rosse

Salmone, filetti di trota salmonata, tonno, pesce spada, filetti di pangasio, filetti di sardina, filetti di triglia… O2

20-30%

N2

40%

CO2

30-40% Pesci con carni bianche

Seppia, merluzzo, S. Pietro, halibut, orata, branzino, filetti di orata, filetti di branzino, filetti di persico… O2

20-30%

N2

30%

CO2

40-50% Molluschi bivalvi vivi vongole

O2

50-80%

N2

20-50% Molluschi bivalvi vivi mitili

CO2

60-70%

N2

30-40%

processi di irrancidimento. Sembra avere anche una azione inibente sugli enzimi proteolitici responsabili della degradazione delle proteine con conseguente comparsa di fenomeni essudativi. Le ogive delle bombole di azoto sono identificate da un colore nero. Protossido di azoto (E 942) Il protossido di azoto, a temperatura e pressione ambiente, è un gas incolore, di odore dolciastro, non infiammabile. Nell’industria alimentare viene impiegato come propellente nelle confezioni di prodotti alimentari spray (panna montata). Nel confezionamento dei prodotti ortofrutticoli viene utilizzato per limitare l’imbrunimento enzimatico, specie nelle mele. Nel settore ittico il protossido d’azoto, in via sperimentale, in associazione con l’ossigeno,

contribuisce a mantenere più a lungo la brillantezza dei prodotti e, in determinate specie più sensibili, ritarda il viraggio di colore. Le ogive delle bombole di protossido di azoto sono identificate da un colore blu. Argon (E 938) L’argon è un gas inerte, incolore, inodore, non infiammabile, e svolge le stesse funzioni dell’azoto: evita il collasso della confezione e ostacola il legame dell’O2 con l’alimento. Le ogive delle bombole di argon sono identificate da un colore verde scuro. L’etichettatura dei gas Il Reg. 1333/08 prevede che i gas impiegati come additivi alimentari devono riportare in etichetta le seguenti indicazioni:

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• • • • • • • • •

produttore; stabilimento produttore; denominazione commerciale; per alimenti; lotto; scadenza; capacità geometrica; quantità contenuta; composizione in ordine decrescente; • indicazioni di corretta conservazione. Oltre a queste indicazioni, troviamo anche un’altra etichetta definita ADR, che è disciplinata dalla Legge 1839/62 e successive modifiche, che riporta: • denominazione del gas; • composizione del gas; • nome, indirizzo e numero di telefono del fabbricante o del distributore; • simbolo di pericolo; • frasi di rischio e consigli di prudenza; • numero CE, numero ONU. La rintracciabilità dei gas Gli operatori del settore alimentare che producono alimenti in ATM hanno l’obbligo di conservare tutta la documentazione necessaria alla rintracciabilità dei gas che vengono impiegati, al fine di poter assolvere agli obblighi previsti dal Reg. 178/2002: “la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento… attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione”. L’OSA deve essere in grado, nelle situazioni di pericolo, di attuare le misure di ritiro/richiamo del prodotto potenzialmente dannoso dal mercato. La rintracciabilità è garantita se l’OSA è in grado di risalire all’anello precedente (cioè chi ha fornito nel caso specifico il gas) e a quello successivo (a chi sono state fornite le vaschette prodotte con quel gas). La scelta della miscela nei prodotti ittici La scelta delle percentuali dei singoli gas rappresenta la fase più critica e presuppone una conoscenza approfondita delle interazioni che si possono instaurare tra l’alimento e la miscela e gli effetti che questa ha sul

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Prodotti ittici confezionati in MAP: vantaggi e criticità Vantaggi • Prolungamento della shelf-life. • Mantenimento più a lungo delle caratteristiche qualitative e nutrizionali. • Riduzione dei conservanti e additivi. • Miglioramento delle modalità di presentazione dei prodotti e del livello di igiene, maggiore attrazione e soddisfazione del cliente. • Possibilità di avere confezioni a libero servizio e di presentare prodotti ready to cook e ready to eat. • Eliminazione del calo peso e degli scarti. • Migliore standardizzazione e programmazione della produzione. • Maggiori garanzie igienico-sanitarie in fase di vendita. Criticità • Costi più elevati legati alle macchine, agli impianti, alle attrezzature, ai materiali di confezionamento e ai gas. • Aumento sensibile dei volumi dei prodotti confezionati in MAP nelle fasi di produzione, magazzinaggio, trasporto, distribuzione e vendita. • Maggiori carichi di lavoro legati ad aspetti gestionali e di processo (controllo delle miscele, della temperatura del prodotto e degli ambienti di lavorazione, degli imballaggi…). • Rischi sanitari (sviluppo di cariche microbiche elevate; proliferazioni di germi patogeni; produzione di istamina) legati al mancato rispetto della temperatura di conservazione del prodotto, poiché a volte gli operatori e i consumatori non attribuiscono molta importanza al rispetto della temperatura per i prodotti confezionati in ATM.

prodotto alimentare. È necessario effettuare studi specifici sui singoli prodotti, coadiuvati anche da esperti del settore. Per quanto riguarda i prodotti ittici dobbiamo fare alcune considerazioni. Sono prodotti altamente deperibili; infatti hanno un elevato contenuto in acqua, sono ricchi di sostanze proteiche e azotate, hanno un pH prossimo alla neutralità e le masse muscolari sono prive di aponeurosi connettivali di delimitazione: tutti questi fattori favoriscono la moltiplicazione batterica e la rapida alterazione del prodotto. È opportuno sottolineare che l’atmosfera protettiva non migliora le caratteristiche microbiologiche dell’alimento, ma rappresenta semplicemente una tecnica per rallentare la moltiplicazione batterica. Pertanto è fondamentale confezionare soltanto prodotti ittici (filetti, hamburger, prodotti eviscerati, spiedini, ecc…) con cariche microbiche molto basse. Alcune aziende, in questi ultimi anni, in quest’otti-

ca, hanno introdotto dei sistemi di lavaggio dei prodotti ittici pronti per il confezionamento con ozono, per raggiungere risultati migliori. Si è visto che, adottando questa tecnica, si riesce ad abbassare notevolmente la carica microbica e di conseguenza prolungare sensibilmente la vita commerciale del prodotto. Altri aspetti che devono essere considerati sono la composizione e le caratteristiche dei pesci che si intendono confezionare: grassi, semigrassi, magri; con carni bianche o rosse; con masse muscolari toniche o flaccide; con tenore di acqua elevato oppure più moderato, ecc… Sulla base di queste variabili viene fatta la scelta della miscela dei gas. A volte una specie ittica e/o preparati a base di pesce possono rientrare, sulla base dei suddetti parametri, in più categorie, per cui la scelta della miscela può risultare piuttosto difficoltosa; è opportuno fare delle valutazioni sulla base di specifiche sperimentazioni e di conoscenze

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acquisite nel tempo. In via generale le miscele utilizzate nei prodotti ittici possono essere inquadrate così come riportato in Tabella 3.

“Per i prodotti ittici è fondamentale che la confezione ceda all’ambiente esterno ridotte quantità di vapore acqueo, al fine di evitare l’eccessiva disidratazione dell’alimento”

“È indispensabile, inoltre, che il contenitore non ceda al prodotto odori e sapori sgradevoli, nonché sostanze potenzialmente pericolose per il consumatore”

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I materiali di confezionamento dei prodotti ittici Per il confezionamento in atmosfera protettiva vengono impiegati film plastici e vaschette in materiale plastico multistrato in polipropilene (PP) e/o polietilene metallizzato ad “alta barriera” (HDPE). Per soddisfare condizioni così restrittive, molto spesso vengono accoppiati materiali con caratteristiche barriera diversa. Possono essere impiegate anche vaschette in cloruro di polivinile (PVC), polistirene (PS), poliammide (PA) e polietilene a bassa densità (LDPE). Il film plastico, impiegato, deve possedere proprietà antifog. Tale caratteristica diminuisce la tensione superficiale delle goccioline che si creano nella confezione a seguito degli sbalzi termici, aggregandole in gocce più grosse che impediscono l’appannamento della pellicola. Tale azione risulta essenziale al fine di garantire al consumatore finale una nitida visibilità del prodotto. Il materiale di confezionamento deve presentare determinate caratteristiche: buona resistenza alle sollecitazioni meccaniche, buona impermeabilità ai gas e al vapore acqueo, e innocuità per il consumatore. Il packaging ha la funzione di proteggere il prodotto in esso contenuto dagli improvvisi urti e sbalzi termici. In particolare, per i prodotti ittici è di fondamentale importanza che la confezione ceda all’ambiente esterno ridotte quantità di vapore acqueo, per evitare l’eccessiva disidratazione dell’alimento. È indispensabile, inoltre, che il contenitore non ceda al prodotto odori e sapori sgradevoli nonché sostanze potenzialmente pericolose per il consumatore. La produzione del packaging deve avvenire nel rispetto delle disposizioni normative in materia, nello specifico il Reg. n. 1935/04, il Reg. n. 2023/06 sulle buone pratiche di fabbricazione e il Reg. n. 10/2011. Il produttore deve eseguire prove di mi-

grazione globale con liquidi simulanti e prove di migrazione specifica per i metalli (bario, cobalto, manganese, zinco, rame, ferro e litio) e le ammine aromatiche primarie (viene utilizzato come simulante l’acido acetico). L’idoneità dell’imballaggio primario risulta validata quando gli additivi alimentari e i coadiuvanti tecnologici impiegati nelle diverse prove sono conformi ai limiti di migrazione previsti dalla legislazione vigente, mantenendo stabili e inalterate le caratteristiche organolettiche dell’alimento. La crescente richiesta, da parte della GDO, di prodotti pronti a cuocere e pronti al consumo ha portato l’industria del packaging ad un continuo miglioramento e a innovazioni sulle performance dei materiali utilizzati. Oggi vengono proposti vassoi adatti alla cottura e al riscaldamento sia in forno convenzionale, sia in forno a microonde; gli stessi vassoi possono poi essere posti, per la conservazione del prodotto, in celle di congelamento e a –40 °C. Altra proposta innovativa per il confezionamento dei molluschi cefalopodi decongelati e di altri prodotti ittici con elevate quantità di acqua sono i vassoi con microcelle sul fondo che, mediante interazioni elettrostatiche, trattengono l’acqua in eccesso. Si può dunque affermare che tali apporti tecnologici concorrono alla creazione di un prodotto ittico confezionato ad alto contenuto di servizio. Il Reg. 1935/04 prevede che i produttori di MCA siano tenuti a definire un sistema di rintracciabilità dei propri prodotti. Tutti gli operatori del settore devono pertanto applicare dei sistemi e delle procedure che garantiscano una agevole identificazione del materiale di imballaggio, al fine di gestire rapidamente ed efficacemente il ritiro/ richiamo in caso di pericolo per la salute del consumatore. Ovviamente questa garanzia di rintracciabilità deve essere garantita lungo tutta la filiera produttiva. Parametri che vengono valutati nella scelta dei materiali di confezionamento • Compatibilità con l’alimento. • Resistenza alla rottura.

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La crescente richiesta da parte della GDO di prodotti pronti a cuocere e pronti al consumo ha portato l’industria del packaging a un continuo miglioramento e a innovazioni sulle performance dei materiali usati (photo © www.asc-aqua.org). • Permeabilità ai gas e al vapore acqueo. • Trasparenza. • Proprietà antifog. • Non cedere sostanze chimiche, odori, sapori all’alimento. • Resistere alle temperature per le quali è destinato. Le macchine per il confezionamento Il confezionamento in ATM viene fatto con macchine che, nella fase iniziale, creano il vuoto all’interno della confezione aspirando completamente i gas atmosferici e nella fase successiva immettono la miscela dei gas opportunamente dosata (flushing). Le macchine possono essere di tipo a campana e a termosaldatura. Il principio di funzionamento è lo stesso; la differenza è legata alla confezione. Nel primo caso è costituita da un sacchetto, nel secondo da una vaschetta che viene termosaldata con un film plastico. Le macchine per i prodotti ittici sono di tipo orizzontale

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e consentono di avere una elevata produzione in tempi brevi. Livello di rischio istamina nei prodotti confezionati in ATM La produzione di istamina nei prodotti ittici confezionati in ATM è strettamente correlata con tre fattori: 1. la temperatura di conservazione; 2. la concentrazione di CO2; 3. la shelf-life del prodotto. Questi dati emergono da una ricerca effettuata dall’EFSA e pubblicata sul JOURNAL 2015. Nello specifico è stato osservato che 100 ppm di istamina possono esser raggiunti nei prodotti della pesca ricchi di istidina in tre differenti situazioni: 1. temperatura di conservazione di 3 °C con una concentrazione di CO2 pari a 0% e una shelf-life di 6 giorni; 2. lo stesso risultato può essere raggiunto in 7 giorni con una temperatura di conservazione sempre di 3 °C, ma con una

concentrazione di CO2 del 20%; 3. infine, si è visto che, mantenendo costante la temperatura e aumentando la concentrazione di CO2 al 40%, si ha la formazione di 100 ppm di istamina dopo 8 giorni. Questi dati dimostrano in maniera inequivocabile che la formazione di istamina è strettamente correlata con la concentrazione di CO2. Altre prove hanno messo in evidenza che, aumentando la temperatura di conservazione del prodotto, aumenta sensibilmente il rischio di formazione di istamina che, come sappiamo, rappresenta una delle principali forme di allarme alimentare nel pesce. Tonno, sardine, sgombri, acciughe sono le specie più a rischio. Nella UE l’intossicazione da istamina è una delle più comuni malattie alimentari da consumo di prodotti ittici. Nel 2013 si sono verificati 42 focolai che hanno coinvolto 231 persone, anche se probabilmente il numero è di gran lunga superiore poiché molti casi non vengono segnalati.

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Nella UE l’intossicazione da istamina è una delle più comuni malattie alimentari da consumo di prodotti ittici. Nel 2013 si sono verificati 42 focolai che hanno coinvolto 231 persone, anche se probabilmente il numero è molto superiore. Tonno, sardine, sgombri, acciughe sono le specie più a rischio (photo © www.packworld.com). I prodotti ittici con livelli elevati di istamina non necessariamente si presentano alterati, o in cattivo stato di conservazione, o con odori sgradevoli: questo rappresenta una ulteriore difficoltà da un punto di vista ispettivo. Da un punto di vista clinico i sintomi nell’uomo sono: formicolio, bruciore in gola, mal di testa, giramenti, comparsa di eruzioni cutanee e, nei casi più gravi, shock anafilattico e collasso cardiocircolatorio. La cottura, il congelamento e l’inscatolamento non sono in grado di distruggere l’istamina dopo che si è formata. L’istamina resiste a una temperatura di 116 °C per 90 minuti. Alcuni studi inerenti il MAP Molti batteri alteranti, responsabili di odori e sapori sgradevoli, si possono sviluppare in particolari condizioni di stoccaggio, contribuendo al deterioramento del pesce. Composti con odore caratteristico di trimetilammina, azoto volatile, composti solforici, aldeidi, chetoni ed esteri sono prodotti da vari microrganismi durante la degradazione del pesce. Il deterioramento non dipende solo dall’alto livello di contaminazione, ma anche da quali microrganismi sono presenti sul prodotto. Infatti,

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la microflora è fatta da microrganismi che contribuiscono attivamente al deterioramento, chiamati SSO (Specific Spoilage Organisms), e microrganismi che si possono replicare senza intaccare la qualità sensoriale. Per esempio, nel confezionamento aerobico, Shewanella putrefaciens è stata riconosciuta come un potenziale SSO per la sua capacità di ridurre l’ossido di trimetilammina ad ammina. Nei pesci provenienti dalle acque del Mar Mediterraneo, Pseudomonas spp. è tra i batteri più coinvolti nella degradazione del pesce. Lo stoccaggio a bassa temperatura e il confezionamento in atmosfera modificata con CO2 e N2 sono due metodi che vengono utilizzati per limitare la crescita batterica e aumentare la shelf-life dei prodotti della pesca. È noto che la crescita e l’attività dei microrganismi SSO sono influenzate dalla temperatura e dal tipo di confezionamento. Il confezionamento in MAP non solo prolunga la vita commerciale dei prodotti della pesca, ma influenza anche la crescita dei batteri presenti. Nello studio di PARLAPANI et al. (2014), la shelf-life di filetti di orata confezionati in MAP è stata di 18 giorni a 0 °C e 8 giorni a 5 °C, mentre a 15 °C la shelf-life è

risultata uguale sia per il confezionamento in aria atmosferica che in MAP (2 giorni). Pseudomonas spp. è stata riscontrata tra i microrganismi predominanti sia nelle confezioni con aria che in MAP; la carica riscontrata aumentava all’aumentare della temperatura di stoccaggio. Il confezionamento in MAP favorisce la crescita di Brochothrix thermosphacta e dei batteri lattici (LAB), se comparato al confezionamento con aria. Inoltre, più la temperatura è elevata, più è veloce la produzione di azoto basico volatile totale (TVB-N) e più alta la sua concentrazione finale. La ricerca del TVB-N è un’analisi chimica effettuata per verificare il reale stato di conservazione del pesce. Questo metodo si basa sulla determinazione della frazione dell’azoto prodotto da enzimi e batteri che demoliscono le proteine muscolari, durante i processi di deterioramento del prodotto ittico, responsabile anche dello sviluppo di odori sgradevoli. Il confezionamento aerobico favorisce la produzione di TVB-N rispetto al confezionamento in MAP: il TVB-N riscontrato nel prodotto in MAP e stoccato a 0 °C risulta praticamente invariato fino al sedicesimo giorno di stoccaggio. Anche nei filetti stoccati a 5 °C, confezionati in MAP, il TVB-N è risultato inferiore rispetto a quello riscontrato nelle confezioni con aria. Il confezionamento in MAP quindi prolunga la shelf life se comparato al confezionamento con aria atmosferica. Il ridotto sviluppo di TVB-N nel confezionamento in MAP può essere attribuito alla soppressione della crescita e del metabolismo di Pseudomonas e alla crescita dei LAB e di B. thermosphacta, la quale produce acidi organici anziché composti azotati come fa Pseudomonas. È noto che differenze di temperatura e di atmosfera di confezionamento non solo selezionano microrganismi dominanti differenti, con metabolismo diverso, ma influenzano anche il loro tasso di crescita e l’attività metabolica. POWELL e TAMPLIN (2012), analizzando la flora microbica trovata in

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filetti di salmone atlantico australiano confezionato in MAP, riportano una prevalenza di Carnobacterium spp. e Shewanella spp., in concomitanza con altri batteri presenti in minor numero, dopo 15 giorni di stoccaggio. Lo studio di MACÉ et al. (2012) su tranci di salmone confezionati sottovuoto o in MAP (50% CO2 e 50% N2) ha identificato come batteri maggiormente coinvolti nel deterioramento i batteri lattici (Lactococcus piscium), batteri fermentanti Gram-negativi (Photobacterium phosphoreum) e Enterobacteriaceae (Serratia spp.). Lo studio di HANSEN A. et al. (2009) ha analizzato dei filetti di salmone atlantico confezionati con tre tipologie diverse: in atmosfera protettiva con l’uso di “emettitori di CO2”, MAP tradizionale e sottovuoto. L’emettitore di CO2 consiste in un cuscinetto assorbente al quale viene aggiunta una quantità precisa di bicarbonato di sodio per grammo di pesce e acido citrico. Il cuscinetto emettitore di CO2 viene poi posizionato al centro del fondo della confezione, sotto il pesce, dove inizia a svolgere la sua funzione (emettere CO2) dopo un giorno di stoccaggio. Dopo il primo giorno di stoccaggio, i livelli di CO2, pari al 56% al momento del confezionamento, sono scesi al 45% sia nelle confezioni in MAP che in quelle con emettitori; ciò significa che l’emettitore di CO2 non ha ancora iniziato il suo sviluppo di gas.

Per il confezionamento in MAP tradizionale, un equilibrio tra i livelli di CO2 libera e quella disciolta nel pesce sembra realizzarsi dopo 4 giorni di stoccaggio, quando la concentrazione di CO2 si stabilizza al 40% nello spazio di testa. SIVERTSVIK et al. (2004) aveva già riscontrato che l’equilibrio tra la CO2 libera e disciolta si raggiunge dopo circa 3 giorni. I livelli di CO2 dei campioni con emettitori di CO2 iniziano ad aumentare dopo un giorno di stoccaggio. Il maggior incremento avviene tra 4 e 8 giorni di stoccaggio (dal 50% al 64%). L’emettitore di CO2 produce CO2 che compensa il gas disciolto nelle carni del pesce e inoltre aumenta la CO2 nello spazio di testa; ciò può avere come conseguenza una eccessiva produzione di CO2. Dopo circa 15 giorni sono stati osservati dei rigonfiamenti verso l’esterno nelle confezioni con valori di CO2 oltre il 65%, al contrario dei campioni MAP che hanno mostrato una diminuzione del volume. La situazione ottimale è l’assenza di rigonfiamenti delle confezioni perché il rigonfiamento ne rende difficile l’accatastamento per il trasporto e lo stoccaggio, risultando inoltre non gradevole per il consumatore. HANSEN et al. (2008) hanno riportato che un livello di CO2 pari al 60% nello spazio di testa, dopo il raggiungimento dell’equilibrio (tra la CO2 disciolta nei tessuti del salmone e libera nella confezione), ha portato

a confezioni prive di rigonfiamento. La solubilità della CO2 è 60 e 30 volte più alta se confrontata rispettivamente con N2 e O2. N2 mantiene la pressione totale dei gas e agisce come gas di riempimento. Tuttavia, per prevenire il collasso della confezione, l’uso di N2 sembra non essere necessario dopo 4 giorni di stoccaggio in presenza di emettitori di CO2. La perdita di liquido è risultata più alta per i campioni sottovuoto rispetto al confezionamento in MAP: ciò è dovuto probabilmente alla forza meccanica del confezionamento. Inoltre è riportato l’incremento della perdita di liquido con l’aumentare dei livelli di CO2; nonostante ciò, non è stata riscontrata nessuna differenza significativa nella perdita di liquido tra il confezionamento in MAP e i campioni con emettitore di CO2. Differenze nel pH tra i due metodi di confezionamento in MAP indicano differenti livelli di CO2 assorbiti dai filetti di pesce; tuttavia, sono stati riportati risultati contraddittori riguardanti gli effetti della CO2 sul pH, che possono essere correlati alla diversa capacità tampone del muscolo di pesce o a differenze nel pH iniziale. È stato riscontrato un pH più basso nei campioni con emettitori di CO2, dall’undicesimo giorno e per tutto il periodo di stoccaggio. La carica batterica totale del confezionamento in atmosfera protettiva è risultata inferiore tra l’undicesimo e il quindicesimo giorno di stoccag-

SEDE CENTRALE Via Milano, 162 M 16126 Genova Tel. +39 010 8599200 Fax +39 010 8599299 Web: www.verrini.com E-mail: verrini@verrini.com


gio. I campioni con emettitori hanno curve di crescita simili ai campioni in MAP. La carica batterica totale dei campioni confezionati sottovuoto è cresciuta rapidamente dopo 4 giorni di stoccaggio, probabilmente a causa della flora batterica anaerobica riscontrata e per l’assenza di CO2, se comparata con il confezionamento in MAP. Carnobacteria sono stati rilevati alla fine dello stoccaggio. I Carnobacteria si incontrano frequentemente in diversi tipi di cibi e sono stati precedentemente riscontrati nel salmone affumicato e su pesce fresco confezionato sia sottovuoto che in MAP. I Carnobacteria possono causare deterioramento quando sono presenti in grande quantità sul prodotto e possono produrre odore ammoniacale e sapore amaro associato alla degradazione delle proteine e dell’arginina. Nessuna differenza è stata riscontrata nella texture del prodotto dopo 8 e 15 giorni di stoccaggio, anche se i campioni confezionati sottovuoto tendevano ad essere più sodi di quelli in MAP. Ciò è probabilmente dovuto alla maggiore perdita di liquido nei campioni sottovuoto. I campioni con emettitori di CO2 sembrano essere più stabili di quelli in MAP. La presenza di CO2 nel confezionamento in atmosfera protettiva aumenta la shelf life di circa 7 giorni se paragonata ai campioni confezionati sottovuoto. Un confezionamento in atmosfera modificata ottimizzato dall’uso di emettitori di CO2 può in tal modo permettere una produzione più sostenibile di pesce fresco dovuto al minor volume di imballaggio o al maggior quantitativo di pesce che può essere contenuto. Altri studi riportano una shelf-life variabile per tranci di salmone crudo, in funzione principalmente della temperatura di stoccaggio e della concentrazione di CO2: 5 giorni per tranci di salmone confezionati in MAP (60% CO2 – 40% N2) stoccati a 5 °C, 3 giorni per quelli conservati a 10 °C e 17 giorni per i filetti di salmone stoccati a 2 °C (SIVERTSVIK et al., 2002). Nel confezionamento sottovuoto, così come con il confezionamento in MAP, la microflora generalmente è

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costituita da batteri lattici e batteri fermentativi Gram-negativi, compresi Enterobacteriaceae psicrotrofe, in aggiunta ad alcune specie di Shewanella capaci di respirazione anaerobica. Nel confezionamento in condizioni aerobiche, la microflora del pesce proveniente da acque temperate è composta prevalentemente da batteri Gram-negativi psicrotrofi aerobi, in particolare Pseudomonas spp. e Shewanella putrefaciens. È noto che il confezionamento con CO2 inibisce questi batteri nel pesce e nei prodotti carnei, e ciò spiega perché sono stati identificati in misura minore tra i batteri isolati al momento del deterioramento. Nel salmone confezionato in MAP e stoccato tra 1 °C e 2 °C, Photobacterium phosphoreum è stato riscontrato come microflora predominante e come un SSO responsabile del deterioramento di questo prodotto. Photobacterium phosphoreum è stato identificato anche come uno dei batteri della microflora nell’halibut allevato. REYNISSON et al. (2009) conferma l’importanza di P. phosphoreum come SSO durante lo stoccaggio di filetti di merluzzo a bassa temperatura. Serratia proteamaculans è conosciuta come batterio SSO nelle carni confezionate sottovuoto ed è stata identificata anche in prodotti della pesca, come salmone affumicato a freddo e gamberi tropicali cotti. RUDI et al. (2004) osservò Carnobacterium maltaromaticum, Carnobacterium divergens e Brochothrix thermosphacta come flora dominante in filetti di salmone confezionati in atmosfera 60% CO2 – 40% N2, stoccati per 12 giorni a 5 °C e per 18 giorni a 1 °C. Lo studio di PROVINCIALE et al. (2013) ha analizzato l’effetto su Listeria monocytogenes del confezionamento in MAP di filetti di orata. Listeria non è stata capace di crescere a 0 °C nei lotti confezionati in MAP, anche se non si è osservata una completa inattivazione. La Listeria invece a 4 °C è stata in grado di crescere a causa della sua natura psicrotrofa, ma nei filetti di orata confezionati in MAP la crescita è risultata inferiore rispetto a quelli confezionati con aria atmosferica,

dimostrando l’efficacia dell’anidride carbonica nel ridurre la crescita microbica. Questi risultati concordano con quelli condotti da SILVA e WHITE (1994), nei quali è stata rilevata una significativa diminuzione della carica di Listeria in filetti di pesce gatto confezionati con una concentrazione dell’80% di CO2 a 2 °C. Tuttavia, Listeria è stata anche capace di crescere in confezioni di uova sode in atmosfera modificata con l’80% di CO2 e conservate a 4 °C (BENOÎT et al., 2004). HUDSON et al. (1994) osservò la crescita di Listeria in confezioni di roast-beef in atmosfere sature di CO2 a 3 °C. In un ulteriore studio di PROVINCIALE et al. (2013) è stato riscontrato che l’utilizzo di confezioni con atmosfere arricchite di CO2 in combinazione con un rigoroso mantenimento della temperatura a 0 °C ± 1 °C possono ridurre lo sviluppo microbico dei patogeni Aeromonas hydrophila e Vibrio parahaemolyticus perché minore è la temperatura di stoccaggio, maggiore è la quantità di CO2 assorbita, e quindi maggiore è l’effetto antimicrobico ottenuto. Durante lo stoccaggio a 4 °C ± 1 °C l’effetto antimicrobico della CO2 è diventato più evidente perché l’effetto inibitorio della bassa temperatura non lo ha mascherato. Aeromonas hydrophila e Vibrio parahaemolyticus hanno potuto svilupparsi nelle confezioni in aria durante lo stoccaggio a 4 °C, mentre l’utilizzo di atmosfera modificata ha permesso l’inibizione della crescita di questi patogeni. Dott. Luciano Boffo Medico veterinario Consulente sicurezza alimentare Dott.ssa Patrizia Buratti Dirigente veterinario AULSS n. 14 Chioggia (VE) Dott.ssa Irene Francescon Medico veterinario Borsista AULSS n. 14 Chioggia (VE) Dott.ssa Valentina Biscalchin Tecnologa alimentare Nota Le fonti bibliografiche sono disponibili presso gli autori.

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LA PAGINA SCIENTIFICA

Anisakis, parassitosi nei pesci di Giuseppe Arcangeli e Claudio Mantovani

Quali sono i principali parassiti dei pesci di mare? Le mutate abitudini alimentari degli ultimi anni, con un maggiore consumo di prodotti ittici crudi (sushi, carpacci, ecc…), hanno determinato un aumento dell’insorgenza di parassitosi nell’uomo. Questi comportamenti alimentari rappresentano un rischio sanitario per i consumatori, rischio che può essere evitato con una maggiore attenzione verso le pratiche di acquisto e consumo. I parassiti dei prodotti ittici possono essere suddivisi in due gruppi, a seconda che si tratti di pesci d’acqua salata o di pesci d’acqua dolce. Il parassita più importante

nei pesci d’acqua salata è l’Anisakis, un verme tondo (nematode) e biancastro, appartenente alla famiglia degli Anisakidae, che si trova soprattutto nel pesce azzurro. La famiglia Anisakidae è composta da cinque generi: Anisakis, Pseudoterranova, Contracaecum, Phocascaris e Hysterothylacium. Di questi, i primi quattro sono responsabili di malattie trasmissibili all’uomo (zoonosi) mentre il genere Hysterothylacium non è patogeno, data la termolabilità del parassita (muore alla temperatura di 30 °C). Il genere Anisakis, il più diffuso, è in grado di sopravvivere a trattamenti di affumicatura a freddo, a trattamenti di marina-

tura con basso tenore di sale e alle temperature di refrigerazione. Viene ucciso con temperature superiori a 60 °C per 10 minuti e con il congelamento (almeno 24 ore a –20 °C). La patologia nell’uomo è detta anisakidosi. Come si contrae l’anisakidosi? Il parassita adulto di Anisakis vive nello stomaco di vari cetacei (balene, delfini). Da questi vengono eliminate, attraverso le feci, le uova da cui si sviluppano le larve, dette di secondo stadio, che infestano piccoli crostacei marini: copepodi, anfipodi ed euphasidi (krill), divenendo larve di terzo stadio. Quando tali crostacei vengono ingeriti dall’o-

Osservazione di larve di Anisakis a occhio nudo su pescato del Mare del Nord (photo © Elena Benedetti).

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Tra i suggerimenti che l’IZSVe comunica ai consumatori di prodotti ittici per stare alla larga dalle parassitosi, c’è quello di evitare il consumo di pesce crudo, marinato o non completamente cotto (photo © jonoandjules.files.wordpress.com). spite definitivo, la larva diventa di quarto stadio e il ciclo ricomincia. Pesci e cefalopodi che si cibano di questi crostacei possono fungere da ospiti intermedi, dove la larva rimane di terzo stadio e tende a migrare in cavità celomatica. Se il pesce parassitato viene ingerito dall’ospite

definitivo, il ciclo si chiude. L’uomo che si ciba di pesci infestati da larve di terzo stadio si comporta da ospite accidentale (detto “a fondo cieco”), dove la larva non si sviluppa ulteriormente, ma può rimanere vitale nell’apparato digerente per un certo tempo.

Le 4 regole d’oro per evitare il rischio di parassitosi 1. Acquistare pesci eviscerati, soprattutto le specie più a rischio di infestazione, per evitare che eventuali parassiti presenti nei visceri possano migrare nei muscoli. 2. Evitare di consumare prodotti ittici crudi. È consigliabile cuocere sempre il pesce, almeno a 70 ºC per qualche minuto. 3. In caso di consumo crudo, marinato o non completamente cotto, il prodotto ittico deve essere preventivamente congelato per almeno 4 giorni a –18 ºC, in congelatore domestico (contrassegnato con tre o più stelle). 4. Limitare il consumo di prodotti ittici a rischio, come le semi conserve domestiche a base di pesce azzurro crudo marinato.

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In quali mari si trova l’Anisakis? Il genere Anisakis è presente sia nel mar Mediterraneo, sia negli oceani Atlantico, Pacifico e Indiano. La distribuzione di Anisakis nei mari italiani varia a seconda delle zone e delle specie ittiche. Diversi studi scientifici riportano la presenza del parassita nel mare Adriatico centrale, con percentuali di 3,1% per sardine e 4,1% per alici. In alto Adriatico, in un’indagine condotta nel 2010, sono state registrate percentuali inferiori all’1% in alici e sardine; nel mar Tirreno le percentuali sono leggermente maggiori: in Campania il 7,1% in alici, in Sicilia l’1,5% in sardine, in Sardegna il 13,3% in sardine, in Liguria il 21,8 % in alici. Quali sono i rischi per la salute? L’uomo può comportarsi da ospite accidentale contraendo l’infestazione cibandosi degli ospiti intermedi naturali (pesci e cefalopodi). Sono a rischio le popolazioni che mag-

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Presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, nell’ambito dell’acquacoltura, vengono svolte differenti attività sia a scopo diagnostico che di sorveglianza e ricerca. Vi operano più laboratori specializzati situati in diverse strutture che collaborano attivamente tra loro per occuparsi delle diverse problematiche ed approfondire i vari aspetti legati alla patologia degli organismi acquatici. Dal 1994, presso l’IZSVe, è istituito il Centro di referenza nazionale per lo studio e la diagnosi delle malattie dei pesci, molluschi e crostacei. Il Centro, in collaborazione con il Ministero della Salute, definisce i programmi di profilassi delle malattie dei pesci e collabora attivamente a programmi di vaccinazione, come quelli contro la lattococcosi dei salmonidi.Inoltre produce e distribuisce reagenti e prodotti biologici di referenza (linee cellulari, agenti patogeni, anticorpi specifici) agli Istituti Zooprofilattici Sperimentali (IIZZSS) e ad altri enti di ricerca. Dal 1999 l’ente ospita anche il Laboratorio di referenza OIE per l’encefalopatia e retinopatia virale. Esso rappresenta uno strumento operativo di elevata competenza nell’ambito delle patologie di questi animali, opera in stretta collaborazione con il Ministero della Salute e con le autorità sanitarie locali nazionali e internazionali fornendo supporto tecnico-scientifico nella diagnosi, prevenzione e controllo delle malattie degli organismi acquatici, e promuove la formazione e l’aggiornamento di tutti gli operatori del settore. Il Centro è dotato di un acquario sperimentale autorizzato dal Ministero della Salute in cui viene svolta attività di ricerca nelle materie di interesse (studi di patogenesi di malattie virali e batteriche, sviluppo di metodi diagnostici innovativi e sviluppo di vaccini). I diversi laboratori del CRN offrono alla clientela, ciascuno per la parte di propria competenza, servizi di diagnostica di base (necroscopia, batteriologia, parassitologia) e diagnosi di patologie virali tradizionali ed emergenti. In particolare: • presso la sede centrale IZSVe, il Laboratorio di virologia speciale della SCS6 – Virologia speciale e sperimentazione, con la collaborazione del Laboratorio di diagnostica innovativa della SCS5 – Ricerca ed innovazione, si occupa delle problematiche collegate alle malattie virali dei pesci (setticemia emorragica virale, necrosi ematopoietica infettiva, necrosi pancreatica infettiva, nodavirosi) per la diagnosi di base, oltre che per attività di sorveglianza; • i laboratori della SCT3 – Padova e Adria, oltre a fornire servizi diagnostici di base per le specie ittiche come il riconoscimento di specie, la necroscopia, la batteriologia e l’istopatologia, eseguono analisi per valutare lo stato sanitario degli allevamenti di bivalvi nei confronti di malattie contagiose per i molluschi (Marteilia refringens, Bonamia ostreae), ed inoltre eseguono gran parte delle analisi per garantire la salubrità del prodotto dal punto di vista alimentare.Tali analisi vertono sulla ricerca di germi di origine fecale come Escherichia coli e Salmonella, metalli pesanti come piombo, cadmio e mercurio e biotossine di origine algale. Relativamente alla qualità del prodotto ittico, effettuano anche le indagini genetiche per l’identificazione di specie al fine di individuare eventuali frodi commerciali o sanitarie; • i laboratori di Udine e Pordenone della SCT4 – Friuli Venezia Giulia svolgono attività di supporto nella diagnosi di base delle malattie dei pesci (necroscopia e batteriologia) e attività di controllo sulla salubrità di molluschi bivalvi fornendo un supporto tecnico-scientifico e di consulenza agli operatori del settore (veterinari di campo e allevatori) con particolare attenzione al territorio di competenza particolarmente importante per la troticoltura. L’attività di questi laboratori è coordinata dal Centro specialistico di ittiopatologia.

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giormente si cibano di pesce crudo (paesi scandinavi, Giappone). Anche in Italia sono segnalati casi sporadici di infezione da Anisakis a seguito di consumo di pesce crudo, crostacei e acciughe marinate, nonché casi di reazione allergica. Dal 1996 al 2011 i casi di infezione umana da Anisakis in Italia sono stati complessivamente 54, concentrati soprattutto nelle regioni costiere. Una volta ingerita, la larva spesso muore o non dà sintomi. In alcuni casi, tuttavia, soprattutto se vengono ingerite più larve, queste possono invadere la mucosa gastrica o intestinale e causare dolori addominali, nausea, vomito e occasionalmente febbre. I sintomi insorgono generalmente entro sei ore dall’ingestione di pesce contaminato. Una volta penetrate nello spessore della mucosa provocano una reazione infiammatoria con formazione di granuloma e con possibilità di ulcerazione della mucosa, fino a perforazione della parete. Sono anche descritti casi di reazioni allergiche a seguito di ingestione di larve di Anisakis, con episodi anafilattici con orticaria e angioedema. In Italia i casi segnalati di anisakidosi sono sporadici. L’anisakidosi non è una malattia trasmissibile da uomo a uomo. Tuttavia, chi ha contratto la parassitosi una volta può anche contrarla una seconda volta. Diagnosi e terapia nell’uomo La diagnosi di anisakidosi è basata sui dati anamnestici (ingestione prodotti ittici crudi) e sul tipo di sintomi in atto. La terapia è essenzialmente chirurgica e, in caso di localizzazione gastrica o duodenale recente, è spesso facilmente risolvibile tramite asportazione diretta del parassita con gastroscopio.

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Quali sono i prodotti ittici più a rischio? I prodotti ittici dei mari italiani più frequentemente parassitati sono: sardine, aringhe, alici (acciughe), sgombri, gadidi, sparidi, lophidi, pesci S. Pietro, pesci sciabola (quasi sempre infestati), totani, calamari. Nei pesci, le larve, che misurano da 15 a 30 mm, si localizzano sulle sierose di fegato, ovaio, stomaco ed intestino, dove tendono a incistarsi e ad assumere una caratteristica forma a spirale. Una pronta e completa eviscerazione permette l’allontanamento del parassita, che potrebbe migrare nelle masse muscolari del pesce.

L’IZSVe e la rete dei controlli I laboratori del Centro specialistico di Ittiopatologia dell’IZSVe, collocati nella sezione di Adria, svolgono attività analitiche per identificare la presenza del parassita, la sua quantificazione, la verifica di vitalità e l’esatta specie. L’IZSVe riceve i

campioni da ASL, NAS, privati, ecc… e per le analisi di laboratorio: • ricerca e identificazione di larve di Anisakidae in prodotti ittici con metodo della dissezione autoptica; • ricerca e identificazione di larve di Anisakidae in prodotti ittici con metodo della digestione enzimatica; • ricerca di larve di Anisakidae mediante metodica di Baermann modificata; • tipizzazione di larve appartenenti alla famiglia Anisakidae mediante PCRRFLP. L’autorità sanitaria competente interviene nei casi di risultati di analisi non conformi. Giuseppe Arcangeli Centro specialistico di Ittiopatologia, IZSVe Claudio Mantovani Laboratorio comunicazione della scienza SCS7 Comunicazione e conoscenza per la salute IZSVe

LB Comunicazione

Comportamenti da evitare e come proteggersi Negli ultimi anni il consumo di pesce crudo, a casa o al ristorante, è aumentato. Se sushi e carpaccio sono arrivati sulle tavole degli italiani, non è solo l’effetto di una moda, ma anche conseguenza di un maggiore apprezzamento delle loro qualità

organolettiche e attenzione alle loro proprietà nutrizionali. Tuttavia, non deve mancare una corretta gestione di questi alimenti lungo tutta la filiera. Il vero problema è dunque legato alle nuove abitudini alimentari: mangiare pesce crudo o marinato è un’abitudine recente, che interessa prodotti che prima si consumavano cotti. Il Ministero della Salute ha emanato un decreto in materia di sicurezza alimentare, secondo cui gli esercizi commerciali che vendono prodotti ittici devono esporre un avviso al banco di vendita che riporta le “informazioni al consumatore per un corretto impiego di pesce e cefalopodi freschi” (DM 17 luglio 2013).

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Gli straordinari poteri delle cozze La loro “bava” appiccicosa è una colla potente. Una ricerca pubblicata su “Nature Communication” dall’Istituto di nanotecnologia del CNR di Rende e dalla Nanyang Technological University di Singapore ha scoperto che è basata su una proteina che rimuove le molecole d’acqua e si lega fortemente al substrato. Un risultato di grande rilevanza per realizzare adesivi efficaci in acqua, da applicare nel settore navale e in campo medico Era noto da tempo che la cozza fosse fonte preziosa di principi antiossidanti, proteine nobili, vitamine e sali minerali, potente antinfiammatorio naturale e cibo afrodisiaco, ed era già altrettanto noto che la sua “bava” fosse una colla dotata di super poteri. Nessuno però si era spinto fino ad oggi a studiare il comportamento delle sue proteine per misurare la portata di questa “appiccicosità”. L’insolita ricerca, pubblicata su Nature Communication (PETRONE L. et al. 2015, Mussel adhesion is dictated by timeregulated secretion and molecular conformation of mussel adhesive proteins, NATURE COMMUNICATIONS, DOI: 10.1038/ncomms9737), è stata condotta dai ricercatori dell’Istituto di nanotecnologia del Consiglio nazionale delle ricerche di Rende (CS), in collaborazione con i ricercatori dell’Università della Calabria e con il gruppo di ricerca di Ali Miserez della Nanyang Technological University di Singapore. «Si tratta di un risultato di grande rilevanza applicativa perché anche i più tenaci tra i moderni adesivi sintetici si rivelano inefficaci nel generare adesione in presenza di molecole d’acqua», spiega BRUNO ZAPPONE di CNR-Nanotec. «Usando il Surface Force Apparatus (SFA), in dotazione al nostro istituto, è stata misurata l’adesione che le proteine delle cozze riescono a generare tra due superfici completamente immerse in un mezzo

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acquoso. Il nostro studio ha rivelato che le cozze verdi asiatiche producono varie proteine, secondo una sequenza di secrezione ben orchestrata. Dapprima la cozza produce una proteina “asciugatrice” che rimuove le molecole d’acqua e successivamente si lega fortemente al substrato. Su questo primo strato superficiale di proteine viene progressivamente costruito un complesso tessuto proteico in cui ogni proteina svolge una funzione specifica (protezione dall’ambiente esterno, resistenza alle sollecitazioni meccaniche, ecc…)». Lo studio SFA è stato determinante per chiarire la relazione tra l’ordine di secrezione e le proprietà

adesive delle proteine, aprendo nuove prospettive nello sviluppo di adesivi sintetici biomimetici, biocompatibili e biodegradabili ispirati a molecole biologiche. «Una “colla subacquea” potrebbe avere importanti applicazioni nel settore navale, ma senza dubbio straordinarie risulterebbero le applicazioni in campo medico finalizzate, ad esempio, ad evitare inestetiche suture chirurgiche, a ricostruire tessuti danneggiati oppure ossa fratturate, a riparare i distacchi di retina o ad integrare materiali biomedicali in presenza di liquidi biologici», conclude il ricercatore. (Fonte: www.stampa.cnr.it)

Cozze (photo © www.fao.org).

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MILANESE snc dal 1953 produce e commercializza una vastissima gamma di attrezzature per l’acquacoltura, che esporta in ben 40 paesi di tutto il mondo. Inoltre progetta e costruisce su misura sistemi di automazione per l’allevamento del pesce

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TECNOLOGIE

I nuovi concept di packaging per il settore ittico aprono grandi orizzonti

Entro il 2030 il mercato europeo del pesce sarà dominato dall’acquacoltura (>60%), con il salmone che, secondo le previsioni, apporterà elevati potenziali di crescita, visto che il 98% attualmente consumato è d’allevamento. Unitamente alla domanda crescente di convenience food, così da soddisfare le necessità di tempi ridotti e di alta mobilità tipici della nostra società, questi trend aprono nuovi orizzonti con interessanti opportunità per quanti si dedicano alla lavorazione del pesce, per ridefinire la propria offerta e guadagnare competitività attraverso nuovi concept di pesce preconfezionato. Il ruolo cruciale del packaging nell’aiutare i brand a differenziarsi in modo rilevante nei

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supermercati, mantenendo sempre la massima qualità possibile dei prodotti, è stato il tema centrale in occasione dell’evento “Fish Joy, Future Fish Packaging Summit”, promosso da SEALED AIR presso il suo centro europeo Ricerca & Sviluppo nonché stabilimento produttivo a Passirana di Rho (MI). L’evento, tenutosi il 4 giugno scorso, ha visto la partecipazione di circa 70 rappresentanti del settore del pesce e, in particolare, di oltre 15 delegati da retailer di tutta Europa. «Il packaging — ha affermato G ONZALO CAMPOS, fi sh marketing manager Europe Sealed Air — è di fondamentale importanza. Permette, infatti, al brand di creare proposte di valore tangibili e a portata di mano per i clienti, con un notevole

potere di influenzare la percezione sui benefici reali di un prodotto e di guidare le scelte di acquisto. Le nuove tecnologie di packaging sono finalizzate a soddisfare le aspettative dei clienti relative a migliori livelli di freschezza, genuinità, gusto e praticità… tutti ingredienti fondamentali a supporto di una strategia vincente del brand. Un esempio è il sistema di packaging Cryovac® Darfresh®, con la nuova soluzione Darfresh® On Tray, che fonde innovazione sostenibile e massima efficienza, oltre ad essere riconosciuta come una tra le principali soluzioni di packaging in Europa». «Quanti si dedicano alla lavorazione del pesce — ha proseguito GONZALO CAMPOS — devono fi nalmente poter sfruttare il packaging come

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Salmoni in un allevamento della norvegese Grieg Seafood ASA (photo © Linn Rřkenes/Norwegian Seafood Council; www.nortrade.com). Il salmone è una delle specie ittiche più importanti per l’acquacoltura a livello mondiale. trampolino di lancio per re-inventare le categorie di prodotti offerti e ottenere una sostanziale crescita nel mercato in un futuro prossimo. Non vi è dubbio che le nostre soluzioni d’avanguardia nel packaging, tra cui Cryovac® Sealappeal® e Oven Ease® di Sealed Air, possano considerevolmente contribuire a dare vita alla prossima generazione di fish concept». Durante questo summit sono state presentate numerose esperienze di successo, attraverso la viva voce dei principali player internazionali nel settore del pesce, i quali hanno

presentato le loro analisi su come superare le barriere dei consumi e infondere nuova vitalità a tutto il settore, attraverso un approccio più sostenibile e redditizio. Con 9,6 miliardi di persone che abiteranno il pianeta entro il 2050 e il più alto consumo di pesce mai registrato negli ultimi anni (kg 17 pro-capite), gli esperti prevedono che nei prossimi decenni il settore avanzerà ulteriormente verso il fish farming (l’allevamento ittico), visto che la pesca non sarà in grado di soddisfare la crescente domanda di prodotti dal mare (il 90% delle

“Le soluzioni di packaging offerte da Sealed Air stimolano la creazione di categorie di prodotti ittici, così da aiutare quanti si dedicano alla lavorazione del pesce a ridefinire la proposta di valore aziendale, ottenendo il massimo vantaggio competitivo, a tutto vantaggio anche dei consumatori”

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riserve di pesce è già totalmente esaurito). Come illustrato da JAVIER A RÁN, Director of operations and R&D, Isidro de la Cal, la crescita del fi sh farming consentirà maggior disponibilità di prodotto, qualità e stabilità dei prezzi, facilitando allo stesso tempo la selezione genetica e la nascita di nuove specie, così da massimizzare la rendita salvaguardando l’ambiente e le sue risorse. Tra i principali argomenti discussi in occasione dell’evento, particolare attenzione è stata riservata al salmone, descritto come il motore che guiderà la Blue revolution e potenzierà le vendite di pesce. ROBERT KULTONIAK, product management director presso Marine Harvest Consumer Products, ha presentato il suo “X Factor” come un mix esclusivo di elevato rendimento, versatilità, gusto, proprietà nutritive eccellenti, disponibilità e idea di benessere a prezzi accessibili. Inoltre, i tassi estremamente bassi di conversione dei mangimi, di Carbon Footprint e

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di livelli di contaminanti, a fronte di una maggiore ritenzione di energia e proteine, fanno del salmone una fonte di alimentazione ecosostenibile per la popolazione globale in rapida crescita. Tuttavia, è necessario fare ancora molto sullo sviluppo dei prodotti a base di salmone, affi nché quanti si dedicano alla lavorazione del pesce possano capitalizzare sul suo straordinario potenziale. Il salmone è stato anche l’elemento centrale dell’intervento di MORTEN SIVERTSVIK, research director presso Nofima in Norvegia, da cui proviene la maggior parte del salmone lavorato per i retailer nell’UE. Ha sottolineato l’importanza critica della temperatura di conservazione, dell’igiene e delle tecnologie di packaging (atmosfera modificata o sottovuoto) per aumentare la qualità, la sicurezza e la shelf-life del salmone fresco. Un altro esempio di expertise norvegese in questo campo è stato offerto da CHRISTIAN JENSEN, regional sales manager Marel Food Solutions, il quale ha presentato lo stato dell’arte nell’ottimizzazione delle tecniche di lavorazione del pesce, con soluzioni globali in grado di far leva sull’efficienza operativa, dalla creazione delle porzioni all’etichettatura, con vantaggi concreti per l’intera catena di fornitura. L’igiene come massimo imperativo per garantire il controllo dei rischi per la sicurezza alimentare nell’industria del pesce è stato egregiamente ribadito da ESTER FERNÁNDEZ, marketing hygiene manager Europe di Sealed Air, la quale ha presentato le evidenze degli alti livelli di non conformità o di contaminazione batterica presenti nei prodotti a base di pesce presso gli stabilimenti produttivi e presso i retailer. L’ampio portafoglio Diversey® nelle soluzioni di igiene totale per il pesce e per l’acquacoltura è stato illustrato così da offrire ai produttori risposte su misura per contrastare questo problema e per produrre effetti positivi sui risultati del proprio business. Due esempi di buone pratiche hanno mostrato come la scelta del packaging corretto possa aiutare

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in modo efficace ad affrontare le sfide del mercato e a trasformare una “commodity” in un “premium concept”. HitraMat, azienda norvegese leader nel settore dei crostacei sin dal 1930, si è focalizzata su un progetto unico sviluppato in collaborazione con Sealed Air per affrontare la scarsa disponibilità di gusci di granchio vuoti, ridisegnando il packaging grazie a Cryovac® BDF. L’esperienza di Bantry Bay America, primo brand di frutti di mare surgelati negli Stati Uniti, ha dimostrato come l’uso di Cryovac® Simple Steps®, packaging sottovuoto skin destinato al microonde, abbia consentito di entrare con successo in un nuovo segmento, ampliando la propria offerta con il fi letto di pesce stagionato. L’attenzione è stata particolarmente rivolta ai design innovativi e al marketing digitale, trattandosi di strumenti strategici per combinare caratteristiche funzionali e impatto emotivo del packaging e per tradurre i maggiori trend (ad esempio, prodotti per snack, party, gap generazionali) in nuove occasioni di consumo del pesce, tramite format customizzati e un migliore appeal del prodotto. M ARCO R AMPINI, graphic service manager Europe Sealed Air, ha presentato le opzioni di stampa dei packaging originali per offrire effettivi visivi speciali che meglio comunichino il posizionamento del prodotto. CLAUDIO MELO, creative art director BMO, ha sottolineato la necessità di una comunicazione più efficace, creando esperienze memorabili e fuori dagli schemi, affi nché i consumatori divengano veri e propri fan di un prodotto (ad esempio, confezioni con cui i bambini possano giocare oppure app per dispositivi mobili per i foodies). In questo modo, il tasso di fidelizzazione aumenterà sempre di più.

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SICUREZZA ALIMENTARE

MIPAAF: nel 2015 oltre 100.000 controlli e 81 milioni di sequestri A fine anno l’operazione “Tallone d’Achille” per tutelare consumatori e operatori onesti che adempiono agli obblighi di legge con sacrificio A fine dicembre il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ha comunicato gli esiti dell’operazione di controllo in mare denominata “Tallone d’Achille”, realizzata dalla Capitaneria di porto-Guardia costiera. L’attività di controllo, partita all’inizio di dicembre, ha visto il personale del Corpo impegnato in una complessa attività che ha mirato a tutelare la filiera ittica, in un periodo delicato come quello delle festività. Alle operazioni ha partecipato opera-

tivamente anche lo stesso ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, MAURIZIO MARTINA. «Ho voluto seguire da vicino questa operazione» ha spiegato il ministro. «Il lavoro di controllo in mare è fondamentale, specialmente in un periodo, quello delle festività, in cui si registra un aumento della richiesta di prodotti ittici da consumare, e per questo motivo le Capitanerie di porto hanno intensificato i controlli sulla pesca. Vanno tutelate in primo luogo le specie ittiche protette e va garan-

tita qualità ai consumatori, che sulle loro tavole si aspettano un prodotto sicuro. Al tempo stesso, dobbiamo tutelare tutti gli onesti operatori del settore, che con sacrificio adempiono agli obblighi di legge proponendo prodotti certificati e di qualità. Il Ministero è schierato su tutti i fronti con i suoi organismi di controllo e può vantare anche strumenti all’avanguardia in Europa, come quelli mirati alla repressione delle frodi sui grandi operatori del web».

Nell’ambito dell’operazione “Tallone d’Achille”, a Marsala sono emersi casi di frode in commercio. In particolare, la vendita di “finto” baccalà. Il finto baccalà è spesso un Pollack o un Brosme, specie appartenenti alla famiglia dei Gadidae come il merluzzo, ma meno pregiate e, soprattutto, meno costose (photo © www.trapaniok.it).

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Nel 2015, grazie alle operazioni dei 4 organismi di controllo (Ispettorato repressione frodi – ICQRF), Nuclei Antifrodi Carabinieri/Comando Carabinieri politiche agricole e alimentari (NAC), Corpo forestale dello Stato e Capitanerie di Porto-Guardia Costiera) sono stati effettuati oltre 107.000 controlli, per un valore complessivo di 81 milioni di euro di sequestri nell’agroalimentare italiano. Sono state inoltre emesse più di 10.000 sanzioni e oltre 1.700 persone sono state segnalate all’Autorità giudiziaria. Tra i principali strumenti messi in campo dal Ministero, il Registro unico dei controlli, fondamentale per evitare la duplicazione delle verifiche nelle aziende e rendere più efficiente il lavoro degli organismi, che ha portato nel 2015 ad effettuare oltre 2.700 diffide. Con la tutela ex officio delle DOP e IGP comunitarie, sono stati esaminati 102 casi che hanno permesso di far togliere dagli scaffali in molti Paesi d’Europa falsi prosciutti, formaggi, oli extravergini di oliva, vini e aceti a denominazione. Di grande rilievo anche l’attività di contrasto al falso made in Italy sul web, che ha portato, grazie alle collaborazioni avviate con

Scheda attività operativa controlli 2015 ICQRF

36.218

NAC

1.648

CFS

7.500

Guardia costiera

61.183

Totale

106.549

Valore sequestri ICQRF

68.327.073

NAC

4.632.580

CFS

4.500.000

Guardia costiera

3.792.375

Totale i maggiori players mondiali dell’ecommerce come eBay e Alibaba, a circa 400 segnalazioni. Nel 2015, solo su Alibaba, è stato fermato un potenziale flusso mensile di 15.100 tonnellate di falso gorgonzola, 2 milioni di litri di falso aceto balsamico di Modena e quasi 13 milioni di bottiglie di falso Prosecco. Nell’ultimo mese e con un’unica operazione, è stata bloccata una frode da 5.000 tonnellate al mese di Parmesan, pari alla metà della produzione mensile

81.252.028 dell’autentico Parmigiano. In occasione delle festività natalizie sono stati intensificati i controlli su tutto il territorio nazionale, in particolare sui prodotti a maggior consumo in questo periodo, ponendo particolare attenzione alle indicazioni riportate in etichetta e alla tracciabilità dei prodotti, ma soprattutto alla salubrità e sicurezza degli alimenti posti in commercio, al fine di assicurare una corretta e trasparente informazione ai consumatori.

L’EFSA si pronuncia sul trattamento termico dei molluschi bivalvi Gli esperti dell’EFSA hanno valutato le possibili alternative agli attuali trattamenti termici dei molluschi prescritti dalla legislazione UE prima della loro messa in commercio.Tali trattamenti, necessari per eliminare eventuali virus, possono alterare la qualità del prodotto finale. I molluschi bivalvi come cozze, ostriche (photo © www.huffingtonpost.it) e vongole possono essere fonte di infezione da Norovirus ed epatite A nell’uomo. Particelle virali si accumulano nei loro tessuti mentre si alimentano per filtrazione in acque contaminate. Nello specifico, gli esperti del gruppo scientifico sui pericoli biologici hanno individuato combinazioni di tempo e temperatura che otterrebbero gli stessi effetti — in termini di riduzione dei virus — dell’attuale prescrizione di sottoporre i molluschi a un trattamento termico di 90 ºC per 90 secondi. Cosa ancora più importante, gli scienziati hanno evidenziato che il corrente processo di riscaldamento a 90 ºC per 90 secondi può portare a livelli diversi di riduzione dei virus, a seconda del processo utilizzato e, soprattutto, a seconda del tempo di riscaldamento e raffreddamento (cioè il tempo necessario per raggiungere 90 ºC e tornare alla temperatura ambiente). «Gli esperti dell’EFSA raccomandano che i gestori del rischio definiscano il livello appropriato di tutela della salute pubblica. Sulla base di ciò i valutatori del rischio potranno definire anche il desiderato livello di riduzione dei virus e il trattamento termico adeguato a raggiungere tale obiettivo», ha dichiarato Marta Hugas, responsabile dell’Unità “Pericoli biologici e contaminanti” dell’EFSA. «Ciò permetterà inoltre agli operatori del settore di predisporre un processo conforme alla legislazione, ottenendo al contempo la desiderata qualità del prodotto», ha aggiunto. (EFSA)

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Risponde l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie

Quanto cuocere le vongole per eliminare il rischio di epatite A? L’Italia è il primo produttore di vongole veraci in Europa. Questi molluschi sono consumati da molte persone, che in molti casi, però, non conoscono i rischi derivanti da una cottura errata di tale alimento, come le infezioni da virus enterici. Studi recenti hanno segnalato la presenza di norovirus in Italia nei molluschi bivalvi allevati in laguna, considerato una delle principali cause di gastroenterite acuta in Europa. Un patogeno altrettanto importante è certamente l’HAV, virus che provoca l’epatite A. La gravità dei sintomi, in caso di infezione, varia a seconda dell’età del paziente e riguarda gene-

ralmente stanchezza e febbre, ma con alcune piccole accortezze possiamo evitare spiacevoli conseguenze legate a questo tipo di infezioni. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) consiglia, infatti, di indicare nell’etichetta di tutti i molluschi bivalvi la dicitura “da consumarsi previa cottura”, anche se non fornisce indicazioni sulla durata e sulla temperatura da utilizzare. Per questo un gruppo di ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie ha effettuato uno studio, finanziato dal Ministero della Salute (RC 19/12), finalizzato a misurare i tempi di

cottura delle vongole veraci per garantire l’inattivazione di virus enterici, nello specifico norovirus (Nv) e HAV. Mentre i risultati relativi all’inattivazione di norovirus sono stati pubblicati a fine 2013, per il secondo punto della ricerca, ovvero l’inattivazione di HAV, i risultati sono stati prodotti da poco. Per lo studio sono state utilizzate 240 vongole di grosse dimensioni (circa 5 cm) non depurate, raccolte nella sacca di Scardovari (RO) e trasportate nell’acquario sperimentale dell’IZSVe. I molluschi sono stati acclimatati per un giorno alle condizioni sperimentali e sono stati

La cottura a 100 °C per due minuti, in seguito alla completa apertura delle valve di tutte le vongole, è sufficiente ad inattivare completamente il virus dell’epatite A.

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generalmente corrisponde al tempo necessario per l’apertura della maggior parte delle vongole sottoposte a cottura. Va sottolineato che, nel corso delle prove sperimentali di questo studio, le vongole erano di grosse dimensioni. Inoltre, non è stato aggiunto nessun liquido di cottura proprio per effettuare gli esperimenti nella peggior condizione possibile dal punto di vista della trasmissione del calore. Si può dunque supporre che, in presenza di acqua, olio o sugo, la temperatura necessaria all’apertura di tutte le vongole venga raggiunta più velocemente. La gravità dei sintomi, in caso di infezione da epatite A, varia a seconda dell’età del paziente e riguarda generalmente stanchezza e febbre. infettati con HAV per 24 ore. Sono state effettuate più prove di cottura, cuocendo in padella gruppi di 9 vongole alla volta. Innanzitutto sono stati registrati i tempi di apertura di ogni singola vongola, facendo iniziare il tempo di cottura al momento dell’apertura delle valve. In questo modo è stato possibile accertare se all’apertura delle valve il virus fosse ancora vitale o meno, e fino a quanti minuti dopo l’apertura delle valve fosse in grado di resistere. È stata effettuata, inoltre, una seconda prova di cottura su due gruppi di 42 e 45 vongole, considerato uno scenario più simile a quanto avviene nelle cucine domestiche. Ad ogni tempo è stata misurata

la temperatura al cuore delle vongole con due sonde termometriche. Per confermare ulteriormente i risultati ottenuti dalle prove precedenti, è stata eseguita una terza prova, utilizzando però una dose infettante molto inferiore, considerata più simile ai livelli di positività virale presenti in natura, in genere molto bassi. Risultati Le prove effettuate hanno dimostrato che la cottura a una temperatura di 100 °C per due minuti, in seguito alla completa apertura delle valve di tutte le vongole, è sufficiente a inattivare completamente il virus dell’epatite A nelle vongole infettate sperimentalmente. Questa temperatura

Conclusioni I risultati prodotti da questo studio forniscono ai consumatori delle indicazioni chiare e pratiche su come cucinare le vongole veraci in sicurezza, evitando il rischio di infezione alimentare. Di notevole interesse è che, con gli stessi accorgimenti di cottura, è possibile evitare il rischio di infezione alimentare sia da norovirus che da HAV, come già avevano evidenziato le prove sperimentali di inattivazione di norovirus. Queste semplici indicazioni di cottura potrebbero essere riportate anche sull’etichetta dei molluschi bivalvi, per garantire una completa informazione al consumatore e tutelare maggiormente la sua salute. (Fonte: Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie www.izsvenezie.it)


STORIA E CULTURA

Il polpo mitizzato di Maurizio Dell’Agnello

Avvezzo a schizzar verso il cielo il suo inchiostro, a suggere il sangue di ciò che ama e a trovarlo delizioso, questo mostro inumano, sono io (Apollinaire)

Non chiedetemi perché, ma spesso gli abitanti marini sono fonte di ispirazione artistica. E questo si è magicamente mantenuto nel corso del tempo non solo per le raffigurazioni grafico-decorative, ma anche per le suggestioni letterarie, filosofiche, cinematografiche, musicali e antropologiche in senso lato. Tra gli elementi che incarnano questo filone di ispirazione, il polpo è senza dubbio la specie più rappresentata e rappresentativa. La capacità di essere tutto ed il contrario di tutto, propria di questo animale, costitui-

sce non solo la sua filosofia di vita, ma un vero proprio modo di essere ed è forse l’aspetto che lo rende così affascinate. A fornirci un ampio spettro interpretativo dei mille modi con cui l’umanità si è rapportata al polpo è DAVID ORTEGA della BiblioteCaNova Isolotto di Firenze. «I rapporti tra polpo ed uomo — ci racconta Ortega — vanno indietro nel tempo. Tracce del polpo le troviamo fin dal XVII secolo a.C., quando a Creta si cominciò a decorare il vasellame di grandi dimensioni con i tentacoli di questo animale. L’utilizzo del polpo come motivo decorativo si diffuse nella cultura minoica, dato che lo troviamo a raffigurare i mosaici dei pavimenti di ambienti elitari nelle città di Pilo e di Tirinto. Probabilmente la sua immagine aveva una valenza apo-

tropaica, cioè era un vero e proprio amuleto di buona fortuna». Si dice che il polpo portasse fortuna persino ai morti! «In un certo senso sì. Dato che il polpo riesce a rigenerare i propri tentacoli, nella cultura micenea si associava questa figura alla garanzia di accesso alla nuova vita dell’oltretomba, una sorte di rinascita, che portava a mettere nelle tombe della città di Micene delle placche d’oro con la sua raffigurazione». Le trasformazioni del polpo non sono finite vero? «No di certo. Nella civiltà greca il polpo assunse una connotazione erotica: lo troviamo infatti spesso ritratto su vasi a figure rosse, posto accanto agli amanti. In effetti, per

Raffigurazione del mitico kraken, gigantesco mostro degli abissi.

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gli antichi greci il polipo non solo era considerato un cibo afrodisiaco, ma si riteneva che, una volta ingerito, potesse scatenare sogni osceni e licenziosi. In questo senso può risultare calzante un paragone che fa ATENEO DI NAUCRATI, scrittore greco del II sec. d.C., nella sua opera i Deipnosofisti (ossia, sapienti a banchetto). Lo scrittore riporta i discorsi di questo simposio nel quale si sta commiserando un uomo impotente, affermando che: “a lui neanche il polpo è capace di dare aiuto”». La principale qualità del polpo è forse la sua intelligenza. Come si è rapportato l’uomo con questa caratteristica? «Nella letteratura greca troviamo spesso il polpo associato alla sfera della metis, cioè della saggezza. Talvolta è proprio definito come poluplokos, parola che significa “complicato, scaltro”, aggettivo spesso è usato come attributo del cervello ed dell’intelligenza. Questo richiamo lo possiamo spiegare pensando alle capacità mimetiche di questo animale e quindi alla sua forte adattabilità, caratteristica che sfrutta con “intelligenza” per sfuggire ai pericoli o per aggredire le sue prede predilette. E comportarsi come un polpo, quindi adattarsi alle situazioni che si presentano di volta in volta, è un adagio che troviamo da TEOGNIDE, poeta vissuto tra il VI e il V secolo a.C, ad ERASMO DA ROTTERDAM, nella metà del 1500». L’intelligenza del polpo, unita alla sua forza mostruosa, talvolta ha fatto persino molta paura? «Certamente, soprattutto quando nella prima metà del XVIII secolo, quando il vescovo danese ERIK PONTOPPIDAN, nella sua Storia naturale della Norvegia, parla del kraken come “il più grande e più impressionante animale del creato e senza dubbio il mostro marino più grande del mondo”. In realtà, potremmo dire che la storia del kraken sia iniziata molto prima. Già PLINIO IL VECCHIO, nel I secolo d.C., nella sua Naturalis historia, cita un albero mostruoso che cresce nelle acque

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Ceramica dipinta in stile marino, 1550-1500 a.C., Museo Archeologico, Creta.

di Cadice e che qualcuno ha voluto indentificare proprio nel kraken. Tra il Settecento e l’Ottocento il kraken non solo albergava negli incubi dei pescatori, ma nell’immaginario collettivo, tanto che addirittura LINNEO, il padre della classificazione scientifica degli organismi viventi, lo inserisce nella sua opera Systema Naturae, senza averlo mai visto. Dal kraken alle pagine dei celebri libri di avventura dell’Ottocento come Ventimila leghe sotto i mari di JULES VERNE, MOBY DICK di HERMAN MELVILLE o I lavoratori del mare di VICTOR HUGO, il passo è stato breve». In tempi più recenti il kraken è giunto a noi anche attraverso i fumetti o il cinema. Qualche esempio? «Si, Kraken è il titolo di una serie a fumetti spagnola, dove protagonista è un mostro tentacolare che vive nei sotterranei di Metropol, una città del futuro, mentre in ambito cinematografico questa figura è stata molto utilizzata dalla Disney nella

serie I pirati dei Caraibi, ma anche nel cartone animato La sirenetta, dove troviamo Ursula, la malvagia strega del mare». Un titolo per chi volesse approfondire le curiosità sul nostro ottopode? A sintetizzare le molte sfaccettature di questo mollusco ci ha pensato un sociologo francese, ROGER CAILLOIS, che nel 1973 ha pubblicato un saggio dal titolo La piovra, nel quale, attraverso la figura di questo animale, studia la storia e le dinamiche dell’immaginario umano. Chiudiamo con un nota positiva? «Diciamo che a cambiare il nostro immaginario sul polpo ci hanno pensato i Mondiali di Calcio del 2006 quando un polpo dal nome Paul fu utilizzato come un novello Nostradamus per predire i risultati delle partite in cui era coinvolta la nazionale tedesca. Proprio Oktopus Paul sembra aver riscattato un’intera specie!». Maurizio Dell’Agnello

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LIBRI

Biotossine marine I prodotti ittici possono rappresentare, in determinate circostanze, un idoneo substrato per la proliferazione di microrganismi patogeni Introduzione Gli oceani e i mari hanno attirato, in questi ultimi 50 anni, l’attenzione di molti studiosi in quanto fonte di potenziali farmaci e di prodotti alimentari d’alta qualità. Fino ad oggi sono stati isolati da organismi marini circa 16.000 composti. Molti di questi mostrano un’alta attività biologica e il loro studio sta aprendo nuovi orizzonti di conoscenza per quanto riguarda le scienze biomediche e veterinarie. Il mare molto spesso è, nell’immaginario comune, un luogo di ricreazione e tuttavia rappresenta anche un’importante fonte d’approvvigionamento alimentare che per alcune popolazioni dell’area tropicale o subtropicale è quasi esclusiva. L’aumento demografico, l’immigrazione che ha portato il diffondersi di usi alimentari non strettamente legati all’area d’ap-

partenenza, il turismo e nuovi Paesi entrati nel circuito commerciale internazionale hanno determinato una crescente domanda di prodotti ittici per uso alimentare. A tutto ciò va aggiunto una continua rivalutazione del valore nutritivo di questi prodotti, suffragata da importanti studi scientifici che hanno indotto una popolazione sempre più vasta ad inserire con maggior frequenza nella loro dieta i prodotti ittici, in quanto portatori di elementi importanti per un’equilibrata ed armoniosa crescita. La rapidità dei trasporti, le moderne tecniche di conservazione e di lavorazione hanno favorito il commercio dei prodotti ittici, freschi, congelati o lavorati, in aree sempre più vaste. Numerose specie ittiche sconosciute nei Paesi ad elevato tenore economico, non commercializzate in passato per mancanza di adeguate

strutture di conservazione e trasporto, si stanno diffondendo in tutti i mercati del mondo, sostituendo, talvolta, le specie ittiche più conosciute e di maggior pregio commerciale. Il consumo di prodotti della pesca nella Comunità europea è tale che il 50% deve essere importato da Paesi extracomunitari. La deperibilità dei prodotti ittici e le tossinfezioni alimentari sono i principali motivi che hanno indotto la Unità Europea a fornire all’Autorità competente, attraverso normative di carattere igienico-sanitario (Direttive, Regolamenti, raccomandazioni, ecc…), strumenti di lavoro più incisivi e puntuali per tutelare la salute dei consumatori. I prodotti ittici, pur essendo un ottimo alimento ad alto valore nutritivo, rappresentano, in determinate circostanze, un idoneo substrato per la proliferazione di

Il consumo di prodotti della pesca nella Comunità europea è tale che il 50% deve essere importato da Paesi extracomunitari (photo © monacopavilion.com).

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microrganismi patogeni. Inoltre, attraverso la catena alimentare, essi possono accumulare e metabolizzare molecole di varia natura, più o meno complesse, conosciute col nome di biotossine marine. L’accumulo da parte dell’uomo di biotossine presenti nei prodotti della pesca determina l’insorgenza di particolari disturbi, indicati come biointossicazioni, distinguibili dai quadri patologici dovuti ad intossicazione da batteri o da altri contaminanti quali idrocarburi clorurati persistenti, metalli tossici, contaminanti radioattivi, ecc… Le conoscenze acquisite in questi ultimi anni inducono a ritenere che la sintesi delle biotossine marine, chimicamente definite, avvenga tramite il fitoplancton e il fitobenthos; gli stessi batteri, attualmente, sono considerati come uno degli aspetti più importanti e discussi in merito all’origine di queste molecole. Le biotossine manifestano il loro effetto come tali o attraverso trasformazioni metaboliche che si possono verificare nei vari passaggi della catena alimentare. Le biotossine prodotte dalle alghe, le “ficotossine”, sono quelle numericamente più importanti. Molti ricercatori hanno indirizzato le loro ricerche sulle biotossine marine non soltanto perché esse rappresentano un serio pericolo per la salute dei consumatori, ma anche perché la loro straordinaria bioattività attrae: • il chimico per le strutture originali e uniche delle molecole; • i farmacologi per la loro attività citotossica, antitumorale, antifungicida, antibiotica, ecc…; • i biochimici perché capaci di modificare ed attivare importanti vie metaboliche. Queste biomolecole, quindi, hanno rappresentato e rappresentano ancora oggi delle importanti chiavi metaboliche utilizzate dai ricercatori per studiare e comprendere le complesse funzioni cellulari, con importanti ricadute sulla qualità della vita umana. Prefazione La sicurezza alimentare riguarda gli aspetti igienico sanitari della produzione degli alimenti in tutte le sue fasi, dal campo alla tavola, e

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rappresenta una parte fondamentale nella prevenzione e nella tutela della salute umana. Nonostante regole comunitarie severe, i rischi sanitari che possono interessare gli alimenti destinati direttamente al produttore o alle lavorazioni di alimenti sono sempre presenti e vanno valutati e gestiti con competenza e professionalità. Per questo motivo i titolari delle imprese alimentari e il personale addetto al controllo ufficiale deve essere costantemente aggiornato ed informato affinché il sistema generale diventi sempre più efficace nel garantire la tutela dei consumatori. I prodotti della pesca, per le loro caratteristiche peculiari e per la capacità di accumulare inquinanti chimici di diversa natura, rappresentano un rischio particolare per il consumatore. I molluschi bivalvi, nello specifico, essendo organismi filtratori di grandi quantità di acqua, devono essere considerati con ancor più attenzione in quanto capaci di accumulare quantitativi di biotossine in dose tossica per l’uomo. Per questo motivo le normative comunitarie assegnano ai Servizi pubblici addetti al controllo ufficiale il compito di monitorare le zone di produzione dei molluschi e la qualità sanitaria di quelli già in commercio. Per svolgere questa funzione l’autorità competente si avvale di laboratori pubblici in grado di fornire le garanzie richieste per la qualità delle analisi svolte e la consulenza tecnico scientifica necessaria per affrontare con competenza l’attività prevista. Nella nostra regione l’apporto fornito dal Centro Ricerche Marine di Cesenatico risulta in tal senso di fondamentale importanza. Il Centro Ricerche Marine di Cesenatico, che dal 1993 è il laboratorio nazionale di riferimento per le biotossine marine, è sorto nel 1965 come Centro universitario, legato alla Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Bologna ed è diventato nel corso degli anni, grazie al lavoro di ricerca svolto nel settore, un importante punto di riferimento non solo regionale, ma anche nazionale e internazionale. Il Centro coordina le attività dei laboratori nazionali incaricati dell’analisi delle

POLETTI R. (A CURA DI) Biotossine marine. Origine, diffusione e controllo Fondazione Centro ricerche marine Laboratorio nazionale di riferimento per le biotossine marine 243 pp. www.centroricerchemarine.it biotossine marine, assiste l’autorità competente e collabora con i laboratorio Comunitario di riferimento. Un ruolo di primo piano nella crescita e affermazione del Centro Ricerche Marine di Cesenatico va attribuito a Roberto Poletti, che ne è stato a lungo il direttore, ed è considerato tra i maggiori esperti nazionali e comunitari dell’argomento. Questo volume colma un vuoto e contribuisce in maniera rilevante a diffondere le più importanti conoscenze scientifiche nel settore delle biotossine marine, rappresentando uno strumento di supporto per il controllo ufficiale, ma anche per tutto il mondo della produzione. Gabriele Squintani Responsabile Servizio Veterinario e Igiene degli alimenti della Regione Emilia-Romagna Nota Per richiedere una o più copie del libro può inviare una e-mail alla segreteria del Servizio Prevenzione Collettiva e Sanità Pubblica: segrsanpubblica@Regione.EmiliaRomagna.it

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Marketing del gusto: il cibo non ammette improvvisazione Il cosiddetto settore del food (cibo e ristorazione) è indiscutibilmente uno dei pilastri del made in Italy, che negli ultimi anni ha attratto tantissimi imprenditori. Malgrado il suo fascino, anche questo settore non ammette improvvisazione, ma è necessaria un’attenta pianificazione di marketing per gestire al meglio la propria offerta e la relativa promozione sia sui canali tradizionali che sui social network. Il volume Marketing del gusto cerca di dare gli strumenti utili a chiunque abbia un ristorante, un agriturismo o un’azienda agricola, o si trovi a occuparsi di marketing e comunicazione in questo settore. Scritto da SLAWKA G. SCARSO e LUCIANA SQUADRILLI, il libro è un utile compendio che, pur partendo dalla teoria, offre consigli pratici ai piccoli e grandi produttori e agli imprenditori nel settore della ristorazione e dell’ospitalità, prendendo spunto anche da esperienze concrete, soprattutto italiane. Al tempo stesso, può essere uno strumento utile anche a chi è incaricato dalle aziende a gestirne la comunicazione e alle tante altre figure che oggi cercano di completare la propria preparazione nel settore, dagli agenti e rappresentanti ai social media manager che si trovano a lavorare per la prima volta in questo ambito, agli studenti dei corsi di marketing e comunicazione enogastronomica. Marketing del gusto è anche una fonte d’informazione per gli appassionati di enogastronomia e ristorazione che sono curiosi di scoprire un lato meno visibile ma pur sempre importante della conduzione aziendale. Dopo un’approfondita introduzione sulle teorie classiche del marketing e la loro applicazione al settore enogastronomico e turistico, nel libro si analizzano i nuovi strumenti di comunicazione resi disponibili dalla “rivoluzione digitale”,

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SLAWKA G. SCARSO – LUCIANA SQUADRILLI Marketing del gusto. La guida completa per promuovere i prodotti tipici e i servizi di ristorazione e organizzare eventi enogastronomici Edizioni LSWR, collana Modelli di Business – 360 pp. – 34,90 € come i social network. Ampio spazio è dato anche ai servizi collegati alla vendita e alla promozione dei prodotti tipici di qualità, in particolare alla ristorazione e al turismo enogastronomico, e all’organizzazione di eventi enogastronomici, ambiti che oggi rappresentano un modo di creare valore e margine attorno a un prodotto, attraverso la vendita diretta e l’offerta di servizi. Una ricca serie di illustrazioni e grafici, esempi, dati, foto a colori e schemi riassuntivi rendono il libro di facile consultazione e molto utile come supporto didattico. A completamento del manuale, vengono analizzati 13 casi di aziende, ristoranti, attività di accoglienza e community on-line che rappresentano modi innovativi e virtuosi di utilizzo dei canali comunicativi on-line e off-line.

• SLAWKA G. SCARSO. Laureata in Economia alla LUISS Guido Carli, diplomata Sommelier AIS e Sommelier dell’olio, è docente di marketing nei settori food&wine alla LUISS Business School e all’Università di Salerno ed è consulente di comunicazione enogastronomica. Tra le sue pubblicazioni, Il vino in Italia (2011) e Marketing del vino (2014). • LUCIANA SQUADRILLI. Laureata in Scienze della Comunicazione alla Sapienza, è una giornalista free lance specializzata in gastronomia e assaggiatrice di olio. Scrive per guide e testate italiane e straniere ed è consulente di comunicazione tradizionale e digitale. Docente di comunicazione e giornalismo, è autrice di diversi testi a tema gastronomico. >> Link: www.marketingdelgusto.it

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Around the world, nutrire il pianeta in un libro fotografico Il progetto Around the world 20142015 – 7 mila miglia lontano è nato dalla volontà dell’associazione 7 Mila miglia lontano di documentare le abitudini alimentari del Pianeta per avere una fotografia reale di una buona parte dell’umanità nel 2015, annunciato come anno spartiacque per la sostenibilità alimentare ed energetica. Il viaggio, iniziato nel maggio 2014, è stato una vera e propria esperienza di vita, con partenza e arrivo in Italia e con l’attraversamento di più continenti: Asia, Nord America, America Latina e Africa, sono stati 75.000 i chilometri percorsi via terra e 40.000 le miglia marine. Grazie al sostegno del gruppo bresciano SABAF, azienda leader nella produzione di componenti per ap-

parecchi di cottura a gas, l’associazione, che ha collaborato con diverse organizzazioni non governative come Emergency e Cesvi, al termine del viaggio è stato possibile dar vita a un libro fotografico che affascina e sorprende con scatti che ti catapultano in un universo intenso e magnetico. Un team di professionisti ha colto l’anima di popolazioni lontane, dalle culture differenti, ma con un solo denominatore: cibo e ambiente. Nei tre volumi che compongono la faraonica opera di più di 900 pagine e nei video del backstage i partecipanti hanno illustrato le avventure e gli aneddoti di questo lunghissimo viaggio. «Un viaggio non fine a sé stesso ma che aveva l’obiettivo di sensibilizzare le coscienze alla tutela dell’ambiente

e alla sostenibilità alimentare e che, al tempo stesso, aveva un forte connotato di solidarietà» spiega NICOLA BELPIETRO, executive sales director di Sabaf. «In un momento storico caratterizzato da guerre e conflitti, queste immagini mostrano come possa essere facile comunicare tra noi e portare avanti un messaggio di cooperazione». Around the world 2014-2015 7 mila miglia lontano 3 volumi, 900 pagine € 120,00 per cofanetto (3 libri + DVD) 7milamiglialontano.com Nota Photo © 7milamiglialontano.com

Kashgar, una delle oasi più importanti sull’antica Via della Seta.

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Due delle pagine del libro pubblicato in tre volumi: una dedicata alla Cina e una al PerĂš.

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Realizzato dal Ministero della Salute e dall’IZS di Lombardia e Emilia-Romagna

Ecco perché mangi pesce sicuro La simpatica scelta editoriale, il livello informativo essenziale e l’immediatezza interpretativa fanno di questo opuscolo un valido strumento di aiuto per i consumatori nel quotidiano compito di salvaguardia attiva della propria sicurezza alimentare Quali pesci sono destinati al consumo umano, quali informazioni devono riportare le etichette, quali sono le differenze tra pesce pescato e allevato? E ancora, come possiamo valutare la freschezza del prodotto, e quali sono le differenze tra pesce congelato, surgelato o decongelato? A queste e a tante altre domande risponde un opuscolo di una quarantina di pagine dal titolo Ecco perché mangi pesce sicuro, prodotto in collaborazione dal Ministero della Salute e dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna. La pubblicazione, scaricabile gratuitamente sul web, fa parte di una collana — giunta alla seconda edizione e aggiornata in occasione di Expo Milano — dedicata ai diversi alimenti (pesce, miele, latte, carne e uova) che vengono raccontati attraverso illustrazioni e testi concisi per informare il consumatore sul corretto utilizzo. Ecco perché mangi pesce sicuro è una guida illustrata che, in modo semplice e chiaro, aiuta i consumatori a valutare la qualità alimentare e la sicurezza dei prodotti ittici che portiamo sulle nostre tavole. Un cittadino informato è un consumatore più attento e consapevole La sicurezza degli alimenti è fondamentale per il nostro benessere, dal momento che — ove il cibo risulti contaminato dal punto di vista microbiologico, oppure contenga elementi o prodotti chimici dannosi — potrebbe costituire un pericolo per la salute,

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con effetti che possono manifestarsi dopo breve tempo, come nel caso delle tossinfezioni acute, ma anche a distanza di molti anni, attraverso malattie croniche anche gravi. È pertanto necessario che tutta la catena che va “dal campo alla tavola”, e quindi dalla produzione alla trasformazione, distribuzione e somministrazione degli alimenti, garantisca il rispetto di una serie di misure, previste dalle normative vigenti, atte a ridurre i rischi e a preservare la qualità del cibo garantendo al tempo stesso la salute dei consumatori. Inoltre, con la stessa finalità, sia il settore produttivo che le autorità mettono in atto una serie di controlli sugli alimenti, avvalendosi di tecniche di analisi sempre più evolute, utili anche a svelare eventuali adulterazioni che possono risultare dannose. In questo quadro generale, anche i consumatori giocano un ruolo fondamentale, innanzitutto attraverso l’attenzione a comportamenti scorretti di operatori del settore o alla presenza in commercio di prodotti non regolari sul piano dell’etichettatura e della conservazione. Essi inoltre contribuiscono a mantenere sicuri, dal punto di vista igienico, gli alimenti nell’ultima fase della loro gestione, quella domestica. Un cittadino informato adeguatamente, pur se con modalità non specialistiche, può quindi apprezzare più compiutamente le azioni che sono messe in atto per far arrivare sulla nostra tavola cibo sicuro dal punto di vista igienico e della composizione, e vi concorrerà anche personalmente, con procedure

Ecco perché mangi pesce sicuro Ministero della Salute Ist. Zoop. Sper. della Lombardia e dell’Emilia-Romagna “B. Ubertini” 44 pp. – goo.gl/032wMR corrette di conservazione e una corretta manipolazione e preparazione degli alimenti. Con questo spirito è nata, dalla collaborazione tra il Ministero della Salute e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna, una collana di opuscoli che, con una veste grafica accattivante e poche, chiare indicazioni, intendono fornire uno strumento al tempo stesso corretto sul piano scientifico e di semplice lettura a tutti i consumatori. Dott. Giuseppe Rocco Direttore generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione Ministero della Salute

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6, Allee des Amandiers 35400 Saint Malo Tel.: +33 299 892 885 – Fax: +33 299 891 354 E-mail: togie@wanadoo.fr – Web: www.togie.fr


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