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Aziende Alla scoperta de La Selvaggia di Marina di Ravenna Elena Benedetti
di Elena Benedetti
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Si parla e scrive tanto di economia circolare, un modello di produzione e di consumo che ha alla base la condivisione e il riciclo di materiali che possono così generare ulteriore valore. Ecco, c’è una realtà a Ravenna che si fonda proprio su un concetto di circolarità e che ha messo insieme soggetti sulla carta distanti anche anni luce tra loro. Lo scorso fi ne settembre il Comune di Ravenna ha fi rmato un accordo condiviso e siglato anche da ENI DICS, multinazionale leader nella produzione di gas ed energia elettrica, CIFLA (Centro per l’Innovazione di Fondazione Flaminia Distretto Centro-Settentrionale che promuove l’innovazione delle imprese e del territorio), CESTHA (Centro Sperimentale per la tutela degli Habitat), le cooperative di pe-
sca LA ROMAGNOLA e NUOVO CONISUB SOC. COOP, Slow Food Ravenna e l’agenzia pubblicitaria Tuttifrutti.
Che cosa lega tutti questi soggetti? Una cozza unica e speciale: La Selvaggia di Marina di Ravenna.
Ne abbiamo parlato con tre protagonisti del progetto, i presidenti delle due cooperative di pesca, SAURO ALLEATI de La Romagnola e Gabriele Barberini di Nuovo Conisub Soc. Coop, e con SIMONE D’ACUNTO, direttore del CESTHA, che ha seguito lo sviluppo del marchio.
La prima selezione delle cozze avviene a bordo delle barche (photo © Max Cavallari).
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La Romagnola è negli anni diventata capogruppo di un raggruppamento temporaneo di imprese il cui personale con il tempo ha acquisito una vera e propria specializzazione, trasformandosi da pescatore subacqueo a operatore tecnico subacqueo con brevetti internazionali, incrementando così sempre di più la propria professionalità.
Da pescatore tradizionale a pescatore subacqueo
La storia della cooperativa La Romagnola inizia nel 1971, quando un gruppo di pescatori che svolgeva la propria attività andando a pescare con reti a strascico e da posta, decise di costituirsi ed organizzarsi in una cooperativa, vendendo poi il proprio prodotto al locale mercato ittico. «Anno dopo anno però il mestiere della pesca tradizionale iniziò ad andare in declino» mi spiega Sauro Alleati. Il motivo? «Non ci fu il passaggio generazionale da padre in fi glio nel tramandare il mestiere del pescatore tradizionale». I pescatori tradizionali stipularono un contratto con l’allora AGIP SPA e si trasformarono in quelli che sono conosciuti come i cozzari di Marina di Ravenna. Il loro compito era quello di provvedere alla raccolta (disincrostazione) dei mitili delle piattaforme off-shore, un’attività che ben presto divenne una loro principale fonte di reddito. E fu così che nel 1997 si sviluppò la Soc. Coop. Piccola e Media Pesca La Romagnola. «Col tempo la marineria di Ravenna ha cambiato faccia: da pesca tradizionale si è passati alla pesca subacquea, che consiste nel pulire e mettere in sicurezza le piattaforme Eni e provvedere alla raccolta cozze» sottolinea Alleati. Il tutto con l’impiego di 8 barche (4 de
A diff erenza delle cozze d’allevamento questa cozza, oltre a riprodursi in modo naturale, cresce spontaneamente in un habitat a condizioni ambientali favorevoli e costantemente monitorato. Il marchio La Selvaggia di Marina di Ravenna è nato perché il prodotto era conosciuto ma, non essendo certifi cato, era soggetto a frodi
La Romagnola e 4 di Nuovo Conisub Soc. Coop) che richiedono, per ogni imbarcazione, un equipaggio minimo di 4 pescatori che oggi sono operatori tecnici subacquei. «È un lavoro diffi cile e pesante che viene svolto mediamente tra aprile e ottobre e, dovendosi confrontare con il mare, spesso in condizioni non proprio ottimali» precisa il presidente de La Romagnola.
La Soc. Coop. Nuovo Conisub, costituita a fi ne anni ‘80, è nata appositamente per fare questo tipo di lavoro. «Ci siamo tutti riconvertiti alla pesca subacquea e reinventati un lavoro da svolgere sotto alle piattaforme Eni» mi spiega Gabriele Barberini. «È un lavoro complesso, che dura 7-8 mesi all’anno e che si articola nelle piattaforme che si estendono dal largo della foce del Po fi no a Pesaro. Ma è anche un lavoro remunerativo, pur se molto diffi cile e certamente non adatto a tutti.
Da pescatori siamo diventati subacquei! Le caratteristiche dell’Adriatico lo rendono un mare ricco di nutrienti ma, in alcune giornate, particolarmente torbido. Questo aspetto fa sì che in alcuni periodi, spesso a seguito delle cosiddette fi umane, la visibilità non sia eccelsa, per questo il nostro lavoro è divenuto sempre più specializzato. Al di sotto di una piattaforma noi sappiamo muoverci bene, conosciamo talmente bene l’ambiente che siamo in grado di orientarci anche attraverso il tocco delle superfi ci» sottolinea Barberini.
La raccolta delle cozze di categoria A, pronte al commercio
La manutenzione delle piattaforme richiede la periodica pulizia delle strutture e rimozione dei mitili che vengono così recuperati e — tornando al concetto della circolarità — immessi in commercio. Il prodotto staccato dagli operatori subacquei viene issato sulle barche e sottoposto ad una prima lavorazione, con selezione in base alle taglie (per legge superiore ai 5 cm), insacchettamento e pesatura. «Le cozze che non raggiungono la taglia minima sono rigettate in mare come prodotto vivo» precisa Gabriele Barberini.
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Inizialmente legata alla normale attività di pulizia e manutenzione dei piloni delle piattaforme Eni sui quali nasce e cresce, nel tempo La Selvaggia di Marina di Ravenna è passata da essere un elemento di scarto e disturbo ad una risorsa commerciale e pregiata.
Una volta arrivato a terra il prodotto è già pronto per essere direttamente spedito in tutta Italia. «Si tratta infatti di cozze di categoria A — come da certifi cazione della ASL — che quindi non devono essere sottoposte ad alcun processo di stabulazione in quanto i suoi parametri rientrano ampiamente nei limiti di legge, tali per cui non è necessario prevedere alcun processo successivo».
Un prodotto naturale
A differenza delle cozze d’allevamento questa cozza, oltre a riprodursi in modo naturale, cresce spontaneamente in un habitat a condizioni ambientali estremamente favorevoli, monitorato costantemente. «La costruzione delle piattaforme portò con sé una legge, quella che vietava la pesca da traino nell’area fuori Ravenna. Quindi in quest’area da molti anni vige il divieto della pesca a traino e ciò ha sicuramente contribuito a preservare biodiversità marina» sottolinea Sauro Alleati. E questo è un punto centrale del progetto de La Selvaggia di Marina di Ravenna, perché l’habitat in cui crescono questi mitili è davvero unico, e lo si sente nel sapore.
Il marchio
Va da sé che il valore di questi mitili abbia spinto i soggetti del territorio a unirsi per strutturarsi in un progetto che oggi vanta un marchio ad hoc, La Selvaggia di Marina di Ravenna, risultato appunto di un lungo percorso fatto dai “pescatori” con la collaborazione di CESTHA e CIFLA, fi nanziato dal bando FLAG COSTA dell’Emilia-Romagna all’interno della misura 4.63, azione 1.C b), qualifi cazione delle produzioni e dei luoghi dove si svolge l’attività dell’operatore ittico – interventi immateriali.
D’altra parte non dimentichiamoci che siamo in Romagna, una terra operosa in cui la collaborazione e il lavorare insieme in modo costruttivo e proattivo è nel DNA di tutti. Da qui è nato un marchio che ha coniugato in modo sostenibile l’industria, la pesca, il turismo e l’ambiente. «Il marchio è nato perché il prodotto era già conosciuto ma non essendo certifi cato da un bollino era soggetto a frodi» precisa Simone D’Acunto, direttore del CESTHA e a capo, per le cooperative, dello sviluppo del marchio. «Abbiamo quindi deciso di tutelarci per difendere la qualità del prodotto e quest’anno — grazie al supporto del progetto FLAG – La Selvaggia di Marina di Ravenna è arrivata anche sui banchi della GDO».
Quali sono le prospettive future? «Stiamo lavorando per implementare sempre di più la rete di vendita che, ci auguriamo, sia capillare a livello territoriale. Se tutti gli stabilimenti balneari di Marina di Ravenna fornissero anche queste cozze si potrebbe, ad esempio, sviluppare un turismo gastronomico legato a questo prodotto» sottolinea D’Acunto.
«Un altro aspetto è la lavorazione del prodotto che per ora è partita come un esperimento di commercializzazione. Stiamo lavorando ad un preparato pensato sia come souvenir turistico sia come prodotto da consumare fuori stagione di pesca: un sugo delle cozze e una cozza al naturale in un preparato che possa tenere vivo il racconto di questo prodotto unico e al tempo stesso mettere curiosità e invogliare a venirlo a mangiare qua in stagione!».
Sul prossimo numero de IL PESCE vi racconteremo le peculiarità e caratteristiche di questo prodotto, del suo habitat e della sostenibilità alla base di questo progetto. Da non perdere!
Elena Benedetti
Piccola e Media Pesca
La Romagnola Soc. Coop. Via Molo Dalmazia 53 48100 Marina di Ravenna (RA) Web: cooperativalaromagnola.it
Nuovo Conisub Soc. Coop.
Via Molo Dalmazia 47 48100 Marina di Ravenna (RA)
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