IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO
PERIODICO DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67
N. 2/2016
pr�t ˆ manger Ostriche, cozze, cannelli, vongole...
Anno XXXIII N. 2 • Aprile 2016
IL PESCE «Da’ un pesce a un uomo ed egli avrà un pasto; insegnagli ad allevarlo e avrà il nutrimento per tutta la vita»
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EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD
Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi Fotografia Luigi Credi
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Produzione Depurazione Commercializzazione Molluschi Stabilimento: Via dell’Artigianato, 20 - 44020 Bosco Mesola (Fe) - Tel. 0533.795825 - Fax 0533.795798 - e-mail: ico@mgib.it
IL PESCE
Anno XXXIII N. 2 • Aprile 2016
In questo numero: Agenda
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Immagini
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Attualità
Confini marittimi italo-francesi: i pescatori liguri pronti a restituire le licenze di pesca
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Legislazione
Possibilità di impiego del perossido di idrogeno quale coadiuvante tecnologico nella lavorazione dei cefalopodi
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Il pesce in rete
Social fish
Elena Benedetti
Comunichiamo
Conosci il tuo pubblico
Chiara R. Zaccaroni 20
Acquacoltura
I prodotti dell’acquacoltura nell’alimentazione
Dario Cianci
Quando l’abito fa il monaco
Maurizio Dell’Agnello 28
Curiosità
Attenti al “dottor pesce”
Luca Del Grammastro 32
Pesca
I numeri della pesca europea
Lucio Labanchi et al. 33
Interviste
La via del decentramento
Silvia Saracino
Non parlate al conducente, si è assentato un attimo!
Maurizio Dell’Agnello 42
Dire, fare, finanziare
Elena Benedetti
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Don Gambero, dalla Sicilia con sapore
Luciana Squadrilli
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Il mercato dei mitili nel 2015
Roberto Villa
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Elena Benedetti
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Specific Timor-Leste aquaculture vacated areas: practical proposal – Second part
Gianluigi Negroni
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Clams casino, resti di un lusso che fu
Nunzia Manicardi
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Aziende
Mercati
Osservatorio internazionale Irlanda del Nord, viaggio alla scoperta delle risorse del mare
Il pesce in tavola
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Sapore di mare
Orto del mare grand gourmet
Giorgia Fieni
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Il mare in Emilia
Elena Benedetti
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L’eleganza del luccio
Cecilia Bersani
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Turismo enogastronomico
Il merluzzo di Querini: qui si fa la rivoluzione
Riccardo Lagorio
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Rassegne
Madrid Fusión 2016, l’essenza più preziosa del mare
Tania Mauri
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Fiere
Sicurezza alimentare
Tecnologie
La pagina scientifica
Storia e cultura
Identità di mare: libertà e sostenibilità nel piatto
Luciana Squadrilli 104
Taste, ricco e stiloso come sempre
Elena Benedetti
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Fish & Chef: sdoganiamo il pesce d’acqua dolce
Riccardo Lagorio
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Cibus 2016, Parma al centro dell’agroalimentare di qualità
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Fiera Milano: come conquistare in 10 mosse il cliente di domani
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Relazione 2015 sul Sistema di allerta europeo RASFF
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Sicurezza alimentare, i risultati del Piano di controllo coordinato sui prodotti ittici
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Con il CSB-System verso la Smart Food Factory
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Testo AG rivoluziona la gestione delle procedure HACCP
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I porzionatori a peso fisso Marelec arrivano in Italia
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Valutazione del “benessere” dell’astice americano: effetto della modalità di commercializzazione (aria vs vasca) sui parametri emolinfatici
Francesca Mariotti 136 et al.
Un caso di Maccallumtrema (Didymocystis) xiphias nel pesce spada
Alfredo Mengoli
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Florio vuol dire (anche) tonnara
Clara Scaglioni
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In copertina: orata pronta da infornare.
All articles are available in English in abstract format at our website www.ilpesce-online.com 8
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AGENDA
Lago di Garda Cene stellate, alla portata dei portafogli di tutti, in alcuni dei più esclusivi hotel e ristoranti del Garda ma anche street food, street art e street music, un evento nell’evento sul lungolago della cittadina gardesana durante il quale alcuni tra i migliori chef del Benaco faranno conoscere (e degustare) le loro creazioni. Tutto questo e molto altro per l’edizione 2016 di Fish & Chef, la manifestazione in programma dal 21 al 27 aprile in alcune delle più belle località del Garda. L’appuntamento ideato dallo chef stellato Leandro Luppi e da Elvira Trimeloni si prepara a stupire ancora (photo © www.metegustose.com). www.fishandchef.it
Bruxelles, Belgio L’appuntamento fieristico per eccellenza degli operatori del settore ittico è Seafood Expo Global, la fiera mondiale organizzata da Diversified Communications che quest’anno si svolgerà dal 26 al 28 aprile a Bruxelles. L’evento, che chiama a raccolta oltre 1.700 espositori provenienti da tutto il mondo, rappresenta un format fieristico collaudato, improntato a massimizzare gli incontri tra visitatori ed espositori con aree dedicate al B2B, esposizioni di prodotti e tecnologie innovative. In concomitanza all’evento, sempre all’interno dei padiglioni fieristici di Bruxelles, ha luogo il Seafood Processing Global, salone dedicato alle tecnologie dell’industria di trasformazione dell’ittico, che quest’anno è giunto alla 18ª edizione. www.seafoodexpo.com facebook.com/seafoodexpoglobal
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Barcellona, Spagna L’Italia sarà il Paese con la più alta rappresentanza ad Alimentaria, la fiera del food in programma a Barcellona dal 25 al 28 aprile prossimi e che celebrerà la sua quarantesima edizione. Per questa edizione la fiera sarà divisa in cinque aree, unendo i principali mercati del food & drink: Intervin (vino e alcol), Intercarn (carne e derivati), Restaurama (ristorazione), Interlact (latte e derivati) e Multiple Foods (dolci, conserve, oli e una selezione di prodotti ittici che si distinguono per qualità e tradizione). Plus di questa edizione, il programma di attività proposte ad Alimentaria Experience, con un rafforzamento sull’aspetto gastronomico come elemento di differenziazione e che sarà una delle grandi attrazioni del salone grazie alla partecipazione dei migliori chef internazionali. www.alimentaria-bcn.com www.facebook.com/alimentariabarcelona
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Atlanfish Connemara Seafoods Dungarvan Shellfish Emerald Mussels Errigal Bay Gallagher Bros (Fish Merchants)
7. Irish Fish Canners 8. Irish Seafood Producers Group (ISPG) 9. Keohane Seafoods 10. Killybegs Seafoods 11. Kush Shellfish 12. Norfish
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O’Cathain Iasc Premier Fish Rockabill Shellfish Sean Ward Fish Exports Shellfish de la Mer, Sofrimar The Irish Organic Salmon Co.
IMMAGINI
Per la prima volta dalla sua “creazione” avvenuta già 12 anni fa, a Identità Golose 2016 un’intera giornata è stata dedicata alla cucina del mare e ai suoi grandi interpreti. Chi in veste “formale”, chi meno, tutti gli chef saliti sul palco di “Identità di Mare” si sono dimostrati ben consapevoli di quanto sia delicato e prezioso l’equilibrio dell’ambiente da cui arriva la “materia prima ittica” e del proprio ruolo nel tutelare quello stesso equilibrio. Senza, naturalmente, rinunciare ad un grammo di gusto, ma anzi andando alla scoperta di specie meno note e sfruttate e di tecniche di preparazione capaci di esaltare al massimo il sapore iodato e marino degli ingredienti. Il reportage di Luciana Squadrilli a pagina 104 (in alto, il Concentrato di mare di Alfonso Caputo; photo © Brambilla-Serrani).
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IL PESCE, 2/16
ATTUALITÀ
Confini marittimi italo-francesi: i pescatori liguri pronti a restituire le licenze di pesca Il 21 marzo 2015, a Caen, lo Stato italiano sottoscriveva un accordo in cui i confini marittimi venivano completamente stravolti. Tale accordo è stato il frutto di quattro sessioni di negoziato: Roma 14 dicembre 2006, Parigi 28 marzo 2007, Isola d’Elba 28 settembre 2007 e Roma 26 marzo 2012. “Delle quattro sessioni e della firma a Caen nessuno sapeva” si legge in un comunicato di Legacoop Agroalimentare Dipartimento Pesca della Liguria. “Solo dopo il sequestro del peschereccio Mina la questione è emersa in tutta la sua complessità. Tale accordo, fortunatamente non ancora ratificato dall’Italia, ha modificato la linea di delimitazione tra i mari territoriali sotto la giurisdizione dei due Stati con un ampliamento delle acque francesi a discapito di quelle italiane. Peraltro, l’art. 4 parla espressamente di giacimenti di risorse naturali del fondo marino o del sottosuolo prevedendone le modalità di sfruttamento. Il 5 febbraio scorso, presso il MIPAAF, il direttore ha illustrato l’esito dell’incontro MIPAAF-ESTERI tenutosi nei giorni precedenti ed è emersa la volontà di percorrere la strada delle revisione dei diritti storici, che consentirebbe ai pescatori di continuare ad operare nell’area almeno fino al 2022. È altresì emerso che è in corso una trattativa tra Italia e Grecia per istituire una zona economica esclusiva (ZEE) fino al limite della mediana. La soluzione prospettata dal Ministero non può essere un punto di arrivo: i diritti di pesca non possono avere una data di scadenza e pertanto l’obiettivo è porre in discussione l’accordo al fine di tutelare le imprese di pesca. Siamo perfettamente d’accordo con la vicepresidente della Commissione Pesca
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RENATA BRIANO, per cui è necessario un pronunciamento dell’Europa”. Durante l’assemblea romana dei soci del MEDAC*, BARBARA ESPOSTO, responsabile regionale di Legacoop Agroalimentare Dip. Pesca, ha proposto la creazione di un gruppo di lavoro ad hoc per la sottoscrizione di un accordo di cooperazione internazionale per lo sfruttamento condiviso delle risorse. Tale proposta è stata approvata dai soci all’unanimità e Barbara Esposto è stata nominata coordinatrice di tale gruppo. Ora il MEDAC sottoporrà alla Commissio-
ne europea la ratifica della suddetta decisione. È poi stato approvato un ordine del giorno presentato da alcuni parlamentari del PD durante la trattazione del collegato agricolo alla Camera per impegnare il governo italiano alla modifica dell’accordo e ad intraprendere tutte le azioni volte alla tutela delle imprese della filiera ittica italiana. «Quello ottenuto nell’assemblea del MEDAC — ha dichiarato la Esposto — è un importante risultato istituzionale che ci consentirà di intraprendere un percorso di revisione dell’accordo
“Le ripercussioni derivanti dalla ratifica dell’accordo sarebbero troppo pesanti da sopportare non solo economicamente ma anche socialmente ed ecologicamente” si legge nel comunicato Legacoop Agroalimentare.
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italo-francese. Abbiamo comunque bisogno dell’appoggio politico di tutte le forze coinvolte. La questione è molto delicata: la maggior parte della flotta ligure rischia il fallimento. I nostri pescatori sono disposti ad attuare azioni forti; c’è chi è pronto a restituire la licenza di pesca al Ministero e chi è pronto a mettere in vendita la casa per trasferire la propria attività e la propria famiglia in altre zone d’Italia dove non esiste il problema del confine marittimo. Se non si interviene con atti concreti, si rischia di perdere un intero settore che, peraltro, è già vessato da altre criticità: fermi pesca scellerati, divieto di cattura del tonno, strumentazione di bordo costosissima, ecc… Le ripercussioni derivanti dalla ratifica dell’accordo sarebbero troppo pesanti da sopportare non solo economicamente, ma anche socialmente ed ecologicamente. Perché ci sono anche aspetti ambientali: se si stringe la zona di pesca dove è consentito prelevare la risorsa, ne consegue che tutti i pescatori si troveranno a operare sempre nello stesso tratto di mare. Tale accordo rompe anche l’equilibrio marino, forse è bene effettuare valutazioni più ampie». (Fonte: Legacoop Agroalimentare Dipartimento Pesca – Liguria) Note * Il MEDAC, Consiglio consultivo regionale per il Mediterraneo (www. med-ac.eu), è un’associazione senza scopo di lucro composta da organizzazioni europee e nazionali rappresentanti il settore della pesca ed altri gruppi di interesse nell’ambito della PCP operanti nell’area del Mediterraneo, formato dalle acque marittime del Mediterraneo situate a est del meridiano 5° 36' di longitudine ovest. Il suo ruolo è quello di predisporre non solo pareri sulla gestione della pesca e sugli aspetti socioeconomici relativi alla conservazione della pesca nel Mediterraneo per contribuire alla realizzazione degli obiettivi della PCP, ma anche fornire soluzioni tecniche e suggerimenti, tra cui raccomandazioni congiunte su richiesta degli Stati Membri.
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Federpesca su fermo pesca: il settore è uno, come unico è l’ambiente, e tutti i pescatori devono contribuire alla loro conservazione È evidente che i periodi di interruzione prolungata della pesca debbano riguardare un arco temporale più esteso, tutte le risorse commercialmente significative, tutti i sistemi e tutte le categorie di pesca. Senza zone franche o privilegi per nessuno La scadenza dei piani di gestione, già prolungati sino al 31/12/2015, consente di guardare in modo nuovo e discontinuo alla principale misura di modulazione dello sforzo di pesca — l’interruzione prolungata (fermo pesca) — rispetto a quanto avvenuto nel passato. D’altronde, se la situazione dei principali stock ittici cui attinge la pesca italiana è dichiarata critica dalle istituzioni responsabili della politica della pesca, si può ben concludere che la modalità di effettuazione del fermo pesca sinora adottata sia stata quanto meno inefficace. Le conseguenze delle scelte adottate ricadono direttamente sull’ambiente marino e sulla condizione del settore destinatario di tali scelte. Il fermo pesca è stato sino ad oggi caratterizzato da relativa rigidità, riguardando sistemi di pesca, periodi e modalità di attuazione che probabilmente già nel passato, ma certamente oggi, non rispecchiano la realtà della pesca italiana. L’errore di fondo è stato quello di prendere in considerazione le esigenze di conservazione di specie ittiche che non rappresentavano né il bersaglio né il reddito delle imprese di pesca nazionali. Così come si è tenuto conto della domanda di interruzione della pesca proveniente da aree geografiche che esponevano bisogni di tipo socio-economico superati ormai da un pezzo. Su queste scelte sono state impegnate ingenti disponibilità finanziarie nazionali e comunitarie, ma soprattutto si è giocato il destino delle risorse ittiche e del settore: il paradosso che una continua riduzione della capacità e dello sforzo di pesca non produca effetti positivi nella ricostituzione degli stock, dovrebbe far riflettere sulla modalità di gestione della pesca nel suo complesso. Sussistono oggi tutte le condizioni per rivedere radicalmente le scelte del passato e sostituirle con quelle frutto di una visione laica, priva di infingimenti e mirata ad un definitivo riequilibrio tra pesca e risorse disponibili per la pesca. È evidente che i periodi di interruzione prolungata della pesca debbano riguardare un arco temporale più esteso, tutte le risorse commercialmente significative, tutti i sistemi e tutte le categorie di pesca. Senza zone franche o privilegi per nessuno. Senza spazio per luoghi comuni o per il gioco del tiro alla fune tra interessi, piccoli o grandi, di tipo localistico o più semplicemente egoistico. L’ambiente è unico, il settore è uno, tutti i pescatori attingono alle stesse risorse, tutti i pescatori devono contribuire alla loro conservazione. Se non lo decidiamo ora, se non lo facciamo ora, saremo condannati a farlo — non necessariamente in un modo migliore — da qualche “saggia istituzione” o semplicemente dalla condizione delle risorse ittiche, che diverrà incompatibile con qualsiasi attività di pesca. Da molti anni, possiamo tranquillamente dire da due decenni, Federpesca ha sottolineato la necessità che l’interruzione della pesca (sia in forma prolungata che nello stesso fermo tecnico) avvenisse con modalità maggiormente flessibili e, in quanto tali, applicabili ad un arco temporale più esteso. In epoca poco più recente, la federazione ha posto ancora la necessità di salvaguardare la fascia costiera, quella più fragile perché deputata alla riproduzione ed all’accrescimento di taglia, assoggettandola ad una disciplina ancor più stringente. Rigorosa per tutte le unità da pesca che vi operano. (Fonte: Federpesca)
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LEGISLAZIONE
Nuovo parere del Ministero della Salute
Possibilità di impiego del perossido di idrogeno quale coadiuvante tecnologico nella lavorazione dei cefalopodi Il Ministero della Salute, con un parere del 2010, vietava l’impiego di perossido di idrogeno, in quanto presidio medico-chirurgico, nei prodotti ittici. Sulla base di queste indicazioni i servizi veterinari delle ASL e altri organi di controllo, su mandato delle Procure della Repubblica, hanno effettuato numerosi sequestri, sia delle sostanze impiegate ove contenessero perossido di idrogeno, sia dei prodotti lavorati. Sulla base di un’approfondita valutazione, la Regione Piemonte ha fornito indicazioni in linea con il parere del Ministero per quanto riguarda il divieto di impiego quale additivo, ma consentendo agli operatori, in determinate situazioni, l’impiego dei prodotti presenti sul mercato europeo contenenti perossido di idrogeno quali coadiuvanti tecnologici. Il Ministero, su richiesta delle associazioni di categoria, con un recente pronunciamento, ha confermato la linea adottata dal Piemonte, che risulta maggiormente in accordo con gli orientamenti europei. Di seguito il testo integrale della comunicazione del Ministero della Salute. OGGETTO: impiego di soluzioni acquose contenenti perossido di idrogeno, come coadiuvante tecnologico, nella lavorazione dei molluschi cefalopodi eviscerati da commercializzare decongelati o congelati L’Associazione Nazionale delle Aziende Ittiche (ASSOITTICA ITALIA) ha chiesto l’autorizzazione all’impiego
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di una soluzione acquosa contenente perossido di idrogeno, come coadiuvante tecnologico, nella lavorazione dei molluschi cefalopodi eviscerati da commercializzare decongelati o congelati. Tale soluzione, denominata Aquative 3S, contiene anche due additivi quali l’E330 o acido citrico e l’E331 o citrati di sodio.
Premessa Come è noto, nel 2010 la scrivente Direzione Generale aveva vietato l’impiego del perossido di idrogeno, comunemente noto come “acqua ossigenata”, nel pesce. Il divieto si era reso necessario a seguito del sequestro di una partita di totani in corso di lavorazione in un’area
I Cefalopodi (Cephalopoda, dal greco “kephale”, testa, e “pous, podos”, piede) sono molluschi esclusivamente marini, tra i più evoluti, con conchiglia ridotta internamente o del tutto assente, prettamente nectonici, come le seppie e i calamari, o bentonici, come il polpo e il moscardino (photo © cucinasuditalia.blogspot.it).
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di uno stabilimento che era stata dichiarata in disuso e quindi esclusa dai controlli periodici svolti dall’Azienda sanitaria locale. In tale area i veterinari AUSL della Regione Emilia-Romagna avevano riscontrato la violazione delle norme igieniche volte a garantire la sicurezza alimentare, per cui i prodotti alimentari ivi lavorati potevano costituire un pericolo per il consumatore. Nella stessa area era stata sequestrata anche una partita di additivi scaduti contenenti, fra l’altro, il perossido di idrogeno. In considerazione del fatto che quest’ultima sostanza non era riportata nell’elenco comunitario degli additivi alimentari consentiti nella preparazione e nella conservazione degli alimenti, la Direzione Generale della sicurezza alimentare ne aveva vietato l’impiego come additivo. Ciò al fine di evitare la commercializzazione di pesce e prodotti ittici potenzialmente pericolosi per la salute pubblica poiché sofisticati ed adulterati, così come era stato accertato dai Carabinieri NAS. Infatti alcuni preparati commerciali contenti soprattutto perossido di idrogeno erano stati utilizzati, a scopo fraudolento, da parte di operatori disonesti per esaltare la freschezza e brillantezza del pesce, nonché per nasconderne talvolta anche la decomposizione. Ciò premesso, tenuto conto del fatto che il perossido di idrogeno è utilizzato in Spagna nella lavorazione dei molluschi cefalopodi, la scrivente Direzione Generale ha ritenuto opportuno approfondire l’argomento e sottoporre la richiesta di ASSOITTICA ITALIA alla valutazione del Consiglio Superiore di Sanità (CSS). Il CSS, esaminata la documentazione fornita e le valutazioni d’uso dell’Istituto Superiore di Sanità, nonché dell’Agenzia spagnola per la sicurezza alimentare e la nutrizione (AESAN), ha espresso parere favorevole condizionato all’impiego di una soluzione acquosa contenente perossido di idrogeno come coadiuvante nella lavorazione dei molluschi cefalopodi eviscerati, vincolando il medesimo alla messa a punto di una standardizzazione codificata del trattamento (percen-
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tuale di perossido d’idrogeno e tempo di contatto). Pertanto la soluzione acquosa Aquative 3S contenente perossido di idrogeno può essere legalmente impiegata nella lavorazione di tali cefalopodi alle seguenti condizioni: 1. il contenuto di perossido di idrogeno non sia superiore all'8%; 2. il contenuto di acido citrico e di citrato di sodio non sia superiore rispettivamente al 15%; 3. le istruzioni per l’uso indichino il “tempo di contatto” con i molluschi cefalopodi di che trattasi e le relative modalità di risciacquo con acqua degli stessi prima della commercializzazione al consumatore finale. In considerazione della possibile presenza sul mercato di prodotti aventi la stessa composizione di Aquative 3S o comunque contenenti perossido di idrogeno, si ritiene necessario precisare che anche tali prodotti siano consentiti nella lavorazione in questione purché food grade, ovvero siano idonei ad essere utilizzati nel settore alimentare. Quindi, conformemente al parere del CSS, l’operatore del settore alimentare che intenda avvalersi dell’impiego di Aquative 3S o di prodotti contenenti perossido di idrogeno dovrà disporre di una codifica delle modalità di utilizzo e di applicazione, nonché di informazioni sui livelli di acido citrico e del suo sale di sodio nei molluschi cefalopodi di che trattasi prima e dopo il trattamento. Ciò al fine di garantire un elevato livello di protezione dei consumatori. In conclusione, nella lavorazione dei cefalopodi eviscerati decongelati o congelati l’impiego di soluzioni contenenti perossido di idrogeno, food grade, in quantità non superiori all’8%, può configurarsi quale coadiuvante tecnologico e come tale non ne è vietato l’uso. Il Direttore Generale F.to GIUSEPPE RUOCCO Direzione Generale per l’Igiene, la Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione Ufficio VI – Ministero della Salute (Fonte: CeIRSA, www.ceirsa.org)
IL PESCE IN RETE
Social di Elena
1. Il pescato campano on-line Cosa si pesca nelle varie stagioni nel Mar Tirreno? Che differenze ci sono tra pesca a circuizione e a strascico? Volete valorizzare le tradizioni delle comunità del mare? A queste domande il CONSORZIO GESTIONE PESCATO CAMPANO – CO.GE.PE.CA., noto anche Consorzio Pescato campano, ha dato risposta con il portale www.pescatocampano. it. Tra gli obiettivi del consorzio c’è la valorizzazione della qualità del pescato, un marchio di riconoscibilità e il rispetto delle leggi e dell’ambiente (photo © www. liniziativa.net).
2. Baccalà mantecato, tradizione e storia a Venezia Per sapere tutto ma proprio tutto sulla tradizione veneziana del baccalà mantecato, andate a curiosare nel portale della CONFRATERNITA DEL BACCALÀ MANTECATO al link www.baccalamantecato.com. Scoprirete che è presieduta da un Doge, è governata da un Consiglio dei Savi e che promuove il baccalà mantecato “secondo le regole di buona tradizione” (photo © www.milanoacena.it).
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fish Benedetti
3. Dati di mercato sull’ittico in Europa EUFOMA è l’acronimo di EUROPEAN MARKET OBSERVATORY FOR FISHERIES AND AQUACULTURE PRODUCTS, il portale sviluppato dalla Direzione Generale degli Affari marittimi e della Pesca della Commissione europea e liberamente consultabile alla pagina web www.eumofa.eu. Si tratta di uno strumento di market intelligence che consente di fare ricerche su un database di dati armonizzati e aggregati che raccolgono informazioni su import, export e produzione per valore, volume e prezzo. Tutto ciò con un dettaglio della specie ittica e del Paese comunitario. L’utilizzo non è semplice e immediato. A supporto dell’utente ci sono video tutorial e una sezione di domande e risposte (photo © ec.europa.eu).
4. A zonzo nel mercato ittico di Tokyo Vorreste fare un giro dentro al mercato del pesce di Tokyo ma il Giappone è troppo lontano? Siete a Tokyo ma non siete abbastanza mattinieri per assistere all’asta del tonno alle 3 del mattino? Non c’è problema. Digitando #tokyofishmarket su www.instagram.com potrete vedere centinaia di scatti fatti all’interno del Tsukiji Market (photo © www.boutiquejapan.com).
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COMUNICHIAMO
Conosci il tuo pubblico di Chiara R. Zaccaroni
Quando vado nella mia pescheria di fiducia, il titolare mi saluta per nome e, sorridendo, mi chiede: “cosa posso servirti?”. Conosce bene le mie abitudini, sa che per me è importante sapere da dove viene il pesce o i frutti di mare che comprerò e ha capito che di fantasia in cucina proprio non ne possiedo. Così, ogni volta, lui mi parla di provenienza, di allevamenti di acquacoltura o delle aziende produttrici e, scontrino alla mano, mi dice: “questo preparalo così!”. Conosce i comportamenti d’acquisto dei suoi clienti. Ora… So che non vi ho detto nulla di sensazionale: ognuno di noi conosce il suo pubblico ed è in grado di calibrare l’offerta in base al singolo bisogno. Siamo
anche in grado di definirne i gusti, siamo al corrente della provenienza geografica, della fascia di reddito e della cultura alimentare generica del nostro pubblico: molto del nostro successo è legato alla conoscenza dei nostri clienti. Quindi, perché non applichiamo lo stesso metodo alla conoscenza del nostro pubblico on-line? Iniziamo dunque con questo articolo un percorso che vi porterà, passo dopo passo: • a conoscere molto meglio le abitudini comportamentali dei vostri fan su FB, Instagram e Pinterest; • degli utenti sul vostro sito aziendale; • a impostare delle buone campagne pubblicitarie;
• a capire cosa dice il web della vostra attività o dei vostri prodotti e a prendervi cura della vostra reputazione on-line. Gli insight Gli insight sono lo strumento di statistica che Facebook mette a disposizione delle aziende per conoscere l’identità e il comportamento dei fan della Pagina sulla piattaforma. Uno strumento di analisi, da consultare con metodo, per raggiungere più pubblico interessato e — attraverso le campagne pubblicitarie — vendere di più. Insomma, andate davanti al computer, entrate nella pagina Facebook della vostra azienda e cominciamo! Cliccando sul pulsante
Chiara R. Zaccaroni ha 39 anni e si occupa prevalentemente di food. Adora i suoi clienti, cede al cibo per amore, lotta con la dieta, ride, ha due cani ed una passione per i libri che trattano argomenti dei quali, lei, non capisce assolutamente nulla.
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I FRESCHI SAPORI DEL MEDITERRANEO SULLE TAVOLE DI TUTTO IL MONDO Da 23 anni esportiamo in 40 Paesi del mondo. Siamo onorati di essere dal 2010 i primi esportatori della Turchia TROTE
• ORATE • BRANZINI• OMBRINE
Premio assegnato dalle Associazioni esportatori della categoria della pesca e prodotti animali
La capacità di giostrarsi nel mondo dei social media è oggi essenziale per un’azienda che voglia restare competitiva sul mercato (photo © time.com). insight entrerete nella sezione di Panoramica generale, dove, a colpo d’occhio, vedrete i Mi piace totali della Pagina (quante persone in più vi seguono questa settimana), quante persone hanno visto i vostri post e quanti di loro hanno interagito con essi. Scorrendo più in basso, vedrete una panoramica dei 5 post più recenti e relative performance. In un attimo, quindi, capirete quali post Facebook e il vostro pubblico gradiscono particolarmente (a premiarvi gli alti tassi di interazione), e quali no. Vi siete domandati perché ho scritto “i post che Facebook gradisce”? Tutte le piattaforme social modulano la visibilità dei post in base
ad un algoritmo che predilige alcuni contenuti piuttosto che altri: per la maniera in cui sono scritti, per la coerenza tra le immagini fotografiche e il senso delle parole del post. L’algoritmo ama i link ben scritti e tratti da fonti autorevoli, i video brevi (ma intensi), i volti delle persone. Con l’esperienza ho scoperto di amare molto le statistiche, perché ogni volta mi danno la possibilità di capire se le mie intuizioni sono giuste, di coinvolgere più pubblico all’azione, di monitorare e raggiungere obiettivi di fatturato reali. L’argomento “algoritmo-post-campagne pubblicitarie” è immenso e ne parleremo più approfonditamente nei prossimi
articoli. Ma ora torniamo ai nostri insight! Cliccate sul pulsante “Mi piace” e concentratevi sugli ultimi due box: i Mi piace netti e Provenienza dei Mi piace della pagina. I Mi piace netti vi mostrano quanti nuovi fan hanno cominciato a seguire la vostra pagina e, soprattutto, quanti dei vostri vecchi fan vi hanno abbandonato per sempre. Supponiamo che, in un mese e senza spendere un euro, a fronte di 136 nuovi followers, 16 ci abbiano abbandonato. Media ottima e fisiologica da tenere però sempre monitorata, perché è il primo segnale che ci indica che la nostra comunicazione, al nostro pubblico, non piace!
Qualcuno ha domande da Porci? Attraverso questa rubrica rispondiamo alle mail che ci sembrano più utili ad approfondire gli argomenti trattati. Vi preghiamo di darci più informazioni possibili, così da rendere i nostri consigli efficaci o, nel caso siate interessati ad argomenti specifici, di comunicarcelo a: info@pubblicitaitalia.com o chiara.russotto@icloud.it (Photo © Alessio Sabbadini)
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IL PESCE, 2/16
Altro dato interessante è la Provenienza dei Mi piace della pagina: da dispositivo mobile, grazie ai suggerimenti di altre pagine o direttamente dalla vostra pagina. Notate quanti like provengono da dispositivo mobile… Sarà bene programmare post pubblicitari che siano ben visibili da cellulare! In Copertura vedrete a quante persone Facebook ha mostrato i vostri post (i famosi buoni contenuti che piacciono tanto al nostro algoritmo) e come questi fan hanno interagito con esso. Anche qui, un bel box vi dice in quanti hanno nascosto uno o tutti i post della pagina. Accanto a ogni box avete sempre la possibilità di “esplodere” i dati, studiando nello specifico ogni prestazione. In Visite vedete finalmente quali sono le sezioni della Pagina più visitate: se i fan vanno soprattutto in INFO, aggiungete ogni dettaglio che permetta loro di capire chi siete, dove siete e come contattarvi. Se invece vanno in APP, vuole dire che sono interessati al servizio che
gli offrite. Nella sezione Post ecco comparire la famosa balena che vi mostra in quali orari i vostri fan interagiscono con i post che avete pubblicato. Ma voi DIFFIDATE! Non postate i post all’orario in cui Facebook vi dice di avere maggior audience, bensì provate a postare per una o due settimane in orari differenti: solo così vedrete qual è il personalissimo ORARIO MIGLIORE per i vostri fan. Alla voce Video, Facebook vi mostra NON in quanti hanno visualizzato i vostri video MA in quanti hanno visualizzato fino a 3 secondi e in quanti fino al 97% della durata totale del filmato stesso. Perché? Perché così capirete se il filmato era veramente interessante per i vostri utenti… Perché se dopo 3 secondi il video non è coinvolgente o utile, ognuno di noi lo blocca e se ne va per praterie… In Persone ecco i dati più interessanti: la schermata si apre in I Tuoi Fan, da cui scoprirete le percentuali di quante donne e quanti uomini (e fasce di età) seguono la vostra pagina,
da quale nazione e città vi seguono e quali lingue parlano. Accanto alla sezione I Tuoi Fan, cliccate su Persone raggiunte: questa sezione vi dice chi sono le persone che hanno visto i vostri post e scoprirete che sono molte, molte, molte di più rispetto al numero di vostri fan totali. Nel box Persone Coinvolte i numeri calano, ma non preoccupatevi: se coinvolgete il 10% di tutti i vostri fan siete bravissimi! Se non li raggiungete — neanche se avete un’agenzia che comunica per voi — non disperate, provate anzi a correggere il tiro, studiate quali post il vostro pubblico ama e createne di simili… Oppure concentratevi sul cosa i vostri CLIENTI REALI amano e vi chiedono di più e seguite quella direzione! Non dimenticatevi mai che dietro a un profilo virtuale c’è una persona reale che ha bisogni e curiosità normali! Attenzione: ciò di cui scrivo è valido per qualsiasi tipo di attività. E ora basta, fate i bravi e… alla prossima! Chiara R. Zaccaroni
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ACQUACOLTURA
I prodotti dell’acquacoltura nell’alimentazione di Dario Cianci
Il pesce rappresenta dalla preistoria un componente fondamentale nell’alimentazione umana e le opportunità della pesca hanno condizionato gli insediamenti umani lungo le coste. I pesci appaiono non solo come cibo ma anche per il valore simbolico loro attribuito; così in affreschi tombali egizi e nei mosaici romani è simbolo di sessualità: il delfino, considerato pesce, era il simbolo di Afrodite e le sirene di Omero incantavano i marinai. Il Cristianesimo attribuisce al pesce un significato mistico e Gesù cerca i discepoli tra i pescatori e compie il miracolo dei pani e dei pesci. Oggi miliardi di persone ne consumano e concorrono all’impoverimento o all’estinzione di molte specie. Il Giappone è il Paese che consuma più pesce, soprattutto crudo (sushi e sashimi), ma è stato ed è un’importante fonte di cibo anche per le civiltà del bacino mediterraneo. Da alcuni decenni l’acquacoltura è una valida alternativa alla pesca
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per consentire la disponibilità di alimenti pregiati. Oltre agli aspetti storici e tecnici presentati nelle note già pubblicate da GEORGOFILI INFO (www.georgofili.info), è bene sottolineare che l’acquacoltura offre una ampia scelta per l’alimentazione dell’uomo: oltre alle specie carnivore molto ricercate (salmone, trota, branzino, orata, rombo, storione, anguilla), vi sono anche specie vegetariane ed onnivore (tilapia, cefalo, tinca, carpa erbivora, carpa comune, carpa argentata e diversi tipi di cefalo), nonché molluschi (cozze, vongole, ostriche), crostacei (soprattutto mazzancolle, gamberoni, capesante) e per usi farmacologici anche filtratori (spugne, ascidie, anfiossi), piante (alghe), perle. Tutte le specie ittiche, selvatiche o di allevamento, hanno ottime qualità nutrizionali e sono adatte a tutte le età perché più digeribili della carne in quanto l’assenza di tessuti connettivi rende più facile
il lavoro dei succhi gastrici. Le sue proteine sono di alto valore biologico e grazie al basso contenuto in purine e pirimidine determinano una bassa produzione di acido urico. I grassi sono presenti nel pesce in misura variabile per età, sesso, stadio fisiologico, stagione, ambiente e soprattutto secondo la specie da quelli più magri (merluzzo, sogliola, trota, orata, storione, dentice, branzino) a quelli più grassi (soprattutto pesce azzurro: alici, sarde, anguilla, tonno, aringhe, salmone, sgombro); sono ricchi però di acidi polinsaturi Ω-3 e Ω-6, e di acido linoleico coniugato (utili per la prevenzione delle malattie cardiovascolari e la riduzione del colesterolo cattivo nel sangue), nonché di acido alfa-lipoico (che ritarda l’invecchiamento ed è utile contro il diabete), che l’uomo non sintetizza e devono essere introdotti con l’alimentazione. Nel pesce sono presenti, inoltre, in buona quantità anche fosfolipidi,
IL PESCE, 2/16
Acqua pulita e condizioni igienico-sanitarie sono fattori essenziali per gli acquacoltori. In molti casi i pesci o i molluschi possono trovare nel loro habitat le sostanze nutritive di cui hanno bisogno, ma, se necessario, gli allevatori aggiungono del mangime per assicurare un’alimentazione sana ed equilibrata. Tutto questo avviene nel rispetto delle rigorose norme europee in materia di ambiente e di protezione dei consumatori (photo © Raphael Poletti, www.ilknak.com).
L’Accademia dei Georgofili è al mondo la più antica istituzione del genere ad occuparsi di agricoltura, ambiente e alimenti. Promuove il progresso delle conoscenze, lo sviluppo delle attività tecnico economiche e la crescita sociale. Adeguando ai tempi organizzazione, metodologia e strumenti di lavoro, ha sempre mantenuto il proprio ruolo e gli obiettivi enunciati con l’atto costitutivo. Il lavoro svolto dall’Accademia fa emergere un richiamo alla consapevolezza della vitale importanza dell’agricoltura, da sempre giustamente considerata settore primario, non solo per la priorità temporale delle sue attività produttive, ma anche perché ha costituito e costituisce tuttora la fonte principale del nostro sostentamento alimentare. Inoltre, è stata la matrice dello sviluppo manifatturiero industriale (al quale ha fornito materie prime, forza lavoro e capitali) e rappresenta il fondamentale fattore di equilibrio per la biosfera della quale l’uomo è parte integrante e dalla quale dipende la sua stessa sopravvivenza. L’Accademia ha accompagnato lo sviluppo delle scienze agrarie, nella loro accezione più ampia. Seguendo l’evolversi dei tempi, continua ad affrontare le nuove problematiche che investono l’agricoltura e tutti i rapporti dell’uomo con l’ambiente naturale. Conduce studi e ricerche, adottando le più moderne metodologie, al fine di promuovere concrete iniziative. I risultati vengono esposti e discussi pubblicamente in apposite “Adunanze pubbliche”, poi riportate nell’annuale volume degli Atti. Per affrontare lo studio di ogni singola problematica, l’Accademia liberamente si avvale della collaborazione dei più qualificati studiosi e tecnici, ovunque siano, anche se afferenti a diversi enti pubblici e privati. Per lo studio di specifici temi sono costituiti anche appositi centri e comitati consultivi. Inoltre, al fine di potenziare attività e collaborazioni sull’intero territorio nazionale, i Georgofili hanno realizzato Sezioni geografiche. L’attività editoriale oggi comprende anche la Rivista di storia dell’agricoltura, le Informazioni dai Georgofili, monografie su specifici argomenti, pubblicazioni commentate di antichi manoscritti, vari cataloghi. I Georgofili hanno rappresentato e rappresentano uno strumento per confrontare e far circolare le idee, collegandosi con il mondo e contribuendo a mantenere alto il prestigio della nostra cultura, sempre nel pieno rispetto del proprio motto Prosperitati Publicae Augendae. >> Link: georgofili.info
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IL PESCE, 2/16
importanti per la funzionalità nervosa, ma, a differenza dei crostacei (scampi, astice e gamberi), è basso di norma il contenuto in colesterolo. Sono importanti anche i sali minerali (selenio, iodio, sodio, fosforo, zinco e ferro) e le vitamine A, E, gruppo B ma la variabilità tra le specie ittiche è notevole. Naturalmente, tenendo a mente queste notizie, può essere utile conoscere quali siano i pesci da evitare e quelli consigliati. Le specie più consigliate sono le carpe (comune, erbivora, testa grossa, argentata), la spigola (o branzino), l’orata, il cefalo, il merluzzo, il rombo, la trota, lo storione e le sogliole tutti a carne bianca, magra e facilmente digeribile. La triglia e la spigola compensano il leggero eccesso di grassi con la ricchezza di fosforo e potassio. L’orata è il pesce con un ridotto numero di lische più indicato per tutte le età (dal bambino all’anziano). Qualche dubbio è stato sollevato sul salmone perché concentra nelle carni le sostanze nocive prese dalle
acque e per le scorie che rilascia nell’ambiente. Sconsigliati sono i gamberi tropicali che arrivano dall’Asia e dall’America Latina e, con il sistema intensivo, sono la causa principale della distruzione delle foreste di mangrovie. È sconsigliato anche il pangasio, allevato in Vietnam in acque ad alto inquinamento e importato surgelato e trattato con tripolifosfato di sodio, dannoso per la salute del consumatore; poco interessante per qualità organolettiche e nutrizionali, il suo consumo aumenta nelle mense aziendali e scolastiche per il basso costo e per la polpa priva di lische. I molluschi come filtratori possono portare infezioni (tifo, paratifo ed epatite virale); la cottura attenua il rischio mentre il limone non ha ruolo protettivo. La domanda che ci facciamo di solito di fronte a questa offerta di prodotti ittici è se il pesce allevato è buono come quello pescato; non sono possibili risposte valide per tutti i prodotti perché le qualità
bionutrizionali ed organolettiche dei prodotti di allevamento variano in relazione alla specie ed alle tecnologie adottate. Per di più, il pesce di allevamento ha una minore concentrazione di sali minerali e il rischio legato a possibili sofisticazioni dei mangimi con i quali viene alimentato, ma quello selvatico è esposto al rischio di scorie tossiche (metalli pesanti — mercurio —, ma anche diossina e policlorobifenili). Dubbi ci sono anche sulla possibilità di riconoscere il pescato dall’allevato, perché l’offerta di soggetti di taglie omogenee non significa che la scelta sia avvenuta in un impianto di acquacoltura. Può essere di aiuto l’etichetta sulla quale per legge UE devono essere precisati: la specie, se si tratta di pesce pescato o allevato, lo Stato Membro o il Paese Terzo in cui si è svolta la fase finale di allevamento, l’eventuale zona di cattura dei giovani. Dario Cianci (Fonte: Accademia dei Georgofili)
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Anche il “confezionamento” del prodotto vuole la sua parte
Quando l’abito fa il monaco di Maurizio Dell’Agnello
Sembrerà strano ma, per il pesce, questo titolo, seppur riadattato per l’occasione, pare calzare proprio a pennello! In effetti una delle cose che mi ha sempre affascinato fin da quando ho iniziato ad interessarmi di questioni ittiche, tra allevamenti e barche da pesca, è la cura e la particolare attenzione che viene dedicata alla fase di confezionamento del prodotto, prima della sua definitiva spedizione verso i mercati. Si tratta, infatti, di un momento veramente speciale per l’allevatore o pescatore che sia, a coronamento
della sua attività che, nel caso della pesca, si concretizza nel giro di una nottata o più raramente di qualche giorno, mentre per gli allevatori supera generalmente l’anno, un lungo periodo nel quale si fa in tempo ad “affezionarsi”, a forza o a ragione, a questi animali, ospiti delle acquacolture. Le operazioni di selezione, alimentazione, ossigenazione e le cure sanitarie, unitamente alla difesa da chi vuole impadronirsi dal cielo o dalla terra del prezioso frutto del duro lavoro dell’allevatore, con-
tribuiscono a suggellare il tutto e costituiscono gli elementi basilari su cui il rapporto nasce, cresce, si sviluppa e si fortifica. Così al momento del distacco, non dico che spunti qualche lacrimuccia, ma certamente si maturano molte aspettative per i propri “campioni”, se non altro in funzione del prezzo che, dopo tutte quelle cure, si pensa di riuscire a strappare al commerciante che viene appositamente a prenderli. In questa delicata e “interessata” atmosfera di saluti e commiati,
Spigola dell’azienda ittica toscana Il Padule.
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IL PESCE, 2/16
LEPORE MARE SPA
Le spigole incriccate, legate con spago e stese con stecco divaricatore. i nostri pesciolini vanno vestiti e preparati al meglio per fargli fare la migliore figura possibile. La cucitura del loro abito comporta operazioni non semplici, talvolta complesse e laboriose per chi deve affrontarle, in riferimento a specifiche norme legate all’igiene ed alla conservazione del prodotto, a partire dalla perfetta pulizia del locale di confezionamento, alla disponibilità del ghiaccio in scaglie per il mantenimento della catena del freddo, all’utilizzo di cassette in polistirolo sempre nuove, alla disponibilità di un piano di lavoro in acciaio inossidabile, di acqua corrente e quanto altro. Queste norme potremmo definirle “basilari”, perché oggi sarebbe impossibile pensare ai vecchi tavolacci di legno dove i poveri pesci, ancora saltellanti, venivano distesi in attesa della loro tragica agonia per soffocamento, prima di disporli con noncuranza nelle cassette, magari anch’esse di legno e spesso riciclate. Anche il momento del distacco vuole la sua parte, ed in questo senso non si può che sottolineare come, grazie al contributo di tutti,
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pescatori, allevatori, mondo della ricerca, istituzioni preposte, si siano fatti passi da gigante per il “benessere umano e animale”, seppure in questa sua paradossale fase di trapasso. Tornando al momento del confezionamento, non bisogna certo dimenticarsi della riconoscibilità: mica possiamo andare sul mercato come un pesce qualunque! Qui ci sono aspetti legati alla tracciabilità della specie, alla tipologia di allevamento e alla zona di produzione, che sono fattori che identificano il pesce, come e dove è stato allevato, e legano fortemente i prodotti alla zona ed alla tipologia produttiva utilizzata, declinando il pesce nel territorio in funzione di quella tipicità che con il tempo si è andata sempre più concretizzando anche nel settore ittico. Forse siamo ancora lontani dai positivi esempi che possiamo ricavare dai settori vinicolo e oleario, ma non c’è dubbio che quella felice strada, tutta da percorrere nel caso del pesce, possa essere un valido esempio anche per l’ittico. Chissà se e quando arriveremo ad apprezzare appieno le differenze, ammesso che
ce ne siano, tra una spigola allevata in valle ed una proveniente dalle gabbie galleggianti in mare. Per il momento, comunque, si rimarca la provenienza nei documenti di accompagnamento e si procede ad apporre cartellini di riconoscimento, inseriti negli opercoli delle branchie o sulle etichette nei banchi delle pescherie, con le indicazioni che fanno riferimento all’allevamento o al consorzio di produttori di una specifica zona. Ma se queste sono le innovazioni del mercato ittico, non ci si deve dimenticare della tradizione e del modo con cui da sempre si presentano i prodotti su certi mercati. Ci sono dei “segreti” che fanno parte delle consuetudini di mercato alle quali non è possibile derogare? Qui non possiamo che rivolgerci a qualcuno del settore per cercare di capire quali siano i trucchi del mestiere e gli accorgimenti adottati in questa delicata fase commerciale. Ne abbiamo parlato con NAIDA FORNACIARI, figlia di Argo, già titolare dell’azienda Il Padule (www.spigolefornaciari.it), uno dei pionieri dell’acquacoltura toscana e nazionale. Naida già da qualche anno sta portando avanti con successo quella splendida avventura di conoscenze, sperimentate ed applicate direttamente sul campo, che suo padre le ha lasciato in carico. Naida, che cosa puoi dirci riguardo alla preparazione dei prodotti in fase di commercializzazione? «Beh, innanzitutto è fondamentale adeguarsi alle richieste del mercato e dei commercianti. Spesso, infatti, sono proprio loro che indicano come trattare e preparare gli animali una volta pescati, perché sanno che dove li porteranno saranno apprezzati solo se disposti in un certo modo». Quindi sono i commercianti che richiedono delle particolari disposizioni a cui voi vi dovete attenere. «In un certo senso sì. Per esempio, se il pesce deve essere preparato per mercati meridionali, quello napoletano in primis, gli animali vanno incriccati, cioè dobbiamo
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fare in modo che entrino in rigor mortis una volta piegati su un fianco, in modo che, quando il pesce è sul tavolo di vendita, l’acquirente possa sincerarsi della sua freschezza». E perché? «Finché è in rigor mortis il pesce resta piegato e, dato che questo stato si risolve entro le 24 ore, in funzione della temperatura di conservazione, finché il pesce è piegato vuol dire che è morto da relativamente poco tempo, cioè è un “morto di fresco”. A dire la verità è più un aspetto scenografico che certificativo, perché ci sono i documenti che attestano tutto, ma per chi apprezza queste cose scenografiche che rispettano la tradizione, non c’è dubbio che rappresentino una inderogabile esigenza da rispettare». Chiaramente la disposizione nelle cassette, a seguito di questa particolare esigenza, avverrà con modalità particolari… «Certamente i pesci incriccati
EFICO Enviro 920
vanno disposti in doppia fila, facendo attenzione a ripiegarli tenendo il fianco sull’esterno, per poi ricoprirli di ghiaccio. Sempre sul mercato meridionale, pugliese, ma anche in quelli nordici, un’altra disposizione è quella piatta e alterna testa coda. In questo caso gli animali si alternano in cassetta ponendoli con la testa in direzione opposta, il tutto ricoperto di scaglie di ghiaccio, ovviamente». Quindi a ciascun mercato il suo abito, come dicevamo all’inizio. In oltre vent’anni di produzione avete preso delle iniziative per far apprezzare meglio i vostri prodotti in fase commerciale? «Sì. Da qualche anno, oltre al cartellino con il nostro marchio, posto all’opercolo dei pesci, abbiamo sperimentato altri elementi riconoscitivi, in parte suggeriti dagli stessi commercianti. Il primo è stato quello di inserire tra gli opercoli dell’animale un piccolo bastoncino di legno, detto “stecco”, che ha lo scopo di tenerli aperti per far vedere bene le bran-
chie, il loro colore rosso vivo e lo stato generale, elementi importanti per determinare la freschezza ed il valore di un animale. Altro accorgimento, anche questo molto scenografico, è quello di legare il pesce incriccato con uno spago secondo la direzione testa coda, lasciando una disposizione a raggiera nella cassetta di polistirolo, pronto per essere messo sul banco della pescheria». A me, in questo caso, verrebbe da proporre una scommessa da fare con il cliente in pescheria, perché, se una volta tagliato lo spago, il pesce rimanesse piegato per effetto del rigor, sarebbe evidente lo stato “freschissimo” del prodotto, richiedendo in conseguenza una piccola aggiunta al prezzo base, da detrarre invece in caso contrario. Chissà se qualcuno ci ha già pensato… Maurizio Dell’Agnello Nota Le foto sono di Naida Fornaciari, azienda ittica Il Padule, Castiglione della Pescaia (GR).
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CURIOSITÀ
Attenti al “dottor pesce” di Luca del Grammastro
Oltre ad essere una pratica estetica e della medicina alternativa, quella del Garra rufa è sicuramente, tra le ittioterapie tanto in voga in questi ultimi anni, la forma più originale, utilizzata nel trattamento di malattie e disturbi dermatologici. Il Garra rufa è una specie difficile da reperire in commercio e per questo è molto ricercato. Si tratta di un piccolo pesce d’acqua dolce appartenente alla famiglia Cyprinidae, comunemente noto come pesce dottore o Nibble fish. Ha la forma tipica del ciprinide nuotatore, con corpo tozzo ma allungato, a sezione arrotondata, e pinne robuste. La bocca è rivolta verso il basso ed è provvista di barbigli. La pinna caudale è tozza, corta e bilobata. La livrea varia dal bruno rosato al bruno verdastro e a volte presenta chiazze scure. Le dimensioni si attestano sui 14 cm. Il Garra rufa è classificato come specie subtropicale, vive in acque con temperature comprese tra i 15 e i 28 °C, in ambienti eterogeni, come stagni, laghi, canali e paludi, pascolando sul fondo tra la vegetazione e il sedimento. È una specie onnivora e tra gli acquariofili è considerato come il miglior mangia-alghe che ci sia. È diffuso in Medio Oriente, in particolare
nelle acque dolci di Turchia, Siria, Giordania e nel bacino idrografico di Tigri ed Eufrate. Gli “effetti” del Garra rufa sono stati osservati nel lago di Kangal dove esistono sorgenti d’acqua calda con temperatura fino a 36 °C. Secondo una leggenda, un pastore con una ferita ad una gamba si immerse in una delle pozze, molto calde e decisamente povere dal punto di vista trofico, ottenendo dei benefici dai “massaggi” dei Garra rufa, da allora conosciuti anche con il nome di “pesci di Kangal”. Ovviamente la speculazione e il gridare al miracolo hanno contribuito a determinare in Turchia una fiorente industria turistica che sfrutta la popolarità di questi pesci in piscine di attrezzati hotel-resort. La terapia con i Garra rufa è specifica per il trattamento sintomatico di alcune patologie cutanee, determinando un’azione detossificante, esfoliante, di aumento della micro-circolazione, di rigenerazione cutanea, di trattamento anti stress, di rilassamento totale, ecc… Nel rimuovere la pelle morta, danneggiata o secca, infatti, i Garra rufa, attraverso la saliva, rilasciano molecole ad azione cicatrizzante; tra queste uno speciale enzima chiamato ditranolo che agisce rapidamente
sulla rigenerazione cutanea, rendendo così il trattamento valido per diversi mesi, soprattutto per il progressivo miglioramento dello stato dei pazienti. Anche se il sorgere di questi centri benessere ha contribuito al cambiamento del loro habitat naturale e delle loro abitudini alimentari, i Garra rufa continuano a conservare le loro abitudini antropofaghe. Per la fish therapy con i Garra rufa in Italia non esiste ancora una specifica regolamentazione. La moda del “dottor pesce” è però dilagante e ora in molti istituti è possibile sottoporsi alla fish therapy (vietata, si suppone, a chi soffre il solletico ai piedi). Il problema è che i pesci o l’acqua usata per chi si avvale della prestazione potrebbero trasmettere virus, batteri o in alcuni casi anche epatite, come hanno dimostrato studi recenti. Se una persona sanguina nell’acqua e questa non viene cambiata, inevitabilmente si “contamina”, con rischio di contagio per il cliente successivo, soprattutto se ha minuscole escoriazioni sulla pelle. Sicuramente, se il centro che offre la fish therapy ha buoni standard igienici, personale professionale e competente, il pericolo è molto basso, ma è comunque più elevato in alcune categorie di soggetti che andrebbero esclusi dal trattamento, ad esempio chi ha un sistema immunitario debole o soffre di malattie cutanee evidenti. È opportuno comunque che gli operatori si informino delle condizioni di salute del cliente prima di procedere al trattamento, che l’acqua venga cambiata e disinfettata ogni volta, e che i clienti utilizzino un po’ di sano buon senso per ridurre il rischio di infezioni. Nota Le fonti bibliografiche e sitografiche sono disponibili presso l’autore.
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IL PESCE, 2/16
PESCA
I numeri della pesca europea di Lucio Labanchi e Alfonso Cioffi
La gestione della pesca italiana, diversamente da altri Stati Membri dell’Unione Europea, ha previsto, sin dagli anni Novanta, una forte integrazione tra le discipline e gli studi biologici ed economici, con importanti risultati nell’attuazione di strategie e politiche finalizzate alla gestione della pesca stessa. Tale esperienza ha consentito all’Italia di assumere una posizione privilegiata nello sviluppo e attuazione del Regolamento Raccolta Dati (Reg. CE 199/2008). Infatti, l’impianto di politiche e misure gestionali adeguate alle nuove frontiere imposte
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dal perseguimento di una pesca sostenibile non può prescindere dalla dotazione di efficienti sistemi informativi caratterizzati da un approccio multidisciplinare. A questo scopo, il Regolamento Raccolta Dati (DCR) si prefigge la raccolta a 360° delle informazioni relative al settore ittico: pesca, acquacoltura e industria di trasformazione. Nel dettaglio del settore produttivo della pesca marittima, sono oggetto di indagine: • lo stato delle risorse ittiche; • la dimensione della flotta da pesca e relativa attività; • sbarchi, ricavi e prezzi per specie;
• i costi sostenuti dalle imprese e relativo conto economico. In sostanza, attraverso il Regolamento Raccolta Dati, l’Europa si è data una struttura informativa omogenea, i cui elementi possono essere confrontabili su scala continentale, allo scopo di fornire alle amministrazioni, nazionali e sovranazionali, strumenti adeguati alla realizzazione di interventi e misure funzionali a garantire uno sfruttamento biologicamente ed economicamente sostenibile delle risorse alieutiche. Il quadro comunitario per la raccolta e la gestione dei dati è stato adottato
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Tabella 1 – Flotta attiva nel 2013: principali indicatori Stato
Battelli
GT
kW
Belgio
76
14.375
45.642
22.816
73,23
345
Bulgaria
1.204
4.997
38.807
8.584
4,17
895
Croazia
2.795
32.314
245.373
74.902
—
4.872
926
3.753
39.966
1.121
6,91
—
Danimarca
1.482
61.975
197.324
620.669
382,17
1.489
Estonia
1.336
5.951
29.631
54.557
15,37
2.046
Finlandia
1.733
12.251
104.330
138.388
46,56
1.817
Francia
5.908
156.107
875.708
514.051
1.104,58
10.262
Germania
1.142
56.416
125.137
218.988
144,02
1.647
Grecia
14.752
72.496
428.378
—
—
24.486
Irlanda
2.069
55.564
167.460
235.702
248,71
3.169
11.036
142.735
898.144
172.624
831,56
26.758
Lettonia
267
7.681
20.673
60.850
25,62
680
Lituania
97
34.911
40.501
89.328
31,32
763
Malta
774
6.252
60.094
2.345
12,17
389
Olanda
547
121.917
250.071
345.086
349,50
2.123
Polonia
755
32.999
79.418
194.962
56,56
2.430
4.024
78.234
285.040
193.417
351,95
17.877
Romania
112
518
5.286
1.617
1,44
304
Slovenia
83
394
5.922
238
1,23
107
8.795
359.496
807.537
898.143
1.986,36
33.129
984
28.868
150.650
177.618
130,92
1.577
4.489
180.048
684.640
618.354
869,26
12.022
65.386
1.470.252
5.585.733
4.644.364
6.673,59
149.188
Cipro
Italia
Portogallo
Spagna Svezia Regno Unito Totale
dalla Commissione europea a partire dal 2000 (Reg. CE 1543/20001); in precedenza le informazioni utili alla valutazione delle risorse e della situazione economica del settore venivano raccolte da ciascuno Stato Membro in maniera indipendente, all’interno di programmi e studi tra loro scollegati. I dati raccolti nell’ambito del DCR consentono di ottenere un ampio ventaglio di informazioni relative al settore peschereccio dei paesi europei2. In questo documento si focalizza l’attenzione sulla flotta europea nel suo complesso, con analisi e comparazione delle informazioni relative a:
34
Tonnellate
• il livello della capacità di pesca intesa come dimensione del naviglio; • le quantità sbarcate e relativo valore economico; • l’ammontare dei costi sostenuti e il conseguente conto economico. Flotta e produzione della pesca europea La Decisione 2010/93/UE di applicazione del Regolamento 199 del 2008 stabilisce le modalità con cui deve essere effettuata la raccolta dati, tra cui i livelli di disaggregazione: tecniche di pesca, classi dimensionali, aree di pesca (FAO Fishing Area codes). Nel complesso, considerati i 23 Stati
.000 euro
Addetti
Membri e i livelli di segmentazione, si riscontrano oltre 700 strati che si riducono a 593 per la sola flotta attiva3 nel 20134. La consistenza della flotta da pesca attiva risulta pari a 65.386 natanti, per 1.470.252 unità di stazza lorda in GT (Gross Tonnage, come definito dal Reg. CEE 2930 del 1986) e 5.585.733 kW. A questi vanno aggiunti altri 18.730 battelli inattivi, dei quali il 93% rientra nella classe dimensionale da 0 a 12 metri (Tabella 1). Tuttavia, i dati esposti in Tabella 2 si riferiscono ai 480 strati per i quali sono presenti le informazioni relative alla flotta e ai livelli di produzione. La dimensione della flotta europea,
IL PESCE, 2/16
Tabella 2 – Flotta attiva nel 2013 per cui non è presente dato di sbarcato e/o del ricavo Stato
Battelli
Belgio
3
177
1.040
—
—
2.795
32.314
245.373
74.902
4.872
391
1.094
12.423
—
—
25
898
3.737
—
53
609
1.919
59.743
—
—
18
28.087
26.886
139.660
—
Grecia
14.752
72.496
428.378
—
24.486
Irlanda
1.677
3.885
38.011
—
1.246
2
11
321
—
1
Olanda
33
1.409
5.307
—
—
Polonia
29
18.781
19.796
61.399
217
Slovenia
14
94
1.691
—
—
20.348
161.165
842.706
275.961
30.875
Croazia Cipro Danimarca Francia Germania
Malta
Totale
alla quale è possibile associare il volume delle quantità sbarcate e del corrispondente valore economico, nel 2013 era pari a 45.038 natanti per un tonnellaggio di stazza lorda in GT di 1.309.087 e una potenza motore di 4.743.027. In termini numerici Italia e Spagna concentrano le quote maggiori di motopesca con il 24,5% e il 19,5%; seguono la Francia con l’11,8% e il Regno Unito con il 10%. La situazione è significativamente diversa allorché si considera il tonnellaggio di stazza lorda: qui è la Spagna che domina lo scenario, concentrando il 27,5% del totale, seguita su livelli dimezzati dal Regno Unito con il 13,8%, quindi la Francia con l’11,8%, l’Italia con il 10,9% e l’Olanda con il 9,2%. Le maggiori dimensioni medie sono relative alla flotta lituana con 360 GT battello; l’Olanda registra un tonnellaggio medio di 234, il Belgio di 194 e l’Irlanda di 131. Ben più modesto il parametro delle flotte di Danimarca, Spagna e Regno Unito, intorno ai 40 GT. La flotta italiana registra un valore di 13 GT per natante. Il volume complessivo degli sbarchi risulta pari a 4.368.403 tonnellate per un valore economico di 6.673,59 milioni di euro5. La flotta spagnola
IL PESCE, 2/16
GT
kW
concentra i maggiori livelli di produzione sia in termini di tonnellate sbarcate, pari al 20,6% del totale, sia come ricavi, con il 30% del valore complessivo della flotta europea. In termini di catture seguono il Regno Unito e la Danimarca con oltre il 14% e la Francia con il 11,8%. Il volume degli sbarchi italiani rappresenta il 4%. Per quanto riguarda il solo valore economico degli sbarchi, oltre la Spagna assumono quote prevalenti la Francia con il 16,6%, seguita dal Regno Unito con il 13% e dall’Italia con il 12,5%. La produttività tecnica per battello (kg/battello) vede prevalere la Lituania con oltre 921 tonnellate di pescato costituito da specie pelagiche come sugarelli, spratti e aringhe. Segue l’Olanda con 671 tonnellate di sbarcato per motopesca; la composizione vede prevalere sugarelli e spratti, con una discreta presenza di platessa e gamberi del genere Crangon. La flotta irlandese registra un rendimento tecnico di 601 tonnellate/ battello; la produzione è concentrata sullo sgombro, su pesci della famiglia dei Caproidae, sugarelli, aringhe e potassoli. Il parametro relativo alla flotta danese si attesta su livelli più bassi, 426 tonnellate; la composi-
Tonnellate
Addetti
zione del pescato si concentra sul cicerello, l’aringa e lo spratto. In termini economici, la produttività unitaria dei motopesca registra il primato della flotta belga con oltre un milione di euro/battello. Nella fattispecie, la composizione del pescato è costituita in modo prevalente da sogliola e su livelli inferiori da platessa e rana pescatrice. Segue il dato della flotta olandese, con 680.000 euro, e quello dell’Irlanda con 634.000 euro. Il dato della flotta italiana, pari a 75.000 euro, risulta ben al di sotto della media europea. Significativamente diverso il quadro che emerge dall’esame della produttività economica per unità di stazza lorda, dove l’Italia, con 5.826 euro, rappresenta la terza realtà europea dopo Francia e Danimarca. La Francia registra un valore di oltre 7.000 €/GT, grazie alla buona qualità delle specie target principali: rane pescatrici, sogliole, nasello, pesce pettine (Pecten maximus), tonno pinna gialla, spigole. Il parametro della flotta danese risulta di 6.300 €/GT; della composizione si è già detto. La composizione del pescato della flotta italiana vede prevalere in termini economici specie quali il nasello, il gambero bianco, il gambero
35
Tabella 3 – Flotta attiva nel 2013: indicatori tecnico-economici
Belgio
71
14.112
22.558
72,21
23,69
47,93
334
1.171
4.807
8.460
4,10
2,20
4,82
886
24
858
612
2,86
0,56
2,12
4.872
Danimarca
1.446
60.991
620.555
381,88
70,93
146,54
1.430
Estonia
1.330
5.293
46.328
13,45
4,03
6,38
2.046
Finlandia
1.733
12.251
138.388
46,56
4,88
25,53
1.817
Francia
4.003
134.104
436.230
1.024,62
388,73
554,68
10.143
Germania
1.124
28.329
79.328
144,02
35,94
65,26
1.647
326
47.547
225.157
227,08
59,16
128,16
1.749
11.036
142.735
172.624
831,56
193,51
409,54
26.758
Lettonia
267
7.681
60.850
25,62
4,20
15,62
680
Lituania
94
33.626
82.542
28,21
5,85
48,65
763
Malta
390
3.942
1.254
8,01
1,16
2,88
273
Olanda
514
120.508
345.086
349,50
87,42
207,45
2.123
Polonia
726
14.218
133.563
56,56
18,26
28,46
2.213
4.009
77.474
192.173
348,65
129,49
138,08
17.751
Romania
112
518
1.617
1,44
0,40
0,61
304
Slovenia
69
300
238
1,23
0,98
0,58
107
8.508
353.886
889.891
1.960,94
490,25
1.088,34
32.791
520
16.699
39.979
59,66
18,93
73,55
1.577
4.367
168.135
578.241
812,74
202,62
424,35
12.022
41.840
1.248.015
4.075.675
6.401
1.743,20
3.419,52
117.414
Cipro
Irlanda Italia
Portogallo
Spagna Svezia Regno Unito Totale
rosso, la seppia, lo scampo, l’acciuga. Limitando il confronto alle due aree Nord Europa e Mediterraneo, si evidenzia come la media europea si attesti a 4.900 €/GT, il dato dei paesi mediterranei si colloca ben al di sopra con 5.560 €/GT, mentre il parametro dei paesi del Nord Europa si attesta a 4.800 €/GT. In sostanza, la produttività economica per unità di stazza è molto più elevata nel Mediterraneo. Tale condizione viene supportata e giustificata dall’esame del prezzo medio, il cui valore registrato dai 4 Paesi mediterranei (Italia, Malta, Cipro e Slovenia) risulta più elevato, a testimonianza del maggior pregio economico delle specie pescate.
36
Tonnellate
Costo del Consumi lavoro intermedi (.000 euro) (.000 euro)
Battelli
Bulgaria
GT
Ricavo (.000 euro)
Stato
Tra le tecniche di pesca prevale la consistenza numerica del gruppo di attrezzi passivi, reti fisse, ami e trappole: con 33.000 natanti copre il 74% del totale della flotta europea considerata nella presente analisi. L’incidenza di questo gruppo si riduce al 19% in termini di GT, al 13% considerando gli sbarchi e al 23% del valore economico delle catture. La composizione del pescato vede prevalere la verdesca, il nasello, il pesce spada, il granciporro, l’aringa e un gasteropode del genere Buccinum. In termini di ricavo, si registra la prevalenza del dato relativo al sistema strascico che concentra il 38,4% del valore complessivo, a fronte del
Addetti
27% del volume sbarcato. La flotta a strascico risulta costituita da 5.730 motopesca pari al solo 12,7% del totale, ma il tonnellaggio di stazza lorda GT concentra la quota maggioritaria del 38%. Specie target prevalenti dello strascico sono il cicerello e il merluzzo atlantico, insieme ad aringhe, spratti, eglefino, merluzzo carbonaro e scampi. Benché la composizione dello sbarcato del sistema strascico registri la presenza complessiva di oltre 1.100 specie, soltanto 24 di esse superano la quota dell’1%, concentrando il 73% del totale. In termini di quantità sbarcate, si registra il prevalere dei 599 motopesca costituenti il sistema della volante o strascico pelagico, con
IL PESCE, 2/16
oltre 1.643.500 tonnellate di prodotto catturato. La composizione degli sbarchi è costituita in buona parte da prodotti di basso valore commerciale come aringhe (33%), sgombri, spratti, sugarelli e cicerello; pertanto il corrispondente valore economico risulta contenuto e rappresenta solo 13,3% del totale europeo. Tra i sistemi di maggior peso produttivo si segnala anche la flotta a circuizione pari a 1.116 motopesca, con il 14,5% degli sbarchi europei e il 14,9% del valore economico. Specie prevalenti di questo sistema sono alcune specie di tonno (Skipjack tuna, Yellowfin tuna)6 e le sardine; su livelli più bassi le quantità di acciughe, sgombri e sugarelli. Quadro economico della pesca europea L’esame delle dinamiche più strettamente economiche della flotta considera il valore dei costi sostenuti dalle imprese di pesca, sia come consumi intermedi (CI)7, sia come costo del lavoro. Nello specifico, il numero
complessivo degli strati per i quali si registrano valori dei costi scende a 327 (Tabella 3). È possibile notare come alcuni Paesi registrino un livello di CI decisamente superiore ai ricavi, e siano quindi in perdita, senza neanche dover considerare il costo del lavoro. È il caso della Lituania, della Svezia e della Bulgaria. Gli altri Paesi si attestano su quote che variano da un massimo del 75%, relativo a Cipro, a un minimo del 36% per Malta. Il valore registrato dalla flotta italiana risulta pari al 49%, attestato su un livello leggermente inferiore alla media. Qualora si consideri il solo costo del lavoro, si registra una quota massima dell’80% per la Slovenia e una minima del 10% per Cipro. Nel complesso la somma delle uscite, consumi intermedi e costo del lavoro, rapportata al ricavo, consente di individuare il livello di margine operativo lordo nei vari Paesi. Si può ricavare che, accanto ai già citati tre Paesi in perdita, si aggiunge la Slovenia, che registra un rapporto uscite/ricavi pari al 127%.
In quest’ultimo caso è del tutto evidente una marcata sperequazione tra il costo lavoro e i ricavi, mentre il peso dei CI risulta nella media (47%). Considerate le ridotte dimensioni medie della flotta Slovena, e quindi una matrice fortemente artigianale e familiare, è ipotizzabile come il valore del costo lavoro sia da riportare interamente alla proprietà e, pertanto, sostanzialmente formale. Diversamente la situazione relativa a Lituania, Svezia e Bulgaria evidenzia un’incidenza del costo lavoro in media o addirittura basso; il 21% della Lituania presenta la situazione dei conti maggiormente deteriorata, con un livello di spesa complessiva doppia del ricavo. Le ragioni sottostanti il pessimo andamento economico registrato in questi Stati possono essere sostanzialmente due: • una cattiva gestione operativa ed economica delle imprese; • una conduzione della raccolta dei dati poco attenta. Quest’ultima ipotesi sembra particolarmente plausibile nei casi
di Bulgaria e Svezia, dal momento che il margine operativo lordo risulta negativo per tutti e sei gli anni considerati. La maggior parte dei paesi effettua la raccolta dei dati da documenti forniti dalle stesse imprese di pesca: il bilancio per i dati relativi alle spese, il logbook (giornale di bordo previsto dal regolamento controllo del 2009) per quanto attiene gli sbarchi in quantità e specie, e le note di vendite (previste dal regolamento controllo) per i prezzi per specie. Ovvio che, ritenendo più improbabile una sovrastima dei costi, si deve ipotizzare una sottostima dei ricavi, o nella componente quantità, o nei prezzi. Svezia e Bulgaria registrano un valore di prezzo per le specie target principali quasi sempre più elevato della media UE e in linea con Paesi vicini. La Lituania, al contrario, registra valori di prezzo particolarmente più bassi della media. Tali aspetti richiedono certamente analisi più dettagliate e approfondite. Tornando al rapporto tra margine operativo lordo e ricavi, si evidenzia come Belgio e Francia siano al limite del pareggio, mentre Malta è lo Stato con il rapporto più basso, 48%. Anche questo parametro vede la flotta italiana attestata su livelli medi, con un rapporto tra uscite ed entrate pari al 73%. In effetti, dall’esame del margine operativo lordo (MOL) in valore assoluto8, emerge che il dato italiano pari a 228,5 milioni di euro è secondo solo al colosso spagnolo, il cui valore è di poco inferiore ai 400.000 euro. Seguono il Regno Unito, con 186.000 euro, e la Danimarca con 164.000 euro. Il positivo risultato relativo alla pesca italiana viene confermato anche dal rapporto tra margine operativo e tonnellaggio di stazza lorda, che esprime la redditività tecnica della flotta, pari a 1.601 €/GT, secondo solo alla Danimarca che registra un valore di 2.700 €/GT. Un elemento interessante che sintetizza i risultati economici sopra esposti viene fornito dal confronto tra il prezzo di vendita e il costo (CI) sostenuto per chilo (kg) di prodotto sbarcato. I Paesi mediterranei,
38
Pesca artigianale (photo © www.greenpeace.org). che come detto registrano valori di prezzo più elevati, segnano anche differenze più alte tra i due valori, da un minimo di 1,2 €/kg per Cipro ad un massimo di 4 euro per Malta (2,4 €/kg lo scarto italiano). I Paesi nordeuropei vedono ridursi lo scarto a un €/kg (Belgio, Francia, Germania, Spagna e Portogallo) o anche meno, come per il Regno Unito, Irlanda, Olanda. Ovviamente, Svezia, Bulgaria e Lituania registrano un costo maggiore del prezzo, vale a dire che un’unità di prodotto viene venduta a un valore inferiore a quanto speso per produrlo. Tale situazione si pone in forte antitesi con i principi basilari dell’economia e dell’attività imprenditoriale privata. Lucio Labanchi Alfonso Cioffi Mably Soc. Coop. Statistiche e Ricerche sulla Pesca Bibliografia • Reg. (CE) n. 199/2008 del Consiglio. • Decisione della Commissione del 18 dicembre 2009 (2010/93/UE). • Reg. (CE) n. 1224/2009 del Consiglio. • Lo stato della pesca e dell’acquacoltura nei mari italiani, a cura di STEFANO CATAUDELLA e MASSIMO SPAGNOLO, MIPAAF. • The 2015 Annual Economic Report on the EU fishing fleet (STECF 15-07).
Note 1. Successivamente modificato dal Reg. (CE) 199 del 2008. 2. La fonte dei dati è l’Annual Economic Report on the EU fishing fleet (STCEF 15-07): datacollection.jrc.ec.europa.eu 3. Sono considerati attivi i motopesca che hanno effettuato almeno un giorno di pesca nell’annata. 4. Si è preferito esaminare il 2013, poiché il 2014 non è ancora completo per tutti i paesi. 5. In realtà dai dati complessivi le catture sono pari a 4.644.364 tonnellate, ma come detto 161.165 tonnellate non segnalano un corrispettivo valore e quindi non sono considerate nell’analisi. 6. I dati includono la flotta che opera in acque extraeuropee, come le coste atlantiche dell’Africa, il Pacifico e l’Oceano Indiano. 7. Rientrano nella voce Consumi Intermedi le spese di carburante, manutenzione, altri costi variabili e altri costi non variabili (fissi). 8. Valore ottenuto sottraendo al valore dei ricavi la somma dei consumi intermedi e del costo del lavoro.
* A pagina 33, nave da pesca pelagica, Olanda (photo © Eric Gevaert). * Maggiori informazioni sono disponibili sul sito www.mably.it/ statistiche.html
IL PESCE, 2/16
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INTERVISTE
La via del decentramento A tre anni dalla riforma della PCP, la Commissione ha annunciato il varo di una delle proposte più attese dal settore e dal Parlamento europeo: la regionalizzazione di numerose misure di gestione dell’attività di pesca. La soddisfazione di Gilberto Ferrari, direttore di Federcoopesca: «significa entrare in una politica dove subiamo meno e proponiamo di più» di Silvia Saracino
È una riforma attesa da anni ed ora finalmente è iniziato l’iter di approvazione nel Parlamento europeo. L’11 marzo scorso la Commissione UE ha presentato la proposta di legge sulla regionalizzazione di numerose misure di gestione dell’attività della pesca. In sostanza, i Paesi dell’Unione Europea di un determinato bacino marittimo — come il Mediterraneo — potranno accordarsi su un piano di misure in linea con le esigenze locali (dalle aree interessate all’utilizzo di tecniche e strumenti) e inviare alla Commissione UE le deroghe richieste. La proposta dovrà essere esaminata dalla Commissione pesca del Parlamento e poi vagliata dal Consiglio dei ministri: un iter che potrebbe durare un anno, ma quel che importa, sottolinea GILBERTO FERRARI direttore di Federcoopesca, è l’inizio di un percorso che va in una «direzione assolutamente positiva, si dà un ruolo importante ai comitati consultivi e le categorie sono chiamate ad assumersi responsabilità, proporre scelte di gestione motivate e concrete». Significa «entrare in una politica dove subiamo meno e proponiamo di più». Cosa cambierà concretamente per il settore? «La proposta va approfondita, siamo solo all’inizio. Però una cosa è certa: il percorso iniziato porta all’abbandono di un approccio centralizzato, per cui anche la microgestione veniva fatta a Bruxelles,
40
per sostituirlo con un approccio che si riferisce più ai bacini dei territori. Come sarà la legge lo vedremo solo alla fine dell’iter, oggi però sono chiari i presupposti». E quali sono? «Il nuovo regolamento non ha lo scopo di abbassare la soglia per quanto riguarda la sostenibilità ambientale e il livello di attenzione sulla gestione delle risorse. Non torniamo indietro, nel senso che non si potrà derogare a tutto: all’interno di alcune principi generali, per cui la sostenibilità ambientale è al primo posto, si possono adottare misure di
conservazione per quanto riguarda attrezzi o l’abbassamento di taglie minime nel caso delle vongole. Ad esempio, nelle aree del Nord stanno già lavorando per abbassare la taglia minima del merluzzo. Questi elementi potrebbero essere oggetto di pareri adottati a livello di bacino con la partecipazione dei comitati consultivi, per noi il MEDAC, il Consiglio consultivo regionale per il Mediterraneo, e quindi si potrebbero adottare misure in deroga ad alcune norme chiave comuni per tutti. Parte dell’attuale regolamento del 2006 sulla pesca nel Mediterraneo, che stabiliva misure
L’attuale norma UE sulla taglia minima per le vongole sta avendo un impatto socioeconomico grave per il settore in quanto, se in un determinato quantitativo di prodotto si ritrovano solo qualche vongola sotto taglia, il tutto viene sequestrato, il pescatore denunciato penalmente, così come il commerciante che vende il prodotto. E nessuno vuole più prendere questo rischio.
IL PESCE, 2/16
tecniche rigide, sarà abrogato quando il nuovo regolamento diventerà legge». Quali sono gli aspetti su cui non si potrebbe derogare? «Penso alle reti da traino: non si può immaginare una riduzione dell’apertura delle maglie perché sarebbe contrario ai principi chiave della selettività, che rimane una delle cose che dobbiamo salvaguardare». Cambieranno le regole sulla taglia minima delle vongole, uno degli aspetti più dibattuti nel settore? «Sul tema è già in corso un lavoro in stato avanzato che procede parallelamente all’iter sulla regionalizzazione. L’anno scorso è stato adottato dalla Commissione UE un regolamento omnibus, per adeguare alcune disposizioni comunitarie alle nuove norme che nel frattempo sono entrate in vigore con il Regolamento 1380. Mi riferisco, ad esempio, all’obbligo di rigetto. Nel regolamento attuale, sul Mediterraneo esisteva il divieto
assoluto di sbarcare prodotti che fossero sotto la taglia minima perché dovevano essere rigettati in mare. Portarli a terra significava esporsi alle sanzioni delle autorità di controllo, anche di natura penale. Il regolamento omnibus ha creato le condizioni per cui il nostro Paese, nel dicembre scorso, ha presentato alla Commissione UE una proposta elaborata dal Comitato consultivo Mediterraneo attraverso il consorzio universitario CONISMA per gestire il prelievo della risorsa vongola». Quale ruolo giocano i comitati consultivi come quello del Mediterraneo? «Un ruolo chiave, che infatti riconosce anche la nuova normativa. Sono strumenti di consultazione che gli Stati Membri possono utilizzare per avere pareri su varie tematiche e di cui fanno parte non solo le associazioni professionali, ma anche i sindacati. Con la nuova normativa avranno un ruolo centrale perché sono quegli organismi di cui si pos-
4 lo Scongelamento
1
4
Gilberto Ferrari di Federcoopesca. sono avvalere gli Stati Membri — e di cui si sta avvalendo l’Italia in collaborazione con i Paesi del Mediterraneo — per chiedere un parere che potrà riguardare misure tecniche, quali gli attrezzi da pesca, ma anche l’accesso alle aree di pesca, misure di conservazione. Pareri che si avvalgono di una competenza scientifica». Silvia Saracino
la Pulitura
il secondo Lavaggio
3
5
il primo Lavaggio
7
illaRicongelamento Ghiacciatura
la Spellatura
2
artigianalità e tradizione
6
il Confezionamento
“La lavorazione della “Sepia Officinalis”, la famosa Seppia bianca di Chioggia, inserita nell’Elenco Nazionale dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) della Regione Veneto, è la più importante peculiarità dell’azienda, il marchio di fabbrica della qualità e dell’esperienza Davimar” Davimar Srl
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Non parlate al conducente, si è assentato un attimo! di Maurizio Dell’Agnello
Se fosse vero quanto recita il titolo dell’articolo, potremmo dire di trovarci in seria difficoltà. Un autobus senza conducente non è certo la situazione migliore per percorrere molta strada. Ma la cosa più terribile è che ce ne siamo accorti a metà percorso: l’autista ci aveva abbandonato, dopo aver ingranato diverse marce ed aver cominciato il viaggio! Questa è la sensazione che ho avuto quando mi sono trovato a parlare con diversi personaggi del mondo della ricerca e dell’acquacoltura toscana, che oggi si trovano in balia di un autobus che perde progressivamente colpo su colpo. Per fare il punto della situazione, mi sono incontrato con il dott. SAVERIO
BUZZICHELLI, un libero professionista che per molti anni ha svolto l’attività di consulente della Regione Toscana. Il dottor Buzzichelli segue il settore della ricerca dell’itticoltura regionale ed offre consulenza alle aziende acquacolturali. Saverio, come sta oggi l’acquacoltura toscana? «Nonostante tutte le difficoltà che da sempre hanno caratterizzato questo settore dell’economia primaria regionale, si può dire che stia bene. Il pesce di acquacoltura è richiestissimo e gli allevatori non fanno in tempo a portare a termine il ciclo produttivo che hanno già gli acquirenti alle porte.
Del resto si può dire che oggi la produzione di allevamento nella nostra regione ha ormai quasi raggiunto quella della pesca, che nel frattempo, tra dismissioni incentivate dalla politica comunitaria, mancato ricambio generazionale, ma, soprattutto, per il consistente calo produttivo dovuto all’eccessivo sforzo di pesca abusato in anni passati, ha forse raggiunto il suo minimo storico. Prima di tornare ad avere una risorsa accettabile dal mare, dovremo attendere ancora qualche tempo e sostituire al concetto di sfruttamento quello della gestione del mare, al fine di assicurarne il suo e il nostro futuro».
Gabbia di un allevamento ittico a Follonica (photo © www.comune.piombino.li.it).
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Intanto la domanda si pesce è aumentata, soprattutto da quando la grande e piccola distribuzione hanno rivolto la loro attenzione ai prodotti ittici. Lo confermi? «Certo, infatti oggi l’importazione di pesce è fortemente aumentata, raggiungendo circa il 70% del pesce consumato in Italia, e l’acquacoltura contribuisce fortemente alla produzione ittica nazionale». Purtroppo si parla ancora solo di spigole ed orate… «Sì, purtroppo, ed è proprio questa la “questione”, anche se, a dire il vero, è la conseguenza del problema che assume ben più vaste dimensioni. La realtà è che non abbiamo più la guida strategica del settore — il famoso “autista” — in seguito ad un’esperienza unica degli anni passati, che aveva messo in evidenza questa giovane zootecnia toscana rispetto al panorama nazionale. Dopo una partenza quanto mai pionieristica, tutta svoltasi a carico degli acquacoltori, che non solo non hanno trovato strutture di governo amministrativo pronte a recepire e sviluppare le loro istanze, ma che addirittura sono stati spesso ostacolati, costretti a districarsi in una giungla di competenze che non certo contribuivano a chiarire e semplificare questo scenario produttivo, siamo arrivati finalmente alla Legge regionale n. 33 del 2000, con la quale si faceva quello che negli anni precedenti non eravamo stati in grado di fare: sviluppo e ricerca per gli allevamenti ittici. La Regione, attraverso l’ARSIA, ha gestito e finanziato importanti progetti a sostegno dell’innovazione e della ricerca, che hanno consentito di raggiungere interessanti risultati; perché, se da un lato si sosteneva lo sviluppo strutturale del settore, capendone la necessità e intravedendone l’importanza strategica regionale e nazionale, dall’altro si cercava, attraverso bandi concorsuali, di sviluppare la ricerca all’interno delle aziende, per mettere a punto quelle nuove tecnologie operative che avrebbero dovuto far fare un salto quantitativo, ma in particolar modo “qualitativo” al settore.
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Il dottor Saverio Buzzichelli. Tra gli altri, proprio lo studio della riproduzione e allevamento di nuove specie che avrebbero assicurato un vantaggio competitivo che sulle altre nazioni produttrici». Ti ricordi qualche esempio e risultato significativo? «Uno su tutti il polpo. Presso l’avannotteria di Maricoltura Rosignano eravamo riusciti a mettere a buon punto una metodologia per ottenere dei giovanili di polpo, utilizzando un metodo riproducibile e standardizzabile in azienda per la nascite e lo svezzamento del polpo attraverso il ciclo verde di alghe e rotiferi, cosa della quale potevamo andare ben fieri, essendo i primi al mondo a riuscirci». Soffiava il vento in poppa per l’acquacoltura toscana allora? «In un certo senso sì! Addirittura con la Legge regionale successiva, la n. 66 del 2005, si è stabilita, attraverso la Corte Costituzionale, la piena competenza regionale sul settore pesca ed acquacoltura, semplificando molto tutte quelle ingerenze ministeriali che per anni ne avevano bloccato lo sviluppo. La legge permette di gestire a pieno, da parte della Regione, le attività e il finanziamento del settore pesca e acquacoltura, lasciando perfino la gestione delle licenze di pesca in mano all’amministrazione regionale».
Ma allora, se la volontà era chiara, se le leggi c’erano, se la competenza era stata definita una volta per tutte, come mai oggi siamo qui a recriminare? «Perché, col tempo, questo importante quadro normativo non è stato completamente applicato e sviluppato e, con il passare degli anni, è stato anche svuotato di contenuto in quanto è venuto progressivamente meno l’apporto finanziario, a cominciare proprio dalla ricerca che tanto aveva fatto sperare per l’avvenire del settore. Dopo i primi anni è rimasto solo l’apporto strutturale e poi anche quello è andato a ridursi, lasciando oggi ai finanziamenti europei e alla loro politica il sostegno ad un settore che ancora ha grandi potenzialità, ma che, senza una spinta di indirizzo e una guida locale, non potrà certo competere con le altre nazioni produttrici. Insomma, manca quella spinta gestionale del settore (ancora il “conducente”) che orienti lo sviluppo del settore e indirizzi la spesa per farlo sviluppare e renderlo competitivo. Manca cioè una regia. Pensiamo per esempio alla ricciola, tanto per tornare alla ricerca sulle specie alternative da allevare: gli Spagnoli hanno investito e investono molto nella ricerca per la messa a punto delle fasi produttive di questo pesce. Noi abbiamo “mollato” tutto o quasi per mancanza di finanziamento».
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Eppure la strada è ancora quella, perché a far le spigole e le orate nel Mediterraneo sono diventati buoni tutti, e lo possono fare con impianti moderni a mare, intensivi, senza che nessuno muova un’obiezione. Poi, una volta fatto, il pesce può venire portato comodamente sul nostro mercato, dove la domanda è “calda” e il consumatore è lì che lo aspetta! «È proprio lì che ci vorrebbe ulteriore attenzione e innovazione, ovvero mettere a punto una produzione di qualità in grado di “distinguersi” dalla massiva mediterranea, lavorando sia sulle specie già allevate, grazie alla messa a punto delle fasi produttive e di conservazione, sia riprendendo e portando a termine il lavoro di ricerca sulle nuove specie, in grado di assicurarci quel vantaggio che ci necessita per distinguerci dalla massa, con tutto ciò che comporta. Per esempio, molto semplicemente, ci sarebbe ancora da mettere bene a punto il break point alimentare degli animali, oltre il quale non è più conveniente dare loro alimento perché causa di malattie, di cattiva qualità del prodotto, inutile dispendio di denaro e magari anche inquinamento ambientale. Non sono pochi gli allevatori che seguono questa fase molto empiricamente, senza avere una provata certezza di quello che fanno». Ma nell’attesa che il “conducente” ritorni alla guida dell’autobus, gli
acquacoltori come se la cavano? «Come quando hanno iniziato, cioè nel caos più generale. Ho avuto recentemente modo di seguire il polo ittico piombinese, oggi una delle maggiori aree produttive di pesce che abbiamo in Italia. Lì ci sono tre aziende operative ed una quarta che ne ha fatto richiesta, con una sessantina di gabbie presenti a mare, poste in un’area marittima individuata dal comune. Per avere una risposta alla valutazione di impatto ambientale, ci sono voluti tre anni. In tre anni, per un imprenditore cambiano tutti gli scenari economico-produttivi e quanto aveva programmato di fare, potrebbe non essere più valido. Anche le procedure di concessione di spazi a mare non sono chiare sia per competenze che per metodologia; l’imprenditore si trova di fronte a mille ostacoli per ottenere una concessione e spesso rinuncia. Oggi ormai tutti gli impianti finiranno in mare perché è lì la nuova frontiera dell’itticoltura. Ma come facciamo a svilupparci se non abbiamo chi stabilisce e favorisce la strategia del settore? Come si fa a fare produzione e a rimanere competitivi in una situazione simile?». Sono domande che sarebbe bene porsi per tempo, perché senza una guida solida e sicura il viaggio rischia di essere troppo breve. Oltre al sostegno alla ricerca, quali dovrebbero essere, a tuo avviso, altri elementi
da suggerire all’autista momentaneamente vacante? «Sarebbe importante puntare sul marketing e sulla promozione del prodotto tradizionale e innovativo, rimarcando gli elementi che fanno la differenza, come la qualità dei sistemi produttivi, di quelli trasformazione e confezionamento, dei controlli e degli standard produttivi. Se certi sistemi hanno avuto successo in certi settori, vedi il caso del vino e dell’olio, lo si deve senza dubbio alle scelte strategiche che sono state fatte in passato e al sostegno al loro sviluppo che non è mai venuto meno. Poi, come abbiamo detto precedentemente, è importante innovare il più possibile la produzione. Comunque, quello dell’acquacoltura è uno dei pochi settori dell’agroalimentare che mostra ampi spazi di crescita e sviluppo; sembra impossibile che un sistema produttivo di questo genere non sia seguito con le dovute accortezze e i giusti favori dall’amministrazione competente». C’è poi tutta la partita dei servizi a sostegno degli impianti che potrebbero coinvolgere molta manodopera a terra… Ma di quale acquacoltura stiamo parlando? Forse di quella zootecnia del domani su cui il prof. GIANCARLO GERI 25 anni fa teneva le sue lezioni all’Università degli studi di Firenze? Sapete dirmi quando torna il conducente? Maurizio Dell’Agnello
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AZIENDE
Dire, fare, finanziare Come accedere ai fondi dell’Unione Europea per consolidare i propri progetti di investimento, in modo efficace e con un partner affidabile come FABO S.I., la società romagnola che da 22 anni segue le piccole, medie e grandi aziende nella loro crescita ed espansione di Elena Benedetti
Alzi la mano chi non ha mai sentito dire che le aziende italiane non sfruttano a pieno i fondi che l’Unione Europea, lo Stato o le Regioni mettono a disposizione per avviare o potenziare le attività imprenditoriali. Questa è sicuramente una grande verità. Per far sì che la macchina che eroga fondi, primi fra tutti quelli europei, funzioni a pieno regime, servono bravi politici, una burocrazia che
non soffochi i processi e, soprattutto, concreti progetti da finanziare. In questo contesto aggiungerei che serve anche l’operato di FABO S.I. per riuscire ad orientarsi tra le tante carte che servono per arrivare al risultato. Il tema dei contributi in conto capitale e dei finanziamenti a fondo perduto è spesso sdoganato dagli imprenditori come un qualcosa di complesso che non vale
la pena approfondire. Ecco, non c’è errore più grave del mostrare diffidenza e chiusura verso queste opportunità. A Massa Lombarda, a pochi chilometri da Ravenna, ho incontrato MARCO FABBRI, che lavora insieme al padre GIACOMO e ad altri collaboratori interni, oltre a parecchi consulenti e tecnici esterni. Il loro obiettivo è proprio quello di interfacciarsi tra le
Il gruppo di lavoro FABO S.I., diretto da Giacomo e Marco Fabbri, è composto da una decina di addetti tra consulenti esterni e dipendenti. Le aree di competenza sono molteplici: dall’ingegneria elettronica all’agraria, contabilità e bilanci, finanza.
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La missione di FABO S.I. È semplice e concreta:promuovere lo sviluppo delle imprese utilizzando anche i contributi pubblici per sostenere gli investimenti produttivi. I contributi della Comunità europea assegnati all’Italia spesso negli anni passati non sono stati spesi per le scarse informazioni veicolate alle imprese, per carenze interpretative delle normative comunitarie o per inadeguatezza dei servizi di consulenza. L’obiettivo di FABO S.I. è invece far sì che quei contributi restino in Italia e siano pienamente utilizzati da piccole, medie e grandi aziende. A tal fine la società romagnola dialoga con le imprese e con le istituzioni che gestiscono tali fondi. Essa si è strutturata per affiancare le aziende lungo tutto l’iter, dall’informazione delle opportunità di finanziamento, attraverso le varie fasi del progetto, consigliando i clienti sui molteplici aspetti tecnici e amministrativi riguardanti l’investimento, passando alla realizzazione fino alla conclusione dei lavori e all’incasso dei contributi nelle fasi iniziali, intermedie e finali.
aziende del settore agroalimentare, destinatarie delle risorse e le pubbliche amministrazioni, a livello sia regionale che ministeriale. La storia FABO S.I. Srl è la società di servizi nata sulla precedente FABO Srl, l’azienda fondata da Giacomo Fabbri che, dal 1987 al 1994, si è
occupata della progettazione, vendita e installazione di impianti di refrigerazione industriale nel settore ortofrutticolo. In quegli anni Fabbri si rese conto delle difficoltà che il settore incontrava nell’accedere ai fondi pubblici per realizzare degli investimenti. Nel 1994 la società romagnola decise di focalizzare il proprio business proprio sull’attività
di consulenza volta alla ricerca di finanziamenti a fondo perduto con un interesse specifico verso il comparto agroalimentare ed ittico. L’azienda oggi: un approccio open e responsabile Con all’attivo più di vent’anni di esperienza, FABO S.I. è oggi una società di primo livello che opera su
Effelle Pesca Srl un nuovo stabilimento che guarda al futuro «Stiamo parlando di una delle più importanti realtà italiane nel settore della depurazione, lavorazione e commercializzazione dei molluschi con un giro di affari di più di 10 milioni di euro e circa 30 addetti. Abbiamo conosciuto le famiglie Bergamini e Costantini titolari della Effelle Pesca nel corso del 2010. In quel momento avevano la necessità di gestire un piccolo finanziamento ottenuto dalla Regione Emilia-Romagna sulla sede dove stavano operando ma, soprattutto, avevano già iniziato la costruzione di un nuovo stabilimento per la depurazione e lavorazione dei molluschi. Speravano di potere finanziare tale investimento con i bandi della Regione Emilia-Romagna ma, sia per motivi di volume dell’investimento che di non ammissibilità delle spese edili, non era possibile concorrere. Al momento non c’erano bandi aperti per finanziare tale iniziativa ma, complice la nostra esperienza passata, sapevamo che il Ministero dell’Agricoltura avrebbe, nel corso della programmazione FEP 2007/2013, aperto un bando multi-regionale per aziende che avevano almeno due sedi operative e con la possibilità di finanziare anche grandi progetti. Il bando è uscito nell’estate 2012 ed abbiamo presentato un progetto da circa € 1.500.000 per il completamento del nuovo stabilimento di Bosco Mesola ed alcuni piccoli interventi sulla sede secondaria di Marano Lagunare. Il progetto comprendeva il completamento di lavori edili, infissi, impianti elettrici ed idraulici, impianti frigoriferi ed attrezzature di lavorazione e laboratorio. La pratica è stata approvata e finanziata con il 40% a fondo perduto; l’azienda ha subito ottenuto un anticipazione di circa € 300.000 su garanzia fideiussoria e l’investimento si è concluso nel corso del 2015 con il collaudo positivo da parte del ministero e la riscossione della restante parte del fondo perduto. Il nuovo stabilimento (foto a fianco) è quanto di più avanzato e tecnologico si possa trovare oggi nel settore e permetterà all’azienda ulteriori sviluppi futuri in termini di nuovi processi produttivi e prodotti».
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tutto il territorio nazionale. Oltre ad aiutare le aziende a superare la diffidenza verso le opportunità che i fondi offrono, il team di Giacomo e Marco Fabbri, che ha all’attivo una decina di persone tra interni ed esterni, offre consulenze in ambito commerciale, tecnico, produttivo, amministrativo e finanziario. Ciò che mi è piaciuto in modo particolare della filosofia di questa realtà è stato l’approccio orientato a dare un supporto fattivo solo a quelle realtà che dimostrano di avere le capacità di gestire una crescita e uno sviluppo di business. «Noi offriamo la nostra esperienza e competenza solo verso chi utilizza gli investimenti con la consapevolezza e le capacità di poter gestire, a livello organizzativo e gestionale interno, una crescita di medio-lungo periodo» mi spiega Marco Fabbri. Questo punto non è affatto banale e, in tutta franchezza, mi fa piacere pensare che questa società di consulenza senta la responsabilità del proprio ruolo. Quel ruolo di promotore dello sviluppo di aziende che, accedendo ai finanziamenti pubblici, possono ad esempio consolidare il proprio sviluppo produttivo, incre-
mentare il numero di dipendenti, espandere le quote di mercato. Il tutto in un’ottica di crescita consolidata e duratura. «Cerchiamo di seguire poche pratiche ma come si deve» precisa Marco, sempre tornando al concetto di responsabilità. Marco ci tiene inoltre a sottolineare che lavorano esclusivamente nel settore agroalimentare ed ittico solo su pochissime misure, in particolare sull’ittico con riferimento al Reg. UE 508/14, riguardante la nuova programmazione del Fondo Europeo Affari Marittimi e Pesca (FEAMP) 2014/2020, si occupano dei bandi riguardanti l’acquacoltura e la trasformazione e commercializzazione prodotti ittici per investimenti strutturali, impiantistici e tecnologici delle aziende con percentuali di fondo perduto del 50% del valore dell’investimento. Con questi finanziamenti è possibile acquistare, costruire, ampliare o ristrutturare immobili, costruire ampliare e ristrutturare impianti di acquacoltura a terra o off-shore, acquistare imbarcazioni di servizio agli impianti di acquacoltura, acquistare impianti, macchine ed attrezzature di lavorazione, conservazione, con-
fezionamento e movimentazione dei prodotti. «La nostra convinzione è che l’Italia debba sfruttare bene ciò che ha di più importante, vale a dire l’esperienza di un know-how di prodotto agroalimentare che il mondo ci invidia, e tutto ciò per rendere più competitivo l’intero mercato», sottolinea Fabbri, ricordando che l’attività consulenziale di FABO è trasversale e indirizzata a tutte le tipologie aziendali, dalle più piccole alle medie e grandi imprese. «Dopo 22 anni di intenso lavoro i numeri ci dicono che un po’ di strada l’abbiamo fatta e la cosa che ci rende più felici è di avere colmato qualche gap di conoscenza e diffidenza verso questo mondo, infatti nel periodo di programmazione 2007-2013 abbiamo gestito progetti finanziati in ambito ittico FEP 2007/2013 per circa 35 milioni di euro ed in ambito agroalimentare PSR 2007/2013 per circa 40 milioni di euro ed abbiamo all’attivo centinaia di clienti su tutto il territorio italiano. Siamo comunque consapevoli che questo non è un punto di arrivo ma di partenza e chi ci stimola a fare sempre meglio ed a svilupparci sono
Porto Santo Spirito Srl,una piccola realtà con prodotti di altissima gamma «Abbiamo conosciuto i signori Antonio e Vito Vasile soci assieme a Selecta Spa della Porto Santo Spirito nel 2009 al momento gestivano un piccolo magazzino in affitto su cu transitava prodotto destinato prioritariamente a Selecta e avevano un giro di affari di qualche centinaio di mila euro.Volevano ristrutturare un immobile fronte mare a Santo Spirito su terreno demaniale per fare un piccolo laboratorio di trasformazione di prodotti ittici e delle celle frigorifere. In quel momento non c’erano bandi in essere ma abbiamo subito posto immediatamente all’azienda la necessità di avere una concessione demaniale che rispettasse il periodo vincolativo richiesto dalla comunità europea e di avere tutti i permessi del comune e del demanio per realizzare l’iniziativa. Il bando è uscito a fine 2010 ed abbiamo presentato a fine marzo 2011 una domanda di finanziamento per gli investimenti del nuovo stabilimento che è stata posta in graduatoria regionale in posizione finanziabile a novembre 2011 con un finanziamento a fondo perduto del 60% sul valore dell’investimento. L’azienda ha ottenuto subito un anticipo di metà del contributo su garanzia fidejussoria ed ha concluso l’investimento a novembre 2012 con l’ottenimento dell’ultima trance del contributo. L’azienda oggi fattura circa 3 milioni di euro ed è considerata un eccellenza per la fornitura al mondo della ristorazione di medio alto livello di prodotti ittici di altissima qualità» (a destra, l’entrata dell’azienda).
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FoodLab Srl dalla passione per la cucina ad una delle più importanti realtà italiane di lavorazione salmone «L’azienda è nata nel 2000 grazie alla esperienza maturata da Gianpaolo Ghilardotti come capo cuoco nella ristorazione sia in ambito nazionale che internazionale e soprattutto grazie alla sua grande passione per il mondo della cucina e dei prodotti di alta qualità. Abbiamo conosciuto Gianpaolo Ghilardotti, titolare con il fratello Francesco e la sorella Elisabetta della FoodLab Srl, nel 2005. All’epoca l’azienda aveva un giro di affari di circa € 2.000.000 con 10 addetti fissi più 15 stagionali per i tre mesi di maggiore mercato del prodotto. In quel momento lavoravano in un locale in affitto di circa m2 1.000 non più adatto alle esigenze di crescita dell’azienda ed avevano individuato un nuovo locale da acquistare e rendere idoneo alla proprie necessità produttive. Abbiamo elaborato una prima domanda di finanziamento su un bando della Regione Emilia-Romagna riferito al regolamento europeo SFOP 2000/2006 nel novembre del 2005 per effettuare alcuni importanti investimenti sul nuovo stabilimento consistenti in celle ed impianti frigoriferi, impianti elettrici ed idraulici, macchina di confezionamento e attrezzature di movimentazione interna dei prodotti per circa € 400.000 di spesa. La pratica è stata finanziata dalla regione con un finanziamento a fondo perduto del 40% circa € 160.000 che sono stati liquidati nel 2007. Da quel momento abbiamo presentato altre due domande di finanziamento regionali sul regolamento europeo FEP 2007/2013. La prima nel 2009 per € 500.000 di investimenti in macchine di taglio, peso, confezionamento ed informatizzazione aziendale che hanno goduto di un finanziamento a fondo perduto del 40% corrispondenti a circa € 200.000. In seguito, nel 2013, a fronte di un ampliamento strutturale dell’azienda, è stata presentata una domanda di finanziamento sempre da circa € 500.000 per l’implementazione di celle di conservazione e dotazioni in macchine ed attrezzature di lavorazione e confezionamento che sono state anche in questo caso finanziate con il 40% a fondo perduto. Oggi l’azienda lavora su uno stabilimento in proprietà di circa m2 4000 ha un giro d’affari che si aggira su € 14.000.000 con circa 50 dipendenti fissi e 60 stagionali».
Civitaittica un grande impianto di allevamento a terra di spigole e orate «L’azienda si trova a Civitavecchia (Roma) all’interno della centrale Enel (foto in basso): è uno dei maggiori produttori nazionali di spigole e orate con una capacità produttiva annuale di circa 1.000 tonnellate di prodotto ed un giro d’affari attuale di circa € 7.000.000, con un impianto che è in grado di gestire il processo produttivo a partire dall’arrivo degli avannotti, alla fase di pre-ingrasso e ingrasso, fino alla selezione e distribuzione in tutto il territorio nazionale. Abbiamo conosciuto l’azienda nel 2012 ed abbiamo gestito alcuni progetti per il rinnovo di parti dell’impianto e l’implementazione di nuovi macchinari: un nuovo sistema di protezione dai predatori, un rinnovato impianto mobile per la pesca, un innovativo macchinario per la pesa e la selezione automatizzata del prodotto finito ed altre attrezzature d’impianto. Complessivamente l’azienda ha potuto beneficiare di contributi a fondo perduto per circa € 160.000, pari al 40% degli investimenti complessivi (ovvero € 400.000 circa)».
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prima di tutto i nostri clienti che continuano a crescere ad investire ed a darci fiducia. Abbiamo davanti la sfida della nuova programmazione FEAMP 2014/2020 di cui i primi bandi usciranno probabilmente a partire da metà anno e per cui stiamo già lavorando a livello informativo per fare in modo che le aziende conoscano queste opportunità e le utilizzino per essere sempre maggiormente competitive sul mercato». Elena Benedetti FABO S.I. Srl Consulenze per finanziamenti a fondo perduto nel settore agroalimentare Viale Risorgimento, 1 48024 Massa Lombarda (RA) Telefono: 0545 84488 Fax: 0545 84555 E-mail: info@fabosi.it Web: www.fabosi.it
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Don Gambero, dalla Sicilia con sapore di Luciana Squadrilli
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Gamberi viola. Fanno parte del ricco catalogo di Don Gambero insieme a gamberi gobbetti, scampi, seppie, polpi, calamari e diversi tipi di pesce azzurro locale, dallo sciabola alle sarde, ma pure pesce spada, triglie e altro ancora. Dalle stanze del marketing delle multinazionali dell’alimentare ai pescherecci in arrivo nel porto di Mazara del Vallo, passando però anche dagli uffici milanesi della Longino & Cardenal, senza dimenticare le origini liguri che ne hanno certamente segnato la dimestichezza con il mare: ANTONELLO ALFREDUCCI, fino a pochi mesi fa direttore generale dell’azienda milanese guidata da RICCARDO ULERI che da 25 anni seleziona, importa e distribuisce prodotti gastronomici di eccellenza — soprattutto presso la ristorazione di fascia alta, in Italia e non solo — ha infatti lasciato la sua carica per dedicarsi al 100% ad una nuova avventura legata al pregiato gambero rosso di Sicilia e ad altri prodotti frutto della pesca delle flotte isolane. Tutto nasce con l’interesse da parte del gruppo ad acquisire un’attività siciliana specializzata appunto nella pesca e distribuzione del crostaceo, Il Satiro Danzante. Un’impresa stimolante e allettante che richiedeva però un impegno a 360° e, soprattutto, una presenza fissa sul territorio per riuscire a rendere — sia dal punto di vista economico e commerciale
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che di rispetto degli standard etici e qualitativi dell’azienda madre — il progetto virtuoso. E pure accattivante, lasciando intatto il legame con un territorio suggestivo come quello siciliano ma strizzando l’occhio anche ai mercati nazionali e internazionali a partire da Hong Kong e Dubai, dove Longino & Cardenal ha due sedi. È nato così il nuovo marchio DON GAMBERO, che rimanda subito al principale protagonista della pesca locale ma pure alla tradizione siciliana e alla natura calorosa della sua gente, come sottolinea il payoff From Sicily with love. Oltre alle buone idee, però, ci vuole anche chi le gestisca. Così Alfreducci non ci ha pensato su troppo e ha preso armi e bagagli per andare in Sicilia, dove al momento trascorre 15 giorni al mese: una full immersion in un mondo nuovo e affascinante — oltre che in un’isola meravigliosa di cui si dichiara già innamorato — necessaria per conoscere da vicino la realtà di una pesca molto particolare e impegnativa e di un prodotto straordinario ma “delicato”. «Il gambero rosso di Sicilia — racconta Alfreducci — si
contraddistingue non solo per il colore rosso intenso, quasi vellutato, che ha appena pescato, ma soprattutto per le sue carni bianche e dal sapore straordinario. Parliamo di una specie ben precisa, l’Aristaeomorpha foliacea, individuabile soprattutto dall’antenna che si trova sul rostro, sopra al carapace: in questo caso presenta almeno 5 dentini, diversamente dalle altre specie». Un prodotto unico, dunque, che si pesca nelle acque del Mediterraneo al largo della Sicilia — nelle zone FAO 37.1-37.2 — ma che spesso viene identificato con il nome gambero rosso di Mazara perché qui si sono organizzate le prime flotte di barche appositamente attrezzate. La mancanza di una denominazione precisa e tutelata è un potenziale problema, o meglio una mancata opportunità: già da qualche anno è stata infatti avanzata la proposta di una DOP “ombrello”, quella del Gambero del Canale di Sicilia, che includa anche il Gambero rosa (Parapenaeus longirostris) e il Gambero viola (Aristeus Antennatus), altre specie locali che pure fanno parte del ricco catalogo di Don Gambero
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insieme a gamberi gobbetti, scampi, seppie, polpi, calamari e diversi tipi di pesce azzurro locale, dallo sciabola alle sarde, ma pure pesce spada, triglie e altro ancora. Al momento, però, non esiste ancora un marchio di tutela, che da un lato potrebbe valorizzare i gamberi locali differenziandoli ad esempio da quelli rossi del Mozambico — spesso spacciati per siciliani sui banchi delle pescherie — e dall’altro servirebbe pure a regolamentare e controllare tempi e modalità di pesca, garantendo il rispetto dei fondali e stabilendo regole e obiettivi comuni. Un passaggio importantissimo, per Alfreducci, che punta a lavorare in sinergia con le realtà già presenti sul territorio e che dall’esperienza delle multinazionali, dichiara, ha appreso una lezione fondamentale: «L’importante è fare bene e avere obiettivi chiari». «Quella del Gambero Rosso è una pesca molto impegnativa — prosegue — perché si tratta di tirare le reti a strascico su fondali molto profondi, che arrivano anche a 1.000 metri. Parliamo di motobarche attrezzate con reti e argani particolari ed equipaggi di 15-20 persone, che stanno in mare per due mesi prima di rientrare. Poi c’è anche il problema della sostenibilità, che a noi sta molto a cuore. La pesca a strascico fa parte della tradizione locale, ma se non viene fatta con criterio può impoverire i fondali e portare a una drastica riduzione della specie. Basti pensare che fino a qualche anno fa le motobarche ad ogni calata catturavano oltre 200 chili di gamberi mentre oggi molte battute arrivano appena a 20! Ci vorrebbe una politica seria di fermo biologico controllato, basterebbe un anno per garantire la ripopolazione dei fondali: bisogna dare respiro alla natura e permettere al mare di tornare a essere ricco e generoso». Al momento invece la pesca è “auto-regolamentata” dai singoli armatori e da associazioni locali, che devono anche rispondere in qualche modo alla concorrenza degli altri Paesi affacciati sulle acque del Mediterraneo; così capita spesso di trovare in commercio anche gamberi
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Antonello Alfreducci. con le uova, considerati sul territorio una prelibatezza che mette però a serio rischio la specie. Da qui l’importanza di lavorare con barche fidate, che seguano precisi standard sia nella pesca che nella conservazione ottimale dei gamberi: una volta pescati, vengono immediatamente abbattuti a bordo a -50° con la tecnologia IQF (Individual-QuickFreezing, cioè Surgelazione Rapida e Individuale) e suddivisi per misura e peso si va dai 4 ai 6 cm e da meno di 25 grammi a pezzo fino agli oltre 50, dalla IV alla I scelta, ma ci sono pure i King che superano i 60. Negli stabilimenti a terra invece si fanno eventuali lavorazioni particolari come gli sgusciati, le dadolate e gli spiedini, e il confezionamento per la distribuzione. I gamberi rossi di Don Gambero vengono confezionati senza glassatura, vale a dire l’aggiunta di acqua che può servire a proteggere il crostaceo nella fase di surgelamento e conservazione ma che influisce sul peso, e quindi sul prezzo, in maniera non sempre trasparente. Di contro, Alfreducci ha deciso di abbassare la shelf-life del prodotto dai 18 mesi previsti dalla legge a 12, che potrebbero diminuire ancora in futuro. «Non mi interessa stoccare prodotto in magazzino o vendere grosse quantità: preferisco rifornire i clienti in maniera costante, anche con piccoli quantitativi, per preservarne il sa-
pore e garantirne la freschezza pur trattandosi di un prodotto surgelato. E bisogna considerare pure il periodo di permanenza a bordo delle barche, che può arrivare anche a due mesi. Perciò si deve sempre leggere la data di congelamento, indicata per legge sulla confezione» avverte. Anche il packaging scelto da Don Gambero — quasi minimalista ma con il tocco di calore di un gambero disegnato a mano, in rosso naturalmente — punta evidentemente a un mercato particolare, quello delle pescherie ma soprattutto della ristorazione di qualità, disposto a pagare un prezzo che va dai 40 ai 60 euro al chilo (contro i 14 dei gamberi argentini, tanto per fare un confronto) e che sappia valorizzarne al meglio le caratteristiche, magari servendoli come ingredienti di tartare e preparazioni gourmet, abbinati ad altri prodotti di pregio come il caviale, il foie gras o la bottarga. Anche se Alfreducci, ormai ambientatosi alla perfezione in Sicilia, confessa che «il modo migliore è come fanno i pescatori locali: li mangiano crudi così come sono, staccandogli la testa per succhiarne l’interno o per insaporire sughi semplici ma fantastici». Luciana Squadrilli >> Link: www.dongambero.com Nota A pagina 52, gamberi rossi di Sicilia.
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Marco Candiani è il nuovo direttore generale di STEF Italia Lo scorso 24 marzo è stata annunciata la nomina di Marco Candiani a direttore generale di STEF Italia. Nel nuovo ruolo Candiani sostituisce Marc Vettard, già amministratore delegato di STEF Italia, chiamato a ricoprire il ruolo di direttore generale delegato di STEF Trasporto Francia. Marco Candiani, 54 anni, ha conseguito una laurea in Ingegneria Meccanica presso il Politecnico di Milano e si è successivamente specializzato con un Master in Economia e Gestione delle Imprese presso l’Università Bocconi di Milano. Marco Candiani ha incentrato la propria carriera professionale in ambito logistica e trasporto, iniziando nel 1988 come junior consultant presso T&MSI, società di consulenza specializzata in logistica ed organizzazione. Nel 1993 diviene direttore logistico presso CO.E.S., azienda produttrice di materie plastiche e, nel 1997, direttore operativo presso Christian Salvesen. La sua consolidata esperienza nel mercato lo porta ad essere direttore operativo Retail FMCG presso Kuehne+Nagel nel 2001 e, successivamente, direttore generale presso SERVAIR Air Chef nel 2011. Marco Candiani approda in STEF Italia nel 2013 come direttore operativo logistica. «Siamo lieti che Marco Candiani guidi le attività di STEF Italia, secondo Paese del gruppo in termini di fatturato. Dal 2013, ha dimostrato le proprie capacità all’interno della nostra azienda come direttore operativo logistica, conosce perfettamente il gruppo, ha competenza nella gestione delle sfide logistiche ed un’ottima esperienza a livello manageriale. Continuerà ad apportare energia e savoir-faire al servizio del nostro sviluppo strategico ed al servizio dei nostri clienti della grande distribuzione e dell’industria alimentare» ha dichiarato Jean-Pierre Sancier, direttore generale del Gruppo STEF. «Sono onorato dell’opportunità di guidare STEF Italia in un contesto di mercato estremamente dinamico — aggiunge Marco Candiani — per consolidare, insieme al nostro team di professionisti, il ruolo di leader della logistica e del trasporto a temperatura controllata».
STEF è lo specialista europeo della logistica del freddo (–25 °C a +18 °C). STEF svolge e coordina tutte le attività di trasporto, logistica e sistemi informativi dedicate ai prodotti agroalimentari, siano essi materie prime o prodotti finiti. STEF propone soluzioni logistiche adattate alle attività e alle specificità dei propri clienti: industrie alimentari (piccole e medie imprese e grandi aziende), distributori (retailer e grossisti), ristorazione (commerciale e collettiva). STEF conta nel proprio organico 16.000 collaboratori suddivisi in 7 Paesi europei: Belgio, Spagna, Francia, Italia, Olanda, Portogallo e Svizzera. STEF si avvale di mezzi tecnici specifici: 216 piattaforme o magazzini, 2.025 veicoli e 2.150 rimorchi frigoriferi. Nel 2015, STEF ha realizzato un fatturato di 2.826,2 M €.
>> Link: www.stef.com
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MERCATI
Prosegue il primato dell’export cileno, ma l’Europa rallenta le importazioni
Il mercato dei mitili nel 2015 di Roberto Villa
I mitili sono la tipologia di bivalvi soggetta ad un maggiore interscambio commerciale a livello mondiale, gradita e ampiamente consumata in larga parte del globo, per un quantitativo scambiato annualmente che si aggira attorno alle 300.000 tonnellate. L’Europa costituisce il mercato principale per i mitili; la produzione interna, ubicata prevalentemente nei paesi dell’area mediterranea e nell’area atlantica centro-occidentale, non è in grado di coprire la domanda e pertanto si ricorre all’importazione, pari a circa 200.000 tonnellate/anno
(media quinquennale degli anni tra il 2010 e il 2014, con un picco assoluto di 225.000 tonnellate nel 2011) equivalente ai due terzi del commercio mondiale. Il 2015 ha visto però un decremento significativo delle importazioni nei paesi dell’Unione Europea (–6% rispetto alla media del precedente quinquennio), con punte attorno o superiori al –30% nei Paesi Bassi e in Germania mentre nel Regno Unito il calo si è assestato intorno al –15% e in Belgio di poco sotto il –10%.
L’Italia ha mostrato un andamento in netta controtendenza, con maggiori importazioni per il 15% a fine anno, originate in ordine decrescente da Spagna (approssimativamente il 50% delle cozze viene dal paese iberico), Cile e Grecia; quest’ultima ha di fatto triplicato le proprie esportazioni verso l’Italia, raggiungendo le 10.000 tonnellate nel 2015 rispetto alle circa 3.300 tonnellate del 2010. Per la prima volta nel Belpaese si sono toccate le 50.000 tonnellate di prodotto importato, un vero e proprio record se confrontato con
L’Europa costituisce il mercato principale per i mitili; la produzione interna, ubicata prevalentemente nei Paesi dell’area mediterranea e nell’area atlantica centro-occidentale, non è in grado di coprire la domanda e pertanto si ricorre all’importazione.
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la media del quinquennio 2009-2014 pari a 36.000 tonnellate per anno. La Francia, che assieme all’Italia rappresenta uno dei principali acquirenti di mitili, ha mantenuto sostanzialmente stabili le importazioni, provenienti per oltre il 75% dai quattro paesi tradizionali fornitori (Cile, Paesi Bassi, Spagna, Italia). Nella stagione maggio-ottobre 2015 una trentina di produttori della regione atlantica della Charente Maritime hanno per la prima volta ottenuto la prestigiosa etichetta del label rouge, autentico sigillo di qualità delle produzioni alimentari made in France. Le cozze Bouchot, così denominate perché sono allevate su pali conficcati nel mare detti appunto bouchot, note per la grandezza e l’intensità aromatica del frutto e riconosciute come Specialità Tradizionale Garantita dell’Unione Europea, hanno raggiunto una quotazione eccezionale di €/kg 5, valore di gran lunga superiore alle cozze di importazione. Buona anche la richiesta spagnola di prodotto estero, che è andata ad affiancarsi alla produzione interna, una delle più cospicue a livello comunitario. Fuori dall’Unione, anche la Russia ha decisamente diminuito le importazioni (–45%), mentre in
Cina si è assistito al proseguimento dell’aumento già registrato negli anni precedenti. Il Cile, principale esportatore mondiale di cozze, ha ulteriormente consolidato la sua posizione con oltre 75.000 tonnellate inviate oltre i propri confini, mentre la Nuova Zelanda, sebbene abbia visto le esportazioni calare del 17% nei primi nove mesi del 2015, ha poi recuperato ed ha raggiunto approssimativamente le 30.000 tonnellate su base annua. Il calo delle importazioni nei principali bacini di destinazione è dovuto parzialmente alla riduzione della produzione, causata sia da condizioni meteorologiche avverse sia da fenomeni ambientali quali l’acidificazione degli oceani o la presenza di parassiti. La situazione dell’Irlanda è indicativa del drastico calo di produzione, che è passato da 11.000 tonnellate nel 2011 a sole 3.000 nel corso del 2014; la causa è stata la diffusione di un’alga tossica appartenente al genere Dinophysis, altrimenti nota come “marea rossa” (red tide), la quale produce una tossina che rende le cozze ed altri bivalvi inadatti al consumo umano poiché provoca gastroenteriti, nausea e vomito. La tossina, nota come DSP
Il Cile, principale esportatore mondiale di cozze, ha ulteriormente consolidato la sua posizione con oltre 75.000 tonnellate inviate oltre i propri confini, mentre la Nuova Zelanda, sebbene abbia visto le esportazioni calare del 17% nei primi nove mesi del 2015, ha poi recuperato ed ha raggiunto approssimativamente le 30.000 tonnellate su base annua.
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“L’Irlanda è indicativa del drastico calo di produzione, che è passato da 11.000 t nel 2011 a sole 3.000 nel corso del 2014; la causa è stata la diffusione di un’alga tossica del genere Dynophysis, la quale produce una tossina che rende le cozze ed altri bivalvi inadatti al consumo umano” (Diarrhetic shellfish poisoning), è in realtà composta da quattro molecole distinte e l’Unione Europea ha fissato un limite massimo di 0,16 µg/g. In conseguenza di ciò, il settore della mitilicoltura irlandese, che riguarda più di venti aziende per un totale di oltre 200 lavoratori impiegati, è entrato in sofferenza. Se il raccolto è stato inferiore all’anno precedente in Paesi come Spagna, Danimarca e Nuova Zelanda, altri hanno invece beneficiato di un aumento dei raccolti (Cile, Paesi Bassi), andando parzialmente a colmare le disponibilità di prodotto. Sul fronte canadese, nel quale un inverno 2014-2015 particolarmente freddo ha drammaticamente ridotto i raccolti e fatto partire in ritardo la stagione, è da segnalare l’importante fusione avvenuta di recente fra tre società produttrici di mitili — la Confederation Cove Mussels (confederationcove.com) di Borden-Carleton, grande società di allevamento e di trasformazione dei mitili, ed altre due altre società locali, tutte ubicate nell’isola atlantica di Prince Edward, nella quale si raccoglie oltre l’80% delle cozze del grande paese nordamericano — e un’importante compagnia statunitense. Si tratta della Atlantic Aqua Farms Partnership, una società del Maine dedita alla vendita e distribuzione di bivalvi e crostacei. Roberto Villa
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OSSERVATORIO INTERNAZIONALE
Irlanda del Nord, viaggio alla scoperta delle risorse del mare di Elena Benedetti
È una della quattro nazioni che compongono il Regno Unito insieme a Inghilterra, Galles e Scozia, si sviluppa su un’area di quasi 14.000 chilometri quadrati e la sua capitale è Belfast. Ci troviamo in Irlanda del Nord per un viaggio alla scoperta dell’industria ittica. Grazie ad un’iniziativa di Invest Northern Ireland
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(Invest NI, www.investni.com), abbiamo partecipato con la nostra testata IL PESCE ad un viaggio di studio del comparto della pesca locale. Lo scorso marzo l’agenzia regionale di sviluppo economico ha infatti organizzato un tour esplorativo presso alcune tra le più significative realtà dell’industria ittica al quale hanno
preso parte giornalisti di testate italiane insieme a buyer e operatori ittici del Belpaese. L’industria della pesca e della lavorazione del pesce in Irlanda del Nord è oggi una voce piuttosto dinamica e importante a livello economico, caratterizzata da un mix di tecnologie moderne abbinate a metodi di lavoro tradizionali,
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Come si pesca in Irlanda del Nord? Pesca a strascico Questa tecnica di pesca, utilizzata soprattutto nel Mare d’Irlanda, è utilizzata soprattutto per catturare il gambero della Baia di Dublino (il Nephrops norvegicus), commercializzato intero e utilizzato anche per fare gli scampi. Oggi l’industria è molto sensibile alla selezione delle specie ittiche pescate con questa modalità. L’obiettivo è quello di ridurre il più possibile i rigetti, soprattutto di merluzzi. Per questo motivo le reti sono state modificate per consentire alle specie ittiche che non sono oggetto della pesca di evitare la cattura. Le reti a strascico sono utilizzate tutto l’anno ma il loro effettivo impiego è regolamentato dai TAC (totali ammissibili di cattura) e dalla effettiva disponibilità di taglie commerciali del pescato. Pesca pelagica Si tratta di un tipo di pesca nel quale si usano imbarcazioni di media grandezza e che si contraddistingue per l’utilizzo di attrezzi specifici che non entrano in contatto con il fondale marino. In Irlanda del Nord circa il 50% delle catture viene effettuato con la pesca pelagica. Gli sgombri sono pescati in gennaio, settembre e ottobre, mentre in agosto e settembre c’è abbondanza di aringhe. Tra il pescato ci sono anche il sugarello (Trachurus trachurus) e il melù (Micromesistius poutassou), un merluzzo comune nella zona nordorientale dell’Oceano Atlantico. La maggior parte del prodotto catturato con la pesca pelagica nelle acque dell’Irlanda del Nord è destinato ai mercati della Russia, dell’Europa orientale e dell’Africa.
con all’attivo una comunità internazionale di pescatori. Ogni giorno i pescherecci che attraccano nei porti di Portavogie, Ardglass e Kilkeel e in numerose altre località più piccole scaricano pesce fresco di qualità destinato alla rete distributiva locale e all’export. Grazie ad una flotta attiva composta da 350 imbarca-
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zioni che danno lavoro a oltre 1.000 pescatori, l’industria ittica gioca un ruolo di grande rilievo nell’economia dell’Irlanda del Nord dal punto di vista occupazionale e dello sviluppo delle aree costiere, lungo le quali sono attive numerose realtà che si dedicano alla trasformazione e commercializzazione del pescato.
Pesca costiera Diffusa lungo tutte le coste dell’Irlanda del Nord, questa tipologia di pesca è riservata alla cattura della capasanta atlantica (Pecten maximus) e del canestrello (Aequipecten opercularis); in misura minore ad astice, granciporro (Cancer pagurus), granchio vellutato (Necora puber) e buccino (Buccinum undatum).
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A sinistra: la produzione ittica di Rooney Fish comprende capesante reali, granchi, cozze, aragoste, astici e gamberetti, per una produzione complessiva annua di 2.500 tonnellate di pesce. A destra: Andrew Rooney. L’acquacoltura della regione Il comparto dell’allevamento ittico comprende ostriche, salmoni (con anche l’allevamento biologico di Glenarm Organic Salmon, www. glenarmorganicsalmon.com) e i blue mussel (Mytilus edulis). In scala ridotta ci sono alcune realtà di allevamento di capasanta atlantica. Rooney Fish: scampi! Fondata nel 1975, la Rooney Fish di Kilkeel è un’azienda a conduzione famigliare oggi gestita dalla seconda generazione. A NDREW ROONEY ci ha accompagnato a visitare lo stabilimento dedicato alla lavorazione dei crostacei. Fino a pochi anni fa l’attività preminente era rappresentata dalla pesca dei gamberi. Negli ultimi tempi l’azienda ha saputo differenziarsi e posizionarsi sul mercato dell’ittico con nuovi prodotti, tra cui capesante reali, granchi, cozze, aragoste, astici e gamberetti, per una produzione complessiva annua di 2.500 tonnellate di pesce. Lo stabilimento si sviluppa su una superficie
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di m 2 6.000 ed è a pochi passi dal molo dove attraccano i pescherecci. L’ubicazione è quindi ottimale per garantire la lavorazione immediata del pescato, che giunge in azienda direttamente dalle imbarcazioni. All’interno dello stabilimento si effettuano diverse lavorazioni, che vanno dal semplice abbattimento della temperatura per la vendita del prodotto fresco al surgelamento ad azoto fi no alla cottura a vapore, per una produzione totale su base annua che raggiunge le 2.500 tonnellate. Il prodotto lavorato viene poi stoccato in un magazzino che ricopre una superficie di m 2 5.000. «Rooney Fish dispone anche di un laboratorio interno e tutti i processi di lavorazione avvengono nel rispetto delle più severe norme igieniche e di sicurezza alimentare» mi dice Andrew. La produzione delle ostriche — 2 tonnellate/settimana da aprile a dicembre — viene interamente venduta sul mercato francese. Ma il prodotto di punta qui è lo scampo, con una capacità produt-
tiva che raggiunge le 8 tonnellate/ settimana. Particolare cura è data alla sgusciatura del crostaceo, che successivamente viene lavato, diviso meccanicamente a seconda del peso e congelato. La spedizione è effettuata con 4 camion che ogni giorno caricano la merce e fanno le consegne. Rooney Fish lavora anche i granchi, la cui produzione raggiunge le 650 tonnellate/settimana, e le lumache di mare, con una resa di 800 tonnellate/ settimana. I mercati di destinazione del prodotto sono la GDO (con la possibilità di fare anche private label), i distributori e aziende dirette. L’azienda dispone di imbarcazioni proprie e ha appena acquistato altre due imbarcazioni che, entro un paio di anni, consentiranno loro di fare la lavorazione del pescato a bordo. Rooney Fish The Harbour, Kilkeel County Down BT34 4AX Northern Ireland (UK) Telefono: +44 028 4176 3071 E-mail: sales@rooneyfish.com Web: www.rooneyfish.com
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“Grazie ad una flotta attiva composta da 350 imbarcazioni, l’industria ittica gioca un ruolo di grande rilievo nell’economia dell’Irlanda del Nord dal punto di vista occupazionale e dello sviluppo delle aree costiere”
Kilkeel Seafoods, scampi e gamberi Dublin Bay A pochi passi da Rooney Fish e dal porto c’è un’altra bella realtà dell’industria della lavorazione dei prodotti ittici. È Kilkeel Seafoods, fondata da Graham Whittle e oggi diretta dal figlio Dan. L’azienda è strutturata su due impianti produttivi: uno a Kilkeel, che conta 160 dipendenti, e uno a Whitby (con la società Whitby Seafoods) nel North Yorkshire in Inghilterra, che occupa 120 addetti. Kilkeel Seafoods è specializzata nella fornitura di scampi impanati e di Nephrops, e di gamberi Dublin Bay. Nella cittadina di Kilkeel si lavorano principalmente gli scampi, che qui vengono sgusciati per essere poi spediti in acqua e ghiaccio a Whitby, dove vengono lavorati e finiti con le varie panature. «Il Gruppo detiene il 19% del mercato del food service del Regno Unito e il 20% del retail market UK» mi dice GARY CASSIDY, responsabile dello stabilimento. «Al momento il nostro management è focalizzato nell’ampliamento dell’export e nell’aumento delle vendite al dettaglio». Il Gruppo oggi acquista il 70% del pescato catturato dai pescherecci dell’Irlanda del Nord. Gli acquisti avvengono per metà presso i porti della regione, all’attracco dei pescherecci, e per metà nei mercati del pesce presenti nei villaggi lungo le coste. Nello stabilimento di Kilkeel Seafoods ogni settimana vengono lavorate 35 tonnellate di scampi, 50 tonnellate di code di scampi e
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La lavorazione dello scampo presso lo stabilimento Kilkeel Seafoods. Lo scampo è un prodotto di punta per questa realtà dell’Irlanda del Nord che detiene il 19% della quota di mercato del food service del Regno Unito. 15 tonnellate di gusci di scampi destinati all’industria mangimistica del pesce. La pesca degli scampi è stagionale e va da Pasqua a ottobre. «Per quello che riguarda i nostri mercati di sbocco, attualmente quasi tutta la produzione è venduta nel Regno Unito, a parte alcune esportazioni in Germania» mi dice GARY CASSIDY, aggiungendo che «la linea di prodotto più importante è destinata al canale food service nel quale l’azienda è presente in varie insegne, tra cui Tesco, ASDA, Waitrose, Morrisons e Sainsburys». Elena Benedetti
Kilkeel Seafoods Ltd. The Harbour, Kilkeel County Down BT34 4AX Northern Ireland (UK) Telefono: +44 028 4176 2649 E-mail: admin@kilkeel-seafoods.com Web: www.kilkeel-seafoods.com Nota A pagina 62 e 63 una veduta della costa nei pressi di Carrick-a-Rede. L’isolotto di Carrick-a-Rede è collegato alla terraferma con un ponte sospeso in corda lungo 20 metri che rappresenta una delle attrazioni turistiche principali dell’Irlanda del Nord.
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Curiosità: “what is scampi?” Secondo il portale Seafish.org, che fa capo all’ente che supporta l’industria ittica del Regno Unito, “what is scampi?” (che cosa sono gli scampi?) è la seconda domanda più postata sul motore di ricerca Google. La risposta di Seafish è la seguente: “gli scampi sono le code di langoustine, impanate. Il loro nome scientifico è Nephrops norvegicus e sono anche conosciute come aragosta norvegese o gambero di Dublin Bay”.
Flash sull’industria ittica nel Regno Unito • • • • •
Incremento del valore di prodotti ittici consumati in UK nel 2015: +2%. Volume dell’export di pesce dal Regno Unito verso i mercati esteri: +6,6%. 6.383 sono le imbarcazioni di pesca registrate e attive. Top 5 mercati di destinazione dell’export UK: Francia, USA, Spagna, Irlanda e Italia. Top 5 mercati di approvvigionamento del pesce verso UK: Islanda, Cina, Germania, Canada e Danimarca.
>> Link: Seafish.org
Reti da pesca per l’aragosta nei pressi di Whitby, North Yorkshire, UK.
Invest NI, il potenziale commerciale dell’Irlanda del Nord Costola del Dipartimento del Commercio e degli Investimento del Governo Britannico, Invest Northern Ireland (Invest NI) è un’agenzia che si occupa dello sviluppo commerciale della regione. In che modo? Fornendo un supporto di consulenze e know-how alle imprese esistenti per competere sui mercati esteri, promuovendo l’internazionalizzazione e catalizzando nuovi investimenti in Irlanda del Nord. Lo scorso marzo è stato organizzato un viaggio di studio che ha coinvolto alcuni giornalisti di testate dell’agroalimentare, tra cui IL PESCE e EUROCARNI, riviste della casa editrice EDIZIONI PUBBLICITÀ ITALIA , e buyer italiani interessati ai prodotti della regione. La missione è stata coordinata da Jeff Martin, referente di Invest NI per l’Italia, e coordinata da Nigel Hardy, responsabile dell’ufficio marketing food della sezione Food & Tourism di Invest NI, sotto la supervisione di John Hood, direttore di Food & Tourism di Invest NI. >> Link: www.investni.com
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La rappresentanza italiana in visita alla sede di Invest NI a Belfast. In prima fila, da sinistra, Alberto Lupini di Italia a Tavola, Michele Macripò e Egidio Occhinegro di Supercentro, Patrizia Bindi di Surgelati Magazine, Elena Benedetti di Eurocarni e Il Pesce, Alberto Schieppati di Artù, Barbara Trigari di GDO Week, John Hood di Invest NI, Alex Vagnoli e Marina Carlà di Ittica Carlà, Ennio Bonilauri di Foodmeat, Emanuele Pizzi e Jeff Martin di Invest NI.
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ITTIGEL, Representing the best
no ordinary fish Via Roma, 27 - 43052 Colorno - Parma - Italy - Tel. +39.0521.313.375 - Tel. +39.0521.310.527 - Fax +39.0521.521.708 - www.ittigel.it - ittigel@ittigel.it
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Aquaculture Feasibility study
Specific Timor-Leste aquaculture vacated areas: practical proposal Second part by Gianluigi Negroni
Timor-Leste has a large untapped resources of sites that can be used for brackish water and marine aquaculture. It is very important to choose the most appropriate place and secure a good project organization to permit the development of a profitable Timorese aquaculture sector. An appropriate feasibility
study is the right tool to develop a profitable aquaculture sector in Timor-Leste. This paper is particularly target to develop aquaculture in the most favorable places in TimorLeste. Until now a lack of technical knowledge for fish farm construction is shown in Timor-Leste. Several farms constructed until today does
not respect the minimal technical requirements for the developing of a modern and profitable aquaculture. Water control structures Water control structures consist of gates, channel, culverts or pipes. The main gates regulate the exchange of water between the pond system and
Fish market, Dili, Timor-Leste (photo Š ADB/Luis Enrique Ascui, www.ctknetwork.org).
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A
B
C
D
Fig. 7 – Pond gate views, cut drawn and details. A) Main water control gate of reinforced concrete. B) Use of culvert pipes as secondary gates. C) Cut-out diagram of culvert pipe construction as secondary gate. D) Secondary wooden gate. the tidal stream or sea. This may be made of reinforced concrete, or of wood. Reinforced concrete is comparatively more expensive but once constructed it usually outlasts the existence of fishpond. Such a gate have one-or multiple (2-, 3-, 4-, etc…) opening depending on relative size of the fishpond unit to be served. A recent innovation for smaller and less expensive main or secondary water control structure makes use of culvert. This is usually made of concrete hollow blocks. For smaller ponds such as the nursery or fry
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ponds and transition pond pipes are often used. Figure 8 provide a clear illustration of a modern brackish water farm, this configuration permit to utilize the water in the best way permitting a partial and/or total recirculation. Moreover the pollution could be properly controlled (Australian Prawn farming manual, The state of Queensland, DPIF, 2013). As you can see in the scheme, the reservoir is the first important step to have a good water quality in your system. It is no significant volume (could be until 10% of your pond
area) so the intake water is stored and treated, this will permit to stabilize the water. A “filter socks” fine mesh (120 micron) is used to filter the intake water to avoid the entrance of unwanted organism. Monk working, this permits the elimination of the water with less oxygen in the lowest point of pond. The outlet is constructed as a “monk” with three slots for: insertion of screening, rear levels boards to hold the water in until harvest, and middle boards to channel water to drain from the floor of the pond. It is interesting to note (Fig-
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elevation permitting to empty and fill the ponds when is needed.
Fig. 8 – Example schema of a modern fish farm.
Fig. 9 – Monk structure for an appropriate pond water control.
Fig. 10 – Cross-section and different levels of dike, pond bottom and drains against the HAT. ure 9) that the bottom of the outlet pipe must be over the HAT-Highest Astronomical Tide (Australian Prawn farming manual, The state of Queensland, DPIF, 2013). The outlet monk incorporates three slots: one for insertion of screening to avoid escape, rear level boards to hold the water until harvest and middle boards to channel water to drain the floor of the pond. Pumping system must be capable to pump 100/L/sec. per Ha to permit a rapid filling and water renovation, another calculation ask as a rules of thumb 1
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HP/Ha (Australian Prawn farming manual, The state of Queensland, DPIF, 2013). The dike above the drainage harvesting point (Figure 10) must be paved with gravel to permit the harvest in every weather condition and to avoid erosion that will fall in the pond. Dikes above the waterline must be grasses as soon as possible. On the other hand they can be lined with plastic cover, this is a more expansive option. Tide must be carefully considered to have a good pond and inlet/outlet channel network
Pumping system and location The pumping system can be located to the coastal foreshore if there is not access problem due to mangrove or other obstacle. On the contrary an excavated canal or short submerged pipe system may be required. The system delivers the water to the pump station that pump the water to the canal distributing system. The water pump location is a critical point to permit to have: • good water quality with best salinity range, least influence of pollutants form upstream and downstream; • appropriate water quantity, the pump intake foot valve must be located in way to be able to pump all the time also at low tide. It must be also very close to the canal intake to avoid additional energy costs for the best pump efficiency; • close to the electrical supply as the electrical pumping is the most economically convenient, for low pumping level is recommended the screw pumping system. Effluent organization: treatment, recirculation and bioremediation One of the problem of the modern aquaculture is the effluent treatment, a system can be used to reduce the suspended solids (sediment and organic material) and other nutrients present in the discharged water before the release back in the river/coastal areas. It is interesting to have a separate water body (settlement pond) separate from the intake to avoid pollution of the incoming water. This will allow the outlet water to be treated and to be released or recycled. Conventional flow-through settlement pond and/ or bioremediation system recycle the outflow pond water, it is possible the use of microfiltration (drum filter) of the suspended solids (PRESTON et al. 2003, FUNGE-SMITH AND BRIGGS, 1998). The above system can also be used to produce, algae, shellfish and milkfish that can thrive in these water
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Fig. 11 – Typical pumping station for aquaculture farming system. bodies. Settlement ponds are typically required for 30% of the overall grow out area and should have a provision for the solids settlement before the potential bioremediation of nutrient load by the culture of other species (Figure 11). Recirculation could be used for: • starting new blooms; • reducing the nutrient load in the discharge effluent; • reusing water already stabilized in the farm; • recycling when the water is not available or with too much or too little salinity; • quarantining a pond in the vent of disease. In the drawn (Figure 12) it is possible to note: the intake pump, the reservoir to filter and settle the incoming water, the pond water inlet (aqueduct) in blue for suppling water to the ponds, the outlet drain to evacuate the water, the settlement channel of treatment pond, the bioremediation zone treatment with bivalve mollusc/algae and fish to depurate the water and the recycling pump to fill the bioremediation pond. The above drawn (Figure 13) is a simple but correct methods to build ponds (FAO 1990). The design profit of the soil, water and site geography for pond construction optimization. In this kind of schema the investment is optimized maximizing the local condition. The schema could be used for little and large scale system according with the available areas and water availability. Please, consider the water retention to avoid water exchange with the bottom soil, clay soil
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is the most suitable type (FAO 2000, Figure 14). The Ph neutral point is the most suitable, other points of the scale need special management activities (FAO 1990, Figure 15). The importance of tides in the selection of sites and management of brackish water fish farm Always considering that only the tidal water is not enough to manage a modern aquaculture, it is possible to consider the following points on tides and site selection. Much of the success of aquaculture projects depends on the selection of suitable sites. In this respect the availability of water supply of good quality would be a major consideration. For brackish water fish farms that depend on tidal water, moderate tidal fluctuations of 2 to 3 meters is desirable while vary
narrow or those one meter or less and very high ranges or those above 4 meters will pose problems in the future management of the projects. If possible these latter situations should be avoided. Land elevation where construction is to be conducted should also be carefully selected to be slightly above the lowest tide and at least 0.5 meter below the highest tide. Two very important operations, the supplying of water and draining of ponds, are effected by utilizing tides in brackish water fish farms. Tidal characteristics in various areas in the region The tidal characteristics of various areas must be considered, for the proper management of brackish water fish farms. Places where the tidal fluctuation is moderate or those between 2 to 3 meters are most suit-
Fig. 12 – Prawn farm with recirculation system (ROBERTSON et al. 2003 modified).
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able for proper management of tidal fish farms; those tide of 4 to 5 meters or over would be difficult because big dikes will be required to fend off the water rise at high tides and it would likewise be difficult to hold water inside the pond system during low tides. Narrow tide fluctuation less than 1 met are not considered. This of course may be solved by the use of pumps, the use of the two systems can provide the optimal solution. Selection of suitable elevation for fish farm sites based on tidal datum Having determined that tidal fluctuation ranging from 20 to 30 decimetres (2-3/7 m) are most conducive for proper management of brackish water fish farms, there still remains the proper selection of sites with proper elevation in relation to tidal datum. It is obvious that sites with elevation not reached by any tide or only by extreme high tides are not very suitable as they would require excavation in order to be usable. In the other extreme, sites with elevation at or below the lowest tides of the year will be difficult to manage when draining and drying the ponds are desirable. Therefore, areas with average elevation that can be watered by ordinary high tides and drained by ordinary low tide would be most ideal for fishpond purposes. It is important in the selection of sites that: i. the tidal characteristics are examined; ii. the elevation of the site is determined based on tidal datum. Accurate determination of the elevation of an area will require a series of readings on the spot using the tide table. This should be done routinely in investigating prospective sites for brackish water fish farms. The relationship between the tidal characteristics and the suitability of proposed fish farm sites based on tides are graphically shown (Figure 16, 17, 18). Water management in brackish water fish farms Tidal water is not enough to manage appropriately a fish farm, pumping is mandatory in a modern fish farm.
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Fig. 13 – Artisanal pond construction.
Fig. 14 – Cut of the pond.
Fig. 15 – Soil Ph must be considered, scale example. As mentioned for tidal fish farms, water management will depend on the tidal characteristics at site and the elevation of the area. The ideal situation is to be able to fill the ponds at high tide when needed and/or drain and dry the ponds on low tides if required. This will facilitate cleaning the ponds of pests and predators, reconditioning the soil, growing of natural food, and such other operations as total harvest, excavating, levelling, etc… Figure 16 shows relationship between pond water level, gates size and tidal characteristics.
Tides The attractive forces of both the moon and the sun on the earth surface which changes according to the position of the two planets bring about the occurrence of tides. Tides recur with great regularity and uniformity, although tidal characteristic vary in different areas all over the world. The principal variations are in the frequency of fluctuation and in the time and height of high and low waters. When the sun, the moon and the earth are in a straight line, greater tidal amplitudes are produced. These are called spring
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the range becomes maximum during the new and full moon and minimum during the first and last quarter of the moon. The difference in the height between the mean higher high and the mean lower low waters is called the diurnal range. The difference in the tide intervals observed in the morning and afternoon is called diurnal inequality. The average height of all the lower of low waters is the mean lower low (MLLW), or (0.00) elevations. This is the datum plane of reference for land elevation of fish farms. Prediction of tides for several places can be obtained. These tables give the time and height of high and low water. The actual tidal fluctuation on the farm however, deviates to some extent from that obtained from the table. Tidal Characteristic and Ground Elevation The suitability of a tide-fed area for a fishpond project depends on the relationship between the tidal characteristic of the area and its ground elevation. The only free source of energy that could be tapped for flooding a brackish water coastal pond is tidal energy which is available once or twice a day depending on geographical location.
Fig. 16 – Example of determination of Suitability of Proposed Fishponds Sites Based on Tidal Water Supply as Affected by Elevation of the Area (Applicable Under Philippine Conditions; from: FAO). Fig. 17 – Relationship between: pond water level, gate size and tidal characteristic (from: FAO). tides. Tides of smaller amplitudes are produced when the sun and the moon form the extremes of a right triangle with the earth at the apex. These are called neap tides. When high and low waters occur twice a day it is called a semi-diurnal tide. When the high and the low occur once a day it is called a diurnal tide. The moon passes through a given meridian at a mean interval of 24 hours and 50 minutes. We call this interval one lunar day. Observations
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reveal that the mean interval between two successive high (or low) waters is 12 hours and 25 minutes. Thus, if there is a high water at 11:00 a.m. today, the next high water will take place 12 hours and 25 minutes later, i.e., 11:25 p.m. and the next will be at 11:50 a.m. of the following day. Each day the time of tide changes an average of 50 minutes. The difference in the sea water level between successive high and low waters is called the range. Generally,
Conclusion This short paper present some aquaculture sites possibilities that the writer visited in Timor-Leste. It is also presented the steps to do before to start any aquaculture activities: the feasibility study that includes the technical and economic forecast for the future aquaculture activity. It will permit the future entrepreneurs to face with the strong and weak point of their future aquaculture enterprises. Aquaculture technology option, related site selection and economic return are very important in the aquaculture project study, consequent implementation and management. Without forgetting the social side, in TL several ponds were poisoned for some social problem that must be appropriately considered before starting any aquaculture operations. The organization of social and other aquaculture com-
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Fig. 18 – Elevation based on tide (from: FAO). Fig. 19 – Example of pumping station location and arrangement in Timor-Leste. It is strongly recommended a long period of on the job training for the new aquaculturists. Tides level consideration is important as provide the possibility to save on investment and management
costs, modern aquaculture cannot be based on the tide water only mechanical pumping is needed to perform sustainable and economic aquaculture. Gianluigi Negroni
LB Comunicazione
munity activities is recommended, unfortunately aquaculture is as any other agriculture enterprise. It needs training, capital, engineering and appropriate management skills, the above it is not always available
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IL PESCE IN TAVOLA
Vongole del New England con pancetta, la delizia degli Italo-americani
Clams casino, resti di un lusso che fu di Nunzia Manicardi
Clams in inglese significa “molluschi” e Clams casino è un piatto a base di vongole tra i più conosciuti e rinomati negli Stati Uniti e tra la popolazione italo-americana. Lo si ritrova un po’ dappertutto, con un posto pressoché fisso nei menu dei ristoranti italo-americani di Little Italy, a New York City, e nei vari festival che animano il quartiere. È tuttavia un piatto considerato tipicamente americano. Si fa risalire la sua origine al 1917, quando nel New England, e precisamente a Narragansett nel Rhode Island (che è il più piccolo non solo fra i sei stati che compongono la regione, ma anche il
più piccolo fra tutti i cinquanta stati americani), un maître d’hôtel del Casino locale — tale JULIUS KELLER secondo Good Housekeeping Great American Classics — l’avrebbe inventato per accontentare la proprietaria, la signora PARAN STEVENS, che voleva servire qualcosa di speciale ai propri ospiti. Keller avrebbe dato alla preparazione lo stesso nome dell’hotel e da quel momento in poi così si sarebbe chiamata e diffusa dappertutto, fino alla lontana New Orleans, in Louisiana, dove le vongole vennero poi sostituite con le ostriche. Clams casino è tuttora un piatto molto popolare nel Rhode
Island, dove viene servito spesso come antipasto. Anche in questo caso è facile trovarlo inserito nei menu della ristorazione locale. Per cucinare i molluschi secondo questa ricetta americana occorre procurarsi delle vongole della varietà qui chiamata littleneck (letteralmente “piccolo collo), o anche delle vongole cherrystone, e poi una quantità di altri ingredienti: burro, peperoni, pancetta, aglio, salsa Worcestershire, sale, pepe, vino bianco, succo di limone, scalogno o cipolla e, se non se ne ha ancora abbastanza, anche tabasco e prezzemolo, quest’ultimo utilizzato come contorno.
Le Clams casino sono un piatto originario del Rhode Island (photo © butterbasilandbreadcrumbs.wordpress.com).
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L’ingrediente di base, quello che non deve mai mancare (a parte, ovviamente, le vongole), è la pancetta. Alcuni chef consigliano addirittura quella affumicata, mentre altri la preferiscono senza affumicatura. Anche la cottura è piuttosto differente, a seconda delle tante varianti. Spesso si impiega l’impanatura, per metà circa della conchiglia, oppure si cuoce al forno o anche alla griglia, curando in particolar modo la doratura. Rimane comunque piuttosto traumatico, per noi Italiani, vedere in alcuni siti internet americani immagini di queste vongole ricoperte con un bel po’ di parmigiano grattugiato e, al di sopra di tutto, delle spesse fette di pancetta croccante… Ma questo è il gusto americano, anche se non di rado viene accompagnato dalla dicitura Italian style! Comunque è tutto fatto senza malizia e quindi consiglio di accostarsi per curiosità anche a questi piatti senza deriderli, ma cercando, pure attraverso queste trasposizioni e questi riadattamenti per noi non ottimali, di capire la mentalità di questo popolo che in ogni caso, in cucina, cerca di fare del suo meglio. Delle Clams casino si è occupata pure la famosa conduttrice televisiva, cuoca e scrittrice statunitense di origine italiana GIADA DE LAURENTIIS*. La sua ricetta è un po’ più sobria, poiché prevede “soltanto” peperone rosso, scalogno, aglio, origano, vino bianco, parmigiano, sale e pepe. Immancabile anche in questo caso la pancetta, che deve essere fatta saltare in padella (in olio d’oliva) fin quando non diventi croccante e dorata e sia ora di deporla su di un piatto. Nello stesso olio si fanno poi soffriggere gli altri ingredienti, si aggiunge il vino e si lascia cuocere sino a farlo evaporare. Alla salsa così ottenuta si aggiungono la pancetta e il parmigiano grattugiato e si condisce con sale e pepe. Non è ancora finita: nel forno pre-riscaldato si depongono le vongole ricoperte dalla salsa e poi ancora un po’ di parmigiano e si lascia cuocere finché la salsa non assume un bel colore dorato. Questo è uno dei pochi piatti a base di molluschi rimasti in voga dopo il grande successo che essi ot-
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tennero nella prima metà del secolo scorso, anche come simbolo di un lusso sfrenato e senza inibizioni (chi non ricorda ostriche e champagne e il loro tanto propagandato potere afrodisiaco, oltre che l’alto costo d’acquisto?). Oggi il fenomeno si è attenuato, ma le Clams casino resistono alle nuove mode. La pesca costituisce da sempre una risorsa fondamentale per le popolazioni degli stati costieri del New England: Connecticut, Massachusetts, Rhode Island, New Hampshire, Maine (tutti, tranne il Vermont, che non ha sbocchi sul mare). Da tempo però sono stati imposti dei limiti alla pesca commerciale, al fine di ricostituire gli stock ittici depauperati dalla pesca indiscriminata dei decenni precedenti in seguito al passaggio dalla pesca con lenze ed ami a quella con reti a strascico e col ricorso a pescherecci sempre più grossi ed efficienti, armati di motori, attrezzi e strumentazione sempre più moderni. Tutto questo ha portato al crollo della popolazione di merluzzi, il pesce più presente in zona, e di altre specie, fra cui anche le vongole. Mentre però il merluzzo non ha ancora recuperato, si nota negli ultimi tempi come proprio la popolazione di molluschi (specificamente di capesante) abbia mostrato i primi segni di ripresa, permettendo un ritorno alla pesca in gran quantità e alimentando poi il recupero di altre specie marine, anche se si è ancora ben lontani dal sanare definitivamente la situazione. Basti pensare che il divieto di pesca commerciale è stato imposto a ben 8.000 miglia quadrate (per 5.000 delle quali gli addetti del settore chiedono da tempo la riapertura). Nunzia Manicardi Nota * Nata a Roma, GIADA DE LAURENTIIS è figlia di Veronica De Laurentiis e di Alex De Benedetti, nonché nipote dell’attrice Silvana Mangano e del produttore Dino De Laurentiis. Trasferitasi negli Stati Uniti a soli 7 anni, si è affermata come una delle personalità più note del mondo culinario locale grazie alla trasmissione Giada at Home, fino ad essere inserita nel 2012 nella Culinary Hall of Fame.
SAPORE DI MARE
Domande e risposte sulle alghe
Orto del mare grand gourmet di Giorgia Fieni
Diciamoci la verità: per la maggior parte di noi, fino a qualche anno fa, le alghe erano solo l’insalata del mare, ovvero quelle piantucole che vedevamo nell’acqua andando a fare il bagno. Poi abbiamo iniziato a leggerle nelle ricette degli chef e ci sembravano parole quasi a caso: kombu al posto del parmigiano nei tortellini di MASSIMO BOTTURA («nasce un brodo poliglotta che parla con tutti: anatre, faraone, piccioni, vitello, maiale, manzo, rana, anguilla, alghe… il “tocco” modenese ci mette il tortellino, diventato simbolo di un contenitore, di idee, che preserva la cultura del gesto e del sapore del territorio»); risotto all’occhio nero
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di MASSIMILIANO ALAJMO (le alghe sono nel coccio con le teste dei calamari e poi con esse frullate); laverbread di MORENO CEDRONI (ricciola con salsa di alga nori, porri e kombu, nella pentola a pressione); l’acquario di LORENZO COGO (un vasetto di vetro contenente granita di dashi preparata congelando il brodo di alga kombu aromatizzato al katsuobushi — tonnetto giapponese in scaglie —, asparago di mare e cozze e fettine sottili di kumquat e fumo di legno di faggio); l’aragosta verde con tè, mela e alghe di SILVIO SALMOIRAGHI; il carpaccio d’astice e fonduta di gorgonzola (con alga spezzettata) di DAVIDE SCABIN; le tagliatelle di
seppia al miso con alga nori di ROBERTO OKABE; il mare d’inverno vicino alla campagna (tonno, scampi e cachi marinati con fondo di alghe, rape rosse e nocciole caramellate) di SILVIA REGI BARACCHI; la capasanta al burro d’alga acidulato di JOEL ROBUCHON; e il granchio con alga e pompelmo (servito con riso al cocco e gelsomino) di ANTHONY GENOVESE. A quel punto, dunque, ci siamo chiesti: abbiamo capito male noi o c’è davvero un mondo sottomarino da scoprire? Risposta: c’è davvero! Kombu, wakame, nori, hijiki, spirulina, salicornia e arame sono importate dal Giappone (ma coltivate anche in Bretagna, Spagna e Porto-
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Il Dutch Weed burger è stata una delle sorprese “gastronomiche” presentate dall’Olanda nel suo padiglione a Expo. Il pane per hamburger viene realizzato con alghe da allevamento sostenibile (photo © rosalieruardy.com).
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Salmone, alga nori e semi di sesamo. gallo): sembrano piante senza radici né foglie, costituite da una o più cellule, piuttosto gelatinose. Per sapere come utilizzarle in cucina dobbiamo quindi guardare senza timore alla gastronomia del Sol Levante. Prima proposta: wok, olio di semi, carne e pelle di pollo, hijiki, carota, brodo dashi, sake, salsa shoyu; una pietanza piuttosto semplice ma decisamente saporita. Seconda proposta: con la kombu si prepara una salsina (prima sul fuoco, poi raffreddata) aggiungendovi mirin e salsa di soia, la quale accompagnerà capesante scottate al peperoncino disposte tra due pezzi di alga nori; sicuramente con questa idea riusciamo a comprendere con certezza se ne apprezziamo o no il sapore. Terza proposta: wakame, arame, hijiki con funghi enokitake, aceto, insalata mista, cetriolo, cipollotti, zenzero; da provare solo ed esclusivamente se la risposta al quesito precedente è “sì”. Quarta proposta: spaghetti con alga nori; per scoprire quale, fra le specie sul mercato, si rivelerà la nostra preferita (per cui teniamo la ricetta e le cambiamo ogni volta).
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Forse, nel leggere queste idee, qualcuno si sarà “spaventato”. Io però sono sicura che quel qualcuno non stava pensando di aver già gustato alghe in un boccone di sushi (sperando solo che non abbia esagerato perché il sapore della nostra “insalata di mare” potrebbe danneggiare la funzionalità della tiroide): sono quel foglio lucido all’esterno e opaco all’interno che avvolge il tutto e che può essere sostituito da verdura a foglia lessata (magari cambiando il ripieno con polenta, bresaola e formaggio spalmabile). Alla luce di tutto ciò la domanda quindi è: tra quest’ultimo uso e le ricette giapponesi (e quelle degli chef, le associo in nome della creatività e del rispetto per la materia prima) esiste una via di mezzo per noi “cuochi comuni” che ci avviciniamo alle alghe con ancora un bagaglio di dubbi (fomentati pure dall’aggiunta di spirulina a speciali “cioccolatini dimagranti” o al gelato)? Risposta: esiste… e fa rima con golosità. Esse sono infatti un’aggiunta preziosa alla quadara (zuppa di pesce) calabrese, o al gâteau di patate napoletano, o alla ribollita toscana, o alle zeppole,
o alla pasta allo scoglio. Ma rinforzano anche il sapore marino delle ostriche fresche servite in conchiglia e, quando stagionate, sono un accompagnamento innovativo alle chips di patate. Le mettiamo nel carpaccio di pesce spada con julienne di zucchine, fagiolini lessati, lattughino, dadini di pomodoro e un’emulsione di zenzero fresco, succo di limone, tabasco ed extravergine: bell’esempio di fusion asiatico-mediterranea. Una salsa di nori e yogurt magro sgrassa una tempura allo champagne di ostriche. Adatta per una cacio e pepe dai sapori vegan e per dare carattere alla pasta e fagioli. Nel ripieno (con ricotta, bufala, e salsa di pomodoro) dei calamari. Oppure, anche solo per abituarsi al sapore, basta aggiungerle a insalatone, timballi, frittate e polpettine vegetariane. Dall’Uruguay arriva l’idea di mettere le alghe come ripieno per i ravioli di pasta fresca, mescolate con la ricotta. Tradizione del nord abbinata a un prodotto del mare: non è forse questo un ottimo esempio di innovativo melting pot gastronomico? Giorgia Fieni
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Alla scoperta della Congrega dei Liffi
Il mare in Emilia di Elena Benedetti
L’Italia è veramente un Paese straordinario. La sua cultura enogastronomica ha radici profonde ed è celebrata da uomini e donne che spesso e volentieri non vestono le casacche professionali di chef più o meno stellati, ma semplici grembiuli da cucina. Da Nord a Sud troviamo confraternite, associazioni, sodalizi gastronomici che mettono insieme persone con interessi comuni e comuni passioni. Come quelle che ho percepito andando ad una cena, anzi, ad una “serata di studio” della Congrega dei Liffi a Quattro Castella, nella provincia di Reggio Emilia.
Ma chi sono i liffi? In dialetto reggiano sono gli amanti della cucina, i veri buongustai. Quelli della Congrega prediligono i piatti a base di pesce e il piacere di stare insieme intorno ai fornelli di una cucina professionale che si sviluppa su 100 metri quadrati e poi a tavola, una tavola lunghissima che accoglie fino a cento persone. Dal 1981 i Liffi si riuniscono ogni mercoledì sera per cucinare, provare abbinamenti e cotture, testare materie prime di varia provenienza, fare ricerca, imparare e celebrare il pesce in ogni sua forma e sfumatura.
L’amore per il pesce è nel DNA del fondatore di questa realtà unica in Italia. PIETRO SCAPINELLI, chef per vocazione, fondatore e presidente di questa associazione che non ha scopo di lucro, ogni settimana decide le cinque ricette che le altrettante squadre di Liffi prepareranno. La selezione avviene sulla base delle materie prime reperite attraverso vari canali (da fornitori selezionati e pescherie), della stagionalità del prodotto e dello studio dei piatti da realizzare. Designer ed esperto di marketing, Scapinelli ama da sempre il mare e i suoi prodotti. Già fondatore del
Pietro Scapinelli, fondatore e regista della Congrega dei Liffi, si definisce “cuoco vocazionale e autodidatta”. Nel corso degli anni ha scritto 6 libri sulla cucina del pesce, ha organizzato e diretto oltre un centinaio di corsi, è master Slow Food ed è considerato un vero esperto a livello nazionale. Oggi la sua Congrega rappresenta una realtà consolidata che vanta il riconoscimento ufficiale della Regione Emilia-Romagna (photo © www.foodemilia.com)
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A sinistra: la Congrega dei Liffi nel corso di 35 anni ha catalogato diverse migliaia di ricette, studiate e più volte provate e perfezionate. Qui il momento dell’impiattamento della tartare di tonno. A destra: una squadra di Liffi al lavoro nella preparazione di un fritto misto con totanetti, seppioline, acciughe e sarde (photo © Elena Benedetti).
Io il pesce lo faccio così “La cucina non è una scienza esatta. Esistono regole generali, ma ciascuno le interpreta secondo la propria esperienza, il proprio gusto e le proprie esigenze. Ogni cuoco, a qualsiasi livello, vi potrà dare la propria interpretazione anche della tecnica più tradizionale, di cui pensavate dovesse esistere una ed una sola versione. Ho incontrato tanti chef e mi sono accorto che ciascuno di loro ha le idee chiarissime su come si cuoce un polpo o si prepara un risotto o si fa un brodo perfetto. Se hai la tua idea e ne ascolti uno solo, così famoso, stellato, sicuro di sé, ti vengono tutti i dubbi del mondo. Che abbia ragione lui? Che tu abbia sempre sbagliato, nonostante abbia letto armadi di libri, cucinato per decenni, comprato le diverse tecniche, ascoltato e sperimentato ogni suggerimento, soddisfatto ogni curiosità provando e riprovando? Poi ti capita di ascoltare un altro chef, altrettanto famoso, stellato e sicuro di sé e ti accorgi che le regole non coincidono: 50 chef, 50 versioni. E allora prendi coraggio e fiducia e ti tieni la tua idea. Quello che conta, mi dico, è ascolta e provare…”. PIETRO SCAPINELLI Cucina vista mare 325 ricette, tecniche, ingredienti e segreti per cucinare al meglio pesce, crostacei e molluschi del nostro mare La Congrega dei Liffi, Edizioni Bertani & C. 470 pp. – € 38,00
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Sesto Continente, un’associazione di sub sportivi di Reggio Emilia, Pietro iniziò ad organizzare cene amatoriali tra appassionati di subacquea. Questa fu la genesi della Congrega dei Liffi, un’avventura che porta i suoi associati ad analizzare in profondità le ricette dei piatti rigorosamente a base di pesce. Come si fa a diventare Liffo? «Il percorso è lungo» mi dice Pietro. Si parte con la frequentazione dei due livelli di corsi di cucina tra settembre e dicembre. Superata questa fase, si resta un paio di anni “in prova”, per verificare la motivazione, la frequenza e il concreto interesse. Qualora ci sia poi la disponibilità di posti (il numero massimo degli iscritti non deve superare il centinaio), dopo questo percorso si può entrare a tutti gli effetti nella Congrega. A Quattro Castella, in una cascina ristrutturata, accogliente e ben organizzata con fuochi professionali e ampi ambienti, regna un clima di grande armonia e complicità. Le squadre dei Liffi ruotano continuamente. Un capo-ricetta coordina il lavoro della squadra e sarà colui o colei che descriverà il piatto al gruppo durante la cena che segue e conclude la serata. Cenando insieme ai Liffi vi capiterà di conversare con imprenditori, impiegati, pensionati, medici, madri di famiglia. Il gruppo è tanto eterogeneo quanto affiatato. E ogni tanto c’è qualche “infiltrato”, come
Tartare di tonno con caviale di aceto balsamico (photo © Elena Benedetti). la sottoscritta, che può condividere la cena. Si scopre così che la Congrega dei Liffi ha catalogato un patrimonio di oltre 5.000 ricette a base di pesce, cucinate nell’arco di 35 anni, frutto non solo della fantasia e dell’estro dei Liffi ma anche del rapporto con noti cuochi e gastronomi che spesso fanno formazione agli iscritti. L’associazione si autofinanzia per coprire le spese di gestione e l’acquisto delle materie prime selezionate. Sono stati pubblicati anche alcuni libri la cui vendita genera fondi per il sostentamento dell’attività. Questo è davvero un esempio illuminante
HAMBURGER DI PESCE FRESCO,
di come una semplice passione può generare una ricchezza di esperienze gustative e di cultura gastronomica. Ed è ancor più significativo il fatto che ciò sia avvenuto in una terra per tradizione poco legata al mondo ittico. Quell’Emilia che resta però caratterizzata da persone concrete e appassionate che riescono a portare il profumo del mare in provincia di Reggio Emilia! Elena Benedetti >> Link: www.lacongregadeiliffi.it www.facebook.com/ lacongregadeiliffi
L’eleganza del luccio E del lavarello, del lucioperca, dei gamberi d’acqua dolce, del persico, del luccio reale, della trota e del salmerino. Tutti protagonisti indiscussi della cucina del giovane chef Mirto Marchesi che fa del pesce di lago l’insolito protagonista del ristorante stellato The Table d’Adrien a Verbier di Cecilia Bersani
Cucina gourmand di pesce tra le Alpi vallesane? Certo, e ci riserva belle sorprese. The Table d’Adrien, il ristorante stellato de Le Chalet d’Adrien, albergo 5 stelle del circuito Relais & Châteaux (www.relaischateaux.com), offre un’interessante dimostrazione di come tra le alte vette svizzere sia possibile gustare ottimi piatti di pesce. Il pesce di lago protagonista di una cucina tutta da scoprire The Table d’Adrien è uno dei due ri-
storanti dell’hotel di Verbier, con spa e piscina, in posizione panoramica sulla vallata, atmosfera accogliente e servizio professionale. L’altro è Le Grenier, una brasserie che propone piatti più tradizionali. A gestire la cucina del The Table d’Adrien, un bel locale in legno stile rustico elegante, è il giovane chef MIRTO MARCHESI, ticinese di Monteggio, paese a 15 km da Lugano. Dopo studi ed esperienze in Ticino, Marchesi ha lavorato in Italia al Westin Excelsior di Venezia, al Tivoli di Cortina, al Roland Yörris
di Saint Moritz, solo per citare le principali esperienze. Al The Table d’Adrien, propone una cucina moderna, con radici salde ai prodotti del territorio: agnelli d’alpeggio, vitelli allevati su richiesta, pesce del lago Lemano e del lago di Costanza, come lucioperca, lavarello, gamberi d’acqua dolce, persico, luccio reale, trota, salmerino. «Serviamo anche pesce di mare — ci dice Marchesi — ma spingiamo molto sul pescato d’acqua dolce. Una materia prima un po’ spenta, che ha bisogno di una
Lavarello marinato su crema di vino da uve Petite Arvine, levistico e cialda di pane croccante con caviale.
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“Pesce del lago Lemano e del lago di Costanza, come lucioperca, lavarello, gamberi d’acqua dolce, persico, luccio reale, trota, salmerino. Spingiamo molto sul pescato d’acqua dolce, dice lo chef Mirto Marchesi, una materia prima un po’ spenta, che ha bisogno di una lavorazione attenta e mirata per far uscire con più nettezza i sapori”
Lo chef Mirto Marchesi. lavorazione attenta e mirata per far uscire con più nettezza i sapori. Il lavarello, ad esempio, viene marinato in stile nordico, gravlax, con spezie varie, sale e zucchero». Lo abbiamo assaggiato su crema di vino da uve Petite Arvine, levistico — un’erba di montagna che ricorda il sedano — e cialda di pane croccante con caviale. Lo chef ha elaborato una ricetta originale anche per i gamberi di fiume presentati con bisque allo zafferano, quinoa e cialda croccante con peperone, zucchine e basilico, un insieme di sapori ben dosati e amalgamati. Il lucioperca è invece ingrediente principale di un aperitivo che lo vede servito confit su crema di zenzero e lemon grass, ma è delizioso anche alla brace con verdurine dell’orto: carotine, friggitello, zucchine, rape bianche, chips di mais, erbette di bosco, crescione, fiori di borragine
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e salsa di bagna cauda. Lo chef e i suoi collaboratori — 13 in estate, 23 d’inverno — vanno nei boschi che circondano il ristorante alla ricerca d’erbe e funghi. Anche le tecniche di cottura prediligono quelle della tradizione, come la griglia e la brace con fuoco di pino e larice. «Usiamo anche il sottovuoto e le tecniche moderne — continua Marchesi — ma se preparo una carne cerco innanzitutto di valorizzarla con una cottura su legno». Grande attenzione al territorio anche nella carta dei vini, gestita dal giovane e capace sommelier francese NOÉ GUITTON. Sono presenti 450 etichette, di cui la metà svizzere e vallesi, le altre francesi e italiane. Una quindicina di vini sono offerti anche al calice a rotazione, includendo qualche internazionale da Sudafrica, Australia, Ungheria, per far provare il Pinotage sudafricano,
il Syrah australiano o il Tokaj ungherese. «Anche io sono qui da quattro anni e la nostra collaborazione è stata un crescendo» ci dice Guitton. «Spesso proviamo nuovi abbinamenti in sinergia e una volta al mese organizziamo una serata enologica con dieci vini e altrettante portate, durante la quale anche i clienti sono coinvolti per testare i nuovi abbinamenti». Menu degustazione di lago 3-4 portate o 7-8 portate a 140 e 210 franchi. Menu della fattoria 130 e 170 franchi. Cecilia Bersani Chemin des Creux 1936 Verbier Telefono: +41 027 7716200 E-mail: info@chalet-adrien.com Web: www.chalet-adrien.com Nota Photo © Massimiliano Rella.
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TURISMO ENOGASTRONOMICO
Sulla rotta dello stoccafisso
Il merluzzo di Querini: qui si fa la rivoluzione di Riccardo Lagorio
25 aprile. Ma del 1431. Il senatore della Repubblica di Venezia PIETRO QUERINI salpa dal porto di Candia con barili pieni di Malvasia diretto verso le Fiandre, non senza un cospicuo carico di allume di potassio, utile per fissare i colori ai lini usciti dai telai fiamminghi, i più quotati sul mercato internazionale d’allora. Un sogno commerciale svanito (meglio: naufragato) a causa di improvvise e violente procelle che causano la perdita di parte dell’equipaggio e il fortunoso approdo di soli 16 uomini, il gennaio seguente, in balia della Corrente del golfo su un isolotto
disabitato appartenente all’arcipelago che oggi porta il nome di Lofoti e appartiene alla corona norvegese. Questa gente aveva un modo ben strano di conservare il proprio alimento principale, il merluzzo, mondato ed essiccato al freddo vento del nord, ma anche di vivere con disinvoltura senza veli nella comunità, accanto a focolari sempre accesi (tanto che — come lo stesso Querini annota con dovizia di particolari — alcuni superstiti sceglieranno di non tornare in patria). Il nobiluomo Querini raggiunse Venezia nell’ottobre successivo, dopo aver vissuto con
gli isolani di Røst dal 3 febbraio al 14 maggio 1432, portando con sé il nuovo curioso alimento. L’uso del pesce essiccato si diffuse nell’entroterra veneziano ed i Vicentini in particolare videro nello stoccafisso un’alternativa al costoso pesce fresco, in grado peraltro di essere conservato durante i viaggi per terra e per mare. Il secolo successivo la religione, con la XXV sessione del Concilio di Trento, fu uno strumento di straordinaria propaganda del merluzzo essiccato, imponendo l’astinenza dal cibarsi di carne per oltre 200 giorni all’anno.
Lo stoccafisso è merluzzo norvegese conservato per essiccazione (il baccalà viene invece conservato per salagione).
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Confraternite e valorizzazione del territorio Proprio a Sandrigo nel Vicentino è attiva dal 1987 la Confraternita del Bacalà, termine con il quale si denomina in zona lo stoccafisso. Il sodalizio ha l’obiettivo di difendere la buona cucina locale ed è stato in prima linea nella realizzazione della Via Querinissima, ovvero una rete europea che mette insieme i Paesi del nord e del sud del continente per promuovere un patrimonio culturale fatto di storia, cultura e arte che ruota attorno alle capacità manuali di trasformazione del merluzzo in stoccafisso. Ne fu spunto il viaggio di ritorno compiuto da Querini ma la Confraternita si è attivata anche per costituire una rete di locali, concentrati nella provincia vicentina, dove il piatto è consuetudine nei menu e soprattutto per contribuire in maniera determinante all’inserimento del Bacalà alla Vicentina fra i cinque alimenti della tradizione italiana nel circuito EuroFIR (tra i cui progetti
In alto: essiccazione dei merluzzi. In basso: la rotta che ha portato alla scoperta del “bacalà” nel 1431.
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Baccalà e polenta.
Stocafì de Mùnegu Una volta lasciato a bagno lo stoccafisso, togliere la pelle e tagliare a grossi dadi.In una casseruola mettere olio di oliva e soffriggere lentamente cipolle, porri e sedano. In un’altra padella tagliare i peperoni a dadi grossolani e farli rosolare, quindi aggiungere le verdure nella casseruola, coprendo con un coperchio. Rosolare i pomodori e le erbe aromatiche e riscaldare dell’olio dove verranno versati aglio e prezzemolo. Integrare tutti gli elementi e lo stoccafisso, aggiungendo dell’acqua e lasciare sobbollire per almeno un’ora, aggiungendovi anche delle patate. Pochi minuti prima di servire aggiungere le olive nere. Matrimonio d’amore vuole: Gelasio, Malvasia di Candia, Cantina Il Poggio, Salsomaggiore (PR).
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spiccano programmi volti a stabilire nessi scientificamente provati tra cibo e salute; www.eurofir.org). Sulla scorta di questa intensa attività di promozione il consumo di baccalà è triplicato in vent’anni e oggi il piatto è uno straordinario elemento che ha il potere di corroborare il fenomeno del turismo richiamato dalle meraviglie lasciate da Palladio sul territorio. Lo stoccafisso del Principe Sulle rotte commerciali del tempo si trovava anche Nizza. Dalla città di Garibaldi l’interesse per il pesce essiccato al vento e al sole arrivò a Villefranche sur Mer, in Francia, e da lì a uno dei più piccoli Stati al mondo, il Principato di Monaco. Tanto che lo stoccafisso alla monegasca (stocafì o estocafic) fa parte del paniere di cibi di cui vanno fieri nel micro-stato (insieme alla fugassa, la focaccia con frutta secca, e ai barbagiuan, frittelle salate ripiene d’erbe e formaggio fresco). Affascina annotare quanto il modo di preparare il piatto, benché probabilmente evoluto e adattato ai gusti di oggi, mantenga per la specificità dei suoi ingredienti
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Nel Nord Italia, in particolare nell’area della dominazione veneziana, lo stoccafisso viene chiamato anche bacalà.
Bacalà alla Vicentina Una volta ammollato lo stoccafisso tagliarlo a pezzi quadrati. Affettare cipolle e rosolarle in un tegame, aggiungervi sarde dissalate e, a fuoco ormai spento, unire il prezzemolo tritato. Infarinare lo stoccafisso, irrorarlo con il soffritto aggiungendo latte, formaggio a grana, sale e pepe. Unirvi dell’olio d’oliva sino a ricoprire tutti i pezzi di pesce e cuocere a fuoco lento per almeno 4 ore e mezza muovendo il recipiente senza mai mescolare (pipare è il termine che si usa nel Vicentino per questa operazione). Servire con una fetta di polenta. Matrimonio d’amore vuole: Gewürztraminer Passion, Alto Adige Doc, Cantina Produttori San Paolo, Appiano (BZ)
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quel carattere mediterraneo tanto lontano dalla esperienza padana del bacalà alla vicentina: entrano a farvi parte peperoni rossi e verdi, cipolle, porri, patate, olive nere, sedano e gli immancabili aglio, prezzemolo e olio extravergine d’oliva. Si assiste pertanto all’adattamento delle materie prime e delle abitudini locali a un pescato che entrò a far parte della storia gastronomica collettiva in tempi relativamente remoti. In tal senso il ristorante A Roca (www.aroca.mc) si è adoperato per raccogliere tra gli anziani le notizie relative ai prodotti necessari per procedere alla esecuzione dello stocafì e riproporlo secondo gli schemi più originari possibile. Cotture appropriate e separate per quasi ciascuno degli ingredienti, così da rendere questa una preparazione complessa con un finale cromaticamente articolato e gradevole. Un po’ la metafora della peregrinazione di Querini, iniziata il 25 aprile sotto il drappo di San Marco e perfezionatasi in una delle più gigantesche rivoluzioni gastronomiche della storia. Riccardo Lagorio
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RASSEGNE
Plancton, alghe, abaloni, tonno, polpo, capesante, cannolicchi, cozze…
Madrid Fusión 2016, l’essenza più preziosa del mare di Tania Mauri
“La lenza si alzò lentamente e regolarmente e poi la superficie dell’oceano si sollevò davanti alla barca e il pesce uscì. Uscì senza fine e l’acqua gli ricadde dai fianchi. Era lucente nel sole e la testa e la schiena erano di un rosso scuro e nel sole le strisce sui fianchi apparivano larghe, di un lavanda leggero. La spada era lunga come una mazza da baseball e appuntita come un’alabarda e il pesce si alzò in tutta la sua lunghezza
dall’acqua e poi vi rientrò, dolcemente, come in un tuffo, e il vecchio vide la grande lama falcata della coda andare sott’acqua e la lenza incominciò a filare”. Questo è uno dei pezzi più memorabili del celebre romanzo di ERNEST HEMINGWAY “Il vecchio e il mare”, dove le parole lasciano spazio a immagini evocative della battaglia primordiale tra l’uomo e la natura, ben rappresentata, in questo caso, dal pesce.
E di pesce, mare e pescato si è molto parlato e visto al congresso internazionale Madrid Fusión che si è tenuto nella capitale spagnola a fine gennaio. Plancton, concentrato di mare nel piatto Molti gli chef internazionali sul palco ma uno su tutti potrebbe essere il protagonista del libro di Hemingway, lo spagnolo ÁNGEL LEÓN del ristorante
Varietà di alghe della Galizia a Madrid Fusión 2016. Le alghe sono in questa regione una risorsa naturale abbondante e autoctona, che inoltre si rinnova ogni anno in mare. È quindi un alimento stabile e sostenibile (photo © www.madridiario.es).
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Esposizione di vari tipi di pescato (photo © www.madridiario.es).
“Il plancton marino disidratato è un prodotto innovativo ricco di minerali essenziali come ferro, calcio, fosforo, iodio, magnesio o potassio, ma anche Omega 3 e 6, acidi grassi, un alto livello di vitamine C ed E e antiossidanti”
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Aponiente, che vede il mare come un interlocutore con cui dialogare e da rispettare, con l’obiettivo di preservare e salvaguardare la biodiversità marina. Sorprende tutti quando presenta un piatto con il plancton, precisamente un zooplancton, un vero e proprio concentrato di mare. E se León, ambasciatore per eccellenza del plancton marino, dichiara che «non c’è nessun altro alimento più completo sulla faccia della Terra», scopriamone insieme le caratteristiche. Il plancton svolge un ruolo fondamentale nel mantenimento della salute e l’equilibrio del mare nelle sue catene alimentari complesse. Il plancton marino disidratato è un prodotto innovativo ricco di minerali essenziali come ferro, calcio, fosforo, iodio, magnesio o potassio, ma anche Omega 3 e 6, acidi grassi, un alto livello di vitamine C e E e antiossidanti. È un alimento unico che, data la sua origine, dona un sapore autentico di mare ai piatti, senza la necessità di utilizzare un gran numero di prodotti marini.
La Fitoplancton Marino S.L., azienda leader ed esclusiva di questo alimento, riproduce le condizioni ottimali per la coltivazione di microalghe marine in acquacoltura a Veta la Palma, una zona privilegiata di bio-sostenibilità situata nel cuore della riserva naturale di Doñana. Si tratta di un prodotto naturale al 100%, certificato dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare, ma è solo dal 2014 che le microalghe marine possono essere coltivate e commercializzate. Il Plancton Marino Veta la Palma® è un alimento vegetale disidratato attraverso la liofilizzazione, contraddistinto da un colore verde intenso e un potente sapore di mare. In cucina sono molti gli usi che si possono fare come, per esempio, in una salsa o in quanto semplice esalatore di sapidità, in spuma o in gelatina, sferificato o in crema, senza dimenticare che è comunque un prodotto delicato che perde le sue preziose proprietà organolettiche se cotto sul fuoco per più di due minuti, mentre se viene reidratato può essere tenuto in frigorifero solo per 24 ore.
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“L’Abalone appartiene alla famiglia dei molluschi gasteropodi ed è molto apprezzato per la sua carne, prezioso quanto il caviale. Il mercato ittico lo propone secco, fresco, in scatola, salato o congelato e si presta a qualsiasi utilizzo in cucina” Ángel León prepara un piatto con plancton durate Madrid Fusión 2016 (photo © www.fitoplanctonmarino.com). L’Abalone della Galizia Altra regione, altra specialità! La Galizia, che si trova nel nord-ovest della Spagna, è dotata di un litorale di quasi 1.676 km (il 20% del totale della costa spagnola) e da sempre la sua gente ha dato grande importanza al mare: ancora oggi rappresenta il 52% dell’occupazione totale di pescatori spagnoli e il 10% dell’Unione Europea. Alla pesca tradizionale si è unita la tecnologia, per ottenere migliore qualità e gestire le risorse marine naturali con grande efficienza. Proprio qui si è sviluppata l’acquacoltura, “la produzione di organismi acquatici, principalmente pesci, crostacei e molluschi, ma anche alghe, in ambienti confinati e controllati dall’uomo” (cit. Wikipedia), grazie anche all’abbondanza di pescato, alghe, plancton, alla temperatura del mare, alle correnti e ai suoi fondali. La Gma – Galician Marine Aquaculture ha creato qui una vera e propria “fattoria marina” dove coltivano l’Abalone, molto richiesto dai Paesi asiatici. L’Abalone appartiene alla famiglia dei molluschi gasteropodi ed è molto apprezzato per la sua carne, prezioso quanto il tartufo o il caviale. Questo mollusco ricorda, nella forma e con un po’ di fantasia, l’orecchio umano ed è anche per questo motivo che è chiamato orecchio del mare o orecchio di Venere. Come
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molti molluschi è dotato di un guscio ruvido e di una parte molle interna, molto colorata e con piccole tacche che gli permette di vivere attaccato alle rocce del mare. Si nutre di alghe mentre i suoi predatori naturali sono le stelle marine e i granchi. È considerato una prelibatezza del mare soprattutto nei mercati asiatici, tant’è che è molto popolare in Cile e Asia orientale (Cina, Giappone e Corea). La sua carne ha bisogno di una lunga e delicata cottura per aumentarne il sapore e non distruggerne la consistenza. Il mercato ittico lo propone secco — la varietà più pregiata e costosa — fresco, in scatola, salato o congelato e si presta a qualsiasi utilizzo in cucina — si dice sia anche afrodisiaco oltre ad essere uno degli ingredienti della famosa zuppa di squalo. Dell’Abalone si usa tutto e, se non viene mangiato, produce perle meravigliose, oltre ad avere una calotta interna iridescente, elemento di grande valore nella creazione di gioielli. Tutti i frutti più pregiati della “terra di mare” Abbiamo detto che la Galizia è “terra di mare” e proprio a Ribera ha sede Frisa, uno dei più grandi produttori europei di alta qualità di tonno in scatola e frutti di mare, sempre con un occhio di riguardo all’ambiente, alla sostenibilità e alla rigorosa tracciabi-
lità di tutte le materie prime. I loro prodotti sono eccellenze che vengono lavorate e conservate secondo tradizione, vere e proprie prelibatezze di mare dal gusto unico e autentico. Questi i loro cavalli di battaglia da consumare direttamente dalla “latta”. Il tonno (Thunnus alalunga) viene pescato con metodi di pesca tradizionali e catturato uno ad uno, assicurando, in tal modo, la qualità del prodotto e proteggendo l’ambiente perché avviene solo nella stagione di pesca o Costera del bonito, da maggio a ottobre, quando è possibile trovarlo in gruppo nel Mar Cantabrico. Conosciuto come tonno bianco è un pesce grasso molto apprezzato per il suo sapore intenso e la consistenza morbida della candida carne. I filetti o “ventresca” consistono in un pezzo unico tagliato dal ventre del tonno e, grazie all’olio di oliva, mantengono uno straordinario gusto che migliora con il tempo. Le piccole capesante in salsa di capesante sono capesante (Chlamys sp.) molto simili a quelle atlantiche ma di dimensioni inferiori. Vivono sulle rocce lungo la costa e vengono raccolte negli estuari della Galizia con un dispositivo chiamato draga o rastrello. Una volta che sono state pulite per eliminare la sabbia, vengono disidratate e viene rimosso loro il fegato e il pancreas per poi essere inscatolate in salsa di cape-
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sante dell’Atlantico come da ricetta tradizionale della Galizia. Deliziose anche le vongole sgusciate al naturale (c’è anche la versione con guscio), a cui vengono rimossi i gusci uno per uno, così come le branchie e confezionate a mano in strati uniformi per poterle gustare come anche i loro famosi cannolicchi al naturale. Le cozze vengono attaccate su zattere o piattaforme galleggianti da cui pendono delle corde immerse in acqua a cui sono attaccati i mitili. La più grande regione dedita alla mitilicoltura nel mondo è qui, nell’estuario di Arousa. Pulite, disidratate e fritte in olio di oliva, le cozze mantengono così la consistenza, a cui viene aggiunta una leggera salamoia che ne esalta il sapore. Altra chicca della Galizia è il polpo (Octopus vulgaris) che vive tra le rocce lungo la costa in profondità e si nutre di bivalvi, pesci e piccoli crostacei. Viene catturato con trappole speciali e preparato tagliando i tentacoli, a cui è aggiunto solo olio
Abalone. Il prezioso mollusco è molto amato e ricercato sui mercati asiatici (photo © www.piedrapapeltijera.com). d’oliva per migliorarne il sapore genuino e autentico. Infine le piccole sardine. Sono sardine (Sardina pilchardus) molto giovani, dal colore argento e molto ricche di nutrienti preziosi, a cui vie-
ne rimossa la testa a mano. Vengono poi sottoposte a un processo di tostatura al vapore per essere coperte di olio di oliva, che dà al pesce un sapore intenso e una piacevole consistenza. Tania Mauri
IRAN DARYA by Caviar Import Espressione della più nobile cultura culinaria Primario produttore di Caviale Beluga Iraniano Puro
Caviar Import S.a.s. di Zohouri H.G.Hossein – Stabilimento IT P4R6Y Via P. Mattarella, 20/b - 30030 Gardigiano di Scorzè (VE) Tel. 0039 041 961610 - Fax 0039 041 971011 - www.caviale.it - info@caviale.it
Identità di mare: libertà e sostenibilità nel piatto A Identità Golose 2016, il congresso milanese svoltosi lo scorso marzo, un’intera giornata è stata dedicata alla cucina del mare e ai suoi interpreti di Luciana Squadrilli
La Forza della Libertà: era questo il tema conduttore dell’edizione 2106 di Identità Golose, il congresso internazionale di cucina organizzato da Paolo Marchi giunto quest’anno alla 12a edizione. Un tema forse troppo ampio per poter essere scandagliato fino in fondo nelle riflessioni sulla cucina contemporanea e nelle possibili applicazioni “concrete” nei piatti; con qualche eccezione, però, soprattutto da parte degli chef chiamati a presentare le loro ricette e le loro idee nel corso della giornata di Identità di
Mare. Per la prima volta, infatti, il congresso milanese — che ogni anno, oltre alla sala Auditorium dove chef italiani e internazionali sono invitati a interpretare il tema generale, allestisce alcune sale “minori” dedicate ad argomenti specifici come la pasta o la pizza — ha voluto dare spazio anche alla cucina di mare. La top ten degli chef… di mare A rappresentare la grande tradizione culinaria delle coste italiane da Nord a Sud — e non solo quelle marittime
— 10 grandi interpreti della materia ittica: PINO CUTTAIA, chef-patron de La Madia a Licata, dalla costa meridionale della Sicilia; GINO PESCE e PATRIZIA RONCA de L’Acqua Pazza di Ponza e GIANFRANCO PASCUCCI di Pascucci al Porticciolo di Fiumicino, dal Lazio isolano e costiero; ALFONSO CAPUTO de La Taverna del Capitano di Nerano, dalla splendida Costiera Amalfitana; MAURO ULIASSI dell’omonimo ristorante direttamente dalla Spiaggia di Velluto di Senigallia, Marche. E poi, anche laghi e lagune:
Alfonso Caputo de La Taverna del Capitano di Nerano (NA) sul palco di Identità Golose.
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L’essenza della laguna, creazione di Lionello Cera. LIONELLO CERA dell’Antica Osteria Cera di Campagna Lupia, tra Venezia e Chioggia; NAZARIO BISCOTTI — delle Antiche Sere di Lesina, in Puglia — e NIIMORI NOBUYA — giapponese di stanza a Milano, da SushiB — alle prese con anguille e capitoni e FABRIZIO FERRARI, chef del ristorante di famiglia Al Porticciolo 84 che si affaccia (dall’alto) sul lago di Lecco ma propone principalmente pesce di mare, pescato in maniera sostenibile. Se infatti, da un lato, i paladini del mare hanno avuto gioco (relativamente) semplice a parlare di libertà attraverso i loro piatti — perché cosa c’è di più libero e sconfinato del mare e cosa più di una passeggiata sulla spiaggia a piedi nudi o a una nuotata nel blu più profondo riesce a farci sentire liberi almeno per un po’? — l’altro argomento ricorrente della giornata è stato proprio quello della sostenibilità e del rispetto necessario per l’ecosistema marino e i suoi abitanti. Chi in veste “formale” chi meno, tutti gli chef che hanno a che fare quotidianamente con la materia prima ittica sono ben consapevoli di quanto sia delicato e prezioso l’equilibrio dell’ambiente da cui arriva e del proprio ruolo nel
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tutelarlo e salvaguardarlo. Senza, naturalmente, rinunciare ad un grammo di gusto, ma anzi andando alla scoperta di specie meno note e sfruttate e di tecniche di preparazione capaci di esaltare al massimo il sapore iodato e marino degli ingredienti. Le sinfonie di Pino Cuttaia Pino Cuttaia, volendo, è andato anche oltre: riprendendo un’antica usanza della cucina povera e popolare del Sud — come nei famosi spaghetti alle vongole fujute della tradizione partenopea, in cui bastano gli aromi di aglio e prezzemolo soffritti a richiamare alla mente il delizioso piatto solitamente preparato con i bivalvi — ha usato appunto aglio e prezzemolo a ricreare sensazioni di mare e di terra nei suoi piatti, utilizzandoli come note musicali con cui comporre diverse, possibili “sinfonie”: dalla minestra di finto pesce con aglio, prezzemolo, pomodoro, mandorle e stracciata d’uovo a ricreare sapori e consistenze ittiche fino al cuscus (rigorosamente incocciato a mano) con pesto trapanese a base di mandorle, pomodoro essiccato e basilico, anche in questo caso con
una generosa aggiunta d’aglio. Solo alla fine, nel terzo piatto, è spuntato anche il pesce “vero”: un filetto di tonno appena scottato in forno, condito con olio e limone — con tanto di seme, per ricordare “il gesto d’amore materno” della madre che gli preparava questo piatto da piccolo, quando stava male, facendolo cuocere a bagnomaria — ma con un rispetto tutto moderno per la materia prima, lasciata quasi intatta.
“Gli chef hanno avuto gioco semplice a parlare di libertà attraverso i loro piatti, perché cosa c’è di più libero del mare e cosa più di una passeggiata a piedi nudi sulla spiaggia o una nuotata nel blu riesce a farci sentire liberi almeno per un po’?”
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Carpaccio di anguilla su pane e pomodoro di Nazario Biscotti. Ronca & Pesce: un merluzzo può far primavera? L’affiatatissima coppia nella vita e sul lavoro — lei in cucina, lui tra mare, sala e public relation — formata da Patrizia Ronca e Gino Pesce ha virtualmente preso per mano il pubblico in sala portandolo a fare una Passeggiata tra Ponza e Palmarola, altra splendida isola dell’arcipelago pontino. Questo il titolo del loro intervento e il nome del primo piatto proposto: un piatto “semplice”, basato soprattutto sull’assemblaggio degli straordinari prodotti che ogni giorno il mare regala loro (scampi, gamberi e calamaretti spillo crudi e appena marinati con limone e finger lime, più qualche filetto di triglia reso croccante) e accompagnati da una leggera spuma di acqua di mare — unica fonte di sapidità del piatto — e dal sapore intenso delle alghe, sotto forma di eterea sponge alle mandorle. Bello anche il loro Merluzzo in primavera, filetto di merluzzo che hanno marinato in sale grosso, scorza di limone e timo, poi battuto con un batticarne, condito con olio extravergine e timo e arrotolato su sé stesso. Cotto a 70 °C per pochi minuti, viene poi panato con un mix di erbe (timo, basilico e prezzemolo) e alghe essiccate, e accompagnato dal tocco delicato della crema di piselli al limone e della granita di piselli, con la nota colorata della polvere di rapa rossa essiccata.
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Una ventata di freschezza tra terra e mare che ben raffigura la loro situazione, quella di un lembo di terra in mezzo al mare. «Da Ponza — raccontano — da dove ti giri vedi il mare, tutta l’isola raggiunge appena 7,5 km². A volte rimaniamo isolati per giorni, se fa brutto tempo i collegamenti con la terraferma vengono sospesi». Di contro, il mare sa essere generoso: «usiamo solo pesce selvaggio pescato da una cooperativa isolana, i ponzesi sono pescatori da sempre. Ma bisogna saperlo trattare bene, il pesce; da noi si dice che ha 24 virtù, e ne perde una ogni ora che passa». Caputo: cucina a scarto zero Alfonso Caputo ha fatto precedere la sua presentazione dalle suggestive immagini di Punta Campanella, che divide i golfi di Napoli e Salerno: un vero paradiso, sopra e sottacqua. Qui si affaccia Marina del Cantone, la piccola baia dove si trova La Taverna del Capitano, famosa tanto per la cucina di mare che per i leggendari spaghetti alle zucchine “alla Nerano”. Ma a Milano, naturalmente, lui è venuto per parlare della prima, decisamente “a scarto zero”. «Tra tutti i prodotti del mare — ha detto lo chef — noi usiamo solo il 10% di quello che è edibile; in Asia, ad esempio, c’è una maggiore conoscenza e le risorse marine vengono sfruttate meglio», traendo il
massimo da ogni prodotto. Da questo presupposto partono i piatti che ha presentato al congresso. Per esempio il Concentrato di mare, una sorta di aspic di mare a forma d’uovo, omaggio alla Pasqua vicina: lo ha realizzato utilizzando ogni parte di polpo, gamberi e frutti di mare, a cominciare dalla stessa acqua di cottura. Il mix di diversi brodi di mare, ricchi di proteine e collagene, diventa una sorta di gelatina (senza aggiunta di sostanze addensanti, né di sale e grassi) che contiene molluschi e cefalopodi a pezzetti ma pure alghe e polvere di gusci di gambero; i tentacoli del polpo, invece, vengono farciti nella piccola cavità centrale con una mousse di ricotta ed erba cipollina come fossero cannoli. Pascucci: alghe, radici di duna e i muggini di Burano Gianfranco Pascucci, bravissimo cuoco-surfista laziale, ha raccontato della sua nuova esperienza come ambasciatore delle oasi del WWF: un percorso nato con la partecipazione a Expo 2015 ma anche con il suo interesse per la vicina Oasi di Macchiatonda, da cui arrivano molte delle alghe e delle radici di duna che usa nei piatti del ristorante di Fiumicino. Da lì, il discorso si è allargato ed è nato, ad esempio, il bel progetto di valorizzazione del muggine dell’oasi di Burano, vicino Capalbio: i pescatori solitamente ne lavoravano e vendevano le uova sotto forma di bottarga, richiestissima, mentre le ottime carni di questa specie venivano trascurate. Lui ha iniziato a usarlo invece come protagonista dei suoi piatti, come quello proposto al congresso: preparato in una sorta di shabu-shabu in cui l’acqua bollente e salata passata sulla pelle ne cambia la consistenza, e poi affumicato con arbusti marini, che ricordano la libertà e la spensieratezza dei falò estivi sulla spiaggia. Pascucci lo serve con un distillato di aromi di duna e agrumi, pelle di muggine (lavorata come una specie di bottarga) e alga wakame, salsa di radici ed erbe di duna, carciofi croccanti e bottarga di riccio. «Non buttiamo via niente — ha sottolineato lo chef — il mare è il mio primo
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Piace l’Alaska ittica in versione gourmet
Il Muggine nell’Oasi di Burano di Gianfranco Pascucci. fornitore, e non accetta più filetti di pesce: devo usufruire al massimo di quello che mi dà, puntando sullo scarto zero». Grazie anche al suo intervento, adesso il muggine di Burano ha trovato un mercato più ampio. Un modo per ridare dignità e identità a un prodotto e a un territorio, proprio come lui cerca di fare con Fiumicino che i più conoscono solo per l’aeroporto e ha invece una forte connotazione naturalistica e marinara. Dalle dune di Focene, ad esempio, arriva la Cakile Maritima, erba di mare dal sapore piccante che accompagna i suoi buonissimi Ravioli umami con fegato di pescatrice — un prodotto, nota lo chef, che non esiste, nel senso che è raro trovarlo ed è impossibile da conservare, per cui va lavorato al momento, e goduto quando c’è — preparati espressi al ristorante e serviti con polpa di pomodoro, infuso di lische di alici e piccioli di ciliegia. Mauro Uliassi: menu ad alto tasso di felicità È stato tutta una metafora marinara l’intervento di Mauro Uliassi, bravissimo e scanzonato chef marchigiano, forse il più vocato di tutti a parlare di mare e di libertà. Il suo ristorante sembra una barca sempre pronta a salpare per nuove avventure culinarie e, ricorda lui, come una barca ha
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Tre giorni pieni di profumi, di colori e, soprattutto, di entusiasmo anche per i pesci dell’Alaska, ospiti del congresso milanese: i salmoni nelle loro cinque diverse varietà, carbonaro, ikura, grancevola e un granchio reale corteggiatissimo dai fotografi, sono rimasti in bella mostra nella “vetrina polare” dello stand di Alaska Seafood, ente promotore della pesca di quello Stato suscitando un grandissimo interesse, sia tra gli esperti sia tra i curiosi, ammirati da quegli esemplari invitanti. Un interesse motivato anche dalla peculiarità di questi pesci non solo selvaggi e naturali ma anche frutto di una regolamentazione della pesca che, in Alaska, si svolge nel pieno rispetto della sostenibilità e della protezione dell’ambiente. A renderli, oltre che preziosi anche straordinariamente appetibili, ci ha pensato lo chef ALESSIO TAFFARELLO che, con alcuni membri della sua brigata (in foto insieme a David McClellan, rappresentante regionale per l’Italia di Alaska Seafood Marketing Institute), ha creato degli straordinari finger food.Taffarello, trevigiano d’origine, vanta tra l’altro, nel suo curriculum, anche una laurea in lingua giapponese, una passione che l’ha avvicinato alla cucina di quel Paese, cucina in cui riversa grande esperienza e creatività. La sua voglia di crescere professionalmente lo ha spinto a non rimanere a lungo nello stesso posto, in una sorta di rincorsa che vive in lui ancora oggi.A Identità Golose ha portato il “Nigiri di riso venere con carbonaro dell’Alaska marinato all’alga kombu e servito con ponzu aromatizzata all’umeshu e daikon cress”; una “tartare di salmone selvaggio, che si scioglie in bocca, servita al naturale con salsa Wasabi stemperata con yogurt greco” e, ancora, una “noce di burro al pistacchio, crumble di amaranto al nero di seppia, ikura e acetosella minore”. Ingredienti forse più facile “a mangiarsi che a dirsi” ma lo chef li ha saputi raccontare con grande competenza e semplicità. >> Link: alaskaseafood.it
bisogno di cura e manutenzione. Ma cita pure il brain-sailing — metodologia creativa più soft del “classico” brain-storming — che porta lui e la sua brigata, veleggiando dolcemente tra idee e suggestioni sensoriali, a mettere a punto le idee del Lab, il menu creativo e sperimentale proposto ogni anno al ristorante. Anche
quest’anno il piatto di apertura del menu — chiamato senza mezzi termini Benvenuti al mare — apre l’esperienza gastronomica restituendo prima di tutto le suggestioni multisensoriali del mare al mattino, e quella sensazione unica di libertà e piacere che questa esperienza regala. Un piatto elegante, minimalista
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A sinistra: il Redanghan di Fabrizio Ferrari. A destra: Unagi Takikomi gohan di Niimori Nobuya. e profumatissimo in cui anemoni di mare, ricci, plancton, ostriche — ognuno con una sua precisa sfumatura salmastra e iodata, da quella fenica delle anemoni sarde all’incredibile sentore di «triglia di scoglio all’ennesima potenza» del plancton “brevettato” dallo chef spagnolo ÁNGEL LEÓN — sono affiancati da una polvere di alghe e da un brodo di vongole aromatizzato con zeste di limone: un piatto “iper-marino”, ad alto tasso di felicità. Bellissima — e buonissima — anche la sua già nota Carbonara di mare, dove la cremosità del tuorlo è ottenuta mescolando diversi tipi di uova ittiche di mare e di lago (coregone, muggine, salmone e canocchie) e la croccantezza del guanciale è sostituita da quella delle trippe di baccalà e della pelle di rombo. Biscotti-Nobuya, anguille pugliesi e unagi giapponese L’anguilla — esemplare maschio, e il suo alter ego femminile, il capitone — è stata protagonista dell’intervento che ha visto insieme due chef molto diversi tra loro, ma legati appunto da questo pesce che vive in acque
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salmastre fino al momento di deporre le uova — per gli esemplari femmina — percorrendo chilometri e chilometri verso le acque dolci e smettendo anche di nutrirsi fino al compimento della missione. Due tradizioni molto diverse, quelle della Puglia e del Giappone, che trovano punti di contatto nel lavoro di Nazario Biscotti e Niimori Nobuya. Il primo, figlio di pescatori da cinque generazioni, è impegnato da anni nella battaglia per una pesca più etica nel lago di Lesina — straordinario habitat dove sostano le anguille attirate dai ricchi fondali — proponendo una pesca più soft che permetta il ripopolamento delle acque. Nel suo piatto l’anguilla maschio — riconoscibile dal dorso striato di verde e giallo — viene sfilettata, arrotolata con zafferano e pepe e cotta al vapore, servita affettata sottile insieme a una crema di pane e pomodoro che ricorda da vicino le merende pugliesi di una volta. Nobuya, chef del milanese Sushi B, ha scelto invece il capitone (anguilla femmina dai riflessi azzurrognoli, in giapponese unagi) per preparare un tipologia particolare di Unagi
Gohan, piatto tradizionale giapponese a base di anguilla laccata con salsa e uova di anguilla femmina; come al ristorante milanese SushiB, la serve con riso, alghe, shizo e del dashi caldo, con l’immancabile tocco piccante del wasabi a finire. Cera, essenza di laguna Il pesce della laguna veneta è protagonista dei piatti di Lionello Cera, e non da ieri: il locale di famiglia è prossimo a compiere 50 anni, e lui — che ne ha altrettanti — lo ha trasformato negli ultimi 25 da “cicchetteria” popolare a ristorante con due stelle Michelin, insieme ai fratelli Daniele e Lorena e alla moglie Simonetta. Essenza della laguna si chiama il piatto a base di pesce crudo proposto al congresso, elegantissima composizione in cui il ruolo centrale spetta al gò, vale a dire il ghiozzo, tipico pesce lagunare. Altrettanto bello e minimalista il secondo piatto, che vede il pesce affiancato alla pasta ma nonostante ciò, ha spiegato lo chef, viene servito come antipasto e non come primo piatto: Capelli d’angelo con succo di canocchie e carote, cappetonde,
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lucerna e acetosella, una sorta di tavolozza di colori e sapori della laguna e dei suoi frutti più preziosi. Le isole di Fabrizio Ferrari A chiudere la giornata è stato il giovane e bravo Fabrizio Ferrari, che a Lecco ha deciso di puntare esclusivamente su una cucina di mare: fortemente impegnato sul tema della sostenibilità marina, è Ambassador del Marine Stewardship Council (www.msc.org), organizzazione britannica indipendente dedicata alla pesca sostenibile che ha lanciato un programma di certificazione — con tanto di bollino — che traccia in maniera rigorosa tutta la catena di custodia dal peschereccio alla tavola, per verificare il rispetto di pratiche di pesca ecosostenibili e garantire non solo il presente ma anche il futuro delle riserve ittiche mondiali. Ferrari è stato il primo chef italiano ad aderire al programma certificando il suo locale, e si batte per ampliare il numero di colleghi e consumatori informati e attenti alla
questione. «Il pesce rappresenta l’unica fonte di proteine buona e sana che è ancora possibile “cacciare”, al contrario della carne che è ormai tutta di allevamento. Nonostante ciò, spesso ci ostiniamo a voler mangiare orate e branzini di allevamento e ignoriamo altre specie buonissime, e ancora numerose nei mari del mondo» spiega Fabrizio. Lui dal canto suo non solo fa attenzione alla provenienza e alle modalità di pesca del prodotto, ma studia alghe, fondali, specie poco note e “sfruttate” e tecniche di cucina orientali come la fermentazione per creare piatti buoni e rispettosi dell’ecosistema marino. Come i tre che ha presentato al congresso, nell’intervento che ha intitolato Il mare in crisi di identità, in cui ha voluto “riprodurre” tre diversi tipi di fondali, richiamando in modo giocoso nei nomi dei piatti quelli di altrettanti atolli, dalle Maldive alla Thailandia. Così Medufushi — dedicato all’isola maldiviana di Thudufushi — vedeva protagoni-
ste meduse (in insalata) e pollack, una specie meno nota di merluzzo dei mari del Nord, trasformato in “spugna”. In Lumalulu (che richiama la mitica Honolulu) ha messo insieme due specie di lumache di mare —littorina e buccino — accompagnate da una “sabbia” di pasta di sesamo e da diversi tipi di alghe (Codium, alga ad alberello dall’ottimo sapore, Mastocarpus e Gracilaria) a ricreare uno dei meravigliosi e delicati fondali marini che rischiano di scomparire per colpa dell’uomo. In Redanghan — proposto anche al ristorante con un altro nome, ma ribattezzato in onore del Golden Redfish, protagonista principale del piatto, e dell’isola tailandese di Koh Phangan — infine, la carne soda dello squisito pesce islandese viene marinata, secondo una tecnica orientale, con gli enzimi di frutti come ananas e papaia. Luciana Squadrilli Nota Photo © Brambilla-Serrani.
Società Agricola Moceniga Pesca S.S. V.le Marconi 3/A 45010 - Rosolina (Rovigo) Tel./Fax: 0426 340265 E-mail: moceniga@libero.it
Centro di Depurazione e Spedizione
Centro di Depurazione e spedizione molluschi Via dell’Artigianato 20/22 45010 - Rosolina (Rovigo) Tel.: 0426 270034 Fax: 0426 047500 E-mail: segreteria@moceniga.it Web: www.moceniga.it
Viale Marconi 68 - Rosolina (RO) - Fax 0426 047500 - 0426 664990 Web: www.almeca.it - E-mail: almeca2007@libero.it
Taste, ricco e stiloso come sempre di Elena Benedetti
Marzo è il mese del cambio di stagione, dell’arrivo della primavera e di Taste, la rassegna dell’enogastronomia artigianale di qualità più stilosa del mondo! Dal 12 al 14 marzo, infatti, la storica sede della Stazione Leopolda ha ospitato il salotto nazionale del bere e mangiare bene, nato undici anni fa dalla collaborazione di PITTI IMMAGINE con il gastronauta DAVIDE PAOLINI. E anche quest’anno Taste è stata l’occasione per immergersi tra le eccellenze del gusto, dell’Italian life style e del design della tavola con 340 aziende selezionate tra le migliori produzioni di nicchia. L’edizione 2016, con sottotitolo “In viaggio con le diversità del gusto”,
si è confermata allegra e colorata, abbellita da tanti allestimenti di erbe aromatiche che richiamavano alla terra. Una sorta di albero della cuccagna moderno: questo è stato il tema del nuovo layout del salone — curato da ALESSANDRO MORADEI — con cui Pitti Taste ha avvolto il suo pubblico di professionisti del settore e di visitatori in un percorso sorprendente. Bellissima la nuova location del Teatro dell’Opera, nel cui piazzale e nel foyer sono stati ospitati per la prima volta gli eventi della rassegna fiorentina. Tra salumi, formaggi, dolci, aceto balsamico, prodotti ittici e da
forno, oltre ad una selezione di vini e complementi di arredo, la Stazione Leopolda è stata invasa da operatori di settore, buyer italiani ed esteri, stampa e visitatori. I prodotti esposti sono stati fotografati con tablet e smartphone, condivisi sui social e, soprattutto, assaggiati. È stata una grande festa, insomma, e un’altra bella occasione di business per tanti nostri eccellenti produttori. Tra l’ampia offerta di Taste ricordiamo il caviale fresco e su ordinazione della veneta Caviar Import, che nel corso dell’evento è stato abbinato allo Champagne dallo chef Daniele Di Sacco.
Alcuni scatti durante Taste 2016, svoltosi come solito alla Stazione Leopolda di Firenze. L’undicesima edizione del salone si è conclusa all’insegna del grande successo. I buyer internazionali in crescita esponenziale (+75%), hanno fatto raggiungere quota 5.000 compratori complessivi. In crescita anche il totale delle presenze (+11%), che ha superato i 15.500 visitatori in tre giorni. Taste è sempre più l’evento imperdibile per i professionisti dell’eccellenza gastronomica e della food culture internazionale (photo © Pitti Taste).
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1/2) Il tema del layout scenografico di questa edizione è stato curato da Alessandro Moradei. 3) Giampietro Visentin e Marco Toninato della Caviar Import di Gardigiano di Scorzè, Venezia, azienda leader nella produzione e importazione del caviale belga, che a Taste è stato abbinato allo Champagne. 4) La bottarga di Muggine di Stefano Rocca. 5) Ricca la degustazione di affumicati della Friultrota con salmone, pesce spada, aringa e una linea di marinati. 6) L’esposizione di Ghezzi Alimentari – Genuine Tradizione di Mare di Vinci, Firenze (photo © Elena Benedetti).
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Dal 21 al 27 aprile torna in scena sulle sponde del Benaco
Fish & Chef: sdoganiamo il pesce d’acqua dolce di Riccardo Lagorio
Il pesce d’acqua dolce ha scontato per decenni nelle cucine dei ristoranti il peccato originale di essere considerato fratello minore del pesce di mare. Una differenza in verità giocata sul sottile filo dell’essere strumento di sopravvivenza delle popolazioni rivierasche in un caso e bene di lusso per bocche cittadine e opulente nell’altro. Alla meritoria opera di sdoganizzazione da parte dei FRATELLI SERVA che persistono nell’opera di riconoscimento di quel pescato (LAGORIO R., La Trota: nuova dignità alla cucina “fluviale”, IL
PESCE n. 5/2012, pag. 75), ha fatto seguito la notorietà nel panorama nazionale di un’iniziativa volta a valorizzare il pesce di lago, ideata sulle coste del maggiore specchio d’acqua peninsulare, il Benaco. Il cartellone dell’edizione 2016 di Fish & Chef, la settima, è stato presentato nelle scorse settimane alla stampa ed è in programma dal 21 al 27 aprile in amene località gardesane. Lo spirito della manifestazione è aprire le porte di grandi ristoranti che si affacciano sul lago ad altrettanti noti e assai stimati cuochi foresti i quali, insieme ai
padroni di casa, propongono serate a tema con al centro dell’attenzione il pesce d’acqua dolce (ma anche preparazioni di carne, in particolare di Garronese veneta, caratterizzata da fibre muscolari molto sottili che conferiscono estrema tenerezza al taglio desiderato). L’edizione 2015 ha ad esempio firmato il sodalizio tra alcuni dei più affermati ristoranti gardesani con altrettanto rinomate firme della cucina. Presso il raffinato ristorante Capriccio di Manerba del Garda, sulla sponda bresciana, furono ospitati i FRATELLI PORTINARI,
Leandro Luppi, organizzatore dell’evento insieme a Elvira Trimeloni, albergatrice di Malcesine.
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interpreti dell’affascinante cucina de La Peca, nel Vicentino, per proporre assieme alla padrona di casa GIULIANA GERMINIASI piatti ridondanti di piacere come il Pacchero alla carbonara vegetale con trota affumicata e crema di germogli e il Salmerino in pelle croccante, asparagi fondenti, pearà di acciughe e wasabi di asparagi. All’Hotel Lido Palace di Riva del Garda la signorile e fantasiosa mano di ALESSANDRO GAVAGNA (I Cacciatori presso La Subida di Cormons nel Goriziano) maritò gli Asparagi del Carso con il carpaccio di salmerino e l’olio del Garda mentre bisogna risalire all’edizione 2014 per incontrare personaggi del calibro di ANTHONY GENOVESE de Il Pagliaccio di Roma ospitato all’Oseleta di Villa Cordevigo a Cavaion Veronese (di LAGORIO R., L’Oseleta: il viaggio è servito, IL PESCE n. 1/2016, pag. 78) con l’esotico Luccio in agrodolce (un’idea dall’Oriente). Materie prime non convenzionali adattate dunque da creatività non convenzionali e ispirate da insolita capacità d’interpretazione. Il 2016 è la volta di personaggi eclettici come LUCA MARCHINI dell’Erba del Re di Modena che ci ha abituato negli anni alla realizzazione di personalissime rivisitazioni di materie prime accuratamente selezionate (ospite dell’Hotel Bellevue San Lorenzo a Malcesine, VR) o innovativi e appassionatamente legati al territorio d’origine come ANDREA APREA, campano di stanza presso il ristorante Vun di Milano, che fa tappa all’Hotel Villa Fiordaliso di Gardone Riviera. Sarebbero sufficienti questi nomi (unitamente ai molti altri che per ragioni di spazio e per stimolare la curiosità del lettore non citiamo; si visiti piuttosto il sito ufficiale della manifestazione, www.fishandchef.it) a rendere meritoria l’opera svolta negli anni dagli organizzatori, LEANDRO LUPPI ed ELVIRA TRIMELONI. Invece il loro entusiasmo li ha portati a percorrere, sempre con l’obiettivo di stimolare il territorio grazie alla risorsa principale, ovvero il pesce d’acqua dolce, la strada di un’iniziativa di più ampio respiro. Perché, se è vero che l’attenzione sarà catalizzata dalla
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Aperitivo sul lago in occasione dell’edizione 2015 di Fish & Chef. presenza serale di grandi cuochi nelle stanze gardesane, è altrettanto vero che tutti i giorni, dal 21 al 27 aprile, il lungolago di Garda sarà teatro dei migliori interpreti della cucina gardesana, rinforzata da artisti locali che animano le giornate con prestazioni musicali ed esibizioni pittoriche ed intrattenimento vario. Insomma: le materie prime diventano occasioni per ammirare opere d’arte. Presentazioni dal vivo di ricette, idee per preparare cibo da strada e da passeggio durante le prime ore del giorno, incontri di degustazione alla scoperta del migliore abbinamento tra pesce di lago e vini locali nel pomeriggio. E poi il gran finale a più mani presso La Casa degli Spiriti di Costermano (VR), mercoledì 27 aprile: i migliori cuochi gardesani giocheranno tra le mura domestiche per interpretare i prodotti del loro territorio. Il progetto ClimeFish e la tutela degli ecosistemi Del resto, il Garda è uno tra i sedici casi di studio che saranno analizzati nel corso di una ricerca che impegnerà per i prossimi quattro anni ben 21 istituzioni (tra università, centri di ricerca ed organismi sovranazionali) da 21 Paesi, tra cui l’Università Ca’ Foscari Venezia. Il progetto è ClimeFish, acronimo per “Co-creating a Decision Support Framework to ensure sustainable fish production
in Europe under climate change”, finanziato con oltre 5 milioni di euro nell’ambito del programma europeo HORIZON 2020, attraverso una misura dedicata espressamente alla previsione degli effetti dei cambiamenti climatici su pesca e acquacoltura. I ricercatori vogliono approfondire se il cambiamento degli aspetti climatici può mettere a rischio l’esistenza del pesce nel grande lago, con l’eventuale obiettivo di suggerire strategie di adattamento che permettano alle attività economiche legate alle risorse ittiche lacustri e marine di rispondere in maniera efficace ai cambiamenti del clima. Tutelare gli ecosistemi acquatici e mantenere i beni che essi producono (con il relativo indotto economico) è l’obiettivo finale del nuovo progetto di ricerca internazionale, lo stesso ambizioso proposito che ben si realizza nel piatto grazie a iniziative come Fish & Chef. Trote, lavarelli, lucci e pesce persici ringraziano. Riccardo Lagorio
>> Link: www.fishandchef.it
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Cibus 2016, Parma al centro dell’agroalimentare di qualità Parte il 9 maggio la fiera alimentare italiana più conosciuta nel mondo. Esporranno tutte le maggiori aziende italiane di settore. In arrivo top buyer da ogni continente. Grande attesa per il nuovo spazio dedicato all’ittico: Seafood Expo
La 18ª edizione di Cibus si presenta con un’adesione senza precedenti da parte delle maggiori aziende alimentari italiane e con un’esposizione che copre tutti i settori tradizionali del comparto e tutte le nuove tendenze dell’offerta alimentare. Cibus 2016, Salone Internazionale dell’Alimentazione, organizzato da Fiere di Parma e FEDERALIMENTARE, si terrà a Parma dal 9 al 12 maggio prossimi. Saranno presidiati tutti i settori: carni e salumi, formaggi e latticini,
gastronomia ultra-fresco e surgelati, pasta conserve condimenti, prodotti dolciari e da forno, la quarta gamma, le bevande, prodotti tipici e regionali, ed altro ancora. Grande spazio avranno i prodotti vegetariani e vegani (per entrambi è stata creata la comune etichetta “VEG” che segnalerà gli stand di queste categorie), ma anche prodotti biologici e prodotti con meno grassi, meno sodio, senza glutine, ecc… «Cibus 2016 si conferma la fiera alimentare
più conosciuta e rilevante in Italia e nel mondo» ha dichiarato ELDA GHIRETTI, Cibus brand manager. «L’adesione delle aziende alimentari è fin qui numerosa ed entusiasta. Sanno di trovare una piattaforma che si modella in tempo reale alla domanda del mercato, sia in termini di innovazione che di tipicità. Gioca a nostro favore anche l’incredibile esperienza dei 6 mesi in Expo, col padiglione “CibusèItalia” che ha ospitato centinaia di buyer esteri».
Il Salone Internazionale dell’Alimentazione si è confermato nel 2014 una grande vetrina di visibilità internazionale con convegni e tavole rotonde su temi di attualità in ambito food and retail.
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Seafood Expo a Cibus, per un consumo ittico intelligente Novità a Cibus edizione 2016: nasce una nuova area dedicata ai prodotti ittici pescati e lavorati in Italia. A tal proposito sarà realizzato un padiglione dedicato al settore all’interno del quale saranno diffuse le potenzialità della pesca italiana e dell’intera filiera dei prodotti ittici freschi e conservati. È ora che l’Italia, una nazione con 8.000 km di coste, caratterizzata da marinerie importanti e prodotti unici, trovi finalmente un luogo ideale come il Cibus per favorire un consumo intelligente di pesce e prodotti ittici lavorati. L’Agorà del Pesce con Chiodi Consulting: celebriamo il Seafood made in Italy CHIODI CONSULTING (www.chiodiconsulting.it), in qualità di consulente di Fiere di Parma, all’interno di un’area denominata “Agorà del Pesce”, dedicata ad eventi e talk, organizzerà una serie di incontri mirati a valorizzare il settore dei prodotti ittici italiani. I temi che saranno dibattuti riguarderanno la valorizzazione della filiera dei prodotti pescati in Italia, che vale circa il 25% circa del totale dei consumi, e la promozione, sui mercati nazionali ed esteri, dei prodotti ittici trasformati nel nostro Paese. In Italia sono presenti numerose aziende d’eccellenza che producono conserve, prodotti affumicati, ricettati, pronti da cuocere o precotti, lavorano pesci, molluschi e crostacei provenienti dai mari di tutto il mondo, con la sapienza e la tradizionale attenzione ai gusti regionali che rendono unici i nostri prodotti a base di pesce. Dal tonno al salmone, dai crostacei ai molluschi, i prodotti ittici italiani potranno penetrare sui mercati esteri migliorando le performance in termini di fatturato e redditività. Il Seafood made in Italy rappresenta oggi un settore importante dell’economia agroalimentare italiana, che troverà in questo spazio finalmente la sua identità e potrà recitare un ruolo da protagonista nei mercati nazionali ed esteri. Saranno organizzati talk in collaborazione con le aziende del processing, come ad esempio Sealed Air Corporation, che stanno stimolando le società ad investire in nuove linee di prodotti, in collaborazione con grandi insegne della GDO, anch’esse presenti alle tavole rotonde, e si ragionerà insieme per definire nuove referenze rispondenti ai gusti dei consumatori, al fine di sincronizzare la produzione con il mercato. I consumi di pesce e molluschi freschi, congelati, affumicati e conservati, sono in forte crescita poiché rispondenti ai bisogni di salubrità e praticità che altri alimenti proteici non sono in grado di garantire al consumatore con le stesse modalità. In ultimo, particolare attenzione sarà riservata ai prodotti gourmet e allo street food a base di pesce con presentazione d’aziende d’eccellenza durante l’happy hour nell’area appositamente allestita all’interno del padiglione dedicato al seafood. Un focus importante sarà dedicato anche ai prodotti dell’acquacoltura italiana, dalle trote ai branzini, dalle orate agli storioni: produzioni nazionali d’eccellenza anch’esse in forte crescita nei consumi, in ragione del calo del pescato e della scarsità di prodotti sui mercati mondiali. Sarà analizzata, in collaborazione con API, Associazione Piscicoltori Italiani, la propensione dei consumatori italiani a non considerare più il prodotto ittico allevato — dal pesce ai frutti di mare — come un prodotto inferiore a quello pescato. A tal proposito sarà presentato un originale ed innovativo progetto dei pescatori di Caorle inerente la vongola di mare, recentemente promosso e finanziato dalla Direzione Generale della Pesca. Cibus rappresenterà così una vetrina ideale per favorire lo sviluppo di un comparto che vale un 10% del PIL agroalimentare italiano, con ampie possibilità di crescita, in ragione del buon andamento dei consumi che i prodotti ittici stanno riscuotendo sui mercati nazionali ed esteri.
Le novità del 2016 Per quanto riguarda le attività e le novità di Cibus 2016, sono quattro gli ambiti di interesse che verranno presidiati: 1. Sezioni Speciali; 2. Convegni & Workshop; 3. Incoming; 4. Eventi in Città. Il rinnovato padiglione 7 della fiera, valorizzato dal nuovo ingresso Ovest, creato ricostruendo a Parma il padiglione CibusèItalia presente ad Expo, ospiterà in questa edizione sezioni speciali e novità. Nelle sezioni speciali troviamo il nuovo spazio halal/kosher, uno showcase dedicato
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ai prodotti made in Italy certificati halal e kosher. Altra nuova area sarà lo spazio Seafood Expo, dedicato agli espositori del settore ittico dove i visitatori avranno la possibilità non solo di scoprire i prodotti ma anche di partecipare ad incontri ed approfondimenti sul tema, presso la specifica area workshop. Attenzione al retail La 18a edizione della manifestazione vedrà anche un particolare focus sul retail, con un convegno che si concentrerà sul ruolo della marca del distributore nello sviluppo dell’export italiano. Altro spazio
dedicato all’approfondimento dei temi legati al retail sarà un’area workshop all’interno del padiglione 7 dove verranno organizzati incontri pomeridiani dedicati all’analisi degli scaffali all’estero e a come vengono presentati i prodotti made in Italy nei principali mercati obiettivo. Risorse sull’incoming L’attività incoming realizzata in collaborazione con ICE/Italian Trade Agency, che svolge da sempre un ruolo chiave nella strategia di Cibus, quest’anno si rafforza con un investimento di oltre 2 milioni di euro, stanziati nell’ambito delle azioni di
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promozione a sostegno dell’agroalimentare italiano promosse sotto il segno distintivo The Extraordinary Italian Taste, per ospitare buyer e importatori internazionali. Il piano prevede una offerta strutturata che aggiunge alla visita della fiera anche retail tour, gala dinner e post show tour presso alcuni stabilimenti produttivi sul territorio. L’attività di incoming è coadiuvata da un’intensa attività di roadshow internazionale, che ha portato gli organizzatori di Cibus ad incontrare professionisti del settore a San Francisco in gennaio per il Winter Fancy Food, al Gulfood a Dubai in febbraio e al Foodex di Tokyo in marzo. Cucina e fuori salone Confermati anche per questa edizione il coinvolgimento della Scuola Internazionale di Cucina Italiana ALMA con Alma Caseus, premio dedicato ai produttori e ai professionisti del settore lattiero caseario, e lo spazio MicroMalto organizzato in collaborazione con Birra Nostra, dove verranno presentate le migliori produzioni di birre artigianali italiane. Il tema dello sviluppo del segmento Fuori Casa sarà invece approfondito grazie ad un convegno dedicato alle tendenze dell’offerta organizzata, collettiva e commerciale. L’appuntamento vedrà coinvolti manager delle catene out-of home e la partecipazione di NPD Group, realtà leader nella fornitura di dati di scenario e comportamenti e trend di consumo nel fuori casa. Sempre per quanto riguarda i convegni, torna l’annuale appuntamento de-
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dicato alle leve promozionali curato dall’Università degli Studi di Parma e Nielsen in collaborazione con Fiere di Parma. Al centro dell’incontro le nuove traiettorie della promozione delle vendite e le possibili vie d’uscita dalla saturazione promozionale di prezzo per industria e distribuzione. Torna Ecotrophelia, il concorso per l’innovazione e la sostenibilità dei prodotti alimentari organizzato da Federalimentare e rivolto agli studenti universitari italiani afferenti al settore alimentare. Federalimentare presenterà anche un cartellone seminariale che riguarderà programmi di ricerca, innovazione e sviluppo e un Workshop scuola e azienda. Per Cibus 2016 è stato rinnovato ed ampliato il fuori salone, il programma di attività nelle strade e nelle piazze di Parma, con “Cibus in fabula” che, forte dall’esperienza di Expo, avrà il suo fulcro nella cornice suggestiva della chiesa di San Tiburzio dove verrà collocata un’installazione di Generative art realizzata da FELICE LIMOSANI, “Il piatto del giorno”, e attraverso l’allestimento scenografico dell’Ospedale Vecchio in centro a Parma. Inoltre, si conferma anche per questa edizione la collaborazione con “I Love Italian Food”, che si occuperà di promuovere le produzioni agroalimentari made in Italy al proprio network di food blogger internazionali coinvolgendoli direttamente e invitandoli a seguire le novità presentate in occasione della nuova edizione della manifestazione. >> Link: www.cibus.it
Who? When? Where? L’ingresso a cibus è aperto al solo pubblico dei professionisti del food, retail e HO.RE.CA. nazionale ed estero. Nel 2014,oltre 67.000 visitatori qualificati, 12.000 esteri, di cui 1.000 top buyer esteri da 50 Paesi, hanno partecipato a Cibus. Dal 9 al 12 maggio 2016. Dalle ore 9:30 alle 18:00. Presso il Quartiere fieristico di Parma, Viale delle Esposizioni 393A – 43126 Parma.
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Fiera Milano: come conquistare in 10 mosse il cliente di domani Qual è il profilo del consumatore di domani? Già da diverso tempo, ogni anno prova a rispondere a questa domanda Euromonitor International, tra i più autorevoli analisti internazionali nel largo consumo, con la ricerca Top 10 Global Consumer Trends. E tra le dieci tendenze individuate per il 2016 dagli esperti londinesi, molti sono gli spunti per il settore food & beverage. A cominciare dal comprare tempo. Che, si sa, nel mondo frenetico di oggi è il bene più prezioso. Non stupisce quindi che il 35% dei rispondenti affermi infatti di “non avere tempo per cucinare”: un segmento importante, dove però occorre un grande lavoro di educazione alla qualità. Se il 25% considera convenienti i cibi pronti, solo il 13% li trova più gustosi e appena il 5% più sani. In apparente contraddizione è il trend del consumatore agnostico, che “svolazza” da un prodotto all’altro con poca fedeltà al brand: è l’enorme quantità di dati
a disposizione oggi — web in primis — che gli consente di farlo in modo rapido. Paradossalmente, però, il consumatore iper-connesso comincia a risentirne in termini di salute. Cresce il desiderio di “disconettersi” di tanto in tanto e, in risposta, aumenta l’offerta fuori casa di locali con politiche leave your device, come le Spa. Per sfuggire al potere del web, comunque, non si può più contare nemmeno sul bacino di riserva degli anziani: il trend della sfida dell’età ci dice che gli over 60 comprano ormai on-line quasi il 15% dei cibi e bevande, la categoria di prodotti più comprata in rete da questa fascia d’età. Tra i Millennial le propensioni d’acquisto appaiono anche più influenzate da valori, scelte etiche e minore enfasi sul possesso mentre, in generale, sfumano le differenze di genere e i single si confermano big spender. Una conferma riguarda la ricerca di cibi più naturali. Quasi il 50% dei rispondenti mette la presenza di
soli ingredienti naturali in cima alla lista delle motivazioni di acquisto mentre, calcola l’analista, il valore del mercato mondiale dei prodotti bio confezionati supererà quest’anno i 32 miliardi di dollari e quello delle bevande bio sfiorerà i 4 miliardi. Il contraltare è la tendenza cosiddetta del comprare per controllare, dettata da ansie non solo salutistiche ma anche di sicurezza personale. Nel complesso, con qualche chiaroscuro, si conferma l’evoluzione dell’esperienza di acquisto, specie nel mondo food, verso un modello olistico che la vede integrata in un concetto di benessere della persona a tutto tondo. >> Link: www.tuttofood.it
Tuttofood, si lavora per il 2017 (8-11 maggio) Si apre all’insegna della straordinaria risposta degli espositori il 2016 di Tuttofood, la biennale di Fiera Milano dedicata al mondo dell’agroalimentare in tutte le sue declinazioni C’è già stata per il prossimo anno la riconferma di numerosi grandi nomi del settore, delle principali regioni produttive italiane, nonché di associazioni e di aziende e collettive internazionali. Ad oggi è già stato prenotato oltre un terzo della superficie espositiva occupata nel 2015, una situazione identica a quella raggiunta a pari data della passata edizione, pur non essendoci più la concomitanza con Expo 2015, il che evidenzia il ruolo centrale assunto nel panorama europeo dalla rassegna milanese. È inoltre in aumento la partecipazione di produttori internazionali, che — anche grazie all’Esposizione Universale — associano ormai il food a Milano. Una crescita costante che pone Tuttofood in prima linea nella strategia del Gruppo Fiera Milano, che punta in maniera sempre più decisa a rafforzare la leadership delle manifestazioni direttamente organizzate con elevato potenziale di crescita, aumentando la penetrazione dei settori presidiati e la crescita internazionale. «I primi riscontri di questo 2016 — ha dichiarato Corrado Peraboni, AD di Fiera Milano — ci confermano che Tuttofood ha saputo valorizzare al meglio il volano di Expo in un’ottica a lungo termine. Le nuove risorse provenienti dall’aumento di capitale ci permettono di rafforzare ulteriormente le azioni dirette alla crescita dell’internazionalizzazione del nostro business, valorizzando l’appeal del made in Italy. Nel nostro portafoglio spiccano appuntamenti leader in settori dove l’Italia è il riferimento mondiale. La crescente internazionalizzazione è per noi un passaggio indispensabile per contribuire anche nei prossimi decenni all’ulteriore sviluppo del sistema fieristico e dell’intera economia».
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SICUREZZA ALIMENTARE
Relazione 2015 sul Sistema di allerta europeo RASFF Il maggior numero di notifiche di prodotti irregolari ha riguardato l’ittico
Il sistema di allerta rapido RASFF (Food and Feed Safety Alerts) consente di notificare, in tempo reale, i rischi diretti e indiretti per la salute pubblica connessi ad alimenti, mangimi e materiali a contatto, e quindi di adottare tempestivamente le opportune misure di salvaguardia e comunicarle a tutti i membri del network. Istituito sotto forma di rete, i cui punti di contatto sono la Commissione europea, gli Stati Membri dell’Unione e l’EFSA, si attiva quando un prodotto che presenta, o può presentare un pericolo, ha raggiunto il mercato comunitario. Le informazioni viaggiano attraverso il sistema sotto forma di notifiche che possono essere distinte in: • Allerta – Alert notification (massimo grado di pericolo): rischio grave per la salute, il prodotto è in commercio e occorre adottare misure immediate; • Informazione – Information: il prodotto a rischio non ha raggiunto il mercato o risulta oramai scaduto; non occorre adottare misure urgenti; • Notizia – News: informazione a carattere generale, relativa ad una non conformità registrata in un Paese Membro o in un Paese Terzo, che può essere utile agli
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altri per orientare i controlli ufficiali; • Respingimento al confine – Border rejection: informazione relativa al respingimento alle frontiere di una partita non conforme alle norme comunitarie. Dà inizio alla serie dei controlli accresciuti su partite assimilabili per origine e matrice. Nell’anno 2015 sono state trasmesse, attraverso il Sistema di allerta rapido europeo (RASFF), 2.967 notifiche contro le 3.097 del 2014 e le 3.136 del 2013. Si evidenzia, quindi, una diminuzione delle notifiche, come avvenuto negli ultimi anni, a partire dal 2012. La Commissione europea, a seguito di ulteriori valutazioni sul rischio da parte dei Paesi Membri, ha revocato 63 notifiche, che sono state escluse, successivamente, dal sistema e dal conteggio riportato in questa relazione. La raccolta dei dati per l’elaborazione di questo rapporto si è conclusa il giorno 13 gennaio 2016. La Commissione ha, altresì, trasmesso 39 News (41 nello scorso anno). Complessivamente 2.649 notifiche hanno riguardato l’alimentazione umana (2.604 lo scorso anno), 205 l’alimentazione animale (309 nell’anno 2014) e 153
la migrazione di materiali destinati a venire a contatto con gli alimenti (185 lo scorso anno). Tra le notifiche ricevute, 745 sono state Alert notification (pari al 25%), e riguardano prodotti distribuiti sul mercato, 1.370 si riferiscono ai respingimenti ai confini, mentre le restanti sono state Information notification. Tra le Information, 474 riguardano informazioni per attenzione, mentre 378 sono state informazioni per follow up. Oltre ai controlli ufficiali svolti sul mercato (1.053), le altre notifiche sono state attivate a seguito di lamentele dei consumatori, risultati sfavorevoli effettuati in autocontrollo dalle ditte, mentre 50 segnalazioni sono collegate ad intossicazioni alimentari. Numero delle notifiche trasmesse dai diversi Paesi L’Italia è risultata essere il primo Paese Membro nel numero di segnalazioni inviate alla Commissione europea, dimostrando, come negli anni passati, una intensa attività di controllo sul territorio nazionale, con un totale di 511 notifiche (pari al 17,2%). Dopo l’Italia vi è il Regno Unito (329), la Germania (272), seguita da Olanda, Francia, Belgio e Spagna.
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in ambito europeo o extraeuropeo. La tipologia dei prodotti irregolari è eterogenea. Il maggior numero di notifiche ha riguardato i prodotti della pesca, seguiti dall’alimentazione animale e da frutta e vegetali. Anche la tipologia del rischio è risultata essere abbastanza eterogenea, con le maggiori irregolarità dovute a contaminazioni microbiologiche, tra le quali si segnalano le notifiche per presenza di Salmonella (13 segnalazioni), E. coli (10 segnalazioni) e Listeria monocytogenes (7 notifiche). Inoltre, sono state riscontrate irregolarità per allergeni non dichiarati in etichetta (14), micotossine (11 notifiche), presenza di DNA di ruminante in alimentazione animale (11) e residui di fitofarmaci (9). Tra le micotossine, le segnalazioni riguardano le aflatossine (9), zearalenone (1) e il DON (1). La Salmonella è stata riscontrata in diverse tipologie di alimenti di origine nazionale, soprattutto in prodotti per l’alimentazione animale e in pollame.
L’Italia continua ad essere il primo Paese Membro per numero di segnalazioni inviate attraverso il sistema di allerta, con un totale di 511 notifiche. Le notifiche che hanno riguardato i prodotti della pesca sono state 434. Numero delle notifiche effettuate dall’Italia Nell’attività di controllo svolta in ambito nazionale, sono pervenute 131 segnalazioni da parte degli Assessorati alla Sanità, ASL, e 6 dal Comando Carabinieri per la tutela della Salute. Lo scorso anno sono state 137. Gli Uffici periferici del Ministero della Salute (USMAF, UVAC e PIF) hanno, invece, notificato 374 irregolarità (369 nel 2014). Numero di notifiche di allerta riguardanti l’origine dei prodotti Per quanto riguarda l’origine, i prodotti nazionali risultati irregolari sono stati 115 (89 nel 2014). Pertanto, l’Italia risulta il quinto
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Paese europeo per numero di notifiche ricevute. Nell’anno 2014 l’Italia era risultata il sesto Paese. Considerando, invece, anche i Paesi Terzi, l’Italia risulta ottava. Lo Stato che ha ricevuto il maggior numero di notifiche per prodotti non regolari è la Cina, seguita dalla Turchia e dall’India. Notifiche di allerta riguardanti i prodotti nazionali Per quanto concerne le 115 notifiche riguardanti i prodotti nazionali, si precisa che 62 segnalazioni sono state trasmesse da altri Stati Membri, mentre le restanti sono pervenute attraverso la vigilanza nazionale, trattandosi di prodotti ridistribuiti
Problematiche sanitarie per tipologia di alimenti Per quanto riguarda le categorie di prodotti, le principali non conformità sono state riscontrate nella frutta secca (principalmente per micotossine, attraverso respingimenti della merce ai porti), nei prodotti della pesca, erbe e spezie, e nell’alimentazione animale. Nel quadriennio 2012-2015, si evidenzia che il numero delle notifiche riguardanti frutta, vegetali e prodotti della pesca è comunque risultato in diminuzione rispetto agli anni precedenti. Un aumento di irregolarità ha riguardato, invece, le erbe e spezie. Infine, un incremento di notifiche ha riguardato la categoria grassi ed oli, in particolare per riscontro del colorante non autorizzato Sudan IV/I in olio di palma di provenienza Ghana o Nigeria, per un totale di 10 segnalazioni. Attraverso il sistema di allerta RASFF è stato comunicato, nel mese di novembre 2015, il coinvolgimento dell’Italia nella distribuzione di olio di palma proveniente dal Ghana, via Olanda, contaminato con Sudan IV. Il Mini-
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stero ha immediatamente allertato gli assessorati alla sanità delle Regioni e Province autonome per effettuare gli accertamenti del caso presso le ditte interessate dalla distribuzione e adottare i provvedimenti di competenza (ritiro/richiamo). Considerando che, dalle notizie disponibili attraverso il RASFF, il Sudan IV è stato identificato in più lotti con origine del Ghana, è stato chiesto agli assessorati alla sanità di incrementare i controlli sul territorio nazionale e di effettuare campioni ufficiali per la ricerca del colorante non autorizzato in olio di palma anche in lotti diversi da quelli segnalati dalle Autorità olandesi. A seguito dei controlli rafforzati disposti dal Ministero, la ASL di Reggio Emilia ha comunicato il riscontro di Sudan IV in olio di palma “ZOMI olio di palma 100% olio vergine” in bottiglia di plastica trasparente da 1 litro, prodotto da CARGEF Ghana LTD di Accra. Successivamente, la ASL di Reggio Emilia, in data 16 dicembre 2015, ha comunicato una nuova non conformità per presenza di Sudan IV in olio di palma “Ghana best olio di palma Zomi”, bottiglia di plastica trasparente da 1 litro, prodotto da ASANTA Enterprise di Accra. A seguito delle non conformità rilevate, la ASL ha provveduto al blocco del prodotto invenduto e ad attivare il richiamo al consumatore delle confezioni già vendute presso i dettaglianti.
Prodotti della pesca Le notifiche che hanno riguardato i prodotti della pesca sono state 434; la maggior parte sono state per elevato contenuto di metalli pesanti (109), seguite da presenza di contaminazioni di natura microbiologica (88), biocontaminanti (49), additivi alimentari (22), residui di farmaci veterinari (20), allergeni (15), parassiti (11), contaminazioni chimiche (9), irraggiamento (6), corpi estranei (3), tossine (1) e altri rischi, come cattivo stato di conservazione, etichettatura. Conclusioni Un dato che emerge dall’analisi delle notifiche è rappresentato dalla diminuzione delle segnalazioni trasmesse attraverso il sistema di allerta da parte degli Stati Membri. Infatti, dalle 3.434 notifiche nel 2012 si è passati alle 3.136 nel 2013, alle 3.097 nel 2014 e alle 2.967 di quest’anno. La diminuzione del numero di segnalazioni è, almeno in parte, dovuta al maggiore utilizzo dell’assistenza amministrativa tra Paesi Membri (ACA), con la comunicazione dei rischi rilevati in prodotti alimentari senza effettuare la notifica attraverso il sistema RASFF. Al momento, in sede europea, si sta discutendo sulle modalità di come differenziare i tre diversi sistemi per lo scambio delle informazioni. I tre sistemi di comunicazione sono: l’Assistenza amministrativa (ACA), il Sistema
frodi e il Sistema di allerta RASFF. L’Assistenza amministrativa viene utilizzata per scambiare informazioni sulla corretta applicazione della normativa e per le non conformità di natura non sanitaria quando ristrette a pochi Paesi Membri. Il secondo sistema riguarda invece la comunicazione di frodi di natura commerciale, mentre le frodi di natura sanitaria sono, come negli anni passati, gestite attraverso il Sistema RASFF. L’Italia continua ad essere il primo Paese Membro per numero di segnalazioni inviate attraverso il sistema di allerta, con un totale di 511 notifiche, pari al 17,2%. Per quanto riguarda l’origine, invece, i prodotti nazionali irregolari sono stati 115 (89 nel 2014). Pertanto, l’Italia risulta il quinto Paese europeo per numero di notifiche ricevute. Nell’anno 2014 l’Italia era risultata il sesto Paese. Nel corso dello scorso anno è intervenuto un cambiamento nella modalità di trasmissione delle notifiche alla Commissione europea, con l’entrata in vigore della nuova piattaforma on-line denominata I-RASFF. A partire da giugno 2014, gli uffici periferici del Ministero della Salute stanno utilizzando la nuova piattaforma. Nel corso dell’anno 2015 sono stati organizzati 48 ulteriori corsi, dedicati ai punti di contatto regionali, per il loro ingresso nel sistema, che dovrebbe, come è auspicabile, andare a regime nel 2016. (Fonte: Ministero della Salute)
Sicurezza alimentare, i risultati del Piano di controllo coordinato sui prodotti ittici In seguito allo scandalo della carne equina del 2013 (presenza di carne di cavallo non dichiarata in prodotti a base di carne), la Commissione europea ha avviato alcune attività al fine di svelare pratiche fraudolente nella commercializzazione di alcuni alimenti in settori particolarmente a rischio. In particolare, con la Raccomandazione C(2015)1558 del 12 marzo 2015, è stato concordato un piano di controllo coordinato, da attuare contemporaneamente nei territori degli Stati Membri, per svelare pratiche fraudolente nella commercializzazione dei prodotti ittici e del miele. La Raccomandazione, che contiene in dettaglio le procedure per l’attuazione del Piano, non è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, per garantire l’effetto sorpresa dei controlli. Le attività di campionamento si sono svolte in tutti gli Stati Membri dal 1º giugno al 15 luglio 2015. Gli esiti del piano di controllo relativi ai prodotti ittici e i risultati preliminari per il miele, insieme ad alcune FAQ (domande e risposte più frequenti), sono state pubblicate dalla Commissione europea sul sito della DG SANTE. Risultati europei e italiani Il Piano di controllo coordinato sui prodotti ittici aveva lo scopo di svelare la commercializzazione di prodotti della pesca e di acquacoltura contenenti specie ittiche diverse da quelle dichiarate in etichetta (sostituzione di specie). Sono stati prelevati su tutto il territorio europeo circa 3.900 campioni di prodotti ittici di circa 150 specie differenti, in tutti gli stadi della catena di produzione. I test analitici hanno confermato che il 94% dei campioni è risultato
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Filetti di halibut. conforme. In Italia le attività di campionamento sono state affidate al corpo dei NAS, mentre le indagini analitiche sono state svolte da alcuni Istituti Zooprofilattici Sperimentali. Sono stati prelevati 251 campioni di prodotti, processati e non processati, a base di “pesce bianco”, tra cui nasello/merluzzo, pesci piatti (rombo, sogliola, platessa, halibut), baccalà/ stoccafisso, orata, spigola, cernia, pagello, pesce persico, storione. Il campionamento è stato effettuato lungo diversi punti della catena di fornitura e di distribuzione, compresi posti di ispezione frontaliera, stabilimenti di trasformazione, mercati, celle frigorifere, commercianti, vendite al dettaglio e ristoratori (compresi mense, ristoranti, ecc…). Sono stati riscontrati 6 campioni non
conformi (pari al 2,4% del totale) contenenti una specie differente da quella riportata in etichetta. Dei 6 campioni, 4 sono stati prelevati ai posti di ispezione frontaliera (provenienza Senegal, Cina) e 2 alla vendita al dettaglio. Per quanto riguarda le specie, quella maggiormente sostituita è risultata la cernia (4 casi), seguita da rombo e limanda (1 caso per ognuno). Tali riscontri sono in accordo con i trend rilevati negli altri Stati Membri. A seguito del riscontro di tali non conformità, sono stati effettuati ulteriori controlli aggiuntivi e applicate le opportune azioni correttive dalle Autorità Competenti (respingimento delle partite, applicazione dell’articolo n. 515 del Codice Penale). (Fonte: Ministero della Salute)
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TECNOLOGIE
Il concetto di Internet of Things approda anche nel settore Carne e Pesce
Con il CSB-System verso la Smart Food Factory Le fiere internazionali per le industrie alimentari sono sempre molto attese da tutte le aziende che operano nel settore, perché piattaforma ideale per conoscere e presentare nuovi prodotti ad un pubblico internazionale di addetti ai lavori. Il gruppo aziendale CSB-System, specializzato nel fornire soluzioni gestionali complete e modulari per le aziende del settore alimentare, sarà presente tra gli espositori in fiera sia ad IFFA a Francoforte, in Germania, al padiglione 11.1, stand B-81, sia al Seafood a Bruxelles, in
Belgio, al padiglione, 4 Stand 6047. Per entrambe il motto sarà “Global IT Excellence for the Smart Food Factory”. Perché? Semplicemente perché saranno presentate le più innovative soluzioni di elaborazione per immagini e di automazione per la produzione del futuro, verso una trasformazione digitale. «I settori internazionali della carne e del pesce attendono queste fiere — spiega il dott. ANDRÈ MUEHLBERGER, responsabile della filiale italiana del gruppo — perché qui si concentrano nuove idee, progetti e trend per i prossimi
anni. Coglieremo questa opportunità per mostrare ai visitatori del nostro stand approcci concreti per la graduale realizzazione della Smart Food Factory, vale a dire una fabbrica con sistemi di produzione intelligenti nella quale macchine, impianti e prodotti comunicheranno tra loro, laddove oggi gli impianti vengono ancora gestiti centralmente». Ruolo centrale invariato per il sistema ERP Ma attenzione, anche nell’epoca della Smart Factory il sistema ERP man
Grafico della Smart Food Factory.
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Professionisti per la distribuzione capillare di prodotti da e per tutta europa
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Evasione ordini con sorter terrà il suo ruolo di colonna portante tecnico-informatica dell’azienda. Il gestionale ERP sviluppato dal gruppo CSB-System gestisce senza ridondanze non solo le anagrafiche e i dati relativi ai movimenti ma anche i dati su produzione, macchine e processi. In questo modo viene consentito un utilizzo coerente dei dati lungo l’intera filiera: dal customer relationship management alla pianificazione della produzione, dalla preparazione ordini al business intelligence. La transizione verso lo stabilimento che lavora autonomamente favorisce soprattutto l’integrazione del sistema ERP e del manufacturing-execution-system; fa in modo che si crei un legame tra gestione aziendale e gestione della produzione e che venga facilitato il collegamento in rete macchina verso macchina. Il CSB-System è disponibile anche tramite “Cloud” per tutti coloro che non vogliono occuparsi dell’infrastruttura tecnologica ma dedicarsi quasi esclusivamente al core business della propria azienda.
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Automazione completa con CSB-Vision I sistemi automatizzati per l’elaborazione di immagini saranno presentati alla IFFA e giocano anch’essi un ruolo centrale nel contesto di Internet of Things. Le richieste di consumatori e catene commerciali su sicurezza e qualità dei prodotti di carne e pesce sono elevate. A tale proposito, la linea di produzione CSB-Vision fornisce un prezioso supporto perché è stata sviluppata proprio per ottimizzare l’utilizzo delle materie prime; funzione particolarmente importante nel settore alimentare, perché qui i costi dell’impiego di materie
prime sono più elevati che in tutti gli altri settori. Inoltre, grazie al processo di analisi e valutazione totalmente automatizzato, aumenta la quantità dei prodotti finiti e viene incrementata la creazione di valore aggiunto. Avveniristici sono anche l’identificazione, lo smistamento e la destinazione automatizzata degli articoli tramite l’analisi per immagini, come in uscita sezionamento o in entrata produzione e nella classificazione della qualità delle materie prime. A differenza dei controlli manuali spesso errati, invasivi e a volte poco igienici, questa soluzione garantisce una misurazione regolare e costante della qualità.
“Il settore del food attende con ansia IFFA e Seafood. Global IT Excellence for the Smart Food Factory è il motto della CSB-System che vi aspetta a Francoforte al Pad. 11.1 – Stand B-81, e a Bruxelles, Pad. 4 – Stand 6047”
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Tracciabilità con smartphone. CSB-Linecontrol per produzione e imballaggio sotto controllo «L’esperienza ci insegna — prosegue Muehlberger — che le combinazioni di macchine sono in crescita, le loro differenti prestazioni in ambiente eterogenei, tuttavia, risultano spesso poco trasparenti all’utente. I possibili punti deboli nei processi produttivi e di imballaggio si moltiplicano con conseguente produzione di scarti e quindi di costi. È chiaro, dunque, perché abbiamo deciso di dare particolare rilevanza alle nostre soluzioni integrate per l’automazione di produzione e intralogistica». Al centro vi sono soluzioni con un elevato grado di integrazione e automazione: dal nuovo tipo di gestione magazzini automatici, alla preparazione ordini flessibile e totalmente automatizzata nello spazio più ristretto, fino alla gestione efficiente di macchinari e impianti. Per collegare in rete in modo ottimale le macchine per la produzione ed il confezionamento, secondo il concetto di Internet of Things, è a disposizione il cosiddetto CSB-Li-
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necontrol. Con il cockpit è possibile monitorare in modo continuo macchine e impianti e sfruttarli al meglio, riducendo al minimo le sospensioni della produzione e i tempi di fermo. «L’efficienza degli impianti rimane quindi ad un livello costante» conclude Andrè Muehlberger, quasi per esortare i visitatori a visitare gli stand del gruppo CSB-System alle due fiere internazionali IFFA e Seafood.
Referente Italia: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (Verona) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com
100% HACCP, 0% carta
Testo AG rivoluziona la gestione delle procedure HACCP Testo 250 permette di documentare i processi HACCP in modo completo, personalizzabile e senza carta, oltre a supportare l’impostazione guidata di un piano HACCP basato sul Codex Alimentarius. Al di là della sicurezza dei dati raccolti, questo si traduce in un risparmio di tempo e di costi di archiviazione dei dati cartacei. I processi HACCP possono essere analizzati e resi più efficienti con risparmio di tempo e denaro. La soluzione totalmente digitale riduce al minimo gli errori umani che possono verificarsi, ad esempio, quando si compila a mano una check-list. I manager responsabili della qualità possono inoltre tracciare tutti i dati rilevanti per la sicurezza e sono quindi sempre preparati per audit e reclami. Cockpit, unità di controllo e app: i componenti di testo 250 Con il cockpit HACCP testo 250 — il centro di controllo on-line del sistema — il manager della qualità definisce i processi HACCP e le misure correttive, così come tutti i tipi di misura e di controllo. Il cockpit offre anche la possibilità di analizzare i dati misurati in tempo reale e di visualizzare lo stato delle attività mentre vengono svolte. La compatta unità di controllo HACCP testo 250 è stata sviluppata per il personale sul posto impegnato in attività di misura e documentazione. È composta da un tablet ad alte prestazioni, con batteria a lunga durata e un robusto involucro protettivo lavabile in lavastoviglie, sviluppato appositamente per l’impiego in ambienti produttivi e per personale operativo. La app testo 250, preinstallata sul tablet, guida l’utente
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Il sistema di gestione HACCP testo 250. in modo sicuro e senza possibilità di errore attraverso tutte le singole fasi del processi HACCP. I valori misurati sono imputati direttamente o acquisiti tramite Bluetooth. Se i risultati di misura sono critici o se vengono superati i valori limite, la app trasmette immediatamente istruzioni sulle misure correttive. Sono inoltre possibili la documentazione con fotografie, la scansione dei codici a barre e l’identificazione degli utenti e delle locazioni, tramite targhette NFC associate ad aree di lavoro e relativi processi o alla persona. Il sistema di gestione HACCP può essere facilmente combinato con una rete wi-fi esistente. Non ap-
pena viene stabilita una connessione a Internet, tutti i processi, le prove e i valori misurati sono raccolti e archiviati in modo sicuro nel Cloud Testo. In questo modo, tutti i dati sono protetti in modo ottimale e non possono essere persi né manipolati. I dati sono accessibili da PC, tablet e altri dispositivi utilizzando un normale browser. Testo Spa Via F.lli Rosselli, 3/2 20019 Settimo Milanese (MI) Telefono: 02 33519.1 E-mail: analisi@testo.it Web: www.testo.it
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Lazzari Equipment ne ha assunto la distribuzione nel nostro Paese
I porzionatori a peso fisso Marelec arrivano in Italia Marelec è una casa belga attiva nel nostro settore ormai da 30 anni, ma sconosciuta in Italia ai più poiché non è mai stata distribuita ufficialmente nel nostro Paese. Da quest’anno Lazzari Equipment ne ha assunto la distribuzione ed iniziato a promuoverne le caratteristiche tecniche uniche che rendono la porzionatrice a peso fisso Portio un ottimo investimento dal veloce ritorno economico per l’industria alimentare italiana. La porzionatrice a peso fisso Portio Marelec si basa su un sistema di rilevazione della forma in 3D del prodotto — sia pesce eviscerato intero che filetti o filoni — tramite un sistema ad altissima tecnologia e dalla precisione senza eguali, con tre telecamere scanner laser a 400 Hz posizionate ai lati e sopra al prodotto nella zona di ingresso. Il laser ha una precisione ottica tale da riuscire facilmente a leggere anche carne di pesce particolarmente rossa o scura come il tonno e alcune altre specie ittiche. Un software esclusivo calcola dove tagliare il pesce per ottenere fette o porzioni dal peso uguale. Lo stesso software permette di tagliare la testa e la coda alla distanza voluta (per esempio tagliando la coda vicino la pinna caudale e la testa esattamente a filo del busto). La logica della porzionatrice permette di dividere lo stesso taglio di pesce anche in due pesi differenti, ad esempio i filetti di pesce spada potrebbero essere tagliati in porzioni da g 200, dove la fetta è a superficie ampia, e ridursi a porzioni da g 125 in prossimità della coda, dove la porzione da g 200 iniziale finirebbe per essere troppo alta di spessore. I filetti di pesce, inoltre, possono essere alimentati anche in continuo,
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per un taglio costante e senza interruzioni: il sistema di lettura laser non ha problemi a scansionare in continuo e informare la lama su dove effettuare il taglio esatto a peso fisso. Il pesce intero ha un problema di variazione continua di peso specifico, legato alle diverse conformazioni degli esemplari: alcuni hanno più ventre vuoto, altri hanno carni più grasse quindi più leggere. Per superare il problema, Marelec applica una bilancia a densità prima della scansione laser: il peso rilevato viene inviato allo scanner che sa così in tempo reale che cosa sta scansionando. La precisione di taglio a peso fisso di pesci interi diventa così perfetta, inarrivabile per qualsiasi altra macchina porzionatrice similare. Le lame di taglio specifiche per l’ittica riescono ad incidere la pelle di tonno, salmone e spada in modo netto e pulito producendo porzioni
bellissime e senza sbavature. La porzionatura può anche avvenire semplicemente a misura, per esempio con spessore fisso di mm 12. La programmazione è facile e veloce con il pannello touch a colori, che visualizza in 3D ogni singolo taglio con la relativa porzionatura calcolata: vedere visivamente sul monitor il pesce intero con il posizionamento esatto dei tagli che verranno fatti è importante per definire chiaramente e velocemente dove vogliamo fare il primo e l’ultimo taglio. Lo stesso pannello dotato di software Mes Marelec Bright Eye collega la porzionatrice Portio a selezionatrici graders, bilance, terminali, lettori di codici a barre e così via, assicurando il controllo e la tracciabilità dell’intero flusso dal ricevimento delle materie prime, alla lavorazione, all’etichettatura, fino allo stoccaggio e alla spedizione del prodotto finito.
Lama rotante porzionatrice a peso fisso per pesce, ultra-sottile e delicata, guidata per eliminare flessioni e imprecisioni.
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Marelec Portio, facilissima per effettuare manutenzione e sanificazione, a destra in linea con selezionatore grader. La testa di taglio della porzionatrice Portio è inclinabile per produrre, ad esempio, porzioni di salmone affumicato dello stesso peso ma dalla forma più naturale: inclinando il taglio di 45°, in vaschetta non si avrà la percezione del taglio netto, ma la forma anatomica del pesce verrà messa in evidenza. Il sistema di angolazione della testata di taglio è brevettato, semplice e geniale: senza l’uso di attrezzi basta sbloccare a mano la testa e inclinarla su una delle posizioni predefinite ed il nastro sottostante in automatico varierà l’apertura attraverso la quale la lama dovrà passare effettuando il taglio evitando accidentali rotture e tagli al nastro sottostante (come invece avviene in altri macchinari di questo tipo se l’operatore si dimentica di modificare anche l’apertura del nastro). Il nastro stesso è di tipo modulare e può essere sostituito in piccole porzioni evitando di dover sostituire tutto il tappeto in caso di rotture accidentali. La porzionatrice per tagli dal peso fisso Portio può essere dotata di diversi tipi di gripper o sistemi di trattenimento del prodotto, a seconda si tratti di pesci interi dalla forma cilindrica, oppure di filetti di salmone o persico piatti e morbidi, ma anche per tranci di spada o tonno dalle misure più ampie e squadrate Marelec propone nastrini a dita multiple che si adattano automaticamente alla forma del prodotto e lo seguono mentre viene portato alla lama di taglio, oppure gripper a forma di forchetta che scende
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verticalmente e pinza il prodotto all’estremità minimizzando lo scarto dell’ultimo taglio. Marelec propone anche un sistema per tenere sia la prima che l’ultima fetta in posizione verticale per effettuare l’ultimo taglio il più precisamente possibile minimizzando le porzioni da scartare. La porzionatura di filetti può avvenire anche con un solo taglio nel mezzo, per dividere un prodotto in due metà esattamente dello stesso peso.
Il software di gestione Marelec può comunque essere personalizzato per ottenere la più alta varietà di combinazioni di tagli assecondando ogni richiesta della produzione. Il nastro alla bocca d’uscita del porzionatore può essere personalizzato nella funzionalità, per esempio per distanziare le fette tagliate una ad una, oppure per aprirsi e scartare automaticamente la testa e la coda del pesce porzionato. Importante aspetto tecnico di questa porzionatrice è la
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1) Lettura forma 3D con telecamera laser per definire dove tagliare il pesce a fette dal peso fisso. 2) Pannello operatore che mostra il risultato della scansione laser di un pesce intero, dove taglierà e quanto peserà la fetta. 3) Gripper per trattenere il pesce durante il taglio di fette a peso fisso con porzionatrice Marelec Portio. 4) Filetto di tonno tagliato in porzioni dal peso fisso di g 125.
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1) Filetto di pesce spada tagliato in porzioni dal peso fisso di g 125. 2) Salmone eviscerato tagliato in tranci dal peso fisso di g 125. 3) Salmone porzionato a peso fisso scartando la testa e la coda dalla pinna caudale. 4) Taglio netto e preciso anche della pelle del salmone. 5) Testa di salmone tagliata perfettamente anche nella zona delle branchie. 6) Porzioni di pesce spada dal peso fisso di g 125 tagliati perfettamente anche con la pelle. 7) Trancio di pesce spada tagliato in fette dal peso fisso di g 100. 8) Si può lavare tutta ad alta pressione, completamente impermeabile. facilità e velocità di lavaggio, grazie alla struttura aperta della macchina, completamente impermeabile all’acqua e senza nessuna zona di ristagno occulto: la semplicità dei particolari nastri, della testata di taglio e le
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superfici inclinate fanno sì che non si accumuli sporco o smelmatura da taglio come su attrezzature similari ma non così evolute nel design. La porzionatrice per peso fisso Portio risolve inoltre ogni esigen-
za relativa alla produttività: la lama rotante adibita al taglio delle porzioni arriva ad una velocità massima di 1000 tagli minuto in modalità porzionatura a peso fisso. Riusciamo a tagliare porzioni da g 55 a g 150, con una produttività di 1200 kg/ora e una precisione nell’ordine di g 1,5. Per una maggiore capacità il porzionatore a peso fisso Portio è disponibile anche in versione a due vie, con doppio nastro e doppia testata di taglio. Marelec Portio si abbina alla perfezione ai suoi selezionatori graders disponibili anche in versione su misura, con numero di stazioni di lavoro variabile e cestelli ed altezze e forme progettate espressamente per l’applicazione richiesta in base alle esigenze del cliente. Tutti i vantaggi nell’utilizzo del porzionatore a peso fisso Marelec Portio si traducono in un rapido recupero dell’investimento grazie all’aumento di resa, riduzione di manodopera, porzioni accurate, cambi rapidi dei programmi di taglio, massima capacità produttiva, ingombri ridotti e massima igiene grazie alla struttura aperta e facilmente sanificabile. La prima porzionatrice a peso fisso Portio3 venduta in Italia nel settore ittico è stata consegnata a Fiorital Spa a febbraio, con piena soddisfazione del cliente. Visitate la sezione dedicata ai porzionatori a peso fisso Marelec Portio sul nostro sito internet e chiedeteci una prova direttamente a casa vostra: www.lazzariequipment.com/ prodotti/pesce/porzionatrici
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LA PAGINA SCIENTIFICA
Valutazione del “benessere” dell’astice americano: effetto della modalità di commercializzazione (aria vs vasca) sui parametri emolinfatici di Francesca Mariotti, Luciana Baggiani, Erica Tirloni, Simone Stella e Cristian Bernardi
La produzione mondiale di crostacei commercializzati vivi nel 2013 è stata di 384.396 t (FAO), di cui il 37% rappresentata da astici americani. Nel 2009 in Italia sono state importate per via aerea circa 4.387 tonnellate di astici americani, per un valore di 44.243.000 euro, a fronte di una produzione nazionale di astici pari a circa 200 tonnellate, per un valore di
circa 13 milioni di euro. La pesca di questi animali avviene mediante utilizzo di trappole; in seguito, gli astici sono tenuti a digiuno in vasche di stabulazione per circa 48 ore, quindi tolti dall’acqua ed inseriti in appositi cartoni cerati per il trasporto aereo, allo scopo di conservarne la vitalità fino al banco di vendita. Secondo i Regolamenti del Pacchetto Igiene,
i crostacei rientrano nei prodotti della pesca e possono quindi essere venduti morti; tuttavia, la vendita del prodotto vivo è preferita per il suo massimo pregio commerciale. In assenza di una normativa specifica, la gestione dei crostacei vivi nelle pescherie è generalmente affidata all’esperienza degli operatori e ai requisiti fissati dall’Autorità
Esemplari di Homarus americanus (photo © umaine.edu).
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Astice americano, Maine, USA. L’importazione di crostacei in Europa pone interrogativi sulla questione del benessere animale e la ricaduta che trattamenti inappropriati possa avere sulla qualità del prodotto e la salute del consumatore (photo © Silvio Serber, www.scaniausa.com). sanitaria locale, generando nel consumatore la percezione di una scarsa considerazione nei confronti del “benessere” di questi animali: non è raro infatti che i commercianti finiscano al centro di accuse di maltrattamento animale, spesso denunciati proprio dai consumatori. Negli ultimi decenni il concetto di “benessere animale” ha acquisito una particolare importanza nella cultura europea. La preoccupazione per le conseguenze ecologiche dello sfruttamento delle risorse ambientali ha determinato nel consumatore una crescente considerazione della sostenibilità delle produzioni e, allo stesso tempo, una maggiore sensibilità nei confronti della condizione degli animali utilizzati a scopo alimentare. Il benessere animale, infatti, è inteso oggi come interesse esclusivo dell’animale stesso (come affermato dalla Dichiarazione universale dei diritti degli animali, proclamata il 15 ottobre 1978) e non solo: il consumatore ha iniziato a rendersi conto di come una adeguata tutela dello stato di benessere degli ani-
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mali contribuisca, direttamente ed indirettamente, alla salubrità e alla qualità dei prodotti alimentari. Numerose definizioni sono state date nel tempo al termine “benessere” riferito agli animali (VEISSIER, 2007). HUGHES, nel 1976, lo definisce come “stato di completa salute fisica e mentale dove l’animale è in completa armonia con il suo ambiente”. Questo concetto è stato ripreso da BROOM (1986), il quale ha messo in relazione il concetto di benessere con quello di adattamento all’ambiente, affermando che lo stato di benessere di un animale (welfare) è misurabile attraverso una serie di indicatori ricavabili dagli sforzi che esso compie per adattarsi in modo ideale all’ambiente che lo circonda. Broom ha affrontato anche il concetto di “stress” definendolo come qualsivoglia “effetto ambientale su un individuo che sovraccarica i suoi sistemi di controllo e regolazione e riduce o sembra ridurre la sua efficienza” (BROOM & JOHNSON, 1993): se non adeguatamente compensata, l’azione di uno o più stimoli negativi
(stressors) può determinare l’insorgenza di stati patologici e, di conseguenza, una condizione di sofferenza nell’animale (MOBERG, 2000). La definizione fisiologica dello stress proposta da Broom assume un’importanza fondamentale nell’approccio alla problematica del benessere animale, perché consente di utilizzare la misurazione delle risposte biologiche adottate dall’organismo come mezzo per valutare in maniera oggettiva la condizione di benessere di un individuo, o la sua negazione. Normativa europea I primi significativi approcci giuridici alla “questione del benessere animale” si sono registrati a partire dalla seconda metà degli anni ‘60, contestualmente allo sviluppo dell’allevamento intensivo. Risale al 1968 la Convenzione per la protezione degli animali durante il trasporto internazionale, seguita nel 1976 dalla Convenzione per la protezione degli animali negli allevamenti, fino alla promulgazione, il 15 ottobre 1978 in sede UNESCO,
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“I risultati di indagini condotte fra i consumatori europei hanno dimostrato la disponibilità nella popolazione a pagare un prezzo superiore per prodotti di origine animale animal welfare-friendly, con garanzia, in etichetta, del benessere degli animali da cui provengono”
“Nonostante ogni anno milioni di crostacei vivi siano commercializzati nell’Unione Europea, non esiste una legislazione comunitaria o nazionale che tuteli il benessere degli animali non vertebrati”
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della Dichiarazione universale dei diritti degli animali. Le norme sul benessere animale sono state nel tempo più volte aggiornate e la questione del benessere animale continua oggi ad essere dibattuta. L’OIE (Office International des Épizooties, ora World Organization for Animal Health) ha incluso per la prima volta il “benessere animale” fra gli obiettivi prioritari dell’OIE Strategic Plan 2001-2005, mentre l’Unione Europea, con l’emanazione del Regolamento (CE) n. 178/2002 ed in seguito del Pacchetto Igiene [Regg. (CE) n. 852, 853, 854/2004], considera la questione del benessere animale prioritaria in funzione della tutela del consumatore finale del prodotto di origine animale. I risultati di indagini condotte fra i consumatori europei (EUROBAROMETER 2005 e 2006) hanno dimostrato la disponibilità nella popolazione a pagare un prezzo superiore per prodotti di origine animale animal welfare-friendly, cioè con garanzia, riconoscibile in etichetta, del rispetto del benessere degli animali da cui essi provengono. L’accresciuta esigenza di conoscenza dell’origine dei prodotti da parte del consumatore e di sostenibilità della loro produzione trova ulteriore riscontro nel costante sviluppo del mercato dei prodotti biologici (+9% nel 2011 e +7,3% nel 2012 nei consumi domestici secondo dati del panel delle famiglie Ismea/GFKEurisko). L’impegno nei confronti del miglioramento dell’animal welfare possiede dunque un valore economico intrinseco da non trascurare. “Benessere” dei crostacei Nonostante ogni anno milioni di crostacei vivi siano commercializzati nell’Unione Europea, non esiste una legislazione comunitaria o nazionale che tuteli il benessere degli animali non vertebrati (VEISSIER et al., 2008; Commissione europea, 2012) e le conoscenze attuali sulle loro necessità per la sopravvivenza hanno spesso basi empiriche (BASTI et al., 2010). “Gli invertebrati utilizzati in acquacoltura e nelle attività di pesca commerciale” sono esclusi dagli ambiti di applicazione delle più recenti norme in materia di tutela del
benessere animale e dalla più recente Strategia UE per la protezione e il benessere animale 2012-2015. Gli unici riferimenti normativi disponibili sono contenuti nei Regolamenti del Pacchetto Igiene, secondo i quali la vendita del prodotto vivo è preferita per il suo maggior valore commerciale. Nel Reg. (CE) n. 853/2004, allegato III, sez. VIII, capitolo VII, punto 3 si dichiara: “I prodotti della pesca mantenuti vivi devono essere mantenuti a una temperatura e in condizioni che non pregiudichino la sicurezza alimentare o la loro vitalità”, prescrizione riproposta nel cap. VIII, punto 4. Non vengono specificati criteri o requisiti specifici. La situazione di incertezza normativa rispecchia in effetti la mancanza di evidenze scientifiche: il dibattito sulla capacità di provare “sofferenza” e, quindi, sul significato del concetto di “benessere” riferito agli invertebrati, in particolar modo ai crostacei, è molto controverso. Alcuni autori considerano le risposte agli stimoli dolorifici come dei semplici riflessi (SØMME, 2005), mentre altri non concordano sostenendo che il comportamento dei crostacei provi inequivocabilmente la capacità di provare dolore (BARR et al., 2007; MAGEE et al., 2013; GHERARDI et al., 2010; ELWOOD et al., 2009). In questi studi, crostacei Decapodi sono stati esposti a stimoli potenzialmente dolorosi e si è analizzata la risposta a tali stimoli confrontando per analogia con quanto osservato in animali vertebrati (GHERARDI, 2009). Risposte comportamentali complesse e prolungate, quali sfregamento e grooming della parte interessata, elusione del pericolo (avoidance learning) e autotomia, alcune delle quali inibite mediante somministrazione di anestetici locali, sono considerate osservazioni indicative di una effettiva cognizione della localizzazione dello stimolo dolorifico e di un probabile coinvolgimento centrale nell’elaborazione della risposta a tale stimolo (BARR et al., 2007; ELWOOD et al., 2009). Altri autori hanno invece focalizzato la loro attenzione sulla risposta fisiologica dei crostacei allo stress,
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Tabella 1 – Dati ottenuti dalle analisi effettuate sui campioni di emolinfa,trasformati in medie e deviazioni standard per ognuno dei due gruppi e per ognuno dei parametri considerati Gruppo A (vasca)
Parametri Peso Vitalità
g punteggio
Ammoniaca
μg/dl
Conta emocitaria
cell/μl
Glucosio
mg/dl
Proteine totali
g/dl
Urea
mg/dl
Colesterolo
mg/dl
Trigliceridi
mg/dl
Cloro Calcio
mmol/l mg/dl
Magnesio
mg/dl
Lattato
mg/dl
Sodio
mmol/l
Potassio
mmol/l
MEDIA DS MEDIA
Gruppo B (aria)
Tempo 0
Tempo 1
Tempo 0
Tempo 1
476,67
490,92
506,67
501,33
43,55
43,02
33,54
32,21
5
3,44
5
5
0
1,13
0
0
MEDIA
3.118
876,39 3
2.661
4.941,11 1, C
DS
1.856
269,60
822
1.100,09
16.533
15.476
17.714
28.037 1, A
DS
6.502
7.643
5.678
16.825
MEDIA
16,92
11,08
23,78
54,44 1, B
DS
20,38
7,74
DS
MEDIA
MEDIA
5,45
DS
1,07
MEDIA
2,67
DS
21,71
35,84
3
6,38
6,49 1, B
1,03
5,03
1,08
1,08
3
2,89
6,78 3, C
0,89
0,72
1,27
2,33
MEDIA
8,75
8,08
8,78
8,11
DS
2,30
2,02
3,77
3,59
MEDIA
6,67
7,75
9
10,22
DS
2,77
2,70
1,17
4,90
4,49
452,08
485
3
445,56
445 A
DS
18,15
17,71
14,88
26,34
MEDIA
81,83
87,92
85,56
111,5
DS
7,14
3,90
5,41
27,70
MEDIA
3,45
DS
0,19 46,26
MEDIA
MEDIA
A
3,66
3,70
0,12
0,24
0,15
97,95
60,43
106,96
3
3,54
62,56
39,33
52,58
55,94
424,63
486,75 3
417,06
418,67 C
19,62
26,53
18,62
28,77
MEDIA
5,20
5,04
5,42
7,68
DS
0,51
1,03
0,74
2,33
DS MEDIA DS
LEGENDA Numeri in apice = significatività statistica rispetto al tempo 0 Lettere in apice = significatività statistica rispetto al gruppo A 1/A – valore significativo (P < 0,05) 2/B – valore molto significativo (P < 0,01) 3/C – valore altamente significativo (P < 0,001) finalizzando la ricerca all’individuazione di parametri che consentano di valutare il benessere di questi animali sulla base di misurazioni e valutazioni oggettive, in accordo con la definizione di “benessere” data da Broom.
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Crostacei esposti ad importanti stressors ambientali, quali cattura, esposizione all’aria, variazioni di temperatura, manipolazione, hanno mostrato un incremento della glicemia, dell’ammoniemia, della
concentrazione emolinfatica di lattato, variazioni della protidemia e della concentrazione emolinfatica di colesterolo, trigliceridi ed elettroliti fra cui calcio e cloro (LORENZON, 2005; BASTI et al., 2010; LORENZON et al.,
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2007; ELWOOD et al., 2015). Sono state registrate anche variazioni nella conta emocitaria e la presenza di batteriemia in astici risultati deboli, scarsamente vitali o deceduti durante il trasporto (BASTI et al., 2010; FOTEDAR et al., 2011). Scopo Lo studio ha avuto un duplice obiettivo: eseguire un confronto fra le due modalità di stoccaggio più utilizzate in fase di commercializzazione dell’astice americano (ambiente aereo e vasca di stabulazione), valutandone l’effetto sulla vitalità e il benessere degli animali attraverso l’analisi di un considerevole numero di parametri emolinfatici, fra i quali individuare variabili significative da utilizzare come indicatori oggettivi del grado di stress degli astici. Materiali e metodi Per il conseguimento degli obiettivi prefissati, si è scelto di articolare lo studio in due fasi e di procedere distribuendo gli animali utilizzati per la ricerca in due gruppi sperimentali, il primo con soggetti in ambiente acquatico e il secondo con soggetti in ambiente aereo, ipotizzando la non equivalenza delle due condizioni. La prima fase è stata svolta nel luogo di arrivo degli astici americani importati, cioè in una piattaforma logistica di un’azienda della grande distribuzione organizzata. Sono stati selezionati 22 esemplari di astice americano di entrambi i sessi e di vitalità di grado “ottimo” (CrustaSea Project). Ogni esemplare è stato pesato, marcato e assegnato mediante procedura randomizzata al gruppo sperimentale “A” (vasca) o al gruppo “B” (ambiente aereo). Successivamente è stato eseguito il prelievo di emolinfa; in seguito gli animali sono stati reinseriti negli appositi cartoni cerati di trasporto e trasportati come di consueto nel punto vendita di destinazione. La seconda fase si è tenuta presso il punto vendita di arrivo degli astici americani in esame, ventiquattro ore dopo la fase 1. Gli animali del gruppo sperimentale “A” (vasca) erano stati reimmessi in vasche di stabulazione dagli operatori del punto vendita,
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mentre il gruppo “B” (aria) era stato invece mantenuto in cella frigorifera all’interno del cartone cerato di trasporto. Gli esemplari sono stati identificati ed è stata valutata la loro vitalità, escludendo dalla sperimentazione i deceduti (un soggetto del gruppo B), quindi sono stati pesati e sottoposti a prelievo dell’emolinfa con modalità analoghe alla fase 1. Tutti i campioni di emolinfa, immediatamente dopo il prelievo, sono stati suddivisi in più aliquote per l’esecuzione delle analisi: quantificazione dell’ammoniemia in campo, analisi microbiologica, conta degli emociti, analisi ematochimica. Sono stati misurati sia parametri descritti in letteratura (ammoniaca, glucosio, lattato, proteine totali, colesterolo, trigliceridi, elettroliti, conta degli emociti), sia non descritti nella specie Homarus americanus (urea). Risultati e discussione I risultati delle analisi emolinfatiche eseguite sono riassunti nella Tabella 1. La vitalità degli esemplari al tempo 1 si è mantenuta di grado ottimo in tutti i soggetti del gruppo A (vasca); i soggetti del gruppo B (aria) al tempo 1 mostravano invece una vitalità media ridotta e un soggetto appartenente a tale gruppo è deceduto. Il peso dei soggetti in esame ha mostrato per entrambi i gruppi variazioni significative, in aumento per il gruppo A (vasca) e in riduzione per il gruppo B (aria): la modalità di stabulazione in vasca sembrerebbe apportare quindi un vantaggio anche di carattere commerciale, relativo al recupero in peso dei soggetti (in media +14,25 g, cioè +3%) da attribuire probabilmente alla reidratazione degli animali reimmessi in ambiente acquatico. L’ammoniaca, catabolita derivato dal metabolismo delle proteine e degli amminoacidi nei vertebrati così come nei crostacei, viene escreta in questi animali dalle ghiandole alla base delle antenne e per diffusione passiva attraverso le membrane delle branchie durante i normali scambi respiratori. Un aumento dell’ammoniaca emolinfatica è considerato indicativo di una disfunzione del meccanismo respiratorio branchiale (BASTI et al.,
Reti e barche per la pesca e la cattura di astici (photo © umaine.edu). 2010); pertanto, sembra ragionevole pensare che il mantenimento di animali acquatici quali i crostacei in ambiente aereo impedisca un regolare scambio gassoso branchiale e, di conseguenza, una ridotta escrezione di ammoniaca. Dal nostro lavoro è emerso che i livelli di ammoniemia dei soggetti in esame erano molto elevati già al tempo 0, cioè all’arrivo in piattaforma: sebbene non ci siano in letteratura dati riferibili all’ammoniemia in condizioni basali nell’astice americano, ovvero ottenuti da animali inseriti nel loro habitat naturale, la concentrazione media registrata all’arrivo (2.922 ± 1.489 µg/dl) si è rivelata molto più alta rispetto a quanto osservato da BASTI et al. (2010), nel cui studio i valori mediani di ammoniaca emolinfatica misurati in tre gruppi di soggetti pescati e mantenuti in ambiente aereo durante il trasporto erano di 187,3, 442,8 e 136,2 µg/dl rispettivamente. La differenza con i valori misurati in tale studio può essere giustificata considerando la durata dell’esposizione all’ambiente aereo: circa 48 ore per i soggetti del presente studio, circa 4,5 ore per i soggetti esaminati
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da BASTI et al. (2010). L’azione dell’esposizione all’aria come stressor sui livelli di ammoniaca emolinfatica trova conferma osservando i risultati delle misurazioni effettuate al tempo 1: nei soggetti reimmessi in vasca (gruppo A) si è riscontrata una diminuzione molto significativa dell’ammoniemia (876 ± 270 µg/dl), mentre nei soggetti mantenuti in ambiente aereo la concentrazione di ammoniaca si è ulteriormente elevata (4941 ± 1100 µg/dl). In BASTI et al. (2010) si riporta inoltre che livelli maggiori di ammoniemia sono stati riscontrati in soggetti deboli o nei deceduti, osservazione comune a quanto verificatosi nel presente studio, in cui una più alta concentrazione di ammoniaca è stata riscontrata nel gruppo di soggetti con vitalità media più scarsa. L’esame microbiologico dell’emolinfa ha mostrato nell’86,4% dei casi risultati negativi. Tutti i campioni risultati positivi appartengono al gruppo B (aria), a favore dell’ipotesi per la quale la modalità di gestione dei soggetti può influenzare negativamente la carica microbica presente nell’emolinfa (BASTI et al., 2010; BARTLETT et al., 2008).
L’astice americano è dotato di un sistema immunitario che consiste in una risposta difensiva aspecifica ma efficiente, capace di controllare nell’arco di alcune ore la proliferazione e la diffusione di microrganismi penetrati nell’organismo mediante il rilascio di profenolossidasi da parte di emociti circolanti e la melanizzazione del patogeno (TERWILLINGER, 2007). Un’elevata prevalenza di batteriemia sembra pertanto essere associata a quei fattori che possono determinare nell’animale una condizione di immuno-depressione, come il processo di muta o gravi stress ambientali (BARTLETT et al., 2008), ma anche a manipolazioni eccessive o condizioni di trasporto non adeguate che possano favorire l’insorgenza di lesioni di continuo e, quindi, la penetrazione di batteri (BASTI et al., 2010). La conta totale emocitaria (o THC, Total Haemocyte Counts) sembra confermarsi anche in questo studio come uno dei parametri influenzati dalle condizioni ambientali a cui l’animale è esposto. Tuttavia, la sua lettura sembra essere di difficile interpretazione a causa dell’elevata variabilità individuale riscontrata
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“Con questo studio è stato possibile eseguire un confronto fra le due modalità di stoccaggio più utilizzate in fase di commercializzazione dell’astice americano (ambiente aereo e vasca di stabulazione), valutandone l’effetto sulla vitalità e il benessere degli animali attraverso l’analisi di un considerevole numero di parametri emolinfatici”
negli animali e alla non uniformità di risposta di questo parametro a stressors ambientali (CORNICK e STEWART, 1978; BASTI et al., 2010). Per quanto concerne la glicemia, in precedenti studi si è già dimostrato come stressors associati al trasporto (esposizione all’aria, oscillazioni della temperatura ambientale) abbiano un effetto diretto sulla fisiologia dell’astice americano, in particolare sulla concentrazione di glucosio nell’emolinfa (LORENZON, 2005; LORENZON et al., 2007; BASTI et al., 2010; CHANG et al., 1998). I risultati ottenuti dal presente lavoro confermano quanto descritto in letteratura: all’arrivo in piattaforma (tempo 0) la glicemia dei soggetti esaminati era superiore ai livelli basali (16,92 ± 20,38 mg/dl per il gruppo A e 23,78 ± 21,71 mg/ dl per il gruppo B, a fronte di una glicemia basale di 12,07 ± 3,42 mg/dl riportata da LORENZON et al., 2007, e di un valore mediano di 9 mg/dl riportato da BASTI et al., 2010). La reimmissione in vasca (gruppo A) ha determinato una riduzione della glicemia, che al tempo 1 rientrava nei range di normalità riportati dai suddetti autori (11,08 ± 7,74 mg/dl). La differenza osservata, tuttavia, non si è dimostrata significativa. Nei soggetti mantenuti in ambiente aereo (gruppo B) l’aumento registrato della
glicemia è statisticamente significativo (54,44 ± 35,84 mg/dl). Le proteine totali sono anch’esse un parametro già utilizzato per la valutazione dello stress nei crostacei: in particolar modo le emocianine, pigmenti respiratori dei crostacei, secondo diversi autori rappresentano l’80-90% delle proteine totali presenti nell’emolinfa (CHEN e CHENG, 1995; CHAUSSON et al., 2004) e in condizioni di ipossia la loro espressione e sintesi sono aumentate (BROUWER et al., 2004) per favorire il trasporto di ossigeno ai tessuti periferici. Nel presente lavoro l’effetto del mantenimento in ambiente aereo ha determinato un aumento significativo della protidemia (gruppo B, 6,38 ± 1,08 g/dl al tempo 0 e 6,49 ± 1,08 g/dl al tempo 1), a differenza di quanto avvenuto nei soggetti reimmessi in vasca nei quali la protidemia al tempo 1 si è rivelata significativamente inferiore. In questo studio è stata indagata per la prima volta nell’astice americano la concentrazione emolinfatica di urea come possibile indicatore di stress in questi animali, con risultati interessanti: il gruppo di astici americani reimmessi in vasca (gruppo A) ha mostrato un decremento dei livelli di urea altamente significativo (2,67 ± 0,89 mg/dl al tempo 0, 1,17 ± 0,72 mg/dl al tempo
“L’astice americano è dotato di un sistema immunitario che consiste in una risposta difensiva aspecifica ma efficiente, capace di controllare nell’arco di alcune ore la proliferazione e la diffusione di microrganismi penetrati nell’organismo”
Homarus americanus, femmina con uova (photo © it.wikipedia.org).
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1), al contrario di quanto registrato nel gruppo B (aria) in cui i valori di urea sono aumentati anche in questo caso con un’alta significatività statistica (2,89 ± 1,27 mg/dl al tempo 0, 6,78 ± 2,33 mg/dl al tempo 1). Alla luce delle osservazioni fatte finora, si può ipotizzare che il mantenimento dei soggetti in ambiente aereo sia alla base delle oscillazioni dell’urea riscontrate: la minore capacità di escrezione di cataboliti altamente tossici come l’ammoniaca attraverso la diffusione passiva e gli scambi ionici in sede branchiale potrebbe determinare un aumento dell’ureogenesi in risposta alla necessità di limitare la produzione di composti tossici. Non ci sono molti dati in letteratura in merito agli effetti degli stressors ambientali sul metabolismo lipidico dell’astice americano. Nello studio già citato di LORENZON et al. (2007), si è riscontrato un effetto diretto dello stress da trasporto sulla concentrazione emolinfatica di colesterolo e trigliceridi, che tendevano ad essere significativamente maggiori soprattutto in soggetti sottoposti a forte stress termico (temperatura di trasporto 15°C). Nel presente studio non si sono riscontrate differenze significative fra i risultati delle quantificazioni effettuate al tempo 0 e le concentrazioni riscontrate al tempo 1: il colesterolo ha registrato in entrambi i gruppi una leggera riduzione del valore medio, mentre i trigliceridi sono aumentati, ma in nessun caso la differenza osservata è stata rafforzata da significatività statistica. È descritto il ruolo dell’ormone cHH anche nei meccanismi di osmoregolazione, con probabile azione sullo scambio Na/Cl o sulla pompa Na/K ATPasi (SERRANO et al., 2004; LORENZON et al., 2007). Di conseguenza, è stato possibile ipotizzare che la risposta a stressors ambientali si traduca nei crostacei, in particolar modo nell’astice americano, in variazioni delle concentrazioni emolinfatiche degli elettroliti. In LORENZON et al. (2007) si riporta una correlazione significativa fra i livelli di cloro e stress da trasporto (temperature elevate, esposizione all’aria): i soggetti mostravano una
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cloremia inferiore ai valori normali (462,1 ± 20,3 mmol/l, LORENZON et al., 2007) e un maggiore stress termico influenzava negativamente anche i tempi di recupero degli animali una volta reimmessi in vasche di stabulazione. Anche nella presente sperimentazione si è potuta riscontrare una correlazione positiva fra la cloremia e la reimmissione in vasca degli animali (gruppo A: 452,08 ± 18,15 mmol/l al tempo 0, 485 ± 17,71 mmol/l al tempo 1), mentre il mantenimento in ambiente aereo non ha suscitato nei soggetti in esame (gruppo B) variazioni significative. La concentrazione di magnesio riscontrata nel presente lavoro appare notevolmente inferiore rispetto alla magnesiemia riportata in letteratura per Homarus americanus, con valori medi di 3,49 ± 5,22 mg/ dl al tempo 0 e di 3,68 ± 0,13 mg/dl al tempo 1. In entrambi i gruppi la magnesiemia è aumentata rispetto al tempo 0, ma essendo presente una differenza significativa già al tempo 0 tale parametro è di difficile interpretazione, e si rendono necessari ulteriori approfondimenti per indagare la sua effettiva variabilità in risposta allo stress. Il sodio, nel presente studio, è stato influenzato soprattutto dalla reimmissione in vasca: nel gruppo A si è registrato un aumento altamente significativo fra il tempo 0 (424,63 ± 19,62 mmol/l) e il tempo 1 (486,75 ± 26,53 mmol/l), mentre nel gruppo B non si sono evidenziate variazioni rilevanti. Il sodio è lo ione prevalentemente coinvolto nella regolazione dell’equilibrio osmotico (MARTINIS, 2007), e pertanto si può ipotizzare che la maggiore variabilità riscontrata in soggetti reimmessi in acqua sia da attribuire al recupero
dei fisiologici meccanismi di scambio ionico attraverso le branchie. Potassio e calcio, al contrario, non hanno mostrato oscillazioni significative, ma i valori di calcemia da noi riscontrati sono molto superiori a quanto riportato in letteratura e aumentati in entrambi i gruppi al tempo 1. È interessante valutare i risultati ottenuti per la calcemia confrontandoli con quanto osservato per il lattato: si ipotizza infatti che la fonte principale del calcio emolinfatico sia il rilascio di questo catione da parte dell’esoscheletro a causa di uno stato di acidosi dell’emolinfa (MORRIS et al., 1986; LORENZON et al., 2007). La mobilizzazione di questo ione potrebbe far parte dei meccanismi adattativi attivati in condizioni di ipossia poiché l’ipercalcemia sembra avere un effetto positivo sull’affinità dell’emocianina per l’ossigeno, e lo stesso sembra verificarsi in presenza di elevate concentrazioni emolinfatiche di lattato (BRIDGES, 2001). Il lattato deriva dall’utilizzo del glucosio come fonte di energia in condizioni di ipossia, quando il metabolismo tende all’anaerobiosi; alte concentrazioni di questo metabolita si sono osservate nei crostacei in associazione a mantenimento degli animali in ambiente aereo e a stress termici (DURAND et al., 2000; LORENZON et al., 2007). Nello studio condotto da LORENZON et al. (2007) si è registrata un’associazione fra le variazioni dello ione calcio e del lattato; nel presente lavoro, nonostante non si siano ottenute correlazioni significative con le differenti modalità di stabulazione, si sono registrate concentrazioni di lattato molto elevate se confrontate con i dati in letteratura (LORENZON et al., 2007; BASTI et al., 2010; TAYLOR e
“Il mantenimento in ambiente aereo si è dimostrato la modalità di stabulazione maggiormente stressante per gli animali: è stato possibile attestare l’effetto negativo dell’esposizione all’aria sulle concentrazioni emolinfatiche di ammoniaca, glucosio, proteine, urea, sulla conta emocitaria e sembra essere evidente anche l’associazione con una maggiore prevalenza di batteriemia”
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WHITELEY, 1989), così come era stato osservato per la calcemia. Conclusioni Dai risultati di questo studio preliminare si evince quindi come sia effettivamente possibile una valutazione oggettiva della risposta adattativa dell’astice americano a condizioni di stress mediante la misurazione di parametri emolinfatici: le variabili più significative fra quelle prese in esame sembrano essere urea, ammoniaca, glucosio e proteine totali. La risposta univoca con i precedenti studi presenti in letteratura, l’interpretabilità agevole dei risultati e la praticità di esecuzione possono far considerare questi parametri ottimi indicatori delle condizioni fisiologiche degli astici americani, e pertanto sembra utile approfondire la ricerca con ulteriori studi, al fine di indagare la loro variabilità in funzione dei diversi stressors a cui gli animali sono esposti in tutte le fasi della loro commercializzazione. Il mantenimento in ambiente aereo si è dimostrato la modalità di stabulazione maggiormente stressante per gli animali: è stato possibile attestare l’effetto negativo dell’esposizione all’aria sulle concentrazioni emolinfatiche di ammoniaca, glucosio, proteine, urea, sulla conta emocitaria e sembra essere evidente anche l’associazione con una maggiore prevalenza di batteriemia. Restano da approfondire gli effetti di tale fattore di stress su parametri quali lattato, colesterolo e trigliceridi che in letteratura sono riportati come variabili suscettibili di alterazioni in condizioni di stress da ipossia. La stabulazione con reimmissione in vasca, al contrario, ha mostrato significativi effetti positivi su ammoniemia, protidemia, uremia e sul bilancio elettrolitico, in particolar modo nei confronti delle concentrazioni di sodio e cloro. Confrontando tali risultati con quanto riportato in letteratura, sembra possibile un effetto positivo anche sulla glicemia. Sebbene l’intervallo di tempo preso in considerazione in questo studio (12 ore) sia quello che maggiormente rispecchia le modalità standard di commercializzazione dell’astice
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americano, sarebbe interessante in futuro effettuare una valutazione dei parametri emolinfatici ad intervalli di tempo maggiori dalla reimmissione in vasca dei soggetti, al fine di approfondire le attuali conoscenze sulle migliori modalità di stabulazione e di conseguenza ottenere un migliore benessere dell’animale e un prodotto finale di migliore qualità. Francesca Mariotti Sprim Italia Srl Luciana Baggiani Erica Tirloni Simone Stella Cristian Bernardi Dipartimento di Scienze Veterinarie per la Salute, la Produzione Animale e la Sicurezza Alimentare Università degli Studi di Milano * Gli autori ringraziano METRO Italia Cash and Carry Spa per la collaborazione nella realizzazione del presente lavoro. Bibliografia • BARR S. et al. (2008), Nociception or pain in a decapod crustacean?, Animal Behaviour, 75, 745-51. • BARRENTO S. et al. (2010), Cancer pagurus (LINNAEUS, 1758) physiological responses to simulated live transport: Influence of temperature, air exposure and AQUI-S®, Journal of Thermal Biology, 36 (2), 128-37. • BARTLETT S.L., WOOSTER G.A., SOKOLOWSKI M.S., DOVE A.D.M., B OWSER P.R. (2008), Naturally occurring bacteraemia in American lobsters, Homarus americanus Milne-Edwards, in Long Island Sound, Journal of Fish Disease, 31, 19-25. • BASTI D. et al. (2010), Factors affecting post-capture survivability of lobster Homarus americanus, Diseases of aquatic organisms, 90 (2), 153-66. • BRIDGES C.R. (2001), Modulation of haemocyanin oxygen affinity: Properties and physiological implications in a changing world, Journal of Experimental Biology, 204 (5), 1021-32. • BROOM D.M. (1986), Indicators of
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Una porzione alla settimana di pesce ricco di Omega 3 riduce il rischio di infarto nelle donne se sostituisce carni bianche, rosse, trasformate o pesce magro Questo studio danese ha seguito per oltre 13 anni più di 29.000 donne e oltre 26.000 uomini (età media: 56 anni per le donne, 55 per gli uomini), registrando il consumo settimanale di proteine animali, e cioè do carne rossa, carne lavorata, pollame, o pesce magro e grasso. Il dato di consumo è stato poi associato al rischio di infarto cardiaco, aggiustando i risultati per tutte le variabili potenzialmente confondenti, come il fumo, l’uso di terapia estrogenica sostitutiva tra le donne, il BMI, il girovita, la sedentarietà, la presenza di ipercolesterolemia, ipertensione, diabete. Al termine del follow-up si è osservato che sostituendo 150 grammi (una porzione) alla settimana di carne rossa (lavorata o meno) o avicola, o di pesce magro, con una porzione di pesce grasso, ricco di Omega-3, c’era una significativa riduzione del rischio di infarto tra le donne. La sostituzione di carne rossa, fresca o lavorata, con pollame o pesce magro non avrebbe invece fatto rilevare alcun vantaggio; anche la sostituzione di carne lavorata con carne non lavorata non ha portato, negli anni, a riduzione del rischio di infarto miocardico. Negli uomini è stata messa in luce un’identica tendenza, che non è risultata però statisticamente significativa. Queste osservazioni confermano l’efficacia preventiva dell’assunzione di pesce grasso, mentre suggerirebbero l’assenza di differenze tra le altri fonti proteiche (carni rosse o bianche, pesce magro, carni conservate) nell’effetto sul rischio coronarico. (Fonte: Nutrition Foundation, www.nutrition-foundation.it)
Un caso di Maccallumtrema (Didymocystis) xiphias nel pesce spada di Alfredo Mengoli
Dalle conoscenze attuali colpisce solo il pesce spada, non si vede frequentemente e rientra fra gli oltre 50 possibili parassiti descritti in questo xifide, a giustificazione della sua dieta estremamente diversificata (Tabella 1). Maccallumtrema (Didymocystis) xiphiados è un trematode digeneo appartenente alla famiglia dei Didymozoidae che si localizza prevalentemente a livello della muscolatura addominale, sotto la cute, formando cisti parassitarie di grandi dimensioni (anche 4-5 cm) circondate da una spessa capsula connettivale, contenenti ognuna un parassita di aspetto globoso e
color giallo ocra. Una caratteristica dei trematodi adulti incistati della sottoclasse Didymozoidae (famiglia Didymozoidae) è la netta distinzione fra la parte cefalica molto piccola e l’imponente porzione viscerale posteriore. La forma globosa del corpo, l’ermafroditismo completo e la presenza di un unico parassita in ciascuna delle cisti muscolari sono le altre caratteristiche che consentono di identificarlo come Didymocystis xiphias, segnalato in pesci spada di tutto il mondo, anche se prevalentemente in Atlantico occidentale e a volte in Mediterraneo.
Anamnesi del caso segnalato La segnalazione è pervenuta da una pescheria della Grande Distribuzione, che riferiva di un pesce spada con lesioni interne di grosse dimensioni, mai osservate prima, emerse durante le normali operazioni di sezionamento dello stesso. La tracciabilità del prodotto indicava come zona di cattura la zona FAO 37.3.1 Grecia, con attrezzi da pesca lenze o palangari. Provenienza non tipicissima per questo tipo di patologia, più frequentemente descritta in pesci spada di provenienza atlantica. La scoperta delle lesioni risultava inoltre assolutamente ca-
Il pesce spada (Xiphias gladius) è un pesce osseo marino, unica specie della famiglia Xiphiidae.
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suale, perché nulla di anomalo si era osservato sulla superficie cutanea esterna e le lesioni interne erano emerse solo a seguito del taglio per la preparazione di tranci, collocate in prossimità della parte anteriore del corpo dell’animale, subito dietro la testa. L’area interessata dalle lesioni era molto ampia e riguardava circa ¼ della lunghezza complessiva del pesce spada (Figure 1-2-3). Quadro anatomo-patologico Ad un’osservazione esterna del pesce spada, o non si rileva nulla ( come in questo caso), o si possono rilevare delle leggere protrusioni sferoidali, poco marcate, su una superficie cutanea sempre perfettamente integra, in genere poste dietro gli opercoli a livello toracico-addominale. Internamente, in genere a seguito di sezionamento per la creazione di tranci, appaiono formazioni cistiche a carattere granulomatoso, connettivizzate, collocate fra la cute e la muscolatura addominale. Le cisti sezionate sono rotondeggianti, di diametro anche di 4-6 cm, delimitate da una spessa capsula connettivale sotto la quale, avvolto da una membrana biancastra semitrasparente, è racchiuso il parassita, globoso e molle. Quest’ultimo, al taglio delle capsule, si manifesta come un materiale gelatinoso bianco-giallastro, più grigiastro in superficie, che tende a defluire spontaneamente e a rilasciare del liquido. Istologicamente risulta costituito da un ammasso di tubuli biancastri (testicoli) e strutture tubolari sacciformi contenenti innumerevoli uova ovaliformi giallastre (ovaio), che confermano la natura ermafrodita del parassita. Didymocystis xiphias ha una struttura a lobi multilamellati convergenti al centro del corpo parassitario, dove è rinvenibile un tratto cefalico di 2-3 mm (Figura 4). Sviluppandosi le cisti tra la muscolatura e il sottocute, la muscolatura risulta molto compressa e in parte di conseguenza atrofizzata, a seconda del numero e della grandezza delle cisti. In alcuni casi le cisti contengono il parassita morto o degenerato, ridotto a un ammasso amorfo di materiale poltaceo giallastro, intor-
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Figura 1 – Nel pesce spada, Maccallumtrema (Didymocystis) xyphiados si localizza nel sottocute addominale, dove forma cisti delimitate da una spessa parete connettivale.
Figura 2 – Nella capsula connettivale, avvolto da una membrana biancastra semitrasparente, è racchiuso il parassita, che al taglio si manifesta come un materiale giallastro, che tende a defluire spontaneamente.
Figura 3 – Sviluppandosi le cisti tra la muscolatura e il sottocute, la muscolatura risulta molto compressa e in parte, di conseguenza, atrofizzata, a seconda del numero e della grandezza delle cisti.
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Tabella 1 – Dei circa 50 parassiti identificati nel pesce spada, più della metà sono stati trovati nell’Atlantico occidentale (colonna SN), l’altra metà riconosce diverse provenienze (colonna DX). Inoltre solo 13 risultano ospite-specifici, 6 sono famiglia-specifici e ben 31 non sono o sono scarsamente ospite-specifici (tratto da: HERNEST H. WILLIAMS JR., LUCY BUNKLEY WILLIAMS, Parasites of offshore big game fishes of Puerto Rico and the Western Atlantic, Antillean College Press, Mayaguez, 1996) PROTOZOA Kudoa musculoliquefaciens (Pacifico) DIGENEA Hirudinella ventricosa (Atlantico occidentale)
Cardicola sp. (Pacifico) DIDYMOZOIDEA Metadidymozoon branchiale (Indo-Pacifico) Nematobothrium sp. (Pacifico) Neodidymozoon macrostoma (Pacifico) Reniforma multilobularis (Pacifico)
Maccallumtrema xiphiados (Atlantico occidentale)
MONOGENEA Tristoma coccineum (Atlantico occidentale) Tristoma integrum (Atlantico occidentale)
Tristoma adcoccineum (Pacifico) Tristoma adintegrum (Pacifico) Tristomella laevis (contaminazione accidentale, sono necessari approfondimenti) Tristomella pricei (Pacifico)
CESTODA (* parassiti stato larvale) Ceratobothrium xanthocephalum* (Atlantico occidentale) Dasyrhynchus giganteus* (Atlantico occidentale) Fistulicola plicatus (Atlantico occidentale) Grillotia erinacea* (Atlantico occidentale) Hepatoxylon trichiuri* (Atlantico occidentale) Molicola horridus* (Atlantico occidentale) Nybelinia bisulcata* (Atlantico occidentale) Nybelinia lamonteae* (Atlantico occidentale) Nybelinia lingualis* (Atlantico occidentale) Otobothrium crenacolle* (Atlantico occidentale) Otobothrium dipsacum* (Atlantico occidentale) Phyllobothrium delphini* (Atlantico occidentale) Tentacularia coryphaenae* (Atlantico occidentale) Tetraphyllid* (Atlantico occidentale)
Bothriocephalus claviger (incerto, sono necessari approfondimenti) Bothriocephalus manubriformis (incerto, sono necessari approfondimenti) Floriceps saccatus* (Atlantico orientale europeo) Gymnorhynchus gigas* (Atlantico orientale europeo) Nybelinia sp.* (Indiano) Rhynchobothrium ambiguum* (incerto, sono necessari approfondimenti) Taenia sp.* (Pacifico; contaminazione accidentale, sono necessari approfondimenti ) Tetrarhynchus spp.* (incerto, sono necessari approfondimenti)
NEMATODA (* parassiti stato larvale)
Anisakis simplex* (Atlantico occidentale) Hysterothylacium aduncum (Atlantico occidentale) Hysterothylacium corrugatum (Atlantico occidentale) Maricostula incurva (Atlantico occidentale)
no al quale si instaura un quadro reattivo perifocale (istologicamente formato da un connettivo lamellare infiltrato da numerosissime cellule) conseguente alla reazione demarcante dell’ospite. Dopo la degene-
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Hysterothylacium aduncum* (Atlantico orientale europeo) Hysterothylacium hanumantharoi (Indiano) Hysterothylacium petteri (Pacifico; contaminazione accidentale, sono necessari approfondimenti) Hysterothylacium reliquens (incerto, sono necessari approfondimenti) Oncophora melanocephala (non ospite-specifico) Paranisakis multipapillus (Indiano)
razione del parassita residuano infatti cisti il cui contenuto tende a calcificare e non a essere riassorbito. Ciclo biologico del parassita I Trematodi digenei, fra i quali i
Didymozoidi, compiono il loro ciclo biologico attraverso ospiti diversi. Dall’uovo fecondato emesso nell’acqua fuoriesce una larva ciliata natante (miracidio) che penetra in un primo ospite intermedio (in ge-
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ACANTHOCEPHALA Rhadinorhynchus pristis (Atlantico occidentale) COPEPODA
Caligus coryphaenae (Atlantico occidentale) Caligus elongates (Atlantico occidentale) Philichthys xiphiae (Atlantico occidentale) Pennella filosa (Atlantico occidentale) Pennella instructa (Atlantico occidentale)
Caligus chelifer (incerto, sono necessari approfondimenti) Chondracanthus xiphiae (incerto, sono necessari approfondimenti) Gloiopotes huttoni (Indo-Pacifico) Gloiopotes watsoni (Indiano) Lernaeolophus sultanus (Indiano; contaminazione accidentale, sono necessari approfondimenti) Pennella sp. (Indiano) Thysanote ramosa (solo Mediterraneo) CIRRIPEDIA
Conchoderma virgatum (Atlantico occidentale)
Conchoderma sp. (Pacifico) ISOPODA Nerocila californica (Pacifico) Nerocila phaiopleura (Indiano) FISHES
Isistius brasiliensis (Atlantico occidentale) Naucrates ductor (Atlantico occidentale) Petromyzon marinus (Atlantico occidentale) Remora brachyptera (Atlantico occidentale) Remora osteochir (Atlantico occidentale) nere un mollusco) in cui raggiunge l’epatopancreas o le gonadi e ivi si trasforma nel secondo stadio larvale (sporocisti). Questo contiene cellule generative che, moltiplicandosi, danno origine ad altre sporocisti o
Figura 4 – Disegno del Maccallumtrema xiphiados in toto, con apertura della parte periferica multilamellare (ovaio), per evidenziare al centro il tratto cefalico.
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al terzo stadio larvale (redia). Direttamente, o attraverso successive generazioni di redie, si giunge a un ulteriore stadio larvale (cercaria) che, completato lo sviluppo, lascia il mollusco e penetra in un secondo ospite intermedio (in genere invertebrati o anche vertebrati come pesci). Qui si incista, trasformandosi in metacercaria. Tale trasformazione in taluni digenei avviene anche nell’ambiente esterno, a contatto di un substrato. Quando l’ospite intermedio viene ingerito dall’ospite definitivo (che possono essere altri pesci predatori e/o uccelli ittiofagi), la metacercaria si trasforma nel trematode adulto. Nei pesci le metacercarie si possono localizzare in vari distretti dell’organismo, e diverse specie di trematodi Didymozoidae hanno pre valentemente localizzazio ne muscolare, come ad es. Nematobibothrioides histoidii in Mola mola (pesce luna) o Gonapodasmius okushimai in Pagrus major (pagro reale) o Metanematobothrium quenei in Thunnus alalunga (alalunga). Nel caso specifico del pesce spada il
Didymocystis xiphiados si localizza nel sottocute addominale dove forma cisti delimitate da una spessa parete connettivale. Va però detto che nel ciclo biologico del Maccallumtrema (Didymocystis) xiphiados non tutto è perfettamente chiaro e noto. Ad es. non sono ancora state identificate con certezza le lesioni iniziali, rilevabili al momento dell’infestazione. Così come perplessità o discussioni derivano da come possa, un parassita contenuto in una spessa capsula completamente chiusa, espellere le uova all’esterno per far continuare il suo ciclo biologico. Si sono comunque avanzate delle ipotesi, dettate per lo più dalla logica, e cioè che: 1. l’ospite definitivo (cioè il pesce spada) debba necessariamente morire e i suoi tessuti andare incontro a disfacimento, in modo che possano liberarsi le uova; 2. il pesce spada venga predato, evento possibile ad esempio da parte di squali su soggetti defedati o malati, in modo che dalla rottura e apertura traumatica
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della cute e delle capsule si liberino le uova.
Figura 5A – Parassita in toto, dopo divaricamento dei lobi. Figura 5B – Estremità cefalica: utero con uova, poro genitale apicale, ventosa orale subterminale, esofago e intestino (tratto da: LEONI, PIRAS, SIDDI, “Didymocystis Xyphiados in Xiphas gladius del Mediterraneo”, Parassitologia, vol. 30, supplemento 1, dicembre 1988).
Figura 6 – Parassita isolato: visibile la massa corporea costituita prevalentemente dall’utero pieno di uova (da: GELMETTI, MANFREDI, CAMMARATA, Note a margine di alcune lesioni parassitarie della muscolatura del pesce spada, 1995).
Figura 7 – Tratto cefalico, rinvenibile al centro del parassita, 40x (da: GELMETTI, MANFREDI, CAMMARATA, Note a margine di alcune lesioni parassitarie della muscolatura del pesce spada, 1995).
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Struttura morfologica del parassita Maccallumtrema xiphiados è un trematode globoso, lobato, dalle dimensioni variabili ( in cui si riconosce una parte anteriore, cefalica, (dai 2 ai 6 mm) e una parte posteriore (che può arrivare anche a 4 cm), quest’ultima contenente una enorme quantità di uova opercolate (di circa 21 x 15 µm1). La superficie del parassita è percorsa da profondi solchi delimitanti lobi ravvicinati, a forma piramidale, con base distale e apici fusi centralmente. Nei parassiti rimossi dalle capsule si è notato che questi risultano posizionati con la parte cefalica contrapposta, al centro della parte posteriore, caratterizzata da lobature a forma di cavolfiore. La capsula ha infatti setti vascolari che separano le parti posteriori dei due vermi chiusi. Penetrando attraverso i solchi e divaricando i lobuli, in corrispondenza della parte centrale si trova la porzione cefalica del parassita (in pratica caratterizzata da una proiezione mammelliforme di 3-4 mm di lunghezza), completamente nascosta nella voluminosa massa del corpo del parassita . La parte cefalica risulta veramente piccola rispetto alla voluminosa parte posteriore, che si ripiega ripetutamente su se stessa per adattarsi all’angusto spazio cistico e che viene così a ricoprirla completamente. La parte posteriore (Figura 5A e 6) comprende l’apparato genitale che, in quanto ermafrodite, è costituito dai testicoli doppi e tubulari e soprattutto da un grosso e lungo utero circonvoluto e pieno di uova. La parte cefalica (Figura 5B e 7) contiene l’esofago, l’intestino e la parte terminale dell’utero (tubuliforme, allungato, molto ritorto e saccato, occupante quasi tutto lo spazio disponibile della porzione posteriore del parassita), che si apre in un poro genitale all’apice della porzione cefalica, recante anche una piccola ventosa orale. Ad un’osservazione microscopica si possono osservare uova ovali,
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opercolate, per lo più embrionate con diametro di circa 20 micron, e anche miracidi liberi ovoidali, in contemporanea alla presenza di uova aperte. I miracidi posseggono appendici craniali e caudali e sono caratterizzati da una parte anteriore (cefalica), separata dal resto del corpo (due volte più lungo) da una strozzatura anulare. Anche nei testicoli sono valutabili varie fasi di spermatogenesi. Controllo ispettivo e provvedimenti cogenti Pur non essendo una parassitosi zoonosica, è da tenere in seria considerazione perché determina un notevole deprezzamento del prodotto, risultando particolarmente onerosa da un punto di vista economico per l’OSA, dato che ha sempre imposto, specie per la vendita di tranci o filetti, la completa tolettatura della parte colpita, che può essere anche molto ampia. Tolettatura che in ogni caso difficilmente può essere limitata al minimo indispensabile col fine di salvare al massimo la parte muscolare nobile. Questo sia per le notevoli dimensioni della lesione parassitaria, sia per il fatto che, dopo la degenerazione del parassita, residuano cavità cistiche il cui contenuto tende a calcificare e non a venire riassorbito. Quindi l’intervento di tolettatura dovrebbe comportare un’ampia superficie di taglio, a garanzia del risanamento della parte. A peggiorare però il giudizio ispettivo, si è recentemente constatato che il tessuto muscolare del pesce spada infestato da Maccallumtrema xiphiados si deteriora più rapidamente rispetto allo stesso non parassitato, e questo aumenta i rischi per il consumatore. Quindi, oltre alla rimozione delle capsule, con larga base di taglio, soprattutto nei casi di infestazione massiva, si consiglia di cuocere la carne il più presto possibile e, in caso di preparazione di tranci o filetti, si sconsiglia di conservarli freschi, ma di cuocerli e poi congelarli in attesa di essere consumati. Nel caso specifico che abbiamo trattato, sia per la diagnosi di Maccallumtrema xiphias, sia per la notevole estensione delle lesioni,
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l’OSA ha preferito escludere quel pesce spada dal consumo. Come ribadito con le ultime Linee guida in materia di igiene dei prodotti della pesca, emanate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri tramite l’Intesa Stato-Regioni del 05-11-2015, l’OSA, che effettua attività di vendita al dettaglio, è responsabile della sicurezza alimentare dei prodotti che immette sul mercato e ha l’obbligo di non immettere sul mercato per il consumo umano prodotti della pesca manifestamente infestati da parassiti (indipendentemente dal numero di parassiti riscontrati). Per questo deve sottoporre i prodotti della pesca a esame visivo, prima dell’immissione sul mercato, svolto secondo le modalità fissate nel Reg. CE 2074/2005. Alfredo Mengoli Vet. Uff. Ispettore referente settore ittico ASL Bologna Note 1. micrometro o micron = simbolo µm o µ (un milionesimo di metro). Bibliografia • HERNEST H. WILLIAMS JR., LUCY B UNKLEY W ILLIAMS , Parasites of offshore big game fishes of Puerto Rico and the Western Atlantic, Antillean College Press, Mayaguez, 1996. • LEONI, PIRAS, SIDDI, Didymocystis Xyphiados in Xiphias gladius del Mediterraneo, XV Congresso nazionale della società italiana di parassitologia, Parassitologia, vol. 30, supplemento 1, dicembre 1988. • ZAMPERETTI, FIORAVANTI, RESTANI, SIGOVINI, Reperti parassitari in Xiphias gladius d’importazione, Boll. Soc. It. Patol. Ittica 1995, 17, 46-51. • GELMETTI, MANFREDI, CAMMARATA, Note a margine di alcune lesioni parassitarie della muscolatura del pesce spada (xiphias gladius), Atti XIV Convegno nazionale A.P.I.V. (Associazione Patologi Italiani Veterinari), Saturnia 1995. • GUSTINELLI , FIORAVANTI, Parassiti del pesce spada (Xiphias gladius) d’interesse ispettivo e igienicosanitario, Eurofishmarket.
STORIA E CULTURA
Florio vuol dire (anche) tonnara di Clara Scaglioni
Quando ne acquistiamo l’ottimo Marsala o sentiamo nominare la targa Florio — la competizione di auto sportive che quest’anno compie 100 anni di successi e si svolge sulle strade tortuose delle Madonie — possiamo dire davvero di conoscere
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e sapere cosa ha rappresentato, dai primi anni dell’Ottocento alla metà del Novecento, la famiglia Florio per la Sicilia? Agli albori del Novecento l’ultimo discendente maschio dei Florio, Ignazio Florio Junior e la bellissima moglie Franca, nata ba-
ronessa Jacona Notarbartolo di San Giuliano, convinti fautori e sostenitori dell’importante ruolo politico ed economico che spettava di diritto alla Sicilia all’interno dell’Europa del tempo, erano tra i pochi ad avere il privilegio di ospitare, nelle sontuose
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residenze di famiglia a Palermo, teste coronate come il re d’Italia e lo Zar di Russia, scrittori famosi e personalità del “bel mondo” come Caruso. Erano una coppia bella, colta, moderna, consapevole di appartenere ad una dinastia che aveva saputo creare,
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nella sua amatissima isola, un impero economico: aveva infatti fondato banche, rivalutato e ristrutturato le tonnare di Favignana, realizzato industrie e fonderie, incrementato il lavoro nelle saline, prodotto nelle proprie cantine il Marsala, quel vino
liquoroso tanto amato Oltremanica, e dato il via alla Società di Navigazione italiana, all’epoca una delle più grandi flotte capace di arrivare anche nelle lontane Americhe. Tutto aveva avuto inizio nel 1783, quando a Bagnara Calabra un grosso
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Tonno sottolio homemade? Perché no! Il tonno in scatola sottolio è certamente uno degli alimenti in cucina tra i più consumati ma non tutti sanno che, con un minimo di impegno, lo si può anche preparare in casa raggiungendo un ottimo risultato. La prima cosa da fare è acquistare un bel trancio di tonno, metterlo in un contenitore capiente pieno di acqua fredda, che andrà cambiata di frequente, in quanto occorre sciacquarlo per fare sì che tutto il sangue venga eliminato, perché in cottura potrebbe formare degli antiestetici grumi. Lo si toglie quando l’acqua risulta limpida. A parte si prepara una pentola con acqua, sale, qualche foglia di alloro ed appena alza il bollore vi si mette il trancio di tonno che dovrà bollire a fuoco lento per almeno un’ora . Passato questo tempo lo si scola e lo si fa asciugare per almeno 24 ore. Dopo aver ben pulito e sterilizzato i barattoli a chiusura ermetica che si trovano in commercio, il tonno verrà introdotto e coperto completamente di olio di oliva fino all’orlo insieme a qualche bacca di ginepro e qualche foglia di alloro. Prima di consumarlo è bene farlo riposare in un luogo asciutto per almeno un mese; così preparato si conserva perfettamente almeno tre mesi. Anche lo sgombro sottolio può essere preparato in casa. I pesci appena comprati devono essere puliti e sciacquati per eliminare il sangue, poi si mettono in un tegame con acqua fredda salata con qualche foglia di alloro, si porta a bollore e si scolano. Si fanno raffreddare, si puliscono togliendo la pelle e tutte le spine e si asciugano molto bene prima di mettere verticalmente i filetti nei barattoli con qualche bacca di pepe rosa. Infine, si ricoprono completamente di olio d’oliva. Si conservano in frigorifero (photo © Olga Kriger). Appertizzare = sterilizzare C’è in tutti i settori economici un momento preciso in cui scatta il passaggio ad un tipo produzione più moderna. Per l’industria del tonno occorre porre l’attenzione a quando Nicolas Appert e Bryan Donkin scoprirono, all’inizio dell’800, un metodo per la sterilizzazione delle scatole metalliche da destinare alla conservazione dei cibi. Prima per il tonno si faceva ricorso a conservanti naturali come il sale e l’olio di oliva, ma la vita del prodotto era limitata: Nella seconda metà dell’800 la tecnica dell’appertizzazione venne estesa alla lavorazione del tonno in scatola, rendendo molto più sicuro, e di conseguenza diffuso, l’uso di questo alimento in cucina.
terremoto aveva costretto i fratelli Paolo ed Ignazio Florio a lasciare la propria terra per trasferirsi a Palermo, dove erano riusciti a riaprire la stessa attività che gestivano nel loro paese: un negozio per la vendita di prodotti coloniali e di chinino, a quei tempi utilizzato per la cura della malaria. Nel 1807 Paolo muore e suo figlio Vincenzo viene affidato al fratello Ignazio che nel 1828 lo lascia erede di una fortuna grazie alle sue
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abilità imprenditoriali. Vincenzo non è da meno dello zio ed incrementa la ricchezza della famiglia investendo nel settore dei trasporti, nella coltivazione del cotone, nella produzione del tabacco e, in concorrenza con gli Inglesi, è lui ad iniziare la produzione del Marsala. L’unica pecca che può essergli attribuita è quella di non avere compreso la potenzialità economica che si poteva ricavare dalle tonnare perché, quando prende in
affitto nel 1841 dai Pallavicino quella di Favignana, nonostante l’attività producesse ottimi profitti, nel 1859 rescinde il contratto, facendo subentrare il genovese Giulio Drago. Ed è proprio Drago ad iniziare la costruzione del primo nucleo di quello che sarebbe poi stato lo stabilimento Florio, utilizzando, nel settore della lavorazione del tonno, tecniche all’avanguardia per quei tempi. La “tonnara” è un metodo di pesca ormai in disuso ma del quale si mantengono alcune parole inserite a pieno titolo nella lingua italiana. I tonni, una volta pescati dai tonnaroli sotto la guida del rais — la parola araba con la quale si indica il capo e con il secolare rituale della mattanza —, venivano portati all’interno della tonnara ed appesi nel bosco, un insieme di cime per agganciare e fare scolare i pesci dal sangue, così da poterli successivamente tagliare, eviscerare, privare delle uova, bollire e mettere in salamoia o nell’olio di oliva per essere alla fine confezionati. Alla morte di Vincenzo, avvenuta nel 1868, gli subentra il figlio Ignazio Senior, che ha un’idea diversa sulle tonnare. Acquista le isole Egadi nel 1874 e decide di trasformare il volto architettonico dell’isola di Favignana. Per realizzare questo progetto chiama il famoso architetto Giuseppe Damiani Almeyda, che aveva costruito il Politeama di Palermo. Gli commissiona il palazzo Florio e la ristrutturazione dello stabilimento che, sotto la sua direzione, diventa un vero gioiello di architettura industriale. Vengono costruiti dei grandiosi magazzini, sale di confezionamento del pescato, delle strutture di servizio per gli addetti ed anche una vasta area aperta, denominata camposanto, destinata all’essiccazione delle teste dei tonni dalle quali si ricavava olio ad uso industriale. Nel 1891 Ignazio muore lasciando quattro figli: uno viene a mancare, la figlia Giulia si sposa e si disinteressa delle attività di famiglia, il figlio Vincenzo si dedica completamente allo sport (e crea la “targa Florio”), per cui le redini della azienda le prende il figlio Ignazio Junior, la cui moglie è, come detto, la bellissima Franca. Ma è proprio con questa coppia che
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Le latte del tonno Florio (photo © www.boldcomunicazione.it). purtroppo il mito di questa famiglia intorno agli anni Trenta del Novecento tramonta, a causa certamente del tenore di vita troppo costoso che i due conducevano ma soprattutto per la situazione politico-sociale venutasi a creare nell’isola all’alba dell’Unità di Italia. Franca, nota per la bellezza, l’eleganza e l’intelligenza, era tra le poche donne del tempo,
se non l’unica, a possedere gioielli regali, come la stupenda collana di perle lunga più di 7 metri. Ella dovrà ahimè separarsi da tutte le sue gioie e venderle quando arriveranno tempi difficili, che decreteranno la rovina economica della famiglia. La Regione Sicilia ha ristrutturata la tonnara di Favignana e nel 2009 l’ha trasformata in un grande museo
da visitare per tenere vivo il mito di una famiglia che tanto ha dato alla sua terra. Clara Scaglioni Nota Nelle pagine 154 e 155 l’ex stabilimento Florio delle Tonnare di Favignana e Formica (photo © archeologiaindustriale.net).
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