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L’anno che verrà

di Sebastiano Corona

Era la fine del 2022 ed eravamo convinti di aver passato la nottata, essendoci lasciati alle spalle una pandemia che aveva stravolto economia e società. Quello che non sapevamo era che avremmo dovuto affrontare, da lì a poco, un’altra situazione inedita nella storia recente, se possibile altrettanto dirompente e dannosa. La guerra in Ucraina, unita alla speculazione che sempre si genera a seguito dei conflitti bellici, ha fatto deflagrare una condizione già precaria e in parte anticipata dalla penuria di alcune materie prime e dall’aumento dei prezzi di produzioni indispensabili per il comparto agroalimentare e non solo. L’infla- zione galoppante — fenomeno che avevamo dimenticato — come uno tsunami ha invaso lenta e inesorabile ogni angolo della vita di imprese e persone. Mettendo a dura prova portafogli già semivuoti. I prezzi sono schizzati come non si vedeva dal 1985. Nel complesso le famiglie italiane hanno speso lo scorso anno ben 13 miliardi in più per prodotti alimentari e bevande analcoliche a causa di un aumento medio del costo della vita del 9,1%, con una serie di incrementi capeggiati da pane, pasta e cereali davanti a verdure e carni.

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Secondo COLDIRETTI gli Italiani hanno dovuto sborsare, nel 2022, rispetto all’anno precedente, 2,6 miliardi di euro in più per mettere in tavola pane e pasta, 2,3 per la verdura e 2,2 per la carne (dati ISTAT).

Un elenco indicativo ma non esaustivo, in cui al quarto posto si piazzano latte, formaggi e uova, con 1,8 miliardi di esborso aggiuntivo, che precedono il pesce, rincarato di un miliardo tondo, e la frutta, per 0,9 miliardi. Seguono olio, burro e grassi (+0,8 mld) e le bevande analcoliche (dal caffè alle acque minerali fino ai succhi), con un +0,8 mld. Sono in fondo alla graduatoria zucchero, confetture, miele, cioccolato e dolci, per un +0,4 mld, e sale, condimenti e alimenti per bambini per un incremento di 0,2 mld.

Il 2022 appena trascorso, che speravamo e ci sembrava fosse un anno di ripresa dopo la pandemia, si è invece rivelato complicato e negativo. Tuttavia, senza voler fare pronostici, vogliamo credere a chi dichiara che si sta andando verso una contrazione leggera. Per il Commissario UE all’Economia, infatti, è possibile evitare la recessione profonda inizialmente paventata.

Una situazione che ha risvolti complessi che impattano su altri aspetti della vita sociale e che genera conseguenze sul piano finanziario e in particolare su quello più prossimo alle famiglie: i mutui casa. I tassi, sopiti per anni, hanno subito un’impennata proprio per l’adeguamento ad un’inflazione che riguarda tutti i Paesi dell’Eurozona e non solo. Quelli variabili si sono trasformati in una trappola, mentre in pochi osano contrarne di nuovi, acquistando a condizioni finanziarie proibitive, con tutti i risvolti che si possono generare per le giovani coppie e per il mercato immobiliare.

I primi incrementi dei prezzi di materie prime ed energia sono stati assorbiti a più livelli da industria e Grande Distribuzione Organizzata. Anche nella vana speranza che si trattasse di un fenomeno passeggero. In un contesto inflattivo che non si vedeva da decenni, le aziende della Distribuzione Moderna hanno fatto da argine ai rincari, assorbendo una parte dell’aumento delle quotazioni dei beni alimentari e non. Va però altresì rimarcato che quest’onere è stato in buona parte ribaltato sui fornitori, a cui per mesi sono stati negati ritocchi di listino, pur di fronte all’evidenza dei rincari di materie prime ed energia, che erano e tuttora sono un indiscutibile dato di fatto. Se da una parte i prezzi per le famiglie si impennano, l’aumento dei costi colpisce duramente l’intera filiera agroalimentare, a partire dalle campagne per finire con la trasformazione e la vendita Nel primario un’azienda agricola su 10 (13%), secondo il CREA, è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività. Ma ben oltre 1/3 del totale nazionale (34%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dei rincari.

L’intera filiera è sotto pressione, a partire dal primario, dunque, dove gli aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi, al +129% per il gasolio, fi no al +500% delle bollette per pompare l’acqua per l’irrigazione dei raccolti. Ma i rincari riguardano anche l’industria con l’energia elettrica e il gas alle stelle, il vetro che costa oltre il 50% in più rispetto allo scorso anno, il 15% il tetra pack, il 35% le etichette, il 45% il cartone, il 60% i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al +70% per la plastica.

L’industria ha cercato di tenere botta, evitando di riversare direttamente e immediatamente gli aumenti sul mercato. Gli imprenditori che operano nel territorio, soprattutto quelli che guidano piccole aziende e che tengono ad una clientela fidelizzata nei decenni, non sono inclini a “tradire” il proprio parco clienti, rompendo quello che si può considerare una sorta di tacito patto tra produttore e consumatore.

D’altronde siamo tutti consapevoli che le famiglie, già ampiamente vessate su più fronti e incolpevoli di quanto sta accadendo, non hanno molti margini di manovra, soprattutto considerati gli stipendi fissi a dispetto di qualunque variazione dei mercati. Solo in una seconda fase e in maniera graduale i listini hanno registrato degli aumenti di prezzo che non era più possibile contenere e anche la GDO ha dovuto giocoforza rivedere al rialzo l’offerta.

Le conseguenze non si sono fatte attendere. Gli Italiani, già alle prese con salari modesti con i quali facevano fatica ad arrivare a fine mese, hanno perso ulteriore potere d’acquisto. La reazione è stata per 8 Italiani su 10 (81%) l’introduzione di nuove abitudini di vita e di consumo

Secondo COLDIRETTI e CENSIS il primo passo è stato iniziare a fare una lista ponderata degli acquisti da effettuare per evitare acquisti d’impulso. Sono cambiati i luoghi della spesa, col 72% dei connazionali che fa acquisti nei discount, mentre l’83% punta su prodotti in offerta. Quasi 7 Italiani su 10 (69%) cercano regolarmente prodotti a km 0 e il 50% fa la spesa nei mercati contadini, con l’obiettivo di sostenere le realtà locali, ridurre l’impatto ambientale dei lunghi trasporti, ma anche garantirsi prodotti più freschi che durano di più. Le famiglie infatti — sottolinea la COLDIRETTI — vanno a caccia dei prezzi più bassi anche facendo lo slalom nel punto vendita o tra più punti vendita, alla ricerca di promozioni, in uno smodato inseguimento del prezzo più basso.

Ma non si è fatta attendere nemmeno una contrazione dei consumi Le famiglie spendono di più, ma consumano di meno. Già con l’inizio della guerra in Ucraina, sempre secondo COLDIRETTI/CENSIS, il 58% degli Italiani aveva iniziato a limitare gli sprechi di cibo, preparando pietanze anche con gli avanzi dei pasti precedenti e coniugando così portafoglio ed etica. Era forse ora che accadesse, ma avremmo preferito fosse per altri motivi.

Il caro prezzi taglia del 6,3% le quantità, ma porta a spendere comunque il 6,6% in più (dati a novembre 2022) ed è così che volano gli acquisti di cibo low cost e vengono presi d’assalto i discount. La rivista GDO NEWS, che analizza i dati sulle vendite nella Distribuzione Moder- na, evidenzia il fatto che “guardando ai freddi numeri delle vendite di dicembre ‘22, si potrebbe cantare vittoria, perché l’incremento totale Italia — somma di tutti i formati di vendita — sull’anno precedente è stato del 10,9%. Non c’è però nulla da festeggiare, perché nel periodo analizzato l’inflazione sulle vendite della GDO è stata del 15,1%. Se da un lato c’è stato un incremento, dall’altro le vendite sono diminuite moltissimo”.

Essendo stato un anno dominato dall’inflazione — a cui, è utile confessarlo, non eravamo più abituati — tutti i dati sulle vendite vanno visti nella loro complessità. Nelle scorse settimane, infatti, NIELSEN IQ ha pubblicato i dati di chiusura del 2022, che mostrano i lusinghieri incrementi nei fatturati della Distribuzione Moderna in Italia nel 2022: Liberi Servizi, +9,6%; Supermercati, +9,3%; Iper > 4.500 m2, +7,5%; Superstore , +13,4%; Discount , +14,3%; Specialisti Drug, +14,4%; E-commerce, +11,8%.

Crescono tutte le voci in maniera ragguardevole, ma per avere un quadro più realistico occorrerà attendere i bilanci delle 11.500 aziende del mass market retail. Il motivo è presto detto: l’aumento dei ricavi è stato generato dall’aumento dei prezzi di vendita, ma non di quello delle quantità acquistate, dove invece c’è stata una contrazione

L’incremento complessivo del 6,6% non sarà probabilmente sufficiente a coprire gli aumenti dei costi. La Distribuzione Moderna è un tassello importantissimo della nostra economia ed è anche il termometro dell’andamento del Paese, pertanto è utile prestarvi attenzione, anche per comprendere i fenomeni in atto. Quello che inizialmente sembrava un anno di ripresa dopo la pandemia, si è invece rivelato, proprio sul finale, complicato e negativo. Tuttavia, senza voler fare pronostici sull’anno appena iniziato, si vuole credere a chi — PAOLO GENTILONI in testa — dichiara che si sta andando verso una contrazione leggera. Per il Commissario UE all’Economia, infatti, è possibile evitare una recessione profonda, inizialmente paventata. D’altronde, pure il numero due del Fondo Monetario Internazionale, GITA GOPINATH, si sbilancia dichiarando che l’inflazione nei principali Paesi ha già raggiunto il picco. Un ottimismo a cui si unisce il cancelliere tedesco OLAF SCHOLZ

Insomma, poteva andare peggio. La UE ha finora evitato i peggiori timori che erano sorti con l’inizio della guerra in Ucraina, ma dopo aver assistito ad una pandemia devastante, la siccità diffusa e un conflitto bellico ai confini con l’Europa, tutto in un lasso di tempo di 24 mesi circa, riteniamo che la prudenza, anche nelle ipotesi, sia doverosa.

Sebastiano Corona

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