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Fotografando gli squali
di Alessandro De Maddalena
Ho sempre avuto una grande passione per la fotografia, non tanto per l’aspetto tecnico, ma piuttosto a livello artistico. Mi è sempre piaciuta l’idea di poter fermare un istante di vita reale, cogliendo e immortalando qualcosa che, in caso contrario, nessun altro occhio umano a parte quello dell’osservatore potrebbe mai vedere. Nel corso degli anni ho scattato decine di migliaia di fotografie, prima su pellicola, passando poi alle diapositive, e in seguito al formato digitale. La prima macchina fotografica che utilizzai fu una Minox 35 GT, quindi passai al digitale con una Sanyo Xacti J4. Quando iniziai a condurre delle spedizioni in Sudafrica per l’osservazione degli squali bianchi (Carcharodon carcharias) ebbi l’opportunità di avere l’appoggio di CANON ITALIA, dalla quale ebbi una Canon EOS 1D Mark III in prestito per la durata di ogni spedizione.
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Trasferendomi in Sudafrica, dovetti procedere ad acquistare il mio materiale: una macchina fotografica Canon EOS 5D Mark II con un obiettivo da 20 mm da utilizzare per le foto subacquee, ed una Canon EOS 1D Mark III che presi usata dal mio amico CHRIS FALLOWS, da utilizzare con un obiettivo da 70-200 mm per scattare le foto dall’imbarcazione e su terra.
L’idea di poter usare la macchina fotografica con la quale Chris Fallows, noto specialista di squali e straordinario fotografo naturalista, aveva scattato molte delle immagini più belle degli squali bianchi che saltavano fuor d’acqua, mi piacque molto e mi parve di buon auspicio. Anni dopo, quando perdetti la mia 5D Mark II nelle acque di un fiordo norvegese durante una spedizione per l’osservazione delle orche, mi venne in aiuto C ANON S UDAFRICA con un’altra macchina dello stesso modello, che utilizzo ancora oggi. Tuttavia, la 1D Mark III che presi da Chris è ancora viva e vegeta e continua a darmi grandi soddisfazioni.
In gioventù non avevo un particolare interesse per la fotografia naturalistica. Quando in seguito ebbi l’occasione di trasformare la mia passione per la fotografia in una parte integrante del mio lavoro sugli squali compresi che si trattava di un’opportunità da non trascurare. Dapprima dovetti scattare una grande quantità di immagini di reperti di squali conservati nelle collezioni di musei di storia naturale in Europa, in connessione al mio programma di ricerca sulla presenza dello squalo bianco nelle acque mediterranee. In seguito, quando iniziai a condurre le spedizioni per l’osservazione degli squali, prima in Sudafrica e in seguito in Australia, mi si presentò un’occasione straordinaria di dedicarmi alla fotografia di animali vivi, ritratti nel loro ambiente. Col tempo dedicai la mia attenzione non solo agli squali ma anche a tantissime altre specie animali, sia marine che terrestri.
Il mio soggetto naturalistico preferito è tuttora lo squalo bianco, il cui aspetto, imponente e preistorico, lo rende un modello di impressionante bellezza. Le immagini di questa specie che mi hanno procurato maggiore soddisfazione sono quelle degli squali bianchi che saltano fuor d’acqua, che ho potuto scattare più spesso in acque sudafricane e specialmente nella False Bay, nell’area di Città del Capo.
Che si tratti degli squali bianchi immortalati mentre spiccano balzi per catturare le otarie del Capo, oppure mentre saltano attaccando la falsa otaria di neoprene che talora trainiamo dietro all’imbarcazione con il fine di osservare tale comportamento, l’emozione che si prova in quei momenti è sempre indescrivibile. Il salto dello squalo bianco dura soltanto un secondo, quindi la concentrazione è fondamentale per ottenere uno scatto dell’animale mentre fuoriesce dall’acqua o nell’istante in cui è totalmente fuor d’acqua. Si fi ssa nel mirino per lunghi minuti in spasmodica attesa, tentando di stare quanto più fermi sia possibile malgrado l’imbarcazione sia in costante movimento, con i motori accesi e sballottata dalle onde. Tuttavia, nel momento in cui lo squalo salta c’è una frazione di secondo, quando l’animale è sospeso in aria nel punto più alto della sua traiettoria, in cui si ha l’impressione che il tempo si fermi per un attimo, come se ci venga effettivamente concessa l’opportunità di scattare quell’immagine dall’animale stesso.
Le altre immagini di squali bianchi che reputo maggiormente gratificanti sono quelle che ho scattato nelle acque delle Isole Neptune in Australia Meridionale, nell’area di Port Lincoln, col grande predatore che si avvicina maestosamente alla gabbia, scortato da una moltitudine di carangidi argentei. L’utilizzo di due tipi di gabbie, quella di superficie e quella che discende sul fondo del mare, permette di realizzare scatti della stessa specie in ritratta in ambienti molto diversi e con effetti totalmente differenti, mentre nuota nel blu intenso facendosi largo tra le ricciole e i carangidi argentei o mentre nuota rasente al fondale in compagnia di enormi trigoni dalla coda corta, aquile di mare e labridi.
A seguire, dopo lo squalo bianco, le mie specie preferite da ritrarre sono lo squalo mako dalle pinne corte ( Isurus oxyrinchus ) e la verdesca ( Prionace glauca ). La verdesca è probabilmente la migliore fotomodella subacquea, non solo per la spettacolare eleganza delle sue forme e la bellezza del suo colore, ma anche per la sua predilezione per le acque pelagiche e per la spiccata propensione all’interazione con gli esseri umani. Immersa in una luce magnifica, si muove elegantemente nel blu intenso e si avvicina ripetutamente e insistentemente al fotografo.
Lo squalo mako è altrettanto affascinante, ma assai meno collaborativo per via del suo carattere più schivo e nervoso. Il mako nuota con movimenti rapidissimi ed è perennemente all’erta. Questa specie è assai poco incline ad avvicinarsi agli esseri umani e tanto mento a restare nell’area per più di pochi minuti. D’altra parte queste sue caratteristiche non fanno altro che aumentare la soddisfazione allorquando si riesca a carpire una bella immagine di questo velocissimo predatore.
Nel corso degli anni ho avuto la fortuna di poter ritrarre anche molte altre specie di squali, alcuni di grandi dimensioni, altri minuti, inclusi il notidano maculato ( Notorynchus cepedianus), il pesce martello comune (Sphyrna zygaena), lo squalo toro (Carcharias taurus), lo squalo bronzeo detto anche squalo ramato ( Carcharhinus brachyurus ), lo squalo sericeo (Carcharhinus falciformis), lo squalo grigio di barriera (Carcharhinus amblyrhynchos), lo squalo dalle pinne nere di barriera ( Carcharhinus melanopterus ), lo squalo dalle pinne bianche di barriera ( Triaenodon obesus ), il palombo dai denti affilati (Triakis megalopterus), il palombo liscio (Mustelus mustelus), lo squalo pigiama (Poroderma africanum) e il gattuccio vipera soffiante (Haploblepharus edwardsii).
In alto: uno squalo mako dalle pinne corte (Isurus oxyrinchus) incontrato al largo di Cape Point, in Sudafrica (photo © Alessandro De Maddalena).
In basso: una verdesca (Prionace glauca) ritratta in prossimità di un banco di acciughe, nei pressi della bocca della False Bay in Sudafrica (photo © Alessandro De Maddalena).
Come fotografo, tutto ciò che miro ad ottenere in un’uscita in mare per osservare gli squali è di poter scattare un’immagine di buona qualità. Qualora riesca ad ottenere un paio di buoni scatti in più è magnifico, ma lo considero un bonus. Una sola bella immagine è ampiamente sufficiente a rendermi pienamente soddisfatto. Non solo perché avrò la possibilità di utilizzare quell’immagine per il mio lavoro, come autore di libri ed articoli, ma anche perché quella foto mi permetterà di ricordare in modo tangibile quella giornata, che altrimenti andrebbe perduta nella confusa memoria di mille altre simili uscite in mare.
In molte occasioni ho messo a repentaglio la vita delle mie macchine fotografiche, esponendole alle intemperie in barca o mettendole eccessivamente vicine agli squali. In un’occasione stavo scattando alcune immagini dalla plancetta di poppa dell’imbarcazione nella False Bay utilizzando la macchina fotografica scafandrata fissata a un palo. Questo espediente mi permetteva di scattare immagini subacquee degli squali bianchi anche quando la gabbia che utilizzavamo per immergerci era occupata da altri subacquei.
In più occasioni, a causa della torbidità delle acque e della colorazione criptica dello squalo, l’animale si avvicinava eccessivamente alla macchina fotografica prima che potessi avvedermene. Quel giorno sentii qualcosa spingere delicatamente ma con decisione la macchina fotografica: guardando con maggiore attenzione nell’acqua scura vidi delinearsi uno squalo bianco in posizione quasi verticale che con il muso spingeva verso l’alto la macchina fotografica. Resto sempre incantato nel vedere di quale delicatezza siano capaci questi animali enormi, quando lo vogliano. Diverse volte, per ottenere un buono scatto, ho dovuto lasciare che gli squali arrivassero fino a toccare l’oblò della custodia subacquea, pur sapendo che all’animale sarebbe bastato un istante per distaccare l’oblò con un morso dato a fini esplorativi, causando l’allagamento della custodia e la morte della macchina stessa.
Col trascorrere degli anni il mio archivio cresce inesorabilmente e le immagini si accumulano a migliaia, fortunatamente in formato digitale. Quando mi è possibile metto mano al mio materiale fotografico: elimino molte immagini e ne conservo una buona parte, quelle qualitativamente valide o quelle utili alla fotoidentificazione degli esemplari ritratti. Una volta selezionate, ripulisco le immagini, le preparo per l’eventuale pubblicazione correggendo contrasto e colore laddove necessario, e aggiungendo descrizione, luogo e parole chiave, che mi permettano di trovare le immagini ogni qual volta ne abbia la necessità. È un lavoro infinito ma rilassante e gratificante.
Mentre durante i primi anni che ho dedicato alla stesura dei miei libri sulla biologia degli squali dovevo rivolgermi costantemente ad altri per ottenere le foto necessarie ad illustrare i miei testi, con l’allestimento del mio archivio personale questo è divenuto la mia fonte primaria dalla quale attingere. Le mie immagini sono state inoltre utilizzate in numerose pubblicazioni di altri autori, così pure come da molti media e organizzazioni di ricerca e conservazione.
Alessandro De Maddalena