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Il digitale in soccorso di imprese e ambiente

Dal 1o gennaio di quest’anno sono entrati in vigore gli obblighi di etichettatura degli imballaggi, come disposto dal Decreto Legislativo 116/2020, la cui attuazione era stata più volte rinviata.

È una norma che, con pochissime eccezioni, riguarda tutti i prodotti di consumo distribuiti in Italia, agroalimentare compreso

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di Sebastiano Corona

Il Ministero per la Transizione Ecologica e il CONAI, Consorzio nazionale Imballaggi, nel tentativo di supportare le aziende nell’adeguamento alla normativa, hanno realizzato un vademecum su come applicare le nuove regole in azienda anche grazie all’informatica. Un documento incentrato sull’utilizzo dei canali digitali nell’etichettatura ambientale, nella convinzione che la tecnologia possa essere una grande alleata, tanto per l’impresa, quanto per il consumatore che ha il diritto/ dovere di informarsi. L’obbligo di legge si riferisce ai soli imballaggi immessi al consumo in Italia. È, quindi, opportuno verificare eventuali obblighi di etichettatura vigenti nei Paesi diversi dal nostro, ai quali il prodotto è diretto, se si opera nei mercati internazionali. Ciò significa che la lingua utilizzata deve essere necessariamente l’italiano, ma nulla vieta al produttore di fornire l’informazione anche in altre lingue, soprattutto considerato che il canale digitale consente questo tipo di opzione in maniera molto semplice e senza problemi di spazio.

L’etichetta cartacea è certamente più immediata, ma non sempre le dimensioni della confezione consentono di riportare tutto ciò che si vorrebbe: indicazioni obbligatorie e volontarie. Inoltre, un’etichetta digitale può diventare un efficace strumento di marketing o di dialogo col consumatore. Il QR-Code, per esempio, permette di modificare le informazioni nel tempo, di presentarle in maniera più o meno accattivante, di tradurle in diverse lingue.

A seguito di questa apertura del legislatore stanno sorgendo delle piattaforme legate ad una app che, oltre a riportare le indicazioni obbligatorie per lo smaltimento dell’imballaggio, fornisce anche informazioni ai non vedenti e ipovedenti e persino le indicazioni di smaltimento geolocalizzate per ogni comune italiano. Uno stesso materiale potrebbe infatti essere conferito in modi diversi a seconda della località di riferimento e possono essere di colori diversi persino i cassonetti. L’eterogeneità della gestione dei rifiuti in Italia è un problema con cui, chi fornisce le informazioni, deve fare i conti. In una recente indagine commissionata dal CONAI sono state mappate oltre 30 modalità diverse di condurre la raccolta differenziata. Modalità che complicano il lavoro di chi deve predisporre le etichette.

Spetta al produttore scegliere la qualità e la composizione degli imballaggi, sia per il canale commerciale e industriale, sia per quello domestico. Può decidere di utilizzare materiali più o meno impattanti dal punto di vista ambientale. Spesso ci sono più possibilità di scelta anche per lo stesso alimento, ma le opzioni ecologicamente più valide potrebbero implicare dei costi tali da risultare insostenibili nella pratica.

Allo stesso modo spetta al produttore scegliere i canali di trasmissione delle informazioni, che possono essere anche quelli digitali, purché rispettino la normativa. Nel caso di imballaggi destinati ai canali commerciali e industriali questi riporteranno gli elementi necessari ad identificare il materiale di cui sono composti.

Nel caso di imballaggi destinati all’ambito domestico, oltre a questo, devono essere indicate anche le informazioni utili ad una corretta raccolta differenziata. Quante volte ci è capitato di non sapere esattamente come smaltire la confezione di un prodotto e quindi di decidere di conferirla nel bidone della raccolta indifferenziata? Il decreto punta proprio ad evitare che queste situazioni si verifichino e che finiscano nel cassonetto sbagliato confezioni di prodotto che invece avrebbero dovuto avere una destinazione più consona per il riciclo.

Quante volte ci è capitato di non sapere esattamente come smaltire la confezione di un prodotto e quindi di decidere di conferirla nel bidone della raccolta indifferenziata? Il decreto punta proprio ad evitare che queste situazioni si verifichino e che finiscano nel cassonetto sbagliato confezioni di prodotto che invece avrebbero dovuto avere una destinazione più consona per il riciclo.

Il produttore può comunicare tutte le informazioni tramite il digitale oppure riportare sull’imballo solo quelle obbligatorie e poi rimandare alla consultazione di canali digitali per ulteriori informazioni aggiuntive e volontarie circa le sue caratteristiche. Non è ammesso il contrario.

Il decreto non prevede indicazioni specifiche su quali canali digitali adottare tra quelli oggi disponibili nel mercato, lasciando così intendere che la libertà di scelta è ampia e la libertà è massima: app, QR-Code, codice EAN, siti web e qualunque altra modalità che nel tempo la tecnologia offra sono ben accette, purché le informazioni riportate con questi strumenti siano in linea con le disposizioni normative e risultino chiare, dirette, puntuali e di facile interpretazione. Inoltre per gli imballaggi destinati al consumatore finale devono essere assicurate istruzioni chiare e facilmente accessibili su come si possano ottenere le informazioni ambientali obbligatorie tramite i canali digitali previsti: è il cosiddetto “ponte” tra il mondo fisico e quello virtuale. Per questo deve essere intuitivo per il consumatore arrivare alle informazioni. Se fossero rese disponibili on-line nella giusta maniera, ma fosse impossibile o molto difficile per il consumatore capire come ottenerle, l’obiettivo non si potrebbe considerare raggiunto e l’azienda rischierebbe la sanzione.

Le indicazioni su come accedere alle informazioni digitali si possono apporre fisicamente sul packaging o nel manuale d’uso del prodotto. Per esempio, con una frase esplicita o con un’icona sull’utilizzo di un QR-Code, di un sito web, o di una app attraverso cui accedere all’etichettatura ambientale digitale.

Nel punto vendita, sia esso fisico o virtuale, possono essere presenti spazi informativi riportanti le istruzioni attraverso le quali accedere alle informazioni virtuali di etichettatura ambientale. In alternativa, tali istruzioni possono essere diffuse e rese accessibili per il mezzo di canali di comunicazione tradizionali e digitali, attraverso campagne e/o iniziative promosse direttamente dalle aziende o con il contributo e la collaborazione delle associazioni maggiormente rappresentative del settore.

Nel caso degli imballaggi destinati al consumatore finale, è possibile apporre fisicamente sul pack l’indicazione circa l’utilizzo del QR-Code, del sito web o dell’app attraverso cui accedere alle informazioni.

Sui documenti di trasporto o altra documentazione che accompagna la merce, si possono apporre direttamente le informazioni di etichettatura ambientale, oppure i riferimenti su come accedervi tramite i canali digitali o anche attraverso documenti o comunicazioni tecnico-commerciali dei fornitori, quali pec, lettere o altri documenti ufficiali volti a comunicare al cliente come accedere alle informazioni tramite web.

Sugli imballaggi destinati al circuito commerciale e/o industriale, per rendere disponibili le informazioni obbligatorie è possibile utilizzare uno strumento digitale che rimandi ad una pagina dedicata a veicolare tali contenuti. È però importante che queste pagine web non lascino spazio a diffi coltà interpretative o di consultazione e che l’accesso all’informazione specifica per l’imballaggio in questione risulti facile e diretto. Il CONAI si raccomanda di segnalare su tali canali, in modo evidente, l’imballaggio — o il relativo prodotto — per rendere più facilmente reperibili e consultabili le informazioni al consumatore finale. Ad esempio, è preferibile evitare liste molto lunghe di diverse tipologie di imballaggio generiche non associate ad alcun prodotto che il consumatore dovrebbe scorrere per ritrovare l’imballo di interesse. Ed è sempre preferibile creare per ogni imballaggio (o prodotto) una pagina web o uno spazio dedicato a cui il consumatore abbia un accesso diretto.

È altresì possibile che tale pagina web contenga anche ulteriori informazioni riguardo all’imballaggio di natura regolamentare o non. Qualora risulti chiaro e non dispersivo per l’utente, è possibile riportare in una stessa pagina le informazioni relative agli imballaggi di diversi articoli, a patto che i relativi prodotti siano facilmente riconoscibili e le informazioni siano consultabili agevolmente dall’utente, senza margine di equivoco.

Un suggerimento è quello del GS1 Digital Link che identifica univocamente i prodotti attraverso una struttura standard dell’URL associato al QR-Code stampato sul packaging del prodotto. Questo prezioso strumento prevede che l’URL includa in maniera esplicita il codice identificativo del prodotto (GTIN), che è lo stesso numero rappresentato dal barcode tradizionale (EAN-13), che si trova già su tutti i prodotti in commercio. Ogni pagina web rilevante per il prodotto può essere associata a questo URL con un semplice reindirizzamento, come già accade per molte soluzioni adottate dai produttori. L’uso dello standard GS1 Digital Link garantisce alcuni aspetti importanti perché si tratta di uno standard aperto e gratuito e non di una soluzione proprietaria. Inoltre, è utilizzabile e compatibile con qualunque soluzione scelta per fornire informazioni ai consumatori, poiché impatta solamente sul QRCode stampato sul prodotto e non sul sito e le pagine collegate.

Il QR-Code sul prodotto ha inoltre una struttura standard permanente che non dovrà essere modificata se, per esempio, cambia il sito o cambiano le pagine associate al prodotto.

Il GS1 Digital Link costituisce un collegamento diretto tra il prodotto, identificato col suo GTIN, e ogni informazione che lo riguarda — come smaltimento package, ingredienti, allergeni, info nutrizionali, di marketing, di origine, di tracciabilità, ecc… — che, attraverso un semplice meccanismo di reindirizzamento web, può associare tutte le pagine rilevanti allo stesso QR-Code standard, evitando la proliferazione di simboli sulla confezione. La tecnologia viene dunque in soccorso in ogni campo della vita sociale ed economica, facilitando l’accesso alle informazioni e riducendo i costi.

Il prossimo passaggio sarà il passaporto digitale europeo dei prodotti, il DPP, già previsto tra gli obiettivi del Green Deal. La Commissione UE sta, infatti, lavorando ad uno strumento che faccia un elenco dei materiali utilizzati per la realizzazione di un prodotto o di un edificio. Lo scopo è di elevare la possibilità per questi elementi di essere riutilizzati o riciclati. Al momento è pensato per l’elettronica di consumo, le batterie, l’ICT, la moda, l’arredamento e i prodotti intermedi ad alto impatto, come l’acciaio, il cemento e i prodotti chimici. Ma è evidente che la tendenza sarà quella di estenderlo, col tempo, a tutti gli articoli, in modo da promuovere una produzione sostenibile, facilitando la transizione verso l’economia circolare, fornendo nuove opportunità commerciali agli attori economici e aiutando i consumatori a fare scelte consapevoli.

Sebastiano Corona

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