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Acquacoltura sostenibile, diamo la parola alla scienza

Diamo voce a tre docenti universitari, il professor Marco Saroglia, Università dell’Insubria, il professor Alessio Bonaldo, Università di Bologna, e il professor Emilio Tibaldi, Università di Udine a cui abbiamo chiesto di riassumere che cosa significa per loro sostenibilità in acquacoltura

Siamo giunti quasi al termine del ciclo di articoli che hanno caratterizzato

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“Storie di acquacoltura sostenibile”, rubrica realizzata in collaborazione con API, Associazione Piscicoltori Italiani. Un excursus attraverso l’Italia, da Nord alle Isole, alla scoperta di storie di eccellenza nello sviluppo dell’acquacoltura sostenibile. Qui diamo voce alla scienza e a tre docenti universitari ai quali abbiamo chiesto di riassumere che cosa significa per loro sostenibilità in acquacoltura.

Sostenibilità ambientale e selezione genetica

Prof. Marco Saroglia

Già Professore Ordinario di Acquacoltura, Università degli Studi dell’Insubria

L’acquacoltura è una fonte sempre più importante di sicurezza alimentare e nutrizionale a livello globale. Tuttavia, il settore deve affrontare sfide che limitano la crescita sostenibile, tra cui patologie infettive o da parassiti infestanti; quindi limitazione, sostenibilità e costi fluttuanti delle materie prime utilizzabili nei mangimi, qualità dell’ambiente, disponibilità di acqua e riscaldamento globale.

Alcune tra le principali limitazioni che affliggono l’acquacoltura moderna possono essere affrontate sia intervenendo sui sistemi/tecnologie di produzione che lavorando sulla “domesticazione” delle specie da allevare, mediante selezione genetica mirata, puntando a standard elevati per la salute e il benessere degli animali e la qualità dei prodotti

Le strade attualmente percorribili prevedono in alternativa la “selezione familiare” con l’allevamento selettivo, oppure le biotecnologie. La selezione genetica, ormai ampiamente applicata in agricoltura dopo gli studi di NORMAN BORLAUG degli anni ‘70, ha cambiato completamente anche il mondo dell’allevamento del bestiame terrestre ed è ormai un approccio sperimentato e maturo anche per il settore dell’allevamento ittico. Mentre per il Salmone atlantico la selezione genetica è ormai affermata da tempo, grazie agli sforzi di ricerca mirati su questa specie, per altre specie ittiche la sua adozione è stata ostacolata dalla mancanza di investimenti adeguati e da errori nell’impiego delle risorse, spesso puntando su modelli che pur presentando la comodità di rapidi cicli produttivi, si sono mostrati del tutto inadeguati per l’applicazione nell’allevamento intensivo. Non sono tuttavia mancati, negli ultimi 15 anni, esempi di selezione genetica che stanno ormai offrendo nuovi spunti e protocolli operativi applicabili in acquacoltura su scala commerciale.

Per i programmi di allevamento del Salmone atlantico, fin dagli anni ‘80 sono stati raccolti gameti prelevati da pesci catturati in circa 40 fiumi norvegesi, costituendo così la base di solide stime dei parametri genetici e del primo programma di allevamento commerciale (G JØEN & B ENTSEN , 1997). Gli sforzi si sono concentrati con successo sull’aumento del tasso di crescita, con stime di guadagno genetico per generazione di circa il 15% (GJEDREM & RYE, 2016), un risultato di gran lunga superiore a quello ottenuto col bestiame terrestre. Tale successo potrebbe essere dovuto in parte ad una storia di addomesticamento molto recente, che fornisce alti livelli di variabilità genetica.

Al fine di migliorare la sostenibilità dell’alimentazione, un programma di selezione familiare in Trota iridea è stato condotto presso l’Università dell’Idaho (HAGEMAN) dal gruppo di ricerca di RONALD HARDY, con l’obiettivo di ottenere un ceppo di Trota iridea in grado di mantenere una rapida crescita con un’alimentazione esclusivamente vegetale. Il processo ha richiesto una selezione familiare durata 7 generazioni ed il risultato è stato un ceppo di Trota iridea con alcuni tratti somatici differenziati ed apparentemente correlati, un tasso di crescita più elevato, resistenza all’enterite distale se alimentato con diete ad elevato contenuto di soia, maggiore resistenza a patogeni batterici e virali, differente morfologia dell’intestino, differenze nell’espressione genica del trasportatore di peptidi (Pep-T1).

Lo stesso ceppo di trota selezionato è poi stato sperimentato in Italia, all’interno del progetto AGER 4F, ottenendo con una dieta completamente vegetale, una crescita ed un fattore di conversione del tutto simili a quelli ottenuti con uno dei migliori ceppi selezionati in Trentino dall’allevamento Leonardi ed alimentato con mangime contenente olio e farina di pesce, ovvero dai ceppi prodotti ed allevati presso le troticolture Erede Rossi, considerati tra i più performanti.

L’acquacoltura è una fonte sempre più importante di sicurezza alimentare e nutrizionale a livello globale. Tuttavia, il settore deve affrontare sfide che limitano la crescita sostenibile, tra cui patologie infettive o da parassiti infestanti; quindi limitazione, sostenibilità e costi fluttuanti delle materie prime utilizzabili nei mangimi, qualità dell’ambiente, disponibilità di acqua e riscaldamento globale.

Alcune tra le principali limitazioni che affliggono l’acquacoltura moderna possono essere affrontate sia intervenendo sui sistemi/tecnologie di produzione che lavorando sulla “domesticazione” delle specie da allevare, mediante selezione genetica mirata, puntando a standard elevati per la salute e il benessere degli animali e la qualità dei prodotti.

All’interno del progetto europeo AquaImpact, attualmente in corso, al quale partecipano 12 partner di ricerca, compresa per l’Italia l’Università degli Studi dell’Insubria in Varese, è stato avviato un programma di selezione genetica familiare di spigola e di orata. I ceppi di spigola selezionati sono stati ottenuti presso l’impianto sperimentale di Palavas-les-FlotS (Francia).

Uova provenienti da 7 femmine, derivate da un gruppo di riproduttori selezionati nel corso di 3 generazioni per la crescita a taglia commerciale, sono state fecondate con gameti provenienti da due gruppi di maschi, selvatici catturati nel Golfo del Leone oppure geneticamente selezionati provenienti da avannotteria commerciale. Questi ultimi provenivano da genitori giunti alla settima generazione (> 35 anni), a loro volta selezionati sulla base della crescita e di un limitato contenuto lipidico muscolare. Le spigole sono poi state alimentate presso il centro dell’Università di Gran Canaria, con mangimi prevalentemente a base di proteine ed oli vegetali, incluso un nuovo olio algale, mostrando performance di crescita paragonabili a quelle dei ceppi non selezionati alimentati con olio e farina di pesce. Inoltre, la selezione ha migliorato il valore nutrizionale della carne, diminuendo il grasso periviscerale e aumentando il contenuto di DHA ed ARA nel filetto. In tutti i casi, comunque, è apparso evidente che una selezione genetica implica la necessità di un approccio mangimistico mirato ai fabbisogni nutrizionali dei nuovi ceppi, come per altra specie, mentre lo studio del microbiota intestinale risulta un indispensabile approccio finalizzato al riequilibrio delle nuove diete.

L’approccio biotecnologico, oltre alla creazione di trote sterili triploidi, è affrontato mediante l’ingegneria genetica e l’editing del genoma (Genome editing). Queste tecniche possono essere utilizzate per sviluppare tratti che sono o cisgenici (che introducono variazione genetica dalla stessa specie o da specie sessualmente compatibili) o transgenici (che cambiano o introducono variazione genetica da specie non imparentata).

L’editing del genoma mediante la tecnologia CRISPR associata all’enzima Cas9, ormai perfezionata e sicura anche nei pesci, è forse la prossima frontiera per l’allevamento ittico (OKOLI et al., 2022), almeno nei paesi dove non sussistono veti a tale approccio, come in Italia e, per ora, nel resto d’Europa. Il co-investimento nella ricerca per sviluppare questa tecnologia, tra industria e finanziamenti pubblici, ne faciliterà lo sviluppo. Già applicato sul salmone e sulla tilapia, questo approccio potrebbe apportare benefici anche per la trota e per le specie mediterranee, qualora il legislatore sciogliesse i veti ancora esistenti. Si tratta comunque di procedure ormai applicate con successo ed in piena sicurezza in alcuni Paesi, anche del continente europeo, verso i quali il prodotto italiano potrebbe trovarsi ulteriormente penalizzato nel confronto commerciale.

Una selezione genetica implica sempre la necessità di un approccio mangimistico mirato ai fabbisogni nutrizionali dei nuovi ceppi, come per altra specie, mentre lo studio del microbiota intestinale risulta un indispensabile approccio finalizzato al riequilibrio delle nuove diete.

Nel gennaio 2022, l’ Unione Europea delle Accademie Agricole (UEAA), alla quale l’Italia aderisce tramite l’Accademia dei Georgofili, ha formulato e trasmesso alla Commissione dell’UE alcune raccomandazioni per la revisione della normativa attualmente in vigore sul Genome editing. Sulla base di articolate argomentazioni, si chiedeva il cambiamento della normativa oggi in vigore nell’UE che fa considerare i prodotti ottenuti con il Genome editing uguali agli OGM, riconoscendo che ogni qualvolta le nuove tecniche genomiche portano a ottenere un prodotto che è analogo o addirittura non distinguibile da qualcosa che si sarebbe potuto ottenere per mutagenesi spontanea e per selezione familiare, questo venga considerato alla pari di tali ultime varietà.

Nel documento UEAA si sottolinea l’indispensabilità del Genome editing nel contribuire anche nell’UE alla sostenibilità del sistema agroalimentare, in quanto l’agricoltura europea deve fare affidamento su tali tecnologie per produrre di più e meglio, al fine di garantire l’alimentazione della popolazione e la tutela ambientale.

Distinguendo tra piante ed animali, nel documento si richiama il sistema CRISPR/Cas9. Per gli animali da allevamento, sottolineando le ragioni e l’importanza del Genome editing, si sostiene l’urgente necessità di regolare in Europa il capitolo Ricerca e Sviluppo (R&D) sulle Nuove Tecnologie Genomiche, anche per generare animali da allevamento resistenti alle malattie o insensibili ad alcuni patogeni batterici o virali all’interno del concetto “One Health”.

Sviluppo tecnologico e la digitalizzazione

Prof. Alessio Bonaldo

Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie, Università di Bologna L’ Industria 4.0 è rappresentata dalle strategie di digitalizzazione e automazione dei processi produttivi ad alto potenziale di sviluppo, come l’uso della intelligenza artificiale, i sistemi predittivi e di supporto decisionale, il cloud computing e la sensoristica intelligente. La cosiddetta quarta rivoluzione industriale intende aumentare le produzioni industriali, agricole e zootecniche con anche vantaggi ulteriori come una maggior sostenibilità delle produzioni, un miglioramento della qualità di vita degli operatori, una maggior eguaglianza di genere, oltre che una maggior integrazione dei consumatori nella “co-creazione” dei processi produttivi, aspetti che nel loro complesso porteranno anche ad un miglioramento generale della reputazione del settore. La Commissione europea ha introdot- to il termine Acquacoltura 4.0 nel passato programma Horizon2020 in un bando di sviluppo industriale pubblicato nel 2018 e 2019. In questo bando, è stato chiesto di applicare nel settore dell’acquacoltura le tecnologie dell’Industria 4.0.

È ampiamente riconosciuto che i mangimi per l’acquacoltura di futura generazione dovranno affrontare la sfida della sostenibilità attraverso una transizione almeno parziale verso alimenti nuovi o poco valorizzati a bassa impronta carbonica, salubri e nutrienti per gli animali ed economici per la filiera (photo © Gruppo Del Pesce).

Con questa finalità, grazie ad un budget complessivo di 24 milioni di euro, sono stati selezionati e finanziati 4 progetti: IFishienci, AquaImpact, FutureEuAqua e NewTechAqua, quest’ultimo coordinato dall’Università di Bologna, unico coordinatore italiano. I progetti hanno una durata di 4 anni e sono ancora in corso di attuazione.

Molte tecnologie dell’acqua- coltura 4.0 che sono attualmente in una fase iniziale di sviluppo potranno essere utilizzate in larga scala anche per sostenere e sviluppare i nuovi sistemi di allevamento sostenibile come i sistemi di acquacoltura a ricircolo (RAS), l’acquacoltura multitrofica integrata (compresa l’acquaponica) e le stazioni multiuso offshore per produzione di energie rinnovabili e acquacoltura.

Di seguito vengono descritte, a titolo di esempio, tre innovazioni “4.0” sviluppate nel progetto NewTechAqua (www.newtechaqua.eu), in collaborazione con le aziende coinvolte nel progetto stesso.

1. Sistema intelligente di acquaponica marina per la produzione di cefali e salicornia La prova è stata effettuata per testare un sistema acquaponico marino disaccoppiato per la produzione di una pianta alofita in combinazione con una specie ittica a basso livello trofico. A tale scopo, vasche contenenti cefali alla densità di 3,5 kg/ m3 sono state collegate ad una unità idroponica contenente piantine selvatiche di Salicornia spp. in 20 m2 (141-145 piante per unità acquaponica). I pesci sono stati alimentati utilizzando alimentatori automatici e un sistema di controllo costante dei parametri di qualità dell’acqua (temperatura, ossigeno, salinità, ammoniaca, nitriti e nitrati). In 140 giorni, la biomassa dei pesci è triplicata, mentre è stato possibile produrre 50 kg di salicornia.

2. Sistema real time per il controllo della qualità dell’acqua e gestione dell’alimentazione in allevamenti a terra di branzini e orate Nell’ambito dell’allevamento di precisione, è stato progettato e testato presso un allevamento toscano a terra di spigole/orate un sistema di controllo e gestione basato sull’elaborazione in tempo reale di dati sulla qualità dell’acqua, osservazioni giornaliere del comportamento dei pesci e osservazioni periodiche della crescita dei pesci. Le variabili ambientali, vale a dire la temperatura dell’acqua, la concentrazione di ossigeno disciolto, la concentrazione di ammoniaca e il pH, sono state utilizzate come input per modelli dinamici di popolazione di spigole e orate, per fornire previsioni a breve termine sul consumo di mangime, consumo e concentrazione di ossigeno ed escrezione e concentrazione di ammoniaca.

3. Modelli predittivi dinamici per il controllo dello Sparycotyle negli allevamenti di orata Sparicotyle chrysophrii rappresenta una delle principali minacce parassitarie per le colture di orata nel bacino del Mediterraneo, causando alte mortalità. Per contrastare questo parassita è stato sviluppato un mo- dello statistico ed epidemiologico per analizzare e prevedere l’insorgenza della malattia causata da Sparicotyle chrysophrii. La strategia è stata testata in un allevamento del Nord Adriatico, dove era già disponibile un ampio set di dati, inclusi conteggi di ectoparassiti e variabili idrografiche ambientali (ad esempio, temperatura, correnti d’acqua, ecc…) negli allevamenti di orate. Questo set di dati è integrato con i dati ambientali pubblicamente disponibili sul portale dell’UE Copernicus Marine Monitoring Environment Monitoring Service (CMEMS) e analizzato al fine di identificare potenziali collegamenti tra i focolai di Sparicotyle e le condizioni ambientali. Sulla base dei risultati di questa fase e della letteratura corrente, sono in fase di sviluppo un modello meccanicistico e un modello basato sui dati: il primo sarà utilizzato per supervisionare gli scenari predittivi forniti dal secondo.

Mangimi e sostenibilità dell’acquacoltura

Prof. Emilio Tibaldi Dipartimento di Scienze Agroalimentari, Ambientali e Animali

Università degli Studi di Udine Non vi è dubbio che l’alimentazione delle specie ittiche allevate giochi un ruolo da protagonista nell’assicurare sostenibilità all’acquacoltura nelle sue declinazioni ambientale, sociale ed economica. Le valutazioni più complesse, come l’analisi del ciclo di vita (LCA) dei prodotti dell’acquacoltura, dimostrano infatti l’influenza decisiva dei mangimi su molti se non tutti gli impatti ambientali associati alla filiera.

Alcune sfide importanti in tema di sostenibilità ambientale sono state affrontate con successo dalla mangimistica applicata all’acquacoltura nel recente passato, grazie al costante affinamento della composizione e del bilanciamento nutrizionale delle diete commerciali. Ciò ha consentito e tutt’oggi assicura l’ottimizzazione della performance zoo-economica unitamente a signifi cativi abbattimenti dei carichi eutrofizzanti rilasciati dagli allevamenti ittici. È prevedibile che nuovi sviluppi pro- mossi dalla ricerca nella nutrizione ed alimentazione di precisione e nel miglioramento genetico applicati alle specie ittiche allevate portino nel prossimo futuro ad ulteriori riduzioni degli indici di conversione alimentare, contribuendo a minimizzare l’impatto ambientale dell’allevamento ittico.

Altro aspetto sempre più percepito e legato alla sostenibilità dell’alimentazione delle specie ittiche allevate è dato dalla pressione che essa inevitabilmente genera sulla domanda di materie prime alimentari, co- e sottoprodotti agroindustriali impiegati nella produzione dei mangimi per l’acquacoltura. Su scala planetaria, la dinamica demografica e consumi crescenti di prodotti ittici da acquacoltura, spingeranno la domanda di aquafeeds a raggiungere e superare i 90 milioni di tonnellate nel 2025. Ciò contribuirà ad acuire la competizione per le risorse alimentari tra i diversi settori delle produzioni animali e lo stesso consumo umano, con riflessi sul piano economico nel mercato globale e per le filiere locali.

Pertanto, la futura sostenibilità del settore dipenderà anche dalla capacità di economizzare e sostituire nelle formulazioni mangimistiche risorse alimentari convenzionali fortemente depauperate come quelle derivate dalla pesca oceanica (farine ed oli di pesce) o contese tra vari utilizzatori intermedi e finali (quelle di origine agricola, soia... cereali). Si tratta di un tema con il quale la mangimistica del settore ittico si confronta da un ventennio e che ha portato ad un iniziale miglioramento della sostenibilità delle formulazioni grazie alla crescente sostituzione dei derivati del pesce con alimenti proteici ed oli di origine agroindustriale, più disponibili ed economici sul mercato ma non scevri da problemi nutrizionali ed anti-nutrizionali.

È ora ampiamente riconosciuto che i mangimi di futura generazione per l’acquacoltura dovranno affrontare la sfida della sostenibilità attraverso una transizione almeno parziale verso alimenti nuovi o poco valorizzati a bassa impronta carbonica, nondimeno salubri e nutrienti per gli animali ed economici per la filiera, in grado di assicurare al prodotto ittico allevato gli attuali elevati standard di qualità e sicurezza alimentare per il consumatore.

Livelli sostanziali di ingredienti nuovi, riciclati o poco sfruttati, andranno quindi ad integrare quelli convenzionali in mangimi che minimizzano l’impiego di derivati dalla

Chi è API, l’Associazione Piscicoltori Italiani

pesca oceanica. In questa direzione, la ricerca e gli operatori si sono orientati verso lo studio e l’utilizzo di matrici alimentari provenienti dai più bassi livelli trofici e conformi ai principi della bio-economia circolare. Grande interesse destano le proteine e gli oli derivati da biomasse di organismi unicellulari (SCP) quali microalghe, lieviti e batteri e le proteine animali trasformate (PAT) incluse quelle derivate dagli insetti.

Una crescente attenzione viene inoltre posta all’impiego mangimistico di alimenti funzionali/nutraceutici naturali in grado di fortificare le difese immunitarie degli animali anche attraverso un’azione benefica sul microbioma intestinale. Tutto ciò nella prospettiva di assicurare maggior resilienza e resistenza nei confronti di condizioni stressanti e dell’insorgenza di malattie, con ovvi benefici sul piano della sostenibilità ambientale e sicurezza alimentare dati dal ridotto se non abolito impiego di chemioterapici.

I risultati di vari progetti di ricerca nazionali (Ager 4F e Sushin) ed europei (NewTechAqua) sui mangimi di nuova generazione forniscono indicazioni molto incoraggianti e rassicuranti per la futura sostenibilità ambientale, economica e sociale dell’intera filiera acquacolturale.

API, che non ha fini di lucro, si propone come scopo la tutela, lo sviluppo ed il consolidamento di tutte le attività di allevamento ittico sia in acque interne che in acque marine e salmastre. Pertanto promuove tutti gli interventi in campo economico, scientifico, tecnico, assicurativo, professionale, sindacale e legale che sono necessari per conseguire tale obiettivo. L’assistenza in campo economico vuole incontrare le esigenze degli allevatori sulle possibilità di ottimizzazione delle proprie risorse, ed eventuali opportunità di finanziamenti pubblici. L’interesse dell’API in campo scientifico si concretizza attraverso la collaborazione con le diverse istituzioni scientifiche per arricchire le conoscenze da mettere a disposizione delle aziende, sia per quanto riguarda le innovazioni tecnologiche che per l’eventuale assistenza veterinaria da fornire agli associati. La competenza e la professionalità dei consulenti sono caratteristiche che l’Associazione Piscicoltori Italiani ritiene necessarie per garantire agli associati un’adeguata assistenza. In campo sindacale e legale, API si impone come obiettivo un rapporto sempre più stretto con le istituzioni e gli organismi territoriali competenti in materia di acquacoltura concertando le esigenze istituzionali e quelle degli acquacoltori.

>> Link: www.acquacoltura.org

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