Il Pesce 3-2017

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IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO

PERIODICO DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67

N. 3/2017



pr�t ˆ manger Ostriche, cozze, cannelli, vongole...





Anno XXXIV N. 3 • Giugno 2017

IL PESCE «Da’ un pesce a un uomo ed egli avrà un pasto; insegnagli ad allevarlo e avrà il nutrimento per tutta la vita»

Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

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Direzione – Redazione Amministrazione Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.ilpesce-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 741 del 30-12-1983

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Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi

Tariffe abbonamenti Annuale (6 numeri): Italia € 40,00 Estero € 50,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910

Fotografia Luigi Credi Comitato di redazione Franco Ferrari – Manrico Murzi – Clara Scaglioni Consulenti scientifici Dr. Gaetano Arcarese – Prof. Giorgio Giorgetti – Dr. Lucia Liddo Dr. Francesco Paesanti – Dr. Gino Ravagnan – Prof. Remigio Rossi Dr. Marco Saroglia – Dr. Aldo Tasselli Collaboratori scientifici Prof. Corrado Barberis – Dr. Alessandro De Maddalena Dr. Maurizio Dell’Agnello – Prof. Fabrizio Ferrari – Dr. Claudio Ghittino Dr. Gianluigi Negroni – Dr. Paola Pierelli – Prof. Guido Razzoli Dr. Antonio Trincanato Collaboratori scientifici esteri Prof. R. Billard (Francia) – Dr. S. Sarig (Israele) Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CS5.5. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CS5.1.

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IL PESCE

Anno XXXIV N. 3 • Giugno 2017

In questo numero: Agenda

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Immagini

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Tendenze

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Lettere alla Redazione

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Attualità

Sfruttiamo le risorse

Legislazione

Monitorare il pesce dal mare al piatto

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Novità

Cooperazione per la crescita: tema guida del congresso di EAS

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Il pesce in rete

Social fish

Elena Benedetti

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Acquacoltura

Futuro roseo per il mercato dei mangimi d’acquacoltura Trota del Trentino: figlia di una lunga storia, oggi l’Igp Durigon: in equilibrio tra anguille, pesci gatto e storioni

Roberto Villa Riccardo Lagorio Gian Omar Bison

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Vallicoltura

Valli venete: l’aiuto che non c’è

Gian Omar Bison

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Aziende

Eco-Farming, opportunità unica! Eurovix Spa presenta il progetto INAPRO a Seeds & Chips Erede Rossi Silvio, settant’anni e non sentirli

60 62 64

Info alle imprese

Contributi a fondo perduto

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Associazioni

Uno per tutti, tutti per i fasolari

Pesca

Casa del Mare di Ostia: sviluppiamo l’economia del mare

Mercati

Il mercato dei granchi nel 2016: prezzi in impennata per Snow crab e King crab Il mercato dei salmoni nel 2016

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Gianluigi Negroni et al. 24

Riccardo Lagorio

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Roberto Villa

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Roberto Villa

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Nutrizione

Olio di pesce: effetti benefici

Luca del Grammastro

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Il pesce in tavola

Tecniche e metodi per tutte le occasioni: la marinatura La magia del sottovuoto, in stabilimento e a casa

Nunzia Manicardi Guido Guidi

82 88

Sapori dal mondo

Lo skrei, il pesce dell’amore Week-end a Lisbona a tutto pesce

Josette Baverez Blanco

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Sapore di mare

Il mare in bottiglia

Riccardo Lagorio

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Assemblee

La Federazione europea dei produttori in acquacoltura si riunisce a Venezia

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Rassegne

Slow Fish, tutti insieme in soccorso del mare

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Fiere

Bruxelles sempre al top Grande, bella e ricca: la Milano World Food Exhibition parla col mondo

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La pagina scientifica

Morie di vongole e ostriche: rapporto tra patogeni, ambiente e tecniche di allevamento Fish farm water treatment: new multi-approach for application of sodium ferrate

Fabiano D’Este Giuseppe Arcangeli Gianluigi Negroni Federico Rivalta

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Con la linea Flowfresh di Flowcrete il batterio della Listeria non è più un problema Vantaggi competitivi grazie alla sostenibilità

Stefano Perris

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Che forza il “leche de tigre”

Nunzia Manicardi

Tecnologie

Il pesce è cultura

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In copertina: l’essiccazione è un’antica tecnica di conservazione del pesce (photo © diamant24 – Fotolia).

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AGENDA

Lignano Sabbiadoro (UD) Lignano Sabbiadoro si prepara ad accogliere la terza edizione di Easy Fish, festival del pesce dell’Alto Adriatico, con show cooking, la presenza di chef stellati nazionali ed internazionali, street food e molto altro ancora! L’appuntamento è dal 15 al 18 giugno. Saranno quattro giornate aperte al pubblico con ingresso libero sul lungomare della bella cittadina friulana e con l’esposizione e la vendita di prodotti tipici, degustazioni e tanto, tanto, tanto pesce (photo © lignanosabbiadoro.it). www.easyfish.info

Isola di San Pietro, Carloforte (CI) Si svolgerà dal 22 al 25 giugno la 15a edizione di Girotonno, rassegna dedicata alla valorizzazione dell’antica cultura dei tonni e delle tonnare ospitata dal comune di Carloforte, sull’isola sarda di San Pietro. In programma una gara internazionale tra chef provenienti da tutto il mondo, cooking show con i più grandi protagonisti della cucina italiana, la musica di artisti come Nek e Fiorella Mannoia, degustazioni di golose ricette a base di tonno ma anche itinerari alla scoperta dell’isola, sport e divertimento anche per i più piccoli. Il tutto, naturalmente, all’insegna del corridore dei mari che, come ogni anno, transiterà dalle coste sarde per riprodursi (in alto, la tradizionale pesca del tonno; photo © sardegnareporter.it). www.girotonno.it

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IMMAGINI

Andiamo alla scoperta della Trota trentina Igp, allevata nell’intera provincia di Trento e nel territorio del comune di Bagolino (BS), con Riccardo Lagorio, che è recentemente andato a visitare ASTRO, l’Associazione Troticoltori Trentini. A pagina 46 un ampio reportage (photo © ASTRO).

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Ecco la vera star di Slow Fish 2017: Hans, 32 anni, olandese dal fisico statuario e dai tratti decisamente “vichinghi”. La sua presenza, allo stand che offriva le prelibate ostriche selvagge dei Paesi Bassi (Presidio dei pescatori tradizionali del mare di Wadden), ha attirato immediatamente l’attenzione del pubblico femminile e dei media a caccia di immagini evocative e la sua foto e i video che lo ritraevano mentre apriva le ostriche in poche ore sono diventate virali. Slow Fish è stato anche questo: piccoli scorci di umanità variopinta e tante, tantissime curiosità. A pagina 102 un resoconto dell’evento (photo © paolo.properzi@gmail.com).

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Gregori Nalon è un food chef e professionista apprezzato — anche nelle cucine di Alice TV — che si occupa di ricerca e sviluppo di nuove tecnologie, sperimentazione, consulenze di cucina per la formazione tecnica delle ricette e la formazione del personale. Nel corso delle quattro giornate di Tuttofood, svoltosi lo scorso maggio a Milano Fiera, Gregori ha curato l’hospitality food dello spazio di Noriberica, valorizzando tanti piatti a base di pesce per la squadra capeggiata da Gino Stanghellini. A pagina 122 il resoconto finale della fiera e alcune immagini scattate tra gli stand.

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TENDENZE L’acquacoltura sbarca in città

Dopo gli orti urbani, nel contesto cittadino cominciano a comparire vere e proprie fattorie, allevamenti di pesce compresi. In Olanda, ad esempio, l’azienda Urban Farmers, sul tetto di un edificio dismesso da Phillips, produce 50 tonnellate di ortaggi l’anno e, al piano inferiore, gestisce un allevamento intensivo di pesce. A Berlino, nel quartiere di Tempelhof, si coltivano verdure, erbe e pesce. Londra certamente non è da meno: GrowUp Urban Farms è una start-up che, in un vecchio magazzino di 2.000 m2 in disuso nella zona di Beckton, combina acquacoltura e agricoltura idroponica producendo 20.000 kg di insalata ed erbe da cucina e 4.000 kg di pesce l’anno. «La scala su cui si svolge l’agricoltura al momento è così vasta che un migliaio di metri quadri di terreno coltivabile in più o in meno non fa alcuna differenza» spiega il co-fondatore della start-up Tom Webster. «Ma per la nostra prossima fattoria puntiamo ad una dimensione di dieci o quindici volte più grande di quella attuale. E, quando ci arriveremo, il prezzo del nostro prodotto sarà concorrenziale con quello dei supermercati». La start-up ha già attirato l’attenzione degli investitori, raccogliendo lo scorso anno finanziamenti per quasi un milione e mezzo di euro, e incassato il supporto del programma di accelerazione sul clima dell’Istituto Europeo di Tecnologia. Questo è il loro sito che racconta l’incredibile progetto: growup.org.uk

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Dal ristorante alla rete, le tendenze del food di domani

Leggero, della tradizione, delicato (ma non troppo) e salato Questo è il piatto vincente del 2017, almeno secondo quanto è emerso dalla ricerca “Dal ristorante alla rete. Le tendenze del food di domani”, promossa dal salone milanese Tuttofood e condotta recentemente da Ipsos su un campione di oltre 800 soggetti tra i 18 e i 65 anni rappresentativi della popolazione italiana per genere, età, istruzione e zona geografica. La leggerezza è preferita dal 71% degli intervistati rispetto al gusto “senza compromessi”, che ha però un’accentuazione tra le classi sociali medio-alte. La riscoperta delle origini è indicata dal 58% rispetto all’innovazione, anche se i Millennials preferiscono quest’ultima (62%). Delicatezza e piccantezza sono in maggiore equilibrio, con una lieve preferenza per la prima (52% rispetto a 48%). La delicatezza è preferita da donne e 50-64enni, mentre i gusti decisi sono appannaggio di uomini e Millennials. Infine il salato (70%), rispetto al dolce, mette d’accordo tutte le categorie. Più fuori casa, svolta per l’on-line Continua inoltre a crescere la voglia di mangiare fuori casa, soprattutto tra gli abitanti del Nord-ovest, i laureati e i lavoratori: oggi il 40% degli intervistati pranza o cena fuori almeno una volta a settimana contro il 31% e 30% rispettivamente nel 2015. Due i concorrenti importanti della ristorazione, street food e on-line delivery: il 57% li ritiene possibili sostituti. L’on-line sembra vivere un momento di svolta: nel 2016 790.000 Italiani hanno acquistato prodotti alimentari sul web e il 73% degli intervistati ritiene che nel 2017 l’acquisto alimentare on-line potrebbe fare concorrenza ai negozi premium. Il 23% pensa che la spesa alimentare quotidiana sarà una delle sue attività on-line più frequenti nei prossimi 2-3 anni, mentre il 13% sfrutterà internet per acquistare prodotti pronti. L’acquisto on-line è infatti associato principalmente a prodotti difficili da reperire (36%) e alla comodità (31%). Il ruolo prioritario rimarrà in-

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formativo, specie la ricerca di recensioni sui prodotti alimentari (44%) o di informazioni dal sito dei produttori (42%). In crescita, rispetto a un anno fa, il ruolo previsto per la ricerca di informazioni dal sito dei distributori. Amiamo cucinare per gli ospiti, mangiare pesce e bere un bicchiere di vino La crescita del fuori casa non si contrappone a meno tempo in cucina: rispetto alla media di un’ora e 15 minuti registrata nel 2015 e nel 2016, quest’anno si registra un incremento sensibile, con una media di un’ora e 30 minuti, soprattutto legato al desiderio di fare bella figura in caso di ospiti. Nel menu, come primo piatto gli Italiani preferiscono una pasta a base di pesce, indicata dal 39%. Più distanti i primi al forno (18%) e i piatti di pasta a base di carne (17%). Per i secondi c’è maggiore equilibrio: i secondi di pesce (48%), soprattutto di mare (24%), sono leggermente preferiti ai secondi di carne (43%), tra i quali si registra la preferenza degli uomini per la carne rossa alla brace. Fedeltà di marca e disponibilità influiscono sulla scelta Spesso la scelta è legata alla disponibilità dei prodotti e non è facile valutare le componenti d’impulso. Simulando quello che accade realmente in un punto vendita con il sistema Behavioral Shopper-Lab, Ipsos ha valutato il legame affettivo tra il consumatore e la sua marca abituale, acquistata nell’85% dei casi. La seconda importante evidenza riguarda le etichette, lette in punto vendita solo dal 3-9%: la grande maggioranza acquista il prodotto abituale appena lo identifica. Le etichette non guidano tanto la scelta a scaffale, quanto sono importanti strumenti di loyalty che permettono al consumatore di conoscere a fondo il prodotto una volta acquistato e instaurare una relazione di fiducia. Il consumatore infatti legge le etichette nelle parti che gli interessano, specie se si parla di provenienza delle materie prime. Questo tema è considerato importante dal 95% degli intervistati, e il 64% è pronto a cambiare idea su un prodotto in presenza di materie prime non italiane. Al contrario, la presenza di materie prime italiane può essere ricompensato da un premium price, con una media dell’11,5%. (Fonte: Ipsos, www.ipsos.it)

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LETTERE ALLA REDAZIONE

Servizi igienici destinati al pubblico nei ristoranti Buongiorno, vorrei un parere in merito ai requisiti dei servizi igienici destinati al pubblico all’interno di ristoranti-pizzerie. Nel confronto coi medici e i colleghi, infatti, ci sono pareri contrastanti su questa problematica, in particolare sul tema se sia necessario o no che i lavabi siano dotati di acqua sia calda che fredda. Io ritengo, alla luce dei miei studi e approfondimenti, che per una corretta gestione del rischio e per tutelare la salute delle persone e avventori di queste attività, l’acqua calda, l’erogatore di sapone liquido o sistema similare, sistema a perdere o similare per asciugare le mani (tipo ventilatore ad aria calda) e pattumiere con coperchio ad apertura non manuale siano il minimo. Poi possiamo essere flessibili sui rivestimenti delle pareti. A mio avviso la cosa migliore la stabiliva la nostra vecchia normativa, a due metri minimo mattonelle o sistema similare e adeguato. Oggi magari si può evitare su tutte le pareti e fermarsi solo alle zone “sporche”, tipo WC e lavabo. Voi che idea avete? Grazie per la disponibilità. Antonio Romano La risposta al quesito Innanzitutto occorre chiarire che i requisiti di cui al Regolamento (CE) n. 852/2004 riguardano le strutture destinate agli alimenti e, per quanto riguarda i servizi igienici, unicamente quelli utilizzati dal personale addetto. I servizi per il pubblico sono richiesti per gli esercizi di somministrazione, pubblici esercizi, ecc…, e i requisiti dovrebbero essere dettati

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a livello comunale da disposizioni in materia edilizia e commerciale. A mio parere i servizi per il personale e quelli per il pubblico devono essere distinti e separati. Il problema dell’acqua calda o fredda (lo ripeto, per i soli servizi destinati al personale, che non devono comunicare direttamente con i locali in cui avviene la manipolazione di alimenti) viene risolto chiaramente dall’allegato II del Reg. (CE) n. 852/2004. Il capitolo I di tale allegato prevede, per tutte le strutture destinate agli alimenti (e il ristorante o pizzeria non rientra nei casi di esclusione) che “i lavabi (per lavarsi le mani) devono disporre di acqua corrente fredda e calda, materiale per lavarsi le mani e un sistema igienico di asciugatura”. Per quanto riguarda quest’ultimo, personalmente ritengo più igienico l’uso di asciugamani di carta monouso, dato che i ventilatori ad aria calda provocano movimenti d’aria che possono veicolare microrganismi dalle pareti e dai pavimenti. A proposito del “materiale per lavarsi le mani”, il regolamento non parla di sapone liquido, che comunque rappresenta un buon sistema igienico a differenza delle saponette. Tornando ai lavabi, lo stesso capitolo I afferma che “ove necessario gli impianti per il lavaggio degli alimenti devono essere separati da quelli per il lavaggio delle mani”. Il capitolo II completa la disposizione prevedendo che, per il lavaggio degli alimenti, gli impianti devono “disporre di un’adeguata erogazione di acqua potabile calda e/o fredda”. Invece, ancora ai sensi del capitolo II le attrezzature per il lavaggio di strumenti di lavoro e impianti devono

“disporre di un’adeguata erogazione di acqua calda e fredda”. A proposito delle pattumiere con coperchio ad apertura non manuale, sono completamente d’accordo sulla loro utilità da un punto di vista igienico, anche se ciò non trova riscontro nella normativa comunitaria. Il capitolo VI parla solamente di “contenitori chiudibili”, anche se poi afferma che “tutti i rifiuti devono essere eliminati in maniera igienica”: la presenza di contenitori con apertura manuale potrebbe non rispettare in pieno tale indicazione. Per le pareti, il regolamento prevede che esse debbano essere “facili da pulire e se necessario da disinfettare”, di materiali “lisci, lavabili, resistenti alla corrosione e non tossici”. Le modalità tecniche, così come la definizione delle aree in cui tali requisiti siano necessari e della loro altezza, sono lasciate alla valutazione e alle scelte dell’OSA, tenendo conto del rischio connesso alla tipologia di attività, agli alimenti trattati, all’utilizzo degli spazi, ecc… Anche la preesistente normativa nazionale (DPR 327/1980, art. 28) prevedeva “pareti e pavimenti… facilmente lavabili e disinfettabili”, comunque in rapporto al tipo di lavorazione effettuata: a mia memoria, la misura di due metri di altezza della parte lavabile e disinfettabile era prevista ai sensi dell’art. 29 del RD n. 3298/1928 per gli esercizi di vendita di carni fresche (pareti impermeabili e facilmente lavabili), e ai sensi dell’art. 22 del RD n. 994/1929 per le latterie (pareti rivestite di mattonelle smaltate o altro idoneo materiale). Marco Cappelli Tecnico della Prevenzione

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ATTUALITÀ

Nuove possibilità di finanziamento per le imprese e le istituzioni per progetti di sviluppo inerenti la filiera della pesca

Sfruttiamo le risorse di Gianluigi Negroni e Antonio Cinti Nei prossimi anni, col pieno ed effettivo sviluppo della programmazione europea 2014-2020, sarà possibile avviare nuovi progetti di sviluppo per il settore pubblico e privato inerenti la filiera della pesca, godendo del sostegno finanziario di numerosi programmi regionali, nazionali ed europei. Questo articolo vuole essere di supporto a tutti gli attori del settore, al fine di strutturare e organizzare nuove idee progettuali e stimolarne l’iniziativa e la partecipazione.

Attualmente molti settori della filiera non stanno attraversando il loro momento migliore, nonostante i consumi di pesce stiano aumentando a livello mondiale e siano stabili in Europa. È vero infatti che il pesce è uno degli alimenti più consumati al mondo: in Europa se ne consumano 23 kg all’anno pro capite, che salgono a 25 in Italia. Nel 2015 gli acquisti in famiglia sono cresciuti in valore del 4,9% e, mentre il pescato tende a ridursi, si allargano i margini del pesce allevato o di stock sottosfruttati

(15%, secondo fonti FAO 2016). A livello globale il consumo pro capite ha raggiunto il massimo storico di 17 kg/anno (fonte: Rapporto SOFIA – The State of the world Fisheries and Aquaculture, FAO): quindi, per almeno 3 miliardi di persone, il pesce è la fonte principale di proteine. In un simile scenario globale, considerate le caratteristiche del mercato italiano ed europeo, rispondere alla domanda dei consumatori con prodotti e servizi ad alto valore aggiunto, di origine nazionale, inno-

Impianto sperimentale per la coltivazione di alghe per la produzione di energia. Nella filiera della pesca il distretto produttivo delle alghe rappresenta, insieme alla sperimentazione di nuove tecniche di produzione e trasformazione ittica e all’acquacoltura biologica, un’area d’interesse per sviluppare progetti pilota attraverso l’utilizzo di finanziamenti pubblici (photo © www.tecnologiaericerca.com).

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Pescato fresco (photo © www.cronacheponentine.com). vativi e qualitativamente eccellenti, è la strada obbligata per lo sviluppo del settore. L’arretratezza di un parte dell’organizzazione imprenditoriale e produttiva e la scarsa propensione al cambiamento e all’innovazione sono tuttavia un ostacolo in tale direzione e costituiscono le motivazioni principali della crisi del comparto. Inoltre, il settore produttivo italiano (in particolare la filiera ittica) è suddiviso in una miriade di micro e piccole-medie imprese (PMI). Tante nostre aziende non riescono perciò a competere, sul mercato globalizzato, con i giganti del settore, che possono sfruttare le grandi risorse oceaniche per la pesca, oltre a vastissimi mercati (vedi in Asia), manodopera a basso prezzo, legislazioni più permissive (il pacchetto igiene della UE è tra i più rigorosi a livello mondiale), larghissimi spazi e quantità d’acqua molto maggiori delle nostre per lo sviluppo dell’acquacoltura, aiuti di stato al limite del dumping (soprattutto nelle economie centralizzate). Infine, negli ultimi anni, l’euro “forte” non ha cer-

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to aiutato le nostre esportazioni e una situazione stagnante dell’economia a livello nazionale non ha incentivato gli investimenti. Tutto ciò dimostra che solo un uso oculato delle risorse disponibili e un’aggregazione (nel senso di lavoro di gruppo) di aziende e associazioni della filiera ittica possono creare nuovo sviluppo del settore. In questo quadro l’accesso alle risorse finanziarie pubbliche esistenti è una strada fondamentale per affrontare con urgenza i necessari investimenti d’innovazione e riorganizzazione. I fondi disponibili a livello regionale, nazionale e internazionale rappresentano, per le imprese, il settore pubblico, la società civile e i numerosi giovani in cerca di nuove opportunità, strumenti efficaci e indispensabili di sviluppo. A questo fine presentiamo alcune indicazioni sintetiche sugli strumenti finanziari disponibili che possono coinvolgere il settore della pesca. È una lista non esaustiva, con una breve descrizione tecnica, che raggruppa sia i fondi specifici per la pesca che i programmi di cooperazione territoriale in cui è

possibile inserire azioni innovative di settore. FEAMP Il FEAMP1 è il fondo per la politica marittima e della pesca della UE per il periodo 2014-2020. È uno dei cinque fondi strutturali e di investimento europei (fondi SIE) che si integrano a vicenda e mirano a promuovere una ripresa basata sulla crescita e l’occupazione in Europa. Il fondo persegue gli obiettivi seguenti: • sostiene i pescatori nella transizione verso una pesca sostenibile; • aiuta le comunità costiere a diversificare le loro economie; • finanzia i progetti che creano nuovi posti di lavoro e migliorano la qualità della vita nelle regioni costiere europee; • agevola l’accesso ai finanziamenti. Programma Interreg Italia-Croazia L’obiettivo generale di Interreg Italia-Croazia2 è di accrescere la prosperità dell’area e sostenere le prospettive di “crescita blu”, stimo-

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In periodi di lenta stagnazione dell’economia come quello che stiamo attraversando, diventa imperativo cercare di proporre delle attività innovative che potrebbero dare dinamicità all’intera filiera, dalla produzione al marketing, passando per comunicazione e web

I fondi e le risorse finanziarie disponibili a livello regionale, nazionale e internazionale rappresentano per le imprese, il settore pubblico, la società civile e i numerosi giovani in cerca di nuove opportunità, strumenti efficaci e indispensabili di sviluppo

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lando i partenariati transfrontalieri a produrre cambiamenti tangibili. Quattro sono gli assi prioritari su cui si articola il programma: 1. innovazione blu; 2. sicurezza e resilienza; 3. ambiente e patrimonio culturale; 4. trasporto marittimo. Valore progetti: da 500.000 a 3.000.000 euro. ADRION ADRION3 (acronimo di Adriatico-Ionio) è il programma di cooperazione territoriale europea transnazionale che coinvolge 4 Stati Membri UE (Italia, Slovenia, Croazia, Grecia) e 4 Paesi IPA (Albania, Serbia, Montenegro, Bosnia Erzegovina). I quattro obiettivi tematici (ex art. 9 Regolamento UE 1303/2013) sono: 1. regione innovativa e intelligente; 2. regione sostenibile; 3. regione connessa; 4. una migliore governance per Eusair. Questi obiettivi tematici sono strettamente connessi con i quattro pilastri di Eusair: 1. crescita blu; 2. qualità ambientale; 3. regione connessa; 4. turismo sostenibile. Risorse finanziarie disponibili: 99,156 milioni di euro (83,467 fondi FESR + 15,688 risorse IPA). Cofinanziamenti nazionali: 18,761 milioni di euro. Risorse totali: 117,918 milioni di euro. Interreg MED Interreg MED4 è un programma di cooperazione territoriale europea per l’area mediterranea che promuove la crescita sostenibile, l’uso intelligente delle risorse e l’integrazione sociale nell’area di cooperazione. Il programma si rivolge a quattro “assi prioritari”: 1. promuovere le capacità di innovazione nel Mediterraneo per sviluppare una crescita intelligente e sostenibile; 2. promuovere le strategie a basse emissioni di carbonio e l’efficienza energetica in territori specifici dell’area MED: città, isole e zone rurali; 3. proteggere e promuovere le

risorse naturali e culturali mediterranee; 4. migliorare la governance mediterranea. Interreg EUROPA Il programma 5 è sostenuto dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e non finanzia grandi progetti o infrastrutture, ma è principalmente rivolto a favorire lo scambio di esperienze, conoscenze e buone pratiche tra i diversi soggetti coinvolti. Sarà incentrato su quattro obiettivi tematici: 1. rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione; 2. promuovere la competitività delle PMI; 3. sostenere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori; 4. preservare e tutelare l’ambiente e promuovere l’uso efficiente delle risorse. Interreg IPA CBC Italia-Albania-Montenegro Il programma6 ha l’obiettivo di rafforzare la cooperazione transfrontaliera per uno sviluppo intelligente e sostenibile dei territori coinvolti, nell’ottica di pre-adesione di Albania e Montenegro all’Unione Europea. La strategia di attuazione del programma punta a migliorare la coesione economica, sociale e territoriale dell’area e, allo stesso tempo, contribuisce al raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020 e della strategia UE macro-regionale Adriatico-Ionica (EUSAIR). Il focus del programma consiste nello scambio di conoscenze, esperienze e buone pratiche, nella progettazione e nell’implementazione di azioni pilota necessarie per lo sviluppo di politiche di crescita sostenibile, nello sviluppo di prodotti e servizi innovativi e nel supporto agli investimenti nell’area di cooperazione. Assi prioritari: • rafforzare la cooperazione transfrontaliera e la competitività delle PMI; • gestione intelligente del patrimonio naturale e culturale, per lo sfruttamento del turismo sostenibile e delle attrattive territoriali transfrontaliere;

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Pesca di anguille al Parco delle dune costiere di Ostuni (BR). In quest’area si allevano anguille e cefali certificati da ICEA come prodotto da “acquacoltura biologica” (photo © www.feedingknowledge.net). • protezione dell’ambiente, gestione del rischio e strategia per la bassa emissione di carbonio; • aumentare l’accessibilità transfrontaliera, promuovendo i servizi e le strutture di trasporto sostenibili, migliorando le infrastrutture pubbliche. Interreg Italia-Slovenia7 Sono previste quattro aree tematiche di intervento (“assi prioritari”): 1. ambiente, trasporti e integrazione territoriale sostenibile; 2. competitività e società basata sulla conoscenza; 3. integrazione sociale; 4. assistenza tecnica. Interreg CBC Italia-Grecia Questo programma8 di cooperazione transfrontaliera interessa 11 aree NUTS3 del territorio greco e 6 province italiane (Taranto, Brindisi, Lecce, Foggia, Bari, Barletta-Andria-Trani) e promuove lo sviluppo e la prosperità della regione ionica attraverso uno sfruttamento del

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potenziale regionale e una crescita economica e sociale intelligente, sostenibile e inclusiva, che faccia fronte alle sfide comuni di quest’area di cooperazione. Le priorità di sviluppo individuate sono le seguenti: • rafforzare la competitività e l’innovazione; • migliorare l’accessibilità ai servizi e sviluppare reti sostenibili; • migliorare la qualità della vita, sostenere la protezione dell’ambiente e accrescere la coesione sociale e culturale dei territori coinvolti.

Altri strumenti sono disponibili con focus su altre aree geografiche e altre tematiche Ognuno degli strumenti finanziari sopra descritti ha le proprie peculiarità tematiche e progettuali ed è rivolta a specifiche aree territoriali e attori. Al fine, quindi, di facilitare la comprensione e poter organizzare delle proposte progettuali per accedere ai finanziamenti, la Tabella 1 riassume

eleggibilità geografiche, tipologia di attori e disponibilità finanziaria per ogni singolo programma. Concludiamo questo articolo con l’esposizione di alcune idee che, a titolo esemplificativo, potrebbero essere sviluppate ricorrendo agli strumenti finanziari che abbiamo precedentemente indicato. Produzione Si potrebbe sviluppare la sperimentazione e l’attuazione di progetti pilota produttivi nella filiera pesca dedicati sia alla qualificazione delle imprese esistenti, sia alla creazione di nuove imprese (con particolare riferimento all’occupazione giovanile). Ad esempio, potrebbero svilupparsi azioni pilota nei seguenti distretti produttivi: • produzione di alghe (micro e macro) e zooplancton; bio-gas, ricci di mare, oloturia, abalone e altre specie; • sperimentazione di nuove tecniche di trasformazione del pesce azzurro, quali eviscerazione,

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decapitazione e filettatura, al fine di ampliare l’offerta odierna e allinearsi alle necessità di consumo del mercato; • produzione di pesce conservato (salumi di pesce) anche su piccola scala; • distribuzione a km 0 (o quasi) dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura anche su piccola scala; • ricerca di base/applicata per allevamento anguille, tonni, ecc…; • acquacoltura biologica: promozione di piccoli allevamenti in zone turistiche e in zone di pregio ambientale e naturalistico: – aree nelle vicinanze dei parchi, come ad esempio il Parco del lago di Suviana, con avannotteria già installata, e il Parco del Delta, zone umide Bonifica Renana, ecc…; – trote e gamberi di fiume in alta montagna; – rane e vallicoltura in bassa pianura; – ostriche e altri molluschi bivalvi in mare/laguna. Il settore pubblico potrebbe promuovere tali iniziative anche tramite PPP (Public Private Partnership) sia nel comparto dei servizi avanzati che per quanto concerne la produzione, la commercializzazione, anche su piccola scala, di prodotti ittici tipici nazionali. Marketing In periodi di lenta stagnazione dell’economia come quello che stiamo attraversando, diventa imperativo cercare di proporre delle attività innovative che potrebbero dare dinamicità all’intera filiera. Considerando che i consumi di pesce sono concentrati soprattutto durante pochi mesi dell’anno (in particolare in coincidenza delle festività e delle vacanze), si potrebbero costituire delle PPP che dinamizzino questa tendenza restrittiva con azioni di marketing, di svecchiamento e d’innovazione. La valorizzazione della dieta mediterranea, apprezzatissima in tutto il mondo, deve essere il cardine di una nuova politica di comunicazione di supporto ad ogni progetto di innovazione. Un altro campo d’azione, dove è

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possibile migliorare l’organizzazione distributiva e promozionale, è quello degli eventi speciali. Soprattutto a livello locale si possono ottenere dei risultati importanti. Un esempio è la famosissima Jumping Frog Competition, che si svolge annualmente in California da molti decenni; oppure il Festival della pesca autunnale nella Repubblica Ceca (dove c’è una tradizione di allevamento del pesce fin dal XVI secolo) rilanciato negli ultimi anni per dinamizzare la filiera del pesce d’acqua dolce. In Olanda abbiamo la Prima pesca delle aringhe, che a Scheveningen ha un suo festival replicato anche in altre località. Anche noi abbiamo le nostre “sagre del pesce”, che però spesso non hanno un format ben preciso; sono soprattutto attività a livello locale e volontaristico (che comunque producono buoni risultati). Si potrebbe fare molto di più, con un maggior impegno sia nella comunicazione che nell’organizzazione. Infatti gli eventi mediatici sul territorio potrebbero incrementare l’organizzazione produttiva e commerciale dei prodotti della filiera di pesce a basso chilometraggio (pesca, allevamento e industria di trasformazione a livello locale). Un esempio virtuoso è Slow Fish (tenutasi quest’anno dal 18 al 21 maggio a Genova), che attira migliaia di visitatori e porta significativi incrementi commerciali. Abbiamo poi isolati esempi come Ti porto, una nuova iniziativa (start-up) che valorizza il pesce appena pescato ed ha anche una app. Un altro settore dove concentrare la progettualità è quello relativo al marketing legato alla diversificazione dei prodotti. In Italia, come in altri paesi rivieraschi, abbiamo una grande tradizione di pesce azzurro sulle coste e di pesce d’acqua dolce nell’interno: basti ricordare la presenza di uno dei più grandi allevamenti di storioni in Europa. Tuttavia, ben pochi consumano carne di storione e il pesce azzurro è tuttora un prodotto poco valorizzato. Abbiamo inoltre buone produzioni di molluschi bivalvi (comprese le ostriche) di qualità e di livello internazionale.


Tabella 1 – Descrizione programmi, attori, disponibilità, aree geografiche eleggibili (lista non esaustiva) N.

Nome programma

Beneficiari

Disponibilità totale €

FEAMP

PMI produzione e servizi del settore pesca e acquacoltura.

€ 980.000.000

Italia

Programma Interreg Italia-Croazia

Enti locali; associazioni; università; enti di ricerca; PMI.

€ 99.156 000

Croazia: Primorsko-goranska, Ličkosenjska, Zadarska, Šibensko-kninska, Splitsko-dalmatinska, Istarska, Dubrovačko-neretvanskaì (Adriatic Croatian region), Karlovačkazupanija (Continental Croatia region). Italia: Gorizia, Pordenone, Trieste, Udine, Padova, Rovigo, Venezia, Ferrara, Forlì- Cesena, Ravenna, Rimini, Ancona, Ascoli Piceno, Fermo, Macerata, Pesaro e Urbino, Chieti, Pescara, Teramo, Campobasso, Bari, BarlettaAndria-Trani, Brindisi, Foggia, Lecce.

ADRION

Enti pubblici locali,regionali e nazionali; associazioni di enti pubblici; organismi di diritto pubblico e loro associazioni; PMI; organizzazioni internazionali; università ed enti di ricerca; istituti di formazione e istruzione; ONG; istituti di formazione e istruzione.

€ 117.918.000

Croazia: tutto il paese (2 regioni). Grecia: tutto il paese (13 regioni). Italia: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Marche, Molise, Puglia, Sicilia, Umbria, Veneto, Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen, Provincia Autonoma di Trento (12 regioni e 2 province). Slovenia: tutto il paese (2 regioni). Albania. Bosnia-Erzegovina. Montenegro. Serbia.

Interreg MED

Enti pubblici locali,regionali e nazionali; associazioni di enti pubblici; organismi di diritto pubblico e loro associazioni; PMI; organizzazioni internazionali; università ed enti di ricerca; istituti di formazione e istruzione; ONG.

€ 233.678.000

Cipro: tutto il paese. Croazia: tutto il paese. Francia: Corsica, Languedoc-Roussillon, Provence-Alpes-Côte d’Azur, Rhône Alpes, Midi Pyrénées. Grecia: tutto il paese. Italia: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Umbria, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Valle d’Aosta, Veneto. Malta: tutto il paese. Portogallo: Algarve, Alentejo, Regione di Lisbona. Slovenia: tutto il paese. Spagna: Andalusia, Aragona, Catalogna, Isole Baleari, Murcia, Valencia, Ceuta e Melilla. Regno Unito: Gibilterra. Albania, Bosnia-Erzegovina e Montenegro partecipano con propri fondi IPA.

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Aree geografiche ammissibili

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Interreg EUROPE

Enti pubblici locali,regionali e nazionali; associazioni di enti pubblici; organismi di diritto pubblico e loro associazioni; PMI; organizzazioni internazionali; università ed enti di ricerca; istituti di formazione e istruzione; ONG.

€ 359.326.000

Territori dell’intera UE, Norvegia, Svizzera.

Interreg IPA CBC Italia-AlbaniaMontenegro

Enti pubblici locali,regionali e nazionali; associazioni di enti pubblici; organismi di diritto pubblico e loro associazioni; PMI; organizzazioni internazionali; università ed enti di ricerca; istituti di formazione e istruzione; ONG.

€ 92.707.558

Italia: regione Puglia: province di Bari, Barletta-Andria-Trani (BAT), Brindisi, Foggia, Lecce, Taranto; regione Molise: province di Campobasso e Isernia. Albania: intero territorio. Montenegro: intero territorio.

Interreg Italia-Slovenia

Enti pubblici locali,regionali e nazionali; associazioni di enti pubblici; organismi di diritto pubblico e loro associazioni; PMI; organizzazioni internazionali; università ed enti di ricerca; istituti di formazione e istruzione; ONG.

€ 91.682.299

Italia: regione Friuli-Venezia Giulia: province di Udine, Pordenone, Gorizia e Trieste; regione Veneto: provincia di Venezia. Slovenia: Notranjsko-primorska, Osrednjeslovenska, Gorenjska, Obalno-kraška e Goriška.

Interreg CBC Italia-Grecia

Enti pubblici locali,regionali e nazionali,;associazioni di enti pubblici; organismi di diritto pubblico e loro associazioni; PMI; organizzazioni internazionali; università ed enti di ricerca; istituti di formazione e istruzione; ONG.

€ 123.176.896

Italia: regione Puglia: province di Foggia, Bari, Brindisi, Lecce, Barletta-AndriaTrani (BAT), Taranto. Grecia: regione della Grecia occidentale (Etolia-Acarnania,Acaia, Elide); regione delle isole Ionie (Zante, Corfù, Cefalonia, Leucade); regione dell’Epiro (Arta, Tesprozia, Giannina, Prevesa).

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Il consumatore “medio” italiano sa molto poco della varietà potenziale dell’offerta. Inoltre, le specie ittiche distribuite hanno trattamenti post pesca assai limitati e vi è una scarsa valorizzazione integrata del prodotto. Occorre quindi attivare nuove politiche di marketing che accrescano la sensibilità dei consumatori e amplino l’offerta produttiva. Comunicazione e web • Progettazione e realizzazione di iniziative promozionali presso la grande distribuzione. • Partecipazione a eventi del settore alimentare. • Azioni di collegamento con il settore della ristorazione (circuito di serate a tema su filiera del pesce, in particolare nel periodo

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delle vacanze estive per il settore turistico). Azioni di collegamento con turismo naturalistico e pescaturismo/ittiturismo. Attività promozionali specifiche, segmentate per target di consumo e destinazione, rispetto a particolari tipi di pesce (es.: pesce azzurro, storioni, pesce e molluschi biologici, ecc…). Inserimento dei prodotti dei progetti pilota in eventi mediaticamente rilevanti. Piani di comunicazione ad hoc e realizzazione di servizi multimediali finalizzati alla diffusione sui media (TV e radio nazionali, regionali ed estere; stampa e riviste; web). Creazione di un sito dedicato alla

filiera della pesca e dell’acquacoltura regionale, con adeguato risalto alla descrizione degli ambienti naturali (aree di preparco, torrenti di alta montagna, canali, valli e lagune rinaturalizzate, ecc…), delle specie allevate e lavorate (profilo ecologico e nutrizionistico), delle tecniche di qualificazione ambientale e “biologiche” utilizzate e dei soggetti coinvolti (imprese, tecnici, ecc…), dei controlli e della tracciabilità della filiera, ecc… • Implementazione di un sistema di tracciabilità, che preveda un collegamento tra sito web e catena produttiva incluso l’imballaggio del prodotto in modo da collegarlo sempre a tutte le informazioni disponibili sul sito, a partire dal

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Negli ultimi anni si è sempre più diffusa l’attività di pescaturismo, nuova forma di attività turistica integrativa alla pesca artigianale (photo © Umberto lanza, www.opuledrone.com). luogo/impianto di produzione, dall’azienda produttrice, ecc… • Sviluppare forme di commercializzazione via web, anche di pesce fresco a km 0, che amplino i canali distributivi e avvicinino il consumatore alla conoscenza dei prodotti. Formazione e informazione • Organizzazione di moduli formativi per le imprese del settore volte a migliorare la diversificazione produttiva, le capacità manageriali, le politiche di marketing e comunicazione. In particolare, per i giovani imprenditori prevedere supporti on the job (formazione finalizzata, business-plan, tutorship, acceleratori d’impresa e agevolazioni finanziarie di start-up). • Attivazione di interventi informativi/formativi volti ad accrescere la consapevolezza del consumatore e le sue conoscenze, in specifico collegamento ai progetti pilota di cui sopra. Particolare enfasi occorre prestare ai temi

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del benessere, della nutrizione, alle modalità di consumo, alla qualità del pesce (consigli/diritti dei consumatori). In particolare potranno essere realizzati moduli formativi nelle scuole primarie e secondarie, con visite guidate e creazioni di esempi di allevamento in sinergia con gli orti scolastici, nonché lezioni di tecnici e operatori della filiera pesca e assaggi nelle scuole. Queste idee vogliono aiutare il lettore a farsi un’idea delle amplissime possibilità progettuali presenti nella filiera del pesce; molte altre iniziative business-oriented potrebbero essere identificate e promosse, ma non è questa la sede adatta all’approfondimento di tutti i temi progettuali. Spetta ai responsabili e rappresentanti sia pubblici sia privati di espanderle, presentarle in una moderna e rigorosa veste progettuale, anche giovandosi del supporto di professionisti esterni, e inserirle nelle numerose possibilità di finanziamento esistenti. Come si desume da questa

piccola carrellata, le occasioni non mancano. Abbiamo la convinzione che questo articolo serva, sia pure in parte, a stimolare e sviluppare, anche nel breve e medio termine, le progettualità attualmente inespresse e le nuove opportunità imprenditoriali in tutta la filiera del pesce. Gianluigi Negroni Alveo Scarl Antonio Cinti Atlantis Srl Note 1. ec.europa.eu/fisheries/cfp/emff_it e i siti regionali come agricoltura. regione.emilia-romagna.it/feamp/ doc/bandi-feamp/bandi-2017, www.regione.veneto.it/web/agricoltura-e-foreste/programmazione-2014-2020-feamp, ecc… 2. www.italy-croatia.eu 3. www.adrioninterreg.eu 4. www.interreg-med.eu 5. www.interregeurope.eu 6. www.italy-albania-montenegro.eu 7. www.ita-slo.eu/ita 8. www.interreg.gr

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LEGISLAZIONE

Monitorare il pesce dal mare al piatto Per mantenere le catture illegali fuori dalle catene di approvvigionamento globali è in dirittura d’arrivo l’approvazione delle Linee guida internazionali sui sistemi di documentazione del pescato È stato fatto un grosso passo avanti nel processo guidato dalla FAO nello stabilire norme concordate a livello internazionale che possano regolare lo sviluppo di sistemi di documentazione delle catture, per mantenere

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il pesce pescato illegalmente fuori dalle pescherie e dai piatti dei consumatori di tutto il mondo. Nelle scorse settimane, una prima serie di Linee guida volontarie sui sistemi di documentazione delle catture è

stata infatti adottata all’unanimità da una consultazione tecnica che ha concluso una negoziazione durata 5 anni ed è ora pronta per l’adozione da parte di tutti i membri della FAO alla prossima conferenza biannuale

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Attualmente si stima che la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata ogni anno deprivi gli oceani di una quantità di pesce fino a 26 milioni di tonnellate danneggiando gli ecosistemi marini e sabotando gli sforzi per gestire in modo sostenibile la pesca

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dell’agenzia delle Nazioni Unite che si terrà a Roma dal 3 all’8 luglio 2017. Una volta approvate dalla Conferenza, le Linee guida agiranno come riferimento riconosciuto a livello internazionale per i governi e le aziende che cercano di stabilire sistemi in grado di rintracciare i prodotti ittici dal momento in cui vengono catturati attraverso l’intera catena di approvvigionamento — dal “mare al piatto” — al fine di impedire al pesce pescato illegalmente di entrare sul mercato. A livello globale, ogni anno vengono catturati circa 91-93 milioni di tonnellate di pesci e sono tra i prodotti alimentari più ampiamente negoziati a livello mondiale, con un valore di esportazioni, nel 2016, di 142 miliardi di dollari. Oltre a questo, si stima che la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (IUU, l’acronimo inglese) ogni anno deprivi gli oceani di una quantità di pesce fino a 26 milioni di tonnellate, danneggiando gli ecosistemi marini e sabotando gli sforzi per gestire in modo sostenibile la pesca. I sistemi di documentazione delle catture (CDS) offrono un modo per ridurre il commercio di pesce illegale. Il concetto di base è che le spedizioni devono avere la certificazione delle autorità nazionali che i pesci sono stati catturati legalmente e in conformità con le migliori pratiche; una documentazione cartacea deve poi accompagnare il pesce quando viene lavorato o commercializzato a livello nazionale o internazionale. Solo il pesce con valida documentazione potrà essere esportato o scambiato nei mercati in cui si richiederanno requisiti CDS. Fino a poco tempo fa, solo pochi di tali sistemi erano stati stabiliti, e per lo più concentrandosi sulle specie ad alto valore aggiunto il cui sfruttamento eccessivo aveva suscitato particolare preoccupazione, come la spigola cilena pescata in acque antartiche o il tonno a pinna rossa dell’Atlantico e dei mari del Sud. Ma con il commercio di prodotti ittici a livelli record e la domanda dei consumatori in continua crescita, i sistemi di documentazione delle catture sono sempre più visti come uno strumento che dovrebbe essere

maggiormente applicato. L’Unione Europea, dal 2010, utilizza un sistema di documentazione che copre tutte le spedizioni di pesce importate da oltreoceano; e, nel 2016, gli Stati Uniti hanno annunciato il proprio schema, il Programma di Monitoraggio del Pesce d’Importazione. Fondamentale l’accordo a livello internazionale Un problema per un impiego più ampio dei CDS è la logistica per garantire che un certificato di carta viaggi in modo sicuro dal porto di un paese alla stazione di controllo di un altro. Le nuove Linee guida raccomandano di andare oltre la sola documentazione cartacea e far sì che le informazioni sulle spedizioni siano registrate preferibilmente in un sistema digitale a cui sia possibile fare riferimento in qualsiasi punto lungo la catena di valore, riducendo così gli oneri amministrativi, e anche le possibilità di frode. Per funzionare bene, le documentazioni devono essere relativamente semplici e adattabili alle diverse circostanze della pesca, in modo che siano facili da usare dai diversi attori nella catena di approvvigionamento. «I sistemi di documentazione avranno successo solo se vi è un forte coordinamento internazionale», spiega AUDUN LEM, vicedirettore della FAO, della Divisione Politiche e Risorse della Pesca e dell’Acquacoltura, e attuale segretario della FAO del Sottocommissione per il Commercio ittico. «Anche se sono state approvate come Linee guida volontarie, il processo di negoziazione che ha portato alla loro formulazione ha fatto sì che esse godano di un alto livello di approvazione da parte dei governi, mentre l’adozione da parte della conferenza FAO invierà un chiaro segnale di impegno ad aderirvi. Così, col tempo, nuovi schemi di documentazione delle catture stabilite a livello nazionale, regionale o internazionale saranno in sincronia, riducendo le barriere per un loro utilizzo più ampio». Inoltre, poiché le Linee guida invitano i paesi a rispettare le leggi internazionali esistenti e gli accordi istituiti nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio, «ba-

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sarsi su di esse, per sviluppare sistemi di certificazione, permetterà ai paesi di evitare controversie commerciali indesiderate», ha aggiunto Lem. Nuovi strumenti per affrontare un problema pernicioso Attività di pesca senza autorizzazione, superamento delle quote di cattura, cattura di specie protette, l’impiego di attrezzature fuorilegge, sono tra i reati più comuni della pesca IUU. Tali pratiche non solo minano l’industria ittica nel suo complesso, ma possono avere effetti particolarmente devastanti per i milioni di persone in tutto il mondo che dipendono dalla pesca per il proprio

sostentamento e come importante fonte di proteine e vitamine. La crescente consapevolezza internazionale dei problemi legati alla pesca IUU ha contribuito a dare slancio agli sforzi internazionali per darvi una risposta efficace. Ne è un altro esempio l’Accordo sulle Misure dello Stato di Approdo della FAO (PSMA), entrato in vigore lo scorso anno, il primo trattato internazionale specificamente concepito per impedire che le navi da pesca impegnate in attività di pesca illegale entrino nei porti, utilizzino le attrezzature portuali e sbarchino il loro pescato. La prima riunione degli aderenti al PSMA — adesso 44 Paesi,

oltre l’Unione Europea — si terrà a breve ad Oslo. «La pesca IUU è un male per l’ambiente, è un male per la sicurezza alimentare ed è un male per lo sviluppo economico; per questo è oggetto di interventi nell’ambito dell’Agenda per lo sviluppo sostenibile 2030. Le Linee guida volontarie sui sistemi di documentazione delle catture sono un altro strumento anti-IUU, accanto alla PSMA, al Piano di azione internazionale sulla pesca IUU della FAO e alle nostre Linee guida volontarie per Stato di bandiera», ha dichiarato Lem. (Fonte: FAO www.fao.org)

Regolamenti provinciali e comunali sul benessere dei crostacei in Italia Il commercio dei crostacei implica tenere vivi questi animali dopo la cattura e/o l’allevamento fino alla vendita al consumatore finale. Dal punto di vista del benessere animale, l’Unione Europea include i cefalopodi nella Direttiva 2010/63/EU sulla protezione degli animali usati a scopo scientifico, ma non esistono ulteriori regolamenti sui crostacei nella legislazione europea. Uno studio condotto dalla ASL di Modena (Distretto di Carpi) e dal Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università degli studi di Bologna ha analizzato le misure dei regolamenti comunali italiani sul benessere animale dei crostacei. Solo 62 dei 110 siti web comunali delle province presenta un regolamento per la salvaguardia del benessere animale. Questi regolamenti contengono diverse regole: caratteristiche e gestione degli acquari, mantenimento delle specie vive acquatiche, macellazione e/o soppressione delle specie acquatiche e crostacei, legatura delle chele dei crostacei e come cucinare i crostacei. L’analisi dei regolamenti comunali in Italia sul benessere del crostacei mostra che le disposizioni sono poco chiare e coerenti e mancano Linee guida scientifiche. (Fonte: Italian Journal of Food Safety 2017, volume 6:6228 Newsletter Alimenti e Salute)

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NOVITÀ

Conferenza AE2017 a Dubrovnik, Croazia, dal 17 al 20 ottobre 2017

Cooperazione per la crescita: tema guida del congresso di EAS Uno dei fattori che rallentano la crescita del settore dell’acquacoltura è la scarsa collaborazione esistente tra gli operatori del settore. Ciò riguarda la produzione (programmi di allevamento, risorse per l’alimentazione, soluzioni tecnologiche), la promozione e programmazione dei mercati, la formazione e la gestione delle conoscenze, inclusa la diffusione di pubblicazioni a libero accesso. Una politica della crescita si può perseguire riducendo lo sforzo di

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competizione dove non necessario ed intraprendendo invece azioni comuni di cooperazione locale, unendo le forze, promuovendo partenariati tra pubblico e privato ed attivando ogni altra iniziativa che contribuisca a ridurre i conflitti. Aquaculture Europe 2017 (Dubrovnik, 17-20 ottobre 2017) affronterà questi aspetti attraverso opportune sessioni tematiche plenarie, ulteriormente approfondite attraverso sessioni parallele e sessione poster, quindi riunioni

tra gruppi, scambi internazionali e forum industriali. Fin dalle prime riunioni di programmazione, il co-presidente SNEŽANA ZRNCIC (Istituto Veterinario Croato) e CONSTANTINOS MYLONAS (HCMR, Grecia) hanno proposto un elenco di sessioni parallele che sono ora aperte per la submission di abstract on-line (l’elenco completo delle sessioni è visibile sul sito www. aquaeas.eu). La dead-line per la presentazione degli abstract è stata il 1o

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Posizionata nell’estremo sud del territorio croato, Dubrovnik è una fra le destinazioni più amate e visitate di tutta regione, soprattutto durante la stagione estiva. maggio, per avere il tempo di passare una prima fase di revisione da parte dei moderatori. Ciò nonostante, è possibile accettare abstract anche inviati successivamente (è possibile farlo sia sul sito www.easonline.org oppure inviando una e-mail all’indirizzo worldaqua@aol.com o un fax al numero: 001 7607515003). I forum per i gruppi industriali sono attualmente in programmazione e riguarderanno vari aspetti, quali i rapporti EAS-EATiP, riunioni di gruppi di lavoro sul tonno rosso e sulle ostriche piatte europee.

Si pensa comunemente che l’acquacoltura croata riguardi principalmente la spigola e l’orata e ciò è vero, vista anche lunga e meravigliosa linea costiera. Spigola ed orata, infatti, rappresentano circa due terzi della produzione marina, per un totale di 12.000 tonnellate nel 2015. Ma bisogna considerare anche le oltre 2.500 tonnellate di tonno rosso, piccole produzioni di dentice e di rombo. Inoltre, si contano 800 tonnellate di molluschi (cozze e ostriche piatte) prodotte nel corso del 2016. Il segmento dell’allevamento d’acqua dolce produce principalmente trote iridee e carpe, che rappresentano rispettivamente oltre il 50% e circa il 30% della produzione di acqua dolce, per un totale di 4.800 tonnellate. Si allevano anche limitate quantità di carpa argentata, pesce gatto, tinca, luccio e lucioperca.

Produzione e ricerca, insieme Spazi fieristici per l’esibizione ad AE2017 sono ancora disponibili, compresi spazi standard e ad angolo. La conferenza AE2017 di Dubrovnik potrà essere un’ottima occasione di incontro dedicata all’acquacoltura mediterranea, anche per stringere legami e avviare nuove relazioni tra i ricercatori ed il mondo produttivo. >> Link: www.aquaeas.eu

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IL PESCE IN RETE

Social di Elena

1. Social MiPAAF È appena stato lanciato il nuovo servizio chatbot del MIPAAF, attivo su Facebook Messenger, per rispondere in tempo reale, 24 ore su 24, alle domande degli utenti su notizie e indicazioni pratiche. Cliccando in “Invia un messaggio” sulla pagina Facebook del Ministero è possibile attivare la chatbot, selezionare l’argomento desiderato e ricevere immediatamente le informazioni necessarie. Dagli ultimi comunicati stampa alle misure adottate in favore dei giovani, dai fondi e strategie della Politica agricola comune al settore della pesca, alle norme e ai decreti in vigore. Chi non trova immediatamente la risposta può inviare un messaggio diretto a cui risponde l’Ufficio Relazioni con il Pubblico del Ministero. Un filo diretto per semplificare ulteriormente l’accesso alle informazioni e accorciare ancora di più le distanze tra i cittadini e la pubblica amministrazione. facebook.com/politicheagricole

2. Aller Aqua lancia il sito web in italiano ALLER AQUA, l’azienda danese leader nella produzione di mangimi per pesci destinati all’acquacoltura in acqua dolce e salata, è oggi presente sul web anche con un sito in lingua italiana, accessibile al link www.aller-aqua.it. Tra le varie sezioni del sito c’è l’area dedicata all’azienda, quella che traccia le novità in campo di Ricerca & Sviluppo, le varie tipologie di mangimi e i contatti. È attivo un servizio di newsletter per restare sempre in contatto con il team di Aller Aqua.

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fish Benedetti

4. Troticoltura in Friuli anche nel web 3. Il blog della sicurezza alimentare “Sale, pepe e sicurezza” (www.salepepesicurezza.it), il portale del corso di formazione on-line sulla sicurezza alimentare in ambito domestico realizzato dall’ISTITUTO ZOOPROFILATTICO SPERIMENTALE DELLE VENEZIE, diventa un blog con articoli e approfondimenti sui rischi per la salute connessi alla preparazione e al consumo di alimenti. L’obiettivo è promuovere corrette pratiche alimentari, fornendo conoscenze scientifiche e indicazioni pratiche da applicare al supermercato e in cucina attraverso post scritti da esperti in sicurezza alimentare dell’IZSVe.

È ricco e completo di informazioni il sito web dell’ASSOCIAZIONE ALLEVATORI TROTA FRIULANA, accessibile al link www.trotafriulana.net. L’ente è stato costituito a Udine nel 2009 e da allora persegue l’obiettivo di gestire in modo strategico le attività di troticoltura nella regione Friuli Venezia Giulia, valorizzando la trota friulana come eccellenza del territorio. Attraverso la navigazione delle varie pagine web si va alla scoperta di questo prodotto e della sua regione, tra le risorgive, l’acqua dolce, le montagne e le acque segrete. Molto bello!

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ACQUACOLTURA

La crescita dell’acquacoltura traina lo sviluppo del settore

Futuro roseo per il mercato dei mangimi d’acquacoltura di Roberto Villa

È ormai assodato che il pesce allevato rappresenta la principale fonte proteica alternativa di alta qualità destinata ad una popolazione mondiale in continua crescita. Alternativa agli allevamenti di mammiferi e avicoli che sono sempre più sottoposti a vincoli di natura ambientale ed anche, per certi versi, ad una minore predilezione dei consumatori per quanto riguarda gli aspetti nutrizionali (contenuto di grassi saturi e di colesterolo). Alternativa anche agli

stessi prodotti ittici oggetto di pesca, soggetti a risorse limitate e ad una regolamentazione che si fa via via più stringente al fine di salvaguardare la biomassa. Il pesce da allevamento vede, infatti, una tendenza costante all’aumento, con l’8% di incremento medio annuo. Di tutti i settori dell’alimentazione animale, non stupisce quindi che quello inteso alla manifattura di alimenti per le specie ittiche sia il settore che cresce più rapidamente,

con fatturati in salita anche a doppia cifra. I volumi globali stimati per il 2016 sono stati di 40 milioni di tonnellate, vale a dire in crescita del 12% rispetto al 2015, mentre l’intero settore della mangimistica è cresciuto del 4%. Molte sono le sfide che si pongono agli operatori di questo settore, dal reperimento delle risorse per la formulazione dei mangimi all’ecosostenibilità, alla competizione in un mercato in salute ma in mano ad un

Quello dell’acquacoltura è un settore in continua crescita. Molte sono le sfide che si pongono oggi ai suoi operatori, dal reperimento delle risorse per la formulazione dei mangimi all’ecosostenibilità, alla competizione in un mercato in salute ma in mano ad un numero sempre minore di soggetti (photo © www.thebalance.com).

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Azienda per la produzione di mangimi. La carenza di farine ed oli di pesce (il 2016 è stato uno dei peggiori fra gli anni recenti), sta spingendo i produttori alla ricerca di materie prime diverse. Molti si stanno focalizzando su fonti proteiche ed energetiche alternative, che consentano di mantenere le rese e le caratteristiche nutrizionali del pesce da allevamento (photo © en.wikipedia.org). numero sempre minore di soggetti. Grazie alla domanda forte e che non accenna a calare, gli investimenti promettono di essere ripagati in breve tempo: ciò alletta sia imprese che già operano nel settore da lungo tempo, sia aziende che sono piuttosto nuove e stanno riorientando il proprio business dall’alimentazione delle specie da reddito terrestri al comparto ittico, come pure aziende che sinora mai avevano approcciato il settore mangimistico ed ora vi fanno capolino. Del primo gruppo fa certamente parte la multinazionale Alltech, attiva in tutte le aree della mangimistica, la quale ha recentemente stretto un’alleanza con l’olandese Coppens e con la brasiliana Guabi, entrambe specializzate nella produzione di mangimi per specie ittiche e leader nei propri paesi. Guabi ha esperienza nei mangimi estrusi e nelle soluzioni uniche per un’ampia varietà di specie marine e d’acqua dolce, dai gamberetti ai

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pesci tipici dell’area sudamericana. Oltre ai mangimi che Alltech propone senza oli di pesce e senza aggiunta di minerali inorganici, Coppens è specializzata nella fornitura per i sistemi di acquacoltura in ricircolo ed ha annunciato investimenti per un milione di dollari USA nell’ampliamento del proprio centro di ricerca ubicato nei Paesi Bassi, nel quale, secondo il direttore generale ANNO GALEMA, verranno studiate nuove formulazioni anche per nuove specie e verranno istruiti tanto i tecnici quanto i clienti. PATRICK CARLTON, amministratore delegato di Coppens, sottolinea che Coppens e Guabi sono società specializzate nei propri mercati locali e dalla loro unione sinergica, con il supporto operativo di un colosso come Alltech, potranno scaturire soluzioni al servizio dei clienti in uno scenario in continua e veloce evoluzione. Tra i nuovi produttori che si affacciano sul promettente mercato dei mangimi per acquacoltura vi è la

statunitense ADM (Archer Daniels Midland), multinazionale con sede a Chicago (NYSE:ADM) operante nella produzione di un’ampia serie di ingredienti per l’industria alimentare e per la mangimistica; tra questi ultimi essenzialmente derivati da mais, soia ed altri semi oleosi. In Cina ADM sta costruendo un nuovo sito per premiscele nello Xiangtan, Cina centro-meridionale, mentre nello stabilimento di Nanjing (Nanchino), sulla costa orientale, verranno introdotte nuove linee per la produzione di mangimi per le specie ittiche; entrambi i progetti, che porteranno a cinque i siti produttivi di mangimi ubicati in Cina, saranno completati entro il 2019. Lo stabilimento di Xiangtan avrà una capacità di 120.000 tonnellate di produzione tra premiscele, concentrati, mangimi per specie terrestri e acquatiche. Le alternative a farine ed oli di pesce sono oggetto di studio La carenza di farine ed oli di pesce,

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Per supplire alla carenza di proteine di origine ittica si stanno utilizzando proteine e oli derivanti da alghe e da specie vegetali terrestri, ma possibili sviluppi possono riguardare anche il lievito, i sottoprodotti della macellazione di quadrupedi e bipedi nonché le farine di insetti

che hanno visto nel 2016 uno dei peggiori anni fra quelli recenti, spinge i produttori alla ricerca di materie prime diverse. Molti stanno focalizzando le loro ricerche su fonti proteiche ed energetiche alternative, che consentano di mantenere le rese e le caratteristiche nutrizionali del pesce da allevamento: una ricerca dell’Università di Stirling, in Scozia, ha mostrato che nel salmone atlantico la riduzione dell’impiego di farine ed oli di pesce ha determinato un abbassamento medio significativo del tenore di Omega-3 DHA nel corso degli ultimi cinque anni. Per supplire alla carenza di proteine di origine ittica si stanno utilizzando proteine ed oli derivanti da alghe e da specie vegetali terrestri, ma possibili sviluppi possono riguardare anche il lievito, i sottoprodotti della macellazione di quadrupedi e bipedi (sangue ed altri idrolizzati proteici altrimenti destinati a divenire concimi organici) nonché le farine di insetti. Se l’acquacoltura rappresenta

pur sempre il 73% degli impieghi di farine di pesce e il 71% degli oli di pesce, d’altra parte va notato che l’utilizzo di questi ingredienti nell’industria dei mangimi per acquacoltura non è aumentato negli ultimi anni nonostante l’incremento a doppia cifra delle produzioni; ciò per un uso più strategico (si usano nelle fasi iniziali di crescita) ed efficiente. Nella produzione di salmonidi (salmone, trota), nel 2000 si impiegavano 2,6 kg di pesce vivo per produrre 1 kg di biomassa allevata, mentre nel 2010 tale apporto era sceso a 1,4 kg. Oggigiorno negli allevamenti più avanzati si è addirittura sotto 1 kg. Nel 1995 le farine di pesce costituivano il 55% della razione alimentare dei salmonidi e gli oli di pesce il 28%; nel 2010 erano scesi rispettivamente al 28% e al 16%1. Roberto Villa Nota 1. Fonte: www.iffo.net/position-paper/aquaculture-growth-puttingpressure-feed-fish

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Trota del Trentino: figlia di una lunga storia, oggi l’Igp di Riccardo Lagorio

È arrivata sui banchi della spesa il 18 novembre scorso ed è uno degli ultimi prodotti, in ordine di tempo, ad essere insignito del marchio IGP dall’Unione Europea. Si tratta della Trota del Trentino IGP, figlia di una lunga storia, che si fa risalire all’XI secolo. Questo è il periodo in cui fu redatto il documento che certifica il privilegio della casata d’Arco, conservato presso la Fondazione d’Arco di Mantova, a Peschiera sul Sarca. Ancora, nel 1673 MICHELE ANGELO MARIANI, ripercorrendo le tappe che portarono all’attuazione

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del Concilio di Trento, durante il quale papa Paolo III morì sopito dal vino, e soffocato, racconta che il torrente Avisio fa credere le sue furie compensate, se non altro, da buone truttelle. La Trota trentina IGP è di varietà Iridea e si alleva nell’intera provincia di Trento e nel territorio del comune di Bagolino, nel Bresciano. Il pesce si riconosce dal dorso verdastro, dalla presenza di una fascia rosea su entrambi i fianchi e dal ventre bianco. Anche la polpa è bianca. Tuttavia è pure ammessa, dal

Disciplinare di produzione approvato da Bruxelles, la trota Salmonata, con la polpa dal colore aranciato che si ottiene alimentando gli animali con carotenoidi di origine naturale. Negli allevamenti del Trentino la trota impiega dai 18 ai 24 mesi per raggiungere la dimensione ideale, ovvero 600 grammi di peso, anziché i 14 mesi che si riscontrano nelle acque calde di pianura. Il periodo è però conveniente per esaltare un minor contenuto di grassi nel pesce. Inoltre, la buona qualità delle acque trentine riduce la proliferazione di

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La Trota trentina Igp che si alleva nella provincia di Trento e nel territorio del comune di Bagolino (BS) è di varietà Iridea. Il Disciplinare di produzione approvato da Bruxelles ammette anche la trota Salmonata (photo © ASTRO).

alghe e microrganismi che talvolta interferiscono con il buon sapore del pesce, conferendo ad esso un sentore di fango provocato dalla geosomina. Grazie ASTRO Tenera e magra, la polpa della Trota trentina IGP possiede un delicato sapore di pesce, privo di qualsiasi retrogusto che possa ricordare il fango. «Sotto il profilo nutrizionale si tratta di un cibo ipocalorico, possiede un buon contenuto di acidi grassi che svolgono una funzione protettiva del sistema cardiocircolatorio e

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presenta un bassissimo contenuto di colesterolo», afferma DIEGO COLLER, amministratore delegato di ASTRO, Associazione Troticoltori Trentini, la cooperativa di secondo livello che ha giocato un ruolo determinante nell’ottenimento del marchio di tutela europeo. Un gigante della cooperazione, con un fatturato di 7 milioni di euro, in cui si riconoscono 25 soci per una settantina di impianti di acquacoltura. Dal dicembre del 1996 occupa un immobile all’interno dell’area artigianale di Lavis, dove avvengono anche i processi di

conferimento e trasformazione del pesce. «La convenienza per i soci di appartenere ad ASTRO è anche che provvediamo, a inizio anno, a garantire un programma di vendite che puntualmente manteniamo», aggiunge. La dislocazione geografica dei soci copre l’intero Trentino, dalle Giudicarie alla Valsugana. «Il mondo della trota ASTRO non si limita peraltro alla commercializzazione del pesce fresco, ma si declina in una dozzina di specialità lavorate, utili a stimolare anche nuove proposte in cucina», continua Coller.

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Troticoltura (photo © ASTRO). Così, accanto al filetto affumicato a freddo, che si può utilizzare per farci saltare delle tagliatelle una volta ridotto a cubetti, quello affumicato a caldo si presta a preparare sfiziosi canapè. Molto adatti a chi ha poco tempo da passare ai fornelli sono gli hamburger e le polpette di trota, mentre un aperitivo da proporre con la Nosiola trentina è la trota in saòr, disponibile in pratici vasetti di vetro. Ma oltre a garantire uno sbocco di mercato agli associati, ASTRO consente di raggiungere un livello di prezzo favorevole delle materie prime come il mangime, centralizzando gli acquisti e fornendo importanti servizi, dalla gestione della propaganda all’analisi delle acque, effettuate dal centro di ricerca Edmund Mach di San Michele all’Adige (fmach.it). Questo ha il compito di svolgere indagini chimiche, a monte e a valle delle vasche, e biologiche, prelevando i campioni delle acque ed evidenziandone la bontà prima che finiscano negli allevamenti. Da parte degli associati vengono annualmente schiusi circa 400 milioni di uova, molte delle quali provenienti dall’isola di Man, che è uno dei

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due luoghi al mondo certificati dalla OIE (Organizzazione Mondiale sulla Salute degli Animali) esenti da malattie endemiche della trota. «Il benessere animale è centrale nello spirito di ASTRO», aggiunge Coller. «Nelle vasche vengono garantiti almeno 6 ricambi d’acqua completi ogni 20 kg di pesce. E, come suggerisce LICIA IACOVIELLO del dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’Istituto Neurologico Mediterraneo di Pozzilli, “l’acquacoltura è garante di una materia prima controllata dal punto di vista batteriologico, chimico e biologico”. Pertanto nei nostri allevamenti stiamo inserendo anche altre specie, come il salmerino». Lo sapeva bene IPPOLITO SALVIANI, uno dei padri dell’ittiologia moderna, che le acque trentine sono particolarmente adatte alla crescita di questo pesce. Racconta infatti che “nascitur enim in flumine, cuiusdam loci vulgo Valdenon dicti, circiter viginti millia passuum a Tridento distantis”, nella sua fondamentale opera Storia degli animali acquatici, del 1554. E sempre Salviani lo ricorda come particolarmente apprezzato dal cardinale CRISTOFORO MADRUZZO

durante il conclave che elesse papa Marcello II. La forma affusolata e il ridotto contenuto di grassi del salmerino sono del resto strettamente legati alle caratteristiche dell’ambiente, con acqua abbondante che proviene dai nevai e ghiacciai, un alto grado di ossigenazione e una temperatura molto bassa, spesso vicina allo zero durante i mesi invernali. Un metodo per conservarne la polpa è l’affumicatura con legni poco resinosi, così che si possa apprezzarne il delicato sapore. «Negli ultimi due anni è stato reintrodotto nei nostri vivai il carpione, che stava per scomparire dalle acque del lago di Garda. Con questo desideriamo salvare questa specie, un tempo assai diffusa, e nel contempo soddisfare una forte domanda di mercato», ammicca Coller. Riccardo Lagorio ASTRO Associazione Troticoltori Trentini Via Galileo Galilei 43 38015 Lavis (TN) Telefono: 0461 242525 Web: www.troteastro.it

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Visita ad un allevamento storico a Noale, Venezia

Durigon: in equilibrio tra anguille, pesci gatto e storioni di Gian Omar Bison

D URIGON è un cognome pesante nell’allevamento ittico del Veneto. AMPELIO, papà di ROSA e nonno di MATTEO SABBION, titolari di un allevamento di pesce a Noale (VE), iniziò con le trote negli anni Sessanta a Santa Cristina di Morgano (TV). Sua l’insistenza che portò negli anni Novanta ad avviare la coltura di anguille nella tenuta di famiglia della figlia nell’antica città dei Tempesta, considerata la presenza di falde con acqua calda. Partiti con un pozzo e una vasca, sono arrivati agli attuali

quattro pozzi e ventuno vasche in grado di garantire una produzione di 30 tonnellate di pesce all’anno tra anguille, soprattutto, pesci gatto e storioni. E che potrebbe spingersi fino a 45.000 tonnellate crescendo di intensità. «Negli anni Novanta — ricorda Matteo — c’era una redditività considerevole legata ad un consumo domestico di anguille ancora abbastanza diffuso. Erano anni in cui l’anguilla si conferiva all’ingrosso ad un prezzo di 22.000 lire al chilo. Col passare degli anni siamo arrivati

anche a 7 euro al chilo e i costi di manutenzione e gli investimenti per gli allevatori che hanno resistito non sono certo diminuiti. Diciamo che la remuneratività dell’allevamento di anguille ha conosciuto alti e bassi secondo una ciclicità, seguendo una curva piuttosto regolare». Il pesce gatto è stato introdotto nel Duemila. E da allora ha raggiunto il picco produttivo di 10 tonnellate all’anno, consumate quasi esclusivamente nella ristorazione ubicata lungo l’asta del fiume Po.

Matteo Sabbion nell’allevamento ittico di Noale (VE).

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Le anguille allevate vengono acquistate in Francia.

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Anguille, pesci gatto e storioni sono le specie allevate nell’azienda Durigon. Con 4 pozzi e 21 vasche, garantiscono una produzione di 30 tonnellate di pesce l’anno. Un pesce che giunge a maturazione in un paio d’anni. «Lo storione invece, razza Baeri e Acipenser transmontanus, è stato aggiunto da sette anni. Una specie non difficile da crescere, ma che impiega una decina d’anni per raggiungere uno sviluppo completo e tale da poter essere venduta ai colleghi specializzati nell’estrazione e lavorazione del caviale». Parola d’ordine equilibrio — dice Matteo «Equilibrio produttivo, considerato l’allevamento di specie con esigenze alimentari, di habitat e di attenzioni igienico-sanitarie diverse, ed equilibrio economico, garantendomi una stabilità nei mercati e quindi una redditività nel breve, nel medio e anche nel lungo periodo». La distribuzione indiretta, tramite grossisti, è a dir poco residuale. «E soprattutto con l’anguilla abbiamo perfezionato un sistema di consegne per piccoli quantitativi da

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conferire direttamente a ristoratori o alla piccola e media distribuzione organizzata del Nord Italia, Veneto in particolare, di cui mi occupo personalmente». Il giro d’affari 2016, che ha replicato grossomodo i risultati 2015, si aggira sui 300.000 euro. Progetti futuri e investimenti «Abbiamo in animo di migliorare l’esistente con la copertura delle vasche tramite reti per evitare le predazioni, con degli impianti di alimentazione automatizzati, sistemi innovativi di pulizia e ricircolo delle acque, e con nuove sonde in grado di dirci con puntualità e chiarezza la situazione delle acque, delle vasche. E poi non mancherebbe lo spazio per nuove vasche, ma siamo soggetti a vincoli urbanistici di difficile superamento. Per quanto riguarda le specie, resteremo così, tanto più considerato che, ad allevare in Italia anguille, nostro core business, saremo rimasti in cinque. A carpe o trote non siamo interessati, in quanto rendono

se allevate in grandi quantità. E noi siamo interessati a una piccola produzione rivolta in buona parte al mercato locale». Relativamente ai pesci gatto, il ciclo biologico è completo dalla riproduzione alle uova e, dopo lo svezzamento, vengono alimentati con mangimi in pellet; gli storioni vengono acquistati in Ungheria e nutriti con mangimi generici, mentre le anguille si comperano in Francia. «Esistono pesci che potrebbero avere un senso sotto il profilo imprenditoriale con dei mercati di consumo interessanti. Parliamo di lucioperca, persico reale, striped bass (branzino di acqua dolce). Ma più specie si lavorano e maggiori sono le difficoltà». Gian Omar Bison Azienda Agricola Durigon Rosa Allevamento anguille Pesce d’acqua dolce Via Valsugana 40 30033 Noale (VE) Telefono: 340 7064954

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VALLICOLTURA

Valli venete: l’aiuto che non c’è La vallicoltura rischia di fatto un decadimento irreversibile, racconta Oliver Martini di Valle Pierimpiè. Manca un sostegno pubblico vero e tangibile alle aziende vallive, che avrebbero bisogno di un contributo simile a quello che è la PAC per l’agricoltura di Gian Omar Bison

Non si può dire che OLIVER MARTINI, figlio del proprietario di Valle Pierimpiè, cinquecento ettari a Campagna Lupia (VE), non abbia le idee chiare. In particolare quando indica nella difficoltà a fronteggiare la predazione perpetrata negli ultimi anni dagli ittiofagi uno tra i motivi principali, se non il principale, che frenano le valli da pesca della laguna di Venezia dall’investire risorse per allevare estensivamente un quantitativo di

pesce necessario al raggiungimento dell’equilibrio tra costi e ricavi. Non solo. «Manca un sostegno pubblico vero e tangibile alle aziende vallive — puntualizza Martini — che avrebbero bisogno di un contributo simile a quello che è la PAC per l’agricoltura. La vallicoltura, attività agricola a tutti gli effetti, non gode di alcuna misura di sostegno e rischia di fatto un decadimento irreversibile. I vallicoltori gestiscono queste aree

lagunari sottraendole ad un degrado inesorabile qualora non vi fosse, all’interno delle stesse, una gestione attiva volta al mantenimento e alla conservazione ambientale». Le valli erano un tempo luoghi all’interno dei quali la produzione ittica permetteva di coprire i costi di gestione tramite la vendita, nei mercati locali, di specie autoctone come orate, branzini, cefali e anguille. «Oggi — continua Martini — causa

Valle Pierimpiè si trova a Campagna Lupia (VE).

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l’avvento dei predatori protetti quali cormorani, gabbiani reali e aironi, queste aziende non sono più in grado di sostenere le loro produzioni. Si sta perdendo la storia e la cultura di queste aziende perché le amministrazioni pubbliche non ci hanno mai ascoltato e capito pienamente. O meglio, non si è avuto il coraggio, ad oggi, di emanare provvedimenti concreti, concedendo alle aziende la possibilità di difendersi da questi predatori con l’unico metodo rafforzativo efficace in questi casi, cioè l’abbattimento pianificato e mirato dei predatori durante tutto l’arco dell’anno, senza pregiudizi ideologici ambientalisti». Alcune aziende, come Valle Pierimpiè (10 persone impiegate), per fronteggiare questa piaga data dai predatori hanno messo in atto forme di difesa passiva (che non comportano l’abbattimento dei predatori) coprendo con reti chilometri di canali e tutte le peschiere di sverno, ove il pesce si raduna nel periodo invernale. «Ma noi non possiamo coprire — rileva Martini — 500

ettari di specchi acquei estensivi! Nell’ultimo anno, tra gli interventi in Valle Pierimpiè, il solo ripristino del colauro (tratto del canale ove il pesce si raduna per la cattura) e delle arginature esterne ha avuto un costo di alcune decine di migliaia di euro. E ogni anno, per le semine, vengono investiti 50-70.000 euro sperando di portare a maturazione il 50% del pesce seminato. Purtroppo questo dato, causa i predatori ittiofagi, viene regolarmente disatteso, con tassi di ricattura dal 10 al 30% che risultano totalmente insufficienti al raggiungimento della parità di bilancio dell’azienda». Un problema, quello dei cormorani, molto sentito anche da altri vallicoltori, come confermato dagli stessi MATTEO POJA, responsabile per l’itticoltura di CONFAGRICOLTURA VENEZIA e titolare di Valle Grande San Gaetano a Caorle (VE), e GUALTIERO RANZANI, di Azienda Marina Averto a Campagna Lupia (VE). «Le valli — ritiene Martini — stanno peggio e producono meno di quindici anni fa. Nonostante questo, se i vallicoltori

Oliver Martini. non presidiassero queste zone con continui interventi per le arginature, gli scavi dei canali, la regimazione delle acque, lo sfalcio e le potature delle piante, la messa in asciutta di alcune zone specifiche ecc…, le valli si trasformerebbero presto in stagni paludosi e putridi, perdendo di fatto ogni valenza ambientale e faunistica».

Nella Valle sono impiegati oggi dieci addetti.

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I pesci che popolano la valle sono orata, branzino e anguilla (Anguilla anguilla).

Il modello di vallicoltura veneta si sostiene grazie agli interventi delle imprese private che si realizzano senza gravare sul bilancio pubblico, rispetto a quanto mediamente accade nelle zone dove non si effettuano analoghi interventi e dove manca un’analoga gestione venatoria

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Come emerso da un recente convegno tenutosi a settembre 2016, promosso dal Consiglio Regionale del Veneto, sui “risultati della corretta gestione del patrimonio faunistico e ambientale”, all’interno di queste aziende sostano in media circa 84.000 acquatici censiti a fine stagione venatoria dalle amministrazioni provinciali. E questo fa del Veneto la regione più importante d’Italia per la presenza di questi migratori, che sostano e svernano «anche grazie all’efficace gestione che i vallicoltori fanno delle loro aziende», come, secondo Martini, è stato riconosciuto. «Proprio dai dati del convegno è emerso che l’insieme delle operazioni di carattere produttivo-ambientale posto in essere dalle valli del Veneto comporta un costo di gestione annuo di circa 600 €/ha, con punte che arrivano a 1.000 €/ha. Il costo totale viene quindi stimato in 12,9 milioni di euro, in gran parte destinati ad azioni di conservazione e gestione dell’ambiente, e per circa un terzo costituiti da reddito di lavoro locale. Sono oltre trecento i dipendenti addetti interni alle valli. Il modello di

vallicoltura veneta si sostiene grazie agli interventi delle imprese private che si realizzano senza gravare sul bilancio pubblico, rispetto a quanto mediamente accade nelle zone dove non si effettuano analoghi interventi e dove manca un’analoga gestione venatoria. E pensare che qualche decennio fa si producevano 20 tonnellate solo di anguille. Ora, per pareggiare i costi, dovremmo raggiungere una produzione minima di un quintale di pescato all’anno per ettaro». Dato costantemente disatteso. Anche Oliver Martini, così come i colleghi, ritiene complesso fare squadra tra vallicoltori. Resta il fatto che certificare questo storico modello produttivo, condividere un brand che identifichi il pesce di valle e proporsi in maniera uniforme e con maggiore massa critica alla distribuzione organizzata, come sostenuto anche da Matteo Poja (La tenuta di Valle Grande a Caorle, in IL PESCE n. 1/2017, pag. 22), può essere un obiettivo comune per rilanciare un prodotto unico e di qualità riconosciuta. Gian Omar Bison

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Eco-Farming, opportunità unica! La padovana Eco-Farming, specializzata nell’allevamento ecosostenibile di gamberi, offre la partecipazione societaria oppure la cessione aziendale Eco-Farming è il primo allevamento italiano di gamberi di acqua salata senza impiego di antibiotici e conservanti, con sistema naturale Bioflocs, microorganismi che hanno la capacità di purificare e mantenere l’equilibrio chimico-fisico nelle vasche. L’azienda è già in possesso di tutti i permessi e le licenze necessarie per la produzione di mazzancolle. EcoFarming viene condotta da un team di esperti del settore ed è in procinto di ricevere finanziamenti FEAMP. Il prodotto da allevamento locale è già commercializzato ed ha ottenuto un ottimo riscontro sul mercato. Eco-Farming srl Viale delle Terme 28 35030 Galzignano Terme (PD) Telefono: 049 9131716 E-mail: info@eco-farming.it Web: www.eco-farming.it

La mazzancolla tropicale o gambero bianco del Pacifico è una specie particolarmente adatta all’allevamento, eccellente per le sue proprietà nutrizionali. Quello di Eco-Farming è il primo gambero da acquacoltura italiana, fresco, al 100% naturale. Pescato ogni giorno, può essere consumato anche crudo.

Nell’allevamento Eco-Farming non c’è l’impiego di antibiotici, pesticidi e disinfettanti. Il sistema naturale Bioflocs permette il riutilizzo delle risorse ed il riciclo dell’acqua, evitandone lo spreco. Una vera e propria rivoluzione dell’approvvigionamento di pesce fresco.

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Eurovix Spa presenta il progetto INAPRO a Seeds & Chips A Milano, dall’8 all’11 maggio scorsi, si è svolta l’edizione 2017 di Tuttofood, fiera internazionale sull’alimentazione che si è confermata come manifestazione leader del settore (si veda il resoconto a pagina 122). Ai produttori, trasformatori e commercianti di pesce è stato dedicato il padiglione Tuttoseafood. Tutta l’attenzione dei media si è però concentrata su una sezione particolare del salone: Seeds & Chips Global Food Innovation Summit, uno degli eventi di riferimento a livello mondiale nel campo della food innovation. Una vetrina d’eccezione interamente dedicata alla promozione di soluzioni e talenti, tecnologicamente all’avanguardia, provenienti da tutto il mondo. Come dichiarano gli organizzatori, la food innovation riguarda le

innovazioni in tutta la filiera agroalimentare, dal campo alla tavola, considerando che i cambiamenti sociali, climatici e politici condizioneranno sempre più i modi in cui il cibo sarà prodotto, trasformato, distribuito, comunicato e consumato. All’interno di questo segmento EUROVIX SPA, società leader nello sviluppo di biotecnologie legate agli ambienti acquatici e all’acquacoltura, ha presentato, in uno stand dedicato, lo stato di avanzamento lavori di INAPRO, il più importante progetto europeo sull’acquaponica. L’acquaponica si allinea perfettamente alla filosofia della food innovation perché considerata una delle tecnologie del futuro per la produzione a costo contenuto di alimento di qualità (pesce+vegetali) con basso consumo di energia, di

suolo e di acqua. Martedì 9 maggio, la dottoressa LUISA BONASSI, coordinatrice del progetto per Eurovix, ha presentato una dettagliata relazione in una delle sessioni del summit. Gli argomenti trattati sono poi stati sviluppati dettagliatamente in un successivo workshop e con incontri tecnici presso lo stand del progetto. Che Seeds & Chips fosse un’occasione di incontro e presentazione di soluzioni tecnologicamente avanzate lo si poteva intuire vedendo l’età media decisamente bassa dei partecipanti. Gran parte di questi spin-off o start-up sono indirizzate verso nuove tecnologie di produzione e gestione del cibo proveniente sia da fonte animale che da fonte vegetale. Come citato nel workshop, l’acquacoltura riveste particolare importanza nei progetti di sviluppo

La presentazione del progetto INAPRO al Seeds & Chips Global Food Innovation Summit.

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Lo stand di Eurovix Spa a Tuttofood 2017. mondiale perché si classifica al primo posto negli indici di sostenibilità ambientale rispetto ad altri sistemi di produzione animale: ottima conversione del mangime (solo il 7,25% di quello del manzo), alta efficienza proteica (6 volte più alta del manzo), bassa emissione di azoto (il 30% dell’emissione del manzo), per non parlare di consumo d’acqua o di occupazione di suolo. INAPRO si distingue dalla massa di informazioni incontrollate che circolano sul web perché è un progetto condotto con rigore scientifico certificato dalle Università e dai partner tecnici che hanno lavorato per quasi quattro anni allo sviluppo di impianti dimostrativi in scala reale. I dati che stanno arrivando da questi impianti, dopo alcuni cicli di produzione, sono interessanti e stanno componendo un quadro preciso dei vari aspetti dell’attività. Due sono gli impianti INAPRO di acquaponica in Europa: a Murcia (Spagna) e Waren (Germania); il terzo impianto è stato costruito a Shouguang (Cina) I primi risultati indicano che: • si riduce il reintegro con acqua fresca a solo l’1-3 % del volume totale del sistema; • utilizzando due circuiti separati (ed interconnessi) si aumenta la produttività sia nel settore pesci che nel settore vegetali e in quest’ultimo si arriva a rese

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produttive identiche a quelle dell’idroponica tradizionale ma con apporti esterni di azoto e fosforo di gran lunga inferiori. Gran parte dei visitatori allo stand hanno concentrato la loro attenzione su alcuni aspetti basilari del progetto. Le curiosità maggiori sono state destinate alla comprensione dei meccanismi di allevamento del pesce e di trasferimento dei nutrienti all’idroponica attraverso gli impianti di filtrazione. Come rendere efficiente il sistema di filtrazione meccanico e biologico è tema di stretta pertinenza di Eurovix che ha contribuito al progetto sviluppando un nuovo prodotto in grado di degradare e stabilizzare la sostanza organica contenuta nel materiale sedimentato nei decantatori e di accelerare i processi di nitrificazione dell’azoto nel biofiltro. Come è noto, il pesce escreta ammoniaca e le piante consumano nitrato, per cui diventa vitale nitrificare tutto l’ammonio prodotto sia per ridurne la concentrazione a livelli non pericolosi per il pesce sia per costituire la riserva di nutrienti necessaria ad alimentare i vegetali. L’equilibrio della nitrificazione è di per sé problematico nei RAS (Recirculation Aquaculture System) tradizionali ma diventa ancora più complicato negli impianti di idroponica perché le biomasse in gioco (vegetali ed animali) variano

in continuazione e con esse varia la produzione e la richiesta di azoto. L’utilizzo dei bioattivatori con dosaggi costanti e con integrazioni periodiche consente di riportare i filtri al livello di efficienza nominale anche in presenza di carenze strutturali o gestionali e al verificarsi di eventi eccezionali (malattie). Altre domande dei visitatori di Seeds & Chips ai tecnici presenti allo stand INAPRO avevano come argomento i costi di realizzazione degli impianti e di produzione, indici indispensabili per capire se l’attività può avere una sostenibilità economica. A queste domande INAPRO intende rispondere con i risultati di questo ultimo anno di sperimentazione. Interessante sarà capire le differenze tra i due impianti gemelli collocati in zone climaticamente molto diverse come sono appunto il sud della Spagna (Murcia) o il nord dell’Europa (Waren). In entrambi gli impianti l’aspetto energetico rappresenta un costo importante nel ciclo produttivo. Anche scorrendo l’elenco degli espositori si comprende come la conoscenza e la pratica idroponica sia molto elevata e viene abitualmente proposta nelle più svariate forme e declinazione: dall’impianto produttivo super monitorato e gestito da complicati software al rack per la produzione di verdure fresche nei ristoranti, al mini impianto per il balcone di casa. Al contrario, le tecniche di allevamento di pesci in circuito chiuso e in ambiente controllato sono argomenti ai più sconosciuti ed ancora non sufficientemente compresi da molti allevatori. Ultimo dato sicuramente già accreditato dal progetto INAPRO riguarda la qualità dei prodotti sia nella sezione pesce sia nella sezione vegetali: in entrambi i casi prove ripetute (organolettiche ed analitiche) hanno confermato come si possa parlare di cibi di assoluta qualità e sicurezza. Eurovix Spa Viale Enrico Mattei 17 24060 Entratico (BG) Telefono: 030 7750570 – 580 Web: www.eurovix.it

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Erede Rossi Silvio, settant’anni e non sentirli Durante il Seafood Global Expo di Bruxelles la Eredi Rossi Silvio di Sefro ha festeggiato i suoi “primi” settant’anni di storia. Una realtà pionieristica nel settore italiano della troticoltura che oggi allarga i propri orizzonti alla maricoltura, con un progetto nelle acque del golfo di Valona Settant’anni di storia sono un traguardo di tutto rispetto per un’azienda, soprattutto quando si tratta di una realtà a carattere famigliare. E ancor più quando, proprio nel momento in cui si potrebbe per così dire “rallentare”, godendosi beatamente i frutti di una crescita che è stata costante negli anni, trasformando quello che era un allevamento pionieristico nel settore della troticoltura in

un’azienda leader a livello europeo, si decide invece di affrontare una nuova sfida. «Ciò che ha sempre caratterizzato l’azione del management aziendale, dal fondatore Silvio Rossi all’attuale guida e fulcro dell’azienda Niccola Rossi — ci racconta ROBERTO ROSSI, responsabile commerciale Italia e responsabile qualità, quando lo incontriamo allo stand della società allestito per il Seafood Global Expo di

Bruxelles (si veda il reportage sulla fiera a pagina 108) — sono stati la lungimiranza e l’entusiasmo nell’affrontare sempre nuove sfide, capitalizzando l’esperienza e le competenze acquisite negli anni nel migliore dei modi. Definire di volta in volta un nuovo scenario futuro restando coerenti con gli ideali è la mission della ditta Rossi: è questo modo di concepire la nostra attività che ci ha

Bollicine per la Eredi Rossi Silvio. In foto, i festeggiamenti per i settant’anni dell’azienda durante il Seafood Global Expo di Bruxelles con Niccola e Roberto Rossi. Fondata nel 1947 da Silvio Rossi con il primo allevamento di trote nell’entroterra marchigiano, la Eredi Rossi Silvio è oggi un partner commerciale prestigioso e affidabile a livello europeo.

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portato dove siamo oggi e ci consente di affrontare pieni di entusiasmo e fiducia anche quest’ultimo passo». Di che cosa si tratta? «La nostra nuova sfida è quella di trasferire la nostra esperienza, il know-how acquisito nella troticoltura, all’acquacoltura marina, in particolare all’allevamento in mare aperto di branzini e orate» prosegue Roberto Rossi. «Come fece Silvio Rossi con le acque incontaminate dei torrenti e dei fiumi delle Marche e dell’Umbria negli anni ‘40, così oggi Niccola ha individuato nelle acque del Golfo albanese di Valona l’habitat ideale per sviluppare questo nuovo progetto. In alcune zone del golfo sono infatti presenti potenti correnti di acqua dolce che, emergendo dal fondo, confluiscono nelle acque marine, conferendo loro caratteristiche chimico-fisiche che, unite alle notevoli profondità, rendono la zona ideale per lo sviluppo della fauna ittica». Il progetto si chiama Almarina OR. I mangimi utilizzati sono di produzione esclusivamente italiana, con un controllo diretto di

Niccola Rossi con il ministro dell’Agricoltura e dello Sviluppo rurale dell’Albania Edmond Panariti. tutte le fasi produttive, dalla selezione delle materie prime fino alla realizzazione del prodotto finito, e la produzione avviene nel pieno rispetto degli standard delle maggiori certificazioni volontarie internazionali (IFS, Global Gap), a garanzia di

un’attenzione assoluta all’impatto sull’ambiente e sull’ecosistema locale e al benessere animale, così come per la gestione delle emergenze e l’impronta energetica. La stessa eccellenza che troviamo e da anni apprezziamo nelle trote Erede Rossi.


INFO ALLE IMPRESE

Contributi a fondo perduto Regione Friuli Venezia Giulia – Regione Liguria – Regione Emilia-Romagna – Regione Toscana – Regione Lazio – Regione Sardegna

Regione Friuli Venezia Giulia Finanziamenti a fondo perduro del 50% settore acquacoltura Fondo Europeo Affari Marittimi e Pesca (FEAMP) 2014–2020 Bando misura 2.48 investimenti produttivi destinati all’acquacoltura È operativo il bando per richiedere un contributo a fondo perduto del 50% per gli investimenti da realizzarsi entro il 2018 per: 1. costruzione/ampliamento o miglioramento degli impianti di acquacoltura e maricoltura per la riproduzione di pesci, crostacei e molluschi o altri organismi marini di interesse commerciale;

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2. acquisto di barche di 5ª categoria al servizio degli allevamenti; 3. acquisto di attrezzature o macchinari per impianti di acquacoltura; 4. acquisto di impianti frigoriferi o produttori di ghiaccio o coibentazione sui mezzi di trasporto; 5. investimenti per l’attrezzatura della vendita al dettaglio nella sede produttiva; 6. spese per il miglioramento delle condizioni d’igiene e sanitarie e dei sistemi di produzione con l’acquisto di attrezzature volte a proteggere gli allevamenti dai predatori; 7. programmi informatici hardware e software dedicati ai

processi produttivi; 8. investimenti per la diversificazione del reddito legato alla pesca sportiva; 9. spese generali, spese tecniche, ecc… Regione Liguria Finanziamenti a fondo perduro del 50% settore ittico Fondo Europeo Affari Marittimi e Pesca (FEAMP) 2014–2020 Bando misura 5.69 trasformazione e commercializzazione dei prodotti ittici Sarà operativo a breve il bando per richiedere un contributo a fondo perduto del 50% per gli investimenti

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in corso e da realizzarsi entro fine 2018 per: 1. acquisto, costruzione e ristrutturazione di fabbricati legati al progetto; 2. acquisto di terreni legati all’iniziativa per un costo non superiore al 10% dell’investimento; 3. acquisto di impianti e macchinari di lavorazione, confezionamento, refrigerazione, ecc…; 4. investimenti diretti al miglioramento dell’efficienza energetica ed ambientale, all’utilizzo di fonti di energia rinnovabile prodotta e reimpiegata in azienda; 5. spese per il miglioramento delle condizioni d’igiene e sanitarie e dei sistemi di produzione; 6. acquisto di hardware e software dedicati ai processi produttivi; 7. spese generali, spese tecniche, spese di progettazione, ecc… Regione Emilia-Romagna Finanziamenti a fondo perduro del 50% settore ittico Fondo Europeo Affari Marittimi e Pesca (FEAMP) 2014–2020 Bando misura 5.69 trasformazione e commercializzazione dei prodotti ittici Sarà operativo a breve il bando per richiedere un contributo a fondo perduto del 50% per gli investimenti in corso e da realizzarsi entro fine 2018 per: 1. acquisto, costruzione e ristrutturazione di fabbricati legati al progetto; 2. acquisto di terreni legati all’iniziativa per un costo non superiore al 10% dell’investimento; 3. acquisto di impianti e macchinari di lavorazione, confezionamento, refrigerazione ecc…; 4. investimenti diretti al miglioramento dell’efficienza energetica ed ambientale, all’utilizzo di fonti di energia rinnovabile prodotta e reimpiegata in azienda; 5. spese per il miglioramento delle condizioni d’igiene e sanitarie e dei sistemi di produzione; 6. acquisto di hardware e software dedicati ai processi produttivi; 7. spese generali, spese tecniche, spese di progettazione, ecc…

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Regione Toscana Finanziamenti a fondo perduro del 50% settore ittico Fondo Europeo Affari Marittimi e Pesca (FEAMP) 2014–2020 Bando misura 5.69 trasformazione e commercializzazione dei prodotti ittici È operativo il bando per richiedere un contributo a fondo perduto del 50% per gli investimenti già realizzati dal 1º gennaio 2014 e da realizzarsi entro fine 2018 per: 1. acquisto, costruzione e ristrutturazione di fabbricati legati al progetto; 2. acquisto di terreni legati all’iniziativa per un costo non superiore al 10% dell’investimento; 3. acquisto di impianti e macchinari di lavorazione, confezionamento, refrigerazione, ecc… 4. investimenti diretti al miglioramento dell’efficienza energetica ed ambientale, all’utilizzo di fonti di energia rinnovabile prodotta e reimpiegata in azienda; 5. spese per il miglioramento delle condizioni d’igiene e sanitarie e dei sistemi di produzione acquisto di hardware e software dedicati ai processi produttivi; 6. spese generali, spese tecniche, spese di progettazione, ecc… Regione Lazio Finanziamenti a fondo perduro del 50% settore ittico Fondo Europeo Affari Marittimi e Pesca (FEAMP) 2014–2020 Bando misura 5.69 trasformazione e commercializzazione dei prodotti ittici È operativo il bando per richiedere un contributo a fondo perduto del 50% per gli investimenti già realizzati dal 1º gennaio 2015 e da realizzarsi entro fine 2018 per: 1. acquisto, costruzione e ristrutturazione di fabbricati legati al progetto; 2. acquisto di terreni legati all’iniziativa per un costo non superiore al 10% dell’investimento; 3. acquisto di impianti e macchinari di lavorazione, confezionamento, refrigerazione, ecc…

4. investimenti diretti al miglioramento dell’efficienza energetica ed ambientale, all’utilizzo di fonti di energia rinnovabile prodotta e reimpiegata in azienda; 5. spese per il miglioramento delle condizioni d’igiene e sanitarie e dei sistemi di produzione; 6. acquisto di hardware e software dedicati ai processi produttivi; 7. spese generali, spese tecniche, spese di progettazione, ecc… Regione Sardegna Finanziamenti a fondo perduro del 50% settore ittico Fondo Europeo Affari Marittimi e Pesca (FEAMP) 2014–2020 Bando misura 5.69 trasformazione e commercializzazione dei prodotti ittici È operativo il bando per richiedere un contributo a fondo perduto del 50% per gli investimenti già realizzati dal 1º gennaio 2014 e da realizzarsi entro fine 2018 per: 1. acquisto, costruzione e ristrutturazione di fabbricati legati al progetto; 2. acquisto di terreni legati all’iniziativa per un costo non superiore al 10% dell’investimento; 3. acquisto di impianti e macchinari di lavorazione, confezionamento, refrigerazione, ecc…; 4. investimenti diretti al miglioramento dell’efficienza energetica ed ambientale, all’utilizzo di fonti di energia rinnovabile prodotta e reimpiegata in azienda; 5. spese per il miglioramento delle condizioni d’igiene e sanitarie e dei sistemi di produzione; 6. acquisto di hardware e software dedicati ai processi produttivi; 7. spese generali, spese tecniche, spese di progettazione, ecc…

Per informazioni FABO S.I. Srl Telefono: 0545 84488 Fax: 0545 84555 E-mail: info@fabosi.it Web: www.fabosi.it

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ASSOCIAZIONI

Uno per tutti, tutti per i fasolari Nata nel 2003, l’organizzazione di produttori I Fasolari associa 76 pescherecci e dal 2014 gestisce la totalità della pesca dei fasolari del Nord Adriatico. Il prodotto viene concentrato nei punti di sbarco di Grado, Marano Lagunare, Caorle, Piave Vecchia e Chioggia, rappresentando l’unico esempio italiano di gestione interregionale della risorsa ittica di Riccardo Lagorio

«È stato un grande passo avanti, se pensiamo che il pescatore è da sempre un uomo solitario: in passato gran parte della sua vita era il mare», spiega LUCA FRAUSIN. «La paura del cambiamento nei pescatori era forte e creava diffidenza e scetticismo. L’organizzazione unitaria ha reso il singolo pescatore cosciente che, lavorando per il gruppo, ottimizza anche il proprio lavoro». Marzo 2003: si costituisce l’organizzazione di produttori I Fasolari (O.P.) della pesca dei fasolari nell’Alto Adriatico

e in pochi anni associa i 76 pescherecci che effettuano la pesca dei molluschi. Luca Frausin, di Marano Lagunare, in Friuli, ne è il vicepresidente. «La forza dell’associazione è che viene prelevato il prodotto richiesto dal mercato come se fosse un allevamento in mare aperto». Un modello all’avanguardia rispetto agli altri tipi di pesca. Infatti i responsabili dell’organizzazione stabiliscono giornalmente le uscite dei pescherecci e il prodotto viene concentrato per ogni marineria nei punti di sbarco,

cioè Grado, Marano Lagunare, Caorle, Piave Vecchia e Chioggia, rappresentando in questo l’unico esempio italiano di gestione interregionale della risorsa ittica. Da giugno 2014 l’O.P. gestisce la totalità della produzione del Nord Adriatico di fasolari, che sono circa 1.400 tonnellate, per un fatturato che sfiora i 7,5 miliardi di euro. Pesca e segreti I fasolari, che qualcuno con un termine un po’ roboante definisce

La O.P. I Fasolari associa tutte le imprese di pesca della Regione Veneto e Friuli Venezia Giulia, che con i loro 82 pescherecci effettuano la raccolta dei fasolari (Callista chione). I pescherecci sono operativi nei principali porti dell’Alto Adriatico quali Grado, Marano Lagunare, Caorle, Cavallino-Treporti e Chioggia (photo © www.fasolari.it).

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Luca Frausin, vicepresidente dell’organizzazione di produttori I Fasolari. ostriche dell’Adriatico, sono un mollusco bivalve pescato solo nel Nord Adriatico, ma apprezzato prevalentemente sui mercati meridionali della penisola. «Almeno l’80% della produzione è destinata al Sud, per essere consumata cruda in Campania, Puglia, Sicilia e Lazio. Ma l’O.P. sta puntando anche a far conoscere e appezzare questo prodotto nel resto d’Italia, valorizzando ricette che consentano di consumare anche cotti questi molluschi», confida Frausin. I fasolari vivono a una distanza dalla costa compresa tra 8 e 10 miglia, ad una profondità che va tra 10 e 20 metri, su isole sommerse di sabbia e lontano dagli scarichi. Su questi dossi ha infatti successo l’insediamento di larve pelagiche trasportate dalle correnti marine tra aprile e maggio. Si caratterizzano per una crescita piuttosto lenta e richiedono circa 4 anni per raggiungere la taglia di cattura, che è di 40 mm (ma servono tra gli 11 e i 14 anni per raggiungere le dimensioni massime di 85 mm!). Per questa ragione «la pesca dei fasolari avviene a poca profondità, raramente oltre i 21 metri, e la storia della pesca è relativamente recente. In Friuli questa pesca si attua, infatti, dagli anni Sessanta, e in Veneto, in modo intensivo, dagli anni Novanta, quando la tecnologia ha aiutato a risolvere il problema dei fondali più bassi, riconvertendo

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molti dalla ricerca delle vongole» continua Frausin. Tuttavia, la corretta gestione della risorsa e le tecniche di pesca sostenibili sono un presupposto dell’organizzazione. I fasolari vengono infatti pescati per mezzo di una draga idraulica che, una volta issata a bordo, scarica il prodotto raccolto in un’apposita tramoggia. Da qui vengono convogliati su una serie di nastri trasportatori e selezionati a mano dagli operatori in base alle caratteristiche e alla taglia, poi si distribuiscono in ceste e confezionati in sacchi. «La pesca dei fasolari è regolata per legge e prevede un prelievo massimo di 5 quintali al giorno e 15 settimanali, ma la politica di gestione della risorsa ittica da parte dell’O.P. riduce il quantitativo pescato in base all’effettiva richiesta di mercato», sottolinea Frausin. L’attenzione dell’O.P. nei confronti di una pesca oculata dei fasolari certifica inoltre la zona di cattura con la registrazione delle coordinate geografiche di pesca, la salubrità (con una concentrazione di contaminanti molto inferiore ai limiti di legge), l’integrità (poiché nessun fasolaro è avviato rotto sul mercato) e sostenibilità ambientale in quanto esiste una pezzatura minima definita per preservare le forme giovanili. Si deve peraltro notare che più il fasolaro è grande, meno tenera risulta la polpa. Talvolta il segreto per gustare al meglio i fasolari sta proprio nella battitura. Il mollusco viene infatti battuto con un martelletto da cucina sul piede rosso fino a che questo non cede in consistenza. Dopo un periodo in cui i fasolari venivano considerati poco interessanti sotto il profilo commerciale, la richiesta è da qualche anno crescente. Specie da parte della ristorazione, che li utilizza per condimento di pasta o preparare impepate. Riccardo Lagorio Organizzazione di Produttori della Pesca dei Fasolari dell’Alto Adriatico Soc. Coop. Chioggia Via Maestri del Lavoro 50 30015 Chioggia (VE) Telefono: 041 403317 E-mail: info@fasolari.it Web: www.fasolari.it


PESCA

La Regione Lazio presenta un “mare di opportunità” per il settore

Casa del Mare di Ostia: sviluppiamo l’economia del mare La Regione Lazio ha presentato, presso la Casa del Mare di Ostia di RomaNatura, il programma di iniziative e opportunità avviate e in programmazione per lo sviluppo dell’economia del mare. Una giornata di studio e confronto sui temi legati allo sviluppo sostenibile, ambientale ed economico delle risorse legate al mare, a beneficio dei territori costieri del Lazio: dalle opportunità del Fondo Europeo Affari Marittimi e Pesca, il FEAMP, alla pianificazione dello spazio marittimo, all’Area Marina Protetta delle Secche di Tor Paterno,

al progetto Pesce a miglio zero, alla rete creata con il mondo Slow Food. A dare il loro contributo l’assessore regionale all’Agricoltura, Caccia e Pesca, CARLO HAUSMANN, il padrone di casa, presidente di RomaNatura, MAURIZIO GUBBIOTTI, l’assessorato allo Sviluppo Economico, il direttore generale della Pesca del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, RICCARDO RIGILLO, l’amministratore unico di Arsial, ANTONIO ROSATI, la consigliera regionale, CRISTIANA AVENALI, il direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale

Lazio e Toscana M. Aleandri, UGO M ARTA , la vicepresidente nazionale di Slow Food, FRANCESCA ROCCHI. Moderatore il giornalista SANDRO CAPITANI, che ha animato la discussione. «Attivare l’economia del mare — ha dichiarato Hausmann — può contribuire ad offrire una reale opportunità di sviluppo, di occupazione e di coesione sociale. La Regione è impegnata su più fronti nel rilancio del settore della pesca e dell’acquacoltura. Primo fra tutti, l’utilizzo del Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e della Pesca,

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Il Borgo dei Pescatori a Ostia (RM), un luogo che rimanda alle antiche tradizioni marinare del litorale. Sullo sfondo la Casa del Mare, il fabbricato della darsena recentemente restaurato da RomaNatura, grazie al finanziamento del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (photo © romanatura.roma.it).

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Dobbiamo immaginare il settore della pesca non come un comparto a sé stante, ma come parte di un sistema capace di comunicare con altri settori come l’acquacoltura, il turismo, l’offerta enogastronomica, i servizi locali, le infrastrutture. Su questa strategia siamo tutti chiamati a lavorare

su cui abbiamo a disposizione una dotazione finanziaria complessiva di circa 16 milioni di euro e su cui siamo a un ottimo punto grazie alla proficua collaborazione con il MIPAAF, che ringrazio. A oggi abbiamo aperto i bandi più importanti, per un impegno di spesa complessivo di circa 7,7 milioni di euro, quasi la metà dell’intera dotazione. Gli investimenti che abbiamo attivato riguarderanno: • le attività dei Gruppi di Azione Locale del settore Pesca (FLAG), bando chiuso a cui è andato un contributo di oltre 2,1 milioni di euro; • i progetti dei bandi ancora aperti su: trasformazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura con un sostegno di 2,2 milioni di euro; miglioramento dei porti, dei luoghi di sbarco, delle sale per la vendita all’asta e dei ripari di pesca con circa 1,3 milioni di euro di contributo; • il recente bando a favore degli investimenti produttivi per il set-

tore acquacoltura, che prevede un finanziamento di 1,7 milioni di euro. Di prossima uscita il bando per la commercializzazione e la promozione sui prodotti sostenibili della pesca e dell’acquacoltura, con un fondo disponibile di circa 350.000 euro. Si tratta di aiuti che sostengono progetti innovativi, capaci di mettere in moto un sistema integrato di sviluppo in chiave sostenibile, ambientale e soprattutto economico. Naturalmente, per giungere a questi obiettivi fondamentale è il ruolo delle imprese, la loro capacità di lavorare in un’ottica multifunzionale e collettiva. Dobbiamo immaginare il settore della pesca non come un comparto a sé stante, ma come parte di un sistema capace di comunicare con altri settori come l’acquacoltura, il turismo, l’offerta enogastronomica, i servizi locali, le infrastrutture. Su questa strategia siamo tutti chiamati a lavorare». Fonte: (Laziocrea.it)

Centro di Depurazione e Spedizione

Società Agricola Moceniga Pesca s.s. di Alessandra Siviero & C. Via Dell’Artigianato 20/22 45010 Rosolina (RO) C.F. e Part. Iva IT 01082120294 tel. 0426-343252 0426-270034 fax. 0426-340265 virtual fax 0426047500 Centro Depurazione e Spedizione Molluschi IT X3W6T CE Web: www.moceniga.it

Viale Marconi 68 - Rosolina (RO) - Fax 0426 047500 - 0426 664990 Web: www.almeca.it - E-mail: almeca2007@libero.it


MERCATI

Il mercato dei granchi nel 2016: prezzi in impennata per Snow crab e King crab Offerta in contrazione e prezzi alti per granceola artica e granchio reale. Alti livelli di acido domoico, che ha come bersaglio sia la fauna ittica che l’uomo, frenano la produzione nordamericana di Roberto Villa

La riduzione dell’offerta per la granceola artica, o Snow crab (Chionoecetes opilio), e per il granchio reale, o King crab (Paralithodes camtschaticus), ha determinato un’impennata dei prezzi; non così per le altre specie.

Pure il granciporro o Dungeness crab (Cancer magister) ha fatto registrare scarsità di prodotto sulla costa occidentale degli Stati Uniti (–45%), senza alcun beneficio, tuttavia, sul prezzo per i produttori. In Califor-

nia molte industrie del settore sono rimaste chiuse per buona parte della stagione a causa dell’elevato livello di acido domoico — una neurotossina algale che ha come bersaglio tanto la fauna ittica quanto l’uomo e non

In tutta l’Alaska si è verificata, nella stagione 2015-2016, una diminuzione molto rilevante delle catture di granchi, in particolare per la granceola artica, con un calo stimato fino al 40% rispetto alla stagione 2014-2015.

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MMenenÚÚ o u t o l e u t are nnel

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Pesca di granchi. In Canada il Dipartimento per la pesca e gli oceani informa che sono state pescate, nella stagione conclusa, poco meno di 38.000 tonnellate, contro le 42.650 consentite dalla quota, il valore più basso registrato sin dal 1996 (photo © Flyingrussian – Fotolia). ne permette la commercializzazione alimentare dal momento che è stabile al calore e non viene inattivata dalla cottura, sebbene la bollitura o la cottura al vapore ne riducano la concentrazione per diffusione nei liquidi. Secondo quanto riporta il bollettino Globefish della FAO (www. fao.org), il prezzo pagato ai pescatori sul mercato dell’Alaska, uno dei principali luoghi di produzione, non si è mosso dai 3 USD/libbra (circa 6,6 USD/kg) nonostante le ridotte disponibilità di merce.

In tutta l’Alaska si è verificata, nella stagione 2015-2016, una diminuzione molto rilevante delle catture (fino al 40% per la granceola artica rispetto alla stagione 20142015); la biomassa di individui di sesso maschile si è contratta notevolmente per tutte le specie di granchi e questo spiega in parte la penuria di offerta. In Canada il Dipartimento per la pesca e gli oceani informa che sono state pescate, nella stagione conclusa, poco meno di 38.000 tonnellate,

Secondo i maggiori operatori di mercato russi, canadesi e dell’Alaska i prezzi continueranno a salire, grazie alla domanda crescente non sostenuta da un’offerta adeguata, particolarmente per i granchi di pezzatura media e piccola

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contro le 42.650 consentite dalla quota, il valore più basso registrato sin dal 1996. La specie localmente più diffusa in Norvegia, il granciporro atlantico (Cancer pagurus), ha visto per contro catture abbondanti di buona qualità che hanno dato una stagione ricca all’industria ittica della costa, che vende questo granchio fresco o congelato, spesso confezionato con le chele staccate e poste accanto al carapace. Il maggior produttore norvegese lavora in media dalle 3.000 alle 4.000 tonnellate su base annua. L’Agenzia Federale Russa della pesca ha posto, per il 2016, una quota di 41.500 tonnellate per la granceola artica nell’est del paese affacciato sul Pacifico, rispetto alle 39.500 tonnellate stabilite per il 2015; tuttavia, vi sono pressioni perché vengano ridotte le esportazioni a favore del consumo sul mercato interno.

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pure non annullato e deviato verso la Repubblica Popolare della Corea del Nord. Anche altri paesi asiatici stanno mostrando un interesse sempre maggiore per questi crostacei, con importazioni in costante aumento anno dopo anno. Secondo i maggiori operatori di mercato russi, canadesi e dell’Alaska i prezzi continueranno a salire, grazie alla domanda crescente non sostenuta da un’offerta adeguata, particolarmente per i granchi di pezzatura media e piccola. Il mercato asiatico, che sta registrando una predilezione spiccata per questo prodotto relativamente nuovo per quelle aree, vede l’unico freno nell’incremento del prezzo, che rappresenta l’unico ostacolo all’ulteriore espansione delle importazioni. Il Nord Europa, prevalentemente la Norvegia, costituisce un bacino di produzione interessante nonostante non possa competere per dimensioni contro i colossi nordamericani e russi, ma qualitativamente sta emergendo sui mercati internazionali. In par-

ticolare si stima che possa esserci uno sviluppo notevole nella pesca della granceola artica, sinora limitata a meno di 10.000 tonnellate per anno, ma che, con opportuni investimenti, potrebbe in un decennio superare le 50.000 tonnellate, come pronosticato al North Atlantic Seafood Forum di Bergen nel marzo 2016. Diversamente dalle specie sinora trattate, il granchio nuotatore blu o Blue Swimming Crab (Portunus pelagicus o Cancer pelagicus) ha visto il prezzo scendere per l’offerta abbondante dei principali paesi produttori (Cina, Filippine, Malesia, Indonesia, Vietnam), a beneficio di paesi importatori come gli Stati Uniti, che hanno incrementato del 10% l’anno gli acquisti di polpa di questa specie asiatica. All’ultima conferenza della Global Seafood Marketing Alliance tenuta a Miami è stato previsto un ridimensionamento dell’offerta di granchio nuotatore blu, con una prevedibile inversione della caduta dei prezzi. Roberto Villa

LB Comunicazione

Nella prima metà del 2016 le importazioni negli Stati Uniti sono salite del 4,5%, passando dalle 60.800 tonnellate del corrispondente periodo a 63.600 tonnellate. Un incremento molto più consistente si è verificato in Giappone (+24%): dalle 10.700 tonnellate dei primi sei mesi del 2015 si è giunti alle 13.300 tonnellate, nonostante le importazioni della granceola artica e di altre specie dal Canada e dall’Alaska siano risultate decisamente più costose e lo yen forte abbia mitigato solo in parte il rialzo dei prezzi. Pure la Cina ha visto un aumento delle importazioni di granchi vivi dal Nord America, favorita dall’apertura di una tratta transoceanica tra Portland in Oregon e Hong Kong, a cura della compagnia Cathay Pacific. Ciò anche a motivo dell’accordo siglato tra la Federazione Russa e la Cina in materia di contrasto alla pesca illegale e abusiva dei granchi, che in precedenza determinava l’afflusso massiccio di granchi tra la Russia e la Cina, ora ridotto sep-

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Il mercato dei salmoni nel 2016 Prezzi alti negli scambi commerciali per tutto l’anno, causati da alghe in Cile e parassitosi in Europa, scendono solo nel primo trimestre 2017 di Roberto Villa

Il 2016 è cominciato all’insegna di un’impennata dei prezzi, dovuta ad una duplice contrazione delle quantità disponibili sul mercato: da un lato in Cile la fioritura anomala di alghe che ha determinato la morte di decine di milioni di pesci, dall’altro i problemi verificatisi in Norvegia e in Scozia con le parassitosi causate dai pidocchi. Quest’ultimo problema si stima abbia causato da solo una riduzione del 7% della produzione mondiale di salmone atlantico ed abbia portato a spese straordinarie per circa 500 milioni di euro. La Scottish Salmon Company ha accusato un

incremento dei costi del 30% all’anno ed una mortalità eccezionale che ha condotto alla distruzione di 1.300 tonnellate di pesce, come pure il sito scozzese della Marine Harvest ha calcolato in 1.500 tonnellate le perdite di prodotto1. L’impiego di trattamenti contro i “pidocchi” (che non sono insetti ma crostacei appartenenti alla famiglia dei Copepodi: le specie più frequentemente riscontrate sul salmone sono Lepeophtheirus salmonis e Caligus elongatus) comprende il passaggio attraverso bagni di acqua calda e poi fredda per facilitarne il distacco, l’uso di acqua ossigenata,

l’incremento di antibiotici per contrastare l’indebolimento dei pesci parassitati e prevenire la trasmissione di malattie. Alla luce delle difficoltà di offerta sopra descritte, il prezzo del salmone norvegese ha oscillato tra il tradizionale minimo di inizio anno, pari a circa 50 NOK/kg, fino al massimo prenatalizio che ha superato le 73 NOK/kg, favorito da una buona domanda di Stati Uniti ed Unione Europea e dalla debolezza della corona norvegese rispetto sia al dollaro USA sia all’euro. Solo nel primo trimestre del 2017 si è verificato un ridimensio-

In Germania il salmone rappresenta il prodotto ittico più consumato dalla popolazione (photo © maxdigi – Fotolia).

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Allevamento della scozzese Marine Harvest. namento delle quotazioni, riportatesi su valori di poco superiori a quelle del 2016, tra le 60 e le 65 NOK/kg, ma comunque ben superiori alle 45 NOK/kg medie dell’anno 2015. Le quantità esportate dalla Norvegia sono state inferiori nel 2016 del 7% rispetto al 2015, vale a dire 819.710 t di prodotto fresco contro 881.504 t del 2015, mentre, in termini di valore, nel 2016 l’export è stato di 49,2 miliardi di NOK contro 37,8 miliardi nel 2015, corrispondente ad un aumento del 30%2. I paesi di destinazione delle esportazioni norvegesi sono sostanzialmente gli stessi, con in testa la Polonia, sede di numerose imprese di lavorazione del salmone fresco che a loro volta esportano in tutta l’Unione Europea, ma con una quota crescente di volumi spediti anche nei paesi dell’Estremo Oriente, i cui consumatori cominciano ad apprezzare questo pesce, e una buona domanda dagli Stati Uniti sia per il salmone intero, sia per i filetti. In Cile, una volta contenuta la proliferazione delle alghe che aveva caratterizzato l’inizio del 2016, sono stati emanati dei regolamenti, per stabilizzare la produzione ed

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evitare fluttuazioni nei prezzi, basati essenzialmente su un incremento pianificato del 3% nei volumi che dovrebbe determinare un raccolto di circa 650.000 t/anno, un valore ben al di sotto del massimo storico di 955.000 t registrato nel 2014. Tuttavia, diversi esperti dubitano che la regola del 3% possa consentire di superare le 500.000 t su base annua fino a tutto il 2018. Da notare che il disaccordo sull’applicazione dei nuovi regolamenti, unito alla diversità di vedute sulla gestione della crisi delle alghe, ha portato Marine Harvest a cessare la collaborazione con Salmon Chile, la principale unione di produttori del paese che costituisce il 70% dei volumi di salmonidi del Cile. Il mercato del salmone scozzese sta trovando nel deprezzamento della sterlina un alleato che consente di fare fronte ai consistenti cali di produzione causati dalle parassitosi; stime riferiscono di una produzione di 180.000 tonnellate nel 2016, il 40% delle quali destinata alle esportazioni. Nel quadro di stabilità produttiva che si preannuncia per il prossimo biennio, la ripresa economica di

nuovi mercati quali Brasile e Russia ed una stabilizzazione della crescita della Cina saranno di sicuro delle fonti di spinta al rialzo dei prezzi, qualora ciò avvenisse. In Europa la Francia continua ad essere un mercato dove il salmone è apprezzato, gli acquisti sono in incremento sul mercato norvegese, scozzese e cileno, in Germania il salmone rappresenta il prodotto ittico più consumato dalla popolazione. Le importazioni negli Stati Uniti, nel primo semestre del 2016 pari a 181.000 t per un controvalore di 525 milioni di dollari, provengono principalmente dal Cile con 70.000 t e dal Canada con 50.000 t, con una quota crescente dalla Norvegia per via della competizione della valuta scandinava debole e del buon contenuto di servizio (prodotto sfilettato, venduto con un imballaggio innovativo ed attraente). Roberto Villa Note 1. www.bbc.com/news/uk-scotland-38966188 2. www.ssb.no/en/utenriksokonomi/statistikker/laks

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NUTRIZIONE

Olio di pesce: effetti benefici di Luca del Grammastro

Dai vertebrati acquatici si estraggono due varietà di olio: l’olio di pesce e l’olio di fegato di merluzzo, con proprietà e benefici differenti anche se spesso sono oggetto di confusione. La differenza tra i due staziona nel fatto che il primo contiene maggiori quantità di acidi grassi polinsaturi Omega-3 e viene estratto dal tessuto del pesce grasso come aringhe e sardine, assieme ad altri pesci azzurri di grande e piccola taglia, a merluzzi, salmone e tonno. Il secondo, invece, contiene più vitamina A e D e viene estratto esclusivamente dal fegato di merluzzo. Ricavato dai prodotti di scarto dei pesci, sul mercato l’olio di pesce è racchiuso in opercoli o perle di gelatina ed è considerato da sempre la più generosa fonte alimentare degli acidi grassi essenziali Omega-3, in particolare dell’acido eicosapentaenoico (EPA) e dell’acido docosaesaenoico (DHA) perché i pesci, non essendo in grado di

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sintetizzarli direttamente, quando li assorbono dalle microalghe o dagli animali di cui si nutrono, li accumulano nei propri tessuti. Questi acidi grassi sono detti essenziali perché il nostro corpo non è in grado di fabbricarli e dobbiamo necessariamente assumerli con l’alimentazione. Sono coinvolti — soprattutto l’EPA — nel processo di coagulazione del sangue e nel processo infiammatorio. Dopo il processo di pulizia, gli scarti dei pesci, quali teste, code, pacchetto eviscerale, ecc…, vengono fatti bollire e, attraverso processi chimici e di raffinazione, si ricava l’olio che verrà utilizzato come fonte alimentare di Omega-3. Naturalmente la quantità di Omega-3 presente nei pesci varia nelle diverse zone del corpo degli stessi (in genere la maggior parte del contenuto di acidi grassi si accumula nelle interiora). Alcuni studi hanno dimostrato che, proprio per il suo apporto di acidi

grassi, l’olio di pesce fa bene alla pelle, al cuore (proprietà cardioprotettive), può essere usato per alleviare sintomi e stati infiammatori di patologie gastriche, diabetiche (proprietà antinfiammatorie, antiossidanti e ipoglicemizzanti), associato ad una dieta equilibrata e ad una sana attività fisica. Contiene anche molte vitamine e porta benefici alla vista, ai capelli e alle unghie. Insomma, l’olio di pesce sembrerebbe un vero e proprio toccasana ma può nascondere alcune insidie se non se ne fa un uso corretto: l’abuso di questo integratore comporta infatti effetti collaterali anche gravi. Nell’ambito di diete controllate può essere utile per preservare le normali funzioni cardiaca e cerebrale (proprietà neuroprotettive) e per la protezione dell’ossidazione lipidica. Non resta quindi che verificare gli effetti di questo olio di scarto ma ricco di proprietà e benefici.

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IL PESCE IN TAVOLA

Tecniche e metodi per tutte le occasioni: la marinatura Bastano un po’ d’olio d’oliva extravergine, di sale e succo di limone (o anche aceto o vino) con l’aggiunta, a piacere, di qualche erba aromatica e alcune spezie per evitare problemi sanitari in caso di consumo a crudo e per ottenere una cottura migliore e con più gusto e morbidezza di Nunzia Manicardi

La marinatura del pesce è fortemente consigliata sia in caso di cottura che di consumo a crudo per tanti motivi di natura sanitaria e gastronomica: – per evitare che durante la cottura (specialmente alla griglia o alla piastra) si formino dei composti tossici a causa dell’eventuale carbonizzazione totale o parziale della superficie del pesce;

– per preparare quest’ultimo alla cottura conferendogli ulteriore tenerezza e sapore; – e, soprattutto, per eliminare eventuali contaminazioni microbiche rendendo più sicuro il consumo del prodotto crudo grazie a questa antichissima tecnica tradizionale di cottura e al processo chimico di osmosi che ne è alla base.

Basta poco del resto: nella versione base è sufficiente appena un po’ d’olio extravergine d’oliva, necessario per evitare che il pesce si disidrati, insieme con il sale. Poi, naturalmente, si possono aggiungere altri ingredienti: succo di limone e vino bianco oppure aceto (questi ultimi due in alternativa fra loro) per far diventare il pesce più tenero

La marinatura del pesce, cotto o crudo, è una pratica consigliata sia per motivi di natura gastronomica che sanitaria: evita infatti che si formino composti tossici durante la cottura, rende la carne tenera e saporita ed elimina eventuali contaminazioni microbiche (photo © exclusive-design – Fotolia).

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e far penetrare le erbe aromatiche (in primis il prezzemolo). Insieme con essi, anche alcune spezie (vivamente consigliato il pepe) usate per conferire sapore e profumo. Bene aglio sminuzzato e cipolla a rondelle. Insomma, marinare il pesce non è affatto difficile e vi permetterà non solo di evitare guai sanitari, ma anche di portare in tavola un piatto migliore. Attenzione però a non farlo macerare troppo a lungo perché il pesce potrebbe sfaldarsi mentre invece deve rimanere sempre piuttosto consistente. Per la marinatura finalizzata alla cottura bastano 1 o 2 ore o anche meno, indispensabili per l’assorbimento degli odori; per quella destinata al consumo a crudo è meglio aspettare 3 o 4 ore, preferibilmente dopo aver completato l’abbattimento che oggi ormai è una pratica abbastanza diffusa. Prima di procedere con la marinatura bisogna, naturalmente, pulire e lavare il pesce fresco rimuovendo ogni residuo di sabbia o di impurità. I pesci più grandi vanno squamati, eviscerati, spellati e sfilettati. A quelli più piccoli, come le alici, si possono togliere testa e interiora (la spina centrale) direttamente con le mani dopo avere aperto a metà il corpo, lasciando però la coda. Ai calamari si eliminano gli occhi, il rostro e le viscere e poi si tagliano ad anelli o a strisce. I crostacei devono essere incisi lungo la coda e privati della testa e del budello scuro. Per i molluschi sarebbe sufficiente aprirli e sciacquarli, ma la consumazione cruda, anche dopo la marinatura, va effettuata con estrema cautela e solo se si è assolutamente certi della loro provenienza. È fortemente consigliato, per il consumo a crudo anche previa marinatura, l’acquisto o l’utilizzo di pesce abbattuto, cioè che sia stato congelato per almeno 24 ore in un apposito abbattitore (oppure 96 ore in un frigorifero domestico) a –20 °C per eliminare, grazie alle basse temperature, ogni tipo di batterio e parassita fra cui il temibile Anisakis. Poi arriva finalmente il momento di consumare e allora, se il pesce è congelato, va decongelato a

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temperatura ambiente o in frigorifero (ricordatevi di utilizzare uno scolapasta per eliminare il liquido in eccesso). Si prepara intanto la marinatura. In una ciotola si mescolano bene, aiutandosi con una frusta, l’olio e il succo di limone (oppure l’aceto o il vino bianco) insieme con il prezzemolo tritato e, eventualmente, aglio e cipolla o altri aromi a piacere, le spezie e un pizzico di sale. Per la piastra e la griglia si spennella il pesce da entrambi lati, ripetendo l’operazione più volte, ma non con il liquido già marinato perché può contenere proprio ciò che volete eliminare. Usate quindi liquido fresco, appena preparato. Per il consumo a crudo non è necessario nient’altro. Ogni pesce, in verità, ha la propria marinatura, quella più adatta ad ogni singola specie per esaltarne le caratteristiche gastronomiche. La differenza principale resta comunque fra marinatura per il crudo e marinatura per il cotto. Il pesce va marinato dentro un piatto profondo di porcellana o di vetro. È idoneo anche l’acciaio inox. Da evitare la plastica, sia pure di qualità. Da evitare soprattutto alluminio e rame perché a contatto con le sostanze acide della marinata potrebbero reagire rilasciando sostanze potenzialmente tossiche. Disponete il pesce a strati e sopra versateci lentamente la salsa di marinatura, coprendolo completamente. Mettete un coperchio o anche la pellicola e aspettate quanto basta, poi servite direttamente con lo stesso piatto, completando la presentazione con gli ingredienti che vi abbiamo suggerito o con altri a vostra scelta, purché siano sempre sistemati con cura e con senso estetico. Farete un figurone senza aver fatto molta fatica! Prima, però, assicuratevi che la preparazione, specialmente se costituisce un secondo, risulti gradita ai commensali. Non tutti prediligono il pesce, men che meno crudo, e questa precauzione è d’obbligo per non rovinare il vostro pranzo o la vostra cena, e anche per non creare situazioni imbarazzanti per voi e per gli ospiti.

La marinatura è una tecnica molto semplice utilizzata in cucina per insaporire i cibi, dalle carni alle verdure, che può sostituire la cottura o che la precede. Grazie alla marinatura i pesci ad esempio esaltano il loro sapore, mantenendo le carni morbide e saporite

Il pesce va marinato dentro un piatto profondo di porcellana o di vetro. È idoneo anche l’acciaio inox. Da evitare la plastica, sia pure di qualità. Da evitare soprattutto alluminio e rame perché a contatto con le sostanze acide della marinata potrebbero reagire rilasciando sostanze potenzialmente tossiche

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Tranci di tonno crudo marinati con un mix di olio, limone e pepe (photo © Vicuschka – Fotolia).

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Antipasto di calamari in una marinata piccante (photo © Idijatullina Veronika). Marinatura del pesce crudo Il pesce crudo marinato è ancora molto diffuso sulle nostre tavole, dove costituisce uno dei piatti della tradizione di molte regioni e dove è spesso utilizzato anche per il menu della vigilia di Natale. Oltre alle avvertenze sanitarie sopra descritte, dovrete avere l’accortezza di scegliere il pesce giusto: tonno, salmone, pesce spada, alici e acciughe, seppie, crostacei e molluschi la fanno da protagonisti.

I molluschi non necessitano di una marinatura vera e propria in quanto vanno invece conditi in tavola, nel momento del consumo. Per le ostriche basta ancora meno: succo di limone e, tutt’al più, un pizzico di pepe. Sale, mai!

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Per alici e acciughe, regine del pesce azzurro crudo che, come già detto, vanno servite intere, lasciate marinare per circa 5 ore con olio evo, limone e/o aceto e, se volete, prezzemolo, aglio, pepe e sale. La lunga durata della marinatura serve per far sì che il gusto acidulo del limone penetri ben bene nella carne rendendola anche più tenera. I molluschi (cozze, vongole, fasolari e simili) non necessitano di una marinatura vera e propria in quanto vanno invece conditi in tavola, al momento della consumazione, e soltanto con olio evo, limone e pepe nero. Per le ostriche basta ancora meno: succo di limone e, tutt’al più, un pizzico di pepe. Niente sale. Valgono le stesse indicazioni, ma, se proprio volete, potete abbinarle allo champagne… Nelle capesante va tolta la parte arancione. Per loro la marinatura va fatta prima e della durata di circa un’ora. Anche per i crostacei, come gli scampi e le mazzancolle, basta la marinatura, la più semplice possibile, per circa una mezz’ora prima di servire. Il loro sapore è già deciso e non deve essere esaltato oltremodo

o coperto o alterato da altri ingredienti. Per il carpaccio sono indicati tonno, salmone e pesce spada, cioè specie ittiche dalle carni compatte altrimenti non si riescono a tagliare. Il tonno, da questo punto di vista, è particolarmente adatto ad essere lavorato a carpaccio. Prima si lava il filetto accuratamente privato di ogni lisca, lo si asciuga e lo si taglia a fettine sottili o sottilissime crude (o semi-crude), poi si prepara la marinatura aggiungendo agli ingredienti di base altri ingredienti a piacere che possono essere succo di agrumi (arancia, mandarino e pompelmo, oltre al limone da considerarsi indispensabile), rucola e pomodorini, erba cipollina, insalatina, sedano affettato, timo, finocchietto, olive e capperi, valeriana, radicchio… La scelta è vastissima e dipende dai gusti personali. Se volete riuscire bene nell’impresa di avere fette sottilissime, ricordatevi di mettere il pesce fresco per qualche minuto nel congelatore per compattarne la carne. Gli stessi ingredienti si possono usare anche per il salmone, usato in tranci. Se si adopera quello affu-

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micato, l’abbinamento perfetto è sui crostini spalmati di burro. L’effetto complessivo, dato il colore rosa, è sempre molto scenografico e può essere accentuato dall’accostamento, come gusto, con pepe rosa (lasciate le bacche intere!), mele e fragole. Per il pesce spada, non ci si discosta da quanto detto per gli altri carpacci. In questo caso è da preferire pepe verde e nero. Ottima la salsa verde alla senape e, per esaltare il sapore mediterraneo, cipolla affettata sottile, basilico, capperi e olive. Per la tartare, preparazione in cui alla carne tritata finemente con il coltello sono poi aggiunti gli ingredienti prescelti, i pesci da preferire sono sempre tonno, salmone e pesce spada, ma va benissimo, per esempio, anche il merluzzo. Usate lo zenzero grattugiato fresco e, ancora una volta, gli agrumi. Nel caso della tartare è fondamentale la presentazione, per cui utilizzate un coppapasta per dare forma regolare e unite con una salsa o con verdure disposte con garbo.

Marinatura del pesce cotto La marinatura del pesce cotto serve per conferire un sapore più deciso e, soprattutto, aromatico. Per la griglia la marinatura avrà i soliti olio evo, succo di limone, sale e pepe (macinatelo sempre fresco) con l’aggiunta di un trito finissimo di erbe: prezzemolo, rosmarino, salvia, aglio essiccato e quant’altro il vostro orto disponga. Spennellate il pesce con la marinata più volte almeno un’ora prima di grigliarlo e anche durante la cottura (in questo caso, come già detto, usando quella “pulita”). Risulterà denso di sapori e profumi, indimenticabile. Per il forno il tempo può dimezzarsi. Essendo i pesci di taglia più grossa, la marinatura dovrà essere più abbondante. Metteteci l’alloro fresco e mezzo bicchiere di vino bianco fermo. Dimenticherete le carni stoppose e insapori! Inoltre la marinatura impedirà al pesce di seccarsi, cosa che non di rado capita nella cottura in forno. Servite comunque con una salsa per renderlo

ancora più succoso e appetitoso. Ricordo però ancora una volta di non usare l’emulsione che resta alla fine della marinatura. Questa non va assolutamente riutilizzata perché durante il processo di marinatura il pesce crudo rilascia dei liquidi organici che possono diventare terreno ideale per la proliferazione di microrganismi potenzialmente anche pericolosi. Se la marinatura viene da lontano… La cucina contemporanea predilige le ricette etniche, in cui spesso trionfa anche il pesce crudo. Nel caso quindi di ricette che vengono da lontano ricordatevi che il segreto sta anche e soprattutto nelle spezie. A ogni pesce la sua, ma potrete anche sbizzarrire la fantasia in infinite combinazioni frutto della vostra inventiva culinaria. Peperoncino, pepe di Cayenna, cumino, coriandolo… L’esotico si sposerà al già noto, con risultati sorprendenti. Nunzia Manicardi

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La magia del sottovuoto, in stabilimento e a casa Era il 1970 quando entrava prima nelle fabbriche e poi nelle cucine. Si tratta di una delle più grandi innovazioni nel campo della conservazione dei cibi, ma è divenuta ancora più interessante con la cottura di Guido Guidi

Il suo principio è molto semplice: dal contenitore di un prodotto alimentare viene eliminata l’aria o anche solo alcuni gas, come l’ossigeno, la principale causa di ossidazione. Questo processo, effettuato con l’ausilio di macchine specifiche, anche ad uso domestico, e quindi molto semplici da utilizzare, impedisce alla mag-

gior parte dei microorganismi e dei batteri di svilupparsi e attribuisce quindi al prodotto una vita decisamente più lunga, sia con i crudi che con i cotti. Oltre all’arresto dello sviluppo di microrganismi, di cui il nostro fisico ringrazia vivamente, il sottovuoto impedisce la perdita di umidità e l’irrancidimento ossidati-

vo, con un generale mantenimento della freschezza del cibo. Può essere inoltre abbinato alla refrigerazione, e in questo caso i vantaggi sui tempi si moltiplicano, poiché il sottovuoto ne può aumentare la vita, anche di cinque volte. Il suo utilizzo si è notevolmente esteso e tuttora è praticato non solo

Il sottovuoto impedisce la perdita di umidità e l’irrancidimento ossidativo, con un generale mantenimento della freschezza del cibo. Può essere inoltre abbinato alla refrigerazione e, in questo caso, i vantaggi sui tempi si moltiplicano, poiché il sottovuoto ne può aumentare la vita, anche di cinque volte (photo © www.tastecooking.com).

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Oggi il sottovuoto rende possibile il particolare metodo di cottura “sous vide”, sottovuoto per l’appunto, grazie all’utilizzo di particolari macchine diffuse sia in ambito professionale che domestico. in campo industriale, ma anche domestico, consentendo, oltre che di attribuire al cibo una vita molto più lunga, di conservarne i sapori e profumi, lasciandone inalterate le proprietà organolettiche. Gli alimenti vengono così protetti da eventuali contaminazioni e odori esterni e, in più, non subiscono perdite di sali minerali o vitamine. Inoltre, in tempi di crisi e di politica di riduzione degli sprechi, il sottovuoto permette, in contesti diversi, di evitare di buttare il cibo in eccesso per utilizzarlo in un secondo momento. Il tempo di conservazione del prodotto differisce a seconda dell’a-

limento e del contenitore utilizzato. Si possono impiegare barattoli o contenitori di diversa tipologia, ma normalmente i più diffusi sono i sacchetti di plastica, la cui resa è molto differente a seconda della qualità e della tipologia. Nel caso di cibi prima sottoposti al metodo del sottovuoto e poi congelati, non sussistendo un problema di freezer burn, la vita del prodotto può passare da pochi mesi a un anno circa. Gli alimenti cucinati come la carne, i legumi o le conserve vegetali, che normalmente in frigo potrebbero sopravvivere per 4 o 5 giorni, se trattati sottovuoto e poi refrigerati

Gli alimenti cucinati come la carne, i legumi o le conserve vegetali, che normalmente in frigo potrebbero sopravvivere per 4 o 5 giorni, se trattati sottovuoto e poi refrigerati possono durare per più di due settimane, evitando così inutili sprechi, di piccole e grandi quantità

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possono durare per più di due settimane, evitando così inutili sprechi, di piccole e grandi quantità. Per frutta e verdura crude il tempo di conservazione può essere raddoppiato, soprattutto se il trattamento precedente è corretto. In questo caso, infatti, può essere più o meno opportuno lavarle o cucinarle prima, per garantirne maggiore freschezza. Nei salumi, nei formaggi stagionati e negli affettati in genere, i vantaggi si moltiplicano, visto che i tempi di conservazione possono variare tra i 3 e i 6 mesi, in frigorifero. Gli impasti per prodotti da forno, conservati crudi, interrompono il processo di lievitazione, per poi riprenderlo dopo l’apertura della confezione. Più delicati risultano invece carne e pesce, dove, pur avendo garanzie di conservazione per qualche giorno, si possono comunque verificare delle alterazioni in termini di gusto. I tempi suddetti sono però altresì differenti a seconda della correttezza nell’effettuare la fase di aspirazione

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dell’aria, dell’efficienza della macchina utilizzata e della qualità dei sacchetti. Questi ultimi, oltre ad essere di tipologia diversa, essendo riutilizzabili, forniscono una differente prestazione a seconda della presenza o meno di residui al loro interno. Un secondo utilizzo in ambito domestico è infatti ammesso, seppure non raccomandato, ma solo nel caso di determinati prodotti che non lasciano residui particolari. Se ne sconsiglia il riuso in cibi come la carne, il pesce e le uova, dove i batteri possono resistere al lavaggio e generare problemi. La qualità della confezione può inoltre fare la differenza se, dopo la conservazione, si decide di effettuare anche la cottura o lo scongelamento con il sacchetto, siano fatti al microonde o in acqua. È chiaro che nessun trattamento sottovuoto può essere effettuato in assenza della specifica apparecchiatura. Le macchine sono però ormai molto diffuse sia a livello

industriale che in ambito domestico, o nelle piccole attività di vendita o di ristorazione. Considerato che la presenza dell’adeguata strumentazione permette di salvare molti cibi o ingredienti che hanno una durata limitata e che i costi di acquisto sono nel complesso modesti, l’apparecchiatura necessaria può essere velocemente ammortizzata. Per completezza di informazione è tuttavia corretto precisare che anche il sottovuoto presenta dei limiti. Il primo è che, non potendo contrastare l’azione dei batteri anaerobici, come già precisato sopra, va quasi sempre abbinato ad un altro sistema di conservazione. Pertanto, oltre alla refrigerazione a temperature differenti a seconda del risultato desiderato, molto spesso i cibi, soprattutto in ambito industriale, devono essere sterilizzati prima del trattamento del sottovuoto. La cottura del prodotto ancora confezionato sottovuoto rappresenta un altro importante vantaggio di questo metodo. Essendo stata

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infatti eliminata l’aria in eccesso, il calore dell’acqua nella quale il cibo è immerso penetra più direttamente, arrivando subito al cuore della pietanza, anche con temperature non eccessive e comunque inferiori ai 100 °C. I tempi di cottura sono decisamente superiori a quelli classici, anche di due o tre volte superiori. Un uovo sodo, per esempio, richiede sino a 35 minuti e un arrosto diverse ore; tuttavia, con una temperatura costante, i risultati in termini di tenerezza e succosità del prodotto saranno evidenti. Così come ne guadagnerà il gusto, visto che non avviene alcuna dispersione nell’acqua di sostanze, vitamine e nutrienti propri dell’alimento. Il caso più evidente è quello della carne, la cui cottura sottovuoto, con l’aggiunta di aromi e spezie, può portare risultati eccezionali in termini di gusto e consistenza. Purché si abbiano, però, delle ore a disposizione. Guido Guidi


SAPORI DAL MONDO

Lo skrei, il pesce dell’amore Carne bianca, leggera e magra, lo skrei proviene da una delle più grandi e sostenibili riserve di merluzzo del mondo. È noto anche come Valentine’s Fish, perché si prepara per tutta la sua esistenza a compiere il viaggio che lo porterà ad incontrare il suo compagno/a nelle zone di riproduzione di Josette Baverez Blanco

O Valentine’s fish, lo chiamano i Norvegesi. E allora perché parlare ora di questo pesce, che la festa degli innamorati è trascorsa già da qualche mese e dovremo aspettare il prossimo anno per tornare a pescare questa prelibatezza, disponibile da gennaio ad aprile sulle coste norvegesi? E pensare che si tratta di un merluzzo, nient’altro che un merluzzo. Ma che merluzzo! Il suo nome, originario da à skrida, che significava nella lingua norrena dei vichinghi “migrare”, “andare in avanti”, da cui l’appellativo di “pesce vagabondo”.

Lo skrei fa la sua comparsa in Norvegia nel pieno dell’inverno, quando ci sono solo poche ore di luce al giorno, in banchi di milioni e milioni di esemplari che si accalcano attorno alle isole Senja, Vesterålen e Lofoten. Il suo arrivo è un vero e proprio avvenimento sul calendario norvegese. Il pesce, temerario e vigoroso, ha lasciato la più grande riserva di merluzzo del mondo, il mare di Barents, per venire a riprodursi là dove è nato e dove troverà il compagno o la compagna per la propria riproduzione.

Il fatto di migrare su così lunghe distanze, circa 1.600 chilometri, rende la sua carne una vera prelibatezza, soda, bianca e morbida. Questo pesce, al suo arrivo magro (si capisce il perché…) e saporito, contiene una quantità elevata di proteine, di vitamina D in particolare e di acidi grassi Omega-3. Niente grasso dunque, ma tutto muscoli, ben diverso dai merluzzi che stazionano tutto l’anno lungo il litorale norvegese. Se accantoniamo i problemi legati alla mancanza di luce e al freddo imperverso, la cattura di questi pesci

Lo skrei è un pregiato merluzzo norvegese. Il nome deriva dall’antica parola norrena “migratore” ed è considerato una vera e propria prelibatezza (photo © pescenorvegese.it).

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Lo skrei viene utilizzato per preparare tante deliziose ricette: oltre alla carne, soda e bianca, le uova sono una vera prelibatezza, cosĂŹ come il fegato, lo stomaco, la lingua e persino le mascelle.

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I pescatori usano una particolare cautela nella cattura dello skrei selvatico, al fine di mantenerne la qualità inalterata e garantendo così che soltanto il migliore merluzzo norvegese possa raggiungere la tavola.

Cosa rende lo skrei così speciale? Migrando lungo vaste distanze, la carne di questo pesce vigoroso diventa eccezionalmente soda, bianca e morbida. Magro e saporito, è ricco di proteine, vitamine, minerali e acidi grassi essenziali Omega-3

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non è una grande impresa. Mentre nuotano sui fondali, essi addentano qualsiasi cosa e sono veramente numerosi. La pesca si fa in acque poco profonde, una trentina di metri, gettando le lenze in mare e muovendole per far luccicare il piombo. La difficoltà risiede nella cautela particolare per mantenere intatta la qualità e l’integrità della preda. Solo il 10% di oltre quattrocento milioni di merluzzi migratori viene catturato e classificato “skrei” in seguito a un regolamento molto rigido. Il pesce deve essere pescato: • allo stato selvatico fra gennaio e aprile; • adulto di circa 5 anni; • nelle zone tradizionali delle coste norvegesi; • perfetto, senza nessuna intaccatura o abrasione, né scolorito; • imballato entro 12 ore dalla cattura; • immagazzinato fra 0 °C e –4 °C; • lavorato e confezionato con severi criteri. Verrà allora certificato MSC dal Marine Steward Ship Council.

Lo skrei è un pesce imponente che, così asciutto, può raggiungere i due metri di lunghezza. Una volta eviscerato e ispezionato, messo sotto ghiaccio e mantenuto a temperatura costante, sarà pronto per essere esportato in tutta Europa. Prima della scoperta del petrolio, in Norvegia il merluzzo rappresentava la principale fonte di prosperità. Durante i mesi invernali, i pescatori si avventuravano a remi, sfidando intemperie e mari in burrasca, per catturarlo. Si conservava salandolo, essiccandolo all’aria aperta gelida su apposite rastrelliere o affumicandolo. Oltre alla carne deliziosa, che si sfalda a “fiocchi” di circa 5 cm, come dicono i Norvegesi, vengono apprezzati le uova, il fegato, lo stomaco, la lingua e le mascelle. Per chi volesse conoscere più da vicino questa mera vigliosa esperienza di pesca, fra i ghiacci e alla luce fluorescente dell’aurora boreale, basta rivolgersi al sito www.visitnorway.it per trovare soluzioni organizzate o individuali. Josette Baverez Blanco

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Week-end a Lisbona a tutto pesce Quando si pensa a Lisbona vengono subito in mente tre elementi: il sole, i magnifici panorami e la qualità del cibo! La capitale portoghese è infatti una meta ideale per chi apprezza una cucina tipica sostanziosa, saporita e, soprattutto, per lo più a base di pescato freschissimo. Secondo le ultime statistiche della FAO, il Portogallo si classifica ancora oggi primo in Europa per consumo medio di pesce pro capite con 53,8 kg all’anno. Nel Paese il pesce viene cucinato in svariati modi, fritto, alla griglia, bollito, in umido o arrosto. I Portoghesi solitamente iniziano il pranzo e la cena sempre con una serie di piccoli antipasti, come formaggi, gamberetti e verdure, accompagnati dal bolo do caco, pane condito con aglio e prezzemolo e servito con il burro. Ma una delle preparazioni più gustose che introducono alle portate principali è sicuramente quella delle vongole (Amêijoas) à Bulhão Pato, dal nome del poeta del XIX secolo RAIMUNDO ANTÓNIO DE BULHÃO PATO. Una ricetta semplice, in cui il sapore dei molluschi si sposa con quello del limone, il vino bianco e il prezzemolo.

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Altro piatto tipico della tradizione gastronomica portoghese, che vi permetterà di assaggiare il re della cucina lisboeta in una versione sfiziosa, è rappresentato dai Pastéis de bacalhau: crocchette fritte di baccalà, dall’impanatura dorata ma dal cuore tenero e dal sapore delicato. Il baccalà a Lisbona viene cucinato in numerosissime varianti e tradizione vuole ci sia una ricetta diversa a base di baccalà per ogni giorno dell’anno. Saporita la variante del Bacalhau à Gomes de Sá, filetto di baccalà cotto in casseruola con cipolle, patate e uova sode, oppure il Bacalhau à Brás, baccalà con sottilissime patatine e cipolle fritte, uova, prezzemolo e olive nere a guarnire il tutto. L’emblema della cucina lusitana sono però le sardine alla griglia (in foto), da gustare direttamente tra due fette di pane mentre ci si perde gironzolando tra un vicolo e l’altro della città. Lisbona ne è invasa soprattutto nel mese di giugno, durante le celebrazioni dei Santos Populares. Le sardine vengono arrostite sulla brace e servite con verdure oppure disposte su fette di pane bianco e mangiate con le mani.

Una ricetta da provare è senz’altro l’Arroz de marisco, piatto a metà strada fra il cremoso risotto italiano e la più asciutta paella. Viene preparato con molluschi, crostacei e verdure, prima di essere servito fumante, con una spolverata di prezzemolo tritato. Una variante tipicamente portoghese è invece il riso al pomodoro con sardine. Più ricercato il Polvo à lagareiro, stufato in pentola e grigliato. Tenerissimo, si serve con una salsa a base di olio, prezzemolo e aglio ed è comunemente accompagnato da patate novelle cotte al forno. Setúbal, una cittadina non lontana da Lisbona, offre infine un piatto di portata che vale la pena sperimentare: le seppie fritte! Avvolte da una fine pastella, si degustano con succo di limone e non sono “tipiche” al 100% se non le accompagnate dalle patatine fritte e dalla meravigliosa vista che si gode sul porto, all’ombra delle montagne di Arrábida. Se non siete ancora convinti, o per avere maggiori informazioni, visitate il sito del Turismo de Lisboa: www.visitlisboa.com

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SAPORE DI MARE

Il mare in bottiglia Grazie alle sperimentazioni dell’azienda pugliese Steralmar, l’acqua di mare torna ad essere protagonista in cucina. Un ingrediente prezioso che può sostituire il sale a tavola, rinnovando l’uso di una tradizione antica ed esaltando il sapore dei piatti traendo beneficio da tutti i suoi oligoelementi di Riccardo Lagorio

Sarà capitato a tutti i consumatori delle grandi città (e sempre più anche dei piccoli borghi) di fare i conti in tasca alle società che imbottigliano l’acqua. L’acqua, sì, quel bene fondamentale per la salute umana, ampiamente disponibile alle nostre latitudini, ma tanto raro altrove come da noi il petrolio. In verità l’acqua, così com’è, potrebbe non

avere prezzo. Proprio per due ragioni: per la vasta disponibilità e il ruolo rivestito come bene di primaria necessità (quindi, ragionevolmente che dovrebbe essere disponibile senza esborsi). Solo negli ultimi decenni abbiamo assistito ad un incremento di consumo di acqua in bottiglia, che pare non fermarsi neppure di fronte alle numerose fon-

tanelle pubbliche che sono comparse in Italia (che offrono anche acqua gassata) e garantiscono la potabilità dell’indispensabile liquido. E neppure all’ascolto dei continui appelli della amministrazioni comunali, le quali assicurano la bontà dell’acqua dell’acquedotto. Il risultato è che le famiglie italiane sono le seconde in Europa per consumo di acqua mi-

L’acqua di mare, utilizzata nelle giuste proporzioni, oltre che aggiungere gusto alle preparazioni in cucina, diventa un forte alleato della nostra salute. I suoi minerali e oligoelementi, contenuti in forma ionica, altamente biodisponibili e pertanto assimilabili dal nostro organismo, aiutano infatti a ridurre il sodio aggiunto alla dieta giornaliera (linea riservadimare®; photo © www.steralmar.it).

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Tra le acque minerali, quella di mare è la più completa in quanto contiene 92 elementi della tavola di Mendeleev, cioè quasi tutti quelli esistenti in natura nerale (se ne approvvigiona il 62%), circa 200 litri all’anno. Ed è un giro di affari di qualche milione di euro che ha attratto la naturale attenzione delle multinazionali. Da anni ormai le più diffuse etichette sono in mani straniere. Con buona pace dei profitti dalle nostre italiche fonti e in ossequio alla diffusa consapevolezza trasfusa nel modo di dire secondo cui la vita (loro) discende dall’acqua. La notizia di una straordinaria ed originale intrapresa ci giunge invece da Bisceglie, in Puglia. Benché sia bagnata dal mare, non era scontato che qualcuno pensasse a imbottigliarvi acqua di mare a scopi alimentari. STERALMAR (www.steralmar.it) ha sede qui ed ha sviluppato un singolare metodo di depurazione d’acqua di mare che la rende pura sotto il profilo microbiologico. Questo è peraltro il risultato di investimenti e ricerca avviati a metà degli anni Novanta per colmare croniche lacune del settore ittico, in particolare collegate al risciacquo e rigenerazione di prodotti ittici, specie i molluschi ed i crostacei. È infatti di tutta evidenza che irrorando i prodotti marini con acqua dolce essi possono sciupare molte delle caratteristiche organolettiche che la natura ha conferito loro. Ciò avveniva già nel 2004 (con l’accordo con un’azienda pilota, la Mitil Ittica Srl), ma risale al maggio del 2012 la definitiva consacrazione del progetto, con la stipula di un protocollo d’intesa con il Consiglio Nazionale delle ricerche e l’Istituto per l’ambiente marino costiero con il quale l’acqua di mare viene messa al servizio della cucina. Prima di essere imbottigliata

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l’acqua di mare subisce un processo a freddo di decantazione, filtrazione, depurazione e sterilizzazione con raggi ultravioletti. Da un punto di vista nutrizionale l’acqua di mare contiene ogni minerale noto secondo le proporzioni necessarie all’organismo umano (qui è il caso di dire: dall’acqua di mare discende la nostra vita) e trova perciò un razionale utilizzo nell’alimentazione umana. Insomma, il mare diventa un irrinunciabile ingrediente e complemento che consente l’apporto di minerali come il magnesio, il calcio, il potassio, il fluoro e lo iodio. Per gli operatori ittici si sono studiati contenitori che vanno da 20 a 1.000 litri: l’impiego di questa acqua consente di condurre tutte le operazioni di decongelamento, lavaggio e trattamento dei prodotti della pesca, lasciando i tessuti più compatti (quello che tecnicamente viene conosciuto come assenza di shock osmotico). Ma si può utilizzare l’acqua di mare (riservadimare®) anche per la produzione di ghiaccio per la refrigerazione degli alimenti ittici mentre nella propria casa si può impiegare (in opportune proporzioni con acqua dolce) nella cottura di pasta, vegetali, riso o nella creazione di impasti per pasticceria salata e puree. E con un pratico nebulizzatore si possono condire piatti caldi e freddi, anche di carne, riducendo il sodio aggiunto alla dieta giornaliera e conferendo un caratteristico sapore (il magnesio presente apporta una piacevole nota finale amarognola). Presto inizieranno collaborazioni anche con piccole aziende locali per la conservazione di vegetali. Primi, i pomodori più buoni al mondo, quelli dell’azienda Paglione di Lucera (FG), che utilizzerà l’acqua di mare per la salamoia dei suoi pomodori invasettati in vetro Quella di Bisceglie è l’unica impresa italiana (e probabilmente l’unica al mondo) a captare l’acqua dal mare e depurarla rendendola utile per l’alimentazione umana. Ma soprattutto è in mani italiane. Almeno qui le multinazionali non sono ancora arrivate. Riccardo Lagorio


ASSEMBLEE

FEAP, assemblea generale 2017

La Federazione europea dei produttori in acquacoltura si riunisce a Venezia La Federazione europea dei produttori in acquacoltura (FEAP) è la voce unitaria del settore della produzione dell’acquacoltura europea ed unisce le associazioni nazionali di acquacoltura in Europa (comprese Norvegia, Turchia). Con 26 membri provenienti da 22 Stati di tutto il continente europeo, la FEAP

rappresenta una produzione di oltre due milioni di tonnellate di prodotti di acquacoltura. Lo scorso 20 maggio si è svolta a Mestre (VE) l’assemblea generale della Federazione, a cui ha fatto seguito l’assegnazione del premio annuale FEAP e la cena di gala. >> Link: www.feap.info

1) Marco Gilmozzi, vicepresidente dell’Associazione Piscicoltori Italiani (API), qui in veste di presidente della FEAP, con Courtney Hough, segretario generale FEAP. 2) Pier Antonio Salvador, presidente API, con Alessandra e il marito Stefano Cataudella, professore ordinario di Ecologia e professore di Biologia della Pesca e dell’Acquacoltura presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. 3/4) Due scatti durante la cena di gala che ha fatto seguito all’assemblea generale FEAP.

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Convegno API a Villa Colloredo-Venier

Lo scorso 4 maggio, nell’incantevole cornice di Villa Colloredo-Venier, nella frazione di Sterpo, comune di Bertiolo (Udine), si è tenuta la riunione conclusiva del progetto di formazione per gli acquacoltori finanziato dalla Regione Friuli Venezia Giulia e sviluppato da API-Associazione Piscicoltori Italiani. Nel corso dell’incontro l’assessore regionale avv. Paolo Panontin ha lanciato i bandi per il nuovo fondo strutturale FEAMP.

SEDE CENTRALE Via Milano, 162 M 16126 Genova Tel. +39 010 8599200 Fax +39 010 8599299 Web: www.verrini.com E-mail: verrini@verrini.com


RASSEGNE

Slow Fish, tutti insieme in soccorso del mare Al centro dell’8a edizione del salone genovese ricerca scientifica, cambiamento climatico e microplastiche. Per Gaetano Pascale, presidente di Slow Food Italia, «più i mercati sfruttano i mari, più i pescatori soffrono. Bisogna invertire la rotta di un’economia paradossale e ingiusta» Il 21 maggio si è chiusa a Genova l’edizione 2017 di Slow Fish, l’ottava: ricerca scientifica, cambiamento climatico e microplastiche al centro di questo evento internazionale dedicato al pesce e alle risorse del mare, organizzato dall’associazione Slow Food Italia e Regione Liguria, in collaborazione con il Ministero

delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e il Comune di Genova. Quello che resta è un bottino più che sostanzioso, frutto di due anni di confronto e condivisione con la comunità scientifica e i pescatori di Terra Madre, sia in Italia che all’estero: alla manifestazione, cui hanno lavorato circa 500 persone insieme

a 50 volontari, hanno partecipato le comunità di 15 Paesi di tutti i continenti, dalla Finlandia all’Uganda, dall’Ecuador all’Australia, rappresentate da oltre 80 delegati. I 30 incontri della rete di Slow Fish hanno radunato un pubblico di 1.500 partecipanti. Più di 800 gli spettatori nelle cinque conferenze dedicate ai

Nella cucina allestita tra i banchi del Mercato, i protagonisti della rete di Slow Fish — chef, pescatori, artigiani e biologi italiani e internazionali — si sono alternati in pillole didattiche a cui il pubblico ha potuto partecipare liberamente, per approfondire i tanti diversi aspetti legati al mondo ittico. Slow Fish è organizzato da Slow Food Italia e dalla Regione Liguria in collaborazione con il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e Comune di Genova (photo © Alessandro Vargiu/Archivio Slow Food).

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1) La bottarga presente a Slow Fish 2017 (photo © Alessandro Vargiu/Archivio Slow Food). 2) Il giovane chef stellato Luigi Taglienti, protagonista a Genova con lo show cooking “Liguria andata e ritorno” (photo © Alessandro Vargiu/ Archivio Slow Food). 3) A passeggio tra gli espositori con vista mare (photo © Alessandro Vargiu/Archivio Slow Food). 4) Tra i temi cari a Slow Fish anche la riduzione degli sprechi alimentari e la sostenibilità ambientale (photo © Alessandro Vargiu/Archivio Slow Food). 5) Degustazione di ostriche (photo © Paolo Properzi/Archivio Slow Food).

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Tanto street food a base di pesce freschissimo nell’area del Porto Antico che ha ospitato l’evento. Per Slow Fish è la terza edizione che si svolge all’aperto e si può rilevare, in tutti gli appuntamenti, un crescente interesse del pubblico, a dimostrazione di come la manifestazione stia entrando sempre di più nel cuore dei genovesi, dei visitatori e di chi ha a cuore le sorti del mare (photo © Alessandro Vargiu/Archivio Slow Food). grandi temi di questa edizione, cui hanno preso parte come relatori 35 scienziati e ricercatori di fama internazionale. «È stata un’edizione straordinaria — ha dichiarato il presidente della Regione GIOVANNI TOTI — che conferma la nostra scelta di sostenere con convinzione questo evento. Il grande successo di pubblico registrato in questi giorni nell’area del Porto Antico ha garantito inoltre un’ottima visibilità allo stand #lamialiguria, che ha ospitato molte iniziative legate al mondo della pesca, del turismo, dell’enogastronomia, dell’artigianato e delle imprese per promuovere al meglio le nostre eccellenze. Questo grande risultato ci rafforza nell’obiettivo di far diventare la Liguria capitale della sostenibilità». Tante conferme e molte premesse per il futuro «Il Mare Nostrum grida aiuto ed è tempo di agire» aveva affermato KARMENU VELLA, Commissario

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europeo per l’Ambiente, gli Affari marittimi e la Pesca nel saluto inaugurale. Questo grido di aiuto non è certo inascoltato a Slow Fish. «Proprio nel momento in cui si pesca di più — osserva in proposito il presidente di SLOW FOOD ITALIA, GAETANO PASCALE — sotto la spinta di un mercato che non tiene conto dei cambiamenti in corso nel mare, i pescatori e in particolare le comunità della piccola pesca incarnano le realtà che, dal punto di vista economico, soffrono di più. Questo oltre a essere paradossale è ingiusto». Le esperienze presentate a Slow Fish dimostrano che è possibile seguire un’altra via, «in grado di assicurare una pesca sostenibile per il mare e per i pescatori. Per questo pensiamo sia necessario trasformare in pratiche quotidiane molte delle attività svolte durante l’evento». La priorità è dunque invertire la rotta della pesca, come ha suggerito CARLO PETRINI, presidente di SLOW FOOD, passando «da un’economia

di rapina ad un’economia di costruzione». Dal 2004 Slow Food lavora in questa prospettiva: l’evento biennale ospitato dalla città di Genova rappresenta solo il momento culminante in un percorso quotidiano di sostegno ai progetti delle comunità locali, all’attività dei presidi e all’intera filiera della pesca artigianale e sostenibile. Per questo spicca tra le novità più significative di questa edizione l’annuncio che presto la Liguria ospiterà anche la casa di Slow Fish. «Una sede fissa, politica e fisica, per interagire con tutti gli attori del Mediterraneo», come anticipato da Giovanni Toti in apertura dell’evento. Perché è un impegno degli organizzatori della manifestazione far sì che la Liguria divenga il fulcro di un dialogo tra le sponde del nostro mare, per superare le difficoltà comuni e creare un’economia virtuosa. L’altra sfida tutta italiana riguarda la ricerca: da Slow Fish il coro dei rappresentanti del mondo scientifico

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si è levato affinché il nostro paese si doti di una moderna nave da ricerca oceanografica pubblica, bene comune indispensabile a promuovere la conoscenza sia nel mar Mediterraneo sia nei mari artici e antartici. Domande ma anche risposte dalle istituzioni, come l’impegno del ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, MAURIZIO MARTINA, a tutela del reddito dei pescatori e per la promozione di modelli sostenibili di salvaguardia delle risorse marine, grazie al decreto che ridisegnerà la piccola pesca artigianale italiana, che dà lavoro a 30.000 persone in Italia. Ricordiamo anche i grandi temi scientifici trattati nei quattro giorni della manifestazione, come il cambiamento climatico e l’impatto che ha sulle nostre tavole, con le tante ricette di pesci della tradizione sostituite da altri abitanti del mare, che fanno capolino nel nostro orizzonte gastronomico: è il caso delle meduse, sempre più presenti e invasive. Ma anche delle oloturie, i “cetrioli di mare”, apprezzatissimi in Oriente come snack ma ormai sovrasfruttati. Da Slow Fish parte però un allarme. «Attenti a pensare che non ci siano conseguenze nel consumare questi animali», avverte il presidente della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, ROBERTO DANOVARO, «non è certo normale pensare di mangiare aquile, leoni e tigri, eppure in mare stiamo facendo qualcosa di simile». Altro tema caldo è quello delle micro e nanoplastiche che, a causa dei nostri comportamenti scorretti e della filiera della plastica non sostenibile, invadono i nostri mari con effetti tuttora sconosciuti. Secondo LEGAMBIENTE il 96% dei rifiuti galleggianti in mare è composto da plastica e l’89% della fauna marina rischia di

A Genova c’era anche l’anguilla del fiume Livenza. E del bisàt della Livenza si è parlato, presso Casa Slow Food, attraverso gli interventi di Luca Ortoncelli, de “I ristoratori della Livenza”, di Adriano Lorenzon, Confraternita del Bisàt, e di Massimo Marchini, Slow Food Veneto Orientale. Immancabile la presenza di Felice Gazzelli, “Canarìn”, pescatore professionista di bisàt. Per finire in bellezza, bisàt in umido co’ i àmoi per tutti! ingerirla. Non stiamo parlando solo di tartarughe che scambiano borse di plastica per meduse, ma di detriti che diventano frammenti microscopici ed entrano a far parte della catena alimentare dei pesci. MARCO FAIMALI, responsabile dell’Istituto di Scienze Marine del CNR, è netto: «la media di microplastiche nei mari è troppo alta. In alcune zone del mondo si arriva ad averne 100 chili in un solo chilometro cubo». Le microplastiche penetrano nel plancton che è alla base dell’intera catena alimentare marina. Un fatto preoccupante, perché l’accumulo di sostanze tossiche negli esseri viventi aumenta man mano che si risale la piramide alimentare. Quindi, quali sono gli effetti sull’uomo quando mangia pesce? In realtà, il rischio da parte dell’uomo di assumere

Pienamente raggiunto per gli organizzatori l’obiettivo di coniugare la convivialità alla conoscenza scientifica e alle buone pratiche, l’educazione al gusto con l’impegno per la tutela degli ecosistemi acquatici

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microplastiche non proviene solo dal mare, in quanto queste sono contenute in oggetti di uso quotidiano, come i cosmetici — esfolianti facciali, dentifrici, shampoo, trucchi e creme solari — e tracce sono state rinvenute anche nel miele, nella birra e nei farmaci. Per questo la scienza si sta concentrando anche sugli effetti degli interferenti endocrini sull’organismo umano, sugli effetti che tali sostanze hanno sul sistema riproduttivo e sul latte materno. Ma se è vero che consumatori attenti si diventa grazie all’educazione al gusto dei più piccoli, bisogna partire da quello che i bambini mangiano nelle mense scolastiche. Anche in fatto di pesce. Arriva dall’entroterra genovese a questo proposito un bell’esempio di gestione sostenibile: alcuni comuni tra la Valle Scrivia e la Val Polcevera sono riusciti a cambiare l’intera impostazione delle mense in appena due anni, reintroducendo branzini del Tigullio, seppie, gallinelle, moscardini e sgombri al posto del solito pangasio e del pesce congelato (si veda box nella pagina seguente). Largo al cambiamento allora! Fonte: Ufficio Stampa Slow Fish

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Non è la solita mensa! Proprio a pochi chilometri da Genova, sei comuni dell’entroterra tra la Valle Scrivia e la Val Polcevera sono riusciti a cambiare l’intera impostazione delle mense in appena due anni. La reintroduzione del pesce fresco e locale è uno dei cardini di questa piccola rivoluzione copernicana. «Sebbene i nostri comuni non siano sul mare, non volevamo che nelle nostre mense si mangiassero solamente bastoncini surgelati» racconta Rosa Olivieri, sindaco del comune di Ronco Scrivia che ha fatto da capofila al progetto. Con qualche difficoltà iniziale, sia perché approvvigionarsi non è sempre facile (anche tenendo conto delle normative, che impongono ad esempio di non servire pesce con lische), sia perché il nuovo corso ha comportato un po’ di lavoro in più per chi sta in cucina e suscitato reazioni differenti a seconda degli istituti. «Abbiamo lottato contro le diffidenze: le famiglie dicevano che il pesce viene rifiutato perché puzza» conferma l’assessore all’istruzione del comune di Sant’Olcese, Gabriele Taddeo, che spiega: «per molti il cambio di abitudini era difficile da accettare perché si scontrava con vent’anni di refezioni uguali. Noi però non volevamo limitarci ad amministrare l’esistente». Il risultato? Sono diminuiti gli sprechi ed è aumentato il riutilizzo degli avanzi, ma il costo dei buoni pasto non è aumentato. E tutte le scuole hanno potuto mantenere i loro centri cottura. Non mancano altri esempi da varie regioni d’Italia. Alessandro Venturi porta l’esempio del Centro educazione del gusto di Prato, di cui è presidente. «Il progetto A scuola con gusto coinvolge dal 2008 il comune di Viareggio. Abbiamo notato che il pesce è uno degli alimenti in mensa, così abbiamo pensato di dedicargli particolare attenzione, coinvolgendo scuole di ogni ordine dagli asili nido all’alberghiero insieme alle istituzioni e alle aziende amiche». Se prima la filiera del mare era assai poco interessata alla ristorazione collettiva, oggi i pescatori escono in mare apposta per approvvigionare le scuole, anzi addirittura stanno aiutando realtà di altre regioni ad avviare progetti simili. È anche stato creato ex novo un laboratorio, gestito direttamente da loro. «Nel laboratorio lavorano tre giovani provenienti da famiglie di pescatori, che diversamente non sarebbero forse stati in condizione di proseguire il mestiere. I pescatori sono a loro volta formatori: gli abbiamo fornito gli strumenti per accogliere le scuole in modo diverso, non con una semplice gita in barca ma con un vero e proprio percorso didattico». Nelle Marche, dove la Fondazione Albert diretta da Paolo Agostini ha avviato dal 2013 la campagna educativa alimentare Pappa Fish: grazie a questa iniziativa più di 60.000 bambini mangiano pesce fresco, dando impulso a una filiera che coinvolge ben sei laboratori. «Il gradimento del pesce fresco — afferma — è nettamente superiore al surgelato: basti dire che lo scarto medio è inferiore al 10%, contro il 45% del surgelato».

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Bruxelles sempre al top L’edizione 2017 di Seafood Expo Global & Seafood Processing Global conferma che questo è l’evento fieristico numero uno in Europa per gli operatori del settore acquacoltura e pesca

Seafood Expo Global & Seafood Processing Global 2017, organizzata da Diversified Communications, ha centrato l’obiettivo con due giornate (Bruxelles, dal 25 al 27 aprile) fitte di incontri e visite da parte dei prin-

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cipali operatori europei e mondiali. Dopo l’edizione dello scorso anno un po’ sotto tono a causa dell’attentato terroristico che mise sotto scacco la capitale, quest’anno i numeri sono tornati quelli da record, con oltre

1.800 espositori provenienti da un’ottantina di Paesi, 26.000 buyer specializzati nell’ittico e una superficie fieristica sviluppata su oltre 38.000 metri quadrati. «Quest’anno abbiamo celebrato la 25a edizione di

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1) Seafood Expo Global (photo © adnkronos.com). 2) Un gigantesco tonno di 400 kg esposto in fiera. 3) Lo stand dell’Irlanda, in fiera per promuovere il programma Origin Green. 4) La Caviar Import di Gardigiano di Scorzè (VE). 5) La Lepore Mare di Fasano (BR).

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A Bruxelles per Noriberica, Francisco Del Rio, Miguel Bregieira, Gianfranco Pascarella, Gino Stanghellini, Jaik Abbara, Michele Bartolini e il presidente Manuel Castro. Seafood Expo Global, consolidando un risultato di crescita tra gli operatori del seafood mondiale che ci riempie di orgoglio» ha dichiarato WYNTER COURMONT, event director per Diversified Communications. «Anno dopo anno questa fiera continua ad offrire delle opportunità di crescita per la cosiddetta “comunità mondiale dei prodotti ittici”, facendo da connettore tra mercati e industria a livello globale». A Bruxelles si contavano 73 padiglioni nazionali e regionali con nuove adesioni, tra cui Lettonia, Birmania, Polonia, Venezuela, Costa Rica, Cipro e Romania. Sempre più seafood Il crescente successo di questa manifestazione va di pari passo con i trend che confermano un aumento costante dei consumi di prodotti ittici a livello mondiale. Secondo gli ultimi dati pubblicati dalla FAO, il consumo annuo pro capite di seafood è salito a 20 kg grazie allo sviluppo dell’acquacoltura, al recupero di tante specie e alla riduzione degli sprechi.

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Bella rappresentazione dell’Italia L’Italia è stata tra i maggiori protagonisti del Seafood Expo, con oltre 60 aziende del settore ittico nazionale rappresentate nel padiglione organizzato con il MIPAAF. «Quest’anno abbiamo portato a Bruxelles circa sessanta imprese provenienti dalle regioni più rappresentative del settore ittico italiano» ha dichiarato GIUSEPPE CASTIGLIONE, sottosegretario al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. «Con la direzione generale della pesca del MIPAAF abbiamo puntato su spazi curati e moderni, capaci di

valorizzare in questa grande vetrina internazionale il lavoro e i prodotti innovativi della pesca e dell’acquacoltura di eccellenza che l’Italia esprime. Puntiamo con forza — ha proseguito il sottosegretario — verso la promozione del settore ittico sui mercati internazionali. Siamo convinti che l’Italia abbia eccellenze e numeri per guardare al futuro, cercando sempre di più di coniugare la responsabilità verso le risorse con la redditività di lungo periodo. In quest’ottica, è significativo vedere presenti tante storie di successo, competitive sui mercati globali, anche grazie ad un buon uso dei fondi europei».

Abbiamo celebrato la 25a edizione di Seafood Expo Global consolidando un risultato di crescita tra gli operatori del seafood mondiale che ci riempie di orgoglio, ha dichiarato Wynter Courmont di Diversified Communications

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1) Nello stand di Frozen Rio De Oro, Neijfa el Madrej, Luca Schiaretti e Brahim el Battah. 2) Lo staff della croata Cromaris. 3) Nello stand della Kiliç, Hßsseyin Arat e Sinan Kizultan. 4) Marco Banin, Stefano Ruzza e Marco Furlan di Veneta Pesca, Porto Viro (RO).

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1) Lo staff della Eurofish di Napoli al gran completo. 2) Carlo Boscolo Ceggion con Raffaele Tiengo nello stand della New Sea di Rosolina (RO). 3) Niccola, Riccardo, Carlo e Roberto Rossi. 4) Gabriele Chiodi con Piergiorgio Vasi della Regione Emilia-Romagna. 5) La Reamar di Bosco Mesola (FE).

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1) Nicola, Giovanni e Giovanni Junior della Dituri e Mitos. 2) Daniele Franca di Giò Mare di Cesenatico (FC) e Nasos Zempiloglou della greca Mytilos di Kitros. 3) Stefano Bottoli e Roman Schaetti di Agroittica Lombarda, Calvisano (BS), con il caviale Calvisius. 4) Nello stand dell’inglese Falfish, Billy Dickson, Luca Schiaretti, Mark Greet ed Edward Polley. 5) Arnalda Venier della Società Agricola Sterpo di Bertiolo (UD) con il presidente di API Pier Antonio Salvador. 6) Massimiliano Chiesa della Coldfish di Manerba Del Garda (BS). 116

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1) Lo stand dell’azienda Marevivo di Castro (LE). 2) Luigi Savino della SDV, gli Specialisti del vivo di Misano Adriatico (RN). 3) La LPA Group di Ariano Irpino (AV). 4) Lo staff del Consorzio Pescatori di Goro (FE). Martedì 25 aprile, durante una splendida cerimonia serale, Diversified Communications ha presentato i Seafood Excellence Global awards, decretando il Best Retail Product e il Best Hotel/Restaurant/Catering (Ho.re.ca.) per il 2017. I vincitori sono stati scelti tra 43 finalisti da una giuria che ha tenuto conto del gusto del prodotto, del packaging, del valore nutrizionale e di quello commerciale, nonché dell’originalità. I premi sono stati infine conferiti a Globe Export/Algues de Bretagne (www.algues. fr), azienda francese con un fatturato di 4 milioni di euro e una trentina di dipendenti, per le sue alghe marinate, e alla statunitense Cozy Harbor Seafood (www.cozyharbor.com),che conta un volume di affari di quasi 46 milioni di euro per 175 dipendenti, per il suo antipasto a base di aragosta del Maine cotta a vapore e poi congelata. Le alghe marinate di Algues de Bretagne (in foto) vengono raccolte a mano, cotte e poi sottoposte a marinatura con spezie, olio, aceto e vino. I giudici hanno apprezzato il sapore di umami che questo prodotto, disponibile in due versioni, è in grado di conferire se abbinato ai piatti di pesce.

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Seafood Processing Global

1) Con Valerio Sapucci di Adriatic Sea International, Pierpaolo Fantasia di Pescaria Polignano, Bartolo L’Abbate di Pescaria Polignano/Milano, Ugo Caboni e Simone Sapucci di Adriatic Sea International, Nicole Dunbar, Barbara Tanfani e Marco Mazzoli, Adriatic Sea International, e Vito L’Abbate, Lo Scoglio Group (Polignano a Mare). 2) Nello stand della Luciano Cocci, Alfredo Pasquinelli, Emanuele Dini, Franca Arduini, Giacomo Cocci, Miriam Boschetti, Danilo Cocci e Pier Alberto Patacchiola.

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1) Litiana Bortolato, Valerio Sapucci e Raffaele Marcato. 2) Lo stand della francese Industrade. 3) Luciano Cocci di Coriano (RN), tecnologie per allevamento e lavorazione molluschi vivi. 4) Adriatic Sea International, azienda specializzata nella realizzazione di impianti depurazione bins per molluschi, crostacei e frutti di mare di San Clemente (RN). 5) Delanchy Transports, un punto fermo per la movimentazione refrigerata in tutta Europa. 6) Il Gruppo STEF, azienda specializzata nella logistica a temperatura controllata. Il salone parallelo delle tecnologie e… arrivederci al 2018 A fianco di Seafood Expo Global si è svolto come di consueto il Seafood Processing Global, tre intense e proficue giornate per vedere ed essere informati su ogni aspetto della lavorazione e trasformazione del pesce, con attenzione alle tecnologie

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di packaging, imballaggio, igiene, sanificazione e controllo qualità. Il prossimo appuntamento con le fiere di Bruxelles, intanto, è già stato fissato. Segnate in agenda le date: 24-26 aprile 2018. >> Link: www.seafoodexpo.com/global www.seafoodsource.com

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All’edizione 2017 di Tuttofood un made in Italy agroalimentare in gran forma

Grande, bella e ricca: la Milano World Food Exhibition parla col mondo Chiude i battenti con numeri decisamente positivi la 6ª edizione di Tuttofood, il salone internazionale B2B dedicato al food & beverage organizzato da Fiera Milano e tenutosi dall’8 all’11 maggio presso la fiera di Rho. Quattro giorni di incontri d’affari, relazioni e contenuti di qualità che rafforzano i risultati record della passata edizione, svoltasi in concomitanza con Expo. 80.146 visitatori professionali, il 23% dei quali provenienti da 141 paesi esteri e una presenza di paesi extraeuropei pari al 45%. Significativo il dato

dei business match generato dalla nuova piattaforma MyMatching, apprezzata anche come supporto in manifestazione grazie all’app: oltre 30.000 gli incontri prefissati tra i 2.850 espositori, di cui 500 esteri (+10%), e i 3.150 buyer profilati. I buyer italiani hanno apprezzato molto l’incremento degli appuntamenti mirati, le numerose iniziative dedicate in particolare sotto l’egida dell’iniziativa Retail Next, e l’ampia visibilità di espositori stranieri, incluse le collettive. Tra i buyer, particolarmente numerose le delegazioni

Nell’ittico il consumatore è cambiato e in Italia il consumo di pesce è in crescita. Nell’area Tuttoseafood, pesci e frutti di mare freschi, affumicati, in scatola, essiccati, trasformati, confezionati

Tuttofood ha consolidato i risultati record dell’edizione di Expo: quattro giorni di incontri d’affari, relazioni e contenuti di qualità, dimostrando, una volta di più, di essere un potente strumento per gli incontri B2B, capace di soddisfare le esigenze di compratori ed espositori (photo © www.tuttofood.it).

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1) Il gruppo Kiliç a Tuttofood. Da sinistra, Ceren Ercan, Sinan Kizultan, Hüseyn Arat, Alessandra Nucelatu e Bahaz Cengiz Özmen. 2) Gino Stanghellini, responsabile Italia per Noriberica, con Gregori Nalon, chef di cucina spesso ai fornelli del canale Alice TV. 3) Michele Azzollini di Lepore Mare. 4) Roberta D’Alconzo, Andreas Muehlberger, Guido Girardelli e Giacomo Talloni di CSB-System. dai Paesi target di questa edizione — USA, Canada, Sud America, Germania e Paesi del Golfo — con presenze interessanti anche da mercati storici come Francia, Benelux e Regno Unito e da quelli a maggiore tasso di crescita quali Cina, India, Sud-est asiatico, Africa, anche grazie

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alla stretta collaborazione con ICEAgenzia che ha portato al quartiere fieristico milanese 250 nuovi buyer. «Per vendere sul mercato francese — ha dichiarato PASCAL CHARROPPIN, dirigente di GPW — è indispensabile essere presenti nella GDO, che copre oltre l’80% delle vendite retail

complessive. A Tuttofood abbiamo trovato i prodotti gourmet della tradizione italiana, che arrivano così a una platea più ampia». Articolati i punti di vista dei buyer extraeuropei. Per NINA LIU, assistant general manager della catena cinese Tube Station, «la classe

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La carne di granchio nuotatore dalla Grecia all’Italia con SDV Nella cornice di Tuttofood 2017 Aegean Gourmet ha presentato ufficialmente la carne di granchio nuotatore, fresca, naturale e non pastorizzata. Questa polpa di granchio, distribuita in esclusiva dalla SDV Srl di Misano Adriatico (RN), è un prodotto naturale al 100%, caratterizzato da un procedimento di estrazione della carne a mano dopo una breve cottura al vapore (12 minuti circa) del granchio vivo, senza l’utilizzo o l’aggiunta di conservanti e additivi. Il prodotto non è pastorizzato, ma sottoposto a trattamento HPP, con il quale si riesce ad ottenere un prolungamento della shelf-life di ben oltre i 45 giorni dichiarati in etichetta. È disponibile in tre selezioni: Lump (etichetta rossa), Claws (etichetta oro) e Backfin (etichetta blu). Allo stand dell’azienda, da sinistra: Lila Kaliora e Nasos Zempiloglou di Aegean Gourmet, con Luigi Savino, general manager SDV. >> Link: www.specialistidelvivo.com

E-Marco Polo, porta cinese dell’e-commerce per il food made in Italy Durante Tuttofood è stata presentata anche la nuova grande vetrina di e-commerce per le aziende e i brand del nostro Paese che intendono operare nel mercato cinese, E-Marco Polo, che oggi conta già diverse migliaia di prodotti venduti, oltre 100 referenze disponibili di food & beverage, 11.000 follower, 150.000 visitatori unici mensili. E-Marco Polo è l’e-shop B2C su Tmall Global di Alibaba, uno dei più grandi portali B2C e-commerce nel mondo, per vendere direttamente i prodotti italiani ai consumatori cinesi senza avere una presenza fisica nel paese. La società è una delle più importanti iniziative strategiche di “sistema Paese” ed è nata in seguito al Memorandum di Intesa siglato tra il Governo Italiano e il Gruppo Alibaba. Ha come partner industriali il Gruppo Cremonini, leader nella produzione e distribuzione di prodotti del food & beverage, la società di consulenza strategica specializzata su innovazione e internazionalizzazione delle imprese The Cambridge Management Consulting Labs (CMC Labs) e, come partner finanziari, Intesa Sanpaolo e Unicredit. «E-Marco Polo — ha spiegato il CEO Stefano Scarsciotti — è una vetrina B2C che funge da general contractor e permette di vendere i prodotti direttamente con un servizio end-to-end, con le attività di logistica a supporto dei processi di export/import, marketing, customer care, oltre alle strategie e alle azioni di brandmarketing. Grazie alla nostra piattaforma flessibile e modulare, copriamo l’intera value chain dell’export in Cina». Augusto Cremonini, presidente di E-Marco Polo, ha ricordato che la società «capitalizza l’enorme esperienza nella distribuzione internazionale del Gruppo Cremonini e il mercato cinese rappresenta una grande opportunità per l’ecommerce di prodotti alimentari. Considerando che la cucina italiana è la più apprezzata a livello mondiale, riteniamo che E-Marco Polo possa dare enormi vantaggi alle esportazioni dei produttori del nostro paese, soprattutto a quelli di piccole e medie dimensioni». >> Link: www.emarcopolo.it

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L’alleanza di Tuttofood con Seeds & Chips ha portato in fiera il Global Food Innovation Summit con la presenza di start-up, aziende, università e istituzioni protagoniste della Rivoluzione agrifoodtech 4.0, oltre che di contenuti di conoscenza di alto livello. A Seeds & Chips l’ospite d’onore è stato Barack Obama, 44o Presidente degli Stati Uniti d’America. Hanno partecipato inoltre Sam Kass, l’ex chef-consigliere della Casa Bianca, Kerry Kennedy, presidente del Robert F. Kennedy Center for Justice and Human Rights, ed oltre 200 speaker di alto profilo da tutto il mondo.

Tuttogood, siamo tutti più buoni Il cibo non è solo un prodotto. È anche e, soprattutto, condivisione. E non c’è modo più gratificante per viverne questa dimensione che utilizzarlo per dare un aiuto concreto a chi ha più bisogno. È quello che ha fatto anche quest’anno Tuttofood con Tuttogood: l’iniziativa che, alla fine della manifestazione, ha raccolto il cibo ancora in ottime condizioni di conservazione, non entrato in contatto con il pubblico, e lo ha messo a disposizione dei partner del terzo settore Banco Alimentare e Associazione Pane Quotidiano per distribuirlo alle persone in condizioni di difficoltà socioeconomica attraverso i centri di riferimento. Tuttogood 2017 ha raccolto grande consenso tra gli espositori, permettendo di raccogliere 13.000 kg tra misti freschi (1.450 kg), secchi (6.500 kg), bibite (750 kg), prodotti congelati (730 kg), salumi e verdure. Portando avanti lo spirito del 2015, la lotta agli sprechi alimentari è stata infatti uno dei leitmotiv di questa edizione, non solo negli incontri specialistici che si sono tenuti in fiera, ma anche coinvolgendo i 48.000 cittadini e turisti che hanno partecipato agli eventi in città del fuori salone Week & Food, attraverso iniziative di sensibilizzazione come la foodie bag — versione 2.0 della doggie bag — che una selezione di ristoranti milanesi ha distribuito durante la settimana. Secondo un report di Barilla Center for Food & Nutrition e Fondazione Thompson Reuters, in Italia si sprecano circa 110 kg a testa di cibo l’anno, ma la situazione sta migliorando e il nostro Paese ha ottenuto un punteggio di 100 su 100 nelle politiche per la lotta allo spreco (photo © Fotolia).

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media comincia ad apprezzare anche gli aspetti salutari del cibo italiano, ad esempio scegliendo olio d’oliva extravergine. La moda del momento però è il vino, in particolare rosso. Qui in fiera abbiamo raccolto materiale su prodotti food sia per le esigenze salutistiche, sia per quelle di tendenza». Per quanto riguarda gli Stati Uniti — primo mercato extraeuropeo per l’export F&B italiano — da segnalare la presenza con un team di ben 18 buyer di Walmart, che proprio a Tuttofood ha siglato con ICE-Agenzia un accordo che porterà sugli scaffali dei 3.600 supermercati della catena una gamma di produttori piccoli e medi di qualità sotto un brand tutto italiano. Oltre 500 sono stati i momenti di approfondimento fra Academy, Retail Plaza, Spazio Nutrizione e Seeds & Chips, che hanno confermato Tuttofood come polo che aggrega le filiere rivolgendosi a tutte le tipologie di attori del settore, anticipando trend e innovazione, oltre che momento irrinunciabile di business. Bene infine anche il debutto del “fuori salone” Week & Food che, con oltre 48.000 partecipanti ai propri eventi in città, ha contribuito per circa un quarto ai 178.000 partecipanti complessivi alla Food City milanese. La partnership con Blue Sea Land, l’Expo internazionale dei

«Oggi si aprono nuove prospettive per l’export agroalimentare — ha commentato il ministro per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Maurizio Martina — e Tuttofood si conferma piattaforma fondamentale per lavorare in stretta relazione con il territorio. Il mondo guarda all’Italia come riferimento per cibo e salute, ci vogliono regole giuste in mercati aperti che facilitino il lavoro delle piccole e medie imprese». Distretti Agroalimentari del Mediterraneo e del Medioriente, completava l’area dell’ittico Tuttoseafood al padiglione 1 con uno spazio dedicato allo sfruttamento sostenibile delle risorse marine e dell’ecosistema euro-mediterraneo. Trovare un equilibrio tra sostenibilità e crescita di popolarità del pesce come cibo è diventata un’esigenza pressante: ricordiamo infatti che secondo le rilevazioni di COLDIRETTI IMPRESAPESCA, nei mari italiani si pescano circa

180.000 tonnellate l’anno di pesce con la flotta peschereccia italiana, che conta circa 13.000 imbarcazioni. Ma questi quantitativi non bastano a soddisfare la domanda, in costante crescita. Appuntamento al 2019 L’appuntamento con la prossima edizione di Tuttofood è a Fiera Milano dal 6 al 9 maggio 2019. >> Link: www.tuttofood.it


LA PAGINA SCIENTIFICA

Morie di vongole e ostriche: rapporto tra patogeni, ambiente e tecniche di allevamento Una ricerca dell’IZSVe ha indagato l’influenza di patogeni nella mortalità di vongole e ostriche in relazione a diversi ambienti e tecniche di allevamento, confrontando i dati ricavati con i risultati di altri studi e monitoraggi di Fabiano D’Este e Giuseppe Arcangeli

Negli ultimi anni, in Italia, si è registrato un calo di produzione di vongole e ostriche. Le morie anomale di vongole nella laguna di Venezia e di ostriche nella provincia di Rovigo si devono certamente alla presenza di patogeni; ma altri fattori hanno notevolmente contribuito, come condizioni ambientali e sfruttamento intensivo degli animali. Ad esempio, le vongole veraci, prodotte principalmente nelle lagune del nord

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Adriatico, per diversi anni hanno presentato infezioni da parte di un parassita, il protozoo Perkinsus olseni, senza arrivare a episodi di significativa mortalità. Le cose sono cambiate nel 2011, quando nella parte sud della laguna di Venezia si è registrata una perdita tra l’80% e il 90% degli animali allevati. I parassiti del genere Perkinsus possono causare nei molluschi conseguenze lievi nei soggetti giovani, gravi nei soggetti

adulti. La specie Olseni, la più diffusa in Italia, produce un’infiammazione dei tessuti del mollusco che ne compromette la crescita e la riproduzione. Questo parassita è stato causa di importanti fenomeni di mortalità della vongola Ruditapes philippinarum, detta comunemente “vongola filippina”, in Corea del Sud, e di altre mortalità lungo la costa atlantica, in Portogallo e Spagna. Se prima il parassita non rappresentava un

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pericolo per gli allevamenti, cosa ha determinato questa rottura nell’equilibrio ospite-parassita? Il Perkinsus è diventato a un certo punto più aggressivo? O la sua presenza, come quella di altri patogeni, è diventata pericolosa perché legata alla tipologia di allevamento e alle condizioni dell’ambiente in cui vive?

Perkinsus olseni nelle vongole veraci, l’altra relativa alla presenza di Oyster herpes virus (OsHV) nelle ostriche concave, che in Italia è stato segnalato per la prima volta proprio dal Centro di referenza nazionale per lo studio e la diagnosi delle malattie dei pesci, molluschi e crostacei dell’IZSVe.

La ricerca IZSVe Una ricerca dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (RC 15/13) ha indagato l’influenza di agenti patogeni nella mortalità di vongole e ostriche in relazione a diversi ambienti e a diverse tecniche di allevamento e raccolta, analizzando i dati ricavati da campionamenti disposti per la ricerca e integrandoli con i risultati di altri studi e monitoraggi. Dopo aver scelto i siti in cui eseguire la ricerca e le tipologie di raccolta dei campioni di molluschi, non solo si è identificata la presenza di patogeni, ma sono stati anche raccolti dati su: • il mollusco (età); • l’ambiente (stagione, tasso di salinità dell’acqua); • le modalità di allevamento e raccolta. Lo studio si è articolato in due parti: una relativa al parassita

Perkinsus olseni in vongole veraci In seguito all’episodio di mortalità avvenuto tra ottobre e dicembre 2011, sono stati eseguiti dagli operatori dei servizi veterinari regionali 4 campionamenti di circa 100-200 esemplari ciascuno, su esemplari provenienti dalla parte sud della laguna di Venezia. I campioni erano di taglia commerciale (40-50 mm), dell’età di circa 18 mesi, e comprendevano sia esemplari in stato di evidente sofferenza, sia un’aliquota di soggetti apparentemente sani.

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Risultati I campioni sono stati sottoposti a diverse analisi: • gli esami necroscopici hanno rilevato lesioni da predatori, ma anche altre lesioni (noduli) dovute al Perkinsus; • il metodo colturale ha conferma-

to che le condizioni ambientali consentono al parassita di svilupparsi bene. Infatti il 64,4% dei campioni presentava un alto livello di infezione; • l’analisi istologica ha mostrato che il 70,5% dei campioni esaminati ha riportato una presenza sistematica del parassita in vari organi; • la valutazione delle gonadi ha rilevato che quasi tutti i campioni esaminati erano alla fine della fase di rilascio dei gameti (deposizione delle uova/spermatozoi) o immediatamente dopo (post-release); • l’analisi molecolare ha confermato che si trattava di Perkinsus olseni; l’esame batteriologico ha rilevato presenza anche di batteri di genere Vibrio spp., poi identificati come Vibrio splendidus. Le analisi hanno confermato che Perkinsus olseni è il patogeno maggiormente implicato nei fenomeni di mortalità nella laguna di Venezia. La ricerca ha rilevato lesioni gravi, visibili anche macroscopicamente, che non erano mai state descritte con un’incidenza così elevata prima del 2011. Inoltre, la valutazione delle gonadi del mollusco ha fatto emergere un ritardo nella fase di riproduzione

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che può essere correlato proprio all’azione del parassita congiunta all’indebolimento del mollusco. Dati ricavati da monitoraggi paralleli alla ricerca (2010-2015) hanno confermato una presenza massiccia del parassita nella laguna di Venezia e la presenza di infezioni gravi rispetto ad altre aree di controllo. Dati ambientali ottenuti da studi precedenti hanno inoltre mostrato che l’area lagunare veneziana è più favorevole allo sviluppo del parassita rispetto ad altre aree, come quella del delta del Po. In particolare, nella laguna di Venezia sono favorevoli al parassita: • la temperatura calda dell’acqua (in estate quasi 28 °C); • il più elevato tasso di salinità (fino al 35‰). OsHV in ostriche concave La ricerca ha indagato anche la mortalità nelle ostriche concave (Crassostrea gigas), una specie che sta ricevendo un crescente interesse commerciale e i cui allevamenti sono in espansione. È stato preso in esame un episodio di mortalità di ostriche concave allevate in lanterne avve-

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nuto a Scardovari, in provincia di Rovigo, nella prima metà del mese di maggio 2011. Anche in questo caso sono stati prelevati per la ricerca di Oyster herpes virus (OsHV) sia campioni dell’area in questione, sia campioni provenienti da banchi naturali e altri siti non soggetti a mortalità. In dettaglio i campioni consegnati erano di 4 categorie: • ostriche allevate in laguna (da circa un anno e in lanterne) che hanno subito mortalità anomala. In questo caso 30.000 campioni di semina appartenevano a riproduttori selvatici; • ostriche provenienti da banco naturale della laguna di Scardovari, cresciute nelle vicinanze delle ostriche allevate che hanno subito mortalità anomala. Il banco naturale non sembrava essere stato coinvolto da fenomeni di moria; • ostriche di banco naturale, presenti in località Basson (sempre sul delta del Po), che non hanno subito mortalità; • ostriche allevate in laguna, seminate nel 2013, selezionate come controllo negativo, in quanto non

hanno fatto segnalare fenomeni di moria. Risultati Dalle analisi dei campioni sono risultati positivi per OsHV e varianti: • quasi metà degli esemplari dell’area interessata dalla mortalità (21 campioni su 45); • quasi la totalità di quelli posti nelle vicinanze (26 campioni su 30); • metà di quelli che non hanno subito mortalità (7 campioni su 15); • nessun esemplare preso in laguna (5 campioni su 5). Questi risultati vanno messi in relazione con altri dati già disponibili: avevano dato esito negativo 30 campioni su 30 (175.000 esemplari) prelevati da ostriche concave allevate a Scardovari, ma con una tecnica diversa, quella su fune. Avevano inoltre dato esito negativo analisi fatte su allevamenti a mare (longline) e su ostriche piatte fatte in altre aree (provincia di Pescara). Dal confronto dei dati è quindi emerso che le ostriche concave allevate in laguna con la tecnica della lanterna sono rimaste più vulnera-

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bili. Il rischio di ammalarsi aumenta con gli sbalzi termici, che da un lato favoriscono la replicazione del virus (specialmente nei cambi di stagione, con temperatura dell’acqua maggiore di 16 °C), dall’altro mettono in condizioni di stress l’animale. Conclusioni Lo studio si è articolato in due parti: una relativa al parassita Perkinsus olseni nelle vongole veraci, l’altra relativa alla presenza di Oyster herpes virus (OsHV) nelle ostriche concave, che in Italia è stato segnalato per la prima volta proprio dal Centro di referenza nazionale per lo studio e la diagnosi delle malattie dei pesci, molluschi e crostacei dell’IZSVe. Da quanto emerso in questi studi possiamo concludere che, sia nel caso della moria di vongole veraci a causa del parassita Perkinsus olseni, sia in quella delle ostriche concave a causa del virus OsHV, l’azione del

patogeno non è sufficiente a spiegare il fenomeno: incidono le condizioni ambientali e, soprattutto, lo stato di benessere dell’animale. Che fare quindi per preservare le produzioni di molluschi? Per quanto riguarda gli allevamenti di vongole veraci si dovrebbe riconsiderare il carico produttivo, ovvero la quantità di semina iniziale, in modo da renderlo compatibile con la disponibilità di risorse nutritive offerte dall’ambiente lagunare a questi animali. Lo stesso vale anche per la pressione di pesca e delle varie tecniche di raccolta. Per quanto riguarda gli allevamenti di ostrica concava in ceste, gli allevamenti posti a mare (long-line) sembrano meno sensibili a OsHV-1 e varianti rispetto a quelli in laguna. Una strategia intelligente potrebbe essere quindi quella di allevare in laguna, area favorevole per una cre-

scita rapida delle ostriche, quando i valori di temperatura ambientale sono stabili; allevare a mare in presenza di cambi di stagione, quando i valori di temperatura sono meno stabili. Infine, una pratica consigliabile potrebbe essere quella di mettere a dimora gli animali a fine estate, scegliendo esemplari non troppo giovani, per arrivare con animali più robusti in primavera, quando iniziano gli sbalzi termici. Fabiano D’Este Giuseppe Arcangeli IZSVe – Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie www.izsvenezie.it Nota Alle pagine 128-129 un allevamento di molluschi nella Sacca degli Scardovari, Laguna del Delta del Po in provincia di Rovigo (photo © Patrizia Mezzogori, patriziaphoto. wordpress.com).


Fish farm water treatment: new multi-approach for application of sodium ferrate by Gianluigi Negroni and Federico Rivalta

Worldwide is well known as the aquaculture sector is very promising: an important food security tool, a great business opportunity and a possibility of work for a number of technician and workers. This is not only the writer opinion but is also for other author as PETER DRUCKER (management guru), that state “Aquaculture, not the Internet, represents the most promising investment opportunity of the 21st Century”, and others. The fast increase of the world

aquaculture activities has greatly developed. Advanced technologies permit the increased densities of the farmed animals but increased the wastewater production adding some element of difficult elimination as residues, disinfectant and other molecules (antibiotics, additive, …). A large array of technologies is available to treat the aquaculture inlet and effluent water, to permit the appropriate, economic and to respect to the legislation framework

of the aquatic farming. In fact the water used for aquaculture become a limited factor for his scarcity, cost and in competition with other human activities, the same for the land available. The above obliges a good use of the available water, appropriate water and wastewater treatment and possibly recycling with RAS (Recirculating Aquaculture System) technologies. Ferrate (VI) is proposed as an interesting solution for a more performing aquatic animal farming.

Fish farm in the province of Krabi, Thailand (photo © rogkoff – Fotolia).

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Figure 1 – Fishery versus aquaculture production

Source: www.iraishrimp.com/overview.html The tests already done with sodium ferrate (Fe VI) showed optimal use of this chemical for the aquaculture for wastewater and organic and inorganic disinfection. Until now very few authors provided information about the use of sodium ferrate in aquaculture. Many studies have been done about the use of ferrate (VI) that can be used as disinfector, oxidizer, coagulant and applied for removal of medicines, ammonium, cynades, sulphides, phosphates, arsenic, estrogens, anilines and phenols in water and wastewater treatment. Several technologies are actually available but the sodium ferrate shows the most promising technological characteristics, thus a new patented machinery model is presented in this paper (Figure 1). From the Figure 1 it is clearly showed the following world trend: half of the fish stock is overexploited, the wild fish production is stable and difficultly will increase, shrimp farming that represent almost the 50% of the world production is concentrated in Asia. Fish farming will continuously increase during the next year, the feed conversion ratio of aquatic animals is more favourable of the other farmed animals. All the above is a clear statement of the future increase of the world aquaculture

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activities, but space and water are limited and intensive aquaculture system is in more need. Context The modern aquaculture systems could be divided in two main type open and closed systems. In the first one the water used is discharged in the environment, after being used in the farm; in the closed system a part (rarely all the water) of the water is recirculated after specific treatment. In the first case the solids and dissolved nutrients is discharged in the environment. The production of aquatic animals usually produce wastes composed of: • nitrogen (N); • phosphorous (P); • carbon (C); • ortho-phosphate (PO4); • solubles waste – carbon dioxide (CO2); • ammonia (TAN); • residues and trace elements (antibiotics, heavy metal, disinfectant, …). There are some treatment system to avoid nuisance and environmental impact from the wastes: • bacterial that degrade ammonia into other organic nurea and nitrate (NO3); • plant that use the wastes to grow and transform into biomass;

• micro and macro algae that use the sun and the waste to transform in biomass. All the above treatment system has his own advantage and disadvantage and ferrate can be used together to optimise the water and wastewater results. The ferrate can be used as an easy, reliable and economic product in aquaculture and fish processing for an efficient and efficacy water use and reuse. The ferrate use is innovative for farm effluent (but could be used also in the inlet water if needed) treatment, water reuse and by products elimination in the agro-industry. The increasing concentration of farmed aquatic animals needs appropriates, clean and green technologies for water and waste water treatment to coagulate, chemical oxidation and disinfection. Ferrate (VI) is a green chemical for the above mentioned porpoises. This paper presents some patented equipment for ferrate (VI) production and utilization in coagulation, chemical oxidation and disinfection of water and wastewater treatment. In good conditions (better acidic 6-8 pH, but still good in others), the oxidation and reduction capacity of ferrate (VI) is superior to all currently utilized oxidizers and disinfectants in water and wastewater treatment (Figure 2). New ferrate patented technologies now permit the coagulation, chemical oxidation and disinfection of water and wastewater simultaneously in a reactor. The above permit the reduction of the size of water and wastewater equipment’s increasing the efficiencies of their effluent treatments. Moreover the ferrate equipment could treat the inlet or recirculating aquaculture farm water solving a number of problems and increasing the farm productivity. Until now few large scale patented equipment are under test in the aquaculture sector, the ferrate (VI) efficacy is already tested and demonstrated for disinfection against main aquaculture virus, spore, bacteria and parasites. Moreover ferrate (VI) is very effective in degradation of heavy metal, PCB, pesticide, antibiotics and other residues. It is well

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known as diseases (bacterial, virus and parasites) provide problems particularly to the aquaculture industry (finfish, crustacean and others) with food security and important economics losses providing. Climatic change could exacerbate the above losses. The new ferrate technologies could be considered as an important mitigation and be adapted as an important strategy that could be considered globally to contrast the farming disease vulnerability and consequent risks. Ferrate (VI) water and wastewater difficulties were solved with the new patented equipment as is already tested in laboratory and new large scale field tests are ongoing showing advantages over other methods. The new equipment permit the ferrate (VI) production; this overcome the ferrate (VI) product instability now adapted to the water environment and an appropriate production yield appropriate to the large water volume to be treated in the aquaculture farms. The ferrate (VI) production yield and stability of the new patented equipment permit from now industrial use in the aquaculture farms. Additionally it is forecasted other studies on live fish and crustacean that could provide additional benefits contrasting the

Figure 2 – Comparison of different products of current disinfection and oxidant capability treatment of water and wastewater

Source: A.Talaiekhoazani et al. most common pathologies to the aquaculture industry. EU legislation concerning ferrates It is not a biocide and can be used in aquaculture according with the author opinion. Green chemistry The green chemistry high light chemical processes by primarily

considering safety, pollution prevention, waste minimization and energy optimization. One of the main goal of green chemistry is to provide a solid solution to the need of the industrial process without harming the environment. Green chemistry considers not only the safety of a chemical procedure, but also the proper selection of solvents, starting materials, and technologies

Table 1 – The ferrate machinery considerations for the green chemistry Principle of green chemistry

Ferrates respects of principles

1. Pollution prevention

Yes

2. Atom economy

Yes

3. Less hazardous chemical synthesis

Yes

4. Designing safer chemicals

Yes

5. Safer solvents and auxiliaries

Yes

6. Design for energy efficiency

Yes (possibility to use alternative energy sources)

7. Use of renewable feedstocks

Yes

8. Reduce derivatives

Yes

9. Catalysis

Yes

10. Design for degradation

Yes

11. Real-time analysis for pollution prevention

Yes

12. Inherently safer chemistry for accident prevention

Yes

Source: author consideration and L..Vaccaro (2016), Green chemistry, Beilstain Journal of Organic Chemistry.

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Operator in a fish farm (photo © auremar – Fotolia). used to generate and control reactive intermediates. In addition green chemistry considers the need for minimizing toxic waste and the respective disposal cost highlights how crucial it is to consider the recovery and reuse of the materials needed for a synthetic process. Lower CO2 consumption is another aspect to be considered in the chemical reaction and in the production of the inputs and equipment for the proposed process. Ferrate (VI) is considered a green chemistry product (Table 1). Throughout the last ten years, several experimental works about the sodium and potassium ferrate laboratory and pilot production process and their application have been published. This family of products showed a very high oxidant capacity, for the state of oxidation of the iron (VI) which sparked a remarkable interest in its applications both for disinfection and for especially complicated water treatments (landfill leachate, arsenic removal, ammonia, surfactant removal, phosphorus removal, etc…). Furthermore, a

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lot of research has been conducted on the by-products of this reaction and especially on the formation of iron hydroxides, and their absolute absence of residual toxicity. This work, reports experimental evidences of an innovative process that allows the use of sodium ferrate in quantities appropriate for industrial use and introduce the main known and consolidated applications, with a specific focus on fisheries process requirements. Ferrates and reach Sodium ferrate is pre-registered with EC list number 917-620-0 in REACH list at EU level. Ferrates chemical nature and general properties Oxidising capacity Fe (VI) is a strong oxidant agent. The redox potential of ferrate is higher than ozone under acidic conditions and is the highest of all the oxidant disinfectants used for water and wastewater treatment. Several halo-

gen and oxygen-based oxidants are widely used, but each one of them has limitations with respect to the production of by products. During oxidation, ferrate also generates a base (OH–) in aqueous solution, removing metal ions present as a result of hydroxide precipitation. Studies in the use of ferrate as an oxidant have shown that it can remove organic pollutants and effectively treat nitrogen and sulfur-containing contaminants in water and wastewater effluents by oxidizing them into harmless products. The extent of organic compounds oxidation strongly depends on the ferrate dose. The ferrate (VI) is maybe the most powerful oxidative component, which can be used in oxidative applications, by showing an oxidation potential of 2.2 volts in acid environment (Table 2). Fe (VI) shows excellent disinfectant properties and can inactivate a wide variety of microorganisms at low Fe (VI) doses. Fe (VI) also possesses efficient coagulation properties and enhanced coagulation. The final product of Fe

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(VI) reduction is Fe (III), a non-toxic compound. Moreover, treatments by Fe (VI) do not give any mutagenic/ carcinogenic by-products, which make ferrates environmentally friendly ions. During oxidation of organic matter and microorganisms in water, ferrate (VI) will be reduced to ferric (III), generating a coagulant that has proven to reduce turbidity of water and decrease the concentration of natural organic matter. One of the benefits of the use of ferrate for water and wastewater treatment is that lower doses of ferrate are needed when compared with other coagulant agents and thus the sludge generation is reduced. Another advantage of ferrate is that it can destabilize colloidal particles within 1 minute. In wastewater treatment, ferrate (VI) can remove 50% more colour and 30% more chemical oxygen demand (COD) in comparison with commonly used coagulants, ferric sulphate and aluminium sulphate at the same or smaller doses. Disinfecting capacity Since the discovery of chlorinated by-products (CBP) and their negative health effects, great efforts have been made to minimize the CBP formation after disinfection with chlorine or other halogens. Ferrate in addition to its oxidant and coagulant powers, acts as disinfect that does not react with organic matter to form carcinogenic trihalomethanes (THM). Since the first observation of the abilities of the ferrate to kill and inactivate bacteria and viruses, many studies have also proven that it can retard the growth of biofilms, and serves as an anti-fouling agent. Ferrate strong oxidizing bacteria can destroy the cell wall, cell membrane and cell structure of the enzyme, inhibition of protein and nucleic acid synthesis, impeding bacteria growth and reproduction of the body, play a role in killing bacteria. Ferrate concentration is 10~40 mg/l, the contact time of 5 min or multiplication of bacteria such as E. coli, Staphylococcus aureus more strong role in the killing, the killing rate was 100%; of fungi also have some role in the killing, the killing rate was 99.50%

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Table 2 – Potential REDOX of the most common oxidizers Oxidant

E0,V (basic)

E0,V (acidic)

Chlorine

1.358

Hypochlorite

1.482

0.841

Chlorine dioxide

0.954

Perchlorate

1.389

Ozone

2.076

1.240

Hydrogen peroxide

1.776

0.880

Dissolved oxygen

1.229

0.400

Permanganate

1.679

0.588

Ferrate (VI)

0.700

2.200

or more (WANG KAIJUAN). TANCHANG SEN et al. describe the disinfection efficiency of potassium to iron in water samples medium to a concentration of 5.6~6.0 mg/l at values 99.95% to 99.99%. Researchers have shown that for a low dose of ferrate (10 mg/l as Fe), approximately two logs of inactivation of total bacteria were observed. Iron compounds in the oxidation state (VI) have the advantage of being powerful antioxidants and bactericides, which explains their particular interest in water treatment. In many technical paper are reported the biocidal capacities against Escherichia coli, Salmonella, Staphylococcus aureus, Bacillus sp., Pseudomonas sp., Enterococcus feacalis by ferrates. Specific application in aquaculture It is well know that fish diseases and water quality of farmed fish is an important factor in yield, pathology prevention and quality. In aquaculture production process, it has wide applied the use of chemical disinfectants for disinfection of water in order to achieve the purpose of prevention and control of aquatic animal diseases. However, chemical disinfection to the water splashing agent will break the water microbial community structure, influence the balance between organisms, directly or indirectly, adversely affect aquatic animals; some chemical disinfectants in the disinfection process of decomposition products have

mutagenic, carcinogenic effects, can aquatic animal and human health, cause serious harm. The introduction of new efficiency and low toxicity residue to control disease or improve pharmaceutical farming water ecological environment is everywhere in development. Especially, it is available a documentation related to a project carried out in UK and Scottish aquaculture sector regarding the impact of control methods on the main diffuses fish diseases. The purpose of this project was: • to identify the key diseases that affect freshwater aquaculture operations in Scotland, particularly the trout sector, and determine their relative impact; • to identify the main methods used to control these diseases; • to identify the potential consequences if any of the main control methods were to be withdrawn; • and finally, to identify any new potential treatments that could be used instead, if any of the main treatments were to be withdrawn. Producers, vets and health professionals surveyed confirmed that production was constrained by a limited group of common diseases that affected rainbow trout producers in England and Scotland. These included rainbow trout fry syndrome (RTFS) caused by the bacterium Flavobacterium psychrophilum, white spot disease caused by the endoparasite Ichthyophonus multifiliis, enteric red mouth disease (ERM)

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Aquaculture plant. The new already tested sodium ferrate machinery can provide a very useful tool in different section of the aquaculture and fish processing with an high degree of disinfection for water, surfaces and against pathological agent as bacteria, parasites and viruses (photo © www.intrafish.com). caused by the bacterium Yersinia ruckeri, proliferative kidney disease caused by the myxozoan parasite Tetracapsuoidesa bryosalmonae, red mark syndrome (RMS) and bacterial gill disease (BGD). Possible alternatives to the use of dangerous formalin products purchased for biocidal applications were reviewed in the event of their withdrawal from sale. Review of the literature suggested that ferrates may all have some promise as alternative treatments. Potassium and sodium ferrate (Me2FeO4) has been identified as a potentially effective white spot treatment in a recent review (PICÓNCAMACHO et al., 2012). It is a strong oxidising agent which has non-toxic break down products (Fe III and oxygen). Recent work has shown that 4.8 mg/l potassium ferrate (VI) for 2 hours was very effective in vitro in killing theronts and, when applied continuously over 3 days in vivo, caused an 80% measured reduction in the numbers of trophonts on the test fish. A dose of 19.2 mg/l for 3

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days resulted in complete clearance of infection in treated gold fish and crustacean. It has been identified as a chemical for use in waste water treatment applications, due to its reported high stability, strong oxidising power and limited environmental impact. However, to this author’s knowledge, no potassium ferrate product is marketed for use as a biocide in the EU now and it is not listed as EU Regulation No 37/2010. This depends on the fact that ferrates are not biocides but they have a strong biocidal efficiency without generation of toxic by-products. That will avoid to the user to carry out a complex analysis plan of residual biocide determination into the marketed product. The pollutants generated by aquaculture are mainly nitrogen, phosphorus, and causing serious environmental problems. Therefore, treating these pollutants is very much essential for successful aquaculture. Therefore, it is important in aquaculture using water reuse systems due to

the toxicity of ammonia and nitrite and the chance of hypertrophication of the environment by nitrate. Moreover, the superior performance of ferrate (VI) as an oxidant/disinfectant and coagulant in water and wastewater treatment has been reported. Therefore, ferrate based treatment for aquaculture wastewater treatment will be a milestone in terms of economics, technical feasibility and social acceptability. The ferrate treatment system has certain advantages such as precipitation of phosphorus, removes heavy metals, kills spores, bacteria, viruses and protozoa, produces no aquatic toxicity, deactivates residual drugs & pesticides, reduces organic load in the water body which reduces biochemical oxygen demand, and removes colours & odours. The final product of Fe(OH)3 or Fe(OH)6 is nontoxic and environmentally acceptable and can be easily filtered or settled without creating any toxicity to the surroundings. Moreover, there are certain chal-

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lenges associated with the use of ferrate treatment strategy (Figure 3). The challenges associated with the use of the proposed technology includes, Fe (VI) solutions are generally unstable; it decomposed by reduction to Fe (III) rapidly at room temperature. The instability may be retarded at low temperature. Therefore, without refrigeration the Fe (VI) solutions cannot be practically stored for long time. This problem can be minimized to generate ferrate in situ and apply the generated ferrate (VI) directly for wastewater and other treatment. Phosphorus removal Current phosphorus removal practice employs biological, chemical, or combined biological and chemical processes. Biological phosphorus removal relies on the function of a specific group of polyphosphateaccumulating microorganisms that are capable of taking up excessive phosphorus as intracellular storage, and the phosphorus is removed from the liquid by sludge wasting. Chemical phosphorus removal is achieved by the addition of salts of multivalent metal ions (e.g. FeCl3, Fe2(SO4)3, Al2(SO4)3, or Ca(OH)2) to form precipitates of sparingly soluble metal phosphate complexes. Both of these processes target at eliminating only soluble orthophosphates or those forms in the influent that can convert into ortho-P during the treatment process, by transforming it into solids phase followed by subsequent solid and liquid separations. Since most permit limits are based on total phosphorus (TP), the effluent P level is affected by both the effectiveness of chemical and/or biological P treatment processes as well as the final solid and liquid separation efficiencies. Many technical studies are reporting that Ferrates (VI) was applied to treat secondary wastewater and its performance as both a disinfectant and a coagulant was investigated. In order to compare oxidation potential of the ferrate (VI) with that of chlorine, the different condition of doses and contact times were applied to the experiment for the same

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Figure 3 – Schematic representation of the Electrochemical cell for the Synthesis of ferrate (VI) Current Generator

C

C Platinum Electrode Cathode

Iron Electrode Anode

Sodium Hydroxide Solution

Source: A.Talaiekhoazani, Marzieh Bagheri (2016), An overview on production and application of ferrate (VI). coliform. The disinfection rate of ferrate(IV) was faster than that of chlorine at the same concentration. The effect of ferrate (VI) supplementation on coagulation of phosphorus was examined and compared with other common coagulants. Ferrate (VI) reduced more than 80% of total phosphorous in the range of doses between 5 and 25 mg Fe/l. The removal efficiencies of the ferrate (VI) appeared to be similar to those of alum but higher than other iron coagulants. Example of continuous ferrate generators is available for sewage treatment, from pilot to full-scale trials at Hailsham North Wastewater Treatment Plant of Southern Water Ltd of UK. The work presented in the paper has significant impact on the use of ferrate (VI) in water and wastewater treatment practice; the online production and application of ferrate (VI) resolves problems of the instability and needs no transportation. For achieving the same phosphorus removal target from the crude sewage, the ferrate dose required was in a very lower range, 0.01-0.2 mg Fe6+/l in comparison with high doses of ferric sulphate; these will reduce the chemical demand and sludge production and therefore result in a low operating cost and

generate substantial cost saving in treating sewage. As final consideration, it is useful to remark that in Switzerland, ferrates represent a novel technology for enhanced municipal waste water treatment based on the dual functions of Fe (VI) to oxidize micro pollutants and remove phosphate by formation of ferric phosphates. Second-order rate constants (k) for the reactions of selected pharmaceuticals, endocrine disruptors, and organic model compounds with Fe (VI) were in the range of 1 (trimethylamine) to 9000 M–1 s–1 (aniline) in the pH-range 7-8. The selected compounds contained electron-rich moieties (ERM) such as phenols, anilines, amines, and olefins. Oxidation experiments in wastewater spiked with micro pollutants at concentrations in the low µM range at pH 7 and 8 showed that Fe (VI) doses higher than 5 mg Fe l–1 are capable of eliminating various ERM-containing micro pollutants by more than 85%. In comparison to ozone, Fe (VI) was as effective or slightly less effective in terms of micro pollutants oxidation, with Fe(VI) having the benefit of phosphate removal. To lower phosphate from 3.5 to 0.8 mg PO4-P l−1 (regulatory limit for wastewater discharge in Switzerland), a Fe(VI) dose

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of 7.5 mg Fe l−1 was needed. Overall, this study demonstrates Fe (VI) as a promising tool for an enhanced wastewater treatment to remove micro pollutants as well as to control phosphate in a single treatment step. Obviously, for aquaculture sector, that represent ad added value and can represent a winning factor in the product marketing. Basic principles in insite generator production method The two most common processes for ferrate production are: • wet method through a reaction between iron salts and hypochlorite: this method has some undesirable effects: – the use of hypochlorite does not produce a “chlorine free” product; – the reaction is not quantitative, so the resulting flow is a mixture of reagents and reaction products; • electrochemical method in electro-cells, either not separated or separated from membranes: the most difficult aspect of this method in the ferrate production is the passivation of the anode, caused by the formation of a ferric oxide film on the iron anode. The new Intecna’s process described in this document protected by Patent 2013 A 001804, allows the production of sodium ferrate, using an electrolytic cell which has one sector (anolyte) containing an anode, and a second sector (catholyte) containing a cathode. Sectors are separated from a conductive membrane. For the application in aquaculture, Intecna proposes a plant for the sodium ferrate production to be installed on site. Sodium ferrate will be generated in the plant by electrochemical oxidation of iron specific electrodes in a proprietary electro-cell design according to the Patent mentioned in this technical paper. Depending on the required daily production, new patented design ferrate machinery to proceed in form of batches by applying a small safety over dimensioning to face possible maintenance or shut down stops.

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The developed process allowed optimizing the cell manufacturing aspects and operating processes which results in the designing of a generator for a very pure ferrate production in an industrial setting. The use of the ferrate contextually to its production also allows the user to keep production costs very low thanks to the small size of the generator. In addition to these advantages, this process makes it possible to remove the inconveniences of storage of a fast reactive product. Conclusions and innovative aspects The new already tested sodium ferrate machinery can provide a very useful tool in different section of the aquaculture and fish processing with an high degree of disinfection for water, surfaces and against pathological agent as bacteria, parasites and viruses. New and additional tests will be needed to assess the practical uses for different aquaculture utilisation for hatchery and grow out activities, directly on the farmed organism and/ or the pathological agents. Several studies already showed the high oxidative power of sodium ferrate. The developed process allowed optimizing the cell manufacturing aspects and operating processes which results in the designing of a generator for ferrate production in an industrial setting. The use of the ferrate contextually to its production also allows the user to keep production costs very low thanks to the small size of the generator. In addition to these advantages, this process makes it possible to remove the inconveniences of storage of a fast reactive product. In conclusion, the generation of sodium ferrate involves only the use of especially designed iron electrodes, the manufacturing and the use of a special membrane and the generator feeding with high purity sodium hydroxide. Thanks to this technology, an excellent compromise between costs and performances and complete no toxic effect on fish is achieved. Gianluigi Negroni Federico Rivalta


TECNOLOGIE

Con la linea Flowfresh di Flowcrete il batterio della Listeria non è più un problema di Stefano Perris

Grazie anche al successo enorme di Expo 2015, che ha dato e sta dando enorme rilievo al tema dell’alimentazione e alle aziende italiane, si sta conferendo sempre più importanza alla salubrità delle pavimentazioni dei locali in cui vengono prodotti e trasformati gli alimenti. FLOWCRETE si è sempre dedicata a questa problematica, producendo e commercializzando in tutto il mondo formulati idonei e certificati, particolarmente adatti ai locali della filiera dell’industria agroalimentare per migliorare l’igienicità, l’asetticità

degli ambienti e quindi per migliorare la vita lavorativa dell’individuo che vive quotidianamente in questi ambienti. Ed è proprio il sistema in poliuretano cemento, dove l’impiego degli ioni d’argento all’interno del formulato (non adottabile per sistemi epossidici e metacrilici, in cui l’effetto antimicrobico risulterebbe molto più blando) contribuisce maggiormente al miglioramento dell’ambiente stesso, che offre un’efficacia ed ecologica alternativa all’impiego degli additivi antibatterici di origine chimica, riducendo la formazione di

batteri sulla pavimentazione del 99% (tipo Escherichia coli, Staphylococcus aures, Listeria monocytogenes, ecc…)1. Per queste motivazioni, in tutti gli ambienti in cui è necessario la sterilizzazione dei locali, sono consigliabili rivestimenti in poliuretano cemento, che risultano una soluzione ottimale in quanto resistenti a temperature superiori (fino a 120 °C) rispetto a quelle di rivestimenti realizzati con altri tipi di resine in commercio. Interessanti anche le schede tecnico informative dell’INAIL sul rischio biologico sui

Lo studio e la progettazione di una pescheria e, più in generale, dei locali destinati alla produzione del comparto alimentare richiede di ridurre al minimo i rischi di contaminazione biologica. La scelta di un rivestimento resinoso appropriato mantiene alto il livello di igiene di chi lavora e della qualità del prodotto. In foto, le pavimentazioni realizzate con la linea in poliuretano cemento Flowfresh in uno stabilimento di lavorazione del pesce. 142

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Pavimentazione Flowfresh dei locali di produzione dell’americana“Boston – Sword & Tuna”. Questo tipo di pavimentazione garantisce una superficie antimicrobica, confortevole ed ecologica, facilmente sanificabile, con riduzione del 99% della crescita batterica o delle muffe. luoghi di lavoro2, dove viene analizzato, assieme ad altri contaminanti, anche Listeria monocytogenes. Flowfresh rappresenta una nuova generazione di pavimentazioni antibatteriche naturali che, in partnership con Polygiene, da marzo 2015 ha ottenuto la certificazione a livello mondiale ISO 22196. Esso è il primo prodotto di questo genere, a livello mondiale, ad ottenere tale certificazione3. Inoltre, da giugno 2015 fino a giugno 2017 ha ottenuto anche la certificazione HACCP (certificazione, quest’ultima, oggetto di revisione ogni due anni)4. Polygiene è una società svedese di Malmö specializzata nella produzione di una tecnologia ecosostenibile naturale basata sugli ioni d’argento, un antibatterico che interrompe la trasmissione di malattie, eliminando i microbi a contatto su materiali di natura diversa tra cui il poliuretano cemento. Polygiene, in partnership con Flowcrete, ha studiato e formulato in esclusiva un antibatterico idoneo per la linea in poliuretano cemento di flowcrete e denominata Flowfresh. Polygiene è una formulazione anti144

batterica che all’interno del formulato, una volta applicato e indurito si disperde su tutta la massa dei prodotti della linea Flowfresh HF/ RT/MF e che rende quindi duratura nel tempo l’efficacia del sistema. L’antibatterico riduce la formazione di batteri sulla pavimentazione del 99%5. I vantaggi delle soluzioni Flowcrete antimicrobiche in poliuretano-cemento includono: • distruzione del 99,9% dei batteri superficiali; • eccellente resistenza chimica e meccanica; • possibilità di finitura antiscivolo per ambienti umidi; • ottima resistenza (prodotto HF) alle variazioni termiche (range di utilizzo: da –40 °C a +120 °C), con possibilità di lavare il pavimento con acqua bollente; • basso contenuto di COV; • finiture esenti da solventi ed anti-macchia; • traspirabilità del sistema. Stefano Perris >> Link: www.flowcrete.co.it

Bibliografia 1. “Sotto la lente: Listeria monocytogenes”, in IL LATTE n. 6/2015, Tecniche Nuove. In questo approfondimento si sottolinea come uno dei trattamenti di decontaminazione più efficaci sia il lavaggio dei locali con acqua bollente, poiché il contaminante non è resistente alle alte temperature. 2. Il rischio biologico nei luoghi di lavoro (INAIL). 3. Determination of the Antibacterial Activity of Polyurethane Screed Formulations against Escherichia coli, Staphylococcus aureus and Listeria monocytogenes using ISO 22196. 4. HACCP news: certification of food safe equipment, materials and services, Flowcrete Cert & State 2015. 5. Antimicrobial Flooring Facts for the Food and Beverage Industry. Nell’articolo si mettono in evidenza le caratteristiche del prodotto e si prova l’efficacia antimicrobica di una tale pavimentazione, anche dopo 60 cicli di lavaggio. IL PESCE, 3/17


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Da Sealed Air la conferma della validità economica dell’approccio ambientale

Vantaggi competitivi grazie alla sostenibilità Per i produttori europei di alimenti la “sostenibilità” è ormai una questione imprescindibile, che pone le basi per alcune sfide commerciali fondamentali: mantenere elevate performance attraverso processi e materiali sostenibili, ridurre al minimo gli sprechi nella filiera distributiva, gestire le emissioni di anidride carbonica rimanendo economicamente competitivi. Un imballaggio innovativo può offrire soluzioni vincenti per affrontare queste sfide e, nel contempo, aumentare la produttività e prolungare

la durata di conservazione degli alimenti. E i vari interventi tenuti in occasione dell’evento sulla questione della sostenibilità organizzato dalla società Sealed Air lo scorso 22 marzo, presso la propria sede italiana di Passirana di Rho (MI), lo confermano. Partendo dalla constatazione che un approccio responsabile sotto il profilo ambientale è indispensabile in ogni fase della catena produttiva, dall’uso delle materie prime fino al riciclaggio, i vari relatori hanno infatti dato vita ad una discussione

altamente interattiva suscitando l’interesse dei partecipanti. Uno dei temi chiave dell’evento è stato l’importante funzione del packaging agli effetti della riduzione degli sprechi alimentari. Basandosi sul fatto che, dati alla mano, circa un terzo degli alimenti viene gettato senza essere consumato, più esperti del mondo dell’industria alimentare, della distribuzione e del packaging hanno sottolineato il valore irrinunciabile del confezionamento high-tech per quanto riguarda la protezione dei

Nell’ampia gamma Darfresh, troviamo Cryovac® Darfresh® on Tray, una tecnologia che rende il processo di imballaggio il 35% più rapido, utilizza fino al 40% di film in meno e riduce il volume della confezione del 50% rispetto ad altri sistemi di imballaggio.

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Un imballaggio innovativo può offrire soluzioni vincenti per affrontare le sfide in termini di sostenibilità ambientale e riduzione degli sprechi e, nel contempo, aumentare la produttività e prolungare la durata di conservazione degli alimenti

cibi dalla contaminazione e dalla perdita di qualità. Una serie di studi analitici e presentazioni hanno dimostrato che il packaging spesso consente di risparmiare più risorse di quelle che consuma in termini di materie prime ed energia. L’innovazione è quindi indubbiamente la chiave della sostenibilità. Il ruolo strategico dell’imballaggio Tenendo presente tutto questo, Sealed Air ha sviluppato diverse soluzioni innovative di packaging sostenibile, come i nuovi sacchi termoretraibili sottovuoto Cryovac® OptiDure™, che garantiscono un minor impatto ambientale rispetto ai sacchi tradizionali; i nuovi film mono-materiale per tray lidding e flowpack Sealappeal® PSF e OSF, rispettivamente per il confezionamento di prodotti freschi e piatti pronti. I materiali Sealappeal, più sottili rispetto ai tradizionali

(da 40 a 17 micron), garantiscono un’elevata trasparenza, un’ottima pelabilità e una totale riciclabilità. Il confezionamento sottovuoto skin Cryovac® Darfresh® assicura la massima estensione della shelf-life del prodotto. La tecnologia Darfresh Nell’ampia gamma Darfresh, troviamo Cryovac® Darfresh® on Tray, una tecnologia che rende il processo di imballaggio il 35% più rapido, utilizza fino al 40% di film in meno e riduce il volume della confezione del 50% rispetto ad altri sistemi di imballaggio. La coerenza nella forma e nell’aspetto delle confezioni Darfresh® viene costantemente ottenuta mediante processi produttivi ad alta velocità, garantendo una sempre più elevata efficienza operativa. Pur mantenendo o migliorando le performance, queste soluzioni di confezionamento aiutano a ridurre notevolmente l’impatto ambientale.

Sealed Air Corporation crea un mondo migliore sotto ogni possibile aspetto. Nel 2016, la società ha generato un fatturato pari a circa $6,8 miliardi, aiutando i clienti a raggiungere i loro obiettivi di sostenibilità a dispetto delle maggiori sfide ambientali e sociali attuali. Il nostro portfolio comprende marchi noti, tra cui Cryovac® (soluzioni di confezionamento alimentare), Bubble Wrap® (imballaggio di protezione a bolle) e Diversey® (soluzioni di sanificazione, igiene e pulizia). Le nostre soluzioni permettono una catena di fornitura più sicura e meno dispendiosa, proteggono le merci spedite in tutto il mondo e migliorano la salute attraverso ambienti puliti. Sealed Air ha circa 23.000 dipendenti che si occupano dei clienti in 171 Paesi. >> Link: www.sealedair.com

IL PESCE, 3/17

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IL PESCE È CULTURA

Antichissimo elisir di virilità che oggi impazza a New York

Che forza il “leche de tigre” di Nunzia Manicardi

A quanto pare sta avendo un grandissimo successo presso i newyorchesi, evidentemente desiderosi di potenziare in questo modo la loro virilità. Parliamo del leche de tigre, la bevanda sudamericana considerata afrodisiaca e per questo definita letteralmente “latte di tigre”, anche in virtù del suo colore bianco. Viene tradotto in inglese come Tiger’s milk. La ricetta, per una bevanda, potrebbe apparire un po’ bislacca: pesce crudo lasciato marinare con succo di lime, sedano tritato, peperoncino e sale. Sembrerebbe, almeno a noi europei, non proprio attraente, soprattutto pensandola

dentro un bicchiere servito al bar! In realtà, quella del leche de tigre è una ricetta antichissima che appartiene alla tradizione del ceviche (o cheviche, cebiche, seviche o sebiche), la preparazione tipicamente sudamericana a base appunto di pesce o/e frutti di mare crudi e marinati nel limone, unita ad alcune spezie come il peperoncino e il coriandolo. Possono essere presenti, non di rado, anche zenzero, aglio, cipolla rossa, pepe. Il ceviche è caratteristico, in particolare, della gastronomia di alcuni paesi dell’America Latina che si affacciano sull’Oceano Pacifico: Colombia, Cile, Perù, Ecuador,

Panama, Messico, El Salvador, Nicaragua, Costa Rica e Guatemala. E proprio dal Perù proviene la bevanda che a New York avrebbe tanto successo sul finire della giornata. In Perù è un piatto tradizionale diffusissimo su tutto il territorio nazionale e altamente apprezzato, tanto che viene considerato formalmente come patrimonio culturale della nazione peruviana. La sua origine risale all’epoca pre-colombiana e viene servito in un apposito ristorante conosciuto come cevichería. In questo caso, però, cioè come ceviche, si tratta di una portata di pesce servita nel piatto, mentre invece il

Viene dal Perù il “latte di tigre”, la bianca bevanda considerata afrodisiaca a base di pesce crudo marinato in lime, sedano, sale e peperoncino (photo © hansgeel – Fotolia).

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Il ceviche è uno dei piatti tradizionali del Perù, tanto che ogni famiglia ha la sua ricetta. Obbligatorio l’utilizzo di pesce freschissimo. Il lime, inoltre, va spremuto solo nella parte centrale, la più dolce (photo © www.chowhound.com). leche de tigre è, come già detto, la sua versione in formato bevanda. Il ceviche peruviano tradizionalmente si serve in un piatto piano, in funzione sia di antipasto che di pranzo. È entrato pure nell’alta cucina, dove è presentato talvolta in larghe coppe, ma recentemente si è ulteriormente diffuso come street e fast food, venduto a tutte le ore anche come snack. Spuntino notturno e potente afrodisiaco Il latte di tigre, che viene utilizzato come un prodotto a sé che può essere bevanda, condimento o salsa, in origine non era che il residuo che rimane sul piatto dopo aver mangiato il ceviche. Il nostrano “sughetto”, in pratica. Ne esistono parecchie versioni, che differiscono inoltre tra il nord e il sud del Perù. La libertà nella scelta degli ingredienti è molto ampia, basata su quello che offre il territorio anche come pescato, ma il risultato non cambia: si ottiene sempre una bevanda tonica, potente, nutriente, rinfrescante, particolarmente indicata durante i mesi caldi e servita abitualmente come antipasto o spuntino. Mantiene un leggero sapore piccante e acido. La cultura gastronomica locale la raccomanda come spuntino per i nottambuli e come afrodisiaco e con

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questa confortante qualifica è stato importato negli Stati Uniti dove è diventato ben presto una delle mode del momento. Gli ingredienti fondamentali, come per un qualsiasi ceviche del Perù, sono: pesce, succo di limetta (un particolare tipo di limone, piccolo, verde e molto acido, della specie Citrus aurantiifolia, anche chiamata in altri paesi lima agraria; originario della Malesia e dell’India, fu importato dai Portoghesi in America nel XVI secolo e poi utilizzato dagli Inglesi per impedire lo scorbuto a bordo delle navi), peperoncino e sale. Volendo si possono aggiungere cipolla rossa, coriandolo e sedano. Per preparare il leche de tigre si mescola il pesce con questi ingredienti, lasciandolo marinare fino al gusto desiderato. In alcuni luoghi, a Lima e nella regione del Norte, è abitudine prepararlo e servirlo sul momento in modo che il pesce non si amalgami con il limone per tenere riconoscibili i due sapori. Esiste anche una varietà chiamata leche de pantera (“latte di pantera”) a causa del colore scuro che si produce dal ceviche di Anadara tuberculosa (conchiglia nera). Invece il “latte di suora” (esiste anche questo!) è ricavato dal ceviche di frutti di mare.

Questi particolari ceviche si possono trovare presso la costa, nel dipartimento di Piura, e nel dipartimento di Tumbes, fino alla costa del Pacifico centro-americano. In queste ultime ricette il pesce è sempre marinato nel modo classico, con limone di Chulucanas, e condito con cipolla rossa, aglio, peperoncino e con il rocoto, un particolare peperoncino peruviano ricavato dal Capsicum pubescens. Si servono puri oppure si accompagnano con il chifles, una banana fritta tagliata a fette sottili, dolico egiziano (un’erba originaria dell’Africa dove tuttavia è poco conosciuta ma dalle interessanti proprietà nutrizionali tutte da sviluppare) o mais tostato. Il ceviche, e i succhi che ne derivano, si preparano soprattutto con filetto di pesce, per lo più lenguado, pejerrey (pesce re), sgombro, sardina, cernia, trota. Spesso usati anche crostacei e frutti di mare. È bene tuttavia ricordare che non tutti i ceviche sono a base di pesce in quanto si adoperano anche carni rosse e vegetali. Il ceviche più grande del mondo Il ceviche in Perù nel 2004 è stato dichiarato Patrimonio Culturale della Nazione in base ad un supremo decreto dell’Istituto Nazionale della Cultura, pubblicato nella Gazzetta ufficiale EL PERUANO. In seguito, con risoluzione del Ministero del Repubblica del Perù pubblicata ufficialmente nel 2008, il giorno 28 giugno è stato dichiarato “Giorno del Ceviche”, valevole per tutta la nazione. È evidente, dunque, l’importanza e il significato che il Perù attribuisce a questo piatto e, di riflesso, alla bevanda ad esso collegata. Un sondaggio effettuato presso l’opinione pubblica peruviana ha confermato infatti che il ceviche è considerato il piatto più rappresentativo della gastronomia nazionale. Nel dicembre del 2008, nel porto di Callao, è stato preparato il ceviche più grande del mondo utilizzando 7 tonnellate di pesce, 3 tonnellate di limone, 2 tonnellate di cipolla, 200 kg di sale e altri 200 kg fra lime e peperoncino. Nunzia Manicardi

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