Il Pesce 4-2016

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IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO

PERIODICO DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67

N. 4/2016



pr�t ˆ manger Ostriche, cozze, cannelli, vongole...





Anno XXXIII N. 4 • Agosto 2016

IL PESCE «Da’ un pesce a un uomo ed egli avrà un pasto; insegnagli ad allevarlo e avrà il nutrimento per tutta la vita»

Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

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Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi Fotografia Luigi Credi

Tariffe abbonamenti Annuale (6 numeri): Italia € 40,00 Estero € 50,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910

Comitato di redazione Franco Ferrari – Manrico Murzi – Clara Scaglioni Consulenti scientifici Dr. Gaetano Arcarese – Prof. Giorgio Giorgetti – Prof. Ettore Grimaldi – Dr. Lucia Liddo – Prof. Febo Lumare – Prof. Graziella Mura – Dr. Francesco Paesanti – Dr. G.B. Palmegiano – Prof. Bianca Maria Poli – Dr. Gino Ravagnan – Prof. Remigio Rossi – Dr. Marco Saroglia – Dr. Aldo Tasselli Collaboratori scientifici Prof. Corrado Barberis – Dr. Alessandro De Maddalena – Dr. Maurizio Dell’Agnello – Prof. Fabrizio Ferrari – Dr. Claudio Ghittino – Dr. Gianluigi Negroni – Dr. Paola Pierelli – Prof. Guido Razzoli – Prof. Aldo Schiavo – Prof. Cosimo Sebastio – Dr. Antonio Trincanato Collaboratori scientifici esteri Prof. R. Billard (Francia) – Dr. S. Sarig (Israele) Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CS5.5. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CS5.1.

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IL PESCE

Anno XXXIII N. 4 • Agosto 2016

In questo numero: Agenda

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Immagini

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Attualità

I risultati di EcoSea

Il pesce in rete

Social fish

14 Elena Benedetti

Amazon spinge con l’alimentare Acquacoltura

Le fondazioni di origine bancaria finanziano la Rivoluzione Blu

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Marco Saroglia Genciana Terova

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Nuovi metodi per valutare la risposta dei pesci allo stress

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Pesci stressati? La risposta è VITAMAX

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Moderne tradizioni italiane

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Pesce sostenibile MSC

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Pesca

La pesca del tonno in Sardegna: dall’epoca nuragica alla tonnara Saline Salvatore Rubino

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Mercati

Il consumo di prodotti ittici surgelati nel 2015

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Aziende

Roberto Villa

2030: proiezioni sulla domanda di prodotti ittici nel mondo

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Indagini

Affiliazione, parola d’ordine per uscire dalla crisi

Sebastiano Corona 48

Specie ittiche

Sorprese del mare

Luca del Grammastro 52

Pesce d’acqua dolce

Brujet: trionfo di anguille e rane, con polenta e vino

Riccardo Lagorio

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Il pesce in tavola

Cozze: forza e bellezza in un solo guscio

Giorgia Fieni

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Sapore di mare

Il lusso della semplicità

Riccardo Lagorio

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ConFusion, il progetto di Italo Bassi dopo Verona sbarca a Porto Cervo

Tania Mauri

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Pascucci al Porticciolo, il sapore delle dune (e del mare)

Luciana Squadrilli

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Tendenze

L’evoluzione del panino

Silvia Saracino

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La cucina del futuro

Giovanni Ballarini

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Turismo enogastronomico

Lago d’Iseo: enogastronomia, arte, natura, dopo Christo

Riccardo Lagorio

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Sapori dal mondo

Pesce salato e affumicato iraniano, una specialità che rischia l’estinzione

Riccardo Lagorio

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La pagina scientifica

Microplastiche e nanoplastiche negli alimenti: un tema emergente

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Sicurezza alimentare

Linee guida in materia di igiene dei prodotti della pesca (Parte I)

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Libri

Il pesce giusto: 50 gustose ricette che rispettano il mare

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In copertina: zuppa di cozze, estiva come nessuna (photo © Fotolia).

All articles are available in English in abstract format at our website www.ilpesce-online.com 8

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AGENDA Sandrigo (VI) La Festa del Bacalà si svolgerà quest’anno dal 16 al 26 settembre nelle piazze di Sandrigo (VI). Ricco il programma di intrattenimento e di stand gastronomici nei quali gustare gnocchi di zucca e bigoli al torcio con il bacalà, gnocchi di Posina e risotto al bacalà, avannotti fritti, bacalà mantecato e, naturalmente, il tradizionale piatto di bacalà e polenta. Sono disponibili anche piatti gluten free. www.baccalaallavicentina.it

Sandrigo (VI) Domenica 18 settembre torna a Villa Sesso Schiavo, a Sandrigo (VI), Bacco & Baccalà, il banco d’assaggio organizzato da AIS Veneto e Pro Sandrigo nell’ambito della 29a Festa del Bacalà alla vicentina. Quaranta le aziende presenti, di cui alcune estere, con 150 etichette in mescita. In programma anche una degustazione guidata di tre abbinamenti insoliti, prenotabile all’ingresso. Bacco & Baccalà sarà aperto dalle ore 14.30 alle 20.00 e, oltre alle sale della villa cinquecentesca, i visitatori potranno contare sugli spazi del grande parco circostante. Ad ogni ora si potrà degustare un piatto a base di baccalà: dalle 15.00 alle 16.00 crostini con baccalà mantecato, dalle 16.00 alle 17.00 baccalà alla livornese, dalle 17.00 alle 18.00 pizza al baccalà, dalle 18.00 alle 19.00 baccalà alla mediterranea e, infine, dalle 19.00 alle 20.00 il bacalà alla vicentina. Inoltre, per tutto il pomeriggio si potranno assaggiare la tartare di carne proposta dall’azienda Campogallo di Pozzoleone, il formaggio Piave Lattebusche e la piccola pasticceria di Loison. Nel pomeriggio la Venerabile Confraternita del Bacalà e il Gruppo Ristoratori del Bacalà proporranno una dimostrazione su come si prepara il bacalà alla vicentina secondo la ricetta codificata dalla Confraternita, mostrando le varie fasi di lavorazione, dalla battitura alla cottura. Il ticket di ingresso, al costo di € 20,00 euro, comprende il calice, degustazioni illimitate dei vini e cinque assaggi gastronomici (ridotto per accompagnatori con solo degustazioni cibo € 10,00).

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Torino Dal 22 al 26 settembre saremo tutti a Terra Madre Salone del Gusto a Torino! Nuovo il format e nuova la location che non è più il Lingotto bensì il cuore della città. Moltissime quindi le novità di questa edizione, in cui si celebrano i 20 anni dalla nascita del Salone internazionale del Gusto e i 30 anni di attività di Slow Food in Italia. Il tema di Terra Madre Salone del Gusto 2016, Voler bene alla terra, racchiude in sé il cuore delle attività di Slow Food nel mondo. «Voler bene alla terra significa prendersene cura, occuparsene con gentilezza e amore: coltivare e custodire l’ambiente deve essere il segno distintivo di questo momento», commenta Carlo Petrini, presidente di Slow Food. «Serve una mobilitazione delle anime di tutti noi, un movimento globale che prenda in mano le disuguaglianze economiche ed ecologiche e si impegni per risolverle». Tutti possiamo dimostrare il nostro amore per la terra quando facciamo la spesa, quando ci trasformiamo da consumatori a co-produttori, quando non ci limitiamo a comprare ciò che mangiamo, ma cerchiamo di guardare a come quel cibo è stato prodotto, alla sua storia e alla sua origine, alle mani, ai volti e al lavoro che gli hanno dato vita. «Noi, con le nostre scelte, determiniamo il successo di un sistema di produzione, di agricoltura, di allevamento — continua Petrini — e soprattutto determiniamo il futuro del pianeta». Contadini, pescatori, artigiani, allevatori e cuochi di Terra Madre mostrano come il primo atto di amore per la terra sia seminarla con semi buoni, innaffiarla quando lo richiede, garantirne la fertilità, raccoglierne i frutti coltivati con rispetto, senza esigere più di quanto possa dare. «Se penso al mondo contadino, vedo i custodi dei saperi e delle conoscenze agricole sostenibili, vedo giovani che decidono di non abbandonare i loro luoghi per continuare a custodirli e coltivarli, vedo donne che non solo cucinano il cibo, ma si prendono cura delle materie prime e ne conservano la memoria. Sono loro i veri protagonisti dell’evento che potete incontrare a Torino». www.salonedelgusto.com

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Tutte le più recenti ricerche confermano che circa un quarto del fatturato dell’industria alimentare è rappresentato da prodotti che presentano un alto contenuto di innovazione: la gamma del cosiddetto “tradizionale evoluto”, tra cui troviamo le molteplici referenze di prodotti surgelati. Ciò significa che, nell’arco di un quarto di secolo, l’aumento percentuale di questi prodotti è ammontato a circa il 50%. Approfondiamo la questione con Roberto Villa a pagina 40 (photo © Woman’s Day).

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ATTUALITÀ

Presentati i dati del progetto di cooperazione transfrontaliera in Adriatico

I risultati di EcoSea Far convivere la pesca e l’acquacoltura con la tutela e la valorizzazione dell’ambiente marino, per incrementare la biodiversità e garantire una prospettiva di sviluppo ai territori affacciati lungo le due sponde del mare Adriatico. Dopo quasi quattro anni di lavoro è giunto in porto il progetto EcoSea, innovativo modello di cooperazione transfrontaliera che ha coinvolto sei regioni italiane (capofila il Veneto, in partnership con Emilia-Romagna, Friuli VeneziaGiulia, Marche, Abruzzo e Puglia), le due Contee croate di PrimorjeGorsky Kotar e Zadra, il Ministero dell’Ambiente albanese, nell’attuazione di strategie condivise per lo sfruttamento delle risorse ittiche basate sullo sviluppo di tecniche innovative a basso impatto ambientale. Obiettivi di fondo: la gestione sostenibile delle risorse marine e la sperimentazione di nuove tecniche di ripopolamento e di produzione negli allevamenti offshore, per far fronte

alla diminuzione degli stock ittici che caratterizza l’Adriatico, anche per effetto dei cambiamenti climatici. I risultati del progetto stati presentati recentemente a Bologna dagli assessori alla pesca delle Regione Veneto ed Emilia-Romagna GIUSEPPE PAN e SIMONA CASELLI. «Grazie ad EcoSea è stata avviata una proficua collaborazione transfrontaliera che si è tradotta in importanti iniziative nel segno della sostenibilità come i piani di gestione comune della pesca, oltre alla messa a punto di tecniche innovative nel campo dell’acquacoltura e per il ripopolamento delle specie a rischio» ha affermato l’assessore Pan. «L’esperienza pluriennale di cooperazione tra enti e regioni affacciate sulle due sponde sull’Adriatico ci lascia in eredità un ricco bagaglio di conoscenze e buone pratiche che costituiscono la base per le future progettualità sia in ambito FEAMP, dove il Veneto ha ottenuto una dotazione finan-

ziaria di 46 milioni di euro, sia nel quadro della strategia europea della macroregione Adriatico-Ionica». Tra le iniziative portate a termine grazie ai 3,7 milioni di euro del progetto, ci sono la sperimentazione del ripopolamento di alcune specie marine e l’implementazione del Fish-Gis, che raccoglie in un unico database tutti i dati e le informazioni utili per gli operatori della pesca, dalle mappe di navigazione fino alla rilevazione in tempo reale della consistenza degli stock ittici. Non meno importante, sotto il profilo della gestione condivisa, la creazione di un gruppo di esperti che hanno affiancato gli amministratori nella pianificazione e gestione degli interventi pilota promossi da EcoSea. Infine, nel quadro della cooperazione transfrontaliera, sono stati predisposti tre piani per la gestione comune della pesca per acciughe, triglie e sardine. Fonte: Ufficio stampa Giunta Regione Veneto

Presentazione del progetto EcoSea a Bologna.

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IL PESCE IN RETE

Social di Elena

2. Aquolina, comunicazione moderna 1. Islanda, pescatori felici su Instagram Un’indagine dello scorso anno li descriveva come i pescatori più felici del mondo, con un 95% degli uomini e delle donne islandesi che si dichiarano contenti e soddisfatti del proprio lavoro. Il sito web www.icelandicfish.is è il loro punto di riferimento, anche attraverso il canale dei social. La loro pagina di Instagram, accessibile su www. instagram.com/icelandicfish mostra i volti (sorridenti) degli operatori della filiera ittica e i paesaggi mozzafiato di uno dei Paesi più ricchi di pesce.

Bello il sito di AQUOLINA, la linea di prodotti di FINPESCA SRL gustosi e pronti da preparare in pochi minuti. Le pagine web di www.aquolinafinpesca.com raccontano, attraverso immagini molto gradevoli, la cultura dell’azienda, la passione nella lavorazione del pesce e tutta l’attenzione che il prodotto richiede per soddisfare standard di qualità elevata. Una qualità che si percepisce anche navigando nel sito e tra i vari canali social Facebook, Twitter, Pinterest, Instagram e Linkedin.

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fish Benedetti

4. Europêche, il pesce pescato in Europa

3. Trapani Fish Market on-line L’O.P. della PESCA DI TRAPANI, ente gestore del Mercato Ittico all’ingrosso di Trapani, è nel web con un bel sito accessibile al link www.trapanifishmarket.com. Bellissime le foto che rimandano al pescato, alle reti e al pesce pescato. Sono tre le cooperative con sede a Trapani che gestiscono questa organizzazione di produttori: COOPERATIVA FRA PESCATORI SANT’ALBERTO, LA TRAMONTANA e COOPERATIVA MEDITERRANEA PESCA.

Vi segnaliamo www.europeche.org, il portale in lingua inglese, francese e spagnola di EUROPÊCHE, l’ente associativo che rappresenta 80.000 pescatori e 45.000 imbarcazioni di pesca di 9 Stati Membri europei, oltre a 14 organizzazioni nazionali di categoria tra cui FEDERPESCA, LEGA PESCA ed ALLEANZA DELLE COOPERATIVE ITALIANE PESCA. Tra gli obiettivi di Europêche c’è quello di avvicinare il consumatore di pesce verso le tematiche del comparto della pesca, della trasformazione e della tutela dell’ambiente. C’è voglia di condividere le informazioni e notizie anche a livello europeo.

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Amazon spinge con l’alimentare Da luglio Amazon Prime Now consegna a Milano in un’ora anche i prodotti di U2 Supermercato e il bio di NaturaSì A partire dallo scorso 7 luglio a Milano e in alcuni comuni dell’hinterland, un’ampia gamma di prodotti, tra cui i freschi e l’ortofrutta, dei supermercati U2 e NaturaSì sono acquistabili attraverso Prime Now, il servizio riservato ai clienti Prime, che consegna i prodotti acquistati in 1 ora o in una finestra a scelta di 2 ore in 49 codici di avviamento postale della città e zone limitrofe. Con pochi click i clienti Amazon Prime possono ricevere prodotti con consegne ultrarapide, utili anche per le esigenze dell’ultimo minuto, quando non si ha la possibilità di fermarsi in uno dei punti vendita. Scaricando sul proprio smartphone o tablet l’app Prime Now, disponibile per dispositivi Apple (iOS) e Android, i clienti Prime possono verificare la disponibilità del servizio a casa propria o nel punto scelto per la consegna immettendo il CAP e attendendo la notifica dall’applicazione. La verifica può essere inoltre eseguita vistando la pagina web www.amazon. it/primenow

Più prodotti, più velocemente a casa Quando viene effettuato un ordine tramite Prime Now, i clienti creano liste di spesa separate in relazione al negozio di riferimento: Amazon, U2 o NaturaSì. Per completare l’acquisto è richiesto un ordine minimo di € 19,00 per negozio. I clienti Prime Now possono scegliere se farsi consegnare la spesa in un’ora al costo di € 6,90, oppure optare per la consegna gratuita in una finestra di 2 ore a scelta. I prodotti di Amazon e U2 vengono consegnati dalle ore 8:00 alle 24:00 tutti i giorni della settimana, quelli di NaturaSì dal lunedì al sabato dalle 10:00 alle 20:00. «L’accordo con Unes e NaturaSì rappresenta un importante passo avanti nello sviluppo del servizio Prime Now, consentendoci di ampliare ulteriormente la gamma di prodotti offerti e allo stesso tempo di estendere anche ai clienti dei brand, U2 e NaturaSì, la possibilità di beneficiare del servizio di consegna in un’ora» ha dichiarato MARIANGELA MARSEGLIA, direttore EU Prime Now. «Puntiamo a estendere

Marco Ferrara, city manager di Amazon Prime Now.

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Prime Now anche in altre città, stringendo accordi simili con altri distributori a livello locale». «Grazie ad Amazon, i nostri clienti oggi possono acquistare i nostri prodotti in qualsiasi momento e farseli consegnare dove preferiscono, a tempo record. In questo modo anche chi non ha un supermercato U2 vicino casa, può accedere a tutta la nostra selezione di prodotti, inclusi i nostri marchi “U! Confronta e Risparmia” e “Viaggiator Goloso”» ha commentato MARIO GASBARRINO, AD Unes. «Grande enfasi sarà data ai prodotti freschi che rappresentano per i nostri clienti uno dei principali motivi di fidelizzazione. Grazie ad un partner come Amazon, con il quale condividiamo la centralità del cliente, vogliamo offrire un servizio semplice, innovativo e veloce ad un numero sempre maggiore di consumatori». Amazon Prime si può attivare al costo annuale di € 19,99, con il primo mese gratuito per i nuovi iscritti. Il servizio è attivabile visitando la pagina web www.amazon.it/prime

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ACQUACOLTURA

Le fondazioni di origine bancaria finanziano la Rivoluzione Blu di Marco Saroglia e Genciana Terova

La crescita della popolazione umana negli ultimi due milioni di anni è andata di pari passo, in una progressione a gradini, con la capacità di procurare il cibo. Se le rivoluzioni culturali dei “raccoglitoricacciatori” del Mesolitico (da 90 a 70.000 anni fa) consentirono di raggiungere una popolazione prossima ai 10 milioni di abitanti, fu la rivoluzione agricola del Neolitico (da 8.000 a 3.000 anni fa) a cambiare letteralmente le cose, consentendo di alimentare una popolazione umana in continua crescita, che già all’inizio del secondo millennio aveva raggiunto il mezzo miliardo. Solo in seguito alla rivoluzione in-

dustriale ed alle scoperte dei secoli XVIII e XIX, si osservò un nuovo periodo di crescita della popolazione mondiale, che raggiunse la soglia di un miliardo all’inizio del ‘900. È a questo punto che l’invenzione di processi per la produzione industriale di un indispensabile fertilizzante quale l’ammoniaca diede il via ad una vera e propria rivoluzione verde, fruttando, tra l’altro, il premio Nobel a FRITZ H ABER nel 1918 ed a CARL BOSCH nel 1931. Ma i vantaggi produttivi della fertilizzazione dei terreni sulla produzione di cereali, quelli che ampiamente contribuiscono a sfamare la popolazione di 7 miliardi dei primi anni di que-

sto terzo millennio, si riuscirono a sfruttare solo dopo gli studi di NORMAN BORLAUG (Nobel nel 1970), che con il miglioramento genetico del frumento consentì, a partire dalla seconda metà del XX secolo, di coltivare grano che non si allettava sotto il peso di una spiga ipertrofica. Dopo la conferenza di Kioto (FAO, 1976), si assistette ad un progressivo incremento dell’allevamento del pesce in varie parti del mondo, ma specialmente in Cina, dando luogo ad una nuova rivoluzione dell’agroalimentare che però si basava in gran parte sulla risorsa oceanica per l’alimentazione del pesce in allevamento intensivo.

Impianto di maricoltura (photo © www.centerforfoodsafety.org).

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Il consumo di prodotti ittici della pesca è testimoniato da reperti risalenti ad almeno 90.000 anni, ma è solo in pieno Neolitico ed in Cina che compaiono le prime testimonianze di allevamento del pesce, essenzialmente di carpa. Le tecniche cinesi di allevamento in risaia o, più “recentemente”, quelle di pesce marino nelle valli da pesca e nei laghi costieri in epoca fenicia e romana, ci vengono tramandate attraverso i secoli, pur senza grandi innovazioni o significativi incrementi di produzione, mentre l’aumentata domanda di pesce, almeno fino alla metà del XX secolo, viene soddisfatta con incrementi nello sforzo di pesca. Già nel corso del XIX secolo, tuttavia, si vede crescere l’interesse degli studiosi per ricerche sul controllo della riproduzione, sull’alimentazione e sulle tecniche di allevamento del pesce. Sono questi studi, relativamente recenti, a fornire le basi conoscitive per quella che ora possiamo definire una vera e propria “Rivoluzione blu”. La produzione ittica di allevamento che da un paio di anni ha superato la produzione della pesca ne è l’espressione, essendo ormai in grado di fornire il fabbisogno proteico ad una popolazione di 1,3 miliardi di persone, pari all’intera popolazione cinese, oltre a fornire l’indispensabile fabbisogno di acidi grassi polinsaturi a lunga catena noti come Omega-3. La produzione ittica europea, pur in costante incremento, è ben lungi dall’essere autosufficiente tanto che l’importazione ammonta, all’interno dell’EU, al 67% del fabbisogno. Tale percentuale è ampiamente superata dall’Italia, che copre con l’importazione da Paesi extracomunitari quasi l’80% della propria domanda interna di pesce. Tra i colli di bottiglia che costringono la produzione, uno dei più stringenti è la disponibilità di materie prime, sostenibili e contemporaneamente di elevata qualità, per la produzione dei mangimi. Infatti, un’acquacoltura sostenibile non può ulteriormente sfruttare la pesca oceanica quale risorsa di farine e olio di pesce, per coprire il fabbisogno proteico e lipidico degli animali allevati.

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La copertina del settimana le londinese “The Economist” dell’agosto 2003, dedicata alla cosiddetta “Rivoluzione blu” ed al ruolo essenziale dell’acquacoltura nel compensare la domanda mondiale di prodotti ittici.

Nel corso degli ultimi 10 anni le case mangimistiche hanno gradualmente sostituito tale risorsa con proteine ed oli di natura vegetale, con conseguenti problemi sulla crescita dei pesci e sulla qualità alimentare delle carni prodotte. È indubbio che, proprio l’individuazione di risorse proteiche e lipidiche alternative e sostenibili, quindi la progettazione di diete in grado di mantenere il pesce in buona salute e di fornire al consumatore carni di alto valore nutrizionale, rappresenti la principale sfida per l’acquacoltura del XXI secolo. La sfida è stata raccolta da AGER- Agroalimentare e Ricerca, un’associazione temporanea di scopo che oggi raggruppa dieci Fondazioni di origine bancaria, quali Fondazione Cariplo (capofila), Fondazione di Padova e Rovigo, Fondazione di Cuneo, Fondazione di Modena, Fondazione di Parma, Fondazione di Udine e Pordenone, Fondazione di Teramo, Fondazione Banco di Sardegna, Fondazione di Bolzano e Fondazione con il Sud. AGER II ha investito 1,5 milioni di euro per lo studio di fonti alternative alle proteine ed olio di pesce, lanciando nel luglio 2015 un bando pubblico di ricerca. Il finanziamento di AGER II permetterà di partire dalle conoscenze sinora sviluppate con progetti di ricerca europei, quali PEPPA, RAFOA, AQUAMAX, ARRAINA oltre ad altri progetti nazionali, superando alcuni dei principali ostacoli alla conoscenza ancora esistenti in una formula che possa consentire

immediati vantaggi al settore produttivo, quali industria mangimistica ed allevamenti intensivi. Al bando promosso da AGER hanno risposto 26 consorzi di ricerca con altrettanti progetti, due di essi, coordinati rispettivamente dall’Università dell’Insubria e dall’Università di Udine, hanno superato le soglie dei valutatori e sono stati finanziati. Il progetto dal titolo Fine Feed For Fish (4F), è stato finanziato ad un consorzio coordinato dall’Università degli Studi dell’Insubria, Dipartimento di Biotecnologie e Scienze della Vita (DBSV). Il progetto, focalizzato sullo studio di sorgenti proteiche alternative, consiste nella messa a punto di diete ottimizzate per l’apporto di amminoacidi in forma cristallina od in forma protetta (lisina, metionina) e di taurina, quindi l’inclusione di fonti proteiche non convenzionali con lo scopo di migliorare lo stato sanitario, la crescita e la qualità del pesce e di ridurre costi di produzione ed impatto ambientale. Gli obiettivi specifici sono l’identificazione di correttivi nutrizionali, di fonti proteiche innovative, valutazione del benessere nutrizionale, della salubrità e della qualità del prodotto (pesce) ottenuto, la validazione economica ed ambientale dei risultati conseguiti, quindi il trasferimento tecnologico alle aziende ittiche, agli stakeholder istituzionali e al pubblico. Si intendono inoltre approfondire le conoscenze in merito al metabolismo del pesce sfruttando le scienze molecolari, le conoscenze

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Le rivoluzioni agroalimentari negli ultimi due milioni di anni

Con la seconda edizione, AGER ha investito 1,5 milioni di euro per lo studio di fonti alternative alle proteine ed olio di pesce.

Riduzione nel consumo di olio e farine di pesce da parte dell’industria mangimistica

ittiopatologiche e la metagenomica con lo scopo di rafforzare la capacità nazionale di ricerca a supporto dell’acquacoltura. I risultati attesi saranno nuove diete e miglioramento della qualità del prodotto, risultati comparati tra ambienti, specie e ceppi genetici differenti, riduzione dei costi produttivi e ambientali, miglioramento delle condizioni fisiopatologiche dell’apparato digerente, la diffusione di nuove buone pratiche e soluzioni ecosostenibili al comparto ittico, consapevolezza e informazione del pubblico, formazione di giovani ricercatori.

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Le specie oggetto di studio saranno la spigola e la trota iridea. Per quanto riguarda quest’ultima specie, è previsto di testare anche un ceppo geneticamente modificato prodotto presso l’Università dell’Idaho ad Hagerman. Al progetto, coordinato dal PROF. MARCO SAROGLIA dell’Insubria, prendono parte varie unità, quali lo stesso gruppo diretto dalla PROF. SSA GENCIANA TEROVA dell’Università dell’Insubria, il gruppo del PROF. IVO ZOCCARATO e PROF.SSA LAURA GASCO dell’Università di Torino, il Parco Tecnologico Padano di Lodi,

il Centro Porto Conte Ricerche di Alghero, il gruppo di Economia agraria del PROF. PIETRO PULINA presso l’Università di Sassari, il gruppo del PROF. MASSIMO LABRA dell’Università di Milano Bicocca ed Italbiotec di Milano-Lodi. Sono inoltre previste consulenze esterne da parte del PROF. RONALD HARDY dell’Università dell’Idaho (USA) e del DOTT. MARINO PREARO dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte-Liguria-Valle d’Aosta. Sono in questo modo assicurate competenze in settori quali fisiologia molecolare della nutrizione (nutrigenomica), mangimistica, gestione delle risorse ambientali, Next Generation Sequencing (sequenziamento del DNA per lo studio del microbioma intestinale), economia aziendale, oltre che ittiopatologia e genetica. Al fine di un confronto diretto tra i ricercatori e l’industria, contatti intensi sono previsti con API, FEAP, NATURALLEVA, FRIULTROTA, COLDIRETTI SARDEGNA, oltre ad alcuni allevamenti commerciali di trota e di spigola. L’inizio della sperimentazione è previsto per il prossimo autunno e nel corso di tre anni di studio si prevede di produrre informazioni tali da essere immediatamente utilizzabili dall’industria mangimistica. Il progetto nel suo complesso vuole anche essere una proposta innovativa sui metodi di studio nel settore della nutrizione in acquacoltura intensiva. Marco Saroglia Genciana Terova Università degli Studi dell’Insubria in Varese Dipartimento di Biotecnologie e Scienze della Vita marco.saroglia@uninsubria.it

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Nuovi metodi per valutare la risposta dei pesci allo stress Il progetto Copewell si è posto l’obiettivo di aiutare gli acquacoltori a gestire il problema dello stress dei pesci mediante lo sviluppo di metodi che consentiranno loro di comprendere la loro interazione con l’ambiente

Il progetto COPEWELL (A new integrative framework for the study of fish welfare based on the concepts of allostasis, appraisal and coping styles), finanziato dall’UE nell’ambito di FP7-KBBE, si è concluso nel dicembre del 2015, anche se il team del progetto intende proseguire con la pubblicazione di altri articoli nel 2016. Il principale obiettivo dei ricercatori, che era quello di fornire una migliore comprensione della fisiologia, biologia e comportamento dei pesci, i meccanismi di base e il modo in cui si sviluppano gli stili di difesa, è stato fondamentalmente raggiunto. Il dott. TORE KRISTIANSEN ha coordinato il progetto per l’Istituto di ricerca marina in Norvegia. Kristiansen ci spiega in che modo questi risultati accrescono la nostra conoscenza relativa allo sviluppo del funzionamento del cervello, del comportamento e della risposta allo stress nei pesci

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di allevamento, e come il progetto fornisca strumenti per una migliore valutazione del loro benessere e, ultimo ma non meno importante, accenna a delle soluzioni per migliorarlo. Perché è importante saperne di più circa il modo in cui vivono i pesci? «Perché è questo il benessere dei pesci! Noi vogliamo studiare la qualità della vita dei pesci dal loro punto di vista. Si è trattato di un’esperienza piacevole o no? Quanto piacevole o spiacevole è stata? Si discute ancora se i pesci abbiano o meno esperienze consapevoli, e questo è un argomento che volevamo studiare». Quale metodologia avete utilizzato in questo studio? «La sfida era proprio quella di sviluppare dei metodi che ci consentissero di ottenere delle risposte alle nostre domande. Ne abbiamo

sviluppato diversi, utilizzando il piccolo pesce zebra come organismo modello, e abbiamo poi adattato alcuni di questi metodi alle dimensioni di spigola, orata e salmone atlantico. Un esempio di metodo usato nell’ambito di Copewell è il Conditioned Place Preference Test, nel quale i pesci allevati vengono esposti a condizioni gratificanti o avverse in differenti aree della vasca. Le aree dove essi hanno provato i presunti stimoli positivi o negativi erano caratterizzate da differenti fantasie sullo sfondo. Se i pesci vivono le condizioni come avverse, essi in seguito assoceranno questa fantasia con l’esperienza avversa, eviteranno quest’area e mostreranno in tal modo la loro esperienza soggettiva. Il contrario si verificherà se gli stimoli sono stati vissuti come positivi. Oltre al comportamento dei pesci, abbiamo anche controllato “l’espressione ge-

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nica” dei cosiddetti geni a espressione rapida e delle monoammine, così da studiare quali aree del cervello fossero interessate». Perché avete scelto di estendere questa ricerca a differenti specie? «Un pesce non è un “solo” pesce. Ci sono circa 30.000 specie di pesci nel mondo e ci sono probabilmente differenze più grandi tra le varie specie di pesce di quelle che ci sono tra un pipistrello e un elefante. Confrontare un salmone e una spigola è come confrontare una tigre e un cane, o un maiale e un cavallo. Persino all’interno della stessa specie abbiamo trovato differenti stili di difesa o “personalità”: i pesci si comportavano in modo differente e avevano differenti risposte neurofisiologiche e genomiche alle stesse esperienze». Che cosa avete imparato riguardo alle conseguenze di uno scarso benessere dei pesci? «In molti degli esperimenti abbiamo potuto vedere che i pesci avevano

una notevole capacità di adattarsi alle condizioni stressanti purché fossero in grado di gestire le “sfide”. Un concetto centrale nel progetto è stato quello della “allostasi” quale modello alternativo al vecchio modello della omeostasi. Invece di condizioni con il minor numero possibile di stressori, i pesci dovrebbero essere sottoposti a fattori di stress che sono in grado di affrontare con successo. Il cervello premierà il comportamento di successo e questa ricompensa è ciò che crea le esperienze piacevoli e un giusto benessere. Naturalmente tutti gli organismi hanno risorse limitate: troppe sfide e troppi fattori di stress porteranno al logorio del fisico e alla fine a un degrado del complessivo funzionamento fisiologico». Oltre a questo, quali ritiene siano stati i risultati più importanti del progetto? «Nel progetto Copewell, forse per la prima volta in acquacoltura abbiamo studiato in che modo le

esperienze nella prima fase della vita influiscono successivamente su sviluppo, comportamento, neurochimica del cervello e risposte allo stress. Abbiamo dimostrato che possiamo modificare il modo in cui i pesci reagiscono ai fattori di stress creando delle condizioni prevedibili. Secondo il modello della allostasi, il pesce (o l’essere umano) regola le proprie funzioni fisiche in base alla domanda. Se le condizioni sono prevedibili, ovvero se il pesce ha vissuto una situazione simile in precedenza ed è in grado di valutare cosa sta per accadere, esso reagirà in modo più appropriato allo stress invece di reagire in maniera eccessiva agli stimoli e di investire più risorse del necessario per la gestione dello stress. Finalmente adesso abbiamo una migliore comprensione dei meccanismi di base nel cervello, ma la maggior parte della mappa è ancora piena di aree bianche. Ci troviamo insomma ancora nelle fasi iniziali della neuroscienza relativa al cervello dei pesci».

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Vasca per la maricoltura. In che modo l’acquacoltura può beneficiare delle vostre scoperte? «Lo stress è un’importante fonte di mortalità nei pesci di allevamento. Se noi alleniamo i pesci a gestire meglio fattori di stress come, ad esempio, l’affollamento o il pom-

paggio, questo dovrebbe portare sia a un tasso di sopravvivenza più alto che ad una crescita migliore. Anche i pesci hanno bisogno di allenamento e istruzione! I nostri risultati hanno mostrato che i pesci hanno differenti stili di difesa e personalità che sono

più o meno adatti per le condizioni dell’acquacoltura. Questo dovrebbe essere ulteriormente studiato e applicato nei programmi di allevamento». >> Link: cordis.europa.eu

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Pesci stressati? La risposta è VITAMAX Dal gruppo leader nel settore della mangimistica ittica Aller Aqua, una linea di mangimi che potenzia il sistema immunitario dei pesci e li aiuta ad affrontare situazioni di stress. E da oggi VITAMAX contiene monogliceridi a catena corta, un tipo di grassi con una funzione speciale ALLER AQUA è un gruppo danese con sede a Christiansfeld. L’azienda produce mangimi per pesci per più di 50 Paesi in tutto il mondo negli stabilimenti in Danimarca, Polonia, Germania ed Egitto. Linea VITAMAX Gli ingredienti attivi nei mangimi VITAMAX potenziano il sistema immunitario naturale dei pesci e li preparano ad affrontare situazioni stressanti come la selezione, il tra-

sporto, una qualità inferiore dell’acqua, le vaccinazioni, i cambiamenti nella temperatura e la malattie. Fino ad ora, i mangimi VITAMAX sono stati arricchiti con vitamina C, vitamina E, nucleotidi e glucani. Il quantitativo di ciascun componente è dosato in modo da ottenere il massimo effetto senza causare un sovradosaggio. La funzione dei componenti attivi e la loro miscela e concentrazione sono in grado di supportare in maniera ottimale

l’intero sistema immunitario innato e adattivo dei pesci. I componenti attivi di VITAMAX sono in grado di avere un impatto positivo sul sistema immunitario dei pesci. A sua volta, ciò aiuta i pesci ad affrontare meglio le varie situazioni di stress a cui sono sottoposti durante la crescita. Vitamina C Funzioni antiossidanti che contribuiscono a un miglior funzionamento e protezione delle cellule immunitarie.

I componenti attivi di VITAMAX sono in grado di avere un impatto positivo sul sistema immunitario dei pesci. A sua volta, ciò aiuta i pesci ad affrontare meglio le varie situazioni di stress a cui sono sottoposti durante la crescita.

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Vitamina E Conservata principalmente nella membrana della cellula. Qui agisce come antiossidante e protegge gli acidi grassi insaturi nella membrana della cellula dai radicali liberi. Tale protezione previene il danno cellulare.

Gli SCM nascosti nel glicerolo entrano nei batteri tramite i canali porosi e modificano il livello di pH delbatterio,distruggendone così la membrana interna e il DNA prima che l’infezione si propaghi

Nucleotidi Materiali di costruzione per il DNA che mediano il metabolismo energetico e la segnalazione cellulare. Alcuni studi indicano che la loro integrazione nell’alimentazione migliora la resistenza alle infezioni e l’efficacia delle vaccinazioni. Glucani Polisaccaridi a catena lunga dalla parete cellulare dei lieviti, aiutano ad attivare il sistema immunitario contro l’invasione dei patogeni. Quali sono le novità in VITAMAX? I mangimi VITAMAX contengono ora monogliceridi a catena corta (SCM, Short Chain Monoglycerides). Questo è un tipo di

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grassi con una funzione speciale. Gli SCM sono in grado di disattivare cellule batteriche scavalcando la parete e la membrana cellulare. Gli SCM sono nascosti nel glicerolo utilizzato come fonte energetica per i batteri. Gli SCM determinano una modica nel pH della cellula batterica che causa una degradazione della membrana cellulare e del DNA. In questo modo, la cellula viene disattivata. Uso di VITAMAX La premiscela funzionale viene aggiunta al mangime allo scopo di preparare i pesci a situazioni stressanti e di migliorare l’effetto delle vaccinazioni. Si consiglia di utilizzare i mangimi VITAMAX due settimane prima del periodo di stress previsto allo scopo di rafforzare il sistema immunitario dei pesci. Inoltre, si consiglia di continuare a somministrare VITAMAX durante e dopo i periodi di stress per un effetto ottimale. >> Link: www.aller-aqua.com

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AZIENDE

Moderne tradizioni italiane Il Gruppo Mancin acquisisce la M.Gi.B. di Bosco Mesola Aumentano le referenze di pesce e molluschi dal territorio tra gastronomia di qualità e procedure certificate Il pesce nella dieta mediterranea ha un valore nutrizionale importantissimo. Che sia buono lo sanno tutti e che faccia anche bene lo dicono i medici con sempre maggior enfasi. E, grazie a una forte presenza sui banchi della Grande Distribuzione, compare sempre più spesso sulle nostre tavole. Inoltre, anche dal punto di vista economico, il distretto del mare è una delle tante ricchezze potenziali dell’Italia agroalimentare. Quando poi l’arte della pesca e della conservazione del pesce incontrano la capacità di fare impresa e la determinazione di una famiglia, da quest’unione nascono spesso aziende capaci di far correre nella stessa direzione tradizione marinara, salute, gusto ed economia del territorio. È questa la grande forza dell’azienda MANCIN, nata nel 1983 a Rivà di Ariano Polesine, nel cuore di un comprensorio ricco di potenzialità come il Delta del Po, dalla capacità imprenditoriale di MARTINO DE AGOSTINI. Oltre trent’anni dedicati alla ricerca della qualità cercando di far coincidere le ricette della tradizione

Marco De Agostini con il fratello Michele e il cognato Fabio. con le più innovative e moderne tecniche di lavorazione e conservazione del pesce. A un patto, però, che la qualità fosse sempre messa al primo posto insieme alla sicurezza alimentare, come spiega Marco De Agostini, che con il fratello Michele

e il cognato Fabio rappresenta la seconda generazione dell’impresa famigliare. «La nostra missione — dice Marco De Agostini — è sempre stata focalizzata sulla massima qualità e salubrità di ciò che produciamo. Il pesce viene acquistato direttamente

Mancin offre Linee di prodotto confezionate pronte al consumo (vaschette libero servizio) oltre ad ottimi sughi e piatti pronti.

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I prodotti arrivano da comprensori marini vicini e lontani. L’azienda Mancin vanta i certificati IFS e BRC. nelle aree di pesca più idonee e in grado di garantirci sempre standard qualitativi altissimi. Da lì parte un percorso produttivo che offre le migliori garanzie in termini di salubrità e igienicità del prodotto. Il pesce, infatti, segue una filiera rigidamente controllata nel rispetto delle più severe norme igienico sanitarie internazionali. Il passo successivo è la distribuzione che segue canali privilegiati come la ristorazione e la vendita sui principali canali della Grande Distribuzione per la quale garantiamo anche linee in private label. Gli altri canali distributivi sono il catering e i grossisti specializzati. Capitolo a parte merita l’export. Abbiamo già una buona presenza in Europa, Canada e Russia, ma i margini di crescita sono molto interessanti e l’azienda è pronta a sfruttarli nel migliore dei modi». L’altra leva che ha permesso all’azienda polesana di assicurarsi un posto di rilievo in questo segmento commerciale sta nella capacità di recepire le nuove tendenze al consumo e saper cogliere, nel cambio delle abitudini alimentari, nuove opportunità di crescita. «La valorizzazione del pescato che lavoriamo al Gruppo Mancin — prosegue Marco De Agostini — consiste nel puntare sulla trasformazione. Le nuove esigenze alimentari unite a stili di vita IL PESCE, 4/16

sempre più improntati alla velocità di utilizzo portano infatti il consumatore a privilegiare quei prodotti che oltre alla qualità hanno un alto contenuto di servizio. Ecco spiegato il significato delle nostre referenze fatte di prodotti ricettati e pronti all’uso, ma anche deliziosi sottoli, conserve, condimenti o gli antipasti». Quanto alla comodità e praticità di utilizzo, l’azienda veneta negli anni ha operato scelte molto apprezzate dal mercato, orientando la propria produzione verso vaschette e formati convenienza e linee che combinano il pesce a contorni di verdure. Si tratta di un ricettato pronto da essere consumato che garantisce gusto, freschezza e appetibilità con in più — come plus di servizio — la velocità d’uso, perfetta per i ritmi della vita moderna. Innovazione di prodotto e di servizio, dunque. Ancora una volta sono questi gli step sui quali si gioca il futuro economico e produttivo del mercato ittico nazionale. E anche questa volta la risposta dell’azienda polesana è perfettamente in linea con le attese del mercato. Anche per quanto riguarda nuove referenze. «Recentemente — sottolinea Marco De Agostini — abbiamo acquisito la M.GI.B., un’azienda di Bosco Mesola in provincia di Ferrara specializzata nella depurazione, produzione e commercializzazione

di molluschi, prevalentemente cozze e vongole, un segmento che non seguivamo direttamente e che ora invece ci permetterà di allargare le nostre offerte e di aprirci a nuovi mercati. Tra l’altro l’azienda opera nel nostro stesso comprensorio marino e quindi la sinergia commerciale è stata naturale». Per il futuro, gli obiettivi dell’azienda polesana sono molto chiari e orientati alla crescita. Si punta a consolidare la presenza sul mercato interno, anche grazie ai nuovi prodotti inseriti con l’acquisizione della azienda ferrarese, e ad aprire nuove rotte su quelli internazionali che, c’è da credere, apprezzeranno le referenze del Gruppo Mancin. «La nostra esperienza imprenditoriale, giunta ormai alle soglie della terza generazione, ha fatto crescere nella famiglia la consapevolezza delle proprie potenzialità e dei propri orizzonti. Abbiamo fiducia nel futuro — conclude Marco De Agostini — e stiamo lavorando proprio in direzione di un allargamento del nostro raggio d’azione. Ciò avverrà sia in termini di espansione territoriale che di capacità produttiva e commerciale. Siamo a un bivio e la Mancin è pronta a un ulteriore salto di qualità». >> Link: www.mancinnadia.com 31


Pesce sostenibile MSC MSC

ANOVA SEAFOOD

MARINE STEWARDSHIP COUNCIL, in Italia MSC Pesca Sostenibile, è un’organizzazione internazionale non-profit nata per promuovere la pesca sostenibile e tutelare il futuro dei mari attraverso il proprio programma di certificazione. Dopo quasi vent’anni dalla sua creazione, oggi è il programma di etichettatura e certificazione più importante al mondo per la pesca sostenibile e soddisfa i più alti benchmark. È un programma trasparente e aperto che coinvolge i pescatori, le aziende di trasformazione, i retailers e i consumatori per creare e promuovere un mercato sostenibile per i prodotti ittici. Per salvaguardare gli oceani ma anche i pescatori. La certificazione secondo gli standard MSC non si esaurisce in una valutazione della sostenibilità in acqua (secondo 3 principi: la salute dello stock, l’impatto sull’ecosistema e l’efficace gestione dell’attività di pesca) ma si estende all’intera filiera produttiva che è certificata in maniera tale da poter tracciare ogni singolo prodotto dal mare al piatto e dal piatto al mare. Il marchio blu MSC aiuta i consumatori ad effettuare un acquisto sostenibile in modo semplice e a contribuire così alla salute dei nostri mari..

ANOVA SEAFOOD è un’azienda olandese fornitrice di pesce fresco e congelato per la vendita al dettaglio e per la ristorazione in Europa. La nostra azienda si propone di offrire pesce genuino prodotto in modo sostenibile permettendo al consumatore di attuare delle scelte d’acquisto più responsabili.Forti sostenitori dei metodi di pesca sostenibili, lavoriamo incessantemente per una gamma di prodotti unici e di qualità.ANOVA SEAFOOD è stata la prima azienda a proporre con successo ai consumatori europei il Tonno Albacore certificato MSC.Assieme al Tonno Albacore proponiamo una vasta gamma di prodotti certificati: Merluzzo, Salmone Selvaggio dall’Alaska, Merluzzo d’Alaska, Tonno Pinna Gialla,Tonno bianco e Merluzzo Sudafricano. Nel proporre prodotti sostenibili di qualità premium,ci appoggiamo a partner commerciali che condividono i nostri valori:AGROFISH ITALIA collabora da anni con noi per esportare la nostra filosofia nel mercato italiano. Ogni giorno ANOVA SEAFOOD rinnova il pproprio impegno con MSC promuovendo i prodotti d sostenibili e spingendo l’industria ittica a migliorare e ad intraprendere d condotte più responsabili.

>> Link: www.msc.org/it @MSCinItalia

PRINS & DINGEMANSE

>> Link: www.anovaseafood.com w

C CORNELIS V VROLIJK

PRINS & DINGEMANSE nasce nel 1880 come impresa familiare dedita all’allevamento delle aragoste. Arrivata alla quinta generazione, l’azienda si è evoluta nel tempo sino a costituire ad oggi una delle più importanti aziende europee impiegate nella produzione e nella commercializzazione di crostacei e di molluschi. PRINS & DINGEMANSE ha sede nella regione olandese del delta del fiume Schelda nella provincia di Zelanda; la sua ubicazione le permette di operare all’interno di un ambiente ideale per la crescita e lo sviluppo dei crostacei e dei molluschi. In collaborazione con il MARINE STEWARDSHIP COUNCIL l’azienda si è impegnata a rispettare i più elevati standard di sostenibilità ottenendo a partire dal 2013 la certificazione di sostenibilità per la totalità delle proprie cozze olandesi, nonché per l’allevamento e la produzione di ostriche. Il rispetto dell’ambiente e lo sviluppo di una pesca sostenibile sono i principi che hanno ispirato l’operato di PRINS & DINGEMANSE sin dal momento della sua fondazione. La condivisione di questi valori con AGROFISH ITALIA le ha permesso di offrire anche in Italia prodotti di qualità rispettosi dell’ambiente marino.

CORNELIS VROLIJK è un’impresa familiare fondata da Frank Vrolijk a Scheveningen nel 1880 come azienda dedita alla pesca delle aringhe del Mare del Nord. L’azienda si è evoluta nel tempo introducendo metodi di pesca a traino, dotando i propri pescherecci di impianti di raffreddamento e di lavorazione, ampliando la propria gamma di prodotti, ed aprendosi progressivamente al mercato globale. Giunti alla quinta generazione di CORNELIS VROLIJK, l’azienda familiare poggia ancora sulla storica attività di pesca delle acciughe integrandola con quella di cattura dello sgombro, del sugarello, dell’argentina, del potassolo e della platessa. A più di 130 anni dalla sua nascita, ha saputo reinventarsi, coniugando le proprie tradizioni ittiche con le più avanzate tecniche di pesca. Consapevole che una vasta parte della popolazione mondiale dipende dalla pesca come fonte primaria di proteine animali, CORNELIS VROLIJK, in collaborazione con MARINE STEWARDSHIP COUNCIL, si impegna quotidianamente per attuare un regime di pesca sostenibile. Assieme al partner commerciale Agrofish Italia, propone al mercato italiano la propria platessa certificata MSC con il Marchio ROYAL DUTCH SEAFOOD B.V.

>> Link: www.prinsendingemanse.nl

>> Link: www.cornelisvrolijk.eu

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PESCA

La pesca del tonno in Sardegna: dall’epoca nuragica alla tonnara Saline di Salvatore Rubino

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L’origine della pesca del tonno in Sardegna si perde nella notte dei tempi. Narra una leggenda di due marinai, i santi Pietro e Antioco, che, approdati sulle coste sarde, lungo le quali abbondavano grandi tonni, insegnarono ai pescatori dell’isola le complicate tecniche di pesca. Non meno affascinante è la storia che ci racconta di un pastore, il quale, osservando questi enormi pesci, raggruppati come mandrie in prossimità della costa, pensò di rinchiuderli con qualche mezzo, così come faceva con le sue greggi nell’ovile. Più prosaicamente è molto probabile che la pesca del tonno venisse praticata già in epoca nuragica, come dimostrerebbe il ritrovamento di arpioni di pietra e di fiocine d’osso in alcuni nuraghi. È certo che il tonno abbia esercitato il suo fascino e suscitato un forte interesse presso gli abitanti del bacino del Mediterraneo già in tempi remotissimi: lo testimonia un antico graffito, che lo raffigura sulla parete di una grotta abitata fin dal Neolitico, situata nell’isola di Levanzo in Sicilia. È cosa certa anche che la pesca del tonno fu praticata da tutti gli antichi invasori della Sardegna. I Fenici, ad esempio, ritraggono il tonno su diverse monete di bronzo; per i Cartaginesi era di buon auspicio mangiare questo pesce durante i banchetti nuziali, mentre in epoca romana abbiamo notizia del fatto che il medico GALENO sosteneva che i tonni pescati in Sardegna fossero preferibili a quelli catturati in altre regioni. E nel Museo Sanna di Sassari si può ammirare un mosaico romano, rinvenuto a Porto Torres, che mostra diversi pesci, tra i quali un grosso tonno. Certo è che furono gli Arabi, nelle loro scorribande per le tre principali isole del Mediterraneo, ad importare in Sicilia, e probabilmente anche nella nostra isola, particolari tecniche di sbarramento del mare per la cattura del tonno. Difatti, se si studia la terminologia usata tra i tonnarotti, si può notare come questa sia in parte araba; il capo pesca viene, ancora oggi, chiamato rais, una parola araba che significa, appunto, capo.

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Rais nella tonnara (photo © www.ilgiornaledeimarinai.it). In tempi più recenti si ritiene comunemente che il primo ad introdurre il sistema delle reti fisse in Sardegna sia stato il mercante cagliaritano PIETRO PORTA. Questi, nel 1587, ottenne dal re Filippo II la concessione di calare nei mari dell’isola le sue prime tonnare. Lo fece lungo la costa occidentale, nelle località delle Saline di Calagostina, Portoscuso, Porto Paglia e Porto Caterina di Pitinurri. Tuttavia, bisogna ricordare che alcuni documenti sulla commercializzazione del tonno conservati negli archivi sardi, sono antecedenti anche a questo periodo: la pesca veniva infatti esercitata sicuramente già nel 1515. Le tonnare in Sardegna erano proprietà del re che, a sua volta, le cedeva in locazione o le vendeva a ricchi uomini d’affari. Esse costituivano uno dei cespiti più importanti per la povera economia sarda, così come per le traballanti casse regie: le concessioni date dal demanio ad intrepidi imprenditori permettevano difatti al fisco di percepire delle cospicue entrate. Nel 1654 Filippo IV vendette al ricco patrizio genovese Gerolamo Vivaldi le sei principali tonnare dell’isola per 330.000 reali. Nel Settecento, dopo alterne vicende, si ebbe un aumento della produttività, in coincidenza col disastroso terremoto di Lisbona del 1755, che fece allontanare i tonni dalla penisola iberica, spingendoli verso le coste

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sarde e le reti degli uomini. La pesca del tonno e la sua lavorazione in tonnara divenne col tempo una delle principali industrie nazionali, contribuendo in maniera importante all’economia isolana. Uno sviluppo ulteriore si ebbe nel 1868, con l’introduzione del metodo di conservazione sottolio, in barattoli di latta, e la successiva tecnica della sterilizzazione a vapore, inventata dall’industriale francese NICOLÁS APPERT, che mise in parte fine alla preparazione dei tonni in barile. Oltre al Sulcis, un’altra zona importante, in Sardegna, per la pesca del tonno, è stata per secoli quella del Golfo dell’Asinara, nel quale sono state ospitate, nel corso del tempo, diverse tonnare: Trabuccato, sull’isola dell’Asinara; Cala Agostina, Predas de Fogu e Vignola, sul versante del golfo tra Sorso, Castelsardo e le Bocche di Bonifacio, tonnare queste che vennero utilizzate sporadicamente; infine, la tonnara Saline di Stintino. Quest’ultima disponeva anche di un grosso stabilimento di lavorazione in vicinanza della Torre delle Saline ed era la più importante tra tutte: sulla base delle notizie lasciateci dal CETTI, si desume che la tonnara fosse attiva già alla fine del Cinquecento, anche se i primi dati ufficiali sulla quantità di barili confezionati (2097) fanno riferimento all’anno 1604. Alle Saline di Stintino si è pescato, con alterne vicende, fino al 1964, anno dell’ultima, vera mattanza.

Il ritorno delle tonnare In questi ultimi anni, nonostante una crisi generalizzata della pesca, il tonno sta diventando un prodotto ittico sempre più prezioso: si sono infatti aperti nuovi mercati, grazie alla velocità delle comunicazioni e all’organizzazione messa a punto per valorizzare al massimo il pescato, soprattutto in Oriente dove, in paesi come il Giappone, in cui viene assorbita la maggior parte del pescato mondiale, vi è una grande richiesta di tonni, considerati un’autentica prelibatezza ed utilizzati principalmente per la preparazione del sushi, una pietanza nazionale basata sul pesce crudo. I tonni sardi oggi sono tra i primi ad essere battuti all’asta nell’enorme mercato di Tokyo e delle principali città giapponesi. Nel 1996 è stata rimessa in mare, con grandi sforzi, la tonnara di Stintino, ad oltre trent’anni dalla chiusura della tonnara Saline. L’attività di pesca è ripresa ad opera della Società Stintino Tonnare NordOvest Sardegna. La nuova tonnara è stata ubicata esattamente nella stessa posizione dell’antica tonnara Saline; per la ricostituzione della ciurma è stata coinvolta la locale Cooperativa Pescatori, ingaggiando una parte di

I tonni sardi oggi sono tra i primi ad essere battuti all’asta nel mercato di Tokyo e delle principali città giapponesi. Nel 1996 è stata rimessa in mare, con grandi sforzi, la tonnara di Stintino, ad oltre trent’anni dalla chiusura della Tonnara Saline. L’attività di pesca è ripresa ad opera della Società Stintino Tonnare Nord-Ovest Sardegna

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Inaugurato a Stintino il MUT, nuovo Museo della Tonnara Banchi di pesci seguono le correnti del Mediterraneo. Ciurme di mare ne attendono l’arrivo. Un sistema di reti intercetta il loro passaggio. È il tradizionale metodo di pesca del tonno, praticato nel Golfo dell’Asinara fino al secolo scorso. Perpetua, oggi, il ricordo della Tonnara Saline il nuovo Museo della Tonnara, MUT, che ha aperto al pubblico sabato 18 giugno. Percorsa la strada panoramica che conduce in paese, e varcate le porte dell’ex edificio Alpi, il visitatore si troverà davanti a un itinerario multimediale. La modalità di fruizione scelta è quella dello storytelling audiovisivo: fulcro dell’allestimento sono una serie di video che ricostruiscono le vicende della tonnara, la vita dei tonnarotti, la storia di Stintino e dell’isola dell’Asinara. Un percorso storico, antropologico e scientifico, accompagnato dalle musiche di Paolo Fresu. Dopo un trailer iniziale, posto in apertura dello spazio espositivo, il fruitore è condotto in un viaggio nel tempo, a partire dalla fine del XIX secolo, con la nascita del borgo di Stintino, passando per gli anni novanta, ultimo periodo di attività della Tonnara Saline, fino ad arrivare ai giorni nostri, quando la memoria diviene risorsa per il territorio, al pari delle bellezze naturalistiche. Una storia carica di fascino e di ritualità, restituita, oltre che dai video, da una carrellata di immagini fotografiche, e da una serie di reperti. Fanno parte dell’allestimento gli attrezzi in uso nella tonnara, la documentazione della stessa, i diari, vecchi articoli di giornale, gli abiti usati durante la mattanza, e il modellino della tonnara realizzato dall’ultimo rais della Tonnara Saline, Agostino Diana. In esposizione anche alcune opere selezionate di artisti sardi che hanno dipinto la vita della tonnara, Stanis Dessì e Ausonio Tanda tra gli altri, e gli acquerelli di Paola Dessì. Ad occuparsi della promozione e della valorizzazione del MUT, su incarico del Comune di Stintino, il Centro Studi sulla Civiltà del Mare e per la valorizzazione del Golfo e del Parco dell’Asinara, associazione attiva a Stintino dal 1997. La vocazione del MUT è quella di custodire la memoria e preservare l’identità collettiva, ma anche quella di dialogare con la comunità di riferimento e trasmettere i valori culturali del territorio. Uno spazio aperto, dunque, un laboratorio attivo e in divenire. Tanti gli appuntamenti in programma, dagli Aperitivi al Museo, con presentazione di libri e incontri a tema storicoscientifico e archeologico, ai concerti di Stintino Classica, a cura dell’associazione La Bohème, alle mostre temporanee. L’archivio del museo, inoltre, sarà sede del progetto “Raccogli la memoria”, promosso dall’Associazione Il Tempo della Memoria. L’obiettivo è quello di recuperare, e catalogare, immagini storiche di Stintino, della Tonnara Saline, dell’isola dell’Asinara. >> Link: mutstintino.com

Sala interna del Museo della Tonnara a Stintino (photo © Michele Gagliani).

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coloro che aveva già lavorato nella tonnara Saline negli anni Sessanta, e il rais Agostino Diana. Sono stati anche reclutati giovani marinai poco esperti, anche per incoraggiare la rinascita di una professionalità che si stava perdendo, pur avendo una grande tradizione nel paese e nella comunità di Stintino. Nel periodo che va da aprile a giugno è facile, percorrendo le strade del paesino, incontrare sul molo i tonnarotti che preparano le reti, o vedere di primo mattino la musciarra al porto, di ritorno da una ricognizione; oppure, avvicinandosi ai gruppetti di pescatori seduti a cogliere i raggi del tiepido sole primaverile, percepire le loro chiacchiere e i loro discorsi sui tonni che, a quanto pare, sembrano non volere più passare nel golfo dell’Asinara, forse perché offesi dal grave inquinamento provocato dall’industria petrolchimica. L’ambizioso progetto ha già assunto ed assumerà nel tempo, se questa attività verrà portata avanti, un’importanza notevole, se non altro

dal punto di vista culturale, sociologico e turistico. Lo scorso anno, ad esempio, una troupe americana ha ripreso le varie fasi della sagra del tonno, svoltasi in paese. Ma la principale rilevanza di questa ripresa attività è, al momento, soprattutto scientifica. Infatti, allo scopo di dare un contributo di conoscenza sulla circolazione dei tonni nel Mediterraneo, nella tonnara di Stintino è cominciata, nel 1998, una campagna di marcatura con la tecnica “pop-off satellite tags”. Il progetto, che ha visto la collaborazione entusiastica del rais e della sua ciurma, era diretto dal prof. Gregorio Demetrio, dell’Università di Bari, coadiuvato da un gruppo di studio costituito da ricercatori di diversi paesi europei, dell’Università di Sassari e del Centro Studi Stintino. La prima marca liberata, dopo circa 14 giorni, ha trasmesso al satellite la propria localizzazione nel Mar Tirreno, ad est della Sardegna e Corsica. Questo significa che il tonno ha percorso una ragionevole distanza

pari a circa 100 miglia, passando nello Stretto di Bonifacio. La seconda marca ha iniziato a trasmettere dopo 25 giorni, dai pressi delle coste tunisine. A Stintino la tradizione della Tonnara è stata immortalata in un museo, realizzato nel 1995, dal nome significativo: il Museo della Tonnara, il ricordo della memoria. Questa struttura esternamente ricorda le antiche case del paese mentre all’interno l’ambientazione è simile al labirinto delle reti della tonnara; il colore predominate è il blu, con diverse camere che comprendono sezioni storiche, antropologiche e sulla biologia del tonno; infine si accede alla camera della morte, che fa immergere il visitatore nella vera atmosfera della mattanza. Numerosi i video che accompagnano la visita e spiegano progressivamente le varie fasi della pesca del tonno. Salvatore Rubino Nota Alle pagine 34 e 35 la spiaggia “La Pelosa” a Stintino, in Sardegna.

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MERCATI

La tendenza della spesa alimentare italiana

Il consumo di prodotti ittici surgelati nel 2015 di Roberto Villa

Si intravede l’uscita dalla crisi anche se non per tutti Per la prima volta, dall’inizio della crisi economica, la quota di famiglie italiane che nell’ultimo anno ha aumentato la propria capacità di spesa risulta superiore a quella delle famiglie che l’hanno invece ridotta (25,6% contro 21,3%). Si tratta di un dato che segna una forte discontinuità, basti pensare che nel 2013 il 69,3% delle famiglie aveva dichiarato che la propria capacità di spesa si era ridotta. È importante

segnalare che, nel 2015, la quota di famiglie che dichiara di aver aumentato i consumi (il 25,6%) è molto superiore a quella delle famiglie che hanno visto aumentare il reddito familiare (8,0%). In modo simmetrico, la quota di famiglie che ha ridotto i consumi è inferiore a quella che ha visto una contrazione del proprio reddito familiare complessivo. Rispetto al 2014, nel corso del 2015 si è registrata una timida ripresa della spesa alimentare delle famiglie italiane: lo 0,3%, a valori

correnti. Tale sostanziale stabilità scaturisce da tendenze contrastanti dei diversi prodotti che si sono tra di loro compensate. Una ripresa lenta e anomala dunque, ma pur sempre ripresa. E un Paese che torna se non altro a camminare (per correre ci vorrà ancora tempo e il protrarsi di condizioni favorevoli). Nel corso del 2015 la ripresa dei consumi alimentari è stata guidata dal Centro-Nord, mentre ancora sostanzialmente stagnanti sono state le vendite al Sud.

I dati raccolti e l’analisi delle tendenze di consumo ci confermano che la recessione è finita, anche se le famiglie italiane hanno lasciato sul piatto dal 2007 ad oggi 122 miliardi di euro.

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Le indicazioni provenienti da una recentissima ricerca IPSOS disegnano un quadro di tendenze ben stabilizzate e orientate, in grado di fornire chiari indirizzi anche per l’anno in corso. Per ciò che riguarda le motivazioni che indirizzano quotidianamente la spesa alimentare restiamo su temi piuttosto tradizionali: freschezza e prezzo su tutti (71%), seguiti da gusto (53%) e tracciabilità delle materie prime (37%). Le modalità di produzione preferite sono per il 58% quelle locali e regionali, con quote importanti per biologico (43%) e sostenibile (40%). La recessione è fi nita, anche se le famiglie italiane hanno lasciato sul piatto dal 2007 ad oggi 122 miliardi di euro (47 miliardi di minori risparmi e ben 75 di minori consumi). Ma più che la variazione seppur minima di segno positivo del PIL con cui si è aperto il 2015 (la crescita fi nale si è attestata intorno allo 0,7%), è la prospettiva degli Italiani ad essere cambiata: il 52% di essi (era il 41% appena un anno fa) considera infatti invariata o addirittura migliorata la propria situazione. Ciò è tanto più degno di attenzione come segnale dell’inversione in atto se messo in relazione al fatto che, tra il 2006 ed il 2014, i consumi alimentari nazionali hanno ceduto oltre 12 punti percentuali in quantità, un ritmo doppio se raffrontato all’arretramento della spesa generale per consumi (-6,4%). La caduta, che si era andata accentuando in modo particolare tra il 2011 ed il 2013, ovvero in corrispondenza della fase più acuta della recessione, aveva riportato la spesa alimentare indietro di oltre venticinque anni. Nel complesso, il 57% delle famiglie italiane, negli ultimi anni, ha ridotto la quantità e/o la qualità della spesa alimentare;

in particolare, il 5% delle famiglie ha abbassato il livello di qualità dei prodotti alimentari che acquista, il 34% ha tagliato sulla quantità, mentre il 19% ha ridotto sia qualità che quantità. Le famiglie spendono oggi meno per l’acquisto di olio di oliva, carne bovina, formaggi, acqua minerale e vino. Sono cresciuti invece i consumi di uova, pollame e selvaggina, di altri oli e di birra. Sul fronte dei consumi parrebbe però che sempre più Italiani dicano addio alla carne; secondo il rapporto EURISPES 2015, infatti, gli Italiani che hanno scelto di escludere le proteine animali dalla propria alimentazione nel 2014 sono il 7,1% della popolazione (circa l’1%in più rispetto all’anno precedente); 4,2 milioni di persone nel 2014, mentre nel 2013 erano stimati a 3 milioni e 720.000, con una crescita complessiva del 15%. A non aver modificato negli ultimi anni i comportamenti di consumo è solo il 36% delle famiglie per quanto riguarda la spesa alimentare; rispettivamente il 7% e il 5% hanno, invece, migliorato gli standard qualitativi e quantitativi. Il web: uno strumento per confrontare i prezzi ma anche per acquistare Vi è inoltre un ulteriore dato di riflessione, in ordine alle dinamiche più recenti del consumo: il 30% delle famiglie verifica prima su internet i migliori prezzi di vendita dei prodotti alimentari che andrà ad acquistare. Internet, quindi, non è soltanto un canale importante e fortemente in crescita per quanto riguarda la commercializzazione diretta di beni e servizi, ma rappresenta, attualmente, anche la principale bussola di orientamento delle famiglie italiane

La nostra è una società in continuo movimento, dove l’estremizzazione della mobilità ha portato ad una condizione nella quale non è il consumatore ad inseguire il cibo, ma è il cibo che insegue il consumatore

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sui mercati tradizionali. Tra le motivazioni degli acquisti on-line, al primo posto in assoluto la maggiore convenienza rispetto ai canali tradizionali (43%). Un ruolo non trascurabile lo giocano però altri tre elementi: la comodità di non doversi adeguare agli orari dei negozi (18%), la comodità di non doversi spostare (17%) e la possibilità di confrontare rapidamente tante diverse offerte (16%). Nel complesso, queste tre motivazioni di ordine pratico/logistico valgono percentualmente quanto la motivazione della convenienza economica. Di certo siamo ancora lontani dal 10% degli acquisti alimentari del Regno Unito ma qui da noi, dove la quota degli acquisti alimentari sul totale e-commerce è pari all’1%, è più la debolezza dell’offerta che non la domanda a fare la differenza, se è vero che oltre il 70% degli Italiani lo pensa come un canale alternativo al pari degli altri tradizionali e già oggi 4 milioni acquistano cibo online (erano 3,5 nel 2014). E sarà necessario anche per le aziende produttrici comprendere come affrontare le nuove sfide, perché fette sempre maggiori di beni si venderanno con un click, che sia da un computer, da un tablet o da uno smartphone. È quella che NIELSEN ha defi nito la rivoluzione calma del popolo dei millennial e della generazione Z. I surgelati nel quadro delle nuove tendenze Le nuove abitudini alimentari consolideranno le scelte verso i freschissimi, tenuto conto che nel 19% delle famiglie c’è almeno un vegano o un vegetariano, cui vanno aggiunti circa 300.000 persone che si indirizzano verso una dieta fruttariana o crudista. Il confezionato ha comunque solide basi anche grazie ad una recente maggior attenzione verso diete particolari: infatti, il 32% delle famiglie italiane ha almeno un componente intollerante a qualcosa: lattosio, glutine ma anche uova, soia ed altri allergeni. Se poi aggiungiamo agli intolleranti coloro che seguono diete free from per loro personali convinzioni

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o necessità, è facile prevedere che l’ascesa dei lavorati senza glutine e dei prodotti senza lattosio (già oggi in crescita rispettivamente del 31% e del 15%) subirà un’ulteriore impennata. Infine, l’innovazione alimentare per i consumatori sembra identificarsi sempre più con una vera e propria ricerca storico-geografica; infatti, il 20% la ritrova nei sapori regionali, un 14% la coniuga alla sostenibilità di fi liera, mentre un 11% vorrebbe etichette maggiormente intelligibili ed esaustive; una buona quota (13%) la vede legata alla scoperta di nuovi gusti e sapori. Più in linea con il significato classico di innovazione è invece la risposta che riguarda i settori, dove al primo posto compaiono i surgelati (37%) seguiti dai confezionati (32%). È interessante notare che l’innovazione maggiormente percepita nel settore dei surgelati sia quella legata al concetto di sostenibilità all’inter no delle nuove preparazioni. Il tema dell’innovazione — pur nelle sue dif-

ferenti declinazioni — torna prepotentemente al centro dell’attenzione del consumatore; tutte le più recenti ricerche confermano che circa un quarto del fatturato dell’industria alimentare (ben il 24%, pari a 28,8 miliardi di euro) è rappresentato da prodotti che presentano un alto contenuto di innovazione: la gamma del cosiddetto “tradizionale evoluto” (tra cui troviamo, com’è ovvio, le molteplici referenze di prodotti surgelati). Si tratta di un dato di notevole importanza, dal momento che poco più di 20 anni fa la situazione era ben diversa, con l’alimentare classico che copriva l’85% del totale ed il “tradizionale evoluto” che, con un 15%, cominciava timidamente ad affacciarsi nei consumi degli Italiani. Ciò significa che, nell’arco di un quarto di secolo, l’aumento percentuale di questi prodotti è ammontato a circa il 50%. Negli ultimi anni, il numero di persone che in Italia hanno aumentato il proprio consumo di surgelati

4 lo Scongelamento

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(22,5%) è ben superiore a quello di coloro che lo hanno diminuito (8%). Tale crescita continuerà nei prossimi anni ma sarà più moderata, dal momento che circa il 10% pensa di aumentare il proprio consumo mentre il 5% ritiene che lo diminuirà. Secondo lo studio, circa l’85% degli intervistati consuma più o meno spesso alimenti surgelati e in generale sono gli uomini ad utilizzarli maggiormente (87% rispetto all'83% delle donne). Si rivelano significative differenze nella frequenza di acquisto visto che circa il 25% consuma surgelati almeno 3 volte a settimana, il 46% lo fa una o due volte a settimana, il 21,5% due o tre volte al mese e circa l’8% solo una volta al mese o meno. La nostra è una società in continuo movimento, dove l’estremizzazione della mobilità ha portato ad una condizione nella quale non è il consumatore ad inseguire il cibo, ma è il cibo che insegue il consumatore. Mense, bar, luoghi di ristorazione, ma anche mezzi di trasporto come

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il secondo Lavaggio

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frequenza in termini di atti d’acquisto intorno ai 24 per anno, per una spesa media annuale di oltre 79 euro. Numeri, comunque, ancora distanti da quelli registrati nel resto d’Europa: In Gran Bretagna, Germania e Scandinavia le punte di consumo pro-capite superano i 45 chilogrammi. Tuttavia, va tenuto presente che Paesi mediterranei hanno a disposizione materie prime fresche in quantitativi nettamente maggiori rispetto a quelli nordeuropei.

Nel 2015 in Italia le vendite di prodotti ittici surgelati sono rimaste sostanzialmente costanti rispetto all’anno precedente, con un volume di 108.500 tonnellate, rappresentando la terza voce dopo i vegetali e le patate. aerei, navi, treni o luoghi di sosta, come gli autogrill, sono tutti spazi nei quali il consumatore incontra il prodotto surgelato. Questo accade proprio per rispondere ad un bisogno del consumatore e cioè quello di un approvvigionamento veloce, sicuro in termini di qualità del prodotto, che comporta insieme la necessità da parte del ristoratore di una preparazione con modalità rapide e rispondenti alle norme sanitarie vigenti; inoltre, il surgelato è un prodotto di ausilio per le famiglie che, a causa dei cambiamenti socioeconomici, hanno ridotto il tempo disponibile per la preparazione dei cibi. Nell’ultimo periodo si registrano nuove tendenze che evidenziano la passione degli Italiani per gli chef e la cucina, divenuta ormai un fenomeno da monitorare dove gli stessi chef sono assurti a modelli di riferimento sociale, e i cui risvolti hanno impatto sui comportamenti di acquisto e consumo dei prodotti alimentari.

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Una recente indagine NOMISMA ha evidenziato un aspetto degno di nota: le persone che seguono spesso i programmi televisivi sono più attente alla qualità dei prodotti che acquistano e alla loro origine; una tendenza che può ben intercettare l’offerta del surgelato, il quale — grazie alla linea del freddo, al confezionamento che in genere avviene con prodotti a km 0, alla supervisione e all’operato di addetti specializzati — garantisce il massimo della qualità e del mantenimento delle componenti organolettiche presenti nelle fasi di pre-lavorazione. Il mercato dei surgelati Il mercato dei surgelati in Italia è un segmento dell’alimentare di tutto rispetto: anzitutto il valore del mercato (al dettaglio e nel canale catering) che sviluppa una cifra tra i 4,2 ed i 4,5 miliardi di euro. Poi il numero delle famiglie acquirenti, oltre 24 milioni, che comporta una penetrazione prossima al 97%; l’acquisto medio si attesta intorno ai 13,60 kg con una

L’andamento stabile degli ittici surgelati nel 2015 Nel 2015 in Italia le vendite di prodotti ittici surgelati sono rimaste sostanzialmente costanti rispetto all’anno precedente, con un volume di 108.500 tonnellate (+200, pari al +0,2%) e rappresentano la terza voce dopo i vegetali (393.200 t, +1%) e le patate (146.400 t, +0,2%). Ad una analisi di più lungo respiro emerge che nel periodo intercorso tra il 2005 ed il 2015 i volumi degli ittici sono rimasti al palo, se si escludono il 2011 e il 2012 quando furono superate le 93.000 tonnellate annue, diversamente da altri comparti che hanno messo a segno crescite consistenti: +54,3% le carni rosse, +41,7% le carni bianche, +25,5% le patate, +10,5% i vegetali, +10,3% pizze e snack. Nell’ambito delle vendite al dettaglio il quantitativo è stato di 89.600 tonnellate (+100 t sul 2014): se il pesce intero naturale ha visto una affermazione sul mercato (28.400 t contro 27.800 del 2014, +2,1%), il pesce panato o pastellato ha sofferto un calo dell’1,5% (da 33.900 a 33.400 tonnellate), mentre molluschi e crostacei sono rimasti fissi a quota 27.800 tonnellate. Nelle vendite, attraverso il canale del catering i volumi sono aumentati di sole 100 tonnellate, toccando quota 18.900. Gli ittici surgelati beneficiano anche marginalmente del leggero incremento dei primi piatti ricettati (da 18.300 a 18.390 tonnellate), sebbene in un quadro di forte ridimensionamento di questi cibi, notevolmente scesi dalle 32.700 tonnellate che vendevano nel 2005. Roberto Villa

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Sushi Daily presenta il Tataki in limited edition La novità dell’estate 2016 Sushi Daily è il Tataki: goloso bocconcino di pesce scottato all’esterno e crudo all’interno, preparato con salmone, tonno e wahoo fish (acantocibio in italiano), un pesce della famiglia degli sgombri, già molto conosciuto e apprezzato nella preparazione artigianale del sushi. In vendita dal 20 luglio, il Tataki, in confezioni da tre pezzi per ciascuna tipologia di pesce, verrà proposto in quattro esclusive ricette che si potranno trovare in tutti chioschi Sushi Daily fino a settembre. Novità nella novità: attestandosi ancora una volta come un brand innovativo, Sushi Daily ha scelto di introdurre il wahoo fish nella preparazione del Tataki. Gustoso e “sostenibile”, proviene dai mari tropicali e subtropicali: la sua carne bianca, dalla texture consistente, con un basso contenuto di grassi, è molto apprezzata da tutti i sushi makers. Per un aperitivo o una cena estivi Sushi Daily propone il Tataki abbinato a deliziosa frutta fresca, che ne esalta il gusto agrodolce, in quattro versioni: il Tataki “Chirashi” con riso, avocado e kiwi (a sinistra), il Tataki Fragola e Menta, quello Mela e Coriandolo da accompagnare con la salsa Miso-Yuzu già inclusa nei box o il Verde Tataki preparato con mela, cetriolo e avocado, servito con salsa di soia.

STEF: fatturato consolidato del secondo trimestre 2016 Il fatturato del Gruppo STEF rimane stabile nel secondo trimestre 2016 grazie ad una buona crescita delle attività internazionali che compensa il calo di fatturato legato alle attività commerciali, in seguito ad alcune scelte selettive operate dal Gruppo sul proprio portafoglio clienti della ristorazione fuori casa (Horeca.). In un contesto di leggero miglioramento dei consumi alimentari, le attività trasporto e logistica del Gruppo, escludendo l’effetto carburante, crescono del 3,6% nel 2o trimestre (vs +3,5% nel primo trimestre 2016). Trasporto Francia Il Trasporto Francia prosegue nel proprio core business ma nel corso del trimestre è stato penalizzato dall’effetto negativo del calo del prezzo del carburante per € 5,7 M (escludendo l’effetto carburante, l’attività cresce dell’1,2% nello stesso periodo), e dalle festività pasquali, coincise proprio con la fine del trimestre 2016. L’attività nella regione sud-occidentale della Francia ha inoltre sofferto per le conseguenze del vuoto sanitario organizzato dalla filiera del foie gras. Logistica Francia La Logistica Francia conferma la propria crescita regolare con un aumento del 3,2%, a perimetro costante, nel trimestre. L’attività legata ai surgelati fa registrare un incremento del 5,2% grazie ad un tasso di saturazione dei depositi superiore di 6,5 punti rispetto al secondo trimestre 2015. Internazionale Le attività internazionali del Gruppo consolidano le loro performance con un aumento del fatturato del 6,7% a perimetro costante: • in Italia, le attività sono cresciute del 12,8% nel corso del trimestre, sospinte da nuovi contratti strategici stipulati con importanti aziende agroalimentari, in particolare nel settore dell’alimentare termosensibile (da +8 a +15 °C); • in Benelux, le attività sono positive, grazie all’intensificazione dei flussi tra Belgio e Paesi Bassi e alla progressiva creazione di una rete di trasporto, che si sta sviluppando grazie alle acquisizioni esterne. Marittimo L’attività legata al trasporto merci de La Méridionale continua a soffrire a causa della concorrenza di nuovi operatori. Al contrario, l’attività passeggeri sta proseguendo positivamente, tanto da chiudere il 2° trimestre con un incremento dello 0,9%. Il fatturato totale del Gruppo, al 30 giugno 2016, ammonta a € 1.359,3 M, rispetto ai € 1.360,7 M di fine giugno 2015, in leggero calo dello 0,1%. >> Link: www.stef.com

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L’acquacoltura sarà determinante per colmare il gap tra domanda e offerta

2030: proiezioni sulla domanda di prodotti ittici nel mondo Secondo il rapporto presentato dagli esperti della FAO al North Atlantic Seafood Forum di Bergen, Norvegia, lo scorso marzo, la stima sulla domanda mondiale di prodotti ittici nel 2030 corrisponde ad una cifra di poco superiore ai 260 milioni di tonnellate. Calcolando una produzione mondiale di prodotti ittici nel 2012 pari a circa 156 milioni di tonnellate, il gap tra domanda e offerta sarebbe di oltre 100 milioni di tonnellate. Tale differenza è da ascriversi in primis alla crescita del reddito, che ha portato ad un aumento della domanda di pesce pro capite soprattutto in Cina. Per tentare di colmare questo divario è necessario migliorare la gestione e l’uso delle risorse della pesca e allinearsi al Codice di Condotta per la Pesca Responsabile (Code of Conduct for Responsible Fisheries), che sin dal suo lancio, nel 1995, ha contribuito a stabilizzare le risorse. L’acquacoltura sarà anch’essa determinante per colmare il gap tra domanda e offerta e la crescita dell’acquacoltura ha già superato la crescita delle catture. Si stima che il rapporto tra prodotti ittici scambiati a livello internazionale e prodotti ittici prodotti sia scesa dal 36,8% nel 2012 al 35,8% nel 2014, a dimostrazione di un incremento della domanda di prodotti ittici

Il porto di Cobh in Irlanda (photo © Artur Bogacki). nelle regioni di produzione e di una minore disponibilità di pescato da destinare al commercio. La grande espansione del commercio dai Paesi in via di sviluppo ai paesi sviluppati, pertanto, sta rallentando, alla luce dell’aumento del consumo nei paesi in via di sviluppo. Il gap più ampio si registrerà probabilmente in Asia, quindi nei paesi dell’Africa subsahariana; anche in Europa, che già dipende molto dalle importazioni, si prevede entro il 2030 un significativo gap tra domanda-offerta.

Prodotti ittici dall’Irlanda L’ambiente marino unico dell’Irlanda, con le acque temperate della Corrente del Golfo che si incontrano con le fredde acque oceaniche dell’Atlantico, costituisce un habitat ideale per il proliferare di un’ampia varietà di pesci e frutti di mare. Il mercato complessivo dei prodotti ittici irlandesi è stimato in 890 milioni di euro, dei quali 560 milioni sono destinati alle esportazioni (63%). Fonte: Bord Bia bordbia.milan@bordbia.ie

Prodotti ittici esportati dall’Irlanda Acquacoltura

Salmone biologico, cozze biologiche e ostriche

Pesci pelagici

Pesce tamburo (Capro saper), sgombro, sugarello, tonno alalunga

Frutti di mare (crostacei e molluschi)

Granchio di mare, scampi (Nephrops norvegicus), astice, necora, gamberello, buccine, capesante atlantiche, chiocciole di mare

Pesce bianco

Asinello, merlano, merluzzo bianco

Fonte: FAO 2014, BIM 2015.

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INDAGINI

Affiliazione, parola d’ordine per uscire dalla crisi Il Centro Studi del Salone Franchising di Milano presenta interessanti dati sulle performance di oltre 1.000 aziende. L’alimentare non solo non è esente dal fenomeno, ma è tra i comparti che mostra maggior dinamicità, soprattutto con la ristorazione e in particolar modo all’estero, dove il cibo made in Italy è universalmente richiesto ed apprezzato di Sebastiano Corona

I dati parlano chiaro: il primo trimestre 2016 ha registrato, rispetto allo stesso periodo del 2015, un +12% degli articoli per la persona, un +11% per l’abbigliamento e un +9% del food. Il franchising sembra quindi essersi lasciato alle spalle la crisi, ben prima dei canali commerciali classici. Nel 2015 il giro d’affari si

è attestato a 23,3 miliardi di euro, un valore che è pari all’1% del prodotto interno lordo nazionale e che, dopo una leggera flessione, si è ora ristabilito sui livelli dell’anno 2013. Sul lungo periodo si colgono le interessanti performance di un settore che contribuisce in maniera importante, a tenere alte le sorti

dell’economia nazionale. Dal 2009 ad oggi, il giro d’affari, al pari del personale impiegato, è cresciuto del 5% circa, mentre il numero delle insegne, è aumentato vistosamente con una percentuale che supera il 15% (dati, ASSOFRANCHISING ITALIA 2015). Ad onor del vero non è tutto positivo. Calano, per esempio, vistosa-

Il banco del pesce in un punto vendita Eataly.

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Pescepane, nata a Firenze, è una cucina mobile itinerante su un azzurro Apecar che propone pesce in versione street food. Ribollita di mare, zuppa di seppie e melone invernale, pappa al pomodoro di mare, panino ai gamberi argentini, panino al polpo sono solo alcuni esempi di quel che il menu offre (photo © www.pescepane.it). mente i servizi alle imprese con –29% e il commercio specializzato, –27%, dove evidentemente gli spazi sono minori. Anche quella ripresa che il franchising ha saputo riagganciare prima e meglio degli altri canali, non è stata dunque completamente priva di difficoltà. Ci sono ambiti dove questa formula si mostra particolarmente vincente sia in casa che oltre confine, soprattutto quando l’affiliazione riguarda uno di quei settori dove il marchio made in Italy è particolarmente forte come cibo, moda, gioielli o accessori alla persona. Non a caso, le aperture all’estero di attività in franchising sono in crescita quest’anno di un valore pari al 35%, rispetto al 2015. I punti vendita pesano per oltre 1.100 nuovi assunti e per il 20% sul fatturato totale, con punte fino al 60% per alcuni franchisor. Tra le mete più ambite in cui sviluppare la formula, ci sono mercati relativamente nuovi come l’Arabia Saudita, Dubai, Oman, Iran, ma anche mercati classici come la Svizzera, il Belgio, il Regno Unito, la Francia, la Germania, l’Est Europa (soprattutto con Romania e Bosnia) e le ex Repubbliche sovietiche. Nell’analisi dei settori va alla moda lo scettro per migliore per-

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formance, con un numero significativo di nomi che stanno occupando posizioni nei centri più importanti del pianeta, anche aprendo decine di negozi per volta. Ma a trainare è anche il comparto alimentare, a cui ha contribuito in maniera importante Expo 2015. La ristorazione in franchising è infatti passata da un fatturato di 2 miliardi nel 2013 ai 2,5 del 2015, con un incremento del 25%. Nel food si stanno velocemente imponendo marchi come LA YOGURTERIA, ILLYCAFFÈ, CAFFÈ VERGNANO, EATALY, GIOVANNI RANA, YOGORINO, ROSSOPOMODORO, ma anche QUEEN’S CHIPS. Un aspetto singolare è che soprattutto nell’alimentare, siano principalmente i marchi minori, a mostrare delle performance significative all’estero. In questo comparto si stanno inoltre affermando format nuovi e diversi, come gli American diners, i bistrot e bar vegani. Ma anche i negozi di patatine e pollo fritto, rivendite talvolta mono-prodotto e gli street food mobile come i truck o le più caratteristiche ape car. Parallelamente, si affermano filoni come la ristorazione a tema, di cui l’esempio più classico sono i ristoranti etnici, messicani, tex-mex o sushi.

Il modello di business del franchising, un tempo vissuto come nemico numero uno dal commercio, cavallo di Troia per l’invasione della ristorazione americana a danno della nostra, è diventato un alleato fenomenale del made in Italy. Il settore dove la tradizione del franchising nel food è storicamente più radicata è la GDO, dove però, sul breve periodo, la performance è più modesta e si assesta “solo” su un +2%. Un risultato questo, meno eclatante, ma che incide per il 33% sul totale del settore in termini di fatturato (7,5 miliardi). Sono dunque la ristorazione e la GDO a rappresentare da sole 10 miliardi di euro, un ammontare che conta poco meno della metà del totale. Secondo i dati contenuti nel rapporto di ASSOFRANCHISING, il numero complessivo delle insegne attive nel nostro Paese è pari a 950 e il numero dei punti vendita — cresciuto nel 2015 dello 0,8% — ha superato le 50.000 unità. È invece stabile il numero medio dei punti vendita per marchio (53), a conferma del fatto che, se molti franchising nascono, tanti altri muoiono nel breve termine. Gli occupati però sono tornati a crescere dopo la lieve flessione del 2014 e sono oggi 190.000, con una media di 4 addetti a punto vendita. Tra le regioni italiane, la Lombardia si conferma la sede più favorevole per numero di insegne (pari a 246), seguita dal Lazio (in lieve calo e oggi pari a 108) e dalla Campania, che ne conta 88 ma che, per il terzo anno consecutivo, si mostra in crescita (73 insegne nel 2013). Secondo RDSCONSULTING, società che organizza il Salone del franchising a Milano, nel 2015 gli Italiani hanno speso nei punti vendita affiliati, 23 miliardi di euro. Tra gli elementi vincenti di questo tipo di contratto, vi è la condivisione di rischi tra franchisor e franchisee e il grande lavoro di studio che non manca mai alla base dello sviluppo di un brand. Ma ci sono anche altri fattori che hanno concorso, soprattutto negli ultimi anni, a far crescere il settore. Uno di questi, è la capacità di valorizzare le specialità regionali e fare squadra tra operatori.

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Nell’analisi dei settori va alla moda lo scettro per migliore performance, ma a trainare è anche il comparto alimentare: la ristorazione in franchising è infatti passata da un fatturato di 2 miliardi nel 2013 ai 2,5 del 2015, con un incremento del 25%

Il franchising ha avuto sinora altresì il merito di creare una nuova classe di giovani imprenditori, fortemente orientati al mercato e capaci di rispondere e di anticipare le tendenze. Nel complesso, la formula si sta mostrando talmente valida, da spingere perfino alcune istituzioni a promuovere e finanziare chi adotta il modello. Di contro, chi temeva che questa modalità di lavoro avrebbe aperto le porte ad un’invasione di imprese e multinazionali estere, è stato smentito. In Italia, su 950 insegne presenti sul territorio, più di 800 sono made in Italy. Anche dietro nomi commerciali stranieri altisonanti, che possono indurre a credere che il prodotto non sia locale, si celano spesso connazionali. E sono soprattutto i

giovani ad amare questa formula, utilizzata come trampolino di lancio per il grande salto nel mondo degli affari. La convinzione che il franchising da solo possa di per sé garantire il successo, è però erronea. Questo tipo di contratto porta una serie di vantaggi evidenti che si possono leggere anche nei dati appena esposti, ma presenta, non da meno, condizioni e costi importanti che un negozio che non sottostà ad affiliazione alcuna non deve sopportare. A parte i fee annuali e i fee di ingresso, che ovviamente aumentano a seconda dell’affermazione del marchio a livello nazionale ed internazionale, le altre condizioni di contratto potrebbero tradursi in ulteriori costi. Esistono per esempio molto spesso clausole sulla posizione del negozio o sulla sua strutturazione interna ed esterna. Soprattutto nel food (ma non solo in quello), è normalmente richiesta una posizione di assoluta visibilità o di forte intensità di traffico, i cui affitti dei locali sono pertanto orientativamente più alti. I migliori punti all’interno dei centri storici delle grandi città, i centri commerciali più frequentati, le stazioni dei treni o gli aeroporti: sono tutti parametri dettati dal franchisor. Esistono inoltre regole o prassi anche in merito al personale, che — sia per motivi economici, sia per ragioni di radicamento nel territorio — si preferisce quasi sempre assumere in loco, anche se con un percorso

formativo iniziale, dove il franchisor ha un ruolo decisivo. Stesso dicasi per l’affermazione del marchio che, seppur nell’ambito di un ampio piano marketing del franchisor, è affidato al franchisee, che si deve attrezzare per promuoversi nel contesto locale e per raggiungere quegli obiettivi di bilancio in assenza dei quali, il ritiro del brand è assicurato. Quanto detto, unito a condizioni specifiche di lavoro, supervisione del franchisor, rispetto di regole ferree, che talvolta prescindono dalle specificità locali e dal mercato di riferimento, fanno dell’istituto una formula tanto efficace, quanto impegnativa. Eppure, dai dentisti ai centri di dimagrimento, dai fiorai ai supermercati bio, dalle lavanderie automatiche, passando per i centri ottici, il noleggio furgoni e i servizi postali, l’onda lunga del franchising non si arresta, travolge tutti i comparti produttivi. Ed è così che il franchising, in tempi di globalizzazione, presta il suo grande contributo all’omologazione. Ciò che si acquista a Londra — sia esso cibo o arredamento — si può avere nelle stesse modalità e con le stesse caratteristiche a Roma o a Dubai. Le specificità locali possono dunque utilizzare il franchising come alleato, ma anche soccombere alla dura legge del mercato che vede il consumatore affannarsi nella ricerca di un prodotto standard e sempre uguale, ovunque si trovino. Sebastiano Corona

IL FUTURO DEL VAGLIO DEL PESCE Alu Technology srl Via Vivaldi, 144 41019 – Soliera (MO) Tel 059 9782809 059 5962114 FAX 059 5960824 Email info@fishgrader.com www.fishgrader.com


SPECIE ITTICHE

Percebes, foie gras e limone di mare

Sorprese del mare di Luca del Grammastro

Si ottiene dal mare quello che ci offre, non quello che vogliamo. Le nostri reti, nasse, sono una domanda. La risposta non dipende da noi, ma da quello che il mare è in grado di donarci e, soprattutto, dal lavoro stremante dei pescatori. Avete mai sentito parlare di percebes, foie gras o limone di mare? Forse sì, se siete stati in vacanza in Galizia o nella zona a Nord del Portogallo, in Francia o semplicemente nelle regioni meridionali della nostra Penisola. Percebes, deliziosi “mostri” di scogliera Il percebes, prezioso e prelibato crostaceo della classe dei Cirripedi, vive attaccato alle impervie scogliere

rocciose della Galizia. Lungo pochi centimetri, è dotato di un piede “arricciato” con estremità ungulata, una sorta di artiglio madreperlaceo, con il quale cattura plancton, ancorato alle rocce battute dalle onde della costa atlantica. Non ha sicuramente un aspetto invitante ma il suo sapore succulento concorre a portare in tavola tutto l’irresistibile gusto del mare. A differenza di quelli marocchini che si appigliano lungo le coste sabbiose, i percebes spagnoli sono più pregiati e si distinguono in “d’ombra” e “di sole”, a seconda di dove vivono. I primi sono sicuramente i più apprezzati, grazie alle proprietà di temperatura, salinità e densità delle acque marine che

influiscono positivamente sulla loro crescita e sulla conseguente ricchezza di sostanze nutritive. Diversamente da altri crostacei, questi “mostri” di scogliera sono poco diffusi, di difficile reperibilità per il duro e rischioso lavoro di raccolta ed estremamente costosi. Presentano comunque un basso contenuto di colesterolo, un valore energetico limitato, mentre buono è il contenuto di calcio, ferro e iodio. Sicuramente una rarità da provare, si possono gustare crudi o scottati con vino bianco. Mangiati a temperatura ambiente, si spezzano con grande facilità utilizzando semplicemente le dita, estraendo il contenuto che è compatto e di colore arancione.

Percebes (photo © tipicamente.it).

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Fegato della rana pescatrice Altra prelibatezza che solo il mare è in grado di offrirci è lo straordinario fegato della rana pescatrice, pregiatissimo, dalla sapidità spiccata, prodotto gourmet nascosto in un pesce dalle carni eccelse. Nella cucina francese identificato come foie gras de la mer (o foie de lotte), così come in quella d’Oltreoceano, i grandi “mostri del mare”, le rane pescatrici, divoratrici dei fondali con i loro denti aguzzi, non hanno solo carni prelibate, ma il loro fegato è eccezionale e molto costoso. Da noi rimane ancora un prodotto di nicchia, difficile da reperire al mercato, non semplice da cucinare ma straordinario al palato. Può essere servito in svariati modi ma il più semplice da realizzare è quello dopo una scottata con acqua bollente, aceto e vino bianco e dopo una perfetta amalgamazione con olio di oliva extra vergine, succo di limone, sale, pepe, aglio e prezzemolo finemente tritato può essere spalmato su gustosissimi crostini tiepidi. Limone di mare Un’altra indiscussa squisitezza presente sia Francia che Italia, è il limone di mare o uovo di mare, un piccolo tunicato, ovvero un organismo filtrante che vive a stretto contatto con il fondo del mare. Il nome deriva dal denso insediamento sulla tunica di altri organismi (ascidiacei, policheti sedentari, spugne, alghe, ecc…) i quali formano un piccolo giardino

L’ankimo (“foie gras del mare”) è una specialità della cucina giapponese (photo © The Buffalo News). fiorito. Ha una forma cilindrica che varia dai 5 ai 10 cm di lunghezza, predilige fondali rocciosi o melmosi, lontani dalla zona costiera, fino a 100 metri di profondità. La distribuzione geografica è principalmente il Mar Mediterraneo e per questo viene consumato nelle zone costiere del Sud Italia e nella Francia meridionale. È un ingrediente fondamentale della bouillabaisse, una zuppa di pesce tipica della Provenza, alla quale conferisce un delicato sapore e profumo unico. Dell’uovo di mare si mangia la sacca gialla dove sono contenuti i visceri ed ha un sapore decisamente asprigno (da cui il nome limone di mare) e un aroma marino e iodato dal

profumo unico. Sicuramente curioso è il comportamento di questi organismi acquatici che, quando vengono disturbati, schizzano acqua da un sifone esalante disposto sul fianco del corpo e per questo loro atteggiamento sono chiamati, in lingua inglese, sea squirts (schizzare, sprizzare, anche come sostantivo). Nei vostri viaggi dei sapori inserite queste tre gustose bizzarrie che solo la luce differente di ogni onda è in grado di regalare. Dott. Luca del Grammastro Nota Le fonti bibliografiche sono disponibili presso l’autore.


PESCE D’ACQUA DOLCE

In Croazia, sulle rive del Narenta e nell’area di Komarna

Brujet: trionfo di anguille e rane, con polenta e vino di Riccardo Lagorio

Nel XXI Libro della Storia della Natura, PLINIO esalta le doti cosmetiche e di eleganza del giaggiolo illirico, tanto esile da potersi spostare con uno starnuto. Lo si raccoglieva lungo le sponde del fiume Drina e nella città di Narona, accanto al fiume Narenta. A Metković ne vanno ancora oggi

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fieri e intorno al trinomio ambiente, cultura e cucina hanno saputo creare un’accoglienza turistica da manuale, ma ancora poco nota al grande pubblico. Il Narenta si configura per lunga parte dei suoi 218 km come un impetuoso fiume montano, ma una trentina di km prima di

gettarsi nell’Adriatico cambia le sue caratteristiche e dà vita a una vallata attraverso la quale scorre tranquillo, ricco di meandri e laghi fluviali che sono stati utilizzati per ottenerne canali. Nella parte pianeggiante e alluvionale del delta si è sviluppata una vegetazione rigogliosa e un’agri-

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Al fine di procurarsi le anguille e le rane nel labirinto di canali si usa ancora oggi la “trupa”, una semplice imbarcazione originata dallo scavo di un tronco, molto leggera e stretta, perfetta quando il livello d’acqua è molto basso

C’è chi prepara l’anguilla allo spiedo; qualcuno la fa ancora essiccare, ma è quando va a braccetto con le rane che i Narentani danno il meglio di loro trasformandole nel piatto locale, il brodetto, brujet. Le une catturate nelle nasse; le altre con la fiocina, abbagliate di notte dai fari dei raccoglitori

In alto: anguille nella rete. In basso: cottura del brodetto.

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coltura che ha puntato tutto sulla eco sostenibilità. Un’area paludosa di rilevanza internazionale, secondo i principi sanciti a Ramsar, dove il numero e le specie di uccelli ha sempre suscitato lo stupore dei viaggiatori e l’attenzione degli scienziati, tanto che l’apertura del Museo ornitologico fu quasi una scelta dovuta. Le più importanti e diffuse piante d’acqua dolce sono le ninfee, riconoscibili per le foglie galleggianti mentre il carattere salmastro delle acque narentane è il presupposto per la presenza della gran varietà di specie ittiche che vivono, si alimentano o trascorrono la stagione della fregola in questi corsi d’acqua. Cefali e anguille su tutte. Ma anche pesce gatto e trote. Tra i numerosi anfibi presenti il più comune è la rana verde, divenuta in realtà simbolo della piana dove svettano i mandarini. C’è chi prepara l’anguilla allo spiedo; qualcuno la fa ancora essiccare, ma è quando va a braccetto con le rane che i Narentani danno il meglio di sé trasformandole nel piatto locale, il brodetto, brujet. Le une catturate nelle nasse, le altre con la fiocina, abbagliate di notte dai fari dei raccoglitori. Per le famiglie di Metković e nei locali di Vid, la frazione che sorge sulle rovine di Narona, il brujet accompagnato dalla polenta è infatti un rito che si ripete praticamente ogni giorno dell’anno. D’obbligo il venerdì di magro. Al fine di procurarsi le anguille e le rane nel labirinto di canali i Narentani usano ancora oggi la trupa, una semplice imbarcazione originata dallo scavo di un tronco, molto leggera e stretta, perfetta quando il livello d’acqua è molto basso. Per il trasporto di merci pesanti il carro per le acque è invece la lađa, possente e robusta. Trasportava anche i contadini al lavoro o li riportava a casa; ora trasporta i turisti nel reticolo azzurro e verde dei canali, siano a caccia di vergini scorci da fotografare o si lascino cullare dalle onde che il nocchiero provoca con il remo per procedere mentre loro gozzovigliano con davanti un piatto di salumi e formaggio o folaghe e alzavole cotte sotto la campana di

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La “trupa”, imbarcazione ricavata dallo scavo di un tronco, molto leggera e stretta, perfetta quando il livello d’acqua è molto basso. ferro (sačura). O più spesso di fumante brujet. Gli ingredienti, pochi e semplici: peperoncino, pasta di pomodoro, olio di oliva, cipolla e aceto. E anguille e rane. Le anguille catturate rimangono qualche giorno a spurgarsi della sabbia che possono avere ingerito. Nel ristorante Ðuđa i Mate, considerata da 25 anni un’istituzione da parte degli abitanti locali, giunto il giorno del brodetto le anguille vengono sezionate e affettate a tocchetti da 5 cm, che risultano uniti per una striscia della pelle. Le rane sono decapitate, eviscerate e private della pelle. In una casseruola con dell’olio extravergine di oliva si sfumano le cipolle e un pizzico di peperoncino. Poi la pasta di pomodoro e si aggiusta d’acqua con l’anguilla riposta delicatamente. Un coperchio chiude sino a bollitura, quando si aggiunge al composto un bicchiere d’aceto. Di tanto in tanto un cucchiaio di legno rimesta il brodetto. È trascorsa circa mezz’ora, i tranci di anguilla si sono separati gli uni dagli altri ed è in questo momento che le rane raggiungono il brodetto. Cuoceranno insieme per una decina di minuti, mischiando ancora con l’utensile. Nel frattempo le donne dello staff di cucina hanno preparato la polenta, gialla come quella conosciuta in pianura padana, morbida

come quella adriatica. Di qui e di là dell’Adriatico. Escono i tegamini, anguille e rane sono ben distribuite nel brodetto. Anguille, rane e vino La leggera piccantezza incoraggia l’incontro con il vino: il brodetto merita un applauso così forte che anche la statua di Augusto e degli altri Quiriti nel museo accanto sobbalzeranno. La viticoltura è riapparsa poco a sud di Metković dopo anni di abbandono nell’area conosciuta come Komarna. Il territorio fa parte della regione croata raguseo-narentana e si trova immediatamente a nord dell’enclave bosniaca di Neum sull’Adriatico. Paesaggi mozzafiato di insenature e isole, la terraferma che si getta a capofitto nelle acque blu. Slivno è un paese fantasma a cui DAMIR ŠTIMAC e la famiglia hanno offerto la possibilità di rivivere e fare conoscere le gigantesche tombe medievali che si trovano nella macchia mediterranea (stećci). Gli Štimac sono devoti a San Michele: i lavori vennero infatti iniziati il 29 settembre 2009. San Michele li ha senz’altro aiutati nel guidarli ad una intrapresa monumentale che ora fornisce vino ai migliori ristoranti di Spalato e Ragusa, ma anche a Mostar e nella città del pellegrinaggio mariano di Međugorje.

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Ci ha coinvolto per aroma e gusto, servito con la selvaggina da penna, altra preparazione familiare nel delta del Narenta. L’olio di varietà Oblica e gli sguardi verso il mare vi impediranno di partire. Riccardo Lagorio Restaurant-pansion Ðuđa & Mate Velika riva 2 – 20352 Vid Telefono: +385 20 687 500 E-mail: djudjaimate@gmail.com Web: www.djudjaimate.hr

In alto: Damir Štimac. In basso: i vini prodotti della cantina Rizman. Accanita selezione delle uve in vigna e poi in cantina, sui tavoli. Lì è l’uva migliore che, separata per varietà, viene spremuta e diventa vino. La Rasula, rosato di uve Plavac mali e Tempranillo coltivate in regime biologico, fragranza di fragola e piccoli frutti rossi, bocca ampia di lampone indicato per il brodetto. Ma anche il Pošip (dall’omonima

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varietà d’uva) ha impressionato per le assonanze speziate con il piatto, specie nella versione denominata Nonno, che trascorre alcuni mesi in botti di rovere. Il Tribidrag (è la versione dalmata del Primitivo) è coltivato su terreni che raggiungono pendenze del 40% e si gettano direttamente nell’Adriatico. Robusto, tannico e persistente.

Vinarija Rizman Stolovi 2 – 20356 Klek Telefono: +385 91 244 90 40 E-mail: kontakt@rizman.com.hr Web: www.rizman.com.hr Museo Archeologico di Narona Naronski trg. 6 – 20352 Vid Telefono: +385 20 687149 Web: www.a-m-narona.hr Nota A pagina 54, paesaggio di Komarna, piccolo villaggio di pescatori tra il fiume Neretva e il mare, vicino a Dubrovnik, Croazia.

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Frutto vivo della Terra


IL PESCE IN TAVOLA

Cozze: forza e bellezza in un solo guscio di Giorgia Fieni

Chissà poi perché si dice “brutta come una cozza”… Io direi “forzuta come una cozza” piuttosto: prima di tutto perché vengono chiamate anche “muscoli” e poi perché non sono mica esserini flaccidi! Dopo averle spazzolate, infatti (per eliminare tutte le incrostazioni, motivo per cui sarebbe bene usare la classica spugnetta di ferro, imbevuta di acqua fredda acidulata con limone o aceto) e lavato bene i gusci (possiamo anche approfittare dell’occasione per controllarne la freschezza: immerse in acqua le migliori sono quelle che rimangono sul fondo, in quanto ancora ricolme del liquido marino), bisogna usare un gesto deciso per strappare il bisso (o barbe…la peluria, insomma — e sperare di trovarla in quanto indice

di qualità) e metterle 3-4 minuti su fuoco vivace (con vino oppure olio, aglio, peperoncino, o semplice acqua, magari allo zafferano) per farle aprire! Movimenti netti, quindi, convinti, perché la cozza oppone una gran resistenza. Una volta compiute queste operazioni preliminari (avendo cura di non gettare mai il brodo di cottura: una volta filtrato è un’insaporitore di rara bontà), le cozze aperte diventano arrendevoli, morbidissime, quasi voluttuose: basta un risucchio e un movimento di lingua per gustarle (e io vi consiglio di farlo coi prodotti italiani, come il Mosciolo di Portonovo o la Cozza di Scardovari DOP). Succo d’arancia in cottura e listarelle di scorza sono perfetti per estra-

polarne la freschezza in maniera più originale, oppure aglio e ouzo greco (o pastis francese), con un tocco mediterraneo. Chi invece preferisce donare anche al mollusco cotto una certa resistenza, può irrobustirlo con un gratin. «Per me — ha detto ANTONINO CANNAVACCIUOLO — una cozza ben gratinata all’interno del suo guscio, con una bella gragnola di pane (ma BENEDETTA PARODI ci conferma che vanno bene anche taralli e grissini), prezzemolo e aglietto è come un cioccolatino con un ripieno di mare dall’intensità inconfondibile. Potrei indire una gara a chi ne mangia di più e uscirne vincitore». Oppure coprirle di prezzemolo, passarle in pastella (ghiaccio, selz, farina di riso, tuorlo d’uovo), frig-

Impepata di cozze, un classico sempre gustoso (photo © ricette.foxlife.it).

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gerle in olio e gustarle con scaglie di pecorino (il quale, secondo RENATO SALVATORI, è l’unico formaggio che ne esalta il gusto). O anche (sempre cosparse di prezzemolo ma con aglio e basilico) cuocerle sulla piastra in un cartoccio di carta fata. Per ammorbidirle ulteriormente si possono farcire i gusci con una crema preparata col loro brodetto e Roquefort o con panna e curry o crème fraîche oppure trasformarle in crema e servirle in ciotoline di terracotta sul pane (tostato e coperto di Emmental e senape di Digione delicata). A questo punto, quindi, tanto vale continuare a “giocare” con le cozze dando loro una forza aspra (con lime, Vermouth dry e London dry gin per un originale Martini; in briciole tostate al caffè, sugli spaghetti al profumo di limone; coperte di Bloody Mary rinforzato, ovvero passata di pomodoro, salsa Worcester, crema di rafano, peperoncino rosso fresco, sedano), corposa (cotte con pancetta, peperoncino, pomodori ciliegino, sherry, origano), liquida (in ceviche con barbabietole o in zuppa con lo zafferano), croccante (sulle bruschette, con broccoli e pomodori all’arancia al forno, o sulle friselle, con vongole, gamberetti e sugo di pomodoro, o sul crostone, con parmigiano e lardo), tradizionale (aggiungendole alla pasta e fagioli o al pancotto). Non dobbiamo dimenticare però che siamo partiti dall’idea di abbellire le cozze, quindi diamo loro una presentazione accattivante. Nei bicchierini: con crema di patate al timo e gelatina di mela. Rosolate col riso, formiamo delle palline, le paniamo, le friggiamo e le serviamo dentro a cipolle al forno cospargendo con trito di tuorlo sodo e basilico (BRUNO BARBIERI). Creandone un guscio (perfettamente conforme a quello reale) di pasta fillo al nero di seppia che ospiterà i molluschi e pomodorini canditi (CARLO CRACCO). Piccanti alla panna, le usiamo come farcitura per i carciofi. In questo modo, nessuno potrà più accostare l’aggettivo brutta ad una cozza… E, si spera, anche ad una ragazza. Giorgia Fieni

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La nuova Piramide: dalla salute dell’uomo a quella del pianeta Si è conclusa con successo “Revitalizing the Mediterranean Diet”, la prima conferenza mondiale sulla Dieta Mediterranea che si è svolta dal 6 all’8 luglio a Milano, presso Palazzo Lombardia. L’obiettivo principale dell’appuntamento era quello di spostare la percezione dei benefici di questo modello nutrizionale da una particolare attenzione per l’uomo, ad un focus sui benefici per il pianeta e le sue popolazioni. Questo suggerimento ha favorito un dialogo interdisciplinare tra scienziati ed esperti in nutrizione, salute pubblica, scienze alimentari, antropologia sociale, sociologia, economia domestica, agricoltura, ambiente e patrimonio culturale, al fine di giungere ad una rappresentazione unitaria della Dieta Mediterranea come modello alimentare sostenibile e rappresentativo di tutta l’area del Mediterraneo, da adattare poi per ogni Paese ai propri contesti e alla propria cucina tradizionale. Il nuovo modello di Dieta che ha dato vita alla Piramide, la Med Diet 4.0, tiene conto di 4 dimensioni: alla valenza nutrizionale, infatti, si integrano gli aspetti culturali, ambientali ed economici. Perché la dieta non è solo “regola alimentare”, ma “regola di vita’’ che ha un impatto sulla salute, sull’ambiente e sulla società. Quali alimenti? Facciamo chiarezza sul ruolo di pesce e carne Troppo poco pesce nella dieta a livello globale: secondo le stime, infatti, nel nostro Paese, l’effettivo consumo di proteine di pesce si attesterebbe su 40 g a settimana rispetto ai 60 g raccomandati, mentre i consumi medi negli Stati Uniti e in Europa sono persino inferiori. L’unico esempio virtuoso ci arriva dalla Spagna, che peraltro è il maggiore consumatore al mondo di pesce in conserva. «In un contesto in cui la Dieta Mediterranea si rinnova, con la messa in risalto di una cruciale componente socio-culturale, diventa fondamentale prendere in considerazione da un lato l’importanza di recuperare le nostre radici alimentari, dall’altro il mutamento degli stili di vita, sempre più frenetici. Per questo, relativamente ai consumi di pesce da incentivare, possiamo considerare il pesce in scatola un valido alleato: infatti, unisce la praticità di consumo ai benefici di una composizione nutrizionale paragonabile al fresco», ha affermato la professoressa Silvia Migliaccio, del Dipartimento di Scienze dello Sport e della Salute Umana dell’Università “Foro Italico” di Roma. Per quanto riguarda la carne, «non dimentichiamo che l’uomo è onnivoro da 10.000 anni e la carne, nelle giuste quantità, fa parte della Dieta Mediterranea» ha spiegato la dottoressa Elisabetta Bernardi, nutrizionista dell’Università di Bari. «Ricca di nutrienti importanti e componenti bioattivi, la carne è particolarmente importante in alcune fasi della vita: durante la gravidanza e l’infanzia ad esempio, ma è anche per chi pratica sport o è in età avanzata».

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SAPORE DI MARE

Il lusso della semplicitĂ di Riccardo Lagorio

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Primario e storico. Non solo per la posizione, nei celebri poli turistici della Costiera amalfitana, ma anche e soprattutto per la longevità. Il Centro Ittico Costiera Amalfitana — CICA per simpatica esemplificazione — ha infatti festeggiato nel 2015 i suoi primi 25 anni di attività e si è sviluppato nella sua attuale denominazione nel 1991 a Positano, piazza ideale per il commercio di una materia prima che concorre al prestigio gastronomico della città e del territorio circostante. Fu SALVATORE DE LUCIA, don Salvatore, immigrato siciliano, figura carismatica del panorama commerciale della Costiera, ad alzare la prima serranda nel centro campano oltre 50 anni fa e aprire filiali ad Amalfi e Ravello coadiuvato dai figli Raffaele, Michele e Giancarlo. Forti della collaborazione con le numerose comunità di pescatori presenti nello specchio di mare del golfo, i De Lucia fecero già in passato la scelta di offrire quasi esclusivamente pescato locale, con prodotti così sempre freschi, in un’area che da Vietri sul Mare si allunga sino a Sant’Agata sui due Golfi e Vico Equense. «Ultimamente il mercato si è assai modificato», dice RAFFAELE DE LUCIA. «I consumatori hanno migliorato la loro conoscenza: ad esempio, fino a una decina d’anni fa, eravamo

costretti a rimandare in mare il pesce bandiera pescato perché era invendibile. Ora si utilizza il filetto arrotolandolo e portandolo alla griglia, ma anche panato. È il più richiesto insieme alla pezzogna e al merluzzo, che i genitori preparano per i piccoli». La rivincita del pesce azzurro, insomma… A corollario della proposta di pesce fresco, da qualche anno nel centro di Amalfi si è affiancato un servizio di cucina, ovvero una friggitoria dove il pescato locale è servito nel tradizionale cuoppo: pescato, cotto e mangiato. Luoghi ameni dove la presenza di ristoranti blasonati richiede un approvvigionamento costante di materie prime perfette. E dello spaccio di pesce fresco di Amalfi è infatti fruitore uno dei più esperti cuochi della zona, CHRISTOPH BOB, tedesco di Brunswig trapiantato in Italia da decenni, già collaboratore di Mosimann’s a Londra e HEINZ BECK alla Pergola di Roma. Bob lavora in uno dei più sensazionali resort dell’Italia intera, il Monastero Santa Rosa di Conca dei Marini. Antico convento adibito alla vita penitenziale di suore di clausura, è stato recuperato nel 2012 a hotel dall’imprenditrice americana BIANCA SHARMA, con particolare cura dei dettagli su un promontorio affacciato

Palamita e fave novelle cucinate da Christoph Bob, chef del ristorante che si trova all’interno del Monastero Santa Rosa di Conca dei Marini.

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«Cucinare con la semplicità è l’atto più complicato. Prendi ad esempio un piatto di alici marinate con il limone: se non sono appena pescate perdi fragranza ed equilibrio, ottieni un piatto banale forse anche con qualche difetto gustativo» racconta lo chef Christoph Bob

Lo chef Christoph Bob al Centro Ittico Costiera Amalfitana. sul mare da cui si gode affascinante vista. «L’idea della cucina del Monastero è quella della semplicità, del gusto ottenuto tramite pochi prodotti che danno grandi piatti», chiarisce subito Bob. «Cucinare con la semplicità è l’atto più complicato. Prendi ad esempio un piatto di alici marinate con il limone: se non sono appena pescate perdi fragranza ed equilibrio, ottieni un piatto banale forse anche con qualche difetto gustativo», continua. Il cibo, insomma, è ricerca, mai un mero strumento per calmare la fame. E allora anche i colori e i profumi del Mediterraneo sanno conquistare i clienti (specie americani) che bussano alle porte del Monastero (non ci sono campanelli elettrici, ma

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solo un campanaccio nella migliore tradizione claustrale): ecco sfilare i ravioli di gamberi con pomodorini di Corbara e limone candito e i fusilli con piccoli calamari, pomodorini del piennolo e melanzane al basilico. «L’ingrediente che non può mancare in un pranzo è ovviamente la pasta, ma di grano italiano, trafilata in bronzo ed essiccata lentamente», specifica Bob. La sensibilità verso l’ambiente imposta dalle buone pratiche della proprietà si traduce anche in cucina tramite l’utilizzo di prodotti locali. E sono tante le verdure che vengono coltivate direttamente nell’orto del Monastero. Per selezionare molti dei prodotti Christoph va prima in incognito, come straniero che non

capisce il gusto italiano del cibo e spesso è all’oscuro della stessa lingua italiana: è così che riesce a valutare se il fornitore è adatto alla sua prestigiosa cucina. Un prodotto come il pesce, che vive nel Golfo di Salerno dove gli abitanti della costa sono pochi e dove non vi sono fabbriche, sarà necessariamente buono. «Ecco perché le pescherie dove ci riforniamo sono locali». In verità, come affermato da Raffaele De Lucia, CICA propone cernie di scoglio locali, vongole selvagge catturate a strascico, rombi da navigli amalfitani: pesce che sguazza nel mare cobalto che sta sotto la scogliera del Monastero. Ma per ottenere un piatto impeccabile l’altro aspetto

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importante è ovviamente il metodo di preparazione da parte della cucina. «Si prenda ad esempio l’alice fritta. Prima di friggerla viene marinata per poco tempo in aceto e poi panata con farina e semola per mantenerla leggera e croccante. Ma l’importante è come viene fritta. Se è fritta troppo gli Omega-3 si bruciano e non conferiscono più gli elementi nutrizionali idonei e il gusto stesso scade. Una triglia adagiata su una griglia troppo calda o una cernia riposta in un forno a temperatura troppo elevata si essiccano, i frutti di mare troppo cotti diventano gommosi. Di conseguenza bisogna riservare attenzione al tempo di cottura e alla temperatura di cottura. A maggior ragione per il pesce, che è un alimento assai delicato». Pochi ingredienti che costituiscono piatti dal colore, dal profumo e dal gusto che affascina: la zuppa (di piccole sogliole, ali di razza, scorfanetti, occhibelli, canocchie e pesce bandiera), la palamita e fave, il merluzzo con le verdure. Una celebrazione della semplicità dove si combinano materie prime irripetibili e abilità uniche che non devono coprire i gusti, ma esaltarli. Fu anche questo aspetto dell’italianità a conquistare Bianca Sharma e a indurla a portare a termine — con caparbietà americana — uno dei più straordinari progetti di recupero immobiliare nella penisola. A maggior gloria per i sensi dei fortunati ospiti. Riccardo Lagorio Centro Ittico Costiera Amalfitana Via Pimenio Vescovo 6 84011 Amalfi (SA) Telefono: 089 831228 Ristorante Il Refettorio Monastero Santa Rosa Hotel & Spa Via Roma 2 84010 Conca dei Marini (SA) Telefono: 089 8321199 Web: monasterosantarosa.com

In alto: Raffaele De Lucia in pescheria. In basso: la friggitoria del Centro Ittico Costiera Amalfitana. Qui il pescato locale è servito nel tradizionale “cuoppo”.

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Nota A pagina 64 il giardino del ristorante del Monastero Santa Rosa di Conca dei Marini, Salerno. Lo spettacolare complesso risale al XVII secolo.

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LEPORE MARE SPA


ConFusion, il progetto di Italo Bassi dopo Verona sbarca a Porto Cervo di Tania Mauri

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Lo chef romagnolo Italo Bassi e l’interior designer russa Tatjana Rozenfeld sono una coppia affiatata nella vita e negli affari. Dalla loro unione intellettuale, edonistica e di sostanza è nato ConFusion, ristorante lounge che esprime al meglio le loro personalità e visione del mondo

Dici Verona e pensi a Romeo & Giulietta, alla loro storia d’amore bellissima e tragica. Qui vogliamo raccontarvi di “due destini che si uniscono”, in una storia a lieto fine nella città veneta famosa per la sua Arena. Stiamo parlando dello chef romagnolo ITALO BASSI e della interior designer russa TATJANA ROZENFELD, coppia affiatatissima nella vita e negli affari, dalla cui unione intellettuale, edonistica e di sostanza è nato il loro ConFusion, ristorante lounge che esprime al meglio la loro personalità e la loro visione del mondo. Entrambi amanti delle cose belle e dell’arte, questi due grandi professionisti che mettono al centro della loro attenzione e del loro lavoro il piacere ultimo del cliente, chiunque esso sia, hanno creato ad hoc questo luogo unico e internazionale dall’arredamento originale e ricercato, diviso, al proprio interno, in tre differenti spazi per soddisfare qualsiasi esigenza enogastronomica. Lo chef Italo Bassi è una persona dalle idee chiare e con un curriculum di tutto rispetto: oggi maestro e team leader alla Boscolo Etoile Academy, inizia la gavetta nel 1988 a fianco di Igles Corelli al Trigabolo di Argenta per passare all’Antica

Osteria del Teatro. Il passaggio successivo è l’entrata presso l’Enoteca Pinchiorri, dove è cresciuto e si è formato per 27 anni fino a diventarne l’executive chef. Anni felici e pieni di soddisfazioni, non ultime le aperture di Tokyo e Nagoya per conto della celebre enoteca toscana dove rimane folgorato dalla cucina orientale che influirà e contaminerà le proposte del suo ristorante di Verona aperto nel 2013. Ed è l’amore per Tatjana che lo porterà a lasciare definitivamente l’Enoteca Pinchiorri per dedicarsi anima e corpo (e cuore) al locale veronese, dove ha l’obiettivo di annullare gli eccessi di formalismo dalla cucina d’autore e proporre un menù gourmet lineare e barocco allo stesso tempo. Colonna portante della sua cucina è l’attenzione assoluta alla materia prima italiana e alla presentazione di piatti sempre eleganti e belli da vedere, dove emerge l’esperienza giapponese dello chef. «Tre ingredienti in un piatto, se di ottima qualità, sono già troppi» dice Italo Bassi. «Se si ha a disposizione un grande ingrediente occorre farsi da parte e lasciare che sia lui ad interpretare il ruolo da protagonista». La cucina a vista offre la possibilità di partecipare allo spettacolo

Preparazione a base di pesce dello chef Italo Bassi (photo © AromiCreativi).

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Tatjana Rozenfeld e Italo Bassi (photo © AromiCreativi). gastronomico orchestrato da Italo Bassi, insieme a IVAN BOMBIERI, e interpretato dall’arte culinaria nipponica del sous chef giapponese MASAKI INOGUCHI. Dalla tartare di tonno con capperi, cipolla rossa, fiori di wasabi, tuorlo marinato alla soia e crostini di pane casereccio al Secreto iberico di Mora romagnola con coccoli di patate, marmellata di cipolla e pepe sanshō, dal Gran piatto di maki, nighiri e sashimi al Polpo cotto all’olio d’oliva con crema di peperoni dolci, fagiolini profumati all’aglio e yuzukoshō fino ai dolci golosi e mai stucchevoli. Tutti i suoi piatti raccontano di una perfetta contaminazione tra gli ingredienti più pregiati delle due grandi culture italiana e giapponese che si mescolano in piatti intriganti e deliziosi. Al piano superiore troviamo il lounge bar in un mix di stili e forme differenti dotato di una fornitissima selezione di vini di assoluto livello e diverse proposte di cocktail preparati da due barman professionisti. A completarlo sette terrazzini affacciati sul dolce scorrere del fiume Adige come tanti piccoli balconi di Giulietta dove poter trascorrere una romantica serata a due. Amante del bello e del bel vivere, a giugno di quest’anno Italo Bassi è sbarcato in Costa Smeralda, proprio di fronte al Porto Vecchio di Porto

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Cervo, nell’esclusivo scenario della Promenade du Port. Anche qui lo chef porta la sua visione di grande cucina – Cucina ConFusion — basata sulla tradizione italiana e arricchita dai migliori ingredienti delle diverse culture gastronomiche, con una particolare attenzione ai prodotti tipici sardi e alle crudité di mare. La proposta cavalca il fil rouge dell’eccellenza, passando da piatti gourmet a degustazioni di caviale, da cocktails creativi a champagne di grandi maison, fino a menu studiati ad hoc per serate e eventi speciali. Per la sala immancabile il tocco inconfondibile di Madame ConFusion, alias Tatjana Rozenfeld, che gioca con stili diversi, tra il lusso di rifiniture e l’eleganza degli arredi, per una location fuori dal comune dalla forte individualità. Anche a Porto Cervo ConFusion è un grande spazio accogliente diviso in quattro zone diverse. La ConFusion Champagnerie, sede estiva del Club dei degustatori cronici di cui Tatjana è fondatrice e presidentessa, offre un raffinato menù con ostriche e crudi di mare che esaltano la nobile bollicina francese che spesso viene miscelata in interessanti cocktail. Protagonista del locale è il Ristorante Gourmet con 40 posti a sedere nell’ampia terrazza affacciata sul mare e un panorama mozzafiato sul porto vecchio. La proposta del menu è simile a quella di ConFusion Verona con

alcuni piatti studiati appositamente per lo “sbarco in Sardegna”: storione leggermente affumicato avvolto in carta di riso con guacamole, gelatina di ponzu, mandorle tostate e caviale Osetra; terrina di fegato di grasso d’oca cotto al sale dolce di Cervia e marinato all’olio d’oliva extra vergine con gelatina di mele al frutto della passione; raviolo fritto ripieno di mazzancolle e guacamole con caviale di melanzane, salsa teriyaki e insalata di ravanelli; agnolotti farciti di ricotta, menta e zafferano con scampi e pomodoro fresco; aragosta alla catalana con peperoni marinati al timo, spinaci novelli, cipolla alla barbabietola e salsa allo yogurt e rafano; astice gratinato agli anacardi, fegato grasso d’oca scottato con fichi all’anice e ananas allo zenzero. Il Lounge Bar, chiamato anche Gabbia d’oro per via delle atmosfere suggestive, si trova nell’angolo più intimo del locale ed è arredato con morbidi divani, cuscini e tendaggi da mille e una notte, per gustare un miscelato dorato e fiabesco o un grande champagne. Infine, lo Chefs table offre la possibilità di partecipare allo spettacolo gastronomico orchestrato dallo chef Italo Bassi direttamente al bancone, per un massimo di 9 persone da prenotare con largo anticipo. Il nome ConFusion racchiude lo spirito e il pensiero di questi spazi ed è l’unione di tante anime che si mescolano e si intrecciano con disinvoltura nella filosofia eno-gastro-edonistica di Italo Bassi, senza limiti né barriere e dove il tempo scorre indifferente alle ore che passano. Che siate in Veneto o in Sardegna Italo e Tatjana sapranno farvi sentire a casa, coccolandovi senza disturbare, venendo incontro alle vostre esigenze proponendo, per chi avesse voglia di osare, creazioni curiose e “bizzarre”, sempre con il sorriso e il garbo di chi ha fatto dell’ospitalità e della convivialità il suo “piatto forte”. Tania Mauri Nota A pagina 70 lo stile unico del ristorante lounge ConFusion di Italo Bassi (photo © AromiCreativi).

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Pascucci al Porticciolo, il sapore delle dune (e del mare) di Luciana Squadrilli

Dopo la stella della GUIDA MICHELIN assegnata nel 2012, ora sono arrivate anche le Tre Forchette — massimo riconoscimento attribuito dalla guida RISTORANTI del Gambero Rosso — per Pascucci al Porticciolo, ristorante con cucina di pesce a due passi dal porto canale di Fiumicino, Roma. Giusto riconoscimento per la cucina elegante, raffinata e gustosissima di GIANFRANCO PASCUCCI; lo chef ha trasformato l’albergo di famiglia in una meta gourmet nota soprattutto per il ristorante e può considerarsi senza dubbio il “capofila” del periodo di splendore gastronomico che sta vivendo la cittadina laziale, fino a non molto tempo fa conosciuta per

lo più per essere sede del principale aeroporto romano. Adesso, oltre a Pascucci, sono diversi gli indirizzi da non perdere in zona, di ogni genere: dalla pizza al taglio di Sancho alla cucina d’impronta marinara — sempre ottima, ma un po’ più semplice anche nei prezzi — dell’Osteria dell’Orologio, fino alla nuova sede de Il Tino, altro ristorante stellato con la cucina dello chef LELE USAI, che da Ostia si è trasferito qui. Insomma un fermento recente e molto interessante; Gianfranco, però, sono anni che studia e lavora per affinare sempre più la sua cucina, trasformandola da una “semplice” proposta ittica a base di pesce fresco

di prima scelta in alta cucina di mare; prima in sordina, alternando qualche piatto più elaborato e creativo alle pietanze di stampo classico, poi in modo sempre più deciso, coadiuvato anche da una bella brigata di cucina, giovane e motivata, e dalla moglie Vanessa Melis, che segue l’accoglienza e il servizio di sala sapendo tenere il passo con la cucina; per esempio, con il recente rinnovo della sala — che adesso risulta ancor più luminosa e raffinata nel contrasto tra il bianco immacolato dei tavoli e le note blu-azzurre delle pareti e dei dettagli — e del graziosissimo dehors, a cui si è aggiunta anche una saletta per l’aperitivo o il dopo cena.

Tortelli all’anguilla di Gianfranco Pascucci (photo © Andrea Di Lorenzo).

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Nell’ultimo anno, poi, la cucina di Gianfranco sembra aver messo il turbo. Lui, cuoco-surfista che ha sempre dichiarato di amare tantissimo sia il mare sia la pineta di Fiumicino da cui prende ispirazione per i suoi piatti — quando, a qualche tavolo, arrivano gli strepitosi gamberi rossi al sale con profumi di erbe bruciate e agrumi, nati dalla suggestione olfattiva creata da un incendio, l’aroma invade la sala e sembra di essere proprio nel mezzo della pineta che brucia — ha spinto sempre di più l’acceleratore sulla creatività e sulla ricerca della materia prima; questa strada, però, non lo ha portato verso sperimentazioni azzardate e fin troppo eteree, ma anzi lo ha reso ancor più attento a sapori netti e puliti, a consistenze e masticabilità — poche spume, al massimo brodi super intensi per sottolineare gli ingredienti del piatto — e anche sempre più legato al suo territorio. Cosa ci sarà, vi starete forse chiedendo, di tanto “ispiratore” in una località stretta tra la città, il porto peschereccio e l’aeroporto? Le dune, per esempio. A poca distanza dal centro Fiumicino, infatti, nei pressi dello stagno di Focene — quello che resta dell’antico e più ampio stagno di Maccarese, bonificato negli anni Venti da coloni provenienti soprattutto dal Veneto, come anche nell’agro-pontino — c’è un’area costiera incontaminata e bellissima fatta di dune, prati e boschi, parte della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano.

Oggi la zona, a rischio ambientale, è protetta dall’Oasi WWF di Macchiagrande: 280 ettari a ridosso delle dune affacciate sul mare, coperti da una ricca e affascinante macchia mediterranea retrodunale e da un bosco mediterraneo — tenuto rigoglioso anche grazie ai canali che caratterizzano questo tratto di terra bonificata — tra i meglio conservati del litorale laziale. Gianfranco lo ha scoperto per caso rientrando dal mare, ha iniziato a venirci spesso incontrando i volontari che si occupano del mantenimento e ha scoperto un nuovo mondo gastronomico: alghe come la Cakile Maritima piante come il finocchio marino (Crithmum maritimum L.) o come il rosmarino di duna, più intenso e “grassoccio” di quello comune, bacche profumate come quelle di ginepro coccolone (Juniperus oxycedrus L.). È nato così il suo lavoro su questo aspetto meno noto del territorio, che ha affiancato quello più consueto ma altrettanto importante dedicato al pesce; prodotto che nel suo ristorante entra solo se freschissimo e pescato, preferibilmente scelto tra le specie meno note e pregiate ma buonissime trasformate da lui in piatti squisiti come nel caso del centrolofo viola con “finta” pasta e ceci. «Lo scorso anno sono stato chiamato a rappresentare il mio territorio a Expo 2015 — racconta lo chef —allora mi sono messo a ragionare su cosa potessi raccontare di

Ravioli Umami (photo © Andrea Di Lorenzo).

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Vanessa e Gianfranco Pascucci (photo © Andrea Di Lorenzo). Fiumicino, per far capire che qui non c’è solo l’aeroporto. Sono andato a vedere su Google Maps e ho visto che proprio qui vicino c’era una grande macchia verde, che era appunto Macchiagrande. Allora mi sono chiesto: che sapore ha una duna? La risposta era nelle erbe, radici e alghe che crescono nell’Oasi». Così sono nati alcuni piatti sensazionali come il sorbetto alle erbe di duna che introduce il dessert del menu degustazione, il calamaro su brace aromatica di rosmarino e salse alle erbe verdi dell’oasi e radici bianche o le capesante arrosto con fondo bruno di piccione, asparagi e composta di finocchi di duna e arance. E così è nato, soprattutto, il rapporto di collaborazione con il WWF per la promozione delle Oasi. Pascucci — che all’inizio veniva guardato con un po’ di diffidenza dai volontari, preoccupati di salvaguardarne l’habitat — è infatti riuscito a convincerli che il modo migliore per tutelare queste aree sta nel farle conoscere e nel farne apprezzare l’importanza a quante più persone possibile. «Ho capito — spiega lui — che i migliori custodi di queste zone sono quelli che le frequentano e le hanno a cuore». Così, lo chef è diventato il testimonial non solo dell’Oasi di Macchiagrande ma di tutto il progetto nazionale del WWF, nato già nel lontano 1976 come primo

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sistema di aree protette gestito da un’associazione privata in Italia, e tra i primi in Europa, presieduto da Antonio Canu. Oggi le Oasi sono oltre 100, per oltre 30.000 ettari di territorio ricco di biodiversità vegetale e animale, e anche gastronomica: la linea di prodotti Terre dell’Oasi (www.terredelloasi.com) mette insieme agricoltura e conservazione, paesaggio e sviluppo sostenibile, e diventa uno strumento importante di conoscenza e di sostegno economico per le attività del progetto. Tra le Oasi coinvolte c’è pure quella della Laguna di Orbetello, da cui Gianfranco Pascucci è stato “preso” particolarmente. «I pescatori locali lavorano le uova dei muggini per farne la pregiata bottarga — racconta — mentre il pesce in sé non ha mercato; la sua carne però è buonissima ed è un vero peccato non valorizzarla, sia gastronomicamente sia economicamente». Così, lui si è dato da fare: ha contattato un suo amico che seleziona e distribuisce prodotti per la ristora-

zione e lo ha convinto a commercializzare il muggine di Orbetello, con tanto di bollino WWF che ne certifica la pesca selettiva e sostenibile. Oltre, naturalmente, a lavorarlo nel suo ristorante, mettendo ad esempio in carta un piatto davvero strepitoso come il “carpaccio” di muggine affumicato accompagnato da carciofi croccanti, erbe di duna, fiori, daikon marinato spolverizzato con parmigiano grattugiato (abbinamento esplosivo) e da pezzetti di alga wakame mischiati con la pelle stessa del muggine, essiccata, ad esaltare il gusto iodato e salmastro del piatto, in omaggio anche alla sua filosofia di “scarto zero”. Di lui dice Canu: «La sua è una cucina di pesce contemporanea che unisce gusto, intelligenza e sostenibilità; Gianfranco riesce a restituire nei sui piatti i profumi dei suoi luoghi, e delle Oasi in generale, attraverso un attento lavoro sulla complessità aromatica ma anche una grande coerenza. Lavorare con lui è molto importante, perché le Oasi hanno un

ruolo essenziale di conservazione anche dal punto di vista gastronomico». Ma forse il piatto di Pascucci che più di ogni altro, in questo momento, restituisce le sensazioni “marine” del camminare in riva al mare sulla spiaggia è lo squisito tiramisù di alici: una morbida purea di patate sul fondo del piatto, intervallata dal tocco acido di qualche punta di gelatina al lime e da quello sapido dei pezzetti di alici marinate, è ricoperta da una soffice spuma di pane da un lato e dal croccante crumble all’acciuga, separati tra loro da una sottile linea di polvere di caffè che esalta il sapore di mare e restituisce la suggestione “tostata” del tiramisù, ma ripropone anche il punto d’incontro tra la schiuma del mare e la sabbia bagnata e “croccante” come il crumble. Luciana Squadrilli Pascucci al Porticciolo Viale Traiano 85 00054 Fiumicino (Roma) Telefono: 06 65029204 Web: www.alporticciolo.net

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TENDENZE

L’evoluzione del panino di Silvia Saracino

Altro che fast food. Dopo un paio d’anni di rodaggio il panino si è ormai sdoganato dalla pausa pranzo mordi e fuggi per approdare nei menu à la carte dei ristoranti dove brilla di luce propria assieme a pietanze complesse. Non solo, l’offerta si è adeguata alla domanda e stanno rifiorendo in tutta Italia le botteghe

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di generi alimentari dove il panino trova la sua naturale collocazione ma in versione gourmet, evoluzione ricercata della classica rosetta con la mortadella. Da Bonci e Romeo nella Capitale fino a Gigione a Pomigliano d’Arco passando per lo storico Bar Schiavoni di Modena, ci si ingegna per trovare il mix di ingredienti più

gustoso e innovativo da concentrare tra due fette di pane morbido o croccante. A Modena i turisti che arrivano da tutto il mondo per visitare il museo Ferrari o la casa dove ha vissuto il tenore Luciano Pavarotti si fermano a mangiare un panino da Schiavoni nel cuore del centro sto-

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Stanno rifiorendo in tutta Italia le botteghe di generi alimentari dove il panino trova la sua naturale collocazione ma in versione “gourmet”, evoluzione ricercata della classica rosetta con la mortadella

rico. Qui il panino non è una moda ma una tradizione che si tramanda dagli anni Settanta con circa cento varianti disponibili, dal pane farcito con pesce spada, pesche, capperi, olive e pomodori al petto d’oca con le fragole. Per celebrare la propria terra, in un agosto assolato e rovente, le titolari del minuscolo bar che si trova all’ingresso del Mercato Albinelli propongono ai clienti un panino ripieno di cotechino, un must delle feste natalizie. Nato come trovata goliardica, questo è diventato il panino venduto e la sua fama è arrivata oltre oceano. «I turisti stranieri che vengono da noi cercano il panino con il cotechino — racconta SARA FANTONI, che assieme a CHIARA ha raccolto l’eredità lasciata dallo storico GIANCARLO RUBALDI — lo abbiniamo a salsa verde o Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP, oppure crema di Parmigiano Reggiano DOP con pere e Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP». Se invece si passa da Firenze è tappa obbligata la bottega di alimentari Ino, inaugurata nel 2006 dietro la galleria degli Uffizi. Grazie ad ALESSANDRO FRASSICA, il quale si definisce “chef di panini”, Ino si è affermato a livello italiano ed internazionale come una delle più riconosciute gastronomie dove acquistare materie prime e panini di grande qualità ed originalità. Il panino più venduto porta il suo nome, Ale: finocchiona della Macelleria Fracassi, pecorino alle erbe aromatiche del Caseificio Busti e mostarda di peperoni dell’Osteria de’ Ciotti.

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Milano è stata sicuramente città pioniera del panino d’autore con nomi quali Il Panino Giusto, De Santis e Chic & Go, ma la Capitale può vantare nomi quali CRISTINA BOWERMAN, all’opera da Romeo, chef & baker in zona Prati. Tra le proposte più conosciute di Bowerman, il panino con pastrami di lingua, salsa senapata, giardiniera di verdure e ciauscolo. A Roma sono conosciutissimi anche i panini di Tricolore, Roscioli Caffè e di Open Baladin, dove il panino si sposa benissimo con oltre cento etichette di birra artigianale italiana e viene servito nella versione burger con carne di Fassona piemontese e salse fatte in casa. Anche l’Abruzzo si è lasciato conquistare e ha aperto le porte alla catena multinazionale spagnola 100 Montaditos, del gruppo Restalia e famosissima nel suo Paese per i bocconcini di pane in 100 varianti. Dopo l’apertura a L’Aquila nel 2015, all’inizio di maggio il brand ha inaugurato un locale anche a Pescara, con ben 1.655 Montaditos consumati nel primo week-end. Tra i panini più apprezzati dagli abruzzesi il numero 77, pollo cajun, formaggio iberico, pancetta, salsa BBQ, il tutto racchiuso nel croccante pane ai cereali. Forte di un’esperienza maturata in 15 anni di vita, 100 Montaditos vanta oggi oltre 400 ristoranti gestiti in modalità franchising in Spagna ed altri 42 all’estero. Proseguendo verso Sud ha sicuramente voce in capitolo anche Gigione, a Pomigliano d’Arco, nel Napoletano. Qui, dove regnano sovrani pizza e pasta al forno, i giovani titolari sono riusciti a far apprezzare al pubblico anche il panino gourmet con carne di razza Chianina abbinata di volta in volta ai sapori mediterranei: dalla cipolla ramata di Montoro ai broccoli sottolio passando per la provola di bufala e i filetti di acciughe. Silvia Saracino Nota A pagina 78 hamburger con salmone e verdure affumicate (photo © Fotolia).


La cucina del futuro La cucina ha sempre avuto stretti rapporti con le tecniche sviluppate nelle diverse aree scientifiche. Come nel recente passato si è trasformata passando dal fuoco a legna a quello a gas e poi elettrico, la cucina del futuro sfrutterà l’informatizzazione e si baserà sui nuovi strumenti che già usano l’industria alimentare e i grandi cuochi di Giovanni Ballarini

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Già a metà del secolo diciannovesimo JUSTUS VON LIEBIG e LOUIS PASTEUR svolgevano ricerche per meglio comprendere ciò che avveniva nella conservazione e trasformazione degli alimenti. Contestualmente, iniziarono trasformazioni tecniche che cambiarono le cucine, dai fuochi ai sistemi di cottura, perché la cucina, come ogni altra attività umana, è in costante evoluzione, condizionata e influenzata com’è dalle condizioni sociali, economiche, culturali, dagli avanzamenti scientifici e, in particolare, da quelli dei materiali e delle tecnologie. Prima le industrie e poi i cuochi hanno visto e applicato nuovi strumenti e tecniche, alcune delle quali si diffonderanno anche alle cucine casalinghe e quindi contribuiranno alla cucina del futuro. Cucina e tecniche È sempre difficile, se non impossibile, prevedere il futuro, anche della cucina, ma se si guarda quello che sta avvenendo in altri campi del vivere umano possiamo pensare che un ruolo importante avrà l’informatizzazione e l’uso delle nuove tecnologie nel trattamento degli alimenti. A proposito di queste ultime, va precisato che la tecnica non è ciò che definisce il cuoco, ma il mezzo attraverso il quale il suo pensiero prende forma: confondendo i due elementi, quindi, si incorre in errore. Inoltre, già oggi assistiamo allo sviluppo di nuove tecniche, da considerare dei classici della cucina contemporanea. Voler modificare la consistenza di preparazioni come salse e succhi ha fatto comprendere meglio la gelificazione, ha permesso di sviluppare la tecnica della sferificazione e lo studio di composti aerati ha dato vita a spume e arie. Molte tecniche in uso negli studi e nei gabinetti scientifici o nelle industrie alimentari sono state perfezionate e apparecchi che erano presenti nei laboratori scientifici hanno iniziato a comparire nelle cucine, come ad esempio il circolatore termostatato e la cottura a bassa temperatura. L’essiccatore oggi permette di apprezzare la sensazione del croccante, con il Pacojet si creano sorbetti e purè ghiacciati, dolci e

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salati. L’utilizzo dell’azoto liquido dimostra che il grande freddo può produrre consistenze e strutture ricche di gusto. Molte altre sono le “macchine” e le tecnologie innovative di una probabile cucina del futuro, che elenchiamo di seguito in ordine alfabetico e che meritano una sia pur breve descrizione. Arie aromatiche Arie aromatiche o semplicemente arie si dicono le schiume e la loro preparazione è molto semplice. Ad un liquido aromatizzato si aggiunge lecitina di soia in polvere; il tutto viene poi frullato ad alta velocità con un frullatore a immersione. La schiuma che si forma sulla superficie è denominata aria. Con qualche cucchiaio di aria aromatizzata si può aggiungere un particolare aroma e dare volume ad un piatto. Le arie non hanno una consistenza propria ma, in quanto ricche dell’aroma del liquido originario, lo trasferiscono senza intermediazione nella bocca e altri elementi non possono attenuare o modificare la percezione di questo sapore. Atmosfere modificate L’Atmosfera Modificata o Atmosfera Protettiva o Modified Atmosphere Packaging (MAP) è una tecnologia di confezionamento che, attraverso la sostituzione dell’aria con una miscela di gas, permette di aumentare il periodo di conservabilità (shelf-life) dei prodotti deperibili, mantenendone inalterate le proprietà sensoriali, le virtù nutrizionali, l’aspetto e il sapore. Le caratteristiche di durabilità del prodotto in atmosfera protettiva continuano anche dopo l’apertura della confezione, perché l’alimento assorbe dalla confezione parte dell’anidride carbonica, diminuendo il proprio grado di umidità e la conseguente vulnerabilità agli agenti esterni. L’anidride carbonica inibisce la crescita di funghi, muffe e batteri, ma una concentrazione troppo elevata può provocare la decolorazione dell’alimento, in particolare delle carni rosse, rallentare la macerazione dei vegetali e non è adatta per i prodotti lattiero-caseari. L’azoto è un gas inerte, inodore,

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Il confezionamento in ambiente controllato MAP (Modified Atmosphere Packaging) di generi alimentari permette di ottenere una shelf-life prolungata senza bisogno di aggiungere conservanti chimici o stabilizzanti. insapore ed è utilizzato come gas di riempimento. L’ossigeno in certi casi è aggiunto per evitare lo sviluppo di batteri anaerobi, permettere la respirazione dei vegetali freschi e mantenere il colore rosso della carne. Azoto liquido Il freddo in cucina non è una scoperta recente: era infatti ben noto ai Romani e agli Arabi che usavano l’acqua congelata a zero gradi e che, aggiunta ai cibi, li diluiva. L’azoto liquido ha una temperatura molto inferiore e non idrata i cibi. A temperatura e pressione ambiente l’azoto è un gas inerte che non reagisce e non altera gli alimenti. L’azoto a pressione atmosferica si trasforma in liquido alla temperatura di -195,82°C e può essere conservato in apposite taniche coibentate (vasi Dewar). L’azoto liquido è utilizzato in cucina per congelare in modo molto rapido i cibi e in particolare per preparare gelati e sorbetti con una grande varietà di basi. Nel congelamento rapido con azoto liquido i cristalli di ghiaccio sono molto piccoli e si ottengono pro-

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dotti con una consistenza molto più fine di quelli preparati tradizionalmente. Inoltre, i finissimi cristalli di ghiaccio si sciolgono più rapidamente in bocca e danno una sensazione meno fredda di quella di un gelato o sorbetto tradizionale. L’utilizzo dell’azoto liquido in cucina ha portato ad altre applicazioni, come il parziale congelamento di spume, realizzando preparazioni che hanno una parte esterna croccante e fredda e una interna più morbida e meno fredda. Il rapidissimo congelamento con l’azoto liquido permette di congelare alimenti che sono poi frantumati e trasformati in polveri ghiacciate. Bassa temperatura di cottura Per le cotture a bassa temperatura, generalmente inferiore ai 70°C, si usano termostati a circolazione di liquido detti circolatori termostatati (CT), nei quali il continuo rimescolamento dell’acqua assicura una cottura uniforme. Uno dei primi CT utilizzati nelle cucine professionali è stato il roner e il nome poi è rimasto in uso tra i cuochi per definire un

particolare tipo di cottura. Oggi in commercio esistono vari tipi di CT, anche facilmente trasportabili e utilizzabili nelle cucine di casa. La cottura a bassa temperatura non è una tecnica culinaria recente. La cassetta di cottura e il fiasco di fagioli cotto nella cenere sono vecchi di qualche secolo. Nelle cucine professionali la cottura a bassa temperatura, e regolata in relazione alla coagulazione delle proteine, si è sviluppata e perfezionata nell’ultimo ventennio, abbinandola al confezionamento sottovuoto dell’alimento prima della cottura. Le basse temperature di cottura permettono di ottenere carni di grande morbidezza, con una minor perdita di peso rispetto alle cotture tradizionali in forno, dove si arriva fino al 40% di calo. Nonostante i tempi molto lunghi — si parla di diverse se non molte ore —, il consumo energetico è più basso rispetto ad altri tipi di cottura. Lo svantaggio della bassa temperatura di cottura è la mancanza di reazione di Maillard e quindi della crosticina

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Anche in ambito domestico è possibile effettuare la cottura “sous vide” immergendo nell’acqua appositi termometri per controllare la temperatura. superficiale della carne, che comunque può essere ottenuta con un secondo trattamento. Ad esempio, per un filetto cotto a bassa temperatura, il successivo, brevissimo intervento superficiale ad alta temperatura con una delle tecniche tradizionali, fornisce risultati migliori di quelli ottenuti attraverso la cottura tradizionale per quanto riguarda colore e aroma di Maillard. Essiccazione Gli apparecchi oggi usati per l’essiccazione degli alimenti, chiamati essiccatori, sono generalmente costituiti da un elemento riscaldante, un ventilatore, prese d’aria che consentono la circolazione dell’aria e vaschette su cui appoggiare gli alimenti da essiccare. L’essiccazione riduce il contenuto d’acqua di un alimento e per questo inibisce lo sviluppo batterico e i fenomeni di decomposizione degli alimenti stessi, prolungando la durata della loro conservazione. Il procedimento dell’essiccazione non è nuovo e fin dall’antichità, con metodi empirici, era applicato a frutta, verdura, carne e pesce (lo stoccafisso è un esempio molto noto). Nelle cucine professionali l’essiccatore non è utilizzato per conservare gli alimenti ma per la preparazione di prodotti secchi da polverizzare e utilizzare come basi per brodi o

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infusi o per fritture, o per ottenere prodotti croccanti usati come finitura di un piatto. Evaporazione a bassa temperatura L’evaporatore rotante è un apparecchio che permette di distillare un liquido a bassa pressione, mantenendone le sue caratteristiche chimiche e organolettiche. Impiegato nei laboratori chimici, di recente ha cominciato a essere utilizzato nelle cucine professionali. La distillazione tradizionale è il processo di estrazione dei componenti più volatili da una soluzione, attraverso riscaldamento e successiva condensazione dei vapori. In questo modo si ottengono molti liquori, tra cui la grappa. La distillazione è effettuata a bassa pressione e con temperature del liquido basse, circa 35°C. Questo evita di danneggiare le caratteristiche dei componenti contenuti nella soluzione. Il basso contenuto in ossigeno dovuto al sottovuoto dell’apparecchio limita i fenomeni ossidativi del liquido e del distillato. Con l’evaporatore rotante si preparano essenze attraverso la distillazione di liquidi, si concentrano a bassa temperatura brodi e succhi in alternativa alla classica riduzione per ebollizione, con grandi vantaggi nutrizionali e organolettici dovuti alla bassa temperatura e alla mancanza di ossigeno.

Fermentazioni Da tempo immemorabile in cucina si usano alimenti fermentati, tra i quali vi sono il pane, la birra, il vino, i formaggi. Sono generalmente chiamate fermentazioni le modificazioni indotte sugli alimenti dall’attività di batteri o funghi. Sono le fermentazioni che trasformano gli zuccheri in alcol e producono sostanze secondarie che influiscono sull’aroma del prodotto finale. Il primo che ha studiato scientificamente le fermentazioni alimentari è stato Louis Pasteur e in tutto il mondo si stanno studiando le fermentazioni con lo scopo di comprendere meglio il fenomeno, per sperimentarne di nuove, selezionare fermenti particolari e sviluppare nuovi aromi e prodotti. Gastrovac Il Gastrovac è un apparecchio che per dimensioni e aspetto ricorda una pentola a pressione ed è utilizzato per la cottura e impregnazione sottovuoto. All’interno del Gastrovac, utilizzando una pompa per sottovuoto, è creata una depressione e si esegue una cottura a bassa temperatura, con il vantaggio di non dover utilizzare il confezionamento sottovuoto dei prodotti. Consistenza e colore degli alimenti sono simili a quelli ottenuti con la cottura sottovuoto con il circolatore termostatato. I cibi cotti con il Gastrovac si espandono a causa della depressione. Inoltre, nel Gastrovac si produce un “effetto spugna” e, quando è ripristinata la pressione atmosferica, gli alimenti assorbono il liquido circostante, con la conseguente aromatizzazione. La cottura in olio che si può eseguire nel Gastrovac dà risultati unici e non realizzabili fino ad ora con nessun altro strumento di cucina. Gelificazione La gelificazione è un procedimento ben noto in cucina e consiste nella trasformazione di un liquido complesso in un fluido viscoso o quasi solido. Questa trasformazione avviene con i fondi di carne, le marmellate e le gelatine di frutta. Sotto l’azione del calore o di agenti chimici, le macromolecole in sospensione che si aggre-

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Le basse temperature di cottura permettono di ottenere carni di grande morbidezza, con una minor perdita di peso rispetto alle cotture in forno, nelle quali si arriva fino al 40% di calo. Uno svantaggio è invece, ad esempio, la mancanza di reazione di Maillard e quindi della crosticina superficiale, che può essere ottenuta con un secondo trattamento

gano danno luogo ad una rete tridimensionale in grado di assorbire la fase liquida. In tempi recenti, la gelificazione da fenomeno empirico è divenuto un campo di ricerca, con l’individuazione degli ingredienti che forniscono le macromolecole necessarie, denominate gelificanti, tra i quali ricordiamo la colla di pesce e l’agar agar, note e usate fin dalla fine dell’Ottocento, le carragenine, il gellano e la pectina. In alimentazione si usano i gel idrofili, con una fase liquida a base di acqua, e non i gel lipofili a base grassa. Il gel può avere una consistenza fluida (fluid gels) o più consistente (solid gels) che dipende dal tipo di gelificante e dalla quantità utilizzata. Anche la stabilità del gel dipende dal tipo di gelificante aggiunto e dalle caratteristiche del liquido. Liofilizzazione La liofilizzazione permette l’eliminazione dell’acqua contenuta in un alimento con il minimo deterioramento possibile della sua struttura e dei suoi componenti. Il processo si svolge nelle seguenti fasi: surgelazione rapida,

sublimazione sottovuoto, essiccamento finale. Il vantaggio rispetto alla tradizionale disidratazione per riscaldamento è che si conservano meglio le caratteristiche iniziali del prodotto. L’energia richiesta per la liofilizzazione è notevole e gli apparecchi hanno costi troppo alti per essere adottati nelle cucine professionali. Alcune ditte stanno comunque studiano apparecchi che per dimensioni e costi potranno presto essere a disposizione di noi cuochi. Pacojet Pacojet è il nome di una macchina per cucinare inventata nei primi anni ‘80 dall’ingegnere svizzero Wilhelm Maurer. Il termine “pacossare” descrive il particolare processo svolto dalla sua macchina. Il brevetto per il Pacojet fu venduto a Gregor Staub nel 1988. In seguito il sistema è stato ulteriormente sviluppato e lanciato nel 1992. Il funzionamento dell’apparecchio prevede che gli alimenti freschi vengano inseriti nel bicchiere-contenitore del Pacojet e congelati per almeno 24 ore a –22°C. Il bicchiere-contenitore viene quindi

Salmone con aria di limone, caviale e menta.

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inserito nel Pacojet, si seleziona il numero di porzioni desiderato e si mette in funzione la macchina. Con una velocità di rotazione di 2.200 giri/minuto, le due lame montate sull’albero tritano finemente la base congelata posta nel bicchierecontenitore. Operando in leggera sovrapressione, il composto oltre ad essere sminuzzato viene perfettamente montato e mantecato. La macchina permette di ottenere purè o polveri ghiacciate molto fini, che possono essere utilizzati come tali, gelati e sorbetti, oppure come basi per altre preparazioni. Essendo recentemente scaduto il brevetto sul processo del pacossare, l’International Cooking Concepts di Barcellona ha immesso sul mercato un apparecchio simile chiamato Rowzer. Robot Il robot è l’elettrodomestico più completo e tecnologicamente avanzato della cucina domestica. I primi robot da cucina furono immessi sul mercato negli anni Sessanta del secolo scorso e il primo modello, della ditta tedesca Reba, era poco più di un frullatore,

in grado di tagliare, tritare o frullare i vari cibi. Con il passare degli anni, il robot non è cambiato molto, ma si sono aggiunti decine di accessori supplementari che hanno reso questo elettrodomestico in grado di preparare virtualmente qualunque alimento. I modelli più avanzati svolgono le seguenti funzioni: pesare, mescolare, tritare, macinare, impastare, frullare, cuocere (anche a vapore), montare, riscaldare in modo controllato, rimescolare ed emulsionare. Sferificazione La sferificazione è una tecnica con la quale si preparano piccole e perfette sfere, tipo il caviale, racchiudendo un liquido all’interno di una pellicola di gel (vedi gelificazione). La sferificazione si ottiene con molte variazioni e può essere diretta, inversa, inversa con congelazione e in bagno di olio. Nell’immaginario collettivo la sferificazione, assieme all’uso dell’azoto liquido (vedi), rappresenta la cosiddetta cucina molecolare e quella d’avanguardia di Ferran Adrià. La sferificazione diretta, la

più diffusa, si ottiene aggiungendo alginato di sodio al liquido che si vuole sferificare, poi il liquido si fa cadere, goccia a goccia, in acqua, nella quale si è sciolto cloruro di calcio. Le sfere che si formano sono in seguito raccolte e risciacquate in acqua per eliminare il gusto amaro del cloruro di calcio. Sottovuoto La conservazione degli alimenti sottovuoto consiste nell’eliminazione dal contenitore di tutta l’aria presente o solo di alcuni gas, come l’ossigeno, principale responsabile dell’ossidazione. La tecnica, utilizzata da molto tempo a livello industriale e commerciale, di recente è entrata in cucina grazie a macchine compatte ed è usata anche in combinazione con la cottura a bassa temperatura (vedi). In assenza di aria la maggior parte dei microorganismi e dei batteri non può svilupparsi e permette di conservare il sapore, il profumo, il colore e le proprietà nutrizionali dell’alimento. Lo strumento più utilizzato nella ristorazione è la macchina confezionatrice sottovuoto a campana di

Sperimentazioni di cucina molecolare.

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Il Pacojet permette di ottenere purè o polveri ghiacciate molto fini che possono essere utilizzati come tali, come gelati e sorbetti, oppure come basi per altre preparazioni.

Con la tecnica del sottovuoto si crea un ambiente ostile che inibisce l’attività dei microrganismi aerobici. I microrganismi si “addormentano” e non danno avvio a quei processi di deterioramento degli alimenti che ne alterano le caratteristiche organolettiche, nutritive e chimiche

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acciaio. Gli alimenti sono sistemati all’interno di appositi sacchetti e una pompa aspirante posta all’interno della campana elimina l’aria (al 99,9%). Il sacchetto è quindi chiuso con saldatura termica. I principali vantaggi del sottovuoto sono l’arresto dello sviluppo di microrganismi aerobi, l’ostacolo ad alterazioni chimiche dovute all’ossigeno (ossidazioni), il mantenimento della freschezza e protezione da odori penetranti esterni. In cucina, gli alimenti e, soprattutto, le carni dopo aromatizzazione e in sacchetti sottovuoto sono pronte per cotture lente a bassa temperature. Spume Con il classico sifone per la panna montata si preparano composti dolci e salati denominati spume. La preparazione di spume è largamente utilizzata in tutte le cucine professionali e permette di aggiungere ad un piatto un aroma attraverso una preparazione che ha una struttura molto areata e che fornisce volume alla presentazione senza appesantirla. Il gas contenuto nelle cartucce

del sifone è il protossido di azoto, conosciuto anche con il nome di gas esilarante, che a pressione atmosferica è inerte e in generale non reagisce con le sostanze alimentari. Ultrapressioni Sottoponendo gli alimenti a trattamenti a ultrapressione (High Pressure Processing – HPP), si ha un effetto analogo alla classica pastorizzazione, ma senza sottoporre gli stessi al trattamento termico. Le pressioni utilizzate (6000 bar) sono circa cinque volte maggiori della pressione esercitata dall’acqua nel fondo degli oceani. I trattamenti a ultrapressione sono utilizzati anche nel settore ittico per la separazione di carne e polpa da crostacei e molluschi senza dover sottoporre gli stessi a cottura, con un notevole risparmio di energia e conservando le caratteristiche organolettiche del prodotto crudo. Per la grande complessità degli impianti non sono previste applicazioni a breve termine nelle cucine industriali, di ristoranti e tanto meno casalinghe.

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in cucina è la preparazione della vinaigrette partendo da olio e aceto. Con la frusta si creano piccole gocce che rimangono in sospensione nel liquido. Utilizzando il sonicatore, olio e aceto sono versati contemporaneamente nel contenitore, si inserisce la punta del sonicatore nel liquido e l’azione degli ultrasuoni permette di creare micro-gocce, molto più piccole di quelle che si possono creare con la frusta. Le vinaigrette preparate con gli ultrasuoni rimangono stabili per giorni, hanno una colorazione differente e anche il loro gusto è diverso poiché si hanno particelle più piccole che danno una differente percezione gustativa. Altro esempio è la preparazione di un estratto alcolico di menta. Tradizionalmente si prepara macerando le foglie di menta per alcuni giorni ma con il sonicatore si può preparare l’estratto in pochi minuti, grazie alla rottura delle pareti cellulari della foglia e al conseguente rilascio di aroma e pigmenti. Essendo il processo rapidissimo, l’estratto alcolico ha un

aroma di menta più “fresco”. oltre ad una leggera colorazione verde. Si stanno eseguendo anche esperimenti di abbinamento di cottura a bassa temperatura in buste sottovuoto e ultrasuoni. I prodotti sottoposti a questo trattamento sviluppano un aroma più accentuato, anche se la conoscenza dei meccanismi responsabili del fenomeno non sono al momento conosciuti. Alcuni chef stanno utilizzando questa tecnica per varie applicazioni: mediante ultrasuoni, infatti, è possibile estrarre elementi più aromatici e saporiti da ogni ingredienti e raggiungere una freschezza di gusto che sarebbe normalmente persa durante il processo di cottura. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma Nota A pagina 80 e 81, laboratorio per produrre pillole, cartolina del 1899. L’illustratore francese immaginava così la vita nell’anno 2000 (photo © unpodichimica.wordpress.com).

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Ultrasuoni Gli ultrasuoni sono delle onde meccaniche sonore di frequenze superiori a quelle mediamente udibili da un orecchio umano. Per le loro caratteristiche, i processori ultrasonici sono applicati nell’industria di trasformazione alimentare per emulsionare i liquidi immiscibili o estrarre materiali intracellulari. Gli ultrasuoni sono generati da un apparecchio denominato sonicatore, utilizzato nei laboratori di analisi chimica, e che recentemente ha iniziato a comparire nelle cucine professionali. L’apparecchio ha dimensioni e aspetto simile a un trapano, la cui punta contiene un generatore di onde sonore con frequenza superiore a quella normalmente percepita dall’uomo, chiamate ultrasuoni. L’applicazione del sonicatore in cucina è agli inizi, quindi ancora molta sperimentazione è necessaria, e al momento i principali campi di utilizzo sono: preparazioni di emulsioni ed estrazione di sostanze aromatiche. Esempio classico di un’emulsione

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TURISMO ENOGASTRONOMICO

Lago d’Iseo: enogastronomia, arte, natura, dopo Christo di Riccardo Lagorio

Grande eco mediatica ha riscosso, tra il 18 giugno e il 3 luglio, la passerella che sul lago d’Iseo ha collegato Monte Isola, l’isola più grande dei laghi europei, alla terraferma, Sulzano. Questo specchio d’acqua è il più meridionale dei laghi alpini italiani e passaggio obbligato verso la Val Camonica. Il progetto, avallato in pochi mesi dalle amministrazioni

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pubbliche locali, è stato proposto da CHRISTO VLADIMIROV YAVACHEV. Christo non è nuovo a imprese tanto ardite: nel 1968 imballò la Fontana di Piazza del Mercato a Spoleto, a cui seguì la Porta Pinciana di Roma nel 1974, poi il Reichstag di Berlino (nel 1995) e costruì un clamoroso percorso di 37 chilometri di portici attraverso il Central Park, costitu-

ito da 7503 strutture alte 5 metri e disposte a 4 metri l’una dall’altra coperte da teli arancione (nel 2005), The Gates. Dei 59 progetti ideati, solo 22 sono stati resi possibili dalle pubbliche amministrazioni e di questi molti hanno dovuto attendere decenni prima che potessero vedere la luce: 25 anni The Gates, 24 anni l’imballaggio del Reichstag, 32 anni

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per attendere il sì da Basilea per rivestire 161 alberi di poliestere bianco e nero in un parco. Per l’autorizzazione di The Floating Piers l’attesa è stata meno di un anno. Italica efficienza… Monte Isola e il suo salame Il patrimonio culturale e gastronomico del comprensorio è poco noto,

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ma riserva interessanti sorprese, non tutte opportunamente valorizzate durante l’arrivo di quasi un milione di persone in riva al Sebino. Tra questi senz’altro il salame Monte Isola. Assai rinomato in zona e altrettanto imitato da macellerie e salumifici, il migliore viene elaborato per autoconsumo nelle contrade di Cure, Masse e Siviano. Abbiamo

attraversato il braccio di lago per intervistare MARIO ARCHETTI, impiegato comunale nella bassa bresciana. «Sino a qualche anno fa tutte le famiglie montisolane possedevano due maiali, di solito acquistati nel mese di luglio, al raggiungimento del quintale di peso. L’alimentazione dell’animale è fondamentale per la buona riuscita del salame in quanto

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Tinca al forno, uno dei piatti simbolo della cucina del lago d’Iseo (photo © www.lagoiseo.it/pesca-alla-tinca). la carne e il grasso devono essere sodi. Farinaccio e crusca sono il cibo migliore sino a metà gennaio, quando il maiale avrà raggiunto almeno i 220 kg e 6 cm di lardo sulla groppa». Se le modalità di allevamento rendono unico il salame di Monte Isola, non di meno la produzione deve seguire determinati schemi. Le mezzene trascorrono una notte a temperatura ambiente, che di solito a gennaio non supera i 5 °C. Si tagliano a mano a piccoli cubetti coscia, lonza e pancetta mentre la parte anteriore, che rappresenta circa il 10% dell’insaccato, è macinata con piastra di 9 mm. Ne esce quindi un macinato dalle sembianze grossolane. Riposto in un unico contenitore, si aggiungono sale e spezie (pepe, chiodi di garofano, noce moscata e cannella) in quantità e rapporto variabile da famiglia a famiglia. A parte è macinato dell’aglio riposto in un fazzoletto su cui si fa passare del vino rosso. Si amalgama con energia a mano l’impasto e si insacca in budello naturale bovino legando a mano. Per due giorni il salame perde la prima umidità ad una temperatura intorno agli 8 °C, dopodiché viene spostato in

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locali più tiepidi. Il calore è ottenuto con fuoco e fumo derivante dalla combustione di legna. Le leggende in tal senso si sono sprecate imputando agli isolani la precisa volontà di affumicare il salume. In verità l’adozione di lente combustioni risponde alla necessità di asciugare uniformemente le carni. A queste condizioni il salame rimane da 10 giorni a due settimane. Il successivo periodo è altrettanto importante poiché si dovrà regolare il corretto ricambio d’aria nei locali di stagionatura in un microclima davvero unico di collina attorniata da una grande massa d’acqua. Il peso del singolo pezzo a inizio stagionatura è inferiore a 500 grammi e al consumo la fetta deve presentarsi compatta, dal colore rosso vivo e un profumo di carne matura. Secondo tradizione tre salami dovrebbero pesare 1 kg. Per evitare che i salami stagionino troppo e diventino troppo sodi, al giusto punto di stagionatura vengono riposti sotto grasso in contenitori di marmo bianco (regiàt), protetti da un coperchio di legno. In questo congelatore ante litteram il salame può rimanere per più di un anno. Da qualche anno è

stato aperto sull’isola un salumificio che provvede, a livello artigianale, a tramandare, per quanto possibile, alcune delle caratteristiche del salame Monte Isola come ad esempio il taglio grossolano della carne. Tinche, coregoni, sarde, cavedani… evviva il pesce d’acqua dolce Dalle profondità del lago emergono importanti risorse ittiche. Sono poco meno di una trentina i pescatori professionisti, tra cui anche alcuni in giovane età. La centralità delle risorse ittiche nell’economia del lago è ben rappresentata dall’esperienza di Clusane, località di Iseo, che ha costruito la sua immagine di accoglienza sulla tinca al forno con polenta (si veda di LAGORIO R., La tinca al forno con polenta, il piatto simbolo di Clusane, in IL PESCE n. 4/2015). Ma nel lago è anche proficua la pesca di coregoni, bottatrici, salmerini e gamberi d’acqua dolce. E poi agoni, che qui prendono il nome di sarde, e cavedani. È gennaio il mese durante il quale sulle rive del lago compaiono rami di frassino o carpino, oggi talvolta sostituiti da

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strutture metalliche, dove vengono appesi i pesci eviscerati, infilzati e già salati. Per 45 giorni o anche a fino a inizio marzo i pesci rimangono sotto le reti per essere protetti dall’irruenza degli insetti e degli uccelli: perdono l’umidità interna e si rende possibile stivarli sottolio. La sardina e il cavedano raggiungono la perfezione in cucina quando si scaldano appena e fuoriescono gli umori che inondano la fetta di polenta abbrustolita accanto. Oggi si prestano anche ad altre preparazioni e del pesce non viene gettato nulla. Grazie ad ANDREA SOARDI, pescatore di Carzano, si sono realizzate le prime bottarghe di pesce d’acqua dolce: di cavedano, di luccio, di coregone, di pesce persico. Ideali per la pasta, arricchite con quel filo d’olio che le rive del Sebino sanno fornire. Oli pregiati e ottimi formaggi In effetti sotto la denominazione Olio extravergine d’oliva dei Laghi Lombardi, la sottozona Sebino è tutelata dalla DOP e 24 comuni bresciani e altrettanti bergamaschi se ne possono fregiare. In verità il bacino del lago d’Iseo si trova a una altitudine media teoricamente non adatta alla coltivazione dell’olivo, ma ancora una volta il grande serbatoio d’acqua calmiera temperatura e umidità creando un microclima particolarmente mite anche durante l’inverno. Il

Leccino è la varietà più piantata (il disciplinare di produzione impone l’utilizzo di almeno il 40% di questa cultivar), a seguire Frantoio, Casaliva, Pendolino e Sbresa (assai diffusa sul versante bergamasco). Profumo fruttato leggero, sapore che sprigiona una modesta sensazione d’amaro e piccante sono le caratteristiche riconosciute all’olio DOP. E poi i formaggi, dal Silter DOP a quelli dei monti circostanti, al rinomato stracchino del Monte Bronzone. Un’opportunità, la passerella di Christo, che servirà da biglietto da visita per la gastronomia del territorio? Tesori d’arte e architettura, paesaggi mozzafiato e sport In verità anche la cultura e la natura offrono spunti assai interessanti sulle rive del lago d’Iseo. Così si può partire dal capoluogo e fare tappa a Iseo per visitare il castello Oldofredi, del Mille e restaurato per ospitare la biblioteca, e la pieve di Sant’Andrea, romanica del XII secolo, di cui apprezzare il campanile incorporato nella facciata. Non distante il Monastero di San Pietro di Lamosa, uno dei massimi esempi di urbanistica religiosa medievale in Italia settentrionale, domina le torbiere. Dalla fermata di Sulzano, luogo dove Teofilo Folengo scrisse con tutta probabilità la terza edizione delle Maccheronee, espressione di

La centralità delle risorse ittiche nell’economia del lago è ben rappresentata dall’esperienza di Clusane, località di Iseo che ha costruito la sua immagine di accoglienza sulla tinca al forno con polenta. Ma nel lago è anche proficua la pesca di coregoni, bottatrici, salmerini e gamberi d’acqua dolce. Poi agoni, che qui prendono il nome di sarde, e cavedani

Silter, formaggio a pasta dura e lunga stagionatura, prodotto in Val Camonica e sul versante est del lago di Iseo (photo © www.giornaledibrescia.it).

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The Floating Piers: oltre 1 milione di visitatori per l’opera di Christo Oltre 1.200.000 persone hanno visitato The Floating Piers durante i suoi 16 giorni di apertura, dal 18 giugno al 3 luglio 2016. Un’opera composta da pontili galleggianti, ricoperti di tessuto, che si estendevano per 3 chilometri di lunghezza attraversando le acque del lago d’Iseo, proseguendo lungo 2,5 chilometri di percorso pedonale a Sulzano e Peschiera Maraglio. «Ogni progetto è un pezzo delle nostre vite ed è qualcosa che non dimenticherò mai» ha dichiarato Christo. «Io e Jeanne-Claude abbiamo concepito l’idea di The Floating Piers nel 1970. Solo in seguito ho capito che il lago d’Iseo era il luogo in cui avevo davvero sentito l’ispirazione per realizzare questo progetto. L’acqua del lago, il paesaggio e le cittadine intorno ad esso.Tutto questo è stato The Floating Piers. Uno degli aspetti più importanti di questo progetto è senz’altro la sua temporaneità, un’opera momentanea, transitoria, da vivere a pieno nella brevità della sua permanenza. Questo è il motivo per cui dopo 16 giorni tutto è finito». L’accesso all’opera è stato libero e aperto al pubblico, senza eccezioni di alcun tipo. Non sono stati richiesti né biglietti né prenotazioni per entrarvi. Le autorità locali hanno richiesto che The Floating Piers chiudesse durante la notte per lo svolgimento di attività legate a necessità di natura igienico sanitaria del comune di Monte Isola. Una media di 72.000 persone al giorno, provenienti da tutto il mondo, ha vissuto The Floating Piers ed esplorato le cittadine e i comuni attorno al lago d’Iseo che li hanno accolti, offrendo loro ristoro e luoghi per passeggiate ed escursioni da cui poter cogliere l’opera secondo nuovi e diversi punti di vista. «Monte Isola è stata caput mundi per 16 giorni», ha detto il sindaco Fiorello Turla. «Io ero lì, sono stato parte di questo incredibile evento. Per la mia piccola isola è stata una sfida che tuttavia abbiamo accolto con entusiasmo e siamo grati per questa meravigliosa esperienza» (in basso, uno scorcio del camminamento sull’acqua; photo © Wolfgang Volz – 2016 Christo). >> Link: www.thefloatingpiers.com

una nuova lingua poetica che avrebbe portato all’italiano moderno, si può percorrere la Strada Valeriana, che secondo tradizione fu tracciata da Romani alla conquista delle terre retiche. A Monte Isola deliziose le contrade di Sinchignano, ricco di cantine e un tempo rinomato per

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la produzione di vino, e Carzano, dove ancora vivono maestri d’ascia in grado di costruire la barca locale dal ventre piatto, il naét, mentre sulla cima svetta il santuario della Madonna della Ceriola da cui si dominano il lago, la pianura e la catena alpina. Di nuovo sulla terraferma,

il territorio di Zone offre un’area naturalistica protetta dove ammirare piramidi d’erosione, altissime guglie di pietrame sovrastate da un enorme masso. Un sentiero porta ai 2000 metri della vetta del Monte Guglielmo che domina e incornicia il lago. Proseguendo verso la Valle

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La denominazione Olio extravergine d’oliva Laghi Lombardi comprende le produzioni olearie dei laghi di Como e d’Iseo.

A Monte Isola deliziose le contrade di Sinchignano, ricco di cantine e un tempo rinomato per la produzione di vino, e Carzano, dove ancora vivono maestri d’ascia in grado di costruire la barca locale dal ventre piatto, il naét, mentre sulla cima svetta il santuario della Madonna della Ceriola da cui si dominano lago, pianura e catena alpina

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Camonica e il suo naturale imbocco, Pisogne, merita sosta per la pieve di Santa Maria, con affreschi di Pietro da Cemmo e la quattrocentesca chiesa di Santa Maria della Neve con affreschi esterni e, interni, assai coinvolgenti, del Romanino. Nella piazza del Comune si erge la bella torre medievale in pietra a vista scalpellata, alta 35 metri. Il fiume Oglio segna il passaggio alla provincia di Bergamo; Lovere è tra i maggiori centri che si affacciano sul Sebino con l’elegante piazza Vittorio Emanuele II, cinta dal Palazzo podestarile e da altre costruzioni d’epoca da medievale e settecentesca. L’Accademia Tadini conserva numerosi capolavori di scultura, pittura e disegno. Le particolari correnti d’aria rendono ideali per la pratica del windsurf lo specchio d’acqua antistante l’abitato di Castro. Qui il lago d’Iseo regala insenature simili a fiordi, spettacolari pareti di roccia che si gettano a picco nelle profondità del lago, come in località Gola del Tinazzo e in territorio di Riva di Solto presso l’orrido del Bogn. In questo tratto la strada litoranea concede scorci e paesaggi particolarmente appassionanti. Negli abitati si susseguono costruzioni civili di pescatori e palazzi di famiglie nobili, spesso utilizzati sin dal Settecento come

residenze estive e di svago. Dalla Chiesa della Santissima Trinità di Parzanica, in cui il cartiglio di un affresco riporta la data del 1100, si gode di un bel panorama. Anche Tavernola Bergamasca vanta luoghi di particolare interesse artistico come la Chiesa di San Pietro con affreschi del Romanino e quella di San Michele con affreschi del XIV secolo attribuiti al Maestro di Cambianica. Il centro di Predore serba un edificio termale pertinente a un’ampia villa del I secolo d. C. A Sarnico il lago d’Iseo diventa nuovamente fiume Oglio. Numerose le attività sportive che vi si possono praticare: dal canottaggio allo sci d’acqua. Sarnico è noto agli appassionati di motoscafi e barche di lusso per essere stato il quartier generale dei Motoscafi Riva dal 1842. Portali in pietra nera locale, viuzze e possenti mura degli edifici testimoniano l’antica struttura dell’abitato mentre la Pinacoteca don Gianni Bellini ospita interessanti tele dipinte dal Cinquecento al Settecento. Attraversato il fiume è di nuovo Brescia, anzi Franciacorta, nota per il suo vino. Riccardo Lagorio Note A pagina 90 e 91 Peschiera Maraglio (photo © Fotolia).

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SAPORI DAL MONDO

Pesce salato e affumicato iraniano, una specialità che rischia l’estinzione di Riccardo Lagorio

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Esterno della dudkhune, la casa del fumo.

Il pesce salato e affumicato è una ghiottoneria irrinunciabile per molti Iraniani durante i pranzi del nowruz, il Capodanno, che si celebra il primo giorno di primavera. I pesci che vengono avviati alla casa del fumo sono soprattutto il cefalo del Caspio, l’omul, il cavedano e l’aringa del Caspio e il kutum

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La preoccupazione di JALAL JABERI potrebbe essere la stessa di un qualsiasi produttore di formaggio di malga valtellinese. «Le autorità sanitarie ci impongono modifiche essenziali nella preparazione del nostro prodotto, asserendo che esistono norme nazionali sulla sanità pubblica improrogabili. A tutto vantaggio dell’industria, che in sostanza copia in maniera grossolana il processo di produzione originario applicando però metodi che snaturano il gusto, ma soprattutto implicano la cessazione di antiche modalità di elaborazione. E, di conseguenza, di un millenario saper fare». Se non fosse che Jaberi si trova a Bandar-e Anzali, sul Mar Caspio, e gestisce una delle sette fabbriche sopravvissute dedite alla produzione di pesce salato e affumicato. Una ghiottoneria irrinunciabile per molti Iraniani durante i pranzi del nowruz (il capodanno, che si celebra il primo giorno di primavera) servita insieme al riso alle erbe odorose (sabzi polo). Che oggi, proprio a causa delle severe

norme sanitarie, rischia di diventare un ricordo. Quando in tempi andati mancavano strumenti di conservazione adatti, si intuisce facilmente come il pesce salato ed affumicato fosse un vero lusso, specie per quelle popolazioni lontane dal mare; ma, soprattutto, il metodo di conservazione, con quel mix di sale e fumo, mirasse a ottenere già secoli fa un cibo sostanzialmente sicuro (e conservabile nel tempo). I pesci che vengono avviati alla casa del fumo (dudkhune) sono soprattutto il cefalo del Caspio, l’omul, il cavedano e l’aringa del Caspio e il kutum (per il quale gli Iraniani portano un debole). «Animali che variano molto in dimensione e peso. La conseguenza è che comportano tempi assai diversi di lavorazione, che ha luogo secondo tradizione tra il 10 ottobre e il 10 aprile», svela Jaberi. Il pesce che arriva alla casa del fumo viene innanzitutto eviscerato e portato in una vasca piena d’acqua

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1) Kutum, pesce particolarmente apprezzato dagli Iraniani. 2/3) Quando la polpa è giunta al giusto grado di maturazione, il pesce viene prelevato dalla vasca e appeso a bastoni e immerso in acqua dolce per 4-5 minuti per togliere il sale residuo sulla pelle. Per farlo si usa paglia di laguna bagnata che, una volta infilata nel sottogola, viene fissata come cappio a mezzo di un nodo. e quarzi di salgemma. Agli esemplari che presentano uova, viene prelevata la sacca ovarica e questa è avviata ad un processo di salatura e affumicatura separato. Il risultato finale (ashpal) risulta morbido e assai delicato al gusto. Si consuma

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strappandone piccole quantità con il cucchiaio, con pane o verdure, a mo’ di antipasto. La quantità di salgemma varia per tipologia di pesce e sua dimensione: il kutum, fragile e delicato, ad esempio, necessita di poco sale

e un tempo di permanenza limitato a 3 giorni. In verità, per constatare il corretto assorbimento del sale da parte del pesce è riposta sulla superficie una rastrelliera in legno. Ogni mattina un addetto maschio toglie la rastrelliera per mezzo di

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Pesce affumicato pronto per la vendita.

Le stanze della dudkhune risultano annerite dagli strati di fumo depositatisi negli anni; la paglia delle volte del soffitto e l’esterno del tetto proviene dalla regione di Qazvin, capitale dell’impero durante il regno di Sapore II, il re del IV secolo d.C. che respinse le mire espansionistiche di Roma sull’area

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un apposito palo di legno (basmà) e verifica il quantitativo di sale assunto dai pesci. Giunto il momento in cui la rastrelliera emerge dall’acqua sotto la spinta del pesce, questo è il segnale — insieme chimico e fisico — che si deve prelevare dalla vasca. Ciò è avvalorato dal palpeggio dei pesci: Pochi sanno distinguere con le dita il giusto punto di maturazione della polpa. Superato questo passaggio entra in gioco il saper fare delle donne. Sono loro a forare il sottogola del pesce e ad infilare da sotto nella cavità orale del pesce della paglia di laguna bagnata e quindi flessibile. Fissata come cappio per mezzo di un nodo, i pesci sono appesi in numero variabile da 6 a 10 in base alla dimensione a dei bastoni di legno. I pesci appesi ai bastoni sono calati in acqua dolce per 4 o 5 minuti al fine di togliere il sale residuo sulla pelle del pesce. Poi a strati, uno sull’altro, sono condotti fuori dall’edificio di salatura per mezzo di carretti e quindi nelle stanze della dudkhune. Ciascuna stanza è dedicata ad un’essenza arborea di-

versa che conferisce un gusto distinto finale al pesce. Il fumo è prodotto sostanzialmente grazie alla segatura di legno di tre alberi: Alnus subcordata (ontano caucasico, particolarmente apprezzato e che attualmente scarseggia nelle case del fumo di Anzali e in loco è conosciuto come tuska), il pioppo ed il faggio (rash), l’essenza più pregiata che fornisce della segatura rossastra. Le stanze della dudkhune risultano annerite dagli strati di fumo che si sono depositati nel corso degli anni; la paglia delle volte del soffitto come l’esterno del tetto dalla particolare forma arrotondata proviene storicamente dalla regione di Qazvin, capitale dell’impero durante il regno di Sapore II, il leggendario re del IV secolo d.C. che respinse in maniera definitiva le mire espansionistiche di Roma sull’area. «Il tetto ha una durata variabile tra 30 e 40 anni. Oggi però sarebbe difficile trovare qualcuno in grado di riparare o rifare il tetto in paglia» stigmatizza Jaberi. I pali a cui sono

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Nella laguna d’acqua dolce più grande del mondo, un simpatico traghetto si fa strada in mezzo alle canne e ai gigli acquatici e porta i clienti sull’isola dove il ristorante Nilufar Abi propone una gustosa cucina marinara, pesce affumicato compreso. Alle pareti, eccentrici trofei di uccelli di laguna. appesi i pesci vengono fissati alle pareti in legno della dudkhune, provviste di idonei supporti. Il primo giorno in cui i pesci accedono alla dudkhune non assumono fumo: la giornata serve a fare perdere l’umidità e solo quando i pesci risultano asciutti inizia il delicato e complesso processo di affumicatura, che spetta di nuovo a individui maschi. Al tramonto un incaricato dalla lunga esperienza dà fuoco alla segatura, sparsa sul pavimento. La accende avendo riguardo alle particolari condizioni di ciascun pesce e accendendo con scrupolo solo dove ne esiste necessità. Durante la notte si sprigiona il fumo necessario a rendere omogenea l’essiccatura ed affumicatura dei pesci e l’indomani l’addetto dalla lunga esperienza sposta la segatura nei punti necessari a sviluppare di nuovo il fumo sotto la cenere. La notte successiva la stessa persona (sammak) verifica lo stadio di essiccatura e affumicatura del pesce, assicurando ogni tre ore una

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visita per stabilire se e dove serve attizzare il fuoco (una sorta di sacerdote zoroastriano, verrebbe irrispettosamente da dire) grazie all’aggiunta della segatura, per il cui trasporto si utilizzano apposite ceste (zambil) che ne trasportano sino a 6 kg. L’abilità del sammak è inoltre di stabilire una quantità di fumo idonea affinché tutto il pesce venga uniformemente investito dagli aromi, si essicchi e assuma la fragranza caratteristica. Particolare attenzione va rivolta a non eccedere nella quantità di fumo e di calore sprigionata dalla segatura, che potrebbe di fatto cuocere la polpa. Se il procedimento è stato condotto con scrupolo, il pesce si potrà conservare per 6 mesi all’aria. La vendita avviene presso il mercato del pesce di Bandar-e Anzali e in alcuni ristoranti della zona, tra cui il Nilufar Abi, a pochi chilometri dalla dudkhune. Il pesce salato ed affumicato trova consumo durante tutto il corso dell’anno soprattutto come antipasto. Tagliato a tocchetti,

si scalda in una terrina e si sveste dalla pelle. Accompagna bene le olive di Rudbar per il loro retrogusto vagamente amarognolo e le fave in salamoia. Finché anche a Bandar-e Anzali qualche benpensante in camice bianco ce lo permetterà di fare. Riccardo Lagorio Ambar Dudkhune (Magazzino della Casa del Fumo) Postal Code: 40313963571 Bandar-e Anzali Telefono: +98 9113830406 Ristorante Nilufar Abi Bandar-e Anzali Jaban Astadiom Telefono: +98 013 44514100 Nota A pagina 98 Jalal Jaberi presso la vasca dove il pesce eviscerato viene messo con acqua e salgemma. Il pesce salato ed affumicato trova consumo durante tutto il corso dell’anno soprattutto come antipasto.

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LA PAGINA SCIENTIFICA

Esiste un pericolo per i consumatorI?

Microplastiche e nanoplastiche negli alimenti: un tema emergente Esiste un interesse globale per l’impatto dei rifiuti di plastica presenti nei mari e nei corsi d’acqua sugli habitat naturali e sulla fauna selvatica. L’EFSA ha compiuto un primo passo verso una futura valutazione dei potenziali rischi per i consumatori derivanti dalla presenza di microplastiche e nanoplastiche negli alimenti, in particolare nei frutti di

mare. Il dott. PETER HOLLMAN, precedentemente membro del gruppo di lavoro che ha assistito il gruppo di esperti scientifici sui contaminanti nella catena alimentare (CONTAM) dell’EFSA nella redazione della dichiarazione sulla presenza di particelle di microplastica e nanoplastica negli alimenti, è ricercatore capo presso l’istituto di ricerca

RIKILT nonché professore associato di nutrizione e salute, funzioni che ricopre presso l’Università di Wageningen nei Paesi Bassi. Il suo lavoro di ricerca riguarda tra l’altro la presenza, l’analisi e la tossicità delle microplastiche e delle nanoplastiche. Riportiamo di seguito la sua intervista rilasciata ai redattori dell’ufficio stampa di EFSA.

Le particelle di microplastica e di nanoplastica presenti negli alimenti sono state segnalate per la prima volta come una potenziale futura questione di sicurezza alimentare dalla rete per lo scambio sui rischi emergenti dell’EFSA, che è composta da esperti nazionali di sicurezza alimentare.

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(IPA), che possono accumularsi nelle microplastiche. Potrebbero anche esserci residui di composti utilizzati negli imballaggi, come il bisfenolo A (BPA). Alcuni studi indicano che le microplastiche, dopo il consumo negli alimenti, possono trasferirsi nei tessuti. È quindi importante stimare l’assunzione media. Sappiamo che le nanoparticelle di sintesi (da diversi tipi di nanomateriali) possono penetrare nelle cellule umane, con potenziali conseguenze per la salute. Ma sono indispensabili ulteriori ricerche e maggiori dati».

Tartaruga marina. L’uso sempre più intenso della plastica nel mondo ha causato la formazione negli oceani di ampie aree di rifiuti di plastica galleggianti, la cosiddetta “zuppa di plastica” (photo © unisinforma.unisi.it). Cosa afferma l’EFSA nella dichiarazione? «L’EFSA ha esaminato in modo esaustivo la letteratura esistente in argomento, rilevando l’insufficienza dei dati relativi alla presenza, alla tossicità e al destino — ossia che cosa accade dopo la digestione — di tali materiali ai fini di una valutazione completa del rischio e rivelando che le nanoplastiche richiedono un’attenzione particolare. L’esame ha consentito all’EFSA di fare il punto sugli sviluppi scientifici in questo ambito, di individuare lacune in termini di dati e di conoscenze e di formulare raccomandazioni sulle priorità di ricerca per il futuro allo scopo di affrontarle». Che cosa sono le micro e le nanoplastiche? «L’uso sempre più intenso della plastica nel mondo ha causato la formazione negli oceani di ampie aree di rifiuti di plastica galleggianti, la cosiddetta “zuppa di plastica”. Sono state osservate aree grandi quanto la Francia. Questi rifiuti di plastica galleggianti si stanno frammentando gradualmente in particelle più piccole, che alla fine diventano micro e persino nanoplastiche. Si tratta di pellet, fiocchi, sferoidi e anche granelli sintetizzati in queste dimensioni».

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Quali sono le dimensioni? «L’EFSA definisce microplastiche le particelle di dimensioni comprese tra 0,1 e 5 000 micrometri (µm), o 5 millimetri, per dare un’idea. Le nanoplastiche misurano da 0,001 a 0,1 µm (ossia da 1 a 100 nanometri)». Quali alimenti contengono questi materiali? «Non esistono dati sulla presenza di nanoplastiche negli alimenti, ma vi sono alcune informazioni sulle microplastiche, in particolare per l’ambiente marino. Si registrano elevate concentrazioni nei pesci, ma poiché le microplastiche sono presenti per lo più nello stomaco e nell’intestino, che di solito vengono eliminati, i consumatori non ne risultano esposti. Tuttavia, nel caso dei crostacei e dei molluschi bivalvi, come le ostriche e le cozze, il tratto digestivo viene consumato, per cui si ha una certa esposizione. Ne è stata riferita la presenza anche nel miele, nella birra e nel sale da tavola». Sono nocive per i consumatori? «È troppo presto per dirlo, ma sembra improbabile, almeno per le microplastiche. Una potenziale preoccupazione riguarda le elevate concentrazioni di agenti inquinanti quali i policlorobifenili (PCB) e gli idrocarburi policiclici aromatici

L’EFSA ha stimato l’assunzione media? «Non per le nanoplastiche, ma con i dati limitati a disposizione l’EFSA ha stimato che una porzione di cozze (225 g) potrebbe contenere sette microgrammi di microplastica. Se anche tale quantità di materiale contenesse le massime concentrazioni mai misurate di PCB o di BPA, ad esempio, contribuirebbe in misura modesta all’esposizione generale a queste sostanze: aumenterebbe l’esposizione ai PCB in misura inferiore allo 0,01% o l’esposizione al BPA di meno del 2%. Si tratta comunque dello scenario più pessimistico». Quali lavori scientifici sono necessari in futuro? «Le raccomandazioni del gruppo di esperti scientifici possono aiutare la comunità scientifica ad avere un quadro più chiaro della situazione. La ricerca dovrebbe produrre dati sulla presenza di microplastiche e specialmente di nanoplastiche negli alimenti, sul loro destino nel tratto gastrointestinale e sulla loro tossicità. Sono necessarie in modo particolare maggiori conoscenze in materia di tossicità delle nanoplastiche, perché queste particelle possono penetrare in tutti i tipi di tessuti per poi finire nelle cellule. La dichiarazione propone inoltre metodi analitici standardizzati per contribuire al monitoraggio». L’EFSA ha esaminato i rischi per la fauna selvatica e/o l’ambiente? «L’EFSA li ha esaminati soltanto dal punto di vista della sicurezza

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Si registrano elevate concentrazioni di microplastiche nei pesci, presenti per lo più nello stomaco e nell'intestino, che di solito vengono eliminate. Nel caso dei crostacei e dei molluschi bivalvi, invece, il tratto digestivo viene consumato, per cui si ha una certa esposizione

alimentare. Altre organizzazioni stanno prendendo in considerazione i bio-habitat e la fauna selvatica. Abbiamo esaminato le relazioni principali del Joint Group of Ex-

perts on the Scientific Aspects of Marine Environmental Protection (gruppo paritetico di esperti sugli aspetti scientifici della protezione dell’ambiente marino) dell’ONU, prevedendo un nuovo studio sulle misure per combattere l’inquinamento marino, commissionato dalla DG Ambiente della Commissione europea. Tali lavori hanno costituito fonti cruciali per la definizione di un quadro mirato ad affrontare la questione dal punto di vista della sicurezza alimentare. L’Agenzia europea dell’ambiente ha adottato una visione più ampia nella sua relazione sullo Stato dei mari europei. La dichiarazione dell’EFSA e i lavori futuri possono integrare tali sforzi». Partecipare è stato utile per il suo lavoro scientifico? «Per me è stato gratificante discutere di queste questioni con esperti di altre discipline scientifiche. La condivisione di diverse esperienze e conoscenze ci ha consentito di guardare al problema da differenti punti

di vista. Ne è scaturita una visione più equilibrata dei problemi ed è stato davvero utile per dare il giusto orientamento alla dichiarazione del gruppo di esperti scientifici». Conclusioni Le particelle di microplastica e di nanoplastica presenti negli alimenti sono state segnalate per la prima volta come una potenziale futura questione di sicurezza alimentare dalla rete per lo scambio sui rischi emergenti dell’EFSA, che è composta da esperti nazionali di sicurezza alimentare. Sulla base di questo lavoro, l’Istituto federale tedesco per la valutazione dei rischi (BfR) ha chiesto l’attuale esame da parte dell’EFSA. Nel 2011 il comitato scientifico dell’EFSA ha pubblicato linee guida sulla nano-scienza e le nanotecnologie nella catena alimentare, che si applicano a tutti i settori scientifici di competenza dell’EFSA. Per il 2018 è previsto un aggiornamento di tali linee guida. (Fonte: EFSA)


SICUREZZA ALIMENTARE

Linee guida in materia di igiene dei prodotti della pesca Parte I INTESA, AI SENSI DELL’ART 8, COMMA 6, DELLA LEGGE 5 GIUGNO 2003, N. 131, TRA IL GOVERNO, LE REGIONI E LE PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E DI BOLZANO SUL DOCUMENTO RECANTE “LINEE GUIDA IN MATERIA DI IGIENE DEI PRODOTTI DELLA PESCA” La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano Nella odierna seduta del 5 novembre 2015: • VISTO l’articolo 8, comma 6, della Legge 5 giugno 2003, n. 131, che prevede che il Governo può

promuovere la stipula di intese dirette a favorire l’armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni; • VISTO il Reg. (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, sull’igiene dei prodotti alimentari; • VISTO il Reg. (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, sull’igiene per gli alimenti di origine animale; • VISTO il Reg. (CE) n. 854/2004 del Parlamento europeo e del

Consiglio del 29 aprile 2004, che detta norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano, in particolare l’articolo 4, comma 2, che sancisce che l’autorità competente effettua controlli ufficiali per verificare il rispetto, da parte degli operatori del settore alimentare, dei requisiti previsti dai regolamenti sopra menzionati; • VISTO il Reg. (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi

Banco del pesce a Catania (photo © Giovanni Migliorisi, www.urban.dotart.it).

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Peschereccio pronto per lo sbarco del pesce a Manfredonia (photo © www.pescedelgargano.it).

a verificare la conformità della normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere animale, in particolare l’articolo 8 concernente le relative procedure di controllo e verifica, nonché l’articolo 54 sulle azioni in caso di non conformità alla normativa; VISTE le raccomandazioni della Commissione europea del Food Veterinary Office contenute nel report n. 2010-8525MR con cui viene richiesto il miglioramento di alcuni aspetti del controllo ufficiale; C ONSIDERATO necessario, per quanto disposto dalla normativa e dai conseguenti obblighi derivanti ai fini della sua attenzione, adottare comportamenti uniformi su tutto il territorio nazionale per migliorare i controlli ufficiali; VISTA la nota del 6 ottobre 2015, con la quale l’Ufficio di Segreteria di queste Conferenza, con la quale la Regione Emilia-Romagna, Coordinatrice interregionale in sanità, ha comunicato l’assenso tecnico favorevole; ACQUISITO, nel corso dell’odierna

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seduta, l’assenso del Governo, delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e Bolzano sul documento in epigrafe; SANCISCE INTESA

sul documento concernente “Linee Guida in materia di igiene dei prodotti della pesca”, allegato sub A, che costituisce parte integrante del presente atto. Il segretario Antonio Naddeo Il presidente Gianclaudio Bressa LINEE GUIDA

IN MATERIA DI IGIENE

DEI PRODOTTI DELLA PESCA

Le presenti Linee Guida hanno l’obiettivo di fornire indicazioni di carattere applicativo ed esplicativo in relazione alle disposizioni contenute nella regolamentazione comunitaria e nazionale in materia di sicurezza alimentare, lungo le diverse fasi che compongono la filiera dei prodotti ittici. In particolare si fa riferimento al cosiddetto Pacchetto igiene dal Reg. CE 178/2002 ai Regolamenti CE 852, 853, 854 e 882 del 2004. La necessità di migliorare l’applicazione dei regolamenti comunitari, per

rendere omogenei i comportamenti delle autorità competenti sul territorio e per migliorare la conoscenza da parte degli operatori del settore delle proprie responsabilità, scaturisce dagli esiti degli audit di settore svolti dall’FVO e dal Ministero della Salute. Si riportano alcune definizioni attinenti le Linee Guida. Definizioni e glossario Nel contesto delle presenti linee guida le definizioni sotto riportate sono individuate ai sensi delle normative pertinenti il punto della filiera produttiva considerata. • Autorità competente (DLgs 193/2007): ai fini dell’applicazione dei Regg. (CE) 852/2004, 853/2004, 854/2004 e 882/2004, e successive modificazioni, le autorità competenti sono il Ministero della Salute, le Regioni, le Province autonome di Trento e di Bolzano e le aziende unità sanitarie locali, nell’ambito delle rispettive competenze; • Acqua potabile: l’acqua rispondente ai requisiti minimi fissati nella Direttiva CE 98/83 del Consiglio del 3 novembre

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1998, sulla qualità delle acque destinate al consumo umano. A livello nazionale i requisiti delle acque potabili sono quelli definiti dal DLgs 31/2001 e successive modifiche; Acqua di mare pulita: l’acqua di mare o salmastra naturale, artificiale o depurata che non contiene microrganismi, sostanze nocive o plancton marino tossico in quantità tali da incidere direttamente o indirettamente sulla qualità sanitaria degli alimenti; Acqua pulita: acqua di mare pulita e acqua dolce di qualità analoga; Ghiaccio: il ghiaccio che entra in contatto con gli alimenti o che potrebbe contaminare gli stessi deve essere ottenuto da acqua potabile o, allorché è utilizzato per la refrigerazione di prodotti della pesca interi, da acqua pulita. Esso deve essere fabbricato, manipolato e conservato in modo da evitare ogni possibile contaminazione; Ghiacciatura: pratica di conservazione dei prodotti della pesca che consiste nell’aggiunta di

ghiaccio a contatto con i prodotti della pesca; Refrigerazione: il procedimento che consiste nell’abbassare la temperatura dei prodotti della pesca tanto da avvicinarla a quella del ghiaccio fondente; Cernita: selezione di specie, di taglia e/o categoria (es. peso, freschezza) di prodotti della pesca; Confezionamento: il collocamento di un prodotto alimentare in un involucro o contenitore posti a diretto contatto con il prodotto alimentare in questione, nonché detto involucro o contenitore; Alimento preconfezionato/preimballato: corrispondente alla definizione di cui al Reg. (CE) 1169/2011 – l’unità di vendita destinata a essere presentata come tale al consumatore finale e alle collettività, costituita da un alimento e dall’involucro in cui è stato confezionato prima di essere messo in vendita, avvolta interamente o in parte da tale confezione, ma comunque in modo tale che il contenuto non possa essere alterato senza aprire o cambiare la confezione;

“alimento preconfezionato” non comprende gli alimenti confezionati nei luoghi di vendita su richiesta del consumatore o preconfezionati per la vendita diretta; • Riconfezionamento: suddivisione dei prodotti della pesca introdotti in uno stabilimento (indipendentemente dalla partita/sottopartita/lotto), mediante operazioni di incassettamento o riconfezionamento; • Conserva: prodotto della pesca trasformato di cui al Reg. 853/2004, confezionato in recipienti ermeticamente chiusi e sottoposto a trattamento termico che lo rende stabile a temperatura ambiente; • Semiconserva: per semiconserva si intende quel prodotto alimentare confezionato la cui stabilità, oltre che dalla natura stessa del prodotto e dal processo di lavorazione adottato, è limitata dalle condizioni ambientali esterne; a differenza dunque della conserva, la cui conservabilità non è influenzata dall’ambiente esterno, la semiconserva necessita

Incassettamento del pescato a bordo (photo © slowfish.slowfood.it).

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Pesca del tonno (photo © www.pescadallabarca.tv). per rimanere stabile di almeno uno o più dei seguenti fattori: temperatura, salinità, attività dell’acqua, affumicatura, pH, additivi vari, i cui valori e combinazioni varieranno a seconda del prodotto alimentare utilizzato come materia prima. Nel settore dei prodotti della pesca, svariate sono le tipologie alimentari classificabili come semiconserve, quali per esempio: il salmone e l’aringa affumicati, lo stoccafisso, il baccalà, le sardine e le acciughe salate, i prodotti marinati, la bottarga, le saracche, il caviale, ecc…; • Frazionamento: suddivisione dei prodotti della pesca introdotti in uno stabilimento (indipendentemente dalla partita/sottopartita/ lotto) anche mediante operazioni di incassettamento o riconfezionamento; • Prodotti della pesca freschi: i prodotti della pesca non trasformati, interi o preparati, compresi i prodotti imballati sotto vuoto o in atmosfera modificata che, ai fini della conservazione, non hanno subito alcun trattamento diverso dalla refrigerazione, inte-

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so a garantirne la conservazione. I prodotti della pesca freschi trattati con additi vi consentiti (es. solfiti nei crostacei) sono da considerarsi prodotti freschi; Prodotti della pesca preparati: i prodotti della pesca non trasformati sottoposti ad una operazione che ne abbia modificato l’integrità anatomica, quali l’eviscerazione, la decapitazione, l’affettatura, la sfilettatura, la tritatura; Prodotti della pesca separato meccanicamente: prodotto ottenuto rimuovendo la carne dai prodotti della pesca utilizzando mezzi meccanici che conducono alla perdita o modificazione della struttura della carne; Prodotti della pesca trasformati: i prodotti trasformati risultanti dalla trasformazione di prodotti della pesca o dall’ulteriore trasformazione di detti prodotti trasformati; Acquacoltura: corrispondente alla definizione di cui all’articolo 3 del DLgs 148 del 2008 l’allevamento o la coltura di organismo acquatici mediante l’impiego di

tecniche finalizzate ad aumentare, al di là delle capacità naturali dell’ambiente, la resa degli organismi in questione; questi ultimi rimangono di proprietà di una o più persone fisiche o giuridiche durante tutta la fase di allevamento o di coltura, compresa la raccolta; • Impresa alimentare: ogni soggetto pubblico o privato, con o senza fini di lucro, che svolge una qualsiasi delle attività connesse ad una delle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti; • Operatore del settore alimentare: la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell’impresa alimentare posta sotto il suo controllo che svolge attività relative ad una qualsiasi delle fasi di produzione, trasformazione, commercializzazione, distribuzione e vendita al dettaglio dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura; • Lotto dei prodotti della pesca in fase di produzione primaria:

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Viareggio, pescatori sistemano le reti (photo © www.madeinlucca.com). corrispondente alla definizione di “partita” di cui all’art 2 (1) del Decreto del Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali del 10 novembre 2011, attuazione del Reg. (CE) 1224/2009: “Quantitativo di prodotti della pesca e dell’acquacoltura di una determinata specie della stessa presentazione proveniente dalla stessa pertinente zona geografica e dallo stesso peschereccio, o gruppo di pescherecci, o dallo stesso sito di acquacoltura”; • Lotto (batch): corrispondente alla definizione di cui all’art. 13 del DLgs 27 gennaio 1992, n. 109. Negli stabilimenti corrisponde alla definizione di partita di cui al testo tradotto del Reg. (CE) 2073/2005, “un gruppo o una serie di prodotti identificabili ottenuti mediante un determinato processo in circostanze praticamente identiche e prodotti in un luogo determinato entro un periodo di produzione definito”; • Partita: corrispondente alla definizione di cui all’art. 2, lettera

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f) del DLgs 25 febbraio 2000, n. 80: una quantità di prodotti della stessa natura, oggetto degli stessi certificati o altri documenti, trasportata con lo stesso mezzo di trasporto e provenienza. Una partita può contenere più lotti; Data di produzione: ai sensi del Reg. (CE) 16/2012) per “data di produzione” si intende: la data di raccolta o di pesca dei prodotti ittici. Le informazioni relative alla data di cattura di cui all’articolo 67 comma 9 del Reg. 404/2011 possono includere più giorni di calendario o un periodo di tempo corrispondente a più date di cattura; Data di sbarco: data di scarico iniziale di qualsiasi quantitativo di prodotti della pesca da un peschereccio a terra per essere destinato alla prima vendita; Prima vendita: vendita dal peschereccio al primo operatore, sia esso un dettagliante oppure un grossista; Primi acquirenti: gli operatori che acquistano i prodotti della pesca messi in prima vendita; Parassiti visibili: corrispondente

alle definizioni di cui al Reg. (CE) 2406/96 e Reg. (CE) 2074/2005: un parassita o un gruppo di parassiti che per dimensioni, colore o struttura sono chiaramente distinguibili nei tessuti dei pesci e possono essere osservati senza l’ausilio di strumenti ottici d’ingrandimento e in buone condizioni di luce per la visione umana. Ambito di applicazione ed esclusione dal campo di applicazione dei Regolamenti (CE) 852 ed 853/2004 Tutte le imprese che effettuano attività di pesca, sia marittima che in acque interne, devono essere registrate ai sensi del Reg. (CE) 852/2004, ad esclusione della pesca per uso domestico privato, compreso la pesca sportiva e la pesca ricreativa. Gli elenchi devono essere disponibili presso le AASSLL competenti. La registrazione per i pescatori muniti di licenza di pesca professionale può essere effettuata come impresa di tipo individuale o come impresa collettiva. Nella registrazione deve essere indicato l’elenco delle imbarcazioni in disponibilità ed i rispettivi siti di

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Sbarco del pesce (photo © www.pescedelgargano.it). ricovero o stazionamento, l’elenco dei punti sbarco utilizzati, l’elenco delle tipologie di pesca praticate e delle relative attrezzature. Anche i pescatori professionali che effettuano esclusivamente “fornitura diretta” di piccoli quantitativi di prodotti primari devono essere registrati presso le competenti autorità al fine di consentire l’eventuale effettuazione di controlli ufficiali da parte delle stesse. Si deve intendere per fornitura diretta la cessione senza intermediari al consumatore finale o all’esercente di un esercizio di commercio al dettaglio, di prodotti primari. Il “piccolo quantitativo” di prodotti primari che può essere escluso dall’ambito di applicazione del Reg. (CE) 853/2004 corrisponde ad un quintale massimo per sbarco giornaliero. Tale definizione si applica anche nel caso di pesca in acque interne. L’autorità territoriale (comune, demanio marittimo regionale, autorità portuale), in accordo con il servizio veterinario dell’ASL competente sul punto di sbarco e con l’autorità marittima, può disciplinare a livello locale le

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modalità di fornitura diretta del prodotto primario. Per la definizione di “commercio al dettaglio” si fa riferimento al Reg. (CE) 178/2002, art. 3, punto 7: “la movimentazione e/o trasformazione degli alimenti e il loro stoccaggio nel punto di vendita o di consegna al consumatore finale, compresi i terminali di distribuzione, gli esercizi di ristorazione, le mense di aziende e istituzioni, i ristoranti e altre strutture di ristorazione analoghe, i negozi, i centri di distribuzione per supermercati e i punti vendita”. Per osservare le prescrizioni del Reg. (CE) 852/2004 gli operatori del settore alimentare che immettono in commercio il piccolo quantitativo in ambito locale, devono assicurare: • nella misura del possibile, che i prodotti primari siano protetti da contaminazioni; • adeguata aggiunta di ghiaccio al prodotto; • che le imbarcazioni, le attrezzature e i contenitori siano tenuti puliti e ove necessario sanificati; • l’utilizzo di acqua potabile o acqua pulita; • la protezione del prodotto da

animali e animali infestanti; • la corretta gestione dei rifiuti e dei possibili contaminanti; • la rintracciabilità ai sensi dell’articolo 18 del Reg. (CE) 178/2002. Il “livello locale” è identificato nel territorio della provincia in cui insiste l’azienda e nel territorio delle province contermini. Pertanto, le imbarcazioni possono commercializzare prodotti della pesca freschi fino ad un massimo di 100 kg/giorno come fornitura diretta di prodotti primari dal produttore al consumatore finale o ai laboratori annessi agli esercizi di commercio al dettaglio o di somministrazione a livello locale che riforniscono direttamente il consumatore finale. L’Operatore del Settore Alimentare della produzione primaria deve riportare sul documento di trasporto il punto di sbarco utilizzato, al fine di identificare il contesto territoriale del commercio. Tale indicazione consente all’autorità competente locale di verificare l’ambito di commercializzazione del prodotto primario. Alla fase di trasporto del prodotto dal punto di sbarco non sono applicabili le prescrizioni relative

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alla marchiatura di identificazione. Il documento di trasporto deve contenere le indicazioni riportate al punto 5. Qualora tali indicazioni siano disponibili in documentazioni previste da altre normative e scortino il prodotto non è necessario che vengano riportate in ulteriore documentazione specifica. Produzione primaria Guida per gli operatori del settore alimentare In relazione al settore della pesca la produzione primaria comprende le attività di allevamento, pesca, raccolta di prodotti vivi della pesca, in vista dell’immissione sul mercato, nonché le operazioni connesse, qualora svolte a bordo di navi da pesca o in una azienda di acquacoltura: • macellazione; • dissanguamento; • decapitazione; • eviscerazione; • taglio delle pinne; • refrigerazione • confezionamento. Le suddette operazioni sono oggetto di registrazione. Gli OSA nell’ambito della registrazione devono fornire all’autorità competente locale i seguenti dati: • ditta (ragione sociale); • sede legale (via/piazza, numero civico, località, comune, provincia); • rappresentante legale (nome ed indirizzo); • elenco delle imbarcazioni. Per ciascuna imbarcazione devono essere fornite le seguenti informazioni minime: 1. numero UE (Reg. CE 26/2004); 2. matricola; 3. nome dell’imbarcazione; 4. tipologia di attrezzatura utilizzata per la pesca; 5. eventuale presenza di attrezzature per la conservazione dei prodotti della pesca freschi a bordo 6. per oltre 24 ore; 7. area di pesca abituale; 8. punti di sbarco abituali. In riferimento alla produzione primaria la procedura di incassettamento svolta a bordo delle navi da pesca può essere ricondotta alla

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definizione di confezionamento del Reg. (CE) 852/2004, art. 2, lettera J, “il collocamento di un prodotto alimentare in un involucro o contenitore posti a diretto contatto con il prodotto alimentare in questione, nonché detto involucro o contenitore”. Tali operazioni includono, inoltre, il trasporto ed il magazzinaggio dei prodotti della pesca che non hanno subito modificazioni sostanziali, inclusi i prodotti vivi della pesca, nelle aziende di acquacoltura di terra e il trasporto dei prodotti della pesca non sostanzialmente modificati dal luogo di produzione al primo stabilimento di spedizione. Tra le attività di produzione primaria consentite a bordo vi è la spellatura dei piccoli selacei per evitare che le carni assumano un odore ammoniacale e la sgusciatura dei pettinidi. Ai fini di quanto previsto dal Reg. (UE) 16/2012, che modifica l’All. II del Reg. (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio per i requisiti relativi agli alimenti congelati di origine animale destinati al consumo umano, l’OSA della produzione primaria è tenuto a registrare la data di produzione (data di pesca) sul documento relativo alla rintracciabilità e tale data deve seguire il prodotto lungo il suo percorso commerciale, qualora non abbia già assolto a tale obbligo tramite l’etichettatura prevista dal Reg. (CE) n. 1224/2009, art. 58, comma 5 (per le imbarcazioni superiori ai 12 m). Per quanto riguarda le registrazioni relative alle misure adottate per il controllo dei pericoli di cui al punto 7, parte A, All. I, del Reg. (CE) 852/2004, “gli operatori del settore alimentare devono tenere e conservare le registrazioni relative alle misure adottate per il controllo dei pericoli in modo appropriato e per un periodo di tempo adeguato e commisurato alla natura e alle dimensioni dell’impresa alimentare e devono mettere a disposizione delle autorità competenti e degli operatori del settore alimentare che ricevono i prodotti le pertinenti informazioni contenute in tali registrazioni a loro richiesta” (es. controllo dei


Vongole confezionate a bordo (photo © www.giulianovanews.it). parassiti), il Reg. (CE) 1243/07, che modifica l’All. 3 del Reg. (CE) 853/2004 prevede la possibilità di derogare gli operatori della “piccola pesca costiera” che svolgono le loro attività solo per periodi brevi, inferiori a 24 ore, dalla tenuta delle registrazioni. La cosiddetta “piccola pesca costiera” era definita dall’articolo 26 del Reg. (CE) 1198/2006 ora abrogato dal Reg. (UE) n. 508/2014 il quale definisce all’art. 3 la “pesca costiera artigianale” come: la pesca praticata da pescherecci di lunghezza fuori tutto inferiore a 12 metri che non utilizzano gli attrezzi da pesca trainati elencati nella tabella 3 dell’allegato I del Reg. (CE) n. 26/2004 della Commissione. Obblighi a carico dell’operatore del settore alimentare sono: a. registrazione delle imbarcazioni ai sensi del Reg. CE 852/2004; b. rispetto dei requisiti igienico sanitari e strutturali delle imbarcazioni, degli impianti e delle attrezzature; c. formazione del personale; d. rispetto dei requisiti di igiene del prodotto con particolare riferimento alla temperatura ai

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materiali a contatto al controllo della possibile presenza di specie velenose, parassiti, contaminanti; e. registrazioni delle misure adottate per il controllo dei pericoli nonché quelle previste per l’acquacoltura; f. documenti per assicurare la tracciabilità. Considerato che l’utilizzo di alcuni additivi è consentito nei prodotti della pesca freschi, e quindi a livello di produzione primaria, l’OSA deve registrarne l’utilizzo per ciascuna partita e riportarne il trattamento sul documento di trasporto e sull’etichetta apposta sul prodotto o su apposito cartello nella vendita al dettaglio (pescherie). Tale informazione infatti deve accompagnare il prodotto fino alla vendita al dettaglio al consumatore finale. Come suddetto, il Reg. 853/2004, allegato III, sezione VIII, punto 4 sancisce che, in relazione ai prodotti della pesca, la produzione primaria comprende l’allevamento, la pesca e la raccolta di prodotti vivi della pesca in vista della loro immissione sul mercato. Pertanto gli operatori

delle aziende di acquacoltura devono assicurare il rispetto dei requisiti generali in materia di igiene per la produzione primaria e le operazioni associate di cui al Reg. (CE) 852/2004, allegato I, parte A. Guida per il controllo ufficiale Le autorità competenti verificano, oltre l’ottemperanza degli obblighi normativi da parte dell’OSA, che le attività svolte sulle imbarcazioni siano igienicamente compatibili con la dotazione strutturale e di attrezzature delle imbarcazioni. Le autorità competenti possono predisporre accordi e procedure con gli enti pubblici già in possesso di elenchi aggiornati ai sensi di specifica normativa di settore, derogando alla necessità per gli OSA della produzione primaria di effettuare una registrazione specifica ai sensi del Reg. (CE) n. 852/2004. In linea con quanto previsto dall’art. 8 del Reg. (CE) 882/2004, i controlli ufficiali devono essere eseguiti secondo procedure documentate e con frequenza appropriata. Nell’ambito dei controlli sulle imbarcazioni registrate occorre verificare che: • le imbarcazioni siano concepite

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in modo da evitare qualsiasi contaminazione dei prodotti con acque di sentina, acque residue, fumo, carburanti, olio, grasso o altre sostanze nocive; le superfici che possono venire in contatto con i prodotti della pesca siano fabbricate con materiale idoneo, resistente alla corrosione, liscio, facile da pulire e datate di un rivestimento solido e non tossico; le attrezzature ed il materiale per la lavorazione dei prodotti siano di materiale resistente alla corrosione, facili da sanificare; il punto di alimentazione dell’acqua utilizzato per i prodotti della pesca sia situato in modo da evitare contaminazioni nell’approvvigionamento idrico; al momento del loro utilizzo le parti dell’imbarcazione o i contenitori riservati alla conservazione dei prodotti della pesca siano mantenuti puliti ed in buono stato di manutenzione; i prodotti della pesca siano posti al riparo dalle contaminazioni e dalla azione del sole o di qualsiasi altra fonte di calore; i prodotti della pesca siano manipolati e conservati evitandone i danneggiamenti; i prodotti della pesca ad eccezione del pescato che deve essere mantenuto vivo, vengano refrigerati il più presto possibile o sbarcati appena possibile;

• qualora i prodotti della pesca siano decapitati, eviscerati o spellati (selacei) a bordo, tali operazioni vengano effettuate nel rispetto delle norme igieniche; • fegati, uova e lattimi destinati al consumo umano siano conservati sotto ghiaccio; • i visceri siano tenuti separati dai prodotti destinati al consumo. Per le navi progettate ed attrezzate per la conservazione dei prodotti della pesca a bordo per oltre 24 ore occorre verificare che: • siano dotate di stive, cisterne o contenitori per la conservazione dei prodotti della pesca alle temperature prescritte dal capitolo VII del Reg. (CE) 853/2004; • le stive siano separate dal comparto macchine e dai locali riservati all’equipaggio da paratie sufficienti ad evitare la contaminazione dei prodotti della pesca; • le stive ed i contenitori usati per la conservazione dei prodotti della pesca assicurino il mantenimento di soddisfacenti condizioni igieniche; • venga garantito che l’acqua di fusione non rimanga in contatto con i prodotti; • nelle navi attrezzate ad usare acqua di mare pulita refrigerata, le cisterne abbiano un sistema che garantisca alloro interno una temperatura uniforme, non superiore a 3 °C sei ore dopo il carico e non superiore a 0 °C

sedici ore dopo il carico; • venga effettuato il monitoraggio e, ove necessario, la registrazione delle temperature. Nel caso in cui il confezionamento avvenga a bordo delle imbarcazioni siano adottate precauzioni affinché il materiale di confezionamento: • non sia fonte di contaminazione; • sia depositato in modo tale da non essere esposto al rischio di contaminazione; • se destinato ad essere riutilizzato, sia facile da pulire e, se del caso, da disinfettare. Per quanto concerne le aziende di acquacoltura i controlli ufficiali devono essere effettuati, come sancito dall’art. 4, punto 2 del Reg. (CE) 854/2004, da parte delle autorità competenti per la verifica del rispetto, da parte degli operatori, dei requisiti di cui al Reg. (CE) 852/2004. Anche in questo caso le autorità competenti locali devono rendere evidenza della propria attività ed programmare i controlli nell’ottica di un’ottimizzazione delle risorse. Requisiti applicabili allo sbarco I punti di sbarco possono anche essere annessi a mercati all’ingrosso, impianti collettivi per le aste e stabilimenti riconosciuti. Guida per gli operatori del settore alimentare Il punto di sbarco deve essere dotato delle seguenti caratteristiche:

Tabella 1 Sezione SINTESIS

Sezione 0 Attività generali

Sezione VIII Prodotti della pesca

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Attività

Sigla

Deposito frigorifero autonomo

CS – Cold Store

Cernita frazionamento e ghiaccia tura (centro di riconfeRW – Re-wrapping zionamento autonomo) Mercato all’ingrosso

WM – Wholesale market

Nave officina

FV – Factory vessel

Navi deposito frigorifero

ZV – Freezing vessel

Impianto di lavorazione di prodotti della pesca

FFPP – Fresh fishery products plant

Impianto di trasformazione dei prodotti della pesca

PP – Processing plant

Mercato ittico all’ingrosso

WM – Wholesale market

Impianto collettivo per le aste

AH – Auction hall

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Asta del pesce, battitore con gallinella (photo © slowfish.slowfood.it). 1. presenza di impianto di erogazione di acqua potabile; 2. possibilità di illuminazione, qualora le operazioni di sbarco avvengano in condizioni di luce insufficiente; 3. adeguato sistema di drenaggio delle acque; 4. pavimentazione idonea ad evitare ristagni; 5. le attrezzature destinate a venire in contatto con i prodotti della pesca devono essere in condizioni igieniche idonee; 6. al momento dello sbarco libero da fumo, polvere, gas di scarico; 7. deve essere garantita la pulizia cd il lavaggio dei punti di sbarco. Le operazioni di sbarco devono essere effettuate il più rapidamente possibile. I prodotti della pesca devono essere prontamente posti in ambiente protetto e a temperatura idonea. Lo scarico dei prodotti della pesca deve essere effettuato in tempi diversi dall’approvvigionamento di carburante. In caso di pesca in acque interne i punti di sbarco abituali andranno comunque segnalati all’atto della registrazione, anche se identi-

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ficabili ad es. con un semplice punto di attracco della barca. In tale caso, deve essere effettuato un trasbordo rapido in contenitori idonei per il trasferimento del pescato ad un mercato all’ingrosso o ad una sala d’asta o al primo stabilimento riconosciuto CE, tramite idonei automezzi. Guida per il controllo ufficiale I controlli saranno programmati sulla base della categorizzazione del rischio effettuata localmente (vedi Linee Guida 882-854), se del caso di concerto con altri enti competenti, al fine di assicurare un adeguato coordinamento e cooperazione nelle attività dì controllo. L’elenco dei punti di sbarco dovrà essere richiesto alle autorità competenti (es. Capitanerie di porto, demanio marittimo, comuni, autorità portuali, privati ecc…). Le ASL mantengono un elenco aggiornato dei punti di sbarco insistenti sul territorio di propria competenza e lo trasmettono alla Regione. L’elenco dovrà contenere le seguenti informazioni: • ubicazione con coordinate geografiche;

• ente territorialmente competente; • tipologia (annesso o non annesso ad altro impianto); • eventuali limitazioni d’uso. L’autorità competente locale dovrà verificare che il punto di sbarco sia dotato delle seguenti caratteristiche: • presenza di impianto di erogazione acqua potabile; • possibilità di illuminazione, se le operazioni di sbarco avvengono m condizioni di luce insufficiente; • adeguato sistema di drenaggio delle acque; • pavimentazione facile da pulire, idonea ad evitare ristagni; • attrezzature destinate al contatto con i prodotti della pesca in condizioni idonee al contatto con alimenti; • il punto di sbarco deve essere libero al momento dello sbarco da fumo, polvere, gas di scarico, contaminanti ed infestanti. Per quanto riguarda l’igiene delle lavorazioni presso il punto di sbarco non devono essere effettuate le seguenti operazioni:

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Pescato del Monte Argentario (photo © www.monteargentario.info/pesca.htm). • manipolazione dei prodotti della pesca; • incassettamento; • aggiunta di additivi; • trasbordo di prodotti della pesca da un automezzo ad un altro; • lo stoccaggio sulla banchina, fatto salvo la sosta temporanea al fine della movimentazione del prodotto dall’imbarcazione ai mezzi di trasporto. Verranno controllati i documenti di accompagnamento del prodotto sbarcato che consentano la identificazione e la rintracciabilità dei prodotti medesimi. Se lo sbarco avviene rapidamente, ed il prodotto viene immediatamente posto in ambiente protetto e a temperatura idonea, non sono indispensabili tettoie, né punti di erogazione di acqua potabile e/o di energia elettrica. In tali casi i servizi veterinari competenti per territorio definiranno le eventuali limitazioni d’uso dei suddetti punti, al fine di garantire comunque l’igienicità delle operazioni e la sicurezza del prodotto. Considerata la peculiarità delle imbarcazioni che possono

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essere registrate presso ASL diverse da quelle in cui normalmente viene svolta l’attività di pesca, occorre che i controlli ufficiali siano garantiti dalle ASL territorialmente competenti per l’area in cui le imbarcazioni operano. Al momento della registrazione dell’imbarcazione, qualora i punti di sbarco indicati dall’OSA siano in ambiti territoriali diversi dalla ASL registrante, sarà cura dello stesso OSA informarne la ASL presso cui l’imbarcazione svolge di norma la propria attività. Inoltre, con la collaborazione delle capitanerie di porto è possibile acquisire informazioni sulle imbarcazioni che utilizzano i punti di sbarco nel territorio di propria competenza. Nella fattispecie, qualora siano rilevate gravi non conformità comportanti la revoca/sospensione dell’attività, la ASL che ha effettuato l’accertamento provvede ad informarne la ASL presso la quale l’imbarcazione è stata registrata per l’adozione dei conseguenti provvedimenti amministrativi. Nei casi in cui, invece, si rilevino non conformità per le quali sia prevista l’applicazione di sanzioni amministrative-pecuniarie

queste devono essere irrogate dalla ASL territorialmente competente del luogo in cui è stata commessa la violazione. Trasporto Guida per gli operatori del settore alimentare L’OSA deve garantire che i mezzi di trasporto utilizzati, dopo lo sbarco, siano conformi all’allegato I del Reg. CE 852/2004 e alle Linee Guida Stato Regioni 852/2004 (accordo CSR rep. 59 del 29/4/2010) e siano rispettate le condizioni di trasporto riportate nell’All. III, Sezione I, capitolo VIII del Reg. 853/04. Il documento di trasporto che accompagna il prodotto dal punto di sbarco fino al primo stabilimento di destinazione deve contenere la seguenti indicazioni minime: • punto di sbarco; • identificativo dell’imbarcazione; • identificativo del produttore primario; • data dello sbarco; • data di pesca o ve non corrispondente con la data di sbarco;

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• zona FAO di pesca; • denominazione scientifica e commerciale delle specie ittiche; • quantitativo, in peso e numero di colli/cassette; • stabilimento di destinazione; • eventuale lotto identificativo del prodotto; • eventuali additivi utilizzati. L’OSA dovrà conservare la documentazione per l’attuazione di quanto previsto dal Reg. 178/2002 e relative linee guida applicative. I documenti ed i contenitori utilizzati per il trasporto dei prodotti ittici dall’imbarcazione registrata ai sensi del Reg. (CE) 852/04 fino al primo stabilimento di destinazione non possono recare il marchio di identificazione di uno stabilimento riconosciuto. Di contro, le navi officina e le navi frigorifero, in quanto stabilimenti riconosciuti, devono identificare i prodotti della pesca con il proprio marchio in conformità a quanto previsto dal Reg. 853/04, All. II, sez. I. 1. Trasporto in acqua refrigerata (All. III, cap. III, Reg. CE 853/2004) Le modalità di trasporto dei prodotti della pesca da imbarcazioni e allevamenti di acquacoltura in acqua refrigerata devono garantire che, durante tutte le fasi del trasporto e della detenzione del prodotto, sia mantenuta una efficace refrigerazione dell’acqua, ricorrendo, ove opportuno, a continue aggiunte di ghiaccio. Il ghiaccio utilizzato deve essere prodotto con acqua potabile o acqua di mare pulita. I prodotti della pesca sia interi che eviscerati possono essere trasportati a bordo delle navi in acqua refrigerata. Si può continuare a trasportare in acqua refrigerata dalle navi e dagli impianti di acquacoltura fino all’arrivo al primo stabilimento riconosciuto a terra che effettua attività di preparazione, trasformazione e deposito: in tali stabilimenti il prodotto deve essere posto immediatamente sotto ghiaccio. Gli stabilimenti che effettuano operazioni di trasporto e selezionatura (cernita) possono continuare a mantenere il prodotto in acqua refrigerata fino all’arrivo in uno stabilimento di trasformazione, preparazione o deposito. Non è consentito

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il trasporto e la conservazione dei prodotti della pesca in acqua e ghiaccio nelle e verso le fasi di commercio al dettaglio. In deroga a quanto sopra, negli stabilimenti dove non ci sono spazi adeguati per le operazioni di reincassettamento e ghiacciatura, il prodotto può rimanere in acqua e ghiaccio fino al successivo stabilimento. Nelle rivendite al dettaglio (pescherie, ecc…) non è consentita la conservazione in acqua e ghiaccio. Gli operatori che ricorrono a tali modalità di conservazione nelle fasi successive alla produzione primaria devono gestirne correttamente i pericoli correlati in modo adeguato nel proprio sistema di autocontrollo, tenendo conto che i prodotti della pesca così trasportati possono conservare per lungo tempo i caratteri organolettici del pesce fresco. 2. Trasporto promiscuo (All. II, cap. IV, Reg. CE 852/2004) È consentito effettuare il trasporto contestuale di prodotti della pesca con altri prodotti alimentari purché siano efficacemente separati. Gli operatori che ricorrono a tale modalità di trasporto devono considerare in modo adeguato, e darne evidenza nelle loro procedure di autocontrollo i seguenti elementi: a. tipologia di prodotti alimentari trasportati contestualmente; b. stato dei prodotti della pesca trasportati (prodotto fresco, congelato, surgelato) e compatibilità tra le diverse temperature degli alimenti trasportati contestualmente; c. idoneo sistema di controllo della temperature di tutti i prodotti alimentari trasportati; d. contenitori o vani per la detenzione dei prodotti della pesca: – costruiti con materiali idonei al contatto con gli alimenti e se riutilizzabili facilmente lavabili e disinfettabili; – in grado di consentire una efficace separazione dei prodotti della pesca dagli altri alimenti trasportati (protezione da odori, inquinamento, contaminazione, insudiciamento, ecc…); – che non consentano il contat-


Sequestro di pesce congelato (photo © www.cinquequotidiano.it). to dell’acqua di fusione del ghiaccio con i prodotti della pesca detenuti al loro interno; – che non pregiudichino la vitalità dei molluschi bivalvi vivi e dei prodotti della pesca vivi eventualmente trasportati; e. realizzazione di una idonea procedura documentata per il trasporto degli alimenti (modalità di carico/scarico, valutazione del prodotto allo scarico, distribuzione del carico, procedure di igienizzazione, validazione e verifica periodica della modalità di trasporto, ecc…). 3. Trasporto di prodotti della pesca vivi (All. II, cap. 8, punto 4, Reg. CE 853/2004) Alcune specie di prodotti della pesca, sono abitualmente trasportati vivi. In tale caso le condizioni il trasporto devono garantire la sicurezza alimentare e la loro vitalità. Guida per il controllo ufficiale L’AC deve verificare che gli OSA che effettuano il trasporto di prodotti della pesca siano registrati in conformità al Reg. (CE) 852/2004. L’AC deve inoltre verificare che i mezzi di trasporto siano mantenuti in idonee condizioni igieniche e siano rispettate le condizioni di trasporto riportate nel Reg. (CE) 853/04, All. III, sezione I, cap. VIII e nel Reg. (CE) 852/04, All. I. È opportuno

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che l’AC, nell’ambito delle proprie attività, programmi controlli ufficiali sui mezzi di trasporto presso i punti di sbarco, i mercati ittici, gli stabilimenti e su strada eventualmente in accordo con altri organi di controllo. In modo particolare deve accertare che siano garantite: a. le condizioni igieniche e strutturali; b. che i contenitori utilizzati per i prodotti della pesca refrigerati, non imballati e conservati sotto ghiaccio, siano conformati in modo tale da assicurare che l’acqua di fusione del ghiaccio non venga e/o resti a contatto con il prodotto; c. le temperature di trasporto previste dal Reg. (CE) 853/2004 o, ove non previste, indicate dall’OSA nella propria procedura di autocontrollo; d. la regolarità documentale e la corrispondenza con il prodotto trasportato. È necessario verificare le procedure di autocontrollo adottate dall’OSA nelle fasi di trasporto e se ritenuto opportuno, prelevare campioni per accertare lo stato di conservazione. Stabilimenti Guida per gli operatori del settore alimentare Secondo la normativa comunitaria gli stabilimenti di alimenti di origine

animale devono essere registrati/ riconosciuti ai sensi dell’articolo 31 del Reg. CE 882/2004. Per un corretto inserimento nel sistema SINTESIS (S.Inte.S.I.S. Strutture), per le attività che possono essere effettuate all’interno degli stabilimenti riconosciuti per la produzione e la commercializzazione dei prodotti della pesca, si vedano le Tabelle 1 e 2. L’attività di deposito di prodotti della pesca a temperatura controllata, di cernita, frazionamento e ghiacciatura di prodotti della pesca freschi, deve essere effettuata in stabilimenti riconosciuti ad eccezione degli stabilimenti registrati per la commercializzazione al dettaglio. Per quanto concerne il mercato ittico e l’impianto collettivo aste occorre ricordare che sono imprese del settore alimentare, comprendenti varie unità o gruppi di unità separate fisicamente e commercialmente che hanno in comune impianti e sezioni in cui i prodotti della pesca sono venduti agli operatori del settore alimentare. Il riconoscimento comunitario del mercato ittico viene rilasciato all’intera struttura. Per quanto riguarda l’assegnazione dei numeri secondari (es. 5P7ZX-1), così come previsto dall’articolo 3 paragrafo 3 del Reg. CE 854/2004, il sistema informatico SINTESIS stabilimenti dà la possibilità di integrare il numero di riconoscimento con un numero secondario che identifica le singole unità che effettuano deposito, cernita, frazionamento e la preparazione di prodotti ittici. Tale numero deve essere riportato sulle cassette/confezioni ad eccezione dei casi in cui il prodotto proveniente da un altro stabilimento riconosciuto non abbia subito manipolazioni, frazionamento e/o reincassettamento. L’OSA responsabile del mercato deve garantire la gestione delle aree comuni mentre i singoli OSA sono responsabili delle aree in concessione. Ciascun OSA per la propria parte di competenza deve predisporre procedure di autocontrollo ai sensi degli articoli 4 e 5 del Reg. (CE) 852/2004 e procedure di rintracciabilità ai sensi dell’articolo 18 del Reg. (CE) 178/2002.

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Ciascun OSA che effettua operazioni di vendita o deposito/lavorazioni all’interno della struttura è il responsabile della sicurezza alimentare dei prodotti che immette in commercio. Alcune imprese che operano nel campo dell’intermediazione commerciale (brocheraggio) si occupano dei movimenti di prodotti alimentari tra fornitori o tra questi e i dettaglianti, senza che ciò implichi necessariamente la manipolazione dei prodotti alimentari e neppure il loro stoccaggio presso la sede dell’impresa (che può in realtà essere costituita solo da un ufficio). Purché corrispondano alla definizione di “impresa alimentare” o di “operatore del settore alimentare”, l’obbligo di registrazione è applicabile anche per questa tipologia di impresa. Tali operatori devono garantire la rintracciabilità dei prodotti oggetto di commercio. Guida per il controllo ufficiale. Gli stabilimenti dei prodotti della pesca ai sensi del Reg. (CE) 854 e 882/2004 sono soggetti al controllo ufficiale della ASL di competenza, che in base alla categorizzazione del rischio effettuata sullo stabilimento stabilisce una frequenza di controllo. Nel caso dei mercati ittici un eventuale provvedimento emesso dell’autorità competente rivolto al numero di riconoscimento coinvolge con analoga restrizione, tutte le attività riconosciute con un numero secondario. Se le non conformità interessano soltanto la singola attività riconosciuta con numero secondario

i provvedimenti saranno invece rivolti esclusivamente alla singola attività. Commercializzazione pettinidi e gasteropodi marini non filtratori raccolti fuori dalle aree classificate per la produzione di mbv Guida per gli operatori del settore alimentare Il Reg. (CE) 853/2004 (All. II, sezione VII: Molluschi bivalvi vivi; Cap. IX: Requisiti specifici per i pettinidi e i gasteropodi marini che non sono filtra tori raccolti al di fuori delle zone di produzione classificate). Gli operatori del settore alimentare che raccolgono pettinidi e gasteropodi marini che non sono filtratori al di fuori delle zone di produzione classificate o che trattano siffatti pettinidi e/o gasteropodi marini devono conformarsi ai seguenti requisiti: 1. I pettinidi e i gasteropodi marini che non sono filtratori possono essere immessi sul mercato soltanto se sono stati raccolti in punti identificati con coordinate geografiche, e trattati conformemente al capitolo II, parte B, e se soddisfano le norme fissate nel capitolo V, secondo quanto comprovato da un sistema di autocontrollo; 2. Inoltre, se i dati risultanti dai programmi ufficiali di controllo consentono all’autorità competente di classificare i fondali, se del caso, in cooperazione con gli

operatori del settore alimentare, le disposizioni del capitolo Il, parte A, si applicano per analogia ai pettinidi; 3. I pettinidi e i gasteropodi marini, che non sono filtratori, possono essere immessi sul mercato per il consumo umano soltanto attraverso un impianto per le aste, un centro di spedizione o uno stabilimento di trasformazione. Quando trattano i pettinidi e/o tali gasteropodi marini, gli operatori del settore alimentare che gestiscono tali stabilimenti devono informare la competente autorità e, per quanto concerne i centri di spedizione, devono rispettare le pertinenti disposizioni dei capitoli III e IV; 4. Gli operatori del settore alimentare che trattano i pettinidi e i gasteropodi marini vivi, che non sono filtratori, devono conformarsi: a. i requisiti documentali di cui al capitolo 1, punti da 3 a 7, ove applicabili. In tal caso il documento di registrazione deve indicare chiaramente l’ubicazione della zona in cui i pettinidi e/o i gasteropodi marini vivi sono stati raccolti; b. ai requisiti di cui al capitolo VI, punto 2, concernenti la chiusura di tutti i colli di pettinidi vivi e gasteropodi marini vivi spediti per la vendita al dettaglio e a quelli di cui al capitolo VII concernenti la marchia tura di identificazione e l’etichettatura.

Tabella 2

Sezione VIII Prodotti della pesca

FFPP – Fresh fishery products plant: lavorazione dei prodotti della pesca freschi che non hanno subito alcuna trasformazione ma interi o sezionati/preparati compresi i prodotti imballati sottovuoto o in atmosfera modificata. I prodotti congelati di origine animale sono considerati prodotti non trasformati.

Preparazione di prodotti della pesca e dell’acquacoltura, compresa la macellazione (filetti, spiedini e altre preparazioni con aggiunta di prodotti vegetali, sushi, ecc…). Congelamento, scongelamento e glassatura. Prodotti della pesca separati meccanicamente.

PP – Processing plant: Stabilimento di trasformazione di prodotti della pesca. Prodotti sottoposti a trattamenti che alterano sostanzialmente il prodotto iniziale quali: azione del calore; affumicatura; salatura; stagionatura; essiccazione; marinatura; ecc…

Conserve e semiconserve e le successive rilavorazioni, es. il baccalà che viene rilavorato (mantecato) o la bottarga che viene essiccata e successivamente sminuzzata.

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Asta del pesce (photo © libreriainternazionaleilmare.blogspot.it). I pettinidi e i gasteropodi non filtratori possono essere commercializzati, oltre che attraverso un centro di spedizione molluschi, anche attraverso mercati ittici, impianti collettivi per le aste e stabilimenti di trasformazione di prodotti della pesca. Gli OSA operanti nei suddetti stabilimenti che intendono commercializzare pettinidi e gasteropodi vivi devono dare comunicazione alla ASL di competenza dichiarando il possesso dei requisiti strutturali e igienico sanitari. In particolare lo stabilimento deve essere dotato di un locale separato o area dedicata per il confezionamento e l’applicazione del marchio di identificazione e deve possedere un piano di autocontrollo che consideri adeguatamente i pericoli correlati alla commercializzazione di pettinidi e gasteropodi marini non filtratori. Nei mercati ittici possono essere commercializzati pettinidi e gasteropodi raccolti da aree classificate e non. I centri di spedizione molluschi che si trovano a bordo di pescherecci, ai sensi del Reg. CE 853/2004 all’All. III, Sezione VII,

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capitolo IV, lettera b), possono manipolare esclusivamente prodotto proveniente da zone classificate di tipo A oppure da zone di stabulazione. Possono, inoltre, immettere sul mercato pectinidae e gasteropodi marini non filtratori provenienti da zone non classificate. I centri di spedizione molluschi galleggianti ai fini del controllo ufficiale devono comunicare all’AC territoriale i punti di sbarco utilizzati. Guida per il controllo ufficiale I controlli ufficiali sui pectinidi e sui gasteropodi marini vivi non filtratori raccolti al di fuori delle zone di produzione classificate devono essere effettuati nel mercato ittico, negli impianti collettivi per l’asta, nei centri di spedizione e negli stabilimenti di lavorazione. Tali controlli ufficiali verificano il rispetto dei requisiti sanitari per i molluschi bivalvi vivi stabiliti nell’All. III, Sezione VII, capo V, del Reg. (CE) n. 853/2004 e degli altri requisiti di cui all’All. III, sezione VII, capo IX, di tale regolamento e in fase di produzione primaria dell’All. I del Reg. CE 852/2004.

Marchiatura di identificazione Guida per gli operatori del settore alimentare L’apposizione della marchiatura di identificazione può essere effettuata solo presso uno stabilimento riconosciuto a garanzie del rispetto dei requisiti generali di cui al Reg. (CE) 852/2004 e di quelli specifici di cui all’All. III, sezione VIII del Reg. (CE) 853/2004. Il marchio di identificazione può essere apposto direttamente sul prodotto, sull’involucro o sull’imballaggio o essere stampato su un’etichetta apposta a sua volta sul prodotto, sull’involucro (es. cassette aperte o chiuse) o sull’imballaggio. Il marchio di identificazione va apposto prima che il prodotto lasci lo stabilimento di produzione. La marchiatura identifica lo stabilimento di provenienza del prodotto, pertanto non deve essere applicata né sul punto di sbarco né in fase di trasporto fino al primo stabilimento ad eccezione delle navi officina e deposito frigo. Il prodotto primario ceduto direttamente dall’OSA della produzione primaria non necessita di marchiatura di identificazione. Il

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marchio d’identificazione apposto negli stabilimenti della comunità deve essere esclusivamente raffigurato con una forma ovale al cui interno devono essere riportati nell’ordine: • il “codice ISO” IT; • il numero di riconoscimento dello stabilimento approval number; • il codice CE. Per i prodotti di provenienza da Paesi Terzi il marchio e le relative indicazioni possono essere riportate in modo lineare senza rispettare la forma ovale. I prodotti della pesca confezionati in unità di vendita destinate al consumatore finale e non destinati a successiva manipolazione o confezionamento presso un altro stabilimento devono singolarmente riportare la marchiatura di identificazione relativa allo stabilimento che ha confezionato il prodotto. Non è pertanto consentito commercializzare, nemmeno ponendoli in grandi imballi o in contenitori da trasporto identificati e marchiati, prodotti della pesca in confezioni destinate al consumatore finale privi di marchiatura di identificazione relativa allo stabilimento che ha confezionato il prodotto. I prodotti della pesca commercializzati in cassette da stabilimenti riconosciuti, secondo le indicazioni comunitarie, devono riportare il marchio di identificazione. Guida per il controllo ufficiale Deve essere verificata la corretta applicazione del marchio da parte dell’OSA. Distribuzione e somministrazione Guida per gli operatori del settore alimentare I piani di autocontrollo applicati negli stabilimenti, sia di commercializzazione all’ingrosso che al dettaglio, in particolare per i prodotti della pesca, devono prevedere in modo esaustivo le modalità per assicurare adeguata protezione dalla contaminazione ed il rispetto di temperature. Le operazioni di sfilettatura e l’affettatura presso un esercizio di commercio al dettaglio devono essere eseguite evitando possibili contaminazioni e conservando i prodotti ottenuti alla temperatura del ghiaccio fondente.

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In ogni fase della commercializzazione, ivi compreso la distribuzione all'ingrosso e la vendita al dettaglio, i prodotti refrigerati, sia imballati che non, devono essere conservati a una temperatura che si avvicini a quella del ghiaccio fondente. Nelle fasi di commercializzazione, deve essere prestata particolare attenzione al mantenimento a bassa temperatura, rimettendo ghiaccio ogniqualvolta sia necessario per ostacolare lo sviluppo microbico. Per prodotti tenuti a temperature che si discostano sensibilmente da quella del ghiaccio in fusione, la valutazione dello stato di conservazione deve tenere conto, oltre che della temperatura rilevata, anche del tempo di esposizione a tale temperatura. La vendita dei prodotti ittici congelati può avvenire anche negli stessi locali di vendita dei prodotti ittici freschi, tenendo conto che il loro stato di conservazione a temperatura di –18°C deve essere regolarmente assicurato in appositi congelatori nella fase di esposizione e vendita per evitare interruzione della catena del freddo. Il decongelamento di tali prodotti può essere consentito a condizione che le procedure di autocontrollo prevedano i tempi e le temperature di scongelamento; normalmente la temperatura di scongelamento non deve essere superiore a 4 °C. Possono essere utilizzate modalità di decongelamento alternative previste da standard internazionali o validati scientificamente. Tali procedure devono essere previste nel piano di autocontrollo dell’OSA. È opportuno che, in fase di vendita al dettaglio, il prodotto decongelato sia chiaramente identificabile attraverso diciture quali ad es. “pesce decongelato da consumarsi entro le 24 h e da non ricongelare”. La ricongelazione di prodotto decongelato potrebbe comportare infatti pericoli di natura microbiologica. L’OSA deve assicurare che il prodotto scongelato rispetti costantemente i requisiti di sicurezza alimentare, gestendolo adeguatamente nelle proprie procedure di autocontrollo con i pericoli ad esso correlati. La mancanza di informazioni

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al consumatore sullo stato fisico del prodotto deve essere inteso come carenza nelle procedure di autocontrollo oltreché una frode commerciale. Qualora il prodotto decongelato provenga da uno stabilimento riconosciuto che ne stabilisce la data di scadenza, il dettagliante dovrà attenersi a tale data ed effettuare delle valutazioni sulle caratteristiche del prodotto prima di cederlo al consumatore finale. Si segnala che il Reg. di esecuzione (UE) n. 404/2011 della Commissione, recante modifica di applicazione del Reg. (CE) n. 1224/2009 del Consiglio che istituisce un regime di controllo comunitario per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca, sancisce all’articolo 28 alcuni obblighi sulle informazioni da fornire ai consumatori da tenere in considerazione nell’ambito delle attività di controllo. In particolare il comma 3 del succitato articolo prevede: “Nel caso in cui un prodotto della pesca o dell’acquacoltura sia stato precedentemente congelato, il termine scongelato è altresì indicato sull’etichetta o sul marchio di cui al paragrafo 1. Si considera che l’assenza di tale dicitura a livello della vendita al dettaglio indichi che i prodotti della pesca e dell’acquacoltura non sono stati precedentemente congelati e quindi scongelati”. Nel contempo, il comma 4 del medesimo articolo prevede che in deroga al comma 3 il termine “scongelato” non deve figurare: a. sui prodotti della pesca e dell’acquacoltura precedentemente congelati per ragioni di sicurezza sanitaria, conformemente all’All. III, sez. VIII, del Reg. (CE) n. 853/2004;

IT XXX

CE

IT SH29R CE Esempio: stabilimento riconosciuto.

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b. sui prodotti della pesca e dell’acquacoltura che sono stati scongelati prima di essere sottoposti ad affumicatura, salatura, cottura, marinatura, essiccatura o ad una combinazione di questi processi. Per quanto concerne il punto a), questo è da riferirsi al punto D, All. III del Reg. (CE) 853/2004 che fa riferimento ai requisiti relativi ai parassiti ed ai casi in cui i prodotti della pesca devono aver subito un processo di congelamento, prima del consumo, per evitare infestazioni parassitarie ai consumatori. Pertanto, nei succitati casi, non sussiste l’obbligo di fornire al consumatore l’informazione che i prodotti della pesca sono stati oggetto di congelamento (es. menu dei ristoranti). Si rammenta, in riferimento agli aspetti in materia di vendita e somministrazione di preparazioni gastronomiche contenenti prodotti della pesca destinati ad essere consumati crudi o praticamente crudi, che il Reg. (CE) 853/2004, all’All. III, sezione VIII, capitolo 3, lettera D, punto 1, concernente i requisiti relativi ai parassiti nei prodotti della pesca, prescrive che i prodotti della pesca che vanno consumati crudi o praticamente crudi, siano sottoposti a congelamento a una temperatura non superiore a –20 °C in ogni parte della massa per almeno 24 ore e che il trattamento deve essere eseguito sul prodotto crudo o sul prodotto finito. Il Reg. (CE) 1276/2011 che modifica l’All. III del Reg. (CE) 853/2004 permette il congelamento a –35 °C per almeno 15 ore per i parassiti diversi dai trematodi. Per garantire la bonifica dei prodotti della pesca con i comuni congelatori anche nei confronti dei trematodi occorre congelare il prodotto per 96 ore a –18 °C. Pertanto, i prodotti della pesca destinati ad essere consumati crudi o quasi crudi, ovvero non sottoposti ad un trattamento tale da uccidere gli eventuali parassiti presenti e le loro larve, potenziale causa di insorgenza di patologie nell’essere umano, devono essere preventivamente sottoposti al suddetto trattamento con il freddo al fine garantire la morte degli stessi. Tale trattamento deve

essere applicato anche ai prodotti della pesca di acqua dolce. L’OSA che prepara prodotti della pesca da consumarsi crudi deve pertanto dare evidenza dei trattamenti in uso, atti a garantire l'uccisione di tutti i parassiti nel prodotto pronto al consumo. L’allegato III, sezione VIII, paragrafo 2 del Reg. (CE) 853/2004, come modificato dal Reg. CE 1020/2008, prevede che anche alla vendita al dettaglio vengano rispettati tal uni requisiti specifici, tra i quali quello di cui al capitolo III, lettera D della medesima sezione, concernente prescrizione relativa all’obbligo di congelamento dei prodotti della pesca destinati ad essere consumati crudi o praticamente crudi, e quello di cui al capitolo V, lettera D della stessa sezione, concernente l’esame visivo per la ricerca di parassiti. Resta inteso che l’OSA che effettua attività di vendita al dettaglio, qualora effettui operazioni quali sfilettatura e/o affettatura dei prodotti della pesca deve sottoporre gli stessi all’esame visivo previsto dall’All. II, sezione I del Reg. (CE) 2074/2005, al fine di poter soddisfare all’obbligo di cui all’All. III, sezione VIII, capitolo V, lettera D del Reg. (CE) 853/2004. Per i prodotti della pesca destinati ad essere consumati crudi o praticamente crudi, anche in fase di vendita al dettaglio ivi compresi gli esercizi di somministrazione (ristoranti, mense, altre strutture di ristorazione) deve essere effettuato il trattamento di congelamento per la bonifica dai parassiti. Al punto 3 dell’All. III, sezione VIII, capitolo 3, lettera D del reg. (CE) 853/2004, viene inoltre prescritto che i prodotti della pesca che hanno subito il trattamento di bonifica preventiva mediante congelamento, debbano sempre essere accompagnati, nell’immissione sul mercato, da un’attestazione del produttore che indichi il trattamento ai quali sono stati sottoposti, salvo qualora siano fomiti al consumatore finale. Pertanto, nel caso in cui un esercizio di somministrazione acquisti prodotti della pesca da destinarsi ad essere consumati crudi o in preparazioni gastronomiche

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ove rimangono praticamente crudi, dovrà richiedere al fornitore che ha effettuato il trattamento di bonifica, la relativa attestazione, da tenere agli atti cd esibire a richiesta degli organi di controllo. Il trattamento di bonifica preventiva può essere applicato anche direttamente presso l’esercizio di somministrazione; in tal caso l’OSA deve poter fornire le dovute garanzie, oggettivamente valutabili da parte dell’autorità competente, di conformità ed efficacia del trattamento di bonifica preventiva, in termini raggiungimento e mantenimento della temperatura. In relazione alla pezzatura del prodotto ittico e dei parassiti considerati dovrà stabilire il periodo di trattamento ai fini della sua efficacia tempo/temperatura. Pertanto, l’OSA che intende applicare il trattamento di congelamento del prodotto ai fini della bonifica preventiva, di cui al Reg. (CE) 853/2004, presso la propria attività deve: • darne comunicazione preventiva all’autorità competente nell’ambito della notifica ai fini della registrazione o del suo aggiornamento; • dotarsi di idonea e proporzionata apparecchiatura per l’abbattimento della temperatura ad almeno –20 °C; • predisporre ed adottare apposita procedura documentata, finalizzata al controllo dei parassiti,

basata sui principi del sistema HACCP, tenendo in considerazione almeno i seguenti elementi: 1. apparecchiatura/tecnologia in uso; 2. pezzatura dei prodotti che si intendono trattare e tempi previsti per il raggiungimento e mantenimento della temperatura di –20 °C a cuore del prodotto; 3. specie di parassita e tempi di trattamento necessari per garantirne l’uccisione mediante congelamento a temperatura non superiore a –20 °C; • identificazione del/dei CCP di processo e modalità per il controllo; • effettuare e mantenere la registrazione dei dati di monitoraggio del/dei CCP (es: quantità e pezzatura del pesce sottoposto a trattamento incluse temperature e tempi di congelamento) e la data di consumo/vendita per permettere all’AC di effettuare le opportune verifiche sui prodotti trattati ai sensi del Reg. (CE) 853/2004, All. III, sez. VII, cap. 3, lett. D, punto 3 ed i prodotti congelati. Le registrazioni dovranno essere tenute agli atti ed esibite su richiesta degli organi di controllo; • il congelamento finalizzato alla bonifica preventiva del pesce è un procedimento espressamente richiesto dalla normativa vigente,

applicato per un determinato lasso temporale e volto alla tutela della salute del consumatore. Per fornire corretta informazione sul trattamento può essere utilizzata la dicitura: conforme alle prescrizioni del Reg. CE 853/2004, All. III, sezione VII, capitolo 3, lettera D, punto 3. Completato il lasso temporale previsto dalla procedura per la bonifica preventiva, il trattamento deve essere considerato terminato; ovviamente il prodotto della pesca che ha subito il trattamento di bonifica tramite congelamento, non può essere nuovamente sottoposto a congelamento una volta scongelato. Per quanto concerne il trattamento di bonifica di pezzature di grosse dimensioni (es. filetti di 8/15 kg), tali da non garantire il loro consumo in tempi brevi dopo lo scongelamento, compete all’OSA garantire il mantenimento dei requisiti di sicurezza alimentare per tutta la fase di commercializzazione. Si evidenzia che il riscontro di larve vive in un prodotto destinato, come tale, ad essere consumato crudo o quasi crudo potrebbe comportare rischi elevati per la salute dei consumatori configurandosi ipotesi di reato ai sensi della legislazione vigente. Guida per il controllo ufficiale Il controllo ufficiale deve verificare la corretta applicazione delle misure sopra descritte.

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