IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO
PERIODICO DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67
N. 4/2017
pr�t ˆ manger Ostriche, cozze, cannelli, vongole...
Anno XXXIV N. 4 • Agosto 2017
IL PESCE «Da’ un pesce a un uomo ed egli avrà un pasto; insegnagli ad allevarlo e avrà il nutrimento per tutta la vita»
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EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD
Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi
Tariffe abbonamenti Annuale (6 numeri): Italia € 40,00 Estero € 50,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910
Fotografia Luigi Credi Comitato di redazione Franco Ferrari – Manrico Murzi – Clara Scaglioni Consulenti scientifici Dr. Gaetano Arcarese – Prof. Giorgio Giorgetti – Dr. Lucia Liddo Dr. Francesco Paesanti – Dr. Gino Ravagnan – Prof. Remigio Rossi Dr. Marco Saroglia – Dr. Aldo Tasselli Collaboratori scientifici Prof. Corrado Barberis – Dr. Alessandro De Maddalena Dr. Maurizio Dell’Agnello – Prof. Fabrizio Ferrari – Dr. Claudio Ghittino Dr. Gianluigi Negroni – Dr. Paola Pierelli – Prof. Guido Razzoli Dr. Antonio Trincanato Collaboratori scientifici esteri Prof. R. Billard (Francia) – Dr. S. Sarig (Israele) Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CS5.5. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CS5.1.
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Tutti i giorni condividiamo con voi i nostri tesori del mare…
Produzione Depurazione Commercializzazione Molluschi Stabilimento: Via dell’Artigianato, 20 - 44020 Bosco Mesola (Fe) - Tel. 0533.795825 - Fax 0533.795798 - e-mail: mgib@mgib.it
IL PESCE
Anno XXXIV N. 4 • Agosto 2017
In questo numero: Il pesce nel mondo
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Agenda
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Immagini
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Tendenze
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Attualità
SafeFishing: un progetto europeo per la sicurezza a bordo…
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Bluemed: occupazione e sviluppo sostenibile nel Mediterraneo
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Il pesce in rete
Social fish
Elena Benedetti
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Acquacoltura
Il contributo della trota iridea allo sviluppo dei mangimi…
Hanno Slawski
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I numeri dell’acquacoltura
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L’acquacoltura sostenibile nel Mediterraneo si può fare!
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Proteine degli insetti in acquacoltura: al via da luglio
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Eventi
Our Ocean: ad ottobre riflettori puntati su Malta
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Speciale Irlanda
Scampi, granchi e molto di più: è l’Irlanda
Pesca
Nasce il FIP, Fishery Improvement Project
Aziende
Bernardini, la tradizione famigliare della qualità
Info alle imprese
Contributi a fondo perduto
Interviste
Unire pomodori e tilapia e far del bene al pianeta
Specie ittiche
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Elena Benedetti
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Gaia Borghi
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We love sushi, real sushi
Gaia Borghi
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Non chiamatelo cozza o mitilo, è il mosciolo selvatico di Portonovo!
Alessandro Lucchetti 68
Le attitudini della carpa
Luca del Grammastro 76
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Mercati Indagini
Il mercato dei cefalopodi nel 2016
Roberto Villa
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Ismea: consumi alimentari in graduale uscita dalla crisi
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Storia di un consumatore
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Il pesce in tavola
Meraviglie del Mediterraneo: gambero rosso e gambero viola
Nunzia Manicardi
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Sapori dal mondo
Tailandia da scoprire tra le bancarelle
Massimiliano Rella
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Sapore di mare
Innocenti Evasioni (anche) di pesce
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I piatti di pesce di Gregori Nalon
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Il pesce in cantina
Cantina della Volta: il Metodo Classico nobilita il Lambrusco di Sorbara
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Rassegne
Bacalà alla Vicentina: 30 anni di festa
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Sicurezza alimentare
Occhio all’istamina
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Tecnologie
Storia e cultura
In buoni rapporti con la freschezza
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Una materia prima buona e poco costosa
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I bioattivatori, energia per i sistemi RAS
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Jarvis Italia, ghiaccio su misura
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Bisso, quei fili d’oro in fondo al mare
Guido Guidi
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La lunga marcia del Ca.Na.Do.
Maurizio Dell’Agnello
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In copertina: la manutenzione delle reti da pesca è una vera e propria arte (photo © okanakdeniz – stock.adobe.com).
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IL PESCE NEL MONDO
Irlanda La pesca del granchio marrone (Cancer pagurus) è tra le attività più preziose in Irlanda. Dall’aspetto peculiare, questo granchio si presenta marrone-rossastro sul lato superiore e giallo pallido su quello inferiore, con grandi chele. La pesca di solito si concentra tra la fine dell’estate e l’autunno, con un’altra stagione di cattura intorno al periodo natalizio. I tradizionali metodi di pesca utilizzati in Irlanda hanno un basso impatto sull’ambiente e sono molto selettivi, al fine di limitare la cattura di altre specie. Il granchio irlandese viene esportato in una vasta gamma di formati: cibi freschi, cotti, pastorizzati e cotti congelati, e polpa di granchio. Nel 2016 le esportazioni hanno raggiunto le 8.587 tonnellate, di cui 211 in Italia; un valore che rappresenta un aumento di oltre il 70% rispetto all’anno precedente (photo © Andrew Mackin).
Vietnam L’industria ittica vietnamita gioca un ruolo strategico nello scenario mondiale del settore dell’acquacoltura. Nel 2015 il Vietnam si è aggiudicato il terzo posto nella produzione ittica d’allevamento e nell’export di prodotti ittici. Il valore delle esportazioni di pesce, crostacei, molluschi e altre varietà ha superato i 4,19 miliardi di US$. Il pangasio è la specie maggiormente allevata ed esportata all’estero congelata. Dal 2007 al 2016 la quota di pangasio destinata ai mercati europei si è però ridotta dal 48% al 15%. Le ragioni sono varie: dalla pubblicità negativa del prodotto alle tecniche di allevamento, alla nuova concorrenza di altri mercati come il Myanmar (photo © rostovdriver – stock.adobe.com).
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Europa Nel primo quadrimestre 2017 la vendita di prodotti ittici in Europa ha registrato un incremento in valore e volume rispetto all’anno 2016 per quanto riguarda Danimarca, Lettonia, Norvegia e Portogallo. Le vendite in valore della coda di rospo sono aumentate in Belgio, Danimarca e Francia mentre sono calate nel Regno Unito. Le acciughe hanno registrato un incremento in termini di volume in Portogallo e un calo in Francia e Italia, mentre i prezzi dello sgombro sono cresciuti del 16% in Norvegia, sono rimasti stabili in Portogallo e hanno registrato una flessione del 34% in Francia (photo © nito – stock.adobe.com).
Spagna La distribuzione all’ingrosso dei prodotti ittici in Spagna è attualmente concentrata su 23 mercati (i cosiddetti mercas) gestiti da una società statale di nome Mercasa. Di questi 23 mercati 21 sono anche veri e propri mercati ittici. Nel 2015 il “peso” del mercato ittico spagnolo comprensivo di pescato e pesce d’allevamento ammontava a 623.000 tonnellate di prodotto, pari ad un valore di oltre 4 miliardi di euro. Approssimativamente il 50% del prodotto ittico nazionale destinato al fabbisogno interno (consumo domestico e fuori casa) viene venduto attraverso questa rete di mercas. I due mercati all’ingrosso leader, Mercabarna e Mercamadrid, rappresentano insieme il 62% del valore complessivo e il 57% del volume totale (photo © Maurizio Martini).
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AGENDA
Londra (UK) Si svolgerà a Londra, dal 27 al 29 settembre, presso il Millennium Gloucester Hotel, l’evento congressuale Aquaculture Innovation Europe. Si tratta di due giornate incentrate sui prodotti e servizi più innovativi applicati al mondo del digital farming, della mangimistica e della salute animale (photo © Jiayi – stock.adobe.com). aquaculture-innovation.com
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IMMAGINI
Prosegue a pagina 42 il nostro viaggio alla scoperta dellâ&#x20AC;&#x2122;industria ittica in Irlanda. In questo numero visitiamo Rockabill Seafood e Errigal Bay Seafoods, due belle realtĂ che esportano anche in Italia. Nella foto il brown crab di Errigal Bay Seafood lavorato e confezionato nello stabilimento di Carrick, nella contea di Donegal, nel nord del Paese.
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Trovate la sintesi delle tendenze riguardanti il mercato dei cefalopodi nel 2016 nell’articolo di Roberto Villa a pagina 82 (photo © nblxer – stock.adobe.com). 16
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TENDENZE Consumo di prodotti ittici in aumento in Italia, Francia e Spagna
Nel primo trimestre 2017, il consumo di prodotti ittici da pesca e da allevamento è aumentato sia in volume che in valore rispetto al 2016 in Francia (rispettivamente +3% e +4%), Italia (+4% e +5%) e Spagna (+2% e +9%). In Irlanda e Regno Unito il valore di pesce consumato è rimasto pressoché invariato mentre in termini di volume è diminuito (rispettivamente –2% e –5%). In tutti gli altri Paesi UE i valori sono stati negativi (fonte: EUFOMA; photo © Arkady Chubykin).
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ATTUALITÀ
SafeFishing: un progetto europeo per la sicurezza a bordo dei pescherecci
Il mestiere del pescatore rimane uno dei più pericolosi, malgrado i grandi miglioramenti degli ultimi anni nel settore sicurezza. Restano infatti numerosi gli incidenti sul lavoro, a volte mortali, come testimoniano purtroppo anche le cronache recenti. In Italia, sui circa 12.000 pescherecci lavorano circa 30.000 pescatori, ai quali si aggiungono gli addetti alla maricoltura, un settore che, per tanti aspetti, presenta le stesse problematiche per quanto
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riguarda le condizioni di lavoro a bordo. La sicurezza è quindi una delle priorità del settore, sia a livello nazionale che comunitario. Su queste tematiche si è sviluppato il progetto SafeFishing, finanziato dall’Unione Europea, che ha come partner alcune importanti realtà provenienti da diversi paesi. Capofila del progetto è ARVI, una grande cooperativa di armatori di Vigo in Spagna. Sempre spagnola è la SGS Tecnos di Valencia che
offre servizi al settore per quanto riguarda la sicurezza. Ci sono poi i francesi dell’Institut Maritime de Prévention, i turchi della Recep Tayyip Erdogan University e l’associazione europea della pesca Europêche, con sede in Belgio. Per l’Italia è coinvolta la cooperativa M.A.R.E. di Cattolica, che da oltre vent’anni svolge attività di ricerca e di assistenza tecnica alle imprese del settore, compresa la sicurezza a bordo dei pescherecci.
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Nel corso del progetto le entità coinvolte si sono incontrate durante alcuni meeting internazionali, svolti nelle sedi dei partner, per pianificare e coordinare le attività e seguire il loro sviluppo. Il primo incontro, o kick-off meeting, si è svolto a Vigo (2014), il secondo a Cattolica (2015), il terzo a Lorient in Francia (2016), il quarto a Rize in Turchia (2017) e l’ultimo, in concomitanza con la giornata finale di presentazione dei risultati del progetto, si è svolto lo
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scorso luglio nella sede del Parlamento europeo a Bruxelles. In quest’ultimo evento sono stati presentati il video e il programma di formazione sulla sicurezza prodotti nel corso del progetto. Il video tratta le principali problematiche e i principali rischi presenti su un peschereccio, considerando poi le misure preventive da seguire per ridurli o evitarli. Il video e il programma di formazione sono visionabili e scaricabili gratuitamente dal sito safefishing.eu
I risultati del progetto sono stati proposti a diverse marinerie europee, tra cui per l’Italia quelle di Cattolica e di Cesenatico. Durante gli incontri, alle valenze formative si è aggiunto un proficuo confronto tra gli operatori del settore, i tecnici della sicurezza e le autorità competenti ai controlli. Un confronto volto ad evidenziare criticità e proporre soluzioni, compatibili anche con le caratteristiche tecniche delle barche italiane e la sostenibilità economica.
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Bluemed: occupazione e sviluppo sostenibile nel Mediterraneo
Massimo Inguscio, presidente CNR (photo © www.tweetiz.com/alesarrett). Lo scorso giugno, a Roma, presso la sede centrale del CNR, si è tenuto il primo evento nazionale del progetto Bluemed – Research and Innovation Initiative for Blue Growth and Jobs in the Mediterranean Area. Coordinato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche e finanziato dalla UE con circa 3 milioni di euro nell’ambito del programma Horizon 2020, Bluemed vede il coinvolgimento di 11 partner internazionali e svolge un’azione di supporto all’omonima iniziativa politica riguardante lavoro e sviluppo nel Mediterraneo, individuata a livello nazionale tra le priorità del Programma Nazionale per la Ricerca (PNR). Nel corso della giornata sono stati presentati gli obiettivi del progetto e avviato l’incontro sui temi della blue growth tra decisori politici, comunità scientifica, imprese e società civile, rappresentanti di settori
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diversi che lavoreranno insieme per rendere operativa l’agenda strategica per la ricerca e innovazione Bluemed SRIA. «Il Mediterraneo è diventato un luogo di crisi, conflitto, tragedie, a causa di scenari macro-economici, condizionati anche dai disastri determinati dai cambiamenti climatici in atto e di condizioni geopolitiche molto problematiche», ha dichiarato nei saluti di apertura il presidente del CNR MASSIMO INGUSCIO. «L’economia del mare, la “crescita blu” in tutte le sue forme e manifestazioni, è una delle risposte possibili per creare, attraverso la diplomazia scientifica, pace, inclusione e la partecipazione attiva di tutti i paesi e popoli del Mediterraneo alla ricerca, allo sviluppo occupazionale ed economico sostenibile dell’area. In questo contesto l’Italia può e deve giocare un ruolo fondamentale per
ovvie ragioni interne ed esterne, inclusa la possibilità di utilizzare l’economia del mare per dare respiro e prospettiva al proprio sistema socio-economico». Il Mediterraneo, con 400 siti UNESCO, è il secondo mercato più grande al mondo per le navi da crociera, ospita circa 450 tra porti e terminal, le sue coste sono popolate da almeno 300 milioni di persone nella stagione turistica e ha istituito oltre 230 aree marine protette. «Bluemed — ha concluso Inguscio — è uno stimolo verso una politica nazionale del mare proiettata e inserita nello scenario mediterraneo, che deve coinvolgere tutte le parti, governi e varie istituzioni dei tanti paesi sul Mediterraneo, l’intera comunità marino-marittima nazionale partendo dal mondo della ricerca». (Fonte: CNR, Consiglio Nazionale delle Ricerche)
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IL PESCE IN RETE
Social di Elena
2. DG MARE on-line e in lingua italiana
1. Diamo soldi alle idee sul food Lo scenario delle start-up sul mondo food a livello mondiale continua ad avere un trend molto positivo. Sono parecchie le idee che animano progetti e business plan e altrettanti gli investitori a caccia dell’occasione giusta. Sul portale www.crowdfooding.co.uk è possibile creare la propria campagna di raccolta fondi, raccontando la propria idea di attività legata al food o finanziare progetti meritevoli. Della serie, diamo un po’ di soldi al merito (photo © blog.crowdfooding.co.uk).
La Direzione Generale Affari Marittimi e Pesca della Commissione europea è on-line al link in lingua italiana ec.europa.eu/info/departments/maritime-affairs-andfisheries_it. Diretta dal commissario KARMENU VELLA e dal direttore generale JOÃO AGUIAR MACHADOente, è responsabile della politica dell’UE in materia di affari marittimi e pesca. La sezione web è utile per restare aggiornati con i lavori della DG MARE ed eventualmente per accedere alle richieste di personale da parte della DG (photo © khunaspix@yahoo.co.th).
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fish Benedetti
4. La scienza della pesca a portata di clic
3. I bandi FEAMP sul sito dell’API Vi segnaliamo la pagina del sito API dedicata ai bandi FEAMP, il Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e per la Pesca, continuamente aggiornata. Si tratta di una sezione utile per gli operatori dell’industria ittica al fine di scoprire le ultime novità in materia di finanziamenti. Ecco il link: www.api-online.it/index.cfm/it/approfondimenti/feamp (photo © rh2010).
“La scienza della pesca costituisce uno dei mandati istituzionali di ISMAR, che ha per obiettivo il supporto scientifico alla gestione delle risorse marine e la comprensione dei problemi legati alle attività alieutiche”: così si presenta l’ISTITUTO DI SCIENZE MARINE ISMAR, che fa capo al CNR. Al link www.ismar.cnr.it trovate tantissimi contenuti tra progetti, ricerche, pubblicazioni in materia di pesca e acquacoltura. Molto bello! (photo © Stanislav Komogorov).
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Pesce, molluschi e crostacei per un’estate sana e sicura: tutte le informazioni da Assoittica e IZSLT L’estate 2017 pare essere una delle più calde e afose degli ultimi anni. Cerchiamo allora di viverla in piena sicurezza grazie anche alle informazioni che Assoittica e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana hanno diffuso in materia di consumo e preparazione di pesce, crostacei e molluschi. Lo scorso fine luglio è stato presentato un opuscolo facile da leggere e ricco di suggerimenti e spunti per un consumo corretto, sicuro e, perché no, anche sostenibile del pesce. Come deve essere trasportato il pesce dal negozio o supermercato fino alla propria abitazione? La risposta è semplice: “una volta acquistato, mettiamo il pesce in apposite borse termiche con ghiaccio e rechiamoci a casa in breve tempo”. E poi? Subito in frigorifero, non dimenticando di sistemare il prodotto in appositi contenitori. Utile anche la parte di testo che “insegna” al consumatore a riconoscere se il pesce acquistato è fresco, ovvero osservando il colore, la rigidità dell’animale, odorandolo o toccandolo per sondarne la viscosità. Bella anche l’idea di staccare una sezione verticale dell’opuscolo che contiene le varie specie ittiche di pesce e di usarla magari come segnalibro. Per avere così sotto gli occhi qualche idea diversa d’acquisto. Per variare la propria alimentazione e scoprire magari qualche pesce nuovo da cucinare. >> Link: www.assoittica.it – www.izslt.it
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Produzione e immissione in commercio dei prodotti ittici, report dell’audit UE Il Directorate on Health and Food Audits and Analysis della DG Sante (ex FVO – Food and Veterinary Office) ha pubblicato il report dell’audit svolto in Italia dal 21 novembre all’1 dicembre 2016 per valutare il sistema di controllo che regola la produzione, trasformazione e distribuzione dei prodotti della pesca immessi sul mercato. Obiettivo della missione, che oltre al Ministero della Salute ha coinvolto le autorità competenti regionali di Sicilia e Campania e localmente quelle di Catania e Salerno, è stato quello di verificare la conformità dell’organizzazione dell’autorità competente con la legislazione europea. Nel report finale gli ispettori europei affermano che l’Italia attua un sistema di controlli ufficiali adeguato ed efficace lungo tutta la catena produttiva. È stato inoltre verificato che le autorità competenti regionali e centrali hanno affrontato tutte le raccomandazioni scaturite dal precedente audit condotto nel 2010. Alcune criticità sono state individuate nell’esecuzione dei controlli ufficiali relativi alla valutazione dei piani HACCP per quanto riguarda l’analisi dei rischi e l’individuazione di punti critici di controllo. Il report contiene quindi nuove raccomandazioni indirizzate all’autorità competente italiana volte a correggere le carenze individuate e rafforzare il sistema di controllo in atto. La relazione indirizza all’autorità competente italiana alcune raccomandazioni volte a rettificare le carenze individuate e rafforzare il sistema di controllo in atto (fonte: S.I.VE.M.P. – Sindacato Italiano Veterinari Medicina Pubblica). >> Link: www.sivemp.it/notizie/produzione-e-immissione-in-commercio-dei-prodotti-ittici-reportdellaudit-ue/8283.html
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ACQUACOLTURA
Il contributo della trota iridea allo sviluppo dei mangimi per l’acquacoltura Dott. Hanno Slawski
Le trote iridee sono girovaghe. Il loro coraggio nell’esplorare nuovi habitat e la capacità nell’adattarsi a molteplici ambienti hanno reso la trota perfetta per l’acquacoltura. Una specie pioniere nel settore, che ha aperto la strada anche alle altre specie ittiche in termini di fabbisogno nutrizionale, produzione di mangimi, sistemi d’allevamento e certificazioni. Le conoscenze ottenute attraverso la ricerca sulla trota hanno portato ad una comprensione completa delle qualità nutrizionali e fisiche dei mangimi, come anche della qualità delle materie prime e del loro impatto sulla digeribilità dei nutrienti, nonché una miglior
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conoscenza della palatabilità degli alimenti e, di conseguenza, della qualità fisica delle feci. Nei limiti dell’applicabilità, le conoscenze ottenute dalla ricerca sulla trota sono state inoltre utilizzate per i mangimi dedicati alle altre specie. Digeribilità dei nutrienti delle materie prime Negli ultimi anni, abbiamo dovuto affrontare cambiamenti importanti nella selezione delle materie prime e nella loro composizione per quanto concerne i mangimi per la trota iridea. La ricerca pubblica e privata ha portato ad una conoscenza dei fabbisogni nutrizionali della trota
Essendo la trota il pesce di riferimento per la ricerca negli allevamenti moderni a ricircolo, lo sviluppo delle formulazioni del suo mangime è sempre stato all’avanguardia. La sua versatilità si rispecchia nelle diverse composizioni dei mangimi a lei dedicati
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Una selezione di materie prime (photo © Aller Aqua). che ritroviamo soltanto in poche altre specie ittiche. Per esempio, è stato possibile ridurre, nella formulazione dei mangimi, la dipendenza dalle materie prime di origine marina, fino ad ora considerati indicatori assoluti di qualità. Le materie prime conferiscono i nutrienti necessari ad un mangime, ma non tutti i nutrienti presenti nelle materie prime sono adatti all’alimentazione dei pesci. Questo vale anche per le farine e per gli oli di pesce. Alcune materie prime contengono meno elementi nutrizionali utilizzabili rispetto ad altre. I principi nutritivi utilizzabili possono essere descritti anche come principi nutritivi digeribili. I nutrienti digeribili sono quelli che vengono assorbiti dal pesce nel periodo compreso tra l’assunzione dell’alimento e l’evacuazione delle feci. Quindi, i principi nutritivi digeribili sono i nutrienti ingeriti dal pesce meno i nutrienti eliminati attraverso le feci. Di conseguenza, i principi nutritivi che hanno valore per il pesce sono quelli che l’animale può digerire. Ne deriva che un contenuto stabile e costante di proteine ed energia digeribili nel mangime è più impor-
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tante del contenuto totale di proteine ed energia nel mangime o della stessa selezione delle materie prime. Fornire la combinazione ottimale di proteine ed energia digeribili è di somma importanza per le performance di crescita del pesce. La formulazione dei mangimi in base alla digeribilità dei principi nutritivi è la cosa migliore per stabilizzare le performance di crescita in un allevamento ittico. Per la trota iridea la digeribilità dei principi nutritivi viene comunemente determinata attraverso una serie di prove di alimentazione. Le prove in campo richiedono l’approvvigionamento costante dei vari e diversi lotti di mangimi da testare. Questo permette di testare anche una specifica materia prima in produzione, il suo impatto sulla palatabilità e sulle caratteristiche delle feci. I mangimi test contengono un marker inerte. Questo marker è assolutamente indigeribile. Attraversa l’intestino del pesce senza interferire sulla digeribilità dell’alimento. Dalla quantità di marker ritrovata nelle feci si può calcolare la quantità di mangime corrispondente. Si rende quindi necessaria la raccolta delle feci.
Durante i test di alimentazione, le feci che dovranno essere analizzate vengono separate nei collettori dalla colonna d’acqua. Da qui le feci vengono estratte ed analizzate per il loro contenuto in nutrienti e per la concentrazione del marker inerte. A questo punto il contenuto dei principi nutritivi presente nelle feci viene confrontato con quello presente nei mangimi. A volte i nutrienti ingeriti dal pesce vengono comparati con quelli escreti con le feci. Da questo confronto risulta il cosiddetto Coefficiente di digeribilità apparente (ADCs) Questo coefficiente è l’obiettivo dei test di digeribilità. Questo coefficiente di digeribilità consente un confronto tra la digeribilità di alcuni nutrienti derivanti da diverse materie prime. In sostanza, l’ADCs viene determinato sulla sostanza secca, sulle proteine, aminoacidi, grassi, acidi grassi, ceneri ed alcuni minerali per ogni singola materia prima, per ogni singolo fornitore e fabbrica di provenienza. Una volta definito un elenco del coefficiente ADCs per tutte le materie prime, si può procedere alla formulazione, basata sulla digeribilità dei principi nutrizionali.
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A sinistra: Aller Aqua Research Control Diet (photo © Aller Aqua). A destra: pellet (photo © Aller Aqua). Assunzione del mangime Le trote iridee sono molto voraci. In condizioni ambientali ottimali, la trota ha un’incredibile capacità di ingestione e digestione dell’alimento. Quindi, più veloce e più vorace è il pesce nel mangiare, più velocemente
cresce. La selezione delle materie prime e la qualità fisica dell’alimento hanno un impatto sull’ingestione del mangime da parte del pesce e sulla digestione. La qualità fisica del pellet è strettamente legata alle materie prime utilizzate nella formulazione
del mangime. È stato osservato, per esempio, che la trota mangia voracemente la prima razione di alimento distribuito al mattino. Un secondo ripasso, più tardi nel corso della giornata, può evidenziare una riduzione dell’appetito. Di conse-
Somministrazione dei mangimi alle trote alla Aller Aqua Research (photo © Aller Aqua).
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A sinistra: raccolta di feci per le analisi (photo © Aller Aqua). A destra: raccoglitore di feci Aller Aqua Research (photo © Aller Aqua). guenza, talvolta, questa mancanza apparente di appetibilità viene indicata come la causa di una minor ingestione di cibo. In realtà, questa ridotta appetibilità sarebbe dovuta essere evidente anche già al mattino. L’improvvisa riduzione di appetito da parte della trota è invece più facilmente da imputarsi alla bassa digeribilità del mangime. Una scarsa digeribilità è causata da una non ottimale qualità fisica dell’alimento ed una ridotta digeribilità dei nutrienti. A titolo d’esempio, alla struttura superficiale del pellet, al volume dei pori e alla loro distribuzione è collegato l’assorbimento di acqua nello stomaco del pesce. Più velocemente il pellet si disfa all’interno dello stomaco, prima le particelle di mangime passano nell’intestino dove i nutrienti saranno assorbiti. Le materie prime influenzano la porosità dei pellet e, di conseguenza, la loro stabilità in acqua, influenzando così anche l’assunzione del mangime da parte del pesce. Qualità delle feci Attraverso le prove di alimentazione condotte sulle trote in acquario, nelle vasche di laboratorio ed in allevamento, si è giunti ad una conoscenza completa sulla composizione
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dei mangimi e sull’influenza delle materie prime sulla qualità delle feci. Questo gioca un ruolo importante nei moderni allevamenti a ricircolo, dove la trota è indiscutibilmente la specie pioniera. Per un trattamento ottimale delle acque, la maggior parte del materiale fecale deve essere separato dall’acqua prima di raggiungere il biofiltro. Di conseguenza, quando vengono formulati mangimi desinati agli allevamenti a ricircolo, si selezionano le materie prime anche sulla base del loro impatto sulla struttura e peso delle feci. Seppure diversi alimenti possano dare le stesse performance di crescita e contenere la stessa concentrazione di sostanze nutritive, le feci prodotte possono variare fisicamente a seconda delle materie prime impiegate. Alcune materie prime possono produrre feci molli ed acquose, altre producono feci particolarmente pesanti. Inoltre, alcune materie prime producono feci chiare e pallide mentre altre portano alla produzione di feci scure. Oppure alcune materie prime utilizzate nella produzione dei mangimi portano alla formazione di feci appiccicose mentre altre producono feci che difficilmente si aggregano, risultando in particelle piccole e separate. Nella formulazione di un
alimento per trote è necessario avere un obiettivo sulla qualità delle feci risultanti. In molti allevamenti a ricircolo, feci aggregate, stabili e facilmente affondanti contribuiscono al meglio alla pulizia dell’acqua. Comunque, rispetto agli allevamenti di animali terrestri dove i sistemi zootecnici di allevamento sono standardizzati, i sistemi di allevamento a ricircolo non si assomigliano fra loro. Nonostante i sistemi meccanici di filtrazione delle acque sono molto simili tra loro, gli allevamenti variano per progettazione e gestione. Di conseguenza, nonostante la formulazione di un mangime soddisfi i fabbisogni nutrizionali del pesce, l’efficacia nella separazione delle feci dall’acqua sarà diversa da allevamento ad allevamento. Poiché tutti gli allevamenti sono diversamente strutturati, non esiste una formulazione specifica che li soddisfi tutti. Dott. Hanno Slawski Group R&D Director Aller Aqua Nota A pagina 28, trota iridea alla Aller Aqua Research. Quella della trota è una specie che resterà dominante in acquacoltura e le conoscenze future ne promuoveranno lo sviluppo (photo © Aller Aqua).
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Assemblea generale API – Associazione Piscicoltori Italiani
I numeri dell’acquacoltura Alla fine di maggio si è svolta l’annuale assemblea generale API – Associazione Piscicoltori Italiani, nel corso della quale il presidente PIER ANTONIO SALVADOR ha tratteggiato l’attività svolta dall’associazione puntando l’attenzione sui traguardi raggiunti e le sfide future che il comparto deve affrontare. Il vicepresidente API e presidente FEAP MARCO GILMOZZI ha brevemente riferito su quanto sta accadendo sullo scenario europeo. Al termine dei lavori si è svolto l’Incontro di Formazione realizzato nell’ambito del Programma Nazionale Triennale 2015-2017, annualità 2016. Tra i vari interventi c’è stato quello del dott. VINCENZO LENUCCI, direttore Area Economica Confagricoltura, che ha illustrato l’inquadramento economico del settore
acquacoltura, riportando numeri aggiornati in materia di produzione, occupazione e consumi. Riportiamo di seguito gli indicatori che, a livello macro-economico, raccontano il settore dell’allevamento ittico in Italia. I dati Il pescato è in calo ma tiene in valore, mentre il prodotto allevato è in crescita ma non decolla come valore. Da ciò si deduce che è fortemente necessaria una strategia di valorizzazione delle produzioni (Tabella1). Sul fronte dei consumi pro capite, quello che si registra in Italia è di poco superiore alla media UE. Siamo all’ultimo posto nella top ten europea, dopo Portogallo, Lituania, Spagna, Finlandia, Francia, Svezia, Malta, Lussemburgo e Lettonia, ma
va precisato che i consumi italiani di prodotti ittici sono più dinamici rispetto a quelli alimentari, soprattutto per quanto riguarda il prodotto preparato (Tabelle 2/3). Il comparto presenta indicatori in crescita e con buone opportunità di sviluppo. Esso conta oltre 10.000 imprese attive tra allevamento e pescato, delle quali un terzo sono impegnate in acquacoltura. A ciò si aggiunge una stima di occupati di oltre 7.000 addetti (Tabella 4). Alla luce dei dati della bilancia commerciale italiana, considerando pesci, molluschi, crostacei e altri invertebrati acquatici e relative preparazioni, dai numeri si evince una fortissima dipendenza del nostro Paese dalle importazioni estere. Occorre quindi investire in produttività e competitività (Tabella 5).
L’acquacoltura italiana è in buona salute, ma occorre investire in produttività e competitività.
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Tabella 1 – Quantità e valore della produzione ittica nazionale 2010
2011
2012
2013
2014
2015
Pescato in Q (tonnellate)
223.007
210.324
195.839
172.624
176.778
188.752
Pescato in V (milioni €)
1.102,8
1.090,3
925,0
831,6
812,5
889,9
Allevato in Q (tonnellate)
153.494
164.151
137.041
140.879
148.730
148.763
442,0
560,9
447,5
521,9
486,3
406,4
Allevato in V (milioni USD)
Stima CSC su dati ISMEA ITAFISHSTAT MIPAAF e FAO.
Tabella 2 – Consumi pro capite di prodotti ittici in UE Paese
kg
Paese
kg
Portogallo
56,8
Croazia
19,7
Lituania
43,4
Grecia
19,6
Spagna
42,4
Regno Unito
19,0
Finlandia
35,6
Estonia
14,7
Francia
34,6
Germania
14,2
Svezia
31,0
Austria
13,3
Malta
30,5
Polonia
12,0
Lussemburgo
29,1
Slovenia
11,2
Lettonia
27,5
Repubblica Ceca
9,5
Italia
25,4
Slovacchia
8,1
Belgio
25,1
Bulgaria
6,6
Paesi Bassi
23,6
Romania
6,1
Cipro
23,3
Ungheria
5,3
Danimarca
23,0
Media UE 28
22,9
Irlanda
22,3
Media Mondo
18,9
Tabella 3 – Evoluzione dei consumi domestici di prodotti ittici 2012
2013
2014
2015
2016
Variazione % in volume Totale prodotti ittici
– 0,4
– 0,5
+ 0,4
+ 0,9
–1,5
Trasformato
– 0,4
–1,1
+3,3
+2,1
– 0,7
Fresco e decongelato sfuso e confezionato di cui preparato
– 0,4 – 0,2
+ 0,1 – 4,1
–2,5 +10,2
– 0,4 +12,4
–2,3 + 6,5
Variazione % in valore Totale prodotti ittici
+ 0,1
+ 0,8
+1,6
+ 4,8
+1,7
Trasformato
+2,1
+2,0
+3,6
+ 4,9
+ 0,2
Fresco e decongelato sfuso e confezionato di cui preparato
–1,9 –1,3
– 0,4 – 4,7
– 0,5 + 8,5
+ 4,6 +18,4
+3,3 +11,9
+ 0,3
– 0,5
Totale spesa alimentare Fonte: elaborazione ISMEA su dati NIELSEN.
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IL PESCE, 4/17
Impianto di maricoltura.
Tabella 4 – Numero imprese attive (dicembre 2016) Totale imprese
Indicatori in crescita e buone opportunità di sviluppo per un comparto con oltre 10.000 imprese attive tra allevamento e pescato, un terzo delle quali impegnate in acquacoltura
11.725
Pesca marina acque dolci
8.060 7.663 397
Acquacoltura marina acque dolci
3.665 3.223 442
Dati: CONFAGRICOLTURA.
Tabella 5 – Bilancia commerciale ittica italiana (*) 2010
2011
2012
2013
2014
2015
2016
Volume (tonnellate) Export
134.723
126.225
118.563
127.457
135.331
134.651
130.023
Import
939.820
961.330
905.157
921.665
974.500
1.007.095
1.035.790
– 805.097
– 835.105
–786.594
–794.208
– 839.169
– 872.444
–905.766
Saldo
Valore (milioni di euro) Export
520
557
508
549
589
639
664
Import
3.988
4.416
4.214
4.249
4.512
4.904
5.477
–3.468
–3.859
–3.706
–3.701
–3.923
– 4.265
– 4.812
Saldo
(*) pesci, molluschi, crostacei, altri invertebrati acquatici e loro preparazioni. Fonte: elaborazione ISMEA su dati ISTAT (dati definitivi 2015, dati provvisori 2016).
IL PESCE, 4/17
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L’acquacoltura sostenibile nel Mediterraneo si può fare! Con il coinvolgimento dei maggiori leader ed esperti di acquacoltura in Europa, MedAID sosterrà lo sviluppo del settore contribuendo all’aumento delle conoscenze, allo sviluppo di strumenti innovativi e alla predisposizione di linee guida e proposte per migliorare il settore Incrementare del 20% la produzione sostenibile d’acquacoltura nel Mediterraneo: è questo l’obiettivo a cui puntano la Commissione Europea e MedAID (Mediterranean Aquaculture Integrated Development), un progetto di ricerca di quattro anni finanziato con 7 milioni di euro nell’ambito del programma di ricerca e innovazione Horizon 2020. Avviato lo scorso maggio, il progetto ha l’obiettivo di studiare le problematiche produttive degli allevamenti di pesce nel Mare nostrum e individuare strategie e soluzioni per incrementare la competitività e la sostenibilità dell’intero settore. L’acquacoltura copre infatti il 20% della produzione ittica europea, dando lavoro a circa 85.000 persone, in particolare nelle zone rurali e costiere. Ciononostante, l’Europa consuma due volte la quantità di pesce che produce colmando il gap con le importazioni, e la produzione europea è stagnante, soprattutto se contrapposta allo sviluppo del settore registrato nei paesi del bacino del Mediterraneo non appartenenti all’Unione Europea. MedAID Progetto ricerca H2020 Collaborando con gli attori coinvolti nella filiera produttiva del pesce, MedAID affronterà tutti gli aspetti rilevanti del settore dell’acquacoltura, tra cui: • salute e benessere degli animali; • genetica ed allevamento; • impatto ambientale; • vincoli normativi; • aspetti economici e performance 36
di settore; • percezione dei consumatori e marketing; • aspetti nutrizionali e buone pratiche di consumo del pesce. Il progetto coinvolge oltre 30 diverse organizzazioni/istituzioni appartenenti a 12 paesi, tra cui l’Italia. È coordinato dall’Istituto agronomico mediterraneo di Saragozza (IAMZ-CIHEAM) insieme all’Istituto per la ricerca e la tecnologia di alimentazione e l’agricoltura della Catalogna (IRTA). L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), tra i partner del progetto, si occuperà in particolare di epidemiologia, diagnosi e prevenzione delle malattie infettive che colpiscono la spigola e l’orata,
con particolare attenzione all’encefalopatia e retinopatia virale, il principale problema sanitario dei pesci del Mediterraneo. Secondo B ERNARDO B ASURCO (IAMZ-CIHEAM) e DOLORS FURONES (IRTA), coordinatori del progetto, «con il coinvolgimento dei maggiori leader ed esperti di acquacoltura in Europa, MedAID sosterrà lo sviluppo del settore contribuendo all’aumento delle conoscenze, allo sviluppo di strumenti innovativi e alla predisposizione di linee guida e proposte per migliorare il settore». (Fonte: Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, www.izsvenezie.it) >> Link: www.medaid-h2020.eu IL PESCE, 4/17
Proteine degli insetti in acquacoltura: al via da luglio A partire dal 1º luglio, in acquacoltura sarà possibile utilizzare proteine provenienti dagli insetti. In particolare, il Regolamento UE 2017/893 consente di utilizzare proteine provenienti dai seguenti insetti: Mosca nero soldato (Hermetia Illucens) e mosca domestica, larve Tenebrio molitor e Alphitobius diaperinus, grilli domestici e di campo. Al momento non sono autorizzati insetti per altri tipi di allevamento animali. Sulla scia di questa riforma legislativa, il presidente dell’IPIFF, ANTOINE HUBERT, si è detto «particolarmente soddisfatto, dato che questa nuova visione costituisce una pietra miliare per lo sviluppo del settore europeo degli insetti. Inoltre, pensiamo che questa normativa porti nuove opportunità per il settore europeo dell’acquacoltura, in quanto gli insetti dovrebbero rappresentare una fonte promettente di proteine per i pesci
d’allevamento: come componente naturale delle diete di alcune specie di pesci carnivori, combinando alti livelli proteici, compresi tra il 55% e il 75%, e una eccellente digeribilità, gli insetti sono adatti a completare la formula alimentare degli animali dell’acquacoltura». L’avvio di questa nuova opportunità arriva dopo che, lo scorso dicembre, gli Stati Membri dell’Unione Europea hanno votato una proposta presentata dalla Commissione europea. «Questa decisione ha contribuito a portare una sufficiente visibilità ai produttori di insetti che hanno potuto aumentare le loro attività produttive e raggiungere dimensioni industriali più ampie», ha spiegato il vicepresidente del IPIFF, TARIQUE ARSIWALLA. «Molte aziende stanno pianificando i loro investimenti per aumentare significativamente i volumi di produzione,
e quindi ci aspettiamo che le prime vendite avvengano già quest’anno». Guardando avanti, l’IPIFF ha espresso la volontà di proseguire i suoi sforzi per allargare il possibile utilizzo delle proteine provenienti da insetti a tutti i settori dell’allevamento e dell’acquacoltura dell’UE. «La nostra associazione chiede di estendere l’uso delle proteine da insetti anche ai mangimi di suini e pollame. Siamo anche interessati a esplorare potenziali alternative di substrati per l’allevamento di insetti» ha dichiarato Hubert. Nel frattempo, l’IPIFF e i suoi membri sono impegnati nello sviluppo di un documento di orientamento sulle migliori prassi in materia di qualità e produzione di insetti come mezzo per aiutare i produttori nell’attuazione della legislazione appena adottata. (All About Feed – UNAItalia)
Gli insetti potrebbero rappresentare a breve una fonte promettente di proteine per i pesci d’allevamento.
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IL PESCE, 4/17
EVENTI
Our Ocean: ad ottobre riflettori puntati su Malta Quest’anno tutti i riflettori sono puntati su Malta, con un evento dalle dimensioni veramente internazionali. Il 5 e 6 ottobre l’isola ospiterà infatti l’edizione 2017 di Our Ocean, l’appuntamento annuale che consente a dirigenti, amministratori pubblici e operatori di tutto il mondo di interagire e individuare soluzioni praticabili per i mari e gli oceani del pianeta. Gli ospiti di quest’anno comprenderanno ministri degli Affari esteri e funzionari di alto livello, nonché eminenti scienziati e imprenditori, che si divideranno il palco condividendo opinioni preziose sulle principali questioni legate agli oceani della nostra epoca. L’impegno a favore di oceani sani, puliti e ben gestiti non è cosa nuova per l’Unione Europea. Le strategie della UE per la crescita economica, la sicurezza globale e, più di recente, una buona governance degli oceani, nonché i progressi costanti in materia di pe-
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sca sostenibile, pianificazione dello spazio marino e nelle energie rinnovabili, si inseriscono perfettamente nelle tematiche della conferenza e verosimilmente inducono gli altri a impegnarsi altrettanto. L’attenzione posta sul Mediterraneo, sull’Oceano Atlantico e sull’Oceano Indiano, consentirà ai leader della UE di far conoscere le azioni intraprese a favore di questi bacini marittimi. Uno dei progetti paralleli, già pianificato a livello locale, è stato concepito per le scuole e promuoverà il coinvolgimento dei bambini maltesi tra i 10 e i 15 anni in azioni di protezione degli oceani. Tuttavia, l’eco della conferenza supererà senza dubbio i confini di Malta, dando alle imprese marittime d’Europa un’opportunità ideale di accrescere e beneficiare delle discussioni emerse dalla conferenza grazie agli eventi di sensibilizzazione, ottenendo così visibilità. Il sostegno pubblico rappresenta,
pertanto, la spina dorsale dell’iniziativa Our Ocean. La comunità internazionale comprende l’importanza degli oceani per la vita e si aspetta dei risultati Uno degli obiettivi della conferenza è segnalare i progressi compiuti legati agli impegni del passato, oltre che ispirarne di nuovi, in modo tale che una singola discussione possa legare il Cile e gli Stati Uniti a Malta, proseguire verso l’Indonesia e la Norvegia e condurre tutti, lentamente ma inesorabilmente, verso oceani più sani. La campagna dell’Unione Europea sui rifiuti marini, uno dei principali temi della conferenza, che sarà avviata quest’anno, costituirà un punto centrale per prendersi cura del benessere dei nostri oceani. Si stima che arrivino in mare 10 milioni di tonnellate di plastica ogni anno, con conseguenze negative per tutti,
IL PESCE, 4/17
Tra gli obiettivi della conferenza quello di segnalare i progressi legati agli impegni passati, oltre che ispirarne di nuovi, così che una singola discussione possa legare i vari Paesi e condurre tutti, lentamente ma inesorabilmente, verso oceani più sani Tipiche imbarcazioni maltesi (photo © Trofoto). dalle catene alimentari agli habitat naturali; tale questione merita tutta la nostra determinazione e inventiva, affinché si possano ripulire i mari. Nel sottolineare il lavoro encomiabile e innovativo delle esistenti iniziative in Europa, la campagna farà opera di sensibilizzazione sulla
gravità del problema, trasformandosi in un appello per assicurare l’impegno e il coinvolgimento dei cittadini in tutta l’UE, affinché tutti possano partecipare alla lotta contro i rifiuti marini. (Fonte: Affari Marittimi e Pesca in Europa)
Approfondimenti on-line Web – www.ourocean2017.org Facebook: /EUmaritimefish /EuropeanExternalActionService Video: My Ocean is #OurOcean, www.youtube.com/ watch?v=E3UIl9TbvUk Twitter: #OurOcean
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SPECIALE IRLANDA
Visitiamo due realtà significative dell’industria ittica irlandese
Scampi, granchi e molto di più: è l’Irlanda di Elena Benedetti
Prosegue il nostro viaggio alla scoperta dell’industria ittica in Irlanda, un Paese nel quale le aziende dedite alla pesca e all’allevamento ittico stanno dimostrando parecchio dinamismo. Ciò vale sia per i consumi interni che secondo i dati EUFOMA si attestano intorno ai 23 kg annui sia per le quote di export. Il prodotto ittico irlandese su base annua ammonta a 700 milioni di euro in valore e occupa 11.000 addetti soprattutto lungo il tratto costiero da Donegal a Louth (fonte dati: BIM).
Rockabill Seafood Ltd Arriviamo a Balbriggan, una località costiera ad una mezz’ora di strada da Dublino, per incontrare ALAN PRICE, figlio del fondatore della Rockabill Seafood Ltd. La sua è una famiglia di imprenditori con una tradizione radicata nella pesca e nella lavorazione del pescato che, nel corso di tre generazioni, è cresciuta moltissimo, consolidando un’ottima posizione nel settore della commercializzazione di prodotti ittici di qualità, conosciuti e apprezzati anche sul mercato
italiano. Gli scampi giungono nello stabilimento di Balbriggan per il 50% freschi e per l’altro 50% già congelati sui pescherecci (entro una ventina di minuti dalla cattura il prodotto viene congelato a bordo). Il fresco è passato in una macchina progettata da Rockabill Seafood che suddivide il pescato a seconda della pezzatura, facendo attenzione a non danneggiare il pesce. Seguono il congelamento e il confezionamento del prodotto. Alle 7:00 del mattino inizia il processo di lavaggio e la separazione in base al
La baia di Donegal.
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IL PESCE, 4/17
1) Alan Price presso lo stabilimento di Balbriggan, località costiera appena fuori Dublino. 2) L’intera produzione di scampi e code di scampi della Rockabill Seafood Ltd viene congelata. 3) Rockabill Seafood Ltd è specializzata nella lavorazione degli scampi, la cui produzione ammonta a 4.000 tonnellate su base annua. peso (che prevedere 8 categorie di prodotto), seguita dal congelamento e per ultimo dalla spedizione. La produzione di Rockabill Seafood Ltd ammonta a 4.000 tonnellate di scampi (oltre alle code di scampo) e tutto viene congelato. La società possiede anche 18 imbarcazioni di pesca nel sud e nord del Paese per la cattura, oltre agli scampi, di granchi, cappelunghe, astici e chiocciole di
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mare. Lo stabilimento di Balbriggan vanta la certificazione di qualità BRC e negli ultimi 5 anni è stato oggetto di numerosi investimenti, pari a un totale di 5,5 milioni di euro per il rinnovo delle attrezzature, del magazzino del freddo e delle linee di confezionamento e congelamento del pesce. Tutta la produzione viene esportata e oggi l’Italia è il mercato prin-
cipale con una quota di export che raggiunge il 50%. Le aree di riferimento sono il foodservice, supermercati e grossisti. Rockabill Seafood Ltd Stephenstown Industrial Estate Balbriggan, Co. Dublin Web: www.rockabill.ie Contatto: Alan Price
IL PESCE, 4/17
Errigal Bay Seafoods Ci spostiamo a nord nella contea di Donegal e arriviamo a Carrick per visitare Errigal Bay Seafoods. L’origine di questa realtà ha poco a che fare con il mondo ittico. La loro storia inizia infatti nel 1971, con la costituzione di una cooperativa di aziende dedite alla lavorazione degli ortaggi. Oltre ai vegetali, però, ben presto i titolari JAMES MCDYER e JARLATH MORRIS iniziarono ad interessarsi al commercio dei granchi. Da allora non si sono più fermati. Oggi Errigal Bay Seafoods, ubicata nella remota regione di Gaeltacht nel nord-ovest dell’Irlanda, in un territorio di rara bellezza tra scogliere a strapiombo sul mare e l’alta montagna di Sliabh Liag, si occupa della commercializzazione di prodotti ittici con una forte attenzione ai temi della sostenibilità. L’azienda è infatti continuamente alla ricerca di un giusto equilibrio
tra la flessibilità economica delle proprie attività e la responsabilità sociale ed ambientale, andando incontro alle richieste della propria clientela nel rispetto del territorio e delle risorse ittiche. Queste ultime consistono principalmente in astici, granchi di mare, necore (Velvet crab), capesante, scampi e buccine (whelk). AODH O’DONNELL ci accompagna a visitare l’azienda. «La filosofia che contraddistingue Errigal Bay Seafoods è la capacità di creare forti relazioni con i fornitori, con il mercato e coi dipendenti. Questa è la chiave del successo di questo business, che è rimane fortemente orientato a perseguire l’eccellenza in materia di sostenibilità e di investimenti» precisa O’Donnell. «Negli ultimi anni abbiamo innovato l’azienda con investimenti importanti nelle attrezzature, nella formazione del personale, nella tecnologia, nel marketing e, in generale,
Errigal Bay Seafoods produce circa 20.000 tonnellate di prodotto all’anno, per due terzi al nord, a Carrick, e per un terzo al sud. Il 60% del prodotto viene assorbito dai mercati europei. In Italia si vendono principalmente scampi e granchi attraverso una rete di importatori
Andrew Doherty, quality manager, e Aodh O’Donnel, direttore di Errigal Bay Seafood presso lo stabilimento di Carrick.
IL PESCE, 4/17
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in tutte le infrastrutture» sottolinea O’Donnell. Le aree di produzione che hanno richiesto maggiore attenzione in termini di investimento sono state quelle che coinvolgono la catena del freddo, «un aspetto, quello del freddo, che per noi resta strategico dato che da esso dipende la qualità del prodotto e l’uso corretto dell’energia. Amiamo definirci un’azienda sostenibile che dedica grande attenzione alle persone, al prodotto e alle attrezzature». Errigal Bay Seafoods opera in due stabilimenti: uno è ubicato al nord-ovest dell’Irlanda, a Carrick, con attrezzature per la lavorazione e cottura del pesce; l’altro è al sud e si occupa di capesante fresche e congelate. In totale l’azienda produce circa 20.000 tonnellate di prodotto all’anno, per due terzi al nord e per un terzo al sud. Il 60% del prodotto viene assorbito dai mercati europei. In Italia si vendono principalmente scampi e granchi attraverso una rete di importatori. Ma il principale mercato resta la Francia, seguito da Spagna, Svezia e Portogallo, mentre il restante 40% va in Asia e soprattutto al mercato cinese, in grande crescita. «Il 70% del retail business viene spedito direttamente da qua ai supermercati, senza passare attraverso altri intermediari». O’Donnell rimarca ancora una volta i temi a lui cari della sostenibilità, dell’impegno che l’azienda si è presa in materia di tutela dell’ambiente e piena adesione allo schema Origin Green di BORD BIA. Errigal Bay Seafoods conta su 60-80 imbarcazioni di pescatori, con i quali è stato firmato un contratto per l’acquisto del pescato e negoziato un prezzo. «L’azienda garantisce ogni giorno la raccolta del prodotto pescato e il pagamento con cadenza settimanale». Elena Benedetti Errigal Bay Seafoods Meenaneary, Carrick Co. Donegal, F94 EN83 Web: www.errigalbay.com Contatto: Aodh O’Donnel
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Errigal Bay Seafood commercializza il brown crab intero o con le chele. La commercializzazione del brown crab viene fatta per prodotti cotti, pastorizzati refrigerati e/o congelati.
IL PESCE, 4/17
Import - Export Commercio prodotti ittici Freschi, congelati e scongelati e n o i z a r o v La con a n o t c o t au a! n u g a l i d acqua
Davimar S.r.l. Via Strada Statale Romea, 516 30015 Chioggia (VE) Italy Tel. 041 4966818 - Fax 041 5543130 clienti@davimar.net - www.davimar.net
PESCA
Nasce il FIP, Fishery Improvement Project Al via nell’Oceano Atlantico orientale un nuovo progetto per il miglioramento della pesca incentrato sulla salute degli stock ittici, sull’impatto minimo e reversibile sugli ecosistemi e sulla gestione efficace dell’attività di pesca
Repubblica del Ghana, Repubblica della Costa d’Avorio, WWF, Thai Union Europe e altre aziende attive nell’ambito dell’industria ittica, insieme alle flotte dei pescherecci con reti a circuizione e alle loro associazioni, hanno sottoscritto un memorandum d’intesa per il lancio di un progetto di miglioramento della pesca del tonno (FIP, Fishery Improvement Project) nell’Oceano Atlantico orientale. L’obiettivo del FIP è far sì che le aziende ittiche che operano nell’area raggiungano gli standard stabiliti dal Marine Stewardship Council (MSC) e che possano quindi ottenere la certificazione
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che le qualifica come efficacemente gestite e sostenibili. Il progetto si concentrerà su tre aree chiave — salute degli stock ittici, impatto minimo e reversibile sugli ecosistemi e gestione efficace dell’attività di pesca — e stabilirà le migliori pratiche da adottare. In particolare, il FIP interverrà sulla cattura di esemplari di tonnetto striato, tonno pinna gialla e tonno obeso da parte dei pescherecci con reti a circuizione. Il progetto intende anche supportare il piano di ripristino degli stock di tonno pinna gialla e tonno obeso nella regione e garantire il rispetto delle decisioni e delle raccomanda-
zioni della Commissione Internazionale per la Conservazione del Tonno Atlantico (ICCAT) per quanto riguarda la gestione degli stock di tonnetto striato. Lavorando insieme al WWF, i manager delle aziende ittiche utilizzeranno gli strumenti sviluppati dal Marine Stewardship Council per identificare e tracciare le aree di miglioramento, con l’obiettivo di raggiungere gli Standard MSC. Gli standard MSC per la pesca sostenibile si basano sulle linee guida stabilite dal Codice di Condotta per la Pesca Responsabile emanato dalla FAO, che fornisce le principali linee guida per la pesca sostenibile,
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NUOVA APERTURA A SETTEMBRE Area commerciale Noale (VE)
PRIMO SBARCO PESCHERIA GASTRONOMIA FAST AND FISH TAKE AWAY presso ITTICA MARCATO – Sede Via Pacinotti 26/1 – Noale (VE) Telefono: 041 487031 r.a
www.itticamarcato.com – ittica.marcato@libero.it
L’attuazione del progetto di miglioramento della pesca del tonno nell’Oceano Atlantico orientale dimostra il nostro impegno nel riformare la gestione sostenibile di tutte le risorse idriche nella sub-regione dell’Africa occidentale, ha dichiarato il ministro per lo Sviluppo della Pesca e dell’Acquacoltura della Repubblica del Ghana Elizabeth Naa Afoley Quaye, qui fotografata insieme agli altri rappresentati dei firmatari del progetto. minimizzando l’impatto ambientale e assicurando una gestione efficace delle aziende ittiche. «Il Ghana è ricco di una forte tradizione legata alla cultura della pesca e dispone di numerose riserve di pesce. Ben 2,2 milioni di persone dipendono da questo settore per il loro sostentamento e, poiché la maggior parte delle risorse ittiche del paese sono sfruttate in maniera intensiva, abbiamo preso le misure necessarie per superare la questione» ha dichiarato il ministro per lo Sviluppo della Pesca e dell’Acquacoltura della Repubblica del
Ghana ELIZABETH NAA AFOLEY QUAYE. «L’attuazione del progetto di miglioramento della pesca del tonno nell’Oceano Atlantico orientale dimostra il nostro impegno nel riformare la gestione sostenibile di tutte le risorse idriche nella sub-regione dell’Africa occidentale». Per KOBENAN KOUASSI ADJOUMANI, ministro delle Risorse Ittiche, dell’Allevamento e del Bestiame, Repubblica Costa D’Avorio, «la blue economy è una strategia economica chiave per la Costa d’Avorio, così come per tutte le altre nazioni dell’Africa occidentale. Fa parte del
Il Fishery Improvement Project nell’Oceano Atlantico orientale è un’iniziativa finalizzata a rendere la pesca con reti a circuizione in quell’area conforme agli standard di sostenibilità stabiliti dal Marine Stewardship Council (MSC). Il FIP è supportato dai seguenti partner firmatari del Memorandum d’intesa: Repubblica del Ghana, Repubblica della Costa d’Avorio,WWF,Thai Union Europe,TOG, Ghana Tuna Association & Associates, ANABAC & Associati, OPAGAC & Associati e ORTHONGEL & Associati.
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nostro futuro e tutti noi abbiamo il compito di garantire, con azioni mirate, un sistema di pesca sostenibile per questa regione. Prendere parte al progetto di miglioramento della pesca del tonno nell’Oceano Atlantico orientale ci aiuterà a tutelare gli stock di tonno e una pesca sostenibile per il futuro». «Guardando al futuro, garantire la sostenibilità degli stock di tonno nell’Oceano Atlantico Orientale è importante non solo per il loro sostentamento, ma anche per l’intero ecosistema dell’oceano» ha sottolineato TRACY CAMBRIDGE, Fisheries and Seafood Manager del WWF UK. «La collaborazione tra industria, governi e altri stakeholder con una visione condivisa volta a migliorare la salute degli stock quella dell’ecosistema e la gestione delle aziende ittiche rende questa iniziativa davvero emozionante». >> Link: fisheryimprovementprojects.org
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Legacoop: fondi per il fermo pesca bloccati da 2 anni, il Ministero ci dia una risposta «Fondi europei per il fermo pesca affondati dalla burocrazia ministeriale. Soldi del 2015 e del 2016 mai arrivati, che destano grande preoccupazione nelle marinerie liguri» ha commentato la responsabile Pesca Liguria Legacoop agroalimentare Barbara Esposto. «Sono finanziamenti già versati dall’Unione Europea che i pescatori usano per compensare l’arresto dell’attività per il ripopolamento dei mari nei mesi autunnali. Li stiamo aspettando da due anni e ancora non si hanno notizie». Si tratta di un indennizzo per ogni armatore che va a coprire il cosiddetto “fermo biologico”: ogni anno, per almeno 30 giorni, le imbarcazioni restano in porto per tutelare le risorse legate all’attività di pesca. «Un accorgimento senza cui la pesca in Liguria non avrebbe più futuro» ha aggiunto la Esposto. «Le nostre cooperative stanno vivendo momenti di grande tensione perché parliamo di somme che sarebbero dovute essere erogate due anni fa». Nelle scorse settimane è partita una richiesta di chiarimenti al Dipartimento ministeriale competente, ad oggi non sono pervenute risposte. «È inconcepibile —conclude Esposto — che ci avviciniamo al fermo 2017 senza sapere nulla e senza poter fare una programmazione degli interventi da effettuare a bordo dei pescherecci in materia di sicurezza e innovazione. Se non avremo risposte certe non escludiamo azioni di protesta pubbliche». (Dipartimento Pesca Legacoop Agroalimentare Liguria)
Centro di Depurazione e Spedizione
Società Agricola Moceniga Pesca s.s. di Alessandra Siviero & C. Via Dell’Artigianato 20/22 45010 Rosolina (RO) C.F. e Part. Iva IT 01082120294 tel. 0426-343252 0426-270034 fax. 0426-340265 virtual fax 0426047500 Centro Depurazione e Spedizione Molluschi IT X3W6T CE Web: www.moceniga.it
Viale Marconi 68 - Rosolina (RO) - Fax 0426 047500 - 0426 664990 Web: www.almeca.it - E-mail: almeca2007@libero.it
AZIENDE
Bernardini, la tradizione famigliare della qualità A Cenaia Crespina, in provincia di Pisa, la Bernardini Gastone è un punto di riferimento per le aziende che operano nel foodservice con una vasta gamma di prodotti e lavorati di carne, selvaggina soprattutto, e di pesce. Una realtà in crescita che storicamente lega il proprio marchio alla tradizione norcina toscana e oggi pensa di ingrandirsi ancora di Gaia Borghi
L’ultima volta che ho incontrato Mauro Bernardini ad una fiera italiana di settore, erano quasi terminati i lavori di ampliamento del nuovo reparto aziendale dedicato alla trasformazione dei prodotti ittici. «La richiesta da parte del mercato per questa tipologia di prodotti è in
continua crescita ed è per questo motivo che abbiamo deciso di fare un investimento che ci consentirà di crescere ulteriormente nella gamma delle nostre proposte». Una scelta che si è rivelata oltremodo azzeccata, considerando che, ad oltre un anno dall’entrata in funzione del nuovo
laboratorio, nel quale si lavorano tutte le referenze della Linea Pesce, la Bernardini Gastone continua a crescere sia nei volumi (per quanto concerne la gamma dei prodotti ittici affumicati/lavorati si parla di 670 tonnellate all’anno) che nel livello qualitativo della propria produzio-
Mauro Bernardini con il fratello Marco e il figlio Luca all’interno dello stabilimento di Cenaia Crespina (PI).
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Salatura del salmone.
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le due razze scelte a rappresentare l’offerta per quello che riguarda il bovino, più vasto il “comparto” del suino, nel quale compaiono anche salumi realizzati con Pata Negra e Cinta senese. E ancora, tacchino, fagiano, anatra, oca, faraona. Nei salumi (alcune referenze sono disponibili anche pre-affettate in comode vaschette in ATP) troviamo la finocchiona, il lardo, le salsicce secche, la coppa di testa, i salami ai funghi porcini, all’aglio, al vino rosso, alle noci, al tartufo… Non mancano i ragù e le tartare. «Queste ultime hanno avuto un incremento delle vendite, sia quella di Black Angus che, per la linea dell’ittico, quelle di pesce spada e di tonno» puntualizza Bernardini.
(penso ad esempio alla cura speciale riservata all’affumicatura delle diverse carni, una vera e propria arte) che questa famiglia ha davvero nel sangue.
Sulle orme di Hemingway Il vecchio pescatore Santiago avrebbe ritrovato il “suo” marlin tra la decina di referenze ittiche offerte da Bernardini, insieme a tonno e pesce spada (i due prodotti di punta, disponibili anche come preaffettati), salmone norvegese e dell’Alaska, storione bianco, butterfish, cernia, baccalà. «Un pesce molto difficile da lavorare, delicato, per il quale occorre dosare attentamente l’affumicatura pena la perdita delle sue caratteristiche distintive» mi dice Mauro. Completano la linea il carpaccio di polpo, le bottarghe di tonno e muggine e i ragù, di pesce spada e l’amatriciana di mare. Si poteva forse finire con qualcosa di più appetitoso? Gaia Borghi
Tanto fumo, tantissimo arrosto Bernardini nasce come salumificio specializzato nella trasformazione delle carni. E, mai come in questo caso, il plurale è necessario. Sì perché la varietà presente sul catalogo aziendale è davvero impressionante. Se il papà di Mauro e Marco, Gastone, iniziò con un laboratorio dove il “classico” cinghiale — almeno per le tradizioni regionali toscane — andava per la maggiore, oggi da Bernardini si lavora anche il cervo, passando per daino, capriolo, capra, agnello e cavallo. Black Angus e Chianina
Bernardini Gastone Srl Via Lavoria 81 56040 Cenaia Crespina (PI) Telefono: 050 644100 E-mail: info@bernardinigastone.it Web: www.bernardinigastone.it
Il marlin è una delle referenze ittiche affumicate proposte da Bernardini. ne. Una trentina di dipendenti per questa realtà che rappresenta un punto di riferimento nel foodservice nazionale — vantando clienti qualificati per i quali l’azienda lavora sia a proprio marchio che con private label — e il progetto di crescere ancora, ampliandosi ulteriormente nel più breve tempo possibile. «La nostra è una struttura snella e flessibile» sottolinea Mauro. «Lavoriamo contando su una lunga esperienza che ci consente di essere attenti e molto disponibili nell’andare incontro alle eventuali richieste dei nostri partner commerciali». Il segreto del successo di Mauro Bernardini & Co.? L’utilizzo per tutte le due linee di prodotto (Carne e Pesce) di materie prime selezionate, personale qualificato, moderne attrezzature e un saper fare artigiano
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INFO ALLE IMPRESE
Contributi a fondo perduto
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Regione Lazio Finanziamenti a fondo perduto del 50% settore ittico Fondo Europeo Affari Marittimi e Pesca (FEAMP) 2014-2020 Bando Misura 2.48 “Investimenti produttivi destinati all’acquacoltura” È operativo il bando per richiedere un contributo a fondo perduto del 50% per gli investimenti già realizzati dal 1º gennaio 2015 e da realizzarsi entro fine 2018 per: 1. costruzione/ampliamento o miglioramento degli impianti di acquacoltura e maricoltura per la riproduzione di pesci, crostacei e molluschi o altri organismi marini di interesse commerciale; 2. acquisto di barche di 5ª categoria al servizio degli allevamenti; 3. acquisto di attrezzature o macchinari per impianti di acquacoltura; 4. acquisto di impianti frigoriferi o produttori di ghiaccio o coibentazione sui mezzi di trasporto; 5. investimenti per l’attrezzatura della vendita al dettaglio nella sede produttiva; 6. spese per il miglioramento delle condizioni d’igiene e sanitarie e dei sistemi di produzione con l’acquisto di attrezzature volte a proteggere gli allevamenti dai predatori; 7. programmi informatici “hardware e software” dedicati ai processi produttivi; 8. investimenti per la diversificazione del reddito legato alla pesca sportiva; 9. spese generali tecnici/collaboratori, ecc… Regione Sardegna Finanziamenti a fondo perduto del 50% settore ittico Bando misura 2.48 investimenti produttivi destinati all’acquacoltura È operativo fino all’8 settembre 2017 il bando per richiedere un contri-
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buto a fondo perduto del 50% per gli investimenti realizzati dal primo gennaio 2014 e da realizzarsi entro fine 2018 per: 1. costruzione/ampliamento o miglioramento degli impianti di acquacoltura e maricoltura per la riproduzione di pesci, crostacei e molluschi o altri organismi marini di interesse commerciale; 2. acquisto di barche di 5ª categoria al servizio degli allevamenti; 3. acquisto di attrezzature o macchinari per impianti di acquacoltura; 4. investimenti per l’attrezzatura della vendita al dettaglio nella sede produttiva; 5. spese per il miglioramento delle condizioni d’igiene e sanitarie e dei sistemi di produzione con l’acquisto di attrezzature volte a proteggere gli allevamenti dai predatori; 6. programmi informatici hardware e software dedicati ai processi produttivi; 7. investimenti per la diversificazione del reddito legato alla pesca sportiva; 8. spese generali tecnici/collaboratori, ecc… Regione Sardegna Finanziamenti a fondo perduto del 50% settore ittico Fondo Europeo Affari Marittimi e Pesca (FEAMP) 2014-2020 Bando misura 5.69 trasformazione e commercializzazione prodotti ittici È operativo fino all’8 settembre 2017 il bando per richiedere un contributo a fondo perduto del 50% per gli investimenti realizzati dal primo gennaio 2014 e da realizzarsi entro fine 2018 per: 1. costruzione e ristrutturazione di fabbricati legati al progetto; 2. acquisto di terreni e fabbricati legati all’iniziativa per un costo del 10% dell’investimento; 3. acquisto di impianti e macchinari di lavorazione, confezionamento, refrigerazione, ecc…; 4. investimenti diretti al migliora-
mento dell’efficienza energetica ed ambientale, all’utilizzo di fonti di energia rinnovabile prodotta e reimpiegata in azienda; 5. spese per il miglioramento delle condizioni d’igiene e sanitarie e dei sistemi di produzione; 6. acquisto di hardware e software dedicati ai processi produttivi; 7. spese generali, spese tecniche, spese di progettazione, ecc… Regione Emilia Romagna Finanziamenti a fondo perduto del 50% settore ittico Fondo Europeo Affari Marittimi e Pesca (FEAMP) 2014 - 2020 Bando misura 5.69 – Trasformazione e commercializzazione prodotti ittici È operativo fino al 26 settembre 2017 il bando per richiedere un contributo a fondo perduto del 50% per gli investimenti realizzati dal 26/11/2015 e da realizzarsi entro il 20 agosto 2018 per: 1. costruzione e ristrutturazione di fabbricati legati al progetto; 2. acquisto di terreni e fabbricati legati all’iniziativa per un costo non superiore al 10% dell’investimento; 3. acquisto di impianti e macchinari di lavorazione, confezionamento, refrigerazione, ecc…; 4. investimenti diretti al miglioramento dell’efficienza energetica ed ambientale, all’utilizzo di fonti di energia rinnovabile prodotta e reimpiegata in azienda; 5. spese per il miglioramento delle condizioni d’igiene e sanitarie e dei sistemi di produzione; 6. acquisto di hardware e software dedicati ai processi produttivi; 7. spese generali, spese tecniche, spese di progettazione, ecc…
Per informazioni FABO S.I. Srl Telefono: 0545 84488 Fax: 0545 84555 E-mail: info@fabosi.it Web: www.fabosi.it
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INTERVISTE
Progetto Tomatofish, nuova sinergia tra acquacoltura e agricoltura
Unire pomodori e tilapia e far del bene al pianeta Un progetto innovativo per il futuro della produzione sostenibile L’istituto Leibniz per l’ecologia delle acque e la pesca nelle acque interne1 ha sviluppato un metodo innovativo per la produzione di tilapia e pomodori, che permette di risparmiare risorse ed è pressoché esente da emissioni. Il prof. WERNER KLOAS, coordinatore del progetto, ci racconta come funziona Tomatofish, da dove è nata l’idea e cosa potrebbe significare per la sostenibilità delle aziende agricole, rurali e urbane, del futuro.
Da dove è nata l’idea del progetto Tomatofish? «Nel 2007 erano molti i biologi e gli studiosi della pesca che lavoravano presso l’istituto. Un giorno ci siamo messi a parlare di acquacoltura sostenibile in Germania e in Europa. Uno dei miei ex assistenti disse che circa 20 anni prima, nell’ex Germania dell’Est, aveva lavorato a sistemi di acquaponica con carpe e cetrioli: l’approccio che collegava i due sistemi era nuovo, uno per il pesce e l’altro per la coltivazione idroponica delle piante, mediante una valvola unidirezionale che
trasferiva l’acqua delle carpe ai cetrioli coltivati in idroponia. Quella fu la prima volta che sentii parlare di doppio ricircolo con il metodo acquaponico. L’acquaponica di solito consiste di un singolo sistema di ricircolo che trasferisce l’acqua dal pesce alle piante e poi nuovamente al pesce, e questo normalmente comporta degli svantaggi: per esempio, il pesce e le piante necessitano di pH diversi e i livelli di nitrati in un singolo sistema di ricircolo sono talmente bassi che non si riesce a coltivare nient’altro che insalate ed erbe.
Werner Kloas, coordinatore di Tomatofish. Il progetto, sviluppato dall’istituto Leibniz, riguarda un sistema di produzione di tilapia e pomodori che permette di risparmiare risorse ed è pressoché esente da emissioni (photo © osservatorioagr.eu).
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La tilapia o, meglio, le tilapie sono pesci ciclidi di origine prevalentemente africana che, grazie alle loro caratteristiche, sono stati ampiamente diffusi nelle acque dolci tropicali e sub tropicali di quasi ogni continente (photo © Leibniz-Institute of Freshwater Ecology). Il vantaggio di un doppio sistema di ricircolo consiste nella possibilità di gestire entrambe le parti separatamente per ottenere il massimo della produttività. Quel giorno fummo così incuriositi dalle implicazioni e dai benefici, essendo l’acqua una risorsa incredibilmente preziosa, che continuammo a parlarne per le tre ore successive». Perché la tilapia e perché i pomodori? «Volevamo un pesce dalla crescita veloce, più popolare della carpa, così abbiamo optato per la tilapia, il sesto pesce più prodotto al mondo. Abbiamo scelto i pomodori perché rappresentano una sfida più interessante
rispetto ai cetrioli, in quanto hanno bisogno di più nutrienti. Se il sistema funziona con i pomodori, allora funzionerà con l’insalata, le verdure, le erbe e altri tipi di piante da colture idroponiche. Qualche mese dopo abbiamo presentato una richiesta di sovvenzione per Tomatofish e ottenuto il finanziamento2». Ritiene che Tomatofish sia adatto alle aziende su larga scala o anche alle piccole comunità? «Il sistema può funzionare nelle famiglie, con unità dai costi inferiori a 1.000 euro, che in impianti di grandi dimensioni. Le dimensioni dell’impianto di produzione sostenibile più piccolo sarebbero di circa
Idroponica: è il processo di coltivazione di piante nella sabbia, ghiaia o liquidi, con l’aggiunta di nutrienti ma senza terreno. Acquaponica: è un sistema di acquacoltura in cui i rifiuti prodotti dagli allevamenti ittici o da altre creature acquatiche forniscono i nutrienti per la crescita idroponica delle piante, che a loro volta purificano l’acqua.
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5.000 m2 e diversi impianti di questo tipo, collegati assieme in un’unica grande serra, costituirebbero un sistema commercialmente fattibile. Esistono già molte serre, ad esempio nei Paesi Bassi, e basterebbe aggiungere l’acquacoltura. Tomatofish è particolarmente indicato per i paesi in via di sviluppo con carenze idriche, ma anche per una produzione alimentare su larga scala più sostenibile». (Fonte: Affari Marittimi e Pesca in Europa) Note 1. Forschungsverbund Berlin e.V. – Leibniz-Institut für Gewässerökologie und Binnenfischerei, Germania, IGB. 2. Il progetto è finanziato dal settimo programma quadro della UE per la ricerca, lo sviluppo tecnologico e le attività di dimostrazione. Il coordinatore è l’IGB e il consorzio INAPRO – Innovative aquaponics for professional applications.
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We love sushi, real sushi A Milano abbiamo seguito l‘esibizione del maestro Masahiro Kawaguchi, che ci ha svelato le tecniche e qualche segreto del sushi di Gaia Borghi
Sushi di qua, sushi di là, sushi di su, sushi di giù… Tutti lo cercano, tutti lo vogliono, tutti lo mangiano: ebbene sì, il sushi ha conquistato il Belpaese. Basta fare un giro per una qualsiasi città italiana di medie dimensioni per averne la più assoluta e totale conferma. Tra i più giovani,
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poi, oltre la moda del momento, “almeno un sushi a settimana” sembra essere diventata una regola di vita. Ma… siamo davvero sicuri di sapere cosa sia esattamente questa tipica e antica preparazione giapponese a base di pesce crudo e riso? Complice l’eccezionale presenza a Milano del
maestro di sushi MASAHIRO KAWAGUCHI, arrivato direttamente da Osaka, abbiamo avuto l’opportunità di approfondire la questione, facendogli qualche domanda specifica in merito. Ospite della Galdus Academy, in un evento organizzato in collaborazione con il centro culturale Tozai
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(tozai.it), che a Milano promuove lo scambio culturale tra l’Italia e il Giappone, il maestro Kawaguchi è campione mondiale di NTV, uno dei più importanti canali televisivi privati del Giappone. A nominarlo campione del mondo tra i quattro migliori chef internazionali di sushi
è stata una giuria di esperti scelta dall’emittente giapponese. Le sue specialità? La velocità nel taglio e nella preparazione, in particolare nello spettacolare taglio del cetriolo sull’acqua e in quello decorativo della rapa bianca, oltre che nella composizione del sushi.
Maestro Kawaguchi, ci può raccontare brevemente l’origine del sushi? Come e quando è nato esattamente in Giappone? «In Giappone, quando arrivò la coltivazione del riso, esisteva già una sorta di sushi che si chiamava Narezushi ed era molto diverso
Presso la Galdus Academy di via Pompeo Leoni, 2 a Milano, il maestro giapponese Masahiro Kawaguchi, in visita per la prima volta a Milano, lo scorso maggio ha dato dimostrazioni delle sue tecniche di taglio e di composizione del sushi. Ad accompagnare lo show le musiche tradizionali giapponesi eseguite dal vivo da Alberto Bramani, al violino, e da Yuriko Mikami, al violoncello. Ad “aprire” l’evento, un aperitivo-sushi preparato dagli allievi della scuola professionale Galdus. «Galdus Academy da anni forma professionisti del food & beverage seguendo le nuove tendenze e le richieste del mercato del lavoro. Offriamo percorsi di aggiornamento, implementazione delle competenze e aiutiamo le persone a restare competitive per un inserimento lavorativo efficace» ci ha raccontato il direttore Stefano Bertolina. «Ci auguriamo che l’esibizione dello chef Kawaguchi abbia permesso ad appassionati e professionisti di incontrare un maestro, avvicinandosi alla cucina e alla cultura giapponesi nel modo più autentico possibile. Lo stesso spirito con cui da anni proponiamo corsi di cucina, pasticceria, pizzeria, barman e sala sia ad un pubblico adulto sia a ragazzi impegnati in corsi triennali di qualifica. Stiamo inoltre studiando una proposta altamente qualificante in partnership con importanti scuole giapponesi». Galdus Academy offre ad adulti e aziende percorsi di specializzazione e aggiornamento nei settori food & beverage, digital & graphic, security e risk management, care giving, amministrazione di impresa. Lo staff organizza corsi di aggiornamento e formazione brevi e modulari, in aula e a distanza, per il personale, per gli apprendisti, per i collaboratori di imprese di qualsiasi dimensione. >> Link: www.galdus.it
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Il maestro Masahiro Kawaguchi, campione mondiale di sushi, ad Osaka. dal sushi che conosciamo oggi, che invece si chiama Edomae (noto anche come Nigiri-zushi; tradotto significa pesce su polpettine di riso). Successivamente, nel periodo Genroku (1688-1704), è nato un tipo di sushi denominato Haya-zushi (sushi veloce). Subito dopo è arrivato il Tekka-maki, il cui nome deriva dal casinò giapponese Tekka-ba: si tratta infatti di un involtino con l’alga all’esterno, farcito con solo tonno, veloce da mangiare durante il gioco d’azzardo, proprio come se fosse un sandwich». Il sushi è conosciuto in tutto il Giappone o ci sono zone dove è particolarmente radicato e apprezzato? «Esistono tanti tipi di sushi diffusi in tutto il Giappone. Per esempio l’Edo-mae-zushi. Mae significa davanti a..., pescato a..., coltivato a..., prodotto a…, in questo caso a Edo, l’antico nome della città di Tokyo. Una volta venivano usati il pesce pescato e le alghe raccolte nel quartiere di Tokyo Asakusa (Asakusa-nori), nel golfo di Edo/Tokyo, e anche il riso della stessa zona. Poi si sono sviluppati diversi tipi di Barazushi (sushi sparso), differenti per
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ogni regione. Il Chirashi, ad esempio, consiste in diversi tipi di pesce serviti in una ciotola sopra a del riso: questo è un tipo di sushi che si è evoluto nel tempo. C’è poi quello in cui si mette solo il pesce crudo e si chiama Nama-chirashi. Ci sono infine sushi particolari a seconda delle zone del Paese: il Maki-zushi (tra i più noti citiamo Maki, Futomaki, Hosomaki, Temaki, Uramaki, ecc…), il Sasazushi, coperto con le foglie di bambù, e il Kaki-no-ha-zushi, con le foglie di caco, e tanto altro ancora. Un tipo di sushi molto apprezzato è il Nigiri-zuzhi, ossia vari pezzi di pesce su polpettine di riso». Come si diventa sushi chef? Ci sono delle scuole specializzate? «In Giappone si usa dare la possibilità ai cuochi di iniziare a lavorare direttamente nei ristoranti: in questo caso è il maestro di sushi del ristorante stesso a garantirne la qualità attraverso l’utilizzo del proprio nome (Noren wake). Esiste anche la possibilità di entrare a far parte di associazioni specializzate che collocano il cuoco nei locali dove c’è più bisogno. C’è poi la figura del Nagare-shokunin, che
va autonomamente a lavorare nel ristorante che desidera. Oggi sono nate anche vere e proprie scuole di formazione. Bisogna scegliere in base a cosa si ritiene migliore per se stessi, insomma, in base alle proprie esigenze e capacità». Essendo a base di pesce crudo la freschezza della materia prima è un elemento imprescindibile nella preparazione del sushi. Occorre avere accortezze particolari nel trattare il pesce prima e durante? «In Giappone il pesce che acquistano i consumatori è molto diverso dalla materia prima “di lusso” che compriamo noi chef. È essenziale, infatti, che il pesce sia pescato con una canna da pesca cioè senza che l’animale venga ferito, per non danneggiarlo. Il sangue del pesce ferito diventa scuro e sarebbe difficile per non dire impossibile usarlo crudo». Quali sono, se ci sono, le specie privilegiate che si utilizzano nel sushi? «In Giappone c’è una “specie ittica migliore” per ogni stagione! Dall’inverno alla fine della primavera sono preferibili il dentice,
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Guardiamo al futuro dei nostri mari
Tutto il nostro pesce arriva dal mare ai mercati fresco e UKEWTQ RGTEJ¡ FKURQPKCOQ FK GHØEKGPVK UKUVGOK FK EQPVTQNNQ e di un rapido servizio di consegna. Dal pescato alla vendita, la nostra tracciabilità è sempre garantita. Ed oggi introduciamo il concetto di acquacultura intelligente anche EQP EGTVKØEC\KQPG &KQ 4GTEJ¡ PQK CDDKCOQ C EWQTG KN XQUVTQ benessere e la salute dei nostri mari.
Finpesca srl via delle Industrie, 7 - 45014 Porto Viro (RO) - Italy T +39 0426 360911 - F +39 0426 321661 - www.finpesca.it - info@finpesca.it
È essenziale che il pesce scelto per la preparazione del sushi sia pescato a canna, cioè senza che l’animale venga ferito. Il sangue del pesce ferito infatti diventa scuro e sarebbe difficile, se non impossibile, usarlo per piatti in cui lo si mangia crudo
Per il sushi la carne del pesce non deve essere danneggiata durante la cattura. vari tipi di gamberetti (sakura-ebi, ama-ebi, botan-ebi) e l’ezobafun-uni (riccio di mare). In primavera-estate si prediligono grongo, pesce pietra, ricciola, aguglia, pesce sciabola, l’orecchia di mare, le lumache di mare, il gamberetto kuruma-ebi. In estate-autunno il giovane tonno, la ricciola, il sauro, il salmone, il luccio, mentre d’inverno (autunno-inverno) sgombro, kue (un tipo di cernia), capesante, aragosta, le vongole hamaguri e la ricciola. Tra tutte le specie di tonno, invece, la numero uno è l’hon–maguro». Sappiamo quanto sia importante la strumentazione in cucina, i coltelli in particolare, soprattutto nel sushi. Ci può dire qualcosa a riguardo? «Coltelli e taglieri sono indispensabili. Io, di entrambi, ne uso diversi: per la preparazione, per il taglio, per terminare la composizione del sushi davanti ai clienti e poi ne ho sempre qualcuno di scorta. I coltelli si chiamano oo-deba, chu-deba e ko-deba. Sono differenti a seconda dei piatti o della preparazione: c’è un coltello per il sashimi, uno per la verdura, per l’anguilla, per il tonno e uno per la decorazione».
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Lei possiede alcune tecniche segrete di taglio. Ce ne può dire qualcuna? «Uso tante tecniche differenti. Una di queste consiste in un taglio verticale in un sol colpo. Di solito ne do dimostrazione effettuando il taglio di un cetriolo che galleggia sull’acqua dentro ad una bacinella. Assomiglia al taglio di una spada, come nell’arte marziale giapponese iai-do. Avrei ancora altro da raccontare, ma lo riservo per la prossima intervista…». Quanto è importante la presentazione e quindi l’estetica del piatto? C’è un cerimoniale che precede o al termine della preparazione? «In cucina ci vuole bellezza e per un bel sushi è necessaria l’esperienza: è da questo che si capisce il livello di uno chef di sushi. Nel cerimoniale per la preparazione, fondamentale è l’eliminazione del sangue e la stimolazione del nervo della spina dorsale del pesce. Se il pesce emette cattivo odore è a causa del sangue. Se questo viene eliminato il sapore diventa più “limpido”. La “stimolazione del nervo” si ottiene infilando un lungo ago nel midollo spinale. In questo modo si fa anticipare la fase
di rigidità cadaverica, migliorando la consistenza del pesce». In Italia è scoppiata una vera e propria sushimania, che coinvolge anche locali non sempre di alto livello qualitativo. In Giappone come viene considerato il sushi? Un pasto quotidiano o un’eccezione, cioè un tipo di pasto legato a un’occasione speciale? «Il sushi non è un pasto quotidiano ma è un piatto che si consuma in occasioni speciali. In Giappone ci sono tanti tipi di sushi a seconda della regione e ogni tipo ne rappresenta la relativa cultura. Al supermercato si vendono “pacchetti” di sushi per la pausa pranzo, si trovano facilmente negozi di take away o ci sono servizi di consegna a domicilio; poi ci sono i sushi-bar baite per le famiglie. Insomma, si ha la possibilità di scegliere a seconda dell’occasione. Per quanto riguarda i locali di lusso, invece, sono loro a scegliere i clienti». Gaia Borghi Nota Nelle pagine 62 e 63, l’esibizione del maestro Kawaguchi a Milano presso la Galdus Academy.
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SPECIE ITTICHE
Non chiamatelo cozza o mitilo, è il mosciolo selvatico di Portonovo! di Alessandro Lucchetti
Il nome scientifico è Mytilus galloprovincialis, il nome italiano della specie è cozza o mitilo, ma non ditelo agli anconetani. Per loro esiste solo il mosciolo, che cresce spontaneamente sugli scogli del promontorio del Conero. In alcune regioni italiane il mitilo è conosciuto come muscolo e in molte lingue europee le parole utilizzate per indicare i mitili hanno la stessa radice di “muscoli”: muscheln in tedesco, mussels in inglese, moules in francese, musclos in catalano, mosselen in olandese, muslinger in
danese, musslor in svedese. Quindi la versione dialettale anconetana (mosciolo, per l’appunto), rispetto al nome italiano dato alla specie (cozza o mitilo) ha di sicuro un respiro più internazionale. Il mitilo è forse il mollusco più conosciuto in Italia perché facilmente reperibile su tutti i mercati e ampiamente distribuito in tutte le zone caratterizzate dalla presenza di substrati duri. È un bivalve sessile che vive attaccato a substrati duri mediante il bisso, che è un secreto
filamentoso a base di cheratina che coagula a contatto con l’acqua ed è prodotto a più riprese nel corso della vita dalla ghiandola del bisso, situata in prossimità del piede. In mari ricchi di seston (particellato in sospensione) come l’Adriatico centro-settentrionale, i mitili riescono ad attecchire facilmente a qualsiasi substrato duro. I mitili sono efficientissimi filtratori (si nutrono di plancton e particelle organiche in sospensione) e hanno sviluppato allo scopo un complesso apparato.
Figura 1 – Esemplari di moscioli (Mytilus galloprovincialis) su banchi naturali del Conero.
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MMenùù o u t nel e m r l i a il m
Figura 2 – Panoramica dello scoglio del Trave e della Baia di Portonovo. La branchia, da semplice organo per la respirazione, si è trasformata in una struttura particolare, dotata di lamelle cigliate (da cui deriva il nome di lamellibranchi con cui vengono identificati i bivalvi), con la funzione di filtrare l’acqua e trattenere le particelle alimentari. Il metabolismo di M. galloprovincialis è molto attivo e infatti ogni esemplare riesce a filtrare oltre 100 litri d’acqua al giorno. Queste caratteristiche ecologiche e ambientali hanno favorito la grande espansione in centro-nord Adriatico di impianti
di maricoltura sospesa. Questo tipo di allevamento viene considerato di tipo estensivo, poiché il mollusco non viene nutrito con mangimi, ma trae il cibo direttamente dall’ambiente in cui vive e l’intervento dell’allevatore è mirato esclusivamente a creare le migliori condizioni perché l’animale si sviluppi nel più breve tempo possibile. Ma il mosciolo, e in particolare quello che cresce nella Baia di Portonovo, è qualcosa di diverso. Mentre la quasi totalità dei mitili in commercio in Italia proviene da al-
Mentre la quasi totalità dei mitili in commercio in Italia proviene da allevamento, il mosciolo di Portonovo attecchisce e cresce spontaneamente sulle rocce sommerse di questo tratto di costa medio-adriatica, lungo circa 18 chilometri. Qualcosa di unico
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levamento, il mosciolo di Portonovo attecchisce e cresce spontaneamente sulle rocce sommerse di questo tratto di costa medio-adriatica, lungo circa 18 km (Figura 1). Lo scoglio del Trave (Figura 2), largo non più di 5 m, si estende a pelo d’acqua per almeno un chilometro a nord di Mezzavalle; dalla forma sorprendentemente rettilinea, tanto da sembrare artificiale, il Trave limita a nord la baia stessa e storicamente ha sempre rappresentato il principale sito di prelievo. Infatti, oltre ad essere un polmone continuo di larve di mitilo, rappresenta una sorta di sbarramento naturale che, deviando le correnti dominanti, è in grado di reimmettere le larve di mitilo all’interno della Baia, creando un habitat del tutto peculiare e ideale per l’attecchimento del mitilo in quest’area. Fino al secondo dopoguerra la pesca, effettuata con l’ausilio di barche a remi, rappresentava un’integrazione al reddito per i lavoratori del porto di Ancona e per i contadini
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Figura 3 – Fasi di prelievo di moscioli da substrato roccioso. delle frazioni sovrastanti (Poggio, Varano, Massignano, Pietralacroce, Sirolo), tanto che uno dei primi attrezzi per il prelievo dei moscioli è rappresentato dal classico forcone usato per il fieno. Negli anni ‘50-60, le prime trattorie sorte a Portonovo cucinavano prevalentemente prodotti della terra, ma pian piano cominciarono a offrire ai propri clienti anche moscioli e da quel momento la pesca di questi molluschi subì un netto incremento. Al suo apice la pesca dei moscioli poteva contare in tutta l’area (da Ancona a Numana) su circa 80 imbarcazioni, 20 delle quali operanti nell’area di Portonovo. Molti si dedicavano alla pesca del mosciolo come secondo lavoro. Ma lo sforzo di pesca era così elevato da mettere a rischio la conservazione stessa della specie nell’area. Inoltre la raccolta dei moscioli era molto dura e presupponeva l’impiego di barche e il supporto di subacquei. Pertanto, le difficoltà connesse alle pratiche di
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pesca, unite alla crescente concorrenza del prodotto di allevamento, hanno fatto sì che, intorno agli ‘70, la pesca dei moscioli in quest’area entrasse in una fase di profonda crisi. Il ritorno economico non particolarmente remunerativo, la difficoltà di ricambio generazionale nella ormai sparuta schiera di pescatori della zona, facevano concretamente temere l’estinzione di questo tipo di pesca. Invece, la tenacia dell’intera comunità di Portonovo, fatta di pescatori, di operatori della ristorazione e di commercianti, ha dato nuova linfa al settore. Nel 1976 nacque la Cooperativa fra Pescatori di Portonovo e successivamente la Portonovo Pesca Srl, una delle prime a partecipazione popolare dell’area anconetana, composta da 32 soci che, con passione e lungimiranza, sono riusciti a mantenere viva un’attività di pesca vecchia di quasi un secolo e a valorizzare un prodotto di elevatissima qualità, tanto che ora questa piccola realtà
e il mosciolo di Portonovo sono un fiore all’occhiello per la gastronomia marchigiana. L’attività di pesca per prelevare il mosciolo dall’ambiente naturale è quanto di più selettivo e di basso impatto si possa pensare. La pesca viene infatti praticata da subacquei professionali che, a 5-10 metri di profondità, prelevano manualmente i moscioli dagli scogli del Conero con il solo ausilio di rampini di ferro, evitando di staccare gli esemplari più piccoli (Figura 3). Una piccola quantità di prodotto viene inoltre prelevata in un’area caratterizzata dalla presenza di moduli sommersi ai fini di ripopolamento, realizzata in collaborazione con il CNR-ISMAR di Ancona, che da oltre 30 anni conduce attività di ricerca in quest’area. L’attività di pesca, condotta da aprile fino a ottobre per un totale di circa 80 giornate di pesca, inizia all’alba e si protrae per 4-5 ore fino a che il quantitativo prelevato (in genere 4-6 quintali) soddisfa le richieste di
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Il mosciolo selvatico ha un legame particolarmente sentito con gli anconetani, tanto da diventare protagonista di una sorta di inno, “c’avemo i moscioli e ce piace el vì”, cantato dai tifosi allo stadio
Figura 4 – Massimo e Paolo, subacquei della cooperativa, di ritorno dalla pesca. mercato. MASSIMO e PAOLO, che ogni giorno portano a termine un lavoro massacrante, sono probabilmente gli ultimi pescatori subacquei di mitili in Italia (Figura 4). Con un gioco di parole verrebbe da dire che sono gli ultimi dei “cozzari neri”, per via delle mute subacquee, ma ovviamente i due si offenderebbero. Al momento sono 5 le imbarcazioni da pesca attive nella raccolta di moscioli in tutta l’area. Uno sforzo di pesca ragionevole, che consente di gestire la risorsa in maniera razionale. La Cooperativa Portonovo Pesca effettua quindi una pesca stagionale e limitata nei quantitativi per assicurare l’attecchimento e la
riproduzione naturali della specie e salvaguardare così la sopravvivenza dei moscioli in quest’area. Il prodotto, proveniente da acque di categoria A, non necessita di stabulazione e, una volta portato a terra, viene immediatamente lavorato sotto stretto controllo sanitario nel piccolo ma funzionale impianto della Cooperativa e spedito alla vendita entro una-due ore dalla cattura (Figura 5). Il marchio, l’indicazione della data e del luogo di pesca, la vendita in sacchetti sigillati assicurano il rispetto rigoroso della filiera dal momento della pesca a quello della vendita al consumatore. La Cooperativa ha
Mosciolando è la festa dedicata al mosciolo di Portonovo, quest’anno arrivata alla 12a edizione. Durante la manifestazione si svolgono convegni e laboratori del gusto e i ristoranti della Baia di Portonovo che aderiscono all’iniziativa propongono un menu degustazione a base di moscioli e prodotti del territorio ad un prezzo speciale.
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quindi lavorato molto sull’intera filiera del mosciolo selvatico di Portonovo, in modo da garantire sia la provenienza dei molluschi dalle zone di pesca previste che la tracciabilità del prodotto lungo tutta la catena distributiva. Il consumo di moscioli, pescati anche in maniera amatoriale da pescatori sportivi in apnea, rappresenta una tradizione profondamente radicata nel territorio anconetano. Si potrebbe dire che, come il mosciolo si attacca alle rocce con il bisso, così gli anconetani sono attaccati al mosciolo. Il mosciolo “selvatico” ha insediamento peculiare nella costa alle pendici del Monte Conero e il legame con gli anconetani è particolarmente sentito, tanto da diventare protagonista di una sorta di inno: “c’avemo i moscioli e ce piace el vì”, cantano i tifosi allo stadio. Il prodotto catturato è di qualità elevata; il profumo e il gusto conferiti ai moscioli dall’ambiente in cui crescono sono unici e inconfondibili con un prodotto di allevamento, tanto che nel 2004 il prodotto ha ottenuto il riconoscimento di presidio Slow Food del Mosciolo selvatico di Portonovo. Il riconoscimento si è basato sulla qualità organolettica del prodotto, sullo stato di conservazione del mollusco selvatico, pescato in maniera sostenibile, ma anche sul sostentamento economico che questa attività ha garantito alla comunità
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I.WAI Food S.r.l. Sede Legale: Viale Umbria 126, 20135 Milano â&#x20AC;&#x201C; Sede Operativa: Viale Addetta 14, 20067 Tribiano, Milano Tel: +39 02 9811 9269 â&#x20AC;&#x201C; Fax: +39 02 9823 7110 amministrazione@iwaifood.com â&#x20AC;&#x201C; commerciale@iwaifood.com www.iwaifood.com
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Frutto vivo della Terra
Figura 5 – Impianto di lavaggio e insacchettamento della Cooperativa Portonovo Pesca.
Nel 1976 la nascita della Cooperativa fra Pescatori di Portonovo, poi la Portonovo Pesca Srl, una delle prime a partecipazione popolare dell’anconetano, composta da 32 soci che, con passione e lungimiranza, sono riusciti a mantenere viva un’attività di pesca centenaria valorizzando un prodotto di elevatissima qualità
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che ancora oggi si dedica alla sua pesca e commercializzazione. Ma il Presidio Slow Food è stato assegnato anche per il carattere fortemente rappresentativo del mosciolo per l’intera comunità anconetana. Ormai da diversi anni, a fine giugno, il mosciolo viene celebrato in una manifestazione di grande successo, Mosciolando (Figura 6). Si tratta quindi di un prodotto tipico in cui tradizione, storia, cultura, natura e gusto si intrecciano stabilendo un profondo legame con il territorio. In conclusione, nelle Marche e in particolare a Portonovo, si sta realizzando un piccolo miracolo commerciale e gestionale, con la valorizzazione dell’attività svolta dalla piccola pesca costiera da un lato e la gestione sostenibile della risorsa dall’altro. La sfida futura sarà quella di far fronte alle emergenze ambientali che minacciano la conservazione e la commercializzazione del prodotto: surriscaldamento delle acque, fioriture algali e riduzione dei nutrienti (oligotrofia) con conseguente diminuzione
della produttività sono argomenti che destano preoccupazione e che potrebbero essere alla base della riduzione dei quantitativi pescati negli ultimi anni. Aiutare le attività sostenibili di pesca su piccola scala è uno dei principali obiettivi rinnovati dalla Commissione europea anche nel 2017, con la Dichiarazione MedFish4Ever di Malta. Va da sé che ai proclami debbano poi seguire i fatti, e i fatti dicono che realtà virtuose come quella creata a Portonovo andrebbero sostenute e incentivate per garantire un ricambio generazionale e creare basi solide per uno sviluppo futuro; basi solide fatte di strumentazioni innovative, ma anche di procedure burocratiche semplificate che possano accompagnare realtà come quella di Portonovo in un processo di crescita con la realizzazione di strutture operative più ampie e funzionali, con incentivi allo sviluppo di attività satellite come il pescaturismo e attività alternative come l’ostricoltura. Alessandro Lucchetti
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Le attitudini della carpa di Luca del Grammastro
La carpa (Cyprinus carpio), della famiglia dei Ciprinidi (Cyprinidae), è una delle specie più importanti per la pescicoltura d’acqua dolce, anche se negli ultimi decenni è diminuito notevolmente l’uso alimentare di questo pesce, un tempo molto sfruttato come fonte di proteine dalle popolazioni rurali di pianura come ad esempio quelle della Pianura Padana. La diffusione della carpa in Italia risale ad epoca romana mentre, in Cina, la carpicoltura risale addirittura al V secolo a.C. È un pesce d’acqua dolce originario dell’Europa ma ormai diffusissimo nelle acque dolci praticamente di tutto il mondo, tranne nelle zone più fredde (Poli ed Asia settentrio-
nale). È stato introdotto come pesce commestibile grazie anche alla sua capacità di vivere senza problemi in acque povere di ossigeno e stagnanti. Può diventare davvero enorme se trova un habitat ideale: la lunghezza media si aggira infatti dai 30 ai 60 cm, con un peso medio di 0,5-4 kg, ma non è raro per la carpa comune raggiungere i 15-20 kg. La carpa è sprovvista di denti, al loro posto ha due placche ossee poste nella gola e chiamate “ossa faringee” che hanno il compito di frantumare il cibo dopo che è stato ingoiato (in pratica lo masticano mentre scende lungo la gola). Non possiede nemmeno stomaco per cui il cibo passa direttamente nell’inte-
stino, dal quale vengono estratte le sostanze nutritive. Una particolarità della carpa è la vescica natatoria (la sacca che nei pesci è ripiena di gas e serve per l’assetto e la spinta idrostatica) particolarmente grande. Su entrambi i lati delle labbra crescono due paia di filamenti di pelle chiamati barbigli che servono ad individuare e riconoscere il cibo nel fondo melmoso. È una specie polimorfa, in allevamento si hanno di solito individui col corpo proporzionatamente più breve e alto, ossia col dorso molto arcuato. Il dimorfismo sessuale è presente solo durante il periodo riproduttivo, quando i maschi si ricoprono di piccoli tubercoli nuziali sul capo e
La carne della carpa è tenera e grassa, particolarmente indicata per cotture al forno o sulla griglia (photo © chudo2307 – stock.adobe.com).
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La carpa è un pesce d’acqua dolce originario dell’Europa ma ormai diffusissimo nelle acque dolci praticamente di tutto il mondo tranne nelle zone più fredde che si adatta facilmente alle acque povere di ossigeno e stagnanti (photo © lexuss – stock.adobe.com). sulle pinne pettorali. I maschi hanno generalmente dimensioni minori rispetto alle femmine. Si tratta di una specie gregaria, soprattutto in età giovanile, che si muove solitamente in piccoli branchi. Via via che la carpa cresce, tende ad isolarsi e, da adulta, conduce vita solitaria. Il luogo abituale scelto da una carpa adulta sarà soltanto suo; altri pesci saranno fatti girare alla larga o allontanati con autorità. È un pesce molto timido e se si trova vicino alla superficie dell’acqua ed avverte dei rumori, scappa via rapidamente. Un motivo per il quale sale in superficie è dovuto al sole: infatti nei giorni caldi la carpa ama emergere per stare al sole. È tanto timida quanto curiosa e infatti deve sempre controllare ed analizzare ogni cosa che trova. Non è un pesce migratorio e tende a rimanere nella zona di nascita per tutta la vita. Secondo la stagione e il clima, la carpa si sposta dal suo abituale ricovero quel tanto che basta per raggiungere il cibo e, nei suoi brevi spostamenti, percorre sempre lo stesso tratto d’acqua. I luoghi ideali per la carpa sono i tratti d’acqua dolce calmi e con
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ricca vegetazione (indispensabile per la riproduzione). Preferisce i fondali profondi, melmosi, con vegetazione sommersa ed emergente in superficie o fondali cosparsi di detriti ingombranti, aventi tronchi d’alberi abbarbicati o depositati sul fondo. Si adatta facilmente ad acque con basso tenore di ossigeno, non ha necessità di grandi spazi e quindi la si troverà facilmente in piccoli laghetti o addirittura in pozze. Vive bene anche nelle acque paludose e nelle risaie, dove spesso viene allevata con ottimi risultati. L’habitat normale è sempre un ambiente silenzioso, possibilmente distante dai disturbi causati dalle abitazioni; preferisce trattenersi e fissare la sua dimora in luoghi non discosti dalla riva, specialmente quando questa è argillosa e scende a picco verso l’acqua, creando anfratti e buche più o meno profonde dove il ciprinide resta appartato per lunghi periodi e durante la stagione fredda. È una specie onnivora che ricerca il cibo sulla superficie e nella compagine dei sedimenti del fondo, più attivamente durante la notte, si alimenta filtrando sostanza organica e microrganismi acquatici.
La maturità sessuale è raggiunta a 2-4 anni d’età, i maschi solitamente maturano un anno prima delle femmine. La riproduzione avviene da metà maggio a tutto giugno e può protrarsi anche nel mese di luglio, a seconda delle località. Abbastanza rapidi sono sia lo sviluppo che la crescita; a tre anni di età una carpa è già atta alla riproduzione ed ha già acquistato rispettabili dimensioni, per quanto vi siano sempre tra soggetto e soggetto notevoli differenze dovute all’ambiente in cui il pesce va crescendo. Le piccole carpe, per tutto il primo anno di vita, servono da cibo a tutti i carnivori acquatici, ma quando la carpa è cresciuta non ha più nemici da temere; negli allevamenti di carpe in paludi o risaie, i nemici più temibili sono uccelli di specie particolari come gli aironi, le cicogne, le anatre, ecc… Questo pesce ha oggi un’importanza economica non trascurabile nell’Europa meridionale e orientale, ma viene largamente pescato anche in tutto il resto del mondo. Le carni della carpa sono variamente apprezzate, ma esso viene comunque allevato su larga scala. Piuttosto tenere e grasse, le carni dei soggetti appena pescati hanno solitamente sapore di fango; è possibile ovviare a tale inconveniente tenendo il pesce vivo per alcuni giorni in acque pulite o, da esanime, per alcune ore in acqua ed aceto. Viene messa in commercio viva, fresca, refrigerata, congelata (intera o in filetti), marinata, in conserva ed inscatolata. In generale si può affermare che la carpa normalmente venga vista come un pesce fastidioso e nocivo perché tende a peggiorare la qualità delle acque, sia perché la intorbidisce con il continuo fregare nei fondali alla ricerca di cibo (quindi riducendo la visibilità e la possibilità della luce di arrivare a maggiori profondità precludendo la vita vegetale), e vi immette i propri escrementi, sia perché, data la grande prolificità, esaurisce il fitoplancton. Dott. Luca del Grammastro Controllo Qualità e Sicurezza Alimentare
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Il calamaro gigante esiste, ecco dove Gli avvistamenti reali, presunti e immaginari del calamaro gigante (genere Architeuthis) hanno popolato libri e ispirato film. Le prime notizie sulla sua probabile esistenza risalgono alla “Storia degli animali” di Aristotele, mentre le ultime, nel 2015, arrivano dai pescatori del mar del Giappone. Un’indagine scientifica realizzata dall’ISTI-CNR di Pisa ha prodotto una mappa di avvistamenti e la prima time-line su questo gigantesco mollusco, ossia una rappresentazione cronologica della sua presenza nelle acque di tutto il mondo mediante l’utilizzo dei Big data, del Cloud computing (elaborazioni di archivi on-line) e delle Infrastrutture digitali (reti informatiche collaborative). La mappa è pubblicata sulla rivista Ecological Modelling (www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0304380015001222). «Il primo spiaggiamento certificato del cefalopode risale al 1639, ritrovato sulle rive della Norvegia dal naturalista Japetus Steenstrup. Le dimensioni del calamaro effettivamente corrispondono alle leggende che lo circondano, con una lunghezza che può arrivare fino ai 18 m», spiega il ricercatore Gianpaolo Coro. «Per produrre questa time-line abbiamo messo in correlazione la mole di dati già acquisiti sugli habitat con le rilevazioni reali e presunte. Si è valutata anche la distribuzione in relazione all’ambiente: mari molto ampi, elevate profondità (tra i 450 e i 1000 metri) e temperature molto basse (circa 1 °C) sono areali tipici degli Oceani Atlantico del Nord e Pacifico del Sud-Est». Un aspetto rilevante del lavoro sta nella possibilità di unire le informazioni raccolte negli archivi digitali e nelle tecniche di realizzazione di mappe interattive per osservare il comportamento delle specie animali, studiarne lo stato di salute, realizzare modelli ecologici e valutare come subiscano le mutazioni ambientali. «L’ISTI-CNR, in collaborazione con la FAO, ha creato delle mappe digitali per 406 specie marine allo scopo di monitorare i cambiamenti degli habitat da qui al 2050, legati alle anomalie climatiche in corso. Molte delle specie indagate, il 67% pesci, il 19% mammiferi, il restante coralli, rettili e molluschi, vedranno perdere gran parte del loro habitat a causa dei rialzi di temperatura dei mari», conclude Coro (fonte: www.stampa.cnr.it).
Quel mollusco che si muove come uno squalo Caccia come uno squalo… o come una patella! Secondo uno studio recentemente pubblicato sulla rivista ROYAL SOCIETY OPEN SCIENCE questi molluschi marini sarebbero infatti caratterizzati da uno schema di movimento simile a quello osservato in molti predatori marini, anche se ovviamente molto più lento. «Le patelle, piccole conchiglie di forma conica comunemente presenti sugli scogli, sono animali primitivi dall’origine filogenetica estremamente remota, che vivono coltivando giardini algali. I loro movimenti sono appena percettibili, ma allo sguardo del ricercatore appaiono sorprendenti» spiega Stefano Focardi, ricercatore ISC-CNR, che ha svolto la ricerca in collaborazione con il Dipartimento di biologia dell’Università di Firenze e con la Rothamsted Research (UK). «Ne abbiamo osservato il comportamento molto da vicino, mediante un sistema di puntamento fotografico che utilizza dei led posti sulla conchiglia, scoprendo che il loro movimento rivela una cornucopia di bizzarre caratteristiche matematiche, tra cui il caos e i frattali. Gli studiosi hanno infatti dimostrato che questo tipo di movimenti è descritto da funzioni matematiche chiamate Weierstrassian Lévy walks».I ricercatori hanno preso in esame la Patella vulgata nell’OceanoAtlantico e la Patella rustica nel Mediterraneo. «Col nostro studio abbiamo dimostrato che la strategia di movimento di entrambe le specie è, sorprendentemente, la stessa adottata dagli squali e da molti altri predatori, comprese certe tribù di cacciatori-raccoglitori umani già studiate in precedenza e che permette di ottimizzare la ricerca del cibo» conclude Focardi. «Analizzando le distribuzioni dei tempi fra consecutivi cambiamenti di direzione, abbiamo scoperto come il possibile meccanismo generativo di questa strategia di movimento dipenda dalla presenza di un generatore caotico, probabilmente al livello del sistema nervoso di questi piccoli animali» (fonte: www.stampa.cnr.it).
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MERCATI
Il mercato dei cefalopodi nel 2016 Pescato scarso e prezzi in rialzo per i calamari. Seppie e polpi stabili di Roberto Villa
Calamari: penuria di offerta e prezzi alle stelle. Giappone e Spagna aumentano l’import Secondo il rapporto GLOBEFISH FAO, il 2016 è stato un anno segnato in quasi tutte le aree produttive da un calo del pescato per i cefalopodi, in particolare per le varie specie di calamari che ne rappresentano la tipologia più importante. La costa pacifica dell’America meridionale è stata flagellata dal fenomeno climatico de El Niño, il quale ha portato ad una drastica riduzione del volume raccolto, con punte del 70% inferiori al 2015 in Perù. Ciò ha portato da un lato a minori esportazioni di prodotto congelato, dall’altro all’incremento
della quota di calamari destinati alla lavorazione da parte dell’industria locale (porzionatura, cottura) per recuperare con il maggiore valore aggiunto una quota utile a coprire gli scarsi volumi disponibili. Sul fronte dell’Estremo Oriente, la Corea del Sud ha ulteriormente diminuito il proprio pescato, sceso attorno alle 73.000 tonnellate in linea con la diminuzione in atto dal 2013, tuttavia è notevolmente aumentato il volume dei cefalopodi pescati dalla flotta mercantile cinese nelle acque territoriali della repubblica coreana: si tratta di una flotta passata da 140 ad oltre 2000 unità in un decennio la quale, sebbene regolarmente denun-
ciata dalle autorità di Pechino che versa i diritti previsti alla Corea del Sud, sta generando malumori negli imprenditori della tigre asiatica. L’industria cinese dei prodotti ittici è in sofferenza a causa della pesante riduzione delle importazioni, scesa dell’80%, e dei prezzi conseguentemente troppo elevati per consentire una adeguata remuneratività sul mercato interno. Il daruma, un prodotto del Perù costituito da filetti di calamaro privati della pelle e cotti, è triplicato tra il 2015 ed il 2016 schizzando da 1,50 a 4,30- 5,00 dollari USA al chilo. Pur nella difficile situazione di mercato, il Giappone ha aumentato
Per quanto riguarda le seppie il mercato è rimasto stabile a livello mondiale (photo © scf_roma – stock.adobe.com).
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Pur nella difficile situazione di mercato, il Giappone ha aumentato le importazioni di calamari dalla Cina, dal Cile e dalla Corea del Sud (photo © Yakov – stock.adobe.com). le importazioni di calamari (+3,6% sul 2015), in provenienza per il 44% dalla Cina, seguita dal Cile — che, nonostante il calo della produzione, sebbene più limitato rispetto al Perù, ha aumentato del 50% le esportazioni verso il ricco mercato nipponico, per un volume di 11.400 tonnellate — e dalla Corea del Sud, salita da 600 tonnellate a ben 4.500 nel 2016. Anche la Spagna ha mostrato volumi oggetto di importazione in salita del 15%, per un totale di 72.500 tonnellate, con la conferma dei tre principali mercati di origine (Isole Falkland, Marocco e India), sebbene le Falkland abbiano perso terreno rispetto alle altre due; seguono volumi minori da Cina, Stati Uniti e Nuova Zelanda. Le importazioni di calamari negli Stati Uniti sono risultate in leggera contrazione nei primi nove mesi del 2016 (52.200 tonnellate rispetto alle 53.800 tonnellate del medesimo periodo dell’anno precedente), con la Cina primo fornitore responsabile di oltre il 60% del volume totale.
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Seppie e polpi senza troppi scossoni Per quanto riguarda le seppie, il mercato è rimasto stabile a livello mondiale. Nei primi nove mesi del 2016 il Giappone ha importato 8.800 t contro le 9.100 dell’analogo periodo del 2015, prevalentemente da Tailandia e Marocco, mentre la Spagna ha visto importazioni in leggero rialzo, cioè 23.900 t rispetto alle 22.500 dei primi tre trimestri dell’anno precedente, fornite in gran parte da Marocco e Francia. I polpi sono cresciuti leggermente nel 2016, con i principali esportatori (Marocco, Mauritania e Messico) saldamente in testa alla classifica mentre Spagna (con l’eccezione della costa atlantica di Galizia e Paesi Baschi), Portogallo e Corea del Sud hanno registrato leggeri cali nei volumi pescati. Il Giappone ha importato 24.500 t nei primi sei mesi del 2016 (–15% rispetto al primo semestre del 2015), con una contrazione dei principali fornitori, Marocco e Mauritania, a favore della Cina che ha segnato un +23% degli invii verso il vicino nipponico.
L’influenza dei cambiamenti climatici sulla disponibilità di cefalopodi Se il fenomeno de El Niño è noto già da tempo, prima ancora che si iniziasse a parlare di cambiamenti climatici, le variazioni in atto hanno un’influenza sicuramente non trascurabile sulla disponibilità di alcune specie ittiche oggetto di pesca, come i cefalopodi. La mutazione in corso del clima in molte aree del pianeta, oltre ad esacerbare fenomeni come El Niño, sta conducendo a modificazioni sostanziali nella composizione dell’ittiofauna: uno studio dell’Istituto di ricerca marina spagnola ha messo in luce che l’innalzamento delle temperature del Mar Mediterraneo e dell’Oceano Atlantico ha portato molte specie di predatori dei cefalopodi verso acque più fredde, consentendo così una proliferazione della biomassa locale; questo studio rende ragione dell’incredibile raccolto di polpi fatto sulla costa della Galizia nel 2016, un record mai raggiunto dal 2010. Roberto Villa
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Pam Panorama presenta la sua nuova offerta ittica, dal pesce fresco ai piatti pronti L’offerta ittica è il fiore all’occhiello del Gruppo Pam, da sempre impegnato nel garantire pesce fresco di eccellente qualità e un servizio di alto livello, a prezzi competitivi. I supermercati Pam sono stati i primi, negli anni ‘70, ad introdurre il banco di vendita diretta del pesce fresco: una scelta apprezzata fin da subito da tutta la clientela. Ogni giorno, una flotta di 9 pescherecci parte dal porto di Chioggia per pescare in tutto l’Alto Adriatico: il pescato migliore viene poi selezionato da un team di esperti che verifica costantemente il rispetto della catena del freddo, necessario per assicurare freschezza e sicurezza della materia prima. Ad aiutare i clienti, ci sono i preziosi consigli dei professionisti Pam Panorama che indirizzeranno la scelta dell’acquisto verso il pesce più adatto per ogni occasione o ricetta. Pam Panorama inoltre ha introdotto Pronto Cuoci Pesce, una nuova linea di prodotti dedicati a chi desidera gustare un piatto a base di pesce ma ha poco tempo per cucinare. I cuochi Pam Panorama hanno ideato oltre 50 gustose ricette pronte da portare in tavola in pochi minuti: dai crudi, come le tartare e i carpacci, agli involtini di salmone, pesce spada e merluzzo; dalle polpette ai filetti di pesce ricettati, dagli hamburger di pesce agli spiedini, fino ai sughi pronti. Pam Panorama, società che opera con le insegne Pam, Panorama e Pam local, fa parte di Gruppo Pam, gruppo di riferimento nel mondo della grande distribuzione italiana da quasi 60 anni. Gli oltre 170 punti vendita che compongono la rete Pam Panorama sono presenti in Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Lazio e Abruzzo (a lato, il reparto Pronto Cuoci Pesce in uno store Pam Panorama).
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INDAGINI
Ismea: consumi alimentari in graduale uscita dalla crisi Dopo una serie di segni meno nel 2016, la spesa delle famiglie per gli acquisti agroalimentari registra un'inversione di tendenza nel primo trimestre 2017: a fare da traino i prodotti confezionati (+1,6%) Le dinamiche dei comportamenti di acquisto delle famiglie italiane presso i punti vendita non sembrano più segnate ormai solo dalla categoria di appartenenza del prodotto, ma anche dalla sua modalità di presentazione, con una tendenza che va consolidandosi a favore del confezionato. È questo uno dei primi dati che emergono dal Report sui consumi alimentari elaborato da ISMEA, l’Istituto di servizi per
il mercato agricolo alimentare, relativo al primo trimestre 2017. In particolare, a fronte di una spesa che segna un +0,2% su base annua, sono i prodotti confezionati (provvisti di codice EAN) che registrano, nel primo quarto del 2017, una dinamica positiva con un recupero sui valori del 2016 dell’1,6%. Questa categoria incide ormai per oltre i due terzi (68%) sul carrello della spesa. Nell’ambito dei confezionati, a cre-
scere sono stati soprattutto la frutta fresca (+8,7%), gli ortaggi (+6,6%) e i prodotti ittici (+2,9%). Anche i salumi, in difficoltà se considerati nel complesso, se presentati in vaschetta hanno fatto segnare un +6%. Al contempo, i prodotti freschi a “peso variabile” (senza codice EAN) hanno evidenziato una flessione della spesa, nell’ordine del –2,4% su base annua, alla quale hanno contribuito i forti cali dei prodotti serviti al banco della
Banco frigo del pesce surgelato confezionato. Le dinamiche di acquisto delle famiglie italiane, secondo uno studio Ismea, stanno consolidando la tendenza a favore del confezionato (photo © nd3000 – stock.adobe.com).
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carne (–5,4%), dei formaggi (–8,8%) e dei salumi (–6,3%). In definitiva, a segnare le dinamiche dei comportamenti d’acquisto presso i punti vendita non è più esclusivamente la categoria d’appartenenza, ma anche le modalità di presentazione del prodotto, con ormai una tendenza che va consolidandosi a favore del confezionato. In particolare, nel primo trimestre 2017, le famiglie italiane hanno dedicato ai prodotti ittici l’8,2% della loro spesa agroalimentare complessiva. L’aumento per questo comparto si ripete per il terzo anno consecutivo. Tuttavia, va evidenziato che non sempre all’aumento della spesa è corrisposto un aumento dei volumi: i dati del 2016 evidenziano, infatti, che l’incremento della spesa sia da ascriversi esclusivamente all’aumento dei prezzi unitari; i volumi risultano in contrazione per quasi tutti i sotto-comparti (freschi, conserve, salati, affumicati e decongelati); fanno eccezione solo i prodotti ittici surgelati confezionati.
Tranci di salmone sottovuoto (photo © SunnyS – stock.adobe.com). In particolare è confermato, anche nel primo trimestre 2017, il maggior esborso per l’acquisto di pesce fresco (il più importante in termini economici: pesa da solo la metà dell’intero comparto e il 4,3% del totale spesa agroalimentare) per il quale la spesa cresce del 7,4%; au-
menta anche la spesa per le conserve di pesce (+1,9%) e per il pesce congelato (+0,7%); in flessione invece la spesa per i prodotti ittici affumicati ed essiccati (–13%). (Direzione Servizi per lo Sviluppo Rurale – Unità Operativa Studi e Analisi ISMEA)
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Abitudini e caratteristiche del mercato ittico nella UE
Storia di un consumatore Buone notizie: uno studio sulle abitudini dei consumatori in tutta l’Unione Europea rivela che il pesce e i prodotti a base di pesce sono comunemente consumati sulle tavole di tre quarti dei cittadini europei. I risultati offrono spunti interessanti sulle preferenze e sui comportamenti dei consumatori e forniscono indicatori utili di come il mercato potrebbe espandersi e diversificarsi in quello che rappresenta la più grande piazza ittica del mondo. Il sondaggio Nel 2015, i consumatori della UE hanno speso 54 miliardi di euro in prodotti ittici e consumato, in media, 25,5 kg a testa. Quali sono però le preferenze e le abitudini dei consumatori in questo mercato
fondamentale? Cosa guida i loro acquisti? E il mercato soddisfa le loro aspettative? Sono queste le domande cui ha cercato di dare risposta uno studio della Commissione europea pubblicato recentemente. Lo studio si componeva di due sezioni: un sondaggio, svolto mediante più di 27.000 interviste faccia a faccia con i cittadini di tutti i 28 Stati Membri, e uno studio di mercato che comprendeva interviste con i rivenditori su larga scala e le associazioni nazionali di pescherie. La relazione ha riscontrato che i consumatori europei mangiano pesce abbastanza regolarmente, in particolare a casa (il 72% almeno una volta al mese e il 42% una volta a settimana). La percentuale dei consumatori che mangia prodot-
ti ittici con regolarità al di fuori dell’ambiente domestico è inferiore (34% una volta al mese), seppure con differenze notevoli a livello nazionale. L’acquisto di prodotti ittici è altresì molto frequente: 4 europei su 10 lo acquistano almeno una volta a settimana e 7 su 10 almeno una volta al mese. Solamente in Ungheria, priva di sbocchi sul mare, la maggior parte delle persone ha affermato di non acquistare mai prodotti ittici. I rivenditori su larga scala svolgono un ruolo sempre più importante al termine della catena di fornitura: la maggior parte dei consumatori acquista presso di essi i prodotti ittici. Questa tendenza è confermata dai supermercati, che prevedono una ulteriore crescita delle quote di vendita negli anni a venire. Tuttavia,
Uno studio sui consumatori di prodotti ittici nella UE lascia ben sperare per il futuro del comparto (photo © implementarfilms – stock.adobe.com).
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La relazione della Commissione europea ha riscontrato che i consumatori europei mangiano pesce abbastanza regolarmente, in particolare a casa (photo © Soloviova Liudmyla – stock.adobe.com). il mercato è pieno di opportunità anche per le pescherie e i negozi specializzati, che possono differenziarsi specializzandosi in segmenti di mercato specifici (ad esempio, prodotti selvatici o esclusivi). Possono altresì avvalersi delle proprie competenze, in quanto i consumatori identificano il dipendente di negozio o il pescivendolo come la principale fonte di informazioni sui prodotti ittici. Le vendite dirette sono un altro canale importante, in particolare nei paesi con molti produttori su piccola scala. Lungi dall’essere relegati nelle loro abitudini, i consumatori in tutta l’UE sono aperti a provare nuovi prodotti. Sono notizie promettenti
per i venditori e chiaramente c’è un potenziale di mercato in attesa di essere sfruttato. Tuttavia, è necessario valutare attentamente come affrontare questo potenziale. Per esempio, i consumatori preferiscono provare nuovi prodotti a casa piuttosto che nei ristoranti. E vendere semplicemente prodotti più economici o riempire gli scaffali o i banconi di più prodotti possibile potrebbe non essere il modo più efficace di convincere i consumatori. In poche parole, la chiave è disporre dei prodotti giusti nel giusto contesto. A questo preciso scopo sono disponibili finanziamenti nel quadro del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca.
Lungi dall’essere relegati nelle loro abitudini, i consumatori in tutta la UE sono aperti a provare nuovi prodotti. C’è quindi un grande potenziale di mercato in attesa di essere sfruttato. Tuttavia, è necessario valutare attentamente come affrontarlo
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Elementi guida e preferenze Al momento dell’acquisto intervengono svariati fattori. L’aspetto, ad esempio la freschezza, è ciò che maggiormente influenza, seguito da vicino dal prezzo. I consumatori della UE sono anche attenti al luogo di origine dei prodotti: una relativa maggioranza (37%) preferisce i prodotti provenienti dai propri paesi, seguiti dai prodotti regionali (29%). Oltre un consumatore su dieci (14%) dichiara di preferire i prodotti provenienti dalla UE. In sintesi, i fattori che influenzano l’acquisto risultano i seguenti: • aspetto (58%); • prezzo (55%); • origine del prodotto (42%); • marchio o etichette (24%); • questioni di natura etica e ambientale (15%). Agli intervistati è stato inoltre chiesto se preferivano il pesce d’allevamento o selvatico. Una maggioranza preferisce i prodotti selvatici, ma una grossa fetta (31%) dichiara di non avere alcuna preferenza. Un 14% dichiara di non sapere se i prodotti acquistati sono d’allevamento o selvatici.
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Questo suggerisce che esiste una finestra di opportunità per l’acquacoltura europea, in quanto i consumatori sembrano più preoccupati della freschezza del prodotto rispetto al metodo di produzione utilizzato. Motivi per mangiare i prodotti ittici e importanza delle informazioni obbligatorie Gli amanti del pesce hanno sottolineato che lo mangiano principalmente perché è un prodotto salutare (74%) e buono (58%). Al contrario, la maggior parte delle persone che non mangia pesce ha affermato di non farlo perché l’odore o il gusto dei prodotti assaggiati non sono stati di loro gradimento. Gli sforzi per migliorare il gusto dei prodotti ittici o di ottimizzare l’offerta potrebbero portare questi potenziali consumatori a dare al pesce un’altra possibilità. Oltre i due terzi (69%) degli intervistati afferma che le etichette sui prodotti ittici e dell’acquacoltura sono chiare e di facile comprensione. Solamente il 4% non è affatto d’accordo. In generale, gli intervistati hanno fiducia nelle informazioni fornite, con l’81% che si fida delle informazioni obbligatorie, il 74% delle informazioni certificate dagli enti indipendenti e il 71% delle informazioni fornite dal marchio o dal venditore. In termini di informazioni fornite, la maggior parte di quelle richieste per legge è considerata rilevante da una grande maggioranza di consumatori, ad eccezione di quelle riguardanti le attrezzature da pesca. Tuttavia, alcune informazioni potrebbero anche essere utili per i prodotti preparati e confezionati, in quanto il sondaggio indica che i consumatori sono molto interessati a sapere quale pesce è stato utilizzato, oltre che la relativa origine. Per quanto riguarda le informazioni volontarie, risulta che anche le disposizioni legali soddisfano le aspettative dei consumatori, con una eccezione: più dei tre quarti (76%) ritiene che la data di cattura o di produzione dovrebbe essere riportata sull’etichetta. Si mangia pesce dunque perché: • è salutare (74%); • è buono (58%); • ha un basso contenuto di grassi
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(30%); • è facile da digerire (19%); • è facile da preparare (17%). L’importanza delle informazioni obbligatorie: • data minima di conservazione/ data di scadenza (94%); • nome del prodotto/specie (88%); • se congelato in precedenza (85%); • selvatico o d’allevamento (73%); • se catturato o allevato (72%); • attrezzatura da pesca utilizzata (44%). E i rivenditori? Quanto sono in sintonia i rivenditori coi gusti e la domanda dei consumatori? Un allegato alla relazione principale offre alcune indicazioni. A seconda del rivenditore e della regione, la percentuale dei prodotti provenienti dalla UE varia dal 45% al 100%. In linea con la domanda dei consumatori, il 56% dei rivenditori vende pesce fresco. Un 59% dei rivenditori dichiara di offrire ai propri clienti prodotti contrassegnati dal marchio di qualità ecologica, sebbene in alcuni casi preferiscano non mostrare loghi per evitare di creare confusione. Non tutti i gruppi destinatari desiderano le stesse informazioni: il sondaggio conferma infatti che queste informazioni dovrebbero essere mirate a seconda dell’età e dei gruppi sociali specifici. I rivenditori riferiscono che la quota di mercato del settore della pesca e dei prodotti dell’acquacoltura è rimasta stabile nel periodo 2010-2014, mostrando anche qualche leggero aumento. L’impatto maggiore si è verificato nel pesce fresco preconfezionato. Sebbene i risultati siano abbondanti e diversi, sia il sondaggio che la relazione sui rivenditori danno motivo di essere ottimisti: esistono opportunità di mercato da sfruttare per chi intende diversificare la propria offerta e mirare a gruppi socioeconomici o di età specifici. Prendetene nota! (Fonte: Affari Marittimi e Pesca in Europa) >> Link: https://ec.europa.eu/ fisheries/seafood-investigation-euconsumers-attitudes-shows-sustainable-supply-essential_en
IL PESCE IN TAVOLA
Meraviglie del Mediterraneo: gambero rosso e gambero viola Gallipoli, Mazara del Vallo e Oneglia sono le località d’eccellenza di questi prodotti ittici pregiati e prelibati, dalla polpa dolce e tenerissima. Da gustare preferibilmente crudi, con accompagnamento di agrumi di Nunzia Manicardi
Costituisce una particolarità del Mar Ionio, dove si lega indissolubilmente alla bella Gallipoli, tanto che ormai è diventato segno distintivo di questa località considerata la perla del Salento. Ma è una particolarità anche del Mediterraneo siculo, dove lega invece il suo nome a Mazara del Vallo. È il gambero rosso, il cui unico
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“difetto”, per noi comuni mortali, è il prezzo, che può aggirarsi sugli 80 euro al chilogrammo e raramente scende sotto i 65 (dipende dalla pezzatura e dalla quantità disponibile). La vendita, sfruttando le possibilità del moderno e-commerce, viene effettuata anche con spedizione a domicilio per quantitativi minimi di 1-2 kg.
Il gambero rosso Quando si parla di gambero rosso si fa in realtà riferimento a due specie diverse: il gambero rosso propriamente detto, Aristaeomorpha foliacea, e il gambero viola, Aristeus antennatus. Il primo è un crostaceo decapode marino della famiglia Aristeidae, di dimensioni medie,
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I gamberi rossi hanno un sapore molto più dolce di quelli comuni, e una consistenza unica, che fa quasi sembrare che si sciolgano in bocca. Devono essere però freschissimi, per garantire sia l’eccellenza del prodotto che la sicurezza sanitaria. A quel punto, è il prodotto stesso che fa il piatto
Gambero rosso di Mazara in tartare (photo © www.rossodimazara.com). che può misurare fino a 22,5 cm. I maschi, più piccoli delle femmine che vivono in acque meno profonde, non raggiungono i 20 cm e hanno un rostro più corto. Il carapace è robusto e munito di spine, di un colore rosso scuro vellutato. Le appendici natatorie sono cinque, con l’ultimo segmento addominale che termina con una coda a forma di ventaglio. Tipico dei fondali fangosi, vive tra 250 e 1.300 m di profondità, è diffuso in tutti gli oceani ed è comune nel Mediterraneo (viene pescato soprattutto in Italia e in Spagna), nel nord Africa e in particolare in Marocco (dove viene pescato, lavorato e spedito in Europa, principalmente in Olanda), nel sud-est dell’Africa, nel golfo del Messico, in Australia e in Nuova Zelanda. Si trova anche in Giappone e alle Canarie. Partico larmente pregiato è, come già detto, quello di Gallipoli, un po’ più piccolo (ma c’è anche il gamberone di Gallipoli, di misura perfettamente regolare) come ben si accorge chi si accinge a sgusciarlo
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(però, anche se ci si mette più tempo, ne vale certamente la pena!). Come scrive il tecnico del settore ittico ANTONIO VASILE (www.identitagolose.it), gli piace parecchio viaggiare tanto che alcuni esemplari marcati a Gallipoli sono stati poi ripescati a 20-30 miglia di distanza. Viene pescato esclusivamente con reti a strascico e la marineria locale ne raccoglie grandi quantità, grazie anche a una pesca controllata che ha sempre preservato la specie da depredazioni industriali. Per impedire di pescare taglie molto piccole il Decreto Mediterraneo, entrato in vigore a giugno 2010, ha imposto maglie più grandi alle reti dei pescherecci. La femmina è riconoscibile anche dal lungo rostro e dalle gonadi che, se feconde, presentano una variazione cromatica tra il blu e il violaceo. Il colore è determinato dal pigmento dell’astaxantina: quando è molto violaceo è anche più saporito ed è quello il momento perfetto per gustare, succhiando, la testa del
crostaceo — che ha al suo interno un liquido verde dall’intenso sapore di mare — dopo averla staccata dal più carnoso addome, chiamato impropriamente “coda”. I gamberi rossi hanno un sapore molto più dolce di quelli comuni, e una consistenza unica, tenerissima, che fa quasi sembrare che si sciolgano in bocca. Devono essere però freschissimi, per garantire sia l’eccellenza del prodotto che la sicurezza sanitaria. Ed è il prodotto stesso che fa il piatto, nel senso che non necessitano di preparazioni particolari. Più breve sarà la cottura, più intatto resterà il loro sapore, e quindi si favorirà la degustazione. L’ideale perciò sarebbe mangiarli crudi o appena scottati, in entrambi i casi con un filo d’olio extravergine di altrettanto buona qualità. Vengono serviti soprattutto fra gli antipasti, anche in crosta di mandorle, o nel fritto di mare. Se proprio volete cuocerli, sbollentateli in acqua per un paio di minuti, raffreddateli se possibile in acqua di mare e ghiaccio
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Gambero di Oneglia con burrata al pomodoro fresco. e profumateli con cardamomo. C’è anche chi, volendoli più cotti, li passa nel curry e poi li scotta in padella, accompagnandoli con riso e verdure a piacere, anch’essi bolliti. Crudi, e spesso accompagnati da agrumi (arance e limoni, anche mescolati con le teste dei crostacei e un po’ di pepe a formare un leggerissimo brodo), sono apprezzabili pure alla vista perché conservano il loro bel colore rosso vermiglio. Ma anche cotti (se pur poco!) rimangono di consistenza carnosa e di sapore delicato, delizioso. Il gambero rosso contiene un apporto proteico consistente. È inoltre ricco di fosforo, potassio, sodio e vitamine, specialmente A e D. Il valore energetico per 100 grammi di prodotto è di 105 kcal, le proteine 20,14, i grassi 1,72 g. Come accorgersi se è fresco? Innanzitutto non deve odorare di ammoniaca, la testa non deve essere staccata o non deve staccarsi facilmente dal resto del corpo e deve essere chiara, non nera; le carni devono
essere compatte e sode e la membrana addominale resistente, brillante e chiara. Se non viene consumato il giorno stesso dell’acquisto, può essere conservato in frigorifero per almeno un giorno. Se molto fresco, è possibile congelarlo a –18 °C, fino a tre mesi, in sacchetti ben chiusi, avendo l’accortezza di eliminare quanta più aria possibile. Normalmente viene cucinato intero sciacquandolo semplicemente sotto l’acqua corrente, ma se la ricetta lo richiede allora lo si sguscia senza romperlo, cioè tagliando la testa, premendo leggermente la parte vicina alla coda e facendo scivolare fuori la coda dal guscio. Bisogna poi rimuovere l’intestino, ossia il filo nero che si trova nella parte superiore del corpo, facendo una piccola incisione con l’aiuto di un coltello. Se lo si vuole consumare crudo, oppure non completamente cotto bisogna rispettare, per motivi sanitari, la normativa in materia, disciplinata dal Regolamento Europeo CE 853/2004 et al. (c.d. “Pacchetto
Nella pesca del gambero rosso non si riscontrano particolari problemi ecologici, dato che questa specie ittica è in salute ed è presente non solo nel Mediterraneo, ma anche nell’Atlantico
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Igiene”), la quale prevede che un prodotto, per essere consumato crudo, deve essere portato a una temperatura di –20 °C per almeno 60 ore o –18 °C per almeno 96 ore (anche in congelatore domestico contrassegnato con 3 o più stelle. Anche nelle acque profonde della Sicilia, precisamente nel Trapanese, si trova questo crostaceo: è il gambero rosso di Mazara del Vallo che qui, in siciliano, viene chiamato ammaru russu per il suo intenso color corallo, e che, a seconda delle dimensioni, può essere di I, II, III o IV scelta (“gambero di prima”, che è ovviamente la categoria più pregiata e costosa; “gambero di seconda” ecc…). La dimensione è calcolata in base alla lunghezza della testa: I scelta: > 50 mm, II scelta 41-49 mm, III scelta 40 mm, IV scelta il rimanente. Effettuata tale cernita, i gamberi vengono inseriti in cassette del peso minimo di 2 chilogrammi utilizzando, pure in questo caso, anche l’ecommerce. Dopo essere stati messi in cassetta vengono, sempre a bordo dei pescherecci, congelati (una volta con il ghiaccio, oggi anche con sistemi più moderni). Per gustare ancora meglio il gambero rosso di Mazara del Vallo gli chef de “I Banchi” CICCIO SULTANO e PEPPE CANNISTRÀ suggeriscono di non togliere il budellino. Questo, infatti, è l’unico gambero ad avere il budellino rosso pieno di coralli che si può mangiare senza alcun problema; diversamente dagli altri gamberi, che hanno un budellino più scuro dato dalla presenza di fanghiglia che, durante la pulizia, deve essere necessariamente tolto. Gli stessi chef suggeriscono anche alcune ricette tra cui quella, chiaramente tradizionale, che prevede di prendere la testa del gambero rosso, farvi colare dentro 5-6 gocce di limone e 5-6 gocce di olio d’oliva, schiacciarla con i denti e farne uscire il liquido, dolce e saporito, da gustare sorseggiando. Da provare anche gli spaghetti conditi con aglio, olio e peperoncino e su cui adagiare i gamberi rossi crudi. Le imbarcazioni da pesca di Mazara del Vallo, fino a pochi anni
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fa, oltrepassavano lo Stretto di Gibilterra. Oggi preferiscono pescare il gambero rosso nella riviera di ponente del Mediterraneo, tra Cipro e la Turchia. La Marineria specializzata in questo tipo di pesca costituisce un caso più unico che raro di pesca industriale italiana e riveste un’importanza centrale per l’economia del luogo. La pesca viene praticata quasi tutto l’anno anche se le catture più rilevanti, sotto il profilo quantitativo, si hanno nella tarda primavera e in estate. Nella pesca del gambero rosso non si riscontrano particolari problemi ecologici, dato che questa specie ittica è in salute ed è presente non solo nel Mediterraneo, ma anche nell’Atlantico. In un anno si pescano circa 1.800 tonnellate, con un ricavo complessivo intorno ai 40 milioni di euro, su cui però pesano i costi sempre più cari dei carburanti.
che la pesca è stagionale e la raccolta mai troppo abbondante. Semplice e raffinato La ricetta che personalmente consigliamo per gustare i gamberi sia rossi che viola è la più semplice e anche la più raffinata. Potrete accompagnarla con un buon prosecco o, per una cena indimenticabile, con uno spumante o uno champagne. Gli ingredienti sono quelli essenziali: gamberi, prezzemolo, aglio, olio extravergine, sale e pepe. Tritate grossolanamente il prezzemolo, schiacciate leggermente gli spicchi d’aglio lasciandoli interi e versate il tutto nella padella con olio già caldo. Rosolate i gamberi da entrambi i lati e, a fine cottura, sfumate con il vino ricoprendoli interamente. Spegnete quando sarà evaporato. Guarnite con prezzemolo fresco e un po’ di pepe e, naturalmente, finite di gustarvi il vino prescelto, magari in buona compagnia. Nunzia Manicardi
LB Comunicazione
Il gambero viola Anche il gambero viola, dal nome scienti fi co Aristeus antennatus,
supera difficilmente i 22 cm. La colorazione è rossa pallida, spesso con sfumature violacee; insieme ai tre denti sulla parte superiore del rostro, essa permette la distinzione con il gambero rosso (Aristaeomorpha foliacea), dal colore più intenso. Ha quattro paia di zampe che terminano con una chela. Come il suo parente rosso è diffuso in tutto il Mar Mediterraneo, dove si trova lungo le coste di Grecia, Italia, Portogallo, Marocco, Israele, Tunisia, Spagna. Si trova però anche nell’est dell’Oceano Atlantico ed è stato segnalato perfino nell’Oceano Indiano. È una specie apprezzata in cucina, pescata quindi con frequenza. La Liguria ci offre il famoso gambero viola di Oneglia, nell’Imperiese, per il quale si possono reperire ricette anche di alta cucina in cui esso è abbinato a tartare di palamita o a vellutata di zucca o, ancora, viene sfumato con vino passito e unito a cipollotti caramellati e frutta secca. Si tratta sempre, anche quando è crudo, di costose prelibatezze, dato
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SAPORI DAL MONDO
A spasso tra i banchi dei mercati tailandesi di specialità alimentari
Tailandia da scoprire tra le bancarelle di Massimiliano Rella
Frutti esotici dai colori sgargianti e dai profumi delicati, oppure terribili, disposti in file ordinate o in graziose formazioni a piramide. Ma anche cassette e coppe colme di spezie odorose, pentole di cibi di strada cotti al momento e pronti da consumare. Banchi di pesci e molluschi secchi, calamari, seppie e strani “mostri” del mare. I mercati tailandesi di prodotti e specialità alimentari sono un luogo da non perdere e, in effetti, tanti turisti gironzolano tra i banchi a caccia di affari, curiosità, golosità o semplicemente per guardare e co-
noscere. Il più grande dei mercati nella capitale Bangkok è Chatuchak, lungo la Thanon Kampangped Jadujak Road. Le bancarelle che in genere sono al coperto con tanto di saracinesca diventano molto più numerose nel fine settimana. Qui si trova di tutto e a prezzi bassi. Per i più costosi i venditori sempre gentili e sorridenti accettano volentieri il gioco della contrattazione. Vale la pena visitare questo mercato. Tra la merce esposta ci sono frutti introvabili o da noi mai visti. Ad esempio il Durian (Durio
kutejensis), varietà Monthong, è un frutto dal guscio spinoso con polpa cremosa, il sapore dolce, buono, pastoso, usato anche in cucina. La varietà più diffusa nel Sud-Est asiatico ha un odore pungente, quasi di fermentato, a tratti insopportabile. Ed è per questo che è proibito trasportarlo sui mezzi pubblici. Proprio così: vietato prendere l’autobus con il Durian al seguito. E non è una barzelletta! Passiamo al pesce. Sui banchi di Siam vendono anche pesce secco come la Snakehead murrel (chan-
Banchi di pesce secco al mercato Wa Ro Rot, a Chiang Mai (photo © Massimiliano Rella).
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Il mercato contadino del villaggio di Ban Wa Wee, provincia di Chiang Rai (photo © Massimiliano Rella). na striata) e i calamari essiccati. All’interno del Chatuchak si trova il “sottomercato” degli agricoltori cooperativi Or Tor Kor Market, che opera sotto il patrocinio del Ministero dell’Agricoltura e funziona come canale di distribuzione dei contadini tailandesi. Tra i due mercati contigui ci sono tanti banchi di cibo da strada, dove gustare tipicità dalle zuppe ai noodles, sorta di spaghetti cucinati in brodo di curry o conditi con salse piccanti, fino ad arrivare ai fritti, alle patate, le banane e addirittura gli insetti. Proprio così: insetti. L’avevamo premesso che è possibile trovare merce inconsueta per le nostre abitudini alimentari e i nostri gusti! Nel nord della Tailandia, e precisamente nel centro di Chiang Mai, il Wa Ro Rot invece è un popolare mercato contadino, ma anche di abbigliamento e oggetti per la casa, allestito nella Thanon Chang Moi Road. I più curiosi sulle tradizioni locali possono provare il Nam Plik Num, un impasto di peperoncino, aglio, cipolla e salsa di pesce da
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mangiare con riso, verdure, cotiche di maiale fritto. Oppure le salsicce Sai Ua a base di carne e cotiche di maiale al curry. Non mancano le bancarelle di tea, di diverse varietà, e di fragole, ancora considerate un frutto esotico da queste parti e vendute a prezzi piuttosto alti. Una produzione però in espansione. Nel villaggio di origine cinese di Wa Wee una grande coltivazione è nell’azienda Wa Wee Strawberry, in un’area riconvertita da oltre 30 anni a un’agricoltura sana e sostenibile ma un tempo compresa nel Triangolo d’oro della produzione di oppio, oggi severamente proibita in Tailandia. Accanto al Wa Ro Rot merita una visita il Talat Ton Lamyai, il mercato dei fiori, una straordinaria festa per vista e olfatto per le tante specie floreali, che dimostra quanto sia fiorente l’attività florovivaistica. Non solo le grandi città ma anche i villaggi hanno i loro mercati come quello contadino del villaggio di Ban Wa Wee, in provincia di Chiang Rai, poco distante dal Doi Kat Phi National Park, un’area naturalistica
di particolare bellezza. Insomma, la Tailandia è anche il paese dei mercati di strada. Street food Nella China Town di Bangkok, a Yaowarat Road, è un susseguirsi di banchi di cibo da strada che offrono fritti e zuppe cinesi riadattate nel piccante ai gusti tailandesi a prezzi popolari. Percorrendo la Thai Rung Ruang, la strada di accesso al quartiere sulla quale si affacciano il tempio cinese Shrine e la porta Chinese Gate, potete gustare, per esempio, una zuppa Yen Ta Fo, una minestra di spaghetti (noodles) in salsa piccante di pomodoro, con polpettine di pesce, polpettine di gamberi, “sottilette” di pesce e carne di maiale, “sottilette” di pesce e alghe, spaghetti e tagliatelle di riso, erba cipollina, peperoncino, aceto, zucchero di canna e aglio, e altre tipicità. Invece, al complesso templare di Wat Traimit, che include il Tempio del Buddha d’Oro, il sabato e la domenica servono la Kwei Tioy, una zuppa di maiale, pollo, farina di tapioca e granturco. Massimiliano Rella
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SAPORE DI MARE
A Milano un giardino Zen con ristorante stellato e piatti perfetti per l’estate
Innocenti Evasioni (anche) di pesce Con l’arrivo della bella stagione e l’aumento delle temperature siamo tutti alla ricerca di un posticino dove mangiare all’aperto sotto il sole o sotto le stelle. E allora cosa c’è di più bello che godersi la luce di Milano fino a tardi, seduti comodamente in un dehors in mezzo al verde, tra piante e cortili, cullati dalla pace e dall’armonia circostante? Un rito che si rinnova ogni anno in questo periodo e che trasforma la capitale meneghina in un luogo invidiabile. Pensato con lo spirito di accogliere i
propri ospiti in un’atmosfera “fuori dal comune”, il giardino Zen del ristorante Innocenti Evasioni di Milano offre una scenografia incantevole, sospesa tra giochi d’acqua che zampillano tra sassi e alberi frondosi. Incastonato in uno spazio esclusivo, è il posto ideale dove cenare a lume di candela immersi nella natura e nella pace, assaporando piatti freschi e leggeri tra le specialità del ristorante che vanta una stella Michelin. La scelta dei menu varia in accordo alla stagionalità e alle materie
prime, tutte di altissima qualità, in un viaggio che predilige una cucina creativa con piatti legati alla tradizione italiana declinati in chiave moderna dai due chef TOMMASO ARRIGONI e EROS PICCO. Innocenti Evasioni Via Privata della Bindellina 20155 Milano Telefono: 02 33001882 E-mail: ristorante@innocentievasioni.com Web: innocentievasioni.com
L’antipasto “Crudo Matto”, che abbina alle primizie di stagione cinque diverse qualità di pesce: gamberi rossi del Mediterraneo, ostriche, ricciola, lomo di baccalà e capesante.
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Risotto al nero, crudo di seppie e polvere di peperoni canditi Ingredienti per 4 persone • 320 g riso Carnaroli • 1,5 l brodo di pesce • 350 g seppie • 20 g di nero di seppia • aglio e basilico • olio extravergine e olio al peperoncino • 2 peperoni rossi • 100 g zucchero • sale Procedimento Preparare uno sciroppo con 100 grammi di acqua e 100 grammi di zucchero, immergere i peperoni precedentemente pelati e lasciare in infusione fino a che il tutto non sarà freddo. Scolare i peperoni, portare a bollore lo sciroppo e rimettere i peperoni; lasciare raffreddare e ripetere la stessa operazione altre due volte. Frullare i peperoni canditi e stenderli su un foglio di carta oleata, infornare a 90 °C fino a ottenere una cialda secca, fare raffreddare e frullarla fino a renderla polvere.Conservare in una scatola ermetica in assenza di umidità. Pulire le seppie e farle marinare con olio di oliva, basilico e uno spicchio di aglio. Preparare il risotto e a metà cottura aggiungere il nero di seppia; mantecare con olio extra vergine di oliva, olio al peperoncino e basilico a julienne. Tagliare le seppie a quadretti piccoli, condire con olio e sale. Impiattare il risotto, posizionare una quenelle di seppia e spolverizzare con la polvere di peperone candito.
HAMBURGER DI PESCE FRESCO,
Il Crudo sostenibile di Eataly Eataly Roma ha inaugurato il nuovo corner dedicato al pesce crudo arricchendosi di una nuova proposta di ristorazione, che porta in negozio i sapori del mare: il Crudo della Pescheria. La linea guida è rappresentata dal Manifesto del Crudo, creato dall’executive chef di Eataly Enrico Panero (in foto). Sostenibilità, salubrità, gusto e cultura mediterranea ne sono i valori portanti. Il format prevede, infatti, solamente pesci a ciclo vitale breve, non incidendo in questo modo sulla specie, pescati nel mar Mediterraneo, seguendo la stagionalità e rispettando le taglie minime e la filiera corta. Il pescato viene proposto al naturale, semplicemente con olio extravergine d’oliva e sale integrale siciliano, oppure con marinature fatte rigorosamente al momento, per esaltarne il gusto: limone, aceto di lamponi o di mele, zenzero e pepe rosa, datterini e capperi, salicornia e finocchietto sono solo alcuni degli ingredienti utilizzati. Viene servito in piccoli piatti d’assaggio, perfetti per un aperitivo, o nei classici plateau. >> Link: www.eataly.it
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Ecosostenibile - EfďŹ ciente - Economica /D ELRWHFQRORJLD (8529,; DSSOLFDWD QHJOL DOOHYDPHQWL LWWLFL HVWHQVLYL LQWHQVLYL H D ULFLUFROR LQ DFTXD GROFH VDOPDVWUD R VDODWD
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I PIATTI DI PESCE DI GREGORI NALON Trancio di pesce spada marinato con agrumi
Lasagne di filetto di Merluzzo
Difficoltà: facile Preparazione: meno di 10 minuti Dosi per: 4 persone
Difficoltà: facile Preparazione: meno di 15 minuti Dosi per: 4 persone
INGREDIENTI
INGREDIENTI
• 4 tranci di pesce spada Noriberica • 6 g zucchero di canna • buccia di un limone • succo di mezzo limone • 1 bustina di zafferano • insalatina verde • 100 g sedano fresco • prezzemolo
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6 g sale grosso buccia di un arancio succo di mezzo arancio 50 g olio evo 100 g di pomodorini ciliegino • crostini di pane • sale e pepe
Preparazione Prima operazione, la marinatura. Tagliamo i tranci a pezzettini e li versiamo in una ciotola, aggiungendo zucchero grezzo, sale grosso, la buccia d’arancia, la buccia di limone, un goccio di succo d’arancia e di limone. Copriamo la ciotola con una pellicola e lasciamo in frigo per un’ora. Nel frattempo, prepariamo le verdurine: tagliamo il sedano e i pomodorini, versiamo in una ciotola e condiamo con sale, pepe e olio. Riprendiamo il pesce spada marinato, una volta pronto, eliminiamo l’acqua in eccesso, lo asciughiamo e rimettiamo nella stessa ciotola di prima, riaggiungendo buccia di limone e buccia d’arancio, oltre a prezzemolo tritato, zafferano, olio e pepe. Mescoliamo per bene e impiattiamo. Presentazione Sistemiamo al centro del piatto uno stampino che andremo a riempire con la tartara di pesce spada. Attorno disponiamo le verdurine condite, l’insalatina e i crostini di pane, prima di togliere lo stampino.
• 1 kg filetto di merluzzo Noriberica • 1 kg di sugo di pomodoro cotto • 400 g farina tipo 1 • 5 g aglio • 100 g vino bianco • 100 g olio evo • 50 g burro
• 100 g pecorino grattugiato • olio di girasole • 50 g porro fresco • 40 g prezzemolo • 50 g basilico fresco • 50 g burro • 100 g pane grattugiato • sale e pepe
Preparazione Prima di procedere con la composizione degli strati della lasagna, prepariamo del sugo di pomodoro e del brodo di pesce. A parte, in una padella, facciamo soffriggere olio, aglio e porro fresco. Dopo qualche secondo, aggiungiamo il basilico fresco tritato e, a seguire, il brodo di pesce. Quando inizia la bollitura, versiamo in padella un mix di olio e farina per andare a creare una besciamella di pesce. Non appena la besciamella rapprende, la togliamo dal fuoco e la condiamo con prezzemolo fresco tritato, un pizzico di pepe e di sale. Mescoliamo il tutto e procediamo a comporre gli strati della lasagna. In una pirofila, disponiamo sul fondo uno strato di besciamella su cui appoggiamo i filetti di merluzzo. Ricopriamo con un nuovo strato di besciamella, aggiungendo anche del pomodoro cotto, pecorino e pane grattugiato. Formiamo, infine, un nuovo strato di filetti e completiamo con besciamella e macchioline di sugo di pomodoro, un pizzico di pecorino, pane grattugiato e fiocchi di burro. Andiamo in forno: 30 minuti a 170 °C. Presentazione Disponiamo le fette di lasagna nel piatto e decoriamo con olio emulsionato al basilico.
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Insalatina di filetto di sgombro Spaghetti allo scoglio sottolio Difficoltà: facile Preparazione: meno di 10 minuti Dosi per: 4 persone
Difficoltà: facile Preparazione: meno di 15 minuti Dosi per: 4 persone
INGREDIENTI
INGREDIENTI
• 4 Filetti di Sgombro Noriberica • olio di oliva per friggere • 1 foglia di alloro • rosmarino • 1 zucchina • 1 peperone giallo • 30 g zucchero grezzo • 2 g sale
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30 g manici prezzemolo aglio 1 carota 1 cipolla viola 50 g aceto bianco 50 g olio evo pepe
Preparazione In un pentolino basso e largo, con olio d’oliva, aggiungiamo, a freddo, aglio, manici di prezzemolo e il filetto di sgombro. Lasciamo friggere per 5-6 minuti. Nel frattempo, in un altro pentolino, versiamo, di nuovo a freddo, del vino bianco, zucchero grezzo di canna, aceto e le verdure tagliate a fettine: carote, peperoni, cipolle e zucchine. Aggiungiamo sale, pepe e lasciamo cucinare per pochi minuti. Scoliamo le verdure e siamo pronti per impiattare. Presentazione Passiamo una pennellata di emulsione di prezzemolo all’olio verde sul fondo del piatto, aggiungiamo un nido di verdurine in agrodolce e, sopra di esse, i filetti di sgombro.
• 500 g preparato misto scoglio Noriberica • 380 g spaghetti di semola • 30 g vino bianco • 30 g prezzemolo • 5 g basilico • 400 g sugo di pomodoro cotto • 100 g mollica di pane
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condita croccante 100 g olio evo 10 g aglio fresco 3 g rosmarino fresco peperoncino sale e pepe
Preparazione Mentre mettiamo a bollire gli spaghetti, nella padella, a crudo, mettiamo olio, aglio, peperoncino e rosmarino. Non appena inizia a soffriggere, uniamo il preparato per misto scoglio (scongelato o direttamente da congelato, in questo caso facciamo cuocere due minuti in più). Facciamo rosolare per 2-3 minuti, aggiungiamo pochissimo vino bianco e uniamo il pomodoro già cotto. A parte, tritiamo il prezzemolo con il basilico. Finiamo la cottura della pasta in padella e aggiungiamo le erbe tritate. Presentazione Padelliamo la pasta e serviamo, decorando con una fogliolina di prezzemolo e/o basilico.
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IL PESCE IN CANTINA
Cantina della Volta: il Metodo Classico nobilita il Lambrusco di Sorbara Un’azienda vinicola radicata nel cuore dell’Emilia che offre un’interessante interpretazione del Lambrusco di Sorbara, elevandolo a vino spumante per consumatori raffinati Cantina della Volta è l’avventura di Christian Bellei e di un gruppo di amici che, nel 2010, hanno deciso di rinnovare l’azienda vinicola del bisnonno di Christian, con il recupero dell’edificio storico sotto l’insegna di un nuovo marchio. L’abilità spumantistica di Christian gli consente, parallelamente al lavoro sul Lambrusco di Sorbara, mirate incursioni nel mondo delle bollicine d’Oltralpe con un’intrigante proposta di spumanti Metodo Classico ottenuti da uve di Pinot Nero e Chardonnay del cru aziendale, il vigneto di Riccò di Serramazzoni,
in provincia di Modena: dieci ettari posti ad un’altitudine tra i 650 e i 750 metri, sul versante emiliano dell’Appennino, caratterizzato da un terreno calcareo e argilloso con gesso superficiale. Il vigneto è completamente biologico dal 2017. La vinificazione di queste uve è alla base dell’elaborazione dei prodotti della linea Il Mattaglio, che comprende due vini fermi: LaBase e Fermo, due riserve millesimate in purezza: Blanc de Blancs e Blanc de Noirs, uno spumante Brut e uno spumante Dosaggio Zero. Questi due ultimi prodotti fanno parte
delle novità presentate nelle ultime settimane, con la nuova vendemmia 2013, ottenuta da un elegantissimo blend di Chardonnay e Pinot Nero. Un Vinitaly indipendente A sette anni dalla fondazione dell’azienda, l’edizione del Vinitaly appena trascorsa ha rappresentato un importante traguardo: per la prima volta la cantina si è infatti presentata in uno stand indipendente, cornice ideale per presentare a operatori, appassionati, importatori e clienti il frutto del proprio attento lavoro. Un momento di festa ma anche un’oc-
La gamma di Spumanti Metodo Classico di Cantina della Volta al Vinitaly 2017.
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Christian Bellei, unico erede della cantina fondata nel 1920 dal bisnonno Francesco, parla una lingua diversa, fuori dal coro, e spesso lo ascolterete affermare “mi sento figlio di un metodo, e non di un territorio”. Pur rimanendo infatti il Lambrusco di Sorbara, con tutte le sue sfaccettature e sorprendenti potenzialità un punto focale per la cantina, il suo vero tratto distintivo è la vocazione per il Metodo Classico. casione per fare un primo punto sul cammino percorso, sinora caratterizzato da una crescita costante e da numerosi riconoscimenti da parte della critica enogastronomica e dei consumatori. L’ultimo in ordine cronologico, il Premio “Benemeriti della Vitivinicoltura Italiana” intitolato ad Angelo Betti, è stato ricevuto direttamente da ANGELA SINI, amministratore delegato della cantina, in occasione della manifestazione. Il prestigioso riconoscimento segue le indicazioni degli Assessorati regionali all’agricoltura (per l’Emilia-Romagna la dott.ssa SIMONA CASELLI), che hanno il compito di indicare coloro che, con la propria attività professionale o imprenditoriale, hanno sostenuto il progresso qualitativo della produzione viticola ed enologica della propria regione. Cantina della Volta Via per Modena 82 41030 Bomporto (MO) Telefono: 059 7473312 E-mail: info@cantinadellavolta.com Web: www.cantinadellavolta.com
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In alto: Angela Sini riceve il Premio Angelo Betti. Nella foto è con la dott.ssa Simona Caselli, assessore all’Agricoltura dell’Emilia-Romagna. In basso: il vigneto di Riccò di Serramazzoni.
Mattaglio Dosaggio Zero Metodo Classico, vino spumante nature, bianco, secco. Uvaggio Chardonnay e Pinot Nero, vinificato in bianco. La lunga maturazione sui lieviti conferisce al vino maggiore struttura e complessità. Colore giallo paglierino tenue, brillante e luminoso, con venate sfumature verdognole.Elegante perlage continuo di bollicine molto fini.Note floreali di gradevole intensità all’olfatto con spiccati richiami ai fiori d’acacia. L’attacco in bocca è spontaneamente vivace , sapido e fruttato. Palato fresco e secco con gradevole mineralità e pennellate saline. La chiusura è di gran classe con ottima persistenza.
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RASSEGNE
Dal 12 al 25 settembre a Sandrigo (VI) grandi festeggiamenti per il trentennale
Bacalà alla Vicentina: 30 anni di festa
La Festa del Bacalà alla Vicentina celebra quest’anno i suoi trent’anni, tanti quanti la Venerabile Confraternita del Bacalà alla Vicentina. Nata nel 1987 su iniziativa dell’avvocato MICHELE BENETAZZO per difendere la buona cucina locale, la Confraternita ha lavorato per recuperare e riportare in auge il piatto della tradizione culinaria veneta che rischiava di scomparire. Ha incentivato lo studio per codificare una ricetta ufficiale e raccogliere le testimonianze di una tradizione che affonda le sue radici
nel XVI secolo e che vede nel naufragio di Pietro Querini la sua origine. Inoltre, ha promosso gli abbinamenti più indicati col vino e gli altri prodotti tipici per accompagnare il bacalà alla Vicentina, instaurando altresì rapporti con altre confraternite italiane e promuovendo le “Giornate Italo-Norvegesi” che si tengono a Sandrigo ogni due anni. E proprio quest’anno, come tutti gli anni dispari, le Giornate ItaloNorvegesi animeranno la Festa del Bacalà, con una nutrita presenza di
Festa del Bacalà alla Vicentina De.Co. Dove: nelle Piazze di Sandrigo (Vicenza). Quando: dal 12 al 25 settembre 2017. Orari apertura stand: da venerdì 15 a lunedì 25 settembre dalle ore 19:00 (escluso lunedì 18, chiuso); sabato e domenica aperto anche a pranzo dalle ore 11.30 . Note: è sempre disponibile un primo piatto senza bacalà e un’alternativa al piatto di bacalà alla Vicentina. >> Link: www.baccalaallavicentina.it
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pescatori e commercianti di merluzzo provenienti dal paese scandinavo. Tante le novità per l’edizione 2017 della festa: due serate aggiuntive (il martedì e il mercoledì della seconda settimana) durante le quali verrà proposto il bacalà all’anconetana a fianco di quello alla Vicentina, sempre in menù, e la Lofoten Fiskesuppe, la zuppa di pesce norvegese preparata dai pescatori di Røst, l’isola dell’arcipelago delle Lofoten gemellata con Sandrigo. Qui si pesca il merluzzo che, dopo essere stato essiccato al gelido vento del nord, diventa stoccafisso. Secondo la ricetta ufficiale della Confraternita del Bacalà, proposta in tutti i ristoranti del Circuito del Bacalà alla Vicentina, solo stoccafisso di primissima qualità può essere impiegato per preparare questo piatto. Sempre durante la Festa di settembre ci sarà anche un secondo annullo speciale (dopo quello di marzo) del francobollo dedicato al bacalà alla Vicentina. IL PESCE, 4/17
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SICUREZZA ALIMENTARE
Occhio all’istamina Il consumo di pesce contenente elevati livelli di istamina può comportare un finale tutt’altro che lieto per noi consumatori. È proprio di inizio giugno, ad esempio, la notizia di un’intossicazione da istamina per consumo di tonno che ha coinvolto un centinaio di persone in Spagna, mentre sono stati registrati alcuni casi anche in Italia, nelle Marche e in Veneto. Il Ministero della Salute ha diramato un’allerta che invita chiunque abbia acquistato tonno fresco dopo il 25 aprile scorso ad accertarsi della sua provenienza. Se dopo l’accertamento risultasse pesce commercializzato dall’azienda andalusa coinvolta1, l’invito è di non consumarlo.
Che cos’è l’istamina? L’istamina è un composto azotato di origine naturale inodore e incolore che fa parte della famiglia delle ammine biogene. È prodotta anche dal nostro corpo e viene impiegata nelle risposte infiammatorie e allergiche, nella secrezione gastrica e in alcune attività cerebrali. È quindi una sostanza molto importante per la fisiologia del nostro organismo, ma purtroppo, se presente a elevati livelli, può essere pericolosa e generare la cosiddetta sindrome sgombroide2. L’istamina si può infatti accumulare in alcuni alimenti, come il pesce mal conservato o conservato troppo a lungo, che, se consumati, possono essere causa di
intossicazioni alimentari. Il livello di istamina in questi prodotti dipende dalla quantità di amminoacidi presenti e aumenta con il diminuire della freschezza del prodotto. La maggior parte viene prodotta dalla proliferazione di batteri a temperature superiori ai 6-10 °C. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) riporta come l’intossicazione da istamina sia una delle malattie più comuni causate dal pesce e dai prodotti ittici. I pesci più a rischio sono tonno, acciughe, sardine, lampuga, cheppie, aringhe e sgombro. Nei casi più gravi l’istamina può generare uno shock con ipotensione e collasso cardiocircolatorio.
L’istamina si può accumulare in alcuni alimenti, compreso il pesce mal conservato o conservato troppo a lungo. Per questo è importante scegliere bene dove acquistare il pesce, in modo da essere sicuri che il prodotto sia fresco e conservato adeguatamente. Dopo l’acquisto è responsabilità dei consumatori mantenere il prodotto nelle condizioni ottimali e prevenire la formazione di istamina (photo © gorosi – stock.adobe.com).
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L’ideale è consumare il pesce quanto più fresco possibile. Nel caso di conserve ittiche o scatolette di tonno, dopo l’apertura è bene seguire le informazioni riportate in etichetta e, in ogni caso, consumarle in tempi rapidi Per evitare il rischio istamina è importante durante la produzione e la vendita il rispetto delle adeguate temperature di stoccaggio e trasporto e anche in ambito domestico rispettare la catena del freddo (photo © Maksim Shebeko – stock.adobe.com). Come riconoscere un’intossicazione da istamina L’intossicazione da istamina si può manifestare da pochi minuti a qualche ora dopo l’ingestione del pesce contaminato. I sintomi dipendono dalla quantità di tossina introdotta e dalla sensibilità individuale a questa sostanza; si possono manifestare nausea, vomito, diarrea, cefalea e vertigini, arrossamento di alcune parti del corpo e orticaria. I disturbi di lieve entità si risolvono entro 24 ore, ma nei casi più gravi può verificarsi uno shock istaminico con ipotensione e collasso cardiocircolatorio, circostanze in cui è necessario rivolgersi al pronto soccorso nel più breve tempo possibile. Come evitare il rischio? Durante la produzione e la vendita, la normativa ha fissato un contenuto massimo di istamina pari a 200 mg/kg per il pesce fresco; i prodotti che hanno subito una maturazione possono arrivare ad un massimo di 400 mg/ kg. Le autorità competenti vigilano per verificare il rispetto di questi limiti e il rispetto delle adeguate temperature di stoccaggio e trasporto. Come possiamo difenderci La cosa migliore è, come spesso accade, la prevenzione, adottando tutte
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le precauzioni possibili per evitarne la formazione. Le autorità sanitarie e i controlli ufficiali garantiscono che il prodotto ittico sia fresco. Dopo l’acquisto è responsabilità dei consumatori mantenere il prodotto nelle condizioni ottimali e prevenire la formazione di istamina. Purtroppo l’istamina non provoca alterazioni del colore, dell’odore o del sapore nell’alimento, perciò non è possibile individuare il pesce contaminato. È inoltre una sostanza termostabile, che con la normale cottura non è possibile eliminare: per inattivarla sarebbero necessari 90 minuti a 116 °C! Vediamo insieme qualche consiglio pratico utile. Prima e dopo l’acquisto del pesce È importante scegliere bene dove acquistare il pesce, in modo da essere sicuri che il prodotto sia fresco e conservato adeguatamente. È bene dunque evitare i venditori improvvisati. Trasporto Dopo l’acquisto rispettiamo sempre la catena del freddo, usando una borsa termica per il trasporto. Se non è stato già fatto dal pescivendolo, non appena arrivati a casa procediamo subito con l’eviscerazione e riponiamo il pesce in frigorifero nel ripiano
inferiore (0-2 °C), separandolo bene dagli altri alimenti. Consumo L’ideale è consumare il pesce quanto più fresco possibile, conservandolo soltanto per breve tempo e sempre e comunque a temperature di refrigerazione. Nel caso di conserve ittiche o di scatolette di tonno, dopo l’apertura è bene seguire le informazioni riportate in etichetta e, in ogni caso, consumarle in tempi rapidi. (Fonte: “Sale, pepe e sicurezza” www.salepepesicurezza.it Blog dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, fornisce informazioni sui rischi per la salute collegati alla preparazione e al consumo di alimenti) Nota 1. Un lotto di tonno fresco della società Garciden, si legge sul sito del giornale spagnolo El Mundo, www. elmundo.es, è stato considerato contaminato a causa di alti livelli di avvelenamento da istamina. Contro la Garciden è stata chiesta una “punizione esemplare”. 2. L’intossicazione da istamina viene chiamata anche sindrome sgombroide proprio per l’elevata facilità con cui quest’ultima specie può originarla.
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Ghiaccio a rischio di contaminazione biologica: sul sito di INGA un vademecum per aiutarci È di inizio luglio la notizia diramata dalla BBC inerente un’inchiesta condotta su alcune decine di caffetterie del Regno Unito che ha messo in luce la presenza di tracce di batteri fecali coliformi nel 30% dei campioni di ghiaccio usato per raffreddare le bevande. Il ghiaccio, spesso visto come innocuo, in realtà è anch’esso possibile fonte di contaminazione batterica in quanto è a tutti gli effetti un alimento. Proprio per questo motivo, l’Istituto Nazionale per il Ghiaccio Alimentare (INGA) ha predisposto un Manuale di corretta prassi igienica per la produzione di ghiaccio alimentare, un vademecum dedicato all’approfondimento degli aspetti igienici e di sicurezza alimentare legati alla produzione industriale di ghiaccio confezionato e a quella per autoconsumo di ghiaccio alimentare scaricabile al link: www.ghiaccioalimentare.it/il-manuale. L’esigenza di pubblicare un manuale che regolamenti la produzione di ghiaccio deriva da una parte dall’assenza, in Europa, di un’apposita normativa e, dall’altra, dall’aumento di realtà industriali dedicate esclusivamente alla produzione e alla diffusione di ghiaccio sicuro per uso alimentare. Non solo: bisogna infatti ricordare la produzione sempre più frequente di ghiaccio in ambito casalingo anche utilizzando piccoli macchinari specifici. Punti chiave del manuale sono: • il ghiaccio alimentare, ovvero quello che una volta sciolto risponde ai requisiti di legge sulle acque potabili, può essere prodotto e consumato nello stesso luogo di produzione; • non può essere messo in contenitori non certificati per il contatto con gli alimenti; • non può essere conservato o stoccato, come ad esempio messo in buste in celle freezer o pozzetti congelatori; • non può essere venduto sfuso o in contenitori/confezioni che non riportino il lotto di produzione, da cui si possa risalire ad acqua e imballi primari impiegati nella produzione secondo quanto prescrive il reg. 178/02 sulla rintracciabilità dei cibi confezionati e il luogo o lo stabilimento di produzione; • la macchina del ghiaccio deve essere posizionata in un luogo idoneo: al chiuso ed al riparo da agenti contaminanti e deve essere riportata sulla pianta dell’esercizio in cui viene prodotto il ghiaccio per il consumo in loco; • gli stabilimenti di produzione che confezionano ghiaccio alimentare devono avere idonea autorizzazione ed essere registrati fra le imprese alimentari. L’Organizzazione Mondiale della Sanità indica chiaramente il ghiaccio in cubetti tra gli alimenti ad alto rischio di contaminazione biologica. Un’attenzione particolare andrebbe posta in particolare nelle fasi finali della filiera di produzione, ovvero della conservazione e manipolazione (fonte: One Health; photo © Kesu). >> Link: www.ghiaccioalimentare.it/il-manuale
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TECNOLOGIE
In buoni rapporti con la freschezza L’azienda familiare Bianchi ha trovato in CSB-System il partner IT ideale Alimenti freschi da tutto il mondo, tanta attenzione al cliente e ricerca continua di potenziali di ottimizzazione: è questa la ricetta per il successo della famiglia BIANCHI, che da quattro generazioni e da oltre 130 anni importa, lavora e vende generi alimentari freschi in tutta la Svizzera. Alla Bianchi si considerano “una grande azienda con il servizio di una piccola boutique”, dove la cura e l’attenzione per il cliente devono essere al centro di tutto. Per conquistare la fiducia dei clienti non basta però la buona volontà: occorre la qualità assoluta dei prodotti, un forte impegno in ricerca e sviluppo e per ultimo, ma non meno importante, la
scelta di partner che condividano la passione per l’eccellenza e la filosofia di servizio al cliente. «Abbiamo scelto il CSB-System perché è un gestionale specifico per il settore alimentare con soluzioni preconfigurate per il settore ittico, la gastronomia e il commercio, quindi particolarmente adatto alla nostra routine lavorativa», spiega MARKUS ULRICH, responsabile IT. Il progetto in generale L’azienda Bianchi rifornisce circa 9.000 clienti tra grossisti, piccoli negozi, ristoranti e alberghi. Questi possono scegliere tra quasi 3.500 articoli, composti da pesce, crostacei, pollame, carne e specialità da tutto il
mondo, e ordinare tramite internet, fax o telefonicamente. Non c’è una quantità d’ordine minima e i tempi di reazione sono brevissimi: chi ordina entro le 4 del mattino riceve la merce il giorno stesso e molti clienti vengono forniti perfino due volte al giorno. La collaborazione tra Bianchi e CSB-System, software house che da quasi 40 anni fornisce soluzioni gestionali su misura alle aziende del settore alimentare, è nata a fine 2004. La scelta dei fratelli Bianchi di affidarsi a un software capace di integrare tutti i processi aziendali all’interno di un’unica piattaforma tecnologica è stata lungimirante: ha fornito soluzioni alle problematiche
La famiglia Bianchi con il suo team.
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esistenti, ponendo però, allo stesso tempo, solide fondamenta per accompagnare l’azienda nella sua crescita futura. Il CSB-System, infatti, con la sua costruzione modulare, è estremamente flessibile e cresce insieme all’impresa. L’implementazione del CSB-System ha interessato trasversalmente tutti i processi aziendali principali e con le attuali 80 licenze si spazia dalla gestione acquisti e magazzino alle vendite con gestione offerte, listini e condizioni, dalla totale rintracciabilità di filiera dal fornitore al consumatore finale, fino alla contabilità generale, senza dimenticare Web Shop ed EDI, anch’essi gestiti con il CSB-System. Vantaggi nell’acquisizione degli ordini con il CRM del CSB-System I circa 35 dipendenti delle vendite ricevono un supporto fondamentale dal CSB-System. Grazie al modulo delle vendite telefoniche del CSBSystem, in presenza di una chiamata in entrata, il software ERP visualizza le informazioni principali, ovvero cliente, venditore associato, lingua, località e numero telefonico, contemporaneamente, sul monitor di tutti i dipendenti del reparto vendite; di conseguenza, nel giro di 2,8 secondi, la persona che chiama può parlare con il venditore. Inoltre il sistema è stato impostato in modo tale che ogni cliente venga contattato esattamente quando lo desidera. Nonostante, quindi, la gran mole di lavoro del reparto vendite, dove lavorano quotidianamente anche i due titolari, ad ogni cliente viene dedicata la massima attenzione. Ma le 2.000 telefonate in entrata al giorno non sono soltanto una semplice registrazione di ordini; i dipendenti della Bianchi propongono prodotti alternativi qualora l’articolo richiesto non sia presente in magazzino, oppure forniscono indicazioni sulle proprietà dei prodotti, fino a suggerire possibili preparazioni e ricette: il know-how dei dipendenti di Bianchi è vasto e i clienti se ne servono volentieri quando ordinano. Il Web Shop integrato nel CSBSystem consente invece ai clienti di inviare gli ordini anche al di fuori
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In alto: ricevimento ordini tramite apposito modulo CSB-System. In basso: per la distribuzione sono a disposizione 100 moderni furgoncini refrigerati, con i quali vengono riforniti tutti clienti. dei classici orari di lavoro. Gli ordini arrivati tramite Web-Shop sono inseriti automaticamente nei moduli Dispo del CSB-System; il gestionale, infatti, supporta l’azienda con controlli integrati della disponibilità, anche in considerazione dei tempi di consegna da rispettare. Costi logistici ridotti grazie a una pianificazione giri ottimale Il dialogo costante tra i moduli degli acquisti e delle vendite assicura la totale trasparenza nella pianificazione della logistica. Gli ordini inseriti nel CSB-System vengono visualizzati in tempo reale in magazzino e qui si
procede alla loro evasione. In totale vengono evase quotidianamente circa 30 tonnellate di merci provenienti da tutto il mondo, caricate su camion refrigerati. Per la distribuzione sono a disposizione 100 moderni furgoncini refrigerati di proprietà dell’azienda, con i quali vengono riforniti hotel, ristoranti, grossisti, ospedali, gastronomie al dettaglio e fornitori di catering in tutta la Svizzera. Per il carico ottimale degli automezzi è essenziale una pianificazione efficiente. «Per arrivare dal cliente al momento giusto e con la merce giusta siamo ricorsi ad una soluzione di IT che svolga per noi una pianificazione
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Postazione CBS Rack con bilancia ed etichettatrice. giri ottimale. Per questo abbiamo optato per la pianificazione giri integrata del CSB-System. Ci aiuta a sfruttare sempre al meglio i nostri giri; in questo modo risparmiamo sui costi logistici e ogni cliente riceve puntualmente la merce ordinata», assicura Ulrich. Gestione documentale del CSB-System Per ottimizzare la gestione dei documenti di trasporto, Bianchi impiega da alcuni anni la gestione documentale (DMS-Document Management System) di CSB-System. Nella sede centrale, a Zufikon, vicino Zurigo, i documenti di trasporto firmati dai clienti vengono smistati e archiviati mediante riconoscimento del codice a barre. Sullo sfondo ha luogo anche un coordinamento e un’indicizzazione. Tutti i DDT e i documenti, pertanto, sono sempre a disposizione nell’intero processo in tutte le postazioni necessarie e possono essere richiamati rapidamente. Oltre a creare trasparenza, ciò comporta un risparmio di tempo, ad esempio nel controllo della quantità, della
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qualità o del prezzo. «Oggi i nostri dipendenti non devono più ricercare i documenti nei raccoglitori» commenta Ulrich. «Con i circa 1.500 documenti di trasporto prodotti quotidianamente, risparmiamo oltre due ore al giorno». Visto il riscontro positivo, la soluzione è stata recentemente ampliata ed ottimizzata in modo che il processo di archiviazione si svolga elettronicamente. Vale a dire che i clienti di Bianchi ricevono ancora i loro DDT in forma cartacea, ma la ricezione della merce viene confermata su un ddt digitale con un terminalino mobile e inviato on-line alla sede centrale per l’archiviazione e la lavorazione ulteriore. La scansione dei ddt fa ormai parte del passato a vantaggio di una maggiore efficienza. La qualità per Bianchi, però, non si ferma ai prodotti realizzati e alla cura dei clienti, ma si spinge anche al consolidamento dei rapporti con tutti i partner aziendali. È infatti diffuso l’utilizzo del modulo di gestione EDI per lo scambio dati con fornitori e clienti, riducendo quindi al minino gli inserimenti manuali, lo scambio documentale cartaceo e le possibilità di errore del personale.
Sfide future Fondata nel 1881, l’azienda Bianchi è cresciuta costantemente fino ad arrivare ai suoi attuali 250 dipendenti e realizzare così un fatturato annuo di circa 170 milioni di franchi svizzeri. La fiducia nella collaborazione costruttiva tra Bianchi e CSB-System è stata recentemente confermata dalla decisione di implementare e integrare nell’ERP in uso anche i moduli per la pianificazione degli acquisti e la Business Intelligence. La CSB-System è lieta di essere il loro partner IT di riferimento.
Referente Italia: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (Verona) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb-system.it
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Una materia prima buona e poco costosa Parliamo della carne recuperata meccanicamente, denominata “CSM”, lavorata con le macchine dell’azienda francese Lima. Questo prodotto, risultante da una particolare lavorazione, della quale Lima è leader mondiale, si ricava da rifilature e lische di diverse razze di pesci, in poche parole si sfruttano sino in fondo alcuni scarti di lavorazione che diversamente finirebbero all’inceneritore, ottenendone un’economica materia prima dalle molteplici possibilità di utilizzo. Il procedimento è semplice: si introducono le parti da lavorare nella zona di carico: queste cadono sulla coclea la quale le sospinge verso la testata filtro che effettua il recupero, separando la carne rimanente dallo scarto definitivo: il prodotto esce dai fori o dalle apposite feritoie presenti sulla testata, mentre lo scarto passa attraverso il centro della testata stessa e viene scaricato. Le testate filtro, in dipendenza dal prodotto che si lavora, si possono avere con fori da 3 a 4 mm oppure con feritoie orbitali di spessore da 2 a 3 mm e lunghe sino a 25 mm. La resa produttiva si determina regolando la pressione di spinta della coclea: si va dal 45 al 65% con il tonno, per arrivare sino al
60/70% con il merlano; ovviamente eviscerato. La famiglia di macchine Lima si suddivide in versioni adatte ad ogni possibile esigenza: per recupero polpa da pesci quali: tonno, salmone, sgombro, pesce bianco, separatrici per recupero carne avicola e suina, disossatrici per eliminare piccoli frammenti ossei, scotennatrici per separare parti di cotenna dal grasso, snervatrici per eliminare nervi, tendini e cartilagini. Tutta la gamma viene proposta in una tipologia tale da essere alla portata di ogni azienda: da modelli con lavorazioni orarie da 100 a 300 kg/h per arrivare sino ai 20.000 kg/h. La carne appena recuperata, se destinata a prodotti da cuocere, va congelata subito. Il contenuto residuo di calcio è minimo: 21 milligrammi su 100 grammi: (la FAO ne consiglia da 4 a 500 mg al giorno) decisamente più basso di prodotto ottenuto da macchine a cinghia con tamburo rotante, così come la resa che raggiunge il 70% con Lima contro il 30% di quelle a cinghia. Le carni “CSM” ittiche possono trovare buoni impieghi sul nostro mercato: ad esempio per surimi, cotolette e polpettoni impanati, kebab, ripieni per ravioli di pesce, sughi, bastoncini, polpettine e molto
importante, per mangimi (pet food) oltre all’impagabile, infinita fantasia degli utilizzatori. Ogni macchina Lima, dalla più piccola alla più grande, viene costruita con i migliori materiali e componenti, l’impianto elettrico è racchiuso in una scatola a doppia protezione, ha piedini regolabili, più basi fisse per facilitarne la pulizia, consuma pochissima energia (1 Kw per 180 kg circa di prodotto), è facile sia da usare che da lavare e infine prima della consegna viene sottoposta a scrupolosi controlli e ad ore di funzionamento. Come sempre Lazzari Equipment è a disposizione per ogni informazione, preventivo e richieste di dimostrazioni.
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I bioattivatori, energia per i sistemi RAS Le tecniche di riutilizzo dell’acqua si stanno sviluppando in tutti i settori. Ne è un esempio positivo il progetto internazionale di acquaponica INAPRO, a cui partecipa anche l’azienda Eurovix Spa La tecnologia dei circuiti chiusi con ricircolo e filtrazione dell’acqua (Recirculating Aquaculture System) è utilizzata in Italia soprattutto nelle avannotterie di pesci marini o di acqua calda, in altri Paesi è invece normalmente utilizzata nello stadio di ingrasso. Anche se buona parte della comunità scientifica mondiale crede che i RAS siano una delle tecnologie del futuro per lo sviluppo dell’acquacoltura, le perplessità sulla loro efficienza sono molte, soprattutto laddove le
tecniche tradizionali, con ricambio continuo, sono ancora economicamente e ambientalmente sostenibili. Purtroppo però stiamo andando verso un repentino cambiamento climatico che penalizza fortemente la disponibilità di acqua dolce; per questo, a meno che non decidiamo di allevare solo pesci di acqua salata, le strategie di utilizzo della risorsa idrica in acquacoltura dovranno necessariamente cambiare. Le tecniche di riutilizzo dell’acqua si stanno sviluppando in tutti i
settori dall’industria all’agricoltura, ne è un esempio positivo il progetto internazionale di acquaponica INAPRO, col quale è stato dimostrato come si possano coltivare vegetali fertilizzandoli in parte con i reflui trattati dall’allevamento a ricircolo di pesci termofili con perdite di acqua veramente contenute (1-3% del totale). Al progetto ha partecipato anche Eurovix Spa, contribuendo all’ottimizzazione dei processi depurativi con l’uso di bioattivatori.
Impianto che utilizza la tecnologia dei circuiti chiusi con ricircolo e filtrazione dell’acqua.
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MILANESE snc dal 1953 produce e commercializza una vastissima gamma di attrezzature per l’acquacoltura, che esporta in ben 40 paesi di tutto il mondo. Inoltre progetta e costruisce su misura sistemi di automazione per l’allevamento del pesce
Milanese snc
Viale I Maggio, n. 3 – 33032 Bertiolo (UD) Tel. +39 0432 917224 – Fax +39 0432 917034 – E-mail: milanese@milaneseitalia.com – Web: www. milaneseitalia.com
La biotecnologia Eurovix si basa sull’utilizzo di miscele batterico-enzimatiche in grado di promuovere ed accelerare tutti i processi biologici all’interno dei circuiti di filtrazione. Nessuno nega che la tecnica RAS non sia semplice da progettare e da gestire e che i rischi siano molto elevati ma è altrettanto indubbio che i vantaggi in termini produttivi e di risparmio energetico siano assolutamente importanti soprattutto in quelle aree fortemente penalizzate da condizioni climatiche sfavorevoli. La soluzione di Eurovix Nei sistemi RAS il cuore del processo si trova nei filtri che devono mantenere elevati standard di efficienza e devono essere progettati per ridurre
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al minimo i rischi di interruzione del ciclo. Le variabili tecnologiche sono molte e molte sono le strategie di gestione: si va dai sistemi in linea dove filtrazione meccanica, biologica, sterilizzazione e riscaldamento sono sequenziali, al sistema a loop dove ogni stazione di filtrazione è indipendente dall’altra. L’obiettivo principale delle tecnologie di trattamento è quello di avere un’acqua di buona qualità da restituire alle vasche di allevamento e soprattutto di avere condizioni costanti (temperatura e chimica)
per periodi lunghi. Per minimizzare i rischi si lavora molto sulla tecnologia monitorando in continuazione il processo e predisponendo protocolli di intervento in emergenza con macchine in stand-by (ossigeno, pompe, sterilizzatori, filtri biologici) pronte a funzionare in soccorso o in alternanza. Le variabili che riducono l’efficienza del processo sono molte e non tutte possono essere previste in fase di progettazione o nella fase operativa. Vi sono rischi “biologici” legati alla salute degli animali, alla loro efficienza alimentare alla stessa qualità del mangime, o alla variazione di biomassa nel sistema. Esiste però una tecnologia che può essere utilizzata indipendentemente dall’architettura del RAS ed indipendentemente dalle strategie di gestione: questa è la tecnologia biologica che Eurovix Spa ha progettato e testato in infinite situazioni e che, spesso, si è rivelata essenziale per riportare l’efficienza degli impianti ai livelli ottimali. La biotecnologia Eurovix si basa sull’utilizzo di miscele battericoenzimatiche in grado di promuovere ed accelerare tutti i processi biologici all’interno dei circuiti di filtrazione. Spesso, ed erroneamente, si pensa che la trasformazione delle sostanze biodegradabili avvenga solamente nell’area del filtro biologico sui carrier dei percolatori o dei MBBR (Moving Bed Biofilm Reactor) dove il biofilm batterico adeso intercetta il refluo ed i cataboliti del pesce per trasformarli (essenzialmente con processi di nitrificazione) in sostanze non tossiche. In effetti, invece, la sostanza organica derivante dal metabolismo dei pesci o dal mangime non consumato può accumularsi anche in altre zone del sistema andando, se non prontamente rimossa, ad avvelenarlo. I punti critici dove avviene questa sedimentazione non desiderata sono le vasche di allevamento, i pozzetti di accumulo, le tubazioni non in pressione e con scarsa velocità dell’acqua, le sump di raccolta, i sedimentatori, i filtri meccanici, le vasche di distribuzione. Per rimuovere la sostanza organica accumulata si interviene con pulizie frequenti e radicali che pre-
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vedono necessariamente un grande consumo di acqua, dispendio di energia e, non di rado, sono causa di stress per il pesce. Ora è possibile minimizzare questo problema utilizzando la tecnologia Eurovix in tutto il circuito RAS distribuendo i bioattivatori nelle vasche di allevamento dove i microrganismi, che si attivano a contatto con l’acqua, inizieranno a “colonizzare” le superfici bagnate creando il biofilm necessario alla metabolizzazione della sostanza organica ed il tutto senza interrompere il ciclo produttivo. Nei casi più difficili, creati spesso da carenze progettuali, dove avvengono processi di decomposizione anaerobica si può intervenire con prodotti specifici in grado di lavorare con livelli bassi o in assenza di ossigeno. La biotecnologia Eurovix non necessita di strutture particolari per lavorare e quindi può essere utilizzata solamente in periodi definiti come
ad esempio nella fase di svezzamento degli avannotti dove l’alimentazione è ad libitum e gli sprechi di mangime sono fisiologici. È possibile collegare un piccolo dispositivo automatico di distribuzione del bioattivatore al sistema computerizzato di alimentazione per avere dosaggi precisi in accordo con la rata giornaliera di mangime. Il nucleo principale dove i bioattivatori lavorano al meglio è il biofiltro; in questo stadio i processi di nitrificazione non possono interrompersi o calare di efficienza, per sostenere l’attività del biofilm non sempre bastano ossigeno e temperatura soprattutto quando il carico di sostanza organica in ingresso non è costante. In questo caso, aggiungere sistematicamente piccole dosi di bioattivatori consente alla massa adesa di colonizzare il massimo della superficie disponibile senza aspettare i tempi canonici della propagazione naturale.
In molti test effettuati l’efficienza dei bioattivatori è stata misurata anche analizzando i dati zootecnici di un periodo definito di allevamento, i risultati sono sempre stati positivi in termini di crescita, di efficienza alimentare e di risparmio energetico. I bioattivatori Eurovix possono essere quindi considerati una tecnologia d’avanguardia inseriti nella processo di evoluzione dell’acquacoltura moderna.
Eurovix Spa Viale Enrico Mattei, 17 24060 Entratico (BG) Telefono: 030 7750570.580 Web: www.eurovix.it
Jarvis Italia, ghiaccio su misura
JARVIS ITALIA è la filiale italiana della JARVIS PRODUCTS CORPORATION che, dal 2002, promuove tutti i prodotti dell’azienda leader mondiale nella realizzazione di utensili per la lavorazione delle carni. Tra le attrezzature di Jarvis Italia c’è una linea di prodotti interessante per il comparto ittico. Si tratta delle macchine di produzione del ghiaccio della tedesca Maja (www.maja.de), che utilizza una tecnologia ad alto contenuto di innovazione che consente di ottenere ghiaccio per uso alimentare con eccellenti condizioni igienico-sanitarie, ideale per la conservazione del pesce. Le scaglie di ghiaccio possono avere vari livelli di spessore, con un minimo di 1-2 mm e una temperatura di circa –7 °C, caratteristiche che rendono il ghiaccio versatile e sicuro per la conservazione e stabilità del prodotto. Questa attrezzatura è facile da utilizzare, efficace in termini di risparmio costi e di bassa manutenzione, tutti aspetti utili per avere un prodotto di qualità costante.
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Tre modelli Le macchine per la produzione di ghiaccio Maja sono disponibili in tre modelli: 1. SAH, con gruppo frigorifero integrato (produzione da 250 a 3.000 kg/ 24 h); 2. RVH-L, con gruppo frigorifero separato (da –15 °C fino a +38 °C); 3. RVH, senza gruppo frigorifero (produzione da 400 a 12.000 kg/24 ore). HY-GEN La gamma HY-GEN identifica le attrezzature che danno un valore aggiunto in termini condizioni igieniche con la pulizia totalmente automatizzata che non richiede impiego di forza lavoro. Assistenza di Jarvis Italia Service Grazie ad un servizio tecnico costantemente aggiornato e supportato dalla casa madre, il cliente ha la garanzia della più completa ed efficiente assistenza. Le attrezzature Jarvis
sono di semplice manutenzione ordinaria: un fornito magazzino ricambi e accessori originali garantisce la massima efficienza produttiva e affidabilità, consentendo inoltre di evadere gli ordini in tempi brevissimi. Il cliente può chiamare per qualsiasi tipo di intervento tecnico presso la propria sede oppure presso officina Jarvis Italia. A richiesta è possibile fornire il servizio di manutenzione programmata a costo fisso presso la sede del cliente tramite la formula “tutto incluso”.
Jarvis Italia Srl Via Pinfari 8/C 46029 Suzzara (MN) Telefono: 0376 508338 Fax: 0376 507252 E-mail: info@jarvisitalia.it Web: www.jarvisitalia.it
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Macchina per la produzione di ghiaccio Maja modello SAH 85/170L.
Jarvis Italia, non solo ghiaccio Jarvis Italia distribuisce anche la spellatrice di pesce Maja ESM 435/2. Si tratta di una macchina universale che rimuove squame e pelle di numerose specie ittiche, tra cui tilapia, merluzzo, salmone, pesce persico oltre alla pelle di salmoni affumicati.
A destra: la spellatrice Maja modello ESM 435/2. OFFICINA MASETTI Srl
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Via Vignolese, 1170 41126 San Damaso (Modena) Italy Tel. +39 059 469112 â&#x20AC;&#x201C; Fax +39 059 469944 info@officinamasetti.it www.officinamasetti.it
STORIA E CULTURA
Bisso, quei fili d’oro in fondo al mare Negli ultimi decenni la Pinna nobilis aveva rischiato l’estinzione, al punto che, dal 1992, ne era stato vietato il prelievo. Solo ora, grazie ad un’azione forte di tutela, si assiste alla ricomparsa, seppur timida, anche in mari dove era sparita del tutto. Ma quei magnifici filamenti che produce sembrano invece irrimediabilmente destinati all’oblio, nella noncuranza generale di Guido Guidi
Molte cose la accomunano a specie similari: il potere depurativo delle acque che la ospitano, la prelibatezza del mollusco e il fatto che, come le ostriche, produca delle piccole perle. In alcune lagune un tempo proliferava. La sua presenza era evidente. Se ne scorgevano a perdita d’occhio,
sebbene si nascondessero nelle praterie di Posidonia, sia in fondali di qualche metro, come a profondità notevoli. Ma quel passato importante che vedeva la Pinna nobilis presente in tutto il Mediterraneo, di cui è specie endemica, resta ora solo un ricordo. Le numerose minacce all’e-
cosistema hanno imposto, già alcuni decenni fa, un regime di protezione e una tutela di matrice europea — poi ratificata dal governo italiano — che ne impedisce la raccolta, l’uccisione, la detenzione, la commercializzazione e persino l’esposizione a fini commerciali.
Pinna nobilis (photo © ilramodoro-katyasanna.blogspot.it).
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Della cozza penna — altro nome con il quale questo meraviglioso bivalve è spesso chiamato — si facevano, a suo tempo, gli usi più disparati: il mollusco finiva in pentola ed era ottimo, preparato in diversi modi. Le sue perle venivano utilizzate come ornamenti, l’interno come bottoni, il guscio come oggetto dagli impieghi più svariati: paralumi, ornamenti, accessori vari. Non a caso tuttora, nelle vecchie dimore dei pescatori o nelle ville al mare, se ne possono ammirare degli esemplari datati, appesi a far bella mostra di sé. Alta sino al metro e mezzo e pesante sino ad un chilo, questo meraviglioso bivalve vanta il merito di produrre un filamento pregiato che, dopo un’attenta lavorazione, si trasforma in quella che viene chiamata seta del mare. Il bisso, questo il suo nome, è più sottile di un capello, ma straordinariamente più resistente e, dopo uno speciale trattamento, si presta a diversi impieghi nell’arte tessile. In Sardegna, come in altre regioni dell’Italia meridionale, del bisso erano note anche le proprietà terapeutiche e il suo potere emostatico; pertanto non mancava mai in nessuna imbarcazione, perché utilissimo nella medicazione di ferite riportate dai pescatori durante il lavoro. Tappeti, arazzi, ricami, accessori di varia natura possono essere realizzati con questo filamento che viene dal mare, ma, considerata la rarità, la complessità della pulizia e della lavorazione, se ne riservava e tuttora se ne riserva l’uso a indumenti di pregio, spesso abiti talari e certamente destinati a classi abbienti. È con questo filamento di cheratina che le nacchere — altro nome in gergo della Pinna nobilis — si ancorano al fondale e si difendono da altri predatori. Ed è quel filamento che viene in parte sottratto per gli usi che conosciamo. Ma quel bioccolo marrone, che il mare restituisce sporco di minuscole conchiglie e piccoli coralli, non può essere utilizzato tal quale. Diventa infatti splendente come l’oro solo dopo un processo lungo e complesso, dove non mancano riti e cerimoniali. Una delle ultime detentrici dei
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Tinture naturali per lana. Chiara Vigo le utilizza per i suoi prodotti tessili (photo © Nelly Dietzel). segreti della lavorazione del bisso, la sarda CHIARA VIGO, ne elenca, nel suo sito internet, i diversi passaggi. Il primo è quello del prelevamento, appunto. Essendo la Pinna animale protetto, ma soprattutto al fine di non arrecarle danno alcuno, vengono utilizzati solo gli ultimi 5 centimetri dei circa 40 di bioccolo, che ciascun esemplare adulto di Pinna nobilis produce. La quantità è già di per sé modesta, ma si riduce ulteriormente in fase di lavorazione perché da 300 grammi di fibra grezza, una volta cardata (pettinata con un cardo a spilli, così da togliere le impurità) e dissalata, si ricavano solo 30 grammi, che si tradurranno poi in 12 metri di filamento circa.
Siamo però solo all’inizio di un processo complesso che prevede che il filamento, in un secondo momento, rimanga per 25 giorni in acqua dolce, con un ricambio che deve essere fatto improrogabilmente ogni 3 ore, notte compresa. Conclusa questa lunga fase, si bagna tutto con succo di limone per renderlo di colore più vivace e sottoporlo poi a un trattamento realizzato con un mix di alghe (la cui miscela rappresenta uno dei segreti della lavorazione) che serve a rendere il filamento ancora più resistente. Sono questi passaggi a restituire un filo di grande elasticità che non si deteriora, non viene attaccato dagli insetti, ha un’ottima proprietà di coibentazione.
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In alto: la lavorazione del bisso. Filamento ottenuto dal bivalve Pinna nobilis, più sottile di un capello ma straordinariamente più resistente, dopo uno speciale trattamento si presta a diversi impieghi nell’arte tessile. In basso: un bioccolo di bisso marino, chiamato anche seta marina per la sua finezza (photo © Luigi Garavaglia). Maestri come Chiara Vigo, certamente tra gli ultimi rimasti nel Mediterraneo, intervengono poi anche con tinture naturali, in grado di riprodurre il bisso così come la Bibbia lo descrive: viola, scarlatto, oro e porpora. Quest’ultimo colore richiede una lavorazione ancora più
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lunga e difficile: ci vogliono 28 giorni e 2 lune perché la conchiglia usata per tingere rilasci la bava sul sale e conferisca quella tonalità caratteristica. Ma in realtà tutto il processo produttivo di questo meraviglioso filato appare impegnativo e complesso e dargli un prezzo sarebbe cosa
altrettanto difficile. È certamente anche per questo motivo che scrive a caratteri cubitali nel suo sito: “il bisso non si vende e non si compra. Le opere in seta del mare possono solo essere donate o ricevute. Un maestro di bisso vive di offerte”. Guido Guidi
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Chiara Vigo, ultimo “maestro” del bisso CHIARA VIGO: è lei l’ultimo “maestro artigiano” del bisso, l’unica depositaria rimasta nel Mediterraneo dei saperi e dei segreti di una lavorazione che, pur millenaria, appare prossima all’estinzione. Classe 1955, la Vigo continua a portare avanti la passione per un prodotto le cui origini si perdono nella storia. L’arte di tessere quella bava che, a contatto con l’acqua, diventa un prezioso filamento gliel’aveva trasmessa sua nonna, a cui l’aveva tramandata sua mamma, e così indietro per generazioni. La millenaria tradizione della lavorazione del bisso è infatti provata dal lavoro delle popolazioni cretesi,fenicie ed egizie.La Vigo tiene a precisare che fu presumibilmente la principessa giudea BERENICE DI CILICIA (29-81 d.C.) a far fiorire, nell’isola di Solky (Sant’Antioco), l’antica tecnica di tradizione ebraica di filare e lavorare il bisso. Ma dopo trenta generazioni quell’arte, che con pazienza si è tramandata nei millenni, è oggi a un bivio e rischia la scomparsa definitiva. Chiara Vigo ha ereditato e sinora custodito un sapere antichissimo e tuttora si spende alacremente perché venga tutelato e promosso. Ciò che sua nonna LEONILDE MEREU le ha insegnato è però gelosamente custodito nel suo saper fare. Quel sapere che solo i maestri artigiani detengono e che — a parer suo — non può essere né scritto, né venduto. Ma solo narrato. La Vigo continua orgogliosamente a produrre arazzi, tappeti, abiti che richiamano temi anch’essi di antica tradizione e che hanno un utilizzo legato a momenti importanti e sacrali della vita sociale. Non potrebbe essere diversamente per un filamento difficile da raccogliere,raro nella disponibilità della materia prima, faticoso nella lavorazione. In questa trasformazione, che appare più come un rito che come un processo produttivo, risiede la saggezza del “maestro”, che mette nella cura del dettaglio, nel sacrificio, nella pazienza impiegata, tutto il sapere. Chiara lotta contro il tempo, contro la burocrazia, contro l’incuria, perché quell’arte che ha la fortuna di detenere non scompaia con la sua persona. Le difficoltà sono però enormi: la Pinna nobilis continua a mostrare fortissimi impedimenti alla sopravvivenza e fa i conti con inquinamento, movimenti dei natanti, pesca a strascico e prelievi. Nonostante la normativa di tutela, le nacchere fanno i conti con elementi che ne minacciano ogni giorno l’estinzione. Non a caso la Vigo, che si occupa in prima persona di prendere il prodotto in mare, per non danneggiare ulteriormente l’ecosistema, taglia parte dei filamenti e poi insabbia nuovamente il mollusco, anziché portarlo in superficie. Reperire la materia prima è cosa difficile e sempre più complicata. Ma è soprattutto il lavoro che segue che necessita di essere tramandato e difeso. Ci sono infatti tempi di immersione in acqua dolce, di detersione, di colorazione che si traducono in rituali veri e propri e che possono essere realizzati solo da chi conosce segreti e passaggi. La seta del mare richiederebbe un’attenzione ben diversa, a partire dalla cura della materia prima e del mollusco che la produce, per finire agli ultimi passaggi della lavorazione. Ma Chiara è sola e, per quanto combattiva e tenace come solo certe donne sanno essere, per ora attende un progetto, una scuola, un ambiente dove quel sapere millenario possa essere ulteriormente tramandato.
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Dal pesce al catamarano il passo è lungo
La lunga marcia del Ca.Na.Do. di Maurizio Dell’Agnello
Talvolta le storie di pesce, pesca e pescatori sono alquanto singolari. In tanti anni di collaborazione con la rivista IL PESCE mi è capitato a volte di raccontarne alcune. Del resto le condizioni con cui questo mestiere si faceva, soprattutto in passato, con pochi mezzi e tanto coraggio, affidando i propri destini alle forze divine e naturali che garantissero abbondanti pesche e il ritorno da un mare che non sempre si presentava come il migliore amico dell’uomo, costituivano già di per se le premesse per imprese epiche da raccontare. E poi c’è l’eterna lotta tra predatore e preda e tutti quegli accorgimenti
messi in campo per la cattura che a volte hanno dell’incredibile tutto da raccontare. Lo sapeva bene già ERNEST HEMINGWAY ed in genere tutti i pescatori sportivi e non che le loro straordinarie storie hanno sempre saputo raccontare. Quella di cui voglio parlare oggi è una storia veramente particolare, perché parte dal pesce e dalla pesca e finisce con i catamarani, passando per un lungo percorso fatto di rimorchiatori, motoscafi e barche da canottaggio. Già in altre occasioni ho avuto modo di ricordare le vicende storiche della pesca nella Costa degli Etruschi, cioè di quel litorale toscano
intorno al territorio di San Vincenzo, e di come tutto ebbe inizio nei primi anni del 900 del secolo scorso. Intorno agli anni ‘20, infatti, la pesca del pesce azzurro, specie di elezione in quella zona, era talmente florida che si avviarono vere e proprie “industrie di pesca e trasformazione ittica”, grazie ad imprenditori illuminati che disponevano di capitali necessari e che ritenevano che questa attività potesse avere interessanti prospettive. Fra questi vi erano i DELLA GHERARDESCA, nobile famiglia di origine longobarda, che annovera tra le sue fila alcuni santi e numerosi religiosi,
Il successo delle carene studiate al Ca.Na.Do. fu talmente grande che perfino l’equipaggio di Oxford, per la sfida universitaria con Cambridge, si affidò alle barche di Donoratico, battendo l’avversaria (photo © Canado Club).
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Memorie storiche fotografiche del Ca.Na.Do. (photo © Canado Club). ma anche di coraggiosi cavalieri, legata al feudo agrario ed al latifondo, fin dati tempi in cui fu chiamata ad amministrarlo per effetto del “dono di Rachis”, da cui deriva il nome Donoratico. Proprio un esponente di questa famiglia, il Conte GADDO DELLA GHERARDESCA, particolarmente influenzato dal fascino del mare, si industriò molto per organizzare, gestire e sviluppare l’industria della pesca e della trasformazione di prodotti ittici per quasi un quarto di secolo, fino al passaggio del fronte della seconda guerra mondiale, quando a causa degli eventi bellici, fu costretto a chiudere l’attività. Ma la passione per il mare rimase forte in lui, tanto che, grazie ai maestri d’ascia che avevano costruito i gozzi rivieraschi dei pescatori locali, si dedicò ad organizzare la costruzione delle imbarcazioni da pesca, trasporto e traino, utilizzando il legname dei boschi delle sue tenute. È quindi con la commessa della Ditta Tito Neri di Livorno, di 5 grandi rimorchiatori in legno, costruiti nell’area adiacente alle splendide ville Margherita ed Emilia, poste a pochi metri di distanza dalla spiaggia di Donoratico, che inizia nel marzo del 1946 l’attività del Cantiere Navale Donoratico (Ca.Na.Do.). Attività che andrà avanti fino alla fine degli anni ‘80, conoscendo numerosi momenti di gloria soprattutto quando, dopo le prime esperienze con le
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grandi imbarcazioni, il cantiere si dedica alla costruzione delle barche da canottaggio. Qui si aprono importanti rapporti con la Federazione Italiana Canottaggio e con quelle internazionali, rendendo famoso il cantiere in tutto il mondo per le vittorie olimpiche ed i titoli mondiali conquistati dalle barche Donoratico-della Gherardesca. Il successo delle carene studiate al Ca.Na.Do. fu talmente grande e conclamato che perfino l’equipaggio di Oxford, per la sua classica e tutta britannica sfida universitaria con Cambridge, si affidò alle barche italianissime di Donoratico, conquistando non a caso la vittoria. Parallelamente al canottaggio, il cantiere di Donoratico produceva anche piccoli motoscafi e barche a vela, le cosiddette “utilitarie del mare”, che negli anni ‘60, in pieno boom economico, rispondevano appieno al bisogno di affermazione e distinzione che la gente andava cercando, lasciandosi alle spalle il difficoltoso periodo postbellico. Negli anni ‘70 il Cantiere Navale Donoratico abbracciò il mondo delle grandi traversate oceaniche e lo fece nel suo stile, progettando e costruendo imbarcazioni particolari ed innovative, i catamarani, pressoché sconosciuti in Italia, ma immediatamente apprezzati per la velocità e la manovrabilità dai velisti di tutto il mondo. Poi, con il periodo delle
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I catamarani di Donoratico conquistarono i cuori degli skipper di tutto il mondo, grazie anche alla notorietà di Ambrogio Fogar e al suo Spirit. circumnavigazioni e delle grandi traversate oceaniche in solitaria, arrivarono i clienti famosi e le grandi imprese come AMBROGIO FOGAR, che proprio dal Ca.Na.Do. si fece costruire lo suo Spirit of Surprise. Per celebrare questa gloriosa storia, il 21 aprile, presso il Canado Club Family Village di Donoratico, struttura turistica nata nell’area che fu del cantiere, alla presenza del Conte GADDO DELLA GHERARDESCA JUNIOR — a rappresentare la famiglia che diede vita a quella epopea e le maestranze che nel cantiere lavorarono per oltre 40 anni —, si è tenuto un incontro in cui si è parlato dell’attività imprenditoriale del Conte Gaddo della Gherardesca, sia per quanto riguarda il settore ittico, sia per quello cantieristico. Ospiti particolarmente graditi, la scuola media G. Borsi di Castagneto Carducci, la Federazione Italiana Canottaggio e la Filippi Boats di Donoratico, che prosegue la costruzione delle barche da canottaggio, riportando a distanza di anni gli stessi successi che furono del Ca.Na.Do. RICCARDO MARIOTTI, del Canado Club Family Village, ha ricordato le origini della struttura, che oggi ha sì una vocazione turistica, ma che un tempo avviò con coraggio un’attività innovativa, creando numerosi posti di lavoro qualificato nella zona, mentre Gaddo della Gherardesca jr ha
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descritto il territorio nel quale operò il nonno con le sue imprese, prima ittiche e poi navali. Imprese che, seppur partite con spirito alquanto pionieristico, si svilupparono dando vita ad un know-how unico che gli consentì di diventare leader di settore, rendendo il marchio Ca.Na. Do. famoso in tutto il mondo. La Federazione Italiana Canottaggio, rappresentata dal consigliere ANTONIO GIUNTINI, ha portato i saluti del presidente Giuseppe Abbagnale, il quale iniziò la carriera sportiva proprio con una barca Donoratico della Gherardesca. La giornata si è quindi articolata in due distinti momenti: la presentazione di alcuni video realizzati sulla storia del cantiere Ca.Na.Do. ed una conferenza sulla figura del Conte Gaddo della Gherardesca e sul contesto storico economico nel quale si svilupparono le sue iniziative imprenditoriali legate al mare, con gli interventi di LORENZO BIENTINESI e ENRICO CAMPANELLA. Il primo ha preso in considerazione il legame storico che legava i territori dei della Gherardesca con la pesca, prima realizzata nelle lagune costiere e poi in mare. Il secondo ha invece ricordato le difficili condizioni in cui si trovarono ad operare gli imprenditori del territorio livornese nell’immediato dopoguerra, a causa dei lunghi tempi di requisizione dei
siti industriali che favorì in un certo senso chi riuscì ad inserirsi in processi produttivi nuovi come il Cantiere Navale Donoratico. Non è mancata occasione per parlare delle industrie ittiche del Conte: la GIPSA o Grande Industria per la Pesca di Sardine e Acciughe del Bambolo (oggi Donoratico), la Conte Gaddo della Gherardesca – F. Pollette, industria lavorazione sardine ed affini di San Vincenzo, meglio nota come Friggera, ma anche le aziende di Porto S. Stefano e Porto Ercole sull’Argentario, già avviate da Federico Pollette e nelle quali il Conte si inserì come socio azionario. G IANFRANCO B ENEDETTINI , responsabile del Museo della Civiltà del Lavoro di Venturina Terme, ha voluto sottolineare l’importanza e, al contempo, la difficoltà di tramandare i valori della memoria di un luogo, ripercorrendo la vicenda del Museo del Mare, fortemente voluto e pensato da VINICIO BIAGI, malacologo e studioso di storie di mare, che, a 13 anni dalla sua scomparsa, ancora non ha trovato né sede né opportuna valorizzazione, nonostante questa attività sia ancora oggi presente nei ricordi di molti. Dopo il pranzo offerto per l’occasione dalla Unicoop Tirreno e dall’Azienda ittica Il Padule, si è passati alla premiazione, per suggellare degnamente questa giornata trascorsa tra ricordi, riflessioni ed inviti, rivolti soprattutto agli alunni presenti, ad approfondire la conoscenza di questo territorio, ricco di storia di genti passate, ma anche di tanti altri aspetti che vanno studiati e opportunamente valorizzati per guardare con fiducia al domani che verrà. Maurizio Dell’Agnello Nota Per approfondimenti, M AURIZIO DELL’AGNELLO E RODOLFO TAGLIAFERRI, La lunga marcia del CAntiere NAvale DOnoratico, Interviste e ricordi del cantiere e della sua attività; LEONARDO FILARONI E RODOLFO TAGLIAFERRI, Il Cantiere Navale Donoratico, 50 anni di storia. Raccolta di immagini del cantiere, dei processi di lavorazione e delle barche prodotte.
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