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Una pesca artigianale e innovativa
Testi e foto di Massimiliano Rella
In laguna di Orbetello la pesca avviene con strumenti oggi moderni, anche nei materiali, ma con tecniche invariate nel tempo, le uniche in grado d’assicurare in questo habitat eccezionale attività sostenibili per l’ambiente, l’economia e la comunità dei pescatori. I metodi tradizionali di cattura, come il lavoriero, il martavello, il tramaglio, seppur ammodernati, mantengono invariati requisiti di sostenibilità: il pesce entra in laguna secondo le maree e la stagionalità, senza l’uso di mangimi esca.
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Il lavoriero è uno sbarramento tradizionalmente in legno, oggi meccanizzato, posizionato in corrispondenza dei canali che permettono lo scambio d’acqua tra la laguna e il mare. «È una complessa struttura di pesca che permette di gestire la marea» sottolinea SERGIO AMENTA (in foto), direttore della Cooperativa Pescatori di Orbetello. «Con la bassa marea il pesce entra dal mare in laguna, mentre con l’alta marea viene pescato nel momento in cui cerca di far ritorno al mare». La marea ha intervalli di 6 ore, tra un fenomeno e l’altro. L’ingresso dell’acqua marina in laguna attira i branchi verso lo sbarramento e li incanala in un sistema di camere “degli inganni” che conducono alla “cassa di cattura”, dove ancora vivo e in acqua il pesce è selezionato per taglia e issato con le reti, oppure rilasciato. In alcune stagioni, oltre all’alta marea, è l’istinto riproduttivo a spingerlo a uscire verso il mare. In tal caso gli esemplari più maturi sessualmente sono lasciati passare affinché raggiungano la costa per riprodursi: da qui, i “piccoli”, con
Acquacoltura in Toscana
L’acquacoltura in Toscana era praticata già dagli Etruschi e, soprattutto, dai Romani. In epoca imperiale le specie marine erano allevate in prossimità delle ville sul mare in vasche semisommerse (piscinae); resti appena affioranti si ritrovano non distante dalla villa romana a S. Liberata (Monte Argentario), dove si faceva l’ingrasso di murene e triglie, a scopo ornamentale e alimentare. Inoltre ai piedi del promontorio di Ansedonia, dove ricerche archeologiche hanno portato alla luce resti di un porto (Portus Cosanus) del 273 a.C. L’acquacoltura intensiva di specie marine come la intendiamo oggi nasce in Italia verso metà anni ‘70 sulle coste della bassa Toscana, nell’area di Orbetello. Inizialmente si allevavano anguille, in seguito sostituite da spigole (Dicentrarchus labrax) e orate (Sparus aurata), per assecondare le richieste del mercato. L’acquacoltura toscana riveste ancora oggi un ruolo di primo piano per specie pregiate marine per qualità e quantità (oltre il 20% della produzione nazionale).
In alto: alimentazione con farine di pesce nelle vasche di stabulazione alla Peschiera di Nassa.
A destra: la camera di cattura della Peschiera di Nassa e il ritiro della rezzola.
la bassa marea potranno entrare in laguna.
La Peschiera di Nassa è la struttura più importante e produttiva della cooperativa pescatori, posta sul canale d’immissione principale per lo scambio delle maree. Il pesce dal mare deve solo entrare; quando vuole uscire viene fermato e selezionato. La Peschiera ha un volume di 1.500 q/anno tra orate, spigole, cefali e un po’ di saraghi. La camera di cattura ha griglie larghe che consentono agli esemplari sotto taglia di essere convogliati nei canali di rientro, in laguna aperta. Invece i più grandi sono raccolti con la
I numeri
rezzola, una rete con due pali che mentre viene spostata manualmente si stringe verso un punto di raccolta, dove è pronto il pescatore con un coppo (retino).
Tra novembre e gennaio, periodo di massima risalita delle orate verso il mare, spinte dall’istinto di riproduzione, i branchi nuotano verso le peschiere, dove col sistema sopradescritto sono selezionati e raccolti. Poiché non possono essere venduti tutti assieme, viste le grandi quantità di pescato, in parte sono convogliati con un “ittio-pompa” e un sistema di condutture nelle vasche di stabulazione, alimentate con acqua di laguna; questo permette di razionalizzare la commercializzazione.
La cooperativa ha una flotta di 20 barchini e tre impianti fissi (peschiere) in gestione esclusiva, in concessione dal Comune, proprietario delle strutture. Sono gli impianti di Ansedonia, sulla laguna di Levante, e gli impianti di Fibbia e di Nassa (il più grande). La cooperativa è l’unico soggetto autorizzato a pescare in laguna.
In questi tre mesi le orate non sono alimentate e perdono dunque 30-40 grammi di peso ciascuna. Se fossero alimentate sarebbe pesce d’allevamento; «ma non vogliamo pesce d’allevamento, soltanto pesci che rimangano selvaggi» puntualizza Amenta. Questi sono ri-pescati dunque quando hanno raggiunto un peso di 400-50 grammi, venduti a 9 €/kg all’ingrosso, sul banco a 16-18 €/kg. Da febbraio a giugno le stesse vasche di stabulazione sono utilizzate per l’accrescimento degli avannotti, fino a 100 grammi, poi immessi in laguna.
Tramagli, martavelli e tesi
Torniamo alle altre tecniche. Se con il lavoriero si pescano tutte le specie ittiche presenti in laguna, lo stesso avviene col tramaglio, una rete da posta fissa costituita da tre strati di maglie usata prevalentemente in estate e nei mesi di novembre, dicembre e gennaio. Le tre reti — il
“panno” in mezzo a due “maglioni” di parete — hanno la funzione di insaccare il pesce quando batte sul panno centrale, rimanendo intrappolato. Le maglie sono da 55 (11 cm di ampiezza) e da 60 (12 cm), adatte per pesci di pezzatura da 400 grammi in su. La schietta è invece una rete di sbarramento composta da una sola maglia, una lunga parete assemblata da tanti pezzi, combinabile anche con parti di tramagli (tre reti), fino a comporre sbarramenti lunghi 9001.000 metri.
In estate le reti sono calate di notte, d’inverno nel pomeriggio; il raccolto sempre all’alba. Si pescano cefali gargia doro, celeta (cerina), muggine, Mugil cephalus da bottarga, spigole, orate, qualche sogliola, salpe e saraghi, che entrano dal mare, soprattutto verso la Peschiera di Nassa. Da metà estate anche mazzancolle, fino a novembre, pescate con i martavelli (bertavelli). Martavelli e nasse sono sistemi di pesca più selettivi: posizionati in laguna catturano solo anguille, femminelle (granchi invernali), mazzancolle e bavose. Caratterizzati da una rete a imbuto con camera finale, sono inseriti in “strutture d’inganno” realizzate con reti, canne e pali; in estate sono inseriti in strutture meno complesse dette crocioni, che si possono spostare molto velocemente, anche giorno per giorno. I tesi invece sono sistemi fissi: lunghe reti di sbarramento di 400-500 m, a cui sono collegati fino a 40 martavelli ciascuna.
A Orbetello si pratica anche l’acquacoltura — 4 allevamenti privati, a ridosso della laguna — attività che però non rientra tra quelle della Cooperativa Pescatori, che ha solo un piccolo impianto intensivo per l’integrazione delle spigole fino a 100-150 g in vasche in un’area circoscritta della laguna, poi liberate nelle stesse acque passando ad un sistema di allevamento estensivo vallicolo. Dopo l’immissione del novellame, l’accrescimento è affidato alla loro capacità di procacciarsi il cibo in situazione di naturale competitività con le specie presenti nei bacini lagunari.
Massimiliano Rella