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Mercati Ostriche per le masse Roberto Villa
Ostriche per le masse
Una società americana sta mettendo a punto la produzione di ostriche a base di colture cellulari e proteine vegetali. Non saranno più un bene di lusso, dicono
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di Roberto Villa
Ci sono certi cibi iconici che alle nostre latitudini rappresentano l’emblema della ricchezza e che nonostante il trascorrere dei decenni e la mondializzazione del gusto mantengono ben salda la primazia tra gli alimenti più ambiti ed esclusivi. È possibile che alcuni fra questi continuino a rimanere appannaggio di pochi, anche se l’aumento numerico della classe benestante in alcuni grandi Paesi come Cina e India, i cui membri intendono emulare gli occidentali agiati, è la premessa per un incremento dei volumi laddove sia possibile. Per altri si stanno affacciando sul mercato alternative, potremmo chiamarle surrogati se volessimo dare una connotazione negativa, in grado di ampliare notevolmente la platea dei consumatori.
Un po’ 4.0, un po’ Maria Antonietta. E fi occano gli investimenti
Riscaldamento delle acque, inquinamento degli oceani, patologie parassitarie, batteriche o virali stanno mettendo a dura prova la consistenza del patrimonio naturale delle ostriche e pure l’allevamento, di conseguenza le quantità immesse nel circuito commerciale. La società Pearlita1 è stata fondata dalla giovane NIKITA MICHELSEN, che ne è anche amministratore delegato, e ha sede in North Carolina, negli Stati Uniti, in un’area dove sono ubicate molte società attive nel campo delle biotecnologie. L’obiettivo che si è posta è quello di rivoluzionare il modo in cui le persone consumano le più raffi nate prelibatezze ittiche attraverso l’utilizzo di metodi sostenibili ed etici.
All’inizio dell’estate 2022 è stata fatta una presentazione al pubblico di un prototipo di ostrica a base di derivati vegetali; in autunno è previsto il lancio di una produzione ancora a livello sperimentale,
L’ostrica prodotta dalla società statunitense Pearlita a base di derivati vegetali.
ma che promette di raggiungere volumi di tutto rispetto nel giro di alcuni anni. Il progetto è stato talmente convincente che una società di private equity indirizzata a fi nanziare alimenti innovativi ed eco-sostenibili,CULT Food Science2 , ha deciso di investire in Pearlita una considerevole somma. L’amministratore delegato di CULT Food Science, LEJJY GAFOUR, ha affermato che «l’impegno di Pearlita di costruire un mondo migliore e di fare la propria parte nell’aumentare la sicurezza nell’approvvigionamento alimentare mondiale è incoraggiante e condivide la nostra stessa visione. Pearlita sta facendo grandi passi nel portare la produzione di prodotti ittici coltivati su una scala di massa».
La società del North Carolina ha utilizzato questi fondi per mettere a punto il prototipo di ostrica e per lanciare una campagna per proteg gere gli ecosistemi oceanici più fragili; in un futuro prossimo serviranno anche per studiare vongole e calamari improntati alla stessa fi losofi a.
La graziosa e determinata Nikita, di origine danese ma trasferitasi negli Stati Uniti sin dal 2011, insiste sul fatto che esiste una domanda ancora insoddisfatta di molluschi di qualità, la stessa stima che vi sia potenzialmente un 70% di consumi ancora sospesi nel desiderio di essere portati a termine. Parafrasando la celebre frase attribuita alla regina Maria Antonietta di Francia nel Settecento3, al popolo affamato che vuole le ostriche saranno date in pasto quelle coltivate.
Pearlita ambisce a divenire un attore di un mercato, quello dei prodotti ittici a base di proteine vegetali, il cui fatturato è stimato superiore a 1,3 miliardi di dollari nel 2031 rispetto ai 116 milioni del 2021. Nei soli Stati Uniti si consumano più di 2 miliardi di ostriche ogni anno, ma la richiesta è più ampia di quanto la produzione interna e le importazioni riescano a soddisfare.
Funghi, alghe e aromi. Curiosità su struttura della polpa e guscio
Il primo prototipo presentato al pubblico a fi ne giugno è un misto di derivati vegetali e di tecnologie di colture cellulari. Questa origine ibrida è costituita da una base di funghi e di alghe, insaporita con aromi appositamente studiati per conferire il caratteristico “sapore di acqua di mare” al prodotto. Come per le alternative alle carni, un aspetto molto importante è la struttura fi sica; per le ostriche è forse più facile simularla rispetto ad una bistecca di manzo, poiché la masticabilità è un fattore meno caratterizzante, tuttavia la sfida del riprodurre industrialmente ciò che la natura ha creato in millenni rappresenta sempre una sfi da. Nikita Michelsen, CEO dell’azienda.
Al fi ne di consentire un’esperienza completamente confrontabile col consumo di ostriche vere, prima del lancio uffi ciale sul mercato, previsto per l’autunno-inverno 2022, la società sta provvedendo a fi nalizzare la creazione di gusci in materiale biodegradabile, in linea con i principi di eco-sostenibilità dell’impresa.
Roberto Villa
Note
1. www.pearlitafoods.com 2. www.cultfoodscience.com 3. it.france.fr/it/parigi/lista/brioche-o-croissant-cosa-ne-dicemaria-antonietta