Il Pesce 5-2023

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IL PESCE

PERIODICO BIMESTRALE DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE

NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67

N. 5/2023

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23 5/ IL PESCE

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«Da’ un pesce a un uomo ed egli avrà un pasto; insegnagli ad allevarlo e avrà il nutrimento per tutta la vita»

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Gioacchini – Dr. Gianluigi Negroni – Prof. Ike Olivotto – Dr.ssa Paola Pierelli – Prof. Guido Razzoli

ANNUARIO del PESCE e della PESCA

2023/2024 N. 34

Annuario del Pesce e della Pesca

La banca dati internazionale del mercato ittico sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore acquacoltura, lavorazione, commercio e distribuzione.

Edizione 2023/2024

Copia cartacea: € 60,00

IL PESCE, 5/23 5
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IL PESCE

In questo numero: Agenda Colonia, Germania – Aalborg, Danimarca – Milano – Parma – 14 Bologna – Lusaka, Zambia – Istanbul, Turchia Il pesce nel mondo Israele-Palestina: la collaborazione è all’insegna dell’acquacoltura 20 Immagini dal mondo Planet Labs PBC 22 Immagini Antica tonnara Su Pranu 24 Pesce & Co. Pesci e design – W la creatività – Alici in ceramica 26 IL PESCE, 5/23 7 A
48. Anno XL Ottobre 2023 N. 5
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IL PESCE

8 IL PESCE, 5/23 Attualità Made in Italy, il Governo cerca di tutelarlo con un Disegno di Legge Guido Guidi 28 Sostenibilità, come dimostrarla Sebastiano Corona 34 La ricerca scientifica a sostegno della gestione del Granchio blu: Ike Olivotto 38 l’esempio virtuoso dell’Università Politecnica delle Marche Giorgia Gioacchini Rapporto Coop 2023: lo scenario dei consumi si fa più cupo 40 Acquacoltura Una nuova filiera circolare: il Mercato telematico sperimentale 48 delle catture indesiderate e sbarcate e dei prodotti derivati Andreas Gogl: trote e salmerini all’insegna della sostenibilità Riccardo Lagorio 50 Pesce d’acqua dolce Coregone o lavarello Luca del Grammastro 54 Pesca Coldiretti e CNR promuovono l’innovazione sostenibile… 57 La congiuntura climatica attuale (aridità) provoca condizioni… Giovanni Bombace et al. 62 Il pesce in rete Social fish Elena Benedetti 70 Vivere il mare con i pescatori: escursioni, cibo ed ospitalità 72 Aziende SDV: il Granchio blu, dal 2005, ve lo diamo noi Gaia Borghi 74 Ittigel festeggia i suoi primi 25 anni 80 Salmone irlandese bio: una scelta responsabile e di qualità… 82 aMARE CON GUSTO, nuova pescheria a Lurate Caccivio 86 Valore della formazione e propensione all’innovazione:… 88 Innovazione e soluzioni all’avanguardia: 30 anni di Linea Flesh 92 ASI racconta NEW COPROMO raddoppia il suo impianto di depurazione… Adriatic Sea International 96
DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO N. 5/2023 PERIODICO BIMESTRALE DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67 In
A pagina 70.
copertina: Granchio blu fotografato nella Sacca di Scardovari (photo © Massimiliano Rella).
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10 IL PESCE, 5/23 Interviste Alla scoperta del Mercato Ittico all’ingrosso di Milano Elena Benedetti 98 Speciale Scardovari Sacca di Scardovari, è allarme Granchio blu Massimiliano Rella 102 Identikit del Granchio blu Massimiliano Rella 106 Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine O.P. Massimiliano Rella 110 La Sacca degli Scardovari Massimiliano Rella 118 Barricata Holiday Village Massimiliano Rella 122 Indagini Ottimizzazione di un protocollo per testare l’attività degli oli… Mattia Di Mercurio et al. 124 Il pesce in tavola Pesce… pesce… dove sei? Giorgia Fieni 128 Sapori dal mondo Lo squalo fermentato d’Islanda Nunzia Manicardi 132 Week-end La storia della pesca del tonno in Sardegna: un caso d’archeologia… Massimiliano Rella 136 Fiere SANA 2023, successo per la prima edizione B2B 139 REFRIGERA, torna a Bologna l’appuntamento… 142 A pagina 80. www.ilpesce-online.com A pagina 26. A pagina74.
12 IL PESCE, 5/23 Tecnologie My ERP. Food Management Made Easy. Un autunno ricco 144 di eventi per CSB-System Leggeri, igienici, resistenti e tracciabili 146 Track Ittico: tecnologia e tracciabilità per una filiera ittica 4.0 150 Storia e cultura La Venerabile Confraternita del Bacalà alla vicentina Nunzia Manicardi 154 Tre Libri A tavola vista mare – Take One Fish – Tonno e pescespada 158 www.ilpesce-online.com
A pagina 128. A pagina 158. A pagina 98.

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AGENDA

Colonia, Germania

Ancora una volta Anuga si preannuncia come l’appuntamento fieristico più strategico nella sua capacità di riunire il meglio dell’industria internazionale del Food & Beverage a Colonia, dal 7 all’11 ottobre. Strutturata in dieci saloni distinti, ognuno dei quali rappresenta uno specifico settore e offre prodotti e servizi in armonia con l’area merceologica di riferimento, consente al trade visitor di organizzare con facilità la propria presenza in fiera. I prodotti ittici, insieme a cibi pronti e di gastronomia, frutta e verdura, troveranno il loro spazio ad Anuga Chilled & Fresh Food, mentre Anuga Frozen Food ospiterà gli alimenti surgelati (a destra, uno scatto all’ingresso della fiera in una passata edizione).

anuga.com

Aalborg, Danimarca

L’appuntamento con DanFish International è dal 10 al 12 ottobre ad Aalborg, in Danimarca. La manifestazione ha una tradizione quasi cinquantennale ed è cresciuta nel corso degli anni fino ad affermarsi come uno degli appuntamenti dell’industria ittica più seguiti in Europa, attirando costantemente visitatori ed espositori da tutto il mondo. Quest’anno DanFish torna a pieno regime con 7.000 m2 di spazio espositivo presso la sede dell’Aalborg Kongres & Kultur Center (photo © myaalborg.com). www.danfish.com

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Milano

È da sempre la manifestazione di riferimento per scoprire in anteprima prodotti e progetti innovativi e sostenibili, oltre che per far incontrare domanda e offerta nelle filiere dell’ospitalità professionale. E nelle ultime edizioni — la numero 43 è in programma a fieramilano a Rho dal 13 al 17 ottobre — HostMilano è diventata anche sempre più anche un hub di conoscenze che anticipa i trend, presenta dati, coinvolge i visitatori in appassionanti sfide e campionati grazie a un palinsesto di oltre 800 appuntamenti. Così come nel percorso espositivo, sarà protagonista l’innovazione sostenibile declinata in eventi che rispondono alle richieste diversificate degli operatori, dai campionati agli showcooking fino ai convegni e seminari e l’aggiornamento professionale.

Spicca nel programma la cerimonia di premiazione Smart Label – Host Innovation Award, il riconoscimento promosso da HostMilano e Fiera Milano in partnership con POLI.design e patrocinato da ADI – Associazione per il Disegno Industriale che, in sole sei edizioni, è diventato il riferimento globale per le innovazioni che marcano un reale cambiamento nel settore (photo © host.fieramilano.it). host.fieramilano.it

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Parma

Con una storia lunga 80 anni, Cibus Tec, in programma dal 24 al 27 ottobre, è oggi un luogo di incontro speciale e globale fra domanda e offerta, pensato per aprire nuovi scenari, condividere conoscenza in fatto di innovazione tecnologica e, non da ultimo, stimolare gli investimenti e la crescita del business della filiera. La fiera è da sempre organizzata a Parma, capoluogo di un territorio che raccoglie in un raggio di 200 km il 60% della produzione alimentare italiana. Peculiarità dell’edizione 2023, la 53a, è la presenza della più grande area dedicata alle migliori start-up food tech e di intelligenza artificiale. cibustec.it

Bologna

Dopo il successo dell’edizione 2021, Refrigera, manifestazione internazionale, unica in Italia e oggi punto di riferimento per il Sud Europa dell’intera filiera della refrigerazione industriale, commerciale e logistica, cresce e raddoppia i padiglioni, pronta per ospitare un numero ancora maggiore di aziende e visitatori qualificati. La terza edizione si svolgerà dal 7 al 9 novembre a BolognaFiere. Tante le novità che si articoleranno in una proposta merceologica ancora più completa. La parte espositiva ospiterà infatti per la prima volta un’area Cold Transportation & Logistics, interamente dedicata alla filiera dei trasporti refrigerati e della logistica del freddo, e un’area Refrigera Glass, dedicata all’industria vetraria a servizio della refrigerazione. Refrigera sarà arricchita da un fitto programma di convegni, workshop ed eventi formativi di altissimo livello elaborato in collaborazione con le associazioni e i centri di ricerca di settore. refrigera.show

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Lusaka, Zambia

Dopo il successo della Conferenza mondiale sull’acquacoltura svoltasi a Darwin in Australia lo scorso maggio, l’attenzione si concentra ora sulla Second Annual International Conference and Exposition of the African Chapter of the World Aquaculture Society (AFRAQ2023) in programma a Lusaka, Zambia, dal 13 al 16 novembre. Essendo uno dei Paesi produttori di acquacoltura più importanti e in più rapida crescita dell’Africa, lo Zambia ha molto da imparare, soprattutto per quanto riguarda la gestione di alcune dinamiche della catena del valore che interessano oggi il settore. Migliaia di delegati provenienti da tutto il mondo sono attesi per celebrare i risultati ottenuti in tutti gli aspetti dello sviluppo dell’acquacoltura in Africa, ma anche per trovare soluzioni ad alcune delle sfide che ostacolano la crescita del settore e per esplorare nuove opportunità. AFRAQ2023 offrirà senza dubbio numerose opportunità di formazione, networking e collaborazione. Il Paese ha recentemente lanciato la sua Politica della pesca e dell’acquacoltura 2022-2026, in cui si prevede che il sottosettore dell’acquacoltura contribuisca ulteriormente e in modo significativo alla sicurezza alimentare e nutrizionale, alla creazione di posti di lavoro e ai guadagni esteri attraverso le esportazioni di pesce. Il Paese ha intensificato gli sforzi per creare un ambiente favorevole agli investimenti del settore privato e sta attuando una serie di progetti strategici del settore pubblico-privato per migliorare e rafforzare le catene del valore dell’acquacoltura. Di conseguenza, nel Paese continuano a fiorire numerose aziende acquicole di piccole, medie e grandi dimensioni. was.org/meeting/code/AFRAQ23

Gustus 2023, tutti a Napoli dal 19 al 21 novembre

La nona edizione del più importante Salone professionale dell’agroalimentare, dell’enogastronomia e della tecnologia del Centro-Sud Italia si svolgerà a Napoli da domenica 19 a martedì 21 novembre. Un appuntamento riservato esclusivamente alle aziende di produzione diretta che lo scorso anno ha registrato un incremento del 20% di espositori con l’apertura di un nuovo padiglione e visitato da oltre 12.000 operatori e buyer. Tra le categorie di espositori a Gustus 2023 segnaliamo le aziende di produzione diretta di agroalimentare, beverage, surgelati, cucine professionali, tecnologie per la ristorazione, carni e salumi, cibi pronti e preparati, dolciario, pasticceria, panificazione, mondo bar, caffè, lattiero caseario, oli, prodotti bio e senza glutine, seafood, specialità enogastronomiche, vini, quarta gamma, servizi per la ristorazione. Enti pubblici, enti di promozione del territorio e delle produzioni agroalimentari. Questo è l’evento ideale per entrare in contatto con operatori dell’Ho.re.ca., ristorazione collettiva, distribuzione organizzata, grossisti, distributori, supermercati e negozi specializzati.

>> Link: gustusnapoli.com

Istanbul, Turchia

Seafood Expo Eurasia, che si svolgerà a Istanbul dal 7 al 9 dicembre, è un evento atteso da tutta l’industria ittica internazionale. Grazie alla prevista partecipazione di rappresentati da oltre 120 Paesi, la fiera promette di riunire gli imprenditori del seafood di tutto il mondo. L’evento occuperà due padiglioni (11 e 12) al Centro fiere e congressi TUYAP e ospiterà un’ampia varietà di settori, inclusa pesca e lavorazione, costruzione e manutenzione navale, attrezzature e componenti, acquacoltura, logistica e magazzinaggio, distribuzione e prodotti di mercato. Ciò che rende Seafood Expo Eurasia un evento unico è la capacità di offrire visibilità sia alle piccole e medie imprese che rischiano di passare inosservate alle fiere più grandi sia ai grandi player del comparto ittico. La fiera ha un approccio mirato all’impresa, adattandosi ai bisogni specifici dei partecipanti con la massima flessibilità, per assicurare un’esperienza gratificante e senza stress. seafoodexpoeurasia.com/en/

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Non bisogna far violenza alla Natura ma persuaderla. Epicuro Filosofo greco | Samo, 341 a.C. - Atene, 271 a.C. www.trote.it

Israele-Palestina: la collaborazione è all’insegna dell’acquacoltura

A Jenin si è concluso un progetto pilota quadriennale di acquacoltura gestito dal Ministero dell’Agricoltura israeliano, in collaborazione con l’Amministrazione civile (agenzia del Ministero della Difesa, responsabile degli affari civili in Cisgiordania), a favore dei residenti della Cisgiordania. Il Ministero dell’Agricoltura ha fornito sostegno finanziario, attrezzature, cibo per i pesci, filtri per l’acqua e sessioni di formazione per gli operatori locali, per un investimento totale di 700.000 shekel (oltre 170.000 euro). Il progetto pilota a Jenin ha prodotto tra le 2 e le 4 tonnellate di spigole vendute al mercato locale. Un progetto simile, a sostegno dell’economia e della produzione alimentare nelle aree della Palestina, è ancora in corso in un allevamento a Tulkarem. Gli allevamenti di acquacoltura usufruiscono di tecnologie israeliane al fine di massimizzare l’utilizzo delle risorse, compresa la costruzione di stagni aperti e coperti, il filtraggio dell’acqua e l’uso delle acque reflue per l’irrigazione agricola. GUY RUBINSTEIN, del Ministero dell’Agricoltura israeliano, ha affermato che l’obiettivo dei progetti è consentire ai Palestinesi di procurarsi il proprio cibo attraverso coltivazioni acquicole in modo indipendente e promuovere l’acquisizione di conoscenze tra la popolazione locale. Ora che il primo progetto pilota è terminato, un investitore palestinese è intervenuto per portarlo avanti, mentre il Ministero continuerà a fornire una guida professionale (fonte: EFA News – European Food Agency; in foto, impianto di acquacoltura in Israele).

20 IL PESCE, 5/23
IL PESCE NEL MONDO

“L’antica pratica dell’allevamento ittico sta crescendo rapidamente, fornendo una porzione maggiore delle nostre calorie e diffondendosi negli oceani e nei laghi. Ecco una barca che naviga tra allevamenti di cetrioli di mare (il trepang, di cui i Cinesi sono ghiotti, NdR) al largo della costa di Yantai, Cina”: la foto è stata scattata il 6 giugno 2020 da un satellite di Planet Labs PBC, la società statunitense, con sede a San Francisco, che fornisce quotidianamente dati satellitari che aiutano aziende, governi, ricercatori e giornalisti a comprendere il mondo fisico e ad agire (planet.com). Da seguire anche su instagram.com/planetlabs (photo © instagram.com/planetlabs).

22 IL PESCE, 5/23 IMMAGINI DAL MONDO

IMMAGINI

A Portoscuso, in provincia di Cagliari, resiste all’usura del tempo l’antica tonnara Su Pranu, costruita durante la dominazione spagnola a metà ‘500 e oggi appartenente al Comune della cittadina. Una destinazione turistica per conoscere meglio la storia della pesca del tonno sull’isola. Ce la presenta Massimiliano Rella a pagina 136 (in foto, pannelli esplicativi nella Baracca – Museo del Tonnarotto; photo © Massimiliano Rella).

24 IL PESCE, 5/23

I prodotti del mare d’Irlanda Un piacere al naturale

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26 IL PESCE, 5/23 PESCE & CO.
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Made in Italy, il Governo cerca di tutelarlo con un Disegno di Legge

Il primo semestre del 2023 segna un dato molto positivo sull’export dell’agroalimentare italiano. Con quasi 32 miliardi di euro, si registra una crescita dell’8,6%, il doppio delle esportazioni nazionali complessive. Un successo che mostra quanto il cibo made in Italy sia apprezzato, anche fuori dai confini nazionali. Un interesse che va coltivato e mantenuto nel tempo, come valore e patrimonio tra i più grandi che il Paese possa vantare.

Un brand la cui importanza è oggi all’attenzione del Governo che, dopo averlo inserito anche nel nome del dicastero precedentemente conosciuto solo come Ministero dello Sviluppo economico, lo promuove in un disegno di legge. Dall’imprenditoria femminile alla giornata del made in Italy, dai brevetti al fondo nazionale di sostegno, dalla proprie-

tà industriale a filiere come legno, nautica, tessile, ceramica: tutto questo è contenuto nella proposta legislativa che ha lo scopo di rilanciare il Paese. Oltre all’istituzione del liceo del made in Italy, per favorire il passaggio di conoscenze tra generazioni, viene istituito un programma

di trasferimento delle competenze generazionali nelle imprese private, da svolgere attraverso il tutoraggio da parte di un lavoratore pensionato ad un giovane neoassunto a tempo indeterminato. E ancora: ampia attenzione alle imprese culturali e turistiche e all’agroalimentare.

Un disegno di legge, quello sulla tutela del made in Italy, complesso, introdotto con lo scopo di riacquisire quella capacità produttiva e quel saper fare che ha reso l’industria del Belpaese famosa nel mondo. Un DDL che vorrebbe rivoluzionare lo stato delle cose, ma che potrebbe, nella sua applicazione, scontrarsi con una realtà che non ne consente piena attuazione

28 IL PESCE, 5/23 ATTUALITÀ

Un articolo è dedicato alla pasta e un altro all’istituzione di un fondo di supporto al riconoscimento delle Indicazioni Geografiche non agroalimentari. Un altro è per la protezione nel mondo delle IG agricole e alimentari e per la blockchain per la tracciabilità delle filiere. Un investimento di 50 milioni di euro sarà realizzato a favore del settore fieristico ed è prevista la regolazione del commercio elettronico e del metaverso.

Il NutrInform Battery viene promosso come sistema di etichettatura per le indicazioni nutrizionali dei prodotti alimentari, ma sono previsti anche interventi a favore della valorizzazione della biodiversità, delle pratiche tradizionali e del paesaggio rurale, del miglioramento genetico e dei distretti del prodotto tipico italiano. Un contrassegno ufficiale potrà essere richiesto dai ristoranti italiani sparsi nel mondo e verrà attribuito a quegli esercizi che garantiscono un’offerta gastronomica realmente conforme alle migliori tradizioni nostrane. Anche la lotta alla contraffazione è all’attenzione del Governo e, tra le varie cose, aumenteranno le sanzioni per chi acquista o vende merce contraffatta, che saranno estese anche a chi detiene per la vendita prodotti industriali con segni mendaci. Previste altresì azioni specifiche per gli uffici inquirenti e formazione specialistica dei magistrati.

Viene introdotto un contrassegno ufficiale di attestazione dell’origine italiana delle merci, ma anche attività di ricognizione e mappatura dei prodotti industriali e artigianali tipici già oggetto di forme di riconoscimento o tutela, ovvero per le quali la reputazione e la qualità sono fortemente legate al territorio. Le misure sono state predisposte in modo da essere coerenti con il principio di sostenibilità ambientale, la transizione digitale, l’inclusione sociale, la valorizzazione del lavoro femminile e giovanile e con il principio di non discriminazione tra le imprese.

È un disegno di legge complesso, introdotto con lo scopo di riacquisire quella capacità produttiva e quel saper fare che ha reso l’industria

del Belpaese famosa nel mondo. Il tentativo, forse tardivo, è di recuperare quell’italianità che, declinata in moltissime produzioni, stile, qualità, artigianalità, design, da sempre ci caratterizza e che tuttora permane come patrimonio immateriale di inestimabile valore.

Un disegno di legge che vorrebbe rivoluzionare lo stato delle cose, ma che potrebbe, nella sua applicazione, scontrarsi con una realtà che non ne consente piena attuazione. Al di là delle enunciazioni dei primi articoli, infatti, il DDL assomiglia ad un agglomerato poco armonioso di disposizioni diverse. È evidente la volontà di rilanciare un’economia e un’identità in affanno, sfruttando il brand più importante per il Belpaese, ma il Governo è costretto a farlo con armi spuntate. Non bastasse, molti dei problemi che si tenta di affrontare con questo provvedimento non nascono da una carenza normativa, perché hanno già una loro disciplina europea. Pertanto una sovrapposizione, lungi dall’essere utile, potrebbe generare confusione.

Ciò che però non convince pienamente è il significato di made in Italy, termine che, peraltro, fa partire l’operazione in difetto, considerato che — pur essendo di uso comune da decenni — è un’accezione inglese proposta proprio da chi, correttamente, ritiene prioritario riappropriarsi della propria lingua, oltre che della propria identità. Il decreto non dà infatti definizione alcuna né di made in Italy né del prodotto italiano autentico. Pertanto la domanda nasce spontanea: cosa si può davvero considerare locale in un Paese che importa la stragrande maggioranza delle materie prime, siano esse alimentari o meno?

In un Paese la cui forza risiede principalmente sulla capacità di trasformare materie prime e di creare oggetti unici? In un Paese la cui ricchezza risiede proprio nella differenza di linguaggio, cucina, storia, tradizioni, cultura, costumi, da regione a regione, anzi, da zona a zona? E che quindi difficilmente può incasellare in rigidi schemi qualunque cosa ne sia espressione ancorché manifatturiera?

IL PESCE, 5/23

Spaghetti con Colatura di Alici di Cetara. Su oltre 800 prodotti italiani a Denominazione di Origine e a Indicazione geografica, solo sei sono ittici: Tinca Gobba Dorata del Pianalto di Poirino DOP, Cozza di Scardovari DOP, Colatura di Alici di Cetara DOP, Trote del Trentino IGP, Salmerino del Trentino IGP e Acciughe sotto sale del Mar Ligure IGP (photo

La mancata definizione di prodotto made in Italy si sarebbe potuta perdonare se il decreto fosse stato chiaro nei contenuti, indicando una direzione univoca e risoluta sugli obiettivi. Ma questo non è. E alcuni passaggi, molti, forse troppi, appaiono forzati, indebolendo la proposta nel suo complesso.

Che peculiarità avrebbe per esempio il programma didattico del liceo del made in Italy che già non sia previsto per istituti similari? E cosa ci fanno l’imprenditoria femminile, i mutui a tasso agevolato, i brevetti e la pasta nello stesso decreto? Siamo sicuri che non si tratti di temi che andrebbero considerati singolarmente e disciplinati ognuno con un provvedimento dedicato? Si toccano molte, troppe questioni, attribuendo risorse (poche per la verità) che rischiano di disperdersi, inutilmente, in mille rivoli.

Il ragionamento di fondo — che si può solo intravedere —, è che sia made in Italy tutto ciò che viene fatto con materia o materiale italiano e che

viene lavorato nel Belpaese. Ma se questo è il concetto, ci si muove forse troppo tardi. Perché le produzioni che rispondono a questi due criteri si possono ormai contare sulle dita di una mano. Quando quindi, un prodotto, anche non alimentare, si può considerare italiano e quando no? È una deriva pericolosa quella che si può prendere adottando criteri molti rigidi. Perché, vista la scarsità della maggior parte delle materie prime nel nostro Paese, vista un’artigianalità e un’industria sempre meno attive, viste le tradizioni che si stanno perdendo nel tempo e sempre più ibridate da usanze altrui, un made in Italy fatto interamente da Italiani, in Italia e con materie prime italiane, è difficile da trovare. Molto difficile.

Focus Food

Per stare sull’esame dei contenuti della norma, meritano un’attenzione particolare i numerosi articoli dedicati all’agroalimentare. Trattare questo tema, già fortemente normato

e oggi principalmente appannaggio del legislatore europeo, non solo non è d’aiuto agli operatori, ma potrebbe generare confusione. Il passaggio sull’estensione delle IG ai prodotti non alimentari è trattato in maniera semplicistica, considerato che si tratta di una normativa già ampiamente sviscerata ad altri livelli e, rispetto alla quale, qualunque ulteriore passaggio rischia di essere inopportuno e dannoso. Trattare il tema della pasta, ad esempio, che sottostà già a regole molto rigide, sembra il tentativo malriuscito di porre un punto fermo su questioni più ideologiche che pratiche.

L’istituzione di una “Commissione tecnica che effettua indagini e redige linee guida che identificano le lavorazioni di particolare qualità, anche allo scopo di consentire ai produttori di darne corretta e pertinente evidenza pubblicitaria nell’etichettatura” è un’operazione davvero difficile da comprendere. Qualunque produttore che lo voglia, se le informazioni sono veritiere e

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© Fabio Sasso/Flash Press Agency).

supportate da elementi oggettivi, può in etichetta già oggi mettere in evidenza elementi qualitativi.

Semmai, invece, ci si dovrebbe preoccupare di altri aspetti come la carenza di cereali e di grano in particolare, in Italia e in Europa, e il fatto che una politica agricola miope, negli ultimi decenni, ci abbia impoverito anche su quel fronte. In fatto di pasta — ma, a dirla tutta, non solo di pasta —, siamo ottimi trasformatori, ma poveri di materia prima locale. Pertanto i migliori propositi di realizzare prodotti italiani dall’inizio alla fine si infrangono di fronte alla carenza di materia prima nazionale o regionale. Un problema che nessuna commissione potrà superare, ma che invece andrebbe affrontato sul campo e, in questo senso, il termine non ha un significato solo figurato.

L’articolo sulla certificazione di qualità della ristorazione italiana all’estero a primo acchito sembra persino utopistico, sebbene si comprenda pienamente l’esigenza di fare ordine. Impossibile non tornare

con la mente all’indimenticabile scena in cui CHECCO ZALONE, nel film Quo vado?, smonta l’insegna di un ristorante italiano in una città del Nord Europa che proponeva una disgustosa pasta al sugo, visibilmente immangiabile perché cotta in acqua fredda per “soli” trenta minuti! Il siparietto è divertentissimo e pone l’accento su un problema reale.

Ma in un Paese dove non sempre è facile per il consumatore riuscire a degustare al ristorante un prodotto tipico locale, si può pretendere di entrare nel merito dei menu dei locali esteri, giudicandoli sulla qualità e provenienza dell’offerta per verificare se sia effettivamente conforme alle migliori tradizioni italiane? Monitorare i ristoranti in Italia non è facile, figuriamoci quanto può essere difficoltoso farlo in giro per il mondo! Siamo certi che quel disciplinare che, ambiziosamente, dovrebbe dettare delle regole ai ristoratori di oltre confine, ancora tutto da scrivere, darà seri problemi a chi dovrà predisporlo.

L’Italian sounding è un fenomeno che ci danneggia e che spesso passa attraverso le cucine dei ristoranti all’estero, ma il modo migliore per fronteggiarlo è mettere in grado l’industria nazionale di produrre di più e meglio e di riempire quei vuoti di mercato che altri riescono ad occupare abusivamente con produzioni solo apparentemente tricolori, ma che con l’Italia non hanno nulla a che vedere.

Se da una parte il nostro export è in aumento, nella classifica dei Paesi europei che esportano maggiormente l’Italia resta comunque seconda a diversi Stati, anche ad alcuni che non vantano un patrimonio enogastronomico importante come il nostro, ma che, avendo un’industria forte, nel silenzio dei numeri e senza clamore, ci precedono e ci staccano nettamente. Su questo bisognerebbe riflettere.

Appare di più facile attuazione l’articolo che prevede attività di promozione della cucina italiana all’estero. Tuttavia, due milioni di

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euro in due anni sono una cifra risibile e, ancora una volta, il rischio che si disperdano le poche risorse in mille rivoli, senza di fatto raggiungere risultato alcuno, è concreto. Sembra invece avere maggiori possibilità di ricaduta effettiva sul comparto il fondo di supporto al riconoscimento delle certificazioni II.GG. di cui è prevista l’istituzione. Tuttavia, anche in questo caso, le risorse sono limitate e ancora una volta il pericolo è che, una dotazione così esigua, vanifichi il raggiungimento di ogni obiettivo. Non senza spreco di risorse.

In merito alle attività di ricognizione dei prodotti industriali e artigianali tipici non è chiaro se siano ricompresi quelli alimentari. Nel caso lo fossero, non si capisce la finalità dell’azione, considerato che da decenni esiste un elenco ministeriale di PAT che viene rinnovato periodicamente e che, al pari di quanto proposto da questo decreto, non garantisce tutela alcuna. Nel caso invece in cui il Governo abbia semplicemente voluto anticipare Bruxelles,

non ci si spiega perché introdurre una norma che presumibilmente, a breve, dovrà essere stralciata. Sembra più interessante l’ipotesi di una blockchain per la tracciabilità delle filiere, sebbene si tratti di uno strumento già nella disponibilità delle imprese che vogliono certificare la tracciabilità del proprio prodotto e rendere fruibile questa informazione ai consumatori. La direzione presa sia da parte del mercato sia dall’UE è questa, pertanto non si tratta di una vera e propria novità, come non lo è il passaggio sulla contraffazione.

È nobile il tentativo di porvi fine, ma le norme per contrastarla fanno parte del nostro ordinamento da tempo. Altra cosa è farle rispettare e intervenire in maniera efficace dal punto di vista culturale, sanzionatorio e investigativo, perché un fenomeno di così ampia diffusione sia debellato o almeno ridotto.

Tra le righe del decreto non c’è purtroppo una presa di posizione netta e decisa a difesa del made in Italy, qualunque cosa si intenda con questo termine.

Non basta stimolare l’orgoglio nazionale per recuperare danni fatti nei decenni alla nostra economia. Bisogna trattenere le imprese nel Belpaese e invogliarle ad investire qui, ricostruendo le filiere e un tessuto produttivo che nel tempo si è disgregato Bisogna ragionare su politiche fiscali che non facciano scappare gli imprenditori o che, peggio, li portino a chiudere, per (s)vendere i marchi a soggetti esteri che delocalizzano la produzione, pur continuando impunemente a sfruttare l’aura di italianità derivata dal nome. L’incentivo maggiore a rivitalizzare la nostra industria, il nostro artigianato e quindi il made in Italy — se anche così lo si intende —, è garantire uno Stato che funziona, infrastrutture all’avanguardia, servizi pubblici e privati efficienti, un apparato amministrativo che non sia da ostacolo ma d’aiuto, una giustizia che si muova in tempi ragionevoli. Così si può ritornare, almeno in parte, ad essere ciò che eravamo.

In Friuli isole artificiali sommerse per pesci e crostacei

Creare una serie di isole artificiali sommerse per sostenere il settore regionale della pesca e aumentare la biodiversità marina: è questo l’obiettivo del progetto “Unità produttiva ittica” ideato da CONFCOOPERATIVE FRIULI VENEZIA GIULIA: il progetto si avvale di un sostegno europeo pari a 570.000 euro ed è in corso di svolgimento. Per il momento è stata attivata la posa di alcune strutture sottomarine a 10 metri di profondità, a circa 3 km al largo di Lignano Sabbiadoro, per offrire riparo e vita a pesci, molluschi e crostacei dell’Alto Adriatico. Alcune piastre ottagonali di calcestruzzo naturale, a superficie ruvida e con enormi fori circolari, costituiscono la base per i moduli assemblati in maniera stabile a formare 80 piramidi adatte a promuovere la vita marina. Le piramidi saranno protette dalla pesca illegale a strascico da apposite barriere posizionate sui fondali. L’intervento, aggiunge Confcooperative Friuli Venezia Giulia, “ha lo scopo di aumentare le superfici sottomarine solide con scogli artificiali ottenendo un effetto di attivazione della catena alimentare e di aggregazione, aumentando così la presenza della popolazione ittica locale”. La fase realizzativa del progetto terminerà a novembre: la porzione di mare afferente al progetto è di circa 800 ettari. Si tratta, spiega la cooperativa, “di un modello innovativo di gestione della risorsa e della pesca sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico. Non si deve dimenticare, infatti, lo stato di crisi del comparto regionale, sia a causa della riduzione del pescato, crollato del 74% a Grado e del 54% a Marano Lagunare negli ultimi 10 anni, che delle flotte in calo del 20%”. La crisi, sottolinea ancora l’organizzazione, colpisce soprattutto la pesca artigianale. «Favorire il ripopolamento dei nostri mari — spiega Riccardo Milocco, presidente del Consorzio Cogepa — significa anche dare prospettive concrete alla diversificazione delle attività che, in futuro, saranno sempre più importanti come l’ittiturismo e le attività legate alla gestione della risorsa mare» (fonte: EFA News – European Food Agency).

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Sostenibilità, come dimostrarla

Negli ultimi decenni la legislazione comunitaria e quella nazionale hanno avuto come focus la sicurezza alimentare e l’igiene. Oggi il rispetto di questi elementi è dato praticamente per scontato e l’attenzione del mercato va invece verso ambiente, persone, legalità e non solo

I temi della tutela degli ecosistemi, della limitatezza delle risorse, dell’inquinamento e della gestione dei rifiuti hanno acquisito centralità, ma vanno di pari passo con l’esigenza del rispetto dei diritti umani, dei lavoratori e dell’equità nella distribuzione dei redditi. Il criterio delle

3 P, Persone, Pianeta e Profitti, introdotto già negli anni ‘90, prende oggi piede, se non per effettiva e

diffusa condivisione, almeno perché la realtà delle cose costringe a fare delle scelte in questa direzione. È quindi sempre più diffusa l’idea che le imprese non debbano concentrarsi solo sui profitti, ma che — per il loro stesso interesse — debbano orientare la propria politica tenendo conto anche delle persone, intese come collaboratori, clienti e fornitori, e degli ecosistemi, poiché un tessuto

produttivo che distrugge un contesto ambientale è dannoso per tutti, prima di tutto per se stesso.

Questa filosofia di vita e di lavoro si è oggi tradotta in un altro acronimo, ESG, che significa Environmental, Social and Governance, e si riferisce a tre fattori centrali nella misurazione della sostenibilità di un investimento. In questo sistema, i requisiti ambientali esaminano il

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modo in cui un’azienda impatta sul territorio che la ospita e, in generale, come contribuisce in termini di rispetto per l’ambiente. I criteri sociali rilevano invece il modo in cui l’impresa si rapporta con il capitale umano, come approccia la diversità e le pari opportunità, le condizioni di lavoro, la salute e la sicurezza di chiunque abbia a che fare con essa. I criteri di governance, infine, valutano il modo in cui un’azienda è amministrata, non ultimi la remunerazione dei dirigenti, le pratiche fiscali, la corruzione e l’abuso d’ufficio, la diversità e la struttura degli organi decisionali.

Il principio che sta alla base dell’ESG è che le imprese che hanno maggiori probabilità di avere successo e di generare ottimi rendimenti sono quelle che creano valore per tutti i soggetti che con essa entrano in contatto. Di conseguenza, l’analisi ESG si concentra sul modo in cui le aziende operano nella società e su come ciò influisce sulle loro performance attuali e future.

L’analisi ESG non riguarda infatti solo ciò che l’azienda sta facendo oggi, ma anche la capacità di affrontare eventuali cambiamenti che possono incidere sulla possibilità di sopravvivenza in futuro. Tenere conto di questi elementi nelle decisioni di investimento, significa indirizzare capitali e risorse verso imprese e progetti che garantiscono una certa

remunerazione. Una remunerazione che, oltretutto, non è fatta a spese né dell’ambiente, né delle persone.

E, in quanto tale, si può considerare sostenibile: una finanza sostenibile.

Tuttavia, sebbene esistano sistemi per stabilire un rating ESG, — e che quindi esprime un giudizio sul livello di sostenibilità di soggetti pubblici e privati, di titoli finanziari e di strumenti di investimento collettivo — in realtà non ci sono ancora standard condivisi a livello internazionale per una valutazione univoca. I criteri di misurazione sono ancora variegati e disomogenei e questo fatto, oltre a generare confusione, non dà certezze né possibilità di comparazione obiettiva.

Gli indicatori che oggi si ritengono tra i più autorevoli in termini ESG sono quelli del Global Reporting Initiative (GRI); si è però in attesa degli ESRS (European Sustainability Reporting Standards) per l’applicazione dei quali non si dovrebbe, a quanto pare, attendere ancora molto.

Nel frattempo, anche alcuni enti di certificazione si sono attrezzati nel tentativo di dare al mercato, agli investitori e ai consumatori degli elementi di valutazione il più possibile attendibili, sviluppando per esempio disciplinari tecnici allineati con il set di indicatori GRI “Consolidated Set of GRI Sustainability Reporting Standards 2020”, al fine, appunto, di misurare il livello di integrazione

dei principi di sostenibilità ambientale, sociale e di governance delle proprie strategie, politiche, obiettivi e attività.

L’Assessment ESG si rivolge a qualsiasi tipologia di organizzazione pubblica o privata, di qualsiasi settore e dimensione che voglia dimostrare il proprio impegno ad integrare i principi ESG all’interno delle proprie attività, permettendo agli stakeholder, interni ed esterni, di formarsi opinioni e prendere decisioni informate in merito.

Esistono però anche sistemi di certifi cazione rivolti a singoli settori. In campo agroalimentare, del vitivinicolo, per esempio, la norma Equalitas – Vino Sostenibile (www.equalitas.it) è uno schema privato, condiviso, oggettivo e certificabile da un ente terzo, che introduce regole che si applicano a tutti gli attori della filiera, dagli agricoltori al consorzio di tutela e per tre livelli: l’impresa (standard di Organizzazione), il prodotto finito (standard di Prodotto), il territorio (standard di Territorio).

Anche VIVA (viticolturasostenibile.org) è un programma per il settore vitivinicolo ma è l’unico pubblico, di titolarità del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Misura le prestazioni di sostenibilità della vitivinicoltura in Italia ed è finalizzato al suo miglioramento. Coinvolge centinaia di aziende sia singolarmente che

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attraverso cantine sociali e consorzi e il numero dei soggetti interessati è in costante crescita. È progettato per le aziende perché permette di valutare l’uso ottimale delle risorse e misurare i miglioramenti nel tempo. Ma è utile anche ai consumatori, perché fornisce un criterio oggettivo per verificare la sostenibilità del vino e l’impegno dei produttori sia in campo ambientale, sia socioeconomico. In etichetta sono visibili quattro indicatori: Aria, Acqua, Vigneto e Territorio, validati da un ente terzo e garantiti dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Questo consente al consumatore di fare scelte consapevoli e supportate da elementi oggettivi e documentati. Un altro sistema di certificazione è il GLOBAL GAP

(www.globalgap.org), uno standard di buone pratiche agricole che nasce allo scopo di favorire e certificare un’agricoltura sicura e sostenibile su scala mondiale. È declinato in tre ambiti di produzione: coltivazioni, compresi fiori e piante ornamentali, zootecnia e acquacoltura.

Il Sistema di qualità nazionale benessere animale (SQNBA) è un altro standard nazionale pubblico, disciplinato da un decreto interministeriale nel 2022, che introduce le procedure atte a qualificare l’allevamento di animali destinati alla produzione di alimenti tramite la definizione di processi e requisiti superiori a quelli già previsti dalle vigenti norme in materia. Il sistema rafforza quindi la sostenibilità ambientale, economica e sociale delle

produzioni grazie alla certificazione accreditata degli allevamenti e della filiera, introducendo nuovi protocolli che, tra le varie cose, implicano la riduzione dell’uso degli antibiotici e, in generale, una maggiore sostenibilità dell’allevamento.

Lo standard è perfettamente in linea con i nuovi orientamenti comunitari che stanno alla base della PAC 2023/2027, del PNRR, nonché della strategia Farm to Fork, che si pone l’obiettivo di far transitare, nel medio periodo, verso una produzione alimentare sostenibile.

La SQNPI (Sistema di Qualità Nazionale Produzione Integrata) invece è uno schema di certificazione che riguarda il mondo vegetale, nel rispetto dei disciplinari regionali di produzione integrata. È riconosciuta

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La certificazione GLOBAL GAP “Acquacoltura” considera l’intero processo di allevamento del prodotto certificato, dalla fase in cui il pesce o l’uovo entrano in produzione fino a quella che precede la lavorazione.

anche a livello comunitario (Reg. CE 1974/2006).

È di più recente introduzione la UNI/TS 11820:2022, standard che ha il precipuo scopo di misurare la circolarità nelle organizzazioni attraverso una serie di indicatori che creano un sistema di rating. Incentiva e certifica il flusso delle risorse circolari, conservandole, rigenerandole o aumentandole di valore. Permette di migliorare la propria credibilità e affidabilità e nel complesso contribuisce in modo efficace alle priorità definite dal Green Deal UE e dalla riforma 1.1 della Missione 2 del PNRR.

È importante richiamare anche il bilancio di sostenibilità, che ha proprio l’obiettivo di informare gli stakeholder dei risultati economici, sociali e ambientali generati dall’azienda nello svolgimento delle proprie attività. Il bilancio di sostenibilità contribuisce a far emergere nelle imprese i propri valori sociali e ambientali, rendendo conto degli impatti non finanziari dell’attività

verso tutti i soggetti con cui viene a contatto. Normalmente è redatto secondo principi riferibili al già richiamato GRI e attualmente è obbligatorio solo nel settore bancario e assicurativo e nell’ambito profit per le aziende quotate o emittenti titoli obbligazionari di grandi dimensioni, ovvero con numero di dipendenti superiore a 500 e che abbiano un fatturato annuo superiore a 40 milioni di euro o totale dello stato patrimoniale superiore a 20 milioni di euro. Mentre per ora continua ad essere volontaria per la restante platea di aziende. La normativa richiama cinque ambiti di rendicontazione, quali: lotta alla corruzione attiva e passiva, ambiente, personale, sociale e diritti umani.

Le certificazioni, qualunque ne sia l’oggetto, hanno il vantaggio di mettere in evidenza elementi che riguardano la vita dell’azienda, di cui talvolta non si ha né completo controllo né piena consapevolezza Pertanto, anche quando si tratta

di standard molto settoriali o con un ambito di indagine limitato, possono contribuire fortemente a migliorare l’efficienza aziendale in generale, soprattutto se non applicate in maniera meccanica e vuota. Per questo, in tutte le imprese, anche quelle più piccole, se ne dovrebbe valutare l’applicazione.

Sul fronte delle certificazioni in materia di sostenibilità c’è però oggettivamente ancora molto da fare, sebbene alcuni strumenti siano già disponibili, soprattutto in ambito agroalimentare.

Il rispetto di certi criteri, siano essi sul piano ambientale, dei diritti della persona o della legalità, dovrebbe essere l’elemento che guida qualunque imprenditore a prescindere dagli obblighi di legge e dai vantaggi che ne possono derivare in termini di reputazione e visibilità. Certo è che, quando è anche il mercato a chiedere il rispetto di determinati modelli, il mondo economico si adegua di conseguenza.

Corfù Sea Farm

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pezzatura e di qualità Corfù Sea Farm Vathi, Kassiopi 49081 Corfù, Grecia Tel.: +30 26630 81764 Fax: +30 26630 81763 info@corfuseafarm.com www.corfuseafarm.com
La qualità attraverso il miglioramento continuo è sempre stata la nostra massima priorità. Crediamo che i consumatori abbiano diritto ad un pesce gustoso, di alto valore nutrizionale, sicuro e sottoposto a severi controlli che ne garantiscano anche la sostenibilità verso l’ambiente. Siamo quindi impegnati ad implementare i migliori sistemi di Certificazione per la Sicurezza Alimentare e la Protezione del Consumatore.
grossa

La ricerca scientifica a sostegno della gestione del Granchio blu: l’esempio virtuoso dell’Università Politecnica delle Marche

di Ike Olivotto e Giorgia Gioacchini

L’estate 2023 passerà alla storia grazie ad un protagonista proveniente da lontano, il Granchio blu (Callinectes sapidus) , introdotto accidentalmente in Mediterraneo a causa delle acque di zavorra delle

navi provenienti dall’Atlantico occidentale. La specie in oggetto ha trovato un ambiente fertile soprattutto nell’Alto Adriatico, dove ha velocemente invaso gli ambienti lagunari.

Questa specie aliena ha trovato in questi habitat, caratterizzati da bassa salinità, alte temperature e abbondanza di cibo, l’ambiente ideale per riprodursi e diventare addirittura invasiva. E se questa abbondanza po-

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Il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente di Ancona, grazie ad una stretta collaborazione con Federpesca e pescatori della zona di Goro, è uno dei pochissimi centri di ricerca a possedere un elevato numero di esemplari di granchi blu mantenuti in cattività presso la moderna infrastruttura acquari.

trebbe quasi sembrare vantaggiosa per l’economia locale, va purtroppo evidenziato che il Granchio blu è un predatore assai vorace e, in pochi mesi, la sua presenza ha avuto un effetto devastante soprattutto sugli importanti allevamenti di bivalvi presenti nell’area, con conseguenze catastrofiche sull’economia degli allevatori e dei pescatori.

Ad oggi sono numerosi gli studi scientifici messi in atto soprattutto per capire come questa specie aliena stia interagendo in un ecosistema diverso da quello di origine, ma purtroppo non sono ancora arrivate risposte concrete in grado di contenere questa sua espansione e ridurne gli ingenti danni.

Il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente, grazie ad una stretta collaborazione con FEDERPESCA e pescatori della zona di Goro, è uno dei pochissimi centri di ricerca a possedere un elevato numero di esemplari di granchi blu mantenuti in cattività presso la moderna infrastruttura acquari. Nello specifico, i due autori stanno ottimizzando una serie di attività di ricerca relative all’alimentazione, alle qualità organolettiche delle carni, alla riproduzione e all’allevamento di questa specie. In aggiunta, si stanno studiando anche veri e propri dissuasori in grado di allontanare i granchi da eventuali fonti di cibo,

sistemi che stanno dando dei risultati estremamente interessanti.

Tutte queste attività di ricerca sono svolte in condizioni di cattività, permettendo quindi di variare a piacimento le condizioni ambientali, i parametri chimico-fisici e l’alimentazione degli animali, oltre che svolgere delle e vere e proprie osservazioni comportamentali, e sono volte ad individuare una serie di risposte necessarie ad aiutare i pescatori e gli allevatori. Gli autori sottolineano infatti l’importanza di ottenere queste informazioni al più presto sfruttando quel naturale “periodo finestra” che andrà presumibilmente da fine ottobre ad aprile 2024, durante il quale, con l’abbassarsi delle temperature dell’acqua, la presenza del granchio blu e la sua aggressività dovrebbero diminuire e lasciare un attimo di tregua a pescatori ed allevatori.

Tuttavia, è doveroso non farsi trovare impreparati alla successiva primavera in quanto, con elevata probabilità, il problema, dopo l’innalzamento delle temperature, si riproporrà forse anche in maniera più estesa, in quanto studi condotti in campo hanno già evidenziato che le femmine rilasciano la prole in mare dopo una breve migrazione dalla zona lagunare. Le larve, una volta entrate a far parte del plancton, potranno raggiungere nuovi siti da colonizzare, rappresentando così una vera a propria minaccia per l’intero Adriatico occidentale.

L’Università Politecnica delle Marche, insieme a pescatori, alle associazioni di categoria ed altre associazioni ed enti di ricerca, si trova quindi in prima fila per fornire reali soluzioni a pescatori ed allevatori attraverso studi condotti in cattività su questa specie.

Ike Olivotto Prof. di Acquacoltura presso il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente, Ancona Giorgia Gioacchini Prof.ssa di Biologia della riproduzione dei vertebrati marini e acquacoltura presso il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente, Ancona

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Ike Olivotto e Giorgia Gioacchini.

Rapporto Coop 2023: lo scenario dei consumi si fa più cupo

È stata presentata l’anteprima del “Rapporto Coop 2023 – Consumi e stili di vita degli Italiani di oggi e di domani” redatto dall’Ufficio Studi di ANCC-COOP (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori-Coop) con la collaborazione scientifica di NOMISMA, il supporto d’analisi di NIELSENIQ e i contributi originali di CIRCANA, GS1-OSSERVATORIO IMMAGINO, CSO SERVIZI, GfK, MEDIOBANCA U FFICIO S TUDI . Da quest’anno il Rapporto, per alcune sue parti, si è avvalso dell’ausilio dei nuovi programmi di intelligenza artificiale generativa, tra cui ChatGpt, Bard e Midjourney

L’edizione 2023 è tutta orientata a leggere, con gli occhi degli Italiani, l’eccezionale complessità del mondo che ci circonda e a comprenderne gli effetti sulla loro vita quotidiana,

La fotografia scattata dal Rapporto Coop 2023 è quella di un Paese in cui crescono i timori. L’economia perde la spinta dei consumi: nei mesi a venire le intenzioni di spesa degli Italiani fanno segnare un’inversione di rotta, col 36% che intende ridurre i consumi al netto dell’inflazione

a partire — come tutti gli anni — dal loro rapporto con il cibo. Per fare questo, oltre ai tanti contenuti originali offerti dai contributors del Rapporto, anche questa edizione si è avvalsa di due diverse survey (“What’s Up” e “Hybrid Future”) condotte entrambe nella seconda parte dello scorso mese di agosto. La prima ha coinvolto un campione di 1.000 Italiani rappresentativo della

popolazione over 18 (18-75 anni). La seconda si è rivolta ad un panel della community del sito di italiani.coop e ha coinvolto 680 opinion leader e market maker fruitori delle passate edizioni del Rapporto. Tra questi sono stati selezionati 450 ruoli apicali (amministratori delegati e direttori, imprenditori, liberi professionisti e consulenti) in grado di anticipare più di altri le tendenze future del Paese.

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Consapevoli e certamente più poveri, gli Italiani di fatto non possono che convivere con una economia familiare sempre più ristretta e che non lascia spazio al futuro e obbliga a moltiplicare le rinunce quotidiane.

Futuro multiplo e punti di rottura Guerra e cambiamenti geopolitici, climate change e migrazioni, e ancora, intelligenza artificiale e mercato del lavoro, naturalmente inflazione e possibile crisi economica. Non sono mai stati così tanti i futuri possibili e di conseguenza gli scenari che diventano molteplici, certo incerti, spesso cupi e pericolosi. Così, i venti di guerra riarmano le potenze a fronte di un desiderio di pace che si acuisce mentre le trasformazioni in corso nello scacchiere internazionale modificano assetti che sembravano scontati.

Cina e Germania assomigliano sempre più a giganti feriti e sono osservati speciali per la possibilità che dalle loro crisi interne possano derivare contagi, un nuovo europeismo si fa strada generato dal fronte comune nel conflitto russo-ucraino, anche se è un’Europa provata dalla denatalità e dall’invecchiamento in contrapposizione all’esuberanza demografica dell’Africa (nei prossimi 25 anni la popolazione subsahariana crescerà di un miliardo di persone e, probabilmente, farà di nuovo del Mediterraneo un crocevia di popoli e culture).

Inoltre, l’irrompere dell’intelligenza artifi ciale, se da un lato promette di risolvere molti dei problemi del mondo, dall’altro alimenta altrettante paure ed incognite (il valore economico in appena due

anni è passato dai 95 ai 207 miliardi ma, stando alle ultime analisi, in un prossimo futuro 1 lavoratore su 4 potrebbe perdere la propria occupazione).

Mentre il riscaldamento climatico benché sia diventato dramma quotidiano non genera un impegno globale finalmente concreto (nessun Paese al mondo risulta ad oggi compatibile con l’obiettivo di mantenere la crescita della temperatura media non oltre 1,5 °C entro il 2030).

In questa moltitudine di mondi possibili tanti sono anche i possibili punti di svolta. Le elezioni americane ed europee del 2024, naturalmente l’auspicata possibile conclusione della guerra o, al contrario, l’estensione del conflitto o l’avvio di nuove contrapposizioni, il rinfocolarsi della pandemia, l’individuazione di nuove cure grazie all’IA, e, sul fronte economico, la revisione delle regole europee, la concreta attuazione del Next Gen EU, a partire dal PNRR.

In alcuni casi però il mondo ha già imboccato strade senza ritorno. È proprio il caso del climate change: una catastrofe annunciata che ha fatto registrare solo nel corso del 2022-2023 eventi estremi (erano stati 146 nel 2010), mentre l’ONU a luglio ha parlato per la prima volta di “era dell’ebollizione”. Il mondo si dividerà sempre più tra quanti sono preoccupati (in Italia l’85% del

Emergenze economiche e sociali non risolte, venti di guerra, trasformazioni geopolitiche in corso, climate change. Sono queste le principali incognite che caratterizzano il futuro degli Italiani secondo quanto rilevato dal recente “Rapporto Coop 2023 – Consumi e stili di vita degli Italiani di oggi e domani” (italiani. coop/rapporto-coop-2023-anteprima-digitale-2/).

campione), quanti intendono impegnarsi (in Italia 1 su 4 ha adottato uno stile di vita sostenibile in ogni ambito della propria quotidianità e 14 milioni sono gli Italiani pronti a battersi in prima persona per la tutela dell’ambiente), e coloro che negano il riscaldamento climatico o pensano sia un’esagerazione (15%) o che abbia cause indipendenti dall’attività antropica (19%). Anche

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tra quanti lo riconoscono, il 14% degli Italiani pensa comunque non ci sia più nulla da fare. Peraltro, per gli Italiani i responsabili di questa situazione sono soprattutto le imprese, l’Asia e il Nord America, le classi più agiate. Sempre alle imprese, alle istituzioni nazionali e internazionali ma anche ai cittadini spetta porvi rimedio.

Torna l’economia dello zero virgola

Anche l’Italia, nel contesto generale, è un caleidoscopio di alternative possibili e possibili punti di svolta. Oramai esaurita l’esuberante crescita postpandemica del 2021 e del 2022, l’economia italiana perde la spinta dei consumi che — a dispetto dell’inflazione e solo grazie al sostegno dei risparmi e del credito al consumo (dopo 11 anni tornano a calare i depositi e sale il ricorso al credito al consumo) — hanno sostenuto il PIL nella prima parte dell’anno. Nei prossimi mesi le intenzioni di spesa degli Italiani fanno segnare una brusca inversione di rotta (36% sono gli Italiani che intendono ridurre i consumi al netto dell’inflazione contro solo l’11% che pensa di aumentarli) e anche i segnali che arrivano dallo

scenario internazionale, dalla produzione industriale e dal mercato del lavoro fanno prevedere un PIL 2023 solo marginalmente positivo (+0,6% per i manager intervistati).

Una debole intonazione positiva che si potrà protrarre anche nel 2024 — e scongiurare invece una possibile recessione — solo a patto di una manovra di bilancio equilibrata e soprattutto di compiuto utilizzo dei fondi PNRR: la più grande iniezione di risorse nella nostra economia dagli anni ‘80 tale da impattare sul PIL per oltre 3 punti percentuali da qui al 2026. Le prospettive sono poi appesantite dall’eccezionale crescita dell’inflazione che solo negli ultimi 2 anni ha abbattuto il potere d’acquisto in una misura pari a 6.700 euro pro capite e, secondo l’80% dei manager intervistati, bisognerà aspettare almeno il 2025 prima che la crescita dei prezzi torni ai livelli prepandemici.

Il lavoro che non paga

A fronte di questo drammatico impoverimento, la dinamica delle retribuzioni resta ampiamente insufficiente (+2,3% su base annua nel secondo trimestre 2023) e dunque il lavoro, che sinora sembra esserci (nel 2023

sono 23,5 milioni gli occupati, mai così tanti dal 2008), è un lavoro che non paga quanto dovrebbe (il 70% degli occupati dichiara di avere necessità almeno di un’altra mensilità per condurre una vita dignitosa). Da qui la tendenza ad aggiungere lavoro al lavoro come strategia di difesa dal carovita: il 27% degli occupati intende aumentare il numero di ore lavorate, fare lavoretti aggiuntivi (25%), far iniziare a lavorare persone della famiglia che prima non lavoravano (19%). Ma anche, a dispetto di questo impegno ulteriore, l’impatto devastante dei prezzi trascina quasi la metà degli Italiani (27 milioni di persone, in crescita del 50% rispetto al 2021) in una condizione di disagio duraturo, avendo dovuto rinunciare allo standard di vita per loro minimo accettabile almeno in un ambito (cibo, salute, casa, mobilità, tecnologia, socialità e intrattenimento).

Il 10% degli Italiani dichiara di non arrivare a fine mese e un ulteriore il 23% ci arriva ma teme costantemente di non farcela. Anche se in un qualche modo si sbarca il lunario si fanno grandi rinunce (20%) o comunque dei sacrifici. Infatti, solo un Italiano su quattro dichiara

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Nei prossimi mesi le intenzioni di spesa degli Italiani fanno segnare una brusca inversione di rotta: il 36% intende ridurre i consumi al netto dell’inflazione, mentre solo l’11% pensa di aumentarli.
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di fare senza problemi la vita di qualche anno fa. Il disagio affonda nella carne viva della classe media. Tra le famiglie della middle class, meno della metà riuscirebbe a fare fronte senza difficoltà ad una spesa imprevista di 800 euro e solo un terzo ad una di 2.000 euro. Tra quanti pagano più degli altri la difficile condizione sociale dell’Italia di oggi certamente i giovani. La generazione Z (18-34 anni) vive in una sorta di apartheid in termini retributivi (e non solo); il dislivello generazionale fra loro e i baby boomers è impietoso e a fronte di una retribuzione media i primi scendono di un buon 23% mentre i secondi salgono di oltre un 17%. In sostanza, a parità di inquadramento, un giovane italiano guadagna quasi la metà di un over 50. Non stupisce allora se il 40% di loro si immagina di vivere altrove da qui a 2/3 anni e il 20% sta già progettando di farlo.

L’enigma dell’imperscrutabile serenità degli Italiani

Tra molteplici difficoltà gli Italiani sono ammirevoli per la tempra emotiva che continuano a manifestare e la sorprendente assenza, almeno sino a qui, di sentimenti di rabbia o

rancore sociale. La fotografia scattata dal Rapporto Coop 2023 è quella di un Paese certamente inquieto (il 30% si dichiara tale, +6% sul 2022) e dove crescono i timori (dal 20% al 32%), ma che complessivamente vede rafforzarsi i sentimenti di fiducia (36%), serenità (29%), accettazione (23%) e aspettativa positiva (28%). Un ostinato, pacato, ottimismo che costituisce certamente uno dei grandi punti di forza del sistema Paese ma che al contempo pone interrogativi circa la sua sostenibilità futura e la possibilità che in realtà si stiano incubando reazioni al momento sopite.

Gli stessi comportamenti disfunzionali e le dipendenze (abuso dello smartphone, videogiochi, cibo, alcolici, droghe), eredità della pandemia, che nel 2022 manifestavano livelli di gran lunga più elevati rispetto al periodo prepandemico nel 2023, almeno nelle dichiarazioni degli Italiani, tornano a ridursi. Eppure, a dispetto di tanta razionalità il privato degli Italiani evidenzia tutta la fatica quotidiana per tenere assieme i pezzi della loro vita. Non sorprende constatare come 1 Italiano su 3 dichiari anche sporadicamente di aver fatto uso di psicofarmaci e 1 su 5 ne faccia

un uso più o meno abituale. 2 su 3 coloro che sono impegnati a praticare tecniche per la gestione dello stress. E i farmaci per l’ipertensione, per la gastrite e lo stress svettano in cima alla classifica dei medicinali più venduti.

La trincea quotidiana dei (mancati) consumi

Sereni e consapevoli ma certamente più poveri, gli Italiani di fatto non possono che convivere con una economia familiare sempre più ristretta e che non lascia spazio al futuro e obbliga a moltiplicare le rinunce quotidiane. Calano le compravendite immobiliari (–14,5% 2023 su 2022 e in prospettiva sul 2024 –4%), si riducono gli acquisti delle auto nuove, cadono gli acquisti dei beni tecnologici. In particolare, le vendite di smartphone nuovi si riducono in quantità del 10% negli ultimi 12 mesi (sono oltre 1,3 mln di telefoni venduti in meno). In uno sforzo di sopravvivenza — e forse di sostenibilità — l’usato o il ricondizionato sostituiscono il nuovo (sono 33 milioni gli Italiani che nell’anno passato hanno venduto o acquistato beni usati). E, dopo aver riguadagnato nel primo semestre i livelli prepan-

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Nella top 5 dei nuovi cibi che secondo gli Italiani compariranno in tavola nei prossimi 10 anni figurano i prodotti a base vegetale con il sapore di carne (31%) e la carne sintetica prodotta in laboratorio (28%).
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demici, gli Italiani si sono ancora concessi pranzi e cene con estrema oculatezza durante l’estate, ma passeranno nuovamente l’autunno in casa (il 51% dichiara di ridurre il numero di occasioni conviviali fuori casa nei prossimi 12/18 mesi).

La triste rinuncia all’identità alimentare italiana

Se l’Italia è il paese del buon cibo che tutto il mondo ci invidia e l’alimentazione è una componente fondamentale dell’identità del Paese, tanto che gli Italiani — a differenza degli altri Paesi europei — sono disposti a tutto pur di non rinunciare alla qualità di quello che mangiano, è anche vero che molti di loro sembrano in procinto di arrendersi alla guerra contro un’inflazione che ha rincarato di oltre il 21% il costo dei beni alimentari e che non promette di arrestarsi prima dei prossimi due anni (il 72% dei manager del settore ritiene che l’inflazione alimentare non tornerà sotto il 2% prima del 2025). I carrelli degli Italiani diventano leggerissimi: –3,0% la variazione delle vendite a prezzi costanti nei primi 7 mesi dell’anno e in previsione 2024 su 2023 il 60% dei manager intervistati si aspetta un risultato in ulteriore

seppur modesto calo (–0,5%). Dopo la riduzione delle quantità acquistate, con l’arrivo dell’autunno — e l’ulteriore aumento dei prezzi — gli Italiani sembrano pronti a cambiare nuovamente strategia grazie ad un quotidiano impegno per contenere gli sprechi, alla rinuncia ai prodotti non strettamente necessari e a quelli a maggiore contenuto di servizio. Così la spesa diventa più frequente, l’attenzione al risparmio fa piazza pulita della fedeltà al canale di acquisto, discount e MDD sembrano ancore di salvezza; otto Italiani su 10 indicano nel primo il modo per mitigare l’effetto dell’inflazione, altrettanti acquisteranno più marca del distributore a discapito della marca industriale.

In questo contesto, se è sempre più articolata l’identità alimentare della parte economicamente e culturalmente più attrezzata del Paese, nell’ultimo anno sono raddoppiati quanti — oramai 1 Italiano su 5 soprattutto baby boomers e appartenenti alla lower class — dichiara di aver perso ogni riferimento identitario abbandonando anche i dettami della cultura tradizionale, delle tipicità e del territorio. Una deriva che potrà continuare nei prossimi mesi

e metterà in discussione il concetto di alimentazione italiana e Dieta Mediterranea, a partire dal consumo di frutta e verdura (–15,2% il consumo negli ultimi due anni e per il 16% degli Italiani si ridurrà ancora).

Ciò peraltro non significa che non si facciano strada, magari ancora in fasce minoritarie della popolazione, nuove tendenze a tavola. E, a fronte del plant-based, le cui vendite fanno registrare un +9% anno su anno, appare con evidenza la già avvenuta demonizzazione degli zuccheri (i prodotti sugar free battono tutti i free from) e i segnali in prospettiva parlano chiaro: 15% la percentuale che nei prossimi 12/18 mesi farà uso di prodotti senza o con poco zucchero.

Il fitness arriva nel piatto e si conferma la predilezione per le proteine e per l’healthy (alimentazione sportiva, frutta secca, bevande salutistiche crescono), oltre alla volontà di contribuire con la propria dieta al miglioramento delle sorti del pianeta. Già oggi, 5,1 milioni di Italiani dichiarano di alimentarsi a spreco zero, 2,8 si definiscono reducetariani e 1,4 sono i cosiddetti climatariani (ovvero coloro che usano prodotti a basso impatto CO2). A farne le spese

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Molti Italiani sembrano in procinto di arrendersi alla guerra contro un’inflazione che ha rincarato di oltre il 21% il costo dei beni alimentari e che non promette di arrestarsi prima dei prossimi due anni.

è soprattutto la carne: il 39% del campione dichiara di essere disposto a ridurne il consumo. D’altronde, sulla tavola di un futuro nemmeno troppo lontano, della carne rimarrà solo il sapore: nella top 5 dei nuovi cibi che secondo gli Italiani compariranno in tavola nei prossimi 10 anni figurano i prodotti a base vegetale con il sapore di carne (31%) e la carne sintetica prodotta in laboratorio (28%).

L’uragano prezzi ridisegna gli equilibri della filiera

L’eccezionale crescita dei prezzi degli ultimi due anni ha cambiato in profondità anche gli assetti della filiera alimentare. Nel 2022

l’incremento dei prezzi delle materie prime e l’impennata dei costi energetici hanno fatto esplodere i prezzi alla produzione, mentre le difficoltà della domanda finale hanno obbligato i retailer a contenere l’impatto finale sui prezzi al consumo.

Con ricadute pesanti sui bilanci di entrambi gli operatori della filiera.

L’analisi annuale di Mediobanca evi-

denzia come nel 2022, per entrambi gli attori della filiera, si sia verificata una significativa diminuzione del valore aggiunto e, a cascata, della marginalità operativa.

Un impatto negativo che non cambia però il differenziale positivo delle performance a favore degli operatori industriali. In sostanza, le imprese dell’industria alimentare — e segnatamente quelle di maggiori dimensioni — evidenziano una redditività strutturalmente superiore a quella della grande distribuzione alimentare. E anche nel difficile frangente del 2022 la redditività dei mezzi propri dell’industria fa segnare una diminuzione meno pronunciata di quella della distribuzione

Nel 2023, invece, pur a fronte di un rapido rientro sui valori storici dei costi delle commodities alimentari e di un altrettanto noto rientro dei costi energetici, non si è manifestata alcuna significativa riduzione dei listini dell’industria alimentare. Anzi, si è assistito ad ulteriori aumenti dei listini, addirittura superiori a

quelli del 2022 e nello stesso periodo l’ulteriore logoramento del potere d’acquisto delle famiglie ha nuovamente impedito invece agli operatori della distribuzione di poter riversare al consumo l’intero incremento. In questo modo, la comparazione tra l’andamento dei prezzi industriali e quelli al consumo continua ad evidenziare un differenziale negativo che non ha eguali negli ultimi decenni.

In sostanza, per la distribuzione i prezzi all’acquisto restano strutturalmente superiori a quelli praticati alla vendita. Anche nei prossimi anni divergeranno le strategie di industria e distribuzione. I retailer si concentreranno sulla marca privata per avere un governo delle filiere produttive e dei prezzi alla vendita, mentre la grande industria al momento sembra più orientata a difendere i margini concentrandosi sull’innovazione di prodotto e la difesa dell’equity del proprio marchio.

Fonte: EFA News European Food Agency

adapa-group.com

Ci stai?

Un’opportunità per le imprese di acquacoltura

Una nuova filiera circolare: il Mercato telematico sperimentale delle catture indesiderate e sbarcate e dei prodotti derivati

Al fine di eliminare i rigetti in mare e di ridurre l’impatto ambientale delle attività di pesca, l’Unione Europea ha introdotto il cosiddetto “obbligo di sbarco”, aprendo alla

questione della corretta trattazione e gestione delle catture indesiderate. In questo senso BMTI (bmti.it), la Borsa Merci Telematica Italiana, su iniziativa del MASAF, ha realizzato

il Mercato telematico sperimentale delle catture indesiderate e sbarcate e dei prodotti derivati, con l’obiettivo di creare una nuova filiera circolare che valorizzi le

Il Mercato telematico sperimentale delle catture indesiderate e sbarcate e dei prodotti derivati ha l’obiettivo di creare una nuova filiera circolare che valorizzi le catture indesiderate non destinate al consumo umano diretto, creando condizioni vantaggiose alle imprese che intendono svolgere un ruolo attivo all’interno della nuova filiera.

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ACQUACOLTURA

catture indesiderate non destinate al consumo umano diretto, creando, al contempo, condizioni vantaggiose alle imprese che intendono svolgere un ruolo attivo all’interno della nuova filiera.

In direzione della sostenibilità

Il funzionamento del nuovo processo, di cui il Mercato delle catture indesiderate sviluppato da BMTI diventa quindi uno strumento facilitatore, prevede che le imprese di pesca sbarchino le catture indesiderate — qualificate come Sottoprodotti di origine animale (SOA) di Categoria III — e le consegnino in punti di raccolta o in depositi temporanei autorizzati alla gestione, appunto, dei SOA.

Successivamente, le imprese di trasformazione produrrebbero nuove farine e oli di pesce da destinare alle imprese mangimistiche.

In ultimo, gli allevamenti ittici che scelgono di somministrare mangimi

contenenti farina o olio di pesce proveniente da catture indesiderate chiuderebbero così un ciclo che recupera e riutilizza una preziosa risorsa. Questo nel pieno rispetto dei principi della sostenibilità e dell’economia circolare.

In particolare, le imprese dell’acquacoltura, iscrivendosi gratuitamente al Mercato delle catture indesiderate e sbarcate e dei prodotti derivati, avranno l’opportunità di utilizzare uno strumento realizzato in un contesto istituzionale e potranno consultare dove reperire mangimi derivanti da un processo sostenibile e diventare determinanti nella costruzione di un nuovo modello di economia circolare.

I vantaggi potenziali per le imprese dell’acquacoltura

I vantaggi potenziali per le imprese dell’acquacoltura nell’utilizzo di mangimi da catture indesiderate

sono i seguenti:

• qualità e ridotto impiego di additivi per un prodotto di origine italiana;

• alti livelli nutrizionali della materia prima;

• diversificazione dell’approvvigionamento;

• maggior controllo e tracciabilità del prodotto;

• vantaggio ambientale dovuto ad un nuovo mercato eco-compatibile;

• uso di farine e oli di pesce derivanti da catture indesiderate come pratica sostenibile di economia circolare.

Tutto ciò in linea con quanto alla base della certificazione “Acquacoltura sostenibile” (SQN).

Fonte: API, acquacoltura.org

Nota

Per ulteriori informazioni: promozioneistituzionale@bmti.it

Andreas Gogl: trote e salmerini all’insegna della sostenibilità

«Con questo cognome, Andreas, chissà quante volte ti avranno chiamato con la parola del motore di ricerca più celebre del mondo…». «Certo. Non solo: spero che uno zio d’America, se ce l’ho, si ricordi di me». Ecco: ANDREAS GOGL è fatto così, non si lascia sfuggire nessuna occasione per esprimere una battuta o rispondere con facezie a leggeri pungoli. Come quella volta che a 6 anni aveva chiesto a Babbo Natale un laghetto tutto suo dove esercitare la pesca e la mattina del 25 dicembre si è ritrovato con un acquario: «Ci rimasi male e tenni il broncio per

tutte le feste natalizie. Del resto sin da piccolo la pesca è stata la mia passione e visto che nessuno mi ha mai regalato un laghetto me lo sono costruito io, qui dietro casa sulle rive dell’Isarco». Le vasche sono alimentate con acque captate in parte da una sorgente che sgorga nei pressi della casa, parte dallo stesso Isarco, «fiume che si può bere» lo definisce Andreas. In aggiunta, all’ingresso e in uscita dalle vasche l’acqua viene filtrata per garantire purezza assoluta.

L’avventura è iniziata una dozzina d’anni fa quando nelle vasche

sono comparse le prime trote iridee e fario insieme a qualche salmerino. «Niente trote salmonate, che vengono alimentate con mangime per farle diventare rosa» tira dritto. Per raggiungere il peso di 350 grammi, ideale per le richieste del mercato, i pesci trascorrono tre anni nelle vasche: «l’acqua raggiunge 8 °C in estate e 3 °C in inverno, la qual cosa comporta una crescita assai lenta. Ogni grado di temperatura in più fa crescere più rapidamente».

Una sorta di curva logaritmica che è tanta manna proprio in estate, quando nella piazza centrale di Vi-

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di Riccardo Lagorio
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Per raggiungere il peso di 350 grammi, ideale per le richieste del mercato, i pesci trascorrono tre anni nelle vasche.

piteno si tiene il mercato contadino settimanale il venerdì. «Separo il mercoledì gli esemplari che hanno raggiunto la giusta dimensione così per due giorni non ricevono cibo e smaltiscono l’eventuale grasso. Venerdì mattina presto vengono tolti dall’acqua, eviscerati e puliti, pronti per il mercato».

Ma la proposta del Gogl non si ferma qui. Nel minimo laboratorio i pesci più grandi vengono sottoposti ad affumicatura, che può essere calda o fredda. Con gesti rapidissimi le trote e i salmerini vengono sfilettati e lasciati sotto sale in ragione del 10% del pesce per 24 ore. La preparazione del fumo avviene grazie ala combustione di trucioli di faggio. Nel caso si preferisca il fumo freddo, i pesci vengono appesi per la testa nell’apposita camera e lasciati per 12 ore a 25 °C, a cui fa seguito un altro ciclo di 24 ore alla medesima temperatura. L’affumicatura a caldo dura circa un’ora e mezzo portando la sala si affumicatura alla temperatura di 110 °C. «Per questa produzione utilizzo

L’attività di Andreas inizia 12 anni fa circa, con le prime trote iridee e fario insieme a qualche salmerino nelle vasche sulle rive dell’Isarco. Il pesce fresco e l’affumicato sono venduti al mercato di Vipiteno a una clientela affezionata

esemplari che vanno dai 380 ai 500 grammi. Si tratta di quelli che mi sfuggono sempre il mercoledì — ci ride sopra — ma prima o poi cadono nel retino. Affumicati hanno un periodo di scadenza pari a due settimane».

Al mercato di Vipiteno la clientela è quella affezionata: difficile per Andreas sbagliare sulla quantità di pesce fresco o affumicato che in pochi minuti di furgoncino arriva in piazza. «E se ci dovesse essere la necessità torno in fretta e furia a prendere i pesci di cui ho necessità di vendita, che si aggira sulle 40 unità a settimana». L’inverno tra queste montagne è lungo, ma è il periodo

Prevention before Treatment

della riproduzione e quindi fa buon gioco al “fermo pesca” che Andreas si autoimpone. Il salmerino depone le uova tra ottobre e novembre, la trota tra gennaio e febbraio. «Così in inverno il tepore del locale dove procedo con l’affumicatura diventa il luogo perfetto per la riproduzione con il suo tepore». Quando si dice sostenibilità…

Riccardo Lagorio

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Coregone o lavarello

Il pesce dalle pupille ad angolo della cucina tradizionale gardesana

Il coregone o lavarello (Coregonus lavaretus) è un pesce d’acqua dolce appartenente alla famiglia dei Salmonidi. Ha un caratteristico occhio abbastanza grande color argento con la pupilla ad angolo rivolto verso le narici, coregonus (da cui il nome in greco core, pupilla, e gonia, angolo). Originario delle acque polari, durante le ultime glaciazioni si è spostato più a sud, fino ad occupare i laghi del Centro Europa. Oggi è diffuso principalmente nelle acque dolci del Nord Europa, Gran Bretagna, Francia, Svizzera e Italia nei laghi di Como, Garda e Bolsena.

È entrato a far parte della cucina tradizionale gardesana, ma fu introdotto nel Lago di Garda solo nel 1918. Originario dei laghi svizzeri, è oggi la specie più popolosa del Garda, grazie anche alle immissioni fatte nel corso degli anni. Proprio sul lavarello si basa infatti buona parte del reddito dei pescatori di professione e per questo c’è preoccupazione sull’entrata in vigore del decreto che vieta la reintroduzione o il ripopolamento

di specie non autoctone, oltre naturalmente ad un periodo di divieto della pesca durante l’anno.

Considerato da sempre la spigola delle acque dolci, vive nelle profondità del lago e arriva sulla tavola in deliziose ricette. È un ottimo indicatore della qualità delle acque perché sopravvive solo in quelle non inquinate e altamente ossigenate.

Presenta un corpo allungato, affusolato, leggermente compresso ai fianchi, ricoperto di squame; la testa è appuntita, la bocca piccola, i profili dorsale e ventrale leggermente convessi. Le mascelle sono prive di denti e l’alimentazione è composta per la maggior parte da plancton,

piccoli crostacei e molluschi. Presenta una pinna adiposa, la livrea è argentea con riflessi verdi su dorso e fianchi, bianca sul ventre.

Può raggiungere i 70 cm di lunghezza, ma la taglia più comune è di 30-40 cm. È una specie scaltra che si riproduce in particolare tra novembre e dicembre. Ricercato per la qualità delle sue carni, viene catturato prevalentemente con reti in quanto abbocca raramente agli ami.

Le prelibatezze in tavola sul lago sono tante, spaziando tra le pietanze di una cucina caratterizzata dalle bontà del pescato lacustre ai prodotti dell’entroterra lombardo-veneto e

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D’ACQUA DOLCE
PESCE
Definito come spigola delle acque dolci, il coregone, meglio noto come lavarello, è una specie a rischio di estinzione, allevata con finalità di ripopolamento. Le sue carni morbide e delicate sono gustose, molto digeribili e di veloce cottura

le squisitezze delle montagne trentine, frutto del lavoro di pescatori, contadini e allevatori che vivono nel territorio valorizzando così le diverse tradizioni gastronomiche.

Sicuramente il pesce di lago, catturato in grandi quantità, è tornato da un decennio ad essere il protagonista della cucina di ristoranti e trattorie come il luccio in salsa, il

risotto con la tinca o semplicemente il coregone ai ferri.

In cucina le carni del coregone sono povere di spine, ricche di Omega-3 e poco grasse, morbide e delicate, molto digeribili e di veloce cottura. Le ricette che utilizzano il lavarello sono solitamente arricchite da erbe e spezie trattandosi di un pesce dal gusto poco marcato. Il coregone viene anche affumicato i due filetti sono sottoposti ad affumicatura a freddo con legno di faggio e successivamente leggermente salati. È un’alternativa molto speciale al comune salmone, che rende il coregone ancor più saporito e gustoso.

Se lo si gradisce è bene accompagnare al pesce di lago un vino bianco locale proveniente da una delle viticolture che si sviluppano sulle colline che circondano il bacino del Garda. Prelibatezze che appagano un’escursione in zona.

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Coldiretti e CNR promuovono l’innovazione sostenibile per la piccola pesca artigianale

COLDIRETTI, l’organizzazione italiana di agricoltori e allevatori, e l’Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNRIRBIM) hanno realizzato il progetto “Co4SSF – Sviluppo co-partecipato di un sistema innovativo di raccolta dati, analisi e supporto alla gestione per la piccola pesca”, finanziato nell’ambito della Misura 1.39 del Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca (FEAMP).

L’obiettivo è stato quello di introdurre nuovi approcci per gestire le attività di pesca in modo più organizzato e razionale, proteggendo le aree costiere e coordinando quelle che sono le diverse attività, con particolare riferimento al settore della piccola pesca. La piccola pesca infatti rappresenta un’attività di grande valore economico, sociale

e culturale, ricoprendo un ruolo cruciale nell’ambito della Politica Comune della Pesca (PCP).

Con il termine piccola pesca artigianale inoltre si fa riferimento a quella parte di pesca costiera praticata da barche di lunghezza inferiore ai 12 metri che operano nell’area costiera locale.

Si tenga presente che, delle 12.000 imbarcazioni da pesca professionale facenti parte della flotta italiana, il 67% ha una lunghezza inferiore ai 10 metri ed è responsabile di circa il 38% del pescato nazionale. Per questo tipo di attività vengono utilizzati attrezzi da pesca passivi, quali reti da posta, palangari e trappole, considerati molto più selettivi e a basso impatto sugli habitat. Sono pertanto escluse dal novero delle barche della piccola pesca costiera quelle unità inferiori a 12 metri in

possesso in licenza di attrezzi quali traino pelagico, traino demersale e draghe idrauliche.

Con il suo approccio sostenibile e la sua connessione profonda con le comunità locali, la piccola pesca contribuisce all’economia delle regioni costiere, con un impatto minore sugli ecosistemi marini rispetto a quello di altre flotte. In quest’ottica, il progetto Co4SSF ha previsto attività di raccolta dati e di descrizione metodica delle attività della piccola pesca tramite il coinvolgimento e la conoscenza dei pescatori e dei diversi soggetti interessati.

Una volta acquisite le informazioni necessarie, queste sono state indagate attraverso uno strumento di analisi che ha permesso di pianificare come utilizzare lo spazio marittimo, in modo tale da minimizzare l’impatto sull’ambiente e

IL PESCE, 5/23 57 PESCA

risolvere eventuali conflitti con altre attività marine.

La necessità di questa raccolta dati è scaturita dalla carenza, in questo settore, di una solida base informativa, facendo nascere così l’esigenza di promuovere un approccio che favorisse una gestione integrata, tenendo conto di tutti gli aspetti sociali, economici ed ecologici legati ad una determinata area e consentendo allo stesso tempo un uso sostenibile dello spazio e delle risorse marine.

La raccolta, la standardizzazione e l’analisi dei dati, in particolare di quelli spaziali, sono processi fondamentali per colmare le lacune conoscitive che riguardano il settore della piccola pesca. Si è cercato quindi di raggiungere tale obiettivo attraverso un approccio integrato,

basato, da un lato, sull’adozione di un sistema di tracciamento low cost, che raccoglie informazioni in modo automatico sulle operazioni di pesca e dall’altro sulla raccolta di informazioni mediante questionari e confronti periodici con i pescatori, le quali sono state poi messe a sistema con i dati raccolti dai sistemi di monitoraggio. Il tutto è avvenuto in una logica “partecipativa”, con i pescatori coinvolti attivamente nell’interpretazione delle informazioni ottenute, al fine di contribuire alla definizione dei risultati.

Le prime analisi condotte, sulla base delle rilevazioni effettuate sulle 24 barche coinvolte nel progetto, hanno permesso di stimare lo sforzo di pesca nelle due aree di studio, ovvero l’Adriatico centro-settentrionale e l’Area Marina Protetta delle

In alto: a sinistra, dispositivo multifunzionale per la raccolta dati, dotato di GPS e di un sensore di prossimità. A destra, imbarcazione della piccola pesca che imbarca le reti da posta.

In basso: Pamela Lattanzi, di CNR-IRBIM, impegnata nella compilazione dei questionari insieme ad un pescatore.

Isole Egadi. In Adriatico, in particolar modo entro le 3 miglia nautiche dalla costa, nonostante la pesca al traino sia vietata, diverse attività entrano in conflitto assiduamente, competendo sia per l’utilizzo dello spazio che delle risorse.

Questi conflitti sono notevoli, specialmente per il settore piccola pesca, che si sovrappone spazialmente con le draghe idrauliche, gli allevamenti di cozze, la pesca a strascico illegale o le aree interdette alla pesca. Tutto ciò evidenzia un bisogno incombente di un piano di gestione per la piccola pesca e di una pianificazione dell’utilizzo del litorale marchigiano.

D’altro canto, la AMP delle Egadi è stata decretata per tutelare il delicato e complesso sistema submarino presente nei canyon che separano le isole fra loro. Inoltre,

58 IL PESCE, 5/23

i fondali dell’arcipelago ospitano la più grande e meglio conservata prateria di Posidonia oceanica del Mediterraneo (12.500 ettari), nella quale sono presenti circa il 25% delle specie protette o vulnerabili, riscontrando una biodiversità tra le più elevate del Mediterraneo che va assolutamente tutelata.

Il progetto ha raccolto informazioni fondamentali per adattare e ottimizzare le strategie di gestione e pianificazione della pesca, garantendo la protezione degli ecosistemi marini e uno sfruttamento sostenibile delle risorse biologiche.

La facile replicabilità nell’uso di approcci innovativi e collaborativi, come la raccolta dati tramite tecnologie di tracciamento a basso costo e la mappatura partecipativa, fanno sì che il progetto Co4SSF possa rappresentare un esempio di gestione integrata e innovazione nel settore della pesca artigianale, col potenziale di essere proposto anche in altre aree simili, per garantire un futuro sostenibile per le comunità locali e la tutela del mare.

Un altro aspetto rilevante che deriva da questa iniziativa è stata la capacità che questo approccio fornisce di realizzare analisi di tipico appannaggio gestionale, da utilizzare come possibile strumento per le amministrazioni competenti, al fine di stabilire come poter gestire la piccola pesca, tenuto conto dei fattori ambientali e delle

interferenze con altre operazioni. L’Unione Europea sta infatti adottando misure per promuovere una pesca a piccola scala sostenibile e garantire il rispetto delle regole e degli standard ambientali. A tal fine sono state avviate due direttive, la UE 2019/883 e la UE 2019/904, che mirano a ridurre l’impatto negativo della pesca sull’ambiente marino e sulla biodiversità.

Le norme varate dalla Commissione europea hanno l’obiettivo di rafforzare la nuova Politica Comune della Pesca prediligendo le attività di pesca costiera artigianale, a cui si affiancherà, al fine di valutarne la sostenibilità, un più ampio tracciamento delle catture. Questo monitoraggio coinvolgerà tutte le unità da pesca, comprese quelle con una lunghezza inferiore a 12 metri (comprese quelle di Paesi Terzi autorizzate a operare nelle acque dell’Unione), tenendo conto della necessità di adattamento della nuova strumentazione e cercando di non gravare finanziariamente sul settore della pesca artigianale. Le imprese della pesca costiera artigianale potranno a tal fine beneficiare di aiuti e sostegni finanziari attraverso il FEAMPA – Fondo Europeo per gli Affari Marittimi la Pesca e l’Acquacoltura

Nota

Si ringraziano per il lavoro svolto Tonino Giardini, Claudia Benassi Franciosi, Adrian Patrick Prociuc

di Coldiretti e Pamela Lattanzi, Adriana Riccardi, Vita Gancitano, Sergio Vitale, Anna Nora Tassetti, Emilio Notti del CNR-IRBIM. Infine si ringraziano i pescatori, le cooperative e le O.P. che hanno aderito e o-partecipato al progetto.

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Mappa delle aree interessate alla raccolta dei dati della piccola pesca.

Spagna: approvato piano per pesca sostenibile. Le norme concernono la modalità con reti a circuizione per la cattura di acciughe e sardine

Il Ministero dell’Agricoltura, della Pesca e dell’Alimentazione spagnolo ha approvato un nuovo piano di gestione per la pesca con reti a circuizione nel Mediterraneo iberico, che risponde alla necessità di continuare a progredire nella gestione sostenibile della pesca, nell’ambito degli obiettivi della politica comune della pesca. In assenza di un piano comunitario pluriennale (a differenza di quanto accade con la pesca demersale nel Mediterraneo occidentale), o di un piano internazionale della Commissione Generale per la Pesca nel Mediterraneo (CGPM), è responsabilità della Spagna stabilire le misure necessarie per la gestione sostenibile delle risorse ittiche sfruttate dalla flotta spagnola di reti a circuizione nel Mediterraneo. Tale piano si concentra sulle due principali specie catturabili da questo tipo di flotta: l’acciuga e la sardina. Attraverso valutazioni scientifiche separate basate sulle sotto-aree geografiche della CGPM, sono state stabilite diverse misure adattate alla realtà di ciascuna area, come i limiti di cattura per peschereccio o l’aumento di alcune taglie minime, con una certa flessibilità e chiusure spazio-temporali che possono essere modificate in base all’evoluzione delle popolazioni. A tal fine si terranno riunioni tecniche per monitorare l’applicazione del piano, con la partecipazione delle parti interessate. Inoltre, l’elenco delle specie autorizzate alla cattura attraverso questa modalità viene aggiornato e include periodi di pesca limitati per alcune di esse, nonché le condizioni per lo sviluppo dell’attività, in termini di fondi minimi o distanza dalla costa, e misure tecniche, come le dimensioni dell’attrezzo. Allo stesso modo, vengono incorporati progressi in relazione all’uso di dispositivi di illuminazione per l’attività, più moderni ed efficienti, e anche con l’attività per la protezione e la conservazione degli habitat.

Il piano di gestione è entrato in vigore lo scorso fine luglio e avrà una validità iniziale fino al 31 dicembre 2027, sebbene possa essere rivisto, modificato o prorogato. L’ordinanza ministeriale che approva questo piano è il risultato di un lungo processo di consultazione, iniziato nel 2020, con il settore della pesca e le comunità autonome, nonché con il parere degli istituti scientifici spagnoli. In questo modo risponde alla richiesta della Commissione Europea di aggiornare la normativa precedentemente in vigore, che risale al 2011 e al 2012. Con questa iniziativa, il Ministero dimostra il proprio impegno per una gestione responsabile delle risorse ittiche, basata su una visione globale della sostenibilità nei suoi aspetti ambientali, sociali ed economici, riconosciuta nella Politica comune della pesca e nella legge sulla pesca sostenibile e sulla ricerca sulla pesca, recentemente approvata (fonte: EFA News –European Food Agency; in foto, uno scatto presso il porto Santona in Cantabria).

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Concluso con un seminario il progetto a tutela del tonno rosso “Al fermo informati”

Si è concluso con un affollato seminario a Ercolano, Napoli, il progetto “Al fermo informati” di Confsal Pesca. Il sindacato dei lavoratori del settore ittico ed agroalimentare, in collaborazione con Oceanis e grazie al finanziamento del programma nazionale triennale pesca e acquacoltura 2023 del MASAF, ha affrontato e coinvolto studiosi, operatori di settore e lavoratori, sulla tematica legata ai vantaggi ed alle criticità dell’assegnazione delle quote del tonno rosso alla pesca artigianale. Per LUIGI PAPPALARDO, coordinatore scientifico di Oceanis, in merito alla raccolta dei dati scientifici sulla pesca per le previsioni future degli stock ittici, «con il programma degli osservatori viene offerto un importante contributo alla SCRS, lo standing committee on research and statistic e all’ICCAT, l’International Commission for the Conservation of Atlantic Tuna. È stata sottolineata inoltre, dato il numero importante di imbarcazioni coinvolte, la necessità di incrementare il monitoraggio, visto che una raccolta dati efficace permette di poter strutturare per un tipo di pesca sostenibile. Per tale motivo tale necessità è strettamente collegata al bisogno di inserire nell’organico finale degli osservatori, figure con importante competenza scientifica. Ma è imprescindibile anche incrementare la sicurezza a bordo delle imbarcazioni per poter migliorare le attività di pesca e per permettere agli osservatori di fare una permanenza a bordo tranquilla e senza particolari difficoltà». «I seminari hanno svolto una importante riflessione sul decreto del MASAF, che — ha sottolineato BRUNO MARIANI, segretario nazionale Confsal pesca — fissa la ripartizione nazionale delle quote di cattura a seconda dei settori di pesca e delle aree geografiche, con l’obiettivo di diffondere e accrescere le competenze specialistiche degli operatori rispetto alla ricerca scientifica e alle nuove prassi per la tutela del tonno rosso, come specie da proteggere, accanto allo sviluppo digitale dei sistemi innovativi a supporto degli operatori della pesca». L’intento di “Al Fermo informati” è di sostenere una politica del mare ecosostenibile che si impegna per la tutela la riqualificazione del Mediterraneo, promuovere la conoscenza di azioni migliorative per la salvaguardia del tonno rosso, che ha un grande valore nutrizionale per le sue carni ricche di Omega-3, ma anche un grande valore socio-culturale e un notevole valore economico per il suo utilizzo sul mercato (fonte: Confsal Pesca Nazionale).

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La congiuntura climatica attuale (aridità) provoca condizioni di povertà in mare e riduzione delle risorse di pesca ma anche alluvioni

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di Giovanni Bombace, Federica Grilli e Alberto Santojanni

Il Sistema Pesca è costituito da tre Sottosistemi : Ambiente , Risorse , Tecnologie di cattura o di prelievo. I tre Sottosistemi sono fortemente interconnessi. Per quanto riguarda il Sottosistema Ambiente, è di vitale importanza l’input biogenico che arriva in mare attraverso le acque di fiumi e corsi d’acqua.

Com’è noto, il regime delle portate fluviali è determinato dalle piogge e questo, a sua volta, è legato ai cambiamenti climatici. Un regime climatico di aridità, di rade piogge e di temperature sempre più alte, regime che riduca l’apporto di sali nutritivi (fosforo-ortofosfati, di clorofilla alfa, di sali minerali di calcio e magnesio e di altre sostanze ecc…), si traduce in povertà della rete trofica che arriva fino all’anello terziario (pesci e macroinvertebrati) oggetto di pesca, con conseguenze anche sull’anello terziario di secondo livello della rete trofica, cioè di pesci che si nutrono di altri pesci (ad esempio tonni) o dei mammiferi marini.

Lo stesso succede per la rete trofica paraprimaria che, dal particellato organico (Seston) arriva agli organismi filtratori (ad esempio mitili) ed ai detritivori (vongole ed altri bivalvi). In sintesi, con condizioni climatiche di aridità si producono situazioni di povertà in tutta la rete trofica marina interessata

A livello del Sottosistema Risorse, la ripercussione di questi fatti climatici si manifesta sotto forma

di biomassa disponibile minore, di catture sempre più ridotte negli anni e di riduzione progressiva delle taglie medie, anche per le condizioni di maturità gonadica precoce.

Infine, a livello del Sottosistema Tecnologie, avvertendo i pescatori le variazioni di cattura, si acconciano in una prima fase a rimodulare lo sforzo di pesca e, infine, a ridurlo nel tempo, sia sotto forma di giornate di lavoro, sia sotto forma di numero di natanti in attività.

Tutto questo è quello che è avvenuto ed avviene in questi ultimi decenni, come si vedrà in questa nota che riguarda sia l’Alto e Medio Adriatico (GSA 17) che il Basso Adriatico (GSA 18). Va anche ricordato che una turbativa ambientale che interessa una vasta regione provoca un impatto sulle risorse di gran lunga superiore a quello prodotto, ad esempio, da uno sforzo di pesca eccessivo.

Nel caso che verrà analizzato — caso che riguarda questi ultimi decenni —, malgrado la riduzione dello sforzo di pesca, operato autonomamente dai pescatori, la biomassa in mare non si rialza in quanto agisce negativamente la turbativa ambientale di riduzione dell’apporto biogenico che ha un effetto enormemente più negativo, più vasto ed incisivo di quanto possa esserlo uno sforzo di pesca eccessivo, quando esso si verifica. In sostanza, il ridotto input biogenico

è la causa principale della condizione di incipiente povertà della rete trofica.

Di questa situazione è responsabile l’uomo, sia nel caso della riduzione di biomassa pescabile per eccesso di sforzo di pesca (in questo caso i pescatori), sia nel caso dei cambiamenti climatici (in questo caso le attività industriali e le altre attività umane che producono gas serra ecc…). Questo è il motivo per cui questo ultimo secolo viene denominato Antropocene . Ovviamente i due processi avvengono con tempi diversi: la pressione di pesca agisce in tempi brevi e medi (alcuni decenni), i cambiamenti climatici agiscono invece a lungo termine. Ma una caratteristica dei cambiamenti climatici è l’estremizzazione dei fattori meteorologici. Ad un periodo di siccità può subentrare un periodo intenso di alluvioni e di piogge localizzate, com’è successo in Emilia-Romagna nei primi giorni di maggio 2023.

Breve sintesi di alcuni lavori sull’argomento

Una serie di dati (1971-2015) a lungo termine di parametri fisici e biogeochimici furono analizzati (GRILLI F. et al. 2020) per valutare gli andamenti e la variabilità delle condizioni oceanografiche nel Nord e Medio Adriatico. In particolare furono analizzate le tendenze a livello di temperatura, salinità, clorofilla

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alfa e nutrienti. L’analisi mostra che la temperatura superficiale del mare è cresciuta dello 0,36% in queste ultime quattro decadi, che il flusso del Po è marcatamente cambiato a causa di periodi di persistente siccità, che si osserva un decremento della concentrazione dei fosfati (–1,34 % per anno) in concomitanza con un significativo incremento dei nitrati, in quasi tutte le stagioni.

Anche per i fiumi minori (RICCI F. et al. 2022) come i fiumi Metauro e Foglia (Medio Adriatico), le dinamiche delle proprietà fisiche e biogeochimiche furono analizzate per molti anni (1997-2019). Le indagini hanno riscontrato una significativa tendenza verso condizioni di oligotrofia, sia per quanto riguarda i nutrienti, la clorofilla alfa ed altre componenti. Il regime delle precipitazioni, legato ai cambiamenti climatici, appare il principale fattore di questa turbativa ambientale.

Per quanto riguarda il Nord Adriatico (GIANI M. et al. 2012 e COZZI S. e GIANI M. 2011) la rassegna di indagini ed i risultati a lungo termine sugli scarichi fluviali e sugli aspetti oceanografici, sul plancton, sui pesci e sul comparto bentonico, raccolti sin dal 1970, rivelano significativi cambiamenti nella struttura trofica dell’ecosistema Nord Adriatico.

Un graduale incremento della pressione eutrofizzante si è verificato nel 1970 e fino a metà degli anni ‘80, seguito da un cambiamento della tendenza, particolarmente marcato dal 2000. Questo trend è stato attribuito alla combinazione della riduzione dell’impatto antropogenico e, soprattutto, al sostanziale decremento del carico di fosforo ed alle modificazioni climatiche, dovute al regime delle piogge.

Significativi decrementi si sono avuti sull’abbondanza del fitoplancton dopo metà degli anni 80, in concomitanza con cambiamenti a livello della composizione delle specie della comunità, con evidente slittamento verso taglie sempre più ridotte degli organismi. Di conseguenza, cambiamenti furono osservati anche nella comunità dello zooplancton.

Infine, un decremento di pesci demersali, di predatori di vertice,

come dei piccoli pelagici è stato legato sia a fatti di overfishing che alla diminuzione degli apporti eutrofizzanti. Un recupero lento delle comunità macrozoobentoniche è stato osservato in queste ultime due decadi, dopo gli eventi anossici degli anni ‘70 ed ‘80.

In definitiva, tutti questi lavori, come altri, sono concordi nei risultati ed osservano che la congiuntura climatica attuale di aridità e di riduzione dell’input biogenico (unitamente alla pressione di pesca, secondo alcuni) è la causa dell’incipiente impoverimento della rete trofica con quel che ne consegue a livello di risorse utilizzabili dall’uomo . Abbiamo voluto verificare questa osservazione, commentando nella presente nota le elaborazioni effettuate da ALBERTO SANTOJANNI per il ventennio 2000-2020 nell’intero Adriatico per gli stock di alici e sardine. Quanto descritto è valido fino all’alluvione della prima decade di maggio verificatasi con la concentrazione delle piogge nella Regione Emilia-Romagna.

La condizione dei piccoli pelagici nella congiuntura climatica di aridità in Alto e Medio Adriatico

Va detto anzitutto che i due bacini dell’Alto e Medio Adriatico, per le loro caratteristiche geomorfologiche, per l’apporto del sistema fluviale e del Po in particolare, per alcune caratteristiche bio-ecologiche, tra cui la contiguità del sistema pelagico con quello bentonico nella colonna d’acqua, costituiscono un sistema ad alta produttività (G. B OMBACE , 2017, Introduzione al convegno ed alcune rifl essioni sull’Adriatico)

Succede infatti che, data la poca profondità della colonna d’acqua, i pesci demersali, come il nasello ad esempio, si nutrano direttamente di acciughe e sardine (FROGLIA C. 1973), fatto assolutamente impensabile in un sistema in cui la colonna d’acqua risulti profonda (Basso Adriatico, Tirreno, Ionio e Canale di Sicilia). Si innesca invece, in Alto e Medio Adriatico, un meccanismo assai efficiente nei trasferimenti di energia tra un anello e l’altro della

catena alimentare e, stante i movimenti nictemerali, anche il sistema bentonico partecipa alle vicende del sistema pelagico.

Così, dall’andamento dei parametri alieutici (catture, sforzo globale di pesca, e C/f) delle risorse demersali dell’Adriatico, nell’arco di tempo di 44 anni (1969-2013), si rileva che, malgrado la riduzione dello sforzo di pesca, le risorse non rimontano. Significa che nell’ambiente agiscono altri fattori di depauperamento, appunto il fattore climatico (G. BOMBACE, 2017, Introduzione al convegno ed alcune riflessioni sull’Adriatico). Va comunque detto che gli stock di alici e sardine dell’Adriatico sono stati per molti decenni i più importanti, come abbondanza, di tutto il Mediterraneo. Vediamo qual è oggi la situazione di queste risorse, nell’arco di questi ultimi 20 anni.

Stato dei piccoli pelagici in questi ultimi decenni

I Grafici da 1 a 6 illustrano la situazione dei piccoli pelagici negli ultimi decenni. Si è ritenuto utile aggiungere a questo lavoro anche il Grafico 7, riguardante le portate del fiume Po dal 1970 al 2016. Poiché il Grafico 6 riguarda in definitiva l’anello terziario della rete trofica, mentre il Grafico 7 riguarda volumi d’acqua e sostanze nutritive di base, bisogna immaginare che tra queste due curve ci possano essere altri due grafici riguardanti l’andamento del fitoplancton e dello zooplancton. Ovviamente i due grafici mancanti riguarderebbero indagini svolte in aree ancora interessate dalle acque di portata del Po. La letteratura scientifica consultata non ci dà risposte esaurienti (SANTOJANNI A. et al. 2006; TOTTI C. et al. 2019) su questi aspetti. Probabilmente le aree marine interessate dalle indagini non sentono più gli apporti del Po, in quanto troppo distanti e meridionali.

Conclusione

Una situazione di pauperismo generale è dato di osservare a livello delle risorse della GSA 17 e GSA 18 in Adriatico, ma certamente identica situazione si può ritrovare in altri bacini del Mediterraneo. Sia nel

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Grafico 1 – Lo sbarcato di alici da volante, nella GSA 17 e nella GSA 18, è passato da un picco di t 46.120 nel 2006 a t 12.735 nel 2021, mentre la sarda da volante, iniziata con t 7.981 nel 2004, dopo un picco di t 24.266 nel 2015, termina con t 11.832 nel 2021. Va detto che, dal punto di vista ecologico, la sardina si riscontra prevalentemente nella fascia costiera orientale dell’Adriatico, che è la più calda. In sostanza, la sardina si difende meglio dell’acciuga.

Grafico 2 – Si rappresenta lo sforzo di pesca (indicizzato in giorni di attività) di lampare e volanti, i mestieri di pesca con cui si catturano in Adriatico alici e sardine. Il Grafico è la prova che i pescatori, resisi conto del calo della risorsa, hanno ridotto unilateralmente lo sforzo di pesca. I giorni di pesca a volante sono stati ridotti da 30.841 gg. nel 2004 a 10.532 nel 2021 (cioè di 2/3) e i giorni di pesca a lampara sono stati ridotti da circa 9.000 notti a 1.456 notti. Chi incolpa la pesca di pressione eccessiva sugli stock dei piccoli pelagici (overfishing) ha modo di ricredersi.

Grafico 3

Grafico 3 – Anche per lo sforzo di pesca, espresso come numero di barche dedicate, dopo il picco del 2013 con 143 natanti, si è passati a 84, in sostanza quello che era all’inizio del periodo considerato. Per le barche da lampara, il crollo è drastico, da 68 nel 2004 a 16 nel 2.021.

caso di pesca eccessiva, sia nel caso più vasto del riscaldamento globale, dell’aumento di temperatura media annua, dell’installarsi del regime di aridità e del minore apporto biogenico attraverso le portate fluviali, il responsabile è sempre l’uomo.

Nei casi di pesca eccessiva, i pescatori si sono in qualche modo ristretti, diminuendo i giorni di pesca

di attività ed in alcuni casi, mettendo in disarmo i loro mezzi di cattura.

Ma, nel secondo caso, cioè quello del cambiamento climatico in atto, sono in discussione le attività umane industriali, i combustibili utilizzati, le attività della zootecnia e quanto contribuisce al riscaldamento globale.

L’Antropocene è iniziato lentamente un paio di secoli fa, è in pieno

sviluppo e non sappiamo quando finirà. Se si mettono assieme grafici di più lunga ed estesa osservazione ( Grafico 6 ), relativi a grandezze globali di biomassa, cattura, cattura per unità di sforzo, tra alti e bassi, si tratti di risorse demersali o si tratti di risorse pelagiche, le tendenze sono tutte in discesa. In queste condizioni di criticità destano qualche perples-

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Grafico 2
Grafico 1

Grafico 4

sità le ricerche affannose di MSY su specie e stock che, per l’ineluttabilità dell’incidenza dei cambiamenti climatici, non possono che registrare condizioni di decremento. Siamo quindi condannati ad una condizione di lenta “agonia” a livello di pesca ed utilizzo delle risorse di pesca, anche se in qualche modo la maricoltura

sopperisce alla situazione critica della pesca con il suo apporto del 40% ed oltre alla produzione ittica marina, data dagli stock selvatici. Ma, anche in questo comparto, cominciano ad apparire i problemi per tutte le iniziative in cui sono implicati i piccoli pelagici (sardine ed acciughe) come nutrimento di pesce (tonni

Grafico 4 – C/f (Catture per unità di sforzo di pesca). Alici da volante: da t 1.18 al giorno nel 2004 si passa ad un picco di t 1.91 al giorno nel 2006 e si termina con t 1.2 al giorno nel 2021. Per le alici da lampara le vicende sembrano apparire migliori nel periodo dal 2017 al 2020. Per le sarde, dopo un picco C/f di t 1.56 inizia il calo e tuttavia si conclude un po’ meglio che nell’iniziale t 0.26.

Grafico 5 – Nella sarda si riscontra la rimonta dal 2012 al 2018. Le due curve, a partire dal 2016 al 2021, presentano lo stesso andamento. Comunque la sarda da volante sembra difendersi meglio. Va detto che la sarda è più diffusa nel settore orientale dell’Adriatico. Va sottolineato che, dal punto di vista ecologico, l’Adriatico andrebbe osservato come diviso longitudinalmente.

Grafico 6 – Viene coperto un maggior spazio di tempo, dal 1975 al 2016 (Angelini et al., 2017). Si osserva una grande fluttuazione della biomassa in mare di alici, ma la serie di picchi che succede a quello del 1977-78 con t 1.100.000 dopo la caduta del 1985, i picchi che seguono non raggiungono mai la biomassa degli anni ‘70. Anche se si osserva una rimonta nel 2006 (t 900.000), i picchi seguenti sono tutti minori. Proprio per l’abbondanza della biomassa, nel 1978 l’istituto del CNR organizzò un congresso della SIBM improntato alla valorizzazione del pesce azzurro.

in gabbie) come sta succedendo negli allevamenti della costa orientale dell’Adriatico. E allora? Bisogna sostenere tutte quelle iniziative tese a riportare la situazione climatica sotto controllo.

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Grafico 5 Grafico 6

Nota

Tra la prima e la seconda settimana di maggio 2023, una pioggia fitta e consistente è caduta nel territorio della Regione Emilia-Romagna. In 48 ore è caduta in quei territori la pioggia di un anno, causando alluvione, frane e disastri ambientali, oltre che ingenti danni alle colture. Questo comportamento meteorolo-

gico anomalo è anch’esso tipico del cambiamento climatico, per cui si succedono periodi di grande siccità con periodi di grandi piogge concentrate sul territorio.

Bibliografia

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Grafico 7 – Il Grafico riguarda le portate del fiume Po dal 1970 al 2016. Confrontando il Grafico 6 e il Grafico 7 si vedono chiaramente le concordanze tra i due andamenti.

Meeting on stock assessment of the General Fisheries Commission for the Mediterranean, FAO , Roma, 13-18 novembre 2017.

A NGELINI S. et al. (2017), Sardine (Sardina pilchardus) in the GSAs 17 and 18, Meeting on stock assessment of the General Fisheries Commission for the Mediter-

Grafico 7

ranean, FAO, Roma, 13-18 novembre 2017.

BOMBACE G. (2017), Introduzione al convegno ed alcune rifl essioni sull’Adriatico, in Il Mare Adriatico e le sue risorse, Carlo Saladino Ed.

F ROGLIA C. (1973), Osservazioni sull’alimentazione del merluzzo (Merluccius merluccius) del Medio Adriatico, Atti V, Congresso SIBM: 327-241.

COZZI M., GIANI M. (2011), River water and nutrient discharges in the Northern Adriatic Sea: Current importance and long term changes, Continental Shelf Research, 31, 1881-1893, doi.org/10.1016/j. csr.2011.08.010

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SANTOJANNI A., ARNERI E., BERNARDINI V., CINGOLANI N., DI MARCO M., RUSSO A. (2006a), Effects of environmental variables on

Scomparso il prof. Giovanni Bombace

Mentre va in stampa questo numero della Rivista, apprendiamo della scomparsa, avvenuta il 17 settembre scorso, del prof. Giovanni Bombace, co-autore di questo articolo. Giovanni Bombace era nato in Sicilia (Comiso, RG), il 23/3/1929, laureato in Scienze Naturali nell’Università di Catania, per 15 anni, come ricercatore del Centro Sperimentale della Pesca della Regione Sicilia, condusse ricerche sulla pesca strascico nel Canale di Sicilia. Nel 1971 fu chiamato dal Consiglio nazionale delle ricerche ad Ancona a dirigere il Laboratorio di Tecnologia della Pesca, divenuto in seguito Istituto di Ricerche sulla Pesca Marittima (IRPEM), organo di ricerche applicate al settore della pesca ed alla Scienza del mare che, sotto la sua guida fino al 1996, ha assunto notevole rilevanza scientifica, non solo in Italia, ma nell’intero bacino Mediterraneo. Le ricerche e gli studi svolti da Bombace vanno da quelli di biologia marina e di bionomia a quelli relativi alla ricerca di nuovi fondi strascicabili per la pesca d’altura siciliana, da quelli relativi alla commercializzazione del pescato ed ai mercati di produzione, agli studi e ricerche sulla fascia costiera ed alle ricerche sulle barriere o strutture artificiali, dalle problematiche di gestione delle risorse fino agli aspetti normativi connessi; diede un contributo fondamentale alla stesura della Legge 41/1982 “Piano per la razionalizzazione e lo sviluppo della pesca marittima”. Sostenitore della necessità di portare la conoscenza della realtà della pesca italiana oltre la ristretta cerchia degli addetti ai lavori, nel 1983, per la RAI, dipartimento scuola educazione, curò la realizzazione delle 12 puntate del “Corso di aggiornamento per addetti al settore della pesca” che fece conoscere al grande pubblico le problematiche del settore e della ricerca scientifica applicata alla gestione delle risorse ittiche. Dopo il pensionamento, nel 1996, continuò a frequentare il suo istituto, di cui era Senior associato, dispensando suggerimenti ai giovani e continuando a scrivere. La sua ultima fatica, “Il tonno atlanto-mediterraneo (Thunnus thynnus) e le sue popolazioni”, pubblicato da C. Saladino Editore, ha visto la luce nel 2021. Fu presidente eletto del Consiglio Generale della Pesca del Mediterraneo (CGPM) della FAO dal 1980 al 1982 e del comitato “Vertebrati marini e cefalopodi” della CIESM dal 1980 al 1984, oltre che della Società Italiana di Biologia Marina, di cui era socio onorario dal 2000. La Redazione de IL PESCE esprime il proprio profondo cordoglio a familiari e amici.

recruitment of anchovy in the Adriatic Sea, Climate Research 31: 181–193.

TOTTI C., ROMAGNOLI T., ACCORONI S., COLUCCELLI A., PELLEGRINI M., CAMPANELLI A., GRILLI F., MARINI M. (2019), Phytoplankton

communities in the northwestern Adriatic Sea: interdecadal variability over a 30-years period (1988- 2016) and relationships with meteoclimatic drivers , J. Mar. Syst. 193, 137–153, 10.1016/j.jmarsys.2019.01.007

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1. Planète Marine – Da Carlo

È pescheria e preparazioni a base di pesce a Catania, Sicilia: Planète Marine Da Carlo (fruttidimareplanetemarinedacarlo.it) è una bottega moderna che propone la gastronomia marinara per asporto, ristorazione in negozio e catering. Molto attivi sui social, soprattutto il loro account instagram.com/planete_marine è ricco di idee e proposte (photo © instagram.com/planete_marine).

2. Fishmi

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70 IL PESCE, 5/23 IL PESCE IN RETE
di Elena 2
Social
1

3. Oceans and Fisheries by EU

Al link oceans-and-fisheries.ec.europa.eu si accede alla sezione Oceani e Pesca della Commissione europea. La “navigazione” tra i vari contenuti web è in lingua italiana ma il testo è in inglese. Interessanti le News, che riportano spesso notizie utili, come il 1o EU Algae Awareness Summit che si terrà a Parigi dal 5 al 7 ottobre (photo © instagram.com/robilant).

4. Mikel Ponce

Le poderose braccia e abili mani sono di ARTUR MARTINEZ, chef e proprietario del ristorante Aürt, a Barcelona. La foto e il relativo account instagram sono di MIKEL PONCE, fotografo e ritrattista con una sensibilità spiccata per il cibo e, in particolare per il pesce, cosa assai rara. Da seguire su instagram.com/mikelponce (photo © instagram.com/mikelponce).

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Vivere il mare con i pescatori: escursioni, cibo ed ospitalità

Le attività di pescaturismo e ittiturismo delle varie realtà italiane in una guida sfogliabile anche da PC e telefonino

La laguna di Venezia vista all’alba da un’imbarcazione da pesca che viaggia in luoghi suggestivi e carichi di storia. Oppure pescare e cucinare il gambero viola di Sanremo, mangiare pesce fresco nelle Marche e in Campania, ammirare dal mare un’inedita Polignano o la costa salentina. Ma anche scoprire il forte legame col mare dei pescatori del Golfo dell’Asinara e di tutta la Sardegna. Sono alcuni degli esempi che LEGACOOP A GROALIMENTARE ha raccolto in “Turismo con i pescatori. Escursioni, ospitalità e cibo per vivere il mare da protagonista” una guida sfogliabile anche on-line (www.sfogliami.it/fl/281477/t2hun853edp4451mkjcs4dq43yx6gedy) in italiano e inglese che nasce all’interno di FISH MED NET, progetto cofinanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma Eni Cbc Med “Mediterranean Sea Basin” 2014-2020. Una guida che può essere consultata e sfogliata in ogni momento, da PC o dal telefonino.

La pubblicazione, giunta alla seconda edizione, raccoglie per la prima volta l’offerta in chiave di multifunzionalità delle varie marinerie italiane. I pescatori da tempo hanno aperto il mondo del mare al turismo e hanno condiviso la passione per un mestiere antichissimo attraverso uscite in barca per ritirare le reti, cucinare e altre declinazioni di una realtà affascinante. Lo fanno con il pescaturismo, ma anche con l’ittiturismo offrendo ospitalità e una cucina a km 0.

«La multifunzionalità non è più un punto di arrivo, ma uno strumento per fare sistema, per creare

alleanze e per generare reddito», ha sottolineato CRISTIAN MARETTI, presidente di Legacoop Agroalimentare, nella presentazione alla stampa della guida. «La pesca da tempo si è aperta al settore del turismo per far vivere esperienze dirette ai consumatori, perché è sempre più importante conoscere e comprendere da dove viene il cibo che troviamo sulle nostre tavole e scoprire il lavoro che sottende a queste attività. Ittiturismo e pescaturismo aiutano senza dubbio a comprendere meglio il valore di una risorsa fondamentale nella catena alimentare. Una risorsa che fa parte a pieno titolo della Dieta Mediterranea».

La guida di Legacoop Agroalimentare raccoglie le esperienze che si possono vivere su una barca da pesca o in una struttura gestita da pescatori.

Turismo e pesca formano un binomio per offrire esperienze e provare in prima persona le attività legate al mare, per conoscere sempre più da vicino e apprezzar-

ne tradizione e lavoro del mondo della pesca, anche negli aspetti gastronomici.

Come ha spiegato ELENA GHEZZI, responsabile del settore Pesca di Legacoop Agroalimentare, «l’obiettivo è quello di far conoscere l’offerta di pescatori e cooperative in chiave turistica, aspetti della multifunzionalità dell’impresa ittica per potenziare e valorizzare l’attività in chiave di reddito. E, al tempo stesso, far vivere al turista in maniera armonica il mare e i luoghi a esso legati».

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Il QR-Code per accedere alla guida attraverso il telefonino.

SDV: il Granchio blu, dal 2005, ve lo diamo noi

È stato il protagonista, a suo modo, della cronaca di questa calda, caldissima estate 2023, lo strano “soggetto” delle chiacchiere sotto l’ombrellone ma anche delle lunghe discussioni in sede governativa ed europea sulle norme per definirne modalità di gestione e cattura al fine di constrastarne la diffusione, e, soprattutto, l’incubo di pescatori e molluschicoltori di tutta l’area del Nord Adriatico del nostro Paese. Stiamo parlando del famigerato Granchio blu (Callinectes sapidus, RATHBUN, 1896), il crostaceo decapode che potete ammirare anche sulla copertina di questo numero della Rivista.

SDV-Specialisti Del Vivo, l’azienda di Misano Adriatico, Rimini, guidata da LUIGI SAVINO, è stata la prima a commercializzare questa specie in Italia già nel 2005. Inizialmente solo gli esemplari vivi, poi, avendone intuito le grandi potenzialità a livello commerciale, SDV ha deciso di investire sul prodotto, realizzando, nel 2016, una linea esclusiva di carne di Granchio blu totalmente naturale, senza conservanti e additivi, «soprattutto per dare l’opportunità agli chef italiani di poterla testare, comprendendone appieno la versatilità in cucina, la delicatezza e la dolcezza della polpa, il gusto caratteristico» puntualizza Savino.

Precursori sul mercato italiano

SDV-Specialisti Del Vivo è un’azienda specializzata nell’importazione e commercializzazione di crostacei “vivi” e di una vasta gamma di altri prodotti ittici selezionati a livello globale in base ad alta qualità e ricercatezza. Il fatturato, che l’anno scorso ha raggiunto i 18 milioni e mezzo di euro (erano 15 milioni nel 2019), è in crescita, così come l’organico, che oggi conta 25 persone, dislocate tra i vari reparti aziendali. Una struttura piccola, snella, che segue il cliente, ogni singolo cliente, da molto vicino, ed è in servizio 7 giorni su 7. SDV serve a livello nazionale l’HO RE CA mediante Cash & Carry, distributori

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La polpa di Granchio nuotatore selvatico o Granchio blu della linea Aegean Gourmet, di cui SDV è il distributore unico per l’Italia, è un prodotto naturale al 100%, cucinato al vapore, senza conservanti e senza additivi.
AZIENDE

di granchio Aegean Gourmet è selezionata e

al

a partire dall’animale vivo il giorno stesso di pesca, per garantire il massimo della freschezza ed esprimere al meglio le caratteristiche organolettiche del prodotto.

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La polpa scottata vapore

e grossisti e pescherie e, attraverso questo canale, la ristorazione, con referenze e prodotti di nicchia che arrivano da ogni angolo del globo, molte delle quali sono stati i primi a proporre sul mercato italiano. Per restare in tema granchi, il King crab (Paralithodes camtshaticus) dalla Norvegia, il Dungeness crab dall’Oregon, il Golden crab dal Messico, il Granciporro come la Granceola della Bretagna, la Granceola artica (Chionoecetes opilio) dal canadese Cape Bretonnel, e, appunto, il Granchio blu o Granchio nuotatore del Mediterraneo, come viene indicato in azienda.

Ed è proprio di questo prodotto e della linea a lui dedicata che parliamo con ALESSANDRO PASCALICCHIO, dottore in acquacoltura e sicurezza e qualità delle produzioni animali e responsabile servizio qualità in azienda. «Come anticipato, SDV commercializza i prodotti a base di Granchio nuotatore dal 2016 e ancora prima, a partire dal 2005, il

granchio nuotatore vivo» mi spiega Alessandro. «La pesca del granchio avviene nel Mar Egeo e nel Mediterraneo orientale mediante nasse. La reperibilità del prodotto è ottima durante tutto l’anno ma in particolare durante il periodo primaverile ed estivo, quando la pesca ha rese maggiori.

L’abbondanza demografica della specie — sottolinea ancora Alessandro — ci consente di avere un approvvigionamento di materia prima consistente e stabile, senza danno alcuno per l’ambiente dato il metodo di pesca relativamente selettivo delle nasse rese attrattive mediante esca costituita da scarti di pesce (ricordiamo che questi granchi sono eccezionali predatori, onnivori e piuttosto aggressivi) che non danneggia specie sensibili e/o protette, unitamente al fatto di rimuovere dall’ambiente elevati quantitativi di esemplari di questa specie alloctona e invasiva, impattante sulle specie autoctone».

La linea Aegean Gourmet

Al Granchio nuotatore o Granchio blu è dedicata la linea Aegean Gourmet, di cui SDV è il distributore unico per l’Italia. Si tratta di polpa selezionata e scottata velocemente al vapore a partire dall’animale vivo il giorno stesso di pesca. Il procedimento aiuta il processo di estrazione manuale della carne e garantisce il massimo della freschezza, al fine di esprimere nel migliore dei modi le caratteristiche organolettiche del prodotto. «Si tratta di una linea molto richiesta, uno dei nostri prodotti di punta» prosegue Alessandro Pascalicchio. La polpa viene distinta secondo tre selezioni:

1. Lump , fiocchi grandi di carne bianca dal sapore delicato proveniente dalla muscolatura che muove gli arti e li unisce al cefalotorace. Confezionata con etichetta rossa, rappresenta circa il 10% della resa in carne;

2. Backfin, la provenienza anatomica è la stessa della Lump, a cui si aggiungono tutti i muscoli più piccoli presenti nel cefalotorace del granchio e i singoli fiocchi sono di pezzatura minore. La polpa è sempre carne bianca, viene etichettata in azzurro e rappresenta circa il 65% delle carni;

3. Claw, proveniente dalla muscolatura interna di arti e chele, ha tonalità cromatica più scura, con sfumature brune e gusto deciso. Etichettata in oro, è presente con circa il 25% della resa.

«Dalla cottura a vapore dei granchi si ottiene poi il brodo, prodotto accessorio della linea, che viene

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La pesca del Granchio nuotatore avviene tramite nasse nel Mare Egeo e Mediterraneo orientale. Alessandro Pascalicchio.
THE INTERNATIONAL EVENT DEDICATED TO THE ENTIRE INDUSTRIAL, COMMERCIAL AND LOGISTICS REFRIGERATION INDUSTRY 3RD EDITION 7-9 NOVEMBER 2023 BOLOGNA EXHIBITION CENTRE ITALY ORGANIZED BY: Via Antonio Gramsci 57 20032 Cormano, Milan (Italy) Tel.: +39-02-66306866 INTERNATIONAL TRADE FAIR CERTIFIED BY: 162/2019 RFGX19E IN COOPERATION WITH: WWW.REFRIGERA.SHOW

La linea Aegean Gourmet è composta da tre selezioni di prodotto, Lump, etichetta rossa, Backfin, etichetta azzurra, e Claw, etichetta oro, a cui si aggiunge il brodo (in basso) ricavato dalla cottura a vapore del granchio commercializzato in bottiglie da 500 ml. Si tratta di prodotti naturali estremamente versatili e contraddistinti da un elevato valore aggiunto.

concentrato e addizionato di amido al fine di addensarlo» aggiunge Alessandro. La carne viene confezionata all’interno di recipienti plastici da

200 grammi, mentre il brodo viene commercializzato in bottiglie da 500 ml. «La linea Aegean Gourmet si contraddistingue per essere assolu-

tamente priva di conservanti e aromi aggiunti, oltre che di qualsivoglia additivo eccetto l’amido presente esclusivamente nel brodo» aggiunge Alessandro Pascalicchio. «Ciò è possibile grazie al trattamento HPP, che consiste nell’applicazione di elevatissime pressioni idrostatiche (circa 6000 bar) sui prodotti già confezionati: ciò ne garantisce la sicurezza e stabilità dal punto di vista microbiologico, consentendo una vita commerciale di ben 45 giorni per le carni e di 60 giorni per il brodo, mantenuti in regime di refrigerazione. Questi prodotti non subiscono ulteriori trattamenti termici come pastorizzazione o sterilizzazione dopo la cottura, con una conseguente esaltazione massima del sapore».

I principali mercati di riferimento dei prodotti della linea Aegean Gourmet sono i canali HO RE CA. e GDO, ma il prodotto in sé è rivolto a consumatori della popolazione in generale, di tutte le fasce d’età, eccetto naturalmente casi di allergia ai crostacei. «Sono prodotti contraddistinti da un elevatissimo valore aggiunto, consistente in tutti i vantaggi dati dalla lunga shelf-life e dal fatto che il prodotto sia ready to eat, senza necessità di preparazione alcuna» conclude Alessandro Pascalicchio. «Ciò consente notevolissimi risparmi in fatto di tempo e lavoro che sarebbero necessari per la pulitura dei granchi, se acquistati interi, nonché la conseguente resa del 100% con scarto zero.

La polpa si presta poi ad essere utilizzata in tutte le preparazioni che prevedano l’uso di granchio, dagli antipasti ai primi, alle insalate, ecc… Infine, la possibilità di scegliere tra il gusto delicato e dolce della carne bianca e il gusto deciso della carne scura permette i migliori abbinamenti a seconda delle proprie necessità, senza scordare la versatilità del brodo».

SDV Specialisti del Vivo Srl

Via dell’Industria 8

47843 Misano Adriatico (RN)

Telefono: 0541 697842

E-mail: info@specialistidelvivo.com

Web: www.specialistidelvivo.com

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Ittigel festeggia i suoi primi 25 anni

La qualità dei prodotti all’origine, la professionalità dei servizi offerti e la fiducia, costruita giorno per giorno, con un gruppo di clienti di altro profilo presenti su tutto il territorio nazionale, sono gli “ingredienti” del successo che hanno portato Ittigel — agenzia di rappresentanza con sede a Colorno, in provincia di Parma —, ad essere una delle realtà da “tenere d’occhio” per tutte quelle aziende estere che vogliono entrare sul mercato italiano e non solo. I numeri in questo senso parlano chiaro: nello scorso anno il volume d’affari complessivo ha raggiunto 91,7 mln di euro, per un totale di 11.500 tonnellate vendute. Negli ultimi cinque anni, per far fronte alla mole crescente del lavoro, il team è raddoppiato.

Ittigel nasce dall’idea di due fratelli — Marco e Luca Schiaretti — che nell’ottobre del 1998 hanno deciso di dare una svolta alla propria vita professionale. Addio definitivamente all’avvocatura per uno, addio alla

L’agenzia di rappresentanza di prodotti ittici fondata a Colorno dai fratelli Marco e Luca Schiaretti raggiunge oggi questo importante traguardo aprendosi a nuovi mercati, in particolare India, Indonesia, Cina e Vietnam

carriera sportiva per l’altro. In un casolare immerso nella Pianura Padana, dove i nonni avevano coltivato la terra per anni, loro, invece, hanno deciso che avrebbero venduto pesce congelato dal Marocco, dalla Francia e dall’Inghilterra. A dargli man forte in questo progetto la madre, che per molti anni aveva lavorato nel settore ittico. «Tra viaggi frequenti all’estero per testare i prodotti e visite altrettanto assidue ai clienti per conoscerli e farsi conoscere, tra telefonate e caffè, tra sigarette e offerte scritte a macchina — del resto eravamo ancora nel vecchio secolo — l’agenzia di rappresentanza

ha iniziato a muovere i primi passi e a partecipare anche alle prime fiere di settore: Seafood Expo Global di Bruxelles (oggi trasferita a Barcellona, NdR)e Conxemar a Vigo» ci raccontano i titolari. «Entrambe sono un appuntamento che, anno dopo anno, hanno scandito il calendario della società e oggi sono diventate una consuetudine, un momento di incontro per salutare persone con cui si è fatto un pezzo di strada; per continuare a camminare fianco a fianco con chi condivide gli stessi obiettivi; ultimo ma non ultimo, occasione per conoscere nuovi partners e iniziare con loro un nuovo percorso».

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Polpi, seppie, calamari, scampi e capesante congelati sono diventati sinonimo di Ittigel che ha scelto la strada della specializzazione sia per quanto riguarda le proprie rappresentate che il target del cliente: foodservice, distributori, grossisti. «A partire dallo scorso anno abbiamo ampliato le origini dei prodotti che possiamo offrire — spiega Marco, che segue con passione questo aspetto del lavoro — e ci siamo orientati a mercati nuovi per noi, come India, Cina, Indonesia e Vietnam

Eravamo pronti ad iniziare questa sfida di ampio respiro e, se lo scorso anno è stato dedicato alla ricerca, allo studio degli standard, a gettare le fondamenta insomma, quest’anno stiamo iniziando a far conoscere i prodotti delle nostre rappresentate sul mercato italiano. E, compatibilmente con le difficoltà attuali a livello macro e micro economico, speriamo di accreditarci sempre di più come partner affidabili tra i nostri clienti storici e non solo».

«La scelta di andare in questa direzione — prosegue Luca, che si occupa della parte strategica e commerciale insieme al fratello — da un lato significa offrire una maggiore varietà di prodotti ed essere maggiormente competitivi con chi già conosce non solo i nostri prodotti ma anche il tipo di servizio che offriamo in termini di controllo della qualità degli standard, pricing, supporto documentale e logistico; dall’altra comporta rivolgersi a un nuovo segmento del mercato che sono le industrie di trasformazione che hanno una distribuzione ramificata in Italia e all’estero.

Mi sembra importante sottolineare che questa strada si affianca a quella della vendita dall’Europa che negli anni ha dato continuità e volumi, specie in momenti di incertezza quando è difficile prevedere l’andamento del mercato e i compratori non sono orientati a programmi ma ad acquisti “mordi e fuggi” in base alle loro esigenze.

Infine, il nostro core business sono certamente i cefalopodi e i crostacei, ma l’esperienza di questi anni ci ha permesso anche di aprirci a prodotti nuovi come alici e sgombri

In alto: i due titolari di Ittigel, Luca e Marco Schiaretti. In basso: a sinistra, Grazia Bisi, responsabile amministrativa e con Ittigel da più di 15 anni. A destra, Martina Musini, addetta back office commerciale. Nella pagina a lato: Simona Bonati, Elena Curti, Luca Schiaretti, Viola Brandini, Marco Schiaretti, Simone Soliani, Martina Musini, Francesca Falavigna e Grazia Bisi.

dalla Turchia, senza dimenticare eccellenze come il pesce spada e lo smeriglio lavorato artigianalmente da uno dei pochi artigiani rimasti in Europa».

Raccogliere in poche righe 25 anni: tutto tranne che semplice. Accanto ai numeri, i clienti, i prodotti, le nuove iniziative c’è il quotidiano, con il suo sostrato di abitudini, gesti, oggetti, routine, imprevisti e fatti piccoli e grandi che hanno scandito e reso “fondo” questo tempo: la nascita di sei bambini, i pranzi del venerdì, un matrimonio “segreto” annunciato via Instagram, chi arriva e chi se ne va, l’alluvione che ha messo a dura prova la vecchia sede, i pacchi di Natale, il trasloco nella nuove sede, la macchina del caffè, un

passaporto dimenticato, il “quaderno delle frasi celebri” e la tradizione dei planning a cui è dedicata una parete delle nuova sede… E poi? La lista potrebbe continuare ancora a lungo, ma è tempo di chiudere. Buon compleanno Ittigel

Ittigel Srl

Piazzale Caduti del Lavoro 1

43052 Colorno (PR)

Telefono: 0521 313375 / 0521 310527

Web: www.ittigel.it

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Salmone irlandese bio: una scelta responsabile e di qualità certificata al 100% secondo lo European Organic Standard

Quando rispetto dell’ecosistema e attenzione alla sostenibilità garantiscono un prodotto eccellente per gusto e qualità

La conformazione geografica insulare e la vicinanza alle fredde e incontaminate acque dell’oceano Atlantico permettono all’Irlanda di accedere ad una delle zone di pesca più ricche d’Europa. Queste premesse, unitamente al suo orientamento a pratiche di acquacoltura responsabile nel rispetto dell’ambiente marino e della biodiversità, assicurano l’ottenimento di materie prime dagli elevati standard di qualità e di sicurezza alimentare, conosciute in tutto il mondo dal punto di vista del gusto, della nutrizione e del controllo.

In particolare, l’ Irlanda è fiera di essere uno dei maggiori produttori di salmone biologico

all’interno dell’Unione Europea. Il 100% del salmone irlandese è infatti certificato secondo lo European Organic Standard e viene allevato principalmente sulla costa occidentale dell’Irlanda, dove forti correnti e maree fanno sì che i salmoni nuotino l’equivalente di 13.000 km durante la loro vita di circa 18 mesi — tempo necessario per raggiungere la maturità—, in un ambiente con un rapporto del 99% di acqua e per l’1% di pesce.

Le condizioni di allevamento del salmone irlandese sono una peculiarità unica che contraddistingue questo prodotto rispetto a tutti gli altri presenti sul mercato. Questo

si traduce in un prodotto finale con un basso contenuto di grassi, una carne ricca e succulenta ed un sapore raffinato e gustoso.

Requisiti fondamentali per la certificazione biologica sono l’alimentazione e la dieta responsabile: il salmone irlandese è infatti nutrito con una dieta a base di ingredienti naturali, provenienti da fonti sostenibili e privi di OGM.

Oltre al marchio biologico dell’UE, il salmone irlandese, così come tutti gli altri prodotti ittici del Paese, ha ottenuto certifi cazioni riconosciute a livello locale come la Naturland (Germania), Bio-Suisse (Svizzera) e AB–Bio (Francia).

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Qualità. Tradizione. Autenticità.

Specialisti nella lavorazione dello stoccafisso e del baccalà da 3 generazioni.

Realizziamo un prodotto che coniuga qualità, tradizione e autenticità. Traguardo raggiunto grazie a una tecnica di lavorazione artigianale, curata nei minimi dettagli.

La linea di prodotti ittix® in confezione Skin:

• Cuore di Stoccafisso

• Cuore di Baccalà dissalato

• Cuore di Merluzzo Nordico

• Baccalà mantecato

• Baccalà alla vicentina

• Polpette di baccalà

La linea di prodotti ittix® in confezione Sottovuoto:

• Stoccafisso ammollato tipo Veneto intero e Stoccafisso ammollato taglio schiena

• Stoccafisso ammollato taglio Ligure

• Baccalà dissalato

Per maggiori informazioni: +39 02 54106033 | www.ittix.it | info@ittix.it

Il salmone irlandese viene allevato principalmente sulla costa occidentale dell’Irlanda, dove forti correnti e maree fanno sì che i salmoni nuotino l’equivalente di 13.000 km durante la loro vita di circa 18 mesi, in un ambiente con un rapporto del 99% di acqua e per l’1% di pesce.

Questo perché i produttori irlandesi aderiscono anche ad Origin Green, il programma nazionale irlandese per la sostenibilità, impegnandosi a raggiungere obiettivi di sostenibilità ambiziosi e misurabili in aree fondamentali legate alla sostenibilità, quali l’ approvvigionamento di materie prime, le emissioni, il consumo di energia, i rifiuti, l’acqua, la biodiversità e la sostenibilità a livello sociale, salute e benessere inclusi. Origin Green è l’unico programma per la sostenibilità al mondo

a operare su scala nazionale, coinvolgendo Governo, settore privato e aziende alimentari, sotto l’egida di B ORD B IA , l’ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi.

Attenzione ad ambiente e sostenibilità e una provenienza privilegiata sono quindi le caratteristiche principali che rendono il salmone biologico irlandese così pregiato e delizioso, ricco di proteine, grassi

Omega-3, vitamine e minerali importanti per il cuore e la circolazione sanguigna.

Ma, oltre al suo sapore unico e inconfondibile, è anche uno dei prodotti ittici più facili da utilizzare in cucina: sia che venga preparato con del prelibato burro irlandese, al forno con i profumi delle erbe aromatiche o saltato semplicemente in padella con un accompagnamento di verdure fresche, il salmone biologico irlandese è infinitamente versatile.

Bord Bia, Irish Food Board, è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi. Lo scopo di Bord Bia è quello di promuovere il successo dell’industria Food & Beverage e dell’orticoltura irlandese attraverso servizi di informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2022 le esportazioni dell’industria Food & Beverage irlandese sono arrivate a quota 16,7 miliardi di euro, con una crescita del +22% in più rispetto all’anno precedente. L’Italia rappresenta uno dei mercati più importanti per l’export di manzo irlandese in Europa con scambi valutati, nel 2022, a 448 milioni di euro e una crescita del 26%. >> Link: www.irishbeef.it

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Scopridipiù Unaperlarara traleostrichedellaBretagna +390266825373info@detonitalia.it

aMARE CON GUSTO, nuova pescheria a Lurate Caccivio

È con grande entusiasmo che COPROMAR ha annunciato l’inaugurazione di aMARE CON GUSTO, nuovissima pescheria e gastronomia di proprietà dell’azienda milanese, che ha aperto i battenti lo scorso 16 settembre a Lurate Caccivio, in provincia di Como. «Il nome riflette la passione per il mare e l’amore per il buon cibo» scrive Copromar. «Siamo fieri di offrire ai nostri clienti una straordinaria selezione di materie prime ittiche fresche e di altissima qualità, direttamente dal distributore».

aMARE CON GUSTO è gestita da un team di professionisti del settore ittico, con decenni di esperienza alle spalle. «Questo ci permette di fornire risposte immediate alle vostre esigenze e garantire una qualità impeccabile in ogni prodotto che mettiamo a disposizione. Ma non siamo solo una pescheria: siamo anche una deliziosa gastronomia. Offriamo un servizio di preparazione take away,

che potrete ordinare comodamente tramite WhatsApp. I nostri piatti sono preparati con cura e sono pronti per essere ritirati quando lo desiderate. E per coloro che desiderano gustarli sul posto, abbiamo creato un accogliente Fishbar con tavoli dove potrete godervi un aperitivo o deliziare il vostro palato con prelibatezze di pesce crude e cotte».

aMARE CON GUSTO è il frutto di un’idea di Copromar, un’azienda che opera con successo nel Mercato Ittico di Milano da ben 40 anni. «La nostra esperienza nella distribuzione di prodotti ittici freschi, surgelati e decongelati, al servizio della GDO, del commercio all’ingrosso e al dettaglio e dell’HO.RE.CA., ci ha spinto a portare la nostra passione e competenza nell’area del Comasco, Varese e il Canton Ticino. In questo modo, desideriamo creare un canale diretto giornaliero di freschezza con la nostra sede principale a Milano».

aMARE CON GUSTO

Via Varesina 3

22075 Lurate Caccivio (CO)

Web: www.amarecongusto.it

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Valore della formazione e propensione all’innovazione: la tecnologia Stagionello® al fianco dell’Unione Cuochi del Trentino Alto-Adige

Durante la passata edizione di Bubbles & Fish (17-19 giugno, Rovereto, Trento), tra esponenti del mondo ittico, note aziende vitivinicole del panorama trentino e rappresentanti di rilievo provenienti da diversi settori del mondo gastronomico, abbiamo conosciuto VITTORIO JOACHIM DE MARZANI, presidente dell’Unione Cuochi del Trentino Alto Adige, delegazione regionale di Federazione

Italiana Cuochi, il più grande ente rappresentante di questa categoria in Italia.

Fin da subito è emerso il suo impegno all’interno dell’associazione, una determinazione crescente culminata con la nomina alla carica più alta dell’organizzazione, che vuole rilanciare sul territorio attraverso iniziative che pongano «l’associato al centro delle attività».

Il suo obiettivo è dare vita ad una rete di professionisti del settore gastronomico puntando soprattutto ai giovani, affinché maturi in loro un senso di appartenenza verso un’associazione che li sostiene e li rappresenta, garantendo al tempo stesso la crescita di questa stessa realtà.

Un ambizioso progetto che affonda le sue radici nel valore della

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formazione, chiave che ha avvicinato De Marzani all’inventore ALESSANDRO CUOMO, padre del metodo e tecnologia Stagionello®, convinto sostenitore della cultura gastronomica tradizionale.

«L’intesa con il dott. Cuomo — ha dichiarato De Marzani — è stata fondamentale fin da subito. Già dal primo incontro, ci siamo accorti che lavoravamo parallelamente a progetti molto affini fra loro che focalizzano le nostre attività nel migliorare e nel portare avanti un certo tipo di conoscenza».

Una conoscenza che parla di evoluzione della professione culinaria, che non si ferma alla creazione di una nuova pietanza ma guarda in particolare agli strumenti che portano ad un piatto, quindi un riferimento che dia modo ai professionisti di aggiornarsi e conoscere tecniche e tecnologie che agevolano il proprio mestiere.

«Noi facciamo parte di un sistema generale» ha detto il presidente dell’Unione Cuochi del Trentino Alto Adige. «Questo sistema generale, dove ormai si può spaziare anche nelle tematiche quotidiane, che possono essere, come condiviso col dott. Cuomo, sia l’etica, sia la soste-

nibilità e, perché no, un certo tipo di economia circolare che rientra anche nella professione del cuoco, nella gestione degli scarti, delle materie prime, delle derrate, nella ricerca di prodotti che possono essere anche recuperati».

De Marzani reputa fondamentale la rete di nozioni, conoscenze e sana contaminazione culturale, che permettono l’avanzare di una nuova sapienza che rispetti il sapere del passato in chiave naturalmente innovativa. In una realtà veloce, rapida e dinamica, anche il mondo della cucina corre.

L’evoluzione tecnologica ha regalato nuove tecniche, nuovi prodotti che è possibile apprezzare attraverso un importante spirito di adattamento del professionista alla novità degli ultimi tempi.

Concetti nobili che De Marzani riscopre al fianco della tecnologia Stagionello ® . «Oggi parliamo di conservazione, di shelf-life dell’alimento, della gestione dell’acqua e del pH, concetti ancora sconosciuti a molti ma che, come ci dimostra la tecnologia Stagionello®, determinano il futuro gastronomico, sempre più minacciato da un crescente spreco

e lontano dal delicato tema della sostenibilità».

De Marzani ha poi voluto porre l’attenzione su quanto offerto, da un punto di vista tanto tecnologico quanto etico, da Alessandro Cuomo, condividendone gli studi e l’intrinseco dovere morale di garantire alimenti genuini alle future generazioni e quindi la conseguente qualità di cibi nutraceutici ready to eat curati con il Cuomo Method®. Una sinergia che si lega anche al concetto di formazione tecnica e scientifica applicata al cibo e definita dallo stesso De Marzani «fondamentale».

Proprio la propensione all’innovazione ha avvicinato le avanguardiste personalità di De Marzani e Cuomo, presto uniti in un nuovo progetto rivolto alla specializzazione degli associati Unione Cuochi. «Riuscire a creare all’interno di organizzazioni come la nostra dei piccoli centri di formazione creerebbe maggiore coinvolgimento da parte di associati ma anche studenti e professionisti di settore. Ciò favorirebbe maggiore conoscenza e cultura verso una materia tanto importante quanto ancora poco conosciuta, la trasformazione alimentare naturale di carne ma, soprattutto, pesce, in salumi stagionati o cotti a vantaggio di un concetto pionieristico che esalta i sapori».

Un’idea che si ispira alla struttura del mondo Stagionello®, da anni impegnata non solo nella produzione di innovativi impianti di trasformazione alimentare ma costantemente dedita alla realizzazione di corsi che diano gli strumenti necessari per la creazione di alimenti genuini e innovativi.

Crescita professionale e organica oggi diventano dunque obiettivi raggiungibili grazie all’esperienza di un’innovativa realtà imprenditoriale e l’intraprendenza di associazioni locali.

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>> Link: stagionellostore.com A Bubbles & Fish, Alessandro Cuomo e Vittorio Joachim De Marzani si confrontano sulla nuova tecnologia Stagionello® Fish Curing Device.

Innovazione e soluzioni all’avanguardia: 30 anni di Linea Flesh

Trent’anni fa iniziò il porta a porta della LINEA FLESH: un unico agente che, con molta umiltà ma con costante fermezza e determinazione, cominciò a far conoscere i primi prodotti professionali di pulizia nelle aziende di Arzignano, un paese in provincia di Vicenza. La sua caparbietà e la sua preparazione contagiarono tutti e, utilizzando i suoi articoli, gli impresari e i loro dipendenti da lì a poco iniziarono a stringere con lui un rapporto di fiducia e collaborazione. Da quel momento ebbe bisogno di incrementare il magazzino e, ovviamente, il personale, per poter soddisfare le esigenze dei clienti che, in breve tempo,

crebbero sempre più, espandendosi in tutta la regione. Ampliò la tipologia di articoli, con abbigliamento monouso, dispenser, contenitori e

arredamento in acciaio inox 304 AISI di produzione propria. Man mano che passava il tempo e le norme di legge per la sicurezza e l’igiene nelle

Oggi Linea Flesh vende in tutta Italia e con la stessa filosofia di 30 anni fa che, coniugata all’innovazione, la contraddistingue. «La vera innovazione è ascoltare e confrontarci con i nostri acquirenti, raccogliendo i loro suggerimenti e le loro idee per incrementare la nostra gamma di prodotti in base alle loro esigenze. Da qui nasce il nostro slogan: Innovating with You for You»

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Linea Flesh, che ha sede ad Arzignano, in provincia di Vicenza, nel 2023 compie 30 anni e, seguendo il proprio senso di innovazione continua, ha deciso di aggiornare anche la propria immagine, adottando un nuovo logo che rispecchia maggiormente la propria filosofia.

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I carrelli per rifiuti in acciaio hanno il coperchio a pedale per evitare il contatto con le mani e ridurre la contaminazione, le ruote per un facile spostamento e l’asta porta rotolo per velocizzare il cambio del sacco evitando di rallentare la catena produttiva.

aziende miglioravano e mutavano, Linea Flesh è sempre riuscita a stare al passo, conglobando nuovi articoli come la gamma del Codice-colore e del Rilevabile al metal detector e raggi x, trasmettendo a tutto il personale la capacità di creare un rapporto empatico con la clientela.

Oggi Linea Flesh vende in tutta Italia e con la stessa filosofia di allora che, coniugata all’innovazione promossa dalla nuova generazione, la contraddistingue, garantendo ai suoi clienti un punto di riferimento per qualità, sicurezza e eccellenza sui prodotti. «L’obiettivo è fornire ai clienti soluzioni all’avanguardia. Quello che abbiamo appurato è che la vera innovazione è ascoltare e confrontarci con i nostri acquirenti, raccogliendo i loro suggerimenti e le loro idee per incrementare la nostra gamma di prodotti in base alle loro esigenze; da qui il nostro slogan: In-

novating with You for You» ci dicono da Linea Flesh.

«Gli arredi in acciaio inox AISI 304 che produciamo sono di altissima qualità, adatti nei settori alimentari, farmaceutici e cosmetici perché rispondono perfettamente alle richieste del sistema HACCP, conseguendo un alto livello di sicurezza e igiene. I piani di lavoro sono facili da pulire e privi di bordi o spigoli taglienti che potrebbero ferire l’operatore. I carrelli per rifiuti in acciaio hanno il coperchio a pedale per evitare il contatto con le mani e ridurre la contaminazione, le ruote per un facile spostamento e l’asta porta rotolo per velocizzare il cambio del sacco evitando di rallentare la catena produttiva. I dispenser in acciaio hanno il tetto spiovente per evitare il deposito della polvere, l’apertura pratica e intuitiva per caricare le scorte, e fori ampi e stondati per l’estrazione facile e veloce degli articoli da indossare. Anche l’abbigliamento appropriato è un elemento essenziale per la sicurezza sul lavoro. Questi settori possono comportare rischi signifi cativi come l’esposizione a sostanze chimiche, la potenziale contaminazione incrociata, l’esposizione a temperature estreme o il rischio di incidenti. Linea Flesh garantisce prodotti realizzati con materie prime vergini assicurando una corretta protezione dell’operatore, non solo alla contaminazione ma anche contro eventuali allergie causate dal materiale dell’articolo stesso. Un’attenzione particolare è stata indirizzata all’abbigliamento antinfortunistico, come guanti e scarpe, scrupolosamente scelti per garantire sicurezza e massimo comfort all’operatore.

Anche la contaminazione fisica di corpi estranei comporta un rischio elevato e, per questo, Linea Flesh gestisce un’ampia fornitura di articoli rilevabili al metal detector e ai raggi X. Questi prodotti contengono un additivo metallico, disperso omogeneamente e mescolato alla materia prima, che permette di rintracciare pezzi dell’articolo che dovessero accidentalmente staccarsi. Tutti i materiali sono conformi al contatto alimentare certificato a

test di laboratorio. Per evitare la contaminazione tra diverse aree di lavorazione è essenziale diversificare le attrezzature di lavoro con il sistema Codice-colore: ogni attrezzo di pulizia o lavorazione ha un colore preciso che ne indica il settore di provenienza, così da non intaccare il ciclo di vita di un prodotto con un alimento o una sostanza non incluso in quella fase di produzione.

Linea Flesh dispone di una gamma completa di attrezzature per la pulizia e non solo, che rispecchia le caratteristiche del Codice-colore, garantisce un’ottima resistenza all’abrasione, agli agenti chimici ed ai raggi UV, e sono completamente lavabili in autoclave a 121 °C.

Per contrastare l’usura e mantenere il controllo della diffusione di agenti patogeni, proponiamo gli articoli igienizzanti per la pulizia professionale, che vanno dagli spray igienizzanti ai detergenti per i piani ai sanificanti per pavimentazione, per cui garantiamo la sicurezza del consumatore e l’integrità dei prodotti».

E non finisce qui perché, grazie ad una rete di fornitori affidabili e di qualità, Linea Flesh ha a disposizione una vasta gamma di prodotti al di fuori dell’assortimento principale, per poter soddisfare il più possibile le esigenze del cliente e dare un servizio a 360°.

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94 IL PESCE, 5/23
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NEW COPROMO raddoppia il suo impianto di depurazione e passa in pochi giorni da

20.000 a 40.000 kg per ciclo depurativo grazie alla capacità

96 IL PESCE, 5/23 ASI RACCONTA
di Adriatic Sea International
tecnica di Adriatic Sea International
Il nuovo impianto da 20.000 kg a ciclo depurativo di NEW COPROMO realizzato dai tecnici di Adriatic Sea International.

La “prova provata” della grande capacità tecnica e progettuale di Adriatic Sea International si è verificata ancora una volta. Un paio di anni fa, e precisamente nel 2021, la NEW COPROMO di Fano, in provincia di Pesaro-Urbino (newcopromo.com), ci ha dato mandato di progettare un impianto di depurazione per molluschi eduli. Valutando il fatto che si doveva costruire anche tutta la struttura edile, i tecnici progettisti di Adriatic Sea International consigliarono intelligentemente il cliente di includere nel progetto, con un minimo incremento economico sul costo di costruzione edile, un possibile ampliamento futuro. Nonostante il parere negativo del cliente — secondo la sua richiesta, un impianto di depurazione per 16.000 kg a ciclo giornaliero sarebbe stato sufficiente per sempre —, siamo riusciti a convincerlo a realizzare un progetto in cui si potesse, eventualmente in futuro, ampliare il sistema di depurazione.

L’esperienza di oltre 50 anni nella progettazione e realizzazione di impianti di stoccaggio e depurazione molluschi e crostacei ancora una volta ci ha gratificati: conquistata la fiducia e la disponibilità del cliente, infatti, abbiamo realizzato il primo impianto di depurazione di 16.000 kg a ciclo depurativo che, solo dopo pochi mesi di lavoro, è stato necessario ampliare a 20.000 kg, esclusivamente con l’aggiunta del quarto bins sopra ogni linea verticale (20 bins in totale di aumento). Tutto questo senza aggiungere un minimo di tecnologia in più all’impianto già esistente, il che sta a dimostrare che le tecnologie proposte da Adriatic Sea International sono sempre sovradimensionate del 50%!

Il raddoppio dell’impianto

Non sono passati neppure due anni dall’inaugurazione del primo impianto che NEW COPROMO, in difficoltà a soddisfare, con un solo impianto, le crescenti richieste di mercato, chiede di incrementare il volume totale di depurazione, quindi si passa alla realizzazione del secondo impianto da 20.000 kg a ciclo,

In entrambi gli impianti di depurazione, NEW COPROMO ha acquistato e installato il sistema di telegestione “Adriatron” per monitorare e controllare i valori di salinità, temperatura, pH, ossigeno disciolto e potenziale Redox (m/volt) dell’acqua.

senza necessità di scavare e/o fare acrobazie in fase di installazione, perché, a suo tempo, il cliente ha saputo fare tesoro dei nostri consigli, realizzando allora tutto quanto necessario per fare un ampliamento in tempi rapidi e senza sconvolgimento aziendale.

Con l’occasione di installare questo nuovo impianto da 20.000 kg a ciclo depurativo, il cliente, ascoltando ancora una volta i consigli dei tecnici di Adriatic Sea International, ha acquistato ed installato, in entrambi gli impianti di depurazione, il nostro rivoluzionario sistema di telegestione “Adriatron” , per monitorare e controllare i valori di salinità, temperatura, pH, ossigeno disciolto, potenziale Redox (m/volt) dell’acqua. Il sistema collegato in internet anche con Adriatic Sea International permette di visionare continuamente, attraverso i valori dell’acqua sopra descritti, il buon

funzionamento degli impianti di depurazione e, quando i parametri impostati escono dal range programmato, un allarme mette in allerta il gestore che, anche con l’aiuto dei tecnici di Adriatic, ristabilisce i valori programmati. Tutto ciò fa capire quanto importante sia l’esperienza nel progettare e realizzare impianti di depurazione e stoccaggio.

Grazie per averci accordato la vostra fiducia!

La Direzione tecnica di Adriatic Sea International

Adriatic Sea International

Via Tavoleto 93/P

47832 San Clemente (RN)

Telefono: 0541 858145

E-mail: info@adriasea.com

Web: www.adriasea.com

IL PESCE, 5/23 97

Intervista al direttore Danilo Simonetta

Alla scoperta del Mercato Ittico all’ingrosso di Milano

Siamo in SO.GE.M.I., la società che gestisce Foody – Mercato Agroalimentare Milano, per incontrare DANILO SIMONETTA, direttore dei Mercati Ittico, Fiori e Carni. Questi mercati, insieme a quello Ortofrutticolo, il più grande dei quattro, sono tutti collocati in un unico comprensorio di 700.000 m2 che per dimensioni,

quantitativo di merce commercializzata e numero di frequentatori è il più grande d’Italia. Oggi insieme al direttore Simonetta andiamo a conoscere da vicino il Mercato Ittico, punta di diamante di Foody e di eccellenza per il settore, riconosciuto in tutta Italia per la freschezza e la qualità del pesce commercializzato.

Qual è la storia del Mercato Ittico all’ingrosso di Milano?

«Il Mercato Ittico all’ingrosso di Milano è tra i più moderni a livello europeo e il più importante mercato di prodotti ittici in Italia come quantità, qualità e freschezza dei prodotti commercializzati. Ogni notte arriva la più vasta tipologia

98 IL PESCE, 5/23 INTERVISTE

Il Mercato Ittico all’ingrosso di Milano è tra i più moderni a livello europeo e il più importante mercato di prodotti ittici in Italia come quantità, qualità e freschezza dei prodotti commercializzati.

IL PESCE, 5/23 99

Fresco pescato e di allevamento, congelato/surgelato, conservato, trasformato/lavorato, secco/salato/affumicato: il Mercato all’Ingrosso di Milano assicura la disponibilità di un’ampia gamma di prodotti ittici, la più vasta tipologia di pesci freschi tra quelli commercializzati in tutti i mercati europei.

di pesci freschi (sia pescati che allevati) che vengono rigorosamente controllati da un servizio sanitario interno che garantisce la sicurezza e la salubrità dei prodotti.

Foody ha creato un marchio di qualità e sicurezza alimentare riconosciuto in tutta Italia, a garanzia della provenienza del prodotto, per veicolare i valori di qualità e sicurezza alimentare che contraddistinguono il Mercato Ittico di Milano.

Qualità e sicurezza alimentare. Mercato Ittico di Milano è il marchio di qualità e sicurezza alimentare creato da Foody e riconosciuto in tutta Italia, a garanzia della provenienza del prodotto, per veicolare i valori di qualità e sicurezza alimentare che contraddistinguono il Mercato Ittico di Milano.

Il Mercato, precedentemente collocato nella storica struttura di Via Sammartini, nei pressi della Stazione Centrale di Milano, è stato trasferito nell’anno 2000 nell’attuale padiglione provvisto di

100 IL PESCE, 5/23

autorizzazione Bollo CE sito in via Lombroso n. 53, che dispone anche di apposite pensiline per consentire agli acquirenti, ai fini igienici, la movimentazione dei prodotti su percorsi coperti».

Qual è il flusso medio di operatori giornalieri nel Mercato Ittico?

«Il Mercato Ittico conta 20 grossisti, per 1.300 acquirenti tesserati e una media circa 300 acquirenti giornalieri. Questo è ancora un mercato fisico nel quale, nella fase di acquisto, l’acquirente ha la necessità di visionare il prodotto».

Come avvengono i pagamenti delle transazioni?

«È in vigore il cosiddetto sistema Cassa Mercato, un sistema di tracciamento trasparente per tutte le transazioni effettuate all’interno del Mercato Ittico che pone il divieto assoluto di denaro contante. Acquirenti e venditori hanno l’obbligo di effettuare le pratiche commerciali esclusivamente tramite il sistema Cassa Mercato. Questo servizio ha come obiettivo una maggiore sicurezza nelle transazioni finanziarie, la trasparenza delle società morose nei confronti degli operatori del Mercato Ittico e una maggiore regolarità nei flussi finanziari.

Le modalità di pagamento da parte degli acquirenti possono avvenire solo nei seguenti modi:

• pagamento a pronti tramite carta prepagata emessa da un istituto bancario o carta di credito o di debito;

• pagamenti a termine con procedura Sepa Direct Debit (SEPA), indicando in massimo di 60 giorni dalla data della transazione e contestuale emissione del DDT, il termine di pagamento consentito.

Non sono ammessi i pagamenti in contanti o tramite assegni».

Quali sono i volumi di prodotto mediamente commercializzati all’interno del Mercato e quali i prodotti più venduti per l’ittico?

«Per il Mercato Ittico il fatturato è di 100 milioni di euro, per circa

10.000 tonnellate commercializzate. Tra i prodotti più venduti ci sono cozze, branzini, orate e salmone».

Qual è il profilo degli acquirenti?

«Ambulanti, dettaglianti, commercianti all’ingrosso e HO RE CA Per quanto riguarda gli ambulanti, si parla di una percentuale pari al 35%. Su Milano vi sono oltre 90 mercati rionali e, di conseguenza, la presenza dell’ambulantato è molto elevata nei mercati del comprensorio (prevalenza Orto e Ittico). I dettaglianti rappresentano il 30%: si tratta dei classici negozi al dettaglio, pescherie, ortolani, macellerie. I commercianti all’ingrosso sono il 30%. In questa categoria ricadono i cosiddetti broker-intermediari che fanno da tramite tra la ristorazione e i grossisti stessi. La maggior parte dei ristoratori si avvale di queste figure in quanto l’orario della ristorazione (fine turno serale), non si concilia con l’orario di apertura dei mercati (ore 4.00 per Ittico e Carni). L’H O . RE . CA rappresenta il 5%: è quella piccola fetta che si reca direttamente in mercato per effettuare acquisti».

SO.GE.MI. opera anche con acquirenti esteri?

«Vi sono operatori che effettuano consegne anche all’estero (Svizzera, Austria, Spagna, Emirati Arabi). L’approvvigionamento della materia prima avviene invece da tutto il mondo: nel giro di 48H la merce arriva da Nord e Sud America e Australia».

>> Link: sogemispa.it

IL PESCE, 5/23

Sacca di Scardovari, è allarme Granchio blu

Testi e foto di Massimiliano Rella

102 IL PESCE, 5/23 SPECIALE SCARDOVARI

Per Luigino Marchesini, presidente del Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine, «questo granchio ci ha messi al tappeto.

Abbiamo chiesto lo stato d’emergenza, ma dalle istituzioni centrali non abbiamo avuto le risposte che ci aspettavamo». Se non sarà dichiarato lo stato d’emergenza, per tutto il comparto molluschicolo del Delta del Po sarà quasi certamente la fine

Vorace, aggressivo, infestante. L’incubo degli allevatori di molluschi si è manifestato con tutti i peggiori aggettivi a partire da fine primavera, seminando malumori e preoccupazione tra pescatori, coltivatori di molluschi, imprenditori e anche ambientalisti. Ha messo letteralmente in ginocchio un sistema economico e sociale sviluppato in anni di lavoro e di fatica, messo sul lastrico piccole imprese a conduzione famigliare e a rischio la biodiversità, ennesima minaccia ad un ecosistema agrario, marino e lagunare delicato e fragile. Lo sanno bene sul Delta del Po i pescatori e allevatori veneti della Sacca di Scardovari, dove il Granchio blu, con l’appetito di un coccodrillo e il buongusto di un gastronomo di professione, sta facendo man bassa di molluschi prelibati, tra i migliori d’Italia: le cozze di Scardovari DOP, le vongole veraci, le ostriche rosa. E adesso è allarme. Prima si è pappato

le vongole e le cozze mezzene, poi è passato alle semine, col risultato che si misurerà dalle prossime settimane nelle pescherie d’Italia.

Una situazione fuori controllo

Se pensavate che la peggior invasione mai vista fosse quella di “Alien”, il mitico film di RIDLEY SCOTT degli anni ‘70, è il caso allora d’aggiornare l’immaginario perché da fine maggio, inizio giugno, nella Sacca di Scardovari, habitat perfetto per cozze, vongole, ostriche — e oggi Granchi blu — i coltivatori di molluschi non potevano vedere di peggio. Non tanto nell’aspetto, perché il vorace crostaceo ha un look niente male, una bella corazza grigio-marroncina e chele possenti strisciate d’azzurro, quanto nei numeri dell’invasione, questa sì, da disorientare anche i più fini matematici.

Secondo i dati forniti dal Consorzio delle Cooperative dei Pesca-

tori del Polesine (14 coop., 1.470 permessi di pesca) nel 2022 sono stati venduti a Scardovari circa 600 quintali di Granchio blu. Ebbene, soltanto in 3 mesi, tra il 5 luglio e il 12 settembre 2023, ne sono stati pescati 5.000 quintali.

Un dramma che si fatica a far comprendere «Siamo molto preoccupati, abbiamo chiesto lo stato d’emergenza, ma dalle istituzioni centrali non abbiamo avuto le risposte che ci aspettavamo» ci dice il presidente del Consorzio delle Cooperative dei Pescatori del Polesine LUIGINO MARCHESINI. «Forse non hanno chiare le conseguenze di quanto può accadere nei prossimi mesi quando non avremo più prodotto. A chi pensa con ragionamenti semplicistici che il Granchio blu sia anche un’opportunità commerciale rispondiamo con i numeri. L’economia dei molluschi di Scardovari

IL PESCE, 5/23 103

è dominata dalle vongole veraci, che rappresentano il grosso del giro d’affari, un volume complessivo di 60 milioni di euro, comprese le cozze e il resto. Ebbene — puntualizza Marchesini — dei 5.000 quintali di Granchi blu pescati tra luglio a settembre 368.000 kg sono andati al macero, con relativi costi di smalti-

mento, mentre 14.745 kg sono stati venduti, a prezzi tra € 1,30 ed € 2,50 al kg. Nell’ipotesi di € 2,00 al kg parliamo di € 29.490… Di cosa stiamo parlando? Può questo sostituire un business? D’inverno, poi, la laguna sarà meno pescosa e il granchio sarà meno carnoso».

L’altra incognita riguarda l’origine di questa moltiplicazione della specie aliena. Il problema è sorto lo scorso maggio forse a causa della combinazione di eventi climatici avversi, prima la siccità, poi le piene dei fiumi del Nord Italia, infine l’alluvione che ha colpito la Romagna. Da allora, il Delta del Po, che è molto ramificato, si è riempito d’acqua e Granchi blu. «Forse erano nei fiumi, forse si riproducono in fretta, non si conoscono bene le ragioni, il fenomeno è allo studio», sottolinea il presidente Marchesini.

Gli allevatori di molluschi hanno pescato costantemente i Granchi blu anche per verificare se si manifestasse un calo di pesca oltre che per tentare di salvare i loro prodotti, invece si è visto che il raccolto di granchi è stabile, in numeri di 10 volte superiori all’anno passato.

Per correre ai ripari e salvare un po’ di vongole e cozze, ora si sta sperimentando l’utilizzo di gabbie protettive, un sistema di reti circolari o quadrate, fatte di materiali resistenti eco-compatibili, collocate in zone di bassa corrente, a 40-50 cm di profondità, per evitare che il granchio vada sotto e scavi. Però, non avendo semine naturali né

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Gli allevamenti delle cozze di Scardovari DOP e la pesca delle vongole veraci presso gli orti di pesca nella Sacca di Scardovari.

potendo recintare tutte le sacche, non sarà garantita la produzione, che è due volte un’incognita poiché le reti protettive sono esposte alle bizze del tempo. E comportano comunque molto lavoro, pulizia dalle alghe, ecc… Insomma, non può essere neanche questo un business alternativo.

Granchio blu e molluschicoltura: una convivenza impossibile «Nel frattempo il granchio ci ha messi al tappeto» incalza Marchesini. «Da ottobre non ci saranno più vongole. Si sono cibate dei semi naturali e della semina acquistata e introdotta dal Consorzio, poi delle vongole mezzane, delle semine delle cozze, dei

granchi verdi usati tradizionalmente per le moeche e addirittura dei pesci catturati in nassa insieme ai Granchi blu, che se li sono spolpati vivi».

Per le vongole veraci è compromessa parte della produzione della precedente semina, in raccolta nel 2023, e per il 2024 sarà pari a zero. «Ma se il problema dovesse persistere sarà azzerata anche quella del 2025…» aggiunge allarmato Marchesini. «Nel comparto oggi sono 1.500 le famiglie a reddito zero e sarà così per tutto il 2024. Senza considerare tutti i comparti collegati indirettamente all’indotto del Consorzio che risentiranno gravemente di questa crisi.

Come ho già detto e ci tengo a ribadire, bisogna capire e far capire che il Granchio blu non sarà mai un’opportunità per il nostro comparto ma solo una calamità ed un disastro per il territorio. Il contrasto del problema che prevede la promozione della commercializzazione e del consumo del granchio è solo un palliativo e non risolverà assolutamente questa emergenza. Ecco perché chiediamo aiuti concreti ed immediati, altrimenti sarà la fine per sempre della più grande realtà molluschicola d’Italia».

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La consegna delle vongole veraci di Scardovari agli impianti presso la Sacca e il caricamento sul camion.

Identikit del Granchio blu

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Testi e foto di Massimiliano Rella

A fine luglio la presenza del Granchio blu nel Polesine è stata messa sotto la lente d’ingrandimento di ARPAV (Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto) e ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale). La relazione tecnica congiunta è stata elaborata in seguito alla richiesta del Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine che, a inizio luglio, aveva allertato i due enti a causa della grave moria di vongole veraci riscontrata nelle lagune in concessione. I sopralluoghi scientifici sono stati dunque effettuati il 27 luglio negli allevamenti della Sacca del Canarin e della Sacca degli Scardovari.

Sulla base delle catture osservate con l’utilizzo dell’ostreghero sono stati registrati alti valori di densità di Granchio blu, tra 0,08 e 0,5 individui al metro quadrato; valori più alti nella Sacca del Canarin rispetto a quella degli Scardovari. È stata anche osservata una diversa prevalenza di femmine tra le stazioni di monitoraggio, in un caso con una forte prevalenza “femminile” in area S3 (in Sacca degli Scardovari) e forte incidenza di femmine ovigere. L’indagine ha riguardato anche le vongole fi lippine ( R. philippinarum) e, relativamente a queste, ha permesso di rilevare che nelle aree indagate erano presenti esemplari che mostravano segni dovuti alla predazione da parte dei Granchi blu in numero relativamente maggiore nella Sacca del Canarin rispetto alle aree indagate a Scardovari.

La voracità del Granchio blu è stata dunque attestata scientificamente. In particolare nella Sacca del Canarin, dai campionamenti effettuati negli orti d’ingrasso delle vongole, si sono registrate percentuali elevate di esemplari con valve aperte (68-96%) e con valve lesionate da predazione con percentuali dal 41 al 56%. Inoltre, la presenza del seme triturato nell’area di reclutamento naturale di Scardovari indicava la predazione da parte del Granchio blu anche nelle aree d’insediamento naturale della vongola filippina. Un fatto che — ha evidenziato il Consorzio — va a compromettere le successive semine negli orti d’ingrasso.

Ma l’indagine è solo il punto di partenza di un monitoraggio che dovrà proseguire per valutare l’estensione e l’entità del fenomeno, l’impatto sugli habitat e le possibili risposte a questa emergenza.

Identikit del Granchio blu

Il Granchio blu è originario delle coste occidentali dell’Atlantico, dalla costa Nord-americana fi no all’Argentina passando per il Golfo del Messico. In Europa fu introdotto agli inizi del XX secolo e si diffuse progressivamente lungo le coste oceaniche e del Mediterraneo. In Italia le prime segnalazioni risalgono addirittura al 1949 ma è solo da una decina d’anni che la specie aliena ha cominciato a diffondersi, espandendosi velocemente di recente lungo le nostre coste. Oggi è considerata fra le specie aliene più invasive del Mediterraneo

Il Granchio blu può vivere fino a 4 anni ed è onnivoro: si ciba di bivalvi, gasteropodi, crostacei, anellidi, insetti, pesci e alghe. Anche il cannibalismo è un fenomeno comune… I suoi predatori invece sono pesci, uccelli, tartarughe marine e l’uomo.

È una specie che predilige vivere negli estuari dei fiumi, in zone lagunari sabbiose e fangose e che tollera un ampio range di temperatura e salinità: temperature comprese tra i 5° e i 35° e valori di salinità tra 2 e 48% (ma può tollerare anche acque ipersaline fino a valori del 117%).

I maschi si concentrano in ambienti con minor salinità, le femmine prediligono le aree più saline. Quando la temperatura scende sotto i 10° C il granchio tende ad infossarsi nel fondale fangoso per emergere con l’arrivo della primavera.

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Granchi blu al Mercato ittico del Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine di Scardovari. Nella pagina a fianco, pesca del Granchio blu nella Sacca di Scardovari con il pescatore Emanuele Paganin.

Un altro problema è la sua alta feritilità , visto che può deporre da 700.000 a 8 milioni di uova. Le femmine generalmente si accoppiano solo una volta, dopo l’ultima muta, i maschi anche più volte.

Crostaceo decapode della famiglia dei Portunidae, il suo nome scientifico è Callinectes sapidus, che può essere tradotto in “bel nuotatore sapido”.

Il maschio, più grande della femmina, arriva a misurare fino a 25 cm di larghezza, la femmina 20 cm. Il margine laterale del carapace presenta 9 denti, l’ultimo più lungo, acuto ed esteso lateralmente.

La specie possiede caratteri diversi a seconda dei sessi nella forma dell’addome (“grembiule”) e nei colori degli artigli.

Nei maschi l’addome è lungo e sottile a forma di T rovesciata; nelle femmine mature è largo e arrotondato, in quelle giovani di forma triangolare. Gli artigli sono blu con punte rosse nei maschi, arancione con punte viola nelle femmine.

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Massimiliano Rella Granchi blu al Mercato ittico di Scardovari del Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine.

Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine O.P.

Testi e foto di Massimiliano Rella

La vongola verace rappresenta il grosso della produzione di Scardovari, nonostante negli ultimi dieci anni la raccolta sia in calo costante, dimezzata a causa di lavori idraulici non sufficienti a soddisfare il riciclo delle acque e vivificare l’ambiente, un po’ come avere “arterie” intasate (canali e bocche di mare) rispetto a obiettivi di grande produzione. Nel 2010 furono raccolti 100.000 quintali

di vongole, scese a 52.000 nel 2022; le cozze, dai 54.000 quintali del 2010, sono scese a 30.000 nel 2022, 12.000 delle quali da allevamenti in mare e 18.000 dalla Sacca di Scardovari.

La verace viene pescata tutto l’anno e da tutte e 14 le cooperative; la cozza di Scardovari è raccolta al contrario 3-4 mesi l’anno, a ridosso dell’estate, da 5 cooperative (quella di mare da 7 coop.). Molluschi

come cannolicchi, fasolari, ecc…, arrivano infine da altre marinerie, ad esempio Chioggia, per alimentare le attività commerciali.

Il 90% del prodotto di Scardovari è venduto in Italia, primo mercato di sbocco la Capitale, il Mezzogiorno e Sardegna. Le cozze però sono apprezzate in Francia e in Olanda, mentre la Spagna era un tempo uno sbocco importante per le veraci, poi

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La vongola verace viene pescata tutto l’anno; in foto, la fase di selezione nei nuovi impianti del Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine.
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In alto: il Mercato ittico di Scardovari. In basso: le vongole veraci arrivano all’ultima fase di lavorazione prima della distribuzione sul territorio nazionale e estero.

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Per garanzia al consumatore il Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine ricorre ad un sistema di tracciabilità “in-linea” che permette di registrare tutti i dati durante la lavorazione e di risalire all’origine del prodotto.

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In questa e nella pagina seguente, controllo e selezione delle cozze.

Qualità e certificazione prodotti Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine

• Prodotti Agroalimentari Tradizionali Italiani

Con DM del 18/07/2000, il Ministero delle Politiche Agricole ha inserito la “Cozza di Scardovari” e la “Vongola del Polesine” nell’albo dei PAT – Prodotti Agroalimentari Tradizionali Italiani.

• Certificazione IFS (International Food Standard)

Nel 2019 il Consorzio ha ottenuto la certificazione IFS – International Food Standard. L’obiettivo è assicurare il rispetto dei requisiti di qualità e sicurezza dei prodotti della filiera oltre che il rispetto delle norme di legge che regolano il settore.

• Cozza di Scardovari DOP

Nel 2013 la Comunità europea ha concesso il riconoscimento di Denominazione di Origine Protetta per la Cozza di Scardovari, unica DOP per i molluschi in Italia, sigillo che certifica l’elevatissimo valore dei prodotti del Consorzio.

• Prodotto da Acquacoltura Biologica Italiana

Nel 2013 il Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine O.P. ha ottenuto la Certificazione Biologica per la Cozza della Sacca di Scardovari, estesa nel 2015 alla Vongola verace. Nel 2018 ha ottenuto la certificazione biologica anche per gli allevamenti di mitili in mare aperto siti in fronte Delta del Po. La molluschicoltura nelle lagune polesane è esercitata in modo sostenibile e ecocompatibile e non è in contrapposizione con l’ambiente ma sono aspetti complementari che si alimentano a vicenda.

• Certificazione “Acquacoltura Sostenibile”

Sostenibile” riconosciuta dal MIPAAF ai sensi dell’art. 4 comma 3 del DM 04/03/2011 n. 4337. L’obiettivo del Disciplinare di produzione è quello di qualificare l’acquacoltura, migliorando i prodotti dal punto di vista della qualità e il processo produttivo dal punto di vista della sostenibilità e il benessere degli organismi allevati. In linea con gli “Orientamenti strategici per un’acquacoltura dell’UE più sostenibile e competitiva per il periodo 20212030”, l’obiettivo del disciplinare è quello di partecipare alla transizione verde stabilita dal Green Deal europeo, contribuendo alla transizione verso sistemi alimentari sostenibili, avanzare verso la “sostenibilità competitiva” e prestare maggiore attenzione al benessere animale. In tal senso i requisiti valorizzanti previsti dal presente disciplinare prevedono procedure e parametri tali da massimizzare il benessere degli animali acquatici allevati. L’adozione del Disciplinare di produzione intende “aggiungere valore” ai prodotti delle imprese coinvolte nella filiera ampliando gli sbocchi di mercato.

Il Consorzio ha ottenuto nel 2022 la certificazione di “Acquacoltura >> Link: www.scardovari.org

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soppiantate dalla più economica concorrenza portoghese. In generale in Spagna sono apprezzate le vongole di grande vaglio: 18-18 mm, circa 70-75 pezzi al kg; in Italia invece per la tradizione gastronomica degli Spaghetti & Vongole il consumatore apprezza anche le pezzature più piccole.

Sono questi i numeri forniti del Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine O.P., organizzazione produttori istituita nel ‘76 per mettere in relazione le varie cooperative e fare sistema in un mondo di piccole imprese a conduzione famigliare, particolarmente frastagliato e articolato.

Nei decenni il Consorzio, oggi guidato come anticipato da LUIGINO MARCHESINI, è diventato una realtà affermata nel comparto dei molluschi d’alta qualità. Nel 2000, ad esempio, la Cozza di Scardovari e la Vongola del Polesine furono inserite nell’Albo dei prodotti tradizionali italiani; in seguito sono arrivate la DOP per la cozza e il marchio biologico per la verace.

Oggi il Consorzio è la prima realtà in Italia nel settore della molluschicoltura e la prima realtà imprenditoriale della provincia di Rovigo per numero di occupati: unisce 14 cooperative, 1.470 associati (pescatori e allevatori) e una forza lavoro per metà femminile; dati stabili nel tempo che la dicono lunga sull’importanza e la vitalità di questo comparto che rischia di andare gambe all’aria a causa del Granchio blu.

Tra le sue attività principali, il Consorzio prepara le semine ed effettua i diradamenti di semina, assicura la vigilanza, i servizi di facchinaggio ai 4 pontili di sbarco, realizza analisi interne aggiuntive rispetto a quelle indipendenti di ASL e Ministero ma, soprattutto, comunica giorno per giorno, per il giorno successivo, i quantitativi di pesca e gli orari, in base alle richieste di mercato.

Per la garanzia al consumatore ricorre infine ad un sistema di tracciabilità “in-linea” che permette di registrare tutti i dati durante la la-

vorazione e di risalire all’origine del prodotto. La “linea” è la seguente: dal giorno precedente si conoscono le quote e gli orari di pesca, così il giorno successivo arriva il raccolto in uno dei 4 pontili di sbarco (2 in Sacca, 1 in laguna del Canarin, 1 alla laguna del Barbamarco). Le vongole, ad esempio, sono scaricate a terra, si controlla il peso e avviene la prima cernita (vagliatura) per il controllo qualità, con rilascio di un bollino trasmesso alla cooperativa d’appartenenza. Arrivato in Consorzio, il carico va in pesatura; subito dopo le vongole vengono depurate 36 ore (a seconda del peso e della stagione) poiché sono pescate in zona B, e questo avviene negli impianti del Consorzio o in quelli della clientela. Comunque c’è una seconda vagliatura per lo scarto di gusci e vongole rovinate. Infine, le vongole sono impacchettate in retine da 0,5 a 5 kg di peso, con etichetta a norma di legge che indica data, zona di pesca, ecc…

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Massimiliano Rella Lo spaccio del Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine aperto al pubblico.

La Sacca degli Scardovari

Testi e foto di Massimiliano Rella

La Sacca degli Scardovari è un lembo del Delta del Po, un habitat che dal 2015 è Riserva della Biosfera UNESCO, un insieme di diramazioni fluviali che sfocia in Alto Adriatico, in Polesine, provincia di Rovigo. Protetta da “barriere” di terra e lidi sabbiosi, la Sacca ha la forma di una tenaglia incuneata nel mare ed è tra gli scenari paesaggistici più suggestivi. Un ampio bacino di 3.200 ettari che per chilometri si estende nell’entroterra contornato da una fila ininterrotta di cavàne (le capanne-palafitte dei pescatori), nel Parco Regionale Veneto del Delta del

Po, tra le foci del Po di Gnocca e il Po delle Tolle.

Il nome, Scardovari, deriva da “scardova” o “scardola”, un pesce che, a fine ‘700, era molto abbondante in queste “terre”.

Le caratteristiche idrologiche di quest’ambiente, dove le acque dolci del Po incontrano l’Adriatico, poco profonde e a bassa quantità di sodio, fanno della Sacca degli Scardovari un luogo di biodiversità e un contesto ideale per la coltivazione dei molluschi: cozze, vongole e, da qualche anno, ostriche rosa, in sistemi di allevamento che coinvolgono centinaia di

famiglie, uomini e tantissime donne, in piccole attività imprenditoriali di pesca, coltivazione e cattura.

L’ambiente lagunare della Sacca permette la coltivazione di cozze che dal 2013 si fregiano della denominazione di origine protetta — le Cozze di Scardovari DOP — e di vongole veraci che sono la felicità di tanti chef, carnose, saporite, eccezionali, presenti tutto l’anno, coltivate in vari “orti di pesca”.

Anche le veraci, come le cozze di Scardovari, da qualche anno sono certificate biologiche. Nel 2018 il Consorzio Cooperative Pescatori

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del Polesine ha ottenuto la certificazione Bio per gli allevamenti di mitili in mare e, nel 2022, la certificazione di “acquacoltura sostenibile”. Parliamo di gustosi molluschi che si nutrono di solo fitoplancton. Ma vediamone in dettaglio le caratteristiche.

• La cozza di Scardovari DOP nasce da un seme locale della specie autoctona Mytilus galloprovincialis, di dimensioni tra 1 e 3 centimetri, che al raggiungimento dei 5 cm viene sgranato e ricalibrato nelle “calze” o reste per consentire una crescita uni-

La Sacca degli Scardovari è composta da un vasto specchio d’acqua compreso tra le foci del Po di Gnocca e il Po delle Tolle. Per l’articolata conformazione idrogeologica, si tratta di un ambiente ideale per la proliferazione e la coltivazione di cozze, vongole e ostriche, che qui trovano uno dei luoghi di più intenso allevamento.

forme in vivai tradizionali. Allevata in acque salmastre, ha carne pregiata e di buona consistenza (20-21% di carne rispetto alle valve) e prezzo più alto. Quando sono pronte al consumo le cozze vengono raccolte a mano, portate nei casotti dei pescatori per essere sgranate e calibrate tramite una macchina e raggruppate in sacchi con l’etichetta identificativa del produttore.

• La Vongola verace di Scardovari può raggiungere i 50 mm di lunghezza, cresce tutto l’anno nella sabbia fine e in fango misto

a sabbia ed è raccolta a mano con rastrello. Ha una conchiglia solida ed equivalve, allungata in senso trasversale e posteriormente tronca, con valve ruvide e percorse da striature radiali che incrociano le strie concentriche. Il colore varia dal giallastro al verdastro al grigiastro, con punteggiature brune e linee spezzate. Asciugandosi la conchiglia si opacizza.

• Infine, le Ostriche rosa di Scardovari, una novità degli ultimi anni che vede sostanzialmente — al momento — una sola

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grande azienda di coltivazione e produzione. Il nome richiama le striature e i riflessi dei raggi solari sul guscio e all’interno della conchiglia. Grazie al microclima della Sacca degli Scardovari matura in 18 mesi, un periodo di tempo molto più

breve rispetto alle ostriche prodotte in Francia, Olanda e Irlanda che impiegano 3-4 anni. Il sapore delle ostriche rosa di Scardovari è eccezionale: grande freschezza, croccantezza, sapidità, dolcezza, aromi vegetali, note più grasse e sentori di frutta

L’ambiente lagunare della Sacca è una zona di passaggio tra l’habitat d’acqua dolce e quello marino: la salinità variabile è infatti dovuta al continuo incontro tra le acque dei fiumi e quelle salate dell’Adriatico.

secca. Secondo gli esperti hanno qualità superiore grazie al livello di riempimento del mollusco nelle valve, che le rende più consistenti, e una capacità di sopravvivenza fino a 30 giorni, se ben conservate.

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Barricata Holiday Village

di Massimiliano Rella

Al Barricata Holiday Village, un 5 stelle situato nel comune di Porto Tolle (www.villaggiobarricata.com), il legame tra gastronomia e territorio è un punto di forza e un motivo d’attrazione della clientela che sceglie di fare una vacanza godendo dell’ambiente del Delta del Po. Un turismo attento all’ambiente e per il quale anche il cibo e l’ingrediente locale fanno la differenza. Il menu “scritto” da FIORELLA MIOZZO, chef del Gruppo Isaholidays, e servito in

tavola dall’executive chef pugliese MICHELE VARESANO, è un invito alla buona cucina italiana, regionale e veneta. Rimanendo ai prodotti del Delta del Po e dell’Adriatico, i piatti forti vanno dal sauté di cozze al sauté di vongole veraci di Scardovari, fino agli squisiti spaghetti alle vongole, ai paccheri allo scoglio e alle gustose grigliate miste. Tra i piatti veneti anche spaghetti alla busara con gamberoni, pomodoro piccante, seppie e calamari alla

griglia e fritture. Dunque un filone gastronomico (pesce e molluschi) in cui il pugliese Varesano gioca quasi in casa, vantando anche esperienze di ricette di terra e di montagna. «Sul Delta del Po i prodotti e gli ingredienti giusti ci sono — assicura lo chef — vanno soltanto valorizzati nel modo migliore».

Gli fa eco MARCO MANFRIN, store manager del Village: «Il cliente si aspetta da noi una cucina classica fatta con ingredienti e prodotti di

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Il Barricata Holiday Village di Porto Tolle (RO) offre diverse piscine all’aperto, una spiaggia privata e un maneggio, il tutto situato all’interno del Parco Regionale del Delta del Po, un sito dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.

qualità e il più possibile di territorio. Così per quanto riguarda vongole e cozze di Scardovari, ostriche rosa (queste su ordinazione, NdA) e altri molluschi ci riforniamo allo spaccio del Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine », assicura Manfrin. «Oltre al buon cibo offriamo tante esperienze ambientali e gastronomiche» aggiunge il general manager DANIELE ARRUS. «Ad esempio, escursioni a cavallo, aperitivi e stuzzichini in ristoranti locali, giri in barca al porto di Barricata per esplorare l’ecosistema protetto del Delta del Po e dei villaggi dei pescatori o il tour in trenino della Sacca di Scardovari. Nei prossimi mesi allargheremo le proposte e introdurremo in menu il riso locale e il Gambero blu».

«Vediamo cosa succederà nei mesi invernali, probabilmente per la prossima stagione dovremo ripensare il menu e inserire qualche piatto con questo crostaceo» sottolinea il food manager del Barricata LUIGI PALO «Certo non possiamo rinunciare a cozze e vongole di territorio, così se dovesse calare l’offerta locale di questi prodotti, a causa dei danni provocati dal granchio, saremo costretti a cercarli altrove, ma il più possibile vicino, cercando di mantenere l’identità dei piatti».

Il Barricata Holiday Village è un punto di partenza ideale per scoprire il Parco Naturale del Delta del Po. Insieme all’Isamar Holiday Village di Isola Verde, Chioggia (VE), è parte del Gruppo Isaholidays. Immerso in un’area verde di 300.000 m2 affacciata sul mare, con ampia spiaggia privata, ha un grande parco acquatico, aree divertimento per bambini e ragazzi, attrezzature per attività sportive, centro wellness e animazione internazionale. Aperto da metà maggio a metà settembre accoglie oltre 2.200 ospiti in graziose casette da 4-9 posti dotate di tutti i comfort, oltre ad area camper e tende. All’interno oltre al supermercato e al bar della piscina c’è il ristorante di 200 coperti, con portico e gazebo, menu alla carta, ottima pizzeria e selezione di vini veneti e del Nord Italia.

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Massimiliano Rella In alto: Marco Manfrin e Luigi Palo. In basso: sauté di vongole, antipasto del ristorante del Barricata Holiday Village (photo © Massimiliano Rella).

Ottimizzazione di un protocollo per testare l’attività degli oli essenziali sul biofilm prodotto da agenti patogeni batterici dei pesci

La formazione di un biofilm è un evento potenzialmente pericoloso, con possibili implicazioni nelle epidemie, poiché costituisce un serbatoio di microrganismi patogeni. Le cellule microbiche possono aderire tra loro, alle cellule ospiti e alle superfici abiotiche, come vetro, polistirene e conchiglie, favorendo così la colonizzazione e la formazione del biofilm. Il biofilm è costituito da popolazioni batteriche ad elevata concentrazione, protette da una robusta matrice di esopolisaccaridi che permette una forte adesione alle superfici. La formazione di biofilm porta alla perdita di efficacia degli agenti antimicrobici,

con una resistenza fino a 1000 volte maggiore nei loro confronti (URUEN et al., 2020). L’obiettivo principale per contrastare le infezioni da microrganismi patogeni nei pesci è l’individuazione di sostanze (possibilmente di origine naturale, ad esempio oli essenziali) che possano interferire con i biofilm patogeni. La fase iniziale di questo approccio coinvolge l’indagine di modelli in vitro di biofilm al fine di valutare l’efficacia degli agenti antibiofilm selezionati. Lo scopo del presente studio è stato l’ottimizzazione delle attuali tecniche utilizzate per la produzione di biofilm costituito da

microrganismi patogeni dei pesci, per valutare l’efficacia di composti antibiofilm

Materiali e metodi

Sono stati testati i seguenti microrganismi patogeni per i pesci: Yersinia ruckeri, Vibrio harveyi, Photobacterium damselae subsp. piscicida, Pseudomonas aeruginosa, Aeromonas salmonicida subsp. salmonicida, Pseudomonas anguilliseptica, Tenacibaculum maritimum. Ciascun microrganismo è stato coltivato su specifici substrati agarizzati e successivamente coltivato nel substrato Mueller Hinton.

124 IL PESCE, 5/23 INDAGINI
di Mattia Di Mercurio, Francesca Bugli, Maurizio Sanguinetti, Donatella Scarafile, Monica Modesto, Giorgia Bignami, Maria Letizia Fioravanti, Maurizio Scozzoli, Paola Mattarelli e Maura Di Vito

Al fine di individuare il protocollo ottimale per esaminare l’efficacia degli oli essenziali sulla formazione del biofilm, è stata condotta una comparazione tra la crescita dei microrganismi con e senza l’aggiunta di carapaci sterilizzati ottenuti da gamberetti.

Questa valutazione è stata eseguita in piastre di polistirene da 24 pozzetti, in cui i batteri sono stati inoculati in una sospensione di 0.5 McFarland diluita 1:100. I microrganismi coltivati sia con che senza l’aggiunta di carapace sono stati sottoposti a test di sensibilità utilizzando una miscela commerciale di oli essenziali denominata MIX GL.

Risultati

Sono state evidenziate differenze nella formazione del biofilm tra i microrganismi saggiati. Yersinia ruckeri ha mostrato la migliore capacità di formare biofilm. Tutti i ceppi testati erano in grado di aderire alle piastre di polistirene e ai carapaci di gamberetti, ma vi erano notevoli differenze nella formazione del biofilm sviluppato in relazione alle superfici testate. Analizzando i carapaci di gamberetti, è stato osservato che il cristal violetto, composto di elezione per evidenziare la formazione del biofilm, non può essere utilizzato direttamente per misurare la formazione del biofilm, poiché i carapaci assorbono il cristal violetto anche in assenza di biofilm. Pertanto, il biofilm formato è stato valutato misurando la crescita dei microrganismi dopo averli staccati dalle diverse superfici (piastre di polistirene e carapaci di gamberetti). Il biofilm formato sul carapace era maggiore rispetto a quello cresciuto sul polistirene.

Questo risultato è molto importante perché un biofilm ottimale consente una corretta valutazione dell’efficacia delle sostanze antibiofilm. Come mostrato in Figura 1, al tempo iniziale il valore di densità ottica e quindi di crescita di Yersinia ruckeri era più alto nel campione in cui le cellule erano cresciute sul carapace, e questa differenza è stata mantenuta per tutte le curve di crescita. Le migliori performance

126 IL PESCE, 5/23
Figura 3 – Trattamento in tempi diversi con oli essenziali (MIX GL) alla concentrazione di 2 MIC su microrganismi cresciuti con carapace (OD, densità ottica) Figura 1 – Curve di crescita di Yersinia ruckeri con e senza carapace Figura 2 – Trattamento in tempi diversi con oli essenziali (MIX GL) alla concentrazione di 2 MIC su microrganismi cresciuti senza carapace (OD, densità ottica)

delle cellule cresciute sul carapace sono accompagnate da una maggiore resistenza all’attività antibatterica degli oli essenziali (Figure 2 e 3).

Conclusioni

Il modello sperimentale descritto nel presente lavoro si è rivelato molto utile per valutare in modo ottimale l’attività antibiofilm e per identificare con precisione la dose efficace di oli essenziali, evitando l’uso di dosi inefficaci che potrebbero selezionare ceppi resistenti.

Mattia Di Mercurio*

Francesca Bugli

Maurizio Sanguinetti

Maura Di Vito

Dipartimento di Scienze

Biotecnologiche di Base, Cliniche

Intensivologiche e Perioperatorie

Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma

Dipartimento di Scienze di Laboratorio e Infettivologiche

Fondazione Pol. Universitario

A. Gemelli IRCCS, Roma

Donatella Scarafile

Monica Modesto

Paola Mattarelli

Dip. di Scienze della Vita

Università di Modena

e Reggio Emilia, Modena

Giorgia Bignami

Maria Letizia Fioravanti

Dip. di Scienze e Tecnologie

Agroalimentari, Università di Bologna, Bologna

Maurizio Scozzoli

Dip. di Scienze Mediche

Veterinarie, Università di Bologna, Ozzano Emilia (BO)

Bibliografia

• FAO (2020), Lo stato della pesca e dell’acquacoltura nel mondo

• U RUEN C., C HOPO -E SCUIN G., T OMMASSEN J., M AINAR -J AIME

R.C., ARENAS J. (2020), Biofilm come promotori della resistenza e della tolleranza agli antibiotici batterici, Antibiotici (Basilea), 10(1):3, doi: 10.3390/antibiotici10010003.

Nota

* Società Italiana per la Ricerca sugli Oli Essenziali (SIROE), Roma; APA-CT Srl, Forlì.

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Ricette e curiosità sull’ombrina

Pesce… pesce… dove sei?

Il nome mi ha sempre suggerito l’idea di un pesce misterioso. Se sento dire la parola ombrina penso più a PETER PAN che cercava il riflesso della sua immagine su un muro a casa di WENDY piuttosto che ad un cibo. Però poi, quando la vedo sotto il pangrattato e il prezzemolo in un gratin, capisco molte cose… E mi sento giustificata a fare certi pensieri.

Quindi la vado a cercare anche in un’acqua pazza, in una pastella alla birra (magari arricchita con peperoncino), in un sandwich (RINO DUCA la mette nella baguette e la serve con salsa di colatura di alici al nero di seppia e crema di cavolfiore), nella minestra (con patate e

fave), nel ceviche (con lime e cipolle rosse), nella zuppa di pesce (DANIELE USAI la chiama “Zuppa di Plinio”, aggiungendo crostacei, frutti di mare, pinoli, prezzemolo, pane tostato ed essenza al pino mugo), nel cappon magro ligure, nel cartoccio (con gli agrumi). E, ovviamente, il nascondiglio supremo: ombrina al forno sotto sale (o sotto le patate o le zucchine).

Capisco tutto meglio anche quando scopro che questa specie della famiglia delle Scenidi vive nelle coste scogliose e nelle basse profondità, pure se talvolta si butta in mare aperto per provare qualche avventura. Riuscendo anche a sfuggire alle reti

di molti, tra l’altro, e quindi non si trova spesso sui mercati, pure se è lunga 30-70 cm e può arrivare a pesare fino a 12 kg.

La si riconosce per le due pinne dorsali: una alta, l’altra lunga. E perché presenta un caratteristico barbiglio sotto il mento ed è di colore giallo-azzurro. Diciamo che potrebbe non passare inosservata, se si impegnasse... Quindi perché nasconderla?

Prepariamo dunque una tartare di ombrina e melone (o pesche) condita con olio allo zenzero. Uno stufato con olive taggiasche, zafferano, peperoni rossi, zucchine. Un sugo con le melanzane per i fusilli. Un carpaccio

128 IL PESCE, 5/23 IL PESCE IN TAVOLA

con castagne, radicchio, scalogno all’aceto di lampone, finocchio, cachi mela, noci. Una bottarga. Dei saporiti bocconcini alla melissa con un’emulsione alla violetta selvatica e mandorle.

Evitiamo invece se possibile la griglia perché è un pesce delicato che si rompe facilmente (se proprio vogliamo, meglio usare la padella che quella a carbone).

SIMONE CIPRIANI, nel 2019, serviva Ombrina con crema di fave, puntarelle e acciuga e la rivista GAMBERO ROSSO la descriveva in modo anche provocatorio: Ogni boccone una scintilla, uno spunto gustativo differente, spazza via il ricordo di tanti secondi piatti (in tutti i sensi) di pesce, compitini precisini messi lì perché così fan tutti

Sempre in tema di fantasia degli chef, FRANCESCO APREDA ha pensato al Filetto di ombrina al cartoccio di argilla, CORRADO ASSENZA al Sandwich di ombrina e aiti, crema di borragine e alghe (“Cotture rapide e veloci per portare sul palato tutto il mare, tutta la terra. Con un gioco di acidità: il limone sul vegetale, l’aceto di zibibbo di Pantelleria sul pesce. Ad arricchire di mare il piatto l’alga wakame tra le verdure”), IVAN COSENTINO al Filetto di ombrina marinata all’acqua di cavolo viola, vellutata di asparago e crudo di carciofo spinoso di Albenga, DANIELE SUCCI al Trancio di ombrina alle spezie con polentina bianca, cime di rapa, verza al tartufo ed erbe spontanee e GIULIO TERRINONI modificava i tortellini panna e prosciutto riempiendo la pasta di merluzzo, preparando una spuma di finocchio e servendo l’ombrina come fosse salume, concentrando il suo sapore il più possibile.

Quindi non solo l’ombrina “gioca a nascondino” utilizzando “ingredienti amici” come complici, ma si camuffa pure. Pesce… pesce… dove sei?

Nota

In foto, carpaccio di ombrina del ristorante La Lucerna di Ferro, Bocca di Magra, Ameglia (SP).

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Nella relazione tra consumo di pesce e prevenzione cardiovascolare si conferma il ruolo chiave degli

Omega-3

La raccomandazione a consumare regolarmente pesce è condivisa da quasi tutte le linee guida per una sana alimentazione a livello internazionale. Le evidenze scientifiche degli ultimi decenni hanno infatti confermato il ruolo di questo alimento e di specifici nutrienti e componenti biologicamente attivi in esso contenuti nella prevenzione delle malattie cronico degenerative, soprattutto cardiovascolari. In particolare, la componente lipidica del pesce è stata ampiamente studiata come principale fonte dietetica di acidi grassi polinsaturi a lunga catena della serie Omega-3, la cui assunzione è stata messa in relazione con la riduzione del rischio di eventi cardiovascolari, inclusa la morte cardiaca improvvisa, probabilmente mediante la prevenzione delle aritmie ventricolari fatali. I risultati di questa metanalisi confermano i benefici del consumo regolare di pesce, ridimensionando il significato degli studi che hanno rilevato un aumento del rischio di fibrillazione atriale nei pazienti con alto rischio cardiovascolare che assumevano quantità molto elevate di Omega-3 con farmaci o integratori. Tale osservazione si riferiva a soggetti trattati con dosi dell’ordine di 3-4 g al giorno di questi acidi grassi, equivalenti a parecchie porzioni quotidiane dei pesci più ricchi di questi composti. Il dato della metanalisi è particolarmente solido: innanzitutto perché deriva dalla valutazione di 17 studi, per un totale di 54.799 partecipanti di 21 Paesi in 4 continenti (Nord America, Europa, Asia e Africa), con un follow-up mediano di 13 anni; in secondo luogo perché la registrazione delle abitudini alimentari, e specificamente del consumo di pesce, è corroborata dal dosaggio dei livelli di Omega-3 endogeni, circolanti o nel tessuto adiposo, indicatori puntuali della loro presenza nella dieta. L’analisi di questi dati evidenzia l’assenza di associazione con il rischio di fibrillazione atriale per i livelli dietetici ed endogeni di EPA e una correlazione statisticamente significativa, inversa, e quindi favorevole, per i livelli dei prodotti a più lunga catena, DPA o acido docosapentaenoico e soprattutto DHA, aggiungendo quindi elementi a supporto dell’importanza dell’apporto di Omega-3 da pesce in prevenzione cardiovascolare (fonte: NFI – Nutrition Foundation of Italy).

130 IL PESCE, 5/23

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Lo squalo fermentato d’Islanda

Tanto per capire bene di che cosa stiamo per parlare, riportiamo alcuni pareri di illustri gastronomi: lo chef ANTHONY BOURDAIN, che per una trasmissione in onda su Travel Channel ha viaggiato a lungo per il mondo assaggiando ogni tipo di cu-

cina locale, lo ha descritto come “la cosa peggiore, più disgustosa e dal sapore più schifoso” che avesse mai mangiato; lo chef GORDON RAMSAY, dopo avere sfidato il giornalista JAMES MAY ad assaggiare tre delicatessen (il whisky al serpente laotiano, il

pene di toro e, appunto, l’hákarl), vomitò dopo aver mangiato proprio quest’ultimo, mentre May, va detto a suo onore, resistette (commentando, da bravo anglosassone: «Lei mi delude, Ramsay»); ANDREW ZIMMERN, conduttore della trasmissione

132 IL PESCE, 5/23 SAPORI DAL MONDO
Il fortissimo odore di ammoniaca che emana alla fine della fermentazione, che dura parecchi mesi e che si rende necessaria perché la carne fresca dello squalo, tossica, dura e coriacea, diventi commestibile, lo rende uno dei cibi “più disgustosi al mondo”. Oggi sopravvive più che altro come sfida per dimostrare il proprio coraggio e come elemento della tradizione più antica
di Nunzia Manicardi
Durante il necessario periodo di essiccazione della carne di squalo per la produzione dell’hákarl si sviluppa una crosta brunastra che viene rimossa prima delle operazioni di conservazione e, in ogni caso, prima del consumo.

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L’hákarl viene conservato in vasetti ermetici dai quali viene tolto di volta in volta per essere consumato, tagliato a cubetti serviti solitamente su un tagliere infilzati da uno stuzzicadenti. Va accompagnato da un bicchierino di brennevín, il liquore islandese a base di patate e cumino.

“Orrori da gustare”, ha descritto l’odore dell’hákarl come “una delle cose più orribili che abbia annusato nella mia vita”, mentre il sapore, anche se non così tremendo come l’odore, certamente non una “roba per stomacucci”.

In effetti, chiunque abbia anche solo tentato di assaggiarlo conferma le opinioni precedenti, compresi molti degli stessi Islandesi che si rifiutano di mangiarlo o non se ne sono mai cibati nella loro vita (né hanno intenzione di farlo). Eppure l’hákarl (“squalo” in lingua islandese), noto anche come kæstur hákarl (“squalo fermentato”, erroneamente tradotto a volte con “squalo putrefatto”), è uno dei cibi più tipici della cucina islandese. Fa parte del Þorramatur, un insieme di piatti caratteristici che vengono consumati nel mese di febbraio (þorramatur significa “cibo del mese di þorri, “secco”, antica denominazione del mese di mezz’inverno).

Lo si trova comunque in vendita in ogni stagione dell’anno in negozi e supermercati e si può “gustarlo” nei ristoranti locali, specialmente quelli tradizionali della zona portuale.

Viene in genere servito sul tagliere, in cubetti freddi dalla consistenza un po’ gelatinosa, infilzati su uno stuzzicadenti. Per riuscire ad in-

ghiottirlo si raccomanda vivamente di accompagnarlo con non solo uno, ma parecchi bicchierini di potentissima acquavite locale, chiamata brennivín (letteralmente “vino ardente”), senza la quale sarebbe impossibile superare la vista e, soprattutto, l’odore nauseabondo.

Cibarsi di hákarl è considerato un segno di coraggio e viene proposto al turista come una sorta di sfida. Esiste in due varietà: il glérhákarl (“squalo vetroso”), piuttosto duro e di colore rossastro, ottenuto dalla ventresca, e lo skyrhákarl (“squalo-skyr”), più morbido e bianco, ottenuto dal resto del corpo.

Perché questo cibo È così ripugnante?

Perché la sua carne, dopo il trattamento per renderla commestibile, ha un fortissimo odore di ammoniaca, simile a quello di molti prodotti per la pulizia domestica o di formaggi molto fermentati. Il trattamento è indispensabile perché la carne fresca dello squalo è tossica, oltre che dura e coriacea, a causa dell’alto contenuto di acido urico e di ossido trimetilamminico, in quanto questa specie espelle le urine direttamente dal corpo per mantenere l’equilibrio elettrolitico dell’organismo

con l’ambiente marino. La carne di squalo può perciò essere consumata solo dopo un lungo processo di trattamento di cui l’hákarl islandese rappresenta uno dei rari esempi. Questa polimerizzazione elimina l’acido e rende la carne più facile da digerire. In seguito viene appesa a seccare per circa 4/5 mesi. Si tratta della carne ottenuta principalmente da due specie di squalo: lo squalo groenlandese (Somniosus microcephalus) e lo squalo elefante (Cetorhinus maximus).

Le sue proprietà non sono state completamente studiate, anche se è possibile ipotizzare che l’hákarl sia ricco di acidi grassi Omega-3 e vitamine A e D, come anche dimostra il fatto che l’olio di fegato di squalo (chiamato dagli islandesi Þran) è stato utilizzato per secoli come un rimedio ai problemi del tratto respiratorio e del sistema digestivo.

Come si prepara

Le fasi di lavorazione sono le seguenti:

• lo squalo, privato della testa e delle interiora, è sistemato in una fossa scavata nella sabbia ciottolosa;

• la fossa viene ricoperta a sua volta di ciottoli in modo da formare una sorta di collinetta sulla cui sommità si pongono delle pietre più pesanti che servono a pressare lo squalo e, così, espellere i fluidi della carne;

• lo squalo viene lasciato a fermentare nella fossa per un periodo che va dalle 6 alle 12 settimane, a seconda della stagione, per eliminare le tossine;

• quando l’odore di ammoniaca è distintamente percepito, la carcassa viene estratta dalla fossa e, oramai ammorbidita, è tagliata in spesse strisce ed appesa a seccare per diversi mesi in un luogo ventilato, lontano dalle abitazioni (a causa della puzza);

• durante il periodo di essiccazione si sviluppa una crosta brunastra che viene rimossa prima del consumo.

L’hákarl è poi confezionato sottovuoto (anche in contenitori plastici), eventualmente tagliato a

134 IL PESCE, 5/23

pezzetti e commercializzato per il consumo.

Secondo la tradizione, le origini dell’hákarl risalirebbero al 1600 e sarebbero del tutto casuali. Sarebbe stato infatti un contadino ad offrirlo da mangiare al magistrato della contea e ai suoi accompagnatori invitandoli all’interno della sua abitazione dove da lungo tempo uno squalo era stato appeso ad asciugare senza che nessuno avesse avuto l’ardire di

assaggiarlo a causa del fetore. Fino a quel momento gli squali tirati a riva erano stati lasciati a marcire perché già allora la loro carne era considerata tossica, ma quel contadino aveva provato a conservarla perché la fame era davvero tanta. Siccome il magistrato della contea e i suoi compari erano soliti chiedere cibo ovunque andassero, anche ai contadini che non erano neppure in grado di nutrire la propria famiglia,

l’uomo offrì loro quello che aveva nonostante potesse rivelarsi velenoso (o forse fu proprio per questo…). Ma, sorpresa delle sorprese, il magistrato e i suoi uomini, che soffrivano tutti di scorbuto e dissenteria, a distanza di una settimana dopo aver mangiato lo squalo si ritrovarono tutti in ottima salute. E da allora lo squalo fermentato andò ad integrare la povera dieta della popolazione islandese.

La carne di squalo appesa ad essiccare all’aria aperta al riparo dai raggi diretti del sole.

La storia della pesca del tonno in Sardegna: un caso d’archeologia industriale da migliaia di turisti l’anno

A Portoscuso, in provincia di Cagliari, resiste all’usura del tempo l’antica tonnara Su Pranu. Costruita durante la dominazione spagnola a metà ‘500, è rimasta in attività fino ai primi anni ‘70 e, dopo lungo abbandono, nel 1983 alcuni pescatori e abitanti ha costituito la cooperativa Tonnare Sulcitane per riportarla in

vita e rilanciarne le attività economiche e sociali. Inizialmente vennero impiegate le vecchie reti e barche di legno, oggi residuo museale a cielo aperto, poiché in seguito, non essendo più autorizzate dal Registro Navale, entrarono in funzione barche di ferro e strumenti al passo con i tempi. Man mano le attività si spostarono

in una tonnara più moderna. Così il sito storico di Su Pranu fu dimesso e la struttura cadde in abbandono.

Nel 2020, il Comune di Portoscuso è diventato il proprietario di quest’ampia area che comprende magazzini e spazi un tempo adibiti ad officine per la conservazione di reti, ancore, sale e strumenti di lavoro;

136 IL PESCE, 5/23 WEEK-END
Testi e foto di Massimiliano Rella L’antica tonnara Su Pranu. Per realizzarla, si interessò personalmente il re di Spagna Filippo II che nel XVI secolo rimase colpito dai numerosi banchi di tonni nel mare di Portoscuso.

alcune strutture sono ancora da recuperare e al momento non agibili.

Su Pranu (“sul piano”, cioè su un pianoro che digrada sul mare) rinasce dunque come sito turistico culturale, aperto a visite giornaliere, eventi, attività enogastronomiche, gestita attraverso l’associazione Sa Fabbrica (biglietto 5 euro, su prenotazione; telefono: 349 8402482).

Vi troviamo residui di imbarcazioni, la Baracca – Museo del Tonnarotto, pannelli esplicativi, vecchi barattoli di conservazione e vendita del tonno e una chiesetta intitolata a Sant’Antonio, a navata unica, scarna, con belle arcate e un controsoffitto in

canniccio intrecciato, un metodo di costruzione tradizionale.

Su Pranu fu fondata a Portoscuso per volere di Filippo II di Spagna, che autorizzò la nascita di tonnare lungo la costa occidentale della Sardegna, da Stintino, a nord, fino all’Iglesiente, a sud. A Puerto Escuso (“porto nascosto”) fu individuato un punto strategico e molto favorevole per la cattura dei tonni che attraversano da sempre il canale fra la terraferma e l’isola antistante di San Pietro, dove opera ancora oggi la tonnara di Carloforte.

Mediamente a Su Pranu lavoravano 130 persone a mare (oggi nella

“nuova” struttura una trentina), che costituivano una piccola comunità in cui le donne erano impegnate a filare il cocco, cioè il filo di corda utilizzato per fare le pareti delle reti fisse. Negli annali risultavano pescati 15.000 tonni, mentre oggi il tonnellaggio consentito è di 180 tonnellate fra le tre tonnare esistenti in questa zona della Sardegna. La prima stagione di pesca ufficiale è datata all’anno 1591, di cui c’è testimonianza negli archivi di Cagliari.

L’area del pianoro di Su Pranu era adibita anche alla lavorazione del tonno, in particolare per la produzione della bottarga e la trasformazione delle interiora. Il tonnarotto era sia un pescatore di tonnara che un trasformatore. Dopo la mattanza i tonni venivano aperti per essere svuotati delle interiora, a loro volta trasformate nelle baracche dai tonnarotti. I tagli pregiati e le parti meno nobili venivano conservate sotto sale in contenitori di legno. Dal “maschio” veniva poi prelevata la sacca spermale, bollita e utilizzata per le frittelle di lattume (lattumini) oppure in soffritto con cipolla e olio, due specialità tipiche locali.

Oggi, nonostante il successo del tonno sui banchi del fresco e nello scatolame, il comparto è ormai andato in crisi per una serie di ragioni concomitanti e la domanda interna è in buona parte assicurata da massicce importazioni. Negli anni passati la politica delle “quote” produttive si è infatti saldata con la difficoltà imprenditoriale di ottimizzare i processi di trasformazione industriale. Il risultato è che è diventato più conveniente pescare vivi i tonni e rivenderli alla concorrenza straniera, ad esempio a Malta, trasferendo dunque il valore aggiunto della fase finale di filiera ad altri territori e operatori. Così, una dopo l’altra, le tonnare a reti fisse dei nostri mari hanno tirato su le reti, quella di Favignana nel 2007, e da allora in Italia sono rimaste attive a fasi alterne soltanto tre tonnare nel mare tra Carloforte, sull’isola di San Pietro, e la costa antistante di Portoscuso, nella Sardegna sudoccidentale.

IL PESCE, 5/23 137
Massimiliano Rella La Baracca – Museo del Tonnarotto.
SHOW YOUR BUSINESS POTENTIAL 16-17 Gennaio 2024 20 a EDIZIONE COMITATO TECNICO SCIENTIFICO www.marca.bolognafiere.it

SANA 2023, successo per la prima edizione B2B

650 espositori, 500 prodotti novità, 12.500 visitatori professionali, 200 hosted buyer internazionali da 30 Paesi e 2.000 incontri B2B

È più che positivo il bilancio di SANA 2023, appuntamento di primo piano nel calendario fieristico italiano e internazionale per produttori, distributori, enti, istituzioni e professionisti del comparto del biologico e del naturale. Sono i numeri a confermare il ruolo prioritario dell’evento, che chiude la 35a edizione con 650 espositori, 20.000 m2 di superficie

espositiva e 12.500 operatori, il 10% dei quali provenienti dall’estero. Il dato dei 12.500 accessi (lo stesso registrato dalla precedente edizione di SANA) è questa volta da intendersi come esclusivamente in accezione

B2B: il fatto che il salone, pur non rivolgendosi più ad un pubblico generico, abbia mantenuto invariata l’affluenza, centrando al contempo

l’obiettivo di una maggiore e più selettiva qualificazione delle presenze, testimonia l’efficacia del nuovo corso intrapreso.

SANA, che ha beneficiato del sostegno e dell’attiva collaborazione di ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, in sinergia con l’ufficio Incoming Buyer e la

SANA – 35o Salone Internazionale del Biologico e del Naturale, tra gli appuntamenti più attesi del cartellone fieristico nazionale, è stato organizzato da BolognaFiere in collaborazione con FederBio, AssoBio (presente con una collettiva dei propri associati) e Cosmetica Italia, con il patrocinio del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, del Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, della Regione Emilia-Romagna e del Comune di Bologna.

IL PESCE, 5/23 139 FIERE

sempre più estesa rete di agenti di BolognaFiere, è stato visitato — su invito — da 200 buyer provenienti dai principali mercati internazionali, tra importatori di prodotti biologici, rappresentanti della GDO e operatori nell’ambito della cosmesi naturale e del foodservice. 30 i Paesi rappresentati: Austria, Belgio, Bulgaria, Canada, Colombia, Corea del Sud, Danimarca, Emirati Arabi, Estonia,

Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Iraq, Irlanda, Israele, Italia, Marocco, Messico, Moldavia, Perù, Regno Unito, Romania, Serbia, Singapore, Spagna, Slovenia, Stati Uniti, Svezia e Ungheria. Questi buyer e le aziende espositrici dei tre settori di SANA — Organic & Natural Food, Care & Beauty e Green Lifestyle — hanno partecipato a circa 2.000 appuntamenti B2B.

I 650 espositori di SANA hanno portato in fiera migliaia di prodotti biologici e naturali innovativi, individuando, insieme a BolognaFiere, oltre 500 nuove referenze e linee da presentare ai buyer nell’Area Novità del salone

Ottimo anche il numero degli espositori — 650 — e delle presenze estere, con il coinvolgimento, fra gli altri, di Austria, Germania, Giappone, Grecia, Sudafrica, Ucraina e America Latina. Sul fronte interno, sono 5 le regioni italiane che hanno preso parte all’edizione 2023 e tra queste vi sono alcune delle più significative in termini di superficie agricola destinata a biologico: Calabria, Emilia-Romagna, Marche, Puglia e, nuovamente in fiera dopo alcuni anni di assenza, Sardegna. Hanno suscitato grande interesse anche le aree e le aziende di CIA, Coldiretti, Camera di Commercio di Bologna e del MASAF, quest’ultimo on air con la campagna promozionale sul biologico lanciata in anteprima a

140 IL PESCE, 5/23
SANA da Ismea. SANA, che nel 2024 giungerà alla sua 36a edizione, è l’evento ideale per presentare e scoprire le ultime tendenze e innovazioni, stabilire relazioni commerciali di successo, analizzare i trend di mercato e affrontare insieme le sfide di tutto ciò che appartiene al mondo del biologico, del naturale, del salutare e del sostenibile.

«La svolta B2B ha significato cambiare passo, sul piano dell’operatività e della visione strategica» ha commentato CLAUDIA CASTELLO, exhibition manager del salone. «Con questa scelta BolognaFiere ha voluto rispondere a una precisa richiesta da parte delle aziende e ha saputo valorizzare la vocazione all’export e all’internazionalizzazione di SANA e del settore biologico e naturale nel suo complesso.

L’esito di questa svolta può dirsi fin da ora positivo, come testimoniato dagli espositori, dalla significativa presenza di buyer qualificati e dalla qualità degli approfondimenti proposti. Lo scenario nazionale e internazionale è complesso e la congiuntura critica, come hanno evidenziato anche i focus sui mercati francese e tedesco del bio, attualmente in fase di stasi. Tuttavia, SANA è riuscita a consolidare il proprio ruolo di stimolo per il comparto e per le aziende, delle quali ha promosso prodotti e novità verso una platea molto ampia, attraverso una molteplicità di canali fisici e digitali».

Ha raccolto feedback positivi il ricco palinsesto convegnistico della manifestazione: incontri e talk hanno fatto registrare circa un appuntamento ogni ora, arrivando complessivamente a quota 80 e con circa 4.500 presenze. 1.500 operatori qualificati hanno preso parte al programma di Sanatech, punto di riferimento per lo sviluppo della

filiera agroalimentare, zootecnica e del benessere ecosostenibile.

Restando nell’Area Organic & Natural Food, ottimi ritorni, in termini di pubblico e contenuto, per gli spazi dedicati a Cooking e Cocktail Demo. Si rafforza l’interesse per tutto ciò che è breakfast e aperitivo, riletti in chiave biologica, naturale e salutistica. Promosse a pieni voti le Aree Veg e Free From, curate in collaborazione con, rispettivamente, V Label Italia e la World Gluten Free Chef Academy, e che intercettano le nuove esigenze e tendenze di consumo. Gli appuntamenti proposti in quest’ambito hanno calamitato oltre 1.400 presenze professionali. Alto gradimento anche per le degustazioni e i momenti formativi organizzati dall’UIV – Unione Italiana Vini sul tema emergente dei vini dealcolati, segmento di mercato con grandi potenzialità di sviluppo e valorizzato per la prima volta in Italia in un contesto fieristico proprio da SANA. Molto visitato anche lo spazio di Slow Wine, partner di BolognaFiere per la Slow Wine Fair (25-27 febbraio 2024).

Di grande richiamo, come già nelle passate edizioni di SANA, gli affondi proposti nella cornice della Via delle Erbe e di Rivoluzione bio. Quest’ultima iniziativa è stata realizzata da BolognaFiere con AssoBio e FederBio nell’ambito del progetto BEING ORGANIC IN EU gestito da FederBio in partenariato

con Naturland DE e si è articolata in due giorni di convegni e dibattiti durante i quali sono stati presentati i dati dell’Osservatorio SANA, a cura di Nomisma e con il sostegno di ICE. I dati ci dicono che l’Italia, con oltre 2,3 milioni di ettari e la più alta percentuale di superfici bio sul totale (19% contro una media europea ferma al 12%), è ormai vicina target del 25% di superfici investite a bio, previsto dalla strategia Farm to Fork per il 2030. Nel 2022 (considerando come ultimo periodo di riferimento l’anno terminante a luglio e a parità di perimetro rispetto all’anno precedente) le vendite alimentari bio nel mercato interno (consumi domestici + fuoricasa) hanno superato i 5 miliardi di euro e rappresentano il 4% delle vendite al dettaglio biologiche mondiali.

ARRIVEDERCI ALLA

36a EDIZIONE!

SANA 2024 si terrà a BolognaFiere dal 5 all’8 settembre prossimi.

>> Link: www.sana.it

REFRIGERA, torna a Bologna l’appuntamento leader del settore della refrigerazione per Sud Europa e Mediterraneo

L’evento riunirà a BolognaFiere non solo operatori specializzati della catena del freddo ma anche il mondo della produzione, della distribuzione, i tecnici e i progettisti dei settori del food retail e della GDO, delle industrie alimentari, farmaceutiche, dei trasporti, della logistica, e dell’industria in generale.

Un’edizione in continua crescita Seguendo il trend di espansione del mercato del freddo degli ultimi anni, che vede una crescita globale continua, REFRIGERA 2023 continua a crescere a ritmi sostenuti,

andando ad occupare un padiglione in più rispetto all’edizione del 2021. All’interno dei padiglioni 29 e 30 del centro fieristico bolognese, oltre 160

espositori nazionali e internazionali esporranno nuove tecnologie e ultime novità del settore (refrigera.show/ en/exhibitors-list/).

Torna REFRIGERA con un’edizione ricca di eventi e novità: dal 7 al 9 novembre i protagonisti del mondo della refrigerazione si danno appuntamento a Bologna per la 3a edizione della manifestazione dedicata interamente alla refrigerazione industriale, commerciale e logistica

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Un evento dallo spirito internazionale

Grazie alla collaborazione con U3ARC, l’Unione delle Associazioni Africane che rappresenta 20.000 imprese ed oltre 150.000 addetti nel campo della refrigerazione industriale e commerciale, REFRIGERA 2023 estenderà la sua portata oltre i confini europei, ospitando per la prima volta una delegazione di professionisti e aziende provenienti da ben 30 paesi dell’Africa interessati a stabilire in Europa partnership e nuovi progetti.

REFRIGERA 2023 conferma così la sua internazionalità, divenendo non solo un imperdibile momento di coesione per la filiera in vista delle trasformazioni importanti che riguardano il futuro del freddo e dei suoi protagonisti, ma anche un ponte

di collegamento per il trasferimento tecnologico e delle competenze delle aziende italiane ed europee verso il continente Africano e i paesi del bacino del Mediterraneo.

Non solo area espositiva Nel pieno della transizione ecologica ed energetica e in un momento di massima attenzione ai costi in bolletta, la gestione efficiente dell’energia termica è sicuramente un capitolo fondamentale per il futuro di ogni paese, essendo il freddo un elemento imprescindibile di numerose filiere. Questo e altri temi fondamentali per il mercato e i suoi protagonisti, saranno al centro del programma conferenze di REFRIGERA 2023 che alternerà momenti di approfondimento generale con incontri più specifici di formazione dedi-

cati al frigorista e curati dalle più importanti associazioni di settore, quali Assofrigoristi, Asercom, ATF – Associazione Tecnici del Freddo, CSG – Centro Studi Galileo, Legambiente e OITAf

Preregistrazione presto disponibile on-line L’ingresso è gratuito e riservato agli operatori del settore previa registrazione. Con un unico biglietto sarà possibile accedere sia all’area espositiva della manifestazione, che alle conferenze e agli eventi in programma nelle tre giornate.

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My ERP. Food Management Made Easy. Un autunno ricco di eventi per CSB-System

Il 24 ottobre apriranno nuovamente le porte del CibusTec, tra le più innovative fiere di tecnologia alimentare per il settore Alimenti & Bevande. Un evento altamente specializzato della durata di quattro giorni, palcoscenico ideale per presentare e conoscere idee e prodotti innovativi, analizzare le tendenze di mercato e scambiare esperienze. In questa sede la CSB-System Srl sarà presente allo stand I 007 del Padiglione 2. Sarà un’occasione per ragionare sulle tendenze e gli sviluppi della digitalizzazione nelle aziende alimentari: il focus sarà su ERP e tecnologie CSB come opportunità per ottimizzare e semplificare i processi complessi, e porre le basi verso la smart food factory

Smart Management: creare trasparenza per prendere le decisioni migliori

Tutto ruota intorno ai dati: dalla loro correttezza dipende l’ottemperanza dei regolamenti sulla rintracciabilità, la trasparenza dei processi e la correttezza delle decisioni. I report rispetto a determinati KPI, le informazioni di finanza e controlling o ancora l’ottimizzazione della gestione del magazzino sono tutte funzionalità che dipendono dalla capacità dell’ERP CSB-System di raccogliere ed elaborare i dati a disposizione.

Smart Factory: garantire la redditività con processi smart nella logistica e nella produzione Oltre agli innovativi sistemi sorter

per rendere più efficiente la pesoprezzatura e l’evasione ordini, c’è anche il quadro di controllo CSB Linecontrol, grazie al quale possono essere meglio monitorate le macchine per la produzione e il confezionamento, aumentando di conseguenza l’efficienza complessiva degli impianti (OEE).

Digital Growth: sfruttare la digitalizzazione come motore di crescita

Grazie alla gestione integrata del flusso di informazioni e materiali, l’ERP CSB-System consente la comunicazione “da macchina a macchina” (M2M), il reporting OEE o anche l’integrazione del negozio on-line. L’ERP CSB-System raccoglie i dati

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lungo l’intera supply chain e li gestisce in una base dati unitaria. Questo rende un’azienda più efficiente, innescando un’ulteriore crescita.

Business Resilience: gestire meglio i rischi e rafforzare la resilienza Coloro che desiderano automatizzare la loro produzione tenderanno a concentrarsi sulla connessione di ERP, MES e CIM, così come fa già da anni l’ERP CSB-System. La manutenzione predittiva e i robot rendono il tutto ancora più intelligente. Grazie all’impiego efficiente delle tecnologie, infatti, emergono per le aziende nuove possibilità di riduzione dei costi, accelerazione e automazione dei processi di produzione e apertura di nuovi canali digitali di vendita.

Profilo internazionale per CSB-System

Con lo stesso motto “My ERP. Food Management Made Easy” CSB-System sarà anche presente all’Anuga, Padiglione 7.1. Stand C61/B60. Anuga non ha bisogno di presentazioni: resta la fiera leader a livello mondiale che in Germania, a Colonia, riunisce la più grande community internazionale del settore. In quest’occasione CSB-System inau-

CSB-System in fiera

CibusTec, Parma (24-27 ottobre)

Stand I 007 – Padiglione 2

gurerà il CSB Food Business Special 2023, ovvero altri due eventi, i Food Business Tours e il CSB Tech Day, che si svolgeranno nel mese di ottobre con l’obiettivo di far conoscere ad un più vasto pubblico possibile le soluzioni software CSB.

CSB Food Business Tours

È stato pensato per mostrare l’ERP CSB-System nella pratica con approfondimenti esclusivi sulle attività di aziende leader del settore alimentare, che da anni ormai utilizzano l’ERP CSB-System. Chi voglia combinare la visita alla fiera con la possibilità di vedere di persona come lavorano alcune rinomate aziende del settore, può creare il suo Food Business Tour personalizzato andando su www.csb.com/it/food-businessspecial-2023 e scegliendo tra aziende del settore lattiero-caseario, convenience, carne, prodotti dolciari oppure bevande.

CSB Tech Day

Nuove soluzioni per i processi riconoscimento & smistamento, confezionamento, pesoprezzatura e pallettizzazione saranno presentate durante il CSB Tech Day. Quest’evento, organizzato congiuntamente da CSB, Espera, Ecoma, Kawasaki e Videojet, si svolgerà presso la sede centrale CSB in Germania, che è nelle vicinanze di Colonia. I partner porteranno le loro rispettive competenze in una demo dal vivo dell’interazione tra hardware e software.

Anuga, Colonia (7-11 ottobre)

Stand C61/B60 – Padiglione 7.1.

Referente:

• Dott. A. MUEHLBERGER

CSB-System Srl

Via del Commercio 3-5

37012 Bussolengo (VR)

Telefono: 045 8905593

Fax: 045 8905586

E-mail: info.it@csb.com

Web: www.csb.com

IL PESCE, 5/23

Leggeri, igienici, resistenti e tracciabili

I pallet in plastica riciclata di Relicyc sono la soluzione ideale per il settore della logistica, all’insegna di efficienza e sostenibilità

La logistica è un settore dinamico e in costante trasformazione, che richiede soluzioni efficienti, sicure e sostenibili per il trasporto, la movimentazione e lo stoccaggio delle merci, sia come prodotto finito che come materia prima. In questo contesto, i pallet in plastica si rivelano prodotti indispensabili, che offrono numerosi

vantaggi rispetto ai tradizionali pallet in legno. In particolare, i pallet in plastica proposti da Relicyc, azienda leader nel settore della gestione del pallet in tutto il processo di recupero, riciclo e ricollocazione del prodotto sul mercato, vantano una serie di accorgimenti produttivi che li rendono ideali in questo settore. I pallet

in plastica sono leggeri, igienici e impermeabili e offrono una valida alternativa al pallet in legno trattato ISPM-15 a un costo conveniente, ma senza limitazioni burocratiche legate al materiale e senza la necessità di ordinarne quantità minime. Uno dei principali benefici dell’uso della materia plastica è proprio la

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Professionisti per la distribuzione capillare di prodotti da e per tutta europa

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Uno dei principali benefici dell’uso della materia plastica è la riduzione di peso che, per il settore della logistica, si traduce in una maggiore praticità e convenienza: i pallet stampati a iniezione di Relicyc hanno un peso medio di 5 kg contro i 15 kg di un pallet in legno, il che facilita le operazioni di trasporto e riduce i costi di spedizione

riduzione di peso che, per il settore della logistica, si traduce in una maggiore praticità e convenienza: i pallet stampati a iniezione di Relicyc, infatti, hanno un peso medio di 5 kg contro i 15 kg di un pallet in legno, il che facilita le operazioni di trasporto e riduce i costi di spedizione. Inoltre, il design “nestabile”, che consente di impilare in sicurezza i pallet vuoti uno sull’altro, diminuisce fino al 65% il loro ingombro in magazzino, ottimizzando lo spazio e l’organizzazione delle merci.

Un altro beneficio rilevante dei pallet in plastica è la mancanza di elementi metallici, come i chiodi usati per l’assemblaggio dei pallet in legno, che possono arrugginire durante lo stoccaggio per periodi lunghi soprattutto in zone marine, dove l’umidità e la salsedine sono elevati. L’assenza di chiodi e schegge, inoltre, garantisce un’elevata sicurezza in ambito lavorativo.

I pallet in plastica sono anche resistenti ai liquidi e agli odori, non sono soggetti a muffe, si possono lavare con un getto d’acqua e prevengono il rilascio di segatura e il distacco di schegge che conta-

minerebbero la merce, il locale di lavorazione e i mezzi di trasporto. In questo modo, i pallet in plastica garantiscono una maggiore igiene e sicurezza per i prodotti alimentari e non solo.

Un altro vantaggio dei pallet in plastica specifi catamente riferito al settore della logistica è la maggiore resistenza agli urti, agli agenti atmosferici, alle sostanze acide e alcaline. Ciò significa che sopportano meglio le sollecitazioni meccaniche durante il trasporto e la movimentazione, senza danneggiarsi e danneggiare la merce, possono essere esposti a diverse condizioni climatiche senza subire alterazioni o degradazioni, non si corroderebbero e non contaminerebbero la merce qualora entrassero in contatto con prodotti chimici. Infine, dettaglio di considerevole importanza in questo ambito, se utilizzato in maniera corretta, un pallet in plastica può essere impiegato, riciclato e re-impiegato svariate volte mantenendo inalterate le caratteristiche originali.

Un altro aspetto importante per il settore della logistica è che Relicyc ha adottato l’innovativa quanto

Con oltre 40 anni di esperienza nel settore, Relicyc rappresenta una realtà attiva nel riciclo delle materie plastiche e legno e ha alle spalle una lunga storia nella gestione completa del materiale da pallet a fine utilizzo, dal suo recupero alla reintroduzione nel mercato, garantendo alti standard produttivi, elevata qualità e un servizio ineccepibile grazie ad un’organizzazione solida, flessibile e in continua evoluzione. Proponendo sia legno che plastica, permette di avere un’offerta completa e altamente professionale. L’impostazione agile e innovativa consente di rispondere velocemente ai cambiamenti del mercato e di affiancare l’evoluzione delle aziende.

>> Link: www.relicyc.com

fondamentale tecnologia blockchain del programma Certified Recycled Plastic®, che garantisce la tracciabilità fisica, contrattuale, logistica, finanziaria, ambientale e informatica della materia plastica utilizzata nei pallet Logypal: attraverso un apposito QR-code si potrà accedere a numerose informazioni dettagliate sul prodotto, quali il codice di verifica, la data di registrazione, la percentuale di plastica riciclata utilizzata, la conformità con le normative, la dichiarazione di impatto ambientale e il vantaggio ambientale del pallet in plastica riciclata rispetto al pallet in plastica vergine.

«Il pallet è uno strumento indispensabile per movimentare le merci in modo sicuro, efficiente ed economico» spiega Simone Frezzato, direttore generale commerciale di Relicyc. «Permette di ottimizzare lo spazio, ridurre i tempi di carico e scarico, facilitare il trasporto e la tracciabilità dei prodotti, prevenire i danni e gli sprechi. La nostra azienda nasce da una visione ecologica e responsabile, che punta a dare una seconda vita alle risorse che altrimenti sarebbero scartate, e a trasformarle in nuove opportunità.

Produciamo pallet di qualità nel rispetto delle normative ambientali, garantendo la massima soddisfazione dei nostri clienti e ci proponiamo come partner ideale per tutte le realtà che vogliono migliorare il proprio business, creando nuova efficienza e nuovo valore. Siamo convinti che il pallet sia strategico nel settore della logistica e per questo vogliamo contribuire a renderlo sempre più innovativo e rispettoso dell’ambiente».

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Sfide e opportunità per le aziende Ittiche nell’Europa sostenibile

Track Ittico: tecnologia e tracciabilità per una filiera ittica 4.0

Nel cuore dell’industria ittica europea si stanno sviluppando nuove sfide che richiedono un equilibrio delicato tra domanda crescente, impatto ecologico e rigorosa normativa. L’interesse per i prodotti ittici è in costante aumento. Tuttavia, le aziende devono affrontare una serie di complessità per garantire una produzione sostenibile e in linea con le esigenze di ambiente e società

La tracciabilità dei prodotti ittici nella Blue Economy è fondamentale oggi per regolare un mercato che muove 184,6 milioni di tonnellate di prodotti ogni anno. Prodotti derivati dalla produzione mondiale di pesca e acquacoltura. La Blue Economy unisce ricerca scientifica e tecnologia, che lavorano insieme per migliorare la qualità dei prodotti e ridurre l’impatto ambientale dell’intero comparto ittico. Nel mercato ittico globale le produzioni europee si caratterizzano per un’elevata tecni-

ca e un’attenzione sempre crescente alla gestione delle acque, all’alimentazione artificiale, al controllo della sincronizzazione delle deposizioni di uova, ai vaccini. Tuttavia, mentre le sfide sono numerose, le aziende ittiche possono anche cogliere opportunità significative. L’innovazione tecnologica gioca un ruolo chiave nell’indirizzare le problematiche del settore. Dall’adozione di tecniche di pesca selettiva all’uso di dati per il monitoraggio degli stock ittici, le nuove tecnologie offrono strumenti

per una gestione più accurata e sostenibile delle risorse marine. In questo panorama di sviluppo e innovazione digitale si inserisce

Track Ittico di ZUFFELLATO TECHNOLOGIES, software di tracciabilità ittica progettato per controllare ogni fase dell’allevamento ittico e della lavorazione della materia prima.

Track Ittico: la tracciabilità come strumento di sostenibilità e redditività

Track Ittico è il software ERP di tracciabilità alimentare sviluppato da Zuffellato Technologies per il settore ittico. Zuffellato Technologies opera in ambito IT dal 1975 con un knowhow ad alta specializzazione per la realizzazione di soluzioni integrate su misura dei suoi clienti. L’azienda da sempre ricerca, progetta e sviluppa software che si adattano alle metodologie operative delle aziende, aiutandole a crescere e affermarsi. Il core business di Zuffellato Technologies è oggi la digitalizzazione dei processi del settore agroalimentare, con lo sviluppo della suite Track, dove oltre a Track Ittico troviamo anche TrackCarni, TrackAgro e TrackAlimenti

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Track Ittico garantisce trasparenza e tutela della salute dei consumatori.

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Introduzione alla nuova generazione di filettatura

Durata, flessibilità e connettività straordinarie portano la filettatura dei salmoni a un livello superiore grazie alla nuova MS 2750.

•Alimentazione e rifilatura automatiche

•Regolazione dinamica dei coltelli

•Design robusto e igienico

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Track Ittico rende smart la gestione dell’allevamento attraverso il monitoraggio delle masse e il controllo movimentazioni fra vasche, la rilevazione dei parametri delle acque e stato di salute dei pesci, la registrazione e somministrazione di alimenti e farmaci. Durante le fasi di lavorazione ha il controllo del confezionamento e del sottovuoto del prodotto, l’etichettatura con codici a barre a identificazione unica EAN/ UCC, la lettura wireless dei codici a barre e la generazione automatica dei DDT, come la gestione del carico a magazzino. A questo si aggiunge lo storico dei dati sempre disponibile e la possibilità di fare stime previsionali.

La sicurezza di un prodotto fresco come il pesce non può prescindere da un programma flessibile ma allo stesso tempo super affidabile. Track Ittico, oltre a garantire trasparenza e tutela della salute dei consumatori, rende più efficiente la gestione dell’allevamento ittico. Riduce lo spreco e l’errore umano, ma può rappresentare un’inedita leva di marketing, con una produzione documentata in ogni momento che consolida il rapporto di fiducia con il cliente.

Scopriamo quali sono i punti di forza di Track Ittico nelle parole di ENRICO ZUFFELLATO, CEO di Zuffellato Technologies: «Possiamo davvero dire che sono tanti e diversi tra loro: l’affidabilità, la sicurezza delle procedure e del dato, la flessibilità del prodotto, progettato per accogliere le

richieste degli operatori. Per Track Ittico la gestione dell’allevamento e della trasformazione del prodotto è il punto di forza della nostra soluzione specifica per il settore. Questo perché l’articolo pesce non è mai lo stesso ed evolve nel ciclo di vita della produzione.

Ma invece che parlare di punti di forza vorrei evidenziare l’impegno dell’azienda sugli sviluppi futuri: integrare le ultime novità tecnologiche rese affidabili, migliorare costantemente la user friendly e la capacità di produrre e analizzare dati sintetizzandoli e fornendoli al responsabile e al titolare in tempo reale».

Affrontare le sfide generate da una domanda crescente, dall’attenzione verso l’impatto ambientale

e dal rispetto rigoroso per la normativa rigorosa può avvenire solo attraverso un impegno condiviso e una visione a lungo termine per garantire una produzione ittica che soddisfi le esigenze presenti senza compromettere il futuro delle risorse marine. E l’innovazione tecnologica gioca un ruolo chiave.

>> Link: www.trackanyfood.com

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Zuffellato Technologies

Via Bela Bartok 12 44124 Ferrara

Telefono: 0532 904711

E-mail: info@zuffellato.com

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Enrico Zuffellato, CEO di Zuffellato Technologies. Track Ittico rende smart la gestione dell’allevamento ittico.
ITTICO

La Venerabile Confraternita del Bacalà alla vicentina

Stoccafisso cotto nel latte per una ricetta che risale al ‘400 ed è così rinomata che le Poste Italiane hanno voluto celebrarla dedicandole un francobollo

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E CULTURA
STORIA
di Nunzia Manicardi

Noi lo chiamiamo “baccalà”, ma “loro” — i custodi dell’antichissima tradizione — lo pronunciano e lo scrivono senza una “c”. Solamente “bacalà”. E questo non soltanto per rispettare il dialetto locale, quello vicentina, ma anche per distinguere il loro baccalà da qualsiasi altro. Unico, inimitabile: il “bacalà alla vicentina”, appunto.

La Venerabile Confraternita del Bacalà alla vicentina nacque quasi quarant’anni fa proprio con lo scopo di salvaguardare e diffondere l’antica ed originale ricetta che vanta oltre 400 anni. Per la precisione nel 1987, a Sandrigo (VI), su iniziativa dell’avvocato MICHELE BENETAZZO, il quale, in un momento di recessione della secolare tradizione del celebre piatto vicentino, ebbe l’idea di costituire un qualificato cenacolo di personaggi sia vicentini che non e che non fosse soltanto “dedito a riunioni conviviali, ma proteso a difendere la buona cucina locale”

Tra gli obiettivi primari da raggiungere vennero indicati la stesura della ricetta, la consegna di un attestato ai ristoratori che si impegnassero a servire con continuità il tipico piatto locale, la creazione di rapporti con altre regioni italiane con tradizioni culinarie legate allo stoccafisso, l’invito di esperti del settore nutrizionale per approfondire ricerche sulle antiche ricette del baccalà ma anche sulle origini della

pesca e del commercio del merluzzo nei secoli. L’attività della Venerabile Confraternita per perseguire questi obiettivi è stata intensa e si svolta su piano organizzativo, filantropico e culturale. Essa è presente in modo costante e significativo sulla stampa, dai giornali quotidiani a riviste, periodici e pubblicazioni ed anche in varie trasmissioni televisive italiane e straniere, con conferenze e presentazioni di libri. Offre supporto a manifestazioni sportive e ad enti ed associazioni di volontariato e a quelli che operano nell’enogastronomia e nel turismo, con l’instaurazione di positivi rapporti con altre confraternite italiane e straniere, enti fieristici, biblioteche, università ed istituti e scuole alberghiere.

È presente con il proprio sito internet, attraverso la creazione dei Bacalà Club per gli appassionati del piatto, il coordinamento dei ristoranti che propongono la ricetta tradizionale nel mese di settembre di ogni anno e, soprattutto, con la Festa del Bacalà alla Vicentina di Sandrigo. Questo appuntamento vede mediamente la partecipazione di 50.000 persone in ben 10 giornate in cui il protagonista assoluto è lo stoccafisso preparato secondo i dettami della Confraternita ed è accompagnato da polenta al cucchiaio oppure presentato in una delle varianti ricavate dalle ricette del territorio rivisitate per l’occasione

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La Festa del Bacalà alla Vicentina di Sandrigo. Quest’anno la 36a edizione si è svolta dal 14 al 25 settembre. La festa rappresenta un momento di incontro tra la cittadina veneta e la comunità norvegese di Røst, piccola isola dell’arcipelago delle Lofoten, dove si pesca e viene essiccato il merluzzo utilizzato per cucinare il piatto.

come i bigoli al torcio che, preparati al momento dalla Confraternita dei Bigoi al torcio di Limena, diventano bigoli al bacalà, o come gli gnocchi alla zucca e bacalà e il risotto al bacalà

Nel tempo la Confraternita e il bacalà alla vicentina sono stati conosciuti in tutta Italia, in vari Paesi europei, in Canada, negli Stati Uniti, in Argentina, in Brasile, in Sudafrica, in Australia. Sono stati ospiti ad eventi significativi tra cui i Festival anseatici di Lubecca e Bergen, il G8 dell’Agricoltura nel 2009, l’EXPO 2015 di Milano, il Carnevale, la Vogalonga e la Regata storica di Venezia, il Festival Biblico di Vicenza, le tappe venete del Giro d’Italia e della Mille Miglia, l’incontro con Re Harald V di Norvegia durante la sua visita ufficiale in Italia, con i parlamentari al Senato e con il Presidente della Repubblica italiana SERGIO MATTARELLA

Grazie all’iniziativa della Venerabile Confraternita il bacalà alla vicentina è stato inserito fra i “5 alimenti della tradizione italiana” all’interno del circuito Euro FIR

(European Food Information Resource) dell’Unione Europea. È stato inoltre inserito nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari che, ai sensi dell’art. 8 del DLgs 30 aprile 1998 n. 173, dal 2008 sono considerati “espressione del patrimonio culturale italiano”.

Molto suggestiva anche la partecipazione al viaggio che, via mare con un veliero (4.500 miglia) e via terra con una Fiat 500 gialla e 3 camper (6.000 km), ha ripercorso l’itinerario chiamato “Via Querinissima” (dal nome del nobile mercante veneziano PIETRO QUERINI che lo effettuò nel 1431 e 1432) toccando 16 Paesi e 30 città europee.

Nel 2017 la Venerabile Confraternita è stata poi iscritta nel Registro regionale veneto delle associazioni enogastronomiche riconosciute ai sensi della Legge regionale n. 12 del 10 maggio 2017 e ha perfino ottenuto l’emissione di un francobollo ordinario dedicato al bacalà alla vicentina, primo e finora unico francobollo dedicato ad una ricetta nella storia delle emissioni filateliche di Poste Italiane.

Si tratta, come si può vedere, di un’attività ricca di risultati e soddisfazioni e molto consistente, ancor più se si tiene conto dei mezzi limitati a disposizione e del fatto che tutto si basa sul volontariato e sulla passione e l’impegno dei soci che lavorano per l’affermazione di valori che non sono solo economici ed enogastronomici ma culturali e sociali.

E la ricetta, allora, qual è?

Qual è la ricetta vera, autentica, genuina, che la Venerabile Confraternita custodisce e protegge con tanto zelo e passione?

• Ecco gli ingredienti: stoccafisso secco, cipolle, olio d’oliva non fruttato, sarde sotto sale, latte fresco, farina, grana grattugiato, prezzemolo, sale e pepe.

• Lo stoccafisso va battuto bene e poi ammollato in acqua fresca, cambiandola ogni 4 ore per 2 o 3 giorni. Si leva parte della pelle, lo si apre per il lungo, si tolgono la lisca e le spine e lo si taglia a pezzi quadrati possibilmente uguali.

• Si fanno rosolare le cipolle in un tegamino con un bicchiere d’olio, si aggiungono le sarde dissalate, diliscate e tagliate a pezzetti e, per ultimo e a fuoco spento, il prezzemolo tritato.

• Dopo aver infarinato i vari pezzi li si irrora con questo soffritto, poi si li dispone uno accanto all’altro in un tegame di cotto o di alluminio oppure in una pirofila, con qualche cucchiaiata di soffritto anche sul fondo. Il resto si versa per ricoprire il tutto, aggiungendo anche il latte, il grana, il sale e il pepe e, infine, l’olio e livellando con cura.

• Si cuoce a fuoco molto dolce per 4 ore e mezza circa, muovendo di tanto in tanto il recipiente senza mai mescolare. In termine vicentino questa fase di cottura si chiama “pipare”. Solamente l’esperienza saprà definire l’esatta cottura dello stoccafisso che, da esemplare a esemplare, può differire, di consistenza.

• Si serve ben caldo con la polenta. È ottimo anche dopo un riposo di 12/14 ore.

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A tavola vista mare

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192 pp. – € 20,00

ISBN 9788864820613

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Take One Fish

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Tonno e pescespada

Storia e gastronomia

Editore: Rubettino

205 pp. – € 9,90

EAN: 9788849845280

Un libro che racconta i migliori ristoranti sul mare di Forte dei Marmi e non solo, scritto dai critici enogastronomici DAVIDE PAOLINI e GIANNI MERCATALI, che ripercorrono la storia e la tradizione culinaria di questo luogo iconico attraverso i suoi indirizzi del gusto da non perdere. All’interno troverete stabilimenti balneari con più di un secolo di vita, ma anche beach club oggetti di recenti restyling, qualcuno nel segno della tradizione, qualcuno con un mood più contemporaneo. Fil rouge che li unisce tutti: il piacere a tavola e la vista mare! Indirizzi dove assaporare i pilastri della gastronomia locale insieme a proposte originali e sorprendenti di cui vengono svelati storia, volti, atmosfera, cucina e piatti cult, in un viaggio fotografico che ne restituisce sapori, profumi e colori.

Secondo lo chef JOSH NILAND, proprietario e chef del Saint Peter, ristorante di pesce che ha aperto a Sydney nel 2016 con grande successo di critica, vincitore del premio James Beard e autore di questo volume, non ci sono regole quando si tratta di cucinare il pesce, ma solo un mondo infinito di possibilità

60 ricette per 15 varietà ittiche: un libro di cucina che vi condurrà in un viaggio del gusto, con estro, colore e sapore, per rivelare tutto il potenziale culinario di ogni singolo pesce prescelto.

L’enorme, crescente successo del tonno, non a caso associato al maiale del quale — com’è noto — “non si butta niente”, ha origini antiche e documentate, così come le tecniche di pesca e conservazione che ne hanno favorito la presenza sulle mense, salato e/o affumicato, già prima della versione in scatola. Documentate, sin dalla più remota antichità, anche le tecniche di cattura del pesce spada, inquadrabili in una dimensione non esageratamente mitica nel contesto mediterraneo.

Entrambi concorrono all’esaltazione dei piaceri della gola, rifiutando da sempre, in anticipo sui tempi, permanenze lunghe su griglie o fornelli; prestandosi entusiasticamente all’abbraccio di olio, vino, limone, capperi, olive, aglio e cipolla, peperoncino, ortaggi e verdure, non esclusi frutta ed agrumi, il tutto all’insegna privilegiata degli aromi di prezzemolo, basilico, origano e menta. Il volume contiene 300 ricette.

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Milanese snc Viale I Maggio, n. 3 – 33032 Bertiolo (UD) Tel. +39 0432 917224 – Fax +39 0432 917034 – E-mail: milanese@milaneseitalia.com – Web: www. milaneseitalia.com MILANESE snc dal 1953 produce e commercializza una vastissima gamma di attrezzature per l’acquacoltura, che esporta in ben 40 paesi di tutto il mondo. Inoltre progetta e costruisce su misura sistemi di automazione per l’allevamento del pesce

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