IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO
PERIODICO DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67
N. 6/2016
pr�t ˆ manger Ostriche, cozze, cannelli, vongole...
AUGURI D’AUTORE
Auguri da
IL PESCE Giuseppe Arcangeli • Luciana Baggiani • Josette Baverez Blanco Elena Benedetti • Cristian Bernardi • Cecilia Bersani • Laura Bille Valentina Biscalchin • Gian Omar Bison • Luciano Boffo • Simone Bona Gaia Borghi • Patrizia Buratti • Carlo Cantoni • Marco Cappelli Dario Cianci • Alfonso Cioffi • Federica Cornia • Sebastiano Corona Marco Credi • Luca del Grammastro • Maurizio Dell’Agnello • Giorgia Fieni Irene Francescon • William Funck • Guido Guidi • Lucio Labanchi Riccardo Lagorio • Alessandro Lucchetti • Nunzia Manicardi Claudio Mantovani • Francesca Mariotti • Tania Mauri • Alfredo Mengoli Renzo Mioni • Renato Naccari • Gianluigi Negroni • Mino Orlandi Cecilia Ranza • Massimiliano Rella • Salvatore Rubino • Silvia Saracino Marco Saroglia • Clara Scaglioni • Luciana Squadrilli • Simone Stella Genciana Terova • Erica Tirloni • Roberto Villa • Chiara R. Zaccaroni
Anno XXXIII N. 6 • Dicembre 2016
IL PESCE «Da’ un pesce a un uomo ed egli avrà un pasto; insegnagli ad allevarlo e avrà il nutrimento per tutta la vita»
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Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi
Tariffe abbonamenti Annuale (6 numeri): Italia € 40,00 Estero € 50,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910
Fotografia Luigi Credi Comitato di redazione Franco Ferrari – Manrico Murzi – Clara Scaglioni Consulenti scientifici Dr. Gaetano Arcarese – Prof. Giorgio Giorgetti – Dr. Lucia Liddo Dr. Francesco Paesanti – Dr. Gino Ravagnan – Prof. Remigio Rossi Dr. Marco Saroglia – Dr. Aldo Tasselli Collaboratori scientifici Prof. Corrado Barberis – Dr. Alessandro De Maddalena Dr. Maurizio Dell’Agnello – Prof. Fabrizio Ferrari – Dr. Claudio Ghittino Dr. Gianluigi Negroni – Dr. Paola Pierelli – Prof. Guido Razzoli Dr. Antonio Trincanato Collaboratori scientifici esteri Prof. R. Billard (Francia) – Dr. S. Sarig (Israele) Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CS5.5. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CS5.1.
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IL PESCE
Anno XXXIII N. 6 • Dicembre 2016
In questo numero: Immagini
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Legislazione
Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea: Decisione (UE) n. 1774/2016 della Commissione
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Il pesce in rete
Social fish
Aziende
Lepore Mare Spa: formazione e ricerca sono le basi per soddisfare il mercato
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Contributi a fondo perduto
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Accordo di partnership a livello europeo per la gestione logistica di prodotti surgelati tra Nordfrost e STEF
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Il “Sistema ERP dell’anno” 2016 a CSB-System
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Marketing
Con PAM, PAM Panorama e il salmone selvaggio dell’Alaska i sogni diventano favolosa realtà
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La Qualità
La vongola verace di Chioggia: caratteristiche e valorizzazione
Luciano Boffo
Acquacoltura
Felice sodalizio tra allevamento e ristorazione: la trota è servita a km 0
Riccardo Lagorio 46
Ambiente
Il bisàt e i pescatori sostenibili della Livenza
Gaia Borghi
Pesca
I pescatori liguri proclamano lo stato d’agitazione
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Indagini
Il mercato ittico della UE
58
Come cambia la dieta italiana
66
Elena Benedetti
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Mercati
Quale prospettiva per il mercato dei prodotti ittici?
Roberto Villa
Prodotti tipici
Cabras, capitale del gusto e della bottarga
Sebastiano Corona 72
I missoltini del lago di Como
Nunzia Manicardi 78
Ricettiamo l’astice
Giorgia Fieni
Il pesce in tavola
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Tradizioni
Carpa fritta, simbolo del Natale
Nunzia Manicardi
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Sapore di mare
Uova di lompo: le perle tinte
Luca del Grammastro 92
Sapori dal mondo
Seychelles, le isole del tesoro
Massimiliano Rella
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Ristorazione
Prossima fermata: Mercato Centrale Roma
Massimiliano Rella
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Locali di gusto
Il baccalà della Culata
Gian Omar Bison
Convegni
L’anguilla, un pesce tutto da scoprire
Maurizio Dell’Agnello 104
Rassegne
Il Salone esce allo scoperto: libertà è partecipazione
Gaia Borghi
Fiere
Parigi val sempre un SIAL
La pagina scientifica
Nuove tecnologie per la valorizzazione dei prodotti della pesca
Gioacchino Bono
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“Citizen science” per il monitoraggio delle specie ittiche tossiche invasive nel Mar Mediterraneo
L. Guardone M. Longo et al.
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Storia e cultura
Gente di riviera… d’Arno
Maurizio Dell’Agnello 134
Libri
Fish, molto più di un semplice libro di cucina
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Dove soffia il maestro
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In copertina: filetti di aringa sulle tavole natalizie. Auguri a tutti dalla Redazione.
All articles are available in English in abstract format at our website www.ilpesce-online.com 10
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IMMAGINI
I Cechi non rinuncerebbero mai alla carpa, immancabile ospite d’onore del tradizionale banchetto natalizio. Un tempo la pietanza classica era la carpa “in nero”, cotta in una salsa di prugne, uvetta, noci e mandorle, pan di zenzero sbriciolato e birra. La lunga preparazione portò a sostituirla con la versione fritta, presente nel ricettario “Domácí kuchařka” di Magdalena Dobromila Rettigová del 1826, il primo libro di cucina scritto in ceco all’epoca della rinascita nazionale. Volete saperne di più? Leggete l’articolo di Nunzia Manicardi a pagina 86.
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Il piccante del curry, la freschezza dei frutti esotici, il sapore del pesce dell’Oceano indiano: difficile dire quale ingrediente rappresenti meglio la gastronomia delle Seychelles, un arcipelago di 115 isole “del tesoro”. Massimiliano Rella ci racconta il suo viaggio da sogno a pagina 94 (pesce in vendita al Victoria Market, isola di Mahé; photo © Massimiliano Rella). 14
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LEGISLAZIONE
Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea: Decisione (UE) n. 1774/2016 della Commissione Decisione di esecuzione (UE) 2016/1774 della Commissione del 4 ottobre 2016 che modifica la Decisione 2010/381/UE relativa a misure urgenti da applicare alle partite di prodotti dell’acquacoltura importati dall’India e destinati al consumo umano [notificata con il numero C(2016) 6280] (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE EUROPEA – visto il trattato sul funzionamento dell’Unione Europea; – visto il Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare(1), in particolare l’articolo 53, paragrafo 1, lettera b), punto ii); CONSIDERANDO QUANTO SEGUE:
1) Il Regolamento (CE) n. 178/2002 reca i principi generali da applicare nell’Unione e a livello nazionale in materia di alimenti e mangimi in generale, e di sicurezza degli alimenti e dei mangimi in particolare. Esso prevede l’adozione di misure urgenti quando sia manifesto che alimenti o mangimi importati da un Paese Terzo possono comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l’ambiente che non possa essere adeguatamente affrontato mediante misure adottate dagli Stati Membri; 2) La Direttiva 96/23/CE del Consiglio(2) dispone che la sorveglianza del processo di allevamento degli animali e di prima trasformazione dei prodotti di origine animale deve essere effettuata per la ricerca di taluni residui e talune sostanze negli animali vivi, nei loro escrementi e liquidi biologici, nonché nei tessuti, nei prodotti di origine animale, negli alimenti per animali e nell’acqua di abbeveraggio; 3) A norma della Decisione 2010/381/UE della Commissione(3) almeno il 10% delle partite di prodotti dell’acquacoltura provenienti dall’India, destinati al consumo umano, deve essere analizzato per verificare la presenza di sostanze farmacologicamente attive, come definite all’articolo 2, lettera a), del Regola-
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mento (CE) n. 470/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio(4), in particolare di cloramfenicolo, tetraciclina, ossitetraciclina, clorotetraciclina e di metaboliti di nitrofurani; 4) I risultati degli esami analitici effettuati dai laboratori ufficiali di controllo dimostrano che il livello di conformità dei prodotti dell’acquacoltura provenienti dall’India, destinati al consumo umano, è insoddisfacente per quanto riguarda la presenza di residui di cloramfenicolo, tetraciclina, ossitetraciclina, clorotetraciclina e di metaboliti di nitrofurani; 5) I risultati di un’ispezione effettuata in India dal servizio ispettivo della Commissione nel mese di marzo 2014 hanno confermato che le garanzie indiane sullo stato dei residui nei prodotti dell’acquacoltura si basano in larga misura sui programmi di prova supplementari esistenti per la fase antecedente la raccolta e l’esportazione, e che questi attenuano in una certa misura le annose carenze nei controlli ufficiali delle aziende agricole, in particolare i controlli ufficiali
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molto insoddisfacenti sull’impiego dei medicinali veterinari. Il numero relativamente ristretto di sostanze analizzate in tali programmi supplementari indebolisce l’affidabilità delle summenzionate garanzie. Ad oggi le raccomandazioni del rapporto d’ispezione riguardante il monitoraggio ufficiale delle aziende di acquacoltura non sono state trattate in modo soddisfacente; È opportuno adeguare le misure di cui alla Decisione 2010/381/UE relativamente a tutti i prodotti dell’acquacoltura destinati al consumo umano importati dall’India. L’obbligo di analisi obbligatorie dovrebbe essere rafforzato per continuare a dissuadere i produttori in India da un uso improprio delle sostanze pertinenti e per ridurre al minimo i rischi per la salute umana nell’Unione Europea; A seguito dell’attuazione del sistema informatico veterinario integrato (Traces) in conformità all’articolo 3 della Decisione 2004/292/CE della Commissione(5) e di un migliore utilizzo del modulo di importazione in Traces per quanto riguarda le informazioni sui risultati delle prove di laboratorio, gli Stati Membri dovrebbero essere esentati dagli obblighi di rendicontazione trimestrale di cui all’articolo 5, paragrafo 2, della Decisione 2010/381/UE; È opportuno pertanto modificare di conseguenza la Decisione 2010/381/UE; Le misure di cui alla presente Decisione sono conformi al parere del Comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi; HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1 La Decisione 2010/381/UE è così modificata: 1) all’articolo 3, il paragrafo 1 è sostituito dal seguente: «1. Gli Stati Membri, utilizzando idonei piani di campionamento, si assicurano che i campioni ufficiali siano prelevati da almeno il 50% delle partite presentate per l’importazione ai posti d’ispezione frontalieri sul loro
territorio. Nel caso in cui la partita sia costituita da prodotti dell’acquacoltura provenienti da più di uno stabilimento di origine, vengono prelevati campioni per ogni singolo stabilimento.»; 2) all’articolo 5, il paragrafo 2 è soppresso. Articolo 2 Gli Stati Membri sono destinatari della presente Decisione. Fatto a Bruxelles, il 04 ottobre 2016. Per la Commissione Vytenis Andriukaitis Membro della Commissione Note (1) GU L 31 del 01-02-2002, pag. 1. (2) Direttiva 96/23/CE del Consiglio del 29 aprile 1996, concernente le misure di controllo su talune sostanze e sui loro residui negli animali vivi e nei loro prodotti (GU L 125 del 23-05-1996, pag. 10). (3) Decisione 2010/381/UE della Commissione dell’8 luglio 2010, relativa a misure urgenti da applicare alle partite di prodotti dell’acquacoltura importati dall’India e destinati al consumo umano (GU L 174 del 09-07-2010, pag. 51). (4) Regolamento (CE) n. 470/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 maggio 2009, che stabilisce procedure comunitarie per la determinazione di limiti di residui di sostanze farmacologicamente attive negli alimenti di origine animale, abroga il Regolamento (CEE) n. 2377/90 del Consiglio e modifica la Direttiva 2001/82/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il Regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 152 del 16-06-2009, pag. 11). (5) Decisione 2004/292/CE della Commissione del 30 marzo 2004, relativa all’applicazione del sistema Traces e recante modifica della Decisione 92/486/CEE (GU L 94 del 31-03-2004, pag. 63).
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IL PESCE IN RETE
Social di Elena
2. GlobalG.A.P.
1. Il pesce a Milano FISHBAR DE MILAN è un concept tutto nuovo, che porta nel nome la sua vera vocazione, quella di condurre il cliente in viaggio tra i sapori di diverse tradizioni culinarie rilette in chiave moderna. Il protagonista è il pesce interpretato in un mix di ricette italiane e must della cucina internazionale. Lo trovate a Milano nel cuore di Brera, sul web al link www.fishbar.it e anche su Facebook e Instagram (nella foto un piatto di vongole; photo © Fishbar de Milan).
Tutti i prodotti di acquacoltura contrassegnati dall’etichetta GGN sono certificati dagli standard GLOBALG.A.P. Gli operatori dell’allevamento ittico in possesso di questo codice di 13 cifre sono certificati e accreditati alla produzione di risorse ittiche sostenibili. Il nuovo portale www.ggn.org, realizzato in tedesco, inglese e spagnolo, sensibilizza il consumatore sui temi dell’acquacoltura certificata e sui temi dell’allevamento ittico, tra notizie di settore, articoli su varie realtà allevatoriali nel mondo e approfondimenti (in basso, un allevamento di salmone in Islanda; photo © kikkerdirk – Fotolia).
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fish Benedetti
4. Tutto sul pesce a stelle e strisce
3. Il blogger delle ostriche Si chiama NIGEL MOORE e su Twitter “Ostreology” il blogger che attraverso il web scrive e discute di ostriche in tutte le loro declinazioni, tra articoli, post, immagini e idee. Il sito theoystersmyworld.com è il suo biglietto da visita, attraverso il quale Moore promuove i temi dell’allevamento e della pesca sostenibili (ostriche e limone; photo © auryndrikson – Fotolia).
Sul portale dell’ente statunitense NOAA–NATIONAL MARINE FISHERIES SERVICE, accessibile al link www.st.nmfs. noaa.gov, trovate tutti i numeri dell’industria ittica degli USA, aggiornati e accessibili liberamente. Dalle quote di pescato per specie ittiche agli attracchi nei vari porti del Paese, catture, dai volumi di pesce d’allevamento fino alla produzione di pesce trasformato (in foto: reti al porto; photo © stecere – Fotolia).
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AZIENDE
Lepore Mare Spa: formazione e ricerca sono le basi per soddisfare il mercato Lepore Mare Spa oggi rappresenta una delle realtà più importanti nel mondo ittico del nostro Paese. Ricerca della qualità, esperienza, innovazione sono gli ingredienti che da sempre hanno caratterizzato la crescita dell’azienda. La commercializzazione del pesce fresco e congelato, lo stoccaggio, la depurazione di molluschi bivalvi vivi, i prodotti confezionati rappresentano il cuore pulsante del gruppo Lepore. L’azienda, nata oltre cinquant’anni fa, negli ultimi vent’anni ha registrato un periodo di grande rilancio raggiungendo interessanti quote di mercato. Sedi a Fasano,
Porto Viro e Acireale, 15 milioni di kg/anno di pesce movimentato, 40.000 consegne effettuate rappresentano la carta d’identità di un’azienda giovane, dinamica e pronta al cambiamento per soddisfare sempre più le esigenze di un mercato in continua evoluzione. «Tra i nostri obiettivi — spiega l’amministratore delegato GIANNI LEPORE — non ci sono solo i numeri e la crescita, ma dedichiamo particolare attenzione alla ricerca, all’innovazione, alla formazione, che rappresentano la base per soddisfare il mercato. La collaborazione con le Università e con ricercatori
Sedi a Fasano, Porto Viro e Acireale, 15 milioni di kg/anno di pesce movimentato, 40.000 consegne effettuate rappresentano la carta d’identità di un’azienda giovane, dinamica e pronta al cambiamento
Gianni Lepore, AD di Lepore Mare Spa.
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L’Accademia ForMare è il centro di formazione di Lepore Mare dedicato alla diffusione della cultura ittica, in grado di offrire agli specialisti del settore formazione, servizi e affiancamento.
di prestigio ne sono una evidente dimostrazione, e proprio questo ci ha consentito di portare avanti il progetto relativo alla linea di confezionamento in ATP a marchio Dal Blu. E non solo. Penso ad esempio al fish burger, che rappresenta uno dei nostri prodotti ad alta valenza salutistica». Un moderno sistema di informatizzazione consente minuto per minuto di monitorare gli interi processi produttivi: dall’acquisto in tutto il mondo alla vendita, sia in Italia che in Europa, grazie ad una struttura commerciale che adotta criteri di velocità, affidabilità e correttezza. Le diverse divisioni specializzate (pesce fresco, pesce 100% italiano, frutti di mare, pesce congelato, pesce decongelato, pesce lavorato e pesce confezionato) sono gestite da specialisti del settore. Attraverso questa organizzazione territoriale, Lepore Mare è in grado di importare direttamente i migliori prodotti provenienti dai mercati di tutto il mondo mantenendo un contatto costante con i referenti internazionali per selezionare il pescato con il migliore rapporto qualità/prezzo e offrire di conseguenza ai clienti la scelta di centinaia di specie diverse. Lepore Mare dispone di un ufficio vendite, reso efficiente grazie all’ottima integrazione informatica e tecnologica, in grado di disporre e organizzare rapidamente le vendite sul territorio nazionale e internazionale. Un altro punto forte dell’azienda è la rete logistica: è stata concepita con l’obiettivo di garantire un alto
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Il fish burger. livello di servizio che preserva la qualità e la freschezza dei prodotti permettendo la consegna entro poche ore dalla spedizione in Italia e all’estero, anche grazie a partnership con importanti compagnie aeree. Particolare attenzione viene dedicata al pescato di qualità proveniente dal Senegal, e precisamente dalla bellissima isola Gorée al largo di Dakar, patrimonio dell’umanità dell’Unesco, a cui è stato dedicato il marchio Qualité Gorée, che certifica la qualità dei prodotti ittici di questa zona, assicurando ai clienti i migliori standard, basati su principi etici, impegno e professionalità. L’azienda dispone di una direzione sanitaria, un ufficio qualità ambiente, un laboratorio interno che lavorano in forte sinergia sia con il reparto di ricerca e sviluppo che con quello dedicato alla produzione. Negli anni, il reparto di Ricerca & Sviluppo è diventato, inoltre, un centro di eccellenza per la ricerca di parassitosi del mondo ittico, il controllo dei metalli pesanti nel pesce di importazione e il controllo della tracciabilità in tutte le fasi della filiera ittica. Tutto questo ha consentito di avere prestigiose collaborazioni con la Facoltà di Agraria dell’Università di Foggia e con la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Bari. Per quanto riguarda la formazione, Lepore Mare ha pianificato un ciclo di seminari destinato inizialmente
a tutti gli operatori delle pescherie per fornire un’adeguata e moderna formazione capace di rispondere alle aspettative di una clientela sempre più esigente. Continuare a crescere con innovazione, ricerca, formazione e con la consapevolezza che ogni obiettivo può e deve essere migliorato per il bene dell’azienda e del mercato. Tutto all’insegna della qualità. Lepore Mare Spa Sede legale: Via dell’Agricoltura 22/24 72015 Fasano (BR) Sedi operative: • C.da Martucci Z.I. 72015 Fasano (BR) • Via Cristoforo Colombo 10 95024 Acireale (CT) • Via Luigi Savoia 28/30 45014 Porto Viro (RO) Telefono: 080 4428111 E-mail: info@leporemare.com Web: www.leporemare.com
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AVVISO IMPORTANTE Uno studio di consulenza per finanziamenti europei nel settore Ittico ha inviato e sta inviando delle informative in cui sostiene di essere ACCREDITATO dalle REGIONI VENETO, EMILIA ROMAGNA, TOSCANA, PUGLIA ecc… per fornire consulenza per l’accesso ai finanziamenti europei FEAMP settore trasformazione e commercializzazione prodotti ittici. Tale affermazione è FALSA e FUORVIANTE. Non esiste, infatti, nessun tipo di accreditamento regionale per l’affiancamento delle imprese nella presentazione delle domande di finanziamento sul FEAMP. Tale informazione oltre che FALSA e FUORVIANTE
DANNEGGIA le imprese del settore ittico che nella scelta del proprio consulente dovessero prestar fede ad un insussistente accreditamento anziché alla capacità dimostrata e ai risultati conseguiti da ciascuna società di consulenza
LEDE i principi di una sana e libera concorrenza tra dette società
DIFFONDE false notizie in ordine agli adempimenti amministrativi necessari alla presentazione delle domande di finanziamento FEAMP
IMPONE alle Regioni interessate di intervenire a salvaguardia della regolarità e trasparenza del procedimento.
FABO S.I. S.r.l. società leader del settore
DENUNCIA tale scorretto comportamento
AVVERTE le imprese del settore ittico di prestare attenzione a tale pubblicità ingannevole e confida che le stesse affidino il successo della propria richiesta di finanziamento nelle mani di chi ha già dimostrato sul campo di saper e poter operare con serietà e capacità. Il nostro migliore accreditamento è la soddisfazione dei nostri clienti che vogliamo ringraziare per la fiducia e l’amicizia che ci hanno riservato anche in questo caso segnalandoci questa informativa ingannevole.
FABO S.I. S.r.l. Giacomo e Marco Fabbri Informazioni e/o verifiche potranno essere richieste alla scrivente (tel. 0545 84488) ovvero attinte direttamente presso i Settori di competenza di ciascuna Regione. FABO S.I. S.r.l. Viale Del Risorgimento, 48024 Massa Lombarda (RA) Tel: 0545/84488 - Fax: 0545/84555 Email: info@fabosi.it
Contributi a fondo perduto Bandi di prossima apertura programmazione FEAMP (Fondo Europeo Affari Marittimi e Pesca) 2014/2020 Nel primo semestre 2017 verranno attivati in tutte le regioni italiane i primi bandi della nuova programmazione comunitaria FEAMP 2014/2020 che di seguito riportiamo. Bando FEAMP 2014-2020 Misura 5.69 “Trasformazione e commercializzazione prodotti ittici” I bandi saranno riservati alle Micro, Piccole e Medie imprese di Trasformazione e/o Commercializzazione dei prodotti ittici all’ingrosso per investimenti effettuati (potenzialmente dal 01/01/2014 ma non ancora conclusi) e da realizzare nel 2017/2018 con un contributo a fondo perduto del 50%, per interventi che: a) contribuiscono a risparmiare energia o a ridurre l’impatto sull’ambiente, incluso il trattamento dei rifiuti; b) migliorano la sicurezza, l’igiene, la salute e le condizioni di lavoro; c) sostengono la trasformazione delle catture di pesce commerciale che non possono essere destinate al consumo umano; d) si riferiscono alla trasformazione dei sottoprodotti risultanti dalle attività di trasformazione principali; e) si riferiscono alla trasformazione di prodotti dell’acquacoltura biologica; f) portano a prodotti nuovi o migliorati, a processi nuovi o migliorati o a sistemi di gestione e di organizzazione nuovi o migliorati. Le spese ritenute ammissibili riguardano interventi per la lavorazione, trasformazione, conservazione dei prodotti ittici per le attività di ingrosso, relative a: 1. acquisto di terreni legati all’iniziativa; 2. acquisto, costruzione, amplia-
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mento e ristrutturazione delle strutture di commercializzazione all’ingrosso di prodotti ittici; 3. acquisto impianti, macchinari e attrezzature e quant’altro imputabile al processo di lavorazione, trasformazione e conservazione dei prodotti ittici; 4. adeguamento dei mezzi di trasporto alle esigenze aziendali (coibentazione/impianti frigoriferi); 5. spese generali e tecniche; 6. spese per consulenze, studi di fattibilità, assistenza al progetto, studi di settore e Business Plan. I punti 1 e 2 per quanto riguarda l’acquisto di terreni ed immobili potranno avere delle limitazioni in termini di spesa sull’ammontare massimo del progetto; ad esempio, i terreni normalmente sono finanziati nell’ambito massimo del 10% del valore del progetto. Sempre con riferimento alle spese di cui ai punti da 1 al 6 ed anche alla possibilità di retroattività della spesa si fa presente che quanto sopra è quanto previsto dal regolamento comunitario, ma ogni regione potrà decidere eventuali restrizioni in merito, quindi bisognerà valutare ogni singolo bando. Bando FEAMP 2014-2020 Misura 2.48 Sottomisure 1-2-3 “Investimenti in acquacoltura” I bandi saranno riservati alle Micro, Piccole e Medie imprese di acquacoltura per investimenti effettuati (potenzialmente dal 1 gennaio 2014 ma non ancora conclusi) e da realizzare nel 2017/2018 con un contributo a fondo perduto del 50%, per: • sottomisura 1: prevede investimenti produttivi, diversificazione della produzione dell’acquacoltura e delle specie allevate, ammodernamento ed innovazione,
miglioramento delle condizioni di lavoro, d’igiene, della salute dell’uomo e del benessere animale, miglioramento della qualità dei prodotti, diversificazione del reddito delle imprese tramite lo sviluppo di attività complementari; • sottomisura 2: prevede il miglioramento dell’ambiente e riduzione dell’impatto negativo e il risparmio delle acque d’allevamento utilizzate mediante l’adozione di sistemi di ricircolo delle acque di allevamento; • sottomisura 3: prevede l’incremento dell’efficienza energetica e dell’utilizzo di fonti rinnovabili di energia. Il PO FEAMP 2014-2020 può finanziare, per le tre sottomisure, le seguenti tipologie di intervento Sottomisura 1 (lettere a-b-c-d-f-gh) – Nuovi investimenti produttivi, ampliamento e ammodernamento di quelli esistenti che realizzino: a) investimenti produttivi nel settore dell’acquacoltura; b) la diversificazione della produzione dell’acquacoltura e delle specie allevate; c) l’ammodernamento delle unità di acquacoltura, compreso il miglioramento delle condizioni di lavoro e di sicurezza dei lavoratori del settore dell’acquacoltura; d) miglioramenti e ammodernamento connessi alla salute e al benessere degli animali, compreso l’acquisto di attrezzature volte a proteggere gli allevamenti dai predatori selvatici; f) investimenti destinati a migliorare la qualità o ad aggiungere valore ai prodotti dell’acquacoltura;
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g) il recupero di stagni o lagune di acquacoltura esistenti tramite la rimozione del limo o investimenti volti a impedire l’accumulo di quest’ultimo; h) la diversificazione del reddito delle imprese acquicole tramite lo sviluppo di attività complementari. Il sostegno per questa lettera è concesso alle imprese acquicole solo se le attività complementari rappresentano attività acquicole chiave dell’impresa, compresi il turismo legato alla pesca sportiva, i servizi ambientali legati all’acquacoltura o le attività pedagogiche relative all’acquacoltura; Sottomisura 2 (lettere e-i-j) – Investimenti per la riduzione dell’impatto negativo sull’ambiente, ivi compresi l’adozione di sistemi multitrofici e produttivi che riducano al minimo l’utilizzo di acqua e che realizzino: e) investimenti per la riduzione dell’impatto negativo o l’accen-
tuazione degli effetti positivi sull’ambiente, nonché l’uso più efficiente delle risorse; i) investimenti volti all’ottenimento di una considerevole riduzione nell’impatto delle imprese acquicole sull’utilizzo e sulla qualità delle acque, in particolare tramite la riduzione del quantitativo utilizzato d’acqua o di sostanze chimiche, antibiotici e altri medicinali o il miglioramento della qualità delle acque in uscita, anche facendo ricorso a sistemi di acquacoltura multitrofica; j) la promozione dei sistemi di acquacoltura a circuito chiuso in cui l’allevamento dei prodotti acquicoli avviene in sistemi chiusi a ricircolo che riducono al minimo l’utilizzo di acqua; Sottomisura 3 (lettera k) – Investimenti volti al miglioramento dell’efficienza energetica e all’utilizzo di fonti rinnovabili di energia, che
conseguano come obiettivo: k) l’aumento dell’efficienza energetica e la promozione della conversione delle imprese acquicole verso fonti rinnovabili di energia. Sempre con riferimento alle spese ammissibili ed alla retroattività della spesa, si fa presente che quanto sopra è quanto previsto dal regolamento comunitario ma ogni regione potrà decidere eventuali restrizioni in merito quindi bisognerà valutare ogni singolo bando. Dal prossimo numero in questa rubrica vi terremo informati sulla uscita dei singoli bandi regionali.
Per informazioni FABO S.I. Srl Telefono: 0545 84488 Fax: 0545 84555 E-mail: info@fabosi.it Web: www.fabosi.it
Accordo di partnership a livello europeo per la gestione logistica di prodotti surgelati tra Nordfrost e STEF Nordfrost, gruppo internazionale leader in Germania nella logistica di prodotti surgelati, e STEF, specialista europeo e leader in Francia nella logistica del freddo, annunciano un accordo di collaborazione sull’intero perimetro europeo per la gestione logistica dei prodotti surgelati. Questo accordo consentirà alle due aziende di ampliare il raggio d’azione delle rispettive reti con l’obiettivo di coinvolgere quei clienti che necessitano
di soluzioni di massificazione e di una distribuzione capillare su scala europea. Al momento della firma ufficiale dell’accordo, avvenuta giovedì 6 ottobre a Schortens (Germania settentrionale), Nordfrost e STEF si sono prefisse l’obiettivo di soddisfare le crescenti esigenze dei propri clienti del settore agroalimentare legate alle attività di import ed export, con soluzioni logistiche comuni su scala europea, garantendo i migliori
standard di qualità del mercato. Nordfrost e STEF, le cui capacità sono notevolmente affini nel settore dei surgelati, hanno così gettato le basi di questa nuova collaborazione strategica grazie alla complementarità della loro copertura europea e alle rispettive convergenze in termini di know-how, offerta di servizi, requisiti di qualità e valori imprenditoriali. Nordfrost (35 filiali a temperatura negativa) è presente essen-
Britta Heine, Nordfrost, Philippe Blum, STEF-Eurofrischfracht, Horst Bartels, Nordfrost, Jean-Pierre Sancier, STEF, il dott. Falk Bartels, Nordfrost, Stanislas Lemor, STEF, Philipp Greve, Nordfrost, Gerhard Kamlage, Nordfrost, Serge Capitaine, STEF. 28
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STEF è lo specialista europeo e leader in Francia nella logistica del freddo (da –25 °C a +18 °C). STEF svolge e coordina tutte le attività di trasporto, logistica e sistemi informativi dedicate ai prodotti agroalimentari, siano essi materie prime o prodotti finiti. STEF propone soluzioni logistiche adattate alle attività e alle specificità dei propri clienti: industrie alimentari, distributori, ristorazione fuori casa. STEF conta nel proprio organico 16.000 collaboratori suddivisi in 7 Paesi europei: Belgio, Spagna, Francia, Italia, Olanda,Portogallo e Svizzera.STEF si avvale di mezzi tecnici specifici: 219 piattaforme o magazzini, 650.000 posti pallet a temperatura negativa, 1.900 veicoli e 1.950 rimorchi frigoriferi. Nel 2015, STEF ha realizzato un fatturato di 2.826,2 M€, di cui 400 M€ provenienti dalla logistica di prodotti surgelati e 1.800 M€ dalla logistica di prodotti freschi. >> Link: www.stef.com
Presenza attuale dei due gruppi in Europa.
Nordfrost è il principale fornitore di servizi logistici nel settore dei surgelati in Germania. Fondata nel 1975, con i suoi 2.500 dipendenti presenti in 35 sedi a temperatura negativa, quest’azienda dispone di 650.000 posti pallet. Nordfrost può annoverare una flotta di 1.600 camion che percorrono le strade della Germania e dell’Europa per consegnare spedizioni di groupage in altri Paesi, in collaborazione con partner selezionati, in particolare in Scandinavia, Gran Bretagna, Paesi Bassi, Austria, Svizzera, Italia ed Europa orientale. Il know-how di Nordfrost si basa su un elevato livello di qualità, su sistemi informativi avanzati e su una politica di sviluppo sostenibile, che le consentono di offrire a tutti i propri clienti del comparto agroalimentare delle soluzioni complete e su misura per l’import e l’export dei loro prodotti, dalla gestione dello stock al trasporto, dalla logistica alla distribuzione passando anche per i trasporti marittimi. Nel 2015, il fatturato è stato pari a 400 M€, di cui circa il 15% è stato generato dalle attività legate al “fresco”. >> Link: www.nordfrost.de
zialmente in Europa centrale e settentrionale (Scandinavia, Gran Bretagna, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Austria, Svizzera e Italia), ma anche in Europa orientale. STEF (47 filiali a temperatura negativa) dispone di strutture dedicate specificamente al freddo negativo in Francia e in altri sei Paesi dell’Europa meridionale e settentrionale: Svizzera, Spagna, Portogallo, Italia, Belgio e Paesi Bassi. Con un network totale costituito quindi da 82 siti dedicati alle attività logistiche a temperatura negativa, una capacità di 1,3 milioni di posti pallet e una flotta specializzata di 3.500 veicoli frigoriferi, i due gruppi possono così mettere a disposizione dei propri clienti nazionali e internazionali il più grande network europeo dedicato al freddo negativo, a livello sia di superficie di stoccaggio che di distribuzione.
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Questa rete rispetta i più elevati standard in vigore nel settore (IFS, BRC) e apporta soluzioni ottimali alle esigenze della clientela in termini di qualità, prestazioni e flessibilità, nonché tempi di consegna davvero competitivi. «Il nostro obiettivo, insieme a Nordfrost — ha dichiarato SERGE CAPITAINE, direttore generale delegato di STEF — è quello di creare, su tutto il territorio europeo, un’unica rete di trasporto e stoccaggio di prodotti surgelati. Questa partnership con uno dei principali player del mercato consente a STEF di rafforzare la propria presenza nei Paesi di lingua tedesca e di offrire ai propri clienti nuove soluzioni logistiche per la distribuzione dei prodotti surgelati in Germania. Inoltre, grazie all’apporto dei flussi di Nordfrost, consolideremo anche la nostra posizione di leader della logistica sui
flussi provenienti dalla Germania e diretti in Europa occidentale e meridionale». Per HORST BARTELS, fondatore e AD di Nordfrost, «grazie a questa cooperazione, Nordfrost potrà, nell’interesse dei propri clienti, ampliare il proprio raggio d’azione in tutta Europa nella logistica dei prodotti surgelati. Siamo felici di aver trovato in STEF un partner adeguato per concretizzare questa nostra ambizione. STEF, così come Nordfrost, attribuisce una grande importanza alla logistica dei prodotti surgelati ed è inoltre molto presente anche nel settore dei prodotti freschi, la cui distribuzione, rappresenta attualmente soltanto il 15% delle attività di Nordfrost. Ecco perché questa nuova cooperazione con STEF ci consentirà di sviluppare anche il business del “fresco”, in base all’evoluzione di questa nostra partnership».
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Il “Sistema ERP dell’anno” 2016 a CSB-System Il Gruppo ha guadagnato punti soprattutto grazie al progetto della Smart Food Factory e ai concreti vantaggi per i clienti Lo scorso 5 ottobre, presso l’IT & Business, il comitato di esperti del Center for Enterprise Research (CER) dell’Università di Potsdam ha eletto CSB-System vincitore per il “Sistema ERP dell’anno 2016” nella categoria “Cibo e Nutrizione”. La giuria ha apprezzato la specializzazione nel settore, la portata e la capacità di integrazione della soluzione CSB-System completa. «Con le sue soluzioni, CSB-System assume il ruolo di pioniere nel settore dell’Industria 4.0 e mostra come apparirà il futuro digitale nella lavorazione degli alimenti» ha dichiarato il prof. NORBERT GRONAU, presidente della giuria. La soluzione completa di CSB-System copre tutti i processi aziendali del settore alimentare e quindi tutte le aree della catena di creazione di valore aggiunto: dalla prima produzione fino al consumatore e dalla macchina al controlling. Grazie alla sua struttura modulare, i clienti possono introdurre le funzionalità che offrono loro il maggior valore aggiunto. Il consiglio di amministrazione della CSB vede confermata la propria strategia di sviluppo ed è lieto del premio ottenuto. «Siamo molto orgogliosi di essere riusciti a convincere la giuria. Il premio garantisce la nostra competenza quasi quarantennale nel settore alimentare. Mostra, inoltre, che con le nostre innovazioni relative alla Smart Food Factory, come ad esempio l’offerta Cloud, le soluzioni per l’automazione e il riconoscimento automatico delle immagini, stiamo percorrendo la giusta strada», ha aggiunto il dott. PETER SCHIMITZEK, presidente della CSB-System. «Da specialisti di settore pensiamo sem-
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Il premio a CSB-System ha voluto mettere in evidenza la capacità di integrazione della soluzione CSB-System completa. pre ai vantaggi concreti per il cliente, che sono soprattutto risparmio sui costi e incremento della produttività a lungo termine» ha infine concluso VANESSA KRÖNER, amministratore della CSB-System. «Siamo lieti di essere stati premiati per questo». Per la CSB-System quest’anno è già il secondo premio: in maggio l’azienda ha infatti ricevuto il “Fleischerei Technik Award” nella categoria automazione per “CSB-Vision”, la sua soluzione per il riconoscimento automatico delle immagini.
clienti/marketing, ricerca e sviluppo e, vantaggi concreti, attitudine del settore, ergonomia, tecnologia e capacità d’integrazione. La giuria era composta da rappresentanti della comunità scientifica, consulenti indipendenti e giornalisti.
25 fornitori di sistemi in gara Al concorso per il sistema ERP dell’anno hanno partecipato in totale 25 aziende produttrici di sistemi. L’obiettivo del concorso era l’osservazione e valutazione imparziale dei sistemi ERP partecipanti sulla base dei seguenti criteri: metodo di implementazione, comunicazione con i
Referente Italia: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com
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Tonno Nostromo: Alberto Encinas è il nuovo direttore generale Europa del gruppo Calvo Si è insediato nella sede modenese di NOSTROMO, il manager ALBERTO ENCINAS L ASTRA (in foto a lato). Madrileno di 45 anni, da 18 anni nel gruppo Calvo, Encinas è il nuovo direttore generale della Divisione Europa, dopo aver ricoperto per quattro anni la carica di direttore generale della Divisione Sud America e Africa Sub-sahariana. Per quanto riguarda l’Italia, Encinas guiderà lo sviluppo di Nostromo con una strategia incentrata sull’innovazione a tavola con prodotti attenti al benessere e alla salute, grazie anche alla lunga esperienza della marca nel settore delle conserve ittiche. Sono previste, infatti, per il prossimo anno novità di rilievo, al fine di sostenere la crescita di Nostromo all’interno dei suoi canali di consumo. L’Italia si conferma un mercato importante per il settore delle conserve ittiche, con consumi medi di tonno (2,4 kg pro capite l’anno; fonte Ancit su dati Istat e Iri 2015) tra i più elevati d’Europa e risultati in crescita anche nel 2015. Un andamento confermato dal gruppo internazionale Calvo — di cui Nostromo fa parte dal 1993 — per il quale il mercato italiano è secondo soltanto al Brasile. Nel precedente incarico, il manager si è distinto per aver reso il Brasile il primo mercato del gruppo Calvo nel mondo, facendo crescere il fatturato di anno in anno. Presente sul mercato italiano da oltre 60 anni, dal 1993 Nostromo Spa appartiene al gruppo spagnolo Calvo, realtà che conta più di 5.100 lavoratori in 70 paesi, 4 stabilimenti produttivi e una flotta di proprietà. Nel 2015 il gruppo ha raggiunto un fatturato di 787 milioni di euro, in aumento del 3% rispetto all’anno precedente, superando le 104.000 tonnellate di volumi di vendita. A questi risultati ha contribuito Nostromo, che nel 2015 ha raggiunto un fatturato di 130 milioni di euro, in crescita dell’8% rispetto al 2014, per un totale di 15.000 tonnellate di volumi di vendita in Italia.
Centro di Depurazione e Spedizione
Società Agricola Moceniga Pesca s.s. di Alessandra Siviero & C. Via Dell’Artigianato 20/22 45010 Rosolina (RO) C.F. e Part. Iva IT 01082120294 tel. 0426-343252 0426-270034 fax. 0426-340265 virtual fax 0426047500 Centro Depurazione e Spedizione Molluschi IT X3W6T CE Web: www.moceniga.it
Viale Marconi 68 - Rosolina (RO) - Fax 0426 047500 - 0426 664990 Web: www.almeca.it - E-mail: almeca2007@libero.it
MARKETING
Con PAM, PAM Panorama e il salmone selvaggio dell’Alaska i sogni diventano favolosa realtà Quando acquistiamo un prodotto legato ad un concorso il primo pensiero è sempre legato ad una certa speranza ma poi si finisce inevitabilmente per dimenticarsene, soprattutto, come nel caso di “Vinci l’Alaska”, quando la partecipazione è automatica, come per i clienti soci di Carta Per Te, identificati dalla prova scontrino. Così, la signora L.R (diamo conto solo delle sue iniziali per rispetto alla privacy…), consumatrice di salmone selvaggio dell’Alaska, approfittando della disponibilità di questa ghiotta prelibatezza del Pacifico nella versione “fresca”, si è ritrovata baciata dalla fortuna quasi senza più pensare alla possibilità di vincere. Il salmone selvaggio dell’Alaska era infatti in vendita “fresco”, nei supermercati Pam, Pam Panorama e Pam Franchising, dal 3 al 30 settembre. Un periodo non casuale ma dettato dalla regolamentazione della pesca vigente in Alaska. Una pesca che viene stabilita da maggio a ottobre quando, dopo le loro migrazioni transoceaniche, i salmoni tornano nei letti dei fiumi dove sono nati in attesa di risalire i corsi d’acqua per deporre le uova. Negli altri mesi lo si può infatti acquistare solo congelato, intatto tuttavia sia per qualità sia per sapore e consistenza. Il concorso, giunto ormai alla quinta edizione, riguardava l’acquisto di una tra tre diverse varietà: salmone selvaggio fresco, carpaccio di salmone e tartare di salmone. Tre proposte perfette non solo per la stagione ancora estiva ma anche per apprezzare appieno tutte le peculiarità di questo gioiello ittico dalle carni sode e dall’intenso sapore di mare. Ma veniamo al premio. ASMI, l’ente che promuove i prodotti dell’Alaska
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È di Milano la fortunata vincitrice del concorso “Vinci l’Alaska” 2016, qui ritratta con il personale del supermercato PAM di via Olona 1/3 e con il direttore del punto vendita, Fabio Dellepiane. nel mondo, dal salmone selvaggio, all’ikura, al granchio reale, al carbonaro, in collaborazione con Pam e con l’agenzia di viaggi Nuna Travel, specializzata in destinazioni estreme, ha dunque promosso il concorso che regala a un consumatore, attraverso estrazione, uno splendido viaggio di 9 giorni nel Paese più affascinante del mondo. Fiumi, laghi, ghiacciai, foreste, pesca e persino avvistamento di orsi e balene! Tutto perfettamente organizzato per godere con la massima serenità e sicurezza un’esperienza unica e straordinaria. Alla vincitrice del 2016 il premio è stato consegnato sabato 5 novembre presso il supermercato Pam di via Olona 1/3 a Milano, dal direttore Fabio Dellepiane. Il periodo del viaggio, per due persone, sarà scelto secondo la loro disponibilità.
Alaska, il paese della pesca “I pesci e tutta la fauna ittica dovranno essere utilizzati, sviluppati e conservati secondo i principi dell’eco-sostenibilità…”. Così è scritto sulla Costituzione dello Stato dell’Alaska dal 1959. I pesci dei mari e dei fiumi dell’Alaska sono considerati un importante sostentamento per l’uomo fin dalla preistoria, quando i popoli nativi indigeni si dedicavano a questa attività per nutrirsi, così come oggi, in quanto la pesca viene strettamente e accuratamente monitorata dagli scienziati dell’NMFS (National Marine Fisheries Service) e da coloro che devono far rispettare la legge. >> Link: www.alaskaseafood.it www.pampanorama.it www.nunatravel.com
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LA QUALITÀ
La vongola verace di Chioggia: caratteristiche e valorizzazione di Luciano Boffo
In data 4 aprile 2016 è stata presentata al Ministero dello Sviluppo economico, dall’associazione La vongola verace di Chioggia, costituita da quattro imprese leader nel settore della depurazione dei molluschi, la richiesta di registrazione del marchio “La vongola verace di Chioggia”. Già nel marzo del 2014 era iniziato l’iter per l’inserimento della vongola di Chioggia tra i prodotti tipici tradizionali italiani (DLgs 30-04-1998 n. 173) con la trasmissione alla Regione Veneto di una scheda tecnica riportante le caratteristiche del prodotto, le zone di produzione, le metodiche di lavorazione e una serie di documenti
storici che attestavano l’introduzione di questo mollusco nella laguna sud di Venezia nel lontano 1983. Il 22 luglio 2015, nel supplemento ordinario della Gazzetta ufficiale n. 168 del 22-07-2015 è stato pubblicato il Decreto 17-06-2015 che riporta la vongola verace di Chioggia tra i prodotti tradizionali italiani. Habitat di crescita La vongola verace predilige terreni di tipo sabbioso-fangosi soffici e sabbioso-siltosi perché facilitano l’infossamento del mollusco. Le aree della laguna sud sono particolarmente adatte per la granulometria dei fondali, per l’elevato contenuto
di sabbia, per la scarsa profondità delle acque e per il notevole ricambio idrico assicurato dalle escursioni di marea che consentono un adeguato apporto di alimento. I fondali delle zone di allevamento vengono mantenuti sgomberi da vegetazione; la presenza di fanerogame ne inibisce lo sviluppo. Le aree più produttive sono quelle in vicinanza dei canali, per l’idrodinamismo e il maggior apporto di elementi nutritivi. Sembra ormai certo che anche i sistemi di pesca utilizzati (rasche, vibranti, rastrelli) abbiano favorito il reinserimento di Tapes philippinarum modificando le caratteristiche del sedimento. Infatti, la frazione più
Uno scorcio della laguna di Venezia.
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midecussatus è un mollusco bivalve con conchiglia solida equivalve di forma ovoidale allungata in senso trasversale e tronca posteriormente. Le valve sono ruvide e percorse da sottili striature radiali che si incrociano con le strie concentriche di accrescimento. Nei soggetti adulti può raggiungere una lunghezza massima di 5-6 cm. Il colore è molto variabile, dal grigio al giallo fino ad arrivare al marrone con punteggiature brune e con linee spezzate. La colorazione interna si presenta biancastra o giallastra con sfumature violacee spesso concentrate esternamente alla linea palleale. La respirazione e la nutrizione avvengono tramite un sistema di aspirazione attraverso un sifone inalante ed uno esalante che risultano uniti tra di loro e che divergono solo nella parte terminale. Le branchie, con funzione respiratoria, servono anche per trattenere il cibo captato attraverso il sifone inalante e costituito soprattutto da alghe unicellulari e altri microrganismi marini. Specie a sessi separati con fecondazione esterna, la vongola raggiunge la maturità sessuale ad un anno di età. Il periodo riproduttivo va da maggio a ottobre. La vongola può essere raccolta durante tutto l’anno; le stagioni di massimo accrescimento sono la primaverile e l’autunnale.
Aree della laguna Sud di Venezia. fine viene portata via dalle correnti e si crea un substrato più grossolano particolarmente adatto all’infossamento delle vongole.
Caratteristiche anatomiche delle vongole veraci La vongola verace definita anche Tapes philippinarum o Tapes se-
Caratteristiche organolettiche e di sapidità della vongola verace Le carni sono tenere e gustose e possono essere consumate sia crude che cotte. Il sapore è salato e il pro-
“La vongola verace di Chioggia”: il marchio Da parte delle ditte CAM Srl, CRAME Srl, CLAM Soc. Coop. e Blu Pesca Srl è stata creata un’associazione con l’obiettivo di valorizzare questo tipico prodotto locale che presenta delle caratteristiche peculiari sotto l’aspetto qualitativo, sensoriale, chimico, microbiologico e di sicurezza alimentare. Il marchio che è stato ideato raffigura una vongola verace circondata nella parte inferiore da un’onda marina con la scritta “La vongola verace di Chioggia”. Colori che contraddistinguono il marchio sono l’azzurro, il blu, il giallo, il marrone e il nero. Le vongole veraci che sono identificate con questo marchio devono provenire esclusivamente dagli ambiti della laguna sud di Venezia.
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Vongole veraci. fumo è tipicamente marino. La polpa del mollusco vivo appare turgida e traslucida, con un contenuto in acqua pari all’80%, con un apporto proteico del 10%, di carboidrati del 2%, dello 0,5% di lipidi, e un tenore non trascurabile di oligoelementi. Stato sanitario delle aree di produzione e raccolta Tutte le aree di produzione di vongole veraci raccolte nella laguna sud di Venezia sono classificate ai sensi del Reg. n. 854/04 di zona B; pertanto i molluschi devono essere sottoposti a un processo di depurazione in impianti riconosciuti ai sensi della normativa comunitaria prima di essere commercializzati. Questo consente di dare la massima garanzia e certezza sanitaria al
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consumatore, anche perché vengono eseguite sulla base della valutazione del rischio tutta una serie di analisi microbiologiche e chimiche prima e dopo il processo di depurazione. Per una migliore gestione del processo di classificazione e di sorveglianza delle aree di produzione e di raccolta dei molluschi, la Regione Veneto ha istituito gli ambiti sulla base della valutazione del rischio. Si tratta di aree lagunari e marine con caratteristiche omogenee sotto l’aspetto microbiologico, chimico e fisico. Anche la laguna sud ricomprende numerosi ambiti: una parte sono sotto il controllo dell’AULSS n. 14 di Chioggia, una parte sotto il controllo dell’AULSS n. 12 veneziana. Gli ambiti classificati per la raccolta delle vongole sono soggetti
Fase di trasporto delle vongole ai CDM. a monitoraggio costante da parte dell’AULSS competente per territorio, con l’obiettivo di verificare il mantenimento delle garanzie sanitarie che avevano consentito la classificazione iniziale. La frequenza e la distribuzione del campionamento vengono fatte in relazione ai pericoli e ad un’attenta valutazione del rischio in maniera da avere sempre sotto controllo la situazione sanitaria. Per questo sono stati individuati dei punti di campionamento per ogni ambito, che rappresentano i punti più a rischio dove deve essere svolta l’attività di monitoraggio. Qualificazione sanitaria delle vongole raccolte nella laguna sud L’impatto antropico nella laguna sud di Venezia risulta molto modesto; non esistono grandi complessi industriali e il notevole ricambio idrico legato all’apporto di acqua di mare a seguito delle escursioni di maree concorre a mantenere basso il livello di inquinamento. Questo dato emerge chiaramente da un’analisi dei microcontaminanti ambientali, tipo diossine e sostanze diossino-simili, nei molluschi allevati nella laguna
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sud. I valori che vengono riscontrati sono circa 20 volte inferiori rispetto a quelli stabiliti dalla Comunità europea con i Regolamenti n. 1881/06 e 1259/11. La Regione Veneto, con DGRV n. 3195/04, ha stabilito che le vongole che vengono raccolte nella laguna sud abbiano un valore di diossine e sostanze diossino-simili di 0,2 pg/g quando la normativa comunitaria fissa un valore di 3,5 pg/g per PCDD/F e un valore di 6,5 pg/g per PCDD/F + PCB. Sono evidenti quindi le maggiori garanzie che offre il prodotto proveniente dalla laguna sud di Venezia rispetto a quello di altre aree sia nazionali che comunitarie. E proprio anche su questa base si è voluto valorizzare con il marchio “La vongola verace di Chioggia” le vongole raccolte in questi ambiti. La rintracciabilità così come definita dal Reg. n. 178/2002 è garantita in tutte le fasi di produzione, trasporto, lavorazione e commercializzazione del prodotto. Anche il pescatore è obbligato a mettere in atto una procedura specifica per garantire la rintracciabilità dei molluschi. Questo risulta fondamentale per poter procedere al ritiro di eventuali
partite non conformi o delle quali ci sia un sospetto di non conformità. Infatti, per il principio di precauzione anche nelle situazioni di incertezza i molluschi devono essere ritirati e/o bloccati nella commercializzazione; inoltre va informata immediatamente l’autorità sanitaria competente. È opportuno creare un clima di fiducia nel consumatore basato su principi di trasparenza, informazione e dati scientifici certi. La sicurezza alimentare deve essere garantita lungo tutta la filiera produttiva, dalla terra alla tavola e, nel nostro caso, dal mare fino alla tavola del consumatore. A livello di allevamento si deve: • tenere aggiornato il registro di carico e scarico del materiale seminale; • tenere copia del DDR di ingresso del materiale seminale che può provenire da banchi naturali o da schiuditoi; • disporre di planimetrie dell’area di allevamento con individuate le zone di semina e di ingrasso delle vongole; • tenere copia degli esiti degli esami di laboratorio effettuati in au-
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CDM-CSM ditta CLAM. tocontrollo e di quelli effettuati dagli organi di controllo; • avere adottato un manuale di corretta prassi igienica. Le vongole, durante il trasferimento dall’allevamento al CDM, devono essere scortate da DDR, che deve essere conservato per 12 mesi. A livello di CDM, dopo un controllo delle caratteristiche del prodotto, dell’integrità dei gusci, dello stato di pulizia e delle condizioni di trasporto, si procede all’assegnazione alle singole partite di vongole di un numero di lotto. Successivamente viene riportato, in un apposito registro vidimato, il numero dei bins dove viene fatta la depurazione, le ore di depurazione, le eventuali analisi di laboratorio effettuate, la data di confezionamento e la destinazione del prodotto. Ovviamente le vongole veraci provenienti dalla laguna sud sono depurate, selezionate e confezionate separatamente da quelle di altra provenienza. L’attività di depurazione della vongola verace di Chioggia L’attività di depurazione viene eseguita in impianti a circuito chiuso
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con bins a sviluppo verticale. Di norma ogni colonna è costituita da tre bins sovrapposti. L’acqua dell’impianto viene captata direttamente dalla laguna e sottoposta dapprima a filtrazione con filtri a quarzite e successivamente sterilizzata con ozono e raggi UV. È previsto anche un raffreddamento dell’acqua che viene mantenuta a temperatura tra i 10 °C e i 20 °C a seconda del periodo stagionale, in maniera da ottimizzare l’attività di filtrazione dei molluschi e rispettare il benessere animale. Durante il periodo estivo viene mantenuta intorno ai 20 °C, durante il periodo invernale intorno ai 10 °C. Questo per evitare stress termici che potrebbero influire negativamente sull’attività filtratoria. Il quantitativo massimo di vongole per bins è di 250-300 kg e il periodo di depurazione, per “la vongola verace di Chioggia”, non deve essere inferiore alle 12 ore. Tutti gli impianti che partecipano al progetto sono stati sottoposti a validazione dell’efficacia del processo di depurazione. Al termine del trattamento di depurazione le vongole vengono
avviate al CSM per le operazioni di vagliatura, selezionatura, lavaggio e confezionamento. Attività di controllo del corretto uso del marchio L’associazione è titolare del marchio e sorveglia sul corretto uso dello stesso, avvalendosi del supporto di un medico veterinario indipendente, con particolare esperienza nel settore che relaziona direttamente al Presidente e al Comitato marchio. In questa ottica sono stati creati un Regolamento d’uso del marchio e un Disciplinare che definisce gli aspetti sanitari, tecnico-gestionali, di rintracciabilità e di conformità delle vongole destinate a questa produzione. Si è ritenuto opportuno altresì creare un comitato scientifico con l’obiettivo di: • studiare, proporre e portare avanti progetti per valorizzare la vongola verace di Chioggia; • introdurre nuove tecnologie e approfondire certi aspetti scientifici per il miglioramento dell’intero processo produttivo; in questa ottica sono stati di recente vali-
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1) Fase di svuotamento bins in tramoggia per selezionatura. 2) Fase selezionatura vongole ditta Crame. 3) CDMCSM Blupesca Chioggia. 4) CDM-CSM ditta CAM. dati i processi di depurazione dei singoli CDM da parte del medico veterinario incaricato con analisi eseguite presso l’Istituto Zooprofilattico delle Venezie; • esprimere parere al presidente dell’associazione in caso di richiesta di nuove adesioni. La Commissione marchio invece deve: • valutare le richieste di nuove adesioni; • decidere con giudizio insindacabile circa la concessione del diritto d’uso del marchio; • valutare e decidere modifiche e integrazioni al Disciplinare e al Regolamento.
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I controlli sono svolti secondo un piano predisposto dal medico veterinario; per le analisi di laboratorio e per approfondire certi aspetti scientifici si farà riferimento a istituti esterni accreditati. Le relazioni dell’attività di controllo sono trasmesse al Comitato marchio e al presidente dell’associazione. I rapporti, oltre alle valutazioni positive o negative, potranno anche contenere proposte di azioni correttive e/o prescrizioni. Nelle situazioni non troppo chiare sono previsti ulteriori ispezioni e campionamenti. A fronte del riscontro di non conformità l’associazione può applicare, salvo l’eventuale
risarcimento del danno, le seguenti sanzioni: • lettera di ammonizione e diffida; • sospensione del marchio per un periodo definito; • revoca del marchio. Nuove adesioni I pescatori, gli allevatori di vongole veraci e i CDM/CSM che rientrano nelle condizioni del Regolamento e del Disciplinare, per poter utilizzare il marchio, possono fare richiesta al presidente dell’associazione della licenza d’uso del marchio. Dott. Luciano Boffo Medico Veterinario Consulente Sicurezza Alimentare
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ACQUACOLTURA
Società agricola La Trute, a Sutrio (UD)
Felice sodalizio tra allevamento e ristorazione: la trota è servita a km 0 di Riccardo Lagorio
Durante il recente ciclo di aggiornamento tecnico professionale rivolto agli operatori del Friuli Venezia Giulia, voluto dalla Regione in collaborazione con l’Associazione Piscicoltori Italiani, tenutosi tra aprile e luglio 2016, sono emersi dati decisamente confortanti riguardo le troticolture regionali dal punto di vista sia gestionale sia dell’impiego della risorsa idrica. Impianti condotti con managerialità elevata e notevole preparazione tecnica del personale
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sono i due aspetti confortanti che fanno bene all’ambiente, essendo risultato che la qualità delle acque reflue è sensibilmente migliorata rispetto a sei anni prima. Lo ha sottolineato il prof. RODOLFO BALLESTRAZZI dell’Università degli Studi di Udine nella sua presentazione a Marano Lagunare il 6 giugno scorso. In sintesi la temperatura e l’ossigeno disciolto si sono assestati a livelli ottimali per l’ottenimento di buone performance nelle vasche, con un livello di fosforo
e anidride carbonica all’uscita molto bassi. Solo i nitrati mostravano valori elevati, ma a causa di fattori esterni come l’inquinamento agricolo. In questo proficuo contesto ha tagliato il traguardo dei 54 anni di vita la troticoltura La Trute, che fa parte del sodalizio tra allevamento di trote e ristorazione della famiglia VIDOTTI-BADINI a Sutrio, in Carnia. Le acque che alimentano le vasche provengono da sorgive che nascono poche centinaia di metri più a monte,
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A sinistra: Anna Fabris della trattoria Alle Trote. A destra: i locali accoglienti della trattoria. alla falde del monte Zoncolan. A La Trute GIULIANO VIDOTTI ha puntato sulla trota marmorata, sulla iridea e sul salmerino. Ha provato anche con il pesce gatto, ma la temperatura dell’acqua tra gli 8 e i 10 gradi risultava troppo fredda e ne frenava la crescita, talvolta impediva la sopravvivenza stessa. Così ha avuto meglio la natura, visto che i pesci presenti naturalmente nel torrente But sono la trota marmorata, la fario e l’iridea, la trota ibride, che è un incrocio tra le prime due, e lo scazzone, un pesce lungo al massimo 10 cm, con una testa assai grande rispetto al corpo. I mangimi sono specifici per garantire un impatto poco significativo sull’ambiente. Allevamento e vendita diretta di pesce appena tratto dalle acque rimangono attività cardine de La Trute, ma nel corso degli ultimi anni sono stati fatti investimenti e prove che hanno indirizzato l’azienda verso la multifunzionalità. Ne sono nati hamburger di trota, filetti di trota tagliati a coltello, trote e salmerini affumicati a caldo. Vale la pena chiedere di curiosare nella sala di affumicatura, con le trote appese come se fossero salami. In verità allo stesso criterio di stufatura dei salumi si rifà il metodo di affumicatura a caldo. Del resto la Carnia ha una tradizione di affumicatura di qualsiasi alimento assai viva, visto il retaggio culturale
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germanico di cui è infusa. Il breve processo di affumicatura avviene per mezzo di segatura di legno di faggio che, non essendo resinoso, non aggredisce la polpa permettendone la piena godibilità. «Intorno alle vasche la nostra famiglia costruì un locale che accoglieva pescatori e visitatori d’estate. Era il 1976» ricorda GIANNI BADINI, fratello di Giuliano Vidotti. «Poi nel 2003 si è costruita una struttura stabile aperta tutto l’anno». È la trattoria Alle Trote, che anno dopo anno si è aggiudicata un ruolo trainante nel panorama della ristorazione della Carnia. Un locale aggraziato, che non ha perso la familiarità dei tempi andati, grazie all’equilibrio di Gianni Badini nel gestire l’ambiente e della moglie ANNA FABRIS tra i fornelli, sempre impegnata a trovare soluzioni adatte per l’utilizzo del pesce di casa e attenta alla sperimentazione di piatti creati per esaltare il frutto della vicina acquacoltura. La mousse di trota è una delizia da spalmare sul crostone di pane caldo che viene servito con gli antipasti. Serve anche per accompagnare il carpaccio di trota affumicato. Come gustosa entrée, la trota salmonata viene passata al forno in sesamo nero con salsa di pomodoro in agrodolce. Oleosi al punto giusto, i semi di sesamo nero aiutano a conferire una piacevole sfumatura di gusto di noce al pesce. Consigliati a chi vuole un poco osare sono i bocconcini
di trota fritti alla salsa di yogurt e aglio orsino: la frittura croccante è squisita con l’acidulo della crema. Tra i primi piatti vanno assaggiati i ravioli ripieni di salmerino e conditi con burro, pomodoro e ratatouille di zucchine. Ai buongustai tradizionalisti compariranno sotto gli occhi gli spaghetti al sugo bianco di trota affumicata, profumati e abbondanti. Una delle portate più intriganti e richieste sono gli hamburger di trota alla piastra, leggeri e proteici, ma ricchi di sapore. «Il pesce è lavorato giornalmente in base alle esigenze del locale — dice Anna Fabris — e viene sfilettato ancora fresco. I filetti impanati o al forno al cartoccio con patate sono i piatti più richiesti dai nostri giovani ospiti». La trota al forno con patate e peperoncino aguzza il gusto: pomodori e patate esaltano la polpa del pesce e il pizzico generoso di piccante elettrizza il palato. Quasi a voler fare dimenticare che siamo tra gli abeti della Carnia, dove il pesce d’acqua dolce conquista il primato di salubrità anche grazie alle sue acque cristalline. Riccardo Lagorio La Trute Società Agricola Trattoria Alle Trote Via Peschiera 33020 Sutrio (UD) Telefono: 0433 778061 0433 778329
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Terremoto nel Centro Italia: danni agli impianti di itticoltura e voglia di ripartire Il terremoto che nel mese di agosto ha colpito il Centro Italia — e dove purtroppo resta ancora oggi viva la paura viste le continue scosse che continuano a verificarsi in conseguenza di uno sciame sismico attivo ormai da oltre tre mesi — ha fortemente danneggiato e creato centinaia di emergenze anche nel sistema agroalimentare umbromarchigiano. Una filiera che dà lavoro ad almeno 10.000 persone secondo le stime della Coldiretti e “protegge” specialità conservate da secoli. A rischio ci sarebbero infatti la lenticchia di Castelluccio e il pecorino dei Sibillini, la patata rossa di Colfiorito, lo zafferano e il tartufo, così come il vitellone bianco e il prosciutto di Norcia Igp. Anche l’itticoltura, vero e proprio business in quest’area e importante fonte di sostentamento per le popolazioni che abitano in questo territorio, non è rimasta esente. L’Umbria, cuore verde dell’Italia, e la Valnerina in particolare, in cui si praticano pressoché tutte le forme di allevamento presenti in regione — bovini, suini, ovicaprini —, grazie ai numerosi impianti dislocati in un ambiente unico e incontaminato, garantiscono una fetta significativa della produzione acquicola nazionale, trote in primis. Qui ci sono tra le aziende ittiche di acqua dolce più importanti d'Italia e la tradizione e l’esperienza degli allevatori umbri sono riconosciute a livello a livello nazionale ed europeo. Una professionalità fatta di alta qualità del prodotto, tecnologia e processi di certificazione specifici. Pietro Tranquilli è uno di questi imprenditori. La Ittica Tranquilli opera nel settore dell’acquacoltura dal 1963 ed è un’azienda leader nella troticoltura italiana. Un’azienda che dà lavoro e permette ai locali di non abbandonare quest’area e fornendo i consumatori di un prodotto sano e buono. I suoi allevamenti sono dislocati nei territori limitrofi al Parco Nazionale dei Monti Sibillini. «L’avannotteria situata nella frazione di Campi di Norcia è stata quella più danneggiata dal punto di vista strutturale» racconta. «La nostra azienda è aperta e continuiamo a lavorare. Abbiamo a cuore tutti i nostri dipendenti, persone che sono rimaste ad aiutarci e perché c’è un rapporto di stima e affetto reciproci. La nostra attività è la nostra vita. Quello che è insopportabile quando avvengono queste catastrofi è l’atteggiamento di certi giornalisti, inviati sul campo, pronti soltanto a raccogliere le “lacrime” e speculare sul dolore delle persone».E la voglia di ripartire, di tornare alla normalità e l’amore per la propria regione sono invece le motivazione che hanno spinto un gruppo di imprenditori marchigiani a creare il progetto “Marche RiparTiAmo“. Insieme a Vittorina Nori Zuffellato, ideatrice del progetto, l’imprenditrice ferrarese che dopo il terremoto del 97 ha ricostruito il “Borgo di Lanciano” creando un Relais e di conseguenza nuovi posti di lavoro nel settore turistico alberghiero, oggi ci sono Sandro Parcaroli di Med Store e Roberto Rossi di Eredi Rossi Silvio, che in prima linea lanciano l’idea di raccogliere fondi per progetti mirati al territorio, che possano aiutare l’economia locale a ripartire. La Erede Rossi Silvio, con sede a Sefro (MC), è oggi una delle più grandi società attive nel ramo dell’acquacoltura in Italia e in Europa. Aiutiamoli!
Le acque limpide e cristalline del fiume Nera (photo © www.panoramio.com).
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AMBIENTE
Un premio in difesa di un piatto, di un’antica tecnica di pesca e di un territorio
Il bisàt e i pescatori sostenibili della Livenza di Gaia Borghi
Uomini in equilibrio con l’acqua «Per pescare bisogna prima di tutto rispettare il fiume, i suoi ritmi, i suoi equilibri, farsi bastare quel “tot” che ci offre nelle diverse stagioni. E bisogna stare molto attenti a non superare mai quel livello, la soglia che fa sì che le sue risorse vengano preservate, per noi che facciamo questo mestiere oggi ma, soprattutto, per le generazioni future». Così si presenta, avvolto in un elegante mantello azzurro e giallo oro, FELICE GAZZELLI, detto “Il Canarìn”, professione pescatore di fiume. Il suo è un mestiere antico, così come il metodo di pesca che utilizza, in
totale armonia con la Livenza, il bel fiume che attraversa la cittadina veneta di Torre di Mosto e nelle cui acque, fortunatamente, si catturano ancora le anguille. Felice indossa infatti la veste riservata ai membri della Confraternita del Bisàt, di cui è “Gran Maestro” ad honorem. Il bisàt, l’anguilla come è detta nel dialetto locale, appartiene ad una specie a rischio, simbolo di quest’area e della vallicoltura italiana tutta, minacciata dall’inquinamento delle acque e dagli sbarramenti artificiali, ma che ha beneficiato negli ultimi anni delle azioni di ripopolamento messe in atto dalle amministrazioni
comunali e di una serie di iniziative volte proprio alla sua valorizzazione. «Ci chiamano predatori — prosegue — non capendo che io e gli altri pescatori siamo i primi a difendere il fiume e i suoi abitanti». Come lui Enrico Pedronetto o Dario Caovilla, questi uomini sono uno degli elementi necessari alla protezione del delicato equilibrio dell’ambiente fluviale e delle specie che in esso vivono. Prima edizione del Premio Anguilla d’Argento Ma occorre creare una rete più complessa affinché si possano raggiungere risultati concreti e duraturi
Felice Gazzelli sulla sua barca da pesca vicino a Torre di Mosto, “paese del bisàt” (photo © Beppe Ave, giuseppeave.it).
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La pesca delle anguille di fiume sulla Livenza (photo © Beppe Ave, giuseppeave.it). in questa direzione, coinvolgendo differenti attori che operano sul territorio. Nasce così il “Premio Anguilla d’Argento”, quest’anno alla sua prima edizione; un concorso ideato dalla Confraternita del Bisàt, dal Comune e dalla Pro Loco di Torre di Mosto per promuovere i prodotti caratteristici torresani e, in particolare, l’anguilla, eccellenza liventina con caratteristiche uniche che emergono nei piatti che la vedono protagonista. Non un invito alla competitività dunque, come sottolineato più volte dagli organizzatori, ma una celebrazione allargata a competenze diverse tra loro, dalla letteratura allo sport fino, naturalmente, alla gastronomia, che in questo fiume ritrovano la loro identità primaria. Sede prescelta per la proclamazione dei vincitori la Trattoria Isetta, storico locale di Torre di Mosto impegnato nell’utilizzo e nella promozione del pescato a km 0, con specifiche proposte a base di anguilla del tipo “fiumano”. Di maggiori dimensioni e dalle carni abbondanti e gustose, il bisàt viene solitamente servito cotto alla brace insieme alla polenta morbida, nella classica ricetta coi àmoi, una varietà di prugne selvatiche raccolte ancora acerbe e dal gusto abbastanza aspro, in umido o fritto. In occasione del premio, invece, i cuochi coinvolti nella contesa culinaria che ha fatto da sfondo
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L’anguilla europea (Anguilla anguilla, Linnaeus, 1758) è una specie molto comune nei fiumi che affluiscono nelle zone nordiche dell’Oceano Atlantico, nel Mar Baltico, nel Mediterraneo e lungo le coste dell’Europa, dal Mar Nero al Mar Bianco. Si tratta di una specie catadroma, che vive in acqua dolce fino alla maturazione sessuale e successivamente migra nelle acque salate del Mar dei Sargassi, in Oceano Atlantico. Gli individui di sesso maschile vivono in acqua dolce fino all’età di 6-12 anni mentre le femmine rimangono nei fiumi fino all’età di 9-18 anni. Una volta arrivate nel Mar dei Sargassi, nel periodo che va dalla fine dell’inverno all’inizio della primavera, cominciano a deporre le uova. Questo particolare luogo rappresenta l’unica zona nella quale questa specie si riproduce. I riproduttori non torneranno più a vivere in acqua dolce, mentre le larve appena schiuse (leptocefali) verranno trasportate verso le coste del continente europeo con l’ausilio dalla Corrente del Golfo. Dal momento in cui i leptocefali raggiungono lo stadio di “ceca”, inizia la fase di penetrazione all’interno delle zone di estuario dei fiumi e, successivamente, in acqua dolce, seguirà lo sviluppo fino alla forma adulta. Le tecniche necessarie alla gestione della riproduzione in cattività dell’anguilla non sono ancora state acquisite e la pesca delle ceche appare oggi l’unica fonte di approvvigionamento sia per l’allevamento intensivo che estensivo. Il continuo prelievo delle ceche ha fortemente ridotto la loro presenza in natura e al giorno d’oggi esse risultano tutelate da normative che ne limitano la pesca. L’anguilla può vivere a diversi regimi di salinità e le temperature ideali per lo sviluppo di questa specie vanno dai 20 ai 26 °C. Nel continente europeo, l’allevamento estensivo ebbe inizio negli anni ‘70 in Italia, Germania Ovest e Danimarca. Verso la fine del decennio, con lo scopo di favorire un’ottimale crescita delle anguille, sorsero i primi impianti indoor che utilizzavano acqua riscaldata alla temperatura di 24-26 °C. Oggi nelle regioni del Nord Italia, in Danimarca ed in Olanda sono presenti allevamenti di tipo intensivo che dispongono di un sistema di ricircolo dell’acqua, che permette di poter raggiungere adeguati livelli termici del corpo idrico. L'anguilla rappresenta una delle più importanti specie per la pesca e l'acquacoltura. Ha carni buone, particolarmente grasse, saporite, molto apprezzate. Viene commercializzata viva, fresca, congelata, marinata, salata ed essiccata, affumicata ed inscatolata (fonte: www.agraria.org).
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1) I partecipanti alla prima edizione Premio Anguilla d’Argento. 2) La consegna del premio ai due chef da parte del sindaco di Torre di Mosto Giannino Geretto. 3) Il simbolo che espongono i ristoranti che propongono nel proprio menu l’anguilla pescata nel fiume Livenza. 4) Il “timballo soffice di zucca su vellutata di funghi con anguilla affumicata e rollè di anguilla e radicchio di Treviso” preparato da Ottavio Nadalon della trattoria “Al Mulino”. 5) Il “bisàt mezzano laccato al forno e fichi segalini caramellati” di Marco Frare della trattoria “Da Isetta”.
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ÂŤPer pescare bisogna prima di tutto rispettare il ďŹ ume, i suoi ritmi, i suoi equilibri, farsi bastare quel “totâ€? che ci ore nelle diverse stagioniÂť dice Felice Gazzelli. ÂŤE bisogna stare molto attenti a non superare mai quel livello, la soglia che fa sĂŹ che le sue risorse vengano preservate, per noi che facciamo questo mestiere oggi ma, soprattutto, per le generazioni futureÂť
all’evento hanno dato libero sfogo alla propria creativitĂ , realizzando due piatti originali, equilibrati nel gusto e presentati con fantasia, con l’anguilla unita a prodotti stagionali come i fichi settembrini o i funghi, la zucca e il radicchio. Al termine di una discussione serrata che ha impegnato e diviso la giuria fino all’ultimo voto, è stato OTTAVIO NADALON, della trattoria Al Mulino di Villanova di Motta di Livenza, a prevalere di un soffio su MARCO FRARE, chef della trattoria ospitante, aggiudicandosi con il suo “timballo soffice di zucca su vellutata di funghi con anguilla affumicata e rollè di anguilla e radicchio di Trevisoâ€? il premio Anguilla d’Argento nella categoria “cucinaâ€?. Ma ricordiamo anche i premiati per le altre categorie: IRENE PAVAN, con il romanzo “Solo per dirti addioâ€?, che attraverso il racconto della vita del protagonista, il nonno Olindo, consente di ricordare “uno degli ultimi esponenti torresani dell’arte della pesca dell’anguilla della Livenzaâ€?,
e i rappresentanti dell’A.S.D. TEAM VELOCIRAPTORS, una societĂ sportiva locale che ha “il merito di educare i bambini e i ragazzi di Torre di Mosto ai valori dell’attivitĂ ciclistica praticata all’aria aperta, utilizzando anche appositi percorsi creati sulle aree golenali e lungo gli argini del fiumeâ€?. Come fattomi notare da uno dei giurati, l’anguilla non è un pesce che ama la semplicitĂ , anzi, si complica parecchio la vita, possedendo una biologia riproduttiva unica che ne rende impossibile la riproduzione in cattivitĂ . SarĂ anche per questo motivo, oltre all’indiscussa bontĂ e delicatezza delle sue carni, che da sempre questa creatura affascina chi ne fa la sua conoscenza. Dopo averla apprezzata nel piatto, e per poter continuare a farlo, occorre quindi divenire consapevoli che quello del bisĂ t de a Livenza è un declino che deve e può essere fermato, e che è possibile farlo anche sostenendo iniziative come queste. Gaia Borghi
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PESCA
I pescatori liguri proclamano lo stato d’agitazione Si è svolta venerdì 4 novembre, presso l’Infopoint a Imperia Oneglia, la riunione dei pescatori liguri autorizzati alla pesca del pesce spada. Una riunione accesa, da cui è emersa la forte preoccupazione degli operatori del settore alla luce dei recenti provvedimenti legislativi che hanno penalizzato la pesca e creato preoccupazione e disagio nelle marinerie. BARBARA ESPOSTO e AUGUSTO COMES, referenti regionali dell’Alleanza delle Cooperative, reduci dai recenti incontri a Bruxelles al Parlamento europeo, Ajaccio al MEDAC e infine Salonicco con la rete FARNET, hanno immediatamente chiamato a raccolta i pescatori per informarli degli esiti delle riunioni e all’unanimità è stato proclamato lo stato di agitazione permanente del settore. Dai tavoli istituzionali europei, internazionali e nazionali arrivano infatti
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segnali funesti per il settore. Questo rischia di rendere irreversibili gli effetti di una crisi che trae origine da una molteplicità di fattori: dai problemi dell’inquinamento marino a quelli riconducibili ad una pesca non sempre razionale, chiamata a fare i conti con il problema del sovrasfruttamento delle risorse; dalla fragilità del tessuto economico del sistema pesca, composto da un insieme di piccole e medie imprese, frammentato, debole nei confronti del sistema creditizio e delle reti della distribuzione e commerciali agli aumenti continui e costanti dei costi di produzione, che gli operatori non sono in grado di scaricare sul prezzo dei prodotti alla prima vendita. La recente revisione del sistema sanzionatorio (L 154/2016) sta generando forti tensioni nelle marinerie italiane per la evidente e insostenibile
sproporzione tra reati e sanzioni amministrative; dall’ormai prossimo 2017 i lavoratori del settore non potranno più contare su un sistema di ammortizzatori sociali (cassa integrazione straordinaria) in grado di attenuare le forzate sospensioni dell’attività (fermi temporanei di pesca) imposte a causa di obblighi di legge, o comunque per circostanze indipendenti dalla volontà degli armatori quali condizioni meteo-marine particolarmente avverse, incidenti ambientali, ecc… A ciò si aggiunge la soppressione della Commissione Consultiva Centrale per la Pesca e l’Acquacoltura, che ha generato un vuoto di confronto e consultazione tra Governo e pubblica amministrazione da un lato e le rappresentanze di settore dall’altro. Visto che le forze economiche e sociali della pesca e dell’acquacoltu-
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e ililmmar
ra italiana sono presenti attivamente in ben tre consigli internazionali (il MEDAC per il Mediterraneo, quello per il mercato e quello per l’acquacoltura – Reg. n. 1380/2013, art. 43), risulta assai difficile comprendere le ragioni della recente pioggia di provvedimenti, che comportano scelte cruciali per l’economica ittica nazionale e ne determineranno gli andamenti per il prossimo futuro, adottati senza una adeguata consultazione con le associazioni di settore. Tra le peculiari caratteristiche della piccola pesca nelle marinerie italiane, spicca la flessibilità dei sistemi di cattura che variano stagionalmente e/o per le condizioni climatiche e meteo-marine in funzione della presenza o meno dei diversi stock ittici. La coesistenza a bordo di più attrezzi di cattura — recentemente limitata con provvedimento ministeriale — ha finora consentito all’impresa di decidere, durante la stessa uscita in mare, l’operazione di maggior vantaggio, e ciò ha garantito da decenni l’ottenimento della necessaria redditività. L’Alleanza delle Cooperative ligure ritiene che in questo contesto, date le caratteristiche particolari del Mediterraneo, bisognerebbe avviare, per tutte le attività di pesca praticate in questo mare, una procedura di armonizzazione delle varie legislazioni sia comunitarie che extracomunitarie, oltre all’esigenza di adottare dei piani di gestione comuni e condivisi. Le 45 imbarcazioni autorizzate alla pesca del pesce spada in Liguria, di cui 27 nel compartimento di Imperia, sono di modesto tonnellaggio ed effettuano battute di pesca giornaliere: non sono navi fattoria! È come applicare a un contadino con un piccolo appezzamento di terreno il medesimo trattamento di una multinazionale che coltiva distese di ettari di granoturco. Assurdità che i pescatori liguri non accettano di subire passivamente. Si chiede a gran voce che si tenga in debito conto delle caratteristiche del Mediterraneo e della flotta italiana, in particolare quella ligure, caratterizzata per il 70% da imbarcazioni della “piccola pesca artigianale” che svolgono battute di pesca giornaliere. Principio
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Lo scatto è stato fatto nel 1957 e ritrae un giovane diciottenne “Pippo” Patti che in piazza Bianchi a Oneglia, in provincia di Imperia, mostra orgoglioso il pesce spada di 96 kg catturato con la sua barca. Ciò a riprova della storicità di questo tipo di pesca in Liguria. Questo giovanotto di 77 anni ancora oggi solca il Mar Ligure (photo © Alleanza delle Cooperative Italiane). che deve essere inserito nella normativa del settore e che deve essere assolutamente tutelato. I pescatori sono i primi a voler tutelare le risorse ittiche perché, se il mare è ricco, i primi a trarne beneficio sono proprio loro, che sanno perfettamente se e quando deve essere fermata la pesca. Affermano i pescatori: «A bordo delle nostre piccole imbarcazioni abbiamo più strumenti elettronici di una navicella inviata nello spazio. Imposizioni della Comunità europea che abbiamo accettato perché non abbiamo alcuna paura di farci controllare. Ma ora è venuto il momento di dire basta! Ci piacerebbe coinvolgere in questa nostra battaglia tutti i cittadini italiani, rivendicando il loro diritto a mangiare pesce pescato nei nostri mari. Chiediamo aiuto a tutti per difendere il nostro patrimonio enogastronomico, che è fatto di prodotti agricoli e vino, ma anche di prodotti ittici di elevata qualità che ci vogliono impedire di pescare. Mangiare pesce dei nostri mari deve essere un diritto per ogni italiano». «Abbiamo proclamato lo stato d’agitazione permanente del settore,
non escludendo azioni clamorose per la riaffermazione della dignità dei pescatori. Abbiamo già subito la chiusura della pesca del tonno: i nostri mari sono pieni di tonno e le nostre barche non possono pescarli, mentre oltre le 12 miglia, nelle acque internazionali, le imbarcazioni extracomunitarie ne riempiono le stive. Non accetteremo che per il pesce spada si adottino le medesime logiche politico-economiche insensate e vessatorie per gli imprenditori ittici italiani. Difendiamo il nostro patrimonio, non disinteressiamoci di un segmento produttivo che rappresenta una ricchezza per l’intera collettività — chiudono Esposto e Comes — In questi giorni provvederemo a inviare a tutte le forze politiche, europee, nazionali e regionali, una piattaforma di proposte e svolgeremo un’importante campagna di informazione rivolta ai cittadini quali consumatori dei nostri pesci». (Alleanza delle Cooperative Italiane – Liguria) Nota A pagina 54, reti da pesca nel porto di Camogli; © lamio – Fotolia.
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INDAGINI
Osservatorio europeo del mercato dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura
Il mercato ittico della UE Il mercato ittico della UE, pubblicato dall’Osservatorio europeo del mercato dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura (EUMOFA), ha l’obiettivo di fornire un’analisi strutturale dell’intera industria UE della pesca e dell’acquacoltura. Questo rapporto risponde alle seguenti domande: cosa è prodotto/esportato/ importato, quando e dove, cosa è consumato, da chi e quali sono i prin-
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cipali trend. Tale analisi strutturale consente una visione complessiva dei settori della pesca e dell’acquacoltura nell’Unione Europea, confrontati agli altri settori alimentari. Un mercato importante per i prodotti ittici La UE ha consolidato la propria rilevanza di mercato per i prodotti ittici, con una spesa familiare di 54,7
miliardi di euro nel 2013. Ciò ha rappresentato un aumento dell’1% rispetto al 2012 e l’ammontare più alto osservato sinora. Diminuzione del consumo pro capite tra il 2008 e il 2012 Il consumo apparente pro capite è stato di 23,9 kg nel 2012, il 3% in meno rispetto all’anno precedente. Tale trend negativo continua dal
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2008, quando il consumo pro capite di pesce ammontava a 26 kg. I consumatori della UE comprano meno prodotti ittici, ma spendono di più per acquistarli, mostrando così un cambiamento sia nelle preferenze che nei prezzi. Il consumo di pesce in UE è costituito soprattutto da prodotti pescati, che rappresentano i tre quarti del totale. I fenomeni più degni di nota che sono stati osservati sono il crescente consumo di salmone e aringa e la stabilizzazione del pangasio. Sviluppo del mercato del pesce biologico La domanda di pesce biologico è cresciuta rapidamente negli ultimi anni, principalmente grazie alle
importazioni da Paesi Terzi. I mercati biologici più importanti della UE sono Germania, Francia, Regno Unito e Italia. Picchi nel commercio UE La UE è l’attore più importante nel commercio mondiale di prodotti della pesca e dell’acquacoltura, in termini di valore. Il commercio UE — che comprende importazioni ed esportazioni con Paesi Terzi e scambi nel mercato interno — è stato in costante crescita negli ultimi cinque anni. Nel 2014 i flussi commerciali ammontavano a 45,9 miliardi di euro e 13,8 milioni di tonnellate. I valori delle importazioni da Paesi Terzi sono in aumento dal 2009, a tassi di crescita annuali medi del 6%. Nel
2014 la UE ha importato prodotti ittici per circa 21 miliardi di euro. Le importazioni di prodotti ittici da Paesi Terzi sono più di 4 volte più alte di quelle di carne in termini di valore, e tale rapporto è in crescita. La Norvegia e la Cina rimangono i più importanti partner commerciali per la UE. Le importazioni dalla Norvegia, che coprono un quarto del totale, in larga parte costituite da salmone fresco, hanno raggiunto un picco nel 2014. Le esportazioni norvegesi alla UE sono aumentate del 70% rispetto al 2009. La Cina ha consolidato il proprio ruolo di paese produttore di white fish (merluzzo nordico e pollack). Nel 2014 le esportazioni della UE hanno raggiunto 4,3 miliardi di euro, 30% sopra la media 2006-2014. Anche i volumi hanno toccato il picco dal 2006, registrando per la prima volta più di 2 milioni di tonnellate. Mentre i prodotti che la UE esporta derivano quasi totalmente dalla pesca, la produzione acquicola della UE è destinata al mercato interno. Crescente importanza degli scambi commerciali interni alla UE Nel 2014 gli scambi tra Stati Membri della UE hanno rappresentato l’86% del valore del commercio totale, intra ed extra-UE. Tutti i gruppi di prodotti a più alto valore commerciale hanno registrato infatti i valori più alti del periodo 2006-2014. Globalmente i volumi scambiati all’interno della UE hanno raggiunto 5,74 milioni di tonnellate e 20,6 miliardi di euro, il valore più alto dal 2006. Sbarchi della UE Gli sbarchi della UE sono aumentati del 7% in termini di volume nel 2013, principalmente a causa degli incrementi registrati da cicerelli, tonno e sardine. Tuttavia il valore dei prodotti sbarcati è leggermente diminuito, a seguito della ripresa iniziata nel 2009. I piccoli pelagici hanno riportato una diminuzione di più di 150 milioni di euro e il loro impatto sul totale dei volumi è in calo dal 2009, a causa di un aumento di sbarchi di pesci demersali.
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Grafico 1 – Principali flussi commerciali di prodotti della pesca e dell’acquacoltura nel mondo (2014, fonte: EUFOMA-GTIS)
Trend e dinamiche principali La UE è importatore netto di prodotti ittici, con un deficit (esportazioni meno importazioni) in rapido aumento dal 2009. Nel 2014 è stato registrato il deficit più alto mai osservato, a 16,6 miliardi di euro. Ciò è stato causato principalmente dall’incremento delle importazioni di gamberi, aumentate di 630 milioni di euro tra il 2013 e il 2014. Il tasso di autosufficienza UE per i prodotti ittici (produzione per consumo interno) è diminuito progressivamente dal 2008 al 2011, mentre tra il 2011 e il 2012 è cresciuto dal 44% al 44,5%. I pesci piatti hanno riportato un crollo significativo (dal 97% al 77%) in seguito a un forte calo degli sbarchi e ad un aumento delle importazioni di prodotti congelati dalla Cina. I prezzi al dettaglio dei prodotti ittici sono aumentati costantemente nel corso degli ultimi anni, ma il tasso di crescita ha iniziato a rallentare nel 2012. Tuttavia, i prezzi del pesce sono cresciuti più rapidamente di quelli della carne e degli altri generi alimentari tra il 2009 e il 2014.
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Il tonno in scatola ha continuato a rappresentare il prodotto più importante in termini di consumo apparente, con 2 kg pro capite nel 2012. Tale quantità fa registrare un calo del 6% rispetto al 2011, riflettendo un parallelo declino delle importazioni di tonno in scatola in diversi paesi della UE (principalmente Spagna e Italia). La produzione in UE Tra il 2012 e il 2013 la produzione mondiale di prodotti della pesca e dell’acquacoltura è aumentata del 5%, da 181 a quasi 190 milioni di tonnellate. La UE, con il 3,22% del totale, è il quarto produttore mondiale dopo Cina, Indonesia e India. L’Indonesia ha incrementato la sua produzione acquicola del 37%, soprattutto grazie ad un aumento di 5,8 milioni di tonnellate di alghe. In Cile si è osservato un calo del 34% nelle catture, accompagnato però dall’aumento dell’8% di prodotti d’acquacoltura, cresciuti da 970.000 a 1,05 milioni di tonnellate tra il 2011 e il 2013.
Commercio in UE In termini di valore l’Unione Europea è il principale attore nell’ambito del commercio mondiale di prodotti della pesca e dell’acquacoltura. Il consumo interno è infatti principalmente alimentato dalle importazioni, soprattutto di prodotti congelati e trasformati. I prodotti più importati sono i gamberi, il tonno, il pesce bianco e le farine di pesce. Consumo Tra il 2007 e il 2011 il consumo pro capite di prodotti ittici è aumentato in Asia, Africa e Sud America, rispettivamente del 9%, 5% e 15%. In Oceania, Nord America, Europa e America centrale e Caraibi è diminuito rispettivamente del 2%, 4%, 2% e 11%. Al livello mondiale il consumo pro capite di prodotti ittici è di 19 kg. L’approvvigionamento del mercato UE dei prodotti ittici è garantito dalle importazioni e dalla produzione interna Tra il 2011 e il 2012 il tasso di autosufficienza, cioè il rapporto tra
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Tra il 2012 e il 2013 la produzione mondiale di prodotti della pesca e dell’acquacoltura è aumentata del 5%, da 181 a quasi 190 milioni di tonnellate. la produzione interna (catture e prodotti d’allevamento) e il consumo apparente del mercato UE, ha registrato un aumento, passando dal 44% al 44,5%. Di conseguenza la capacità della UE di soddisfare la domanda interna tramite la produzione è cresciuta nel 2012. L’approvvigionamento del mercato UE dei prodotti ittici è garantito dalle importazioni e dalla produzione interna. Pesci demersali L’autosufficienza della UE per i pesci demersali ha iniziato a diminuire nel 2008, per poi invertire la rotta nel 2012. Tra il 2011 e il 2012 la produzione (catture) è cresciuta di 68.610 tonnellate, a fronte di una diminuzione di 5.109 tonnellate nelle importazioni. Piccoli pelagici Nel 2012 l’autosufficienza della UE per i piccoli pelagici è scesa del 3,9% a causa di una riduzione del 9% delle catture (pari a 186.000 tonnellate in meno) e dell’aumento del 4,5% delle importazioni.
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Salmonidi Il tasso di autosufficienza della UE per i salmonidi è calato dal 33,3% nel 2011 al 30,1% nel 2012, dovuto a un’impennata delle importazioni, passate da 839.000 a 956.000 tonnellate, a fronte di una produzione d’allevamento rimasta invariata. Crostacei Tra il 2011 e il 2012 l’autosufficienza della UE per i crostacei è scesa dal 26,4% al 20,7%, soprattutto a causa del calo del 9% delle catture. Pesci piatti Il tasso di autosufficienza della UE per i pesci piatti è crollato dal 97% al 77%, a seguito del forte incremento d’importazioni di pesci piatti congelati (codice 03033970) dalla Cina. Altri pesci marini Per gli altri pesci marini il tasso di autosufficienza è cresciuto, poiché le importazioni sono crollate del 30%, molto più di quanto siano diminuite le catture e le quantità di prodotti allevati.
Consumo extra-domestico Il settore alimentare fornisce prodotti ittici attraverso canali distributivi e di consumo: la vendita al dettaglio, che include le pescherie e la Grande Distribuzione Organizzata (GDO); i servizi di ristorazione, che includono catering e ristoranti; i canali istituzionali, di cui fanno parte scuole, mense, ospedali e prigioni. Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito coprono il 72% del totale della spesa UE per prodotti ittici. Nel 2014 la vendita al dettaglio ha costituito, per i prodotti ittici, il canale distributivo principale, coprendo il 75% del mercato nei cinque paesi analizzati. Il Regno Unito è il primo paese per copertura di mercato per quanto riguarda i servizi di ristorazione (35%), dovuto principalmente ai tipici rivenditori britannici di fish and chips. Il segmento istituzionale, che rappresenta in media il 4% del mercato, ricopre percentualmente i livelli più bassi tra i canali distributivi.
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Il commercio UE di prodotti della pesca e dell’acquacoltura (che comprende sia i flussi di importazioni ed esportazioni con Paesi Terzi, sia gli scambi che avvengono all’interno dell’Unione) mostra un trend positivo dal 2009. Consumo e produzione di pesce biologico La produzione e il consumo di prodotti di pesce biologico costituiscono ancora una nicchia all’interno del mercato UE. Ciononostante la domanda di prodotti biologici ha evidenziato una rapida crescita negli ultimi anni. Con il Regolamento CE n. 710 del 5 agosto 2009 è partito ufficialmente il settore dell’acquacoltura biologica. Poiché la domanda supera la produzione interna, notevoli sono state le importazioni di prodotti biologici da paesi extra-UE. All’interno della UE i mercati più importanti di prodotti ittici biologici sono la Germania, la Francia, il Regno Unito e l’Italia. Si registra inoltre un crescente interesse manifestato in merito dai consumatori spagnoli. In media, nei principali Stati Membri in cui sono consumati prodotti ittici l’1% è di origine biologica. Il Regno Unito, con una percentuale del 2%, è il paese in cui si consuma in maggior misura pesce biologico. Nel 2012 si è stimata una produzione di pesce biologico della UE di 16.000 tonnellate, costituito per l’80% da salmone. Sebbene una parte venga esportata, la maggior parte del salmone biologico è consumata all’interno dell’Unione Europea.
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La produzione europea di salmone (inclusa quella norvegese) è stata stimata a circa 30.000 tonnellate nel 2014 (quasi il doppio rispetto ai dati del 2010). Circa il 60% del salmone biologico che viene consumato in UE è di produzione interna, soprattutto da Irlanda e Regno Unito (Scozia e Irlanda del Nord), mentre il resto viene allevato in Norvegia. Altre specie biologiche importanti sono la carpa, la cozza, la trota, la spigola e l’orata. La produzione di trota e di spigola/orata rappresenta circa il 20% del totale. Inoltre, l’Unione Europea produce ingenti quantità di molluschi biologici, soprattutto cozze. Pochi Stati Membri riportano dati su questo settore produttivo. Tra questi vi è l’Irlanda, in cui più della metà delle 15.000 tonnellate di cozze prodotte derivano da allevamenti biologici. Commercio Il commercio UE di prodotti della pesca e dell’acquacoltura — che comprende sia i flussi di importazioni ed esportazioni con Paesi Terzi, sia gli scambi che avvengono all’interno dell’Unione — mostra un trend positivo dal 2009. Nel 2014 il flusso totale ammontava a 45,9 miliardi di euro pari a 13,8 milioni di tonnellate.
Rispetto al 2013 è stato registrato un incremento del 5% in termini sia di volume che di valore. Nel 2014 gli scambi tra gli Stati Membri (intra-UE), così come le importazioni, hanno contribuito maggiormente all’incremento generale dei flussi commerciali. In confronto al 2013 il valore netto degli scambi interni e delle importazioni è cresciuto rispettivamente di 0,93 e 1,15 miliardi di euro. L’Unione Europea è importatore netto di prodotti ittici e il deficit del saldo commerciale (esportazioni meno importazioni) è dal 2009 in rapida crescita. Nel 2014 il deficit ha raggiunto 16 miliardi di euro, in aumento di un miliardo (cioè del 7%) rispetto all’anno precedente. Il deficit del 2014 è stato il più alto registrato nei 12 anni analizzati, dovuto all’aumento di prodotti freschi e congelati importati tra il 2013 e il 2014, ognuno al proprio picco. Tale aumento è stato osservato principalmente in sei Stati Membri: Spagna (+280 milioni di euro), Svezia (+195 milioni di euro), Paesi Bassi (+179 milioni di euro), Italia (+140 milioni di euro), Regno Unito (+127 milioni di euro) e Danimarca (+96 milioni di euro). La struttura delle importazioni per stato di conversazione è diversa rispetto a quella degli scambi interni alla UE. Infatti, il mercato dei prodotti freschi è più importante nella UE, dove ricopre il 39% del totale. D’altra parte quasi la metà dei prodotti è importata congelata. Il Grafico 1 rappresenta la struttura del commercio di prodotti ittici con i Paesi Terzi, dettagliata per stati di conservazione. (Fonte: “Il mercato ittico della UE” Direzione generale degli Affari marittimi e della pesca della Commissione europea EUFOMA www.eumofa.eu) Nota Alle pagine 58 e 59, il settore della pesca dell’UE è il quarto al mondo per importanza e fornisce ogni anno circa 6,4 milioni di tonnellate di pesce. La pesca e l’industria di trasformazione del pesce danno lavoro ad oltre 350.000 persone.
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Come cambia la dieta italiana Il Censis ha analizzato il rapporto degli Italiani con carne e pesce, delineando il cosiddetto Food Social Gap. Si tratta non di un generico mangiare meno alimenti, ma di una differenziata capacità economica di accedere ad una dieta di tipo mediterraneo, quindi una diversa possibilità di avere accesso al cibo buono, genuino e salutare L’indagine realizzata dal CENSIS a cavallo dei mesi di settembre e ottobre del 2016, e presentata a Roma lo scorso 26 ottobre, consente di avere un quadro aggiornatissimo della dieta degli Italiani e del rapporto con il consumo di carne, pesce e verdure, confermando i principali trend emersi negli anni della crisi e offrendo ulteriori informazioni sulle molteplici rinunce degli Italiani a
tavola: non solo la carne subisce un taglio, tanto maggiore quanto minori sono le possibilità economiche delle famiglie, ma anche gli altri alimenti da sempre costitutivi della dieta varia e bilanciata tipica italiana risultano essere oggetto di riduzioni più o meno significative da parte delle famiglie. Il Food Social Gap nel 2016 si sostanzia quindi in una diversa capacità di accesso ad alimenti fondanti la dieta
mediterranea, come frutta, verdura, pesce e carne, a seconda della condizione economica familiare. Emerge, infatti, che: • per quanto riguarda la frutta, ne ha diminuito il consumo, nell’ultimo anno, il 2,6% delle famiglie con maggiore capacità economica, il 7,3% di quelle con media capacità e ben il 16,3% di quelle meno abbienti;
I dati raccolti, relativamente al consumo di pesce, mostrano una riduzione generale che arriva fino al 35,8% per i nuclei meno abbienti (photo © Alexander Raths, www.ilfattoalimentare.it).
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• per quanto riguarda la verdura, la riduzione ha interessato il 4,4% delle famiglie più benestanti, il 5,8% delle famiglie con una media capacità economica, il 15,9% delle famiglie a basso reddito; • per il pesce, ne ha ridotto il consumo il 12,6% dei nuclei familiari più benestanti, il 21,7% di quelli con una media capacità economica, e il 35,8% di quelli meno abbienti; • per quanto riguarda la carne, il 32% delle famiglie benestanti e il 29,6% delle famiglie con un reddito medio ne ha ridotto il consumo, contro il 45,8% di quelle a basso reddito; • infine, per la carne bovina emerge che il 37,3% delle famiglie benestanti, il 43,2% di quelle con una capacità economica media e il 52% di quelle a basso reddito ne ha diminuito il consumo. Nel 2016 trova quindi conferma piena il trend di ampliamento delle preesistenti disuguaglianze tra ceti sociali nel rapporto con la carne: meno carne mangi, meno ne mangerai è la micidiale logica di regressività sociale. Come segnalato dai dati, la dinamica regressiva tocca anche frutta, verdura e pesce, tanto che, se la dieta mediterranea è il faro dell’alimentazione buona, salutare e genuina, è evidente che i ceti meno abbienti stanno subendo una perdita
della capacità economica di farne il proprio stile alimentare. Carne, frutta e verdura entrano molto meno nella loro dieta rispetto alle famiglie più abbienti, con un salto indietro nel passato, addirittura alle epoche che precedono la cetomedizzazione, a conferma che lo sbriciolamento del ceto medio è ormai arrivato sulle tavole degli Italiani. Il Food Social Gap non è un generico mangiare meno alimenti, ma una differenziata capacità economica di accedere ad una dieta di tipo mediterraneo, quindi una diversa possibilità di avere accesso al cibo buono, genuino e salutare. In questa dinamica divaricante nell’accesso alla dieta mediterranea e, nello specifico, alla carne, ci sono gli esclusi in toto che, come rilevato, appartengono in netta maggioranza alle famiglie meno abbienti: sono i 5,4 milioni di Italiani che dichiarano di non mangiare mai carne. E 1,4 milioni di questi appartengono a nuclei familiari in cui sono presenti minori: si potrebbe concretizzare, soprattutto nei casi in cui non si tratta di una scelta individuale ma di una necessità legata alle condizioni economiche familiari, il rischio di una esclusione anche di questi ultimi dal giusto consumo di carne e dall’accesso ad una dieta equilibrata e completa dal punto di vista nutrizionale. Un rischio, soprattutto per gli organismi che si trovano in una fase di crescita, con possibili implica-
HAMBURGER DI PESCE FRESCO,
zioni negative sullo sviluppo fisico e mentale: le indicazioni di medici e nutrizionisti sono univoche circa l’importanza di un’alimentazione varia e completa in particolare nei primi anni di vita e la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità evidenzia come le diete a base di soli vegetali, a meno che non accompagnate dall’assunzione di integratori o prodotti fortificati, non siano in grado di soddisfare i fabbisogni nutrizionali dei bambini a partire dai 6 mesi di età. I dati fotografano cristallinamente la realtà attuale di nuove disuguaglianze alimentari che si vanno approfondendo, con una diversa capacità economica e sociale delle famiglie di accedere agli alimenti costitutivi di una dieta che permette di stare in buona salute. Di certo, quindi: • la libertà di scelta a tavola è oggi sequestrata dalle nuove disuguaglianze; • il non accesso o l’accesso ridotto, rispetto alle indicazioni dei nutrizionisti e dei medici, alla carne e ad altri alimenti della dieta mediterranea è destinato ad avere impatti negativi sulla salute dei cittadini; • se la fettina per tutti è stata simbolicamente l’emblema dell’Italia benestante e del ceto medio, la fettina solo per chi può permettersela è il simbolo pericoloso delle nuove fratture sociali. (Fonte: Fondazione CENSIS)
MERCATI
Quale prospettiva per il mercato dei prodotti ittici? Euro, yen e sterlina deboli: tra rapporti di cambio altalenanti, produzione in aumento e salmone OGM, il mercato arranca di Roberto Villa
La produzione ittica globale è aumentata nel 2015 del 2,6% rispetto all’anno precedente: così riportano le rilevazioni statistiche dell’Osservatorio Globefish della FAO. Ormai più della metà di queste quantità è ottenuta dall’itticoltura; infatti la quota derivante dalla pesca è risultata in calo ed è destinata a diminuire costantemente nel futuro. Nello stesso 2015 il prezzo medio globale dei prodotti ittici (FAO Fish Price Index) è calato in maniera significa-
tiva insieme al volume dei prodotti commercializzati (–10%), a ragione sia della minore domanda delle principali specie ittiche, sia del rafforzamento del dollaro statunitense. Il rallentamento della domanda nei nuovi paesi sviluppati (Cina e Russia in particolare) o in via di sviluppo — il crollo dell’economia del Brasile è il caso più eclatante tra quelli che hanno avuto rilievo nelle cronache internazionali — ha condotto alla situazione di decremento osservata.
Nell’area euro le importazioni sono cresciute marginalmente nel 2015, così come è accaduto in Giappone. Nell’ambito dei prodotti della pesca, buoni prezzi hanno comunque spuntato il merluzzo, soprattutto quello dell’Alaska, le telline e i cefalopodi, mentre il tonno — a causa di buone catture e dei bassi prezzi del carburante — ha risentito di un calo nella prima metà del 2015 con una controtendenza solamente nella parte terminale dell’anno.
La Tailandia è uno dei Paesi che ha sofferto del calo sensibile dei corsi di mercato per tonno e gamberetti, che si è tradotto in un ridimensionamento notevole degli scambi commerciali con l’estero (in foto, particolare della vendita al Mercato di Mahachai, Tailandia; photo © The Guardian).
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Tra le specie oggetto di allevamento si è rilevato un calo nel prezzo dei gamberetti, determinato da produzioni decisamente abbondanti, mentre il salmone ha fatto registrare un’impennata del prodotto di derivazione norvegese (e parzialmente di quello di altri paesi dell’emisfero settentrionale) controbilanciato però dal prezzo in picchiata del salmone cileno. I principali paesi produttori hanno visto un andamento alquanto differenziato: se per la Norvegia, il maggiore produttore del continente europeo, le esportazioni del 2015 hanno raggiunto livelli da record sia per il merluzzo sia per il salmone e per i salmonidi allevati in genere, la Cina ha subito una drastica diminuzione dei volumi esportati fondamentalmente per un rallentamento delle attività nel settore della trasformazione dei prodotti ittici. Anche la Tailandia ha sofferto del calo sensibile dei corsi di mercato per tonno e gamberetti, che si è tradotto in un ridimensionamento notevole degli scambi commerciali
con l’estero. In Sud America i timori per un effetto fortemente negativo del fenomeno meteorologico noto come El Niño sulla pesca delle acciughe si sono alla fine rivelati totalmente infondati, e ciò ha portato a catture molto abbondanti sino alla metà del mese di novembre del 2015, che si sono riflesse sul prezzo delle farine di pesce; tale pressione al ribasso non è stata tuttavia proporzionale, poiché la domanda sostenuta del settore dell’acquacoltura ha assorbito l’offerta mondiale, sebbene gli allevatori siano sempre più orientati a trovare fonti alimentari alternative. La sostenibilità ambientale, accanto alla qualità e alla sicurezza alimentare, rappresenta un tema all’ordine del giorno nei rapporti con i consumatori; la recente approvazione per il consumo umano, da parte della Food and Drug Administration degli Stati Uniti, di un salmone geneticamente modificato ha suscitato un ampio e clamoroso dibattito innanzitutto nel paese a stelle e strisce, con molti negozi che
si sono esplicitamente rifiutati di venderlo per le ripercussioni reali, o anche solamente potenziali, sulla loro immagine di fiducia verso i consumatori, che anche negli Stati Uniti vedono una quota in crescente aumento di coloro i quali sono alla ricerca di all natural food, categoria a cui non si possono certo ascrivere i cibi OGM. Le prospettive per il futuro non sono affatto chiare, poiché le preoccupazioni circa l’andamento economico in alcuni dei maggiori paesi importatori di prodotti ittici, inclusa l’area europea — caratterizzata da una crescita modesta, con l’euro deprezzato rispetto al dollaro USA e la sterlina in caduta libera sulle altre valute — potrebbero deprimere la domanda a livello globale per molte delle categorie merceologiche. Unico elemento di ottimismo è rappresentato dal dollaro USA forte in un mercato che appare comunque in grado di continuare a recepire maggiori volumi. Roberto Villa
PRODOTTI TIPICI
Cabras, capitale del gusto e della bottarga di Sebastiano Corona
La prima cosa che va precisata è che qui a Cabras il cefalo, al contrario di quanto avviene in altre zone d’Italia, non solo non è considerato un pesce di seconda, ma è apprezzatissimo e ricercato e vanta dei veri e propri cultori, che lo amano servito in mille modi. I veri amanti del muggine di Cabras, per gustarlo, non esitano a fare chilometri. Ma non c’è festa paesana in Sardegna che non preveda un’ampia offerta di cefali arrosto cucinati per strada.
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La tradizione del consumo arrosto, bollito, a sa merca* o in altre modalità, affonda le sue origini nella storia. Così come nella storia, si perdono le usanze e le consuetudini legate allo stagno di Cabras, una delle zone umide più belle e rigogliose della Sardegna, uno specchio d’acqua come pochi, che vanta una peschiera dal passato importante. Tutte le zone umide di questa cittadina lagunare, sono considerate tra le più produttive e ricche di biodiversità del Mediter-
raneo, un sistema palustre unico, dimora di numerose specie ittiche dove muggini e anguille, sono solo un esempio di quanto si possa trovare. Facciamo però, per un attimo, un passo indietro, perché sarebbe un grave torto al lettore, descrivere questa zona meravigliosa del Sinis, senza ricordare che Cabras è anche il comune che ospita Tharros e dove sono stati ritrovati i Giganti di Monte Prama. Nel territorio di questa cittadina sono presenti alcune
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Qui lo chiamano “il caviale sardo”. E in effetti lo è. Si tratta di uova di muggine che, al contrario del prodotto russo, prima del consumo vengono essiccate e sottoposte ad un lungo trattamento. Sono inoltre molto diverse nell’aspetto: le baffe, realizzate con le uova ancora dentro il sacco vitellino, si presentano infatti come dei panetti di color oro, con sfumature ambrate
Il consumo di bottarga avviene normalmente a fettine sottili, magari con un filo d’olio extravergine d’oliva. In alternativa le baffe vengono grattugiate e in questo caso l’utilizzo è per lo più come condimento di pasta, pizza e crostini
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spiagge tra le più belle della costa occidentale della Sardegna, non ultima Is Arutas, famosa per la sua sabbia unica, a forma di chicchi di riso. È qui dunque che si trovano le rovine di una città fondata dai Fenici nel secolo VIII a.C., ma anche di statue il cui ritrovamento sta riscrivendo la storia dell’arte nel Mediterraneo. Luoghi di assoluto interesse storico che si trovano su una costa bella e selvaggia, come poche in Sardegna.
Cabras vale dunque, un viaggio. Un viaggio che non si esaurirebbe a tavola, come si può pensare, ma che invece potrebbe spaziare tra mille altre cose uniche dal punto di vista naturalistico, paesaggistico, archeologico e culturale. Queste precisazioni d’obbligo non devono però far dimenticare che si scrive Cabras, ma si legge bottarga. Si tratta quasi di due sinonimi, ma è pur vero che non tutta la bottarga isolana è prodotta a Cabras e che non
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La bottarga affonda le sue radici nella storia della Sardegna e fin dall’epoca della colonizzazione dei Fenici si trovano tracce del commercio di tale prodotto (photo © nedobaglioni.com). tutta la bottarga lavorata a Cabras, proviene dai suoi stagni. Lo è infatti solo una minima parte. È però a Cabras che si trovano le maestranze, le professionalità, il clima adatto all’essiccazione e quella straordinaria capacità di trasformare una qualunque materia prima, in un ottimo prodotto finito. Perché se è vero che l’eccellenza è soprattutto nella materia prima locale, di questa ed altre zone lagunari limitrofe, è pur certo, che la manualità dei cabraresi, i segreti della lavorazione trasmessi per secoli da padre in figlio, una particolare dote nello scegliere una buona materia prima, non sono cose che si improvvisano. Ed è qui che si fa la differenza tra un piatto discreto, un piatto buono e uno ottimo. Le modalità di lavorazione seguite dai cabraresi si perdono nella storia perché già si tramandavano al tempo dei Romani, ma prima ancora, dei Fenici. Furono questi ultimi a far conoscere l’arte in Sardegna. Il merito della diffusione del prodotto è però degli Arabi ed è infatti all’arabo che si deve l’origine del nome (da
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botarikh in cui è presente almeno una radice greca, quel tarik che vuol dire pesce, visto che il tiro tarico, caro al grecista Cicerone, non era altro che un impasto di formaggio “tyros” e di pesce secco). Ed è a seguito dell’invasione degli arabi in Sardegna che il prodotto, oltre ad essere promosso ed apprezzato, assume l’aura di un cibo regale, pregiato, degno delle più ricche ed esigenti tavole. Un prodotto che tuttavia nella storia ha conosciuto alti e bassi, al punto di rischiare di scomparire quasi completamente. Solo di recente, nel secolo scorso, quella produzione è stata pienamente recuperata, per essere poi proposta anche ad un pubblico vasto. E quell’arte antica, che per molto tempo era rimasta sopita e nascosta tra le mura domestiche dei pescatori locali, è emersa prepotentemente nelle aziende che esportano in tutto il mondo. La lavorazione avviene oggi, e al contrario di un tempo, in qualunque periodo dell’anno, perché l’approvvigionamento della materia prima estera, è continuo. Ma per il prodotto
locale, è l’estate il momento opportuno per estrarre le uova dai muggini. È nei mesi caldi, infatti, che le uova raggiungono una grandezza ideale per la lavorazione. I muggini vengono quindi pescati e selezionati con grande cura e con la stessa attenzione, ne vengono estratte le uova. Un qualunque danneggiamento, anche leggero della pellicola che le contiene, compromette il prodotto che non può più essere sottoposto a lavorazione. In questi casi, però, nelle famiglie dei pescatori si trovano altri impieghi per non sprecare la materia prima, facendo così di vizio, virtù. Dopo un lavaggio che permetta di ripulire le uova da ogni eventuale residuo di materia organica, si procede alla salagione, una fase piuttosto lunga che varia da baffa a baffa. Ogni singolo pezzo è infatti controllato manualmente e subisce un processo differente a seconda della necessità. In questo ed altri accorgimenti consiste l’artigianalità della lavorazione, anche nelle imprese più strutturate. L’intervento umano, così puntuale e così attento,
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Spanu, il principe della bottarga Ci sono persone a Cabras, che con la bottarga sono state svezzate. Questi palati non hanno paura di essere smentiti: riconoscerebbero quella locale, ad occhi chiusi. Eh sì perché se certe caratteristiche sono nell’aspetto, nelle venature, nel colore e nella forma, l’elemento più caratterizzante dell’oro di Cabras è nel gusto. PINO SPANU in mezzo ai pesci c’è cresciuto. Suo nonno era pescatore e suo padre commerciante ittico. Lui la bottarga la riconosce al primo assaggio e non solo è in grado di distinguere quella cabrarese tra mille altre, ma saprebbe dire da dove queste altre provengano. Come produttore, la sua specialità è il prodotto locale, che trasforma con grande maestria, ma nella sua impresa, si lavorano anche baffe di origine extraregionale che lui e i suoi collaboratori, sono in grado di preparare al meglio. Ogni tipologia ha una sua destinazione naturale. Le baffe locali, di gusto delicato e morbido, dal colore oro intenso e dalla pasta tenera, si presentano di solito in dimensioni più grandi e anche per questo motivo, il prezzo può oscillare tra i 250 e i 350 euro al chilo. Un prodotto unico che gli intenditori fanno centinaia di chilometri per acquistare. Quella della Mauritania invece — un esempio per tutti — si mostra normalmente più piccola, di colore scuro e con un sapore amaro. Si tratta di un prodotto dal gusto molto più deciso, particolarmente adatto per la grattugia e infatti utilizzato soprattutto su pizza o spaghetti, così come in Giappone lo si sparge su tantissimi cibi. Che si tratti di muggini degli specchi d’acqua dell’Oristanese o di uova provenienti dall’altra parte del mondo, il processo produttivo, la cura nella lavorazione, l’attenzione in ogni fase del processo restano per Pino Spanu, immutati. Per fare un buon prodotto, non contano infatti solo e soltanto le caratteristiche della materia prima impiegata, ma anche la capacità di chi la lavora. La qualità del prodotto è anche frutto di una tradizione che con immutata prassi, si rinnova e si trasmette nei secoli. «Quella che io personalmente preferisco è la bottarga di S’Ena Arrubia, un piccolo stagno nei pressi di Santa Giusta, ma è una questione di gusti» ci dice. La bottarga di Cabras rimane per Pino Spanu un prodotto d’eccellenza da tutti i punti di vista. Non è però detto che quelle provenienti da Mauritania, Grecia e Brasile, siano per loro natura di qualità inferiore. «Innanzitutto ogni tipologia ha una sua destinazione naturale, alla quale è più adatta. Le bottarghe locali, per esempio, sono talmente pregiate che meritano un consumo a fettine, con o senza olio, a seconda delle preferenze. Anche gli abbinamenti con verdure o conserve vegetali, pur possibili, rischiano di coprirne il sapore, tanto sono raffinate. Per questo se ne consiglia l’impiego al naturale. Le bottarghe provenienti dall’estero, invece, pur essendo realizzate come la tradizione locale vuole, sono più adatte come condimento, grattugiate sulla pasta, nella pizza o sui crostini. Il retrogusto più amaro e deciso infatti, si presta di più ad essere abbinato con cibi che ne smorzino il sapore. La cosa che hanno in comune queste baffe, è la lavorazione. Una lavorazione completamente manuale, perché nessuna bottarga è uguale all’altra e necessita quindi di un trattamento specifico. In generale però, una volta salate e messe ad essiccare, le bottarghe devono essere monitorate costantemente e ribaltate o meno,a seconda dello stato d’avanzamento dell’essiccazione. Quella di Cabras non si distingue solo per il colore dorato, per la grana più morbida, per le dimensioni di norma più importanti, ma anche e soprattutto per il prezzo» precisa l’imprenditore cabrarese. Le sue capacità, Pino Spanu, non le ha però messe alla prova solo con la bottarga, che pure rimane la sua specialità principale. Spanu ha testato anche una serie di altri prodotti ittici che ha affinato con il tempo e che oggi propone come condimenti o antipasti. Nelle sue fortunate sperimentazioni, il produttore cabrarese ha messo a punto specialità uniche, non solo perché realizzate su ricette testate direttamente da lui, ma anche perché vedono un ampio impiego di materia prima locale. Erbe, spezie e vini che rendono inconfondibile il prodotto. È così nato il Bottarghino, un pecorino che contiene al suo interno pezzi e polvere di bottarga. Ma una delle novità proposte che invece ha richiesto più tempo di sperimentazione, è il Muggine affumicato, cefalo prodotto con l’impiego di piante caratteristiche della macchia mediterranea come il lentischio o il corbezzolo. C’è poi la Bresaola di tonno, un filetto delicatissimo, salato, essiccato e trattato con vernaccia della valle del Tirso. E ancora, lo Speck di tonno, anch’esso realizzato con il filetto, ma in questo caso con il vino Cannonau ed erbe aromatiche del luogo. Un ventaglio di prodotti che dimostrano — se ancora ce ne fosse bisogno — che tradizione ed innovazione posso essere grandi alleati per portare nelle nostre tavole, il meglio delle risorse regionali (photo © 2010, www.confesercentinuoro.com).
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continua nel momento del secondo lavaggio, quando viene eliminato il sale, e poi nella asciugatura e nella stagionatura all’aria e al buio. Anche qui le baffe che vengono messe sotto pannelli di legno, sono continuamente monitorate. Ogni pezzo è infatti diverso dall’altro e solo l’occhio attento di un produttore esperto, può comprendere quando è giunto il momento di passare alla fase successiva. Non è però forse ben chiaro nemmeno ai cabraresi se l’artigianalità del processo prevalga sulla qualità della materia prima o viceversa. E quindi se conti di più — per avere un risultato di buona qualità — un processo produttivo come tradizione vuole oppure se sia più importante utilizzare uova pregiate. L’unica cosa certa è che nella bottarga locale, convivono entrambe le cose, in un connubio unico ed inconfondibile. I muggini di Cabras devono infatti all’ambiente palustre degli stagni e delle acque dell’Area marina Protetta, le proprie caratteristiche uniche. Questi ambienti
costituiscono infatti l’habitat ideale per i cefali. La biodiversità che caratterizza queste zone, unita alla straordinaria capacità di numerosi pescatori di lavorare il prodotto, sono gli elementi che consentono di attribuire alla bottarga del Sinis, lo scettro per miglior prodotto della tipologia. E a chi ha paura, al momento dell’acquisto, di cadere in una frode, il consiglio per riconoscerla è presto dato: verificare se la baffa è dotata di “biddiu”, termine sardo che significa ombelico e che infatti indica la parte dell’ombelico del muggine che resta attaccato ad un’estremità della baffa. Un inconfondibile triangolino d’argento facilmente individuabile anche dai meno esperti. Sebastiano Corona Note * Sa merca è il muggine lessato, fatto asciugare e conservato in sa ziba, un’erba palustre molto diffusa nello stagno, che conferisce al pesce un odore e un sapore molto
caratteristico. L’erba preserva il prodotto dagli insetti ma ne mantiene anche costante l’umidità durante la conservazione, ai fini dell’esaltazione delle caratteristiche organolettiche. ** A pagina 72, il cuore pulsante del Sinis è il suo stagno, ambiente palustre tra i più importanti d’Italia e d’Europa per la ricchezza faunistica. Lo stagno si trova a pochissimi chilometri dal mare (col quale è collegato grazie a un canale) e si estende per quasi 2.300 ettari lambendo l’abitato di Cabras che sin dall’antichità ne ha tratto sostentamento grazie alla pesca. Lo stagno è molto conosciuto per le specie ittiche locali, prima fra tutte il muggine “di Pontis” apprezzato in tutta la Sardegna per le sue carni che, grazie alla particolare salinità e temperatura dell’acqua, hanno un sapore inconfondibile e irripetibile (photo © www.aquaesinis.it). Per lo stesso motivo la sua bottarga (a pagina 73; photo © gustiblog.gustiamo.com) viene chiamata “Oro di Cabras”.
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Specialità da tenere in vita
I missoltini del lago di Como di Nunzia Manicardi
L’occasione di recarmi a Mandello sul Lario per una visita al Museo della Moto Guzzi mi è stata propizia anche per conoscere altre particolarità del lago di Como tra cui una specialità gastronomica di cui non avevo mai sentito parlare e che mi ha davvero sorpreso per la sua originalità. È una conserva di pesce che prende il nome dai pesciolini stessi, i missoltini, o, meglio, dalle missolte, i piccoli barili di legno in cui, una volta essiccati, venivano conservati dopo la lavorazione. Essendo un prodotto essiccato sotto sale ha un gusto caratteristico,
ovviamente molto salato e deciso. Lo si gusta al meglio, come da tradizione, consumandolo con crostoni di polenta fritti o abbrustoliti sulla piastra. I missoltini possono essere consumati anche semplicemente cotti alla griglia oppure cucinati, dopo averli fatti rinvenire sempre alla griglia. Sono ottimi anche affogati nell’aceto. Conosciuto localmente anche come missoltit, missultit, missoltin, il missoltino non è che il pesce di lago chiamato agone che, durante la preparazione, viene aperto longitudinalmente ed eviscerato e poi, una
volta lavorato nel modo suddetto, prende il nome di missoltino. I missoltini sono prodotti in tutta la zona dei laghi lombardi, quindi anche nella provincia di Brescia oltre a quelle di Como e Lecco, cioè in tutte quelle zone in cui stagionalmente viene aperta la pesca agli agoni, che sono considerati i pesci più adatti per questa specialità gastronomica. Non molto grosso, dall’elegante linea affusolata e dalle squame lucenti, l’agone è simile all’aringa: può raggiungere i 20-25 centimetri di lunghezza e ha dorso di colore verdastro con mac-
Missoltini con crostoni di polenta alla griglia serviti al ristorante Marion di Costa Masnaga (LC). Da ben 51 anni a questa parte la località di Mezzegra, Tremezzina, alla fine di agosto, celebra il missoltino con una festa del gusto e delle tradizioni locali, la Sagra del Misultin, molto attesa dagli abitanti delle località limitrofe e non solo.
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duecento metri chiamata pendant, realizzata in filo di nylon, che viene calata al pomeriggio e recuperata all’alba. Ricca di fascino è la storia delle tradizioni che accompagnavano un tempo la pesca soprattutto a causa della preparazione di questo filo che, quando era di seta (i setifici erano e ancora sono a loro volta un elemento produttivo caratteristico di questi territori), risultava molto laboriosa. Lo si tingeva facendolo bollire in grandi pentoloni con i gusci delle castagne, che in autunno sulle montagne circostanti sono molto abbondanti. Comunque gli agoni si possono pescare anche con lunghe canne, utilizzando cavalletti triangolari a tre piedi (cavalitt) di cui due posano nell’acqua. In alcuni laghi ci sono periodicamente divieti o limitazioni alla pesca, per cui è bene informarsi con cura. Quando gli agoni vanno in fregola Gli agoni (Alosa finta lacustri) più
LB Comunicazione
Con gli agoni, i pesciolini locali, si prepara una specialità gastronomica molto antica ma poco conosciuta: è una conserva ittica salata ed essiccata da accompagnare ai crostoni di polenta fritta o abbrustolita. Una tradizione da conoscere e tutelare perché non scompaia
chie nere e ventri e fianchi chiari con qualche striatura dorata e riflessi azzurro-argento. È ricchissimo di grassi naturali e di Omega-3. Si tratta di un pesce che ha notevole risalto nella storia del Lago di Como (e di Lecco, se si preferisce evidenziare la sponda di cui stiamo parlando), tanto che nel battistero romanico di San Giovanni, sull’Isola Comacina, ce n’è uno raffigurato in un mosaico a testimonianza della diffusa attività di pesca e della sua rilevanza anche in tempi lontani. Già PLINIO IL GIOVANE, lo scrittore e senatore romano nato a Como nel I secolo d.C., era solito osservare alcuni pescatori che, sulle rive del lago, essiccavano piccoli pesci e lui stesso descrisse la pratica nelle Epistole, dandocene quindi una testimonianza scritta davvero molto antica. Nel corso dei secoli però la tecnica è cambiata e oggi gli agoni si pescano, soprattutto nella parte settentrionale del lago, con le reti e, in particolare, con una rete volante lunga anche
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Dal corpo allungato, l’agone ha dorso di colore verdastro cosparso di macchie nere, ventre e fianchi chiari dal colore grigio argenteo con qualche striatura dorata. Dalle dimensioni medio-piccole, è ricchissimo di grassi naturali e di Omega-3 che lo conservano a lungo, una volta salato ed essiccato (photo © www.comune.bellano.lc.it). pregiati vengono pescati nella tarda primavera o ad inizio estate sui fondali sassosi. Giugno è il mese migliore. La loro cattura è, ancora oggi, quasi un rito sul Lario e sul Ceresio (lago di Lugano), dove costituisce un tratto fondamentale della cultura identitaria tradizionale, oltre al fatto che i missoltini sono uno degli alimenti più prelibati della cucina lariana. È un rito che si celebra nelle lunghe notti ormai tiepide, quando i pesci vanno in fregola (fase riproduttiva), abbandonando i fondali per raggiungere, sotto riva, le aree di fecondazione delle uova. Ed è qui, dove si compie questo rituale della natura, che gli agoni rimangono intrappolati nelle reti e nelle lenze dei pescatori seduti sui cavalitt. Una particolare attenzione è posta nel pescare gli agoni nel periodo giusto poiché gli agoni migliori sono sicuramente gli agun de magra, cioè i pesci catturati nel periodo pre e post riproduttivo, quando sospendono l’alimentazione perdendo parte del grasso che renderebbe troppo sapide le loro carni.
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Sale, elogio della misura Dopo la fase della pesca segue quella dell’eviscerazione, praticata con l’unghia del pollice posta dietro l’apertura brachiale. Successivamente si procede con la salatura, che dura due o tre giorni finché il sale non è assorbito tutto, e poi con il lavaggio, che deve essere molto accurato, e con l’essiccazione all’aria aperta, la cui durata dipende dalle condizioni climatiche e dal grado di umidità. In genere la durata, al sole, è di circa cinque giorni; senza sole si può arrivare anche a dieci giorni. Alla fine le carni assumono una colorazione rossastra, segno che il grasso è allo stadio giusto e che quindi il pesce è in grado di essere conservato a lungo. Nella preparazione assume particolare importanza la scelta della giusta quantità di sale da utilizzare: con poco sale il pesce non si conserva, ma con dosi eccessive diviene sgradevole. Infine, dopo aver schiacciato i missoltini, soprattutto le teste, e averli adagiati nelle già ricordate
missolte di legno (che oggi sono sostituite da scatole di latta), si procede alla pressatura alternandoli con foglie di alloro. I pesci, così compressi, con l’aiuto di un torchio fatto girare lentamente secernono i grassi in essi contenuti, cosicché il sapore e la squisitezza di questa conserva ittica risultano esaltati. Inoltre il grasso che affiora garantisce uno strato d’olio perfetto come isolante dall’aria esterna, garantendo di conseguenza anche una corretta conservazione. Una tradizione a rischio Oggi i pescatori sono rimasti davvero in pochi e la tradizione dei missoltini è a rischio di sparizione, anche perché cala il numero di coloro che li sanno preparare. Per questo motivo Slow Food, attraverso l’istituzione del presidio, si è interessato alla loro salvaguardia e riproposta. Ne vale la pena, non soltanto per la bontà della preparazione e per gli aspetti etno-gastronomici ma anche per le indubbie proprietà nutritive e organolettiche. Nunzia Manicardi
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API e Federpesca: la valorizzazione delle tradizioni alimentari locali, dei prodotti ittici tipici, biologici e di qualità Si mette in moto la fase operativa del nuovo progetto realizzato da API e Federpesca nell’ambito di un’iniziativa comune, in Associazione Temporanea di Scopo (ATS), finanziato dal MiPAAF e presentato a Roma lo scorso 11 novembre. Considerati i positivi risultati dei primi due progetti realizzati insieme dalle due associazioni, che rappresentano rispettivamente le imprese di acquacoltura (API) e pesca (Federpesca), si è deciso di dar corso ad un nuovo terzo progetto per l’aggiornamento, la formazione e l’informazione delle imprese della filiera ittica riguardo gli adempimenti a carico degli operatori. Educhiamo gli operatori e promuoviamo le tipicità Con i primi progetti le due associazioni nazionali di pesca e acquacoltura avevano affrontato il tema della tracciabilità e l’aspetto degli adempimenti amministrativi (si veda a tal proposito i siti internet dedicati: www.tracciabilitaacquacoltura.it e www.adempimentiacquacoltura.it). Scopo del nuovo progetto è l’attuazione di una politica educativoInformativa finalizzata a informare gli operatori del settore sulle misure atte a garantire le migliori condizioni di gestione delle attività di produzione e di commercializzazione per i loro prodotti, valorizzandone le tradizioni. Si andrà a promuovere la tipicità anche attraverso la descrizione di una roadmap per la costituzione di organizzazioni di produttori rispettivamente per la pesca e l’acquacoltura e per l’istituzione di un marchio collettivo. Il progetto si articolerà attraverso workshop condotti da esperti del settore, che si svolgeranno in diverse zone d’Italia, da Nord a Sud, accomunate dalla presenza di un commercio basato sia sulla pesca, sia sull’acquacoltura: Chioggia, Piombino, Brindisi, Stintino. Il primo workshop si è svolto il 19 novembre a Chioggia. La diffusa presenza degli operatori di acquacoltura sul territorio nazionale, la forte dispersione della filiera, la molteplicità degli attori coinvolti, oltre alla necessità di fornire un supporto informativo-formativo continuo ed aggiornato ha indotto l’Associazione Piscicoltori Italiani ad ideare percorsi didattici multimediali. Sono previste, infatti, attività frontali, newsletter oltre ai tradizionali workshop territoriali. A breve è prevista l’attivazione della sezione dedicata al progetto del sito internet associativo www.api-online.it
Pescatori di Orbetello (photo © Marco Tisi, www.ipescatoriorbetello.it).
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Un lusso alla portata di tutti
Ricettiamo l’astice di Giorgia Fieni
Quando si tratta di scegliere, a tavola, un crostaceo di grosse dimensioni, spesso si propende per i gamberoni o per l’aragosta. È chiaro che non vogliamo esagerare, altrimenti opteremmo per un astice, che di media si aggira sui 30-40 cm di larghezza e i 2 kg di peso, ma che può anche
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raddoppiare di dimensioni. Inoltre, a differenza delle succitate aragoste, è provvisto di chele ed ha carne meno delicata, più elastica e saporita, che si accompagna a sapori decisi. Tra l’altro, è preferibile la femmina al maschio, riconoscibile per la larga coda, il colore chiaro del carapace
e le alette sulla pancia (utili per trattenere le uova). Tra le specie più apprezzate ci sono il blu (sardo, ma arriva anche dalla Scozia e dall’alta Croazia) e il canadese nero-rossiccio (dal gusto meno intenso, reperibile a prezzo inferiore). Una volta scelto (controllare quelli che si muovono di
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più nella vasca… vuol dire che sono stati pescati da poco e quindi più sodi), acquistato vivo, cotto (infilandolo nell’acqua calda — magari aromatizzata con qualche alga — dalla parte della testa e lasciandovelo solo 3-4 minuti o diventerà gommoso) e pulito (separando dolcemente testa e
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coda e togliendo sia le chele sia le loro giunture), si toglie la polpa (con colpi decisi che spaccheranno il guscio, utile per la preparazione della bisque o del burro di crostacei) aiutandosi con un trinciante e delle forbicine (che serviranno per eliminare il filetto intestinale) e l’astice è pronto per
essere ricettato. Spruzzato di limone (e accompagnato da una maionese o da una salsa bernese) è perfetto da aggiungere ad un’insalatona: con lattuga, avocado, bacon e pomodori, oppure con la frutta (agrumi, pesche acerbe, ananas grigliato, melone con aceto bianco ai fiori d’arancio o di
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Crostaceo di dimensioni notevoli, oltre alle grosse chele anteriori l'astice ha il corpo rivestito da una spessa corazza che diventa rossa con la cottura. Anche se un po’ meno costoso dell’aragosta, è molto apprezzato per le sue carni sode bianco-rosate e il sapore delicato, ma gustoso. Deve rimanere vivo fino al momento della cottura
Brioche bun con astice al vapore e verdure fresche croccanti. Ideato dal giovane Michele Bontempi si può assaggiare al Classico, il locale che gestisce in centro a Brescia. sambuco). Al forno è coperto da pangrattato, erbe aromatiche e burro fuso (eventualmente anche frutta secca in granella) oppure è cotto in casseruola con aglio e birra lager. Farcito (con le sue uova, pangrattato, burro, polpa di granchio, prezzemolo, succo di limone, maionese) è cotto alla griglia. Pastellato (farina bianca e di mais fioretto, tuorli, latte, lievito e un poco di zucchero) è fritto e servito con maionese all’erba cipollina. In padella si può flambare alla grappa. Buono nel sugo degli gnocchi di patate (con panna e dragoncello), delle linguine (con capperi sottaceto,
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vodka e pomodori), dei maccheroni (con pachino, mela verde, basilico), dei paccheri (con carciofi e mentuccia) e dei tonnarelli (con pomodorini, aglio, peperoncino). Nel ripieno dei ravioli (con mozzarella di bufala, patata, scorza d’arancia) e condimento di rucola, datterini e parmigiano. In tartare o in carpaccio, con citronette all’arancia o al pompelmo. Nell’aspic, con sedano, mango e gelatina di gin. MORENO CEDRONI lo serve su marmellata al balsamico e allo sherry, coperto da zuppa fredda di pomodoro e intervallato con giardiniera di verdure e gelatina di sedano rapa.
Tipico della costa atlantica degli USA e soprattutto del Maine, oggi il Lobster roll è sempre più conosciuto anche in Italia dove sta diventando nuovo street food modaiolo. La ricetta classica? Pane morbido da hamburger o da hot dog guarnito con burro o maionese e farcito con astice e succo di limone
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Coda di astice alla griglia (photo © Bochkarev Photography). MARCELLO LEONI su cialde di risotto allo zafferano, completando con fonduta di taleggio, foie gras affumicato e aceto balsamico di 20 anni. GERT DE MANGELEER addirittura con cioccolato e vaniglia! Quest’ultimo ingrediente piace molto anche ad ANDREA MAINARDI, visto che presenta l’astice nella tradizionale caprese con vellutata di pomodori e banane (cotte sottovuoto con panna fresca e tabacco da pipa appunto alla vaniglia). Non solo stellato Nonostante questo crostaceo sia raro, e quindi costoso, non si deve però cadere nel tranello che sia riservato solo a ricette raffinate, come il famoso Nage de homard glacé di PAUL BOCUSE (guazzetto di astice ghiacciato, con gelatina che lo avvolge), oppure la catalana, l’americana, la bella vista e la Newburg (con salsa piccante). Possiamo infatti aggiungerlo anche alla pizza (con gamberi, prosciutto crudo e melanzane), alle barchette di brisée (con frutti di mare e salsa di pomodoro alla panna e brandy), alle pizzelle (con pomodorini e cipolla di Tropea), al panino (con maionese, senape, dragoncello, miso, erba cipollina), alla paella, all’insalata russa e a quella di mare. Non è inconsueto infine abbinarlo ai piatti della tradizione, come la panzanella (per MATTEO COSTA, «la panzanella
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di pane sciapo con polpa di astice canadese pescato proprio non riesco a toglierla dal menù: equilibrata tra la dolce stucchevolezza del crostaceo, l’acidità del pomodoro Piccadilly e la componente vegetale del basilico. È gettonata per la sua freschezza e per il suo essere ibrido tra lusso e povertà»), la bagna cauda («un abbinamento che a me piace molto è quello tra la bagna cauda e i crostacei — dice CARLO CRACCO — secondo me ci sta proprio da dio, perché l’astice ama la grassezza e la sapidità delle acciughe. E siccome l’abbinamento per eccellenza dell’astice è con i topinambur, io li servirei così») e pasta e patate (OLIVER GLOWIG vi aggiunge anche provola affumicata). Lo stesso dicasi con la cucina moderna: di questi tempi impazza il Lobster roll (ci sono anche locali ad esso appositamente dedicati), pure come nuovo street food. Sarà quindi anche un crostaceo di dimensioni imponenti, ma una cosa è certa: l’astice è in grado di accontentare ogni genere di palato! Giorgia Fieni Nota Pagine 82 e 83 astice: l’astice si distingue dall’aragosta soprattutto per le chele frontali e il carapace liscio. Una volta cotti entrambi i crostacei assumono un colore arancio intenso (photo © journey2008 – Fotolia).
TRADIZIONI
Carpa fritta, simbolo del Natale In Repubblica Ceca è la protagonista del banchetto della Vigilia. E, dopo averla mangiata, si mettono le squame nel portafoglio perché portino denaro di Nunzia Manicardi
La carpa fritta non può mancare sulla tavola ceca in occasione del banchetto della Vigilia di Natale, tanto da essere diventata un simbolo di questa festività. Ciò almeno a partire dall’Ottocento, quando dalla Germania si diffusero nelle terre ceche tutte quelle tradizioni natalizie che oggi la maggior parte del popolo considera come originarie del proprio territorio: l’albero, innanzitutto, insieme con l’usanza di abbellirlo con dolci fatti in casa, panforte e decorazioni di legno, paglia e vetro, e poi il pesce come piatto
principale. In precedenza vigeva il precetto del digiuno o comunque di forte astensione dal cibo, con il divieto assoluto di mangiare carne (questo secondo le regole religiose, ovviamente, che comunque erano molto diffuse e rispettate). Il banchetto della Vigilia era inoltre molto sobrio. Non va dimenticato, infine, che in passato la carpa nelle terre ceche era un lusso, per cui raramente appariva in tavola. Nel tempo, però, è arrivata a diventare una tradizione molto sentita, che ha il suo culmine nella cosiddetta “carpa al nero”,
la cui ricetta vede come ingredienti marmellata di prugne, mandorle e noci, con aggiunta di panforte nella salsa. Ma non finisce qui… Il banchetto della Vigilia, che è preceduto dalla distribuzione dei regali sotto l’albero, di solito comincia con la zuppa di pesce. La sua preparazione è relativamente complicata, però per molti la cena festiva non sarebbe completa senza la vera “zuppa con latte e uova di carpa”. La carpa fritta (il risultato è simile alla cotoletta alla milanese), con accompagnamento di patate o
Labbra marcate, occhi rotondi e pancia grossa, la carpa riveste un ruolo significativo nella cultura ceca. L’aspetto ne fa un eroe delle favole illustrate ma, soprattutto, il simbolo per eccellenza delle festività natalizie e la specie che domina il mercato ittico (photo © www.ibtimes.co.uk).
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Carpa fritta. Questa pietanza veniva raccomandata “come un cibo del digiuno” anche da Magdalena Dobromila Rettigová nella sua opera “Domácí kuchařka” (Libro di ricette di casa) pubblicata per la prima volta nel 1826 e molto diffusa nelle famiglie ceche.
Alla carpa è legato uno dei tanti riti che accompagnano il Natale. È consuetudine mettere una squama, simbolo di ricchezza, sotto i piatti dei commensali che la conservano nel portafoglio perché porti fortuna e guadagno nell’anno che verrà. In campagna si seppellivano sotto gli alberi da frutto per avere un buon raccolto
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di insalata russa con radici bollite, uova, maionese, spezie o altri ingredienti, si serve come secondo piatto. Per una carpa buona e senza che conservi “odore di pesce” di solito la si mette nel latte e poi, prima della frittura, si aggiunge il sale e qualche goccia del limone. La carne così trattata risulta delicata e saporita. Va mangiata lentamente perché le lische sono piccole, però questo aiuta a gustare meglio ogni boccone. Carpa fritta, zuppa di pesce, patate e insalata russa rendono il Natale ceco indimenticabile Anche molti ristoranti Czech Specials offrono questi piatti nel loro menu. La cena viene solitamente servita dopo il tramonto (tradizionalmente si dovrebbe aspettare l’apparizione della prima stella) e consiste appunto in carpa accompagnata da insalata di patate e/o insalata russa, a volte precedute da funghi, crauti e, come già detto, zuppa di pesce. Si dice che la carpa possa essere preparata in un centinaio di modi diversi... Prima che diventasse tradizione mangiarla
a Natale si portava in tavola la kuba, antica specialità ceca con funghi, orzo perlato, aglio e maggiorana, che, quasi scomparsa, sta però tornando sulla tavola della Vigilia. La cena finisce con un dolce, come lo strudel di mele, che è anch’esso di derivazione germanica. In passato si preparava un pane tradizionale chiamato vánočka (simile all’ebraico challa) che oggi ha perso gran parte della sua connotazione natalizia ed è reperibile tutto l’anno. La carpa natalizia viene allevata appositamente in laghetti artificiali e poi venduta in grandi vasche piazzate sulle strade e nelle piazze delle città qualche giorno prima di Natale. Questo succede esclusivamente nel periodo natalizio. Le carpe arrivano soprattutto dalle più importanti zone di pesca come per esempio la famosa zona di Třeboň. Durante le feste, della carpa non si butta via niente, nemmeno le squame sono considerate inutili. È tradizione metterne una o due nel portafoglio affinché durante tutto l’anno i soldi non abbandonino il suo proprietario.
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A dicembre strade e piazze sono affollate da contenitori pieni d’acqua e di carpe e milioni di Cechi fanno la fila per comprarsi la cena di Natale. Al momento di servirli il pescivendolo pone la fatidica domanda: la ammazziamo o no? Una colorita usanza, infatti, vuole che il pesce venga portato a casa e lasciato nella vasca da bagno fino alla Vigilia. La tradizione e il significato ben augurale della carpa sono dai cechi così sentiti che a Natale alcune famiglie, anche se non la mangiano, la comprano lo stesso. Il pesce nuota a casa loro nella vasca da bagno e poi i genitori, insieme ai bambini, lo ributtano nello stagno. Per molti il 24 dicembre (Štědrý den) è il giorno più piacevole dell’intero periodo natalizio. Si addobba l’albero di Natale e in molte famiglie fervono i preparativi per la cena. È anche la ricorrenza dell’onomastico di Adamo ed Eva. Il nome ceco significa letteralmente “Giorno generoso”, con tutta probabilità per l’abbondanza di cibo che viene tradizionalmente servito. Anche le famiglie più povere fanno sì che i loro piatti siano pieni in questo giorno dell’anno. Durante le festività natalizie resistono tuttora altre tradizioni che hanno a che fare con il cibo, e che sono riferite al desiderio, molto sentito dai cechi, di conoscere il proprio futuro. Una tradizione dell’Avvento ha, per esempio, lo scopo di
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soddisfare la curiosità in relazione alla salute e per farlo, dopo la cena della Vigilia, è sufficiente tagliare in due una mela. Se all’interno i semi sono disposti in una stella a cinque punte tutti i commensali saranno in salute, ma se ci saranno meno semi qualcuno si ammalerà. Un’altra tradizione raccomanda di mettere su un guscio di noce una candela e lasciare galleggiare questa barchetta sull’acqua, anche semplicemente nel lavandino. Il proprietario della barchetta, se questa si allontanerà dai bordi, l’anno successivo viaggerà per il mondo. Secondo un’altra tradizione, sicuramente non a tutti gradita, alla Vigilia bisognerebbe digiunare tutto il giorno. Se si riesce a resistere sarà possibile vedere il “maialino d’oro”, che è un buon segno. Ma le tentazioni gastronomiche sono troppe e troppo ovunque diffuse… così di maialini d’oro è impossibile vederne! Tornando invece su un piano più “terreno”, possiamo osservare che la produzione mondiale di carpe, ovunque legata soprattutto
all’acquacoltura, è dominata per l’80% dalla Cina. Gli altri maggiori produttori, seppure con uno scarto notevole, sono Indonesia, Vietnam, Unione Europea, Russia, Bangladesh e Brasile. All’interno della UE la carpa è, a prescindere dal Natale, un alimento tradizionale dell’Europa centrale. I due produttori principali sono la Polonia e la Repubblica Ceca, mentre le esportazioni di carpe verso i Paesi Terzi sono quasi nulle. Per quanto riguarda il commercio intracomunitario si rilevano solo flussi limitati dalla Repubblica Ceca alla Germania. La specie rimane sconosciuta in vari Stati Membri. E adesso… un po’ di vocabolario natalizio: • Veselé Vánoce (Buon Natale); • Příjemné svátky (Buone Feste); • Št’astný nový rok (Felice Anno Nuovo). Il problema però non è solo la grafia, ma anche la pronuncia! Per fortuna, almeno a Praga, quasi tutti parlano benissimo l’inglese. Nunzia Manicardi
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SAPORE DI MARE
Uova di lompo: le perle tinte di Luca del Grammastro
Spesso, frodando, vista la notevole differenza di prezzo rispetto agli ambiti diamanti neri, vengono commercializzate come uova di storione, dalle quali si ricava il pregiato caviale. Il lompo (Cyclopterus lumpus) produce un’abbondante quantità di uova di color rosa o giallo pallido, che vengono salate abbondantemente e a volte aromatizzate con spezie, per essere poi tinte di nero o rosso. Il lompo è un pesce d’acqua
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salata appartenente alla famiglia Cyclopteridae, ordine Scorpaeniformes, dal caratteristico corpo alto, massiccio e tondeggiante coperto di numerosi tubercoli ossei, mentre le pinne pettorali fungono da ventosa usata per smuovere il fondale marino. Presenta una livrea che varia tra il grigio scuro-brunastro e il nero, non ha la vescica natatoria e le pinne ventrali possono essere trasformate in una ventosa con la quale rimane attaccato al fondale
e alle rocce. Si nutre di crostacei, molluschi, piccoli pesci e ctenofori. Le uova vengono deposte in marzoaprile in acqua bassissima, per poi tornare nelle acque più profonde, e sono custodite e sorvegliate dai maschi fino alla schiusa che avviene circa dopo due mesi, agitando l’acqua per ossigenarle. Da adulto il lompo può raggiungere una lunghezza di circa 40-70 cm e un peso di 1,5-3 kg (le femmine sono più grandi dei maschi) e il suo habitat naturale sono
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i fondali rocciosi da pochi centimetri d’acqua a oltre 400 metri di profondità delle acque costiere del Mare Artico, del Pacifico del Nord e della Norvegia. La pesca del lompo viene praticata esclusivamente sulla costa dai pescatori locali. Il metodo più utilizzato è il tramaglio, ossia una lunga parete di rete disposta in verticale sul fondo del mare. Il lompo rimane impigliato nelle sue maglie, le cui dimensioni sono pensate
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appositamente per la specie che si desidera catturare. Quando i tramagli vengono svuotati, il pescato viene tirato a bordo e le uova prelevate con cura dal pesce eviscerato e conservato in grandi barili. Queste piccole perle, chiamate più propriamente “succedaneo del caviale”, per distinguerle da quello vero, sono presenti sul mercato di solito pastorizzate e confezionate in vasetti di vetro. Hanno un gusto salato e dolce al tempo stesso, sapore mar-
cato, presentano un alto contenuto di grassi Omega-3 e sono un’ottima fonte di iodio, potassio e selenio. Si accompagnano a sapori aspri e freschi, a creme, oltre ad essere un’ottima guarnizione per deliziosi antipasti o per un contorno perfetto di portate a base di pesce o crostacei. Dott. Luca del Grammastro Controllo Qualità Nota Photo © www.checucino.it
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SAPORI DAL MONDO
Il pesce protagonista della cucina creola
Seychelles, le isole del tesoro di Massimiliano Rella
Il piccante del curry, la freschezza dei frutti esotici, il sapore del pesce dell’Oceano indiano: difficile dire quale ingrediente rappresenti meglio la gastronomia delle Seychelles, un arcipelago di 115 isole “del tesoro”, non solo per la natura rigogliosa e selvaggia, le rocce di granito che spuntano dall’acqua, le tartarughe
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giganti, le specie animali e volatili, ma anche per la commistione tutta creola di materie prime, spezie, ricette e influenze che arrivano da lontano. Le Seychelles, situate al largo delle coste orientali dell’Africa — continente a cui appartengono geograficamente — furono scoperte dagli Europei nel 1502, quando l’am-
miraglio portoghese VASCO DA GAMA, in navigazione dall’India, avvistò alcune isole. Da allora l’arcipelago ha conosciuto un lungo periodo di dominazione francese e poi inglese, prima dell’indipendenza conquistata 40 anni fa. Queste dominazioni, insieme alla schiavitù e all’emigrazione da Africa e Asia in tempi più
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recenti, hanno formato una comunità creola con una caratteristica gastronomia, sintesi di tradizioni e culture diverse: francese, inglese, indiana, africana e mediterranea. Fondamentale è anche la varietà di pesce e frutta, che possiamo scoprire nella capitale Victoria, sull’isola più grande di Mahé, nel coloratissimo
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Victoria Market, un caratteristico mercato di frutta, spezie e pesce al pianterreno; artigianato e abbigliamento al superiore. Curiosando tra i banchi della costruzione coloniale, tutta in legno verniciato di rosso con scalinate gialle e azzurre, non si può non restare sorpresi dall’assortimento di frutti esotici: mango,
cocco, papaia, giaca (jackfruit), frutto della passione, guava, showershop (guyabano), jamalac (enormi pompelmi verdi) e bigarade (piccoli e dolci agrumi per fresche spremute). Sui banchi di pesce grandi triglie, polpi, pesce-pappagallo, jobfish, red snapper, karang, blue marlin… e altri ancora.
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Red snapper al forno in foglie di banana con copertura di cipolla caramellizzata, salsa chutney di zucca e riso bianco del ristorante Delplace di Mahé. Nella cucina creola il pesce è protagonista molto più della carne, che prevede principalmente qualche piatto di pollo, maiale o agnello e — una cosa che probabilmente vi farà inorridire — pipistrello. Quegli enormi pipistrelli che svolazzano ad altezza d’albero già all’imbrunire sono una specialità tutta locale. Non mancano nemmeno le ricette che uniscono pesce e frutta, come la tipica insalata di blue marlin affumicato e condito con frutta esotica. Sempre presenti le spezie: curry, cannella, vaniglia sono utilizzate per insaporire tutto. «Noi amiamo il piccante, ecco perché troverete spesso curry e peperoncino su carne, pesce, a volte frutta, nella nostra cucina tradizionale», ci spiega il giovane delle Seychelles MCSHANE BIBI, chef del ristorante Delplace, sulla baia di Port Glaud, costa occidentale di Mahé. La sua insalata di polpo include pezzetti di mango, cipolla, erba cipollina, pomodorini, lattughina, succo di bigarade, olio, sale e pepe, ed è servita su una base di ghiaccio. Il red snapper invece lo prepara in
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foglie di banana con cipolla caramellizzata e chutney di zucca. Un caratteristico ristorante di cucina creola a Mahé è il Jardin du Roi, una casa in legno dentro una grande tenuta tropicale, appartenente da cinque generazioni alla famiglia GEORGE e adibita a giardino di piante esotiche ed erbe medicinali, con oltre 80 varietà tra alberi del pane, piante di cacao, vari tipi di palme, altissime canne di bambù, frutta. La cucina propone il classico pasto domenicale creolo, con portate di frutta, verdura, riso, pollo al curry e pesce arrosto, il jobfish. Tra le specialità dello chef trentenne RICKY NANO merita l’assaggio il risotto allo zafferano da accompagnare a un passato di lenticchie; come anche l’insalata di mango, condita con un pizzico di sale, pepe, olio extravergine, cipolla fresca e zucchero. Sempre a Mahé, il Marlin Bleu, il ristorante gourmand dell’Eden Bleu, albergo di fascia alta tra l’aeroporto e Victoria, è affidato allo chef VERNON NAGAPIN, originario delle isole Mauritius, che offre una
cucina creola moderna prendendo spunto dalle sue origini mauritiane, dall’esperienza seychellese e da un tocco fusion che spazia dall’Europa all’India. Un possibile menu? Cocktail di gamberi con anguria pressata, tabasco e lime come antipasto. A seguire un coccio di pesce (capesante, gamberi, red snapper, cozze) al curry e crema di cocco, con riso bianco e salse piccanti e di cetriolo. Non la troverete al ristorante, ma è una bevanda tradizionale che si fa in casa e che si trova solo nei piccoli mercatini dell’isola. È il kalou, un succo di linfa fermentata di palma da cocco. Si raccoglie goccia a goccia con una bottiglia attaccata all’estremità di un ramo che viene tagliato nel cuore della chioma, lasciata a riempirsi durante la notte. L’indomani si può già bere il succo, che ha cominciato la fermentazione e che con il passare dei giorni acquista un certo grado alcolico. Massimiliano Rella Nota Photo © Massimiliano Rella.
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in concomitanza con
Per informazioni:
RISTORAZIONE
Prossima fermata: Mercato Centrale Roma Sbarca a Roma il format ideato dall’imprenditore Umberto Montano che ha già ridato vita al primo piano del mercato coperto di San Lorenzo a Firenze: inaugurato lo scorso 5 ottobre lo spazio raccoglie in Stazione Termini un insieme vario e ragionato di botteghe d’eccellenza gastronomica che propongono cibo di qualità, ristorazione e caffetteria di Massimiliano Rella
Diciannove botteghe di artigiani del gusto sotto un unico tetto: la Cappa Mazzoniana della Stazione Termini. Il Mercato Centrale Roma, inaugurato ai primi d’ottobre, (ingresso in via Giolitti 36) riunisce con una formula già sperimentata a Firenze, con
analogo concept, un insieme vario e ragionato di botteghe d’eccellenza gastronomica che propongono cibo di qualità, ristorazione e caffetteria. Uno spazio che se ripeterà i numeri fiorentini (2 milioni di visitatori l’anno) contribuirà non poco anche
alla riqualificazione di una zona e alla creazione di nuovi posti di lavoro. Come il suo antesignano, Mercato Centrale Roma nasce da un progetto, ideato da UMBERTO MONTANO, imprenditore della ristorazione che da oltre quarant’anni si occupa di
La Cappa Mazzoniana di marmo portoghese che ricopriva un tempo le cucine del dopolavoro ferroviario, oggi, grazie all’intervento conservativo realizzato, si staglia al centro del Mercato Centrale romano.
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Antica Pescheria Galluzzi 1984 al Mercato Centrale di Roma. Dal Mediterraneo, pesce azzurro e bianco, molluschi, crostacei, bottarga e pesce affumicato con preparazioni pronte al consumo (photo © Federica Di Giovanni).
Questo luogo riafferma alcune delle funzioni originarie del mercato, quella di cuore pulsante della vita cittadina, centro di scambio e fusione fra diverse culture, dove i consumatori possono avere un confronto diretto con i piccoli produttori e gli artigiani, scoprire nuove materie prime e destreggiarsi fra gli ingredienti
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cibo di qualità, insieme al gruppo ECVacanze di CLAUDIO CARDINI, leader europeo del settore del settore dei campeggi e del turismo all’aria aperta. La Cappa Mazzoniana, un’imponente cappa in marmo sottoposta a vincolo di tutela, fu realizzata negli anni Trenta dall’ingegnere e architetto bolognese Angiolo Mazzoni. Ricopriva allora le cucine del dopolavoro ferroviario e oggi torna a essere luogo d’incontro e condivisione. Grazie ad un intervento architettonico conservativo guidato dagli architetti Q-Bic di Firenze, Luca e Marco Baldini, con la supervisione collaborativa dell’architetto Stefano Giacomini della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio del comune di Roma, la struttura in marmo portoghese dalle venature grigiorosa si staglia al centro del Mercato Centrale, al di sopra del bar e della birreria a vista. Il Mercato occupa una superficie di 1900 m2 con 500 posti a sedere. I materiali utilizzati per adeguarla
alla nuova funzione, legno, ferro, ceramica, resina, sono usati nel colore originario, scelta coerente con il concetto di naturalezza che permea anche la proposta gastronomica dei vari operatori. Gli artigiani presenti al Mercato con un loro stand con vetrina per la vendita e bancone per il consumo sul posto condividono un ideale di trasparenza che hanno messo per iscritto aderendo a un disciplinare. I prodotti sono esposti e preparati a vista; professionisti capaci ed esperti sono pronti a rispondere alle domande e alle curiosità dei consumatori su prodotti e ingredienti; le materie prime utilizzate sono prive di conservanti, diserbanti, OGM e per quanto possibile sono di stagione, di territorio, d’origine biologica e biodinamica. Ogni bottega ha uno spazio per l’esposizione e un laboratorio per taglio e cottura. Ecco qualche nome presente. GABRIELE BONCI, panettiere di uno dei forni più promossi dalla critica gastronomica di Roma: ci propone pane, dolci, pizze e focacce. STEFANO CALLEGARI ci propone i suoi
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Diciannove botteghe di artigiani del gusto sotto un unico tetto: la Cappa Mazzoniana della Stazione Termini. Il Mercato Centrale Roma, che ha creato anche 300 nuovi posti di lavoro
trapizzini, triangoli di pizza con saporiti ripieni ispirati alla cucina romanesca. C’è ROMUALDO RIZZUTI con la sua pizza spicchiata; EGIDIO MICHELIS con le sue paste fresche; MARTINO BELLINCAMPI con i gustosi fritti di Pastella. Le carni fresche, i salumi, ma anche gli arrosticini e i pronti a cuocere sono del noto macellaio ROBERTO LIBERATI. Il pesce fresco da EDOARDO GALLUZZI, quarta generazione dell’Antica Pescheria Galluzzi; i carciofi di ALESSANDRO CONTI, erede della storica bottega di ortofrutta di Campo de’ Fiori, e i funghi di GABRIELE LA ROCCA. Tartufi in vendita da LUCIANO SAVINI; hamburger di Chianina e altre specialità da ENRICO LAGORIO; formaggi genuini da BEPPE GIOVALE; cibi vegetariani e vegani da MARCELLA BIANCHI; tipicità siciliane salate e dolci da CARMELO PANNOCCHIETTI; ecc… Nel ristorante la cucina romana è interpretata dallo chef tedesco bistellato OLIVER GLOWIG, che calibra con fantasia gli abbinamenti di materie prime. La selezione dei vini è affidata
a SALVATORE DE GENNARO e alla sua esperienza consolidata nella bottega La Tradizione di Vico Equense. Proprio perché la conoscenza e la cultura del buon cibo sono elementi qualificanti del Mercato Centrale, è stata riservata un’area anche alla formazione enogastronomica: ospiterà corsi di cucina, di degustazione del vino, letture, una piccola biblioteca di guide dedicate a vini, cibo, ristoranti. Last but not least, l’aspetto occupazionale, di questi tempi spesso sulla cresta dell’onda e non sempre per notizie positive: il progetto del Mercato Centrale Roma invece ha generato 300 posti di lavoro. Aperto tutti i giorni dalle sette di mattina a mezzanotte. I prezzi, però, non sono sempre nella media. Massimiliano Rella Mercato Centrale di Roma Via Giovanni Giolitti 36 00185 Roma Orari: Lun.–Dom. 7:00-24:00 Web: www.mercatocentrale.it
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LOCALI DI GUSTO
Il baccalà della Culata È il re della nostra cucina, ci dice Carla Rigon, “coga” e regina insieme alla sorella Elisabetta, e al marito Vincenzo, della storica trattoria Da Culata, di Montegalda, Vicenza. Un locale che ha gratificato i palati di Montanelli, Sordi, Mastroianni e continua a deliziare i suoi avventori di Gian Omar Bison
Ha ancora le mani calde la signora CARLA RIGON, settantuno anni di passione per la cucina, che nessuno si azzardi a chiamare chef. «Mi so coga», ribadisce in punta di mestolo per mettere subito le idee in chiaro sulle ghiottonerie che ancora oggi si assaporano alla storica trattoria Da Culata a Montegalda (VI). Tra tutte il baccalà, che ha gratificato palati importanti come INDRO MONTANELLI, ALBERTO SORDI, MARCELLO MASTROIANNI, tra i tanti che i titolari ricordano con deferente riserbo, e continua a deliziarne. E con le mani calde e la tranquillità della serata riuscita tra la soddisfazione dei commensali, racconta ottant’anni di “Culata”, (“gluteo” in veneto) in questo scorcio di “piccolo mondo”, per parafrasare i romanzi forse più conosciuti del vicentino ANTONIO FOGAZZARO, che in queste zone ha vissuto e ancora lega al suo nome la Villa Fogazzaro Cobalchin che ospita, tra l’altro, il museo delle campane. Corpulento a tal punto il padre Luigi che quando, a cavallo della seconda guerra mondiale, girava in bici e cestoni per distribuire fiaschi di vino e cibarie agli operai del Genio civile che lavoravano alla manutenzione del fiume Bacchiglione, si sentiva dire: “varda che do culate che te ghe”. E “’ndemo magnar da Culata” oggi, e “’ndemo magnar da Culata” domani, la trattoria non avrebbe potuto chiamarsi diversamente. «Dal 1932 — rammenta Carla — mio padre, insieme a mia madre Maria Milani, prese in affitto questa parte (sempre la stessa da allora per
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quanto rinnovata) del caseggiato dei fratelli Brunello, distillatori di lunghe tradizioni (dal 1840, Ndr). Uno spazio che divenne osteria con campo per il gioco delle bocce a fianco, con annesso tabaccheria e casoin (piccolo negozio di alimentari e beni di prima necessità), dove la domenica si mangiavano trippa e pesce fritto. Da noi si è sempre proposta cucina
tradizionale, dalle frattaglie ai risotti, alla pasta fatta in casa, agli arrosti e bolliti accompagnati allora da vino rosso o bianco, mica ci chiedevano il nome, la tipologia all’epoca. E gran polente». Dal 1958 è diventata trattoria con somministrazione di cibi e bevande a pranzo e a cena. «Gratificanti le prime zonzeghe, con proprietari e muratori a festeggiare
Il baccalà in preparazione.
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la costruzione ultimata della casa a suon di braciole e pastasciutte». Cinque i figli di Culata, mancato nel 1976, tre le sorelle rimaste in cucina. «Ricordo che andavo a comperare il riso e la farina che poi venivano venduti in bottega. E sono sempre stata qui, con mia sorella Elisabetta dalla quale nel tempo ho imparato a cucinare. Una vita insieme e, per fortuna, ancora oggi si discute, a volte animatamente, su come preparare un piatto, su come proporlo». Nel 1976 il matrimonio con Vincenzo Melosu, conosciuto come il “Sardo”, maître e vero e proprio anfitrione del locale. E sempre negli anni Settanta ha fatto il suo ingresso in trattoria Sua maestà il baccalà. «È il re della nostra cucina. E per farlo bene — sottolinea Carla — ci vuole tanto amore. Noi lo facciamo alla “Culata”, con una ricetta esclusiva che interpreta la tradizione e la propone in maniera diversa. E ne siamo custodi gelosissimi». Battuto e in ammollo per giorni, cottura lenta, e poi pulito, lessato e passato con la tradizionale zangola se mantecato. Di originale c’è un uso sapiente e sfizioso della bottarga. «Credo siamo gli unici — evidenza Vincenzo — a proporre le tagliatelle fatte in casa con baccalà e bottarga. Tagliatelle che prepariamo anche in brodo con i fegatini. E facciamo la torta puttanella, che è come la classica putana (dolce tipico veneto) ma più leggera».
La figlia Laura è subentrata alla gestione del locale nel 1996, con l’ultimo restauro, ma i templari della tradizione culinaria “Culata” restano le sorelle Rigon e Vincenzo, che guardano avanti col piacere di perpetrare una saga gastronomica e di famiglia apprezzata da sempre. Aperti a pranzo dal lunedì al sabato e di sera il mercoledì e il venerdì; chiusi la domenica. Scavando ancora e con delicatezza nei ricordi annosi legati alla clientela dei “Culata”, scopriamo altri aneddoti curiosi, tra i quali l’essere stato tra i “quartieri generali” di riferimento della Democrazia Cristiana dorotea berica. Se il Veneto era conosciuto come la “sagrestia” d’Italia per i consensi che da sempre mieteva la “Balena Bianca”, Vicenza, da Mariano Rumor in poi, ne era il confessionale. E per questo da “Culata” era tutt’altro che inusuale vedere riuniti tra i commensali Rumor e Antonio Bisaglia, Carlo Bernini e Giorgio Carollo, che tra un piatto e l’altro decidevano sorti politiche ed amministrative. “Culata” e Brunello, come si diceva, un connubio inscindibile. Perché va anche detto che tutta la proprietà, con annessa distilleria storica e agriturismo, è da sempre nelle mani dei fratelli BRUNELLO, quarta generazione di distillatori, che proprio a ottobre 2016 hanno presentato una nuova linea di grappe
Battuto e in ammollo per giorni, cottura lenta, poi pulito, lessato e passato con la zangola se mantecato: il baccalà alla Culata viene preparato con una ricetta che interpreta la tradizione e la propone in maniera unica
(5 T) durante la premiazione di un concorso letterario da loro promosso. «Il connubio Brunello-Culata — sottolineano i fratelli Giovanni, Stefano e Paolo — ci inorgoglisce ogni volta, considerato quanto esprimano il meglio della tradizione culinaria berica e quindi veneta. È lo stesso approccio che abbiamo noi, depositari di quasi due secoli di grappa: salvaguardare la tradizione, la storia di famiglia e guardare al futuro verso nuove sfide produttive e commerciali». Gian Omar Bison Da Culata Via Giuseppe Roi 47 36047 Montegalda (VI) Telefono: 0444 636033
Lovster & Co., a Milano l’aperitivo si fa con astice e crostacei Dal mese di ottobre Lovster & Co., locale situato in via Caretto 4 a Milano, ha dato il via all’aperitivo a base di astice, granchio e crostacei in stile American bar. A partire dalle 18:30 i clienti troveranno ad accoglierli all’ingresso un ricco buffet da gustare insieme ad un cocktail, un calice di vino, una birra o un analcolico a soli 10 euro. Lovster & Co., poi, ha pensato anche a chi ama andare a teatro o al primo spettacolo del cinema e permette di cenare già dalle 19:00. Le nuove proposte vi faranno viaggiare intorno al mondo: America, Europa e Asia... Dall’India, ad esempio, troverete il Curry Lovster Indian Style, dal Giappone l’astice in tempura, dalla Tailandia il Yum Kum, zuppetta al profumo di cocco, e dall’America il Crab roll, panino a base di Blue crab. >> Link: www.lovster.it
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CONVEGNI
L’anguilla, un pesce tutto da scoprire di Maurizio Dell’Agnello
L’anguilla è un pesce ancora tutto da scoprire? La domanda in effetti non è del tutto fuori luogo. Non è un caso, infatti, se in questa specie ittica diversi sono ancora gli aspetti che non siamo riusciti a chiarire fino in fondo, a partire dal luogo della riproduzione e dai sui affascinati viaggi migratori, ormai universalmente riconosciuti, ma con dettagli e dubbi che potrebbero far pensare a possibili teorie alternative, per altro tutte da scoprire e verificare. Ma se la ricerca sulla sue caratteristiche biologiche avrà sicuramente modo di progredire e di mettere a punto le fondamentali fasi riproduttive che consentiranno di realizzare un ciclo
di allevamento completo della specie, svincolandosi dai dannosi prelievi delle forme giovanili che minano la consistenza degli stock naturali, scoprire l’anguilla oggi vuol dire conoscerla meglio per apprezzarla e conoscerne le esigenze, ma anche sapere quanto l’uomo sta facendo per la sua salvaguardarla e degli ambienti che si trova a frequentare. Questo è lo spirito che ha guidato nella realizzazione di un convegno svoltosi a Firenze il 4 novembre, presso la sala del consiglio di Quartiere 4 della città toscana, nell’ambito delle celebrazioni del 50º anniversario di quell’alluvione che nel ‘66 sconvolse la città e una vasta area del bacino
Al convegno è seguita la 4a edizione di ARCIpelago pesce, nei locali del Circolo Pampaloni di Firenze, splendidamente allestiti per l’occasione con i lavori dai ragazzi della cooperativa sociale Il Giaggiolo che accompagnano questo evento fin dal suo inizio
La dott.ssa Annamaria Nocita con Maurizio Dell’Agnello (photo © Moreno Dolfi).
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Ed ecco a voi l’anguilla Per la quarta edizione di ARCIpelago pesce, il Circolo Pampaloni ha avuto la fantastica idea di invitare l’anguilla alla “cena ragionata” che da qualche anno va organizzando a Firenze. La ragione di questa scelta è presto detta: l’anguilla era il pesce più amato dai fiorentini. Dell’anguilla, rispetto ai tradizionali ciprinidi che comunemente si pescavano, si apprezzava il sapore, la consistenza delle carne, ma soprattutto il fatto che erano semplici da mangiare con una spina centrale, facilmente separabile dal resto del corpo, una volta cotta. Per questo motivo era preferito anche dai bambini ai quali era offerto fritto o arrosto. Per ritrovare questo gusto in taluni e per portare la “tavola ittica” verso nuovi orizzonti in certi altri, l’anguilla è salita alla ribalta della serata con le sue storie, la sua tradizione, ma anche con un nuovo modo di presentarsi e accompagnarsi con altri ingredienti che l’hanno impreziosita, dandole una nuova veste. Ad aprire la rassegna con un antipasto particolare, a base di anguilla orbetellana, è stato MASSIMO BERNACCHINI della Cooperativa Pescatori Orbetello, che ha ricordato la lunga tradizione che lega la struttura a cui appartiene alla gestione della laguna e ai suoi prodotti, arricchendo la sua “anguilla sfumata” di storie fatte di uomini che vivono e curano al meglio l’ambiente da cui traggono il loro sostentamento per vivere, anche quando la natura mette fortemente in crisi la sua esistenza e l’attività sostenibile che in esso si esercita. Sul primo piatto, risotto di porri e anguilla, la nostra specie si è disvelata in tutte le sue nuove potenzialità, facendoci apprezzare il puro valore e la consistenza delle sue carni, mentre la dott.ssa ANNAMARIA NOCITA, esperta ittiologa, illustrava il ciclo biologico di questo pesce, le sue affascinanti migrazioni ed i pericoli che minacciano la consistenza degli stock. Particolarmente critica risulta la fase di risalita dei fiumi per le catture che si praticano sulle forme giovanili della specie. Solo per il settore dell’allevamento europeo, la necessità annua di ceche ammonta a 40 tonnellate. A questo si deve aggiungere la cattura per i ripopolamenti dei corsi d’acqua a monte degli sbarramenti fluviali. L’attenzione verso queste pressioni a cui è sottoposta la specie, ha portato alla messa a punto sul nostro territorio del Piano Nazionale di Gestione per l’Anguilla (Reg. CE 1100/07), i cui frutti cominciano a vedersi, generando buone aspettative per il futuro. Il secondo piatto, polenta con anguilla, si è ispirato alla tradizione fiorentina ed è stata l’occasione di parlare delle storie di anguilla, tra mito, scienza e letteratura con DAVID ORTEGA della BibioteCaNova di Firenze. Tante sono state le riflessioni ed i riferimenti citati per questa specie che sin dai tempi più antichi, ha destato interesse soprattutto per le sue peculiarità come l'incredibile resistenza all’emersione e la capacità di adattarsi agli ambienti più diversi. E per un pesce così, miti e leggende erano all’ordine del giorno! Così ERODOTO, ARISTOTELE, PLINIO IL VECCHIO sono solo alcuni degli scrittori e naturalisti che si sono confrontati con l’anguilla e la sua vita, proponendo teorie e tesi che ne hanno cercato di svelarne i numerosi misteri. Le anguille protagoniste dei piatti della serata sono state offerte da UNICOOP FIRENZE, partner storico di ARCIpelago pesce, che con il nuovo buyer STEFANO BONINI ha sottolineato come il suo gruppo mantenga la tradizione dell’anguilla, vendendo il prodotto vivo presso i propri negozi. Le caratteristiche commerciali di questa specie ne fanno un prodotto tipicamente dal consumo stagionale, concentrato in prevalenza nella stagione natalizia. Ma anche in questa edizione la “ritrovata” sorpresa è stata la cucina del Circolo ARCI Pampaloni con SUSANNA e ALESSIO PIERI che hanno proposto un’anguilla insolita, diversa da quella che la tradizione ci ha abituati a mangiare sotto forma marinata o affumicata. Grazie al recupero della tradizione e all’incontro con nuovi ingredienti, aiutati anche alla ricerca di ricette particolari che trattano accuratamente l’anguilla, se ne è fatto un prodotto unico, con un risultato veramente eccellente nel generale consenso degli invitati. Ora lo possiamo dire, scegliere l’anguilla come specie dedicata ad manifestazione popolare come ARCIpelago pesce è stata una grande sfida, considerati i tanti pregiudizi che questa specie porta con sé, ma la partecipazione e l’entusiastica adesione dei partecipanti ci ha restituito un’idea molto positiva per questo prodotto che con la miriade di caratteristiche con cui si è presentata, ha saputo farsi ampliamente apprezzare. Una delle preparazioni apprezzate nel corso della serata (photo © Moreno Dolfi).
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dell’Arno. Ma che c’entra l’alluvione con la nostra anguilla? La ricoperta dell’anguilla fiorentina, e questo è proprio il caso di dirlo, è scaturita da una ricerca sulla comunità di riviera d’Arno degli anni ‘50, fatta da pescatori che traevano dal fiume quanto necessario per il loro sostentamento con la pesca di mestiere. Il rapporto dei fiorentini con l’anguilla si perde in realtà nella notte dei tempi, quando addirittura Cosimo I, intorno al 1500, fece costruire il Lago Nuovo a monte di Ponte a Cappiano, nei pressi di Fucecchio, proprio per catturare le anguille in migrazione verso il mare e portarle in città, dove presso la Loggia del pesce, nell’attuale Piazza della Repubblica, esisteva un importate mercato ittico cittadino. Gli interventi Anguilla come pesce dei fiorentini, quindi, almeno fino all’alluvione, quando a seguito delle modificate condizioni ambientali che seguirono, complice anche il progressivo aumento dell’inquinamento antropico, questa specie si allontanò sempre più dalla consuetudini alimentari dei fiorentini. Il convegno è stato aperto dalla relazione della dott.ssa A NNAMARIA NOCITA, ittiologa esperta, che ha sapientemente illustrato le caratteristiche dell’anguilla ed il suo ciclo biologico, fornendo un quadro molto dettagliato dello stato attuale della specie, anche alla luce delle ultime ricerche genetiche che hanno contribuito a chiarire come l’Anguilla europea sia un unico grande stock con bassissima variabilità genetica e con un’unica grande area riproduttiva atlantica. Ma la dott.ssa Nocita ha anche fornito alcuni dati sui prelievi di novellame di anguilla utilizzato per gli allevamenti, per i ripopolamenti e per scopi alimentari e particolarmente interessante, è stato vedere come a seguito della diminuzione dell’Anguilla japonica, i pescatori di ceche giapponesi e cinesi, si siano rivolti alla specie europea per i loro approvvigionamenti, minando lo stato già critico della specie che dalla fine degli anni ‘90 ha fatto registrare un progressivo calo degli stock.
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Stefano Bonini, buyer ittico di Unicoop Firenze (photo © Moreno Dolfi). A salvaguardia dell’anguilla numerose sono state le iniziative intraprese. A darci il quadro di quanto viene fatto nella nostra regione è stato l’intervento dei funzionari della Regione Toscana, i dottori A NDREA LENUZZA e GIOVANNI M ARIA GUARNERI, che hanno confermato il preoccupante quadro per la specie. Tuttavia la regione è corsa ai ripari, recependo prontamente del direttive del Regolamento CE 1100/07 con il Piano Nazionale di Gestione (PNG) per l’anguilla. In particolare sono stati confermati gli incubatoi per salvaguardare ed assicurarsi il novellame necessario per i ripopolamenti, come gli impegni per incrementare le scale di risalita che aiutano il pesce in rimonta a superare i sempre più numerosi ostacoli che l’uomo frappone lungo il corso del fiume. Tra le iniziative ricordate, è stata sottolineata anche l’importanza del rispetto delle taglie minime di cattura e dei sequestri per le catture illegali, già numerosi, che oltre ad avere un immediato effetto sullo sforzo di pesca, hanno anche una positiva deterrenza di lungo periodo. Ma alla difesa dell’anguilla contribuiscono anche gli stessi pescatori, quando l’attività viene esercitata nel rispetto dell’ambiente e della tradizione. Nell’intervento dell’Arcipesca, rappresentato dalla dott. ssa ELISABETTA VENTISETTE, è stato ribadito l’importante lavoro che viene svolto dall’associazione riguardo
al monitoraggio e controllo delle rive e delle aste dei fiumi, come pure la ridotta pressione piscatoria esercitata per il rilascio degli esemplari catturati. Una pesca responsabile, fatta di buone pratiche, che per altro ha un formidabile aspetto sociale con il positivo coinvolgimento di pescatori di tutte le età che se educati con appropriati strumenti comunicazionali, possono dare un ottimo contributo alla protezione della fauna ittica, anguilla compresa. L’intervento della Cooperativa Pescatori di Orbetello del dott. M ASSIMO BERNACCHINI ha infi ne messo in evidenza come anche chi esercita la pesca di mestiere abbia il compito ed il dovere di preoccuparsi di uno sfruttamento sostenibile della specie. L’esempio della Laguna di Orbetello, con i mille problemi che soprattutto nell’ultimo periodo ha avuto, ne è una chiara evidenza, che deriva dal l’applicazione di una pesca tradizionale, di limitato impatto, grazie anche ad alcuni accorgimenti come la selezione delle taglia di prelievo che assicura il ritorno in laguna di esemplari ancora non opportunamente pronti per il mercato. Salvaguardare questi tipi di pesca, legati a particolari situazioni di nicchia, vuol dire salvaguardare anche i pescatori e ed il loro mestiere che se fatto con criterio, è in grado di assicurare il futuro degli ambienti e delle specie che in esse si trovano a vivere. Maurizio Dell’Agnello
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Terra Madre Salone del Gusto 2016
Il Salone esce allo scoperto: libertà è partecipazione di Gaia Borghi
«Niente sarà più come prima». Questa la lapidaria dichiarazione di GAETANO PASCALE, presidente di Slow Food Italia, al termine dell’edizione 2016 di Terra Madre Salone del Gusto, svoltasi dal 22 al 26 settembre scorsi e che proprio quest’anno ha felicemente coinciso con la celebrazione dei trent’anni dell’associazione della chiocciola. La prima edizione fuori dagli spazi della sede storica del Lingotto e, quindi, la più attesa, sia dai detrattori, pronti a gioire di un
eventuale fallimento di questo nuovo “numero zero” dell’evento made in Piemonte, che dagli organizzatori stessi, i quali, ne sono certissima, avranno messo in atto una qualche danza propiziatoria per assicurarsi un meteo benevolo (in caso di pioggia non sarebbe stato possibile passare a nessun piano B!). La prima edizione del salone en plein air, infatti, ha letteralmente invaso la città sabauda, sviluppandosi tra alcuni dei suoi angoli più belli, dal meraviglioso Parco
del Valentino a Palazzo Reale, includendo i Murazzi, piazza Castello e via Roma, piazza San Carlo e piazzale Valdo Fusi. Niente tornelli, barriere, controlli, niente biglietto per entrare (ma esiste ancora qualcosa di gratuito?), perché fosse coinvolta più gente possibile, perché la “società civile” potesse incontrare i contadini, gli allevatori, i produttori, al fine di creare un’alleanza in difesa del nostro patrimonio alimentare, in difesa della biodiversità, ma anche
Terra Madre Salone del Gusto, organizzata da Slow Food, Regione Piemonte e Città di Torino in collaborazione con il MIPAAF, si è confermata una delle manifestazioni enogastronomiche più grandi e significative del mondo, in coinvolgere nella riflessione sul cibo una moltitudine di persone (photo © Alessandro Vargiu/Archivio Slow Food).
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ANNUARIO del pesce e della PESCA
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1) Gaia Borghi della redazione de Il Pesce. 2) Bambini e ragazzi sono stati i primi ad arrivare al Parco del Valentino nel giorno inaugurale del salone, accompagnati dai loro insegnanti. Tantissime le iniziative educative pensate apposta per loro. 3) I divertenti cartelloni con l’hashtag #KnowYourFisherman (photo © Paolo Properzi). di un’economia più giusta, che minimizza gli sprechi, rispetta la natura e la dignità e i diritti dei lavoratori. Appare lontanissimo il 1996 che decretò la nascita dell’appuntamento: oggi la creatura di Carlin Petrini e compagni è diventata adulta e ha imboccato la via della “partecipazione”, in sintonia con lo spirito di Slow Food e col tema guida scelto per comunicare con visitatori/delegati/ operatori giunti a Torino da ogni parte del mondo. Quel “Voler bene alla Terra” che, mai come in questo momento storico, ognuno di noi deve far proprio, se su questo pianeta vuole continuare a viverci e far sì che ci vivano le future generazioni. «La scommessa di Terra Madre Salone del Gusto 2016 era principalmente politica, culturale, sociale» ha proseguito Pascale. «Affermare che il buono, pulito e giusto è un diritto di tutti e tutti devono poter essere partecipi. Condividere un messaggio attraverso la forza mediatica dell’evento, per raggiungere milioni
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di persone nel mondo: anche questo è voler bene alla Terra!». Mangiare è un atto agricolo, fare la spesa è un atto politico: la parola alle istituzioni «L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite che fissa traguardi ulteriori dopo gli Obiettivi del Millennio ci ricorda che lo sviluppo sostenibile è oggi condizione vitale per l’umanità e per il pianeta» ha dichiarato il presidente della Repubblica SERGIO MATTARELLA intervenuto alla cerimonia di apertura di Terra Madre Salone del Gusto al Teatro Carignano. «È il nostro dovere davanti ai figli e ai nipoti. Non è lecito consumare in anticipo il loro domani». «Il cibo non è consumo e non si può sprecare per continuare a consumare» ha ribadito il presidente di Slow Food CARLO PETRINI durante il discorso inaugurale. «La povertà non è una maledizione e non dobbiamo avere un atteggiamento di carità penosa perché siamo complici dell’ingiustizia che crea la fame!
Dobbiamo invece cambiare i verbi che guidano le nostre azioni. Primo: “imparare” invece di “insegnare”. Secondo: “restituire”, quando una massa di persone cerca di arrivare a casa nostra, perché gli aiuti umanitari sono solo una restituzione. Terzo: “condividere”». «Ai cittadini sono stati proposti prodotti, realtà, situazioni sociali che normalmente non sono conosciuti; e una grande presenza, unica al mondo, delle Comunità di contadini, un messaggio politico molto forte per il futuro del pianeta!» hanno dichiarato il presidente della Regione Piemonte SERGIO CHIAMPARINO e l’assessore regionale all’Agricoltura GIORGIO FERRERO. «L’attenzione alla biodiversità e alla qualità del cibo è sempre più un patrimonio comune e riconosciuto. Di tutto questo Slow Food ha grande merito: con le nostre azioni e scelte possiamo rilanciare questa ricchezza del nostro agroalimentare». «Torino ha aperto le porte alle migliaia di delegati e a tutti i visitatori con
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1) La calamita è un pesce di media taglia che vive nelle acque salmastre e in quelle dolci. Il lago di Fondi, grazie ai suoi collegamenti con il mar Tirreno, è diventato il suo habitat ideale. 2) Huîtres de Bretagne, perfette anche a colazione. 3) Tutto il sapore della Sicilia dimenticata nelle conserve, anche di mare, dei Fratelli Burgio di Siracusa.
Slow Fish e l’essenzialità delle risorse ittiche Gli oceani e le vie d’acqua, assieme all’aria alla quale sono interconnessi, sono una delle più importanti risorse naturali comuni, vitale come un sistema sanguigno per il nostro pianeta. Il sistema idrico globale è di cruciale importanza per il clima, l’agricoltura, la pesca, i trasporti, la produzione energetica e l’estrazione mineraria, il flusso di nutrienti e molto altro. Proprio per questa sua importanza l’acqua è spesso soggetta ad ogni sorta di abuso e appropriazione, anche perché considerata fino a poco fa risorsa illimitata e inestinguibile: da “razionalizzare”, commercializzare e — di recente — privatizzare per “creare più ricchezza”. Le logiche industriali, assieme alle influenze di attori potenti che promuovono una visione semplicistica e drammatica della pesca, hanno portato all’impoverimento degli ecosistemi e delle culture locali, così come ad una graduale erosione della sovranità di ogni popolo sulle proprie risorse. Questa visione omette completamente la diversità, la complessità e l’interconnessione di tutti gli aspetti legati alla salute delle nostre acque, e passa anche sotto silenzio come le comunità vengano sistematicamente delegittimate, mentre le nostre risorse comuni sono sempre più spesso spinte a diventare proprietà di privati o di corporazioni e destinate allo sfruttamento su grande scala. A Torino, Slow Fish, ospitata per l’occasione sulla Terrazza della Società canottieri Armida (photo © Paolo Properzi), ha raccontato tutto questo e molto altro: dal modo in cui i pescatori vivono i cambiamenti climatici alla tracciabilità dei prodotti, dall’importanza del plancton nell’ecosistema al lancio di Slow Fish Africa. >> Link: www.salonedelgusto.com
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In alto: Tharros Pesca di Pino Spanu è nata a Cabras nel 2004. Originariamente l’azienda commercializzava essenzialmente tonno rosso e pesce spada sardo, ma nel corso degli ultimi anni è stato attivato un laboratorio di produzione di bottarga e pesci affumicati, che hanno reso il nome di Tharros Pesca famoso in tutta la regione. In basso: il baccalà della regione norvegese del Møre og Romsdal. Il Presidio di Slow Food per questo prodotto è stato avviato per salvaguardare la produzione artigianale di baccalà ottenuto esclusivamente da skrei pescato con i metodi tradizionali, che preservano la qualità del pesce e riducono notevolmente il rischio di catture accidentali.
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l’energia e lo spirito di accoglienza che da sempre la contraddistingue, anche ospitando i molti contadini arrivati in questi giorni, e siamo felicissimi che la risposta sia stata così entusiasmante. Siamo già pronti a cominciare a lavorare sulla nuova edizione, per renderla ancora più bella e coinvolgere tutta la città in questo meraviglioso progetto», ha concluso la sindaca CHIARA APPENDINO. Un evento di tutti e per tutti Terra Madre Salone del Gusto a cielo aperto può aspirare davvero a diventare — se già non lo è — un luogo di incontro, confronto, dialogo, senza barriere ideologiche, politiche e materiali, su un tema, il cibo, che, come ben sappiamo, ne sottende molti altri. In proposito, mi viene in mente quello che cantava negli anni Settanta quell’artista straordinario che era GIORGIO GABER: “La libertà non è star sopra un albero, non è neanche avere un’opinione, la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione”. Gaia Borghi
Fiere di Parma e Slow Food insieme per Cibus Connect Per Cibus Connect 2017, il nuovo format legato a Cibus e dedicato al made in Italy in Italia, che si svolgerà il 12 e il 13 aprile 2017 presso le Fiere di Parma, due importanti realtà italiane del settore alimentare hanno firmato un accordo di collaborazione: proprio Fiere di Parma, storico player nel mondo fieristico professionale che da 31 anni organizza Cibus, e Slow Food Promozione, la società che dal 1996 organizza a Torino il Salone del Gusto. Lo scopo di questa alleanza consiste nel mettere le rispettive esperienze e competenze al servizio delle aziende alimentari italiane, per favorire una sempre maggiore e migliore affermazione sui mercati. Ecco allora che all’interno di Cibus Connect, oltre agli abituali espositori di Cibus, ci sarà uno spazio dedicato ai produttori selezionati da Slow Food. Parallelamente Cibus promoverà presso le aziende alimentari italiane che tramite Federalimentare sono partner paritetico di Fiere di Parma, alcune delle attività proposte da Slow Food.«Rappresentiamo due pezzi diversi del mondo della produzione alimentare — afferma Gigi Piumatti, presidente di Slow Food Promozione — e con questa iniziativa cerchiamo i punti di contatto, di dialogo e di confronto che possono essere utili alla crescita di entrambi questi ambiti. I piccoli produttori hanno bisogno di trovare nuovi sbocchi di mercato, che riconoscano il valore del loro lavoro; le grandi aziende hanno bisogno di trarre insegnamento da alcune intuizioni e alcuni valori che sono stati coltivati in maniera fruttuosa dalle piccole aziende che costituiscono un grande patrimonio del nostro Paese».
Pesce su carta: al Salone si impara anche l’arte del Gyotaku A Torino abbiamo incontrato anche Eduard Pages Rabal, artista di Barcellona, il quale, attraverso diversi laboratori, ha mostrato e insegnato ai partecipanti l’antica — tecnica ereditata dalla madre — del Gyotaku. In lingua giapponese “Gyotaku” significa esattamente “impronta di pesce” (da gyo, “pesce”, e taku, “sfregamento”) ed è un’arte nata nel 1600 per rendere omaggio alla generosità del mare, che consentiva ai pescatori di registrare rapidamente il risultato di una giornata di pesca. Si narra che anche i samurai praticassero questa attività che celebra la diversità delle specie che popolano gli oceani poiché serviva loro come esercizio di meditazione e autocontrollo. Ma come si fa il Gyotaku? Si prende un pesce, si stende su un piano, poi si dipinge con il nero di seppia, e a quel punto si prende un foglio di carta di riso e lo si appoggia sopra. Da qui in poi, saranno le mani dell’artista con piccole pressioni a ricavare la forma perfetta del pesce.Attraverso l’esecuzione dei Gyotaku si riesce a cogliere l’essenza e la bellezza delle creature acquatiche. Un modo diverso per imparare l’anatomia dei pesci, imprigionandone per sempre su carta lo spirito e la fierezza (photo © Paolo Properzi).
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Parigi val sempre un SIAL Appuntamento biennale imperdibile per tutti gli operatori del settore, il Salone Internazionale dell’Alimentazione è luogo d’ispirazione e incontro dell’industria agroalimentare mondiale. Un evento dove, anche per questa ultima edizione, “viene presentata l’alimentazione di oggi e si inventa quella di domani” Dicono che le certezze diano sicurezza. Ecco, il SIAL–Salone Internazionale dell’Alimentazione, che ogni due anni puntuale prende forma a Paris-Nord Villepinte, ha ancora una volta dimostrato la forza di grande salone dell’universo food a livello mondiale, confermandosi un punto di riferimento per gli operatori dell’agroalimentare. Dal 16 al 20 ottobre, presso il Parc
des Expositions, l’edizione 2016 di SIAL ha comprovato la leadership e la vocazione internazionale del salone sui mercati dei prodotti alimentari e della ristorazione. Una fiera che è stata al contempo il riflesso di una competitività delle industrie basata sull’innovazione e promotrice di incontri per gli attori di un settore economico che ha lo sguardo rivolto verso il 2050. SIAL Paris ha così com-
piuto la sua missione di integrazione per misurarsi con le problematiche di oggi e affrontare le sfide alimentari di domani. I numeri dell’edizione 2016 Oltre 7.000 espositori — di cui l’85% internazionali — nel corso delle cinque giornate di fiera hanno attratto circa 155.000 visitatori e centinaia di buyer e responsabili
L’edizione 2016 di SIAL, tenutasi dal 16 al 20 ottobre scorso presso il Parc des Exposition di Paris-Nord Villepinte, ha comprovato la leadership e la vocazione internazionale del salone tra le fiere di settore a livello mondiale. Il SIAL rappresenta infatti il primo network mondiale di saloni con una copertura geografica ineguagliabile: Europa (Parigi), Nord America (Montréal e Toronto), Sudamerica (San Paolo), Medio Oriente (Abu Dhabi) e Asia (Shangai).
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provenienti da tutti i Paesi e da tutte le filiere. Oltre a 120 visite ufficiali internazionali e 250 eventi nell’evento al centro dell’attualità alimentare, economica, politica, hanno caratterizzato SIAL Paris nella sua dimensione strategica. Sono state 2.189 le innovazioni candidate ai Gran Premi SIAL Innovazione e 15 quelli assegnati. Una quantità e una partecipazione che confermano SIAL come catalizzatore degli scambi economici mondiali. Volendo fare un bilancio dell’evento, sottolineiamo l’impegno dei marchi francesi per crescere a livello internazionale, con proposte innovative e intelligenti che vogliono diventare competitive a livello di export. Un segnale di ripresa rassicurante per il futuro. «Il profilo dei nostri visitatori nazionali e internazionali è all’altezza della qualità della nostra offerta. Siamo davvero fieri che tutti i partecipanti a SIAL Paris 2016, espositori e visitatori, abbiano, ancora una volta, contribuito a trasformare queste salone in un evento leader a livello internazionale sui mercati trasversali dell’agroalimentare, un settore davvero strategico» ha dichiarato con soddisfazione NICOLAS TRENTESAUX, direttore SIAL Network. Innovazione, business e commercio internazionale Fedele al suo slogan look deeper e per celebrare la Giornata Mondiale dell’Alimentazione, SIAL ha trasformato Parigi nella capitale dell’universo alimentare e dell’innovazione mondiale, organizzando al Quai d’Orsay la conferenza dal titolo “Alimentazione sostenibile e innovazione, la sfida del XXI secolo”. Un’innovazione che indubbiamente inaugura una nuova era e si colloca fra le tendenze sostenibili del consumo. Sotto la guida del Fancy Food
Jean Jacques Cadoret, patron di Les Huîtres Cadoret di Riec-sur-Bélon, con il campione e recordman del mondo di apertura delle ostriche Marcel Lesoille. Show, di XTC world innovation, Kantar TNS e degli altri 28 partner World Tour, SIAL Innovation ha indiscutibilmente consolidato la legittimità e la competenza di SIAL in fatto di prospettive e lungimiranza. SIAL è stato anche luogo di business efficace, al contempo laboratorio e osservatorio dell’offerta e della domanda in fatto di innovazioni agroalimentari, tendenze e opportunità. In linea con le grandi sfide del mercato e la valorizzazione del dinamismo dell’industria agroalimentare a livello internazionale, SIAL Paris ha anche giocato un ruolo di primo piano nel portare riflessioni da parte esponenti del governo, ministri e personalità politiche e del mondo scientifico, venuti al salone in visita ufficiale, aprendo così il dibattito in merito a tematiche fondamentali sul futuro del settore in Francia e nel mondo. Ispirazione live Situato al centro del salone, lo studio televisivo SIAL TV ha accolto e
Il SIAL è un invito a guardare più lontano: reinventarsi, comprendere e anticipare i bisogni dei consumatori, uscire dal proprio angolo di mondo per andare incontro a braccia aperte all’infinito universo del food
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seguito i protagonisti dell’universo food. Interviste, tavole rotonde, dibattiti, conferenze hanno scandito il ritmo dei cinque giorni del salone, ogni giorno sotto lo sguardo di centinaia di spettatori. Nei padiglioni, 250 eventi hanno puntato i riflettori sulle tematiche economiche, cercando di fornire delle risposte alle sfide alimentari. La Cuisine ha celebrato la competenza di chef internazionali sotto la guida di Joël Robuchon. Una piramide di champagne e gare di cocktail hanno tenuto a battesimo il nuovo padiglione dedicato alle bevande. Barbecue e dimostrazioni hanno messo in primo piano le specialità gastronomiche dell’America Latina nel padiglione 8. Appuntamento al 2018 App, geo-localizzazione, matchmaking, percorsi tematici, programmi, guide e repertorio SIAL Innovation, spazio business, aree relax connesse, servizio di conciergerie, SIAL Shop, servizio di navette all’interno del parco: per l’edizione 2016 SIAL Paris ha moltiplicato gli strumenti e i servizi per ottimizzare le visite e il comfort all’interno del salone. SIAL Paris dà appuntamento al mondo del food dal 21 al 25 ottobre 2018. >> Link: www.sialparis.com www.sial-network.com
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Verso i gamberi del Mediterraneo senza additivi chimici
Nuove tecnologie per la valorizzazione dei prodotti della pesca di Gioacchino Bono
La pesca, in particolare quella ai crostacei, rappresenta oggi uno degli assi portanti della filiera ittica nazionale. La produzione nazionale annua di gamberi rosa, gamberi rossi e scampi (le tre specie di crostacei decapodi più pescate) si attesta infatti intorno a 13.000 tonnellate annue (dato del 2015) con un giro di affari che supera i 200 milioni di euro. Dal punto di vista storico l’interesse per questi pregiati crostacei del Mediterraneo è apparso subito dopo la seconda guerra mondiale, in concomitanza con il boom economico che ha interessato gran parte dei paesi europei, compresa l’Italia. Proprio in questo periodo la costruzione di barche a strascico sempre più potenti nonché la disponibilità di ghiaccio e dei primi additivi chimici a base di solfiti hanno contribuito in maniera particolare allo sviluppo di questa attività di pesca. Successivamente, cioè in quei 40 anni compresi tra la guerra e la fine degli anni ‘80, gran parte dei guadagni accumulati dai pescatori attraverso la pesca a strascico sono stati investiti solo per aumentare la capacità di cattura delle loro barche e nulla, o poco, è stato invece fatto per migliorare le tecniche di conservazione e valorizzazione del pescato (BONO et al., 2012). Oggi, a valle dei tanti studi alieutici che individuano l’eccessivo sforzo di pesca quale principale causa del drammatico calo di pesci, crostacei e cefalopodi, il messaggio che ci viene affidato è abbastanza
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chiaro: bisogna cambiare direzione, ossia riportare i tassi di sfruttamento delle risorse pescabili dentro i limiti della sostenibilità. E dunque, l’unica chance che rimane ai pescatori per compensare la perdita di profitti derivante dall’obbligo/consapevolezza di dover pescare meno è quella di puntare alla valorizzazione del pescato combinando, ad esempio, le tradizionali tecniche di congelamen-
to a bordo dei crostacei con nuove tecnologie in grado di ridurre l’uso degli additivi chimici a cui si è prima accennato, i “solfiti”. Bisogna insomma puntare a prodotti più buoni, più sicuri e meno deperibili. Su questo importante fronte, da oltre un ventennio la comunità scientifica internazionale è fortemente impegnata nella ricerca di soluzioni alle tradizionali tecniche di conserva-
Il motopesca Twenty Two (LFT: 33,55 m; stazza: 239 GT) utilizzato per la fase di pre-industrializzazione del progetto di confezionamento.
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I gamberi rossi appena pescati e pronti per essere congelati a −35 °C per circa otto ore. zione del pescato i cui standard, soprattutto in alcune realtà, sono ben al di sotto di quelli su cui di basa l’industria agroalimentare italiana nel suo complesso. Uno di questi studi è stato effettuato presso i laboratori dell’IAMC CNR di Mazara del Vallo ed ha avuto come obiettivo principale quello di conservare i pregiati crostacei siciliani (gamberi rosa, gamberi rossi e scampi) senza alcun additivo chimico. Un esperimento, questo, primo al mondo, in cui, direttamente a bordo in un peschereccio della flotta alturiera del luogo, campioni di tutte e tre le specie prima specificate sono stati conservati in atmosfera protettiva e congelati senza alcuna traccia di solfiti o altri additivi chimici di recente introduzione, come ad esempio il 4-Hexylresorcinol. Perché eliminare gli additivi chimici? Eliminare i solfiti significa prima di tutto ridurre l’effetto di tali sostanze sul nostro corpo ed evitare quindi l’insorgenza di malattie correlate come allergie, asma, ecc… (HARDISSON , R UBIO , F RAS , R ODRIGUEZ & R EGUERA , 2002; G UNNISON & JACOBSEN, 1987; LECLERCQ et al., 2000); e significa anche consumare un prodotto il cui delicato sapore (e odore) originario non venga artefatto dal pungente odore dell’anidride
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solforosa e suoi derivati. Evitare l’uso di “nuove molecole” (vedi il caso del 4-Hexylresorcinol, molto utilizzato all’estero e in crescita anche in Italia) significa evitare i possibili effetti estrogenici che questa sostanza potrebbe determinare sul nostro organismo (AMADASI et al., 2009). Alla luce delle considerazioni sin qui fatte, in particolare sul ruolo che la pesca dei crostacei svolge nell’economia delle città costiere e, soprattutto, sulle criticità che emergono in seguito alla presenza di additivi chimici, un progetto di ricerca finanziato dal MIPAAF ci ha permesso innanzitutto di approfondire il fenomeno dal punto di vista biochimico e soprattutto di individuare una tecnologia di confezionamento dei crostacei senza additivi (BONO et al., 2012; BONO et al., 2016a; BONO et al., 2016b). Il passo successivo alla validazione scientifica è stato quello della preindustrializzazione del processo/ prodotto. Quindi, nel 2015 i risultati raccolti nella prima fase di studio sono stati messi a disposizione di un motopesca della flotta di Mazara del Vallo che nel gennaio 2016 è stato equipaggiato con un sistema automatico per lo skin-packaging di crostacei senza additivi chimici. Questa seconda parte del progetto è stato possibile svilupparla grazie al progetto Bandiera del CNR “RITMARE”.
La fase di pre-industrializzazione del nuovo metodo di confezionamento a bordo dei crostacei A bordo del motopesca Twenty two della flotta di Mazara del Vallo attrezzato con una termosaldatrice Ypsilon (CA.VE.CO., Brescia) modificata per uso marino, campioni di gamberi rossi appena pescati sono stati rapidamente posti in vaschette ad elevata barriera all’ossigeno e quindi congelati a bordo a –35 °C. Dopo otto ore circa, quando gran parte dell’acqua tissutale si è trasformata in ghiaccio, il prodotto è stato confezionato sotto skin con lieve compensazione a base di azoto puro, un gas inerte che non modifica minimamente la qualità originaria del prodotto. La compensazione con gas inerte si è resa necessaria per ridurre quanto possibile il rischio di foratura del film da parte dell’esoscheletro dei crostacei (notoriamente ricoperto di spine). I campioni così ottenuti sono stati quindi stoccati a −20 °C e inviati in laboratorio per essere sottoposti a verifiche periodiche, volte a monitorare gli effetti di questa nuova tecnica sulla qualità generale del prodotto, in particolare sulla melanosi. Le foto a corredo mostrano in dettaglio l’effetto del nuovo metodo di confezionamento sui gamberi rossi dopo cinque mesi di stoccaggio a –18 °C. Sul prodotto non si rilevano segni di annerimento del carapace, che si presenta abbastanza lucido, né segni di disidratazione, né tanto meno segni evidenti (ingiallimento) di ossidazione lipidica. Risultati dello studio preliminare sui principali fenomeni autolitici che influenzano la qualità del prodotto Come anticipato nell’introduzione, la fase di pre-industrializzazione del processo sin qui descritta è stata a sua volta preceduta da un approfondito studio in cui sono stati monitorati gli effetti del confezionamento anaerobico (N2 100% e N2 50% – CO2 50%) e del congelamento sia sulla componente lipidica che su quella proteica di gamberi (rosa e rossi) e scampi. Nel corso di tale studio, durato oltre un anno, sono stati in particolare esaminati il pH, l’azoto
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A sinistra: la termosaldatrice Ypsilon della CA.VE.CO. installata a bordo del motopesca Twenty Two. A destra: prodotto confezionato sotto skin con lieve compensazione a base di azoto puro. basico volatile totale (ABTV), l’ossidazione dei grassi attraverso la reazione dell’acido tiobarbiturico (TBARS) e il grado di annerimento (melanosi). Variazioni del pH Il pH del prodotto, al momento della cattura, è risultato pari a 6,7 negli scampi e 7,2 in gamberi sia rosa che rossi. In tutti i campioni non trattati con additivi chimici tali valori si sono mantenuti pressoché costanti fino al sesto mese di conservazione a −18 °C, mentre sono aumentati gradualmente nel secondo semestre fino a valori prossimi a 8, osservati in particolare nei gamberi rosa dopo 12 mesi mese di magazzinaggio (Grafico 1). Diversa è stata invece la performance dei campioni di gamberi (rosa e rossi) trattati con solfito di sodio (Na2SO3). In entrambe le specie, infatti, il pH è risultato lievemente aumentato già qualche ora dopo il trattamento e si è mantenuto tra 7,7 e 8 per tutto l’anno di studio. Questo risultato è principalmente dovuto all’alta alcalinità (pH 8,5) dell’additivo utilizzato (BONO et al., 2012; BONO et al., 2016a), che subito dopo il trattamento ha evidentemente oltrepassato l’esoscheletro, non particolarmente spesso dei gamberi, e invaso la parte edule del prodotto. Un ulteriore aiuto a supporto di questa ipotesi ci arriva infatti dagli scampi, il
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cui esoscheletro, molto più spesso, ha attenuato il passaggio, e quindi l’effetto alcalinizzante dell’additivo, sulla parte edule del prodotto. Variazioni dell’azoto basico volatile totale (ABTV) Le modificazioni biochimiche che si innescano subito dopo la morte dei tessuti animali comportano la formazione di numerose sostanze azotate basiche volatili composte principalmente da ammoniaca, trimetilammina e dimetilammina (ARCANGELI et al., 2003). Il tenore complessivo di queste sostanze, che vengono accorpate sotto il nome di ABTV, è dunque considerato un utile indicatore di qualità dei prodotti della pesca ma, nel caso dei crostacei,
non si è dimostrato particolarmente efficace. Nel corso del presente studio, infatti, i campioni delle tre specie esaminate non trattati con additivi presentavano valori di ABTV compresi tra 25,5 e 36,5 mg/100 g quando erano ancora freschissimi (poche ore dopo la cattura), mentre i campioni di gambero rosa appena solfitati (siamo sempre a ridosso della cattura, cioè di fronte a prodotto freschissimo) presentavano addirittura un valore di ABTV ancora più alto e pari a 42 mg (Grafico 2). Se consideriamo, a questo punto, che il limite da non superare, secondo quanto suggerito da ANGEL et al. (1981), è di 30 mg/100 g, va da sé che questa soglia va rivista, in particolare per i crostacei, sui
Esemplare di gambero rosso conservato a bordo sotto skin e senza additivi. Dopo cinque mesi di stoccaggio a –18 °C non si rilevano né segni di annerimento né segni di deterioramento della parte edibile (coda).
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Grafico 1 – Variazioni del pH del gambero rosa durante i dodici mesi di stoccaggio a –18 ºC (fonte: BONO et al., 2012)
Grafico 2 – Variazione dell’ABTV del gambero rosa durante i dodici mesi di stoccaggio a –18 °C (fonte: BONO et al., 2012)
Grafico 3 – Variazione del TBA del gambero rosa durante i dodici mesi di stoccaggio a –18 °C (fonte: BONO et al., 2012)
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quali evidentemente la componente azotata volatile è di per sé alta prima ancora che il catabolismo post mortem delle sostanze azotate si instauri (L ÓPEZ -C ABALLERO , G ONCALVES & NUNES, 2002; MENDES, GONÇALVES, PESTANA J. & PESTANA, C., 2005). Nel complesso, dai dati osservati emerge che, durante i primi sei mesi di stoccaggio, le tecniche di conservazione che non hanno fatto uso di solfiti sono riuscite a controllare i fattori che sono alla base della produzione di ABTV. Dopo questo periodo, invece, ossia dall’ottavo mese in avanti, tutti i valori di ABTV sono cresciuti in maniera significativa nei gamberi rosa e nei gamberi rossi conservati sottovuoto, mentre sono rimasti pressoché invariati negli scampi e nei gamberi rossi in atmosfera protettiva e solfitati. Variazioni del TBARS Il grado di irrancidimento dei grassi contenuti negli alimenti (e quindi anche quello dei prodotti della pesca) si valuta attraverso due parametri: il numero di perossidi (PV), indicativo della prima fase di ossidazione dei grassi (tipica dei prodotti refrigerati), e il cosiddetto TBA, un parametro che riflette invece il grado di ossidazione secondaria, tipica dei prodotti a lunga conservazione come i gamberi congelati. Nel nostro studio i valori di TBA si sono mantenuti ben al di sotto del limite di accettabilità di 1-2 µmol per 1 g di grasso, proposto da CONNELL (1995; Grafico 3). Tra tutti i campioni esaminati, sia quelli solfitati che quelli in atmosfera protettiva, nel corso del primo semestre non è stata osservata alcuna modificazione imputabile a degradazione dei grassi. Durante la seconda metà del periodo di stoccaggio (dal 6º al 12º mese) solo il controllo di gamberi rosa e di quelli sottovuoto ha mostrato qualche segno di lieve degradazione lipidica; tutti gli altri campioni in atmosfera protettiva hanno mostrato un comportamento simile a quelli solfitati, e questo dimostra come l’esclusione dell’ossigeno all’interno della confezione in cui viene conservato il prodotto è decisivo nel controllare l’ossidazione dei gamberi congelati (BAK et al., 1999).
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Grafico 4 – Variazione della melanosi durante i dodici mesi di stoccaggio a –18 °C (fonte: BONO et al., 2012)
La melanosi nel gambero rosa
Melanosi o annerimento La melanosi o annerimento dei crostacei è dovuta all’ossidazione di monofenoli endogeni ad opera di enzimi appartenenti al gruppo delle polifenolossidasi. Per questa ragio-
ne, da decenni i gamberi vengono trattati con sostanze a base di solfiti, perché l’anidride solforosa (SO2) di cui questi si compongono blocca l’azione degli enzimi sopra citati, e quindi impedisce l’annerimento. È
anche vero che la reazione che porta all’annerimento procede solo in presenza di ossigeno, che nel nostro caso è stato eliminato attraverso la tecnica di conservazione in atmosfera protettiva. I risultati del processo di annerimento dei campioni analizzati sono mostrati in Grafico 4, nel quale viene dimostrato in che misura la sola eliminazione dell’ossigeno dalla reazione basta per impedire il processo di annerimento. Dall’analisi dei dati emerge inoltre che la tecnica di conservazione sottovuoto non è da consigliare per inibire l’annerimento dei crostacei. Piccole tracce di ossigeno rimangono infatti tra i vari esemplari e, quindi, tutte le reazioni sopra indicate procedono senza alcun problema. Al contrario, fino al sesto mese di stoccaggio è possibile notare che i campioni di gamberi conservati sotto N2 (100%) non mostrano alcun segno di annerimento. Questo interessante risultato corrobora quanto osservato in precedenza, circa il fatto che la melanosi procede solo se si è in presenza di ossigeno (ADACHI & HIRATA, 2011); quindi la tecnica di conservazione dei gamberi sotto N2 (100%) potrebbe essere utilizzata come ritardante del processo di annerimento. Va rilevato anche che un leggero ingiallimento nei campioni sotto azoto è stato osservato tra il sesto e l’ottavo mese, e questo fenomeno potrebbe essere associato più all’ossidazione dei lipidi piuttosto che a processi di melanosi in atto.
SEDE CENTRALE Via Milano, 162 M 16126 Genova Tel. +39 010 8599200 Fax +39 010 8599299 Web: www.verrini.com E-mail: verrini@verrini.com
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• Campioni di gamberi rosa dopo sei mesi di stoccaggio a –18 °C, senza aggiunta di additivi chimici. • Conclusioni Attraverso gli studi effettuati presso il CNR (sia quello preliminare che quello di pre-industrializzazione) si può affermare che un rapido congelamento di gamberi e scampi subito dopo la cattura, combinato con il confezionamento sotto N2 (100%), oppure sotto skin compensato sempre con poco azoto, è da considerarsi un valido sostituto all’uso di additivi chimici. Quindi è possibile oggi incentivare lo sviluppo di nuovi prodotti qualitativamente migliori e più sicuri, elementi questi a cui il consumatore è sempre più attento. Ulteriori approfondimenti sono possibili attraverso gli articoli evidenziati nella sezione bibliografica. Gioacchino Bono Istituto per l’Ambiente Marino Costiero – CNR Mazara del Vallo (TP) Bibliografia • ADACHI K., HIRATA T. (2011), Blackening of crustaceans during storage: mechanism and prevention, in C. ALASALVAR, F. SHAHIDI, K. MIYAHITA, U. WANASUNDARA (Eds.), Handbook of Seafood Quality, Safety and Health Applications (pp. 109-118), UK, Blackwell Publishing Ltd. • AMADASI A., MOZZARELLI A., MEDA A., MAGGI A., COZZINI P. (2009),
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Identification of xenoestrogens in food additives by an integrated in silico and in vitro approach, Chemical Research Toxicology, 22(1), 52-63. ANGEL S., BASKER D., KANNER J., JUVEN B.J. (1981), Assessment of shelf-life of freshwater prawns stored at 0 °C, International Journal of Food Science & Technology, 16, 357-366. A RCANGELI G., B ALDRATI G., PIRAZZOLI P. (2003), La trasformazione dei prodotti della pesca: tecnologia, controllo e igiene di lavorazione, Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari, 442 pp. BAK L.S., ANDERSEN A.B., ANDERSEN E.M., BERTELSEN G. (1999), Effect of modified atmosphere packaging on oxidative changes in frozen stored cold water shrimp (Pandalus borealis), Food Chemistry, 64, 169-175. BONO G., BADALUCCO C.V., CUSUMANO S., PALMEGIANO G.B. (2012), Toward shrimp without chemical additives: a combined freezingMAP approach, LWT – Food Science and Technology, 46 (1), pp. 274-279. BONO G., OKPALA C.O.R., ALBERIO G.R.A., MESSINA C.M., SANTULLI A., GIACALONE G., SPAGNA G. (2015), Toward shrimp consump-
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tion without chemicals: Combined effects of freezing and modified atmosphere packaging (MAP) on selected characteristic qualities of Giant Red Shrimp (Aristaemorpha foliacea) during storage, Food Chemistry, 197, 581-588. BONO G., OKPALA C.O.R., BADALUCCO C.V., MILISENDA G., VITALE S. (2016), The application of freezing and oxygen free packaging methods and its effects on lipid oxidation and related flesh qualities of Norway lobster (Nephrops norvegicus), European Journal of Lipid Science and Technology (in press). CONNELL J.J. (1995), Methods of assessing and selecting, in: J.J. Connell (Ed.), Control of Fish Quality (pp.135-164), London: Fishing News Books. GUNNISON A., JACOBSEN D. (1987), Sulphite hypersensitivity. A critical review, Critical Reviews in Toxicology, 17, 185-214. HARDISSON A., RUBIO C., FRAS I., R ODRIGUEZ I., R EGUERA J.I. (2002), Content of sulphite in frozen prawns and shrimps, Food Control, 13, 275-279. LECLERCQ C., MOLINARO M.G., PICCINELLI R., BALDINI M., ARCELLA D., STACCHINI P. (2000), Dietary intake exposure to sulphites in Italy-analytical determination of sulphite-containing foods and their combination into standard meals for adults and children, Food Additives & Contaminants, 17(12), 979-989. LOPEZ-CABALLERO M., GONÇALVES A., NUNES M.L. (2002), Effect of CO2/O2-containing modified atmospheres on packed deepwater rose shrimp (Parapenaeus longirostris), European Food Research and Technology, 214, 192-7. MENDES R., GONÇALVES A., PESTANA J., PESTANA C. (2005), Indole production and deepwater rose shrimp (Parapenaeus longirostris) decomposition, European Food Research and Technology, 221, 320-328. OSTROM E. (1990), Governing the commons. The evolution of institutions for collective action, Cambridge University Press, p. 280.
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Pesca: Alleanza Cooperative, la proposta di riforma UE sulle misure tecniche non semplifica «Una riforma che, nel testo attuale, tradisce le aspettative di quanti speravano in una reale semplificazione delle misure tecniche e nella possibilità di vararne di nuove specifiche per i nostri mari, e che rischia di rimanere solo apparente». È questo il giudizio espresso lo scorso 29 novembre a Bruxelles dall’Alleanza delle Cooperative pesca intervenuta all’iniziativa indetta al Parlamento europeo dal relatore GABRIEL MATO e dall’organizzazione europea Blue Fish. Il testo avviato alla co-decisione riprende di fatto tutte le norme vigenti in materia di misure tecniche e le riunisce in un unico documento. La possibilità di modificarle o di proporne di nuove passerebbe esclusivamente per i piani di gestione pluriennali, i piani di gestione dei rigetti e misure ambientali, per i quali gruppi di Stati Membri dovrebbero formulare raccomandazioni comuni “regionalizzate”. Difficile immaginare un percorso che veda le amministrazioni nazionali concordare tra loro raccomandazioni relative alle specificità locali per inserirle in proposte comuni. «Più che una riforma — spiega l’Alleanza — il testo proposto dalla Commissione apre possibilità di modificare misure tecniche ma a condizioni e con procedure tutte da esplorare e da comprendere e sulle quali esprimiamo tutto il nostro scetticismo. Altra cosa sarebbe stata l’abolizione delle misure attuali e il rinvio agli Stati Membri della formulazione di nuove norme adatte alle loro flotte e specificità locali, senza rendere obbligatorio il passaggio per la regionalizzazione». Questo è quanto è stato espresso al relatore onorevole Mato, unitamente ad un documento contenente le osservazioni di dettaglio sull’articolato della proposta. Presenti alla riunione l’onorevole Renata Briano (shadow rapporteur), rappresentanti della DG Mare, degli Stati Membri presso l’Unione Europea e numerosi stakeholder (photo © Nolte Lourens - Fotolia). (Fonte: Alleanza Cooperative AGCI Agrital, Federcoopesca, Legacoop Agroalimentare)
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Cambiamenti climatici e sicurezza alimentare
“Citizen science” per il monitoraggio delle specie ittiche tossiche invasive nel Mar Mediterraneo di L. Guardone, M. Longo, A. Maneschi, M. Guarducci, L. Gasperetti, F. Susini, A. Guidi e A. Armani
I cambiamenti climatici stanno trasformando il Mar Mediterraneo favorendo l’insediamento e la diffusione di specie aliene ittiche invasive non presenti precedentemente. Alcune
di queste specie sono pericolose per il consumatore e, se ingerite, possono provocare gravi intossicazioni, talora letali. Di questa tematica si occupa un progetto finanziato dal
Ministero della Salute dal titolo “Cambiamenti climatici e sicurezza alimentare – Indagine molecolare, microbiologica e tossicologica sulle specie ittiche tossiche presenti nel
La tossicità dei pesci palla deriva dalla presenza di una neurotossina chiamata Tetrodotossina (TTX), che si concentra soprattutto nel fegato, nelle uova e nell’intestino. Raramente si può riscontrare anche nel muscolo. Se ingerita, la TTX causa vomito, vertigini, paralisi, diarrea, fino ad un blocco cardio-respiratorio. Va precisato che la tossina non viene prodotta dal pesce direttamente, ma da alcuni batteri che si trovano nel cibo che questo ingerisce; di conseguenza la tossicità varia a seconda dell’alimentazione e dell’ambiente.
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il progetto sono quelle che si stanno diffondendo nel Mar Mediterraneo.
A Tokyo alcune varietà di pesce palla vengono servite piuttosto comunemente nei ristoranti. In versione sashimi il pesce è tagliato in fette sottilissime che rimangono traslucide e quasi trasparenti con una tecnica detta “usuzukuri”. Ogni fettina è disposta come un petalo in un cerchio concentrico e questo dà al piatto finito l’aspetto di un crisantemo o di un’immagine monocroma composta da un caleidoscopio. Mar Tirreno”, di cui è capofila l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Lazio e Toscana, in partenariato con l’Università di Pisa – Dipartimento di Scienze Veterinarie (FishLab) e con il Fish Health Veterinary Officer, Veterinary Services and Animal Health, Ministry of Agriculture & Rural Development, Israele. Nella prima fase del progetto, particolari sforzi sono stati rivolti all’aspetto divulgativo mediante strumenti quali la diffusione di brochures e poster informativi (fishlab.vet.unipi.it/wpcontent/uploads/2016/02/Brochure28-07-16-DEF.pdf), la creazione di una scheda di segnalazione, l’allestimento di una sezione dedicata sul sito e sulla pagina Facebook del Fishlab (fishlab.vet.unipi.it/it/specieittiche-tossiche; www.facebook.com/ fishlabunipi/?fref=ts) e, oltre alla divulgazione tramite articoli di giornali, interviste e incontri con pescatori, associazioni di sub e cittadini. Il presente articolo, strutturato in forma di domande, è indirizzato agli addetti del settore pesca, acquacoltura e maricoltura, con lo scopo di divulgare il progetto. Infatti, la formazione degli Operatori del Set-
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tore Alimentare (OSA) coinvolti nella filiera ittica costituisce un aspetto essenziale al fine di evitare il consumo accidentale di queste specie e di recuperare preziose informazioni da utilizzare per la valutazione del rischio emergente associato alla diffusione di specie tossiche nel Mar Mediterraneo. 1. Cosa sono le specie ittiche aliene invasive? In generale, le specie aliene o esotiche sono specie viventi che, a causa dell’azione intenzionale o accidentale dell’uomo, si trovano ad abitare ed eventualmente colonizzare un territorio diverso dal proprio areale storico di diffusione (Tavolo tecnico Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, 2009). Questa definizione implica quindi un movimento non naturale delle specie. Non tutte le specie esotiche si adattano al nuovo ambiente, ma alcune riescono a riprodursi e ad insediarsi. Si definiscono invasive quelle caratterizzate da un impatto negativo sull’ambiente, sull’economia o sulla salute umana. Le specie ittiche aliene invasive d’interesse per
2. Come sono arrivate nel Mediterraneo e quali fattori ne favoriscono la diffusione? L’ingresso di tali specie nel Mediterraneo è legato a diverse concause quali, in primis, la creazione del Canale di Suez che rappresenta un collegamento artificiale con il Mar Rosso e quindi l’areale indo-pacifico. Nell’ultimo secolo la migrazione di specie indo-pacifiche attraverso il canale di Suez è stata favorita da due cause che hanno abbattuto le soglie di salinità. Da un lato c’è stato il dilavamento dei Laghi Amari che il canale di Suez attraversa (abbattimento della barriera salata), mentre dall’altro la costruzione della Diga di Assuan ha diminuito la portata del Nilo aumentando la salinità a livello del delta (abbattimento della barriera dolce). Inoltre, il Canale di Suez è stato recentemente ampliato per permettere il passaggio separato in direzioni opposte. Una migrazione di entità minore si è verificata anche attraverso lo stretto di Gibilterra e ha permesso l’ingresso di specie atlantiche. Altri fattori che hanno agevolato l’introduzione sono stati il trasporto di specie ittiche adulte e giovanili con le acque di zavorra delle navi e l’introduzione per l’acquacoltura e l’acquariologia. L’insediamento e la diffusione di numerose specie aliene è stato inoltre favorito dal riscaldamento delle acque conseguente ai recenti cambiamenti climatici (Tavolo Tecnico 4, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, 2010). Questi cambiamenti hanno dato origine a due fenomeni: il cosiddetto “fenomeno della tropicalizzazione”, ossia la diffusione nel Mediterraneo di specie tropicali, e quello della “meridionalizzazione”, ossia la diffusione verso nord di specie tipiche dell’area meridionale del Mediterraneo (MASSA et al., 2011). 3. Ci sono specie aliene potenzialmente pericolose per la salute umana? Un rischio per la salute pubblica le-
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gato alle specie aliene è rappresentato dalla diffusione di specie tossiche, come quelle appartenenti all’ordine Tetraodontiformes (www.britannica.com/animal/tetraodontiform). Tra questi, i membri della famiglia Tetraodontidae o “pesci palla” (Fugu in giapponese e Puffer fish in inglese) accumulano tetrodotossina (TTX), una potente neurotossina termostabile che blocca la contrazione muscolare. La tossina, dopo pochi minuti dall’ingestione, provoca vomito, nausea, difficoltà respiratorie, fino a causare la morte per arresto respiratorio. La TTX ha origine esogena, infatti la sua produzione è attribuita ad alcune specie di batteri simbionti/endosimbionti presenti naturalmente a livello dell’intestino del pesce (NOGUCHI, 2008; SAOUDI et al., 2008). Sembra che la concentrazione della tossina sia influenzata dalle dimensioni degli esemplari, quindi risulta maggiore negli individui adulti, e dalla temperatura dell’acqua. La concentrazione della TTX è maggiore nel fegato, nelle gonadi, nella
pelle e nell’intestino. In generale, il muscolo non contiene la tossina e le carni possono contaminarsi per contatto con gli organi tossici, se la tolettatura del pesce viene eseguita in modo scorretto, o in seguito a conservazione prolungata prima del consumo. Tuttavia, in alcune specie anche il muscolo può risultare tossico (NOGUCHI and ARAKAWA, 2008). Ad oggi sono circa una decina le specie di Tetraodontidae segnalate nel Mediterraneo; di queste sicuramente 3 sono presenti nelle acque italiane: Lagocephalus sceleratus o pesce palla maculato, Lagocephalus lagocephalus o capolepre e Sphoeroides pachygaster o pesce palla liscio. In particolare il pesce palla maculato è tra le specie ittiche più invasive e più tossiche del Mediterraneo, in cui è arrivato attraverso il canale di Suez nel 2003. Negli ultimi anni si è reso responsabile di gravi intossicazioni alimentari (compresi alcuni rari casi fatali) in Grecia, Cipro, Turchia, Libano, Israele ed Egitto. In questa specie, oltre alle
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gonadi, al fegato e all’intestino, è risultato tossico anche il muscolo (KATIKOU et al., 2009). Anche se in linea di massima queste specie sono presenti soprattutto nel sud del Mediterraneo, tra la Sicilia e la Calabria, le ultime segnalazioni denotano uno spostamento verso il nord del Mediterraneo. Vediamo nel dettaglio le segnalazioni. L. sceleratus è stato segnalato per la prima volta in acque italiane il 7 ottobre del 2013 a Lampedusa. Sempre nel 2013 altri esemplari sono stati pescati nuovamente in Sicilia e poi anche in Puglia, a Bari. Nel 2014 per la prima volta è stato trovato un esemplare nel Mar Ionio, ad Avola. Nel 2016 si sono verificate due segnalazioni in Calabria, a Tropea e a Montebello Ionico (www. isprambiente.gov.it/it/news/primoesemplare-di-pesce-palla-maculatonel-mar-ionio). L. lagocephalus è una specie originaria dell’Oceano Atlantico, da cui si è diffusa nel Mediterraneo. Presente nei mari italiani almeno dal
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1999, anno in cui è stata segnalata a Reggio Calabria. Tra il 2000 e il 2012 è stata segnalata numerose volte tra la Sicilia a la Calabria. Recentemente, un esemplare è stato rinvenuto anche più a nord, nelle acque dell’Isola d’Elba a Porto Azzurro (www.aiam.info/index.php/ component/content/?view=feature d&start=15) e il 3 febbraio 2015 in località Santa Maria, nel Golfo di Orosei, in Sardegna (lanuovasardegna.gelocal.it/regione/2015/02/03/ news/pesca-a-sorpresa-un-capolepre-1.10794873). Tra le specie considerate, questa risulta essere quella più frequentemente segnalata in Italia. Infine, un esemplare di pesce palla è stato rivenuto spiaggiato sulle coste di San Vincenzo (LI) nel corso dell’estate passata. Purtroppo l’esemplare non è stato recuperato e non è stato possibile identificarlo con certezza; tuttavia con molta probabilità si trattava di un esemplare di Lagocephalus lagocephalus, capolepre (www. greenreport.it/news/aree-protette-ebiodiversita/pesce-palla-maculatotrovato-san-vincenzo-non-dellaspecie-piu-tossica). S. pachigaster origina dall’Oceano Atlantico, da cui si è diffuso nel Mediterraneo. È presente nei nostri mari almeno dal 1985, da quando fu ritrovato nel canale di Sicilia; in seguito, tra il 2008 e il 2009, alcuni esemplari sono stati registrati nel Mar Tirreno. L’ultima segnalazione di questa specie risale al 15 marzo 2012 nei pressi dello Stretto di Messina (GIORDANO et al., 2012). 4. Come si riconoscono i pesci palla? I Tetraodontidae o “pesci palla” sono caratterizzati da una particolare struttura boccale composta da due grossi denti mandibolari e due mascellari che formano una sorta di “becco” molto tagliente. In generale questi pesci non presentano squame e opercoli branchiali. Inoltre, per difendersi dai predatori sono in grado di gonfiarsi “a palla” appunto, inglobando velocemente aria o acqua all’interno di un diverticolo presente nello stomaco. Nello specifico le ca-
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ratteristiche morfologiche di queste 3 specie sono: • Lagocephalus sceleratus (pesce palla maculato): presenta un corpo allungato, leggermente slanciato, gonfiabile. È coperto di spinule sul ventre e sulla superficie dorsale e presenta due linee laterali separate e continue. Si contraddistingue per le macchie scure sul dorso bruno-verdastro e le linee argentate sui fianchi. Il ventre è bianco perlaceo. Ha una lunghezza media di circa 40 cm, anche se la taglia massima registrata è pari a 100 cm di lunghezza e 7 kg di peso (sma. sinanet.isprambiente.it/sma/ ispra-sma/specie/100); • Lagocephalus lagocephalus (capolepre): la livrea di questa specie è caratteristica e costituisce il miglior criterio per distinguerlo da specie affini. Il dorso è infatti di colore blu, i fianchi argentei e il ventre bianco, mentre le pinne sono tutte scure. Può raggiungere i 65 cm di lunghezza e 3,2 kg di peso (FARRAG et al., 2015); • Sphoeroides pachygaster (pesce palla liscio) presenta la pelle completamente liscia, priva di scaglie, spine e placche ossee. Ha una colorazione bruno-grigiastra sul dorso e bianco-grigia sul ventre. La pinna caudale si presenta tronca. Raggiunge la dimensione di 45 cm, ma gli esemplari comunemente ritrovati misurano da 10 a 35 cm (www.marinealien.sinanet. isprambiente.it/uploads/Sphoeroides%20pachygaster.pdf). 5. Come intervengono le istituzioni per tutelare il cittadino? La normativa comunitaria, Regolamenti (CE) n. 853 e n. 854 del 2004, vietano rigorosamente la commercializzazione delle specie appartenenti alle famiglie Tetraodontidae, Diodontidae e Molidae (ordine dei Tetraodontiformes). L’intensificarsi delle segnalazioni di queste specie tossiche anche in zone, come ad esempio il Mar Mediterraneo, dove sono da poco insediate e quindi poco conosciute ha portato diversi paesi ad adottare politiche atte alla
divulgazione e all’informazione per consapevolizzare tutti i potenziali interessati (operatori del settore alimentare e consumatori) circa questa problematica emergente in modo da gestire il rischio ad essa associato. In Italia l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) ha condotto alcune campagne dapprima su scala locale, in Sicilia, e successivamente su scala nazionale, con l’intento di avvisare i cittadini e gli operatori del pericolo e di ottenere segnalazioni dal territorio e valutare la diffusione di queste specie. Ovviamente, la formazione degli operatori può evitare l’ingresso di queste specie sul mercato prevenendone il consumo. In Tunisia, nel 2011, il Ministero dell’Agricoltura ha attivato un programma nazionale d’informazione pubblica circa la presenza del Lagocephalus sceleratus e sui rischi connessi al suo consumo organizzando seminari nei principali porti della costa e distribuendo volantini informativi nelle regioni costiere. Il sistema di allerta precoce organizzato è risultato efficace nella prevenzione e, nel corso degli anni successivi, si è avuto un solo caso di intossicazione grave (SOUISSI et al., 2014). A Malta e in Croazia, invece, non c’è stata un’azione centrale da parte del Governo, ma sono comunque state attivate delle campagne informative in seguito al ritrovamento di esemplari di pesce palla. Nello specifico a Malta, considerata la realtà contenuta dell’isola, è stato ritenuto efficace un ragguaglio informale tra pescatori, mentre in Croazia l’Istituto di Oceanografia di Spalato ha diffuso un volantino tra i pescatori ed alcuni suoi ricercatori sono intervenuti in TV e radio per consapevolizzare l’opinione pubblica (ANDALORO et al., 2016). 6. Che cosa posso fare per partecipare al progetto? L’approccio maggiormente utilizzato per monitorare fenomeni naturali di grandi dimensioni persegue quanto racchiuso nel concetto di citizen science o scienza dei cittadini, ossia una ricerca scientifica condotta con la partecipazione attiva di non-
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scienziati che svolgono un ruolo chiave nel riportare le segnalazioni. Infatti, le invasioni biologiche avvengono su dimensioni molto ampie e difficili da monitorare con metodi tradizionali e spesso i primi a intercettare queste invasioni non sono gli scienziati, ma chi è in stretto contatto con l’ambiente, come pescatori, sub, e anche comuni cittadini, nel caso dell’ambiente marino (www. isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/quaderni/ricercamarina/ Quad_RicMar_9_16_Balmas.pdf). In quest’ottica chiunque avvisti o rinvenga un esemplare di pesce palla è pregato di contattarci ai seguenti recapiti: telefono 050 2210201-204 o e-mail fishlab@vet.unipi.it. I pesci palla sono arrivati nei nostri mari e possono rappresentare un rischio per la salute dell’uomo. Tu puoi fare qualcosa per aiutarci nella raccolta di informazioni necessarie per valutare l’entità di questo rischio. L. Guardone M. Longo A. Maneschi A. Guidi A. Armani FishLab, Department of Veterinary Sciences Pisa M. Guarducci L. Gasperetti F. Susini Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana M. Aleandri Sezione di Pisa Bibliografia • ANDALORO F., CASTRIOTA L., FALAUTANO M., AZZURRO E., DEIDUN A., FENECH-FARRUGIA A. (2016), Public feedback on early warning initiatives undertaken for hazardous non-indigenous species: the case of Lagocephalus sceleratus from Italian and Maltese waters. • FARRAG M., EL-HAWEET A.A., MOUSTAFA M.A. (2016), Occurrence of puffer fishes (Tetraodontidae) in the eastern Mediterranean, Egyptian coast-filling in the gap. BioInvasions Record, 5(1). • GIORDANO D., PROFETA A., PIR-
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STORIA E CULTURA
Gente di riviera… d’Arno di Maurizio Dell’Agnello
All’alba del 4 novembre 1966, a seguito di un’eccezionale ondata di maltempo, l’Arno straripa in più punti e invade Firenze. A 50 anni dall’alluvione, una mostra celebra le genti che popolavano le rive di quel fiume, così temuto e così tanto amato
La riviera, nell’accezione latina di riparia, indica la riva adiacente ad un corpo idrico, statico nel caso del lago, dinamico in quello del fiume. Le persone che la abitano o frequentano questi luoghi sono definiti gente di riviera. L’occasione per ricordare la gente di riviera d’Arno e i loro mestieri ha coinciso con la mostra 50 anni fa l’alluvione*, in programma nell’ambito delle celebrazioni organizzate dal Comune di Firenze per il 50º anniversario dell’alluvione che, all’alba del 4 novembre 1966, sconvolse la città di Firenze e l’intero territorio del bacino del fiume Arno. Il percorso espositivo della mostra, che ha previsto un prima e un dopo il tragico evento, ha voluto iniziare proprio dalle genti che popolavano le rive, dai luoghi e dai loro mestieri, caratterizzati dal rapporto con un fiume storicamente temuto, ma con il quale avevano imparato a vivere, condividendone i momenti tragici e pericolosi, ma anche quelli piacevoli e fruttuosi, grazie ai quali traevano da esso il proprio sostentamento e quello necessario alle loro famiglie.
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I mestieri potevano essere tra i più disparati, alcuni dei quali richiedevano un rapporto attivo con l’elemento idrico che attraversava la città e che in un certo la divideva, rendendo difficili le comunicazioni, il lavoro, gli affetti e le socializzazioni. Tra le genti di riviera, i più attivi erano senza dubbio i renaioli, i traghettatori, i navicellai e i pescatori, ruoli spesso riuniti in un’unica persona che prestava servizio all’occasione, a seconda delle necessità e delle richieste del momento, indossando i panni che più gli erano opportuni. Elemento comune era la barca, il barchino o barchetto, che consentiva di svolgere tutte le attività entrando in diretto contatto con il corpo idrico che attraversava la città e il territorio. Tutti i lavori erano molto utili, per il grande servigio che erano in grado di apportare alla popolazione. I renaioli (che lavorarono in Arno fino al secondo dopoguerra, quando furono sostituiti dalle draghe meccaniche) asportavano dal fiume materiale per l’edilizia, costituito da sabbia e ghiaia, di cui c’era grande
richiesta a causa degli intensi fenomeni di urbanizzazione. I traghettatori si interessavano di portare le persone e le merci da una riva all’altra del fiume, che poteva essere attraversato in più punti nel territorio del comune di Firenze. Spesso i traghettatori si ingegnavano per costruire passerelle che consentivano il passaggio del fiume anche a piedi, almeno nella stagione estiva, strutture che venivano smontate quando i fiume si faceva più minaccioso con le prime piogge. I navicellai eseguivano il trasporto di merci e persone lungo il fiume, un antico mestiere che consentiva di far pervenire dal mare fino a Firenze, in modo efficace, sicuro ed economico, le merci di cui si aveva bisogno, almeno fino alla nascita della ferrovia che in seguito soppiantò il sistema di trasporto fluviale. Quello del pescatore fu il mestiere tra i più attivi e più antichi nel corso della storia fiorentina. Dal suo lavoro derivava la possibilità di alimentarsi con proteine animali di nobile provenienza e di seguire, nei periodi
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La zona della Cattedrale di Santa Maria del Fiore alcuni giorni dopo l’alluvione del 1966.
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magro (Natale, Quaresima, ecc…), i dettami religiosi definiti dalla chiesa per il buon credente. Naturalmente, per meglio adempiere alla richieste del mercato, il pescatore strutturò il suo lavoro in modo da renderlo il più efficace e proficuo possibile, ma sempre con grande rispetto del fiume e dei suoi animali, perché già allora era pienamente consapevole che sfruttare eccessivamente l’ambiente acquatico e non rispettarlo poteva significare impoverirlo e minare direttamente i fondamenti del suo mestiere e delle sue aspettative. E proprio attorno alla figura del pescatore si è concentrata la sezione del pre-alluvione della mostra, con un’accurata selezione dei più rappresentativi sistemi di cattura utilizzati negli anni ‘50 dalle genti di riviera d’Arno conservati da ROBERTO BORGI, le foto e le illustrazioni grafiche dei momenti di pesca di ROBERTO FIORDIPONTI, ricostruiti in base a testimonianze orali di Adriano Baroncelli che parlano di un fiume “amico e chiacchierone”, raffigurato nelle tranquille e riflessive atmosfere delle vedute d’Arno di ALESSANDRO NOCENTINI, un fiume ancora lontano dai tragici momenti che purtroppo avrebbe fatto conoscere di sé in tempi successivi.
Pesca notturna con il frugnolo, disegno di Roberto Fiordiponti (photo © firenze.repubblica.it). gresso troncoconico, formato da porzioni di stelo di canna legati insieme, impediva al pesce di uscire una volta entrato, attratto dall’esca. Si mettevano nei tratti più profondi del fiume e si lasciavano in posta per una o più notti, in attesa di probabili catture.
Gli strumenti di cattura dei pescatori di mestiere fiorentini
Il frugnolo Lampada ad acetilene con la quale si pescava lungo il fiume di notte. Il pesce si immobilizzava attratto dalla luce e veniva catturato con l’aiuto di rudimentali fiocine.
Le nasse Trappole cilindriche costruite con la canna di fiume. Sulla base del cilindro veniva posta l’esca, mentre l’in-
Il giacchio Una rete a forma circolare del diametro di 4 o 8 metri che veniva lanciata dalla prua della barca con una parti-
colare gestualità. La rete aveva sulla circonferenza una serie di piombi che, una volta tesa sull’acqua, la facevano calare sul fondo, catturando tutto ciò che trovava nel suo raggio d’azione. Il giacchio, quindi, veniva recuperato issandolo sulla barca con il pesce che vi rimaneva ammagliato senza possibilità di liberarsi. La canna Costruito artigianalmente in loco a partire dalla canna di fiume, trattata in modo speciale per renderla più resistente e flessibile, questo strumento di cattura era senza dubbio il più diffuso, utilizzato dai pescatori di mestiere e da quelli per diletto. Era costituito da un corpo centrale
La comunità agricolo piscatoria di Ugnano e Mantignano La comunità agricolo piscatoria di Ugnano e Mantignano è un video a cura di MAURIZIO DELL’AGNELLO con disegni di ROBERTO FIORDIPONTI e la testimonianza orale di ADRIANO BARONCELLI, che ricostruisce l’attività di pesca di una frazione fiorentina posta in riva sinistra d’Arno, poco a valle del Parco delle Cascine. Si tratta della storia di alcune famiglie che praticavano negli anni ‘50 la pesca di mestiere lungo il fiume con numerosi strumenti di cattura, al fine di rendere più efficace il loro lavoro. Gli stessi pescatori si interessavano anche della fase di vendita del prodotto, selezionando le specie più ricercate (come l’anguilla) che avevano maggiore pregio e quindi maggior prezzo di mercato. Un rapporto antico quello della città di Firenze con questa specie, ricordato anche dal contributo dello storico ANDREA ZAGLI dell’Università di Siena. >> Link: www.youtube.com/watch?v=8KKAdD566Qo&spfreload=10
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formato da più segmenti uniti insieme da una ghiera di ottone e da un elemento finale molto flessibile, utile durante le fasi di cattura. La bilancia La bilancia è una tecnica di pesca molto antica, costituita da una canna di bambù molto robusta a cui erano collegati due staggi (ferri piegati e flessibili), ai quali era legata una rete che veniva calata in acqua e issata a intervalli regolari. La pesca con la bilancia poteva essere fatta da riva o dalla barca e poteva essere pure itinerante, comportando lo spostamento dello strumento di cattura lungo il fiume, smontandolo e rimontandolo all’occorrenza nella nuova sede di pesca. La cerchiaia Rete da circuizione che veniva fissata da un lato alla riva, mentre con la barca si portava al centro del fiume, facendole fare un semicerchio e riportando l’altro lato poco più a monte. Lo strumento veniva issato dalla riva tirandolo contemporaneamente dai due lati in modo da raccogliere il pesce che vi trovava. La mazzacchera Strumento utilizzato specificatamente per la cattura dell’anguilla. La mazzacchera è costituita da un “gomitolo” di lombrichi di terra di cui il pesce è ghiotto. Il gomitolo è collegato ad una canna che viene collocata in prossimità della riva. L’anguilla, particolarmente vorace, morde l’esca. A quel punto si solleva la canna con l’anguilla ancora attaccata ai lombrichi e la si pone in un ombrello di tela cerata di colore verde, aperto e posto sul fiume a galleggiare in prossimità della riva. I vivai ittici L’attività di pesca della comunità di riviera d’Arno portava alla cattura di pesce che veniva collocato in vivai, in attesa di essere portato sul mercato per la vendita, scegliendo i momenti più opportuni per la sua collocazione. I vivai erano costituiti da piccole vasche in cemento di varia forma collocate nelle vicinanze delle abitazioni dei pescatori, nelle quali venivano separate le specie catturate di
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“maggior pregio” (alborelle, barbi, anguille, lasche) da quelle meno apprezzate (carpe, tinche e altri pesci). La vendita del pesce Il pesce pescato in Arno veniva veduto vivo e quindi freschissimo! Generalmente era lo stesso pescatore che, con la bicicletta a cui legava delle zucche svuotate e riempite di acqua e pesce da vendere, si muoveva verso il centro della città. Il pescatore era conosciuto nel quartiere e gli acquisti del prodotto avvenivano lungo la strada. Spesso il suo “viaggio” si esauriva molto presto, non appena aveva finito il prodotto, senza nemmeno giungere nel centro di Firenze. Maurizio Dell’Agnello Contributi e ringraziamenti La mostra sul cinquantenario dell’alluvione dell’Arno promossa dal Quartiere 4 del Comune di Firenze ha trovato in Val di Cornia importanti e fattive collaborazioni. Oltre ai disegni delle tecniche di cattura realizzati dal venturinese Roberto Fiordiponti, c’è stato il contributo della sezione Arci Pesca di San Vincenzo che possiede alcuni strumenti che venivano utilizzati per la pesca in mare, ma anche in fiumi e laghi costieri, gli stessi che erano utilizzati dai fiorentini negli anni ‘50 per le catture dei pesci d’Arno. La loro esposizione ha reso possibile rivitalizzare una memoria ormai lontana, legata a momenti in cui l’Arno era considerato “amico”, fonte di lavoro per pescatori che con il loro mestiere riuscivano a far campare le loro famiglie e far apprezzare una risorsa molto ricercata in città. Ma la vera sorpresa è stata la preparazione di Paolo Orazzini, che ha proposto l’anguilla offerta dalla Cooperativa Pescatori di Orbetello secondo la sua idea, riportando in molti la memoria gustativa di prodotto che avevano avuto modo di assaggiare diverso tempo fa e in altri il piacere di una vera e propria scoperta di gusti ed profumi poco conosciuti per la difficoltà di reperire oggi questo prodotto sul mercato. Nota A pagina 134, renaioli (photo © Madiai).
LIBRI
Fish, molto più di un semplice libro di cucina Bretone e figlio di pescatori, PHILIPPE EMANUELLI era destinato a scrivere un libro sul pesce, che è molto più di una pubblicazione di ricette. Emanuelli propone infatti una guida che raccoglie riflessioni e considerazioni etiche e personali sul pescato e sulle risorse ittiche in un mondo
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nel quale sostenibilità e rispetto dell’ambiente sono temi importanti da riprendere anche in cucina. Le pagine di Fish raccontano quindi storie, propongono ricette e tecniche di filettatura e taglio dei pesci. Il tutto attraverso immagini ricercate e mai banali di FRÉDÉRIC RAEVENS.
La pubblicazione, acquistabile sul circuito di Amazon, è disponibile in lingua francese e in spagnolo. EMANUELLI P., RAEVENS F. Fish Marabut Editrice 288 pagine – € 29,90
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Dove soffia il maestro Prodotto da Domus de Janas Editore nel luglio scorso, la prima esperienza narrativa dell’esordiente MARIA ANTONIETTA DESSÌ è una raccolta di racconti ambientati nel Sinis, una penisola della costa centro-occidentale della Sardegna, in provincia di Oristano. La costante delle vicende riportate, che si compiono tutte dai primi del ‘900 ai giorni nostri, è il Maestrale. Questo vento, a cui gli abitanti della zona attribuiscono un valore quasi sacrale, è considerato una vera e propria risorsa, una fonte unica di energia e di vita, capace di cambiare scenari, umori e paesaggi, senza mai mutare sé stesso. Un vento a cui flora e fauna si sono piegate nei millenni, adattandosi seppur faticosamente. Nei ventiquattro racconti di vita vissuta, utili a descrivere una terra antichissima attraverso le storie della gente comune, la Dessì lascia intravedere importanti scorci del mondo della pesca, così com’è oggi, ma anche com’è stata nei decenni passati. Per secoli, infatti, la costa occidentale della Sardegna è stata protagonista nella pesca del tonno, sino alla sua scomparsa quasi definitiva nella prima metà del ‘900, periodo in cui la tonnara di Su Pozzosu era ancora pienamente attiva. Qui avveniva regolarmente la mattanza e la prima lavorazione del tonno. Poiché non esisteva nel Sinis una manovalanza locale capace di effettuare il prelievo e le prime attività successive, ogni anno centinaia di operai della tonnara di Arbus giungevano a Su Pozzosu per lavorare, e lo facevano in condizioni di vita di assoluto disagio. Nel suo racconto la Dessì descrive la dura esistenza dei tonnarotti che, oltre a fare un mestiere di per sé sfiancante, erano costretti a vivere all’aperto, lontano dalla famiglia e in condizioni molto peggiori rispetto ad altre tonnare sarde, dove invece l’organizzazione complessiva del lavoro era molto più agevole.
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I mari del Sinis erano un tempo talmente ricchi e prosperi che divennero anche meta importante per il prelievo del corallo prima, e delle aragoste e dei ricci poi. Ma anche queste acque si sono via via rese sempre più avare, sino a porre seri interrogativi sul futuro della pesca artigianale. Nonostante la regolamentazione, il problema dell’eccessivo prelievo si ripropone puntualmente per i ricci, che invece un tempo — come descritto ne Dove soffia il maestro — erano straordinariamente diffusi e venivano raccolti in qualunque mese dell’anno, con strumenti rudimentali. L’emblema del depauperamento delle risorse ittiche è in questi mari quello dell’aragosta, la cui scarsità negli scorsi decenni ha fortunatamente generato un tale clamore da destare l’attenzione di una regista di calibro come SABINA GUZZANTI. È stata lei — come racconta la Dessì in uno degli ultimi capitoli del libro — a sollevare la questione, di fronte a politici e opinione pubblica, sul drammatico tema del calo della pesca delle aragoste nel Sinis. Un drastico crollo, talmente preoccupante che sono stati necessari diversi progetti, perché la “regina delle acque” tornasse in quei mari, con una consistenza accettabile. È dal Sinis che è partito il primo progetto di ripopolamento dell’aragosta in Italia ed è dal Sinis che si è iniziato a pensare alla risorsa, come un bene da preservare per il futuro. In queste coste è stato attuato, con grande senso di responsabilità dei pescatori, un progetto di rinascita che ha ribaltato l’approccio degli operatori al mare. Quel progetto, che gli europeisti definirebbero best practice, è diventato un vero e proprio modello di lavoro eletto ad esempio in Italia e in Europa per numerose marinerie e regioni costiere. E ancora, nelle 141 pagine di cui la raccolta è composta, la Dessì racconta di un mare dove i bambini
MARIA ANTONIETTA DESSÌ Dove soffia il maestro Racconti di vita nel Sinis Domus de Janas Editore, 2016 141 pp. – € 15,00 www.domusdejanaseditore.com amavano — e tuttora amano — la posidonia anziché schivarla, dove i ponzesi e i francesi, giunti lì da lontano, stufi di mangiare aragosta, la scambiavano con pesci di “seconda” o con formaggi e selvaggina. Ma il Sinis è anche quel luogo in cui, all’indomani della seconda guerra mondiale, si pescava con le bombe e si conservavano ancora i cibi con il sale che si estraeva dalle innumerevoli saline del luogo. Queste acque e queste coste, che di cose ne potrebbero raccontare davvero tante, hanno persino fatto da scenario al singolare tentativo di un gruppo di indipendentisti sardi di istituire una repubblica indipendente. Un recente avvenimento questo, la cui notizia ha fatto il giro del mondo e che, seppure nell’ilarità del fatto, ha avuto il merito di dare notorietà ad un’isola, quella di Mal di Ventre, che nemmeno la sua straordinaria bellezza selvaggia e incontaminata le aveva mai regalato prima.
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