Il Pesce 6-2018

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IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO

PERIODICO DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67

N. 6/2018



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AUGURI D’AUTORE

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IL PESCE, 6/18


Giuseppe Arcangeli Josette Baverez Blanco • Giancarlo Belluzzi Elena Benedetti Gian Omar Bison • Luciano Boffo Chiara Bonaventura Gaia Borghi • Patrizia Buratti Marco Cappelli Federica Cornia • Sebastiano Corona Marco Credi Aurora De Santis • Luca Del Grammastro Maurizio Dell’Agnello • Serena Di Nardo Michela Favretti Giorgia Fieni • Laura Franchini Riccardo Lagorio Francesco Lardelli • Nunzia Manicardi Concetta Messina Renzo Mioni • Gianluigi Negroni Elena Orban Alessandra Pezzuto • Alessia Piovesana Alfonso Piscopo Massimiliano Rella • Andrea Santulli Marco Saroglia Daniele Teobaldo • Genciana Terova Roberto Villa

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IL PESCE, 6/18

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Anno XXXV N. 6 • Dicembre 2018

IL PESCE «Da’ un pesce a un uomo ed egli avrà un pasto; insegnagli ad allevarlo e avrà il nutrimento per tutta la vita»

Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

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Direzione – Redazione Amministrazione Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.ilpesce-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 741 del 30-12-1983

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Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi

Tariffe abbonamenti Annuale (6 numeri): Italia € 40,00 Estero € 50,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910

Fotografia Luigi Credi Comitato di redazione Franco Ferrari – Manrico Murzi Consulenti scientifici Dr. Gaetano Arcarese – Prof. Giorgio Giorgetti Dr. Lucia Liddo – Dr. Francesco Paesanti – Prof. Remigio Rossi Dr. Marco Saroglia – Dr. Aldo Tasselli Collaboratori scientifici Prof. Corrado Barberis – Dr. Alessandro De Maddalena Dr. Maurizio Dell’Agnello – Prof. Fabrizio Ferrari – Dr. Claudio Ghittino Dr. Gianluigi Negroni – Dr. Paola Pierelli – Prof. Guido Razzoli Dr. Antonio Trincanato Collaboratori scientifici esteri Prof. R. Billard (Francia) – Dr. S. Sarig (Israele) Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CC 2018. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2018.

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IL PESCE

Anno XXXV N. 6 • Dicembre 2018

In questo numero: Il pesce nel mondo

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Immagini

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Attualità

La correttezza nei rapporti tra i clienti e i fornitori

Sebastiano Corona

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Pan: l’istituzione di nuove aree marine protette non penalizzi pescherecci e acquacoltura Legislazione

Paese d’origine: la montagna partorisce il topolino

Sebastiano Corona

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Il pesce in rete

Social fish

Elena Benedetti

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Acquacoltura

Caviar Nacarii, il caviale della Valle d’Aran

Riccardo Lagorio

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Pesca

Acquacoltura Summer School

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Comprovata efficacia dei mangimi Aquasoja nel superare le malattie invernali dell’orata

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Coinvolgiamo la piccola pesca e i consumatori per promuovere il benessere del Mediterraneo

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MSC lancia il progetto BluFish, per una pesca più sostenibile

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EcoFilm Shellfishing: progetto per la valorizzazione e la sostenibilità della pesca a piedi dei molluschi

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A pagina 66.

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Specie ittiche

L’ombrina ocellata e il suo allevamento

Aziende

Ittigel compie 20 anni e festeggia inaugurando la nuova sede

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BioMar, con gli allevatori per creare un gamberetto premium

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Francesco Lardelli

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Gastronomia Valdarnese vi presenta il coregone

Interviste

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Ittica Golfo di Follonica, il decennale

Maurizio Dell’Agnello 60

Adriatico, è tempo di muoversi

Gianluigi Negroni

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Riccardo Lagorio

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Osservatorio internazionale Il baccalà, eredità culturale europea La qualità

Indicazioni geografiche e specialità tradizionali garantite

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Consumi

Ogni 100 euro per la spesa, quasi 10 sono destinati all’ittico

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Ambiente

Slow Fish e il mare di plastica Una semplice idea: puliamo il mare

76 Maurizio Dell’Agnello 80

Nutrizione

Tonno in scatola, proteine preziose per la Silver generation

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Il pesce in tavola

Insaporiamo il nasello!

Giorgia Fieni

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Sapore di mare

Chefish, l’Adriatico nel piatto

Riccardo Lagorio

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Chinappi e Purificato, sodalizio vincente sotto il segno dei pesci

Massimiliano Rella

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Bisàt d’argento, un ex aequo a sostegno dei pescatori

Gaia Borghi

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A pagina 92.

IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO

PERIODICO DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67

N. 6/2018

In copertina: i nostri più cari auguri di buone feste col pesce fresco di Purificato e Chinappi (photo © Massimiliano Rella).

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I piatti di pesce di Gregori Nalon

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Pesce d’acqua dolce

Slovenia, paradiso dei pescatori d’acqua dolce

Nunzia Manicardi

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Fiere

SIAL Parigi, international food business in salsa francese

Gaia Borghi

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La pagina scientifica

Immature fish reproduced using biotechnology

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La lavorazione della seppia a Chioggia dai tempi più antichi fino ai giorni nostri Tecnologie

Libri

Luciano Boffo Patrizia Buratti

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I mega trend del settore alimentare

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Sicurezza alimentare: tracciamo la vostra qualità

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MOCA: conosciamoli e usiamoli meglio

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Poissons, écrevisses et crabes

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Dizionario dei termini della pesca

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A pagina 88.

A pagina 84. A pagina 28.

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IL PESCE NEL MONDO La Corea del Sud accetta le regole UE contro la pesca illegale Lo scorso 19 ottobre si è svolto a Bruxelles il IX vertice UE-Repubblica di Corea, che ha segnato il 55o anniversario delle relazioni diplomatiche tra l’Unione Europea e la Repubblica di Corea e gettato le basi per un ulteriore rafforzamento dei rapporti bilaterali. JEAN-CLAUDE JUNCKER, presidente della Commissione europea, e DONALD TUSK, presidente del Consiglio europeo, hanno rappresentato l’Unione Europea, mentre la Repubblica di Corea è stata rappresentata dal presidente MOON JAE-IN. Al vertice hanno preso parte anche l’Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza/vicepresidente della Commissione europea FEDERICA MOGHERINI ed il commissario europeo per il commercio CECILIA MALMSTRÖM, insieme a vari ministri sud-coreani. I presidenti Juncker, Tusk e Moon si sono impegnati a potenziare ulteriormente il partenariato strategico tra l’UE e la Repubblica di Corea, che si fonda su tre pilastri concreti: un accordo rafforzato di partenariato e di cooperazione, un ambizioso accordo di libero scambio e un accordo quadro per la partecipazione alle operazioni di gestione delle crisi condotte dall’Unione. Il vertice ha offerto l’opportunità di esplorare altri settori di cooperazione nell’ambito del partenariato strategico. Le discussioni si sono incentrate sulla situazione nella penisola coreana e nel mondo e sulle relazioni commerciali. I leader hanno ricordato che l’accordo di libero scambio tra l’UE e la Repubblica di Corea rappresenta un successo economico a cui entrambe le parti devono maggiore prosperità. L’UE è il terzo partner commerciale della Corea del Sud, mentre la Corea è l’ottavo partner commerciale dell’Unione; attualmente il valore degli scambi commerciali di merci in entrambe le direzioni è pari a circa 100 miliardi di euro. In quest’ottica i presidenti si sono confrontati su come garantire che cittadini ed imprese possano trarre il massimo vantaggio dall’accordo. In occasione del vertice il commissario europeo per l’ambiente, gli affari marittimi e la pesca KARMENU VELLA e KIM YOUNG-CHOON, ministro del mare e della pesca della Repubblica di Corea, hanno sottoscritto una dichiarazione congiunta con cui si impegnano a collaborare nella lotta alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata. La Repubblica di Corea è il quarto Paese con il quale l’UE firma una dichiarazione di questo tipo, parte delle sue iniziative di contrasto alle più gravi minacce che mettono a repentaglio la pesca sostenibile e la biodiversità marina in tutto il mondo, con conseguenze ambientali e socioeconomiche devastanti. Il nuovo partenariato, in linea con gli obiettivi della strategia dell’UE in materia di governance degli oceani, contribuirà allo scambio di informazioni su presunte attività di pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, al miglioramento della tracciabilità dei prodotti ittici ed alla promozione della pesca sostenibile tramite l’istruzione e la formazione (fonte: © World Food Press Agency; in foto, il mercato del pesce Jagalchi a Busan, Corea del Sud, photo © curioso.pl).

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IMMAGINI

A Formia, Latina, le famiglie Chinappi e Purificato si sono ritagliate negli anni e con merito una solida autorevolezza nel comparto del pesce. Pesce fresco, anzi, freschissimo, venduto ogni giorno all’asta e al dettaglio nello spaccio interno dell’azienda di prodotti ittici Purificato Srl. A dirigerla è Gianni, qui fotografato insieme al cugino Michele Chinappi, grande maestro di sala del ristorante omonimo situato non lontano dalla pescheria. La specialità del locale? Pesce naturalmente! L’articolo di Massimiliano Rella su queste due realtà è a pagina 96 (photo © Massimiliano Rella).

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ATTUALITÀ

La correttezza nei rapporti tra i clienti e i fornitori Da sempre il tema delle pratiche commerciali sleali turba gli animi dei diversi soggetti che compongono la filiera agroalimentare. Dopo vari tentativi è ora l’Unione Europea a voler trovare una disciplina comune che tuteli gli anelli più deboli e riporti equità nei rapporti commerciali di Sebastiano Corona

È una questione tanto delicata quanto sentita e coinvolge ogni ambito del comparto sino ad arrivare al consumatore finale. Ci sono contesti in cui il problema è più grave ma, in generale, la questione investe tutti gli Stati Membri e a tutti i livelli.

Stati che, negli ultimi anni, hanno provveduto — dove più, dove meno —, a dotarsi di una legislazione propria che, oltre a non portare sempre risultati apprezzabili, ha generato un quadro ampio e variegato che in un mercato comune non fa che con-

tribuire a creare disparità di trattamento e confusione. Il legislatore italiano ci aveva provato col famoso articolo 62 del DL 24 gennaio 2012 n. 1, introducendo, tra le altre cose, dei termini di pagamento perentori. Non hanno fatto meglio altri Stati,

Le pratiche commerciali sleali sono oggi oggetto di interesse della Commissione europea, che si pone l’obiettivo di trovare una disciplina comune che tuteli gli anelli più deboli della filiera agroalimentare (photo © davidfuentesphoto.com).

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alcuni dei quali sono completamente privi di normativa specifica o hanno disposizioni molto deboli e inefficaci. Nella Politica Agricola Comune (PAC) è specificamente prevista la possibilità per gli Stati Membri di imporre contratti scritti tra agricoltori, trasformazione e distribuzione. In materia di pesca si è andati verso il rafforzamento di alcuni soggetti della filiera, sostenendo le organizzazioni di produttori. Ci sono poi norme che riguardano produzioni specifiche come latte, olio di oliva, carni bovine e seminativi, che sono dirette alla riduzione degli squilibri di potere tra agricoltori e altri operatori della filiera. Ma siamo ancora decisamente lontani da quella condizione di legalità ed equilibrio che molti invocano da tempo. Le norme europee sulla concorrenza — disposizioni non specificamente riferite al comparto agroalimentare — avrebbero una loro valenza, se non si applicassero unicamente in caso di abusi di posizione dominante e di pratiche anticoncorrenziali. Moltissimi operatori si trovano infatti in una posizione di indubbia forza, ma non possono essere considerati dominanti e per questo sono esclusi dall’ambito di applicazione della legge. Allo stesso modo, anche la Direttiva 2011/7/UE sui ritardi di pagamento si è dimostrata ininfluente. Pur stabilendo che le imprese devono pagare entro un massimo di 60 giorni, infatti, consente che il termine possa essere diversamente concordato nel contratto, qualora la deroga non sia gravemente iniqua per il creditore. Necessità di una norma comune Considerata l’eterogeneità di trattamento di problematiche uguali — inaccettabile se si considera che tutti operano nello stesso mercato — è evidente la necessità di un intervento legislativo deciso. Sollecitazioni che si ripetono negli anni hanno portato la Commissione europea a valutare un’ipotesi di direttiva (Com 2018 173) presentata nell’aprile scorso e che, nel momento in cui scriviamo, non ha ancora visto definitivamente la luce. Di una norma comune si sente una gran necessità, tanto più che le

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Industria di lavorazione del pesce (photo © pressmaster – stock.adobe.com). pratiche sleali si traducono nei comportamenti più disparati e fantasiosi, sempre a danno dei soggetti deboli e, in ultimo, del consumatore finale e dei lavoratori. Inoltre, in certi contesti in cui si annida anche la malavita, condizioni commerciali sempre più incalzanti rischiano di gettare le basi per fenomeni delinquenziali e inaccettabili come lo sfruttamento dei lavoratori e il caporalato. Tra le pratiche di cui gli operatori si lamentano di più vi sono le modifiche unilaterali e retroattive ai contratti, relative a volumi, standard qualitativi e prezzi. Seguono l’annullamento all’ultimo minuto di ordini relativi a prodotti deperibili e i termini di pagamento superiori ai 30 giorni; l’obbligo di contribuire al

pagamento di spese promozionali o di marketing; la risoluzione unilaterale di un rapporto commerciale senza alcuna giustificazione oggettiva; la richiesta di pagamenti anticipati per garantire o conservare i contratti; l’obbligo di risarcimento per prodotti scartati o non venduti. E molto altro ancora. Queste politiche commerciali sbilanciate a favore del soggetto più forte sono possibili e frequenti perché il panorama imprenditoriale europeo dell’agroalimentare è rappresentato prevalentemente da aziende di piccole o medie dimensioni, con una concentrazione importante nella trasformazione alimentare e nel commercio al dettaglio. In questo scenario, le grandi aziende, pur limi-

Nella proposta di direttiva è previsto che gli Stati Membri si dotino di un’autorità pubblica di contrasto che faccia rispettare la norma in ambito nazionale, svolga indagini su richiesta e di propria iniziativa, commini sanzioni e pubblichi le proprie decisioni e i nomi dei trasgressori

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Allevamento ittico (photo © elcovalana – stock.adobe.com). tate nel numero rispetto al resto del tessuto imprenditoriale, detengono un potere spropositato e lo usano a proprio ed unico vantaggio. Produttori agricoli più vulnerabili È la stessa Commissione europea nella proposta di direttiva a denunciare uno spostamento, negli ultimi anni, del potere di contrattazione verso il commercio al dettaglio — dove esiste anche una certa concentrazione di imprese transnazionali — a scapito dei fornitori, soprattutto di quelli del settore primario. I produttori agricoli sono infatti particolarmente vulnerabili, perché raramente dispongono di un potere contrattuale pari o simile a quello della controparte commerciale e perché hanno l’ulteriore problema della deperibilità immediata del prodotto a peggiorare la situazione. Nel complesso, il danno stimato causato dalle pratiche commerciali sleali a carico di agricoltori e cooperative ammonterebbe a oltre 10 miliardi di euro l’anno, con un’incidenza dello 0,5% del fatturato delle imprese.

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Queste ed altre considerazioni, hanno portato la Commissione europea a valutare l’introduzione di un livello minimo di tutela comune, che comprenda un elenco di pratiche commerciali sleali totalmente vietate e un elenco di pratiche ammesse, se concordate in termini chiari e univoci, al momento della conclusione dell’accordo di fornitura. Nel primo sono contemplati: • i pagamenti tardivi per i prodotti alimentari deperibili; • la cancellazione degli ordini all’ultimo minuto; le modifiche unilaterali o retroattive ai contratti; • l’obbligo imposto al fornitore di pagare per gli sprechi generati dal distributore. Nelle altre è permesso, sempre che ci sia accordo tra i due soggetti, che l’acquirente restituisca al fornitore i prodotti alimentari invenduti o che imponga un pagamento per garantire o mantenere un accordo di fornitura relativo a prodotti alimentari. Così come è ammesso, nel caso, che il fornitore sostenga i costi legati alla promozione.

Nella proposta di direttiva è altresì previsto che gli Stati Membri si dotino di un’autorità pubblica di contrasto, col compito di far rispettare la norma in ambito nazionale, di svolgere indagini, sia su richiesta che di propria iniziativa, di comminare sanzioni e pubblicare le proprie decisioni e i nomi dei trasgressori. Viene altresì incoraggiata la cooperazione tra le diverse autorità nazionali di contrasto ed è lasciata agli Stati Membri la facoltà di mantenere o adottare norme più rigorose rispetto a quelle comunitarie. La Direttiva ha lo scopo di tutelare i soggetti economici di piccole e medie dimensioni, i produttori agricoli — comprese le relative organizzazioni, come le cooperative — e altre piccole e medie imprese fornitrici della filiera, come venditori al dettaglio, trasformatori di prodotti alimentari e grossisti. In merito all’oggetto delle transazioni, deve invece trattarsi di “prodotti alimentari”, ossia i prodotti agricoli ad uso alimentare elencati nell’allegato I del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea

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(TFUE), inclusi quelli della pesca e dell’acquacoltura, nonché i prodotti agricoli trasformati ad uso alimentare (che non rientrano nel citato allegato I) ma sono commercializzati lungo tutta la filiera alimentare. Una certa attenzione è data al fatto che le pratiche commerciali sleali non sono sempre stabilite in un contratto scritto e possono verificarsi in qualsiasi fase del rapporto commerciale, anche a posteriori, dopo la conclusione di un contratto. Tra le disposizioni degne di nota, oltre quelle già citate, vi è la possibilità che un fornitore presenti una denuncia all’autorità di contrasto dello Stato Membro in cui ha sede l’acquirente sospettato di avere attuato una pratica commerciale vietata. Inoltre, a tutela del singolo, anche le organizzazioni o associazioni di produttori possono presentare una denuncia. Deve essere l’autorità di contrasto a garantire la riservatezza sull’identità del denunciante, se da lui appositamente richiesto. Questo

elemento è importantissimo, considerato che difficilmente un’impresa denuncia un suo cliente nella paura delle conseguenze che ne potrebbero derivare in termini commerciali. La direttiva — se approvata — integra, senza sostituirlo, il codice di condotta volontario del settore privato Supply Chain Initiative (SCI – Iniziativa della catena di approvvigionamento) e all’articolo 6 disciplina i poteri che gli Stati Membri sono tenuti ad assicurare alle autorità di contrasto: • avviare indagini di propria iniziativa o a seguito di una denuncia; • chiedere agli acquirenti e ai fornitori di produrre tutte le informazioni necessarie al fine di effettuare indagini; • adottare una decisione che constati la violazione dei divieti di pratiche commerciali sleali e imporre all’acquirente di porre fine alla pratica commerciale vietata. E ancora, gli Stati Membri potranno imporre sanzioni effi-

caci, proporzionate e dissuasive e che tengano conto della natura, della durata e della gravità della violazione pecuniaria, all’autore della stessa. Potranno altresì prevedere ulteriori norme volte a combattere le pratiche commerciali sleali, che vadano al di là del livello minimo garantito dall’Unione. La proposta è senza dubbio valida, ma mostra margini di miglioramento. Si potrebbe, per esempio, ipotizzare un’estensione al settore florovivaistico e alla mangimistica. Un altro elemento dibattuto è l’ipotesi di applicare la norma a tutti i fornitori della GDO. Il problema, infatti non dipende dalle dimensioni dell’azienda, ma dai rapporti di forza che si possono creare nella relazione commerciale: paradossalmente, ci possono essere pratiche sleali anche da parte dell’industria alimentare sulla Grande Distribuzione Organizzata. Sebastiano Corona

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Vertice interregionale per SIC e ZPS in Alto Adriatico

Pan: l’istituzione di nuove aree marine protette non penalizzi pescherecci e acquacoltura «Le sorti della flotta peschereccia dell’Alto Adriatico e le prospettive di sviluppo sostenibile della piccola pesca artigianale potrebbero essere messe a repentaglio se non si individua un modo per coniugare la salvaguardia delle specie marine protette con l’attività quotidiana e artigianale dei piccoli pescherecci e degli allevamenti in mare di molluschi. Le imprese di pesca venete, con una flotta di 660 pescherecci, garantiscono reddito e lavoro a circa 5.000 persone tra imbarcati e indotto: occorre pertanto garantire sostegno a questo comparto strategico nell’ottica dello sviluppo sostenibile». È quanto ha dichiarato lo scorso 16 ottobre l’assessore all’agricoltura e alla pesca della Regione Veneto, GIUSEPPE PAN, all’indomani del vertice interregionale tra Veneto, FriuliVenezia Giulia ed Emilia-Romagna, con la presenza del sottosegretario veneto alla pesca, FRANCO MANZATO. Al centro dell’attenzione del comitato di gestione del Distretto di pesca del Nord Adriatico, la prevista istituzione, da parte del Ministero dell’Ambiente, di un SIC (Sito di Importanza Comunitaria) marino e di un’ampia area ZPS (Zone di Protezione Speciale) in Alto Adriatico e le conseguenti ricadute sul settore della pesca e dell’acquacoltura. «Dai dati scientifici raccolti dal mondo della ricerca emerge come non sia la pesca la minaccia prevalente per le popolazioni di delfini e tartarughe che vivono nell’Adriatico — ha sottolineato l’assessore Pan — bensì altre attività umane o l’inquinamento. Non può essere

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L’Adriatico rappresenta un’area di alimentazione e di svernamento di estrema importanza per la tartaruga comune (Caretta caretta, in foto) e saltuariamente per altre specie mediterranee, come la tartaruga verde (Chelonia mydas). criminalizzata la pesca e, soprattutto, proibirla in queste aree non è la soluzione del problema. Insieme ai colleghi dell’Emilia-Romagna, SIMONA CASELLI, e del Friuli-Venezia Giulia, STEFANO ZANNIER, ho chiesto un incontro urgente al Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo per rappresentare la preoccupazione di tutti gli operatori del comparto ittico per le conseguenze di un provvedimento che graverebbe pesantemente sulla sopravvivenza delle marinerie. Le tre regioni che si affacciano sull’Alto Adriatico chiedono più

tempo, in modo che i gruppi di azione costiera possano raccogliere dati scientifici aggiornati su attività e impatto ambientale, e suggeriscono di definire in modo più specifico e puntuale le aree marine per la preservazione e conservazione dei delfini, delle tartarughe marine e quelle dell’avifauna lungo le aree costiere, in modo che l’importante e condivisibile obiettivo di tutelare l’ambiente e il patrimonio marino non si traduca in un divieto integrale di pesca». (Fonte: Regione Veneto Giunta Regionale)

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LEGISLAZIONE

Paese d’origine: la montagna partorisce il topolino Scatta nel 2020 l’obbligo per le imprese alimentari di fornire al consumatore informazioni precise sulla provenienza della materia prima, quando la sua omissione può indurlo in errore. I margini di miglioramento della norma non sono però pochi di Sebastiano Corona

Il Regolamento UE 1169/2011 rappresenta una vera e propria riforma in tema di informazioni al consumatore. Una riforma che ha modificato in maniera importante le regole cui sono sottoposte le imprese agroalimentari e che continuerà, nel tempo, ad incidere sugli ordi-

namenti dei singoli Stati, quando abrogando, quando introducendo, nuove ed importanti disposizioni. La più recente —- in termini di entrata in vigore — è quella relativa all’indicazione del Paese d’origine o del Luogo di provenienza di un prodotto. Tali elementi vanno infatti,

secondo il Regolamento 1169, obbligatoriamente indicati se la loro omissione può indurre in errore il consumatore e, soprattutto, se altre informazioni o elementi che accompagnano l’alimento, nel loro insieme, possono far credere che il prodotto abbia un diverso Paese

Per i prodotti ittici va riportata la zona di pesca FAO, il mare o il corpo idrico di acqua dolce di riferimento (photo © Goran – stock.adobe.com).

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d’origine o Luogo di provenienza, rispetto a quello reale. Un esempio per tutti: una confezione di pasta (prodotto tipicamente italiano), con richiami al tricolore in etichetta, ma realizzato in Germania con semole tedesche. Tutto lascia intendere che quella pasta sia prodotta in Italia, ma in realtà non è affatto così. La regola si dovrebbe altresì imporre quando il Paese di origine (o LdP) è indicato e non è lo stesso di quello del suo ingrediente primario. In questo caso andrebbe indicato — sempre secondo il 1169 — anche il Paese di origine (o LdP) dell’ingrediente primario. Oppure il PdO o LdP dell’ingrediente primario deve essere indicato come diverso da quello dell’alimento. Altro esempio: la bottarga di cefalo. È un prodotto che ha una grande tradizione produttiva in alcune regioni del Sud Italia, ma per scarsità di materia prima, nella stragrande maggioranza dei casi, è realizzato con uova provenienti da altri continenti (prevalentemente America Latina e Africa), sottoposte ad un processo di salagione e stagionatura che incide in maniera importante sulle caratteristiche dell’alimento. In questo caso va indicato in etichetta il Paese di Origine delle uova, essendo differente da quello della trasformazione. A rendere operativo e più esplicito questo passaggio è il Regolamento 775/2018, che all’articolo 2 precisa cosa si intenda per “ingrediente primario”: è l’ingrediente o gli ingredienti che rappresentano più del 50% dell’alimento o che sono associati abitualmente alla denominazione di tale alimento dal consumatore e per i quali nella maggior parte dei casi è richiesta un’indicazione quantitativa.

Entriamo pertanto in un ambito di grande interesse per consumatori e associazioni che da tempo chiedono maggiore chiarezza su questo aspetto. In tempi di delocalizzazione delle imprese, di Italian sounding, di globalizzazione, è infatti frequente che la carenza di informazioni sulla reale provenienza di un alimento, faccia cadere nell’errore di scegliere un prodotto al posto di un altro. Nell’alimentare la faccenda si fa ancora più delicata La scelta di un certo cibo in luogo di un altro può essere dettata da ragioni puramente economiche, ma anche qualitative ed igienico-sanitarie. Chi acquista, al di là del gusto del cibo, potrebbe sceglierlo nel tentativo di contribuire allo sviluppo economico di data regione. Ci possono altresì essere motivazioni da ricondurre alla sua qualità e al legame con un territorio. Oppure può essere una decisione presa in virtù della sicurezza alimentare, considerato che le nostre norme sono certamente tra le più severe al mondo e rappresentano per il consumatore un elemento dirimente in sede d’acquisto. Pertanto, in un mercato così complesso, sapere quale sia la provenienza della materia prima o il Paese di origine effettivo di un prodotto non è un’informazione secondaria. Non a caso era grande l’attesa in merito a questo provvedimento che dovrebbe entrare in vigore il primo aprile 2020. Gli alimenti immessi sul mercato o etichettati prima di quella data possono essere commercializzati sino ad esaurimento scorte. Come si traduce il dettato del Regolamento in etichetta? Negli alimenti preimballati, l’indi-

Il Reg. UE 1169/2011 introduce indicazioni importanti, elementi preziosi in più per chi acquista, eppure lascia zone d’ombra oggetto di forti critiche, soprattutto da parte del mondo agricolo, tra informazioni generiche ed incomprensibili esclusioni di determinati prodotti

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Bottarga (photo © fusolino – stock.adobe.com). cazione di origine o provenienza di un ingrediente primario, che non sia lo stesso PdO o LdP indicato per l’alimento, viene fornita secondo le seguenti regole, a scelta: “UE”, “non UE” o “UE e non UE” oppure una regione o qualsiasi altra zona geografica all’interno di diversi Stati Membri o di Paesi Terzi, sede definita tale, in forza del diritto internazionale pubblico o che si possa considerare ben chiara per il consumatore medio normalmente informato. Per i prodotti ittici va riportata la zona di pesca FAO, il mare o il corpo idrico di acqua dolce di riferimento. L’alternativa è quella di utilizzare una dicitura del seguente tenore: il nome dell’ingrediente primario e poi “non proviene/non provengono da” (Paese d’origine o Luogo di provenienza dell’alimento) o una formulazione di pari significato per il consumatore rispetto alla quale saremmo però prudenti, perché il fraintendimento e il rischio di utilizzare un’espressione non idonea è alto e, quindi, anche la probabilità di commettere errori. Ci sono regole precise anche nelle modalità con cui le indicazioni devono essere fornite al consumatore: i caratteri non possono avere dimensioni inferiori a quelle previste dall’articolo 13, paragrafo 2, del Regolamento 1169. Pertanto, se il PdO o il LdP è indicato con parole, la relativa origine appare nello stesso campo visivo dell’indicazione del

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PdO o del LdP dell’alimento e in caratteri la cui parte mediana (altezza della x) sia pari ad almeno il 75% di quella utilizzata per l’indicazione del PdO o del LdP dell’alimento. Se invece il PdO o il LdP non è indicato con parole, origine/provenienza appaiono nello stesso campo visivo dell’indicazione del PdO o del LdP dell’alimento. Risolti i problemi di trasparenza e chiarezza nei confronti del consumatore? Nemmeno per idea! Il Regolamento introduce delle indicazioni importanti, elementi preziosi in più per chi acquista, ma lascia zone d’ombra oggetto di forti critiche, soprattutto da parte del mondo agricolo. La prima è che le indicazioni che diverranno tra meno di due anni obbligatorie sono in realtà troppo generiche per fornire a chi acquista sufficienti informazioni per fare scelte oculate. Le espressioni utilizzabili quali UE, non UE, regione, Stato Membro, ecc… possono includere aree geografiche vastissime, persino troppo ampie. In Italia, più che in altre nazioni, è forte la rivendicazione di un’informazione completamente trasparente, ai limiti dell’eccesso. Una richiesta legittima che, tuttavia, non tiene conto dei costi a carico delle imprese, che finirebbero inevitabilmente per riversarsi sui consumatori. Una richiesta che parte dall’errata convinzione che gli innumere-

voli problemi del mondo agricolo si possano tutti magicamente risolvere indicando l’origine di un prodotto in etichetta, senza considerare che gli elementi che portano all’acquisto sono diversi e non sempre la provenienza della materia prima è, da sola, un fattore sufficiente. La seconda questione, a nostro parere più rilevante, è l’esclusione dall’applicazione del Regolamento di una serie di prodotti. Tra questi, i marchi registrati, tutte le produzioni di cui al Regolamento UE 1151/2012 (D OP e I GP ), del Regolamento 1308/2013 (Organizzazione Comune dei Mercati), del Regolamento CE 110/2008 (su bevande spiritose e liquori), del Regolamento 251/2014 (vini aromatizzati) e tutto ciò che rientra in accordi internazionali. Pertanto i marchi registrati, sia quelli storici, sia quelli che si registreranno in futuro, potrebbero così trovare una facile scappatoia per sfuggire alla regola. Ancor più paradossale è l’esenzione di DOP e IGP. Se infatti la prima dà ampie garanzie sulla provenienza del prodotto, non ve ne è invece nessuna sulla seconda. Il risultato è presto detto: il consumatore avrebbe il diritto di conoscere ogni aspetto della provenienza della materia prima di un qualunque prodotto alimentare, ma rischia di non averlo su una specialità che riceve tutela assoluta come un’Indicazione Geografica Protetta appunto. Non fosse sufficiente, i decreti italiani fortemente voluti dal mondo del primario sull’origine di latte, pasta, riso, pomodoro, perderanno efficacia a partire dalla data di applicazione del Regolamento. Un altro pasticcio che ha dapprima creato illusioni alle imprese locali e generato costi e ora si vanifica nel nulla. C’è poi la partita delle sanzioni, tutta in capo ai singoli Stati Membri. Siamo sicuri che ognuno di loro abbia davvero interesse a punire imprese che — pur violando il Regolamento — portano occupazione, ricchezza, indotto sul territorio, quand’anche dovessero ingannare i loro stessi consumatori? Le zone d’ombra sono ancora tante. Staremo a vedere. Sebastiano Corona

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2. EUMOFA, nuovo sito, nuove funzionalità 1. Tutto sull’acquaponica L’acquaponica, ovvero quell’agricoltura mista ad allevamento sostenibile basata su una combinazione di acquacoltura e coltivazione idroponica, è un tema attuale e in grande sviluppo. Il portale www.aquaponics.com della società statunitense Nelson and Pade, Inc.® ha recentemente completato un restyling delle varie sezioni web per facilitare la consultazione dei contenuti ai visitatori (photo © Roopyai Art).

L’Osservatorio del mercato europeo per la pesca e l’acquacoltura (EUMOFA), sviluppato dalla Commissione europea, ha recentemente aggiornato la propria piattaforma www.eumofa.eu rendendo più facile e intuitiva la ricerca di statistiche e informazioni nell’enorme database che fa da struttura all’archivio dati. Attraverso il portale, infatti, si accede ad una biblioteca on-line fatta di più di 600 pubblicazioni, oltre a metadata, analisi di mercato (volumi, prezzi e stock ittici), report e trend in continuo aggiornamento. Il tutto è accessibile in 24 lingue. Da salvare nelle preferenze del browser!

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4. Le denominazioni commerciali dei prodotti ittici 3. Donne d’Alaska e pesca Sono sorelle, lavorano sui pescherecci dell’Alaska e sono seguite da 50.000 persone su www.instagram.com/ aksalmonsisters. Sono impegnate a diffondere i temi della pesca sostenibile e, attraverso il feed di Instagram, raccontano con immagini la loro vita in mare e la pesca del salmone dell’Atlantico. Bello (photo © instagram. com/aksalmonsisters).

Il database dell’UE sui prodotti della pesca e dell’acquacoltura è liberamente consultabile al link mare.istc.cnr. it/fisheries/demo/index.xhtml?lang=it. Si possono fare numerose ricerche, per risorse ittiche, attrezzi di pesca, zone di pesca, notizie ed eventi di attualità. Il tutto restringendo il campo di ricerca per singoli Paesi comunitari. Il sito, in versione “beta”, è il risultato di un progetto pilota durato 10 mesi, finanziato dall’Unione Europea e coordinato dalla Direzione generale degli Affari marittimi e della pesca (photo © exclusive-design – stock.adobe.com).

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VIVALDI, la ricerca della molluschicoltura europea VIVALDI è un progetto di ricerca e innovazione per prevenire e mitigare le malattie dei molluschi bivalvi di acquacoltura finanziato dal programma europeo Horizon 2020. Il progetto, che si concluderà nel 2020, è condotto da un consorzio di 21 partner provenienti da 10 paesi diversi, tra cui i Dipartimenti di Biologia e di Biomedicina comparata e alimentazione dell’Università degli Studi di Padova e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe). I team di ricerca italiani sono impegnati nello studio dei genomi dei bivalvi marini e dei loro patogeni, per capire ad esempio come difendere le ostriche dall’Ostreid herpesvirus 1 (OsHV-1) e altri microrganismi che causano morie negli allevamenti. In particolare l’IZSVe si è dedicato allo sviluppo di nuovi metodi per la diagnosi dei patogeni dei molluschi bivalvi e dello studio dell’interazione ospite-patogeno-ambiente: infatti, come rilevato anche da precedenti ricerche, le condizioni ambientali e gli sbalzi termici favoriscono l’infezione dei molluschi da parte dei patogeni e incidono quindi sui fenomeni di moria. Maggiori informazioni sul progetto VIVALDI sono disponibili sul sito web del progetto, www.vivaldi-project.eu (photo © M.studio – stock.adobe.com).

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Visita ad un allevamento di storioni a Les, in Catalogna

Caviar Nacarii, il caviale della Valle d’Aran di Riccardo Lagorio

Nel 54o capitolo del romanzo Don Chisciotte, SANCHO incontra dei pellegrini. Tra questi riconosce RICOTE, un moresco che viveva nello stesso suo villaggio, in fuga, goffamente travestito, dopo avere ricevuto l’obbligo di espulsione dalla penisola iberica. Per onorare l’incontro con Sancho, Ricote e i suoi compagni di viaggio stendono i mantelli in terra e svuotano le bisacce dalle quali

fuoriescono pane, sale, coltelli, noci, fette di formaggio e un “cibo nero che dicono si chiami caviale, fatto di uova di pesce e grande stimolatore di bevute”. CERVANTES lo descrive così, come se fosse un cibo poco più che plebeo, da taverna, disponibile anche per le fasce di popolazione basse. La diffusione degli storioni selvaggi nei fiumi spagnoli viene

peraltro attestata fino al 1992, e ciò lascia pensare la sua ampia disponibilità agli inizi del Seicento. L’inquinamento, la pesca abbondante e ancor più lo sbarramento del fiume Guadalquivir con la diga di Alcalá del Río, che ha impedito di fatto la risalita degli Acipenser naccarii, sono considerate le cause della loro scomparsa. A questa famiglia di storioni, presenti anche nell’Adria-

L’allevamento di storioni di Les risale al 2003. Molti dei pesci che hanno dato inizio a questa impresa sono arrivati da Italia e Francia: Acipenser naccarii (storione cobice), A. gueldenstaedtii (o storione russo) e A. baerii (lo storione siberiano). L’impresa fa parte del gruppo Neoelectra, fornitrice di energia per l’industria.

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Il biologo Raul Navarro nell’allevamento di Les sovrintende alla crescita degli animali e allo spaccio. «Caviar Nacarii è il frutto dello sforzo di una squadra di biologi e maestranze che perseguono l’obiettivo della miglior produzione in assoluto all’interno di un contesto dove vige la sostenibilità ambientale» racconta la direttrice Blanca Ohlsson.

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Sono tre le categorie di caviale che la Caviar Nacarii mette in commercio e che si distinguono in base al diametro delle uova. Si tratta comunque sempre di caviale non pastorizzato e senza conservanti, la cui salatura è stata appresa grazie a maestri iraniani.

Della tonnellata di caviale prodotta dalla Caviar Nacarii, l’export rappresenta il 70% e prende la strada del Nord Europa, della Francia e dell’Estremo Oriente. Il resto è venduto in Spagna, presso ristoranti e gastronomie specializzate, nel negozio monomarca a Barcellona e in quello nel centro di Vielha, la capitale turistica della valle a 20 km da Les, diventato uno dei locali più emblematici della movida pirenaica

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tico, nel Po e nei suoi affluenti nei decenni passati, è stato dedicato un allevamento a Les, nella Valle di Aran, che fa parte della Comunità autonoma della Catalogna, dove è direttrice BLANCA OHLSSON. La Valle di Aran è uno dei territori più caratteristici dei Pirenei, un luogo praticamente incontaminato nel quale confluiscono elementi mediterranei, centro-europei e alpini, un punto d’incontro per gli amanti della natura, del paesaggio e della gastronomia. «Io ci andavo in vacanza e me ne sono innamorata a tal punto da lasciare il lavoro di consulenza nei paesi in via di sviluppo per accettare questo incarico», racconta la Ohlsson. L’impresa fa parte del gruppo Neoelectra, fornitrice di energia per l’industria. L’acqua di raffreddamento della centrale idroelettrica, della stessa società, dota le piscine di accrescimento degli storioni del calore necessario a mantenere costante la temperatura dell’acqua, captata a pochi chilometri dalla sorgente della Garonna. «Con questo metodo riusciamo a trasmettere alle acque fredde della Garonna il calore necessario a raggiungere i 20 °C in estate e i 14 °C in inverno, temperature idonee per la crescita degli storioni. È solo uno dei tasselli dell’accordo implicito, stretto da parte delle imprese che sono presenti nella valle con i nostri visitatori: quello di adeguarsi al concetto di sostenibilità ambientale, collaborando anche con le amministrazioni locali per la conservazione del territorio e lo sviluppo di un turismo gastronomico e culturale che si addizioni a quello dello sci. Anche la nostra azienda si muove verso questa direzione, utilizzando il calore della centrale idroelettrica che altrimenti si disperderebbe», spiega la Ohlsson. L’allevamento risale al 2003 e molti dei pesci che diedero inizio all’impresa arrivarono dall’Italia e dalla Francia: Acipenser naccarii (storione cobice), A. gueldenstaedtii (o storione russo) e A. baerii (lo storione siberiano). «Caviar Nacarii è il frutto dello sforzo di una squadra di biologi e maestranze che perseguono l’obiettivo della miglior produzione

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in assoluto all’interno di un contesto dove vige la sostenibilità ambientale», continua. Della tonnellata di caviale prodotta, l’export ne rappresenta il 70% e prende la strada del Nord Europa, della Francia e anche dell’Estremo Oriente. Il resto è venduto in Spagna, presso ristoranti e gastronomie specializzate, nel negozio monomarca a Barcellona, mentre il negozio in centro della cittadina di Vielha, la capitale turistica della valle a 20 km da Les, a pochi mesi dall’inaugurazione, è diventato uno dei locali più emblematici della movida pirenaica. Terminate le passeggiate nei boschi in estate o le discese sulle piste da sci in inverno, la sera vi si trascorre una pausa a base di caviale e Cava. «Sono tre le categorie di caviale che mettiamo in commercio. Si distinguono principalmente sulla base del diametro delle uova. Si tratta sempre di caviale non pastorizzato e la cui salatura si è appresa grazie a maestri iraniani.

Quello che commercialmente passa sotto il nome di Tradizione proviene dallo storione siberiano ed ha un diametro variabile tra 2,5 e 3 mm; nel Selezione le uova possiedono una dimensione maggiore, compresa tra 3 e 3,5 mm. Il diametro del Premium raggiunge i 3,8 mm e fa parte di una limitatissima produzione», afferma RAUL NAVARRO, biologo che sovrintende alla crescita degli animali e allo spaccio, che si trova all’interno di una caratteristica casetta di legno, accanto all’allevamento. Il caviale Tradizione e Selezione si trova anche in pratiche confezioni da 10 grammi, che offrono la possibilità di fare un’esperienza a base di caviale con poco più di 20 euro. Il Caviar Nacarii non contiene conservanti e questo è un altro attributo da sottolineare. «Sulla conoscenza del caviale da parte del consumatore finale bisogna fare ancora molto» ammette la Ohlsson.

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«Oltre il 60% del caviale che arriva sul mercato mondiale proviene dalla Cina. Spesso semplicemente messo in vasetti da aziende che non producono caviale. Questo non vuol dire che sia peggiore del nostro o di quello dei concorrenti europei, ma chi lo acquista dovrebbe in qualche modo essere cosciente di questo fatto. Peraltro è obbligatorio segnalarne l’origine e sarebbe sufficiente, per la sua riconoscibilità, leggere le etichette». Fondendolo così, lentamente in bocca, e avvertendone quell’inconfondibile gusto fresco, dolce, di nocciola, tanto diverso dal cabial di Cervantes. Riccardo Lagorio Allevamento Caviar Nacarii (Piscifactoria) Central de Cledes Ctra. N-230 km. 181 25540 Les, Val d’Aran Telefono: +34 973648705 Web: caviarnacarii.com

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AGER 4F – Alghero, Porto Conte Ricerche, 24-28 giugno 2019

Acquacoltura Summer School L’acquacoltura moderna vive un’importante fase di espansione ed evoluzione tecnologica e, grazie anche agli incalzanti risultati provenienti dalla ricerca scientifica, sta trasformando la strategia nutrizionale, implementando la sostenibilità di processo e migliorando la qualità dei prodotti. I mangimi presenti sul mercato per l’alimentazione dei pesci in allevamento intensivo sono già molto diversi dalle formulazioni di soli cinque anni fa in termini di diversificazione e qualità. Le spinte alla base di questa rivoluzione della strategia nutrizionale sono da ricercarsi nella necessità di rendere questo settore della zootecnia più sostenibile dal punto di vista ambientale ma anche economico. In questi ultimi anni si è assistito ad un incremento sempre più consistente dei costi delle risorse oceaniche, in particolare della farina e dell’olio di pesce, che sono alla base delle formulazioni mangimistiche. La sostituzione della farina di pesce con farine vegetali, ovvero con altre sorgenti proteiche, non rappresenterebbe in sé un problema, se non per il fatto che sorgenti proteiche alternative, oltre ad una differente digeribilità rispetto alla farina di pesce, risultano carenti in alcuni nutrienti, oltre che presentare una differente composizione amminoacidica. Possono inoltre veicolare sostanze antinutrizionali o moderatamente tossiche che richiedono adeguate compensazioni. Il risultato che ne deriva è riassumibile in possibili riduzioni nelle performance dell’allevamento e nella qualità dei pesci allevati, oltre ad una loro maggiore predisposizione alle patologie. Peraltro la sostituzione dell’olio di pesce con altre sostanze oleose di origine vegetale porta quasi sempre a carenze in acidi grassi polinsaturi a lunga catena del tipo Omega-3, EPA e DHA in particolare. Se pure

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Porto Conte Ricerche (www.portocontericerche.it) è uno dei motori del Parco Scientifico e Tecnologico della Sardegna, attivo in ambiti tecnologici tra loro complementari: biomarker discovery, sistemi diagnostici e biotecnologie applicate per l’alimentazione e per la salute. Il Centro di Ricerca, da oltre vent’anni, sviluppa ed eroga servizi ad alto contenuto tecnologico a favore di imprese impegnate nell’innovazione dei propri sistemi produttivi attraverso attività di ricerca industriale e sviluppo sperimentale. non risulta particolarmente complesso trovare adeguate soluzioni che garantiscano la copertura delle esigenze dei pesci, la qualità dei filetti potrebbe comunque risentirne in termini di qualità e quantità di tali elementi e non coprire più il fabbisogno nutrizionale umano, come invece avviene con l’impiego di olio di pesce. Dalla ricerca scientifica degli ultimi anni, in particolare dal progetto europeo ARRAINA e più precisamente dal progetto nazionale Fine Feed For Fish (4F), finanziato dal consorzio AGER II delle fondazioni di origine bancaria (progettoager.it/ index.php/k2-blog/author/50-4f), ma anche dai progetti InBioProFeed e Mysushi sostenuti da Fondazione CaRiPLo, derivano conoscenze utili per trovare i giusti compromessi nelle formulazioni, oltre a maggiori informazioni sulla risposta digestiva

e metabolica del pesce che possono consentire di elaborare nuove ipotesi per migliorare le produzioni di pesce. Dagli stessi progetti di ricerca derivano poi informazioni utili in ambito di sostenibilità, a partire dai nuovi equilibri economici dell’allevamento alle strategie per minimizzare l’impatto sull’ambiente. Le nuove conoscenze scientifiche, per trasformarsi in innovazione e quindi in valore per la società, richiedono una condivisione costruttiva con gli stakeholder della filiera ittica, ma al tempo stesso la formazione di figure professionali di elevato profilo dedicate al settore e capaci di applicare le nuove tecnologie su piccola e grande scala. Il progetto Acquacoltura Summer School nasce esattamente con l’obiettivo di condividere le innovazioni scientifiche e tecnologiche con imprenditori, operatori

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Il programma didattico MODULO 1 – Parte introduttiva:L’acquacoltura intensiva oggi • Tecnologie emergenti in acquacoltura. • Le problematiche igienico-sanitarie: sfide e prospettive. • Le problematiche alimentari: nuovi indirizzi per l’acquacoltura intensiva. • Il mercato ittico: struttura e tendenza. MODULO 2 – Nutrizione e qualità del pesce • Gli amminoacidi: necessità e sistemi di analisi. • Fonti proteiche alternative e functional feeds. • Patologie iatrogene alimentari. • Parametri analitici che definiscono la qualità del prodotto ittico allevato. • Qualità oggettiva e percepita. • Metodologie avanzate per lo studio del benessere alimentare. MODULO 3 – Sostenibilità dell’acquacoltura • La sostenibilità ambientale in acquacoltura. • Ruolo del microbiota acquatico nell’allevamento ittico. • Alimentazione e inquinamento ambientale. • La gestione sostenibile dell’impresa di acquacoltura. MODULO 4 – L’acquacoltura, la società e le nuove sfide • La comunicazione in acquacoltura: l’esempio del progetto AGER 4F. • Antibioticoresistenza e acquacoltura: • Il problema delle microplastiche. • Verso il controllo del microbiota intestinale? MODULO 5 – Dalla ricerca all’impresa • Seminari dell’industria. • Attività di laboratorio. • Visita in azienda. • Speed sparring degli studenti.

tecnici e delle amministrazioni, professionisti e consulenti, studenti e giovani ricercatori. L’obiettivo è valorizzare i risultati ottenuti dalle attività di ricerca, dalle valutazioni in ambiente operativo, dai confronti avvenuti nell’ambito di congressi internazionali e di trasformarli in azioni concrete, in tecnologie e, in ultimo, in miglioramento di processo e prodotto per l’acquacoltura. Al corso, che si terrà dal 24-28 giugno 2019 a Tramariglio di Alghero, presso il centro di Porto Conte Ricerche, potranno essere ammessi 30 partecipanti scelti con bando pubblico sulla base delle motivazio-

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I docenti Le lezioni e i seminari della Summer School saranno tenute da ricercatori coinvolti in progetti di ricerca avanzati sull’alimentazione in acquacoltura e da specialisti di fish nutrition che lavorano presso l’industria mangimistica dell’acquacoltura: • Dott. Roberto Anedda, Porto Conte Ricerche,Tramariglio, Alghero (SS); • Dott.ssa Antonella Bruno, Dip. di Biotecnologie e Bioscienze, Università degli Studi di Milano Bicocca; • Prof.ssa Laura Gasco, Dip. di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari, Università degli Studi di Torino; • Prof. Ronald Hardy, Hagerman Fish Culture Experiment Station, University of Idaho, USA; • Prof. Massimo Labra, Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze, Università degli Studi di Milano Bicocca; • Dott.ssa Paola Mariani, Fondazione ParcoTecnologico Padano, Lodi; • Dott. Marino Prearo, Istituto Zooprofilattico Sperimentale Piemonte, Liguria,Valle d’Aosta; • Prof. Pietro Pulina, Dipartimento di Agricoltura, Università degli Studi di Sassari; • Dott.ssa Ilaria Re, Italbiotec, Milano; • Dott.ssa Simona Rimoldi, Dip. Biotecnologie e Scienze della Vita, Università degli Studi dell’Insubria,Varese; • Prof. Marco Saroglia, Dip. Biotecnologie e Scienze della Vita, Università degli Studi dell’Insubria,Varese; • Prof.ssa Genciana Terova, Dip. Biotecnologie e Scienze della Vita, Università degli Studi dell’Insubria,Varese, Dip. di Agricoltura, Università degli Studi di Sassari; • Prof. Emilio Tibaldi, Dip. di Scienze Agroalimentari, Ambientali e Animali, Università degli Studi di Udine. Rappresentanti delle associazioni e dell’industria presenteranno seminari tematici e parteciperanno alle discussioni. Info: Verdepertutti@gmail.com —Telefono:02 5060191

ni e dei titoli individuali. Il corso si svilupperà in 40 ore di attività e comprenderà 22 ore di lezione frontale, 4 ore di laboratorio, 4 ore di seminari tenuti da rappresentanti del mondo delle aziende, 4 ore di workshop finale con interventi degli studenti, 6 ore per visita in azienda e discussioni relative. La presenza alle lezioni sarà regolarmente monitorata e al termine del corso i partecipanti riceveranno un attestato di frequenza. Verrà richiesto il riconoscimento di crediti ECM e CFU per coloro che, avendo frequentato regolarmente le attività, ne faranno dovuta richiesta.

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“ We are innovators dedicated to an efďŹ cient and sustainable global aquacultureâ€? Carlos Diaz, CEO

Customer Advisor for BioMar in Italy BioMar A/S, Italy BioMar is looking for a strong independent individual with sales acumen for servicing trout farmers in Italy. Are you the person, who ZRXOG OLNH WR WDNH XS WKLV RSSRUWXQLW\ WR IXUWKHU GHYHORS RXU PDUNHW LQ ,WDO\ E\ SURYLQJ ĆˆUVW FODVV FXVWRPHU VXSSRUW" Responsible for sales and customer relations As Customer Advisor you will hold a very central role for BioMar’s relationship with Italian trout farmers, where you will be expected to independently take responsibility for building new relationships with potential customers and maintaining and developing relationships with existing clients.You will be reporting to our Regional Sales Manager based in Brande, Denmark and join a team of Sales, Customer Service and Shipping. In Italy you will be working closely together with a BioMar Sales Representative.Your primary responsibilities will be to: • Plan and execute on sales initiatives in cooperation with the BioMar Baltic organization • Build the network and relation to customers, primarily through customer visits • Manage order collection and follow up • Provide technical support to customers • Prepare and participate in customer events, trade shows etc. quacultureâ€? iaz, CEO Background within the aquaculture industry combined with an ability to work independently As a person you are result oriented, self-driven and has an extraordinary ability to build relations and communicate with customers. With your commercial mindset you know how to analyze and target the market in the most optimal way.To work independently and take responsibility for the market and the customers is natural to you. Furthermore we imagine that you: • +ROG D 9HWHULQDU\ GHJUHH RU KDV D WHFKQLFDO EDFNJURXQG ZLWKLQ ĆˆVK IDUPLQJ • Bring some professional experience within the aquaculture industry • Have some knowledge of trout farming (not a must, but it would be an advantage) • 6SHDN DQG ZULWH ERWK ,WDOLDQ DQG (QJOLVK ƉXHQWO\ • Have a driver’s license and own car As the customers are located in the Eastern and Northern part of Italy it would be natural, if you are based in this area or are ready to relocate.You should expect a travelling activity of up to 30 days per year outside Italy. For further information please contact: Maksim Mironenka, Regional Sales Manager at +45 25 50 50 55 Inge Fjord Gerdes, HR Manager at +45 23 72 19 68 You can apply directly via the following link: KWWSV DSS MREPDWFKSURĆˆOH FRP JF PJ

Join the BioMar family $W %LR0DU ZH DUH FRPPLWWHG WR GHYHORSLQJ DQG GHOLYHULQJ HIĆˆFLHQW VXVWDLQDEOH DQG KHDOWK\ IHHG VROXWLRQV IRU DTXDFXOWXUH ,QQRYDWLRQ DQG SDUWQHUVKLSV LV DW WKH YHU\ KHDUW RI HYHU\WKLQJ ZH GR DQG ZH DUH SURXG WKDW RXU KLJKO\ VNLOOHG HPSOR\HHV VKDUH RXU ORQJ WHUP FRPPLWPHQW &XUUHQWO\ ZH RSHUDWH IHHG IDFWRULHV LQ 1RUZD\ &KLOH 'HQPDUN 6FRWODQG 6SDLQ )UDQFH *UHHFH 7XUNH\ &KLQD &RVWD 5LFD DQG (FXDGRU 5RXJKO\ RQH RXW RI ĆˆYH IDUPHG ĆˆVK SURGXFHG LQ (XURSH 6RXWK DQG &HQWUDO $PHULFD LV IHG RQ %LR0DU ĆˆVK IHHG :RUOGZLGH ZH VXSSO\ IHHG WR DURXQG FRXQWULHV DQG IRU PRUH WKDQ GLIIHUHQW ĆˆVK VSHFLHV 0RUHRYHU ZH DUH ZKROO\ RZQHG E\ WKH 'DQLVK LQGXVWULDO JURXS 6FKRXZ &R ZKLFK LV OLVWHG RQ WKH &RSHQKDJHQ 6WRFN ([FKDQJH

www.biomar.dk

L E T ’ S

I N N O V A T E

A Q U A C U L T U R E


Comprovata efficacia dei mangimi Aquasoja nel superare le malattie invernali dell’orata

La produzione di orate nel Mediterraneo è interessata, durante la stagione fredda, da una condizione patologica chiamata “sindrome invernale”. L’incidenza di questa patologia varia di anno in anno e da un luogo all’altro, ma appare ricorrentemente ad ogni cambio di stagione, in particolare nelle regioni in cui le temperature dell’acqua scendono al di sotto di 11-12 °C. Questa patologia si presenta associata anche a cambiamenti nello stato fisiologico e microbiologico dell’orata e può comportare perdite economiche elevate negli allevamenti. La sindrome invernale è quindi classificata come malattia multifattoriale, in cui elementi come il disturbo metabolico e deficienze nutrizionali marginali dovute all’assunzione di mangime residuo, stress, immuno-soppressio-

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ne e suscettibilità agli agenti patogeni opportunistici, tutti svolgono un ruolo importante nel determinare la gravità degli effetti.

Aquasoja e Sparos Lda, una società spin-off del Centro di Scienze Marine dell’Algarve (Università del l’Algarve), hanno condotto

Tabella 1 – Lo stato metabolico del fegato dell’orata alimentata con DorinTM Diete

Control

DorinTM

Glicogeno epatico (% peso umido del fegato)

6,3 ± 0,9

8,3 ± 1,3 *

Fosfolipidi del fegato (% di lipidi totali del fegato)

4,7 ± 0,6

9,6 ± 1,7 *

Alanina aminotransferasi (mUi/g proteina)

585 ± 45

498 ± 22 *

2.347 ± 245

2.447 ± 179 *

Aspartato aminotransferasi (mUi/g proteina)

I numeri rappresentano mezzi ± deviazioni standard. Le colonne con * differiscono in modo significativo dal controllo (P < 0,05).

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una prova congiunta per valutare una strategia nutrizionale volta a promuovere uno stato metabolico epatico migliore nell’orata durante e dopo il periodo invernale. L’orata è stata nutrita con una dieta commerciale di controllo (42% di proteine grezze, 18% di grassi, senza emoderivati) o DorinTM, che ha un contenuto di grassi inferiore (16%), integrata con un additivo per mangimi epatoprotettore. Trattamenti sperimentali sono stati testati in vasche triplicate per 93 giorni (da febbraio ad aprile), su sei gruppi di 40 orate ciascuno, con un peso corporeo iniziale medio di 134 ± 18 g. I pesci sono stati nutriti con apparente senso di sazietà, manualmente, due volte al giorno (alle 9.30 e alle 16.00). Non si è verificata alcuna mortalità durante questo periodo. DorinTM ha migliorato notevolmente il peso corporeo, con specifico tasso di crescita (SGR), aumento di peso giornaliero, assunzione di mangime (FI) ed efficienza della proteina (PER). Il rapporto di conversione del mangime (FCR) era inferiore usando DorinTM, ma questa riduzione non è statisticamente significativa (Figura 1). L’orata nutrita con DorinTM ha mostrato un glicogeno epatico significativamente più alto, così come una maggiore frazione di fosfolipidi del fegato (Tabella 1). Questo aspetto assume grande importanza in inverno, dal momento che alti livelli di fosfolipidi sono stati positivamente

Figura 1 – Prestazioni di crescita nell’orata alimentata con DorinTM per 93 giorni

Legenda SGR: specifico tasso di crescita FCR: rapporto di conversione dei mangimi FI: assunzione di cibo PER: rapporto efficacia della proteina Le colonne con * differiscono in modo significativo dal controllo (P < 0,05).

associati all’umidità della membrana cellulare e all’osmoregolazione. DorinTM è stato efficace nel ridurre l’attività di alanina aminotransferasi epatica, ma non ha avuto alcun effetto sull’attività dell’aspartato aminotransferasi epatico. Entrambi gli enzimi svolgono un ruolo importante nel metabolismo degli amminoacidi e livelli elevati sono comunemente associati a danno

epatocellulare. Complessivamente, lo studio ha dimostrato che la formulazione del mangime invernale per l’orata, basata sull’integrazione alimentare con un additivo alimentare epatoprotettore, promuove efficacemente le prestazioni di crescita e migliora i suoi indicatori metabolici. >> Link: www.aquasoja.pt


PESCA

La Conferenza di Malta e il WWF

Coinvolgiamo la piccola pesca e i consumatori per promuovere il benessere del Mediterraneo Sottoscrivere un piano d’azione dettagliato, che garantisca un futuro sostenibile al settore della piccola pesca e all’ambiente marino mediterraneo. Questo è stato il focus della conferenza di due giorni tenutasi il 25 e 26 settembre scorso a Malta, tra i rappresentanti istituzionali dei paesi del Mediterraneo e del Mar Nero, i delegati della Commissione europea e il WWF. Al centro dell’attenzione

c’è stata quindi la sopravvivenza del nostro ecosistema marino, tramite il coinvolgimento dei pescatori locali, il cui sostentamento e reddito dipendono dalla salute del mare stesso. La Conferenza di Malta è stata un’ottima occasione per coinvolgere tutti gli attori chiave e presentare i nuovi progetti di gestione sostenibile delle attività di pesca, studiati specificatamente per il Mediterra-

neo, considerato una tra le regioni sottoposte al maggior sfruttamento ittico del mondo. Il WWF promuove fortemente la stesura di un piano e si sta impegnando a coinvolgere i pescatori nel tavolo del dibattito, perché diventino parte attiva nella gestione delle risorse marine, allo scopo di porre fine a decenni di attività di pesca eccessiva e non regolamentata.

Il WWF promuove il coinvolgimento dei pescatori affinché diventino parte attiva nella gestione delle risorse marine, allo scopo di porre fine a decenni di attività di pesca eccessiva e non regolamentata (photo © Cristina Mastrandrea).

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Fin da tempi antichi la pesca artigianale ha giocato un ruolo socioeconomico e culturale importante nel Mediterraneo e tuttora la piccola pesca conta più del 60% delle flotte presenti nella regione e garantisce 300.000 posti di lavoro. Decenni di cattiva gestione e sfruttamento hanno pesantemente impoverito le risorse marine del Mediterraneo, fino al punto che oggi più dell’80% degli stock monitorati risulta sovrasfruttato. Tutto ciò si traduce in un’enorme minaccia per i pescatori artigianali e le comunità costiere locali. «La salute dei nostri mari è indissolubilmente legata a quella delle persone. Il benessere dell’ecosistema marino può influenzare positivamente i settori della pesca locale e le economie nazionali. In questo processo, quindi, tutti sono coinvolti e hanno il potere di generare un cambiamento profondo: le istituzioni e i governi, le aziende e le associazioni, e anche gli stessi consumatori che ogni giorno scelgono quale pesce portare sulle proprie tavole», sostiene WWF Italia. Oltre alle iniziative di dibattito istituzionale, il WWF da anni sviluppa progetti per difendere il valore del nostro “capitale blu” e del Mediterraneo. In particolare, il progetto “Fish Forward” del WWF, oltre alle istituzioni, mira a coinvolgere aziende e consumatori

La domanda condiziona l’approccio e le caratteristiche della pesca, oltre a determinare le quantità prelevate. Per questo motivo, la responsabilità sulle condizioni del mare non può che ricadere sulle scelte dei consumatori (photo © pavel1964 – stock.adobe.com). per indirizzare approvvigionamento e scelte di acquisto verso prodotti ittici locali e sostenibili. L’obiettivo è creare una maggiore consapevolezza e conoscenza delle implicazioni positive che prodotti ittici sostenibili comportano sulle comunità costiere e sui mari. «Lavorare con i pescatori di tutto il Mediterraneo, coinvolgendoli nei processi decisionali di gestione della pesca, è un ottimo modo per sostenere le comunità costiere e attivare

un processo di tutela dell’ecosistema marino. Contemporaneamente è altrettanto importante far sapere ai consumatori che anche il loro supporto è fondamentale nel tracciare la rotta verso la sostenibilità. Esistono semplici regole di acquisto del pesce per poter condizionare il mercato verso una strada sostenibile. Per approfondimenti è possibile consultare il sito del progetto fishforward.eu/it». (Fonte: WWF Italia)


Regione Emilia-Romagna, fondi per la sostenibilità: quattro bandi nell’ambito del FEAMP. Domande entro il 21 gennaio 2019 Dalla conversione dei motori ai biocarburanti all’adozione di sistemi di refrigerazione e congelamento a basso consumo energetico. E ancora, dall’acquisto di tecnologie per comunicazioni via radio e satellite all’installazione di dispositivi e attrezzature che migliorano la selettività degli attrezzi, con riguardo alla taglia e alla specie raccolta. L’Emilia-Romagna dà un colpo di acceleratore verso una pesca sostenibile sotto il profilo ambientale, attenta a promuovere l’innovazione e il miglioramento degli standard di sicurezza e di salute sul lavoro e lo fa mettendo a disposizione un consistente pacchetto di risorse — in totale quasi 3 milioni di euro — per dare una spinta ai progetti di investimento. Del budget complessivo, il 50% arriva dalla programmazione regionale sull’utilizzo dei fondi comunitari, il 15% direttamente dal bilancio della Regione e il 35% da risorse nazionali. Sono quattro i bandi varati dalla Giunta regionale nell’ambito del FEAMP, il Fondo europeo per gli affari marittimi e della pesca e puntano — tra le altre priorità — a favorire la competitività e la modernizzazione delle imprese, con un occhio di riguardo alla qualità del prodotto e al sostegno alla pesca costiera artigianale. Modulistica e sulle modalità di presentazione delle domande: agricoltura.regione.emilia-romagna.it/feamp/doc/bandi-feamp/bandi-feamp. «Questi quattro bandi — ha sottolineato l’assessore regionale all’agricoltura, caccia e pesca, SIMONA CASELLI — sono un ulteriore tassello di una precisa strategia che punta ad accelerare la riconversione del settore verso un modello di pesca sostenibile e attenta alla salvaguardia delle risorse marine, tutt’uno con la valorizzazione della qualità delle produzioni della piccola pesca artigianale. In più, grazie alla consistente dotazione finanziaria, rappresentano un’importante occasione per l’adeguamento tecnologico e la modernizzazione delle attrezzature di pesca, in linea con gli obiettivi di miglioramento delle condizioni di lavoro e di efficienza energetica che vogliamo incentivare». Vengono messi a disposizione contributi a fondo perduto, a fronte degli investimenti effettuati. La percentuale di aiuto è la stessa per tutti e quattro i bandi ed è pari, in via ordinaria, al 50% della spesa ammissibile; percentuale che può aumentare all’80% nel caso di progetti presentati da imprese che si dedicano alla pesca costiera artigianale, al contrario ridotta al 30% se il beneficiario non è catalogato tra le piccole e medie imprese. Ad usufruire dei finanziamenti in conto capitale possono essere i proprietari e gli armatori delle imbarcazioni da pesca, a seconda del bando. La scadenza per le domande è il 21 gennaio 2019 (fonte: © World Food Press Agency).

Pescherecci nel porto di Cesenatico (photo © ermess – stock.adobe.com).

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Un progetto per accompagnare i pescatori italiani verso la sostenibilità ittica

MSC lancia il progetto BluFish, per una pesca più sostenibile L’organizzazione MSC (Marine Stewardship Council), in un incontro svoltosi a Roma lo scorso novembre, alla presenza dei principali portatori d’interesse del mondo della pesca in Italia, ha lanciato ufficialmente BluFish – Pescatori verso la sostenibilità nel Mediterraneo, un progetto che durerà tre anni e il cui obiettivo è condurre alcune attività di pesca selezionate tra quelle che operano nel Sud Italia e nelle isole in un percorso verso la sostenibilità, fornendo supporto e strumenti adeguati per migliorare le pratiche di pesca. Perché in Italia La flotta italiana rappresenta oltre il 30% delle barche da pesca che operano nel Mediterraneo e generano il 51% dello sbarcato; la sua produzione dipende quasi interamente

da questo bacino e si attesta intorno ai 900 milioni di euro annui. L’importanza della pesca nel territorio italiano si scontra con la condizione preoccupante delle risorse ittiche del Mediterraneo, in cui l’80-90% di quelle valutate sono sovrasfruttate. Un quadro complesso, in cui si inserisce una ancora non adeguata comprensione della sostenibilità nel settore della pesca. In questo contesto, BluFish vuole contribuire a diffondere una maggiore cultura della sostenibilità, attraverso: • il miglioramento della comprensione delle attività di pesca italiane; • la valutazione scientifica della sostenibilità; • l’individuazione delle buone pratiche; • il miglioramento della coopera-

zione tra le diverse realtà della pesca italiana; • la realizzazione di miglioramenti concreti nella gestione della pesca; • la generazione di valore per le attività di pesca e gli attori del mercato. Un percorso condiviso Il progetto prevede la partecipazione attiva di diversi portatori d’inte-

Secondo i dati dell’ultimo rapporto della Commissione UE sullo stato delle risorse ittiche, il Mar Mediterraneo si trova attualmente nel peggiore stato di tutti i mari europei, con circa il 90% degli stock ittici sovrasfruttati e alcuni ad alto rischio di completo collasso (fonte: europa.today.it). 46

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MSC (Marine Stewardship Council) è un’organizzazione internazionale no-profit. La nostra visione è che gli oceani siano pieni di vita e le risorse ittiche siano salvaguardate per questa generazione e per quelle future. Il nostro programma di etichettatura e certificazione ambientale riconosce le pratiche di pesca sostenibili e contribuisce a creare un mercato ittico più sostenibile. Il marchio blu MSC su un prodotto ittico significa che: • proviene da un’attività di pesca che è stata certificata, in modo indipendente e sulla base di dati scientifici, secondo lo standard MSC; • è completamente tracciabile. Più di 300 pescherecci in oltre 34 paesi sono certificati secondo lo standard MSC. Queste attività di pesca rendono quasi nove milioni di tonnellate di pesce all’anno, pari al 12% delle catture mondiali. Oltre 25.000 prodotti ittici in tutto il mondo riportano l’etichetta MSC. >> Link: www.msc.org/it

resse: una cooperazione tra parti diverse (pescatori, ONG, istituti di ricerca, agenzie internazionali, amministrazioni, istituzioni pubbliche, retailers) con l’obiettivo di definire piani d’azione verso una pesca più sostenibile. I vantaggi di un percorso partecipato e sinergico si tradurranno in una migliore coordinazione, una maggiore possibilità di accedere alle risorse necessarie, una condivisione di competenze e una costruzione di un maggior senso di responsabilità. Ciò permetterà di intraprendere un cammino più consapevole verso la sostenibilità ittica. L’obiettivo del progetto è di identificare, con la partecipazione delle attività di pesca, delle azioni di miglioramento concrete che siano

applicabili e verificabili nel tempo, al fine di validarne l’efficacia e il contributo alla sostenibilità. Fasi e aree del progetto BluFish BluFish interesserà 5 aree subgeografiche (GSA): GSA 10 (Tirreno Centrale e Meridionale), GSA 11.2 (Sardegna), GSA 16 (Canale di Sicilia), GSA 18 (Mare Adriatico meridionale), GSA 19 (Mare Ionio). Su questi territori verrà articolato il progetto secondo 3 fasi fondamentali: • mappatura (marzo-novembre 2018, in corso): mappate oltre 2.600 attività di pesca; 50 di queste selezionate insieme agli stakeholders per un’analisi approfondita;

• pre-valutazione (dicembre 2018settembre 2019): selezione di circa 10 attività di pesca insieme agli stakeholders per sottoporle ad una pre-valutazione sulla base degli standard di sostenibilità MSC; • piano d’azione (ottobre 2019marzo 2020): formulazione dei piani d’azione per intraprendere i miglioramenti delle attività di pesca coinvolte nel progetto. BluFish invita tutte le parti interessate a seguire gli sviluppi del progetto e a contribuire durante le diverse fasi. Verranno infatti organizzati incontri e workshop a livello locale per promuoverne le attività e per ricevere riscontri sulle esigenze locali e su come queste possano essere riflesse nel progetto stesso. A livello nazionale è stato istituito un Consiglio consultivo, che riunisce rappresentanti provenienti da diverse realtà del settore ittico e che, attraverso spunti di riflessione, consentirà di effettuare le scelte migliori per l’avanzamento del progetto. Infine, verranno organizzati una serie di workshop tematici al fine di migliorare la comprensione degli strumenti forniti dagli standard MSC (capacity building) e workshop per incentivare il dialogo tra parti diverse nell’industria ittica italiana (es. tra attività di pesca e retailers). Nota Per informazioni: blufish@msc.org


EcoFilm Shellfishing: progetto per la valorizzazione e la sostenibilità della pesca a piedi dei molluschi La pesca dei molluschi a piedi è un mestiere antico, ancora oggi praticato e di grande rilevanza in alcune zone costiere della Spagna, del Portogallo e di altri paesi europei. In Italia le aree più importanti sono il Delta del Po e la laguna veneta, dove la pesca della vongola verace è di grande rilevanza economica. Una vera e propria eccellenza, in termini economici e di qualità. Nel 2015 sono state allevate oltre 40.000 t di vongole nella UE, per un valore totale di 150 milioni di euro, di cui quasi il 90% in Italia. A questa attività, alla sua valorizzazione e al suo sviluppo sostenibile, è dedicato il progetto “EcoFilm Shellfishing” che, finanziato dall’Unione Europea attraverso il canale di finanziamento Erasmus plus, ha coinvolto cinque realtà: la portoghese LPN (Liga para a Protecção da Natureza), le spagnole SGS e Fundamar, l’università turca Recep Tayyip Erdoğan e l’italiana Cooperativa MARE. Il progetto si è concretizzato nella realizzazione di un video, curato da Fundamar, e di un programma di formazione (entrambi sono disponibili on-line all’indirizzo www.ecofilmshellfishing.lpn.pt). Il video si compone di cinque moduli, di cui il primo è un’introduzione

La presentazione del progetto a Vigo. che racconta in breve come viene praticato questo tipo di pesca, mettendo a fuoco le marcate differenze esistenti fra i quattro paesi partner. I restanti quattro moduli sono invece dedicati alla caratterizzazione dell’ambiente marino, ai cambiamenti in atto e al loro impatto sulle attività di raccolta dei molluschi, alla gestione sostenibile della pesca e alla prevenzione dei rischi, al miglioramento ambientale ed economico dell’attività. I risultati del progetto sono stati presentati in Italia, a Goro, sul Delta del Po, il 12 ottobre durante

l’Italian Infoday, alla presenza del sindaco, del presidente del Consorzio dei pescatori e dei pescatori stessi, che hanno potuto visionare il video di formazione e valutarne l’efficacia. A livello europeo, invece, i risultati del progetto sono stati presentati a Vigo, in Spagna, il 24 ottobre durante l’European Infoday, a cui hanno partecipato tutti i partner coinvolti e alcune istituzioni spagnole e portoghesi di rilievo nel campo della pesca e della raccolta di molluschi a piedi.

Film: “ECOLOGICAL AND SUSTAINABLE MANAGEMENT OF THE SHELLFISH HARVESTING ON FOOT” Project 2016-1-Pt01-Ka202-022909

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FINANZIAMENTI Co-finanziato dal programma ERASMUS+ dell’Unione Europea. Questa pubblicazione riflette solo il punto di vista dell’autore e la Commissione non può essere ritenuta responsabile degli usi che potrebbero essere fatti delle informazioni contenute.

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Una specie ittica innovativa nel panorama nazionale

L’ombrina ocellata e il suo allevamento di Francesco Lardelli

La produzione mondiale di pesce d’allevamento, pari a 80 milioni di tonnellate, ha superato quello della pesca tradizionale, rifornendo il mercato del 53% del pesce richiesto a livello mondiale (FAO , 2018). In Italia sono annualmente commercializzate, per il fabbisogno interno, circa 100.000 tonnellate tra spigole e orate, specie maggiormente diffuse, di cui solo 15-16.000 tonnellate risultano di produzione nazionale, mentre il restante fabbisogno è soddisfatto con l’importazione da mercati esteri. I Paesi concorrenti, in particolare Grecia, Turchia e Croazia, risultano

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molto competitivi, rendendo poco remunerativo l’allevamento ittico nazionale, con conseguente stagnazione della quantità ittica prodotta delle specie maggiormente diffuse e spingendo l’interesse degli allevatori a diversificare con altri prodotti di origine acquatica. Una specie innovativa L’ombrina ocellata (Sciaenops ocellatus o Red drum) è allevata esclusivamente sul Gargano, tra i territori di Lesina e Varano. Un’azienda leader del settore avannotteria ha importato esemplari giovanili dagli

Stati Uniti, dove l’ombrina viene allevata per le sue carni delicate e poco grasse nonché per il ripopolamento di ambienti naturali nei quali la pressione di pesca ne ha depauperati gli stock originari. Il Red drum, pesce di grandi dimensioni, vive nel Golfo del Messico popolando le acque di diversi Stati americani e deve il suo nome al tipico suono di tamburo che i maschi emettono con la vibrazione della vescica natatoria per attrarre le femmine durante la stagione degli amori. Il suo allevamento in Italia è iniziato con l’importazione di un lotto di

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L’allevamento in Italia di ombrina ocellata avviene esclusivamente sul Gargano, tra i territori di Lesina e Varano, ed è iniziato con l’importazione di un lotto di giovani ombrine che, raggiunto un peso di oltre 15 kg, hanno cominciato spontaneamente a riprodursi, in ciò agevolate dalle temperature delle acque utilizzate ombrina pronte per alimentarsi con prede vive: rotiferi in prima fase e a seguire l’Artemia salina. Dopo circa 30 giorni inizia la fase di svezzamento delle larve, che prevede la graduale introduzione di mangimi microincapsulati di piccolissime dimensioni. A 55-60 giorni gli avannotti risultano completamente svezzati e vengono trasferiti nelle vasche del settore nursery dell’avannotteria ove raggiungono velocemente le dimensioni di 5 grammi che ne consentono il trasferimento all’esterno nel settore delle vasche da ingrasso.

Nota A pagina 50, Sciaenops ocellatus, photo © Irina K. – stock.adobe.com

LB Comunicazione

giovani ombrine che, raggiunto un peso di oltre 15 kg, hanno cominciato spontaneamente a riprodursi, in ciò agevolate dalle particolari temperature delle acque utilizzate. La fase di allevamento attuata in azienda inizia con la raccolta e il trasferimento negli incubatoi delle uova galleggianti emesse dagli esemplari riproduttori. La schiusa delle uova avviene nell’arco di 24 ore e le larve neonate vengono trasferite nelle vasche del settore avannotteria. Dopo tre giorni inizia la fase di “appastamento” con le larve di

In tale settore, costituito da vasche di cemento con volumi di 200-300 m3 in circuito aperto, la temperatura dell’acqua, superiore ai 23-24 °C fino ai 27-28 °C dei mesi estivi, consente ottime performance di crescita. Nelle vasche di ingrasso le ombrine sono mantenute a bassa densità per garantire un adeguato benessere. La taglia commerciale varia da 0,8 a 1 kg per i pesci immessi sul mercato tal quali e raggiunge i 3-4 kg per quelli destinati alla trasformazione o richiesti dalla ristorazione. I pesci, dopo una fase di digiuno, vengono pescati e immessi direttamente in acqua e ghiaccio. Una volta raffreddate, le ombrine vengono incassettate, ghiacciate e stoccate ad una temperatura di 0-2 °C. Francesco Lardelli Accademia dei Georgofili www.georgofili.info

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AZIENDE

Ittigel compie 20 anni e festeggia inaugurando la nuova sede Un cambiamento che segna l’inizio di un nuovo capitolo nella storia della società. Per Marco e Luca Schiaretti, che hanno fondato l’agenzia nel 1998, si tratta di mettere a frutto la propria esperienza e portare Ittigel “al livello successivo”, raccogliendo le sfide e le opportunità del mercato Ittigel festeggia i suoi primi vent’anni con una nuova sede e un team che recentemente si è ampliato per rispondere ai nuovi obiettivi dell’agenzia di rappresentanza di prodotti ittici, sempre più proiettata sui mercati internazionali. «L’ingresso nella nuova sede segna l’inizio di un nuovo capitolo nella storia della nostra società: vogliamo mettere a frutto nel modo migliore il lavoro e

l’esperienza fatta fino qui e portare Ittigel al livello successivo» affermano MARCO e LUCA SCHIARETTI, che hanno fondato l’agenzia nel 1998. «Il mercato è cambiato, anzi, sta cambiando molto velocemente, e noi vogliamo essere pronti a raccoglierne le sfide, e, soprattutto, le opportunità». Nata a Colorno, a pochi chilometri da Parma, Ittigel ha una nuova sede ma non lascia il paese dove tutto è

iniziato o quasi. I due fratelli, infatti, sono “figli d’arte”. «I nostri genitori per anni hanno gestito una pescheria in piazzale San Bartolomeo nel cuore della città — raccontano Luca e Marco — successivamente si sono dedicati all’import-export di prodotti ittici: questo ha posto le basi per la nostra attività attuale». La passione per il mare e per quello che il mare ha di meglio da offrire è

Da sinistra: Grazia Bisi, Executive Sales Manager, Luca Schiaretti, Sales and Purchasing Director, Simona Bonati, Sales&Marketing Manager, Marco Schiaretti, Sales and Purchasing Director, Diego Triulzi, Sales Manager.

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La nuova sede di Ittigel. L’agenzia, che rappresenta importanti società internazionali, gestisce direttamente oltre 20 barche e ha una rete di clienti diffusa su tutto il territorio nazionale fra grossisti, aziende di trasformazione e centri cottura, è specializzata nella commercializzazione di prodotti surgelati, in particolare polpi, seppie e calamari. davvero “un affare di famiglia”. Ittigel, infatti, vanta un ricco retroterra fatto di viaggi — Marocco, Ghana, Europa — per conoscere la materia prima, i metodi di lavorazione e naturalmente le persone — armatori, imprenditori, clienti, trasportatori. Questa fitta rete di contatti commerciali e di frequenti viaggi all’estero non è andata persa, al contrario, ha

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permesso ai due fratelli di portare la tradizione di famiglia nel nuovo millennio. «Ad oggi Ittigel rappresenta importanti società internazionali, gestisce direttamente oltre 20 barche e ha una rete di clienti diffusa su tutto il territorio nazionale fra grossisti, aziende di trasformazione e centri cottura — spiegano Luca e Marco — abbiamo in programma

di espandere la nostra presenza sul mercato, ampliando e differenziando la base dei nostri clienti. Ma non solo. Stiamo lavorando anche nell’ottica di aumentare la nostra offerta, con un’intensa attività di ricerca di nuovi prodotti per arricchire la nostra gamma». Attualmente l’agenzia è specializzata nella commercializzazione

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Le eccellenze di Ittigel sono davvero tante! Si va dalle capesante della Cornovaglia a quelle della baia della Senna, dalle seppie ai polpi di Dakhla fino alla piovra di Olhao, dalle mazzancolle del Mediterraneo agli scampi del mar d’Irlanda di prodotti surgelati: cefalopodi, molluschi e crostacei, in particolare polpi, seppie e calamari. Le eccellenze che meritano di essere citate sono davvero tante, come le capesante della Cornovaglia trasformate esclusivamente dal fresco e quelle della baia della Senna destinate ai migliori ristoranti di pesce crudo. A queste si aggiungono le seppie e i polpi di Dakhla, processati con elevati standard qualitativi e rigidi controlli, la piovra di Olhao nell’Algarve, che viene pescata solo con metodi artigianali ad anfora ed immediatamente congelata. Dulcis in fundo, ci sono le mazzancolle del Mar Mediterraneo e i pregiati scampi provenienti dal mare

irlandese e congelati direttamente a bordo. «In quest’ottica di sviluppo a 360 gradi, vogliamo implementare ulteriormente il livello dei nostri servizi, in particolare su tre fronti: 1. il primo consiste nell’offrire una consulenza mirata per lo sviluppo di nuovi prodotti, capaci di andare incontro alle esigenze di un mercato sempre più complesso e globalizzato; 2. il secondo consiste nel lavorare a marchio del cliente, coinvolgendolo al livello di vero e proprio partner. Abbiamo pensato a questa possibilità perché possiamo garantire il know how necessario in termini di standard qualitativi

e regolarità nelle forniture; 3. ultimo ma non ultimo, siamo orientati a sviluppare strategie di marketing e di comunicazione a supporto dell’attività commerciale» concludono Luca e Marco. È cambiata la sede, si è rinnovato il team, quello che non cambia, invece, è la ricerca dell’eccellenza. Buon lavoro Ittigel!

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BioMar, con gli allevatori per creare un gamberetto premium BioMar è leader mondiale in alimenti ad alte prestazioni per oltre 45 diverse specie di pesci e gamberi in oltre 80 Paesi Lo scorso settembre (dal 24 al 27) a Guayaquil, Ecuador, VIDAR GUNDERSEN, direttore della Sostenibilità globale del Gruppo BioMar, è intervenuto in numerose discussioni nel corso della conferenza GOAL (Global Outlook for Aquaculture Leadership) Global Aquaculture Alliance, mettendo in luce le potenzialità di mercato e le opportunità di business a livello globale per una serie di nuovi mangimi per l’acquacoltura. Gundersen ha portato a titolo di esempio il modus operandi di BioMar che, in partnership con altre aziende, ha lavorato in particolare

su brand di allevamento sostenibile di salmoni. Ma non solo. «Il Gruppo BioMar è fortemente impegnato a perseguire una politica di sostenibilità e lo sta facendo da parecchio tempo, raccogliendo e sviluppando i risultati raggiunti su diverse specie animali per definire un gambero realmente sostenibile, ideale per i retailer e il consumatore finale» ha detto Gundersen. «Il gamberetto ecuadoregno è ben posizionato nel mercato ed è il prodotto ideale per mettere in pratica gli obiettivi di sviluppo della piattaforma sostenibile BioSustain™ di BioMar, unico

programma di acquacoltura che persegue con successo progetti in partnership in grado di aprire nuovi mercati e far crescere opportunità di business. Il nostro impegno con la sostenibilità è iniziato 10 anni fa attraverso un meticoloso metodo di valutazione di ogni singola materia prima in termini di footprint ambientale e beneficio nutrizionale» ha ribadito Gundersen. Rapporto sulla Sostenibilità 2017 Il report di BioMar sulla Sostenibilità Integrata è una relazione completa,

Un gamberetto d’allevamento in Ecuador.

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Vidar Gundersen, direttore della Sostenibilità globale di BioMar (photo © Copland-cale photography). in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Globale delle Nazioni Unite e che fa riferimento alle linee guida della Global Reporting Initiative. Essa fornisce una completa trasparenza sulle operazioni di BioMar non solo riguardo gli indici KPI, ma anche in merito agli aspetti finanziari e alle ambizioni di crescita. Questo report consente uno sguardo in profondità sul ruolo e sull’importanza della tracciabilità, nonché sui dati analitici inerenti il futuro dell’acquacoltura sostenibile.

Tradizionalmente, il mangime rappresenta circa l’80% dell’impatto nell’allevamento dei pesci. Gli ingredienti del mangime e le relative operazioni industriali comprendono la maggior parte dei flussi di energia nella catena produttiva e, di conseguenza, giocano un ruolo cruciale nella sostenibilità totale e sullo sviluppo ambientale e sociale dell’acquacoltura. «La sostenibilità nell’industria di acquacoltura inizia con il mangime e in BioMar crediamo che sia nostra

responsabilità fornire ai nostri clienti delle soluzioni alimentari innovative, di alta performance e che siano in grado anche di ridurre l’impatto ambientale» sostiene CARLOS DIAZ, CEO di BioMar Group. «La sostenibilità e l’approvvigionamento responsabile rappresentano una sfida continua. Per continuare a essere leader nella sostenibilità provvederemo a fissare limiti ancora più stringenti dopo il 2020 e ciò ci aiuterà a raggiungere nuovi traguardi» ha dichiarato Carlos Diaz. BioMar continuerà nel proprio impegno nel seguire la sostenibilità. Questo strumento completo di valutazione permetterà di indirizzare il proprio approvvigionamento di materie prime verso soluzioni più sostenibili e consentirà sia agli acquacoltori che ad una più ampia catena produttiva di avere una comprensione più completa della sostenibilità di ciascuna materia prima presente nel mangime.

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Gastronomia Valdarnese vi presenta il coregone Un pesce dalle carni pregiate e saporite, caratterizzate dalla quasi totale assenza di spine, che questa azienda toscana propone sul mercato in pratiche confezioni pronte da aprire e gustare GASTRONOMIA VALDARNESE è un’azienda presente sul mercato da oltre trent’anni, certificata ISO9001 e ISO22000. Fondata nel 1987 da ANNA e GIULIO AGLIETTI a partire da una piccola gastronomia nel centro storico di San Giovanni Valdarno, in provincia di Arezzo, è specializzata nella preparazione di piatti a base di pesce, insalate di mare in primis e, a seguire, preparazioni più sofisticate come salami e carpacci, o semplici ma gustosissime come le acciughe aglio e prezzemolo, le alici con cipolla, l’insalata di polpo… Da qualche tempo l’azienda ha deciso di investire su un particolare tipo di pesce spesso sottovalutato ma dalle carni pregiate, leggere e digeribili, quasi completamente prive di spine: il coregone. Il coregone o lavarello, nome scientifico Coregonus lavaretus (DM 22/11/2017), è un pesce d’acqua dolce della famiglia dei salmonidi. Introdotto alla fine dell’800 da Svizzera e Germania, popola gran parte dei

laghi del nord Italia e laziali in acque fredde e ben ossigenate (indicatore di sopravvivenza solo in ambienti non inquinati), dove viene pescato sia per fini commerciali che sportivi. In alcune zone viene “aiutato” nella sua riproduzione tramite incubatoi ittici (tra i più grandi d’Europa vi è quello di Marta in provincia di Viterbo, sul lago di Bolsena), nei quali vengono fatte schiudere milioni di uova di coregone per poi “seminare” gli avannotti nelle acque del lago. Questo pesce si nutre quasi esclusivamente di zooplancton e raggiunge rapidamente la maturità: può arrivare anche a 70-80 cm e fino a 4 kg di peso. Ha corpo affusolato e leggermente compresso lateralmente, squame circolari grandi, bocca piccola e terminale, colorazione argentea, leggermente verdastra sul dorso e bianca sul ventre. La pupilla ha una caratteristica forma angolare da cui deriva appunto il nome “coregone” (dal greco kore = pupilla

e gonia = angolo, LINNAEUS 1758). Chiamato anche “spigola d’acqua dolce” per le spiccate qualità delle sue carni, particolarmente saporite e appetitose, riscuote sempre un buon successo commerciale nelle zone dove è conosciuto e dove è protagonista anche di sagre e manifestazioni enogastronomiche. Gastronomia Valdarnese si è posta l’obiettivo di far conoscere questo pesce in aree lontane dai laghi di provenienza. Seguendo quindi l’esperienza acquisita con altri tipi di pesci, ha iniziato la produzione di filetti di coregone marinato e filetti di coregone con cipolla in confezioni pronte da aprire e gustare. I filetti sono sottoposti a marinatura aggiungendo olio extravergine di oliva, olio di semi di girasole, aglio, prezzemolo e peperoncino: un semplice condimento che arricchisce la ricetta senza coprirne i sapori. >> Link: www.gastronomiavaldarnese.it

A sinistra: il coregone o lavarello (photo © Cinzia Cortella). A destra: i filetti di coregone marinato.

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Ittica Golfo di Follonica, il decennale di Maurizio Dell’Agnello

Il decennale è una ricorrenza che si usa per festeggiare un avvenimento importante accaduto dieci anni prima e che da allora ha lasciato un segno. È così che in questo 2018 si celebra il decennale dell’Ittica Golfo di Follonica e la relativa adozione di una nuova tecnologia produttiva che costituisce oggi una certezza concreta per l’itticoltura toscana: la maricoltura. L’azienda, avviata come tradizionale allevamento ittico agli inizi degli anni ‘90 nel territorio del comune di Piombino, sentì da subito il bisogno di rinnovare i sistemi produttivi, adottando una tecnologia che ponesse meno vincoli e rivoluzionasse il processo allevatoriale fino a quel momento utilizzato. Del resto, le difficoltà burocratiche incontrate in fase di progettazione dell’impianto a terra, la cui soluzione fece scuola divenendo perfino argomento di tesi di laurea come esempio di sovrapposizione di competenze e conflitti di attribuzione tra enti, avevano rallentato talmente tanto i tempi di realizzazione da portare l’azienda ad entrare nel mondo della produzione con una tecnologia obsoleta. La compagine sociale, spinta dalla concorrenza e dalle esperienze di altre realtà, nell’estate del 2008 avviò la realizzazione del primo significativo impianto di maricoltura toscana (è doveroso ricordare le prime esperienze di acquacoltura in mare aperto di Gorgona e Capraia, Nda). Si trattava di un’importante novità, di cui forse solo oggi si comprende appieno il significato: già l’allevamento di pesce in un’area da sempre legata alla produzione del ferro rappresentava una singolarità che molti accoglievano con un ragionevole margine di dubbio; farlo poi nelle reti in mezzo al canale,

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davanti all’Elba, rappresentava per non pochi una vera pazzia! Invece proprio quello era il momento giusto per iniziare, con tutto il coraggio e il rischio che l’iniziativa portava con sé. E chi meglio dell’allora Ittica Falesia, società che aveva avviato gli allevamenti di pesce a Piombino, poteva farlo, data la vera e propria odissea che aveva dovuto affrontare per portare a compimento il suo progetto? Fu così al porto di Piombino, nello sbigottimento dei più, cominciarono ad arrivare grandi reti e lunghi tubi di plastica che, combinati come si fa coi giochi intelligenti per bambini, divennero un vero e proprio parco di allevamento, costituito da dodici gabbie galleggianti della capacità di 3.800 m³ ciascuna. Una scelta compresa e agevolata anche dagli amministratori locali e dalle autorità marittime, che abbracciarono il progetto con entusiasmo, trovando gli opportuni strumenti e riferimenti normativi, snellendo le procedure burocratiche e consentendo l’inizio del passaggio della produzione di pesce allevato dalla terra al mare. Oggi, a 10 anni di distanza, in un’area marina di 2 km2, a 2 miglia a largo della costa est di Piombino, Ittica Golfo di Follonica produce, nelle sue 20 gabbie galleggianti, su una batimetrica minima di 25 metri, orate e spigole, elaborando numerosi progetti di sviluppo. Tra questi anche la procedura di classificazione delle acque, al fine di rendere possibile l’allevamento di mitili, che ha consentito ad altri di intraprendere concretamente il progetto. Numerose sono le iniziative produttive intraprese e allo studio, volte a migliorare l’efficienza del processo di allevamento dal punto

di vista della qualità di prodotto, del benessere del pesce allevato (anche attraverso il “Friend of the Sea”, che garantisce buone pratiche di allevamento e ne trasmette i valori ai consumatori), della tutela dell’ambiente, della qualità e soddisfazione del lavoro di personale e collaboratori, del rafforzamento della struttura organizzativa e del conseguimento di utile, che passa non dalla riduzione dei costi ma dall’incremento della produttività, attraverso un continuo processo di miglioramento organizzativo. Ciò sostanzia ed evidenzia i buoni risultati ottenuti e la dinamicità dell’azienda, proiettata al soddisfacimento dei bisogni e delle richieste della collettività rivolti alla maricoltura moderna. C’è l’intenzione di lavorare maggiormente sulla diversificazione di prodotto e con processi di trasformazione in grado di realizzare nuovi prodotti dall’alto valore aggiunto. Il tutto in un territorio in cui alcune carenze infrastrutturali dei servizi alle acquacolture, come quella di un porto dedicato, potrebbero indurre a sviluppare ulteriormente nuovi mestieri, professioni e sviluppo del settore ittico. >> Link: www.itticagolfodifollonica.com

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INTERVISTE

Intervista a Giancarlo Cevoli, presidente Cooperativa Lavoratori del Mare

Adriatico, è tempo di muoversi di Gianluigi Negroni

Questo articolo vuole illustrare alcuni dei principali problemi della marineria dell’Adriatico, che si pone come un importante polo economico all’interno di una zona fortemente turistica, presentando alcune idee suggerite da uno dei suoi più profondi conoscitori: GIANCARLO CEVOLI, presidente della Cooperativa Lavoratori del Mare di Rimini. Una realtà che rappresenta un esempio dell’organizzazione italiana a tutto campo per la produzione primaria della pesca e di tutti i servizi connessi, incluso il mercato del pesce all’ingrosso, e un esempio a livello nazionale e internazionale su come sviluppare il settore e gestire efficacemente ed efficientemente un gruppo locale di barche da pesca. Possiamo dire ad voce che il settore della produzione primaria

ha un effetto di traino su tutta l’economia e la sicurezza alimentare e viene fortemente influenzato dalle legislazioni dell’Unione Europea. Storicamente, le regole della pesca sono fortemente influenzate dai paesi che si affacciano sull’Atlantico, che con grandi flotte oceaniche penalizzano le piccole marinerie artigianali come quelle mediterranee. Mari chiusi come l’Adriatico hanno problematiche che non si possono ricondurre a quelle dei grandi oceani. Si devono creare delle politiche adatte ai bisogni locali, come è già avvenuto e avviene per molti settori dell’agricoltura e dell’agroalimentare, perché ci sia una crescita sana, in linea con i moderni principi della sostenibilità, conservazione delle risorse, offerta di posti di lavoro ed equità sociale.

Quali sono i principali fattori di penalizzazione delle marinerie dell’Alto Adriatico? «Tra i fattori maggiormente penalizzanti per le marinerie adriatiche ci sono le normative comunitarie restrittive relative ai finanziamenti FEAMP. Infatti, le barche a strascico possono accedere a pochissimi finanziamenti, con la scusa dell’aumento dello sforzo di pesca. Per esempio, sono vietati i finanziamenti per la sostituzione dei motori a pari potenza, che con le nuove tecnologie consumano e inquinano meno. Un altro grosso problema è rappresentato dalla burocrazia, con gli adempimenti per le leggi comunitarie cui devono attenersi armatori e comandanti dei motopesca. Si pensi solo ai 19 registri da compilare a bordo dell’imbarcazione; in caso

Peschereccio in Adriatico (photo © www.riminiduepuntozero.it).

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Reti da pesca. di difformità alla regolamentazione vigente, si devono sostenere sanzioni molto pesanti economicamente. Sempre per la normativa comunitaria, a seconda delle infrazioni commesse e delle multe applicate, vi è l’assegnazione di punti (in negativo) sulla licenza della barca e del libretto del comandante. Questo tipo di sistema sanzionatorio può portare facilmente al fermo dell’attività lavorativa delle barche e se, per come è attualmente strutturato, può essere sostenibile per le grandi barche oceaniche, non

lo è di sicuro per i piccoli pescatori artigianali Per le piccole imprese è troppo pesante e punitivo; occorre urgentemente rivederlo e adattarlo». Cosa pensa dei problemi ambientali di cui si accusa la pesca tradizionale a strascico? «Agli ambientalisti, che portano avanti questa “guerra” alla marineria tradizionale a strascico, controbatto che le attività a strascico in Adriatico hanno più di 200 anni di storia. Dalle barche a vela a strasci-

co si è passati alle barche a motore a strascico con maggiore potenza. Non abbiamo avuto conseguenze ambientali o comunque sono state molto limitate. Sono venute meno, quantitativamente, alcune specie e altre sono aumentate a causa principalmente del cambiamento climatico (in particolare per l’aumento della temperatura del mare). La Cooperativa Lavoratori del Mare fornisce regolarmente dati certi sul pesce venduto al mercato (della cooperativa) alla Regione e al Ministero della Pesca. I dati negli anni hanno dimostrato che non è avvenuta nessuna catastrofe ecologica. Altra nota dolente, che penalizza molto la categoria dello strascico, è il ritardo continuo dei rimborsi dei “fermi biologici” (periodi programmati di arresto della pesca); i pagamenti, per lungaggini burocratiche, sono indietro di anni e potete immaginare la reazione dei lavoratori del mare». Cosa pensa della pianificazione locale della pesca? «C’è un forte bisogno di una valida pianificazione della pesca a livello locale. Sarebbe interessante sviluppare un piano di sostenibilità specifico (con aree ben precise e delimitate) per l’Alto Adriatico, ove si

Fondata nel 1945, la Cooperativa Lavoratori del Mare possiede una flotta composta da una novantina di unità. I servizi proposti sono tra i più convenienti sul mercato a livello di prezzo, per il volume dei soci e la professionalità dei venti dipendenti, con contratto di lavoro a tempo indeterminato. Nel 2017 sono entrati 31 nuovi soci da altre cooperative, a dimostrazione della validità di questo modello. Nel suo statuto sociale la cooperativa assiste le imprese nel complesso di pratiche amministrative, commerciali, fiscali indispensabili per l’esercizio delle attività della pesca, fra cui la vendita del pescato all’asta, la gestione dei carburanti, la compravendita di materiali, la produzione di ghiaccio, le denunce dei redditi, la contabilità, le pratiche dei finanziamenti e altre pratiche presso la capitaneria di porto, quelle presso la Direzione generale della pesca a Roma, e molti altri servizi burocratici difficili da seguire per aziende di piccole dimensioni, che potrebbero facilmente incorrere in errori e conseguentemente in pesanti sanzioni. La Cooperativa, in netta controtendenza e perseguendo un obiettivo economico e sociale, ha ultimamente assorbito altre due cooperative locali di pescatori, incrementando fatturato e qualità dei servizi. Da rilevare la gestione del mercato ittico all’ingrosso di Rimini, dove l’attività principale che vi si svolge consiste nel commercio, tramite asta elettronica, di prodotti ittici freschi provenienti dai pescherecci locali. Si procede attraverso due linee d’asta ove si effettua la “prima vendita”. Segue un’attività secondaria, rappresentata dalla vendita di varie tipologie di prodotti ittici, sia freschi che congelati, confezionati dai grossisti e venduti a trattativa diretta con la “seconda vendita”. Il mercato di Rimini è uno dei più importanti dell’Adriatico, punto di riferimento essenziale per le vendite del prodotto pescato dalle imprese, con più di 17.000 quintali di pesce venduto, per un importo di più di 9,7 milioni di euro nel 2017; nel 2018 c’è stato un incremento delle quantità conferite e del fatturato, con un prezzo medio di 5,69 €/kg. L’organizzazione stessa del mercato permette di risolvere i bisogni del prodotto pesce per soddisfare numerose prescrizioni obbligatorie quali: una perfetta sanità e sicurezza alimentare, la tracciabilità del prodotto, senza dimenticare la sicurezza dei produttori di essere pagati appena effettuata la vendita. Ricordiamo che il sistema dell’asta alla prima vendita permette ai produttori di valorizzare al meglio la redditività del proprio prodotto.

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Giancarlo Cevoli. declinano zone di tutela periodica, zone a riserva integrale, Marine Protected Area (MPA), zone di pesca tradizionale (strascico ed altre attività locali tradizionali, attività varie di pesca sportiva gestite dai pescatori, altre attività legate alla pesca e all’acquacoltura marina). Questo potrebbe contribuire a sviluppare i famosi Integrated Coastal Management Plan (gestione integrata delle attività costiere). La UE ha promosso i Multi-Annual Spatial Planning per la pesca e l’acquacoltura, che dovrebbero svolgere un’azione di coordinamento fra le zone limitrofe, anche attraverso il contributo delle OP (Organizzazioni della Pesca).

Le valutazioni sulla situazione degli stock delle diverse specie sono molto insufficienti; laddove esistono, riguardano poche specie, in particolare quelle pescate essenzialmente con lo strascico (Piano d’azione per lo sviluppo, la competitività e la sostenibilità della pesca costiera artigianale, 2015). Appropriati studi pratici, realizzati con la partecipazione delle autorità ministeriali, dei centri di ricerca e delle OP del settore, potrebbero contribuire a sviluppare buone pianificazioni e a trovare ottime sinergie con i famosi PPP (Private Public Partnership). Si potrebbero quindi inquadrare relazioni win-win con tutti gli stakeholder, ove gli interessi sociali, ambientali e legislativi siano soddisfatti per garantire una sostenibilità ecologica-socio-economica alle risorse del mare. Sempre in risposta agli ambientalisti, confermo che, per la conservazione e la sostenibilità dell’Adriatico, la categoria ha fatto e sta facendo notevoli sforzi; per esempio: esiste il divieto di pesca entro le tre miglia; è stato allungato, ogni 10 settimane, un giorno ulteriore di fermo pesca ed è stata spostata la linea di protezione della costa fino a 6 miglia durante il periodo invernale; tutto in stretta collaborazione col Ministero, a dimostrazione della grande responsabilità che la categoria ha per la sostenibilità e la conservazione delle risorse marine. Abbiamo poi richieste per svilup-

pare studi sull’aumento degli stock di tonno e delfini che si nutrono di pesce pelagico e di altre specie. La Cooperativa Lavoratori del Mare ha spesso inviato studi riguardanti la pesca al tonno, riservata a sole 9 barche in tutta Italia. In particolare è stato richiesto più di una volta di regolamentare la pesca occasionale di questo pesce che, se pescato accidentalmente, deve essere rigettato in mare (di solito viene pescato morto), pena un pesante sanzione». Un ultimo problema, molto sentito dalla marineria, è quello dei residui plastici raccolti dalle barche da pesca. Si potrebbe avviare una collaborazione pratica per la raccolta e lo smaltimento della plastica accumulata a bordo delle imbarcazioni durante il loro lavoro in mare? «Sicuramente sì. La flotta della Cooperativa potrebbe riportare a terra, al ritorno delle bordate di pesca, un grande quantitativo di residui plastici che ora non sono autorizzati ad essere conferiti al porto. Mi auguro che vengano emanati specifici regolamenti per lo scarico dei residui. Progetti specifici sarebbero di grande aiuto all’ambiente marino dell’Adriatico, a livello regionale e nazionale nonché europeo. Il pescatore si considera un poco il “guardiano” del mare e ci tiene ad eliminare tutto ciò che inquina o procura danni all’ecosistema marino». Gianluigi Negroni

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OSSERVATORIO INTERNAZIONALE

Il baccalà, eredità culturale europea di Riccardo Lagorio

Imbarcarsi in un’avventura di degustazione (culturale), in ricordo delle battute di pesca al merluzzo nei gelidi mari del Nord? Capitale europea ne è stata Ilhavo, città portoghese a metà strada tra Lisbona e Oporto, dal 14 al 18 novembre scorsi. Il Festival della gastronomia di bordo rievoca i cibi tradizionalmente preparati a bordo delle imbarcazioni, come il famoso chora, una zuppa elaborata con le teste del baccalà il cui nome parrebbe derivare dal modo di dire dei marinai “Chiunque mangi lacrime, tornerà”1. Un rendez-vous di ricette corroboranti in mari inospitali, come lo stufato di baccalà e il merluzzo fritto, che sono andate a braccetto

con le memorie gastronomiche della pesca: dal merluzzo salato tradizionale portoghese STG (il merluzzo salato a mano viene sottoposto poi a uno specifico processo di maturazione) al pesce fresco o conservato. «Si è trattato di un’occasione per immergersi nel patrimonio gastronomico nazionale attraverso visite a cantieri navali, musei, aste ittiche, imbarcazioni e attrezzature per la trasformazione e la preparazione alimentare», racconta NUNO COSTA, antropologo impiegato presso il Museo Marittimo di Ilhavo. «La manifestazione rientra nelle azioni previste dal progetto Territori con storia: il mare, la pesca e le

comunità, cofinanziato dai comuni di Ilhavo, Peniche e Murtosa e dai fondi comunitari CENTRO 2020, Piano FEDER e del Piano Europa Creativa», continua. I tre municipi sono accumunati da un retroterra culturale che coinvolge il mare e il mondo della pesca d’altura (Ilhavo), costiera (Peniche) e lagunare (Murtosa) e intendono attrarre un turismo di tipo culturale e aumentare la competitività del Portogallo centrale. «Aperte le rotte nordeuropee da parte di GIOVANNI CABOTO, per quasi 500 anni la comunità di Ilhavo ha contribuito a fornire uomini e mezzi alla pesca di merluzzo lungo le coste di Terranova, in Canada. Ora

Chora de Bacalhau, una zuppa che mangiavano al termine della dura giornata di lavoro i pescatori portoghesi a bordo delle loro imbarcazioni durante la pesca al merluzzo nei mari al largo di Terranova (photo © www.srbacalhau.com).

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Il Museo Marittimo di Ílhavo. questa attività, che ha consentito di soddisfare le necessità religiose dall’astensione dalla carne, non è più profittevole. Tuttavia, rappresenta un importante momento storico e culturale di tutti noi e dell’Europa in generale», continua Costa. Ne è convinto anche il prof. ÁLVARO GARRIDO, ricercatore di Storia economica presso l’Università di Coimbra. «Per il Portogallo, il piano Europa creativa, a cui partecipano anche Italia e Norvegia, è fondamentale per apportare una visione comparativa e multiculturale sul fenomeno del consumo di baccalà o stoccafisso che si dica. Infatti, in tutte le comunità si crede di essere gli unici ad avere sviluppato la tradizione del consumo di merluzzo lavorato. Così non è: il progetto offre la possibilità di comparare le prospettive di questa eredità culturale tanto importante per tutta Europa», dice convinto. Il progetto porta il nome di “Skrei convention – The Story of the Dried Cod” e nei prossimi tre anni valorizzerà il patrimonio culturale e gastronomico legato allo stoccafisso dal Mare del Nord al Mediterraneo, lungo le rotte marina e di terra. Il riferente per il nostro Paese è il Consorzio Europeo Rievocazioni

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Il Museu Marítimo de Ílhavo è unico nel suo genere. Visitandolo, è possibile approfondire la conoscenza dell’eroica avventura delle imbarcazioni portoghesi per la pesca del merluzzo che partivano da questa cittadina, considerata una delle capitali del baccalà. La collezione ha come icona un peschereccio di dimensioni reali, sul quale è possibile salire a bordo, vedere le attrezzature che ricordano il modo in cui si svolgeva il lavoro e immaginare la vita degli uomini che ne facevano la propria casa, nei lunghi mesi in cui rimanevano nei mari freddi e lontani della Groenlandia e di Terranova (photo © Paulo Azevedo). >> Link: www.museumaritimo.cm-ilhavo.pt

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Italia, Norvegia e Portogallo insieme per la Skrei Convention Il progetto Skrei Convention – The Story of the Dried Cod è realtà. È stato siglato infatti l’accordo tra Italia, Norvegia e Portogallo sul progetto finanziato nell’ambito del programma Europa Creativa che nei prossimi tre anni valorizzerà il patrimonio non solo gastronomico dello stoccafisso e il percorso che l’ha condotto a noi, dal Mare di Norvegia al Mediterraneo, lungo le rotte marina e di terra. Il lavoro che si svilupperà nei prossimi tre anni si concentrerà sull’aspetto socio-culturale del baccalà, coinvolgendo da una parte i musei e le università, per raccogliere in un archivio digitale quanto più materiale possibile sulla storia dello stoccafisso, e dall’altra il mondo dell’arte, organizzando seminari, festival e mostre sul tema. In particolare, inizierà un percorso di scambio tra artisti in residenze distribuite tra i tre Paesi fin qui coinvolti, dove potranno confrontarsi con le singole identità locali e le più moderne tecnologie, per sviluppare un nuovo ricettario innovativo. La via Querinissima Skrei Convention si presenta anche come piattaforma per il successivo lancio della via Querinissima: il progetto di nuovo itinerario culturale europeo ispirato al viaggio del navigatore PIETRO QUERINi, che nel 1431 sancì l’arrivo dello stoccafisso nella Repubblica di Venezia. Sono 14 i Paesi coinvolti lungo la via Querinissima: Grecia, Spagna, Portogallo, Norvegia, Svezia, Inghilterra, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Francia, Germania, Svizzera, Austria e Italia. Le prossime tappe del progetto, che vede oggi come partner operativi il CERS Italia (Consorzio Europeo Rievocazioni Storiche), lo Stiftelsen Museum Nord di Melbu nelle Lofoten, il comune portoghese di Ilhavo, il comune di Røst, il Museo Marittimo di Ilhavo, il Museo Anseatico di Lubecca, la Glasgow School of Art e la School of Design and Innovation, prevedono la pubblicazione di un portale web, sul quale troveranno posto un forum di discussione aperto al pubblico internazionale e la call per gli artisti interessati a prendere parte al programma di Artist’s Residency, a partire dalla primavera del 2019.

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In alto: merluzzo in essiccazione alle isole Lofoten. In basso: uno scorcio “invernale” del villaggio di Hamnøy, nell’arcipelago delle isole Lofoten (photo © Castenoid – stock.adobe.com).

Storiche (CERS). Il suo presidente è MASSIMO ANDREOLI. «Il primo lavoro che presenteremo è la messa a punto di un archivio digitale delle antiche rotte nautiche che mettevano in rete il Nord e il Sud dell’Europa e che ancora oggi vengono utilizzate», dice. Il progetto è cominciato ufficialmente a settembre del 2018 e terminerà nel 2020, costituendo una rete di rapporti e scambi culturali che coinvolgeranno istituti alberghieri, cuochi e importatori che proporranno anche consigli alternativi per la preparazione dello stoccafisso. «Inoltre, attraverso la cucina, l’arte e la cultura, salvaguardiamo le caratteristiche di ciascuna comunità e lo scambio delle identità favoriranno la nascita di cittadini europei. Questo aspetto è piaciuto molto ai decisori europei», rivela. Il progetto si presenta anche come piattaforma per il successivo lancio della Via Querinissima: un piano di nuovo itinerario culturale europeo ispirato al viaggio del navigatore PIETRO QUERINI, che nel 1431 sancì l’arrivo dello stoccafisso nella Repubblica di Venezia, come raccontato a pagina 90 di questo dorso nel numero 2/2016 (LAGORIO R., Il merluzzo di Querini: qui si fa la rivoluzione). «Il lavoro che si svilupperà nei prossimi tre anni si prospetta concentrarsi sull’aspetto socio-culturale legato al baccalà, coinvolgendo da una parte i musei e le università per raccogliere quanto più materiale possibile sulla storia dello stoccafisso, dall’altra il mondo dell’arte con l’organizzazione di seminari, festival e mostre sul tema. In particolare, inizierà un percorso di scambio tra artisti in residenze distribuite tra i tre Paesi fin qui coinvolti», afferma Andreoli. «L’auspicio è di coinvolgere tutti i 14 Paesi interessati dalla Via Querinissima in un prossimo futuro», sottolinea invece ANNA VERMEHREN del Museo Nord di Melbu in Norvegia. Esperienza che suffraga una volta di più l’importanza del cibo come molla culturale di unione tra i popoli. Riccardo Lagorio Note 1. “Quem come chora, tem de cá voltar!”

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LA QUALITÀ

Aggiornamento dei pesci, molluschi, crostacei freschi e derivati Dop, Igp e Stg

Indicazioni geografiche e specialità tradizionali garantite Esistono una cinquantina di sistemi di qualità dell’UE registrati come Indicazioni Geografiche (IGs), incluse le Denominazioni di Origine Protetta (DOP) e le Indicazioni Geografiche Protette (IGP) e, nel settore ittico, le Specialità Tradizionali Garantite (STG). Gli Stati Membri col maggior numero di prodotti appartenenti a tali sistemi sono il Regno Unito (13 prodotti), la Germania (7 prodotti), la Francia, l’Italia e la Spagna (5 prodotti ciascuno). Tre indicazioni geografiche — un DOP e due IGP — sono state assegnate a prodotti provenienti da alcuni Paesi extraUE, in particolare Cina, Norvegia e Vietnam. Dal luglio 2016, sono stati registrati cinque prodotti, tutti IGP: • “West Wales Coracle Caught Salmon” (febbraio 2017, UK) – salmone atlantico catturato utilizzando un vecchio metodo tradizionale gallese di pesca con il coracle; • West Wales Coracle Caught Sewin (marzo 2017, UK), trota (Salmo trutta), catturata utilizzando un vecchio metodo tradizionale gallese di pesca con il coracle; • Novac afumat din Țara Bârsei (aprile 2017, Romania), filetti di pesce affumicato ottenuto dalla carpa testa grossa (Arystichthys nobilis); • London Cured Smoked Salmon (aprile 2017, UK), salmone trattato e affumicato utilizzando solo una combinazione di salgemma e fumo di quercia; • Lough Neagh Pollan (aprile 2018, UK), pesce lacustre della specie Coregonus pollan, appartenente alla famiglia dei salmonidi. Più di due terzi dei prodotti (34) sono IGP, mentre un quarto (13) è

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Le cozze di Scardovari Dop sono allevate sin dagli anni‘60 in un’area ristretta dell’ambiente lagunare, all’incontro tra il Po e l’Adriatico. La peculiarità della laguna del Delta conferisce alla cozza di Scardovari una qualità superiore e un sapore delicato. Alimento ad alto valore nutritivo, ricco di proteine e acidi grassi polinsaturi, la cozza di Scardovari Dop garantisce un buon apporto di sali minerali, sodio, potassio e fosforo, e vitamine (photo © gustoveneto.it). DOP, e il 6% (3 prodotti) sono STG. Tra i 50 prodotti registrati, il 54% si riferisce a prodotti catturati e il 46% a prodotti allevati. I prodotti pescati sono prevalentemente processati: il 63% delle indicazioni geografiche per i prodotti di pesca infatti si riferisce a prodotti trasformati in tutto o in parte. Al contrario, il 65% dei prodotti dell’acquacoltura vengono venduti non trasformati. I prodotti trasformati ricoprono una vasta gamma di metodi di trasformazione: affumicato, trattato, essiccato, cucinato e inscatolato, inclusi uova di pesce e sughi a base di pesce. Le principali specie che si riferiscono alle IG e alle STG includono 9 prodotti con carpe, in particolare in Germania, Repubblica Ceca e Polonia; 5 prodotti con cozze, in Francia, Italia, Spagna e Regno Unito; 5 prodotti con salmone, di cui 4 nel Regno

Unito ed 1 in Irlanda; e 3 prodotti ciascuno rispettivamente per acciughe, merluzzo nordico, ostriche, tonno e coregone bianco. Tra le 50 denominazioni, 39 prodotti (78%), riguardano pesci, 10 prodotti (20%) riguardano molluschi, ed un solo prodotto (2%) riguarda i crostacei. Le denominazioni italiane Sono 5 al momento le specie ittiche che godono del riconoscimento DOP o IGP: • Cozza di Scardovari (DOP); • Trote del Trentino (IGP); • Acciughe sotto sale del Mar Ligure (IGP); • Tinca Gobba Dorata del Pianalto di Poirino (DOP); • Salmerino del Trentino (IGP). Fonti: DOOR – ec.europa.eu/agriculture/quality/door/list.html EUMOFA

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Paese

Prodotto

IGs

Cina

Yancheng Long Xia

Igp

Finlandia Puruveden muikku

Igp

Finlandia Kitkan viisas

Dop

Francia

Moules de Bouchot de la Baie du Mont-Saint-Michel

Dop

Francia

Huîtres Marennes Oléron

Igp

Francia

Anchois de Collioure

Igp

Francia

Coquille Saint-Jacques des Côtes d’Armor

Igp

Francia

Bulot de la Baie de Granville

Igp

Germania Oberlausitzer Biokarpfen

Igp

Germania Glückstädter Matjes

Igp

Germania Aischgründer Karpfen

Igp

Germania Fränkischer Karpfen / Frankenkarpfen / Karpfen aus Franken (…)

Igp

Germania Holsteiner Karpfen

Igp

Germania Oberpfälzer Karpfen

Igp

Germania Schwarzwaldforelle

Igp

Grecia

Dop

Avgotaracho Messolongiou

Irlanda

Clare Island Salmon

Igp

Italia

Cozza di Scardovari

Dop

Italia

Trote del Trentino

Igp

Italia

Acciughe sotto sale del Mar Ligure

Igp

Italia

Tinca Gobba Dorata del Pianalto di Poirino

Dop

Italia

Salmerino del Trentino

Igp

Lettonia

Carnikavas nēģi

Igp

Norvegia

Tørrfisk fra Lofoten

Igp

Polonia

Karp zatorski

Dop

UK

Lough Neagh Pollan

Dop

UK

London Cure Smoked Salmon

Igp

UK

West Wales Coracle Caught Sewin

Igp

UK

West Wales Coracle Caught Salmon

Igp

UK

Conwy Mussels

Dop

UK

Fal Oyster

Dop

UK

Scottish Wild Salmon

Igp

UK

Isle of Man Queenies

Dop

UK

Lough Neagh Eel

Igp

UK

Cornish Sardines

Igp

UK

Traditional Grimsby Smoked Fish

Igp

UK

Scottish Farmed Salmon

Igp

UK

Arbroath Smokies

Igp

UK

Whitstable oysters

Igp

Rep. Ceca Třeboňský kapr

Igp

Rep. Ceca Pohořelický kapr

Dop

Gastronomia i Valdarnese: da oggi, tra i piatti pronti, c’è anche il coregone. Perché la freschezza è di casa. Non solo quella di mare, anche quella di lago. FILETTI DI COREGONE

MARINATO

Romania

Novac afumat din Ţara Bârsei

Igp

Romania

Scrumbie de Dunăre afumată

Igp

Spagna

Mojama de Isla Cristina

Igp

Spagna

Mojama de Barbate

Igp

Spagna

Melva de Andalucía

Igp

Spagna

Caballa de Andalucía

Igp

Spagna

Mejillón de Galicia; Mexillón de Galicia

Dop

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CONSUMI

A Roma la prima convention di Assoittica Italia

Ogni 100 euro per la spesa, quasi 10 sono destinati all’ittico Innovazione di filiera e comunicazione ai consumatori i nuovi “mantra” del comparto che punta su uno sviluppo coerente con le nuove abitudini di consumo, controlli crescenti e un consumatore sempre più informato Il 9,5% della spesa destinata dalle famiglie italiane all’acquisto di generi alimentari è dedicata ai prodotti ittici, con un trend in deciso aumento negli ultimi cinque anni. Lo rilevano recenti studi condotti dall’I STAT , i quali suggeriscono all’intera filiera della produzione ittica italiana di riservare maggiore attenzione agli aspetti che tradizionalmente caratterizzano le strategie

delle industry più avanzate nella produzione e commercializzazione di beni di largo consumo: maggiore innovazione a supporto della filiera produttiva e attenzione crescente alla comunicazione diretta tra produttori e consumatori finali. «Questi dati — ha dichiarato il segretario generale di ASSOITTICA, GIUSEPPE PALMA, in occasione della prima convention di ASSOITTICA ITALIA, svoltasi a Roma

alla fine di ottobre, alla presenza dei principali rappresentanti del mondo istituzionale e delle oltre cento aziende italiane associate — dovrebbero indurci a reinterpretare il nostro ruolo all’interno del comparto alimentare, suggerendoci di proseguire sulla strada dell’innovazione di filiera e della valorizzazione, anche attraverso la comunicazione al grande pubblico, dell’enorme patrimonio

I relatori alla prima convention di Assoittica Italia, svoltasi a Roma alla fine di ottobre.

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Attenzione crescente alla comunicazione diretta tra produttori e consumatori finali: è uno dei punti fondamentali emersi durante la convention di Assoittica Italia sul futuro della filiera nazionale. di qualità e di sicurezza contenuto nel prodotto ittico italiano». L’innovazione di filiera non è fine a se stessa, ma risponderà alla necessità di far fronte alle mutate esigenze dei consumatori; deve quindi consentire la commercializzazione di un prodotto che, seppur lavorato o trasformato, mantenga tutte le proprietà organolettiche e nutrizionali fondamentali, e che sia anche facilmente consumabile. Proprio in vista di queste trasformazioni, anzitutto culturali, a parere di tutti i convenuti a questa convention, in futuro bisognerà puntare su una costante innovazione di prodotto, resa possibile anche dall’accesso ai fondi strutturali statali che, oltre a rappresentare nuova linfa vitale per il processo di crescita tecnologica, favorirebbero un maggiore supporto al processo di professionalizzazione delle figure chiave del settore. Anche la comunicazione non fungerà soltanto da veicolo commerciale a supporto delle aziende del settore, ma soprattutto da utile strumento informativo nelle mani dei consumatori, come evidenziato nell’intervento dell’Unione Nazionale Consumatori: più che mai oggi, in relazione alla notevole componen-

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te rappresentata dai prodotti ittici importati. «A fronte dei suoi 5 miliardi di fatturato rappresentati dalle aziende associate — ha dichiarato FRANCO MANZATO, sottosegretario al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo — l’associazione ricopre un ruolo fondamentale nell’attività di valorizzazione del prodotto ittico verso il consumatore finale, sempre nel segno della qualità e della sicurezza alimentare». «Il comparto ittico italiano, con le attuali 6.000 unità impiegate dalle aziende associate ad ASSOITTICA — ha poi aggiunto CLAUDIO DURIGON, sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali — risulta attualmente in forte espansione, necessitando ogni giorno di più di

un turnover qualificato e attento alle tematiche dell’innovazione tecnologica». Un volume d’affari, quello appena menzionato, che richiede anche un’adeguata struttura di controllo per mantenere elevati standard qualitativi e minimizzare il rischio di comportamenti fraudolenti. A questo scopo sono stati accolti con estremo favore, da tutti gli associati: la partecipazione dei vertici della Direzione Generale per la Sicurezza alimentare e quella per la Sanità animale del Ministero della Salute; il rinnovo dell’accordo di collaborazione dell’Associazione con il Comando Generale delle Capitanerie di porto, nonché la possibilità di un accordo di collaborazione con il NAS (Nucleo Antisofisticazioni e Sanità dell’arma dei Carabinieri) e con l’Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e della Repressione Frodi, al fine di supportare le tre strutture nella loro attività di tutela dei consumatori. «La nostra prima convention ha registrato un’affluenza superiore alle aspettative e di questo possiamo ritenerci sinceramente orgogliosi, oltre che felicemente sorpresi» ha dichiarato la prof.ssa MARIA LUISA CORTESI, presidente di ASSOITTICA. «La presenza delle principali istituzioni di riferimento per il settore, e in generale di tutti i nostri principali stakeholder, conferma che il percorso intrapreso è quello giusto. Pertanto auspichiamo l’organizzazione, nel breve periodo, di ulteriori momenti di confronto costruttivo con i nostri interlocutori, con l’obiettivo di favorire una crescente attenzione delle istituzioni nei confronti dello sviluppo e delle sfide future del settore ittico italiano».

Assoittica – Associazione nazionale delle aziende ittiche rappresenta oltre cento aziende italiane operanti, in tutto o in parte, all’interno del comparto ittico nazionale. Costituita il 28 maggio 1986, rappresenta un punto di riferimento primario per gli attori del settore, svolgendo un’attività indirizzata ad assicurare informazione e assistenza alle aziende associate, nell’ottica di promuovere la creazione di uno “spirito di filiera” finalizzato alla promozione del comparto industriale di riferimento. >> Link: assoittica.it

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AMBIENTE

Dalle isole di rifiuti alla minaccia invisibile delle microplastiche

Slow Fish e il mare di plastica Non preoccupiamoci per i mari. Esistevano da prima di noi e continueranno a farlo anche senza di noi. Quello di cui dovremmo davvero preoccuparci, semmai, è se come esseri umani saremo ancora in grado di trarre dalle acque tutto quello che attualmente ci danno: più della metà dell’ossigeno che respiriamo e buona parte del cibo che portiamo in tavola. A Terra Madre Salone del Gusto, svoltosi a Torino alla fine del mese settembre, nell’area #foodforchange dedicata a Slow Fish, si è parlato di mari e di plastiche col fondatore di Slow Food CARLO PETRINI, la direttrice della Sezione di Ricerca Oceanografica dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale di Trieste PAOLA DEL NEGRO, e SILVIO GRECO, presidente del comitato scientifico di Slow Fish

e autore insieme a RAFFAELLA BULLO del volume Un’onda di plastica (manifestolibri). Sempre più plastica Gli autori del saggio Production, use and fate of all plastics ever made, pubblicato su SCIENCE ADVANCES nel 2017, hanno calcolato che dagli anni Cinquanta ad oggi la produzione totale di plastica ammonterebbe a 8,3 miliardi di tonnellate. L’equivalente di 158.670 Titanic di plastica. Ma il dato più interessante è che 6,3 miliardi di tonnellate sono diventati spazzatura. Solo il 9% della plastica giunta al termine del suo utilizzo è stata riciclata, il 12% incenerita e il 79% accumulata nelle discariche o dispersa nell’ambiente, con grave danno per gli ecosistemi. Dai due milioni di tonnellate del 1950 la

produzione di plastica è arrivata nel 2015 a più di 400 milioni di tonnellate. Dai dati del rapporto FAO Microplastics in fisheries and aquaculture si prevede che la domanda cresca a ritmo ancora più sostenuto nei prossimi anni, toccando i 600 milioni di tonnellate entro il 2025 e il miliardo di tonnellate nel 2050: sempre più plastica, insomma, ma, soprattutto, sempre più usa e getta. «La plastica nasce per realizzare prodotti di lunga durata: anno per anno, tuttavia, è passata dalla durabilità al consumo immediato, al punto tale che oggi la componente usa e getta arriva intorno al 70%» ha sottolineato Petrini. Non si tratta di demonizzare un materiale che ci ha permesso nell’ultimo mezzo secolo un grande salto culturale, ha avvertito l’oceanografa

In Italia ogni anno vengono individuate tra le 40 e 50.000 tonnellate di rifiuti plastici marini. La buona notizia è che il nostro Paese è uno dei più avanzati per quanto riguarda la lotta all’usa e getta e il recupero delle plastiche (photo © junce11 – stock.adobe.com).

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La marcia dei delegati di Slow Food in chiusura del Salone del Gusto Terra Madre 2018 (photo © Alessandro Vargiu/Archivio Slow food). Paola Del Negro. «Ricordiamoci che i primi negozi monomarca sono stati quelli della Moplen ed erano visti come qualcosa di molto innovativo. Oggi abbiamo tutti cognizione del fatto che le plastiche siano anche un problema: basti dire che in quattro sogliole su cento tra quelle pescate nell’Adriatico troviamo residui di materiali plastici». Alcune ricerche hanno stimato il peso dell’inquinamento plastico globale: comprende il 75% di macroplastica, l’11% di mesoplastica e il 14% di microplastiche. «Non parliamo allora di plastica, ma piuttosto di plastiche: non c’è una plastica sola» suggerisce Greco. Che ha ricordato: «ad oggi ricicliamo bene solo il polietilene e nei casi in cui le molecole sono mischiate spesso non sappiamo come fare: questo è un problema dentro il problema». I dati suggeriscono che un minimo di 233.400 tonnellate di oggetti di plastica più grandi siano alla

deriva negli oceani rispetto a 35.540 tonnellate di microplastiche. Negli ultimi decenni si è osservata una diminuzione delle dimensioni medie dei rifiuti di plastica, così come una distribuzione globale delle microplastiche in costante aumento. È questa insomma la minaccia invisibile che percorre i nostri mari, arrivando a noi attraverso la carne dei pesci e dei molluschi. Ma anche nell’acqua delle bottigliette, nel sale marino, perfino nella birra e nel miele. In più di 220 specie della fauna selvatica gli scienziati di tutto il mondo hanno ritrovato i detriti microplastici sparsi in natura. Escludendo uccelli, tartarughe e mammiferi, il 55% di queste sono invertebrati da pesca di importanza commerciale: cozze, ostriche, vongole, gamberetti comuni, scampi, acciughe, sardine, aringhe atlantiche, merluzzi bianchi e carpe comuni figurano nell’elenco. In Italia ogni anno vengono individuate tra le 40 e 50.000 tonnellate

In più di 220 specie della fauna selvatica sono stati ritrovati i detriti microplastici sparsi in natura. Escludendo uccelli, tartarughe e mammiferi, il 55% di queste sono invertebrati da pesca di importanza commerciale: cozze, ostriche, vongole, gamberetti comuni, scampi, acciughe…

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di rifiuti plastici marini. Secondo l’indagine Plastic free sea promossa dalla Goletta Verde di LEGAMBIENTE, il 95% dei rifiuti galleggianti nel mar Tirreno è composto da plastica, per il 41% buste e frammenti. Nel Mediterraneo, stando alle stime del CNR, galleggiano 1,25 milioni di tonnellate di microplastiche e soltanto nel tratto di mare tra la Toscana e la Corsica ne è stata rilevata la presenza in quantità di 10 kg per km2. La buona notizia è che il nostro Paese è uno dei più avanzati per quanto riguarda la lotta all’usa e getta e il recupero delle plastiche. Mentre negli USA si ricicla appena il 10% delle plastiche e nell’Unione Europea il 30%, l’Italia fa decisamente meglio della media continentale arrivando al 45% di riciclo. Dal primo gennaio 2019, inoltre, entrerà in vigore la legge che consente di commercializzare soltanto bastoncini per le orecchie biodegradabili, oggetti che oggi costituiscono il 7,8 % della spazzatura nei mari. A partire dal 2020, invece, sarà vietata la vendita di cosmetici da risciacquo e detergenti contenenti microplastiche. «L’Unione Europea — ha continuato il presidente di Slow Fish — ha iniziato un lavoro per arrivare all’eliminazione del monouso, ma c’è una possibile difficoltà: l’UE, infatti, si limita alle raccomandazioni che i singoli Stati dovrebbero recepire elaborando appositi progetti di legge». Abbiamo di fronte uno scenario duro e battaglie feroci, avverte l’autore di Un’onda di plastica, perché l’industria dei componenti plastici e quella petrolifera si confondono: la DowDuPont, l’ExxonMobil, la Shell, la Chevron, la BP e in Italia l’Eni sono mostri intoccabili. Intoccabile sembra essere anche il business: il mercato della plastica globale per il 2020 è valutato in circa 654,38 miliardi di dollari e, nel 2050, la quota di idrocarburi dedicata alla plastica toccherà il 14%, contro il 6% del 2014. Sono numeri impressionanti. Ma nel mondo si stanno formando consapevolezze inaspettate anche lì dove l’impatto è maggiormente critico. Fonte: Slow Food www.slowfood.it

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“Arcipelago pulito”: la Toscana è per un mare senza rifiuti

Una semplice idea: puliamo il mare di Maurizio Dell’Agnello

Talvolta succede che anche idee semplici e scontate, all’apparenza facili da realizzare, incontrino difficoltà insormontabili, soprattutto quando più persone o soggetti istituzionali si trovano ad entrare in gioco tra loro e a rimboccarsi le maniche. Quando poi ci si mettono di mezzo burocrazia e leggi, il cui compito è proprio quello di regolamentare le iniziative più selvagge e armonizzarle col lieto vivere quotidiano, accade che anche progetti elementari, nati spontaneamente, passino purtrop-

po in cavalleria per le barriere e i paletti che si frappongono alla loro realizzazione. Già, perché l’idea, in fondo, è semplice: puliamo il mare dalle plastiche che vi sono finite accidentalmente e vi permarranno per secoli, fino a quando non si trasformeranno in microplastiche diventando pericolose per la salute dell’ambiente, dei pesci e dell’uomo che verrà, entrando nella catena alimentare con conseguenze ancora imprevedibili. E la proposta diventa ancora più ovvia e scontata se pensia-

mo che molti di questi oggetti, che non sono solo plastiche ma anche ferro, alluminio e quant’altro, rimangono impigliati nelle maglie delle reti da pesca e che i pescatori, per liberarle, devono necessariamente tirarli a bordo con grande fatica e rischiando di rompere i loro costosi strumenti di cattura. E una volta “pescati”, che si fa? Ma si ributtano in mare, ovviamente, e non per pigrizia o vigliaccheria, ma perché, se i rifiuti pescati sono diligentemente portati a terra e sbarcati, chi ha avuto

Il progetto “Arcipelago pulito” è stato reso possibile grazie ad un protocollo d’intesa siglato a marzo tra Regione Toscana, Ministero dell’Ambiente, Unicoop Firenze, Legambiente, Guarda costiera, Autorità di sistema portuale del mar Tirreno settentrionale, la società Labromare che gestisce la raccolta dei rifiuti nel porto, Revet che li ricicla, la cooperativa Cft e i pescatori (photo © www.toscana-notizie.it).

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questa nobile iniziativa, invece di essere premiato per il senso etico e civile, viene ritenuto responsabile di inquinare il territorio e obbligato a smaltire personalmente ciò che ha recuperato, con costi e oneri che ne conseguono! Ma per fortuna le cose non vanno sempre così. È il caso del progetto “Arcipelago pulito”, dove la “semplice idea” di pulire il mare ha avuto la possibilità di “mettere le gambe” grazie al protocollo d’intesa siglato tra la Regione Toscana, il Ministero dell’Ambiente, Unicoop Firenze, Legambiente, la Guardia costiera della Toscana, l’Autorità portuale del mar Tirreno settentrionale, la Labromare, la Revet e la Cft. Con “Arcipelago pulito” la riflessione sul futuro delle nostre acque si è fatta denuncia e modello risolutivo allo stesso tempo, grazie alla creazione di una vera e propria filiera che va dalla raccolta del rifiuto in mare fino al suo trattamento e recupero in idonei impianti di lavorazione. Un’idea semplice, con una proposta nella quale ciascun componente gioca la sua partita nel ruolo che più gli compete e tutti hanno il medesimo fine, che denota la positiva riuscita del tavolo tecnico a cui la Regione ha fatto sedere i vari soggetti invitandoli a rimboccarsi le maniche. Quello dei rifiuti presenti in mare è un problema grave e di non facile soluzione: si stima che nel mondo, ogni anno, si producano 280 milioni di tonnellate di plastica, buona parte delle quali, alla fine, finisce in mare. Da questo punto di vista, la salute del Mediterraneo è purtroppo in primo piano, dato che si tratta poco più di un grande lago, con ricambi limitati, in cui sboccano numerosi fiumi che contribuiscono a formare gli oltre 250 miliardi di frammenti di plastica attualmente stimati al suo interno. Nel Tirreno, poi, è stato osservato che la quasi totalità dei rifiuti galleggianti avvistati, più grandi di 25 centimetri, sono di plastica, di cui il 41% è costituito da buste e frammenti di strutture varie. Allora, se vogliamo pensare al futuro che verrà, all’ambiente marino e a tutte quelle attività che oggi si fanno in mare o che hanno

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rapporti con esso, pesca, maricoltura, turismo…, il momento è quanto mai opportuno non solo per pulire il mare, ma anche per iniziare un percorso più generale di riflessione sull’uso troppo disinvolto che facciamo delle plastiche. Per parlare del progetto pilota “Arcipelago pulito”, pensare al suo possibile sviluppo e riflettere sull’uso eccessivo della plastica, si è svolta a Scandicci un’iniziativa, promossa dalla locale Sezione Soci Unicoop Firenze, nella quale sono stati sottolineati i risultati del progetto. «Da maggio a settembre — ha ricordato CLAUDIO VANNi di Unicoop Firenze — i due pescherecci coinvolti nel progetto hanno “pescato” 16 quintali di rifiuti e li hanno immessi nel circuito virtuoso di recupero, operando nel settore settentrionale della Toscana, in un’area di 300 km2, nel cuore dell’Arcipelago toscano e del Santuario dei cetacei». «Adesso — come ha ricordato l’assessore regionale alla presidenza VITTORIO BUGLI — il nostro obiettivo è che, da buona pratica regionale, riconosciuto come tale anche a livello europeo, il fishing for litter, la pesca dei rifiuti in mare, venga consentito dalla legge nazionale, colmando il vuoto normativo che oggi lo impedisce. Dall’altro lato proseguirà l’impegno a comunicare i risultati del progetto per sensibilizzare i cittadini: nel mare finiscono le plastiche prodotte dalle nostre città, e promuovere uno stile di vita più sostenibile è fondamentale». La parlamentare europea SIMONA BONAFÉ ha segnalato l’impegno dell’istituzione sulla promozione dell’economia circolare, motore per un migliore rapporto con l’ambiente, e di più corretti modelli di vita, ma al momento manca una legge specifica, anche se, a livello sia nazionale che europeo, si insiste molto per ottenerla. L’esperienza proposta in Toscana rappresenta sicuramente un chiaro esempio per fornire un preciso quadro normativo a cui ispirarsi. DANIELA MORI, presidente del Consiglio di Sorveglianza di Unicoop Firenze, ha ricordato il contributo che la cooperativa ha dato a questo progetto. Infatti, la decisione di non

La locandina del progetto. utilizzare più buste di plastica nel reparto ortofrutta ha portato a un costo aggiuntivo degli shopper biodegradabili, in parte devoluto a finanziare il progetto con un piccolo contributo a favore dei pescatori. Un’inezia, ma di grande valore sociale che si aggiunge alle tante iniziative che la Cooperativa dei consumatori porta avanti da tempo per il benessere dei soci e della collettività. STEFANO CIAFANO di Legambiente, ricordando l’impegno della sua organizzazione nella salvaguardia e nel controllo del mare, ha rimarcato il problema delle microplastiche e di quanto ancora sia sottovalutato l’impatto che potranno avere sul futuro delle nostre acque, dei loro abitanti e dell’uomo stesso. Con questa iniziativa, intanto, la plastica si riporta a terra, non “punendo” più chi lo fa, e questo è già un passo importante. Adesso si deve lavorare per estendere il modello e per avere una legge specifica che promuova e sviluppi questo ciclo virtuoso. Ha chiuso gli interventi SANDRO FALLANI, sindaco di Scandicci, che ha ricordato come la gente che frequenta lo stesso mare sia accomunata da uno stesso destino e da una specifica responsabilità civile perché appartiene allo stesso mondo. Iniziative come questa possono contribuire a costruire meglio questo destino. Un piccolo passo è stato fatto, adesso l’impegno continua. Maurizio Dell’Agnello

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NUTRIZIONE

Tonno in scatola, proteine preziose per la Silver generation Buono, pratico, dall’alto valore nutrizionale e dal costo accessibile. Il tonno in scatola, grazie all’apporto di proteine nobili, è prezioso per la ricostruzione dei tessuti e il ricambio cellulare, per le funzioni cognitive-cerebrali, per la protezione e il funzionamento dei vasi sanguigni e per la salute di ossa e denti. Il prof. Migliaccio, presidente emerito della Società Italiana di Scienza dell’Alimentazione (SISA), spiega i pregi del tonno in scatola per questa fascia di età, con una dieta settimanale Maggiore longevità e migliori condizioni di salute: oggi la generazione degli over 65 non si sente affatto “anziana”. Ha una percezione positiva delle proprie aspettative, sperimentando una vita che, per abitudini, condizioni fisiche, stili

di vita e consumi, rappresenta una nuova e rinnovata stagione della vita. Tanto da essere definita “Silver generation” e da rappresentare, oggi, oltre il 20% della popolazione (Rapporto Osservasalute – Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni

Italiane dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma). Tuttavia, se mangiare bene è importante a tutte le età, in questa fascia è un aspetto da non sottovalutare, soprattutto per prevenire o contrastare alcuni disturbi fisiologici

Il tonno in scatola è un alimento che ha una lunga shelf-life e non necessita di energia per la conservazione perché viene conservato a temperatura ambiente, senza refrigerazione o altre modalità di trattamento, con evidenti benefici dal punto di vista energetico. 84

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giorno. Molto importante è anche un regolare e moderato esercizio fisico.

Il tonno in scatola è un prodotto naturale senza conservanti, che non necessita della presenza di additivi: solo tonno, acqua oppure olio, sale marino, aromi naturali e niente di più. legati al passare degli anni, come la sarcopenia. È un fenomeno che riguarda la perdita di massa muscolare associata alla riduzione di forza e di performance fisica. Riguarda il 30% degli adulti sopra i 60 anni e il 50% dei soggetti che hanno compiuto 80 anni (Rapporto Osservasalute). Elisir di giovinezza? Alimentazione ricca di proteine nobili ed esercizio fisico La migliore terapia, da un punto di vista nutrizionale, è un’alimentazio-

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ne qualitativamente e quantitativamente equilibrata. Fondamentale è l’apporto giornaliero appropriato di proteine nobili, ricche di amminoacidi essenziali. Oggi si reputa valida per l’anziano un’assunzione quotidiana di 0,8-1,2 grammi pro-chilo di proteine, in assenza di nefropatie. L’apporto proteico va distribuito durante i tre pasti. Gli alimenti di origine animale ne contengono di più, quindi sì a pesce 4-5 volte a settimana, a carni preferibilmente bianche 2-3 volte a settimana e al latte ogni

Migliaccio: tonno in scatola, una miniera di valori nutrizionali Il nutrizionista PIETRO MIGLIACCIO, presidente emerito della Società Italiana di Scienza dell’Alimentazione (SISA), segnala tra i cibi indicati anche il tonno in scatola, considerato una risorsa ideale a tutte le età, ma in particolare per soggetti tra i 65 e i 74 anni. E gli Italiani lo sanno, dal momento che il 42% della popolazione tra i 55 e i 74 anni lo consuma due volte a settimana (DOXA, 2014). «È un alimento prezioso, che apporta nutrienti importanti per la salute» commenta il prof. Migliaccio. «Innanzitutto è ricco di proteine di alto valore biologico, molto utili per contrastare la sarcopenia, che si verifica con il passare degli anni in tutti i soggetti, ma in particolare in coloro che hanno praticato attività fisica, sia pure a livello amatoriale. Inoltre, fornisce nutrienti preziosi per la salute del cuore e delle arterie, quali gli acidi grassi Omega-3, ed è ricco di vitamine e sali minerali che, con il loro potere antiossidante, contrastano i processi dell’invecchiamento, migliorando le funzioni cognitivecerebrali e la salute di ossa e denti. È un alimento di facile masticazione ed alta digeribilità, facilmente reperibile, senza alcun problema di conservazione e di facile utilizzazione. Il suo consumo due o tre volte alla settimana arresta o quanto meno riduce la sarcopenia e permette il ripristino delle masse muscolari. Infine, ha un ridotto contenuto di sodio». 4 plus: sano, privo di conservanti, sostenibile e dalla lunga shelf-life I consumatori di tonno in scatola sono il 94% della popolazione e quasi un italiano su due (43%) lo mangia ogni settimana e lo conserva in dispensa, soprattutto perché è gustoso, versatile, veloce e facile da preparare. Ma soprattutto, in virtù dei suoi valori nutrizionali, «è alleato del benessere — continua il prof. Migliaccio — in quanto parte integrante della dieta mediterranea,

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È un alimento di facile masticazione ed alta digeribilità, facilmente reperibile, senza alcun problema di conservazione e di facile utilizzazione. Il suo consumo due o tre volte alla settimana arresta o quanto meno riduce la sarcopenia e permette il ripristino delle masse muscolari. Infine, ha un ridotto contenuto di sodio

e consente di ottimizzare tutte le funzioni dell’organismo, assicurando il ricambio dei tessuti e l’equilibrio neuroendocrino, determinando la riduzione del colesterolo totale e aumentando l’HDL (il colesterolo cosiddetto “buono”). Lo zinco e il selenio sono oligoelementi con spiccata attività antiossidante e sono alleati contro lo stress ossidativo, aiutando a mantenere corpo e mente “giovani”. Le vitamine del gruppo B garantiscono l’integrità di tutte le funzioni del sistema nervoso e il tonno ne è una fonte straordinaria: ad esempio, fornisce 10,4 mg di niacina per 100 g di alimento e 0,11 mg di riboflavina. Tutti elementi che lo rendono ulteriormente prezioso nell’alimentazione della terza e quarta età». Il tonno in scatola, inoltre, è un prodotto naturale senza conservanti, che non necessita della presenza di additivi: solo tonno, acqua oppure olio, sale marino, aromi naturali e niente di più. E l’etichetta lo conferma. Infine, presenta ottime preroga-

tive di sostenibilità, soprattutto se comparato ad altri alimenti proteici e ai pesci venduti al consumo, perché non genera perdite alimentari o scarti. Non si butta praticamente mai, neanche quando è avanzato. Non scade e si ricicla completamente. È un alimento che ha una lunga shelf-life, cioè il periodo di tempo in cui mantiene intatte le proprie caratteristiche qualitative nelle normali condizioni di conservazione e utilizzo, e non necessita di energia per la conservazione perché viene conservato a temperatura ambiente, senza refrigerazione o altre modalità di trattamento, con evidenti benefici dal punto di vista energetico. Inoltre, in tempi in cui gli Italiani riscoprono una certa attenzione al portafogli e al risparmio, il tonno in scatola è economico e accessibile, ergendosi a vero e proprio antidoto allo spreco: solo l’1% del tonno che utilizziamo finisce nel cestino. (Fonte: ANCIT – INC Istituto Nazionale per la Comunicazione)


IL PESCE IN TAVOLA

Un pesce magro che richiede fantasia

Insaporiamo il nasello! di Giorgia Fieni

Sto mangiando tanto nasello. Siccome devo mangiare più pesce (e questo lo scelgo perché ha meno del 3% di grassi ed è molto ricco di fosforo, rame e selenio, che si dice mantengano la giovinezza) lo compro fresco o surgelato e lo cucino in padella con un goccio d’olio e le erbe aromatiche, che cambio di volta in volta per variare il sapore. In quanto, in versione tale e quale, il nasello non ha un gusto indimenticabile… anzi, tutto il contrario: può apparire molto scialbo. Questo però può anche essere un punto a suo favore, perché lo rende abbinabile a molti altri ingredienti, variando naturalmente anche le cotture.

Con una sola indicazione: bisogna stare attenti perché, oltre 48 °C (e lo conferma MORENO CEDRONI), il pesce si sfalda. Nella mia padella voglio provare ad aggiungere: scalogno, acciughe e crema di carote; verdure miste (zucchine, pomodori, piselli, cipolle); miele, rosmarino e agrumi. Se è piuttosto grosso (sappiamo che in media misura 30-80 cm, con un peso sui 600-700 g) tenterò invece di farcirlo: per esempio di gamberetti rosolati con funghi coltivati. Non sarà il top per la mia salute ma ogni tanto potrei provarlo panato (o passato nelle uova e in un mix di farina, fiocchi d’avena, granella di mandorle) o in pastella (farina,

lievito in polvere, tuorlo, cognac, latte) e fritto… e magari servito con salsa al pomodoro o, più sgrassante, allo yogurt. Anzi, meglio al forno: coperto di purè di patate alla noce moscata; di passata di pomodoro all’origano, fontina, mozzarella; con olive e capperi. O bollito e servito con salsa (maionese, ketchup, whisky, peperoncino o peperoni al forno frullati con un buon extravergine). CARLO CRACCO mi dà un consiglio come accompagnamento per tranci di nasello al vapore con pepe di Sichuan. Anche MARCELLO LEONI lo cucina a vapore, ma poi lo compone a millefoglie con pasta sfoglia al nero di seppia, brunoise di olive taggiasche

Cubi di nasello su passata aromatica di pomodoro (photo © www.tremuffineunarchitetto.it).

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Moqueca de peixe, ovvero stufato di pesce brasiliano con cipolle, peperoni, pomodori, coriandolo, prezzemolo, peperoncino e latte di cocco (photo © H. Leitner). e scorza di lime; DAVIDE OLDANI crea lo stesso effetto, alternandolo con dischi caramellati di mela verde e gazpacho di patate. MANUELA VIOLI prepara la Crema di riso integrale e castagne al profumo di mirto con budino fior di nasello. DELPHINE DE MONTALIER i Pesci crudi e cocco. La fantasia degli chef e degli esperti di settore è certo impareggiabile, ma visto che siamo alla ricerca di abbinamenti semplici e domestici possiamo comunque trovare una soluzione golosa. Mettere il nasello nel frullatore con albume e prezzemolo, farcirvi i calamari e cuocerli a vapore. Usare la polpa del pesce (aggiungendovi pesce prete, tracine, gallinella) e patate lesse per racchiudere una golosa gelatina al pomodoro, passando poi il tutto nella granella di pistacchi…Fa molto “bandiera italiana”, ma si dice che il vedere questi tre colori nel piatto aiuti l’appetito. Perciò vanno bene anche i pomodori ripieni di nasello, lasciando il verde al prezzemolo ad un trito di capperi e olive.

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Ma anche le coppe di pompelmo rosa con nasello, maionese, olive verdi, finocchio, capperi o prezzemolo. Mi piace pure l’idea di trasformarlo in una “pietanza da passeggio”: un cupcake (base di patate cotte, frosting di robiola e nasello, copertura di granella di pistacchi o coriandoli di carote), un bignè, un hamburger, le polpette (con riso o broccoli), il fish & chips (nel 2014 si è diffusa la notizia che il nasello avrebbe sostituito il merluzzo nel popolare street food inglese a causa del riscaldamento delle acque costiere), i tacos (con guacamole e pico de gallo sono, secondo GWYNETH PALTROW, “perfetti per un pasto in famiglia! Mi piace mettere i vari condimenti in ciotoline, così ognuno può comporre i tacos secondo il proprio gusto: oltre a dare ottimi risultati, è una cosa creativa e divertente”; NIGELLA LAWSON concorda: “Mi piacciono quei pasti che prevedono una tavola piena di cose sparse qua e là, un bel po’ di fai-da-te e molti condimenti. Di certo trovo che questo sia uno dei modi più rilassanti di sedersi a tavola

con gli amici”). O in un condimento per: penne al cavolfiore, aglio e acciughe; gnocchetti verdi, lasagne. O sentire quella polpa morbida in una zuppa o in una minestra o coi ramen (con brodo di pesce, gallinella, gamberi, vongole, calamari, finocchio, buccia d’arancia essiccata, finocchietto, pomodori pachino semi-essiccati). Il nasello è però anche protagonista di molte ricette regionali e internazionali: Amok cambogiano (dov’è avvolto in foglie di banano, cotto a vapore e servito con una crema di cocco e curry ed è simile all’Hor Mok tailandese); Naselli all’anconetana (marinati in olio extravergine d’oliva e porro, grigliati, serviti con salsa calda di acciughe, aceto di vino rosso, burro); Moqueca de peixe (stufato di pesce brasiliano con cipolle, peperoni, pomodori, coriandolo, prezzemolo, peperoncino, latte di cocco); Minestra di patate e nasello (Abruzzo). Direi che per oggi sia sufficiente. Il mio regime alimentare vi ringrazia per l’attenzione. Giorgia Fieni

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SAPORE DI MARE

Chefish, l’Adriatico nel piatto Nel suo locale di Porto d’Ascoli, nei pressi di San Benedetto del Tronto, Alessio Pieralisi esalta il mare a tal punto da renderlo un’opera d’arte di Riccardo Lagorio

È un Adriatico ricco di pesce, quello che viene raccontato nei piatti di ALESSIO PIERALISI. Nel suo Chefish (felice l’intuizione del nome) di Porto d’Ascoli, località di San Benedetto del Tronto, l’Adriatico è un mare solcato da piccole imbarcazioni che provvedono a fornire non solo pesce fresco, ma anche saporito e appetitoso. «Il pesce buono non ha bisogno di grandi interventi: anche per questo io prediligo cucinarlo la griglia», rimarca. Dalla villetta il mare non si vede, ma se ne coglie la fragranza e Alessio Pieralisi, che ha la cucina nel DNA, il mare lo esalta a tal punto da renderlo un’opera d’arte. «Per me è stato impossibile non crescere con questa passione perché la mia nonna mi lasciava a bocca aperta per la semplicità dei pranzi che preparava nella sua trattoria: se vogliamo questo è stata la mia fortuna, cioè nascere in una famiglia che mi ha permesso di distinguere il pollo che mangiava grano, il pesce fresco pescato con cura. E benché io sia ancora giovane, non mi pesa lavorare al ristorante, anzi» sottolinea. Nella trilogia di crudi il dentice viene accostato al sedano, il tonno alle fragole e pepe, l’orata al tartufo bianco. Accostamenti potenti ma dosati con grande capacità interpretativa da parte del trentenne marchigiano. Lui ce lo conferma: «Il piatto che riceve più successo è la tartare di gambero rosso battuta al momento con citronette di olio e limone o tartufo o ancora frutti di bosco se si è in estate». Così a domanda precisa di quali siano i criteri per la scelta di buon pesce, Alessio non esita a rispondere

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Alessio Pieralisi. con chiarezza. «Le barche dalle quali mi approvvigiono non superano le 24 ore di mare aperto e poiché anche la pesca prevede una propria stagionalità, ci tengo a creare menu diversificati in base alle catture e al periodo dell’anno».

Si tratta per lo più di pesce da retina, ovvero acchiappato per mezzo della tecnica di pesca con rete fissa che non logora il pesce e lo mantiene vivo. Come conseguenza molti pesci vengono preparati con cotture veloci o servite crude alla maniera

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1) La trilogia di crudi. 2) Lasagna ripiena di cicale di mare su guazzetto di pomodoro datterino e vongole. 3) Ombrina al lardo di Colonnata e cicoria. 4) Pesce alla brace. dei marinai. «Pesci come la leccia, il sarago, la cernia, la spigola d’amo o la corvina amo cucinarli alla brace, al limite al cartoccio o in crosta di sale» aggiunge. Scottati sui legni di quercia ci finiscono anche i frutti di mare, le cozze e i cannelli soprattutto. «Assorbono il profumo del legno bruciato e sono assai apprezzati cucinati semplicemente in questo modo» aggiunge. Talvolta il modo prescelto per preparare il piatto è il vapore, che mantiene inalterate le caratteristiche del pesce. Del resto, aggiunge che «in una buona cucina i piatti si ottengono con cotture veloci e a bassa temperatura senza stravolgere la materia prima» che, nel limite del possibile, proviene dalla marineria di San Benedetto del Tronto. Ma tutto il litorale adriatico viene setacciato alla ricerca dei pesci migliori, da Ancona a Termoli, e poi si passa a Mazara del Vallo per i pesci di scoglio all’amo e i crostacei. Le verdure, affidabile complemento al pesce, quelle sì, arrivano

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dagli orti marchigiani. Come nel fritto di frutti di mare e di terra su purea di patata viola. O nella bistecca di cernia gialla e cicoria selvatica. Al fortunato incontro tra pesce e tartufo sono dedicate numerose preparazioni. Del resto le Marche sono tra i maggiori produttori del profumato fungo ipogeo, da Amandola ad Acqualagna. E ad ogni stagione corrisponde una varietà di tartufo. Chi ama il bianco ha tempo sino al 31 dicembre per provarlo sui sottilissimi calamaretti e le melecche (le code degli scampi al cambio di muta, sgusciate). In primavera si potrà trovare in carta la zuppa di tartufo nero, con uova di quaglia, patè di fegato di merluzzo e punte di asparagi. Insieme all’ombrina al lardo di Colonnata e la cicoria, la prima erba selvatica che le colline mettono a disposizione. Si potrebbe definire una cucina in bilico tra tradizione e modernità, essenza del mare e benessere. Che

in estate ha nella lasagna ripiena di cicale di mare su guazzetto di pomodoro datterino e vongole il suo piatto magico. «Desidero sempre mantenere i sapori densi del mare e trovo che la porchetta di pesce è il piatto che mi permette di esprimere al meglio questo obiettivo», racconta Pieralisi. In questo caso le parti grasse del tonno pinna gialla oppure della ricciola vengono conditi come se fossero carne e cotti al forno a bassa temperatura. La polpa perde il grasso e rimane morbida, acquistando quel sapore di mare che i gourmet vanno cercando. A loro non rimane nient’altro che salpare verso Porto d’Ascoli. Riccardo Lagorio Chefish Via Fratelli Cervi 20 63074 San Benedetto del Tronto (AP) Telefono: 0735 659404 Web: www.facebook.com/chefishristorante

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Chinappi e Purificato, sodalizio vincente sotto il segno dei pesci di Massimiliano Rella

A Formia, provincia di Latina, Lazio meridionale in odore di Campania (siamo quasi sul confine) le FAMIGLIE CHINAPPI e PURIFICATO si sono ritagliate negli anni e con merito una solida autorevolezza nel comparto del pesce. Pesce fresco, freschissimo, venduto ogni giorno all’asta e al dettaglio nello spaccio interno dell’azienda di prodotti ittici Purificato Srl. A dirigerla è GIANNI, cugino di MICHELE CHINAPPI, lui sommelier e grande maestro di sala del ristorante Chinappi, non lontano dalla pescheria (www.chinappiformia.it). Così dal mare alla tavola i passaggi sono pochi, immediati, trasparenti,

efficaci: ogni giorno Michele va dal cugino Gianni e sceglie il “menu” da presentare ai clienti. Una familiarità e una vicinanza che permettono al locale della famiglia Chinappi di proporre quotidianamente anche molti crudi di pesce. Ma prima di sederci a tavola facciamo un salto al porto per rispettare precedenze e cronologia. Fondata dal nonno Arturo prima della seconda guerra mondiale, l’azienda ittica Purificato passa di generazione in generazione al figlio Aristide fino al nipote Gianni. «Mio nonno cominciò la pesca in mare utilizzando anche la barca a vela»

ricorda con piacere Gianni Purificato. «All’epoca andava a Roma con mezzi improvvisati per vendere al mercato centrale in un contesto di vita e commercio lontanissimo da oggi. Sfortunatamente morì sotto i bombardamenti». Aristide, il figlio, continuò il lavoro del padre aiutato dai pescatori di Formia e sviluppò il commercio localmente. «Oggi ci siamo noi — dice Gianni — io e mio cognato PIERLUIGI LUCCIOLA, un’avventura che condividiamo insieme». La Purificato Srl opera in un magazzino realizzato 15 anni fa in previsione dei cambiamenti del commercio con l’estero, in un’area di 1.000 m2

Il ricco bancone della pescheria Purificato a Formia, in provincia di Latina. La Purificato Srl offre ogni giorno pesce fresco della costa, catturato da pescherecci che escono in mare alle 2:00 del mattino (photo © Massimiliano Rella).

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1) Asta del pesce nell’azienda ittica Purificato. 2) Sogliole. 3) Pesce fragolino. 4) Polpo. 5) Le pannocchie. 6) Lo chef Salvatore Marcia del ristorante Chinappi (photo © Massimiliano Rella).

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1) Mazzancolle di Formia al vapore con melone e rucola. 2) Il Gran Crudo Chinappi. 3) Linguine ai ricci di mare. 4) Filetto di orata ai tre pomodori con scarola ripassata in padella alle olive di Itri (photo © Massimiliano Rella). coperti e altrettanti scoperti, con 35 dipendenti che ruotano 7 giorni su 7 dalle 03 del mattino alle 21:30. «Se anni fa l’azienda di famiglia era solo un magazzino di stoccaggio del pescato oggi cerchiamo di creare sinergie tra le varie attività», sottolinea Gianni, definendosi un grossista atipico. La Purificato Srl, infatti, è “grossista all’ingrosso”, pescheria al dettaglio, ha punti vendita nei supermercati e una rete commerciale che comprende distributori, ristoratori e GDO. L’obiettivo è garantire alla clientela un prodotto fresco e sempre disponibile, facendo da intermediario tra i pescatori, «che vanno indirizzati», e un mercato di sbocco in continuo cambiamento. Non solo per il mutamento della disponibilità delle risorse ittiche: «il pesce ha le sue annate e i suoi periodi. Per esempio nel nostro mare di Formia, Gaeta e dell’isola di Ponza sono calate drasticamente le catture di merluzzi — puntualizza Purificato — ma anche le dinamiche del mercato sono diverse. La clientela che compra pesce al supermercato chiede un prodotto già pulito, filettato, soprattutto orate e spigole, pesce spada e tonno e non ne vuole sapere di comprare

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le triglie!. Chi va in pescheria cerca invece un pescato stagionale legato alla tradizione gastronomica locale, da noi ad esempio cannolicchi e telline. La ristorazione, infine, tende a chiedere di più il congelato. Insomma, offriamo il nostro servizio a tutti con flessibilità adattandoci alle esigenze della clientela». La Purificato Srl offre ogni giorno pesce fresco della costa, catturato da pescherecci che escono in mare alle 2 del mattino per rientrare al pomeriggio con mazzancolle, seppie, polpi, gamberi e tante altre bontà. Ristorante Chinappi di Formia Michele Chinappi, il cugino, non ha però la necessità di un pesce congelato: lui lo sceglie appena sbarcato, grazie ad un canale parentale a dir poco vincente. Poi le mani abili dello chef SALVATORE MARCIA sanno come trattare il prodotto e quelle del signor Franco, zio di Michele, si giostrano con sicurezza nella preparazione delle pizze; su tutte la Pizza al pecorino grattugiato merita l’assaggio! E naturalmente il servizio attento e cordiale di Michele Chinappi e della moglie Angela fanno la differenza. Tra i piatti una sfilza d’antipasti: il

polipetto fritto su salsa di broccoli siciliani, i gamberi gobbetti al vapore su zuppetta di fagioli cannellini di Atina e cipollina fresca, i calamaretti saltati in padella con i broccoletti siciliani e l’imperdibile Gran Crudo Chinappi! Anche i primi sono da leccarsi i baffi: una fettuccina fatta in casa con i ricci di mare, un fusillone del pastificio Paone di Formia con sugo di granchio locale favollo, piccolo, nero, di scoglio; la linguina ai ricci di mare e così via. E i secondi, a partire dalla delicatissima triglia scottata con insalatina di zucca in agrodolce, foglie di iceberg, cipolla stufata e fiori di capperi siciliani fino al filetto d’orata ai tre pomodori (giallo, arancione e rosso) con scarola ripassata in padella alle olive di Itri. Qualità e prezzo anche nell’offerta dei vini, con qualche proposta al calice a rotazione e tante etichette focalizzate su territori dell’Italia centro-meridionale e sulle bollicine, da quelle dell’Etna alle francesi fino alla Franciacorta. Di nuovo un omaggio ai vini bio e a vari Fiano e Pallagrello, oggi più rappresentati. Conto medio 50 euro. La vita è bella! Massimiliano Rella

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MILANO, VIA SOLARI 12


Bisàt d’argento, un ex aequo a sostegno dei pescatori A conclusione della rassegna enogastronomica “Livenza. Un fiume di sapori”, è stato assegnato il premio che celebra il bisàt, un mestiere che sta scomparendo e la cucina locale dell’anguilla liventina di Gaia Borghi

FELICE GAZZELLI è il primo professore riconosciuto dell’Università diffusa, il progetto lanciato pochi giorni prima che prendesse il via l’edizione 2018 di Terra Madre Salone del Gusto dal fondatore di Slow Food CARLO PETRINI, un’università in cui “i saperi del mondo contadino ed artigiano dialogheranno con le conoscenze accademiche e la sua cultura ufficiale”. Sì perché Felice Gazzelli, il Canarìn, è l’ultimo pescatore di anguille della Livenza, il bisàt come lo chiamano da queste parti, o almeno l’ultimo a vivere di sola pesca di fiume, mentre altri colleghi durante il fermo biologico si spostano al mare. Felice è dunque detentore di un saper fare e una cultura legata al bisàt e alla sua pesca, originaria forma di sostentamento dei pescatori locali, che rischiano di andare perduti. «Grazie all’interessamento dell’amministrazione e alla rete di ristoratori locali dal 2017 è nata la Comunità dei pescatori e dei ristoratori del bisàt della Livenza, facente parte delle Comunità del Cibo di Terra Madre Slow Food, che ha esattamente l’obiettivo di conservare e rilanciare questo tipo di pesca tradizionale e sostenibile» mi racconta LUCA ORTONCELLI, referente della Comunità e della Confraternita del bisàt, che ha sede a Torre di Mosto (VE) ed è nata da tre anni. «Il premio Bisàt d’argento è una delle modalità con cui promuoviamo le anguille del nostro fiume a livello gastronomico: l’anguilla che cresce

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Felice Gazzelli, il “Canarìn”, Gran Maestro della Confraternita del Bisàt, a pesca di anguille sul fiume Livenza.

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Bisàt d’argento 2018 categoria “cucina”: i due piatti finalisti a base d’anguilla. A sinistra, l’Anguilla in tre consistenze dello chef Marco Frare della Trattoria Isetta di Torre di Mosto e, a destra, il Bisàt in saòr all’uva passa e pinoli con polenta di riso Venere e radicchio di Treviso precoce in agrodolce di Fabrizio Filippi dell’osteria Cà Corniani di Caorle. La gara, svoltasi nelle sale di Villa O’Hara a Torre di Mosto, si è conclusa con un ex aequo, decretato dalla giuria presieduta da Massimo Marchini, fiduciario uscente della condotta Slow Food del Veneto orientale.

nelle acque risorgive della Livenza, caratterizzate da limitate escursioni termiche e fondali profondi, ha infatti carni magre, ma non asciutte, sode e profumate, ideali per essere trasformate in squisite preparazioni anche grazie alla creatività e abilità dei ristoratori del territorio, i quali, anche attraverso questo riconoscimento e la gara culinaria ad esso collegata, reinventano e rinnovano i piatti della tradizione o realizzano creazioni originali, attualizzando e rendendo contemporaneo il consumo di questo pesce unico e straordinario». A mettere in serio pericolo la so-

pravvivenza di questo tipo di pesca è il grande impoverimento delle acque fluviali. «Negli ultimi vent’anni c’è stato un forte declino della presenza delle anguille della Livenza: raggiunta la maturità sessuale, le anguille si dirigono verso il mare ma i piccoli non ritornano» mi dice Felice. In più, i recenti avvenimenti che hanno interessato i corsi d’acqua del Veneto hanno ulteriormente depauperato l’ittiofauna del fiume, prima fra tutte l’anguilla, divenuta pressoché introvabile dopo il passaggio dell’ondata di piena. «Felice ha perso buona parte delle sue attrezzature di pesca

e tutto il pescato» ha raccontato MASSIMO MARCHINI di Slow Food. Per questo motivo, al termine della cena conclusiva della rassegna “Livenza. Un fiume di sapori”, che prevedeva la gara e la conseguente assegnazione del Bisàt d’argento 2018 per la categoria “cucina” — terminata con un ex aequo (si veda box) — si sono raccolti dei fondi a sostegno di Felice attraverso le offerte dei presenti e grazie ai commercianti locali. «L’ambiente deve restare la nostra prima preoccupazione anche quando mangiamo» ha concluso Marchini. Gaia Borghi


I PIATTI DI PESCE DI GREGORI NALON Scaloppine di tonno al vino bianco

Tonno padellato

Difficoltà: facile Preparazione: meno di 12 minuti Dosi: per 4 persone

Difficoltà: facile Preparazione: meno di 10 minuti Dosi: per 4 persone

INGREDIENTI • g 500 di scaloppine di tonno Noriberica • g 300 di patate crude • g 50 di rapa rossa • g 40 di olive nere • g 100 di farina di riso • g 400 di vino bianco • 1 bustina di zafferano

INGREDIENTI • g 500 di scaloppine di tonno Noriberica • g 150 di brodo di pesce • g 130 di farina tipo 1 • g 50 di burro • g 10 di prezzemolo • g 250 di orzo cotto

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g 20 di pecorino g 100 di olio evo g 50 di burro g 50 di scalogno g 4 di aglio 1 foglia di alloro rosmarino, timo, prezzemolo, sale, pepe

Preparazione Cuociamo al vapore le patate: una metà con la rapa rossa, l’altra metà con lo zafferano. Tagliamole a pezzettini e mettiamole in una bacinella con un pezzo di rapa rossa, rosmarino, timo, un filo d’olio, sale e pepe. Mescoliamo e disponiamo il tutto in una pirofila che metteremo in forno per 10 minuti a 210 °C. Facciamo rosolare, con un filo d’olio, lo scalogno, la foglia d’alloro, l’aglio e mezzo cucchiaio di burro. Quando il burro è sciolto, aggiungiamo il vino bianco e lasciamo restringere la salsa. Al termine frulliamo il tutto con un minipimer e mettiamo da parte. Tagliamo le scaloppe di tonno in piccole trance sottili che passeremo nella farina di riso e sistemeremo su un vassoio con carta da forno, accompagnate da un filo d’olio, olive taggiasche, timo e prezzemolo. Mescoliamo e aggiungiamo del vino bianco. Andiamo in forno per 3-4 minuti a 210 °C. Tonno e patate finiranno assieme la cottura. Aggiungiamo burro e pecorino alla salsa al vino bianco, rimescoliamo con il minipimer e impiattiamo.

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g 100 g di porcini g 30 g di pecorino brandy olio d’oliva aglio, rosmarino, peperoncino • sale, pepe

Preparazione Infariniamo leggermente le scaloppe di tonno tagliate in piccole fette e passiamole in padella con un filo d’olio, aglio, rosmarino e peperoncino. Cuociamo rapidamente, insaporendo con sale e pepe e sfumando con il brandy. Aggiungiamo il brodo di pesce per creare una specie di cremina e spegniamo. A parte, in un pentolino, saltiamo rapidamente i porcini con burro, aglio e rosmarino. Insaporiamo con sale e pepe. Togliamo l’aglio, aggiungiamo l’orzo cotto e un goccio di brodo di pesce. Pochissimi secondi e spegniamo. Mantechiamo, infine, con pecorino, burro e prezzemolo tritato.

Presentazione Disponiamo nel piatto le patate ai vari gusti e colori e il tonno, condiamo con la salsa al vino bianco e con qualche macchia di prezzemolo emulsionato con olio.

Presentazione Nel piatto disponiamo la base di orzo mantecato, adagiamo le scaloppe di tonno padellato e decoriamo con un’emulsione di olio al prezzemolo.

Guarda il video di questa e di altre gustose ricette su www.noriberica.com

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Tonno in insalata

Sfilacciata di tonno in salsa fumé

Difficoltà: facile Preparazione: meno di 8 minuti Dosi: per 4 persone

Difficoltà: facile Preparazione: meno di 30 minuti Dosi: per 4 persone

INGREDIENTI • g 500 di scaloppine di tonno Noriberica • g 100 di zucchine • g 100 di carote • g 100 di sedano • g 100 di sedano rapa • g 20 di pomodorini • g 100 di maionese

INGREDIENTI • g 500 di scaloppine di tonno Noriberica • 2 l di acqua • g 50 di aceto • g 30 di zucchero • g 1 di rosmarino fresco • 2 spicchi di aglio • 1 foglia di alloro • g 150 di sugo di pomodoro cotto

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g 50 di yogurt g 5 di aglio rosmarino g 3 di timo fresco g 1 di menta fresca g 10 di prezzemolo olio evo sale, pepe

Preparazione Padelliamo il tonno in modo veloce (1-2 minuti per lato) con olio, aglio e rosmarino. Insaporiamo con sale e pepe, spegniamo e lasciamo raffreddare (attenzione: il tonno va utilizzato, poi, entro le due ore dalla cottura). Nella stessa padella, saltiamo velocemente le zucchine, le carote, il sedano e il sedano rapa (le verdure sono state tagliate a striscioline e fatte bollire un minuto in precedenza), aggiungiamo i pomodorini, un trito di timo, menta e prezzemolo, un pizzico di sale, pepe e un filo d’olio. Importante: le verdure vanno servite tiepide, mentre il tonno va servito freddo e sfilacciato a mano, condito con un pizzico di pepe e sale e un filo d’olio. Infine, per condire l’insalata, prepariamo una crema, con due terzi di maionese, un terzo di yogurt e timo. Presentazione Sistemiamo nel piatto il nido di verdure come base, adagiamo sopra il tonno, condiamo con la maionese e finiamo con i pomodorini.

• insalatine verdi, radicchio, frutti rossi • pinoli tostati • crostini di pane • salsa yogurt alle erbe • g 30 di olio evo • g 30 di olio evo affumicato • vino bianco • basilico, sale, pepe

Preparazione In una pentola con 2 litri d’acqua aggiungiamo, a freddo, zucchero, pepe, rosmarino, aglio, alloro, aceto e un goccio di vino bianco. A parte, scottiamo rapidamente in padella, con olio, le porzioni di tonno. A seguire, le immergiamo nella pentola e accendiamo. Lasciamo bollire per 15-20 minuti a bassa temperatura. Aspettiamo che il tonno sia raffreddato completamente e poi lo sfilacciamo a mano. Nel frattempo, nella padella, aggiungiamo il succo di pomodoro cotto, rosmarino, olio affumicato, sale e pepe. Dopo alcuni minuti spegniamo e lasciamo intiepidire. Presentazione Al centro del piatto sistemiamo le insalatine con il radicchio. Aggiungiamo la salsa e il tonno sfilacciato. Uniamo i frutti rossi, la salsa yogurt alle erbe, i pinoli tostati, i crostini di pane e un po’ basilico. Completiamo con un filo di olio affumicato.

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PESCE D’ACQUA DOLCE

Slovenia, paradiso dei pescatori d’acqua dolce La parte centrale del Paese offre ottime opportunità per la pesca in acqua dolce in ambienti naturali bellissimi e protetti. Fiumi, laghi e torrenti garantiscono più di 20 specie ittiche tra cui abbondano salmoni, cavedani, trote fario, temoli, siluri, carpe, tinche e lucci di Nunzia Manicardi

È un territorio piccolo, quello della Slovenia. Appena 20.273 km2, che quindi è più piccolo di quello della Lombardia (23.844 km²) o dell’Emilia-Romagna (22.451 km²) prese singolarmente. Su questo territorio, ancora in gran parte conservato, l’acqua scorre però in grande abbondanza. Ci sono sorgenti, fonti,

cascate, fiumi, ruscelli e laghi, questi ultimi sia naturali che artificiali. La Slovenia si affaccia inoltre, sia pur per brevissimo tratto, sull’Adriatico, dove finalmente, a partire dal 2017, dopo una disputa con la confinante Croazia che si protraeva da parecchi anni, la sentenza della Corte internazionale d’arbitrato dell’Aia le ha

riconosciuto il diritto allo sbocco nella baia di Pirano (anche se la Croazia continua ad opporsi). Ma sono soprattutto le oltre 20 specie ittiche di acque dolci che fanno la fortuna di questa nazione, attirando pescatori e buongustai da tutta Europa. Un’attenta politica ambientale ha poi impedito finora devastazioni

La pesca sportiva sui fiumi e nei laghi della Slovenia va generalmente da marzo-aprile fino a settembre-ottobre. Vanta una tradizione più che centenaria, regolata dalla Legge sulla pesca in acqua dolce in quanto i pesci sono considerati una fonte naturale sotto tutela speciale dello Stato.

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e abusi, per cui l’esperienza del pescatore è arricchita dal trovarsi in un contesto naturale che appare ancora intatto. Sono due i bacini delle acque correnti della Slovenia: quello dell’Adriatico, dove abbondano trote marmorate e temoli, e quello del Danubio, che è il regno del salmone, della trota fario e ancora del temolo. Il Paese è considerato un luogo ideale per la pratica della pesca sportiva grazie alla conformazione principalmente montuosa del territorio e alla presenza di numerosi laghi, fiumi e torrenti dalle acque ancora limpide e in gran parte incontaminate. Nei fiumi e nei torrenti della Slovenia centrale si possono pescare soprattutto salmoni del Danubio, cavedani, trote fario e temoli. Nei laghi e negli stagni abbondano siluri, carpe e lucci. Del tutto caratteristici, analogamente a quanto succede nel confinante territorio italiano, sono i fiumi carsici che spariscono all’improvviso sottoterra per poi riemergere altrettanto all’improvviso dopo aver percorso lunghi tratti tra caverne e abissi in cui hanno sensibilmente raffreddato le proprie acque. Celebri sono il Timavo, inghiottito nella voragine di San Canziano, e il Pivka, nel complesso delle grotte di Postumia. I corsi d’acqua più pescosi non sono però quelli appena nominati o i grandi fiumi come la Sava e la Drava, bensì i corsi minori con i loro affluenti. Particolarmente apprezzate sono le possibilità offerte per la pesca sportiva da questi fiumi meno conosciuti, come: • la Soca, che nasce nelle Alpi Giulie slovene, ma poi scorre anche in Italia entrando presso Gorizia e prendendo il nome di Isonzo. Ha un regime essenzialmente alpino, con notevole presenza di sorgive carsiche, ed è considerato, specialmente nel suo tratto superiore, tra i fiumi più belli d’Europa grazie al suo meraviglioso color smeraldo. Risulta eccezionalmente pescoso e popolato da trote salmonate, che possono raggiungere anche misure straordinarie (fino a 25 kg), e da una varietà di temolo che vive

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La Slovenia, con le sue specie di pesci autoctone e le acque pulite dei fiumi, dei laghi e del mare, è un vero paradiso della pesca, in particolare della pesca con la mosca. solo nelle sue acque; • la Sava Bohinjka, che origina dal bellissimo lago glaciale di Bohinj, il cui basso fondale sassoso è ricchissimo di trote fario, temoli, cavedani e soprattutto salmoni; • la Radovna, un torrente alpino anch’esso impreziosito dallo splendido contesto ambientale, dove abbondano trote fario e iridee di buona pezzatura; • la Krka, un tipico fiume carsico della Dolenjska, dal paesaggio agreste, dove predomina la trota fario; • il Kolpa, che a sua volta eccelle per l’ambiente naturale intatto di cui ormai è difficile trovare l’equivalente nel resto dell’Europa; • l’Unica, altro fiume carsico tra i più belli e famosi d’Europa, che scorre lento e sinuoso nel pittoresco Polje di Planina, in un ambiente bucolico dopo un percorso sotterraneo. Ha una ricca e variegata fauna ittica

con presenza di trote anche di apprezzabili dimensioni. Alla fine del Polje di Planina si perde nel sottosuolo per riapparire come Ljubljanica, ai confini con la Pianura di Lubiana, nelle vicinanze di Vrhnika; • tutti gli altri fiumi e i torrenti alpini, che regalano emozioni indescrivibili non soltanto al pescatore, ma a chiunque ami la natura nei suoi aspetti ancora non addomesticati e travisati. Molto pescoso è anche il Cerkniško jezero (in italiano lago di Circonio), un lago intermittente unico a livello mondiale che scompare ai piedi del monte delle Streghe per poi riaffiorare periodicamente. Alimentato da bocche sotterranee che svolgono alternativamente la funzione di sorgenti o di inghiottitoi, è capace di trasformarsi in autunno nel più esteso (27 km2) e pescoso lago sloveno, mentre in estate sul suo fondo, pascola il bestiame. Può

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Nella cucina slovena il pesce d’acqua dolce ha un posto importante, a cominciare dalla trota: al forno, alla brace, come ripieno di ravioli oppure in carpaccio. Nella valle della Vipava, in particolare, oltre agli eccellenti vini di uva Refosco, Merlot soprattutto, il pesce è ottimo grazie alle presenza delle sorgenti purissime della Vipava, unico fiume in Europa che forma un delta proprio alla sorgente.

Nei fiumi e nei torrenti della Slovenia centrale si possono pescare soprattutto salmoni del Danubio, cavedani, trote fario e temoli. Nei laghi e negli stagni abbondano siluri, carpe e lucci. Molto pescoso è il lago di Circonio, un lago intermittente unico a livello mondiale che scompare ai piedi del monte delle Streghe per poi riaffiorare periodicamente

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svuotarsi completamente nel giro di poche ore, senza preavviso e senza seguire una regola precisa. È molto ricco di pesci che, quando le acque si ritirano, trovano rifugio nei laghetti sotterranei e nelle voragini e riescono a sopravvivere nel sottosuolo e al buio completo in attesa di ritornare in superficie. In questo caso pescare diventa anche troppo facile, poiché basta raccogliere tutto quello che rimane sul terreno! Si pesca con grande soddisfazione anche nei laghi glaciali di Bled e di Bohinj, inseriti in un contesto naturale tanto impagabile da trapassare nel fiabesco. Tra le zone di pesca più frequentate ci sono poi quelle intorno alla capitale, la deliziosa Lubiana, perché si trova in posizione centrale e può giovarsi anche della buona rete di collegamenti stradali. Il fiume Ljubljanica, che attraversa Lubiana, è una delle migliori mete per una pesca di qualità. Chiamato anche

“fiume dai sette nomi” perché in effetti cambia continuamente denominazione, si perde varie volte nel sottosuolo carsico. Il suo diretto antecedente, il già citato fiume Unica, è uno dei migliori fiumi sloveni per la pesca con la mosca. In seguito, diventato Ljubljanica, si trasforma in un fiume lento, circondato da folta vegetazione e adatto soprattutto alla pesca dalla barca. Nelle sue profondità si nascondono trote, temoli e carpe, ma anche pighi, cavedani e lucci. La pesca sportiva sui fiumi e nei laghi della Slovenia va generalmente da marzo-aprile fino a settembreottobre. Vanta una tradizione più che centenaria, regolata dalla Legge sulla pesca in acqua dolce in quanto i pesci sono considerati una fonte naturale sotto tutela speciale dello Stato. In ciascuna delle zone di pesca, per proteggere le popolazioni ittiche e il loro ambiente naturale, sono

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Il lago intermittente di Circonio (Cerkniško jezero) si trova in una piana carsica con terreno impermeabile (polje) sul versante orientale delle Alpi Giulie, nella regione storica della Carniola, Slovenia. La particolarità di questo bacino è che può svuotarsi completamente nel giro di poche ore, fenomeno che non avviene secondo una regola precisa. Il lago è assai ricco di pesce, che si rifugia nei laghetti sotterranei e nelle voragini quando le acque si ritirano, riuscendo a sopravvivere nel sottosuolo e al buio completo in attesa di ritornare in superficie. Molto agevole è ovviamente in questa fase raccogliere tutto quello che rimane sul terreno. stati fissati i singoli metodi di pesca e quanto pesce può essere catturato secondo la specie. La pesca spesso viene effettuata secondo il metodo sempre più popolare catch and release (“cattura e rilascia”), ma è anche possibile il modo tradizionale catch and take (“cattura e prendi”). Tra i tipi di pesca è molto popolare quello con la mosca, qui esercitata da molto tempo. Si pratica con la canna e una mosca artificiale e si utilizzano ami privi di ardiglione. Sono molto buone anche le opportunità per la pesca con la canna fissa e la pesca a spinning. È vietato pescare con il “cucchiaino”, dai ponti e dalle barche. Le prede più comuni sono costituite da trota fario, iridea e mormorata, salmerino, temolo, luccio, cavedano, carpa e tinca, spesso di dimensioni ragguardevoli. Si ha notizia di una trota pescata nell’alto Isonzo dal peso di ben 20 kg

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e della lunghezza di oltre un metro. Per pescare è necessario essere in possesso di un permesso, valido per una zona selezionata, che viene venduto presso i relativi club di pesca. Questi ultimi sono organizzazioni non governative che, per conto dello Stato, amministrano una gran parte delle acque slovene. I permessi si acquistano di solito presso gli uffici turistici o gli alberghi locali. Per determinate zone di pesca sono in vendita anche presso l’Istituto per la pesca della Slovenia, che gestisce una minima parte delle acque. L’acquisto è possibile pure on-line. L’unico neo, o che tale può apparire, è il costo del permesso giornaliero che oscilla in media fra i 50 e i 70 euro. L’alto prezzo non scoraggia però i pescatori, compresi quelli italiani, che accorrono numerosi (e ripartono molto soddisfatti) soprattutto lungo i fiumi alpini. Oltre a garantire una

notevole entrata allo Stato, questo alto prezzo serve anche a scremare le presenze, per cercare di conservare il più possibile intatto l’ambiente naturale nonostante la non indifferente presenza umana. Alberghi specializzati: qualche consiglio Per il conforto dei pescatori si trovano anche, vicino al confine con l’Italia, due alberghi specializzati nell’ospitarli. Vi si possono acquistare i permessi giornalieri e ricevere utili consigli. Il primo è l’hotel Hvala di Kobarid (in italiano Caporetto, www.hotelhvala.si), ottima base per le valli dell’Isonzo e dell’Idrijca, rinomato per il suo ristorante di pesce di fiume e marino; l’altro è l’hotel Rakov Skocjan di Rakek nell’omonimo parco naturale carsico, base per i fiumi Unica e Rak e per il lago di Cerknica. Nunzia Manicardi

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FIERE

SIAL Parigi, international food business in salsa francese di Gaia Borghi

Sono stati più di 310.000 i professionisti del settore agroalimentare che hanno varcato, dal 21 al 25 ottobre scorso, i cancelli del polo fieristico di Paris Nord Villepinte, con un 73% dei visitatori proveniente da oltre 200 Paesi. Ad attenderli c’erano 7.200 espositori arrivati da 119 nazioni, 135 delegazioni ufficiali, 650 start-up e 2.355 innovazioni selezionate dal SIAL Innovation Awards. Lanciato per la prima volta nel 1964 a Paris La Défense nell’ambito del CNIT (Centre des Nouvelles Industries et Technologies), nel corso degli anni

il Salone Internazionale dell’Alimentazione è diventato un punto di riferimento imprescindibile per tutti coloro che sono coinvolti nel settore alimentare, retail e hospitality: produzione, commercio, vendita al dettaglio, HO.RE.CA., catering e servizi. Una vetrina unica, che offre grandi opportunità per le imprese e il loro sviluppo su scala globale. «Il SIAL è oggi, senza tema di smentita, il laboratorio globale più importante per l’innovazione alimentare in tutte le sue componenti» ha dichiarato in apertura della fiera N ICOLAS

TRENTESAUX, direttore generale del Network SIAL. «Anche quest’anno siamo riusciti ad alzare ulteriormente l’asticella “qualitativa” della nostra proposta, per offrire a tutti i professionisti del settore un appuntamento davvero “effervescente” — siamo pur sempre nella patria dello Champagne —, ovunque e in ogni momento. Si pensi soltanto che sono stati presentati oltre 400.000 prodotti su di una superficie equivalente a circa 100 supermercati messi uno a fianco all’altro: questo sì che è uno spettacolo». Ed è davvero stimolante

SIAL Paris, svoltosi dal 21 al 25 ottobre nei padiglioni della fiera Paris Nord Villepinte, è un appuntamento biennale divenuto luogo d’incontro obbligato per tutti gli operatori dell’industria agroalimentare, in cui si presenta “l’alimentazione di oggi e si scopre, o, ancora meglio, si inventa, quella di domani”. Già disponibili le date dell’evento del 2020: dal 18 al 22 di ottobre (photo © SIAL Paris).

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immergersi letteralmente per cinque lunghe e intense giornate nell’universo food inteso nella sua dimensione di business concreto e ricco di opportunità, per lasciarsi contaminare dalle idee, sorprendere dalle nuove tendenze, venire a conoscenza di prodotti innovativi o di innovative modalità di presentazione, packaging, comunicazione. Farsi ispirare, incontrare una clientela mondiale, discutere del futuro e dei cambiamenti che ci attendono sia come singoli individui che nella nostra veste professionale. «Le aspettative dei consumatori in termini di salubrità, autenticità, trasparenza e bontà del cibo non sono mai state così forti; le responsabilità del settore continuano a crescere e, per dirla tutta, avremo 100 milioni di persone in più ogni anni da sfamare entro il 2050. Ecco perché il messaggio che emerge dal SIAL 2018 si può riassumere in un unico imperativo: innovare!» ha commentato ancora Trentesaux. Aumento della popolazione su scala globale, quindi, e un crescente fabbisogno alimentare. Non bastasse, secondo una recente ricerca della Harvard School of Public Health pubblicata su NATURE CLIMATE CHANGE, entro il 2050 oltre un miliardo di persone nel mondo avrà carenze nutrizionali gravi per gli effetti sulle piante dei cambiamenti climatici e della maggiore anidride carbonica in atmosfera. La tecnologia in termini di innovazione, sostenibilità e riduzione degli sprechi sarà un alleato fondamentale dell’industria alimentare per affrontare queste e altre sfide. «Il futuro è impossibile da prevedere ma come SIAL Network il nostro compito è quello di provare almeno ad anticiparlo e, immersi in una miriade di continui cambiamenti, offrire ai nostri visitatori risposte concrete, reali» conclude Trentesaux. «Lo abbiamo fatto quest’anno e siamo già al lavoro per la prossima edizione: appuntamento dal 18 al 22 ottobre 2020, per riprendere da dove avevamo lasciato e contribuire a costruire, insieme, il futuro del nostro Pianeta food». Gaia Borghi >> Link: www.sialparis.com

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In alto: Nicolas Trentesaux, direttore generale del Network SIAL. In basso: sono state 2.355 le referenze selezionate dal SIAL Innovation Awards, il premio internazionale dedicato ai prodotti più innovativi del Food & Beverage (photo © SIAL Paris).

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Qualche scatto tra gli stand di questa edizione. SIAL è una piattaforma unica che consente di testare nuovi mercati, lanciare nuovi prodotti e incontrare i principali operatori del settore. 1) Gli abaloni della Galician Marine Aquaculture. 2) Il CSB-System è la soluzione completa per i settori alimenti, bevande, chimica, farmaceutica, cosmesi, commercio e logistica. 3) L’area dedicata alla Tunisia. 4) Il punto informativo della Xunta de Galicia, comunità autonoma nel nord-ovest della Spagna. Ricordiamo che la costa galiziana è una delle più importanti zone di pesca del mondo. 5) Le cozze biologiche pastorizzate sottovuoto prodotte dall’azienda galiziana Pasteurizados Cíes.

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1) Sono stati più di 310.000 i professionisti dell’industria alimentare che hanno varcato i cancelli del SIAL 2018 (photo © SIAL Paris). 2) Peperoncini Pimientos del piquillo ripieni di tonno della spagnola Precomar (photo © SIAL Paris). 3) Il padiglione Italia. Il nostro paese si è confermato primo per numero di espositori esteri presenti alla manifestazione parigina, con circa 700 aziende, 209 delle quali aderenti all’iniziativa di ICE – Agenzia e quindi presenti nel padiglione dedicato (photo © SIAL Paris). 4) Le ostriche bretoni della Famille Boutrais. 5) Surimi della francese Compagnie des Pêches Saint-Malo, Bretagna (photo © SIAL Paris). 6) Selezione di gamberetti (photo © SIAL Paris).

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LA PAGINA SCIENTIFICA

Immature ďŹ sh reproduced using biotechnology Experts from the research institution IRTA and the biotechnology company RARA AVIS BIOTEC, S.L., have for the first time in a fish species, induced the entire development of eggs and sperm to produce fertilised eggs using species-specific synthetically produced hormones. These techniques are similar to the Assisted Reproductive Technologies that are used routinely in human

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medicine to address infertility. The ability to control reproduction from immature stages to the production of viable eggs and sperm gives the potential for the aquaculture industry and conservation agencies to reproduce any species at any stage of development during any season of the year. The scientists, SANDRA RAMOS, NEIL DUNCAN (from IRTA) and IGNACIO GIMÉNEZ (RARA AVIS),

working in IRTA Sant Carles de la Rapita, treated captive flathead grey mullet (Mugil cephalus) males and females that were in immature stages of maturation with the species specific recombinant gonadotropins produced by RARA AVIS. Initial stages of the reproduction process were controlled with mullet recombinant follicle stimulating hormone and the later stages were controlled

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with mullet recombinant luteinizing hormone. Using protocols with these hormones, both sperm and eggs were produced and mixed in vitro to provide fertilised eggs that hatched to produce viable larvae. Although the number of fertilised eggs was low, the protocol worked with three different females and offers great promise for the future of fish reproductive control. Control fish did not mature and remained in the immature stages of reproductive development. The study has partly built on the initial work of HANNA ROSENFELD (IOLR, Israel) in the joint project with IRTA (DIVERSIFY, GA 603121) where recombinant follicle stimulating hormone was used to advanced development of fish already undergoing gametogenesis.

The biotechnology company RARA AVIS used recombinant biotechnologies to produce the synthetic gonadotropins, which are a very close copy of the hormones that circulate naturally to control reproduction in wild flathead grey mullet. The structure of the hormones was based on the cDNA sequences that the scientists FRANÇOIS CHAUVIGNÉ and JOAN CERDA from IRTA isolated and sequenced from wild flathead grey mullet. The director of RARA AVIS, Ignacio Giménez, said: «these advances demonstrate for the first time that we can control reproductive development to provide fertilised eggs when needed and in the species selected, on-demand». The senior researcher from IRTA, Neil Duncan added: «this is a very promising development that shows the potential of these biotechnologies, but we have lots of work to do to improve the protocols and produce large numbers of fertile eggs, which are necessary for commercial aquaculture». Altogether, the research team consisted of Ignacio Giménez in RARA AVIS and Sandra Ramos, Neil Duncan, FRANÇOIS CHAUVIGNÉ and JOAN CERDA in IRTA. The team also included JOSEP LLUIS CELADES and IRTA technicians, who ensured that the fish were provided with optimal rearing conditions and welfare. The work was funded by the Spanish Government (INIA-Instituto Nacional de Investigación y Tecnología Agraria y Alimentación) and Ministerio de Ciencia, Innovación y Universidades (MICINN)), RARA AVIS BIOTEC, S.L. and the European Union Project DIVERSIFY GA-603121. A proposal to build on these exciting and promising results has been submitted recently as a project proposal to the Spanish State program of R+D orientated to the challenges of society (Programa Estatal de I+D+i Orientada a los Retos de la Sociedad, MICINN). >> Link: www.irta.cat Nota Photo © IRTA Sant Carles de la Rapita (Tarragona).

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La lavorazione della seppia a Chioggia dai tempi più antichi fino ai giorni nostri di Luciano Boffo e Patrizia Buratti

La lavorazione della seppia a Chioggia ha origini molto antiche. Già nell’XI secolo numerosi documenti storici testimoniano lo svolgimento di questa attività. Nelle lagune venete e in particolare a Chioggia la seppia, proveniente dall’attività di pesca locale, subiva un particolare processo di lavorazione che prevedeva l’utilizzo di acqua salmastra per permettere di prolungare il periodo di conservazione del prodotto. In particolare, le seppie appena pescate venivano sottoposte ad eviscerazio-

ne, asportazione degli occhi, dell’osso (sepion) e del sacchetto del nero; seguiva una fase di lavaggio in acqua di mare e successivo essiccamento all’aria e al sole in filari lungo le rive dei canali. Questa attività particolarmente fiorente a Chioggia veniva svolta all’aperto dagli stessi pescatori e dai loro famigliari; si concentrava lungo le rive dei canali lagunari, in particolare in ambito urbano. I molluschi così preparati si presentavano completamente disidratati, salati, di colore giallo e di consistenza

particolarmente dura, simile a quella del cuoio. Le sepe seche potevano essere conservate a lungo e questo ne facilitava la commercializzazione non solo in ambito locale ma anche in città come Venezia, Milano, Genova e nella vicina Istria, a Umago, Rovigno e nelle isole della Grecia. Anche i sottoprodotti che derivavano dal processo di lavorazione trovavano facilmente una collocazione commerciale: il nero di seppia veniva essiccato e venduto per la produzione di inchiostro soprattutto

Le striature e le colorazioni della seppia.

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nella zona di Trieste; l’osso di seppia era utilizzato come calco dagli orafi per la fabbricazione dei gioielli; mentre le uova di seppia, dette risi, e le gonadi maschili e femminili, dette latti, per la preparazione di gustosi piatti tipici locali. Un altro tipo di prodotto che si trovava in commercio all’inizio del secolo scorso erano le seppie fresche pulite, dette anche bianche, che venivano vendute dall’inizio della primavera fino all’autunno inoltrato, in ambito locale, in quanto avevano un periodo di conservazione decisamente più breve rispetto alle precedenti. La preparazione del cefalopode, in questo caso, includeva una prima fase di eviscerazione e spellatura seguita da una seconda fase di lavaggio con getti d’acqua sotto pressione in maniera da irrigidire le masse muscolari. Seguiva la fase di arricciatura, che veniva eseguita in tini di legno riempiti di acqua salmastra in cui le seppie venivano energicamente mescolate con bastoni e pale, in maniera da ottenere un effetto centrifuga. Prima del confezionamento, in cassette di legno, il prodotto sostava in mastelli riempiti con acqua salmastra e ghiaccio per 24 ore, in maniera da accentuare ulteriormente la consistenza. Il corpo del mollusco, che rappresentava la parte più pregiata, veniva commercializzato separatamente dalla testa, di valore inferiore. A volte, il corpo e le ali del cefalopode venivano sezionate manualmente in listarelle di larghezza massima di due centimetri (tagliatelle o fettuccine) che venivano vendute nei mercati locali. Intorno agli anni ‘50 questa attività è stata meccanizzata con l’introduzione della taglierina meccanica, una macchina elettrica per tagliare le seppie che ha consentito di velocizzare notevolmente le operazioni di preparazione del prodotto. La lavorazione della seppia oggi Gli attuali sistemi di lavorazione delle seppie sono l’espressione dell’evoluzione tecnologica dei processi tradizionali del passato. La materia prima che viene sottoposta a lavorazione

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In alto: fase di asportazione delle uova di seppia. In basso: uova di seppia conservate sotto ghiaccio. può essere rappresentata da prodotto fresco o da prodotto congelato. Lo scongelamento viene eseguito in vasconi d’acciaio con acqua lagunare pulita, cioè sottoposta dapprima a trattamenti di filtrazione e poi di disinfezione con raggi UV, ozono, disinfettanti tipo acido peracetico, cloro, perossido di idrogeno… Il tempo di scongelamento è in funzione della temperatura dell’acqua: breve durante il periodo estivo, più lungo nei mesi invernali. La prima fase di lavorazione, dopo lo scongelamento del prodotto, consiste nella eviscerazione manuale con asportazione del pacchetto intestinale e del sepion (osso di seppia).

Segue una prima fase di lavaggio per circa 20 minuti, all’interno di vasche in acciaio con acqua di laguna trattata, e contemporanea insufflazione di aria, che permette una prima parziale pulizia del prodotto. Le seppie vengono poi sottoposte a spellatura e successivamente alla fase di lavaggio finale, che permette di ottenere un prodotto perfettamente pulito. L’insufflazione di aria determina altresì il fenomeno di inturgidimento delle carni e arricciamento dei tentacoli. Questa fase ha una durata di circa 40-50 minuti a seconda delle caratteristiche delle seppie, del metodo di pesca (con reti da posta o con

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ramponi…), dello stato di pulizia e della tipologia del prodotto. Segue la fase di ghiacciatura del prodotto, che viene eseguita in tini d’acciaio di circa 300 litri di capienza, dove vengono poste le seppie (circa 150 kg), che poi vengono ricoperte con acqua di mare pulita e ghiaccio. A volte, durante questa fase, viene eseguito anche il trattamento con perossido di idrogeno per lo sbiancamento. I tini, col loro contenuto, sostano in cella a circa 4 °C per 24 ore. Segue il confezionamento in cassette di polistirolo ricoperte con ghiaccio. La temperatura di conservazione deve essere mantenuta, durante tutte le fasi di commercializzazione, prossima a quella del ghiaccio di fusione. Da sottolineare che, in alcuni casi, il confezionamento può essere eseguito anche subito dopo la fase di lavaggio finale. Le seppie bianche lavorate possono essere commercializzate come fresche, decongelate, congelate e glassate. Le seppie fresche in genere sono di provenienza locale, pescate nell’alto Adriatico, però a volte possono essere anche di origine francese. Sono commercializzate esclusivamente fresche, sotto ghiaccio, in quanto costituiscono un prodotto di nicchia particolarmente ricercato e apprezzato. Mediamente hanno una shelf-life dai cinque agli otto giorni. Le seppie decongelate sono ottenute da un processo di lavorazione del prodotto grezzo congelato. Anche

Fettuccine di seppia.

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queste, analogamente al prodotto fresco, sono commercializzate in cassette sotto ghiaccio, però in etichetta, come previsto dal Reg. CE n. 1169/11, riportano lo stato fisico di “decongelato”. La shelf-life, tenuto conto dell’utilizzo nella lavorazione di coadiuvanti tecnologici (come il perossido di idrogeno) o di additivi (tipo acido citrico e citrato di sodio) che ne aumentano la conservabilità, coincide con quella del prodotto fresco (5-8 giorni). Da un punto di vista ispettivo risulta difficile differenziare, dopo la lavorazione, il prodotto fresco da quello decongelato in quanto vengono meno caratteristiche visive e sensoriali tipiche delle seppie appena pescate, come il colore del mantello e delle pinne, la trasparenza dell’occhio, la consistenza e la fluidità del nero. Neppure gli esami di laboratorio, e in particolare l’esame istologico, aiutano in tal senso. Il tessuto si presenta compatto, senza i caratteristici vacuoli a margini netti e otticamente vuoti, espressione di un avvenuto congelamento. Anche prove effettuate con il NIR non portano a risultati sicuri, per cui rimane un problema differenziare su base scientifica un prodotto fresco da uno decongelato. L’analisi della tracciabilità, della documentazione di scorta della partita e la verifica delle singole fasi del processo produttivo possono aiutare in questo senso. Le seppie congelate e glassate si caratterizzano per un lungo periodo

Taglierina meccanica seppie. di conservazione, in genere 18-24 mesi. Il processo di lavorazione è simile a quello descritto per il prodotto fresco e decongelato; diversa invece è la fase di trattamento finale con il freddo. Nello specifico, le seppie, terminato il processo di pulitura, vengono sottoposte a un trattamento di congelamento a –40 °C, in genere in tunnel ad azoto liquido, e poi glassate per immersione in acqua. Sul prodotto si forma una pellicola di ghiaccio più o meno spessa a seconda della durata del processo di immersione, che conferisce alle seppie un aspetto particolarmente lucente e caratteristico. La conservabilità è legata alle basse temperature di conservazione (–20 °C) e al sottile strato di ghiaccio che si forma sulla superficie del mollusco, che impedisce eventuali contaminazioni microbiche secondarie. Il prodotto viene confezionato in cartoni che riportano in etichetta le informazioni previste dagli artt. 9 e 10 del Reg. CE n. 1169/11 e dall’art. 35 del Reg. CE n. 1379/13: • denominazione commerciale e scientifica; • stabilimento di produzione e confezionamento e numero CE di identificazione; • nome e ragione sociale e indirizzo dell’OSA responsabile delle informazioni di cui all’art. 8; • ingredienti, compresi gli additivi;

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MILANESE snc dal 1953 produce e commercializza una vastissima gamma di attrezzature per l’acquacoltura, che esporta in ben 40 paesi di tutto il mondo. Inoltre progetta e costruisce su misura sistemi di automazione per l’allevamento del pesce

Milanese snc Viale I Maggio, n. 3 – 33032 Bertiolo (UD) Tel. +39 0432 917224 – Fax +39 0432 917034 – E-mail: milanese@milaneseitalia.com – Web: www. milaneseitalia.com


Fase di lavaggio con acqua di laguna depurata (Blupesca, Chioggia). • sostanze che provocano allergie o intolleranze di cui all’allegato II; • metodo di produzione; • zona di cattura; • attrezzi da pesca; • peso al netto della glassatura; • lotto; • termine minimo di conservazione; • data di congelamento; • temperatura di conservazione; • istruzioni per l’uso; • dichiarazione nutrizionale; • zona d’origine. La denominazione commerciale e scientifica deve essere espressa in conformità di quanto stabilito dal Decreto del Ministero delle Politiche Agricole n. 10105 del 22 settembre 2017. Relativamente all’elenco degli ingredienti, va sottolineato che deve riportare anche eventuali additivi aggiunti durante le fasi di lavorazione per rendere il prodotto più bianco, come ad esempio l’acido citrico e il citrato di sodio, mentre non deve essere dichiarato il perossido di idrogeno in quanto viene utilizzato come coadiuvante tecnologico. Anche i polifosfati, se aggiunti, vanno dichiarati: sono ammessi nei molluschi trasformati congelati ad un livello massimo di 5.000 mg/kg (Reg. CE n. 1129/11). In genere, vengono

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utilizzati per la loro capacità di trattenere acqua e rendere il prodotto più turgido e compatto. Il Reg. CE n. 1169/11, allegato III, punto 6.1, prevede che, per i prodotti a base di pesce non trasformati congelati, deve essere indicata la data di congelamento o di primo congelamento se sono stati congelati per più di una volta. Si sottolinea infine che il peso deve essere dichiarato al netto della glassatura. L’utilizzo dell’acqua lagunare nel processo di lavorazione delle seppie Con delibera di giunta n. 3906 del 13-12-2005, la Regione Veneto, su specifica richiesta di alcune aziende del territorio di Chioggia che operavano nel settore, ha autorizzato, in via temporanea, l’utilizzo dell’acqua lagunare, nel processo di lavorazione delle seppie e degli altri molluschi cefalopodi, per effettuare il lavaggio e l’arricciamento del prodotto. Condizione imprescindibile per poter ottenere il nullaosta è il rispetto dei seguenti vincoli e prescrizioni: • le acque grezze, nel punto di captazione, devono essere classificate da parte dell’ARPAV e devono rientrare almeno nella categoria A3 (vedi tabella 1/A del

DLgs 152/99 e DLgs n. 258/00 – “Caratteristiche di qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acque potabili”); • le acque grezze devono essere sottoposte a un processo di depurazione che le renda idonee all’utilizzo con parametri conformi ai criteri di potabilità previsti dal Decreto Legislativo n. 31/2001, fatta eccezione dei parametri caratteristici dell’acqua salmastra; • deve essere acquisito il parere favorevole del Servizio Igiene degli Alimenti dell’Azienda ULSS competente per territorio sulla qualità delle acque al punto d’uso, in attuazione del Decreto Legislativo 31/2001, salvo i parametri intrinseci dell’acqua di mare; • le opere di presa devono essere delimitate; • nel piano di autocontrollo aziendale devono essere presi in considerazione i criteri di gestione e manutenzione degli impianti e attuato uno specifico piano di campionamento dell’acqua trattata. Con delibera 2217/12 è stata approvata la classificazione definitiva delle acque lagunari ai sensi

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In alto: ghiacciatura del prodotto in tini d’acciaio con acqua di mare pulita e ghiaccio. Al centro: fase di incassettamento. In basso: fase di ghiacciatura. dell’art. 80 del DLgs 152/06, ai fini dell’utilizzabilità negli stabilimenti, per la lavorazione dei molluschi cefalopodi, del comune di Chioggia. Sono stati individuati sei punti di captazione nei quali le aziende possono attingere l’acqua. L’acqua grezza captata viene resa idonea all’utilizzo mediante processi di depurazione, filtrazione, affinazione

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e disinfezione; ciò consente di non dover riprodurre artificialmente le percentuali di salinità dell’acqua di mare e, secondariamente, di poter sfruttare la composizione in microelementi presenti nell’habitat naturale del mollusco. In questo modo si assicura che siano mantenute le proprietà qualitative dei molluschi appena pescati.


In alto: fase di commercializzazione seppie nere. In basso: fase di inturgidimento e arricciatura delle seppie con insufflazione d’aria. L’utilizzo dell’acqua lagunare ha avuto degli indubbi vantaggi nel processo di lavorazione delle seppie e degli altri molluschi cefalopodi: da un lato, il risparmio di ingenti quantitativi di acqua dolce, che rappresentano una risorsa essenziale per altri usi e scopi; dall’altro, migliorare le caratteristiche organolettiche e di sapidità del prodotto lavorato. Gli impianti che vengono utilizzati per la depurazione sono tecnologicamente molto avanzati; le acque grezze vengono sottoposte dapprima a un processo di filtrazione molto spinto con sistemi di controlavaggio automatizzati, seguito da un trattamento di disinfezione che può essere eseguito con diverse modalità: raggi UV, ozono, acido peracetico, perossido di idrogeno, ecc… L’OSA deve effettuare, nell’ambito del piano di autocontrollo, una costante manutenzione dell’impianto e una verifica della potabilità dell’acqua trattata secondo una pianificazione

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approvata dall’Azienda ULSS competente per territorio, che ha anche il compito di effettuare dei prelievi ufficiali per valutare l’efficacia del trattamento. Trattamenti di sbiancatura delle seppie con perossido di idrogeno Normativa di riferimento: • Regolamenti CE n. 853-854882/04 e s.m.i.; • Reg. CE n. 1333/08 e s.m.i.; • Reg. CE n. 1334/08 e s.m.i.; • Reg. CE n. 1169/11; • Reg. CE n. 1224/09; • Reg. CE n. 404/11; • Reg. CE n. 1907/2006 e s.m.i.; • Nota Ministero della Salute prot. 0003652-P-05/02/2016; • Nota Ministero della Salute prot. 0003649-P-05/02/2016. Il Ministero della Salute, con Nota prot. 0003652-P-05/02/2016 del 5 febbraio 2016, dopo aver sentito il Consiglio Superiore di Sanità, ha espresso “parere favorevole

all’impiego della soluzione Aquative 3S, contenente perossido di idrogeno come coadiuvante, nella lavorazione dei molluschi cefalopodi eviscerati, decongelati o congelati, fermo restando il rispetto le seguenti condizioni: 1. il contenuto del perossido di idrogeno non sia superiore all’8%; 2. il contenuto di acido citrico e di citrato di sodio non sia superiore rispettivamente al 15%; 3. le istruzioni per l’uso indichino il “tempo di contatto” dei molluschi cefalopodi con la soluzione e le relative modalità di risciacquo con acqua degli stessi prima della commercializzazione al consumatore finale”. Il Consiglio Superiore di Sanità ha sottolineato che “devono essere fornite agli operatori del settore corrette e univoche indicazioni sulle modalità di utilizzo e di applicazione, al fine di garantire un elevato livello di protezione dei consumatori”. Ha altresì raccomandato siano acquisite “informazioni sui livelli di acido citrico e del suo sale di sodio nei molluschi cefalopodi” prima e dopo il trattamento. Il Ministero della Salute, con successiva Nota prot. 0003649P- 05/02/2016, ha precisato che “in considerazione della possibile presenza sul mercato di prodotti aventi la stessa composizione di Aquative 3S o di prodotti contenenti perossido di idrogeno, possono essere utilizzati anche tali prodotti, nei processi di lavorazione dei molluschi cefalopodi, purché food grade, ovvero idonei al settore alimentare”. Il Ministero ha altresì precisato che gli OSA che intendano avvalersi dell’impiego di prodotti contenenti perossido di idrogeno devono disporre di una procedura relativa alle modalità di utilizzo e di applicazione degli stessi, al fine di garantire un elevato livello di protezione dei consumatori. “In conclusione, nella lavorazione dei cefalopodi eviscerati decongelati o congelati, l’impiego di soluzioni contenenti perossido di idrogeno, food grade, in quantità non superiore all’8%, può configurarsi quale coadiuvante tecnologico e come tale non ne è vietato l’uso”.

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Tabella 1 – Limiti metalli pesanti, diossine e PCB, IPA Elemento di rischio

Valore di rischio METALLI PESANTI

Pb

0,30 mg/kg

Cd

1,00 mg/kg

Hg

0,50 mg/kg DIOSSINE E PCB

Somma diossine

3,50 pg/g

Diossine + PCB

6,50 pg/g

PCB indicatori

75,00 ng/g IPA

Benzopirene

2,00 μg/kg

Benzopirene + benzoantracene + benzofluorante + crisene Per coadiuvante tecnologico, ai sensi dell’art. 3, Reg. CE n. 1333/08, si intende una sostanza che: i) non è consumata come un alimento in sé; ii) è intenzionalmente utilizzata nella trasformazione di materie prime, alimenti o loro ingredienti, per esercitare una determinata funzione tecnologica nella lavorazione o nella trasformazione; iii) può dar luogo alla presenza, non intenzionale ma tecnicamente inevitabile, di residui di tale sostanza o di suoi derivati nel prodotto finito, a condizione che questi residui non costituiscano un rischio per la salute e non abbiano effetti tecnologici sul prodotto finito. L’art. 20 del Reg. CE n. 1169/11 stabilisce che non è necessaria la menzione dei costituenti di un alimento “che sono utilizzati come coadiuvanti tecnologici”. Pertanto, dovranno essere indicati solo eventuali altri additivi presenti nella preparazione utilizzata per il trattamento. Le aziende che utilizzano soluzioni a base di perossido di idrogeno devono disporre: • di un armadio o un locale per il deposito del coadiuvante tecnologico; • di una procedura, validata dall’Azienda ULSS competente per territorio, dove è definita la

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12,00 μg/kg

concentrazione d’uso, i tempi di contatto e le modalità di lavaggio dei molluschi cefalopodi dopo il trattamento. Nell’ambito del piano di autocontrollo, deve essere previsto un piano di campionamento per valutare l’assenza di residui. Può essere prevista altresì una valutazione sensoriale del prodotto trattato e, se del caso, una prova di cottura. Il personale che viene incaricato dell’esecuzione del trattamento deve essere preventivamente formato e munito dei dispositivi di protezione previsti dalla normativa in materia. La valutazione del rischio delle seppie pescate nell’alto Adriatico Le seppie, come tutti gli altri prodotti della pesca, sono soggette a contaminazioni di tipo fisico, microbiologico e chimico che possono derivare o dall’ambiente marino o lagunare in cui vive l’animale, o dalle fasi successive di pesca, trasporto, lavorazione e stoccaggio. Sono fattori predisponenti le inadeguate modalità di pesca, il mancato rispetto delle GMP e GHP durante le fasi di lavorazione, il personale non adeguatamente formato. Pericoli di natura fisica Sono rappresentati da materiale vario che si può trovare nel pescato:

ami, frammenti di plastica, schegge di legno… Per le seppie pescate con ramponi, bisogna considerare anche la sabbia e il fango che si possono trovare all’interno del mollusco e che deprezzano sensibilmente il pescato. In questi casi è fondamentale provvedere al lavaggio accurato del prodotto. Pericoli microbiologici Le seppie vivono in mare aperto per la maggior parte del tempo, pertanto il rischio microbiologico di per sé risulta molto modesto. Raramente possono essere isolati Clostridium botulinum, Listeria monocytogenes, Aeromonas hydrophila, Salmonella spp, Escherichia coli, Vibrio parahaemolyticus, Campylobacter spp, Sighelle. Clostridium botulinum: è un germe sporigeno che si trova a volte nei fondali delle zone costiere. Tuttavia, il rischio per il consumatore in questo caso è molto modesto in quanto il mantenimento delle seppie a basse temperature e soprattutto il consumo dell’alimento dopo cottura minimizzano il pericolo rappresentato dall’ingestione della tossina preformata nelle preparazioni crude, marinate o affumicate variamente conservate. Listeria monocytogenes: viene a volte isolata nei fondali marini, ma anche sulla pelle e nell’intestino dei pesci, crostacei e molluschi. Considerato però che le seppie, di solito, vengono consumate cotte, il rischio di questa tossinfezione risulta molto modesto, se non addirittura assente, poiché la temperatura di cottura, superiore ai 75 °C, consente di inattivare il germe in alcuni minuti. Aeromonas hydrophila: è un germe autoctono tipico degli ambienti marini, particolarmente resistente alla salinità dell’acqua e alle variazioni di temperatura con un range da 2 °C a 45 °C. È però un germe termolabile, che viene facilmente distrutto con temperature di 60-65 °C. Pertanto il rischio di insorgenza di questa patologia, per consumo di seppie, è trascurabile. Salmonelle, Escherichia coli, Sighelle, Campylobacter spp, Vibrio:

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sono germi che si possono trovare frequentemente nella pesca ravvicinata sotto costa e in ambiti lagunari; si tratta di pericoli microbiologici correlati all’inquinamento umano. Tuttavia, in considerazione del breve periodo di permanenza delle seppie in questi ambiti, limitato ai mesi estivi dell’ovodeposizione, e degli esiti dei monitoraggi svolti negli anni sulla qualità microbiologica delle acque lagunari, possiamo a ragione valutare questi pericoli come fattori di rischio marginali. La contaminazione del prodotto può essere condizionata anche dal sistema di pesca. In generale, la cattura determina uno stress organico che favorisce i processi microbiologici; inoltre, soluzioni di continuità della cute, lacerazioni, schiacciamenti, rotture del pacchetto intestinale e il rimescolamento dei fondali creano le condizioni per la diffusione delle contaminazioni batteriche. Anche tempi lunghi di permanenza delle seppie in acqua, catturate con sistemi di pesca tradizionali (nasse, cogoli), possono influire negativamente sulle qualità igieniche del prodotto. Parassiti: le seppie sembrano avere una certa refrattarietà all’aniakis. A conferma si registra l’assenza, negli ultimi anni, di segnalazioni di allerte e informazioni per attenzione sulle seppie pescate nell’alto Adriatico. Va anche considerato che le seppie vengono consumate cotte, per cui si ritiene che l’indice di pericolosità sia modesto. Pericoli chimici I pericoli chimici possono essere rappresentati da pesticidi, idrocarburi, PCB, metalli pesanti, diossine, furanici. I pesticidi, usati in agricoltura, raggiungono le zone di pesca attraverso fiumi e canali che raccolgono le acque di dilavamento dei terreni. Tra queste sostanze ritroviamo un gruppo eterogeneo di insetticidi clorurati, fenoli clorurati, pentaclorofenolo e policlorobifenili (PCB). Queste sostanze sono altamente liposolubili, mentre hanno una scarsa solubilità in acqua. I molluschi cefalopodi, tenuto conto del pressoché nullo tenore in grassi delle loro carni (circa 0,64 g

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per 100 g di seppia), sono interessati solo marginalmente da questo pericolo. Gli IPA si ritrovano nelle acque marine come conseguenza della fuoriuscita del petrolio in seguito a incidenti delle navi che lo trasportano, e/o per inappropriate modalità di lavaggio delle cisterne delle petroliere. Non deve essere trascurato neppure il rischio di fuoriuscita di carburanti dalle imbarcazioni. I dati storici dell’autocontrollo aziendale e dei campionamenti ufficiali effettuati dalle Aziende ULSS della regione Veneto non hanno dimostrato particolari situazioni di rischio per i molluschi cefalopodi pescati nell’alto Adriatico. Le diossine sono un gruppo di sostanze che derivano da svariati processi di combustione quali: incenerimento dei rifiuti, scarichi dei veicoli di trasporto, produzione di plastiche, vari processi industriali, riscaldamento domestico. Queste sostanze si liberano nell’aria e poi vengono trasportate dal vento anche a notevoli distanze dal luogo d’origine. Trattandosi di sostanze corpuscolate con un certo peso specifico, cadono sul suolo e nelle acque e finiscono per contaminare la catena alimentare. Le aree costiere sono tra quelle più esposte a questo pericolo a causa della promiscuità con i centri urbani e industriali e con le principali fonti di inquinamento. Le attività di monitoraggio eseguite negli ultimi anni da parte degli organi di controllo (AULSS, ARPAV) negli ambiti marini e lagunari destinati all’attività di pesca hanno dimostrato una situazione complessivamente favorevole, non evidenziando situazioni di criticità. I metalli pesanti di maggiore importanza quali contaminanti ambientali sono: Pb, Cd, Cu e Hg. Zone a rischio sono quelle adiacenti a complessi industriali quali le fasce costiere e lagunari a ridosso delle aree portuali e/o dello sbocco di corsi d’acqua. Va considerato però che, sulla base dell’attività di monitoraggio, sulle seppie pescate nell’alto Adriatico, da parte delle Aziende ULSS della regione Veneto, negli ultimi anni non sono mai stati rilevati valori superiori ai limiti previsti dal Reg.


La seppia di Chioggia viene conservata in cassette di polistirolo, sotto ghiaccio a temperatura di refrigerazione.

1881/2006 e s.m.i. Come considerazione conclusiva possiamo pertanto ritenere che l’indice di pericolosità di contaminazione per metalli pesanti delle seppie sia molto basso. I criteri di sicurezza alimentare e i valori guida Listeria monocytogenes • Nel prodotto fresco i valori sono definiti dall’OM 07-12-1993; il campionamento deve essere eseguito in tre unità campionarie: * 1 u.c. non oltre 11 ufc/g; * 2 u.c. non oltre 110 ufc/g. • Nel prodotto congelato e surgelato i valori sono sempre definiti dall’OM 07-12-1993; il campionamento deve essere eseguito in 5 unità campionarie: * 2 u.c. non oltre 11 ufc/g; * 3 u.c. non oltre 110 ufc/g. • Nel prodotto precotto, sempre sulla base dell’OM 07-12-1993, il campionamento deve essere eseguito in 5 unità campionarie: * 4 u.c. non oltre 11 ufc/g;

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* 1 u.c. non oltre 110 ufc/g. • Nel prodotto cotto ready to eat, il Reg. 2073/05 prevede, nel caso l’alimento costituisca terreno favorevole alla crescita di Listeria monocytogenes, che il campionamento sia fatto in 5 u.c. e i limiti sono: * non oltre 100 ufc/g nelle 5 u.c. fino a fine vita commerciale del prodotto, sempre che l’operatore sia in grado di dimostrare con soddisfazione dell’autorità sanitaria competente, che non viene mai superato questo limite; oppure: * assente in 25 g nelle 5 u.c. se il produttore non è in grado di dimostrare, con soddisfazione dell’autorità sanitaria competente, che l’alimento non supera le 100 ufc/g durante tutta la fase di conservazione del prodotto. Questo limite si applica prima che l’alimento non sia più sotto il controllo dell’OSA che lo produce. Stafilococchi coagulasi positivi Nei prodotti cotti, il punto 2.4.1 del Reg. CE n. 2073/05 stabilisce un criterio di igiene per Stafilococchi coagulasi positivi, che deve essere valutato al termine del processo di lavorazione. Il campionamento va eseguito in 5 unità campionarie. I risultati delle analisi vengono considerati soddisfacenti se due unità campionarie hanno valori compresi tra 100 ufc/g e 1.000 ufc/g, mentre tutte le altre unità hanno valori inferiori. Nei prodotti trasformati e preparati, le Linee guida del 10-11-2016, per il controllo ufficiale ai sensi del Reg. CE n. 882/04 e del Reg. CE n. 854/04, definiscono un “valore guida ≤ 100 ufc/g”. Il campionamento deve essere eseguito alla produzione in 4 aliquote e in una sola u.c. Escherichia coli Nei prodotti cotti, il punto 2.4.1 del Reg. CE n. 2073/05 stabilisce un criterio d’igiene per E. coli che deve essere valutato al termine del processo di lavorazione. Il campionamento va eseguito in 5 unità campionarie.

I risultati delle analisi vengono considerati soddisfacenti se due unità campionarie hanno valori compresi tra 1 MPN/g e 10 MPN/g mentre tutte le altre unità hanno valori inferiori. Nei prodotti trasformati e preparati, le Linee guida del 10-11-2016, per il controllo ufficiale ai sensi del Reg. CE n. 882/04 e del Reg. CE n. 854/04, definiscono un “valore guida ≤ 100 ufc/g”. Il campionamento deve essere eseguito alla produzione in 4 aliquote e in una sola u.c. Vibrio parahaemolyticus potenzialmente patogeno Nei prodotti trasformati e preparati, le Linee guida del 10-11-2016, per il controllo ufficiale ai sensi del Reg. CE n. 882/04 e del Reg. CE n. 854/04, definiscono un “valore guida assente in 25 g”. Il campionamento deve essere eseguito alla distribuzione in 4-5 aliquote e in una sola u.c. La patogenicità deve essere confermata con la determinazione dei geni TDH-TRH. Salmonella spp Nei prodotti cotti, il punto 1.16 del Reg. CE n. 2073/05 prevede l’assenza di salmonella in 25 g in 5 unità campionarie. Nei prodotti trasformati e preparati, le Linee guida del 10-11-2016, per il controllo ufficiale ai sensi del Reg. CE n. 882/04 e del Reg. CE n. 854/04, definiscono un “valore guida assente in 25 g”. Il campionamento deve essere eseguito alla distribuzione in 4-5 aliquote e in una sola u.c. Limiti metalli pesanti, diossine e PCB, IPA Sono riportati in Tabella 1. Il marchio “La seppia di Chioggia” iscritta nell’elenco dei prodotti tradizionali italiani La seppia di Chioggia ha ottenuto, con Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 0506-2014, il riconoscimento ufficiale di prodotto tradizionale italiano ed è stata inserita nella 14ma revisione dell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali. L’idea di inserire la seppia di Chioggia tra i prodotti tradizionali è nata sulla base di motivazioni di ordine storico,

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sociale, sanitario e commerciale. Come sopra ricordato, la produzione della seppia a Chioggia si perde nella tradizione dei tempi. È un settore che ha una notevole rilevanza per il territorio, sotto l’aspetto economico, commerciale e sociale, che deve essere sostenuto e valorizzato. Centinaia di persone trovano lavoro in questo ambito: dalla produzione primaria, con i pescatori singoli e associati, alle fasi successive di lavorazione e commercializzazione e distribuzione del prodotto. Nel 2015 l’Associazione produttori della seppia di Chioggia ha ritenuto opportuno valorizzare il riconoscimento del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali con la registrazione di un marchio specifico che è stato depositato presso il Ministero dello Sviluppo Economico, per il tramite dell’Ufficio Marchi della Camera di Commercio di Venezia, in data 19-06-2015.

Il marchio è contraddistinto da due circonferenze con la scritta “Produttori della seppia di Chioggia”. Al centro della circonferenza è presente una seppia circoscritta da uno spruzzo o macchie nere. Trattasi di un marchio individuale di proprietà, in quote percentuali, dei soggetti facenti parte dell’Associazione. Descrizione e caratteristiche organolettiche della “seppia di Chioggia” Si tratta di un mollusco appartenente al phylum Mollusca, classe Cephalopoda, ordine Sepiida, famiglia Sepiidae, specie Sepia officinalis. Viene definita anche “adriatica” in relazione alla zona di pesca. Ha il corpo di forma ovalare appiattito, dorso ventralmente orlato da pinne laminari disgiunte nella parte terminale; anteriormente è posizionata la testa piuttosto voluminosa munita di tentacoli. In corrispondenza delle

estremità clavate delle braccia sono presenti 5-6 file longitudinali di ventose. Le dimensioni sono di norma comprese tra i 15 e i 25 centimetri; a volte però ci sono dei soggetti anche di 40-50 centimetri. La colorazione del mantello della Sepia officinalis è bruno grigiastro con zebrature trasversali. Procedendo poi dal dorso verso le parti ventrali si osserva una progressiva variazione della tonalità, che passa da grigio-giallastro-traslucida a bianco-iridea. Sul dorso si trovano particolari cellule, dette cromatofori e iridofori, contenenti pigmento e attorniate da fibre muscolari ad anello. In seguito al rilassamento o alla contrazione della muscolatura, il pigmento tende alternativamente a diffondersi o a concentrarsi, determinando improvvise variazioni di colore e di disposizione delle strie utilizzate a scopo mimetico, di richiamo sessuale, o per intimidire

Diagramma di flusso nello stabilimento di lavorazione Ricezione materia prima dal mercato ittico di Chioggia

Stoccaggio in cella frigo a 0-4 °C

Commercializzazione seppie nere

Lavaggio prodotto con acqua di mare pulita

Eviscerazione

Spellatura

Lavaggio con arricciamento del prodotto

Deposito seppie in cella in vasconi con acqua e ghiaccio

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Confezionamento in cassette di polistirolo sotto ghiaccio e spedizione

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Seppie dopo la lavorazione. eventuali avversari. L’uso che le seppie fanno dei colori è incredibile e al tempo stesso affascinante: ogni cambiamento cromatico è sotto stretto controllo nervoso ed è legato a complessi modelli comportamentali quali, per esempio, quelli del mimetismo a scopo difensivo dei giovani maschi nel periodo della riproduzione. All’interno del mantello è presente una conchiglia interamente calcificata che costituisce una sorta di ossatura per il mollusco. Le seppie rientrano nel gruppo dei decapodi in quanto la testa, piuttosto voluminosa, è dotata di 10 braccia tentacolari disposte attorno alla bocca. La “seppia di Chioggia” può essere commercializzata fresca tal quale appena pescata, detta anche seppia nera, oppure dopo un processo di lavorazione con acqua di mare che porta allo sbiancamento del prodotto e all’inturgidimento delle carni. Viene conservata in cassette di polistirolo, sotto ghiaccio a temperatura di refrigerazione. Non viene di norma sottoposta a congelamento, in quanto trattasi di un prodotto di nicchia particolarmente ricercato nel mercato. Le carni sono sode, compatte, di colore madreperlaceo, con un caratteristico aroma di salato; la pelle risulta aderente, l’occhio vivo e lucente, la pigmentazione marcata, i tentacoli resistenti alla trazione. Il nero, contenuto nel sacchetto ma distribuito anche sulla superficie del mollusco, presenta una caratteristica consistenza oleosa, tipica di un prodotto fresco, contrariamente a quello delle seppie decongelate, che al tatto dà una sensazione di granulosità. Nel prodotto lavorato le caratteristiche

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qualitative e organolettiche vengono conservate ed esaltate grazie all’uso dell’acqua di laguna trattata, che mantiene in tutte le fasi del processo produttivo una situazione simile a quella dell’ambiente naturale di vita del mollusco. Le carni sono tenere e gustose, povere in grassi, ricche in proteine e con un discreto contenuto in oligoelementi. Zone di pesca e tracciabilità di filiera della “seppia di Chioggia” Le aree di pesca e di produzione sono gli ambiti marini dell’alto Adriatico e quelli delle lagune venete. La marineria “chioggiotta”, fin dai tempi più antichi, si è dedicata a questo tipo di pesca che, col passare degli anni, è diventata un’attività caratteristica del territorio e oggi ha assunto una notevole rilevanza sotto l’aspetto economico, commerciale e sociale. Si tratta dunque di una pesca di antichissima tradizione, tipica dell’ambiente lagunare e costiero, nelle sue varietà della pesca stagionale con attrezzi da posta, nonché del comparto marittimo con la cosiddetta pesca pelagica o costiera ravvicinata. La cattura in mare viene effettuata durante tutto l’anno, sia con volanti monobarca o a coppia che con motopescherecci con reti a strascico con ramponi, rapidi o divergenti. La pesca stagionale (primaveraestate) viene effettuata con attrezzi da posta quali nasse e cogoli ed è disciplinata da ordinanze delle capitanerie di Chioggia e Venezia. La prima fase di commercializzazione e astatura delle seppie, appena pescate, si svolge presso il mercato

ittico all’ingrosso di Chioggia. Segue il trasferimento del prodotto presso gli stabilimenti di lavorazione, dove viene sottoposto a eviscerazione, spellatura, ed eventuale asportazione degli occhi, e ad un accurato processo di lavaggio e arricciatura con acqua di laguna depurata, che permette di ottenere la cosiddetta “seppia bianca”. La tracciabilità viene garantita in tutte le fasi del processo produttivo, a partire dalla produzione primaria fino alla fase finale di commercializzazione del prodotto finito, come peraltro previsto dai Regolamenti CE n. 1224/09, 404/11 e 178/02. Il primo anello della filiera è rappresentato dall’attività di pesca. Ogni imbarcazione è dotata del giornale di pesca, cartaceo o elettronico, nel quale sono riportati i dati relativi alla data di pesca, all’orario, agli attrezzi impiegati, alle zone dove si sono svolte le azioni di cattura, ai quantitativi… Seguono le fasi di etichettatura, di compilazione della dichiarazione di sbarco, di assunzione in carico da parte del commissionario del mercato all’ingrosso e l’emissione della nota di vendita. Nell’etichetta o nei documenti commerciali di accompagnamento del prodotto che esce dal mercato all’ingrosso devono essere presenti tutte le informazioni previste dall’art. 58 del Reg. CE n. 1224/09 e dall’art. 35 del Reg. CE n. 1379/13; in particolare: • la denominazione commerciale (seppia) e scientifica (Sepia officinalis); • il codice FAO alfa 3 della seppia (CTC); • il numero di identificazione della partita; • la zona di pesca (Mare Adriatico 37.2.1); • gli attrezzi da pesca utilizzati; • il quantitativo in kg; • se il prodotto è stato congelato/ surgelato. Negli stabilimenti di lavorazione, ad ogni partita viene assegnato un lotto interno che permette di mantenere la connessione con le informazioni che provengono dalla produzione primaria, in maniera che si possa, in qualsiasi momento, risalire all’origine del prodotto. Le seppie a marchio,

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dopo la lavorazione, escono dallo stabilimento con un’etichetta nella quale viene riportato: • il marchio registrato presso il Ministero dello Sviluppo Economico; • il bollo CE dello stabilimento; • la denominazione della ditta; • la denominazione commerciale (seppia) e scientifica (Sepia officinalis); • il codice FAO alfa 3 della seppia (CTC); • il metodo di produzione: “pescato”; • gli attrezzi da pesca utilizzati; • la zona di pesca o provenienza: “Mare Adriatico 37.2.1”; • le modalità di conservazione; • il lotto di produzione; • l’eventuale data di scadenza. Dott. Luciano Boffo Medico Veterinario Consulente Sicurezza Alimentare Chioggia Dott.ssa Patrizia Buratti Referente AT Chioggia Azienda ULSS n. 3 Serenissima

Bibliografia • BURATTI P., BOFFO L., Manuale di corretta prassi igienica della pesca e lavorazione della seppia nell’alto Adriatico, Libreria editrice “Il Leggio” Sas, Sottomarina di Chioggia. • BOSCOLO G., manoscritto degli i nizi del 1700 pubblicato a cura di G. SCARPA (1988), Memorie diverse della città di Chiozza. • GRANZOTTO A., FRANZOI P., LONGO A., PRANOVI F., TORRICELLI P. (2001), La pesca nella laguna di Venezia; un percorso di sostenibilità nel recupero delle tradizioni. Lo stato dell’arte, Fondazione Eni Enrico Mattei. • ARCANGELI G., BOFFO L., BURATTI P., CRICONIA E., MINGARELLI G. (2012), Indagine sulla presenza di larve di nematodi in pesci. Garantire la sicurezza del prodotto ittico. Piano sanità animale sicurezza alimentare 2008-2010, Edizioni Text Vigorovea (PD).

• Nota Ministero della Salute prot. 0003652-P del 05-02-2016 – Richiesta di impiego di una soluzione acquosa contenente perossido di idrogeno, come coadiuvante tecnologico, nella lavorazione dei molluschi cefalopodi eviscerati. • Nota Ministero della Salute prot. 0003649-P del 05-02-2016 – Impiego di soluzioni acquose contenenti perossido di idrogeno, come coadiuvante tecnologico, nella lavorazione dei molluschi cefalopodi. • Delibera della Giunta regionale del Veneto n. 3906 del 13-12-2005 – Autorizzazione di taluni stabilimenti all’utilizzo di acqua salmastra depurata nella lavorazione dei prodotti della pesca. • Delibera della Giunta regionale del Veneto n. 2217 del 0611-2012 – Classificazione delle acque lagunari ai fini della loro utilizzabilità negli stabilimenti ittici.


TECNOLOGIE

I mega trend del settore alimentare I consulenti del gruppo CSB-System sono i partner giusti per accompagnare le aziende del settore alimentare verso le trasformazioni organizzative e tecnologiche richieste dal mercato L’industria alimentare sta crescendo a livello globale, ma sta anche affrontando importanti cambiamenti tecnologici e strutturali. Il gruppo CSB-System, da oltre 40 anni attivo nel proporre soluzioni IT specifiche, complete e integrate per il settore Alimenti & Bevande, sta centrando il suo lavoro di ricerca, sviluppo e implementazione avendo come riferimento quattro importanti mega trend del settore, esposti qui di seguito. La blockchain Una tecnologia con molti campi di applicazione interessanti è la blockchain. Dietro di essa si trova un database decentralizzato in cloud che viene aggiornato cronologicamente e mantiene un elenco costantemente crescente dei record di transazioni. Come in una catena, i nuovi elementi vengono continuamente aggiunti nella parte inferiore della blockchain, fino a quando un block è completo. Si procede quindi con la creazione del block successivo, che contiene una “somma di controllo” del blocco precedente. Quello che suona così teoretico e astratto potrebbe essere l’anticipazione di un cambiamento dirompente nella supply chain/filiera di approvvigionamento, come promettono consulenti aziendali di grande esperienza. In futuro, la blockchain potrebbe probabilmente fornire un valido supporto in molte aree dell’industria alimentare e minacciare così procedure e tecnologie in uso. La tracciabilità degli alimenti, ad esempio, è uno scenario di applicazione concreta. Le blockchain hanno un vantaggio chiave rispetto

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L’industria alimentare sta crescendo e, nello stesso tempo, sta affrontando importanti cambiamenti tecnologici e strutturali. a banche date e sistemi di tracciabilità convenzionali: loro salvano le informazioni in un formato a prova di revisione. Ciò consente uno scambio legalmente sicuro tra qualsiasi numero di attori: dal fornitore al produttore, grossista, distributore e rivenditore, fino al cliente. Poiché tutti lavorano con lo stesso tipo di record/dati, ogni transazione può essere tracciata in tempo reale, ma anche in modo trasparente dopo un lungo periodo di tempo. Infor-

mazioni non coerenti o mancanti, documentazione cartacea e problemi di interfaccia durante lo scambio di dati sono vulnerabilità nelle supply chain di oggi che la tecnologia blockchain può eliminare. Questo non ha solo ripercussioni positive su costi e velocità, ma, aspetto più importante di tutti, rende anche il cibo più sicuro. Dati come informazioni sull’origine, numeri di lotto, dati di produzione, date di scadenza, documentazione sulla catena

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del freddo sono tutti memorizzati nella blockchain. In questo modo i prodotti contaminati o avariati possono essere identificati e ritirati in pochissimo tempo. Verticalizzazione: strategia giusta non solo per le multinazionali La verticalizzazione dei modelli di business sta diventando interessante anche per le piccole e medie imprese. L’integrazione verso l’alto o verso il basso non è solo, per le grandi aziende, un modo efficace per diventare più competitive: anche le aziende più piccole possono trarne vantaggio, se si utilizzano le giuste soluzioni software come strumenti di integrazione. Un gestionale con soluzione web, ad esempio, consente di controllare l’intera filiera dal campo all’articolo confezionato. Il primo controllo può essere già eseguito nei campi di produzione; forniti di apparecchiature portatili, i lavoratori possono registrare la qualità e la quantità delle materie prime, utilizzando l’applicazione direttamente sul posto. Una volta salvati i dati nel sistema, questi sono immediatamente disponibili negli impianti di produzione. In questo modo l’azienda conosce la qualità delle materie prime in arrivo già prima che queste raggiungano gli impianti di lavorazione, con due grandi vantaggi: innanzitutto, la produzione può essere pianificata in modo più accurato ed efficiente e, secondo, l’azienda può valutare meglio i suoi fornitori. Omnichannel Supermercati digitali L’omnichannel prevede un sistema interconnesso tra tutti i possibili canali d’acquisto senza soluzione di continuità se si inizia un’attività su un canale e si prosegue su un altro. Si pensi alle nuove esperienze di shopping offerte da supermercati “ibridi” a Pechino e Shanghai: combinano i componenti del supermercato con i ristoranti in-store, metodi informativi verso la clientela basati su app, offerte di e-commerce e servizi di consegna rapida. Per pagare, c’è la soluzione di pagamento mobile del negozio stesso. Naturalmente, è presente la connessione wi-fi gratuita,

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La Cina è avanti di anni, rispetto al resto del mondo, nell’integrazione del commercio on-line e stazionario. Questo perché la tecnologia mobile è stata accessibile per i consumatori da molto prima e addirittura più conveniente rispetto alla tecnologia di rete fissa e a banda larga. che garantisce ai clienti la possibilità di scansionare il codice a barre dell’articolo con l’app. Ciò dimostra che la Cina è avanti di anni, rispetto al resto del mondo, nell’integrazione del commercio on-line e stazionario.

Che questo concetto funzioni così bene è dovuto all’enorme diffusione degli smartphone, maggiore rispetto ai paesi occidentali. Questo perché la tecnologia mobile è stata accessibile per i consumatori da molto prima e

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Informazioni non coerenti o mancanti, documentazione cartacea e problemi di interfaccia durante lo scambio di dati sono vulnerabilità nelle supply chain di oggi che la tecnologia blockchain può eliminare. addirittura più conveniente rispetto alla tecnologia di rete fissa e a banda larga. I Cinesi hanno praticamente “scavalcato” PC e laptop. Sostenibilità: pensare ecologico ripaga La sostenibilità sta diventando sempre più rilevante per l’industria

La verticalizzazione dei modelli di business sta diventando interessante anche per le piccole/medie imprese. L’integrazione verso l’alto o il basso non è solo, per le grandi aziende, un modo efficace per diventare più competitive: anche aziende più piccole possono trarne vantaggio, se si utilizzano le giuste soluzioni software come strumenti di integrazione

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alimentare, per tre motivi. In primo luogo, le leggi e le direttive in materia di protezione del clima e le politiche di sostenibilità stanno diventando più rigorose. L’attuale direttiva sulla responsabilità sociale delle imprese, ad esempio, richiede alle società più grandi nella UE di pubblicare i rapporti di sostenibilità e allineare le loro attività commerciali di conseguenza. La seconda ragione sono i consumatori: ancora oggi, pochi di loro sono disposti a spendere più soldi per prodotti ottenuti in modo sostenibile. Ma questo atteggiamento sta cambiando, gli esperti parlano di un “cambio dei paradigmi” nella nutrizione: già oggi molti consumatori desiderano acquistare alimenti di qualità elevata e prodotti con metodi ecosostenibili. Questi consumatori sono informati e critici. È opportuno che i produttori di alimenti si rivolgano a loro sin da subito. In terzo luogo, le attività di sostenibilità portano automaticamente all’ottimizzazione e alla razionalizzazione dei processi interni. Un buon esempio sono le emissioni di CO2 nella logistica dei trasporti. Queste emissioni possono essere ridotte con l’aiuto, ad esempio, di un software

che ottimizzi il carico degli automezzi e i giri di consegna. Questo ha anche un grande impatto sui costi: i produttori di alimenti possono arrivare fino ad un risparmio del 15% sui costi di trasporto, solo affidandosi al giusto software per la pianificazione, gestione e controllo dei giri. I consulenti del gruppo CSBSystem sono i partner giusti per accompagnare le aziende del settore alimentare verso le trasformazioni organizzative e tecnologiche richieste dal mercato.

Referente: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (Verona) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

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Sicurezza alimentare: tracciamo la vostra qualità Tutta l’igiene e la sicurezza che cerchi in un unico fornitore. Linea Flesh: garanzia di qualità da 30 anni Gli audit in un’azienda alimentare sono appuntamenti fissi a cui non si può sfuggire. Gli organismi di certificazione o proprio i clienti, come la GDO, effettuano verifiche ispettive per testare l’affidabilità di una determinata azienda. Sono tanti i punti da seguire in una check-list di controllo ma alcuni sono essenziali e facili da scovare anche da un occhio meno esperto.

Un errore, anche futile, può portare ad un abbassamento della credibilità. La sensazione che percepisce il consumatore finale, quando acquista un prodotto, è direttamente proporzionale alla sicurezza che l’azienda produttrice trasmette: la variabile è un prodotto di qualità ma che sia trattato e lavorato in un ambiente raccomandabile.

Igiene personale Quante volte vi sarà capitato di scorgere un corpo pilifero nel piatto che state mangiando. Con un po’ di attenzione nell’equipaggiamento dell’operatore questo non dovrebbe accadere: cuffia o berretto, mascherina e copribarba, copri-maniche e guanti, camici e grembiuli, copriscarpe o copri-stivali sono indispensabili e, ancora meglio, se monouso

Linea Flesh: l’eccellenza nell’igiene.

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come gli articoli della gamma di Linea Flesh. Contaminazione La diffusione dei batteri è un errore che l’azienda non può permettersi. Per questo, l’utilizzo di attrezzatura codice-colore idonea e diversificata per ogni ambiente è un aspetto importante. Spazzole, scope, spingiacqua, scrubber, sessole, raschietti devono avere un colore preciso corrispondente al reparto di utilizzo. Questo sistema impedisce che un batterio migri e crei un concatenarsi di situazioni indesiderabili.

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Rintracciabilità Abbigliamento igienico, non c’è dubbio! Ma, se è capitato di trovare un pezzo di guanto nella confezione di surgelato, forse è meglio avere un’accortezza in più. Da Linea Flesh si può trovare qualsiasi articolo nella versione rilevabile al metal detector e ai raggi X: penne, pennarelli, cutter, spazzole, sessole, raschietti, fascette, calcolatrici, tappi, cerotti e tutto l’abbigliamento monouso e non. Ordine Tutti i dispositivi di igiene non sono tali se non vengono conservati in contenitori appositi e lontano dalla polvere. I dispenser in acciaio di Linea Flesh sono facili da appendere e sono pronti all’utilizzo degli accessori sia per l’addetto che per il visitatore. Sono semplici e funzionali e facili da lavare. L’acciaio è sempre una garanzia, anche esteticamente. Smaltimento rifiuti Può sembrare superfluo parlarne, trovandosi alla fine del processo produttivo, ma il metodo in cui viene svolto non è da sottovalutare. I carrelli in acciaio con coperchio a pedale sono ideali per questo scopo. Con superfici piane e senza spigoli

e asta porta rotolo di sacchi per minimizzare i tempi, sono i modelli firmati da Linea Flesh. Prodotti giusti, certificati e sicuri Al di là del rispetto delle normative, l’igiene è soprattutto una questione di etica quando si lavora un prodotto alimentare. Inoltre, la diffusione di un batterio causerebbe lo stop della catena produttiva e la conseguente perdita di denaro. Prevenire è meglio che curare. Linea Flesh ha tutti i requisiti e l’esperienza per seguire passo passo la propria clientela nella realizzazione dei suoi obiettivi e consigliare il prodotto giusto, certificato e sicuro.

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MOCA: conosciamoli e usiamoli meglio Gli alimenti vengono a contatto con molti materiali e oggetti durante le rispettive fasi di produzione, trasformazione, conservazione, preparazione e somministrazione, prima del loro consumo finale. Tali materiali e oggetti sono denominati “materiali e oggetti a contatto con gli alimenti” (MOCA) — ad esempio contenitori per il trasporto degli alimenti, macchinari per la trasformazione dei prodotti alimentari, materiali da imballaggio, utensili da cucina e posate e stoviglie — e dovrebbero essere sufficientemente inerti da evitare che i loro compo-

nenti incidano negativamente sulla salute del consumatore o influenzino la qualità degli alimenti. Per garantire la sicurezza dei MOCA e per favorire la libera circolazione delle merci, nell’Unione Europea vige una serie di requisiti legali e forme di controllo. L’elenco dei composti che possono entrare a contatto con il cibo che arriva sulle nostre tavole è lungo: il bisfenolo A di alcune plastiche per contenitori e stoviglie (pericoloso, ma stando alle ultime valutazioni dell’Agenzia Europea per la sicurezza alimentare – EFSA, l’esposizione dei consumatori euro-

pei non raggiunge quantità tali da essere dannose), gli ftalati nel PVC delle bottiglie, il teflon delle padelle antiaderenti, l’alluminio per avvolgere i cibi. Per tale motivo esistono, per numerosi MOCA, normative europee e nazionali che definiscono liste positive di utilizzabilità, limiti di cessione/migrazione e condizioni d’uso. L’entità della migrazione dipende da una serie di fattori: • natura e composizione del materiale (e delle sostanze); • natura e composizione dell’alimento; • superficie di contatto;

Oltre alla legislazione generale, alcuni MOCA — materiali ceramici, pellicola di cellulosa rigenerata, plastica (compresa la plastica riciclata), così come i materiali attivi e intelligenti — sono trattati in specifiche misure della UE. Esistono anche altre norme specifiche su alcune sostanze di partenza utilizzate per produrre MOCA (photo © merrimonc – stock.adobe.com).

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• tempo di contatto; • temperatura di contatto. I gruppi di sostanze oggetto di specifiche indicazioni normative da parte della UE per i produttori e gli utilizzatori sono i seguenti: • pellicola di cellulosa rigenerata; • ceramiche; • plastiche; • gomme ed elastomeri; • materiali attivi e intelligenti. Requisito fondamentale fissato dalla disciplina comunitaria è che i MOCA (anche quelli non destinati ad

entrare in diretto contatto con gli alimenti) siano sufficientemente inerti da escludere con certezza il rischio di trasferimento di sostanze estranee ai prodotti, in quantità tali da: a. mettere in pericolo la salute umana; b. comportare una modifica inaccettabile della composizione degli stessi; c. causare un deterioramento delle loro caratteristiche organolettiche (alterazione di odore, colore e sapore dell’alimento in essi

contenuto o col quale entrano in contatto). I consigli per i consumatori Basta rispettare poche semplici precauzioni per evitare i contatti con materiali a rischio. La prima e la più semplice: verificare che sulla confezione del prodotto che stiamo acquistando figuri il simbolo “forchetta e bicchiere”, che garantisce che il prodotto è idoneo al contatto con gli alimenti. Nello specifico, per quanto riguarda i singoli materiali, il

La parola ai consumatori con un questionario on-line Nell’ambito di un progetto gestito dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, con la collaborazione dell’ASL TO5 e del CeIRSA, e finalizzato a valutare i rischi legati ai MOCA, è stata prevista un’indagine conoscitiva per valutare le conoscenze e i comportamenti dei consumatori sull’argomento. A tal fine è stato predisposto un questionario che vi chiediamo cortesemente di compilare (non richiede più di 4 minuti e assicura l’anonimato) ed eventualmente di diffondere ad altre persone per acquisire una maggiore quantità di informazioni. >> Link: docs.google.com/forms/d/1K7XGHqAPg3aw5D_2zdqz9dF2Mf6TG1MWAX4QzouyMm0/ viewform?edit_requested=true

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primo consiglio riguarda le bottiglie di plastica. Molto spesso le confezioni di acqua vengono conservate sui balconi di casa o in altri luoghi esposti alla luce diretta o al calore dove possono subire forti stress termici, cosa che può accadere anche alle bottigliette di plastica che molte persone si portano dietro riutilizzandole più volte, lasciandole magari per periodi più o meno lunghi in auto. L’acqua o gli altri liquidi contenuti in bottiglie di plastica (PET) devono essere conservate in luoghi freschi e al riparo dalla luce e i contenitori, una volta consumata la bevanda, non andrebbero mai riutilizzati. Altro materiale spesso utilizzato in modo non corretto sono le cosiddette pellicole che si utilizzano per gli alimenti, sia per la conservazione che per la cottura. Non tutte quelle in commercio sono adatte ad avvolgere un alimento o ad essere impiegate ad alte temperature o nel forno a microonde: alcune possono contenere ftalati che in presenza di alimenti grassi, come i formaggi,

migrano direttamente nel cibo. I pericoli maggiori, come dimostrano i risultati dei controlli, arrivano prevalentemente dai prodotti low cost di importazione, quindi è preferibile puntare su pellicole a marchio CE, che garantiscono il rispetto della normativa comunitaria. In generale, è sempre preferibile verificare sulla scatola che il materiale sia adatto ad avvolgere alimenti oleosi o grassi. Stesse precauzioni devono essere adottate per contenitori di plastica come vassoi o vaschette. Un’altra tipologia di attrezzature presenti nelle nostre cucine periodicamente sotto accusa è rappresentata dalle pentole al teflon. In linea di massima il teflon non è nocivo, ma anche qui attenzione alle pentole importate da paesi con scarsi controlli, come ad esempio la Cina. Anche in questo caso, il consiglio è di acquistare solo pentole di marca e diffidare delle low cost, verificando sempre la provenienza del prodotto, utilizzando solo utensili di plastica o legno e spugnette non abrasive per non

graffiare i tegami, e adottare il lavaggio massimo a 50°C in lavastoviglie. Infine, l’alluminio. Utile e a basso costo, ha molti pregi, ma può cedere sostanze in grado di influire in modo negativo sul sistema nervoso quando utilizzato ad alte temperature o per la conservazione del cibo. Può essere utilizzato a qualsiasi temperatura, ma solo per brevi periodi (sotto le 24 ore). A temperatura ambiente può essere utilizzato per il caffè e lo zucchero (anche se per questi due alimenti è sempre preferibile un contenitore in metallo), i cereali, i legumi, la frutta secca e gli ortaggi che hanno un basso potere estrattivo, ovvero quelli che non assorbono i contaminanti. (Fonti: Ce.I.R.S.A. – Centro Interdipartimentale di Ricerca e Documentazione sulla Sicurezza Alimentare – www.ceirsa.org Ministero della Salute www.salute.gov.it Commissione europea ec.europa.eu/food/food/chemicalsafety/foodcontact/index_en.htm)

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LIBRI

Il primo libro illustrato a colori sul mondo ittico

Poissons, écrevisses et crabes Sul portale DESIGN PLAYGROUND, un contenitore web attraverso il quale si viaggia nella creatività attraverso i progetti più suggestivi della cultura contemporanea, abbiamo scoperto una pubblicazione del 1719, con una seconda edizione nel 1754 (la terza del 1782 non fu mai completata). Si tratta di Poissons, écrevisses et crabes che, a pieno titolo, si può considerare “la prima pubblicazione conosciuta a colori sul mondo ittico, nello specifico, una celebrazione della fauna marina proveniente dalle acque delle Indie Orientali”. L’autore e il suo mistero Si legge nel sito: “Questo meravi-

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glioso libro è la creazione di Louis Renard, un editore, un libraio e una spia per la Corona Britannica (impiegato a servizio della regina Anna, Giorgio I e Giorgio II) che lo completò senza mai spostarsi dall’Olanda. Il libro raccoglie principalmente specie tropicali delle Indie Orientali, tra cui 415 pesci e 41 crostacei; contiene 100 lastre composte da 460 incisioni in rame colorate a mano, che Renard ha copiato da altre fonti, inclusi i disegni di Balthasar Coyett, governatore olandese di Ambon, e il suo successore Adriaan Van der Stel. L’artista olandese Samuel Fallours è stato invece responsabile di molti dei disegni e ha anche assunto artisti

locali per fare copie del suo lavoro. Tutte le specie raffigurate sono state arricchite da abbellimenti artistici e circa il 9% delle immagini sono completamente inventate. Questi abbellimenti variavano da colori brillanti applicati in modo arbitrario a creazioni ex novo, tra cui il ritratto di una sirena. Fallours probabilmente includeva elementi immaginari nei suoi disegni per attrarre i collezionisti europei che acquistavano i suoi lavori. Renard nacque in Francia intorno al 1678 ma, per sfuggire alle persecuzioni religiose, emigrò in Olanda con la sua famiglia intorno al volgere del secolo e alla fine divenne cittadino

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di Amsterdam. Incoraggiato da suo suocero, Renard divenne commerciante ed editore di libri e, nel 1718 o nel 1719, produsse il primo volume della prima edizione della sua opera più famosa, appunto Poissons, écrevisses et crabes. Una vita già piuttosto movimentata che si infittisce di mistero se si pensa che nel libro l’editore è descritto come ‘Louis

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Renard, Agent de Sa Majesté Britannique’ e non a caso la pubblicazione è proprio dedicata a Giorgio I”. Edizione digitalizzata L’edizione del 1754 di Poissons, écrevisses et crabes è stata digitalizzata ed è visitabile gratuitamente, per BHL-Biodiversity Heritage Library dalla Ernst Mayr Library del Museo

di Zoologia Comparata, Università di Harvard. Nel 2010, Taschen ha pubblicato di SAMUEL FALLOURS, Tropical Fishes of the East Indies, che presenta le sue illustrazioni originali. Fonti: Design Playground www.designplayground.it BHL Biodiversity Heritage Library blog.biodiversitylibrary.org

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Dizionario dei termini della pesca Nella sua struttura il Dizionario dei termini della pesca è pensato quale strumento di lavoro per agevolare quanti operano nel settore e si trovano ad affrontare termini non sempre di immediata comprensione, in quanto non di uso comune o rifacentisi a terminologie dialettali. Gli autori, come metodologia di lavoro, hanno individuato dei termini quali “lemma primario” e vi hanno rimandato tutta una serie di altri che si trovavano in sinonimia o in quanto termini puramente locali. L’opera si connota quale primo arduo e complesso lavoro di catalogazione terminologica e, pertanto, potrebbe presentare inesattezze e/o carenze soprattutto in riferimento ai termini dialettali. Infatti, essendo la raccolta ricollegabile prioritariamente all’esperienza dell’alto Adriatico, sicuramente mancano termini più tipici della zona tirrenica, dell’Italia meridionale e delle zone insulari. Al fine di poter arricchire la raccolta, sarebbe auspicabile ricevere contributi da quanti, appassionati della cultura marinara, intendono voler contribuire all’arricchimento del Dizionario, garantendo così che termini ricchi di storia non vadano

Il Dizionario nasce dalla volontà di effettuare una prima raccolta organica dei molti termini italiani, di cui tanti dialettali, del mondo della pesca dispersi ma, anzi, vengano gelosamente custoditi quale patrimonio comune di quanti vivono direttamente o indirettamente il settore della pesca. Volendo comunque essere uno strumento di lavoro, gli autori hanno strutturato l’opera ponendo come centrale la lingua italiana, alla quale sono collegati rimandi nelle lingue inglese, francese e spagnolo. Il Dizionario si compone infatti di quattro sezioni, di cui quella in italiano è la principale. Nell’elenco in italiano i lemmi, in ordine alfabetico, possono essere preceduti o meno da un “numero di rimando”, presente solamente nei lemmi principali e per i quali vi sia una corrispondenza ad almeno una delle altre lingue. Diversamente, i lemmi sprovvisti di “numero di rimando” sono per lo più lemmi secondari o dialettali, che rimandano ad un “lemma principale”. Le lingue inglese, francese e spagnolo sono

articolate in due elenchi ciascuna: l’elenco alfabetico e l’elenco “numeri di rimando” corrispondenti a quelli presenti nell’elenco della lingua italiana e posti in ordine crescente. Nel caso dell’elenco “numeri di rimando”, tale articolazione consente al lettore che necessita di sapere il termine corrispondente in una delle altre lingue di ricercare il lemma in italiano e, col “numero rimando”, di trovare facilmente la traduzione. Diversamente, con l’elenco alfabetico, se il lettore si trova a leggere il testo in una delle tre lingue e desidera conoscere il corrispondente termine in italiano, ricercando il termine della lingua straniera in ordine alfabetico, attraverso il “numero di rimando”, riesce a risalire al termine in italiano avente stesso numero.

Il Dizionario nasce anche dalla volontà di catalogare l’enorme quantità di informazioni cartacee raccolte da Mario Ferretti nel corso della sua lunga esperienza professionale svolta nel settore della pesca e per questo, anche se risulta essere tra gli autori, la pubblicazione è a lui dedicata.

Cerioni S. – Ferretti M. – Gentiloni P. Dizionario dei termini della pesca MIPAAF, 2013, 98 pp. www.cirspe.it

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Nota Pdf on-line: goo.gl/e6udi5

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3, Impasse de la Vigie 35400 Saint Malo Tel.: +33 299 892 885 – Fax: +33 299 891 354 E-mail: togie@wanadoo.fr Web: www.togie.fr



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