Il Pesce 6-2023

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IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO

PERIODICO BIMESTRALE DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67

N. 6/2023




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AUGURI D’AUTORE

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Buone Feste dalla Redazione de IL PESCE

alle autrici e agli autori di quest’anno, a chi ci legge, a chi ci segue, a chi ci sostiene con l’abbonamento e con la pubblicità. A questi ultimi un GRAZIE di cuore perché, senza di voi, nulla di tutto ciò che facciamo sarebbe possibile. Elena Benedetti con Fioretta Fiorentin insieme a Gaia Borghi, Maria Cristina Brambilla, Federica Cornia, Luigi Credi, Marco Credi, Andrea Tomassone e Chiara R. Zaccaroni

GRAZIE alle penne del 2023 Lara Abrati • Linda Albonetti • Barbara Bacci • Giada Bargione • Giulio Barone • Josette Baverez Blanco • Elena Benedetti • Gian Omar Bison • Luciano Boffo • Gaia Borghi • Silvia Brandi • Francesco Chessa • Federica Cornia • Sebastiano Corona • Jack Coulton • Laura Cruciani • Jacopo Culurgioni • Simone D’Acunto • Alessandro De Maddalena • Maurizio Dell’Agnello • Riccardo Diciotti • Sara Fabbri • Giorgia Fieni • Elisa Fiordelmondo • Myriam Fiori • Rosanna Floris • Nicola Fois • Monica Forni • Thomas Galvan • Alejandro Guelfo • Guido Guidi • Riccardo Lagorio • Raoul Lazzarini • Alessandro Lucchetti • Nunzia Manicardi • Elisa Marchiori • Sonia Murgia • Chiara Papotti • Giuliana Parisi • Carlo Piga • Natale Pipitone • Massimiliano Rella • Alessandra Roncarati • Francesco Sanna • Gabriele Sanna • Valerio Sapucci • Marco Saroglia • Maurizio Scozzoli • Sara Segati • Sofia Sgubin • Enea Tentoni • Genciana Terova • Isabella Tucciarone • Alessandro Vendramini • Massimo Virgili • Chiara R. Zaccaroni •

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Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2019. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2019.

«Da’ un pesce a un uomo ed egli avrà un pasto; insegnagli ad allevarlo e avrà il nutrimento per tutta la vita»

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Fotografia Luigi Credi

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 0598671709 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.ilpesce-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 741 del 30/12/1983 – ISSN 0394-2929 Iscritta nel ROC – Registro degli Operatori di Comunicazione al n. 11256 del 14/6/2005 Tariffe abbonamenti Annuale (6 numeri): Italia € 40,00 – Estero € 50,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA

Abbonamenti Fioretta Fiorentin

Redazione Gaia Borghi Federica Cornia Marco Credi

Amministrazione Andrea Tomassone

Segreteria di redazione Gaia Borghi Grafica Federica Cornia Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Chiara R. Zaccaroni Luigi Credi

Consulenti scientifici Dr. Gaetano Arcarese – Prof. Giorgio Giorgetti – Dr.ssa Lucia Liddo – Dr. Francesco Paesanti – Prof. Remigio Rossi – Dr. Marco Saroglia – Dr. Aldo Tasselli Collaboratori scientifici Dr. Alessandro De Maddalena – Dr. Claudio Ghittino – Prof.ssa Giorgia Gioacchini – Dr. Gianluigi Negroni – Prof. Ike Olivotto – Dr.ssa Paola Pierelli – Prof. Guido Razzoli

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IL PESCE ANNUARIO del PESCE e della PESCA 2023/2024

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1984

N. 34

Annuario del Pesce e della Pesca La banca dati internazionale del mercato ittico sempre aggiornata, utile strumento dilavoroperglioperatoridelsettore acquacoltura, lavorazione, commercio e distribuzione. *** Edizione 2023/2024 Copia cartacea: € 60,00

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N. 6 Anno XL Dicembre 2023

IL PESCE

A pagina 80.

In questo numero:

Il pesce sotto l’albero

Arte murale – Regala un’esperienza! – Un regalo speciale – Informati è meglio!

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Immagini

Le ostriche rosa di Scardovari

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Ostriche di Tarragona

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Nicola Elardo, La Pescheria Dello Chef

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Non solo carne: le opzioni alternative arrivano nell’ittico

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Granchi blu, croce e delizia dell’estate 2023

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Innovittica

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Attualità

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Il pesce in rete

Social fish

Acquacoltura

Coltivare l’Acqua: API, una storia italiana nel tempo

36

AquaFarm 2024, tante novità

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Il Consorzio Miticoltori dell’Emilia-Romagna aderisce al Disciplinare SQNZ “Acquacoltura Sostenibile”

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Diventano sei le referenze di cozze certificate L’Acquaviva

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La trota di taglia grande nell’UE

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Ostricoltura

Elena Benedetti

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Massimiliano Rella

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Musclarium, ittiturismo speciale nella laguna del Delta dell’Ebro Riccardo Lagorio

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La Perla del Delta, storia di una idea innovativa di successo Un tesoro di ostriche nel Mediterraneo

Josette Baverez Blanco 68

Interviste

Goro Pesca fa fronte al Granchio blu

Chiara R. Zaccaroni

Aziende

Prodotti ittici irlandesi: qualità, gusto e attenzione alla sostenibilità

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Salmone Norvegese, l’eccellenza di un prodotto e della sua filiera

80

Medusa lancia il Fish & Chips

84

Il Granchio blu, un’invasione diventata opportunità con tecnologia e metodo Stagionello®

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Indagini

70

Smeralda, il mare nel piatto

Sebastiano Corona

90

La Pescheria dello Chef di Nicola Elardo, una nuova idea di pescheria a Padova

Gaia Borghi

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Quanto pesa la sostenibilità (ittica) nel carrello degli Italiani

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IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO

PERIODICO BIMESTRALE DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67

N. 6/2023

A pagina 86.

In copertina: tanti cari auguri dalla Redazione de Il Pesce.

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IL PESCE, 6/23


Il mio ERP. Così ho tutto sotto controllo. (੕FLHQ]D WUDVSDUHQ]D ÁHVVLELOLWj ² TXHVWR q FLz FKH FRQWD RUD /·,7 q OD FKLDYH SHU RWWHQHUOR &KH VL WUDWWL GL (53 0(6 ULQWUDFFLD ELOLWj R VRIWZDUH SHU OD SLDQLÀFD]LRQH LQWHOOLJHQWH LO &6% 6\VWHP q OD VROX]LRQH FRPSOHWD SHU OH D]LHQGH GHO VHWWRUH LWWLFR &RVu JLj RJJL SRWHWH RWWLPL]]DUH OD YRVWUD SURGX]LRQH H GRPDQL GLJLWDOL]]HUHWH O·LQWHUD D]LHQGD

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A pagina 158.

A pagina 34.

A pagina 70.

Conserve

Conserve ittiche: le ultime evidenze scientifiche

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Prodotti tipici

Alla scoperta della Sarda essiccata di Monte Isola

Riccardo Lagorio

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Bossolà, il pane biscotto dei pescatori chioggiotti

Nunzia Manicardi

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Il buuono secondo Lara

Comacchio, cultura marinara e lavorazione del pesce

Lara Abrati

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Il pesce in tavola

Non solo col vitello

Giorgia Fieni

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Sapore di mare

Ristorante AlMare Fano: il pesce secondo Antonio Scarantino

Riccardo Lagorio

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Turismo gastronomico

A spasso lungo la Livenza, al ritmo lento del fiume

Gaia Borghi

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Fiere

HostMilano 2023, hub globale

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CibusTec, grande edizione

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Cresce Marca by BolognaFiere come le vendite della MDD

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CibusTec 2023: nuovi trend, nuove tecnologie

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www.ilpesce-online.com 12

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Packaging

Il confezionamento dei molluschi bivalvi vivi: in retina, sottovuoto e in ATM

Tecnologie

Aumenta la richiesta di ERP e tecnologie digitali per il settore alimentare: soddisfazione in casa CSB-System di eventi per CSB-System

Tre libri

Luciano Boffo

Un delizioso ospite sgradito – The Package Design Book – Cucinare il mare

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A pagina 64.

A pagina 90.

A pagina 104.

www.ilpesce-online.com 14

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Ogni Natale un nuovo dono...

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IL PESCE SOTTO L’ALBERO

ARTE

murale

Si chiama fotomurale ed è un’immagine stampata su carta da parati, in grandi dimensioni, che va a caratterizzare una parete di casa, dell’ufficio, anche del magazzino, assicurando un effetto stupendo. Questa in particolare si chiama Tropical Fishes Underwater ed è acquistabile on-line su photowall.com. Prodotta da GI Collection, si può ricevere nella dimensione richiesta in pochi giorni. photowall.com

REGALA

UN’ESPERIENZA! Non sai cosa regalare? Puoi optare per un’esperienza, il modo migliore per lasciare un ricordo unico. Un’idea? Una giornata nella laguna di Venezia con un pescatore esperto che ti porterà fino a Burano. Alla scoperta della storia dei borghi, dell’ambiente, di fauna e flora e dei piatti tipici. vivovenetia.com/fishing-in-venice

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Un regalo

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IMMAGINI

Tutto inizia nel 2010 quando l’imprenditore francese Florent Tarbouriech, allevatore di ostriche nel sud della Francia e acquirente di cozze di Scardovari DOP, decide di lanciare una sfida agli allevatori di molluschi del Delta del Po. L’idea stuzzica Alessio Greguoldo, allora coltivatore di cozze, che si convince ad avventurarsi in questa nuova attività. Nel 2016 Tarbouriech e Greguoldo costituiscono la società La Perla del Delta e, nel 2017, cominciano a vendere ostriche rosa. Ci dice tutto su questa bellissima realtà Massimiliano Rella a pagina 60 (photo © Massimiliano Rella).

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Siamo fatti di persone!

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Struttura in legno, parte del pavimento in vetro che permette in maniera scenografica di apprezzare le lievi increspature dell’acqua e lo sguardo che si perde all’orizzonte da ogni parte ci si volga: Musclarium di Albert Grasa, nella Bahía de los Alfaques, Delta del fiume Ebro, è un ittiturismo su palafitta che, insieme ad un’altre strutture nella zona, una novantina circa, si presta perfettamente ad essere utilizzato come naturale allevamento di molluschi. Dove si può approfittare anche di uno spuntino a base di ostriche e cozze, depurate e appena tratte dall’acqua. L’articolo di Riccardo Lagorio a pagina 64.

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Non bisogna far violenza alla Natura ma persuaderla. Epicuro Filosofo greco | Samo, 341 a.C. - Atene, 271 a.C.

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Vendita di pesce e crostacei freschissimi, gastronomia per i propri pranzi e cene o da mangiare in loco, aperitivi con cichetti e crudité selezionate, offerta di attività di consulenza per ristoranti o come chef a domicilio in Italia e all’estero… Tutto questo e molto altro è la “Pescheria dello Chef” di Nicola Elardo, giovane imprenditore appassionato con una lunga e variegata esperienza nel settore dell’ittico. Il punto vendita si trova a Padova, in uno dei luoghi più affascinanti della città veneta, il mercato coperto Sotto il Salone, e da qualche mese si è allargato con un secondo spazio dedicato alla gastronomia. Ma la scelta per le attrezzature espositive non è cambiata, ricadendo sui banchi e la tecnologia Mondel. L’articolo di Gaia Borghi lo potete leggere a pagina 96.

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ATTUALITÀ

Non solo carne: le opzioni alternative arrivano nell’ittico La domanda globale di pesce e crostacei è in rapida crescita e le cosiddette proteine alternative sono ben posizionate per “aggredire” e scalare il mercato Uno studio condotto da McKinsey & Company (mckinsey.com), intitolato “The next wave: alternative seafood solutions” (La prossima ondata: soluzioni alternative per i prodotti ittici) e pubblicato lo scorso settembre, avverte che un aumento del 14% della domanda globale di pesce e prodotti ittici potrebbe portare, entro il 2030, ad una significativa adozione di “opzioni alternative”. L’impennata della domanda, infatti, arriva in un momento in cui l’85% delle attività di pesca globali sta già operando al

limite o oltre i limiti di sostenibilità e le restrizioni all’allevamento ittico aggravano ulteriormente la pressione sulle forniture tradizionali di pesce, molluschi e crostacei. L’analisi individua in cinque varietà ittiche “particolarmente popolari” e perciò “particolarmente vulnerabili” alla sostituzione con prodotti alternativi: gamberi, tilapia, tonno, salmonidi e aragosta. Il rapporto sottolinea, ad esempio, che il tonno, terzo nel mercato mondiale dei prodotti ittici a livello di doman-

da, proviene in larga misura dalla pesca (99%) a causa della difficoltà di allevamento e possiede un’impronta di carbonio a livello di vendita al dettaglio di circa 0,8-0,9 kg di CO2 per kg. Ciò rende il tonno un candidato privilegiato per la sua “sostituzione” con prodotti alternativi. Lo studio identifica tre alternative di produzione primaria: prodotti plant-based, ovvero alternative vegetariane e vegane che fanno uso di soia, alghe, lievito, legumi e vari oli e amidi vegetali; prodotti con

Bastoncini, “tonno”, ma anche fish and chips, polpette di “pesce” e di “gamberi”: tutti in versione vegetale. L’offerta di alternative al pesce vegetariane e vegane sta crescendo sui banchi dei supermercati anche nel nostro Paese, come accade già da qualche anno per ciò che concerne la carne e i prodotti a base di carne.

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una base di fermentazione vegetale (fermentation-enabled); prodotti “coltivati” (cultivated seafood). I prodotti ittici a base vegetale sono già entrati nel mercato sotto forma di alternative vegetariane e vegane che ripropongono il sapore di tonno, salmone, capesante, calamari, granchi e gamberi. Questi prodotti guidano il mercato delle proteine alternative perché utilizzano ingredienti ampiamente disponibili e richiedono meno investimenti in biotecnologie. Inoltre, sono soggetti a minori regolamentazioni e barriere normative per quanto riguardano il loro ingresso sul mercato (i problemi normativi al momento hanno riguardato soprattutto i nomi e l’etichettatura). I prodotti ittici “coltivati” — prodotti cioè a partire da cellule prelevate da pesci come salmone e tonno o da gamberi, granchi, cozze… — sono invece ancora in fase di sviluppo e richiedono alti livelli di regolamentazione e certificazione, poiché si basano su tecnologie nuove per il settore alimentare. Grazie all’elevato potenziale, hanno tuttavia suscitato un notevole interesse a livello di finanziamenti. «La nostra ricerca indica come i prodotti ittici alternativi potrebbero contribuire a ridurre la pressione sui fragili ecosistemi acquatici e a diminuire l’impatto ambientale della pesca, fornendo al contempo al consumatore un’alternativa sana e un accesso più ampio ad una fonte di proteine», commenta TOM BRENNAN di McKinsey. «Detto ciò, devono affrontare sfide significative per ridurre i costi di produzione a livelli paragonabili a quelli del pesce e per rispecchiare l’ampia varietà di gusto e consistenza dei prodotti ittici oggi disponibile sul mercato. Innovare per migliorare il gusto, la composizione nutrizionale e i costi è fondamentale per questo tipo di produzioni alternative. Una volta che questi prodotti si saranno affermati sul mercato, resta poi da vedere come reagiranno i consumatori e come i prodotti continueranno a svilupparsi di conseguenza» (fonte: EFA News – European Food Agency).

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Granchi blu, croce e delizia dell’estate 2023 Il 29 settembre scorso si è svolta anche ad Ancona la Notte Europea dei Ricercatori (SHARPER), alla quale l’Università Politecnica delle Marche ha attivamente partecipato. L’appuntamento prevede che gli enti di ricerca scendano in piazza esponendo tramite gazebo, laboratori all’aperto, mini conferenze e giochi per bimbi le attività di ricerca alla cittadinanza. Ovviamente quest’anno non poteva mancare un protagonista assoluto del 2023: il Granchio blu. A questo proposito, i professori Ike Olivotto e Giorgia Gioacchini, rispettivamente docenti di acquacoltura e di biologia della riproduzione, hanno organizzato un evento speci-

fico dedicato a questa specie aliena, intitolato “Granchio blu croce e delizia dell’estate 2023”. L’evento ha riunito, oltre ai docenti coinvolti, la dott.ssa Francesca Biondo, direttrice generale di FEDERPESCA, Federico Bigoni e, ovviamente, i protagonisti principali dell’invasione, cioè pescatori e allevatori che, in primis, hanno subito gli effetti della sua presenza nei nostri mari. L’organizzazione della giornata ha fatto sì che venisse unita una cena a base di Granchio blu con attività di divulgazione scientifica fatta dai docenti della Politecnica delle Marche per gli ospiti del ristorante e la numerosa gente che passeggiava.

Attraverso l’estrazione di domande relative alla biologia del granchio, l’esposizione in acquari di granchi vivi e prodotti lavorati di Granchio blu gentilmente offerti dall’azienda Specialisti del Vivo, la popolazione è stata informata sulla storia dell’arrivo della specie in Adriatico, sui suoi effetti devastanti, soprattutto sugli allevamenti di vongole, ma anche su curiosità relative alle sue abilità riproduttive, agli spostamenti che compie lungo la costa e, ovviamente, al suo impiego in cucina. L’evento ha quindi unito la ricerca con la cittadinanza ma anche con le associazioni di categoria, pescatori ed allevatori, promuovendo un con-

Giorgia Gioacchini, professoressa di Biologia della riproduzione, e Ike Olivotto, professore di acquacoltura dell’Università Politecnica delle Marche.

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fronto costruttivo per individuare soluzioni concrete da proporre per un contenimento della specie per l’anno 2024. Tra le varie soluzioni individuate, degne di nota sono sicuramente lo studio della biologia riproduttiva della specie in Adriatico, con particolare riferimento all’individuazione delle aree di nursery e agli spostamenti che le femmine compiono prima di rilasciare la prole, e lo sviluppo di specifici dissuasori da impiegarsi nelle zone più colpite. In merito a quest’ultimo aspetto, la Politecnica delle Marche ha appena siglato una convenzione di ricerca con un’importante azienda nazionale per lo sviluppo di una serie di prototipi di dissuasori da testare in una prima fase in cattività e, successivamente, in campo. Per ora i risultati sono molto promettenti ed entrambe le parti sperano di arrivare ad una nuova apparecchiatura da lanciare sul mercato la prossima primavera. Risposte concrete a coloro che per anni

hanno allevato molluschi sono infatti doverose secondo i prof. Olivotto e Gioacchini, che recentemente sono proprio stati a Goro per verificare di persona la situazione locale. Grazie all’aiuto profuso dagli allevatori locali, i docenti hanno potuto osservare come la presenza del Granchio blu abbia depauperato i fondali di Goro da ogni forma di vita e come siano proprio gli allevatori stessi a doversi ingegnare a trovare soluzioni per proteggere le loro preziose vongole dagli attacchi di questa specie aliena. A differenza di quanto spesso suggerito, il semplice consumo alimentare di questa specie non è sufficiente a contrastare l’invasione di un animale che produce milioni di uova ad atto riproduttivo ed è per questo che i due docenti si stanno impegnando, grazie ad una stretta collaborazione proprio con gli allevatori di Goro, ma anche con i pescatori marchigiani, a studiare questa specie e ad individuare soluzioni tecnologiche per il suo contenimento.

Se parte dei campioni è proprio fornita da allevatori e pescatori, diversi esemplari vivi di Granchio blu sono oggi mantenuti presso l’Infrastruttura Acquari della Politecnica delle Marche, infrastruttura d’eccellenza per il mantenimento in cattività di specie acquatiche. Le moderne vasche permettono infatti di variare parametri ambientali, alimentazione, densità di mantenimento, ecc…, al fine di condurre con rigore scientifico una serie di sperimentazioni atte a meglio comprendere come contenere questa specie. Pertanto, se da una parte il Granchio blu rappresenta una nuova risorsa alimentare, vi è una reale e forte necessità di contenere l’espansione di questa specie, individuando quindi i nodi salienti della sua biologia sui quali agire in tempi rapidi. Solo grazie a una forte sinergia tra mondo della ricerca, pescatori ed associazioni di categoria questo obiettivo potrà essere raggiunto.

Corfù Sea Farm Spigole e orate di grossa pezzatura e di qualità La qualità attraverso il miglioramento continuo è sempre stata la nostra massima priorità. Crediamo che i consumatori abbiano diritto ad un pesce gustoso, di alto valore nutrizionale, sicuro e sottoposto a severi controlli che ne garantiscano anche la sostenibilità verso l’ambiente. Siamo quindi impegnati ad implementare i migliori sistemi di Certificazione per la Sicurezza Alimentare e la Protezione del Consumatore.

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Innovittica Progetto collaborativo tra il Dipartimento della Pesca Mediterranea della Regione Sicilia e il Consorzio universitario della Provincia di Trapani INNOVITTICA è un progetto a titolarità del Dipartimento della Pesca Mediterranea della Regione Sicilia, finanziato dal Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e per la Pesca 2014-2020, misura 1.26, frutto di un partenariato tra l’Istituto di Biologia Marina del Consorzio Universitario della Provincia di Trapani (capofila), l’Università di Messina – Dipartimento di Scienze Veterinarie, il Distretto della pesca e Crescita Blu – Co.S.Va.P., il Centro di Competenza Distrettuale e Medicair Industries. Il progetto, avviato nel 2022, ha raggiunto gli

obiettivi previsti, portando un contributo alla crescita e all’aumento della competitività del settore della trasformazione dei prodotti della filiera ittica siciliana. Un lavoro intenso che ha consentito di ottenere numerosi risultati, con una équipe scientifica coordinata dal DOTT. ANDREA SANTULLI, la PROF. SSA CONCETTA M. MESSINA dell’Università di Palermo, le ricercatrici dell’Istituto di Biologia Marina del Consorzio Universitario, le DOTT.SSE ROSARIA ARENA SIMONA MANUGUERRA, ELEONORA CURCURACI e LAURA LA BARBERA.

In questi mesi, l’Istituto di Biologia Marina ha messo a punto metodologie innovative di conservazione e trasformazione dei prodotti ittici, come salati e affumicati a basso tenore di sodio e prodotti di quinta gamma (prodotti pronti per il consumo). Sono state definite, inoltre, metodologie per aumentare la shelf-life dei prodotti ittici. Queste attività sono state svolte in stretta collaborazione con aziende siciliane del settore, che hanno ospitato nella loro sede i ricercatori, mettendo a disposizione i propri tecnici. Tra queste ricordiamo la EU-

In Sicilia il problema Granchio blu è stato già affrontato nell’ambito del progetto BLEU-ADAPT, finanziato dal programma transfrontaliero ENI CT Italia-Tunisia 2014-2020, al quale ha partecipato anche il COSVAP, partner Innovittica.

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Le attività di ricerca condotte nel progetto Innovittica sono state svolte in stretta collaborazione con aziende siciliane del settore, che hanno ospitato nella loro sede i ricercatori, mettendo a disposizione i propri tecnici. ROITTICA LILYBETANA, a Marsala (TP), l’OP ORGANIZZAZIONE DEI PRODUTTORI DELLA PESCA di Trapani, la PAPEMAR SRL di Marsala e la BLU OCEAN SRL di Casteldaccia (PA). Questa virtuoso approccio alla ricerca ha consentito di mettere in atto percorsi di co-creazione e co-design di nuovi prodotti trasformati, ad alto valore aggiunto, basati su materie prime tradizionali come ad esempio il tonno rosso. Da questa esperienza di ricerca nel modo reale, fuori dalle sedi accademiche istituzionali, è nata l’idea, condivisa immediatamente dalle aziende, di costituire un Living Lab, diffuso sul territorio regionale, dedicato all’innovazione e alla sostenibilità ambientale nella produzione di alimenti da organismi acquatici in Sicilia (Living Lab SMART), con l’obiettivo di azzerare le distanze ed

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abbreviare i tempi di trasferimento, rendendo immediatamente disponibili i risultati ottenuti. Il Living Lab SMART nato dalle attività del progetto attraverso la partecipazione diretta ai percorsi di ricerca e sviluppo delle aziende, consentirà, da un lato, la capitalizzazione dei risultati ottenuti dalla ricerca, e, allo stesso momento, la presenza di un’infrastruttura di ricerca diffusa che nel futuro potrà essere implementata con nuovi nodi e nuove tecniche, garantendo la durabilità delle azioni di ricerca avviate dal progetto e di messa a valore delle risorse umane ed economiche messe a disposizione dall’Assessorato regionale dell’agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea della Regione Sicilia. Nella nuova programmazione dei fondi messi a


disposizione del PO FEAMPA, il Living Lab SMART, potrà svolgere un ruolo determinate per la crescita delle aziende del settore. A completamento del Living Lab, consci dell’importanza e della necessità di conoscere durante il processo di co-creazione di nuovi prodotti alimentari l’accettabilità da parte dei consumatori, va ricordato che, con le risorse del progetto, è stato realizzato un laboratorio per l’analisi sensoriale dei prodotti della filiera ittica siciliana, che verrà utilizzato per organizzare consumer test, preliminari all’immissione sul mercato dei nuovi prodotti. Dopo una scelta ponderata, è stato ubicato negli spazi messi a disposizione dalla cantina Terre di Giafar, a Paceco, Trapani, con una gestione futura condivisa tra l’Istituto di Biologia Marina, l’Associazione le Strade del Vino di Erice DOC e il Centro di Competenza Distrettuale. Inoltre, la scelta della cantina, un bene sequestrato alla mafia, conferisce all’intervento una valenza sociale di notevole spessore. In questo scenario appare chiaro l’obiettivo di mettere a disposizione questa struttura per tutti i prodotti della filiera dell’agroalimentare sici-

liano, privilegiando l’accoppiamento di vino e prodotti ittici trasformati, che rappresentano due dei principali pilastri di questo importante settore produttivo regionale. Consumer test Nel corso dell’edizione 2022 del Blue Sea Land sono stati testati affumicati di lampuga e di persico trota a basso tenore di sodio, paragonati con gli stessi prodotti salati con sale tradizionale. Un altro consumer test è stato realizzato nell’ambito del Maritime day, organizzato Trapani lo scorso mese di giugno al fine di verificare il livello di gradimento da parte dei consumatori di bottarghe di tonno rosso a basso tenore di sodio rispetto a bottarghe preparate con sale tradizionale. I consumer test per prodotti innovativi a base di tonno rosso (pancette, mortadelle, prosciutti, ecc…) sono stati tenuti nel laboratorio per l’analisi sensoriale dei prodotti della filiera ittica siciliana della cantina Terre di Giafar. L’analisi dei risultati ottenuti, attraverso la somministrazione di appositi questionari, ha consentito di affermare che i consumatori non percepiscono alcuna differenza tra i

Scatto nel corso di un consumer test effettuato nel Laboratorio per consumer test dei prodotti della filiera ittica siciliana realizzato dal Progetto Innovittica presso la cantina Terre di Giafar di Paceco.

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prodotti salati a basso contenuto di sodio e quelli tradizionali, proponendo questi prodotti come alimenti funzionali, utili per la salvaguardia della salute umana, conferendo loro un notevole valore aggiunto. Questi risultati, inoltre, ci dimostrano che i prodotti innovativi sono accettati con entusiasmo dai consumatori. Innovittica e Blu Ocean insieme per la creazione di innovazione di prodotto attraverso la valorizzazione e la capitalizzazione del Granchio blu Nell’ambito del progetto Innovittica, il gruppo di ricerca, in collaborazione con i tecnologi di Blu Ocean Srl di Casteldaccia, azienda leader nel settore dell’industria della trasformazione ittica, ha raccolto una sfida impegnativa che, oltre all’atteso risvolto economico per il settore industriale, potrà avere anche una significativa ricaduta sulla sostenibilità ambientale dell’uso delle risorse ittiche. La sfida riguarda l’utilizzazione nell’industria della trasformazione ittica siciliana del Granchio blu, Callinectes sapidus, specie invasiva che sta infestando i mari italiani, con danni notevoli alle risorse alieutiche. In Mediterraneo esistono già numerosi esempi di adattamento delle produzioni ittiche a questa nuova risorsa. Tra questi spicca l’esperienza della Tunisia che, nel 2021, ha esportato circa 7.600 t di Granchio blu, per un controvalore di 24 milioni di dollari, con un trend di crescita positivo, dimostrando come da una minaccia per l’ecosistema sia possibile generare economia ed opportunità di lavoro. In Sicilia il problema Granchio blu è stato già affrontato nell’ambito del progetto BLEU-ADAPT (bleu-adapt.eu), finanziato dal programma transfrontaliero ENI CT Italia-Tunisia 2014-2020, al quale ha partecipato anche il COSVAP, partner del progetto Innovittica. BLEU-ADAPT ha indicato la strada per l’uso sostenibile di questa risorsa, già intrapresa in maniera altamente produttiva dalla Tunisia.

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L’Istituto di Biologia Marina del Consorzio Universitario della Provincia di Trapani ha messo a punto metodologie innovative di conservazione e trasformazione dei prodotti ittici, come salati e affumicati a basso tenore di sodio e prodotti di quinta gamma (prodotti pronti per il consumo). Nell’ambito delle attività del Living Lab SMART, la professoressa Messina (Università di Palermo) ricorda che, grazie alla collaborazione tra progetto Innovittica e Blu Ocean, è stato avviato un percorso di co-creazione con la realizzazione di prodotti alimentari innovativi a base di Granchio blu, con una forte connotazione territoriale derivante dalla sapienza dei tecnici della Blu Ocean che hanno partecipato alla loro

preparazione. Tra i nuovi prodotti sono stati realizzati sughi freschi e pastorizzati, polpette e hamburger a base di polpa di granchio. ANTONIO LO COCO, di Blu Ocean, conferma l’impegno dell’azienda a supporto dello sviluppo della competitività e della sostenibilità dell’industria della trasformazione ittica siciliane e ricorda che la collaborazione con Innovittica non si esaurirà con la chiusura del progetto.

Il percorso di co-creazione di innovazione continuerà, con l’obiettivo di mettere a punto un processo di estrazione meccanica della polpa al fine di ottimizzare le rese, i tempi ed i costi di lavorazione per rendere i prodotti ottenuti più competitivi. Infine, nello spirito dei principi dell’economia circolare, gli scarti di lavorazione verranno utilizzati per l’estrazione delle molecole bioattive per applicazioni nel campo della nutraceutica e della cosmeceutica e, alla fine del ciclo, per la produzione di compost. Questa storia di successo, afferma il dott. ANDREA SANTULLI, responsabile scientifico del progetto Innovittica e direttore dell’Istituto di Biologia Marina del Consorzio Universitario di Trapani, nata da una minaccia trasformatasi in risorsa di valore, conferma che quando la ricerca nasce e si sviluppa nel mondo reale, con il sostegno della ricerca accademica, i suoi risultati possono essere immediatamente capitalizzati, generando reddito e posti di lavoro. Il passo successivo sarà il completamento della filiera, garantendo l’approvvigionamento del ciclo produttivo del Granchio blu con esemplari pescati in Sicilia, contribuendo alla riduzione della pressione sulla biodiversità degli ambienti costieri esercitata da questa specie invasiva.

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Mestieri del mare: prende il via il progetto europeo sulle professioni e sulle competenze nella Blue Economy finanziato col FEAMPA 2021/2027 La Commissione europea ha annunciato di recente l’approvazione e l’avvio dei progetti legati alle “carriere blu”, tra i quali, il progetto transnazionale BOUTCAR — acronimo del titolo Blue Jobs Through Blue Careers — che mira a sviluppare nuovi profili professionali e nuove competenze nella Blue Economy al fine di garantire l’occupabilità degli operatori della pesca e dell’acquacoltura ma anche per favorire l’avvicinamento delle giovani generazioni alle professioni del mare. Finanziato dal Fondo Europeo per le Attività Marittime, la Pesca e l’Acquacoltura, il progetto vede un’ampia rete di soggetti pubblici e privati che, nell’arco di 36 mesi, saranno impegnati nell’identificazione di profili professionali e competenze, nella sperimentazione di pacchetti didattici ma anche nello sviluppo di un network dell’istruzione e della formazione professionale nella Blue Economy. L’Italia capofila del partenariato, capitanata dall’ente Demetra Formazione, assieme a Legacoop Agroalimentare Nord Italia, Mare Società Cooperativa e l’Università di Bologna – Dipartimento Scienze Mediche Veterinarie, cui si aggiungono a supporto dell’iniziativa progettuale, l’Assessorato Agricoltura, caccia e pesca della Regione Emilia-Romagna, l’Associazione Mediterranea Acquacoltori, il Consorzio Mitilicoltori dell’Emilia-Romagna, la CGIL/FLAI, la SIRAM – Società Italiana ricerca applicata alla molluschicoltura — ma anche le due società proponenti gli impianti eolici off-shore lungo la costa emiliano-romagnola AGNES ed ENERGIA WIND 2000. Il settore della pesca sta attraversando una profonda crisi con una drastica riduzione della flotta peschereccia, in particolare di quella a strascico, causata da una serie di fattori, tra i quali l’impennata dei costi energetici o le conseguenze legate alle politiche di sostenibilità dell’UE e che si ripercuote inevitabilmente anche sull’occupazione. 25.000 sono gli occupati del comparto ittico (fonte: UE 2020) con una contrazione di oltre il 38% negli ultimi vent’anni. A questo si aggiunge anche l’invecchiamento dei lavoratori nel settore della pesca con oltre il 58% della forza lavoro che ha un’età compresa tra 40 e 64 anni e con il 7% dei pescatori con un’età superiore ai 65 anni. In Italia, e più precisamente in Adriatico, il focus di interesse è collegato al Piano di Gestione dello Spazio Marittimo (in ottemperanza alla Direttiva 2014/89/UE) che, oltre a definire le aree destinate all’acquacoltura, le aree di tutela biologica ma anche i siti di interesse comunitario prevede la realizzazione di impianti eolici off-shore lungo la costa emiliano-romagnola. Ed è in questo contesto che il partenariato italiano intende lavorare al fine di favorire il più ampio coinvolgimento e la partecipazione attiva dei pescatori e degli acquacoltori dell’Emilia-Romagna, attraverso l’identificazione delle nuove opportunità professionali legate alle attività di pesca e dell’acquacoltura nel contesto delle aree destinate all’eolico off-shore, favorendo la capacità di adattarsi ai cambiamenti in atto e ai nuovi lavori blu che potrebbero emergere sulla costa in base alle nuove forme di utilizzo del mare e del suo ecosistema. Oltre ai partner italiani partecipano al progetto l’Associazione europea delle organizzazioni Nazionali della pesca Europêche, l’Università di Patrasso, la Cooperativa spagnola degli armatori della pesca di Vigo (ARVI) il Centro di formazione professionale spagnolo Folgado ed il centro di formazione professionale greco E-SCHOOL (fonte: Legacoop Agroalimentare Nord Italia).

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UE: pescherecci obbligati a dispositivo di tracciamento Secondo il rinnovato sistema di controllo della pesca dell’Unione Europea, tutti i pescherecci saranno monitorati e tutte le catture saranno registrate per garantire la piena tracciabilità. Le nuove misure sul controllo delle attività di pesca sono state approvate in via definitiva lo scorso 17 ottobre a Bruxelles con 438 voti favorevoli, 146 contrari e 40 astensioni. Secondo le nuove regole, tutte le imbarcazioni dovranno avere a bordo un dispositivo di tracciamento che consenta alle autorità nazionali di localizzarle e identificarle a intervalli regolari. Alcune imbarcazioni di piccole dimensioni potranno essere esentate da questo obbligo fino al 2030, mentre le flotte pescherecce di piccole dimensioni avranno 4 anni per adeguarsi ai nuovi requisiti. La nuova normativa UE contribuirà a raccogliere dati più precisi anche per consentire una migliore gestione delle risorse marine. Tutti i pescherecci dell’UE, senza eccezioni, dovranno registrare e dichiarare le proprie catture in modo digitalizzato. Ciò varrà in particolare per i giornali di pesca, le dichiarazioni di trasbordo e le dichiarazioni di sbarco. I comandanti dei pescherecci di lunghezza inferiore a 12 metri potranno compilare e presentare una dichiarazione semplificata al termine della giornata di pesca, una volta giunti in porto e prima dello sbarco. Per la prima volta, anche le imbarcazioni che effettuano pesca a scopi ricreativi dovranno dichiarare le catture, attraverso sistemi elettronici predisposti dalle autorità nazionali o dalla Commissione. Il regolamento affronta anche le disparità legislative tra i Paesi dell’UE in materia di sanzioni e prevede che sia il valore dei prodotti della pesca catturati da un peschereccio a definire il livello minimo delle ammende che saranno applicate in caso di grave violazione delle norme. Il cosiddetto margine di tolleranza — la differenza tra la stima del pesce catturato e il suo peso al porto di sbarco — sarà fissato al 10% per specie, con alcune eccezioni per le catture di piccoli volumi e per alcune specie particolari. Per garantire il rispetto del cosiddetto obbligo di sbarco (che prevede che tutti pescatori sbarchino tutte le catture), i pescherecci UE di 18 metri o più, che possono rappresentare un rischio elevato di non conformità, dovranno avere a bordo sistemi di monitoraggio elettronico a distanza, compresa la televisione a circuito chiuso, al più tardi quattro anni dopo l’entrata in vigore della legislazione. Gli operatori dovranno conservare le informazioni relative a tutta la catena di approvvigionamento, compresa la prima vendita al dettaglio dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura. La completa tracciabilità digitale del pesce e dei suoi derivati dovrebbe contribuire a rafforzare la sicurezza alimentare, a garantire una concorrenza più equa e a combattere la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (fonte: EFA News – European Food Agency).

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IL PESCE IN RETE

Social di Elena

1. SeafoodSource Chi non ha ancora acquistato i biglietti aerei per Barcellona? In attesa di ritrovarci tutti al Seafood Expo Global and Processing (23-25 aprile 2024), possiamo seguire informazioni e novità sull’evento e ora anche podcast dedicati al comparto internazionale dell’ittico attraverso i vari canali social (instagram.com/seafoodsourcenews e facebook.com/seafoodsource) e web (seafoodexpo. com) della fiera.

2. MareAperto Mare Aperto Foods (mareaperto.it) è l’azienda genovese leader in innovazione e sostenibilità nel settore del pesce conservato, che ha costruito solide basi commerciali e produttive attraverso la casa madre spagnola Jealsa Corporación (jealsa.com). Sui social la qualità della comunicazione è massima. Da seguire su instagram. com/tonnomareaperto (photo © facebook.com/MareApertoItalia).

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fish Benedetti

4. Mare Nostrum Seafood 3. Seafood Umberto Iº Seafood Umberto I°, con sede a Vaiano Cremasco (CR), e attiva on-line al link seafoodumbertoprimo.shop, si occupa di commercio all’ingrosso e al dettaglio “di tutto ciò che riguarda il mondo ittico, dal congelato al fresco meticolosamente selezionato in base a quello che ogni giorno offre il mare”. È anche “Seafood At Home!” con consegna a domicilio e un bell’esempio di comunicazione efficace e ricca di contenuti su web e social. Noi li seguiamo su instagram.com/seafoodumbertoprimo (photo © facebook.com/seafoodumberto).

Ecco un buon suggerimento per provare una cucina di mare di ispirazione siciliana nel cuore della Capitale, in zona di Trastevere. Mare Nostrum Seafood (marenostrumseafood.it) è un ristorante è amico del mare ed è stato selezionato e premiato da Friend of the Sea come esercizio eco-sostenibile, Cosa significa? Che qui si servono prodotti ittici che rispettano l’ambiente marino, con filiera certificata dalla pesca alla distribuzione. Da seguire su instagram.com/marenostrumseafood (photo © instagram.com/marenostrumseafood).

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ACQUACOLTURA

L’acquacoltura diventa un documentario d’autore

Coltivare l’Acqua: API, una storia italiana nel tempo È stata presentata alla Barcolana 2023 di Trieste (29 settembre – 8 ottobre) la campagna promozionale API: “Coltivare l’Acqua: API, una storia italiana nel tempo”, docufilm firmato dal regista pluripremiato GIUSEPPE CARRIERI realizzato nell’ambito del Progetto PNT2023 in collaborazione con l’Università IULM. La trama invisibile eppure fortissima dell’acqua, sia che riguardi le immensità del mare o le vie di corsi dolci, fa emergere, attraverso il diretto susseguirsi della fatica quotidiana, lo sguardo di protagonisti del nostro presente che, all’interno di API, esprimono quell’emozione più forte, e a volte trascurata, che racconta la vita degli allevamenti e che risponde alla sua necessità più significativa e innegabile: la cura. Nelle parole del giovane PIETRO BETTINAZZI, esponente di questa nuova leva di piscicoltori, ad esempio, si ritrova il sentimento di dedizione ed evoluzione che l’acquacoltura porta con sé, rivelando quel legame quasi innato tra l’uomo e i pesci, in un corso magico del tempo che rende reciproco lo scorrere delle loro vite parallele. Così attraverso la voce di MAURIZIO GRISPAN e FULVIO CEPOLLARO, si ricorda quanto in un mondo dove tutto è destinato a cambiare e corrompersi, chi fa acquacoltura professa una sorta di funzione di salvaguardia e preservazione delle specie, andando ben oltre il ruolo di “allevatore”. In questo grande itinerario la salute e la sicurezza stessa degli impianti diventano chiavi decisive per intendere lo scopo di un lavoro che non ha ragione di esistere, se non è attraversato da una passione irripetibile, come ben si mostra anche attraverso la voce di ADRIANO COZZINI. 36

Lungo sentieri naturali nascosti e a volte inesplorati, attraverso la geografia sempre potente del nostro Paese, il docufilm “Coltivare l’Acqua: API, una storia italiana nel tempo”, diretto dal documentarista Giuseppe Carrieri, nell’ambito della collaborazione con l’Università IULM di Milano, oltre ad essere una testimonianza storica sull’acquacoltura, è una riflessione poetica sul senso di quello che non è solo un lavoro o una professione, ma una missione che si conserva e si sviluppa nel corso degli anni, trasmettendosi di generazione in generazione. Infine, c’è il segreto: il fondo delle profondità e dell’inesplorato, la magia di tutto quello che la superficie può mostrare solo fino a un certo punto. Il film ci conduce, pertanto, in un tragitto silenzioso sino alle acque del mare, dove ogni cosa, per quanto sommersa, mostra la sua forza più sorprendente: perché l’acquacoltura non è e non sarà mai un gesto scontato, o soltanto una “pratica”, ma è qualcosa che ti attraversa e ti segna dentro, come ancora ci raccontano LINDA LA PORTA e PIERGIORGIO STIPA. “Coltivare l’Acqua: API, una storia italiana nel tempo”, in que-

sta moltitudine di spazi e volti, tra mani instancabili e solchi trasparenti, diventa una sorta di affresco contemporaneo per non perdere di vista l’orizzonte segnato dall’acquacoltura, il suo scopo e, soprattutto, la sua fondamentale caratteristica di opportunità che si intreccia al Paese, alla salute e alla vita di ciascuno di tutte e tutti noi. Fonte: API, Associazione Piscicoltori Italiani acquacoltura.org Nota Link al docufilm su YouTube: youtu.be/yDL2MRYraWk IL PESCE, 6/23



AquaFarm 2024, tante novità Nuovo layout e logo, rinnovati temi con pari qualità di contenuti e occasioni di business. La manifestazione dedicata all’acquacoltura e all’industria della pesca sostenibile torna il 14 e 15 febbraio a Pordenone per la 7a edizione AquaFarm, la mostra-convegno internazionale dedicata all’acquacoltura e all’industria della pesca sostenibile, annuncia le date della settima edizione, 14 e 15 febbraio 2024, e lo fa attraverso la presentazione del nuovo logo che, oltre al disegno del pesce, vede la comparsa di un mitilo, a testimonianza dell’ampio mondo della molluschicoltura. Dopo la crisi pandemica, che ha avuto un impatto negativo sull’acquisto dei prodotti ittici, il settore agroalimentare deve affrontare altre problematiche. L’amplificazione degli eventi climatici, l’aumento

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delle temperature e i lunghi periodi di siccità modificano gli habitat in cui vivono le specie acquatiche con impatti importanti sugli allevamenti sia in mare, sia in acque salmastre e dolci. «Gli effetti del cambiamento climatico e la transizione ecologica sono le nuove sfide che il nostro settore deve affrontare» afferma Pierantonio Salvador, presidente dell’Associazione Piscicoltori Italiani. «Tutti gli operatori sono pronti, si tratta, come sempre, di fare sistema e AquaFarm è l’appuntamento immancabile per fare rete».

Il cambiamento climatico è anche una delle cause dell’aumento del granchio blu nei nostri mari che ha raggiungo in alcune aree un +2.000%. I danni alla produzione di molluschi sono stati ingenti: oltre il 50% nell’area del Veneto ed Emilia-Romagna. «AquaFarm rappresenta un’occasione per ribadire l’urgenza di anticipare gli effetti dei cambiamenti» afferma Luigino Pela, presidente Associazione Mediterranea Acquacoltori. «Partita in cui la ricerca gioca un ruolo cruciale». Durante questa edizione si parlerà quindi di clima, ricerca e inno-

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vazione, ma anche di certificazioni di sostenibilità, benessere animale, tecnologie e alimentazione animale e umana. Il ricco programma di conferenze si affianca all’ampia area espositiva internazionale, la più grande di sempre grazie all’utilizzo dei nuovi padiglioni 5 BIS/TER inaugurati a inizio settembre. È confermata anche l’area dedicata alle Università con la possibilità di esporre poster scientifici e l’arena showcooking, dove degustare le eccellenze produttive nazionali. «Un’appuntamento a cui teniamo moltissimo perché AquaFarm è una delle manifestazioni che rappresentano il futuro di Pordenone Fiere. Internazionalità, alta specializzazione e approccio scientifico» dichiara Renato Pujatti, presidente di Pordenone Fiere. «Grazie a queste caratteristiche siamo certi le aziende presenti in fiera avranno un’occasione di sviluppo dei loro business e ci saranno importanti ricadute economiche per il territorio».

AquaFarm è una mostra-convegno internazionale sull’acquacoltura e l’industria della pesca sostenibile organizzata da Pordenone Fiere in collaborazione con API – Associazione Piscicoltori Italiani, AMA – Associazione Mediterranea Acquacoltori e con Studio Comelli Conferences & Communication, che cura i contenuti delle conferenze e l’ufficio stampa. La manifestazione è nata nel 2017 e all’ultima edizione ha registrato una crescita del 62% rispetto al 2022 e del 25% se il valore viene confrontato all’ultima edizione pre-Covid, 130 espositori, il 35% dei quali provenienti dall’estero, e quasi 7.000 m2 di area espositiva. •

La partecipazione all’evento è gratuita previa registrazione on-line sul sito: www.aquafarmexpo.it

L’ALIMENTAZIONE PRE-INGRASSO PER PROFITTI SUPERIORI


Il Consorzio Miticoltori dell’Emilia-Romagna aderisce al Disciplinare SQNZ “Acquacoltura Sostenibile” È stata annunciata a Rimini l’adesione in forma collettiva delle imprese associate al Consorzio Mitilicoltori dell’Emilia-Romagna al Disciplinare Sistema di Qualità Nazionale Zootecnia “Acquacoltura Sostenibile”. Uno strumento per evidenziare l’importanza della sostenibilità della mitilicoltura emilianoromagnola, creando valore aggiunto alla produzione delle aziende che lo adottano. Diversi gli obiettivi che il Consorzio si è posto con il progetto di adesione al disciplinare “Acquacoltura Sostenibile”, riconosciuto dal MASAF nell’ambito del Sistema

di Qualità Nazionale. In primis, la ricerca di uno standard unico nazionale per l’acquacoltura sostenibile, ma anche la volontà di accrescere il posizionamento dei propri prodotti ittici. La certificazione poi rappresenta un passo importante a sostegno dell’aggregazione della filiera, una risposta alla crescente domanda di sostenibilità nazionale ed internazionale per un prodotto tracciabile e riconoscibile. «Nel mercato dell’ittico sono presenti tanti elementi confusivi agli occhi del consumatore, la difficoltà di riconoscere il prodotto importato

Omar Casali, Ristorante Maré di Cesenatico, in rappresentanza dell’associazione CheftoChef emiliaromagnacuochi, e Giuseppe Prioli, presidente del Consorzio Mitilicoltori dell’Emilia-Romagna.

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o fuori stagione è una di queste» ha dichiarato G IUSEPPE P RIOLI , presidente del Consorzio Mitilicoltori Emilia-Romagna. «Da sempre riteniamo che il primo passo sia identificare e qualificare l’offerta mentre il secondo è la costituzione di una Organizzazione di Produttori, per le sue potenzialità in termini di commercializzazione, comunicazione e di accesso ai finanziamenti. L’adesione ad una certificazione chiara e sicura è invece il coronamento di un percorso condiviso che vede proprio il Consorzio nel ruolo di capofila». Il presupposto su cui si basa l’idea imprenditoriale del Consorzio è uno: la certificazione “Acquacoltura Sostenibile” dovrebbe rappresentare la condizione per commercializzare i prodotti da acquacoltura, una premessa da cui partire per intavolare un rapporto di fiducia con il mercato basato sulla garanzia di qualità e sicurezza del prodotto. «Ad oggi la certificazione si ferma alla produzione. Per tutelare il consumatore e l’intero comparto, tuttavia, c’è la necessità di allungare la certificazione anche al trasporto e alla vendita», ha concluso Prioli. «Tutto ciò che riguarda i temi della sostenibilità e della tracciabilità è un valore prioritario in questo momento», ha confermato il responsabile per l’ittico di Coop Italia MARCO FIORI, che però ammonisce: «Bisogna fare attenzione affinché i costi legati all’adozione dello standard non impattino eccessivamente sul prezzo del prodotto finale. In questo senso, l’idea della certificazione di gruppo

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La piadina e il risotto preparati da Omar Casali. è interessante anche in un’ottica di economia di scala e, mi unisco a Prioli nel dire che, ancora una volta l’aggregazione tra produttori è determinante nel mantenere l’equilibrio tra i diversi attori della filiera e i consumatori». L’etichetta di Acquacoltura Sostenibile, quindi, dovrebbe essere il punto da cui partire per proporre il proprio prodotto, un’ulteriore garanzia di qualità in grado di differenziare l’ittico locale, poiché sul banco se ne percepirà l’assenza

fuori stagione, quando l’offerta sarà costituita solo da prodotto di importazione. L’evento si è concluso con la degustazione di tre piatti a cura di OMAR CASALI di CheftoChef emiliaromagnacuochi, l’associazione che promuove l’enogastronomia regionale e la sua affermazione a livello nazionale ed internazionale. Un menù nato dall’idea di tradurre in abbinamenti e sapori i temi della sostenibilità e della stagionalità. Un modo per affermare attraverso i

piatti che «la messa in campo di diverse competenze ha un unico intento finale, che sottende la necessità di aggregarsi per far crescere e migliorare l’intera filiera», ha dichiarato lo chef Casali. La giornata è stata organizzata dal Consorzio Mitilicoltori EmiliaRomagna in collaborazione con CheftoChef emiliaromagnacuochi, e realizzata con fondi MASAF del Programma nazionale triennale della pesca e dell’acquacoltura 20222024, annualità 2023.

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Diventano sei le referenze di cozze certificate L’Acquaviva Davide Capelli, amministratore unico de L’Acquaviva, presenta “LINEA CHEF”, la nuova linea di prodotti dell’azienda dedicata all’Ho.re.ca. Davide, L’Acquaviva è specializzata in allevamento, pesca e commercializzazione di molluschi bivalvi di alta qualità, in particolare di vongole veraci e cozze. Cozze che oggi proponete anche per l’Ho.re.ca. con una referenza certificata. «In questi anni ci siamo focalizzati sulla distribuzione di un prodotto certificato che fosse in linea con le esigenze dei consumatori, arrivando a selezionare 6 linee di cozze di elevatissima qualità disponibili 365 giorni all’anno. Tra queste, “LINEA CHEF” è nata per offrire all’Ho. RE.CA un prodotto dedicato, certificato e sempre disponibile». Quali sono le caratteristiche delle sei referenze? «“PRONTISSIMA” è una cozza pulita e pronta per la cottura, pensata per chi ha necessità di risparmiare tempo senza rinunciare alla creatività. “COZZE SUPER”, invece, è la referenza di cozze di pezzatura

maggiore, indicata per le cotture al forno o per le gratinature, tipiche delle zone marittime. “NEGRITA” è infine la cozza sempre disponibile e proveniente da allevamenti selezionati italiani ed esteri. Dai primi di ottobre a fine marzo circa, quando il prodotto italiano non è reperibile, importiamo le cozze dalla Spagna e le reimmergiamo nel Golfo di Olbia: le cozze sono quindi a marchio “SAPORE DI SARDEGNA”; quelle immerse nel Golfo di Trieste, nella Baia di Duino, sono a marchio “NEGRITA SAPORI D’ITALIA”, mentre la referenza “LINEA CHEF”, con affinamento prolungato, è pensata appositamente per la ristorazione. Con consegna entro le 24 ore dalla raccolta, tutti i giorni».

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PRONTISSIMA – La cozza già pulita ovvero • sbissata (viene asportato il cosiddetto bisso o barba), pronta per la cottura. L’ACQUAVIVA COZZE SUPER – La cozza selezionata manualmente per pezzatura e qualità del mollusco. SAPORE DI SARDEGNA – L’Acquaviva ha creato una partnership con alcuni produttori del Golfo di Olbia. Un’esperienza oramai decennale consolidata rispettando un rigido disciplinare di produzione che permette all’azienda di commercializzare un prodotto unico nel suo • genere con sapori, profumi e salinità tipici del mare di Sardegna.

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NEGRITA SAPORI D’ITALIA – Selezione che si approvvigiona, oltre che dai migliori allevamenti italiani, anche da allevamenti esteri. Quindi quando il prodotto nazionale (italiano) non è presente, il sostituto estero viene, prima di essere commercializzato, immerso per un minimo di quattro settimane in acque italiane, in modo che le sue caratteristiche organolettiche siano conformi alla percezione che il cliente de L’Acquaviva si aspetta. NEGRITA SAPORI D’ITALIA, LINEA CHEF – Selezione particolare per l’Ho.re.ca.

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La trota di taglia grande nell’UE La struttura del prezzo nella catena di approvvigionamento. Focus su Spagna e Italia. Caso studio EUMOFA 2023 Produzione mondiale La produzione mondiale di trota si è attestata a 981.239 tonnellate nel 2020, con un aumento del 21% rispetto al 2011 (811.750 tonnellate). La quasi totalità della produzione proviene dall’acquacoltura (99%) e la specie principale è la trota iridea (Oncorhynchus mykiss; fonte: FAO). La maggior parte della produzione mondiale di trote allevate avviene in acqua dolce (77%, 754.986 tonnellate nel 2020), mentre il 22% proviene dalla produzione marina (220.703 tonnellate nel 2020). La produzione in acqua dolce è aumentata significativamente nel corso degli ultimi dieci anni (+47%), mentre quella in acqua

marina è diminuita (–26%). La produzione di trote in acqua salmastra è stata registrata dal 2018, attestandosi a 5.500 tonnellate nel 2020 (1% della produzione mondiale). Andamento della produzione di trota per maggiori Paesi produttori A livello globale, il principale produttore di trote è l’Iran, che nel 2020 ha registrato il 20% della produzione mondiale, seguito da UE-27, Turchia, Norvegia e Cile. L’Iran, l’UE27 e la Turchia rappresentano più della metà (54%) della produzione mondiale nel 2020. La produzione della Repubblica Islamica dell’Iran è aumentata dell’85% nell’ultimo de-

cennio. Nel 2020 il Paese è diventato il più grande produttore di trote al mondo (197.370 t). L’UE-27 è stata il secondo produttore mondiale nel 2020 (187.936 t), con una produzione relativamente stabile nell’ultimo decennio (+8% rispetto al 2011). La Turchia è stata il terzo produttore di trote (146.594 tonnellate nel 2020), con un notevole aumento della produzione dal 2011 (+36%). Tra gli altri principali produttori, la produzione di trote è aumentata significativamente nell’ultimo decennio (2011-2020) in Norvegia (+64%), in Perù (+171%), nella Federazione Russa (+140%) e in Cina (+104%), con una produzione che nel 2020 in

La trota iridea può essere allevata sia in acqua dolce che in acqua salata.

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Tabella 1 – Andamento della produzione di trota allevata nei maggiori Paesi produttori (t)

Fonte: FAO. ciascun Paese oscilla tra le 37.000 e le 96.000 tonnellate. Tuttavia, la produzione norvegese è diminuita del 2% nel 2021 rispetto al 2020, secondo la Direzione norvegese della pesca. Anche per la produzione russa si prevede un calo nel 2022, a causa delle sanzioni imposte alla Federazione Russa e della conseguente carenza di mangimi, novellame e altre attrezzature. Il Cile è l’unico importante produttore in cui la produzione è diminuita tra il 2011 e il 2020: –61% a causa di problemi legati alle malattie, raggiungendo le 87.724 tonnellate nel 2020. Approvvigionamento e consumo apparente nella UE Produzione UE per maggiori Stati Membri produttori I dati E UROSTAT e FAO differiscono nella misurazione della produzione di trote dell’UE-27. Nel 2020, la produzione si è attestata a 185.116 tonnellate secondo Eurostat e a 191.569 tonnellate secondo la FAO. Per entrambe le fonti, la pesca rappresenta meno del 2% della produzione totale, con una stima di 3.633 tonnellate per la FAO e 276 tonnellate per Eurostat (nel presente rapporto vengono presi in considerazione solo i dati Eurostat).

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Mentre il volume della produzione di trote allevate è aumentato dell’8% tra il 2011 e il 2020, passando da 171.717 a 184.840 tonnellate, il suo valore è aumentato del 27% in termini nominali, passando da 507,59 a 644,65 milioni di euro (+11% in termini reali). La trota iridea è la specie più allevata nell’UE, con 183.506 tonnellate nel 2020 (oltre il 99% della produzione) e anche quella che ha generato il maggior reddito con 593,1 milioni di euro. I maggiori Stati Membri produttori sono Francia, Italia e Danimarca (rispettivamente con 37.201, 34.473 e 29.563 tonnellate), che coprono il 54% della produzione dell’UE. La produzione in volume della Francia, il più grande produttore dell’UE, è aumentata del 17% tra il 2011 e il 2020. La produzione di Italia e Danimarca è diminuita nell’ultimo decennio (–5% e –2%), mentre quella della Polonia è aumentata in modo significativo (+48%), raggiungendo le 20.061 tonnellate nel 2020 e superando la Spagna (–4%, 17.606 tonnellate) come quarto Stato membro produttore. La Federazione dei produttori europei di acquacoltura (FEAP) fornisce dati dettagliati sulla produzione derivante da allevamenti di: • trota porzionata e trota di taglia media (inferiore a 1,2 kg per pez-

zo), definita “trota porzionata”; • trota di taglia grande (superiore a 1,2 kg per pezzo)1. Il volume totale fornito dalla

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Figura 1 – Andamento della produzione mondiale di trote allevate (t)

EUMOFA, La trota di taglia grande nell’UE. La struttura del prezzo nella catena di approvvigionamento. Focus su Spagna e Italia, maggio 2023.

Fonte: FAO.

Figura 2 – Produzione di trota porzionata e trota di taglia grande allevate negli Stati Membri produttori nel 2020 (t)

2020), Finlandia (12.358 t), Polonia (12.000 t), Danimarca (9.188 t), Svezia (9.000 t), Spagna (7.500 t), l’Italia (2.100 t) e la Germania (1.627 t). In Finlandia, Svezia e Irlanda, il 100% della produzione di trote è costituito da trote di taglia grande. Quest’ultima rappresenta una quota significativa della produzione anche in Polonia (45%), Francia (45%), Spagna (39%) e Danimarca (27%). Importazioni, esportazioni e consumo apparente

Fonte: FEAP. FEAP per la produzione di trote allevate nell’UE è pari a 187.951 tonnellate nel 2020, leggermente supe riore al volume fornito da Eurostat/EUMOFA (184.840 t). Secondo i dati FEAP, la trota porzionata rappresenta il 62% del volume nell’UE-27, mentre la trota di taglia grande si attesta al 38%. Il divario tra le due categorie si è ridotto significativamente negli ultimi anni: nel 2014, le trote porzionate

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rappresentavano il 73% del totale e le trote di taglia grande il 27%. Il volume della produzione di trote porzionate è diminuito dell’11% tra il 2014 e il 2020 (da 130.382 a 115.923 t), mentre il volume della produzione di trote di taglia grande è aumentato del 47% (da 48.985 nel 2014 a 72.028 t nel 2020). Secondo i dati FEAP, i maggiori produttori UE di trota di taglia grande sono Francia (17.655 t nel

Importazioni extra-UE Nel 2022, le importazioni UE di trota da Paesi Terzi si sono attestate a 192 milioni di euro e 29.147 tonnellate, con la trota di taglia grande che ha rappresentato il 71% del valore totale importato: • la trota di taglia grande intera (fresca e congelata) è il principale prodotto importato; costituisce il 45% del valore delle importazioni (40% per la trota fresca e 5% per la trota congelata); • la trota affumicata, ottenuta principalmente dalla trota di taglia grande, rappresenta il 18% del valore con 32,8 milioni di €; • i filetti di trota di taglia grande costituiscono il 9% del valore delle importazioni (6% per i filetti

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Tabella 2 – Andamento della produzione di trota nei maggiori Stati Membri produttori (t di peso vivo)

Fonte: Eurostat. freschi con 10,8 milioni di euro, 3% per i filetti congelati con 6,4 milioni di euro); • i principali fornitori dell’UE-27 sono Norvegia (81,0 milioni di euro) e Turchia (76,9 milioni di euro); i due Paesi soddisfano complessivamente l’82% dell’approvvigionamento esterno dell’UE-27. Tra il 2021 e il 2022 le importazioni di trote dai Paesi Terzi sono aumentate del 32% in termini di valore e del 6% in termini di volume (incremento di 47 milioni di euro) per effetto della crescita della trota fresca intera di taglia grande (+62%

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in valore e +24% in volume nel 2022 rispetto al 2021). Il 2022 coincide con il livello di importazioni più alto nel periodo 2013-2022, in termini di valore nominale. Nel lungo periodo, le importazioni dai Paesi Terzi sono aumentate del 66% in valore nominale (+41% in termini reali) e del 10% in volume tra il 2013 e il 2022; il 2022 rappresenta il punto più alto in termini di valore, mentre in termini di volume, il picco è stato registrato nel 2016 con 35.366 tonnellate. Esportazioni extra-UE Nel 2022, le esportazioni di trote extra-UE verso i Paesi Terzi hanno

raggiunto 64,4 milioni di euro (7.001 tonnellate): • la trota affumicata è stata il primo prodotto esportato e ha rappresentato il 39% del valore con 25 milioni di euro; • la trota di taglia grande intera ha costituito il 30% del valore delle esportazioni (23% per la trota congelata con 14,8 milioni di euro e 7% per la trota fresca con 4,5 milioni di euro); • i filetti hanno rappresentato il 15% del valore esportato, soprattutto di trote porzionate. Tra il 2021 e il 2022 le esportazioni extra-UE sono diminuite dell’1% in

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Tabella 3 – Valore del commercio intra-UE di trota (esportazioni, 2022)

Fonte: Eurostat-COMEXT. valore, raggiungendo il punto più basso in termini di volume e valore dal 2016 (7.001 tonnellate e 64,4 milioni di euro nel 2022 rispetto a 16.899 tonnellate e 92,6 milioni di euro nel 2016, –30% in termini nominali e –39% in termini reali). Tale calo è legato principalmente alla trota intera, sia di taglia grande (–53% in volume tra il 2013 e il 2016) che porzionata (–88% tra il 2013 e il 2016). Le esportazioni di trota affumicata sono relativamente stabili in termini di volume dal 2016, comprese tra le 1.449 e le 1.578 tonnellate. Flussi commerciali intra-UE Nel 2022, le esportazioni intra-UE si sono attestate a 587 milioni di euro, con la trota di taglia grande che ha rappresentato il 61% del valore totale (356 mln euro). La quota maggiore dei flussi commerciali intra-UE (27% con 156 mln euro) riguarda la trota affumicata (principalmente di taglia grande), seguita al secondo posto dalla trota intera fresca di taglia grande, per un valore di 150 milioni di euro (26% del totale), e dalla trota viva (87 mln euro) in terza posizione. Gli altri prodotti ottenuti da trota di taglia grande (filetti freschi o congelati, intera congelata) rappresentano una quota limitata dei flussi commerciali intra-UE (dall’1% al 4% del valore totale). Secondo i dati EUROSTAT-COMEXT, i maggio-

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ri esportatori di trote all’interno dell’Unione Europea sono Polonia, Danimarca e Svezia, rispettivamente con 98 milioni di euro, 97 milioni di euro e 87 milioni di euro esportati sul mercato UE. Nel caso di Svezia e Danimarca, queste cifre riflettono principalmente il fatto che le esportazioni dalla Norvegia entrano nel territorio dell’UE attraverso questi due Stati Membri. Per quanto riguarda la trota di taglia grande, il principale esportatore intra-UE è la Svezia, seguita da Polonia e Danimarca, rispettivamente con 83 milioni di euro, 63 milioni di euro e 59 milioni di euro. Nel 2022, il principale importatore di trota da altri Stati Membri è stata la Germania, con importazioni pari a 207 milioni di euro, seguita dalla Francia (80 milioni di euro importati) e dalla Polonia (57 milioni di euro). I principali importatori intra-UE di trota di taglia grande sono la Germania, la Francia, la Finlandia e la Polonia, rispettivamente con 116 milioni di euro, 64 milioni di euro, 43 milioni di euro e 39 milioni di euro. Approvvigionamento e consumo apparente Nel 2020, il consumo apparente di trote a livello di UE-27 è stato stimato in 212.276 tonnellate di peso vivo. La produzione dell’UE ha rappresentato l’84% dell’approvvigiona-

mento totale, mentre le importazioni extra-UE hanno registrato il 16%. Il consumo apparente ha rappresentato il 95% dell’approvvigionamento totale. I principali mercati sono la Germania, la Francia, l’Italia e la Polonia (oltre 20.000 tonnellate di peso vivo di consumo apparente in ciascuno di essi). La maggior parte dell’approvvigionamento nazionale è provenuto dalla produzione interna in Italia (92% dell’approvvigionamento), in Francia (76%) e in Polonia (53%), mentre le esportazioni sono state nettamente prevalenti in Germania (88% dell’approvvigionamento). Nel 2020, il consumo apparente di trota di taglia grande è stato stimato in 92.230 tonnellate di peso vivo. L’approvvigionamento dell’UE (100.192 tonnellate di peso vivo) è dipeso per il 78% dalla produzione dell’UE e per il 22% dalle importazioni. Una piccola quota dell’approvvigionamento dell’UE è stata esportata in Paesi Terzi (7.961 tonnellate di peso vivo). I maggiori Stati Membri per consumo di trota di taglia grande sono Germania, Francia e Finlandia (82% del consumo UE). Il mercato spagnolo Produzione Nel 2020, il volume di produzione di trota in Spagna è stato pari a 17.606

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Figura 4 – Andamento della produzione di trota porzionata e trota di taglia grande allevate in Italia (t)

Fonte: FEAP.

Figura 5 – Bilancio di approvvigionamento di trota e trota di taglia grande in Italia (t di peso vivo) 2020

Fonte: elaborazione EUMOFA di dati Eurostat, FAO e FEAP. tonnellate (dati FAO); 15.806 tonnellate provenienti dall’acquacoltura (90%) e 1.800 tonnellate dalla pesca (10%). Tra il 2011 e il 2020 la produzione spagnola è diminuita del 4%, registrando sensibili variazioni annuali negli ultimi anni. La quota dei volumi di trota spagnola nella produzione dell’UE-27 ha subito un calo nel corso dell’ultimo decennio, passando dal 10,5% nel 2011 al 9,3% nel 2020.

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Nel 2020 la produzione polacca di trota ha superato per la prima volta quella spagnola, diventando il terzo Paese produttore di trote dell’UE. Le catture di trote selvatiche rimangono limitate in Spagna (1.800 t/anno secondo le stime della FAO) e provengono quasi esclusivamente dalla pesca nelle acque interne. Secondo gli operatori intervistati, le catture possono essere legate ad attività di pesca ricreativa. La

trota iridea rappresenta quasi il 100% della produzione di trote d’allevamento in Spagna. Viene allevata in vasche d’acqua dolce e in vasche rettangolari raceway; le aziende sono distribuite su tutto il territorio spagnolo. Nel 2021, le cinque principali regioni produttrici hanno rappresentato circa i due terzi della produzione: Castilla y León (25%), Galizia (11,4%), Catalogna (10,7%), Aragona (10,5%) e Andalusia (10,1%). Secondo Eurostat, il volume di trota allevata in Spagna ha raggiunto il picco nel 2016 con 17.215 tonnellate, e da allora la produzione ha registrato un calo. In termini di valore, la produzione ha seguito un trend in crescita, con un aumento dell’11% in termini reali nel periodo 2011-2020. Tale incremento del valore dal 2015, malgrado la diminuzione dei volumi di produzione dal 2017, potrebbe essere legato all’aumento della quota di trota di taglia grande nella produzione spagnola (che risulta più pregiata). Nel 2020, il volume totale fornito dalla FEAP per la produzione spagnola di trota allevata è pari a 19.400 tonnellate. Secondo i dati FEAP, la trota porzionata rappresenta il 61% del volume di produzione di trota allevata nell’UE-27, mentre la trota di taglia grande si attesta al 39%, in linea con le medie dell’UE. Il divario tra le due categorie si è ridotto più rapidamente rispetto a quello dell’UE: nel 2014, la trota porzionata rappresentava l’83% del totale e la trota di taglia grande il 17%. Questo fenomeno è stato determinato principalmente da un aumento della produzione di trota di taglia grande del 188% (da 2.600 a 7.500 tonnellate) tra il 2014 e il 2020 e, più recentemente, da una diminuzione della produzione di trota porzionata (–8% tra il 2014 e il 2020, e –13% tra il 2019 e il 2020), attestandosi a 11.900 tonnellate. Consumo apparente Secondo i dati Eurostat, FAO e FEAP, nel 2020 l’approvvigionamento spagnolo di trote è stato stimato in 21.727 tonnellate di peso vivo. L’82%

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(pari a 19.400 tonnellate di peso vivo) di tale approvvigionamento è provenuto dalla produzione nazionale e il 18% (4.121 tonnellate di peso vivo) dalle importazioni. La Spagna ha esportato 11.389 tonnellate di peso vivo di trota, registrando un consumo “apparente” di 12.132 tonnellate di peso vivo. Se si considera la trota di taglia grande, nel 2020 l’approvvigionamento nazionale è stato stimato in 7.601 tonnellate di peso vivo, di cui il 98,7% (7.500 t) proveniente dalla produzione nazionale e l’1,3% (101 t) dalle importazioni. Con le esportazioni che raggiungono il 68% (5.204 t) dell’approvvigionamento nazionale, nel 2020 il consumo “apparente” spagnolo è stato di 2.397 tonnellate di peso vivo, pari al 32% dell’approvvigionamento nazionale. Caratteristiche del mercato spagnolo e abitudini di consumo La Spagna dispone di un mercato di consumo estremamente ridotto per la trota di taglia grande. In realtà, la maggior parte delle 9.000 tonnellate di trota di taglia grande prodotte nel 2022 (stima fornita dagli operatori spagnoli) è stata esportata in Francia come materia prima per il settore dell’affumicatura. La Francia è uno dei maggiori mercati di consumo per la trota affumicata e uno dei maggiori produttori a livello mondiale, sebbene la sua produzione di trota sia limitata dalla difficoltà di ottenere nuove licenze o di espandere le aziende esistenti. Pertanto, l’industria dell’affumicatura transalpina si affida in misura crescente alla produzione spagnola per il suo approvvigionamento. Secondo le parti interessate intervistate, la produzione spagnola di trota di taglia grande si concentra principalmente in due aziende leader: Pirinea e Piszolla (società di proprietà francese dal 2018). Insieme, rappresentano più dell’80% della produzione nazionale e riforniscono soprattutto il mercato francese. Il resto della produzione viene venduto fresco in filetti prevalentemente attraverso la grande distribuzione e, in misura minore,

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Figura 5 – Confronto dell’analisi della struttura dei prezzi in Spagna e in Italia (€/kg)

Fonte: EUMOFA. affumicato dagli stessi produttori di trote o venduto ad altre aziende di affumicatura spagnole, oltre a soddisfare la domanda emergente del settore HO.RE.CA. Poiché la trota occupa uno spazio marginale nella gamma di prodotti delle aziende affumicatrici spagnole rispetto al salmone, esse tendono a rifornirsi di materia prima dalle aziende norvegesi che forniscono loro il salmone piuttosto che da quelle spagnole. In Spagna il consumo di trota affumicata è tuttora limitato rispetto al salmone affumicato (225 tonnellate consumate a livello nazionale nel 2021 rispetto alle 8.309 tonnellate di salmone, secondo i dati del Ministero spagnolo). Tuttavia, il mercato interno della trota di taglia grande è in crescita (seppur ancora precario) e questo settore si sta strutturando, con 2-3 grandi aziende di affumicatura che hanno stipulato contratti con i produttori per garantire forniture regolari (prezzi concordati su base trimestrale). Sul mercato dei prodotti freschi la domanda è meno stabile a seconda dell’andamento del prezzo del salmone, poiché la trota di taglia grande continua a essere un prodotto sostitutivo del salmone fresco per molti operatori, sebbene la percezione dei consumatori spagnoli nei confronti della trota stia migliorando. Per contro, la domanda di trota porzionata fresca tende a diminuire a causa dell’evoluzione dei gusti e delle abitudini di consumo (ad esempio, la trota porzionata ha molte lische, è più difficile da cucinare, ecc…).

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La tendenza generale a passare da una produzione incentrata sulla trota porzionata a una produzione di trota di taglia grande è quindi determinata dalla domanda: l’evoluzione dei modelli di consumo sul mercato interno e l’aumento della domanda da parte dell’industria dell’affumicatura francese. Tale tendenza è dovuta anche al significativo aumento dei prezzi del salmone, che fa lievitare i prezzi della trota e rende economicamente conveniente la produzione di trota di taglia grande (poiché i costi di produzione sono notevolmente superiori a quelli della trota porzionata). Di conseguenza, anche i piccoli produttori riducono la produzione di trota porzionata per allevare pesci più grandi: 400-600 g, 600 g – 1 kg (per i filetti) e trote più grandi per l’industria dell’affumicatura (3 kg e oltre). Il mercato italiano Produzione La produzione italiana di trota proviene esclusivamente dall’acquacoltura. Nel caso dell’Italia, i dati sull’acquacoltura della trota sono raccolti da EUMOFA solo da Eurostat. Nel corso degli ultimi dieci anni la produzione ha oscillato tra le 32.000 e le 39.000 tonnellate: nel 2020 si è attestata a 34.473 tonnellate. Il valore franco azienda è stato pari a 105 milioni di euro nel 2020, con un aumento significativo del valore normale dal 2011 (+13% in termini nominali); la crescita è stata del +7% in termini reali. Nel

2020, il volume di produzione fornito dalla FEAP è stato leggermente superiore a quello di Eurostat, con 34.800 tonnellate di trote prodotte in Italia. La trota porzionata ha rappresentato la maggior parte della produzione (93%, 32.700 t), mentre la trota di taglia grande ha raggiunto soltanto il 7% della produzione totale di trota (2.100 t). La produzione di trota di taglia grande ha oscillato tra le 1.000 e le 4.000 tonnellate dal 2014 (il livello più alto nel 2019). Secondo l’Associazione Piscicoltori Italiani (API), nel 2021 il volume di produzione di trota di taglia grande è stato pari a circa 3.000 tonnellate. Importazioni Nel 2022, le importazioni in Italia di trota e prodotti a base di trota hanno totalizzato 23,3 milioni di euro per 2.994 tonnellate. La trota di taglia grande ha rappresentato soltanto il 3% del valore e il 9% del volume (239 t e 4,6 mln euro). La maggior parte delle importazioni è costituita da trota porzionata (18,4 mln euro, quasi la metà dei quali costituiti da trota porzionata fresca intera). Esportazioni Nel 2022, le esportazioni hanno raggiunto 49,4 milioni di euro per 10.322 tonnellate. La trota viva è stato il principale prodotto esportato (5,2 mln euro, 41% del totale), seguita dalla trota di taglia grande (32% del valore) e dalla trota porzionata (27% del valore). Nella categoria della trota di taglia grande, i principali prodotti esportati sono stati i seguenti: • trota fresca intera (12,32 mln euro per 2.831 t), principalmente verso la Germania e la Polonia; • filetto fresco (2,98 mln euro per 323 t), principalmente verso Svizzera, Germania e Romania. Consumo apparente Sulla base dei dati Eurostat, FAO e FEAP, nel 2020 l’approvvigionamento nazionale italiano (produzione + importazioni) di trota ha raggiunto le 37.673 tonnellate di peso vivo, di cui l’8% (2.873 t di peso vivo) proveniente dalle importazioni e

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il 92% (34.800 t di peso vivo) dalla produzione nazionale. La quota di trota di taglia grande è risultata ridotta in tale approvvigionamento nazionale (2.553 t di peso vivo). Con 10.804 tonnellate di peso vivo (di cui 4.124 t di peso vivo di trota di taglia grande), le esportazioni sono state pari al 29% dell’approvvigionamento nazionale. Nel 2020, il consumo apparente italiano (offerta nazionale - esportazioni) è stato stimato in 26.869 tonnellate di peso vivo, che rappresenta il 71% dell’approvvigionamento nazionale. Per quanto riguarda la trota di taglia grande, il valore del consumo apparente è inferiore a zero (–1,570 tonnellate) se si considera il volume esportato in base alle statistiche Eurostat (4.124 tonnellate di peso vivo di trota di taglia grande). Tuttavia, secondo un’intervista con l’organizzazione professionale nazionale (API), vengono esportate circa 400 tonnellate di trota di taglia grande, un valore molto inferiore ai dati Eurostat. Stando alle stime di

API, il consumo apparente di trota di taglia grande sarebbe stato pari a 2.153 tonnellate. Questa discrepanza nei dati può essere dovuta a molteplici cause: • ciascuna statistica adotta una propria metodologia e le discordanze tra le diverse fonti sono comuni; nel caso in esame utilizziamo i dati Eurostat e FEAP; • alcuni operatori possono indicare parte delle esportazioni di “trota porzionata” come se si trattasse di “trota di taglia grande” (per pesci appena al di sotto del limite di peso della “trota di taglia grande”), il che comporterebbe una sovrastima delle esportazioni di “trota di taglia grande”; • la suddivisione tra trota di taglia grande e trota porzionata si basa sui dati FEAP relativi alla produzione e non è dettagliata per tutti i codici NC nei dati commerciali. Nel presente caso studio, è stata considerata la trota viva come “porzionata” e la trota affumicata “di taglia grande”;

• i coefficienti di conversione utilizzati per il calcolo del peso vivo di ciascun prodotto potrebbero non rappresentare la situazione esatta dei singoli flussi commerciali (ad esempio, a causa di uno specifico metodo di filettatura o secondo le dimensioni del pesce). Caratteristiche del mercato italiano e abitudini di consumo In Italia, la trota viene classificata in base al peso, secondo le categorie seguenti: • al di sotto di 0,5 kg/pesce: trota porzionata; • da 0,5 kg a 1-1,2 kg/pesce: trota di taglia media destinata alla filettatura; • oltre 1-1,2 kg/pesce: trota di taglia grande destinata all’affumicatura e alla filettatura. La maggior parte delle trote di taglia grande è costituita da trote rosa (circa il 90%), mentre il volume rimanente è rappresentato da trota bianca (circa il 10%). Si tratta della stessa specie, dal momento che l’uni-

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La trota, protagonista in cucina per una dieta sana ed equilibrata. ca differenza è data dal colore della carne (che cambia in base a ciò di cui si alimenta il pesce). Per API, la maggior parte della trota di taglia grande prodotta viene trasformata (circa il 50%) attraverso l’industria dell’affumicatura (circa due terzi) e la filettatura (circa un terzo). Una quota significativa (circa il 40% del volume) viene venduta fresca sul mercato HO.RE.CA. (tramite grossisti specializzati attivi nel settore HO.RE.CA.) e i restanti volumi (circa il 10%) sono destinati ad altri canali, in particolare esportati vivi per la pesca sportiva in Austria e Germania (uno dei principali mercati per la trota porzionata). La trota di taglia grande viene prodotta e consumata principalmente nelle regioni settentrionali dell’Italia, soprattutto nelle aree montane. Negli ultimi anni la produzione è cresciuta anche in altre zone, tra cui l’Umbria, le Marche e le montagne dell’Appennino. Il prodotto viene consumato prevalentemente in occasione delle festività, quali Natale e Capodanno. Prezzi al dettaglio Sulla base del monitoraggio dei prezzi al dettaglio on-line di EUMOFA, il prezzo della trota affumicata nella Grande Distribuzione italiana (negozi on-line) ha oscillato tra 26,24 €/kg e 43,12 €/kg dal 2021 all’inizio del 2023, con l’eccezione di una settima-

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na nel 2021 in cui si è registrato un picco di 54,60 €/kg. Ciò è indicativo dell’elevata diversità dei prezzi al dettaglio di questo prodotto. A marzo 2022 si è riscontrato un aumento del prezzo sia minimo che massimo (circa 2 €/kg). In base ad interviste con produttori di trota affumicata e ad un’indagine sui loro siti web (tra ottobre 2022 e febbraio 2023), il prezzo è compreso tra 45,70 €/kg e 75,00 €/kg per la trota affumicata in vendita diretta da parte di affumicatori italiani (prodotti di qualità superiore inclusi). Il prezzo unitario varia da € 7,00 a € 22,50, per pezzi da 100 a 350 grammi. Secondo API, la maggior parte della trota affumicata viene venduta al dettaglio tra 15,00 €/kg e 40,00 €/kg. Queste elevate differenze di prezzo sono legate alla segmentazione del mercato, in cui la trota affumicata comprende sia prodotti di fascia media che di qualità superiore. Confronto della trasmissione dei prezzi in Spagna e in Italia La Figura 5 fornisce un confronto dell’analisi della struttura dei prezzi per la trota fresca e affumicata in Spagna e per la trota affumicata in Italia. Il prezzo finale oscilla tra i 17,00 €/kg per la trota fresca in Spagna, e i 40,20 €/kg per la trota affumicata in Italia. In Spagna la trota affumicata viene venduta al

dettaglio a 28,90 €/kg. Si registra un prezzo sensibilmente più alto in Italia rispetto alla Spagna. È opportuno sottolineare che la trota di taglia grande costituisce una produzione di piccola scala in Italia, con un posizionamento premium e prezzi riferiti fino a 40,00 €/kg nella fase di vendita al dettaglio e addirittura superiori nei canali specializzati (come HO.RE.CA. e vendite dirette dal trasformatore). In base ad un’intervista con API, il prezzo di ingresso per la trota affumicata in Italia è pari a circa 15,00 €/kg. La materia prima rappresenta dal 10% del prezzo finale (per i prodotti con un prezzo al dettaglio elevato) fino al 32% (trota fresca). Fonte: EUMOFA European Market Observatory for Fisheries and Aquaculture Product www.eumofa.eu Nota 1. Nei diversi Stati Membri per trota porzionata si intende generalmente quella inferiore ai 500 g (o anche inferiore ai 450 g). La trota compresa tra i 500 g e 1,2 kg si definisce “trota di taglia media” e viene specificatamente utilizzata per la filettatura. La trota di taglia grande, superiore a 1,2 kg, è generalmente destinata all’industria dell’affumicatura e della filettatura. Secondo la definizione

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UNI EN IS O 22005:2008


Caratteristiche biologiche della Trota iridea (Oncorhynchus mykiss) Ciclo vitale La trota iridea può vivere in molti habitat diversi: può sia avere un ciclo di vita anadromo (ossia vivere nell’oceano ma riprodursi in fiumi e torrenti), sia vivere permanentemente nei laghi. La specie anadroma è nota per la sua rapida crescita, raggiungendo i 7-10 kg in 3 anni, mentre quella d’acqua dolce può raggiungere solo i 4,5 kg nello stesso periodo di tempo. I maschi maturano generalmente a 2 anni e le femmine a 3. La deposizione delle uova avviene da novembre a maggio nell’emisfero settentrionale e da agosto a novembre nell’emisfero meridionale. In mare, gli esemplari maturi intraprendono brevi migrazioni per deporre le uova, mentre le specie anadrome possono migrare per lunghe distanze e raggiungere i corsi d’acqua. Temperatura La trota iridea può resistere a sbalzi di temperatura significativi (0-27 °C), ma la deposizione delle uova e la crescita del pesce avviene in un intervallo di temperatura più ristretto (9-14 °C). La temperatura ottimale dell’acqua per l’allevamento della trota iridea è inferiore a 21 °C. Temperatura e disponibilità di cibo influenzano la fase di accrescimento, facendo variare l’età della maturità. Dieta In natura, le trote adulte si nutrono di insetti acquatici e terrestri, molluschi, crostacei, uova di pesce, sanguinerole e altri piccoli pesci. Il cibo più importante è il gambero d’acqua dolce (noto anche come “gambero di fiume”), che contiene i pigmenti carotenoidi responsabili del colore rosa arancio della carne. Gli esemplari giovani si nutrono di zoobenthos e zooplancton. Distribuzione La trota iridea è originaria dei fiumi e dei laghi d’acqua fredda lungo le coste del Pacifico dell’America settentrionale e dell’Asia. Poiché tollera una vasta gamma di condizioni ambientali e produttive (meglio di altre specie di trota), è stata introdotta praticamente ovunque le condizioni siano favorevoli al suo allevamento. Cattura Le catture di trota iridea rappresentano una quota trascurabile nelle catture globali. Nel 2020, esse hanno anche rappresentano lo 0,3% della produzione globale di trota, dal momento che tale specie è principalmente allevata. In Europa vengono catturate solo modeste quantità (520 tonnellate nel 2020) e la Finlandia è il principale produttore. Produzione acquicola La trota iridea può essere allevata sia in acqua dolce che in acqua salata. La produzione europea di trota iridea d’allevamento riguarda storicamente soprattutto pesci di taglia specifica (meno di 500 g), allevati in acqua dolce (principalmente in vasche e vasche rettangolari “raceway” e più recentemente in sistemi di

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acquacoltura a ricircolo, soprattutto in Danimarca). La trota di taglia più grande è prodotta in aree marine, ed è allevata in gabbia. Malattie in allevamento Le principali malattie riscontrate in acquacoltura sono legate ai seguenti agenti patogeni: protozoi (Ichthyophthirius multifilis, Myxosoma cerebralis, Hexamita truttae, Costia necatrix), batteri (Aeromonas salmonicida, Aeromonas liquefaciens, Vibrio anguillarum, Corynebacterium sp., Myxobacterium sp.), virus (NPI, NEI, SEV), trematodi (Gyrodactylus sp., Diplostomum spathaceum). Ciclo di produzione della trota iridea in acquacoltura Le fasi di produzione principali sono le seguenti (Figura A): • Fornitura del seme — La trota non si riproduce naturalmente nei sistemi di coltura, perciò le uova vengono deposte artificialmente da pesci di alta qualità che hanno superato la fase della maturità (di solito si usano femmine di 3 o 4 anni). La riproduzione della trota iridea è ben nota e le tecniche utilizzate sono ben sviluppate. • Produzione in incubatrice — Le uova vengono poste e lasciate in incubatrice (vasche per la schiusa, incubatrici a flusso verticale o vasi per la schiusa) fino al raggiungimento dello stadio embrionale. Il tempo necessario per la schiusa varia a seconda della temperatura dell’acqua, per esempio 100 giorni a 3.9 °C e 21 giorni a 14.4 °C. • Allevamento degli avannotti – Gli avannotti sono tradizionalmente allevati in vasche di vetroresina o di cemento, preferibilmente di forma circolare, per mantenere una corrente regolare e una distribuzione uniforme degli stessi, ma si usano anche vasche quadrate. A partire da quando circa il 50% ha raggiunto lo stadio in cui sa nuotare, gli avannotti vengono alimentati tramite alimentatori automatici e con mangimi preparati appositamente per loro. Quando la maggior parte dei pesci si alimenta attivamente, il 10% del loro peso dovrebbe essere introdotto ogni giorno per 2-3 settimane, preferibilmente su una base continua utilizzando alimentatori a nastro orario. Il mangime in pellet è composto da farina di pesce (80%), da olio di pesce e cereali. • Crescita – Quando gli avannotti raggiungono 8-10 cm di lunghezza (circa 250 pesci/kg), vengono spostati in strutture per l’allevamento all’aperto. Tali strutture possono essere: vasche rettangolari in cemento, stagni a flusso continuo o gabbie. I pesci vengono allevati fino alla taglia commerciabile (30-40 cm), di solito entro i 9 mesi, seppur alcuni pesci raggiungano anche taglie più grandi oltre i 20 mesi. Durante il ciclo produttivo (nel primo anno), lo stock viene generalmente controllato quattro volte (a 2-5 g, 10-20 g, 50-60 g e >100 g), poi la densità viene ridotta, così da assicurare una crescita veloce, migliorare la gestione dell’alimentazione e creare un prodotto uniforme. I pesci trasferiti nelle gabbie in mare crescono più rapidamente, raggiungendo dimensioni di mercato maggiori. Gli avannotti di circa 70 g possono raggiungere un peso di 3 kg in meno di 18 mesi.

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Figura A – Ciclo di produzione della trota iridea in acquacoltura.

FEAP, la “trota porzionata” è la trota inferiore a 1,2 kg. Quindi, si intende sia la “trota porzionata” sia la “trota di taglia media”. Lo stesso vale per i dati sui flussi commerciali. Ci sono codici per la trota inferiore a 1-1,2 kg (che aggregano la “trota porzionata” e la “trota di taglia media”) e codici per la trota superiore a 1-1,2 kg (trota di taglia grande). Nel rapporto, quando vengono usati i dati FEAP e i dati sui flussi commerciali della “trota porzionata”, si fa riferimento sia alla “trota porzionata” sia alla “trota di taglia media”. I diversi codici coprono anche specie diverse; tuttavia, la trota iridea rappresenta dal 97% al 98% della produzione sia europea che mondiale (il che significa che le altre specie sono trascurabili).

Riepilogo •

Nel 2020, la produzione mondiale di trota si è attestata a 981.239 tonnellate (fonte FAO); la tendenza risulta in aumento (+21% in volume tra il 2011 e il 2020). Il 99% della produzione di trote proviene dall’acquacoltura e consiste principalmente nella trota iridea (Oncorhynchus mykiss), che rappresenta il 98% del totale. Secondo la FAO, l’UE-27 è il secondo produttore mondiale di trota (187.936 tonnellate nel 2020, pari al 19% della produzione mondiale) subito dopo la Repubblica Islamica dell’Iran (197.370 tonnellate, pari al 20% della produzione mondiale). Tra gli altri principali produttori, la produzione è in aumento anche in Turchia e Norvegia, mentre è in calo in Cile. A livello di UE, i principali produttori nel 2020 sono stati Francia, Italia e Danimarca, rispettivamente con 37.201, 34.473 e 29.479 tonnellate. Più di un terzo della produzione dell’UE è costituito da trote di taglia grande (38% nel 2020 secondo la FEAP, mentre meno di due terzi sono costituiti da trote porzionate e trote di taglia media (62%). La quota relativa alla trota di taglia grande tende ad aumentare, considerando che nel 2014 rappresentava il 27% della produzione totale. I principali produttori di trota di taglia grande sono Francia, Danimarca e Polonia, con una produzione superiore a 10.000 tonnellate ciascuno (2020). Per quanto riguarda gli scambi commerciali intra-UE, nel 2022 la trota di taglia grande ha rappresentato il 61% del valore, mentre la trota affumicata e la trota fresca intera hanno fatto registrare rispettivamente il 27% e il 26% del totale. I principali fornitori intra-UE di trota di taglia grande sono la Svezia (86 milioni di euro), la Polonia (63 milioni di euro) e la Danimarca (59 milioni di euro). Le principali destinazioni intra-UE sono la Germania (116 milioni di euro), la Francia (64 milioni di euro), la Finlandia (43 milioni di euro) e la Polonia (39 milioni di euro). Nel 2020, il consumo apparente di trota a livello UE-27 è stato di 223.372 tonnellate di peso vivo. L’84% dell’approvvigionamento totale è stato rappresentato da trote prodotte all’interno dell’UE, e il 16% da trote importate (principalmente dalla Norvegia e dalla Turchia). Una piccola quota dell’offerta comunitaria è stata esportata (5%). Per quanto riguarda la trota di taglia grande, nel 2020 il consumo apparente dell’UE-27 è stato pari a 100.192 tonnellate. Tale approvvigionamento ha fatto riferimento per il 78% alla produzione dell’UE e per il 22% alle importazioni. Le esportazioni hanno rappresentato l’8% dell’approvvigionamento di trota di taglia grande. Focus su Spagna e Italia: * in Spagna, il volume della produzione di trota di taglia grande è in crescita (7.500 tonnellate nel 2020 rispetto alle 2.600 tonnellate del 2014), con una tendenza al passaggio dalla trota porzionata alla trota di taglia grande. Gran parte della produzione spagnola di trota di taglia grande viene esportata in Francia per l’industria dell’affumicatura. I restanti volumi vengono venduti freschi nel settore HO.RE.CA. e all’industria dell’affumicatura nazionale; * in Italia, la produzione e il consumo di trota di taglia grande sono limitati, sebbene la produzione sia in crescita (circa 3.000 tonnellate nel 2021). Le trote di taglia grande sono destinate principalmente all’affumicatura o alla filettatura da parte degli operatori nazionali, ma anche commercializzate nel settore HO.RE.CA. L’industria dell’affumicatura è condotta su piccola scala.

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OSTRICOLTURA

La Perla del Delta, storia di una idea innovativa di successo Testi e foto di Massimiliano Rella

Il caso di La Perla del Delta è la storia di un’idea innovativa che prende forma fra prove e sperimentazioni fino ad affermarsi come azienda di successo e a segnare la strada per una nuova opportunità commerciale nella Sacca di Scardovari. È l’azienda che ha sviluppato la nicchia — per ora — dell’Ostrica rosa di Scardovari. Tutto comincia nel 2010 quando l’imprenditore francese FLORENT TARBOURIECH, allevatore di ostriche nel sud della Francia e acquirente di cozze di Scardovari DOP («le più buone al mondo»), decide di lanciare una sfida agli allevatori di molluschi del Delta del Po. L’idea stuzzica ALESSIO GREGUOLDO, 46 anni, allora coltivatore di cozze, che si convince ad avventurarsi in questa nuova

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attività, sperimentata per ben 6 anni prima di andare sul mercato. Così, nel 2016, Tarbouriech e Greguoldo costituiscono la società La Perla del Delta e, nel 2017, cominciano a vendere ostriche rosa. Da allora ne hanno fatta di strada o, sarebbe meglio dire, ne è passata di acqua sotto i ponti: oggi gestiscono 6 impianti d’allevamento tecnologicamente avanzati e producono 35 tonnellate di Ostriche Rosa di Scardovari (dato 2022), vendute in gran parte in Italia nel canale HO.RE. CA. e una quota minore in Francia, a Dubai, a Malta e in Grecia. L’altro aspetto interessante di questa giovane impresa franco-italiana è che utilizza un sistema ideato da Tarbouriech — e brevettato a livello

internazionale — capace di ricreare l’effetto marea sollevando dall’acqua le corde su cui sono attaccate le ostriche attraverso un argano che le avvolge una volta al giorno, per qualche ora, a intervalli variabili a seconda del meteo, comunque gestito tramite app in remoto. Il sistema si chiama “marea solare”, l’argano a sua volta è messo in movimento da energia solare ed eolica, comandato a distanza. Sull’impianto di allevamento sono montati un pannello fotovoltaico e una piccola pala eolica. La Perla del Delta è l’unica a utilizzare questo sistema in Italia. «In tal modo le ostriche si purificano, sono meno attaccate dai batteri, il muscolo si rinforza e la durata del ciclo di vita del prodotto

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In alto: i panieri di affinamento dell’ostrica rosa di Scardovari, allevamento La Perla del Delta. A destra: Alessio Greguoldo, socio dell’azienda La Perla del Delta – Tarbouriech.

è maggiore, arriva a 2-3 settimane se ben conservato», assicura Alessio Greguoldo. Le fasi d’allevamento dell’ostrica rosa di Scardovari prevedono la semina con piccoli “semi” francesi di Cassostrea gigas, il nome scientifico dell’ostrica concava. L’ingrasso del seme avviene in acqua nella Sacca di Scardovari per un periodo fino a 2-6 mesi all’interno di ceste “pearlnet”; poi le piccole ostriche sono incollate a coppie su tavole ondulate, lungo una corda posta al centro, con cemento marino versato con una pochette da pasticcere; il giorno dopo sono calate in laguna e qui rimangono da 8 a 12 mesi, sollevate regolarmente per qualche ora ogni giorno per ricreare l’effetto marea.

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In alto: le corde di allevamento delle ostriche rosa di Scardovari. In basso: a sinistra, semini di ostriche rosa di Scardovari. A destra: ceste per la semina di ostriche rosa di Scardovari.

Di alta qualità e di ottima consistenza, queste ostriche sono dette “rosa” perché la conchiglia può presentare riflessi rosa brillante esternamente e internamente

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Una volta pronte le corde sono portate in laboratorio, le ostriche vengono staccate e, con un martelletto, ripulite da impurità e incrostazioni di parassiti, che si formano sul guscio della conchiglia. Terminata la pulizia, l’operazione conclusiva

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Pulizia delle ostriche rosa: con un martelletto vengono tolte le incrostazioni di parassiti dalle ostriche e messe in ceste, divise per pezzatura, per l’affinamento in acqua. consiste nell’affinamento in ceste, divise per calibro, quindi di nuovo nell’acqua di laguna. Le ostriche sono pronte dopo 18 mesi dalla semina in 6 calibri da 0 a 5. La 0, la più grande, ha oltre 200 grammi di peso tra polpa e con-

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chiglia. Di alta qualità e di ottima consistenza si mangiano crude, in tempura, grigliate o gratinate. Sono dette rosa perché esternamente e internamente la conchiglia può presentare riflessi rosa brillante. Massimiliano Rella

Tarbouriech Italia Marea Solare Srl Via Piave 28 20013 Magenta (MI) E-mail: info@mareasolare.com Web: www.tarbouriechitalia.it

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Musclarium, ittiturismo speciale nella laguna del Delta dell’Ebro di Riccardo Lagorio

«Salga! Vent’anni fa le avrei detto che il 70% di quello che vedrà sarebbe stato esportato verso la Francia, ma ora la nostra produzione di ostriche è richiesta dalla Penisola iberica. Pertanto, guardiamo con attenzione ai mercati catalani, che assorbono l’80% della produzione, e a quelli di Madrid, Saragozza e Valencia». È Albert Grasa a porgere la mano per salire sul taxi d’acqua che dal porto commerciale di La Rápita porta ad una delle palafitte nella laguna dell’estremo sud di Tarragona. Ci si arriva in meno di 10 minuti. L’insediamento al largo risale al 1942; intorno si allevano ostriche e cozze, ma è di quel luogo incantato nel bel mezzo di un mare pacifico che vale la pena raccontare.

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Struttura in legno, parte del pavimento in vetro che permette in maniera scenografica di apprezzare le lievi increspature dell’acqua e lo sguardo che si perde all’orizzonte da ogni parte ci si volga. Qui, nella Bahía de los Alfaques, si è al riparo dagli attacchi che il mare potrebbe portare grazie alla barriera di sedimenti della zona detta Trabucador. Nel Delta del fiume Ebro la sabbia abbraccia il mare; così questa palafitta e le altre novanta circa si prestano bene ad essere utilizzate come naturale allevamento di molluschi. Su Musclarium, però, si può approfittare anche di uno spuntino a base di ostriche e cozze, depurate e appena tratte dall’acqua. «Le condizioni climatiche di questo spicchio

di Mediterraneo — spiega Grasa una volta raggiunto il locale galleggiante — con temperature gradevoli quasi tutto l’anno, insieme all’apporto di fitoplancton che ci perviene dai canali di irrigazione del bacino dell’Ebro, rendono questa baia un ambiente ideale soprattutto per l’allevamento di ostriche». A riprova di queste parole c’è il fatto che le sue ostriche raggiungono la dimensione ideale per il consumo intorno ai due anni mentre ne servono circa tre nella vicina Francia. Le ostriche, quando misurano solo pochi millimetri di dimensione, vengono fissate ad una corda con del cemento non dannoso per la salute umana. «Sono fissate tre a tre perché crescano in maniera uniforme e sen-

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za troppa competizione tra di loro. Ma soprattutto perché sviluppino la conchiglia in forma rotondeggiante». Al termine della crescita, trascorso un periodo variabile tra i 18 e i 24 mesi, si procede con il manicure, ovvero la pulizia manuale dalle incrostazioni esterne. Questo avviene una ad una… «Dovranno trascorrere ancora un mese nel mare per purificarsi e perché si riparino eventuali danni subiti dalla conchiglia durante la lavorazione. In quanto si allevano in una baia, trascorreranno alcune ore in acqua di depurazione». Un lavoro lungo e meticoloso che spiega il costo del mitilo al pubblico. La produzione annua si aggira intorno ai 700.000 kg. Dopo avere assistito al processo di allevamento, è difficile andarsene senza provare le ostriche di Musclarium, aperto tutto l’anno nei fine settimana e tutti i giorni nel periodo che va da giugno a ottobre. L’emozione più grande si ottiene dall’Ostrica cruda arricchita da una sottile spolverata di liquirizia: si amalgamano alla perfezione le decise note iodate dell’ostrica e l’amaricante erbaceo della radice. Per apprezzare le ostriche infatti bisogna consumarle crude, appena aperte. C’è poi chi le vuole irrorate da limone o aceto, retaggio di quando si temeva che potessero portare malanni più che per il gusto acidulo sommato a quello dell’ostrica. Questo gioiello della baia viene talvolta anche cotto al vapore, dove perde inesorabilmente la punta finale amaricante. In ogni caso il privilegio sta nel consumarle proprio dove vengono allevate. Questo modo di interpretare il turismo ha portato notorietà a Musclarium e benefici all’intero comparto del Delta dell’Ebro. Si contano pochi casi in Italia di questo tipo di ittiturismo, ma la risorsa potrebbe rivelarsi un’ottima idea anche per l’acquacoltura di casa nostra. Riccardo Lagorio

Musclarium di Albert Grasa è un ittiturismo su palafitta con possibilità di degustazione in loco dei mitili allevati, ostriche soprattutto e cozze. Si raggiunge con il taxi d’acqua dal porto commerciale di La Ràpita.

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Musclarium Puerto Deportivo de Sant Carles de La Rápita – CP 43540, Tarragona Telefono: +34 638 283986 Web: musclarium.com

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Un tesoro di ostriche nel Mediterraneo di Josette Baverez Blanco

Il profumo di fritto misto che mi ha raggiunto mentre parcheggiavo la macchina mi ha portata a varcare la soglia di una nuova pescheria di Modena che propone anche un piccolo servizio di degustazione in loco. Una volta entrata, però, mi sono lasciata tentare dalle ostriche esposte in bella vista e ne ho consumate sei. Provengono di solito dall’Atlantico ma queste erano state allevate nello stagno di Thau che sfida, coi suoi 750 acquacoltori (allevatori di ostriche e cozze), che ne occupano gli spazi con le loro “tavole” dal 1925, il bacino di

È l’ostricoltura la principale attività economica di chi vive nei pressi dello stagno di Thau, la più grande distesa di acqua dell’Occitania, una tradizione regionale che risale all’epoca romana. Tra Bouzigues, Mèze e Marseillan, gli allevamenti si estendono a perdita d’occhio, come piccoli giardini ben curati che affiorano dall’acqua Arcachon, Bretagna e Normandia. Lo stagno di Thau è separato dal Mediterraneo da una striscia di terra

sabbiosa, il litorale di Séte, di fronte al Golfo del Leone. Si estende per circa 7.500 ettari ed è alimentato da

Separato dal Mar Mediterraneo da una sottile linea di sabbia, lo stagno di Thau è situato tra la città di Séte e di Agde. L’ostricoltura è una delle fonti di reddito più importante di questo bacino di acqua salata. Da studi effettuati da Ifremer sappiamo che dal 1975 la temperatura dello stagno è aumentata di ben 2°, con un conseguente aumento importante della salinità delle acque. Proprio il sale conferisce al prodotto un gusto più intenso, iodato.

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due chiuse con un ricambio di 10 volte all’anno. In laguna gli ostricoltori coprono tra il 9 e il 10% circa della produzione totale nazionale. Produzione che è limitata in quantità, 14.000 tonnellate all’anno, contro le 100.000 del Nord, ma la qualità è veramente eccezionale. Le ostriche sono appese e incollate con del cemento su corde (toron) tese dai pali di una palafitta (table) per una profondità fino a 6 metri. In questo mare senza maree questo singolare sistema di allevamento verticale, in cui l’immersione è permanente, consente di ottenere le migliori performance di crescita della nazione. Ostriche e cozze allevate in questo bacino possono essere consumate dopo un breve passaggio nelle vasche di depurazione grazie alla qualità molto alta delle acque. La Crassostrea gigas del Mediterraneo lotta a distanza con l’ostrica Creuse bretone, per sod-

disfare un mercato che copre il Sud e il Sud-Est della Francia. Queste ostriche si mangiano crude, con un filo di limone, ma c’è chi le preferisce gratinate. Anche il modo di aprirle varia da Nord a Sud: a Séte, primo porto di pescatori del Mediterraneo francese, il coltello si infila lateralmente mentre al Nord entra in punta. L’ostrica Bouzigues, nome registrato dal villaggio che ha visto installarsi i primi ostricoltori della regione, quella che mi ha risvegliato le papille gustative e la memoria, potrebbe essere accostata al marchio Pays d’Agde assieme alla strada dei pescatori e dei viticoltori. È la zona del Frontignan, nel cuore del Languedoc, liquorosa cuvée di Muscat che si abbina benissimo al foie gras d’oca di un territorio vicino e ai prodotti del mare in loco. Durante l’estate, tutti i paesini che si affacciano sullo stagno si riempiono di turisti che cercano di

trasformare una normale vacanza in un soggiorno all’insegna del gusto. Chi ha voglia di camminare sino a Mont Saint Clair sarà sorpreso da un incredibile panorama e, nello scendere, dovrà fermarsi alla base per visitare il cimitero a strapiombo sul mare dove riposa PAUL VALÉRY nato là nel 1871. GEORGES BRASSENS, famoso cantautore, poeta e attore francese, è sepolto nel “cimitero dei poveri”, quello del Py, non lontano dalla spiaggia. Deceduto nel 1981 all’età di sessant’anni, ha segnato molto la cultura francese e ispirato noti cantautori italiani. Non mancate di visitare, lì vicino, lo spazio Brassens, che gli rende omaggio. Proprio a Bouzigues, al Bistrot du Port, si potrà infine gustare il miglior Plateau de coquillages di Thau, con ostriche, vongole, lumache e i rari limoni di mare (Microcosmus sulcatus). Josette Baverez Blanco

Costruzione attrezzature in lega di alluminio per itticoltura e lavorazioni meccaniche in genere Griglie di sbarramento • Colonne di sostegno griglie • Introvoli con bocchere per pesca • Griglie selezionatrici • Paratoie con e senza comando a vite • Sistema Fl.Up.Sy per vongole • Selezionatori in bagno d’acqua per vongole • ecc…

Stabilimento Moceniga

LA NUOVA B.L. S.r.l. — Via G. Galilei, 7F – 35020 SAN PIETRO VIMINARIO (PD) Tel. 0429 760147 – E-mail: lanuovabl.srl@gmail.com


INTERVISTE

Intervista ad Angelo Ballerini, socio e responsabile commerciale dell’azienda

Goro Pesca fa fronte al Granchio blu di Chiara R. Zaccaroni

Goro Pesca nasce nel 1979 come azienda familiare, diventando in trent’anni una delle realtà più importanti nel commercio di vongole veraci e cozze e il punto di riferimento per GDO e HO.RE.CA. Una parabola ben riuscita grazie alla capacità dei soci — tra cui ANGELO BALLERINI, responsabile commerciale, che sto per incontrare — di adattare il prodotto commercializzato alle crescenti dimensioni aziendali e alle esigenze del mercato. Una dote essenziale nel momento critico che non solo Goro Pesca ma l’intera Sacca di Goro (con i suoi 1.700 pescatori) stanno affrontando a causa dell’incontenibile proliferazione e voracità del Granchio blu negli allevamenti lagunari del Centro Nord Italia. L’adattabilità distingue da sempre Goro Pesca, una caratteristica che vi ha portati, dall’iniziale vendita di novellame, orate, branzini, cefali e anguille, alla trasformazione in CDM negli anno ‘90 e, quindi, al confezionamento di lupini, cozze, veraci e tutti i molluschi in genere. Come vi state muovendo oggi per far fronte alla devastazione prodotta dal Granchio blu in Sacca? «Attualmente abbiamo molto lavoro e Goro Pesca non è ancora in difficoltà ma dobbiamo muoverci velocemente per trovare le soluzioni che ci permetteranno di mantenere gli stessi volumi nei primi sei mesi del 2024. Trasformare un’azienda strutturata come la nostra è molto difficile ma avendo le persone, le celle e i macchinari per gestire questa criticità ci siamo mossi subito e in fretta a luglio, quando sono arrivate le autorizzazioni alla pesca del granchio blu per la sua successiva commercializzazione. Tutto questo

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Angelo Ballerini durante la visita allo stabilimento di Goro Pesca. non sarà mai comparabile ai volumi realizzati dalla vendita di vongole veraci e cozze, ma ci ha comunque consentito di impiegare il personale e pagare una parte delle spese. Contemporaneamente, abbiamo iniziato ad individuare alcuni produttori esteri di molluschi per testarne l’importazione».

A quali mercati vi state riferendo? «Ci stiamo concentrando sui Paesi UE e Extra-UE perché, differenziando i prodotti ed unendo ad un prodotto estero di qualità proveniente da più Paesi il nostro locale, pensiamo di riuscire a trovare la cosiddetta quadratura del cerchio per mantenere i contratti in essere. Il

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Di fronte al mare la felicità è un’idea semplice

GORO PESCA Srl Via del Commercio 3, 44020 Goro (FE) Telefono 0533 996478 www.goropesca.it / info@goropesca.it


A sinistra: vongole veraci e cozze commercializzate da Goro Pesca sono allevate nella Sacca di Goro e, una volta depurate e preparate per la distribuzione, raggiungono tutta Italia ed Europa. A destra: la depurazione di veraci e delle cozze viene controllata interamente attraverso un software che gestisce l’intera vita dei lotti, per garantirne la salubrità fino al consumatore finale. tutto in attesa che i vivaisti riescano a seminare e a produrre, magari con metodiche diverse, con un certo tipo di continuità». Al Seafood Expo di Barcellona mi è capitato di assaggiare delle vongole veraci allevate in Marocco, molto buone e di dimensioni notevoli. Il mercato del Nord Africa può essere un bacino da cui attingere? «Per le norme vigenti Turchia e Tunisia non possono commercializzare prodotti vivi ma solo congelati, quindi per Goro Pesca non è una strada percorribile. Per quanto riguarda il Marocco invece, ci sono degli allevamenti di vongole veraci molto interessanti che, grazie alla distribuzione francese, vengono commercializzate vive ma a costi molto alti — parliamo di un costo per noi di 25 €/kg — il che significa

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indirizzarle soltanto ad una nicchia di mercato, come può essere quella dei ristoranti stellati. Possibilità da escludere, essendo il nostro target la GDO e la ristorazione di fascia media». Quando pensi si otterranno i primi risultati dalla pesca massiva del granchio? «È una previsione difficile da fare a quattro mesi dall’inizio della campagna ma, stando all’esperienza di altri Paesi del Mediterraneo — prima di noi Spagna, Francia, Tunisia, Turchia e Grecia sono state devastate dall’invasione del Granchio blu — i primi veri risultati li dovremmo vedere la prossima primavera, mentre una soluzione abbastanza concreta al problema dovrebbe arrivare in un paio di anni circa: il che significa che sarà un processo che andrà via via

migliorando. Pochi giorni fa ho avuto modo di parlare della situazione nel Parco Naturale del Delta dell’Ebro, in Spagna — dove con il Granchio blu si è creata la stessa situazione che oggi stiamo vivendo in Italia —, con DIONIS CALVET BERTOMEU: situazione che è stata contenuta, con un riscontro effettivo sulla diminuzione della specie, con la raccolta intensiva della specie a fronte di uno specifico piano di contenimento. In questo modo si è passati dalle 500 tonnellate di Granchio blu pescate all’anno tra il 2019 e il 2020, alle odierne 300 tonnellate annue, che hanno consentito un nuovo equilibrio nell’ecosistema». Vedendo cosa stava accadendo negli altri Paesi del Mediterraneo perché non si è intervenuti con tempestività? «È probabile che in Italia qualche biologo abbia fatto presente qual era

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A sinistra: i pescatori della Sacca di Goro conferiscono una parte dei Granchi blu pescati a Goro Pesca per la commercializzazione. A destra: i granchi blu vengono preparati per GDO e Ho.re.ca., aperti e puliti per semplificare e agevolarne la lavorazione una volta la banco. il pericolo a cui stavamo andando incontro, ma è difficile farsi ascoltare quando il problema ancora non è tangibile e un prodotto rappresenta per alcune attività una risorsa: la pesca del Granchio blu veniva effettuata da pochissime aziende e in prevalenza da pochi pescatori che, conferendo il prodotto al mercato di Goro, avevano generato una buonissima economia. Un altro vantaggio apportato dal Granchio blu sull’ecosistema era l’aver eliminato il granchio verde da moleca, finora il principale predatore del seme delle veraci. E anche in termini di peso, il guadagno era molto più alto: di moleche se ne pescavano 20 kg, mentre di Granchio blu 2 quintali. E così, il Granchio blu è stato una risorsa fino ai primi di maggio di quest’anno, quando sono arrivati i primi segnali di preoccupazione da parte di alcuni vivaisti, proba-

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bilmente posizionati in zone dove il granchio era presente in maniera più massiccia, ma di lì a poco tutti si sono resi conto della gravità del problema, riscontrando grosse perdite in tutte le zone della Sacca. Ad ogni modo, io penso che in Italia arriveremo al risultato ottenuto negli altri Paesi europei e nel Delta dell’Ebro con modalità molto simili alla nostra e cioè che, grazie alla continua pesca intensiva del granchio, si stia ristabilendo un equilibrio dove il prodotto sta rinascendo spontaneamente e il granchio ha iniziato a convivere con le altre specie ittiche senza prevaricarle». Come prevedi saranno i prossimi mesi? «Nel nostro settore è difficile fare delle previsioni a breve, medio e lungo termine: se mi avessi fatto questa domanda a marzo ti avrei detto che

questa era un’annata stratosferica! Il prodotto c’era, i Granchi blu non mangiavano le vongole e non c’erano più neanche i granchi verdi, cosa che ci aveva permesso di seminare senza nemmeno utilizzare le reti protettive. Il 2023 era stato anche un anno di grande semina, con tantissimo seme naturale in mare, quindi si prevedeva non solo un’annata abbondante ma un 2024 strepitoso, con quantità abbondantissime e prezzi al ribasso. In una sola settimana lo scenario è cambiato completamente! Sarebbe bello se questo cambiamento repentino funzionasse anche al contrario e si sistemasse tutto alla stessa velocità. Dal mio punto di vista in questo momento è di fondamentale importanza che Goro Pesca si adatti, ancor più velocemente che in passato, al cambiamento: avendo commercializzato per anni diversi prodotti ittici locali,

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Cozze e vongole in packaging ATM di Goro Pesca pronte per essere distribuite nei supermercati Esselunga italiani. ad esempio, non escludo che valorizzeremo quelli. Il problema principale in Sacca di Goro oggi è la sussistenza delle migliaia di famiglie che vivono grazie alla pesca. È per questo fondamentale trovare una strategia che consenta alle aziende di mantenere i volumi e garantire l’occupazione. Con la speranza che i pescatori nel frattempo trovino una strategia per riprendere la semina e la produzione di sempre. Da parte nostra ci stiamo attivando per incrementare la commercializzazione del Granchio blu, mentre tutto il comparto si sta muovendo per salvare le vongole, i pescatori in solido con ingenti investimenti, autorità e aziende che si occupano di tecnologia. Insomma, una volta compresa la gravità della situazione abbiamo reagito nel modo giusto». I lupini possono diventare il vostro prodotto di punta?

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«Conosciamo molto bene i lupini perché, come prima scelta, nel 2000 abbiamo cominciato a lavorarli, poi però dopo 5 anni abbiamo convertito il nostro mercato orientandolo verso le vongole veraci. Che, oltre ad essere allevate qui in Sacca di Goro — col vantaggio che riuscivamo a pianificarne la produzione con facilità —, ci permettevano di ovviare alle problematiche legate al sottodimensionamento dei lupini pescati e, contemporaneamente, di aprirci alla vendita sia nazionale che in Europa, con particolare riferimento al vasto mercato spagnolo. È stato un passaggio questo, per noi di Goro Pesca, che è avvenuto in maniera naturale. Probabilmente nei prossimi mesi in maniera altrettanto naturale e per compensare la mancanza di vongole veraci ci sarà una maggior richiesta di lupini e a quel ponto Goro Pesca sarà pronta per soddisfare queste esigenze».

Su quali mercati state vendendo il granchio blu? «Al momento ci stiamo riferendo ai nostri clienti abituali, per quanto riguarda il canale horeca ci stiamo proponendo un prodotto vivo in reti da 3 o 5 kg e per quanto riguarda il canale GDO e pescherie abbiamo un prodotto già eviscerato o in casse di polistirolo o in vaschette confezionate in atmosfera protettiva». Chiara R. Zaccaroni

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AZIENDE

Prodotti ittici irlandesi: qualità, gusto e attenzione alla sostenibilità Conosciuti e rinomati in tutto il mondo, le ostriche e gli scampi irlandesi sono particolarmente apprezzati nel nostro Paese per il gusto ineguagliabile L’Irlanda, grazie alla sua conformazione geografica insulare e alla vicinanza alle fredde e incontaminate acque dell’Oceano Atlantico, ha accesso ad una delle zone di pesca più ricche d’Europa. Queste condizioni permettono di ottenere delle materie prime di ottima qualità, come le ostriche e gli scampi irlandesi,

conosciuti e famosi in tutto il mondo dal punto di vista del gusto, della nutrizione e del controllo. I prodotti ittici irlandesi, infatti, assicurano un rigoroso rispetto dei più elevati standard di qualità e di sicurezza alimentare, garantendo allo stesso tempo la difesa dell’ambiente marino e della biodiversità.

Le ostriche irlandesi presentano delle caratteristiche uniche, conferitegli dalle acque dell’oceano in cui sono allevate: la corrente costante dell’Atlantico contribuisce a dar loro una perfetta forma allungata e una conchiglia molto resistente, con uno smalto liscio color bianco perlato. Infatti, il contenuto di carne all’interno

Le ostriche irlandesi, un’esplosione di gusto (photo © Bord Bia).

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di un’ostrica è influenzato dalla sua forma: più profondo è il guscio, più spazio c’è per consentire lo sviluppo del mollusco. Oltre che per l’aspetto,

le ostriche irlandesi si riconoscono anche per il gusto ineguagliabile, che rende ogni assaggio un’esperienza sensoriale unica al palato: il loro

Bord Bia, Irish Food Board, è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi. Lo scopo di Bord Bia è quello di promuovere il successo dell’industria Food & Beverage e dell’orticoltura irlandese attraverso servizi di informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2022 le esportazioni dell’industria Food & Beverage irlandese sono arrivate a quota 16,7 miliardi di euro, con una crescita del +22% in più rispetto all’anno precedente. L’Italia rappresenta uno dei mercati più importanti per l’export di manzo irlandese in Europa con scambi valutati, nel 2022, a 448 milioni di euro e una crescita del 26%.

>> Link: www.irishbeef.it

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sapore ricco, immediatamente riconoscibile, nasce dalla dolcezza e persistenza dello iodio, che si combina a un leggero tocco di note agrumate. Questi preziosi molluschi, infatti, non solo hanno un sapore unico, ma anche eccellenti qualità nutrizionali: sono ricchi di proteine e poveri di grassi, con livelli straordinariamente elevati di elementi quali iodio, ferro, rame, selenio e zinco. Quando parliamo di prodotti ittici irlandesi non possiamo non menzionare gli scampi: la posizione geografica dell’isola permette ai pescatori irlandesi di avere accesso alle migliori qualità di scampi esistenti in Europa e le acque dell’Atlantico conferiscono a questi crostacei molto apprezzati un sapore dolce e raffinato. L’uso diffuso dell’innovativa tecnologia “frozen-at-sea” fa in modo che gli scampi possano essere congelati a bordo dei pescherecci nel giro di sole due ore dalla cattura,

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Scampi, ostriche, salmone e tutti gli altri prodotti ittici sono estremamente importanti per l’economia irlandese: basti pensare che il loro valore di mercato è di oltre 1 miliardo di euro (photo © Bord Bia). garantendo un prodotto ottimale sia per qualità che per gusto. L’etichettatura per lotto fornisce la tracciabilità alla fonte e permette di portare scampi irlandesi freschi sul mercato rapidamente, con maggiori garanzie di qualità e sicurezza per clienti e consumatori. La stretta collaborazione tra pescatori e aziende produttrici facilita anche le pratiche di pesca responsabile, aggiungendosi alla crescente reputazione internazionale per la qualità dell’industria ittica irlandese. Infatti, la Ireland’s Seafood Development Agency lavora insieme all’industria ittica irlandese per ridurre sempre di più l’impatto ambientale della pesca e per sviluppare un sistema di tracciabilità degli scampi lungo l’intera filiera. Le ostriche e gli altri prodotti ittici sono estremamente importanti per l’economia irlandese, basti pensare che il loro valore di mercato è di oltre 1 miliardo di euro. Di questi, circa

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487 milioni di euro provengono dalle esportazioni. I principali importatori sono Francia (23%), Italia (10%), Cina (9,2%) e Spagna (9%). Il settore dei crostacei, in particolare, ha avuto un importante incremento nelle esportazioni, che sono aumentate del 48%, per un valore di circa 180 milioni di euro. L’Italia è un partner commerciale chiave per l’Irlanda per quanto riguarda il pesce: si posiziona come il secondo mercato di importazione al mondo di ostriche irlandesi e secondo una recente stima di Bord Bia, l’ente governativo per la promozione del Food & Beverage irlandese nel mondo, circa il 20% del consumo annuale in Italia avviene nel periodo natalizio con un ulteriore picco intorno a San Valentino a febbraio. Per quanto riguarda gli scampi, l’Irlanda ha raggiunto una quota di circa 7.000 tonnellate nel 2020, garantendo una forte capacità di

offerta per i mercati. Gli scampi congelati hanno rappresentato il 9% dell’esportazione totale di pesce irlandese, che nel 2019 ha raggiunto il valore 57 milioni di euro. L’Italia rappresenta oltre i due terzi di questo mercato di esportazione, seguita da Spagna, Regno Unito e Francia. I prodotti ittici irlandesi sono inoltre certificati in conformità al programma Origin Green, l’unico programma di sostenibilità al mondo che opera su scala nazionale e si conformano ai principi di acquacoltura sostenibile. Grazie a verifiche indipendenti periodiche, Origin Green consente ai produttori irlandesi di stabilire e raggiungere obiettivi misurabili di sostenibilità, riducendo l’impatto ambientale, fornendo un servizio più efficace alle comunità locali e tutelando la straordinaria ricchezza delle risorse naturali che la terra può offrire.

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Salmone Norvegese, l’eccellenza di un prodotto e della sua filiera L’alta qualità di un alimento molto amato, in Italia e a livello internazionale, è frutto delle caratteristiche uniche dell’ambiente di provenienza, di una tradizione di pesca millenaria che si fonda da sempre sul rispetto del mare e di un’acquacoltura sostenibile guidata da una normativa all’avanguardia e rigidissima nella tutela degli ecosistemi circostanti gli impianti Sono i dati di mercato a dirlo e a confermarlo anno dopo anno: il salmone Norvegese è indiscutibilmente uno degli alimenti preferiti dagli Italiani, apprezzato ed acquistato sia nella versione affumicata, che in quella fresca e congelata, riconosciuto come un pesce “goloso”, in

termini di gusto e soddisfazione del palato, ma soprattutto sano e ricco di proprietà nutritive, un elemento indispensabile quindi all’interno di una dieta varia ed equilibrata. «Negli ultimi anni si è assistito ad una forte presa di coscienza del legame tra benessere, cibo e origine del prodotto.

Grazie al nostro marchio di origine, Seafood from Norway, simbolo di provenienza di tutti i nostri prodotti ittici, proponiamo un alimento sano, versatile e allevato in maniera sostenibile nelle limpide acque fredde della Norvegia. Un prodotto, il salmone Norvegese, adatto a tutte le età

Il gusto dolce e delicato del salmone Norvegese lo rende un pesce versatile per essere consumato crudo o cotto in vari modi. La distribuzione uniforme del grasso e la consistenza succulenta lo fanno definire il “Wagyu dell’oceano”.

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Le acque fredde e limpide dei fiordi e dei mari norvegesi offrono le condizioni perfette per l’allevamento del pesce: non a caso la Norvegia è oggi uno dei leader globali del settore dell’acquacoltura. Dai primi impianti negli anni‘70, grazie ad esperienza e tecnologie avanzate, la stretta collaborazione tra studiosi e allevatori, linee guida rigide e investimenti consistenti, il Paese è un esempio di produzione acquicola sostenibile, responsabile e dall’impatto ambientale minimo. e perfetto in ogni ricetta»: così si era espresso, in occasione dell’annuale seminario sul salmone Norvegese svoltosi lo scorso maggio a Milano, Gunvar Lenhard Wie, l’allora direttore Italia del Norwegian Seafood Council. Ma qual è il segreto del salmone Norvegese? “Non c’è alcun segreto. È la natura a renderlo perfetto” si legge nelle pagine del sito pescenorvegese.it, dedicato ai consumatori italiani che vogliono saperne di più su questo straordinario prodotto, oggi così diffuso, per non dire quasi quotidiano, protagonista del sushi dei migliori chef al mondo così come di piatti dei più popolari ristoranti etnici e non. Norvegia leader globale nell’acquacoltura e modello di sostenibilità della filiera Ed è proprio così: le acque gelide e ricche di nutrienti dei fiordi norvegesi offrono le condizioni perfette

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per l’allevamento del pesce, più in particolare per il salmone atlantico, che in questo ecosistema ha trovato le sue condizioni di vita ideali. I primi allevamenti nacquero qui negli anni ‘70: da allora sono stati fatti davvero passi da gigante, grazie ad una strettissima collaborazione tra allevatori e ricercatori, investimenti consistenti nel settore da parte dell’industria e del gover-

no e l’attuazione di una normativa rigidissima nelle questioni di tutela animale e ambientale, anticipatoria nella tempistica della direzione che avrebbe preso e che oggi deve necessariamente prendere il comparto acquicolo a livello globale per le ragioni che tutti conosciamo. Forse perché in Norvegia, un Paese in cui le cui condizioni territoriali e climatiche non sono esattamente le

“Il mare è il dono che non smette mai di dare i suoi frutti, ma solo se continuiamo a rispettarlo e ci prendiamo cura di quello che ci è stato dato”: così la Norvegia si pone da sempre nella gestione dei settori di pesca e acquacoltura. “Non ci sono coincidenze, ma impegno sistematico ad ogni livello della filiera per garantire sicurezza del consumatore, benessere del pesce e tutela dell’ambiente circostante”

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In Norvegia ogni impianto di acquacoltura è gestito in modo sostenibile e offre molto spazio affinché i pesci siano liberi di muoversi. In questi impianti, solo al massimo il 2,5% del volume è rappresentato dal pesce, mentre almeno il 97,5% è acqua. Inoltre, il salmone viene nutrito solo con mangime di altissima qualità. più accoglienti per la vita dei suoi abitanti, il mare rappresenta la base, il centro dell’esistenza sin dall’Età della pietra, e gli operatori, a qualsiasi livello, della filiera ittica, sentono di avere una grande responsabilità nel preservare questa ricchezza per le generazioni future. Con quasi 50 anni di esperienza nell’allevamento del salmone, la Norvegia infatti, oggi tra i leader globali del settore dell’acquacoltura, ha accompagnato lo sviluppo del settore e della sua tecnologia con un’attenzione e un monitoraggio costante di ogni fase, ad iniziare dai siti produttivi, posizionati in mare aperto, nelle acque gelide e limpide dei fiordi, lontano dalle aree in cui è presen-

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te traffico marittimo e in cui, ad esempio, ogni animale ha lo spazio necessario per muoversi e crescere liberamente, passando per una mangimistica della massima qualità, fino al confezionamento, ecc… E il risultato di tutte queste attenzioni si sente prima di tutto quando il salmone Norvegese lo si mette a tavola: colore arancione invitante e consistenza tenera e succulenta delle carni, gusto dolce e delicato, un pesce estremamente versatile in cucina, ideale per essere consumato crudo, in preparazioni complesse o anche nella maniera più semplice che c’è, perché se la materia prima ha queste caratteristiche, non serve aggiungere nulla per ottenere il miglior risultato possibile.

>> Link: pescenorvegese.it

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Medusa lancia il Fish & Chips La Cesare Regnoli & Figlio opera fin dal 1861 nel comparto della gastronomia ittica, scegliendo le migliori materie prime per lavorarle e ricettarle nel rispetto della tradizione e garantire ai consumatori un prodotto di qualità superiore. I prodotti Medusa sono diventati la marca di riferimento nel mercato dei piatti pronti a base pesce sia in Italia che all’estero grazie alla cura straordinaria viene riposta nella preparazione dell’ampio assortimento di referenze dal taglio gastronomico e dal sapore freschissimo. Nella continua esplorazione di soluzioni alle mutate necessità dei suoi consumatori, l’azienda ha intrapreso un cammino focalizzato sulla gastronomia ittica fresca di fascia premium. Oggi Medusa arricchisce l’offerta della linea Scalda e Gusta

con il Fish & Chips, uno dei piatti più appetitosi e conosciuti della gastronomia anglosassone. I punti di forza di questa linea sono molteplici: in primis l’alto contenuto di servizio dato dalla prontezza d’uso, perché si tratta di referenze prefritte che necessitano solo di essere riscaldate in forno, in padella o, meglio ancora, nella friggitrice ad aria; oltre a ciò, la shelf-life di 21 giorni e una vaschetta 100% riciclabile nella carta grazie alla sua certificazione Aticelca di livello B. In meno di due anni, questa linea ha consentito a Medusa di diventare leader di mercato nella categoria dei Secondi piatti di pesce, subito dopo la MDD, con una quota a valore di 14,6 punti ed una distribuzione in progressivo aumento. Il Fritto Misto di pesce, che rappresenta la referenza più iconica della

linea, sta tuttora crescendo con tassi del +60% a volume, garantendo ai retailer delle rotazioni per punto di ponderata alquanto interessanti. Tra le nuove referenze sviluppate troviamo inoltre il Gran Fritto, con mazzancolle, agli anelli di totano, carotine julienne e pesciolini fritti; gli Anelli di calamaro e il Merluzzo fritto, servito con una pratica salsina, ideale per esaltare il sapore del fritto e renderlo più leggero. Il Fish & Chips è invece il tipico street food britannico: teneri bocconcini di merluzzo (origine Sudafrica e Namibia) dalla carne consistente e poco grassa, leggermente pastellati e mixati con dorate e fragranti patatine per offrire al consumatore un piatto veloce e sfizioso. >> Link: www.medusa-regnoli.it

È il tipico street food britannico che oggi viene proposto da Medusa nella linea “Scalda e Gusta”: teneri bocconcini di merluzzo leggermente pastellati e mixati con dorate e fragranti patatine.

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Il Granchio blu, un’invasione diventata opportunità con tecnologia e metodo Stagionello® Partire da un grande problema trasformandolo in un’opportunità. Questa è la sintesi dell’evento “Alimenti fermentati ittici italiani: metodi e tecniche per la crescita professionale degli studenti” tenutosi nell’arena Stagionello® alla fiera HostMilano 2023. Un importante evento di promozione sostenuto in tutta Italia dall’Organizzazione Interprofessionale della Filiera Ittica, all’interno del più grande progetto realizzato nell’ambito del Programma Nazionale della Pesca e dell’acquacoltura 2022-2024 del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (MASAF) e che ha avuto come protagonista il Granchio blu. Questo crostaceo è oggi al centro di numerosi dibattiti, che riguardano l’impatto negativo che la sua rapida riproduzione sta avendo nei confronti delle attività commerciali di itticoltura e pesca. Si tratta di una specie che si adatta facilmente e di un predatore formidabile di altre specie marine, dalle vongole al novellame agli altri pesci e crostacei. Nel corso della masterclass, condotta da Felice Santodonato, docente e chef dell’IPSEOA Tor Carbone A. Narducci di Roma, si è discusso dell’impatto che questo crostaceo sta avendo sull’intera filiera ittica nazionale e sulle possibili soluzioni a riguardo, coinvolgendo alcuni istituti alberghieri italiani, collegati in streaming dalle proprie aule scolastiche. Alla base dell’intero percorso che sta interessando tutta l’Italia, la volontà di sperimentare nuove tecnologie e tecniche in grado di permettere l’utilizzo in cucina del Granchio blu. Un intervento di rilievo sulla delicata

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Il Granchio blu trasformato in innovativi salumi stagionati, cotti o spalmabili grazie alla tecnologia di Stagionello® Fish Curing Device. tematica è quello espresso da Giuseppe Palma, presidente dell’O.I. della Filiera Ittica e segretario generale dell’associazione nazionale di categoria ASSOITTICA: «Il granchio

blu è una specie aliena che è stata trasportata nei nostri mari da altre aree ed oggi rischia di distruggere il patrimonio ittico legato ai molluschi bivalvi. Si teme, inoltre, che possa

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diventare un pericolo anche per altre specie. Un modo per fronteggiare questa emergenza è quello di mangiare il Granchio blu. Abbiamo quindi coinvolto, come organizzazione interprofessionale della filiera ittica, gli istituti alberghieri e quella di oggi è una delle tante tappe di questo road show che abbiamo tenuto in tanti istituti su tutto il territorio nazionale». Durante la diretta, sono stati approfonditi l’importanza ed il valore nutrizionale di questo crostaceo. Il Granchio blu, infatti, possiede un ottimo valore dal punto di vista gastronomico e nutrizionale. È ricco di proteine ad alto valore biologico, il che lo rende potenzialmente utile nel soddisfare la necessità fisiologica di amminoacidi essenziali. Si tratta, inoltre, di un prodotto ricco di vitamine e minerali, contribuendo così al raggiungimento dei relativi fabbisogni nutrizionali. Ad analizzare le caratteristiche organolettiche e nutraceutiche del Granchio blu sono state le biologhe nutrizioniste dott.ssa Arianna Felicetti e dott.ssa Maria Pintavalle, che hanno presentato due prodotti decisamente innovativi: lo Spalmabile di Granchio blu e la ’Nduja di Granchio blu affumicata al tartufo bianco. Questi “salumi ”sono stati ideati e realizzati con la collaborazione dell’innovativa tecnologia Stagionello® che permette di fermentare, maturare, affumicare, stagionare, asciugare e cuocere la materia prima attraverso un’alta tecnologia brevettata che preserva ed esalta tutte le proprietà organolettiche dei prodotti ittici in ogni loro parte, a vantaggio del delicato tema dello spreco alimentare, grazie anche alla valorizzazione completa di ogni specie. «Oggi si parla tanto di food waste e food loss, quindi di come recuperare tutto dal pesce. E questo come lo si fa? Con una transizione culturale!» ha affermato nel corso del suo intervento l’inventore di Stagionello® Alessandro Cuomo. «Dobbiamo comprendere il processo di realizzazione di questi alimenti che devono avere come prerequisito essenziale

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In alto: Alessandro Cuomo e lo chef Mario Stasio condividono il primo libro sul teorema nutraceutico del Cuomo Method®. In basso: Martina Sponga per Deton Italia con lo chef Felice Santodonato.

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In alto: il dott. Giuseppe Palma, presidente dell’O.I. della Filiera Ittica, lo chef Felice Santodonato, docente all’IPSEOA Tor Carbone A. Narducci Roma, e l’inventore della tecnologia e metodo Stagionello® Alessandro Cuomo, durante la diretta dedicata alla valorizzazione del Granchio blu organizzata nell’arena Stagionello® Academy a Host 2023. In basso: il team dell’IPSEOA Tor Carbone A. Narducci con lo chef e prof. Gianluca Pino e Davide Caragnano per Royal Greenland Italia. la sicurezza. Quindi la tracciabilità del prodotto e la tracciabilità del processo di trasformazione». La particolarità dell’intero progetto Stagionello® è l’ambiziosa combinazione di tecnologia e formazione. Gli impianti di trasformazione, che esaltano le materie prime attraverso il solo controllo di parametri naturali grazie alla gestione del pH, sono sempre accompagnati da un percorso formativo volto a stimolare

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anche la consapevolezza dell’impatto ambientale che ogni scelta comporta. Una collaborazione con quanti scelgono questa tecnologia, che si muove verso una nuova cultura gastronomica responsabile e sostenibile. Lo Stagionello® Fish Curing Device, nello specifico, è la tecnologia dedicata alla cura di ogni specie di pesce, molluschi o crostacei che, grazie ai diversi processi preimpostati, consente di ottenere prodotti

originali e dall’alto valore nutrizionale come salumi stagionati, cotti o spalmabili. Sempre durante la masterclass, assieme ai docenti dell’Istituto Alberghiero Tor Carbone di Roma e dell’Istituto di Istruzione Superiore Azuni di Cagliari, si è dimostrata la potenzialità del Granchio blu, dando forma e sapore a due piatti molto particolari: il primo, realizzato dallo chef Valerio De Angelis, consisteva in un Finger food a base di patata farcita con lo spalmabile di Granchio blu, aromatizzata con del sale affumicato al caffè. Il secondo, proposto dallo chef Gianluca Pino, è stato la ’Nduja affumicata di granchio blu accompagnata da una tartare di ananas e yogurt bianco profumato al miele. Ma sono stati diversi gli ospiti che hanno testimoniato il potenziale offerto dal Metodo Cuomo, soprattutto nel campo gastronomico in continua evoluzione dell’ittico. Parliamo ad esempio di Royal Greenland Italia, azienda che promuove specie ittiche delle acque fredde che a Host ha fatto conoscere l’halibut, trasformato per l’occasione in un gustoso prosciutto con la tecnologia Stagionello®. Altre specie valorizzate grazie al sostegno dei partner sono state la corba rossa e la ricciola di Deton Italia. Preziosa poi la masterclass tenuta da Mario Stasio, chef e titolare di Fratelli di pizza a Pavia, che ha coinvolto i presenti nell’entusiasmante percorso di innovazione vissuto nel suo ristorante con l’introduzione nel menù di originali antipasti a base di salumi di pesce e, novità assoluta, le pizze con pesce curato. Infinite possibilità gastronomiche dal gusto particolarmente innovativo realizzate per dimostrare come una tecnologia all’avanguardia, associata ad una buona dose di fantasia ed estro, possano trasformare qualsiasi tipo di problema in una risorsa ed opportunità di crescita.

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Smeralda, il mare nel piatto di Sebastiano Corona

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Specialità che ha attraversato i secoli con alterne fortune, la bottarga nasce come cibo dei pescatori, piatto povero da consumare nei lunghi viaggi, per poi divenire pregiata ed elitaria, la cui qualità si è elevata nel tempo. In alto: la salagione richiede un tempo ben preciso che Smeralda ha definito e affinato negli anni. Una volta terminata, le sacche ovariche vengono lavate con acqua fresca e sottoposte ad una leggera pressatura. A sinistra: bottarga Smeralda grattugiata fresca su linguine mantecate al burro salato e scorza di limone.

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La Sardegna non è l’unica regione in Italia in cui viene prodotta, ma è di sicuro tra quelle che hanno fortemente contribuito a farla diventare di più ampio interesse negli ultimi decenni, quando, pur con tutte le limitazioni che il prezzo di un prodotto così pregiato può comportare, il suo consumo si è aperto ad un vasto pubblico, quasi di massa. È stato negli anni in cui la richiesta si faceva sempre più pregnante e il mercato, quello più remunerativo, ne richiedeva una tipologia d’eccellenza, che è nata Smeralda, un’azienda tuttora impegnata nella lavorazione e commercializzazione di conserve ittiche e non solo. Era il 1988 quando la famiglia Piras, già operativa nel mondo dell’agroalimentare, decise di avviare un’impresa che inizialmente si occupava solo di distribuzione. Le diedero un nome importante che voleva anche essere di buon auspicio: Smeralda. Smeralda come una delle coste più belle della Sardegna, un luogo ricco di significato da innumerevoli punti di vista, che ha fatto

la fortuna di un’isola sino a quel momento ai più sconosciuta. A quel mercato che richiedeva eccellenze e lusso anche a tavola i Piras decisero di dare risposte, fornendo bottarga ma anche altre specialità della tradizione sarda, che fossero in grado di soddisfare esigenze elevate. Dalla mera distribuzione, si è presto passati alla lavorazione, inizialmente impiantando un laboratorio a Pirri e poi in un’altra zona di Cagliari, in spazi ben più ampi. La prima esperienza è servita a dare un’impronta all’azienda che tuttora rimane. Qualità, igiene e continuità sono infatti diventati da subito tre elementi imprescindibili nel modo di operare dei Piras. Sicurezza e igiene non potevano che essere il Vangelo in processi così delicati come quelli di lavorazione ittica, ma lo erano già in tempi in cui ancora l’Unione Europea non aveva nemmeno programmato un sistema di autocontrollo come quello che oggi tutti conosciamo. Altra regola importante, ma forse non scontata, soprattutto per una

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Nella bottarga, per ottenere omogeneità e gusto, la scelta delle materie prime è essenziale ed è sempre affiancata da una lavorazione accurata e artigianale. produzione artigianale, era quella, sin dagli albori, di dare continuità nelle forniture. Nei tempi in cui la Grande Distribuzione iniziava a fare capolino nella nostra vita, imponendo la presenza continuativa e senza intoppi negli scaffali, i Piras hanno compreso che un rapporto commerciale corretto non poteva che essere impostato garantendo affidabilità e puntualità nelle forniture. Al cliente bisognava sempre dare delle risposte, anche di fronte ai problemi. Ciò che però ha governato i processi sin dall’inizio e in ogni ambito dell’attività è la ricerca della qualità e l’obiettivo del miglioramento continuo. Non poteva essere altrimenti per un’impresa nata con l’ambiziosa finalità di servire le tavole più esigenti del pianeta, reggendo il confronto con specialità e prelibatezze d’élite, che in Sardegna giungevano da ogni dove, al seguito di una clientela raffinata e pretenziosa come poche. Da allora la famiglia Piras, nel frattempo diventata ancor più ampia e numerosa, ha aggiunto un altro

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elemento che caratterizza il laboratorio produttivo: la Ricerca & lo Sviluppo, che vanno di pari passo con tutto il resto, in un incessante sforzo per trovare nuovi processi e nuove metodologie. Smeralda è un laboratorio produttivo, ma in certo qual modo anche di sperimentazione, dove un occhio resta fermo e immobile sulla tradizione isolana, senza mai perderla di vista, e l’altro studia nuove modalità per generare elementi distintivi del prodotto, garantendo ulteriore sicurezza e igiene, introducendo leggere modifiche ai processi, tese unicamente ad elevare la qualità, offrendo al consumatore finale un prodotto ancora più selezionato e scelto. È grazie a questo operato certosino che i Piras sono riusciti ad attuare un sistema innovativo di macinazione della bottarga che ne conservi intatte le uova; un nero dalla cremosità e colore unici e un gusto che richiama in maniera decisa ed inequivocabile la carne della seppia; un sistema di lavorazione delle baffe di bottarga che

gli restituisca un colore chiaro e inconfondibile, oltre ad una consistenza eccezionale. La bottarga rappresenta il 60% del fatturato aziendale, ma ci sono altri prodotti a completare un’offerta selezionata dove artigianalità e tradizione fanno rima con innovazione. Nello spaccio aziendale, che sarebbe più corretto chiamare boutique di specialità regionali, in via del Lavoro a Cagliari, il quartier generale dei Piras, le proposte sono infatti tante: tra quelle di specialità ittiche, tutte lavorate nei due stabilimenti che hanno sede nella stessa via, ci sono anche la crema alla bottarga di muggine, la bottarga di tonno, la polpa di riccio, il nero di seppia, la polpa di granchio, gli ittici affumicati, i gamberi e surimi e l’insalata di mare. Sono proposti in formati e pesature diverse a seconda del prodotto. Per completare il paniere di specialità isolane, Smeralda propone a marchio proprio, o marchio aziendale, anche altri prodotti sardi come conserve vegetali, pane e pasta, formaggi, salumi e vini.

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I prodotti della famiglia Piras vantano la presenza in una ventina di Paesi nel mondo. Nello specifico, il 40% del fatturato aziendale proviene dalla Sardegna, il 40% dal mercato nazionale e il restante 20% dai mercati classici europei. La bottarga è proposta in una vasta gamma di formati, pesature e lavorazioni. Quella di Smeralda si distingue per un colore giallo oro con sfumature che ricordano la scorza d’arancia, per delicatezza al palato e per salinità, moderatamente accentuata. Oltre a quelle di importazione, la cui selezione è fatta personalmente dai Piras, Smeralda propone anche le baffe ottenute dalla lavorazione delle uova di muggine sardo. Un prodotto elitario e pregiatissimo, facilmente individuabile per pezzatura e prezzo, che viene lavorato seguendo metodi alternativi di stagionatura. In via del Lavoro, la domanda giusta da fare non è sulla provenienza della materia prima. Perché i Piras non ne fanno mai una questione di luogo d’origine, quanto di qualità e sicurezza. Tutti i prodotti ittici, non solo le uova di muggine, richiedono il rispetto di regole rigidissime sul piano igienico-sanitario. La scelta viene pertanto fatta a seguito di un serrato controllo. Non sarebbe altrimenti possibile fornire uno standard così elevato, né poter mantenere le

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certificazioni BRC e IFS che si confermano da decenni. Ci sono poi accorgimenti particolari: la polpa di riccio, per esempio, quando la pesca del riccio in Sardegna è aperta, proviene da esemplari aperti, sgusciati e puliti in laboratorio. Uno ad uno. Il salmone affumicato e proposto a fette è lavorato da fresco e non congelato. Quello a ritagli proviene da salmone selvaggio. Il nero di seppia, che un tempo si usava principalmente per insaporire e per decorare i piatti, oggi invece vanta un gusto e un sapore impareggiabili. Le confezioni sono tutte di grande raffinatezza, le uniche atte a contenere prodotti che sono di per sé gioielli del mare. L’attenzione complessiva è evidente ed è infatti valsa, in 35 anni di lavoro, la presenza in una ventina di Paesi nel mondo. Il 40% del fatturato aziendale è costruito in Sardegna, il 40% nel mercato nazionale, in particolare nel Nord Italia, e il restante 20% nei mercati classici europei, negli Stati Uniti, nell’ex Unione Sovietica, in Giap-

pone, Turchia e Israele, con una diffusione nelle grandi superfici della Distribuzione Moderna, quanto nei negozi di specialità tipiche e nell’HO. RE.CA. Un impegno, questo, che ha dato importanti risultati, non senza rinunce e sacrifici e che ha coinvolto altri membri della famiglia Piras, anche di seconda generazione, quanto validi collaboratori ad essa estranei. Il lavoro corale è evidente, nel mantenere processi quanto più possibile artigianali e manuali, nella convinzione che l’apporto umano sia sempre un valore aggiunto. Un operato, anche sul piano prettamente commerciale, di cura del cliente, mettendosi in ascolto dei mercati, ma anche e soprattutto del consumatore finale, gestendo persino il singolo riscontro, che — lungi dall’essere un problema, anche quando si traduce in un reclamo — è visto come un’occasione di confronto con chi si siede a tavola a degustare il prodotto. Solo così si può fare sempre di più e sempre meglio. Sebastiano Corona >> Link: www.smeralda.com

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La Pescheria dello Chef di Nicola Elardo, una nuova idea di pescheria a Padova La “creatura” di Nicola Elardo, giovane imprenditore appassionato con una lunga e variegata esperienza nel settore dell’ittico, prende vita cinque anni fa in uno dei luoghi più affascinanti della città veneta, il mercato coperto Sotto il Salone. Da qualche mese il punto vendita si è allargato con un secondo spazio dedicato alla gastronomia ma la scelta per le attrezzature espositive non è cambiata, ricadendo sui banchi e la tecnologia Mondel di Gaia Borghi

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Nicola Elardo ha soltanto 32 anni eppure può vantare un’esperienza e un livello di competenza nel settore ittico decisamente non comuni, grazie ad una passione che lo ha portato a sognare la sua attuale attività appena adolescente. La sua “Pescheria dello Chef”, di cui è anima e proprietario, è infatti oggi un punto di riferimento per chi a Padova vuole comprare pesce e crostacei freschissimi, piatti pronti preparati con estro, originalità e massima cura, bere un buon calice degustando crudité, ostriche, gamberi, scampi, le tartare e i carpacci preparati al momento, e molte altre cose ancora, dal servizio di private chef alla consulenza per locali e ristoranti. Perché l’idea di trasformare la “classica” pescheria in qualcosa di nuovo e molto personale Nicola, che è originario di Chioggia, notoriamente sede di uno dei mercati ittici all’ingrosso più importanti di tutto il nostro Paese, ce l’aveva in mente si può ben dire praticamente da sempre. Un percorso, il suo, iniziato come cuoco autodidatta e poi consolidatosi via via con esperienze in Italia e all’estero e la frequentazione

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dell’Università del Gusto di Creazzo (VI), con insegnanti del calibro di Carlo Cracco. «Nasco come chef» mi racconta Nicola, che quando parla fa trasparire tutto l’entusiasmo di chi nella vita fa davvero ciò che ama. «Ho sempre amato cucinare e cucinare il pesce e tutti i prodotti ittici soprattutto. Ho iniziato affiancando un amico di famiglia esperto del settore ittico da cui ho imparato moltissimo. Alla sera, rientrato a casa, mi divertivo a fare le cene per gli amici, poi ho deciso di farlo diventare un lavoro». Nicola si specializza quindi acquistando l’attrezzatura professionale per consolidare l’attività di chef a

domicilio, affittando anche un laboratorio in cui prepara piatti semilavorati e specialità della gastronomia ittica che poi consegna direttamente ai clienti. Le cose procedono a meraviglia ma un’opportunità inaspettata gli si presenta all’improvviso e Nicola si ritrova a lavorare all’estero, in contesti di lusso tra Miami, Ibiza e Barcellona, a seconda della stagione. «Un’esperienza bellissima che però non mi dava stabilità e così, dopo tre anni, ho deciso di rientrare in Italia». A Padova Nicola ci arriva un po’ per caso o forse è il fato ad indicargli la strada della sua nuova casa: «Ho sentito che cercavano una figura

Una pescheria nel Mercato Sotto il Salone proprio nel centro storico di Padova. Un’attività che unisce vendita di pesce e crostacei freschissimi, piatti pronti preparati con estro e massima cura, aperitivi con cichetti golosi e crudité, e molte altre cose ancora. Un progetto bellissimo pensato e realizzato tutto su misura dall’azienda Mondel

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La Pescheria dello Chef si trova nel magnifico contesto del Mercato Sotto il salone di Padova. Visti gli spazi limitati, tutto il progetto del punto vendita è stato pensato ed eseguito su misura da Mondel con banchi Cali con vetro dritto apribile verso l’alto e luci LED 4000°K. Cavallo di battaglia della pescheria sono senza dubbio gli aperitivi a base di crudité: gamberi rossi di Mazara del Vallo e ostriche bretoni, tartare di tonno siciliano, di ricciola delle Isole Eolie o tartare di salmone delle Fær Øer, carpaccio di branzino… Il tutto accompagnato da una bella selezione vinicola. specializzata nella cucina di pesce all’interno di un’agenzia che forniva un servizio di cuochi privati. L’agenzia era proprio di Padova e una volta arrivato qui me ne sono innamorato». Destino o no, quel che è certo è che qui Nicola Elardo ha aperto esattamente cinque anni fa la sua “creatura”, in uno degli spazi più affascinanti dell’elegante centro storico, il Mercato Sotto il Salone (www.mercatosottoilsalone.it). «Si

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tratta del mercato coperto più antico d’Europa e senza dubbio il più bello a mio parere, un luogo unico al mondo» puntualizza. «Il mercato si trova infatti proprio al piano terra del Palazzo della Ragione, l’antico tribunale cittadino, dove veniva assegnata appunto la “ragione” a questo o quel contendente». In concreto stiamo parlando di oltre 50 botteghe alimentari, tra carni e salumi, formaggi, frutta, verdura, conserve, vino e, per l’appunto,

pesce, che da secoli richiamano quotidianamente in quello che è considerato il fulcro del commercio padovani e turisti che si trovano a passare per la bellissima “Città del Santo”. «Ho sempre voluto mettermi in proprio, vendere il pesce, somministrare piatti e specialità di gastronomia ittica seguendo una direzione precisa, a mio modo insomma. Una banca ha creduto in me e mi sono lanciato: ad un mese dall’apertura ho capito che avevo fatto la scelta giusta».

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In un contesto così antico e prestigioso, il punto vendita di Nicola Elardo è molto moderno. Una pescheria che, oltre alla vendita del fresco, appunto, è gastronomia, somministrazione in loco e take away di piatti freddi e caldi, con i cichetti e gli aperitivi a base di pesce crudo che spopolano anche tra i ragazzi più giovani fin dal primo “esperimento”. Un esperimento di cui Nicola era talmente tanto convinto che è stato proprio lui a far spostare la chiusura del mercato oltre le 21.00, supportato anche da altri commercianti che da tempo avrebbero voluto portare una ventata d’aria fresca dentro a questo spazio decisamente classico nella sua impostazione. La selezione dei prodotti è senza dubbio un altro elemento che distingue “La Pescheria dello Chef”, stante la grande esperienza di Nicola da questo punto di vista: «mi faccio arrivare tutto da Chioggia» mi dice. «Il 50% è pescato dell’Alto Adriatico, mentre il resto proviene un po’ da tutta Italia e anche dall’estero. Sicilia, Sardegna, Liguria, ma anche Slovenia, Croazia, Francia: cerco di prendere il meglio di quello che il mare offre senza pormi dei limiti precisi». Un progetto su misura firmato Mondel «Proprio quest’anno festeggio i primi cinque anni dall’apertura della pescheria e nel mese di marzo ho concluso l’ampliamento degli spazi inglobando un locale attiguo» prosegue. «L’avevo già acquistato due anni fa ma, essendo i locali sottoposti a tutela come beni culturali da parte della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, le cose sono andate un po’ per le lunghe. L’attività è unica ma i banchi sono due e corrispondono a due concept diversi: uno è riservato al crudo, alla vendita classica, l’altro alla parte di gastronomia ittica, intesa come take away, quindi da portarsi a casa, o da consumare direttamente qui. Abbiamo la possibilità di “rigenerare” le preparazioni e serviamo velocemente i clienti. Clienti che poi diventano amici. Ad oggi ho sette dipendenti e altri progetti per il fu-

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turo; siamo una squadra molto unita, persone preparate e cordiali, sempre disponibili ad andare incontro alle esigenze di ognuno». L’incontro con Mondel, azienda di Cervarese S. Croce (PD) specializzata nella progettazione e realizzazione anche su misura di banchi frigo ed espositori refrigerati, è avvenuto attraverso l’architetto Simone Squarcina. Visti gli spazi limitati tutto il progetto della “Pescheria dello Chef” è stato ideato ed eseguito da Mondel su misura, con banchi “Cali” — il prodotto più personalizzabile della gamma Mondel — con vetro dritto apribile verso l’alto e luci LED 4000°K; più in particolare, sono stati installati: • Cali con refrigerazione ventilata per gastronomia; • Cali con fondo brinato in acciaio Inox AISI 316 per pesce fresco con frontalino fermaghiaccio; • Cali sezione mitili. «Il banco è l’elemento più importante di una qualsiasi attività di vendita di alimenti» mi dice con convinzione Nicola. «Che si tratti di una pescheria, una salumeria, una macelleria… il banco è il nostro biglietto da visita, è ciò che ti permette di vendere, e quindi non bisogna assolutamente risparmiare in tal senso. Avevo sentito che Mondel è una realtà leader in questo settore e non ho avuto dubbi quando ho visto le loro attrezzature dal vivo. Una bella esposizione è la prima condizione, la base della vendita: è fondamentale avere una vetrina accattivante, dal punto di vista estetico e tecnico». “La Pescheria dello Chef” è aperta dal martedì al sabato, sia alla mattina che al pomeriggio, col prolungamento nelle serate di venerdì e sabato fino alle 23:00 e oltre. Ferie in agosto, coincidenti con il fermo pesca in Adriatico. «Le mie ultime vacanze le ho trascorse in Kenya a lavorare come chef privato. Non ero da solo ma insieme alla mia fidanzata, che è la prima a sostenermi e ad essere felice di seguirmi. Il mio lavoro è davvero la mia passione, la mia vita». Gaia Borghi

Nicola Elardo. La Pescheria dello Chef Via Sotto il Salone 6/7 20871 Padova Telefono: 347 738 3367 lapescheriadellochef lapescheriadellochef

Mondel Srl unipersonale Via Roma 322 35030 Cervarese S. Croce (PD) E-mail: info@mondel.it Web: www.mondel.it

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INDAGINI

Quanto pesa la sostenibilità (ittica) nel carrello degli Italiani Gli ultimi dati NielsenIQ rivelano una maggior incidenza della sostenibilità dei prodotti ittici, in particolare surgelati e conserve, rispetto alla media del largo consumo confezionato. Un dato in linea coi progressi della produzione ittica certificata sostenibile secondo il MSC Marine Stewardship Council La sostenibilità nei prodotti ittici, in particolare nelle categorie dei surgelati e delle conserve, ha un peso molto più alto rispetto alla media del largo consumo confezionato secondo i dati presentati da NielsenIQ alla conferenza “Blue Foods: nutrire il mondo con i prodotti del mare”1, evento promosso da MSC Marine

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Stewardship Council, organizzazione non profit che promuove la salute degli oceani attraverso un programma per la pesca sostenibile. I dati mostrano inoltre come, nonostante la complessità di questo periodo, per le aziende la sostenibilità rimanga un tema importante: gli EAN che presentano claim sostenibili sono

il 33,2% nel settore ittico (per un valore di 1,1 miliardi di euro e 237,7 milioni di confezioni vendute)2 e il 27,2% in quello del largo consumo, per un valore di 15,5 miliardi di euro e 8 miliardi di confezioni vendute3. Il cambiamento climatico rappresenta una delle maggiori preoccupazioni per i consumatori

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Via Matteucci 17/19 – 47042 Cesenatico (FC) - tel. 0547/675446 - fax 0547/75 139 - info@giomare.net

VENDITA PESCE FRESCO Giò Mare è un’azienda con sede a Rimini e Cesenatico specializzata nella vendita di pesce e in particolare nella vendita di pesce fresco. La rapidità nelle consegne, la grande professionalità degli addetti Giò Mare e ovviamente l’altissima qualità del prodotto, hanno reso la nostra attività di vendita pesce un vero punto di riferimento per tutti coloro che cercano VO QBSUOFS BMUBNFOUF BGmEBCJMF 7FOEJUB EJ QFTDF GSFTDP E BMMFWBNFOUP F E JNQPSUB[JPOF proveniente dai migliori mercati ittici.


Oltre 15 milioni di tonnellate, ovvero il 19% di tutte le catture marine globali, provengono da 674 attività di pesca coinvolte nel programma MSC per la pesca sostenibile. Nel largo consumo sono il 27,2% i prodotti che presentano claim sostenibili che arrivano fino al 33,2% nel settore ittico. Il 29% dei consumatori non sceglie prodotti sostenibili per limitata disponibilità a scaffale e il 41% perché li percepisce troppo costosi. italiani; in particolare, 8 Italiani su 10 si dicono seriamente preoccupati per l’attuale situazione ambientale. Tuttavia, nonostante una maggiore consapevolezza della problematica ambientale, il 27% dei consumatori dichiara di non acquistare prodotti sostenibili a causa di informazioni poco chiare e confuse. Mancanza di informazione che in parte può spiegare quel 29% di consumatori che dichiara di non scegliere prodotti sostenibili per limitata disponibilità a scaffale (il prodotto c’è ma non si vede perché non ho le informazioni necessarie) e quel 41% che non li sceglie perché li

percepisce troppo costosi (come si può attribuire un valore al prodotto se non si hanno informazioni chiare per valutarne il potenziale?). Questo significa che c’è ancora tanta strada da percorrere in termini di informazione del consumatore, che deve essere educato tramite iniziative di sensibilizzazione che gli permettano di comprendere il significato e l’impatto delle proprie scelte di sostenibilità4. Ed è proprio questo l’obiettivo di iniziative come le Settimane della Pesca Sostenibile di MSC Marine Stewardship Council: una campagna che, attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori

Un approvvigionamento sostenibile da parte di brand e retailer garantisce la sostenibilità sociale, economica e ambientale dei sistemi alimentari acquatici secondo le linee guida della Blue Transformation, la strategia della FAO per massimizzare l’importante contributo dei cosiddetti Blue Food alla sicurezza alimentare globale

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della filiera, vuole ricordare che, scegliendo prodotti ittici certificati MSC, è possibile innestare un circolo virtuoso che, passando da pescatori e aziende della filiera ittica, protegge la salute delle popolazioni ittiche e degli ecosistemi marini. Un approvvigionamento sostenibile da parte di brand e retailer garantisce la sostenibilità sociale, economica e ambientale dei sistemi alimentari acquatici secondo le linee guida della Blue Transformation, la strategia dell’Agenzia delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura per massimizzare il contributo dei Blue Food alla sicurezza alimentare globale. I “Blue Food” — pesce e prodotti derivanti dall’acqua come alghe, crostacei e molluschi — hanno un grande ruolo da giocare per combattere la cosiddetta “fame nascosta”, ovvero la malnutrizione causata da denutrizione, mancanza di nutrienti di base e obesità. Secondo il programma Smart Food IEO, il cui obiettivo è la divulgazione scientifica nell’ambito di nutrizione e salute, si dovrebbero consumare dalle 3 alle 5 porzioni di pesce da 150 g alla settimana. Il pesce presenta una grande varietà in termini di specie, che possiedono caratteristiche nutrizionali piuttosto diverse tra di loro, accomunate però da un buon contenuto di proteine di elevato valore biologico e rappresentano fonte di proteine nobili, acidi grassi Omega-3 a lunga catena, vitamine e minerali. Ma per massimizzare il contributo dei Blue Food alla sicurezza alimentare globale, è necessaria una gestione sostenibile delle risorse ittiche. Il nuovo bilancio annuale di Marine Stewardship Council rivela che oltre 15 milioni di tonnellate, ovvero il 19% di tutte le catture marine, provengono da 674 attività di pesca coinvolte nel programma MSC per la pesca sostenibile5. Negli ultimi tre anni, queste attività di pesca hanno implementato 437 miglioramenti concreti, di cui 166 a beneficio di specie a rischio, minacciate o protette, 117 a beneficio delle popolazioni ittiche e 80 beneficio di habitat ed ecosistemi. Sono invece oltre 20.800 i prodotti da pesca

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Seguendo le linee guida della Blue Transformation dell’Agenzia delle Nazioni Unite, il Marine Stewardship Council contribuisce a massimizzare il contributo dei Blue Food alla sicurezza alimentare globale attraverso una gestione sostenibile delle risorse ittiche. certificata sostenibile MSC disponibili ai consumatori di 66 Paesi del mondo6. Quello di MSC è il programma per la pesca sostenibile più riconosciuto a livello internazionale: alla conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità (COP 15), la certificazione MSC è stata ufficialmente riconosciuta come indicatore per misurare i progressi dei Paesi verso due degli obiettivi del nuovo quadro globale sulla biodiversità.

Note 1. “Blue Food: nutrire il mondo con i prodotti del mare” fa parte delle Settimane della Pesca Sostenibile, una campagna promossa da MSC per sensibilizzare sull’importanza di un consumo di prodotti ittici pescati nel rispetto di mari e oceani. Il motto di questa edizione, “Io scelgo per gli oceani”, pone l’accento sul ruolo del consumatore ricordando che scegliendo prodotti ittici certificati

MSC è possibile innestare un circolo virtuoso che, passando da pescatori e aziende della filiera ittica, protegge la salute delle popolazioni ittiche e degli ecosistemi marini. La terza edizione della campagna vede il supporto e la partecipazione dei più importanti player del settore del food italiano che contribuiscono a diffondere il messaggio della campagna attraverso attività di comunicazione e offerte promozionali: Aldi, Consorcio, Bennet, Bofrost, Delicius, Carrefour, Findus, Conad, Frosta, Consilia, Mare blu, Eismann, Rio Mare, Eurospin, Ocean47, Rizzoli, Lidl, I Love Poke, Sheba® (Gruppo Mars), Ipermercati Tosano. 2. Tot. Pesce PI Iper + Super Anno terminante Dicembre 2022. 3. Largo Consumo Confezionato Iper + Super Anno terminante Dicembre 2022. 4. I dati sono stati presentati da SERENA COLACINO, NielsenIQ sales consultant, alla conferenza alla conferenza “Blue Foods”, nutrire il mondo con i prodotti del mare” organizzata da MSC Marine Stewardship Council il 26 ottobre 2023 a Milano. 5. Per attività di pesca coinvolte nel programma MSC si intendono le attività di pesca certificate (550), in valutazione (90), sospese (17) e in transizione verso MSC. 6. Annual report MSC 2022-23. >> Link: msc.org


CONSERVE

Prevengono neoplasie, declino cognitivo e depressione

Conserve ittiche: le ultime evidenze scientifiche La lunga durata e la facilità di conservazione, l’accessibilità, i valori nutrizionali, la versatilità, l’assenza di barriere geografiche e culturali e la semplicità della ricetta: un mix vincente che rende le conserve ittiche l’alimento immancabile nel carrello della spesa. E se molte virtù sono date per scontate (praticità, accessibilità, versatilità, durabilità, ecc…), ce ne sono ancora molte altre da scoprire così come sono ancora tanti i luoghi comuni da sfatare. ANCIT (Associazione nazionale conservieri ittici),

con l’aiuto di tre esperti ANDREA POLI, presidente di Nutrition Foundation of Italy – NFI, CARLOTTA FRANCHI, capo laboratorio all’Istituto Mario Negri di Milano e coordinatrice scientifica dell’Italian Institute For Planetary Health, e LUCA PIRETTA, gastroenterologo e nutrizionista dell’Università Campus Bio-medico di Roma, ha raccolto le più recenti evidenze scientifiche sulle conserve ittiche, anche per sfatare le principali fake news sul tonno in scatola (si veda box a pagina 108).

Mangiare pesce fa bene La relazione favorevole tra il consumo alimentare di pesce e molti aspetti della salute umana è confermata da una ricca serie di studi scientifici condotti in varie parti del mondo. Secondo la scienza, il consumo di pesce, che consente in particolare di assumere alcuni tipi di grassi, con effetti sulla salute molto favorevoli, è raccomandato in almeno una o due porzioni a settimana per gli evidenti effetti protettivi. I risultati delle molteplici ricerche svolte sup-

Il pesce in scatola è a tutti gli effetti un componente importante di una dieta salutare e ora la scienza lo conferma: fa bene come il consumo di pesce fresco e, grazie a cotture rispettose, mantiene inalterate le proprietà.

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portano fortemente l’importante ruolo del pesce come parte di una dieta sana, raccomandata dalle linee guida dietetiche in vari Paesi, passando per Australia e Stati Uniti fino a dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA). Uno studio pubblicato sull’International Journal of Food Sciences and Nutrition dal titolo “Fish and human health: an umbrella review of observational studies” ha in particolare sintetizzato, dopo aver condotto una ricerca sistematica della letteratura disponibile, le evidenze di 63 studi da cui emerge un’associazione tra la maggiore assunzione di Omega-3 derivanti dal pesce e la diminuzione del rischio di sindrome coronarica acuta e malattie cardiovascolari, cancro al fegato e depressione. Omega-3: miti e verità sugli acidi grassi essenziali, così amati ma ancora così sconosciuti Il pesce è una delle fonti alimentari più importanti di acidi grassi polinsaturi Omega-3 a lunga catena (EPA e DHA). Recentemente è emerso un loro ruolo nella modulazione dei fenomeni infiammatori, grazie alla loro capacità di generare composti (le resolvine) in grado di controllarne l’intensità fino ad interromperli. Gli acidi grassi Omega-3 EPA e DHA sono, inoltre, dotati di un’importante serie di effetti protettivi, sia sul profilo lipidico (specialmente sul contenuto di trigliceridi nel sangue) ma anche sull’aggregazione piastrinica e su alcune irregolarità del ritmo cardiaco, svolgendo anche effetti protettivi a livello del sistema nervoso centrale, prevenendo il declino cognitivo e agendo positivamente sul tono dell’umore, con una significativa riduzione, per esempio, della comparsa di depressione. «Includere il pesce in una dieta sana è altamente auspicabile per prevenire alcune malattie non trasmissibili — afferma Andrea Poli — e questo vale sia per il pesce fresco che per quello in conserva: grazie al trattamento termico a cui è sottoposto che non impoverisce nessuno dei nutrienti essenziali presenti, il

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pesce in scatola mantiene di fatto le stesse proprietà del pesce fresco. In cucina, attenzione alle modalità di trattamento e di cottura del pesce prima del consumo: la frittura ne riduce, in modo probabilmente marcato, gli effetti protettivi, che sarebbero invece mantenuti da tecniche meno aggressive. Nessuna perdita nutrizionale o funzionale significativa si osserva per contro nella preparazione del pesce in scatola». Le conserve ittiche aiutano a ridurre le neoplasie dell’apparato gastrointestinale La notizia è recente: il cancro al colon retto rischia di diventare la prima causa di decessi, con una previsione di 3,2 milioni di casi e 1,6 milioni di decessi entro il 2040 (MORGAN E. et al. 2023, Cancer Today, Gut). Giusto un anno fa, uno studio condotto dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS nell’ambito delle attività dell’Italian Institute for Planetary Health (IIPH) ha dimostrato che consumare due porzioni alla settimana di pesce in scatola sottolio (pari a 160 grammi) riduce del 34% il rischio di insorgenza di tumore al colon-retto. Ma non è tutto. Gli stessi autori hanno analizzato il rapporto tra il consumo di pesce in scatola e il rischio di incidenza di tumori del tratto digerente superiore, utilizzando i dati raccolti in una rete di ospedali italiani su un totale di 946 pazienti con cancro del cavo orale e della faringe, 304 pazienti con cancro esofageo, 230 pazienti con cancro gastrico e 3273 controlli, dimostrando un ruolo favorevole del pesce in scatola anche nel ridurre il rischio di insorgenza di tumori del cavo orale, della faringe e dello stomaco. «I risultati emersi da questi studi — spiega Carlotta Franchi — contribuiscono a sostenere che il pesce in scatola sottolio possa essere annoverato tra gli alimenti alla base di una dieta sana ed equilibrata. Il suo processo produttivo, infatti, conserva la maggior parte delle proprietà benefiche del pesce fresco: è pulito, cotto a vapore, messo


Fresco, versatile e ideale da aggiungere ad insalate di pasta o di verdure per rendere il piatto nutrizionalmente completo, il tonno sottolio si conferma amatissimo dagli Italiani di ogni età. sottolio e inscatolato senza aggiunta di conservanti. Le implicazioni di questi risultati per la salute pubblica possono essere molto rilevanti: parliamo di effetti benefici sul rischio di tumori ad alta incidenza e mortalità sia nei Paesi ad alto reddito che in quelli a basso e medio reddito, e di un alimento sempre più consumato, grazie alla sua praticità e accessibilità economica». Poche calorie e tante proteine, vitamine e sali minerali Il tonno in scatola e le altre conserve ittiche sono uno scrigno di proprietà nutrizionali. A versatilità e praticità coniugano accessibilità e bontà. A fronte di limitate calorie (192 Kcal per 100 g di tonno in scatola sottolio sgocciolato), pochi grassi saturi e poco colesterolo, abbondanti acidi grassi polinsaturi, garantiscono un elevato apporto di vitamine A e D, B12 e B3, potassio e iodio, forniscono un importante introito proteico, fattore di scelta oggi essenziale nel carrello della spesa: per oltre 1 Ita-

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liano su 2, infatti, le proteine sono essenziali per la crescita muscolare e per oltre 4 Italiani su 10 forniscono gli aminoacidi essenziali per sviluppo e mantenimento di cellule e tessuti (fonte: Ricerca Doxa). Per 1 italiano su 2 le proteine ittiche sono più nobili rispetto a quelle di origine vegetale e il tonno in scatola si conferma un evergreen. Basti pensare che il tonno in scatola regge perfettamente il confronto con un alimento da sempre considerato ideale per il suo apporto di proteine come il filetto di bovino adulto: 100 g di tonno sottolio sgocciolato apportano 25,2 g di proteine contro i 20 g contenuti in 100 g di filetto di bovino adulto crudo, 35 µg di selenio contro i 17 µg del filetto, 5 µg di vitamina B12 contro 2 µg e 10,4 µg di vitamina B3 contro i 4,7 µg del filetto (fonte: Banca dati IEO). «Oggi, il ruolo positivo delle conserve ittiche è un dato di fatto» afferma Luca Piretta. «Parliamo di alimenti dotati di importanti caratteristiche nutrizionali, così come il

pesce fresco, ma con il vantaggio che si conservano a lungo e che possono arrivare anche dove il pesce è difficilmente reperibile. Proteine nobili, cioè di alto valore biologico, minerali (calcio, potassio, fosforo, ferro, iodio), vitamine del complesso B, oltre alle vitamine A, D ed E, sono solo alcuni degli elementi essenziali delle conserve ittiche. Infine, l’olio della scatoletta è un alimento da riutilizzare in cucina, non da eliminare, perché si arricchisce, a contatto col tonno, dei grassi polinsaturi, in particolare composti da acidi grassi Omega 3 (DHA) e di vitamina D (colecalciferolo), naturalmente non presenti nell’olio d’oliva». La conferma arriva da una ricerca condotta dalla Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari (SSICA) di Parma. Tonno in scatola e mercurio: i pregiudizi duri a morire Così amato eppure ancora circondato da falsità e allarmismi ingiustificati, come nel caso del mercurio. I consigli

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sanitari alle donne incinte riguardo al consumo di alimenti contenenti mercurio hanno portato talora a suggerire una drastica limitazione del consumo di pesce durante la gravidanza, e in alcuni casi, l’eliminazione dalla dieta. Tuttavia, dallo studio “The benefits of fish intake: Results concerning prenatal mercury exposure and child outcomes from the ALSPAC prebirth cohort”, riguardante l’esposizione prenatale al mercurio e lo sviluppo dei bambini dalla coorte prenatale ALSPAC, emerge che il pesce contiene molti nutrienti fondamentali per la crescita e lo sviluppo dei bambini, i cui effetti protettivi sembrano nettamente maggiori dei possibili rischi associati alla presenta di mercurio nel pesce. Studi longitudinali alle Seychelles, dove il pesce è un componente importante della dieta, hanno osservato effetti analoghi e non hanno rilevato impatti negativi sullo sviluppo cognitivo nei bambini. A supporto di questa osservazione, ci sono i risultati di un’indagine

condotta dalla SSICA, che ha analizzato campioni di scatolette di tonno sottolio di diverse marche, prelevate direttamente dal mercato: il valore di mercurio registrato è risultato ben inferiore al limite fissato dalla legislazione europea e nazionale, pari a 1 milligrammo per chilo sul peso fresco del muscolo di pesce (si veda box a pagina 108). «Non sembrano esserci motivi concreti per ridurre il consumo di pesce in gravidanza, restando negli ambiti di consumo suggeriti dalle linee guida più recenti — conclude Andrea Poli — perché, in generale, si riscontra un bilanciamento complessivamente favorevole del rapporto costi-benefici. Inoltre, nel tonno in scatola e in generale nelle conserve ittiche la presenza di selenio (35 µg per 100 grammi di prodotto) e altri elementi aiutano a compensare o superare l’effetto nocivo del mercurio, senza dimenticare che i livelli analizzati sono sempre sotto i limiti di legge». Fonte: ANCIT – Associazione Nazionale Conservieri Ittici

Bibliografia D’AVANZO B., ARDOINO I., NEGRI E., SERRAINO D., CRISPO A., GIACOSA A., G ARAVELLO W., B RAVI F., TURATI F., BOSETTI C., FATTORE E., L A V ECCHIA C., F RANCHI C. (2023), Canned Fish Consumption and Upper Digestive Tract Cancers, NUTRITION AND CANCER. FRANCHI C., ARDOINO I., BOSETTI C., NEGRI E., SERRAINO D., CRISPO A., GIACOSA A., FATTORE E., DOLCI A., BRAVI F., TURATI F., LA VECCHIA C., D’AVANZO B. (2022), Inverse Association between Canned Fish Consumption and Colorectal Cancer Risk: Analysis of Two Large Case–Control Studies, NUTRIENTS. MORGAN E., ARNOLD M., GINI A., LORENZONI V., CABASAG C.J., LAVERSANNE M., VIGNAT J., FERLAY J., MURPH N., BRAY F. (2022), Global burden of colorectal cancer in 2020 and 2040: incidence and mortality estimates from GLOBOCAN, GUT.

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Tonno in scatola, non è vero che… È la conserva ittica più diffusa tra gli italiani: i consumatori totali di tonno in scatola sono il 94% della popolazione e quasi 1 Italiano su 2 (43%) lo mangia ogni settimana (fonte: Ricerca Doxa/Ancit). Eppure, è ancora circondato da falsi miti e leggende metropolitane. Per porre fine a tutti i dubbi, ecco i luoghi comuni che ANCIT ha sfatato, una volta per tutte, con l’aiuto di Luca Piretta, Università Campus Biomedico di Roma. 1. “Il tonno in scatola non è così nutriente e sano come quello fresco” Grazie alle tecniche di conservazione d’avanguardia e al trattamento termico che rende inutile l’aggiunta di conservanti, oggi la scatoletta alimentare è divenuta baluardo per la sicurezza, la conservazione e l’anti spreco, mantenendo caratteristiche nutrizionali, del tutto simili a quelle del tonno fresco. «Entrambi sono ricchi di proteine nobili — conferma Luca Piretta — addirittura il tonno in scatola ne contiene una quantità maggiore (25 g per 100 g di alimento) rispetto a quello fresco (21 g per 100 g di alimento), visto che nella scatoletta è più concentrata la presenza del muscolo e meno presente la percentuale di acqua rispetto al pesce fresco. Ambedue apportano acidi grassi Omega-3, protettori del sistema cardiovascolare. Anche il contenuto di vitamine e sali minerali rimane inalterato: il tonno in scatola come quello fresco è ricco di iodio, potassio, ferro, fosforo e vitamine del gruppo B. Inoltre, il prodotto in conserva, a parità di apporto nutrizionale con quello fresco, è più economico ed offre numerosi vantaggi in relazione alla sua facile reperibilità, conservabilità e versatilità in cucina». 2. “Il tonno in scatola non è adatto all’alimentazione della terza e quarta età” Il tonno in scatola, grazie all’apporto di proteine nobili e di aminoacidi essenziali, è prezioso per la ricostruzione dei tessuti ed il ricambio cellulare. Inoltre, apporta sostanze utili per le funzioni cognitive-cerebrali, per la protezione e il funzionamento dei vasi sanguigni e per la salute di ossa e denti. E nella terza e quarta età aiuta a combattere la sarcopenia, la perdita di massa muscolare associata alla riduzione di forza e di performance fisica, che riguarda gli adulti sopra i 60 anni, accentuandosi significativamente nei soggetti che hanno compiuto 80 anni. Per Luca Piretta: «Innanzitutto è ricco di proteine di alto valore biologico e pertanto è molto utile per contrastare la sarcopenia, cioè la perdita di massa muscolare che si verifica col passare degli anni. Inoltre, fornisce nutrienti preziosi per la salute del cuore e delle arterie quali gli acidi grassi Omega-3 ed è ricco di vitamine e sali minerali che con il loro potere antiossidante contrastano i processi dell’invecchiamento come la vitamina D (che tende a ridursi soprattutto negli anziani), preziosa per combattere l’osteoporosi. Infine, il tonno in scatola è un alimento di facile masticazione ed alta digeribilità e può sostituire vantaggiosamente altre pietanze che sono più costose e che richiedono una preparazione culinaria più complessa». 3. “Il tonno in scatola contiene conservanti” Tonno, acqua o olio e sale marino, aromi naturali e niente di più: il tonno in scatola è un prodotto salutare e totalmente naturale, che non necessita la presenza di conservanti, perché non ne ha bisogno. E l’etichetta lo conferma. Le confezioni una volta riempite vengono chiuse ermeticamente e poi sterilizzate ad una temperatura compresa tra 110° e 120°, garantendo così una conservazione sicura per diversi anni, all’interno della scatoletta metallica sigillata. «Il tonno in scatola è un alimento sterilizzato termicamente in scatoletta metallica sigillata, ma non tutti lo sanno» commenta Luca Piretta. «La sterilizzazione garantisce la salubrità e la conservazione del tonno e permette di mantenere tutte le sue proprietà nutritive ed organolettiche (odore, colore, sapore, consistenza); è, pertanto, a tutti gli effetti una conserva senza conservanti, sano e sicuro da un punto di vista igienico. Con questo metodo, la naturalità non è affatto compromessa ed è garantita l’integrità del prodotto, senza assoluto bisogno di ricorrere a conservanti». 4. “Il tonno in scatola ha un alto contenuto di mercurio” L’industria conserviera ittica garantisce severi controlli, frequenti, puntuali ed estesi lungo tutta la filiera, dalla cattura alla

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commercializzazione tali da garantire livelli di salubrità e sicurezza massimi per il prodotto lavorato. Riguardo al mercurio in particolare, un’indagine condotta dalla SSICA di Parma per conto di ANCIT ha analizzato campioni di scatolette di tonno sottolio di diverse marche, prelevate direttamente dal mercato: il valore di mercurio registrato è risultato quasi sempre inferiore a 0,5 milligrammi per chilo, e comunque ben al di sotto del limite massimo, fissato dalla legislazione europea e nazionale, pari a 1 milligrammo per chilo sul peso fresco del muscolo di pesce. Inoltre, le aziende aderenti ANCIT adottano una politica di approvvigionamento molto accorta che consente di scegliere le materie prime sicure, di diversa provenienza geografica e che vivono in ambienti meno inquinati come l’ambiente oceanico e tropicale, per evitare che queste contengano contaminanti o sostanze che presentano dei rischi per il consumatore. «Le analisi della SSICA — confermate anche da altri studi — sono particolarmente interessanti perché hanno, inoltre, confermato la presenza di valori rispettabili di selenio (35 microgrammi per 100 grammi di prodotto) capace di mitigare la tossicità dell’eventuale presenza di quantità ridotte di mercurio» commenta Luca Piretta. «Questo è uno dei falsi miti più frequenti, che è ora di chiarire. Fatti i conti tra la quantità settimanale raccomandata e la percentuale effettiva di mercurio presente nel tonno, è comunque un margine di sicurezza così ampio che i vantaggi nutrizionali del consumo di tonno in scatola superano di gran lunga gli svantaggi». 5. “Il tonno in scatola ha un alto contenuto di sodio” In una scatoletta da 80 grammi (pari a 52 grammi di tonno sgocciolato), ci sono 0,16 grammi di sodio: la stessa quantità che introduciamo mangiando una fetta media di pane (circa 50 grammi) oppure una porzione di mozzarella da 100 grammi. «Nell’ultima revisione dei Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana (LARN), è stata considerata adeguata per la popolazione adulta l’assunzione di 1,5 grammi di sodio al giorno, ossia 3,75 grammi/ die di sale, nutriente fondamentale per il benessere dell’organismo. Il tonno in scatola sottolio ha un contenuto medio di sodio di 316 milligrammi per 100 grammi di alimento, di gran lunga al di sotto dei limiti consigliati. È dunque corretto affermare che il tonno in scatola fornisce macro e micronutrienti alleati preziosi per il nostro organismo, compreso il sodio, in giuste quantità» conclude Luca Piretta. >> Link: www.tonno360.it


PRODOTTI TIPICI

Alla scoperta della Sarda essiccata di Monte Isola di Riccardo Lagorio

«È un percorso che Monte Isola sta compiendo da anni e ora, grazie allo strumento della Denominazione Comunale, marchio collettivo depositato presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, si sta ulteriormente rafforzando» afferma con tangibile emozione Fiorello Turla, sindaco del comune bresciano al centro del lago d’Iseo e salito sul podio delle Destinazioni Turistiche d’Europa nel 2019. La strada tracciata da Fiorello Turla e dalla sua compagine amministrativa è la promozione dell’isola specie attraverso le sue specialità gastronomiche. Era già

successo per il salame e — la notizia è di inizio novembre —, tocca adesso alla sarda essiccata. L’appellativo “Sarda essiccata di Monte Isola a Denominazione Comunale” è riservata all’agone (Alosa agone), pesce presente nel lago d’Iseo, opportunamente lavorato secondo le condizioni e i requisiti stabiliti da un preciso disciplinare. La Alosa agone possiede corpo allungato e compresso lateralmente e una colorazione azzurro-grigiastra sul dorso e bianco-argentea sul ventre. Presenta una serie di macchie nere, talvolta poco evidenti, dietro

l’opercolo. La lunghezza massima è talvolta superiore a 35 cm, ma solitamente compresa entro tale limite. Ciò non comporta nessun ostacolo all’utilizzo per la trasformazione in sarda essiccata. La Alosa agone si nutre prevalentemente di plancton mentre gli individui di maggiori dimensioni si alimentano anche di piccoli pesci. Tranne che nel periodo riproduttivo, quando gli agoni depongono le uova, tra la fine di maggio e i primi giorni di luglio, prevalentemente di notte, lungo tratti di litorale a fondo ghiaioso, solitamente si mantengono in acque lontane dalle rive.

Gli agoni sono sottoposti al processo di essiccazione su particolari strutture chiamate “archecc”, poste in luoghi ombreggiati e riparate grazie a reti che proteggono i pesci da eventuali attacchi di insetti (photo © bresciatourism.it).

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Un monte in mezzo al lago, dichiarato uno dei Borghi più belli d’Italia: è Monte Isola. Dodici sono i suoi tipici borghi, alcuni in collina e altri a lago, caratterizzati da viuzze e vicoli a dimostrare il ruolo fondamentale che questo ebbe nell’economia dell’isola, da sempre basata sulla costruzione delle barche in legno, la produzione di reti e la pesca (photo © linoolmostudio via bresciatourism.it). La mezza dozzina di pescatori che trasformano l’agone utilizzano come rete il pendente, alta circa 6 metri. La maglia della rete varia tra 23 e 25 mm. La pesca dell’Agone alosa avviene tra novembre e marzo, periodo dell’anno durante il quale era ed è possibile l’essiccazione all’aria aperta e non si andava a incidere negativamente con la schiusa delle uova. Subito dopo la pesca, il pesce viene eviscerato, lavato e depositato in appositi contenitori ricoperto di sale grosso, in ragione variabile tra 50 g e 100 g per ogni chilogrammo di materia prima. Qui rimane per un periodo variabile tra le 48 e le 72 ore a temperatura ambiente. Trascorso questo periodo in salagione, si procede ad un nuovo risciacquo per togliere il sale. Il pesce viene poi appeso per la testa su arpioni assicurati su aste di acciaio per l’asciugatura che dura circa un mese, in base alle condizioni atmosferiche.

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Se l’asciugatura avviene all’esterno, cioè all’aria aperta, la strumentazione viene custodita in reti che impediscono l’ingresso a insetti e animali. In questo caso si provvede inoltre a portare al riparo la strumentazione nel caso di piogge o maltempo che possono danneggiare la corretta essiccazione del pesce. Qualora l’asciugatura avvenga in sale a temperatura e umidità controllate, queste hanno come parametri una temperatura variabile tra 4 e 10 °C e un’umidità variabile tra 30 e 40%. L’avvenuta essiccatura termina quando il pesce è sufficientemente rigido ed emana un caratteristico profumo di polpa matura. L’Agone alosa viene allora disposta a raggio in contenitori di acciaio. Quando i contenitori si sono riempiti, il pesce viene pressato per una o due settimane. Si deve avere l’accortezza che durante questo tempo la pressione sul pesce sia costante, considerando la perdita di ulteriore umidità da parte dello stesso. Non devono emergere umori: questo è

segno che il pesce è correttamente essiccato. Al termine delle settimane trascorse sotto pressione si aggiunge olio di semi. Dopo almeno 90 giorni di affinamento sotto l’olio il pesce, ammorbidito e insaporito, può essere venduto. Viene messo in vendita ai ristoranti in latte da 5 a 30 kg. Il consumatore può trovarlo in buste sottovuoto già preparate ovvero richiedere pesci sciolti, estratti al momento dalle latte. Il colore finale del pesce è dorato e grigio scuro, dalla consistenza soda e moderatamente elastica. Il sapore della sarda essiccata è intenso e ricorda l’umami. Al momento del consumo si suole scaldare leggermente il pesce in un tegame. Verrà servito preferibilmente con polenta grigliata. Ci si può riferire al Comune di Monte Isola per ottenere l’elenco dei produttori autorizzati all’utilizzo del marchio collettivo Denominazione Comunale (comune. monteisola.bs.it). Riccardo Lagorio

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Bossolà, il pane biscotto dei pescatori chioggiotti Dalla caratteristica forma ad anello, veniva consumato in barca durante le lunghe battute di pesca e si è conservato inalterato nei secoli di Nunzia Manicardi

Il nome è già sufficiente a descrivere il prodotto: un pane monodose dalla caratteristica forma arrotondata. Bossolà, appunto (e anche bussolai, bussolà o buzzolà), da intendersi come “bossolo” e quindi nel senso di arrotolato, avvolto. Secondo la tradizione, che ancora è ben ricordata nella laguna veneta, la forma deriva dal fatto che veniva portato dai pescatori in barca quando partivano per lunghe battute di pesca restando lontani da casa anche per diversi

mesi. La forma rotonda consentiva di sistemarlo sullo scalmo della barca per farlo essiccare ed essere poi pronto al consumo. Infatti, l’altra sua caratteristica è di essere un pane a lunga conservazione proprio perché, essendo secco, non ammuffisce con il clima marino. È, di conseguenza, considerato per eccellenza il pane dei pescatori veneti e, in particolare, quello di cui stiamo parlando è tipico dei pescatori di Chioggia, dove è tuttora un riconosciuto elemento

Il bossolà è un pane secco, a lunga conservazione, che non ammuffisce con il clima marino. Per questo era alimento tradizionalmente portato nelle barche dai pescatori quando si allontanavano per le battute di pesca e rimanevano lontani da casa diversi mesi (photo © chioggiaestate.it).

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di identità socioculturale oltre che gastronomica e dove viene venduto in confezioni di varie pezzature sia nei forni di piccola e media dimensione che nei supermercati. Essendo secco è molto fragile, si sbriciola con facilità, ma questo lo rende gradito anche come pane da colazione da inzuppare nel caffellatte o nel tè. Può essere consumato sia con il dolce (confetture, creme spalmabili al cioccolato, ecc…), sia con il salato (salumi, formaggi ecc…). Il bossolà è un prodotto artigianale che, nel suo gusto originale, è rimasto lo stesso da centinaia di anni. Attualmente alcuni panifici del territorio, per rispondere alle mutate e accresciute esigenze dei consumatori, producono anche bossolà che, pur mantenendone la forma caratteristica e lo stesso procedimento di lavorazione, possono contenere altri ingredienti, come il sesamo, oppure possono esse re privi di lievito per chi soffre di allergie. Oggi, peraltro, si impiegano anche olio extravergine d’oliva e/o strutto. Il bossolà è fatto completamente a mano con farine locali e nazionali “deboli”, cioè a basso contenuto di glutine. Con l’aggiunta degli altri ingredienti fondamentali che sono lievito, acqua e sale si prepara l’impasto, detto “bastardo” per la sua consistenza media, né dura né tenera, e lo si lascia riposare per 15 minuti. Con questa pasta si crea la tradizionale forma a cilindretto della consistenza di un grissino, che viene chiuso ad anello praticando sulla superficie un taglio longitudinale

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Chioggia sorge su piccole isole collegate da ponti ed è parte del sito “Venezia e la sua Laguna”, riconosciuto nel 1987 come Patrimonio dell’Umanità UNESCO per la sua unicità e per il suo straordinario valore paesaggistico e architettonico (photo © Riccardo Chiarini x unsplash). per permettere l’asciugatura e la successiva conservazione in stato ottimale. Si inforna per 30 minuti alla temperatura di circa 170 °C. Essendo fatto totalmente a mano, non c’è bisogno di possedere attrezzature specifiche, quindi tutti i forni sono in grado di produrlo. A fine cottura vengono aperte le valvole del forno per far uscire l’umidità in modo da far essiccare ben bene il prodotto. Segue la fase del confezionamento e dell’insacchettamento, anch’essa fatta perlopiù a mano.

Il prodotto ha una conservazione di circa tre mesi. La tradizionalità di questo “pane biscotto” nel territorio di Chioggia è attestata da fonti scritte che risalgono alla metà del Seicento, quando i bossolà (“buzzolai”) sono citati in un documento di una visita pastorale effettuata l’11 maggio 1644 presso il monastero di S. Francesco: “… Si cucina in casa e sono io et una conversa al furno. Non si dà fuori farina se non per far i buzzolai per il convento che si fanno di Pasqua e de Nadale, et

qualche altra volta si fa qualche torta che ordina la Madre Abbadessa…” (ACVC, Serie Visite pastorali, volume 95, carta 218). Ma forse questa non è neanche la testimonianza più antica perché la preparazione dei bossolà nelle case dei chioggiotti affonda nella notte dei tempi, tramandata da padre a figlio già dai tempi della Repubblica Serenissima e molto probabilmente anche prima, giungendo inalterata fino ad oggi. Nunzia Manicardi

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IL BUONO SECONDO LARA

Comacchio, cultura marinara e lavorazione del pesce Un luogo dalle caratteristiche particolari, dove le acque dolci del fiume più lungo d’Italia incontrano quelle salate del mar Adriatico creando caratteristiche ambientali e climatiche uniche. Proprio qui, è diffusa la produzione di marinati, come l’anguilla marinata Presidio Slow Food di Lara Abrati

Comacchio è un luogo incantevole, chiamato anche “la piccola Venezia” date le sue caratteristiche architettoniche e i canali che attraversano il suo piccolo centro storico, coi carat-

teristici ponti e le belle passeggiate. Appena vi si arriva, risulta evidente che la cultura marinara e la sapiente lavorazione delle materie prime che il territorio poteva offrire, ha

permesso la sopravvivenza della sua popolazione. Una zona acquitrinosa, dove le acque salmastre ospitano diverse specie ittiche che, nel tempo, sono state ben valorizzate. Una

La specialità di Comacchio è l’Anguilla (Anguilla anguilla) e il metodo di conservazione locale è la marinatura in aceto. Nella Manifattura dei Marinati vengono prodotte le uniche anguille di Comacchio Presidio Slow Food: anguille selvatiche certificate, cucinate manualmente secondo un disciplinare di cui vi sono tracce scritte dal 1700.

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1) La “Sala degli Aceti” con i grandi tini e le botti per la salamoia della Manifattura dei Marinati. 2) L’anguilla marinata. 3) Le alici marinate de I Marinati di Comacchio. 4) La “Sala dei Fuochi” della Manifattura dei Marinati. molluschicoltura all’avanguardia, che prevede l’allevamento di cozze, vongole e ostriche, ma anche un’attività legata alla pesca che prevede poi la marinatura e la trasformazione in conserva di anguille, alici e acquadelle (specie che vivono bene in questi ambienti, con acqua salata,

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salmastra e dolce). Una zona, questa, visitabile a cavallo di una bicicletta, ma anche sfruttando i numerosi tour in barca organizzati lungo i diversi canali. Verso le Valli di Comacchio vi sono anche alcuni ittiturismi dove poter assaporare una confortevole

cucina di mare a base di molluschi o anguille selvatiche locali (solo nel periodo in cui la pesca è autorizzata) cotte alla brace: un pesce le cui carni ben si prestano a questo metodo, data la generosa quantità di grasso presente. Esemplari belli saporiti, succulenti e tutti da gustare.

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Le Valli di Comacchio sono la più grande zona umida tutelata in Italia, un’area protetta di grande valenza naturalistica, un paesaggio vario e mutevole in cui l’elemento caratterizzante è l’acqua. Il territorio delle Valli rientra nella “Biosfera Delta del Po”, patrimonio UNESCO

I marinati: una tradizione portata avanti dalla Manifattura dei Marinati Oltre al pescato fresco, la vera chicca gastronomica per cui vale ancora di più la pena visitare Comacchio, è la vecchia Manifattura dei Marinati, dal 2004 trasformata in un’interessante museo dedicato alla lavorazione delle specie ittiche locali. L’enorme edificio, dopo una riqualificazione, ospita nella “Sala

dei Fuochi” un moderno laboratorio dove, solo per alcuni mesi all’anno (quelli tardo-autunnali), viene prodotta l’anguilla marinata come da tradizione. L’anguilla viene decapitata, pulita, tagliata a tocchi, poi spiedata e cotta lentamente sul fuoco. Questo le dona il tipico aroma leggermente affumicato; infine, viene conservata nella tradizionale salamoia a base di aceto, sale di Cervia e alloro. La

si trova nelle latte di colore rosso (della storica ex azienda Valli) ed è un prodotto tutelato dal Presidio Slow Food: un pesce trasformato che stupisce per le sue carni tenere e molto saporite, in cui si percepisce bene anche l’acidità data dalla concia per la marinatura. Anche le acquadelle, le acciughe e le alici sono prodotti ittici lavorati dalla Manifattura e trasformati in marinati. Le prime vengono pescate e poi trasportate vive presso il laboratorio di lavorazione. Qui vengono lavate, infarinate e fritte. Dopo un periodo di riposo, vengono selezionate e messe in latta con la stessa salamoia utilizzata per l’anguilla. La stessa lavorazione viene riservata alle acciughe. Meritano menzione anche le alici, lavorate manualmente ad una ad una. Dopo essere state pescate nell’area del Delta del Po, vengono portate

Antica città lagunare sul Delta del Po costruita su 13 piccole isole per agevolare uno sviluppo economico che sfruttasse i vantaggi del fiume, Comacchio si presenta oggi come un fitto dedalo di canali, con piccoli ponti che collegano i diversi angoli della città e case a schiera dalle tinte pastello che caratterizzano i quartieri più interni.

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Le sarde marinate (S’arde in compagnia), le acquadelle marinate (P’esce di casa) e le alici marinate (Alici per gli amici) I Marinati di Comacchio. Si tratta in questo caso di pescato italiano dell’Alto Adriatico, trasformato e lavorato manualmente secondo un preciso disciplinare che riprende la tradizione storica comacchiese della marinatura del pescato. nel laboratorio della Manifattura dei Marinati di Comacchio dove vengono lavate, poi selezionate e spinate manualmente. I filetti ottenuti vengono immersi in aceto e sale, dove marinano per una notte intera. Il giorno successivo vengono scolati dalla salamoia e inscatolati nelle latte in cui viene inserito l’olio di semi di girasole per la loro conservazione. L’anguilla e il rischio estinzione Purtroppo l’anguilla europea è

considerata ormai un pesce a rischio estinzione: se n’è infatti ridotta la presenza di quasi il 90%. Cifre che fanno riflettere e che hanno portato a regolamenti che ne vietano la pesca in determinate circostanze. A poco sono valsi i diversi progetti che avevano come obiettivo la loro salvaguardia, la cui pesca era già vietata nel primo trimestre di ogni anno. Per questo 2023 le restrizioni si sono inasprite (Piano Nazio-

nale Anguilla), soprattutto per quanto riguarda la pesca sportiva, vietata per tutto l’anno, mentre per la professionale l’inasprimento delle misure ha riguardato “solo” il secondo trimestre dell’anno in corso. L’obiettivo è preservare il più possibile gli esemplari durante il ciclo riproduttivo, nella speranza possa salvare questa ammaliante specie dalla completa sparizione. Lara Abrati


IL PESCE IN TAVOLA

Non solo col vitello La salsa tonnata in cucina di Giorgia Fieni

Maionese, tonno in scatola e solo un filo d’olio per renderla più morbida: tutti ingredienti disponibili in qualsiasi dispensa. Non ci sono apparentemente segreti nella salsa tonnata, se non l’aggiungervi capperi e acciughe per darle il sapore del mare e renderla più rustica. La magia avviene quando si trasforma in un alimento ricercato. Nella focaccia preparata con cereali autoctoni, con una fettina di tacchino arrosto, diventa un aperitivo super chic, mentre sulla carne (specie il roast beef) è quella strisciolina che fa molto haute cuisine. Ma anche quando la si abbina ad altri ingredienti dando al tutto un “nome altisonante”: Carpaccio di tonno rosso con sfera di salsa

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tonnata (CLAUDIO SADLER), Tonno fucsia (MORENO CEDRONI abbina al pesce salsa tonnata e salsa di rapa, completando con germogli di cavolo e granita alla melagrana), Bufala tonnata (una pizza di FRANCO PEPE con fiordilatte, scamorza affumicata, scarola, carne di bufala e capperi), Tonno, fichi e popcorn (ELIO SIRONI, la salsa è di condimento, assieme a un gel al peperoncino), Carpaccio di ricciola, salsa tonnata alla mandorla e artemisia (STEFANO BARTOLINI), Peperone arrosto con salsa tonnata e bottarga (FEDERICO ZANASI), Spaghetto aglio olio e peperoncino con salsa tonnata, sgombro e salsa al prezzemolo (ERNESTO IACCARINO). MARTA GRASSI fa somigliare il vitello tonnato al Bosco Verticale

di Milano. CARLO CRACCO, invece, per preparare la salsa elimina del tutto la maionese («perché la tradizione piemontese non la prevede e perché è un elemento grasso e neutro, che toglie sapore anziché aggiungerlo») e usa come base (per tonno, acciughe e capperi), il sugo (jus) di vitello. Nella cucina di casa questa salsa arricchisce una pizza con pomodorini e burrata, è un condimento mediterraneo per la pasta (anche fredda), dà sprint alle verdure stufate o grigliate (anche come ripieno) e agli involtini di prosciutto cotto, è il condimento per le chips, il posto dove affogare le uova sode e le patatine fritte, è nel tramezzino con prosciutto di Praga. E non manca mai

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Polpo con patate e olive taggiasche

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Gastronomia Takeaway Per chi non ha tempo di cucinare, ma vuole comunque gustare una ricetta fatta in casa. Selezionato e confezionato a mano.


nei picnic e nei buffet, con cracker, fette biscottate, crostini, bruschette e all’interno dei vol-au-vent di pasta sfoglia. Ma vi suggerisco di usarla anche come “collante” nel prossimo panettone gastronomico… farà un figurone! Per renderla più originale possiamo usare il formaggio spalmabile al posto della maionese, per alleggerirla, o robiola, o ricotta o yogurt… Anche besciamella, per un tocco indubbiamente più ricco (chissà come sarebbe nelle lasagne??). Olive e/o peperoncino le daranno invece un tocco piccante e deciso. Il vero mistero della salsa tonnata sembra quindi essere legato alla sua storia: al mio attuale livello di ricerca

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sull’argomento, non sono riuscita a trovarne un’origine certa e, soprattutto, un’origine non legata al vitello. Insomma, nessuna cameriera di una casa borghese a cui per caso cade della maionese appena rimestata senza farla impazzire in un contenitore con del tonno e che scopre quanto stiano bene insieme. Fortunatamente, però, ho anche trovato poche versioni industriali… Come a dire, “la maionese la compro già pronta ma a mescolarci il tonno sono capace”. E forse è proprio questo il segreto della salsa tonnata: il non rispettare una ricetta ma muoversi a istinto seguendo il più severo dei giudici, il palato! Giorgia Fieni

In alto: la pizza Bufala tonnata di Franco Pepe con fiordilatte, scamorza affumicata, scarola, carne di bufala e capperi. A pagina 118: salsa tonnata. La preparazione classica prevede l’uso di tonno, acciughe, capperi e tuorli o maionese al fine di renderla morbida.

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SAPORE DI MARE

Ristorante AlMare Fano: il pesce secondo Antonio Scarantino di Riccardo Lagorio

Le alici, pane del mare per il loro carattere popolare e dalla buona diffusione nei nostri mari, si avvicinano alla costa dell’Adriatico per la riproduzione dove depongono le uova in primavera. Così, secondo un principio di visione a lungo periodo della pesca, la cattura di estende da

novembre fino alla fine dell’inverno. «Tra l’altro, proprio in virtù del fatto che prima della deposizione delle uova, questi pesci hanno una maggiore concentrazione di grasso, il loro sapore risulta migliore proprio in inverno» ci informa Antonio Scarantino, il cuoco di AlMare, risto-

rante spiaggiato sulla costa di Fano. Una struttura modernista, di stampo quasi scandinavo, in cemento, vetro e acciaio, votato alla luce marina, quasi dentro il mare. Ha preso vita proprio con questo spirito uno dei piatti che più convincono del cuoco siciliano approdato

Gli Spaghetti scottadito di Antonio Scarantino. Gli spaghetti sono passati rapidamente alla brace, sbollentati e mantecati con sugo di sardoncini rinvigorito da alici marinate in limone.

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Classe 1988, Antonio Scarantino è uno dei più giovani chef italiani. nelle Marche: Sgombro, alici, cipolla caramellata, mela e quinoa. Un piatto complesso per varietà di consistenza, per sfumature di sapidità e contrasti. Anche il cromatismo dà valore al piatto, grazie al contrasto delle tinte aranciate e beige presenti. A Fano Scarantino si è confrontato con una cultura culinaria ricca di spunti: il locale è del resto frutto di un incontro/scontro, quello tra il cuoco, nomade delle continentali cucine, e Simonetta Biagiotti, fanese e da sempre presente nel mondo della ristorazione. È allora una logica conseguenza che la tavola sia colorata, figlia di commistioni di diverse latitudini come la Tartare di scampi con gazpacho verde (di cetriolo e avocado) e uova di trota, giocata, di nuovo, su diverse consistenze e saporiti ingredienti ittici. Giusy Scarantino, in sala, si muove nel frattempo con autorevolezza, suggerendo e illustrando le preparazioni culinarie del fratello. Vi capiterà, se è il vostro giorno fortunato, di provare gli Spaghetti scottadito. Prendono nome dal metodo di cottura dei sardoncini: alla scottadito, alla brace. Gli spaghetti sono passati rapidamente alla brace, sbollentati e

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mantecati con sugo di sardoncini rinvigorito da alici marinate in limone. La pasta acquista un caratteristico sapore affumicato e mantiene una piacevole tenacità. Dal canto suo il Ragù di pesce provoca una nitida visione del paradiso con la sua sferzante dose di iodio. Si scolpisce nella memoria e rimane un verbo al presente. Festoso, croccante, odoroso di terra e di mare è il Polpo grigliato, ristretto della sua acqua e topinambur in versione cremosa e scricchiolante. Il divertimento è ancora quello di giocare con le consistenze: la pastosità e la salda compattezza dell’elemento vegetale e di quello ittico. Anche la versione estiva provoca le medesime emozioni: quella del Polpo alla brace, pomodorino del piennolo giallo, pesca di Montelabbate e menta. In questo caso andrebbe conferito un premio per il recupero della pesca di Montelabbate, stella della arboricoltura pesarese, soffocata da ignavia e cemento a partire dagli anni ‘60: una ricerca esuberante che caratterizza molte delle preparazioni dell’accoppiata Scarantino-Biagiotti. Dai fornelli escono anche piatti della tradizione marchigiana che vengono trasformati in maniera incruenta: è il caso del Baccalà all’anconetana, cotto a bassa temperatura e poi tostato e servito con patate al forno e foglia d’alloro, e, soprattutto, del Brodetterò, la versione di AlMare del piatto di Fano, il brodetto. Guidata da eleuteria, una volta serviti branzino, polipetti, cernia e seppia passati alla piastra, la mano di Giusy Scarantino irrora il piatto con un generoso fumetto direttamente al tavolo. Al di là dello spettacolo, genera smisurata la bontà. D’obbligo, al termine, la tradizionale moretta: strati di liquore sui quali è versato caffè. Riccardo Lagorio Ristorante AlMare Via Ruggero Ruggeri 61032 Fano (PU) Telefono: 0721 969727 E-mail: info@ristorantealmare.it Web: ristorantealmare.it


TURISMO GASTRONOMICO

I luoghi del bisàt e della sua Comunità promossa da Slow Food Veneto Orientale

A spasso lungo la Livenza, al ritmo lento del fiume di Gaia Borghi

In quanti modi si può conoscere un fiume? Ammirarne i contorni, le curve sinuose, la dolcezza del paesaggio a cui dà forma, diverso da stagione a stagione. Su una barca o su un kayak, in sella ad una bici, parlando con i pescatori che ne conoscono i segreti e ne rispettano tempi e ritmi, seduti al tavolo di un’osteria o visitando una cantina per degustare anche i prodotti e i vini del territorio che il fiume attraversa.

Il turismo fluviale offre tantissime opportunità a chi ha la voglia e la curiosità di coglierle e il “GiraLivenza” (www.giralivenza.it), tra le province di Venezia e Treviso, è uno di questi interessanti percorsi. Una green way, come viene definita, a voler sottolineare la sostenibilità dal punto di vista ambientale dei diversi itinerari ciclo-pedonali e navigabili che la compongono. Sì, avete letto bene: la Livenza, un fiume

di pianura molto ricco di acqua tutto l’anno, è infatti navigabile per quasi tutta la lunghezza del suo alveo e si può approfittare di questa modalità di esplorazione per godere della bellezza della natura da un altro punto vista, immersivo e, appunto, ecologico*. Lentamente, immergendosi il più possibile nelle atmosfere un po’ rarefatte dell’ambiente che il fiume disegna, gli argini ampi e la bassa

La Livenza nei pressi di Caorle, dove sfocia nel Mar Adriatico dopo un percorso di 112 km. Il nome del fiume deriva dal latino “liquentia”, verbo “liquere”, che significa scorrevole.

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vegetazione, il senso di pace che ti avvolge, si segue il corso fluviale facendo tappa a Motta e San Stino di Livenza e Pramaggiore, città del vino, Sant’Anna di Boccafossa e il suo Museo del Paesaggio, San Alò, il magnifico borgo recuperato di Ca’ Corniani, la cui storia è intrecciata alla grandiosa bonifica ottocentesca, la prima realizzata da un soggetto privato, che richiamò operai da tutta Italia e che oggi affianca alle attività di azienda agricola vari progetti di valorizzazione artistica e culturale (www.cacorniani.it). Si prosegue poi fino a Caorle e alle sue colorate casette di pescatori, con la visita obbligata al suo piccolo ma ricchissimo mercato ittico, passando per Torre di Mosto, il paese del bisàt, l’anguilla nel dialetto locale. Qua e là sugli argini, facendo un po’ di attenzione, è possibile avvistare numerose “bilance”, i tipici casotti da pesca tuttora in uso, dotati di una grande rete quadrata immersa nell’acqua e sollevata periodicamente per raccogliere il pescato di cui sono ricche queste acque: cavedani, trote delle varie specie, tinche, scardole, alborelle, carpe, lucci, temoli e anguille. Proprio a proposito di anguille, la Condotta Slow Food del Veneto Orientale ha da qualche tempo promosso la nascita della “Comunità per la valorizzazione del Bisàt della Livenza” — come vuole il progetto originario delle cosiddette “Comunità del cibo” che l’associazione della chiocciola porta avanti —, alla scopo di preservare la pesca tradizionale e soprattutto sostenibile di questo pesce dalle caratteristiche uniche. Una creatura acquatica senza pinne e senza squame che ha del leggendario e che ha da sempre incuriosito chiunque ne abbia approcciato aspetto e abitudini fin dalla notte dei tempi: per gli antichi Egizi, ad esempio, le anguille nascevano quando il sole scaldava le acque del Nilo, Aristotele sosteneva che le anguille nascessero dal fango mentre Plinio il Vecchio credeva si riproducessero sfregandosi tra i sassi. Per avere notizie più veritiere si può chiedere direttamente a Dario

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Un particolare del bellissimo borgo colorato di Caorle e Dario Caovilla, “ultimo” pescatore professionista di anguille della Livenza.

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La Trattoria La Gassa a San Alò di San Stino di Livenza, nei pressi dell’argine fluviale e di uno degli approdi, recentemente restaurato, è una tappa imperdibile per assaporare le specialità di fiume e non solo lungo l’itinerario del GiraLivenza. Accolti da Antonia e Umberto, si gusta una cucina semplice ma curata nei dettagli, col pesce fresco del territorio in primo piano e quindi bisàt in umido coi àmoi o alla brace, naturalmente, ma anche baccalà mantecato e polenta, mazzancolle in saor, sardoni marinati, il risotto con i gò, il Gran fritto con il pescato del giorno. E al termine del pasto, pranzo o cena che sia, non ci si può sottrarre al rituale dell’assaggio dell’uvetta casalinga messa sotto grappa e Sambuca. La Gassa è uno dei locali segnalati nella guida Osterie d’Italia 2024 di Slow Food. Caovilla, “ultimo” rappresentante ufficiale della pesca tradizionale del bisàt della Livenza dopo che FELICE GAZZELLI, il Canarin, Gran maestro della Confraternita del Bisàt, ha deciso di “appendere” le sue reti al chiodo e andare in pensione. Dario si è appassionato alla pesca delle anguille con la maturità, costruendosi quasi tutta l’attrezzatura da solo, i bertovelli e i cogolli

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di diversa grandezza, particolari trappole che tra l’altro ha dovuto modificare usando materiali plastici resistenti dopo la comparsa massiccia del famigerato Granchio blu, predatore vorace e particolarmente aggressivo che con le sue chele rompe facilmente le reti. Con barchini di 5 metri circa, posizionati nei diversi fiumi che frequenta, come il Piave, Dario

pesca passere, branzini, cefali… Inoltre, fa parte della FIPSAS (Federazione Italiana Pesca Sportiva Attività Subacquee e Nuoto Pinnato) del Veneto, con la quale segue e sostiene il progetto di recupero dello storione. La sua è un’attività solitaria, un’immersione completa nella natura, nei suoi suoni e nei suoi silenzi, con l’unica compagnia del fidato cagnolino Charlie. Un tipo di pesca che Dario pratica nelle quantità, nelle zone e nei periodi che gli sono consentiti dalle regole della Commissione europea. «Periodi sempre più brevi» sottolinea amareggiato. «Quest’anno le normative della UE si sono fatte più stringenti e mi è possibile pescare solo 6 mesi, da luglio a dicembre. Praticamente il periodo di fermo pesca si è allungato di ulteriori tre mesi, escludendo tutta la primavera, perché le anguille continuano a diminuire ed è necessario tutelare la risorsa. Il problema è che non è riducendo la pesca qui, in questi fiumi, dove l’anguilla non si riproduce, che la si protegge, bensì colpendo i pescatori che ne fanno incetta direttamente nell’oceano». L’anguilla, mi racconta Dario, è un pesce stanziale, territoriale: una volta individuato un luogo per così dire “ideale” fa il suo buco, la sua casina, e lì rimane finché non deve cominciare il lungo viaggio verso il Mar dei Sargassi dove avviene la riproduzione. E, potrà sembrare incredibile ma, quando le piccole anguille iniziano il loro viaggio seguendo le correnti e, attraversando lo Stretto di Gibilterra, in qualche modo tornano negli stessi luoghi dove “vivevano” i genitori. Dario quei luoghi li conosce bene ed è proprio lì che posiziona le sue trappole, per una settimana al massimo, spostandole via via così da tutelare risorsa e ambiente. Ad oggi, purtroppo, nessuno pare abbia voglia di continuare questo tipo di pesca. «E non gli do certo torto — commenta Dario — perché è un lavoro che non dà sicurezze». Eppure lui, mi pare, non lo cambierebbe con nessun altro. Gaia Borghi

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Nota * Il Gruppo EBOATS&GO®, progetto di navigazione ecologica mirato ad esplorare la natura in modo totalmente rispettoso, offre un servizio di noleggio di barche elettriche che non richiedono la patente nautica: “Il nostro obiettivo è incentivare un turismo ecologico e rispettoso delle risorse dell’ambiente, come migliore via per creare stupore, meraviglia, che da sempre sono le radici della conoscenza, facendo diventare i fiumi, le lagune e i laghi stessi un mondo a disposizione e disponibile, per divulgare un nuovo comportamento nei confronti dell’ambiente, dove la regola principe insita nello spirito di chi la propone e di chi la percorrerà è sempre il rispetto e la convivenza con gli elementi della natura”. Info: eboatsandgo.com

Una delle numerose “bilance”, i tipici casotti da pesca tuttora in uso, che si possono scorgere lungo il corso della Livenza (photo © GiraLivenza).

Un fiume di sapori: bisàt, folpi e vini del territorio In concomitanza con la fine della cosiddetta fraìma, il periodo in cui le anguille scendono i fiumi per intraprendere la loro ultima migrazione pelagica a scopo riproduttivo, giunge a conclusione anche “Livenza, fiume di sapori”, kermesse nata al fine di valorizzare e salvaguardare il Bisàt liventino dall’idea e dall’impegno di LUCA ORTONCELLI, con il sostegno e la collaborazione fattiva Condotta Slow Food del Veneto Orientale, e oggi punto di riferimento per diverse tipicità agroalimentari e ittiche del basso corso del fiume. «La capacità di adattarsi alle contingenze, mantenendo ferma una propria connotazione legata all’ecosostenibilità e al turismo esperienziale di prossimità, ha consentito alla rassegna di attraversare con successo il periodo pandemico — racconta Luca Ortoncelli —, dimostrando di sapersi adeguare ai continui mutamenti anche in questa prima annata post Covid, comunque interessata da due eventi che da apparenti limitazioni si sono tramutati in occasioni di rilancio, ovvero il protrarsi sino al mese di luglio del fermo pesca delle anguille come da normativa europea e il successivo scoppio su tutto il territorio nazionale della “bolla” del Granchio blu, la specie alloctona invasiva il cui proliferare presso la foce del fiume Livenza era stato segnalato dal nostro pescatore di fiducia, Dario Caovilla, a partire dal 2016. La scorsa primavera quindi, in assenza di anguille, la Confraternita del Bisàt ne ha approfittato per stringere una nuova rete di collaborazioni con alcune delle principali confrarìe venete, come quelle della “Renga Concordiese”, del “Baccalà alla Vicentina”, della “Corniola Cornedese”, e del “Folpo di Noventa Padovana”». La cena di gala conclusiva della kermesse ha coinciso con la settima edizione del premio “Bisàt d’Argento”, assegnato nelle sue categorie Ambiente, Sport e Cultura; ai fornelli lo chef Ottavio Nadalon, della trattoria “Al Mulino” di Villanova di Motta di Livenza e decano tra i mastri anguillari liventini, che ha cucinato diverse specialità a base di anguilla, accompagnate da una selezione di vini locali delle cantine site nell’area a spiccata vocazione viticola alla sinistra del fiume Livenza (in foto, il bisàt in umido coi àmoi su polenta qualità Biancoperla).

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SHOW YOUR BUSINESS POTENTIAL

16-17 Gennaio 2024 20 a EDIZIONE www.marca.bolognafiere.it

COMITATO TECNICO SCIENTIFICO


FIERE

HostMilano 2023, hub globale Un evento che si conferma anticipatore dell’innovazione nell’ospitalità professionale con più di 180.000 visitatori, dei quali oltre il 42% internazionali. Elevata la qualità tra gli oltre 700 hosted buyer altamente profilati e i buyer spontanei, decisori aziendali con alta capacità di spesa Un’esperienza al livello delle migliori annate, che consolida la leadership di HostMilano quale hub globale di riferimento per l’innovazione nell’ospitalità professionale, il fuoricasa e il food retail. Questo il commento più ricorrente tra espositori e operatori del settore in chiusura della 43a edizione del salone, conclusosi lo scorso 17 ottobre a Rho fieramilano.

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Più di 180.000 i visitatori professionali, tra i quali spicca l’incidenza di operatori internazionali da 166 Paesi, che ha superato il 42% del totale. Oltre che da nazioni europee come Germania, Francia, Spagna, Svizzera e UK, delegazioni particolarmente numerose si sono registrate dal Nord e Sud America (1 su 10), Paesi del Golfo e Asia (circa 1 su 5).

Al di là dei numeri, a colpire è stata soprattutto la qualità degli incontri di business, grazie all’elevata profilazione tra gli oltre 700 hosted buyer e tra i decision maker che di propria iniziativa hanno visitato i quartieri di FieraMilano dove le novità erano presentate in contesti che raccontano in che modo i prodotti rispondano ai desiderata degli utenti.

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Foto di gruppo per Valerio Sapucci e tutto lo staff di Adriatic Sea International, leader mondiale nella progettazione e realizzazione di acquari e impianti per crostacei. Qui insieme a Roberto Casati di Economia del Mare.

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Stagionello®, impianto di stagionatura naturale brevettato e prodotto interamente in Italia, viene realizzato anche per i prodotti ittici. In anteprima le novità che anticipano i trend di mercato E se c’è chi ha percorso molte migliaia di chilometri per arrivare a Milano perfino da Isole Fiji, Swaziland (eSwatini) o Tanzania, una ragione c’è: HostMilano è l’appuntamento dove i top player di tutto il mondo presentano in anteprima le loro nuove tecnologie al punto che, come affermano gli stessi buyer esteri, si possono trovare novità non ancora disponibili sui mercati di destinazione anche per le aziende già presenti nel Paese. Novità ambientate in contesti, spesso di design, che “raccontano” in che modo i prodotti rispondano ai desiderata degli utenti: secondo una ricerca presentata in manifestazione da TradeLab, infatti, il 51% degli Italiani è pronto a tornare a spendere nel fuoricasa (seconda voce in assoluto dopo i viaggi) e ben due terzi (il 66%) danno più importanza ad un’esperienza che stimoli attese, aspettative e curiosità — ma sia al contempo rassicurante

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— che non al solo cibo e bevande. Una propensione allo storytelling che si è rispecchiata nel dinamismo dei social media. Solo su Instagram #HostMilano ha superato 1 milione e 400.000 impression e i Paesi che hanno maggiormente seguito la manifestazione sui social sono stati Italia, Brasile, Stati Uniti, Spagna, Francia e Regno Unito. Notevole anche il riscontro sui media tradizionali, con 1.342 giornalisti presenti (279 quelli internazionali) e più di 5.000 tra citazioni e articoli. Appuntamento ad ottobre 2025 Dall’intelligenza artificiale alla robotica, dai nuovi materiali riutilizzabili o riciclati in ottica di economia circolare alle soluzioni per il massimo risparmio di energia e acqua, fino alla progettazione che utilizza i big data per creare format e layout sempre più esperienziali e multisensoriali: quella di quest’anno è stata un’edizione di Host all’insegna dell’innovazione sostenibile e della

transizione digitale, che anticipa le esigenze di un mercato in pieno rilancio. Secondo dati di Export Planning, il commercio mondiale delle filiere rappresentate in fiera ha infatti toccato nel 2022 un nuovo massimo, pari a 178,3 miliardi di euro, a livelli ampiamente superiori a quelli pre-pandemici: 38 punti percentuali superiore al 2019. Il food service equipment in senso stretto è stimato da Future Market Insights in circa 44 miliardi di dollari, ai quali il made in Italy contribuisce per più del 10% (4,6 miliardi di euro; fonte: Ufficio Studi ANIMA Assofoodtec). L’appuntamento con la 44a edizione di HostMilano è a fieramilano dal 17 al 21 ottobre 2025.

>> Link: host.fieramilano.it

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Seafood Expo Eurasia, cancellate le date di dicembre 2023. L’appuntamento fieristico riprogrammato dal 15 al 17 maggio 2024 In risposta al conflitto in corso in Medio Oriente, gli organizzatori di Seafood Expo Eurasia hanno preso la difficile decisione di rinviare l’evento al maggio 2024. I rappresentanti degli organizzatori — Seafood Expo Development — hanno sottolineato che la sicurezza e il benessere dei visitatori e degli espositori sono sempre stati la priorità assoluta e che questa decisione è stata presa tenendo conto dei loro interessi. Seafood Expo Eurasia, originariamente previsto per il 7-9 dicembre 2023, sarà ora riprogrammato al 15-17 maggio 2024. L’evento si svolgerà a Istanbul, al Tüyap Fair and Congress Center, Padiglione 3. Le condizioni di partecipazione annunciate nel 2023 rimangono invariate nel 2024. La registrazione dei visitatori rimane aperta e tutti i biglietti sono validi per le nuove date. Gli organizzatori confermano la loro responsabilità nel proteggere e sostenere la sicurezza di tutti coloro che partecipano all’evento e fanno presente che la decisione di rinviare la fiera è stata presa dopo un’attenta valutazione e consultazione con le autorità competenti. «Siamo impegnati ad ospitare un evento di successo che fornisca una piattaforma per promuovere le opportunità commerciali, la condivisione delle conoscenze e la crescita del settore. Le nuove date ci permetteranno di raggiungere questi obiettivi in condizioni più sicure e stabili. Comprendendo gli investimenti e la pianificazione che comporta la partecipazione a Seafood Expo Eurasia, il nostro team lavorerà a stretto contatto con tutti gli espositori e i visitatori registrati per soddisfare le loro esigenze. Ci auguriamo che i nostri partner continuino a sostenerci e a comprenderci», ha dichiarato Anna Shelkova, Show Director di Seafood Expo Eurasia. Per gli ultimi aggiornamenti e informazioni sull’evento vi invitiamo a visitare il sito web. >> Link: seafoodexpoeurasia.com

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Photo © CibusTec Fiere di Parma.

Parma capitale del comparto tecnologico per il Food & Beverage

CibusTec, grande edizione La meccanica per l’industria Food & Beverage è uno dei settori di eccellenza della manifattura italiana; con oltre 2.100 imprese attive e 61.000 addetti, il comparto ha generato, nel 2022, un giro di affari di 15,7 miliardi di euro. Rispetto al 2019, il fatturato è cresciuto del +7,6%, mentre la forza lavoro ha registrato un incremento del +11,7%. Questa filiera, inoltre, rappresenta uno dei settori del made in Italy più vocati ai mercati internazionali, con un export di 8 miliardi di euro nel 2022 (+24,2% rispetto al 2012). Nei primi sei mesi del 2023, rispetto allo stesso periodo del 2022, il trend delle esportazioni è in crescita (+16,4%) e, a fine 2023, si stima di chiudere con un valore pari a circa 8,8 miliardi (+10% sul 2022).

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In questo scenario, a Parma, dal 24 al 27 ottobre scorsi, è andato in scena CibusTec, l’evento fieristico di Koeln Parma Exhibitions dedicato alle tecnologie per il settore alimentare e delle bevande, facendo sì che gli oltre 40.000 professionisti, dei quali 3.000+ top buyer da 80 diversi Paesi, potessero incontrare 1.200+ espositori (il 30% provenienti dall’estero), con oltre 10.000 appuntamenti registrati sulla Business Agenda. CibusTec ha portato il visitatore all’interno di un’ideale fabbrica del futuro nella quale si potevano toccare con mano tutti i processi che portano sulle nostre tavole i cibi e le bevande che giornalmente consumiamo. Nel corso dell’inaugurazione dell’evento, THOMAS ROSOLIA, presidente di Koeln Parma Exhibitions,

ha evidenziato quanto in questi ultimi anni sia cresciuta la reputazione internazionale del salone parmense. «Sfruttando il network generato dal portfolio di 20 eventi Food & Foodtec già affermati di Koelnmesse, dall’inizio della nostra collaborazione siamo riusciti ad incrementare il numero di espositori esteri e di visitatori provenienti da mercati internazionali. I numeri oggi parlano chiaro: CibusTec, dall’edizione del 2016, ha registrato un incremento decisivo di internazionalità: +24% di visitatori e +59% di espositori. Abbiamo così creato una community tra Cibus e CibusTec, Anuga e Anuga FoodTec che costituisce una piattaforma di business unica al mondo». A testimonianza della marcata internazionalità dell’evento, grazie

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alla preziosa collaborazione di ICEAgenzia e al supporto della Regione Emilia-Romagna, c’è stata la presenza in fiera di 3.000 visitatori vip, top buyer e figure apicali di aziende Food & Beverage, provenienti da oltre 60 Paesi. La cerimonia di inaugurazione è stata anche l’occasione per presentare i dati del primo Osservatorio machinery CibusTec per il Food & Beverage, che si pone l’obiettivo di misurare e monitorare le dimensioni, le performance, i mercati e la competitività della filiera su scala internazionale. «Nonostante l’incerto scenario macro-economico e geopolitico internazionale, le opportunità di un’ulteriore espansione dell’export italiano di tecnologie e macchinari per il Food & Beverage nei prossimi anni sono plausibili» ha commentato EMANUELE DI FAUSTINO, responsabile industria, retail e servizi di NOMISMA, che ha curato la realizzazione del progetto. «Il mercato di maggiore interesse per le imprese italiane è rappresentato sicuramente dagli Stati Uniti, principale importatore mondiale (7 miliardi di euro nel 2022) e prima destinazione dell’export made in Italy (1,2 miliardi di euro), un primato destinato a mantenersi tale anche

in futuro grazie ad un’industria alimentare in espansione e tassi di crescita importanti della domanda di macchinari italiani. Proprio alla luce di tale strategia, gli USA sono stati il primo mercato oggetto di approfondimento nell’ambito del neonato Osservatorio Machinery per il Food & Beverage. Si tratta di un mercato che sta proseguendo la propria crescita anche nel 2023 (+18% l’import dall’Italia nei primi 6 mesi dell’anno a fronte di una media del +10%) e che presenta precise specificità fra i diversi stati federali. Sebbene la domanda complessiva di macchine made in Italy si concentri difatti in California e negli stati del Midwest, del Sud e dell’East coast, per ciascun segmento vi sono propri mercati di riferimento: per il food processing la prima destinazione dell’export italiano è ad esempio la California, mentre per bottling e packaging sono rispettivamente New York e Georgia» ha concluso Di Faustino. Il futuro della sicurezza alimentare e del packaging La LabWorld Arena, realizzata grazie alla partnership con la testata giornalistica LABWORLD, era una novità dell’edizione 2023 di

ATTREZZATURE AUTOMAZIONE INDUSTRIA ALIMENTARE

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Oltre 40.000 professionisti hanno visitato l’edizione 2023 di CibusTec (photo © Fiere di Parma).

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1) Linda e Cecilia Cavalli della Cavalli Meat Processing Machinery Srl di Felino (PR), macchine ed attrezzature all’avanguardia per la lavorazione, l’affettatura, il confezionamento e l’imballaggio. 2) Andrea Recanzone di OCM Recanzone Porte Industriali di Biella. 3) Presso lo spazio di Berera, l’azienda emiliana leader nella fornitura di attrezzature per la lavorazione delle carni, Peter Merkt (EFA), Simone Berera, Carlotta Bellini e Luca D’Errico.

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In alto: Danilo Pagani di Linea Flesh, azienda di Arzignano (VI) certificata UNI EN ISO 9001 specializzata in prodotti per l’igiene professionale in conformità al metodo HACCP (Reg. CE 852/2004 e 853/2004) rivolti a tutti coloro che operano nell’industria alimentare. In basso: lo spazio della Società Cooperativa Bilanciai di Campogalliano (MO), progettazione e produzione di pese, bilance e altre soluzioni di pesatura industriale per tutto il mondo.

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1) Enrico Zuffellato, CEO di Zuffellato Technologies, azienda di software di Ferrara, con Barbara Zuffellato. 2) La veronese Borin Srl fornisce le migliori soluzioni per la pulizia e sanificazione di ambienti, persone e attrezzature, oltre ad un servizio completo di progettazione per l’arredamento tecnico dei reparti. 3) Anche Itasystem ha scelto il CibusTec di Parma per presentare l’ampia offerta di prodotti di cartotecnica, sigilli ed etichette.

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CibusTec, un’area speciale dedicata ai convegni e alla strumentazione di laboratorio e controllo qualità. A metà strada tra divulgazione e presentazione dal vivo di tecniche e soluzioni all’avanguardia per l’analisi alimentare, questo progetto si inserisce fra gli obiettivi della fiera di connotarsi come una piattaforma completa e globale per tutti i settori dell’industria alimentare, punto di riferimento per dibattiti ed eventi dedicati alla ricerca e all’innovazione del settore. In ambito food safety, in fiera si è discusso di listeria e nuove problematiche microbiologiche emergenti grazie ad un convegno dedicato a cura del Laboratorio Sicural. In grado di contaminare alimenti a qualunque livello della catena di produzione e consumo, la listeria è un batterio patogeno persistente che continua a rappresentare una minaccia significativa per l’industria alimentare e per la salute pubblica. Al convegno sono intervenuti esperti che hanno par-

lato del problema dal punto di vista analitico, medico, legale e alimentare, con approfondimenti legati alla sanificazione industriale. Di sicurezza alimentare si è parlato anche in ambito di packaging sostenibile, un tema caldo per l’industria, che deve adeguarsi alle nuove normative e confrontarsi con un consumatore sempre più attento a scegliere prodotti green & healthy. Il tema della transizione verso un uso del packaging con minor impatto sull’ambiente ma in grado di assicurare alti profili di sicurezza e qualità dei prodotti è stato il focus centrale dell’incontro ToolSy, Strumenti per filiere alimentari sostenibili – Transizione del packaging e food safety: tecnologie, nuovi materiali, comunicazione al consumatore, organizzato da OM in collaborazione con in_formare. Docenti dell’Università di Parma, esperti del settore e ricercatori si sono confrontati qui per fare il punto sullo stato dell’arte dei packaging alimentari costituiti con nuovi materiali innovativi e

sostenibili; gli speaker hanno inoltre evidenziato quanto siano importanti gli aspetti legati ai controlli chimicoanalitici di questi nuovi materiali per la sicurezza del prodotto, nonché per salvaguardare il consumatore finale dal contatto con patogeni. Prossimi appuntamenti

Anuga FoodTec 2024 Colonia, Germania 19–22/03/2024 anugafoodtec.com

CibusTec Forum 2025, Parma 28-29 ottobre 2025 CibusTec 2026, Parma 27-30 ottobre 2026 cibustec.com


Appuntamento il 16 e 17 gennaio 2024 a Bologna con la XX edizione

Cresce Marca by BolognaFiere come le vendite della MDD La 20a edizione di Marca by BolognaFiere (16-17 gennaio 2024) si prepara per essere la più grande di sempre, con 7 padiglioni, 25.000 m2 netti di superficie espositiva e un numero di aziende registrare in continuo aumento. L’ottimo andamento della manifestazione trova conferma anche negli ultimi dati sulle vendite. Le rilevazioni di settembre 2023 presentano un contesto fortemente condizionato dal caro prezzi. Se il largo consumo confezionato cresce a valore (+9,5%), perché guidato da un’inflazione a doppia cifra (+11,6%), ma con una contrazione dei volumi di vendita (–2,2%), la

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marca del distributore è in decisa controtendenza. La MDD ha infatti messo a segno una crescita a valore del 16,7%, raggiungendo 22,1 punti di quota, con un incremento di +1,3 punti rispetto allo stesso periodo del 2022. Questa crescita è confermata anche in termini “reali”, con un aumento a volume del +4,1%. Guardando alle diverse categorie merceologiche, la MDD ha migliorato il suo posizionamento competitivo in tutti i reparti, con una crescita significativa nel settore del Freddo (+2,9%), Cura Persona (+2,4%), Cura Casa (+2,0%) e nel Fresco (+1,8%). Questa crescita a livello

di valore è sostenuta da un aumento delle vendite anche in termini di volume, con l’eccezione dei settori delle Bevande (–1,2%) e dell’Ortofrutta (–0,5%). La crescita della MDD è in linea con l’espansione dell’offerta, che porta la sua quota di mercato assortimentale al 16,5%, un aumento di 0,6 punti rispetto all’anno 2022. I segmenti di offerta Mainstream e Primo Prezzo stanno trainando la crescita a valore della marca del distributore: Insegna del +17,2%, Marchi Do del +40,7%, Primo Prezzo del +33,7%. Tuttavia, si sta verificando un rallentamento nella

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crescita delle linee di alta gamma, ad eccezione del segmento Funzionale, che registra ancora un dinamismo positivo con un aumento del +18,8%. È interessante notare che, anche per la MDD, si osservano segnali di ripresa della pressione promozionale, con un aumento del +0,9 punti rispetto al passato: un’inversione di tendenza rispetto al periodo precedente, sebbene non si siano ancora raggiunti i livelli di promozione pre-pandemici (fonte dati: Circana). Nuova vita per l’International Private Label Show (IPLS) Sostenibilità, benessere e salute, innovazione, territorio, made in Italy sono solo alcuni dei trend al centro dell’IPLS – International Private Label Show 2024. Promosso da Marca by BolognaFiere in collaborazione con Expertise On Field – IPLC, l’iniziativa torna protagonista in fiera in una veste completamente rinnovata. I prodotti a marchio del distributore sono una leva straordinaria per entrare in nuovi mercati:

un’opportunità da cogliere per le aziende che vogliono avviare strategie di sviluppo: per questo motivo l’IPLS 2024 si trasformerà in un’area mostra interamente dedicata alle novità degli espositori di Marca by BolognaFiere, raggruppati secondo 8 mega trend di settore indicati da Expertise On Field – IPLC. Un percorso alla scoperta delle innovazioni di prodotto del territorio e di quelle specifiche per il benessere e la salute, dei prodotti Free From e Rich In, dell’alimentazione flexitariana, vegetariana e vegana, dei pronti al consumo (anche per canale Food Service e HO.RE.CA), ma anche delle ultime novità per quanto riguarda i pack innovativi o ridotti, il made in Italy e la sostenibilità. Grazie all’IPLS, le aziende espositrici di Marca by BolognaFiere potranno presentare i loro ultimi prodotti all’interno di uno specifico spazio espositivo, allestito all’interno del padiglione 28, vicino alla Buyer lounge e accanto alle vetrine con i prodotti delle insegne della GDO.

• Marca by BolognaFiere è l’unica fiera italiana dedicata alla marca commerciale, la grande vetrina dove si espongono i prodotti dell’eccellenza italiana a marca del distributore. La fiera è organizzata da BolognaFiere in collaborazione con ADM, l’Associazione della Distribuzione Moderna. >> Link: marca.bolognafiere.com

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CibusTec 2023: nuovi trend, nuove tecnologie A conclusione di CibusTec 2023, la fiera dedicata al settore delle tecnologie alimentari e delle bevande che si tiene ogni anno a Parma, possiamo fare il punto su nuove tendenze e tecnologie emerse. Facciamo due chiacchiere con Michelangelo Nibbio Bonnet, responsabile marketing di Zuffellato Technologies, che ha partecipato alla manifestazione con Track Ittico, software ERP di tracciabilità e rintracciabilità alimentare Il Food Tech sta ridisegnando il paesaggio della produzione, della distribuzione, del consumo e della tracciabilità alimentare. Questa trasformazione non è solo una ri-

sposta alle crescenti esigenze di un mondo in continua evoluzione, ma rappresenta anche una proattiva anticipazione delle tendenze future, portando innovazione e sostenibilità.

In un settore come quello ittico in cui la tracciabilità, la sostenibilità e l’innovazione giocano un ruolo centrale, le aziende di settore si trovano di fronte a nuove sfide e opportunità.

Dalla tutela dalle contraffazioni al rispetto delle normative e dei regolamenti, fino al controllo dei processi di lavoro in acquacoltura: le tendenze emergenti nel mondo del Food Tech promettono di riscrivere le regole del gioco anche nel settore dell’ittico.

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Dalla tutela dalle contraffazioni al rispetto delle normative e dei regolamenti, fino al controllo dei processi di lavoro in acquacoltura: le tendenze emergenti nel mondo del Food Tech promettono di riscrivere le regole del gioco. È imperativo per le aziende rimanere aggiornate e pronte ad adottare queste innovazioni, affinché possano competere con successo e soddisfare le crescenti aspettative dei consumatori nell’era digitale. Un importante palcoscenico per l’innovazione del settore alimentare è stato CibusTec, il più grande appuntamento fieristico in Italia in grado di proporre l’intera gamma di tecnologie per l’industria alimentare e delle bevande. CibusTec si è tenuto l’ultima settimana di ottobre, con 1.200 espositori, un numero che si divide tra le migliori aziende del made in Italy alimentare e più di 400 marchi esteri provenienti da 30

nazioni, fra cui Stati Uniti, Germania, Francia, Turchia, India e Cina. I visitatori sono stati più di 40.000, provenienti dall’Italia e da 120 Paesi nel mondo, con un’importante presenza di pubblico Europa e Stati Uniti, dai mercati del Sud America e dall’Africa. E più di 3000 Vip Top Buyer di aziende Food & Beverage provenienti da oltre 60 Paesi. Numeri da record, che hanno consolidato il ruolo di CibusTec nel mondo. ZUFFELLATO TECHNOLOGIES non poteva mancare all’appuntamento: l’azienda IT ferrarese vanta ormai un’esperienza pluriennale nella ricerca di soluzioni per la tracciabilità e rintracciabilità alimentare. La sua suite Track Ittico è il frutto di una costante ricerca delle più evolute tecnologie, tra cui troviamo oggi l’applicazione dell’RFiD. MICHELANGELO NIBBIO BONNET, responsabile marketing di Zuffellato Technologies, ci racconta le

sue impressioni su CibusTec 2023 e, più in generale, sull’evoluzione del Food Tech dei prossimi anni. Evoluzione che nessuna azienda che opera nel settore ittico può permettersi di ignorare, pena l’esclusione dal mercato in pochi anni. Per cominciare, potrebbe spiegarci cosa si intende per Food Tech? «Food Tech è un termine che si riferisce a qualsiasi tecnologia che migliora la produzione, la distribuzione e la fornitura di cibo. Comprende una vasta gamma di soluzioni tecnologiche che influiscono sulla catena alimentare, dai processi di produzione all’approvvigionamento, dalla distribuzione alla vendita dei prodotti alimentari. E sebbene possa sembrare un concetto nuovo, la connessione tra tecnologia e cibo, in realtà, risale all’epoca della Rivoluzione Industriale, nel tardo ‘700 e primi ‘800».

Il Food Tech è il migliore alleato della sostenibilità, divenuta una delle principali responsabilità di qualsiasi azienda produttiva. L’innovazione può aiutare ad individuare tecniche e azioni per ridurre gli sprechi, ottimizzare i processi di produzione e promuovere la transizione a fonti di energia più sostenibili.

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Garantire la trasparenza e la tracciabilità nelle catene di approvvigionamento è fondamentale per ottenere e mantenere la fiducia dei consumatori. E come si è evoluto il Food Tech negli ultimi anni? «Negli ultimi anni il Food Tech ha registrato una crescita straordinaria grazie a innovazioni come i big data, l’Internet delle Cose (IoT) e l’intelligenza artificiale (AI). Una spinta significativa è arrivata con gli incentivi europei e statali per la digitalizzazione delle imprese. Queste tecnologie stanno rivoluzionando l’industria alimentare: consentono una maggiore sostenibilità in tutti gli aspetti della produzione». Quali sono le sfide da affrontare nel futuro? «Sono diverse, in particolare quando si tratta di tutela della qualità e sostenibilità. Garantire la trasparenza e la tracciabilità nelle catene di approvvigionamento è fondamentale per ottenere e mantenere la fiducia dei consumatori. Per raggiungere questi risultati il Food Tech deve affrontare sfide come la gestione delle informazioni lungo l’intera catena, dalla fattoria alla tavola, per garantire che i prodotti siano etici e sicuri. La sicurezza alimentare è una priorità fondamentale: la tecnologia deve aiutare i produttori a prevenire le contaminazioni batteriche e assicurare la rintracciabilità dei prodotti. L’uso di sensori intelligenti

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e sistemi di tracciabilità avanzati può aiutare a individuare tempestivamente e a isolare potenziali fonti di contaminazione. E poi ancora il mantenimento della freschezza, il controllo della consistenza e il rispetto degli standard di qualità. Le tecnologie di confezionamento avanzate, l’uso di biopolimeri per imballaggi sostenibili e sensori di qualità possono contribuire a mantenere elevati questi standard. Il Food Tech è anche il migliore alleato della sostenibilità, divenuta una delle principali responsabilità di qualsiasi azienda produttiva. L’innovazione può aiutare ad individuare tecniche e azioni per ridurre gli sprechi, ottimizzare i processi di produzione e promuovere la transizione a fonti di energia più sostenibili. Ma gli attori della filiera ittica devono anche affrontare pressioni economiche, compresi i costi crescenti di produzione e le fluttuazioni dei prezzi delle materie prime. Le tecnologie possono contribuire ad ottimizzare i costi di produzione e migliorare la gestione delle risorse, aiutando le aziende a rimanere sempre competitive». Qual è il futuro del Food Tech nel settore ittico? «Le tecnologie digitali, come l’IoT e l’analisi avanzata dei dati,

continueranno a trasformare la produzione alimentare, rendendola più efficiente e sostenibile. Tutti gli attori della filiera agroalimentare stanno lavorando per migliorare la sostenibilità ambientale e la qualità del prodotto e la tecnologia è la chiave per raggiungere questi obiettivi. Le innovative soluzioni offerte dal Food Tech stanno rivoluzionando il settore, offrendo opportunità di crescita e sostenibilità. Lo abbiamo “toccato con mano” ad ottobre, durante CibusTec 2023 dove abbiamo ricevuto il riconoscimento Innovation Award CibusTec 2023. La fiera ha confermato che le aziende sono sempre più interessate ad adottare e aumentare gli investimenti in nuove tecnologie e sono soprattutto la tracciabilità alimentare, la produzione, la logistica e il controllo della qualità (sia della materia prima che del prodotto finito) le aree dove stanno maggiormente innovando. E Zuffellato Technologies, con Track, è pronto ad affiancare le aziende per un futuro alimentare migliore per tutti».

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ITTICO


PACKAGING

Il confezionamento dei molluschi bivalvi vivi: in retina, sottovuoto e in ATM di Luciano Boffo

I molluschi bivalvi per poter essere commercializzati devono essere vivi e vitali e conservati ad una temperatura che non pregiudichi lo stato di benessere dell’animale. Il confezionamento dei molluschi ha come obiettivo quello di mantenere le valve ben serrate e chiuse per evitare la perdita dell’acqua intervalvare e garantire la corretta conservazione e l’integrità del prodotto. Allo stato attuale esistono tre tipi di confezionamento: in retina, in vaschette sottovuoto e o in atmosfera protettiva. Fino a poco tempo fa i molluschi bivalvi erano commercializzati quasi esclusivamente in retine plastiche tenute ben chiuse con delle clips in acciaio; oggi sempre più frequentemente il consumatore e la GDO richiedono il confezionamento sottovuoto e/o in ATM (Modified Atmosfere Packaging), perché consente una migliore gestione del prodotto e offre tutta una serie di vantaggi: • maggiori garanzie sotto l’aspetto igienico-sanitario, minore rischio di contaminazione, selezione più accurata del prodotto e maggiore facilità nella gestione delle confezioni; • mancanza di variazioni di peso per perdita dell’acqua intervalvare; • assenza di odori nei luoghi dove vengono conservati ed esposti; • shelf-life e vita commerciale più lunga rispetto ai molluschi confezionati in retina. La shelf-life dei molluschi bivalvi confezionati è strettamente correlata con la vitalità del prodotto, con la capacità di trattenere l’acqua in-

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tervalvare e col rispetto dei criteri di sicurezza alimentare relativi agli aspetti microbiologici, chimici e biotossicologici come previsto dal Reg. CE n. 2073/05 e s.m.i., dal Reg. CE n. 915/23 e dal Reg. CE n. 853/04. Nei molluschi confezionati in retina la durata della vita commerciale varia sensibilmente in funzione della specie. Molto modesta nelle

cozze che sopravvivono, soprattutto durante il periodo estivo, al massimo 3-4 giorni in quanto le valve non si chiudono ermeticamente e favoriscono la perdita dell’acqua intervalvare; ben più lunga nelle vongole veraci, nei lupini e nei fasolari (5-6 giorni), che hanno una struttura anatomica diversa. Ogni specie ha una diversa capacità di trattenere

Ingresso prodotto nella macchina confezionatrice (photo © Blupesca).

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Tabella 1 – Percentuale di H2O intervalvare persa dai molluschi conservati in retina Specie mollusco

T. 2

T. 4

T. 6

Mitili

5%

10%

15%

Vongole veraci

2%

3%

6%

Lupini

0%

1%

1%

Fasolari

0%

1%

2%

Tabella 2 – Composizione dell’aria atmosferica Azoto 78,08 vol. Ossigeno 20,95 vol. Argon 0,93 vol. Anidride carbonica 0,038 vol. Acqua Varia in relazione al tasso di umidità Altri gas: neon, elio, metano, Kripton, Idrogeno, Biossido di azoto, Xenon. l’acqua intervalvare (Tabella 1) che rappresenta un elemento essenziale per la vita e la sopravvivenza del mollusco. In essa infatti è presente l’ossigeno, elemento fondamentale per lo svolgimento delle funzioni vitali durante le fasi di conservazione. Al di fuori del loro ambiente naturale i molluschi, chiusi in retine strettamente aderenti alle valve e conservati a temperature di refrigerazione, rallentano sensibilmente il loro metabolismo; le funzioni vitali vengono ridotte al minimo e si instaura una condizione di letargia che consente all’animale di sopravvivere per alcuni giorni al di fuori dell’acqua. Ben diversa è la situazione dei molluschi confezionati sottovuoto dove viene estratta quasi completamente l’aria presente all’interno della confezione (80-90%). La pressione negativa che si viene a determinare fa in modo che la pellicola di chiusura aderisca strettamente al prodotto impedendo l’apertura delle valve e la fuoriuscita dell’acqua intervalvare con conseguente prolungamento della shelf-life. Si creano delle condizioni decisamente più favorevoli per il mantenimento in vita dei molluschi rispetto al confezionamento in retina. Anche in questo caso il metabolismo dei molluschi subisce un brusco rallentamento con riduzione della domanda energe-

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tica e conseguente minore consumo di ATP, glicogeno, aspartato e fosfoarginina. Contemporaneamente, d’altro canto vengono attivati meccanismi biochimici di anaerobiosi con produzione di ATP che permette di mantenere più a lungo in vita i molluschi. In via generale l’alterazione degli alimenti confezionati sottovuoto è legata alla proliferazione microbica (Pseudomonas, Photobacterium, Flavobacterium, Shewanella, ecc…) che agisce tramite enzimi proteolitici, lipolitici e saccarolitici alterando le caratteristiche organolettiche del prodotto. Gran parte dei microrganismi alteranti sono aerobi stretti per cui, riducendo la concentrazione di O2 all’interno delle confezioni sottovuoto, si riesce a rallentare sensibilmente la proliferazione microbica e conservare più a lungo l’alimento. Ben diversa è la situazione dei molluschi bivalvi, in quanto sono animali vivi e vitali durante tutto il periodo di conservazione, con una propria flora autoctona e un sistema immunitario attivo. In questo caso la comparsa delle alterazioni organolettiche, sensoriali e qualitative coincide con la morte dei molluschi. Pertanto più si creano condizioni favorevoli per la sopravvivenza maggiore sarà la shelf-life del prodotto.

La Grande Distribuzione guarda con particolare interesse a questo nuovo sistema di packaging che viene sempre più richiesto rispetto ai prodotti confezionati in retina, poiché offre un valore aggiunto e mette a disposizione della clientela molluschi di alta qualità pronti per essere cotti. È un tipo di confezionamento che ha dei costi più elevati rispetto al sistema tradizionale: basti pensare al costo dei materiali di imballaggio (vaschette, film plastici), all’ammortamento delle macchine e degli impianti e all’attività di controllo del processo produttivo, ma sicuramente rappresenta l’evoluzione futura del sistema di distribuzione. Il confezionamento in MAP si differenza sostanzialmente da quello in sottovuoto per il fatto che i gas atmosferici estratti dalla confezione (Tabella 2) vengono sostituiti da una miscela, appositamente studiata, di ossigeno e anidride carbonica in percentuali diverse a seconda della specie per prolungarne la shelf-life. In via generale vengono utilizzate miscele con un alto tenore di O2 (intorno all’80%) e basso di CO2. Questo permette di prolungare ulteriormente di qualche giorno la vita commerciale del prodotto rispetto al confezionamento sottovuoto. Ovviamente il costo risulta più elevato, da imputarsi

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A sinistra: pesatura su pesatrice automatica a celle. A destra: verifica della pesatura (Legge n. 690 del 25/10/78). alla miscela dei gas utilizzati. I gas devono rispondere agli standard di qualità e ai criteri di purezza definiti dal Reg. CE n. 231/2012. In genere le aziende fornitrici sono certificate ISO FSSC 22.000 Il Reg. CE n. 1333/08 e il Reg. CE n. 1129/11 inquadrano suddetti gas tra gli additivi, senza tuttavia porre l’obbligo di dichiararli in etichetta. Questo viene ribadito anche dall’allegato III del Reg. CE n. 1169/11: è sufficiente indicare “prodotto confezionato in atmosfera protettiva”. La normativa non stabilisce una quantità massima di impiego dei singoli gas e pertanto possono essere utilizzati senza alcuna limitazione. Il confezionamento in ATM e sottovuoto dei molluschi bivalvi vengono eseguiti in stabilimenti con riconoscimento comunitario che rientrano nella Sez. VII del Reg. CE n. 853/04 come centri di spedizione (CSM); devono rispondere a precisi requisiti strutturali e igienico sanitari, operare nel rispetto delle norme igieniche e della catena del freddo per tutelare il benessere animale e la

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vitalità del prodotto e avere cura di ridurre al minimo le contaminazioni crociate. I punti critici e l’attività di verifica e controllo del processo produttivo L’OSA che effettua l’attività di confezionamento dei molluschi bivalvi vivi sottovuoto e o in ATM deve operare secondo buone pratiche operative e nel rispetto dei criteri di igiene al fine di garantire la sicurezza alimentare del prodotto. I molluschi che giungono allo stabilimento possono provenire da un’area classificata di zona A o di tipo B previo trattamento di depurazione presso un CDM. Devono essere scortati da DDR dal quale si possono ricavare tutta una serie di informazioni molto utili per la valutazione delle caratteristiche sanitarie del prodotto: zona di provenienza di tipo A o B, eventuale processo di depurazione e durata, trattamento di rifinitura, data di raccolta (molto utile al fine di definire la shelf-life), metodo di produzione (allevato-pescato)… In questa fase risulta importante

anche effettuare un’attività di campionamento, secondo uno specifico piano definito dall’OSA, per verificare la rispondenza dei molluschi ai criteri di sicurezza previsti dal Reg. CE n. 2073/05, dal Reg. CE n. 915/23 e dal Reg. CE n. 853/04. Può essere utile anche l’acquisizione di rapporti di prova da parte del fornitore. L’allestimento delle vaschette può essere eseguito manualmente dai singoli operatori o in forma automatizzata. È una fase molto importante che richiede che il prodotto venga sistemato e distribuito in maniera omogenea nel rispetto delle norme igienico-sanitarie, al fine di permettere un corretto confezionamento. Le fasi successive sono automatizzate: la macchina confezionatrice in linea, permette la sigillatura delle vaschette in sottovuoto e o in ATM, l’etichettatura della confezione e l’eventuale controllo dei corpi estranei mediante metal detector. Al termine di questa fase vengono eseguiti dei controlli molto accurati per verificare la corretta saldatura del film e la tenuta del sottovuoto, elementi fondamentali per la conser-

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Fase di verifica del prodotto confezionato. vazione del prodotto. Le cause più frequenti di questa non conformità vanno ricercate in una non omogenea sistemazione dei molluschi all’interno delle vaschette e nella presenza di materiale estraneo o di una eccessiva umidità sul bordo di saldatura. A volte anche una temperatura troppo bassa delle piastre di saldatura della macchina può essere la causa di questo inconveniente. Per quanto riguarda la data di scadenza del prodotto questa dovrà essere definita dall’OSA sulla base di una procedura che tenga in considerazione i risultati delle analisi di laboratorio, la valutazione della vitalità del prodotto e la verifica delle sue caratteristiche organolettiche. Va sottolineato che la shelf-life del prodotto potrebbe subire delle variazioni in relazione al periodo di stazionamento dei molluschi in cella frigorifera prima del confezionamento (non sempre i molluschi vengono confezionati immediatamente) e di questo l’OSA ne deve tener conto nella definizione della data di scadenza. Altro aspetto importante che deve

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esser attentamente valutato dall’OSA è il range di temperatura al quale le confezioni di molluschi devono essere conservate durante tutte le fasi di commercializzazione. In via generale temperature ricomprese tra i 3 °C e i 6 °C vengono considerate adeguate. Eventuali scostamenti da questo range possono compromettere la vitalità del prodotto e ridurne sensibilmente la shelf-life. Per quanto riguarda la verifica del peso delle singole confezioni al termine del processo, devono essere effettuati i controlli su base statistica come previsto dalla Legge n. 690 del 25/10/1978. Etichettatura molluschi bivalvi confezionati sottovuoto e in ATM I riferimenti normativi sono rappresentati da: • Reg. CE n. 1169/2011; • Reg. CE n. 853/2004; • Reg. CE n. 1379/2013; • Art. 8 della Legge n. 283 del 30/04/1962 e s.m.i. • Reg. CE n. 1224/2009 e Reg. CE n. 404/2011 per gli aspetti di carattere generale e in particolare


A sinistra: prodotto confezionato in uscita dalla macchina confezionatrice. A destra: prodotto confezionato ed etichettato. per la tracciabilità; • Decreto Ministero Politiche Agricole del 22/09/2017 n. 19105 relativo alle denominazioni commerciali e scientifiche; • DLgs n. 231 del 15/12/2017 per gli aspetti sanzionatori e di adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Reg. CE n. 1169/2011; • DLgs n. 116/06 e Decisione n. 97/129 CE relativi all’etichettatura ambientale. I molluschi bivalvi confezionati sottovuoto e in ATM e destinati come tali al consumatore finale devono riportare nell’etichetta applicata dal centro di spedizione le seguenti informazioni: • nome o ragione sociale e indirizzo del responsabile delle informazioni di cui all’articolo 8 del Reg. CE n. 1169/11; • la sede dello stabilimento ai sensi dell’art. 4 comma 3 lettera b del DLgs 15/09/17 n. 145 e dell’art. 8 della Legge 283/62 e s.m. i.; • il marchio di identificazione dello stabilimento (Reg. CE n. 853/04); • denominazione commerciale e

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• •

• •

• • •

scientifica della specie del mollusco (Decreto 22/09/2017 n. 19105) metodo di produzione: “pescato”, “allevato”; attrezzi da pesca per i molluschi pescati in mare. In ambito lagunare non è necessario indicare gli attrezzi da pesca a meno che non siano utilizzate imbarcazioni con numero UE; la divisione, o la sottozona dove sono stati raccolti i molluschi e una denominazione comprensibile per il consumatore sempre riferita all’area di raccolta; temperatura di conservazione della confezione; data di scadenza del prodotto che può essere integrata con la dicitura “i molluschi devono essere vivi e vitali al momento dell’acquisto”; la dicitura, confezionati sottovuoto e o in atmosfera protettiva; data confezionamento; informazioni sulle modalità di preparazione dei molluschi: ad esempio “i molluschi devono essere consumati cotti applicando una temperatura di 95-100 °C

per almeno 5 minuti”; • peso dei molluschi presenti nella confezione espresso in grammi; • informazioni sull’etichettatura ambientale. Raffrontando queste informazioni con quelle dei molluschi confezionati in retina vediamo che esistono alcune importanti differenze che riguardano: 1. il peso, nei molluschi confezionati sottovuoto e in ATM deve essere espresso in g e/o kg e rispondente ai criteri e alle tolleranze previste dalla Legge n. 690 del 25/10/1978, mentre nei molluschi confezionati in retina, essendo un prodotto soggetto a forte calo di peso, non è obbligatoria l’indicazione della quantità netta e necessariamente devono essere venduti a peso come previsto dall’allegato IX del Reg. 1169/11; 2. la data di scadenza è obbligatoria nei molluschi confezionati sottovuoto e in ATM, mentre nei molluschi confezionati in retina in genere non viene riportata e viene sostituita dalla frase “i molluschi devono essere vivi e

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vitali al momento dell’acquisto”; 3. la modalità di conservazione dei molluschi confezionati sottovuoto e in ATM deve essere indicata con un range di temperatura ben definito, mentre per i molluschi confezionati in retina può essere semplicemente riportata la frase “da conservare a temperatura che non pregiudichi la vitalità del prodotto”; 4. la tipologia di confezionamento che viene indicata con le frasi “confezionato sottovuoto e o in atmosfera protettiva” così come previsto dall’allegato III del Reg. CE n. 1169/2011. Merita infine sottolineare che mentre i molluschi bivalvi confezionati sottovuoto e in ATM rientrano in toto tra gli alimenti preimballati, la stessa cosa non può essere accettata per quelli confezionati in retina. Il Reg. n. 1169/11 definisce infatti come alimento preimballato “l’unità di vendita destinata a essere presentata come tale al consumatore finale e alla collettività costituita da un alimento e dall’imballaggio, avvolto interamente o in parte da tale imballaggio, ma comunque in modo tale che il contenuto non possa essere alterato senza aprire o cambiare l’imballaggio”. Ben diversa è la situazione dei molluschi confezionati in retina che sono in stretto contatto con l’ambiente esterno e quindi esposti al rischio di possibili contaminazioni secondarie. Di conseguenza, mentre nelle confezioni sottovuoto e in ATM la responsabilità di eventuali non conformità ricade in toto sul produttore, nelle confezioni in retina la responsabilità deve essere ricercata lungo tutta la filiera di commercializzazione del prodotto. Questo concetto è stato ribadito anche recentemente da una sentenza della Corte Suprema di Cassazione terza sezione penale che per “confezione originale intende ogni recipiente o contenitore chiuso, destinato a garantire l’integrità originaria della sostanza alimentare da qualsiasi manomissione…”. Dott. Luciano Boffo Consulente sicurezza alimentare Chioggia

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TECNOLOGIE

Aumenta la richiesta di ERP e tecnologie digitali per il settore alimentare: soddisfazione in casa CSB-System Con un numero eccezionale di espositori e visitatori e un’atmosfera di estrema positività, ad ottobre si sono concluse le fiere Anuga e CibusTec: la prima, a Colonia, resta la più grande e importante fiera del mondo per il settore alimenti e le bevande; l’altra a Parma, proprio per questo settore, si è confermata un autentico faro di innovazione tecnologica. Il tema conduttore del gruppo CSB-System, presente con un proprio stand ad entrambe le fiere, è stato “My ERP. Food Management Made easy”, con particolare focus su:

1. Smart Management – Creare trasparenza per prendere le decisioni migliori Tutto ruota intorno ai dati: dalla correttezza dei dati dipende l’ottemperanza dei regolamenti sulla rintracciabilità, la trasparenza dei processi e la correttezza delle decisioni. I report rispetto a determinati KPI, le informazioni di finanza e controlling o ancora l’ottimizzazione della gestione del magazzino sono tutte funzionalità che dipendono dalla capacità dell’ERP CSB-System

di raccogliere ed elaborare i dati a disposizione. Molti dei clienti CSB utilizzano in stabilimento i CSB Rack, PC industriali per l’acquisizione dei dati; 2. Smart Factory – Garantire la redditività con processi smart nella logistica e nella produzione Oltre agli innovativi sistemi sorter per rendere più efficiente la peso-prezzatura e l’evasione ordini, c’è anche il quadro di controllo CSB Linecontrol, grazie al quale possono essere meglio

Il CSB Linecontrol permette di integrare direttamente le macchine di imballaggio nel processo di preparazione ordini.

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Roberta D’Alconzo, Guido Girardelli e Andrè Muehlberger al CibusTec 2023 di Parma.

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Tutti i moduli dell’ERP CSB-System sono disponibili come Web App su qualsiasi dispositivo mobile. monitorate le macchine per la produzione e il confezionamento, aumentando di conseguenza l’efficienza complessiva degli impianti (OEE); 3. Digital Growth – Sfruttare la digitalizzazione come motore di crescita Grazie alla gestione integrata del flusso di informazioni e materiali, l’ERP CSB-System consente la comunicazione “da macchina a macchina” (M2M), il reporting OEE o anche l’integrazione del negozio online. L’ERP CSBSystem raccoglie i dati lungo l’intera supply chain e li gestisce in una base dati unitaria. Questo rende un’azienda più efficiente, innescando un’ulteriore crescita; 4. Business Resilience – Gestire meglio i rischi e rafforzare la resilienza Coloro che desiderano automatizzare la loro produzione tenderanno a concentrarsi sulla connessione di ERP, MES e CIM, così come fa già da anni l’ERP CSB-System. La manutenzione predittiva e i robot rendono il tutto ancora più intelligente. Grazie all’impiego efficiente delle tecnologie, infatti, emergono per le aziende nuove possibilità di riduzione dei costi, accelerazione e automazione dei processi di

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produzione e apertura di nuovi canali digitali di vendita. La digitalizzazione richiede un partner affidabile e con esperienza I risultati sono stati davvero soddisfacenti e «ci confermano che a livello globale gli operatori del settore percepiscono l’importanza di investire in digitalizzazione e automazione per incrementare la produttività, l’affidabilità, la trasparenza e la flessibilità della filiera alimentare» ha commentato ANDRÈ MUEHLBERGER, direttore della CSB-System Srl. Continua G UIDO G IRARDELLI , sales manager CSB: «Le aziende preferiscono affidarsi a partner IT con esperienza internazionale nel settore alimentare; questa è una delle principali conclusioni che CSB porta con sé a chiusura delle due fiere. Non importa che si tratti della costruzione di nuovi impianti o della classica ottimizzazione dei processi e della riduzione dei costi: la maggior parte dei produttori desidera un partner IT con know how di settore in grado di realizzare progetti anche in paesi diversi. E la CSB è presente in 25 Paesi diversi e può vantare oltre 1.200 installazioni!». Uno sguardo positivo verso il futuro L’intento di mostrare agli operatori del settore che l’ERP e le tecnologie

CSB rappresentano da oltre 40 anni un’opportunità per ottimizzare e semplificare i processi complessi è stato ampiamente raggiunto. E non solo: l’utilizzo di tecnologie digitali e soluzioni di automazione possono spingere verso la crescita sostenibile e l’uso responsabile delle risorse. Conclude Muehlberger: «Il 2023 è stato un anno decisivo in cui abbiamo consolidato il nostro ERP integrandolo con diverse web solution. Grazie all’approccio pionieristico di molti dei nostri clienti, abbiamo anche ampliato i progetti di automazione e robotica tipici dell’industria 4.0. Direi che il nostro impegno ad affrontare le sfide globali sia evidente».

Referente: • Dott. A. MUEHLBERGER CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

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Anni di Attività

Progettazione e costruzione equipaggiamenti per l'industria della carne

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TRE LIBRI

VITTORIA BUGLIATT Un delizioso ospite sgradito Scopriamo insieme l’origine, la pesca e come cucinare il Granchio blu Editore: Independently published, 2023 156 pp. – $ 10.23

The Package Design Book Editore: Taschen, 2022 Lingue: Francese, Inglese, Tedesco taschen.com 576 pp. – € 20,00

GAËL ORIEUX, JULIEN BOURÉ Cucinare il mare 70 specie e 90 ricette Editore: EDT Collana: Food 384 pp. – € 42,50

Il Granchio blu del Mediterraneo è al centro dell’attenzione come mai prima d’ora. Questo crostaceo, noto per la sua bellezza e voracità, sta facendo tanto parlare di sé. Ora però ci chiediamo: può essere una nuova risorsa in cucina? Questo libro è la guida definitiva per esplorare il suo mondo.

L’imballaggio, il packaging, è la prima cosa che un consumatore vede quando guarda un prodotto e riveste quindi un ruolo decisivo nel determinarne la vendita. Ogni anno, i Pentawards celebrano la sottovalutata arte del design delle confezioni, premiando i lavori più influenti di tutto il mondo. Con centinaia di opere e i pezzi chiave descritti in dettaglio, questo volume riunisce i fortunati vincitori per celebrare la vivace creatività del pack in ogni sua forma.

Un ricettario e un’enciclopedia allo stesso tempo: un’opera che contiene tutto quel che c’è da sapere su ciò che c’è di buono nel mondo sottomarino. In queste pagine lo chef Gaël Orieux illustra le caratteristiche e le peculiarità di 70 specie di pesci, crostacei e molluschi e propone 90 ricette per valorizzarle al meglio, suddivise in sette sezioni dedicate ad altrettante occasioni: Grandi tavole; Borghese; Popolare; Fresca; Esotica; All’acqua o al sale; Gastronomia e affumicati. Il tutto illustrato dalle fotografie di JEANCLAUDE AMIEL.

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MILANESE snc dal 1953 produce e commercializza una vastissima gamma di attrezzature per l’acquacoltura, che esporta in ben 40 paesi di tutto il mondo. Inoltre progetta e costruisce su misura sistemi di automazione per l’allevamento del pesce

Milanese snc

Viale I Maggio, n. 3 – 33032 Bertiolo (UD) Tel. +39 0432 917224 – Fax +39 0432 917034 – E-mail: milanese@milaneseitalia.com – Web: www. milaneseitalia.com


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Anche la Pescheria del Corso a San Giovanni Rotondo ha scelto la professionalità, affidabilità e esperienza di Adriatic Sea International, per la ristrutturazione del suo locale. Abbiamo progettato e fornito la linea espositiva dei banchi modello Deluxe con zone cernita, lavorazione ed eviscerazione. A completamento della fornitura abbiamo inoltre fornito gli acquari per crostacei e molluschi modello Calypso e Mercury.


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