Premiata Salumeria Italiana 4-2012

Page 1

Periodico per gli addetti ai lavori D A L S A L U M I F I C I O A L L A S A L U M E R I A N O N S T O P Anno XXIV N. 4 Luglio-Agosto 2012

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

â‚Ź 6,70

1


2

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Premiata Salumeria Italiana, 4/12

3


4

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Premiata Salumeria Italiana, 4/12

5


L A M I G L I O R E S C E LTA D E L L A S A L U M E R I A T I P I C A D I P A R M A

P RO S C I U T TO D I PA R M A D O P C U L AT E L LO D I Z I B E L LO D O P C U L AT E L LO D I PA R M A C O P PA PA R M A I G P SAL A M E FELINO C U L AT E L LO C O N C OT E N N A F I O C C O D I Z I B E L LO PA N C E T TA D I Z I B E L LO ST RO LG H I N O D I C U L AT E L LO PA N C E T TA PA N C E T TA M A G R I S S I M A E T U T T I G L I A F F E T TAT I

G UA L E R Z I S. P. A . - info@arcagualerzi.it - www.arcagualerzi.it


N. 4 Anno XXIV Luglio-Agosto 2012

€ 6,70 EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE – EURO ANNUARIO CARNE – EURO GENUINE FOOD ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA – US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA Stampa

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.premiatasalumeriaitalianaonline.com Reg. al Tribunale di Modena n. 921 del 29-04-1988 Tariffe abbonamenti Annuale (6 numeri): Italia € 40,00 – Estero € 50,00 Sconto librerie: 10% Modalità: versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910 In esclusiva gli articoli di Euposia

ASSOCIATO A:

A.N.E.S. ASSOCIAZIONE NAZIONALE EDITORIA PERIODICA SPECIALIZZATA

Developer

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi Fotografia Luigi Credi Comitato di redazione Renato Bergonzini – Franco Ferrari – Manrico Murzi – Clara Scaglioni Redazione New York Stefano Spadoni – Alessandra Rotondi P.O. Box 569, New York, NY 10101-0569 Tel./Fax +1 212 956 8566 E-mail: stefanony@stefanospadoni.com Consulenti scientifici Prof. Giovanni Ballarini (Parma) – Prof. Fausto Cantarelli (Parma) – Prof. Carlo Cantoni (Milano) – Prof. Giuseppe Caserio (Milano) – Prof. Giorgio Catellani (Napoli) – Prof. Eugenio Del Toma (Roma) – Dr. Aldo Focacci – Dr. Emanuele Guidi (Modena) – Prof. Riccardo Monacelli (Roma) – Dr. Alfonso Piscopo – Piero Pittaro (Udine) – Prof. Andrea Strata (Parma) – Angelo Valentini (Perugia) Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CS5.5. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CS5.1.

7



N. 4

In questo numero: Immagini Attualità

10 Tante cose, tutte diverse e tutte insieme

Carlo Lucarelli

14

Agroalimentare: “L’emergenza dimenticata” delle terre ferite d’Emilia

Federica Cornia

16

Ti voglio bene, Bassa

18

Il food in rete

Il meglio del web e delle app

Elena Benedetti

22

Trasformazione

Le bresaole

Carlo Cantoni

26

Interviste

Quando la bresaola è una questione di famiglia

Gaia Borghi

34

Aziende

Nell’Arca di Gualerzi, si ritrovano sapori e profumi perduti

Gaia Borghi

36

Mozzarella di Bufala Campana Dop Caputo: un vero mito

Riccardo Lagorio

40

Prosciutto Coradazzi: primo premio nella categoria 18-20 mesi per i San Daniele

Francesca Schenetti 42

Tenuta San Francesco: vino, salumi e turismo enogastronomico

Massimiliano Rella 44

Salumeria Bacchi: alla corte dei Gonzaga il trionfo dei salumi Levoni

Federica Cornia

Premiate Salumerie Italiane

A Parma le Sorelle Picchi si vestono di nuovo Macellerie d’Italia

46 50

Zivieri, la dedizione e l’orgoglio di un mestiere e di un nome

Gaia Borghi

54

Gli antichi sapori del Taburno e il buon gusto di Sabatino Cillo, “masto” macellaio e salumiere di Airola

Stefania Monaco

60

Commercializzazione

In viaggio nell’arcipelago della qualità

Fabio Butturi

62

Consumi

Salumerie e nuovi luoghi del consumo alimentare italiano

Giovanni Ballarini

66

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

9


Prodotti tipici

La Regina della Testa

72

Dal Carso sloveno il Kraški pršut, una coscia Igp. Passaparola!

Riccardo Lagorio

75

Paletta di Coggiola, fra dibattiti e tradizioni

Giorgio Montanari

78

Turismo enogastronomico Wielkopolska, nel vivo dei sapori della “grande Polonia”

Massimiliano Rella

82

Street food

Cibi di strada

Roberto Villa

86

Locali di gusto

Giancarlo Morelli, le stagioni del risotto

Stefania Monaco

88

Convegni

Grazie all’export la salumeria italiana compensa la crisi interna

Anna Mossini

90

Consorzi

Qualità, export e lotta alla contraffazione

96

Buon compleanno Palatipico Rassegne

Formaggio

Vino

Ermi Bagni

98

Tifo da stadio per la Nazionale e il Prosciutto di San Daniele

100

Cose in tavola: i menu filosofici di Tullio Gregory

102

Decalogo per un promoter di formaggi

Raffaele Bertolini

104

Dal cilindro non spunta un coniglio, ma quell’occhiatura che sa di buono

Fabio Butturi

108

I fiori di Flo

Laura Franchini

112

A come Ayurveda, B come Bardolino, C come Chiaretto

Stefania Monaco

116

La cantina d’autore

Angelo Valentini

120

Degustazione Ferrari Pas Dosé

122

I vini di Premiata Salumeria Italiana

Degustazione: Lambrusco

Laura Franchini

126

Pasta

La pasta di grano Armando

Giulia Mauri

128

Week-end

Picnic d’estate

Josette Baverez Blanco 130

Libri

L’Aceto Balsamico di Modena

Marco Credi

Benedette scatolette

132 134

In copertina: bresaola “santa” con melone, scaglie di formaggio grana e rucola (foto di Massimiliano Rella).

10

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


NON C’È 2 SENZA 3 MARA E LUCA HANNO FATTO UNA SCELTA VINCENTE: DIVENTARE IMPRENDITORI LANGHIPARMA

Una coppia, persone comuni che - in un periodo di crisi - hanno scelto di diventare imprenditori e aprire la nuova sede Langhiparma di Seregno (MB). Una scelta attenta e ponderata, grazie al supporto messo a disposizione dal team Langhiparma: prodotti di altissima qualità, format esclusivo e innovativo, know how consolidato e supporto allo start-up. La grande esperienza dei soci ha reso il sogno di Mara e Luca una scelta facile e di sicuro successo.

AD AGOSTO

nuova apertura a Seregno corso Matteotti, 68

SI MANGIA, SI BEVE, SI COMPRA A TUTTE LE ORE Ristoro | Enoteca emiliana | Bar | Vendita prodotti tipici

langhiparma.it Cerchiamo nuovi imprenditori. Contattaci!

MOZZATE - Como Via Dugnani 6 Tel 0331.823347 info@langhiparma.it


Immagini

Pancetta, salami e capocollo artigianali della Tenuta San Francesco di Tramonti. Il servizio di Massimiliano Rella a pagina 44 (foto di Massimiliano Rella).

12

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Figlio unico.

San Leo è il primo e unico DOP nato, coccolato e cresciuto da Carpegna. Nel cuore dell’Appennino marchigiano, a 750 metri di altitudine, si apre una valle dal microclima unico, cullata di giorno da venti marini e alla sera da brezze profumate di muschi e resine. È l’aria che da secoli Italiana, 4/12 si respira a Premiata Carpegna. È Salumeria uno dei segreti del Prosciutto

di Carpegna DOP San Leo, figlio di una natura materna, di un clima favorevole e di una lavorazione artigianale appassionata. Una qualità riconosciuta dall’autorevole certificazione DOP solo al San Leo, unico a Carpegna, unico nel mondo. Un tesoro di prosciutto.

www.carpegnaprosciutti.com

13


Il 16 giugno scorso a Bevagna (PG), la famiglia Lunelli ha inaugurato la nuova cantina, progettata da uno dei grandi dell’arte contemporanea, Arnaldo Pomodoro. A pagina 120 l’articolo di Angelo Valentini (sopra, il Carapace della Tenuta Castelbuono; foto A. Mulas).

14

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


cgp.it

La nuova promozione Anche quest’anno Veroni ti offre un valido supporto alle vendite: torna la promozione , un’iniziativa di grande impatto che aiuterà le tue vendite, visti anche i successi delle precedenti edizioni.

La promozione è valida dal luglio all novembre a mbre 2012 mb

2

9

Perchè partecipare

1 2 3

I piatti son no tra gli om magg gi più grraditi daii consu umattori, che nee fan nnoo speesso richiiestta. Il bis di pia atti è in n porceella ana biancca, da al design eleg ga ante e modernoo, adatto a tuttte le occa asioni. La coollezioonee r ichiedee p poo chi p u nti per essere comp pleta ata.

4

5

L’L’ ap pprrezza amentoo diimosttratoo nelle prrecced p dentii ediiziooni da a un u n num meroo cresccentee di coonsum mato ori e pun nt i vveeend d itta, è ill s eg gno del ssu ucccessso dell’iniiziativva u

L’L’ op perrazionee verrrà ssuuppporrtataa da maateriaali di foortee im mpattoo, chee invita ano i con nsu uma atoori alll’a acqu uisto dei proodottti Veeron ni.

LLa a meccanica Ogni O gni 2250g 50g di di mortadella mortadeella a o prosciutto prro o cotto Veroni, il consumatore punto consu umatoore riceve i 1p unto e con soli 4 punti, ha in regalo il bis di piatti in porcellana.


Attualità

Tante cose, tutte diverse e tutte insieme di Carlo Lucarelli

P

er chiamarci non basta una parola sola, Emilia-Romagna, emiliano-romagnoli, ce ne vogliono almeno due, e anche un trattino per unirle, e poi comunque non bastano. Perché siamo tante cose, tutte insieme, tutte

16

diverse. Un inverno continentale, con un freddo che ghiaccia il respiro e un’estate tropicale che scioglie la testa e a volte tutto insieme, come dice Pier Paolo Pasolini, “l’inverno col sole e la neve”. Pianure che si perdono piatte all’orizzonte e montagne tra le più alte d’Italia, la terra e l’acqua che si fondono alle foci dei fiumi in un paesaggio che sembra di essere alla fine del mondo, città d’arte

e distretti industriali, le spiagge delle riviere che pulsano sia di giorno che di notte, e spesso soltanto una strada o una ferrovia a separarli. E noi le viviamo tutte, queste cose, nello stesso momento, perché siamo gente che “lavora a Bologna, dorme a Modena e va a ballare a Rimini” — come diceva Pier Vittorio Tondelli — e ci sembra comunque la stessa città, che si chiama Emilia-Romagna. Siamo tante cose, tutte diverse e tutte insieme. Per esempio siamo una regione nel cuore dell’Italia — quasi

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


al centro dell’Italia — eppure siamo una regione di frontiera. Siamo anche noi un “trattino”, una cerniera tra il Nord e il Sud, e se da nord a sud vuoi andare devi passare di qui, dall’EmiliaRomagna, che come succede a tutte le frontiere qualcosa dà e qualcosa prende a chi passa e soprattutto a chi resta, perché qui ci è venuto a studiare, a lavorare o anche solo a divertirsi, ma poi ha deciso di viverci su questa terra che non è soltanto un luogo, un posto fisico in cui stare, ma soprattutto un modo di fare e di vedere le cose. Perché, per esempio, qui la terra prende forma e diventa vasi e piastrelle, la campagna diventa prodotto, anche la notte, il mare e il divertimento diventano industria, qui si fa, veloci e diretti come le strade che attraversano la regione, così dritte che sembrano tirate col righello, e si fa per avere, certo, anche per essere, ma si fa soprattutto per stare: per stare meglio. Gli asili, le biblioteche e gli ospedali, le macchine più belle del mondo, in nessun altro posto come qui quando

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

la gente va a tavola parla così tanto di quello che mangia, lo racconta, ci litiga — l’aceto balsamico, il ripieno dei tortellini, la cottura della piadina, e mica solo questo, sono più di 4.000 le ricette depositate in Emilia-Romagna — lo studia, perché ogni cosa, anche la più terrena, anche il cibo, anche il maiale, da noi diventa cultura e diventa filosofia, ma non resta lassù, per aria, poi la si mangia. Se negli altri posti menti e cervelli si incontrano e dialogano nei salotti da noi, invece, lo si fa in cucina. Perché siamo gente che parla, che discute, che litiga, gente che a stare zitta proprio non ci sa stare, e allora ci mettiamo insieme per farci sentire, fondiamo associazioni, comitati,

cooperative, consorzi, movimenti, per fare le cose con un cuore che batte come un motore a quattro tempi, con una testa che sogna cose fantastiche, ma con le mani che poi ci arrivano, a farle, quelle cose lì e quello che resta da fare, va bene, diventa un altro sogno. A volte ci riusciamo e a volte no, perché tante cose vuol dire anche tante contraddizioni. Che spesso non si fondono per niente, anzi, contrastano proprio, però convivono sempre. Tante cose, tutte diverse e tutte insieme. Perché questa è una regione che per chiamarla, per raccontarla, un nome solo non basta. Carlo Lucarelli

17


Agroalimentare: “L’emergenza dimenticata” delle terre ferite d’Emilia di Federica Cornia

«P

er noi il terremoto vero non è stato quello del 20 maggio ma quello del 29» così racconta MASSIMO PALMIERI, titolare del Salumificio Mec Palmieri di San Prospero, alla fine del convegno dal titolo “L’emergenza dimenticata” che si è svolto lo scorso giugno all’Hotel La Cantina di Medolla. E prosegue: «È stato il 29 che abbiamo abbandonato tutto così com’era». Una questione di secondi. La terra trema e la food valley non è più quella

di prima. Perché se è vero, come da più parti si dice, che nell’area della bassa modenese, così duramente colpita dal terremoto, si produce un po’ più dell’1% del nostro PIL, è anche vero che in questa percentuale è compresa tutta quella produzione dell’agroalimentare che ha ora bisogno di dar voce alle difficoltà cui deve far fronte. Meno visibili del biomedicale e della produzione del Parmigiano Reggiano, proprio per far parlare queste realtà, “figlie di un dio mediatico minore”, s’è organizzato un convegno in fretta

e furia, nell’urgenza di raccontare l’esperienza e le difficoltà di una “emergenza dimenticata” dai grandi media. Meno visibili forse, ma non per questo meno sofferenti le aziende che operano nel settore dei salumi (insieme al suo indotto, si pensi solo a Mirandola, patria dello zampone e a tutti i laboratori che fanno le pelli per l’insacco «sono per lo più qua — dice Palmieri — e se non ho la materia prima come faccio?»), dell’aceto, dei vini e nel comparto del catering e della ristorazione.

Da destra, Massimo Palmieri, del Salumificio Mec Palmieri di San Prospero; Angelo Frigerio, direttore di Alimentando e moderatore dell’incontro; Cesare Mazzetti, titolare di Acetum a Motta di Cavezzo e presidente del Consorzio dell’Aceto Balsamico di Modena IGP; Enrico Corsini, presidente del Consorzio dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP.

18

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


L’esigenza di tutti è quella di poter ripartire al più presto, si chiedono velocità d’intervento e procedure snelle, libere da vincoli burocratici superflui. In un’ottica lungimirante si pensa già al dopo terremoto, una fase che spaventa parecchio, perché «se è vero che la solidarietà espressa in varie forme da tutta l’imprenditoria italiana dà forza e coraggio per andare avanti, se i contributi si possono trovare e i soldi anche, la produzione che si ferma costituisce un grosso problema» tanto per parafrasare Palmieri, che coi suoi interventi s’è fatto portavoce delle urgenze di un po’ tutte le aziende dell’area interessata dal terremoto. La chiusura di uno stabilimento per 7-8 mesi — ed è il rischio che corre lo stabilimento Mec Palmieri — con il conseguente blocco della produzione, significa non avere il prodotto in vendita, vuol dire perdere quote di mercato, vuol dire perdere clienti, per questo: «bisogna agevolare la riconquista dei mercati da parte delle aziende coinvolte una volta passata l’emergenza» sostiene Palmieri. «In che forma, certo, sarà da decidere, ma in questi tempi abbiamo visto che nulla è impossibile, tranne che chiedere alla natura di lasciarci in pace». Benefici, agevolazioni fiscali sull’acquisto dei prodotti delle aziende colpite potrebbero essere un incentivo di grande aiuto. Incoraggiante in questo senso l’intervento di DAVIDE CALDERONE, direttore ASS.I.CA., il quale dice che già ci si sta muovendo per sollecitare provvedimenti mirati al sostegno del comparto carni e salumi e riguardo contributi e finanziamenti rassicura: «Il presidente, Lisa Ferrarini, farà tutto il possibile per farli avere in tempi molto rapidi». L’appello unanime è quello di non essere abbandonati, di non essere lasciati soli. Soprattutto dopo.

A riportare i danni dell’aceto il presidente del Consorzio dell’Aceto Balsamico di Modena IGP, CESARE MAZZETTI, titolare di Acetum a Motta di Cavezzo, e il presidente del Consorzio dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP, ENRICO CORSINI. Riguardo la situazione del Balsamico di Modena IGP su una settantina di aziende sono 21 quelle ferme, e alcune solo per ragioni burocratiche, presentando lesioni sanabili in tempi brevi ma bloccate per via dall’ordinanza della Protezione Civile che costringe a una perizia giurata per riaccedere ai locali. Con tempi di realizzazione più veloci rispetto il Balsamico Tradizionale (la produzione si attesta attorno ai 39 milioni di litri all’anno), i danni iniziali stimati per il Balsamico di Modena IGP sono di 100.000 litri e c’è il rischio che sul mercato venga a mancare il 40-45% del prodotto. Per le aziende iscritte al Consorzio dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP i danni al momento sembrano contenuti: aziende medio-piccole, l’attività collocata nei sottotetti, volumi di produzione inferiori rispetto l’IGP per un prodotto che costa dai 500 ai 1.500 euro al litro, sono quattro per ora le aziende gravemente danneggiate, tutte con sede nella bassa: San Prospero, Novi, Mirandola, San Felice. Oltre alla dispersione del prodotto causato dal rovesciamento dei vaselli, saranno da appurare anche i danni dal punto di vista organolettico dovuti al rimescolamento del liquido a causa delle scosse. L’assenza del prodotto sul mercato, per il Balsamico DOP acuita dai più bassi volumi di produzione rispetto l’IGT, fa paura naturalmente anche a Corsini: «mancare per un po’ nei grandi punti vendita potrebbe significare essere dimenticati». Problemi analoghi anche per CIV Grandi Vini Italiani il cui rappresen-

«Bisogna agevolare la riconquista dei mercati da parte delle aziende coinvolte una volta passata l’emergenza» è l’appello lanciato da Massimo Palmieri del Salumificio Mec Palmieri di San Prospero e condiviso dai vari rappresentanti delle altre aziende colpite dal terremoto Premiata Salumeria Italiana, 4/12

tante, ANTONIO LUSETTI, non ha potuto partecipare all’incontro. Per il settore della ristorazione ANTONIO NATALI, della Natali Alimentari di Mirandola, ha poi portato la sua testimonianza: l’azienda, che produce primi piatti, secondi e contorni, tutto lavorato a mano, ha sede nel centro storico di Mirandola e pur non avendo riscontrato danni strutturali ha dovuto sospendere l’attività perché nella zona rossa. Anche per lui — come del resto per Palmieri che, allo stesso modo, ha dislocato la produzione in altra zona rimanendo pur sempre in Emilia — fondamentale il primo soccorso solidale di un fornitore che ha offerto una struttura in cui poter momentaneamente trasferire l’attività. «Quando le scosse si sono placate ho impiegato dieci giorni per ottenere un’ora di permesso che mi consentisse di traslocare quanto era necessario per servire i clienti» afferma Natali. Ma l’appoggio di oggi, seppur importantissimo, non basta a placare la grande preoccupazione che c’è per il futuro. Non si nasconde che la stessa solidarietà ricevuta da parte di molte imprese ci se l’aspetta anche dalla clientela perché: «se le aziende ripartono e la rete commerciale pronta ad accoglierle non c’è, allora non avrebbe senso». E non a caso, visto l’agguato dell’oblio mediatico dietro l’angolo capace di cancellare di fronte all’opinione pubblica anche eventi drammatici come questo, a conclusione dell’incontro Palmieri ritorna sulla cosa che oggi preme di più: la tempestività, la velocità d’intervento. Perché si vuole tornare a camminare sulle proprie gambe il più presto possibile. «Le case, le chiese, i monumenti si possono ricostituire ma i posti di lavoro se si perdono oggi, si potranno ricostruire? Per questo è fondamentale far capire che la nostra è un’area ricca di tante cose, che qui siamo nella cucina dell’Italia». Ecco allora che raccontare equivale anche a non dimenticare, dunque bisogna raccontare della bassa modenese per non dimenticare questa terra, bisogna dire che è preziosa dispensa di prelibatezze per non dimenticarne i prodotti e i produttori. Federica Cornia

19


Ti voglio bene, Bassa Gnocco fritto, tortellini, belle auto e salumi d’eccellenza sotto le stelle e la maestria dei grandi chef modenesi. Unico obiettivo: ricostruire la scuola di Medolla, distrutta dal sisma

A

nche la Fondazione Casa di Enzo Ferrari, in collaborazione con l’associazione Rock No War Onlus, si è attivata nelle scorse settimane per la raccolta di fondi a favore della ricostruzione della scuola dell’infanzia di Medolla. Tra le iniziative ci fa piacere segnalare una cena d’autore tutta in beneficenza organizzata in collaborazione al Consorzio Modena a Tavola e con la presenza di chef modenesi tra cui gli stellati e sempre disponibili Massimo Bottura dell’Osteria Francescana e Luca Marchini dell’Erba del Re, con la partecipazione di Piacere Modena by Palatipico e dell’associazione La San Nicola di Castelfranco Emilia. La serata, “Ti voglio bene, Bassa”, ha avuto luogo lo scorso 26 giugno nel cortile del MEF, l’avveniristica struttura architettonica, firmata dagli architetti Jan Kaplicky e Andrea Morante, che da marzo ospita un museo dedicato alla vita e al lavoro di Enzo Ferrari. La cucina proposta, rigorosamente modenese con le migliori materie prime del territorio, ha visto coinvolti Massimo Bottura con una rivisitazione di passatelli in brodo, Luca Marchini con un risotto al Parmigiano Reggiano cotto a puntino anche per 500 persone, i tortellini in brodo di San Nicola, fatti a mano dalle rezdore emiliane, gnocco fritto dell’oste modenese Ermes e l’immancabile Prosciutto di Modena DOP, sapientemente tagliato a mano dal maestro salumiere Adriano Camurri. Le donazioni a favore di “Ti voglio bene, Bassa” proseguono con i versamenti volontari che possono essere fatti su c/c IBAN: IT82U0339566780CC0020003852. >> Link: www.museocasaenzoferrari.it

20

Adriano Camurri al taglio del Prosciutto di Modena DOP durante la serata al MEF-Museo Enzo Ferrari, organizzata per la raccolta fondi a favore della ricostruzione della scuola dell’infanzia di Medolla.

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


In alto: il ricchissimo buffet allestito nel cortile del MEF. In basso: a sinistra, Luca Marchini, chef de L’erba del Re; a destra Massimo Bottura, chef dell’Osteria Francescana (fotografie Studio Cento 29).

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

21


Terremoto, l’impegno del Consorzio Tutela Vini Emilia per le aziende viticole colpite Il mondo del Lambrusco concretamente solidale con le cantine colpite dal sisma con un primo stanziamento d’urgenza, in aiuto ad una filiera che coinvolge 8.000 aziende e produce il vino più esportato al mondo. Gravi danni alle strutture. Alcuni impianti d’imbottigliamento costretti a decentrare temporaneamente l’attività «Diverse aziende vitivinicole presentano gravi problemi strutturali, tali da pregiudicarne l’attività con gravi ricadute sull’occupazione e sulla produzione» spiega DAVIDE FRASCARI, presidente del Consorzio per la Tutela dei Vini Emilia. «Le aree maggiormente colpite sono quelle a nord delle province di Modena e di Reggio Emilia, San Prospero, Carpi, Concordia (nel modenese), Reggiolo, Rolo, Correggio (nel reggiano) e molte altre. È per questo che abbiamo predisposto un impegno da parte del consorzio a favore delle aziende colpite». «Una situazione che ci preoccupa da vicino — gli fa eco PIERLUIGI SCIOLETTE, vicepresidente del consorzio con sede a Modena — se si considera che Parmigiano Reggiano, Lambrusco e Aceto Balsamico — sono tra i prodotti italiani più esportati al mondo». «Per comprendere l’importanza socio-economica che ha il comparto vitivinicolo emiliano — entra nel dettaglio ERMI BAGNI, direttore del Consorzio — basti pensare che nelle province di Modena e di Reggio Emilia 8.000 aziende viticole coltivano 15.000 ettari di vigneto specializzato che danno una produzione media annuale di 3 milioni di quintali di uva trasformata principalmente in vino lambrusco DOC e IGT che viene esportato in ben 50 Paesi esteri sparsi nei cinque continenti (in foto la fase di scarico dell’uva)». Nel concreto il bilancio dei danni è salato per le aziende vitivinicole ubicate a nord delle province di Modena e di Reggio Emilia. «Abbiamo registrato — spiega Bagni — danni strutturali a diversi impianti. Non si sono rilevate perdite di prodotto dai vasi vinari, ma alcuni stabilimenti di imbottigliamento sono stati dichiarati inagibili. In attesa che venga ripristinata l’agibilità le imprese interessate sono state autorizzate in via temporanea a delocalizzare l’attività di imbottigliamento». «A queste prime valutazioni purtroppo occorre aggiungere il forte rallentamento subito dai progetti relativi all’ampliamento degli impianti di produzione delle aziende consorziate molto impegnate nel programmare l’attività conformemente alle disposizioni del nuovo disciplinare di produzione dei vini IGT “Emilia” o “dell’Emilia”». Ed ecco l’iniziativa di solidarietà del neonato Consorzio Tutela Vini Emilia (che di fatto unisce le realtà vitivinicole modenese e reggiana): «Per dare un aiuto alle imprese vitivinicole consorziate che si trovano in sensibile difficoltà — spiegano Davide Frascari e Pierluigi Sciolette — a causa del terremoto il Consorzio Tutela Vini Emilia ha deciso di istituire una specifica voce di bilancio stanziando una somma iniziale di 40.000 euro la quale sarà integrata da un contributo di oltre 20.000 euro che verrà messo a disposizione dall’Unione Italiana Vini organizzazione di settore che rappresenta le maggiori aziende enologiche nazionali. A favore delle aziende colpite è stata aperta anche una sottoscrizione ad opera del Corriere Vinicolo, mentre sul territorio e all’estero si moltiplicano le iniziative che vedono l’impiego di Lambrusco modenese e reggiano in prima fila per sensibilizzare e raccogliere fondi per le zone colpite dal terremoto».

22

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


?adfSVW^^S

eg^^S TaUUS V[ fgff[ 8

DYROD OD SULPD PRUWDGHOOD LQVDFFDWD QHOOD FRWHQQD QDWXUDOH GDOOH FDUDWWHULVWLFKH XQLFKH HG LQLPLWDELOL SURGRWWD LQ HVFOXVLYD GDO 6DOXPL┬┐ FLR 3DOPLHUL $ EDVVR FRQWHQXWR GL JUDVVL H TXLQGL SL GLJHULELOH 6HQ]D JOXWLQH 6HQ]D DJJLXQWD GL SROLIRVIDWL Qq GHULYDWL GDO ODWWH 1RQ 2*0 VRLD PDLV H GHULYDWL

SalumiямБcio Mec-Palmieri srl Via Canaletto, 16/A - 41030 - San Prospero (Modena) - tel. 059.90.88.29 - fax 059.90.63.36 www.mecpalmieri.com - www.mortadellafavola.it Azienda con Sistema Qualit├а certiямБcato ISO 9001


Il food in rete

Il meglio del web e delle app di Elena Benedetti

www.bresaolabordoni.it

www.parmigiano-reggiano.it

www.gastronomista.com

Una fetta di Valtellina nel web Il SALUMIFICIO BORDONI è presente online con un sito dalla grafica e dai contenuti fotografici curatissimi. Grande l’attenzione al prodotto, non solo nella produzione meticolosa delle carni migliori, trasformate all’interno dello stabilimento di Mazzo di Valtellina in bresaole e salumi d’eccellenza, ma anche su internet. Il sito è stato costruito con attenzione e creatività per proporre informazioni sull’azienda e sul prodotto, con pagine web pulite, essenziali, valorizzate da grandi immagini che trasmettono l’identità e l’orgoglio del salumificio valtellinese. Nell’area “Prodotti” si può scorrere la pagina con diverse proposte di Bordoni, tra le varie bresaole al fiocco di prosciutto. In “Azienda” si ripercorrono le fasi di produzione della bresaola che al termine del processo gode del bollino di certificazione europea IGP. info@bresaolabordoni.it

Formaggio d’Italia e vendite solidali Accessibile in 9 lingue straniere, collegato a Facebook e presente in YouTube, il CONSORZIO DEL PARMIGIANO REGGIANO è molto social e parecchio web oriented. Il portale raccoglie informazioni su tutti i caseifici, grandi e piccoli, consorziati, informazioni sul prodotto, ricette, curiosità sul processo produttivo, notizie sul Consorzio e sugli aderenti. Segnaliamo la sezione “Campagna vendite solidali” creata in favore dei caseifici terremotati per promuovere la raccolta di fondi attraverso gli acquisti di Parmigiano Reggiano, campagna che si è estesa ad altri caseifici produttori per poter rispondere alle numerose richieste di acquisto pervenute. Per ogni chilo di Parmigiano Reggiano acquistato viene devoluto 1,00 € al fondo di solidarietà “Comitato gruppo caseifici terremotati” del Parmigiano Reggiano. Le confezioni sono identificate da un apposito bollino che reca la scritta “1 €/kg per rinascere – Un aiuto ai caseifici terremotati del Parmigiano Reggiano”. Chi volesse acquistare Parmigiano Reggiano con il bollino può farlo, per quantitativi superiori ai 20 kg, ad un prezzo indicativo di riferimento di 14 €/kg per stagionatura fino a 24 mesi. staff@parmigiano-reggiano.it

Curato da vere foodies gentildonne Blog in lingua inglese, il GASTRONOMISTA è stato fondato nell’ottobre del 2009 da due signore appassionate del food raccontato e gustato in tutte le sue declinazioni. Oggi il blog è amministrato dalle fondatrici a cui si sono unite altre collaboratrici, tutte accomunate dalla passione per la gastronomia, la cultura del cibo e del buon bere, dell’arte e del design. gastronomista@gmail.com

24

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


The Wine Traveller guide/ Italy

Beretta: il ricettario app…etitoso

€ 3,99 iTunes App Store

Gratuita iTunes App Store

Volete organizzare la vostra vacanza tra le cantine più belle d’Italia? Dormire in antichi castelli con la vista sulla vigna? Tuffarvi in piscina? Passeggiare a cavallo o fare escursioni in mountain bike tra una degustazione e una ricca cena con prodotti locali? Questa è la app che fa per voi. 1.400 cantine che accolgono il turista del vino per viaggiare e bere bene in Italia. Parola di THEWINETRAVELLER. IT e EUPOSIA.IT.

Ecco una app scaricabile a costo zero da iTunes App Store per trasformare il solito menu con ricette gustose a base di salumi BERETTA. 50 ricette da condividere e tante informazioni sulla storia e sulle caratteristiche dei salumi tipici italiani.

Formaggi e vini d’Italia Gratuita iTunes App Store

Ecco una app gratuita per iPhone e iPad che raccolta il valore dei formaggi italiani DOP in abbinamento con i migliori vini regionali e nazionali. Firmata GAMBERO ROSSO.

Facciamoadesso.it, il social business per far ripartire le imprese Il portale che apre un canale per le imprese danneggiate dal terremoto. Non è un e-commerce, è molto di più: un modello social che pone al centro le relazioni tra le persone Da un lato la richiesta da parte delle imprese delle zone colpite dal sisma di essere messe nelle condizioni di operare, perché l’aiuto più significativo è il ritorno all’ordinarietà, dall’altro la disponibilità di tanti professionisti ad aiutare le popolazioni dell’Emilia. Nasce dall’incontro di queste due sollecitazioni il “circolo virtuoso” del portale www. facciamoadesso.it, social business che funziona da vetrina on-line per le aziende alle prese con le difficoltà e con i danni causati dal terremoto. Ma non solo: si tratta, infatti, di imprenditori con le loro storie da raccontare — aziende famigliari con le radici indietro di generazioni, altre nate da esperienze di solidarietà e assistenza, cooperative sociali, autentiche eccellenze del tessuto produttivo locale, artigiani e commercianti — e con la necessità di riallacciare il filo di relazioni e rapporti nati attorno all’esercizio quotidiano delle loro attività. In pratica, un mondo da ricostruire, questo l’obiettivo di Facciamoadesso.it. La chiave di Facciamoadesso.it sono “le relazioni”: il sito non fornisce un servizio di e-commerce, cioè di vendita diretta on-line, ma “obbliga” chi vende e chi compra ad incontrarsi, o almeno ad accordarsi a voce. «Tutti i business sono social, e questo modello, proprio perché improntato sulle relazioni tra persone, è determinante per creare una rete di contatti» ha ribadito il partner di e:2. «Sono le storie la parte più interessante del portale», ha dichiarato Beppe Leoni, partner di e:2, società coinvolta nel progetto, secondo cui il rapporto diretto «aiuta a farci sentire presenti con chi vive questa tragedia, a far capire che non ci siamo dimenticati di loro una volta iniziate le vacanze». Dieci le categorie di prodotti in vendita sul sito: si va dall’abbigliamento all’arredamento, passando per i prodotti per la casa fino ad arrivare ai gioielli o ai profumi. Nelle prossime otto settimane, alcuni studenti dell’Università di Modena e Reggio Emilia lavoreranno per Facciamoadesso.it per un tirocinio formativo, oltre a numerosi volontari. Fondamentale per il successo dell’iniziativa anche il passaparola grazie a Facebook (FacciamoAdesso) e Twitter (@facciamoadesso). >> Link: www.facciamoadesso.it

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

25


26

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Premiata Salumeria Italiana, 4/12

27


Trasformazione

Le bresaole Originaria della provincia di Sondrio, la bresaola oggi è un salume presente abitualmente sulle tavole degli Italiani di Carlo Cantoni

È

difficile stabilire con precisione da dove derivi il nome di questo salume. Potrebbe derivare dall’espressione “sale come brisa”, per l’uso che un tempo si faceva del sale nella conservazione e per il fatto che, in Valchiavenna, “brisa” indicava una ghiandola dei bovini fortemente salata. C’è chi riconduce l’origine di questo nome al termine “brasa” (che in dialetto significa brace), poiché un tempo l’asciugatura del prodotto avveniva in locali riscaldati da bracieri alimentati con carbone di legna di abete e bacche di ginepro, timo e foglie di alloro. Da “brisaola” il

nome è poi mutato con gli anni in “bresaola”. Le prime testimonianze letterarie relative alla produzione della bresaola risalgono al XV secolo, ma l’origine del salume è senz’altro antecedente. La produzione rimase circoscritta all’ambito familiare sino ai primi decenni dell’Ottocento. Nel XIX secolo la lavorazione artigianale del salume diventò particolarmente florida. Solo partire dal 1930, però, con l’ampliamento della produzione a vari centri della Valtellina, la bresaola ebbe una più vasta diffusione nell’alta Lombardia e, dagli anni ‘60, in tutta l’Italia e in Svizzera.

Il Consorzio per la tutela del nome Bresaola della Valtellina La “Bresaola della Valtellina” ha ottenuto il riconoscimento comunitario di “Indicazione Geografica Protetta – IGP”, a norma del Reg. (CEE) 2081/92, con il Reg. (CE) n. 1263/96 dell’1 luglio 1996. Il relativo Disciplinare di Produzione è stato recepito nell’ordinamento italiano con decreto 23 dicembre 1998 del Ministero delle Politiche Agricole e Agroindustriali Nazionali. Per dare operatività ed efficacia a questa importante attestazione di tipicità della produzione e per garantire la tutela del consumatore, si è costituito, il

La bresaola, al temine della stagionatura, si presenta di colore rosso vivo; il profumo è delicato e si percepiscono aromi leggermente speziati; il gusto va da moderatamente sapido a dolce, mentre la consistenza è morbida e compatta.

28

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


23 maggio 1998, il “Consorzio per la tutela del nome Bresaola della Valtellina”, riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali con decreto 27 settembre 2004, che garantisce la provenienza di questo raffinato prodotto, ne promuove l’immagine e lo salvaguarda da imitazioni e contraffazioni. Il Consorzio associa la quasi totalità dei produttori operanti nell’ambito della zona geografica protetta, corrispondente all’intera provincia di Sondrio. I produttori riconosciuti si impegnano a rispettare il Disciplinare di produzione e sono soggetti alla costante attività di verifica del Consorzio e dell’organismo di controllo, il CSQA di Thiene (VI). Disciplinare di produzione dell’Indicazione Geografica Protetta “Bresaola della Valtellina” In base al Disciplinare di produzione la Bresaola della Valtellina viene elaborata nella tradizionale zona di produzione che comprende l’intero territorio della provincia di Sondrio.

Tabella 1 – Bresaola, composizione chimica e valore energetico per 100 g di parte edibile Parte edibile (%) Acqua (g)

60

Proteine (g)

32

Lipidi (g)

2,6

Colesterolo (mg)

67

Carboidrati disponibili (g)

0

Amido (g)

0

Zuccheri solubili (g)

0

Fibra totale (g)

0

Fibra solubile (g)

0

Fibra insolubile (g)

0

Alcol (g)

0

Energia (kcal)

151

Energia (kJ)

653

Sodio (mg)

Metodo di elaborazione e stagionatura Il suo processo produttivo avviene

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

1.597

Potassio (mg)

505

Ferro (mg)

2,4

Calcio (mg) Materie prime La bresaola è prodotta con le seguenti masse muscolari della coscia di bovino private di ossa: • fesa, che corrisponde alla porzione posteromediale della muscolatura della coscia e comprende il muscolo retto interno, il muscolo adduttore e il muscolo semimembranoso; • punta d’anca, che corrisponde alla parte della fesa privata del muscolo adduttore; • sottofesa, che corrisponde alla porzione posterolaterale della muscolatura della coscia e precisamente il muscolo lungo vasto; • magatello, che corrisponde alla porzione posterolaterale della muscolatura della coscia e precisamente il muscolo semitendinoso; • sottosso, che corrisponde alla fascia anteriore della coscia ed è composta dal muscolo retto anteriore e dal muscolo vasto interno ed intermedio.

100

Fosforo (mg) Magnesio (mg)

7 168 34

Zinco (mg)

3,87

Rame (mg)

0,15

Tiamina (mg)

0,12

Riboflavina (mg)

0,23

Niacina (mg) Vitamina C (mg)

2,4 0

Fonte: INRAN, Tabelle di composizione alimenti, Categoria carni trasformate e conservate, www.inran.it seguendo queste operazioni: • selezione della materia prima e rifilatura dei tagli di carne; • salagione a secco; • asciugatura; • stagionatura; • controllo del prodotto finito; • eventuale sezionamento o affettamento e confezionamento. La salagione è sempre preceduta da un controllo visivo dei tagli di carne utilizzati per la produzione della bresaola e, se necessario, dallo scarto della materia prima non con-

forme (eccessivamente marezzata o di colore anomalo), e da rifilatura, finalizzata all’asportazione del grasso e delle parti tendinose esterne curando di non inciderle perché esse formano, integralmente e singolarmente, i pezzi da salare ed essiccare. La salagione è effettuata con metodo detto “a secco”: la carne viene cosparsa con sale e aromi naturali. Possono essere impiegati vino, spezie, zuccheri (con lo scopo di favorire i fenomeni microbici responsabili in buona parte della stagionatura del

29


prodotto), nitriti e nitrati di sodio e potassio, acido ascorbico e suo sale sodico. La salagione, che ha una durata non inferiore ai 10 giorni, è interrotta da operazioni di massaggio, per consentire una più rapida e uniforme migrazione del sale all’interno del prodotto. La carne salata viene insaccata in budelli naturali o artificiali e inviata alla fase successiva di asciugatura in apposite celle. L’asciugatura, che deve consentire una rapida disidratazione del prodotto nei primi giorni di trattamento, viene condotto ad una temperatura compresa tra 20 e 30°C e in condizioni di umidità dell’aria pari al 35-65%. Alla fase di asciugatura segue la stagionatura condotta a temperatura compresa tra 12 e 18°C e in condizioni di umidità dell’aria pari al 70-90%. I locali di stagionatura, così come quel-

li di asciugatura, devono essere muniti di impianti per il mantenimento e la rilevazione della temperatura e dell’umidità e devono consentire un ottimale ricambio dell’aria. Asciugatura e stagionatura devono avere una durata minima complessiva di quattro settimane. Il prodotto stagionato Bresaola della Valtellina IGP, all’atto dell’im missione al consumo, deve rispettare le caratteristiche organolettiche, chimiche, chimico-fisiche e merceologiche tipiche definite nel Disciplinare. A tal fine, il prodotto finito è sottoposto ad analisi di tipo sensoriale, merceologico e chimico da parte del produttore e del Consorzio di tutela.

valore nutrizionale, in quanto ha un contenuto proteico elevato, una bassa quantità di grasso e, quindi, con apporto calorico ridotto. Sono presenti livelli importanti di ferro, zinco, vitamina B2 e vitamina PP.

Valore nutrizionale La bresaola è un salume con elevato

Caratteristiche chimiche e chimico-fisiche • Umidità t.q.: max 65%. • Grasso: max 7%. • Ceneri: min. 4%. • Cloruro di sodio: max 5%. • Proteine: min. 30%.

Caratteristiche organolettiche • Consistenza: soda ed elastica. • Aspetto al taglio: compatto ed esente da fenditure. • Colore: rosso uniforme con bordo scuro appena accennato per la parte magra; colore bianco per la parte grassa. • Profumo: delicato e leggermente aromatico. • Gusto: gradevole, moderatamente saporito, mai acido.

Caratteristiche merceologiche • Forma: vagamente cilindrica o, per il prodotto pressato, a mattonella. • Peso (kg): – bresaola di fesa: min. 3,5; – bresaola di punta d’anca: min. 2,5; – bresaola di sottofesa: min. 1,8; – bresaola di magatello: min. 1; – bresaola di sottosso: min. 0,8.

Ottima anche da sola, la bresaola si rivela perfetta per creare sfiziose insalate, con rucola, crescione, soncino, carciofi, sedano verde e funghi porcini.

30

Caratteristiche commerciali La bresaola della Valtellina può essere commercializzata intera, allo stato sfuso o sottovuoto; a pezzi, in tranci o affettata, confezionata sottovuoto o in atmosfera modificata. Peso, forma e dimensioni delle confezioni possono essere variabili. Deve riportare in etichetta, oltre alle diciture obbligatorie per legge, le seguenti indicazioni: “Bresaola della Valtellina” — intraducibile e deve essere apposta sull’etichetta in caratteri chiari, indelebili, nettamente distinguibili da ogni altra scritta —, seguita dalla menzione “Indicazione Geografica Protetta” e/o dalla sigla IGP, che deve essere prodotta nella lingua in cui il prodotto viene commercializzato; è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione non espressa-

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Premiata Salumeria Italiana, 4/12

31


fosse andata a fuoco. Inizialmente disperato, il Daü scoprì, tra le macerie e i legni carbonizzati, alcune delle sue bresaole, annerite dal fumo ma ancora intatte. Provò ad assaggiarne una rimanendo deliziato. Il nuovo gusto era inaspettato e incredibilmente piacevole, buono e leggermente affumicato, gli sembrava che racchiudesse tutti i sapori delle sue amate montagne. Da quel momento decise che avrebbe mangiato solo bresaola affumicata e la chiamò Brisù, “la Brisa affumicata consigliata dal Daü”.

La bresaola è un salume con elevato valore nutrizionale, in quanto ha un contenuto proteico elevato, una bassa quantità di grasso e, quindi, un apporto calorico ridotto. mente prevista. È tuttavia consentito l’utilizzo di indicazioni che facciano riferimento a nomi o ragioni sociali o marchi privati, purché non abbiano significato laudativo o tali da trarre in inganno l’acquirente. Bresaola affumicata Originaria della Valchiavenna, la bresaola affumicata può essere definita come un taglio bovino salato, affumicato e stagionato. Si utilizzano tagli di coscia bovina quali fesa, sottofesa, magatello e noce. Il peso è compreso tra i 2 e i 4 kg. La preparazione viene effettuata attraverso diverse fasi, quali: 1. sezionamento del muscolo; 2. rifilatura; 3. preparazione della concia (ingredienti: sale, pepe macinato, nitrato di potassio-E252, aglio, cannella, chiodi di garofano, aromi naturali); 4. accatastamento entro vasche dei tagli ricoperti da concia; 5. pressatura della catasta con pianale di legno corredato di pesi; 6. sosta per otto giorni a 4°C; 7. lavaggio con acqua corrente; 8. asciugatura per tamponamento;

32

9. insacco in bondeana bovina; 10. legatura; 11. affumicatura per 12 ore bruciando segatura di pino o di abete e con rametti di ginepro; 12. stagionatura variabile da 1 a 3 mesi (a seconda della pezzatura) in locali freschi e ventilati (anche cotti). Sull’origine della bresaola affumicata esiste una leggenda secondo la quale, tanto tempo fa, sulle più alte cime innevate delle montagne che circondano Livigno, viveva il Daü, un animaletto solitario, ma buffo e simpatico, difficile da incontrare a valle, perché, per adattarsi alla conformazione dei pendii su cui viveva, le sue zampe erano cresciute, in modo asimmetrico, più lunghe sul lato destro del maschio e sul lato sinistro nella femmina. Per questo il Daü non scendeva mai a valle, perché si diceva che sui terreni pianeggianti fosse costretto a girare in tondo. Si racconta che il Daü avesse nascosto nella sua tana tutte le delizie naturali di cui andava ghiotto, pane, cannella e bresaola, ma che un giorno, purtroppo, la sua tana

Bresaola di cervo La bresaola di carne di cervo è ottenuta dalla coscia o dalla spalla di cervo ottenuta, talvolta, da animali catturati durante la stagione venatoria ma, di norma, da cosce di cervi provenienti dai paesi dell’Est europeo. I tagli delle cosce di cervo, ben mondati, vengono immersi in una salagione a secco, con sale e spezie naturali macinate grosse, e lasciati in una concia con vino rosso per 7-10 giorni a seconda della pezzatura. Rispetto alla bresaola di manzo la salagione è meno forte: per un quintale di cervo bastano infatti, in media, 1,8 kg di sale (1,5 in alta montagna e 2,1 kg in bassa valle). I coadiuvanti usati sono sale, pepe, cannella, chiodi di garofano, aglio pestato e vino rosso. Facoltativo è l’uso dei nitriti/nitrati. Sezionate dalle cosce, le bresaole vanno asciugate e massaggiate per favorire la penetrazione del sale. Sono quindi accatastate entro vasche a strati ricoperti di concia. Sostano a 4°C per 7-10 giorni con rivoltamento e massaggi dei tagli di carne ogni 24-48 ore. L’insacco è a mano. L’asciugatura è a temperatura ambiente per 7-15 giorni. La stagionatura a 12-14°C per 15-90 giorni seconda della pezzatura. Bresaola di cavallo È una celebre e antica specialità della Valchiavenna. Di produzione decisamente più limitata rispetto all’omonimo salume di carne bovina, la bresaola equina è preparata utilizzando parti carnee del cavallo di prima scelta, costituite dai muscoli della coscia (fesa, sottofesa, noce o lombata) che vengono sottoposti a salagione

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


ed essiccamento. La carne di cavallo possiede alcune caratteristiche che la differenziano nettamente dalla carne bovina (alto contenuto proteico, basso tenore di materia grassa, elevato tasso di ferro) e tali da giustificare il suo valore nutritivo più elevato. Per quanto riguarda le caratteristiche organolettiche, oltre al sapore dolciastro dato dalla ricchezza di glicogeno del muscolo equino, la carne di cavallo ha un colore più scuro, molto più intenso di quello della carne bovina o suina, per effetto dell’elevato contenuto di pigmenti totali ed un odore leggermente acre per la notevole quantità di acido linoleico presente. Inoltre, la carne equina è apprezzata dal consumatore per la tenerezza, soprattutto dei tagli di prima categoria, come filetto e fesa. Infatti, la carne di cavallo raggiunge la massima tenerezza in 24 ore, a differenza delle carni di altri animali, per i quali è necessario attendere alcuni giorni prima della scomparsa del rigor mortis. La prima operazione a cui vengono sottoposti i vari pezzi di carne destinati alla produzione di bresaola è la tolettatura, necessaria per eliminare il tessuto adiposo che irrancidisce facilmente, conferendo un gusto decisamente sgradevole. Successivamente si passa dalla salagione, tradizionalmente effettuata ponendo la carne in mastelli di rovere o di faggio (oggi marne), alternandola a strati di concia. La concia o miscela salante è costituita da cloruro di sodio, salnitro, zuccheri, pepe macinato, aglio, alloro, bacche di ginepro. Le marne vengono poste per un giorno in un ambiente con temperatura di 2-4°C ed umidità relativa dell’85-90%. Trascorso questo periodo, le bresaole, lavate con vino, vengono nuovamente poste a contatto con il vino e il sale per altri 10-15 giorni, durante i quali vengono rivoltate con una certa frequenza per favorire l’assorbimento uniforme del sale. Al termine della salagione i pezzi di carne vengono lavati definitivamente ed asciugati. Durante la successiva fase di essiccamento, della durata di una settimana circa, le bresaole vengono mantenute in stanze condizionate ad una temperatura di 20°C ed umidità

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

Tabella 2 – aw minime per la crescita dei microrganismi più comuni Campylobacter

0,98

Pseudomonas

0,97

C. botulinum (non proteolitico)

0,96

C. botulinum (proteolitico)

0,93

La maggior parte dei lattobacilli (LAB)

0,95

Salmonellae

0,94

E. coli 0157:H7

0,95

L. monocytogenes

0,92

Alcuni LAB

0,92

S. aureus (anaerobiosi)

0,90

S. aureus (aerobiosi)

0,86

Aspergillus flavus

0,80

A. ochraceus

0,80

Tabella 3 – Valori minimi di pH per la crescita dei microrganismi più comuni Clostridium perfringens

5,0

Campylobacter

4,9

Clostridium botulinum (proteolitico)

4,6

E. coli 0157:H7

4,0-4,4

Pseudomonas

4,4

Listeria monocytogenes

4,4

Yersinia enterocolitica

4,2

Staphylococcus aureus

4,0

Salmonellae

3,8

La maggior parte dei lattobacilli (LAB)

3,0-3,5

Aspergillus flavus

2,0

A. ochraceus

2,0

relativa del 55-60%. Spesso alla fase di essiccamento si alternano dei periodi di rinvenimento per favorire una disidratazione uniforme sia sulla superficie esterna sia all’interno e per evitare la formazione di croste superficiali e processi putrefattivi interni. La stagionatura avviene in sale ventilate, con temperatura variabile dai 12 ai 15°C ed umidità dell’80-85%; i tempi, di solito, variano dai 2 ai 3 mesi, a seconda della pezzatura e del prodotto che si vuole ottenere. Per ottenere un prodotto tenero

e poco saporito si procede ad una stagionatura di 3 mesi, mentre, se si predilige un prodotto salato, molto disidratato, si prolunga la maturazione fino a 6 mesi. Bresaole di cavallo sono prodotte anche in Valtellina, nel bresciano e in provincia di Padova. La composizione della bresaola equina è varia (proteine: 36,2-41%; umidità: 54-58%; grassi: 3,7-3,9%). La bresaola di cavallo ha una consistenza soda, compatta ed esente da fenditure. Di colore rosso cupo, ha un peso variabile fra i 3 e i 4 kg.

33


Sicurezza igienica Tecnicamente, le bresaole fanno parte del gruppo delle carni essiccate stabilizzate o stabili. In generale il termine di “prodotto stabile” è riferito a quei prodotti che non richiedono la refrigerazione o il congelamento per garantire la salubrità e caratteristiche organolettiche accettabili. Sovente questi prodotti sono conservati a temperatura ambiente. La loro vita commerciale è spesso dipendente dall’imballaggio, che evita l’ossidazione e lo sviluppo di muffe. La vita commerciale di un prodotto è definita come il tempo lungo il quale il prodotto specifico può essere conservato sotto specifiche condizioni che permettano di mantenere la sua accettabilità e qualità. Essa è determinata da due tipi di deterioramento: microbiologico (alterativo) e chimico (ossidativo e fisico). La stabilità è data da una combinazione di fattori, conosciuti con i termini di “effetti ostacolo”. L’interazione di questi fattori influenza i microrganismi specifici e le reazioni chimiche. Controllando i vari fattori e le loro interazioni si massimizza un effetto totale che garantisce la loro stabilità. Le tecnologie di conservazione degli alimenti usualmente si classificano in tre categorie: 1. prevenzione/rimozione dei contaminanti; 2. inattivazione dei microrganismi; 3. rallentamento o inibizione completa della crescita microbica. Per i prodotti carnei essiccati, la conservabilità è principalmente dovuta al rallentamento o all’inibizione completa della crescita batterica. I fattori più comuni per garantire la salubrità e conservabilità dei prodotti carnei essiccati sono: • aw (attività dell’acqua); • pH; • tempo/temperatura/umidità relativa; • salinità; • tipo di popolazione batterica. Altri fattori, come quelli elencati di seguito, possono svolgere un ruolo importante per garantire la salubrità e la stabilità di alcuni prodotti: • l’acidità; • l’umidità; • il tipo di confezionamento (sot-

34

tovuoto, atmosfera modificata); conservanti; spezie o estratti di spezie. Nel caso dei prodotti carnei essiccati, l’attività dell’acqua (aw) è probabilmente il fattore più importante che garantisce la stabilità del prodotto. Per i microrganismi più comuni presenti in questi prodotti, le aw minime per la loro crescita sono riportate in Tabella 2. Il pH è il secondo fattore più importante, considerando in particolare che molti di questi prodotti essiccati sono fermentati o subiscono qualche attività microbica che fornisce le caratteristiche peculiari al prodotto. I valori minimi di pH che permettono la crescita dei microrganismi di maggior interesse sono riportati in Tabella 3. L’effetto (ostacolo) si verifica quando la combinazione degli inibenti è più efficace rispetto quella del solo inibente, quindi quando il suo effetto è sinergico. Gli ostacoli più efficaci per la conservabilità di un alimento sono: • temperatura elevata; • bassa temperatura; • ridotta aw; • ridotto potenziale redox; • conservanti; • microflora competitiva. Per garantire la stabilità dei prodotti carnei essiccati e la loro salubrità, i primi cinque ostacoli della lista sono di importanza fondamentale. Il sale (cloruro di sodio) è l’ingrediente più importante nella preparazione dei prodotti carnei essiccati. Il sale esercita diverse funzioni sopprimendo lo sviluppo batterico, riducendo l’attività dell’acqua, liberando proteine sale solubili, penetrando facilmente nel tessuto muscolare e favorendo la penetrazione di aromi e di nitrito ed esplicando un effetto antiossidante. La percentuale di sale in un prodotto carneo non è così importante come quella della salina. Il sodio nitrito è l’agente attivo per la salmistratura della carne. Il nitrito è un composto chimico altamente reattivo che reagisce con la carne dando luogo a ossido nitrico (NO) che sostituisce la molecola d’ossigeno nel pigmento della carne, mioglobina, formando nitroso mioglobina. L’ossido nitroso esercita inoltre attività antibatterica (DIKHUL• •

e coll., 1996; VIGNOLO e coll., 1998; NGUTTER e coll., 2003; BIRZELE e coll., 2005; NYACHUBA e coll., 2007).

ZEN

Fasi critiche di lavorazione per la stabilità e la salubrità del prodotto carneo Per ottenere la necessaria stabilità e salubrità della maggior parte dei prodotti carnei essiccati è necessaria l’interazione di parecchi parametri. Molte fasi sono tenute sotto controllo ma solo poche sono realmente critiche. Per i prodotti carnei non fermentati, la fase di salagione è critica, mentre per i prodotti essiccati lo è la fase di essiccamento. La bresaola viene sottoposta alla salagione a secco. Alla carne bovina vengono aggiunti cloruro di sodio e aromi naturali. Possono essere aggiunti vino, zucchero (destrosio, fruttosio), nitrito e nitrato, acido ascorbico. La soluzione salina si forma con il succo della carne. La salagione ha una durata complessiva media di 10-15 giorni. Tale tecnica (effettuata a 4-6°C) riesce essenziale per garantire la salubrità del prodotto in quanto garantisce l’eliminazione di ogni patogeno prima elencato. I soli microrganismi che sopravvivono sono i lattobacilli. Oltre che intera la bresaola viene commercializzata porzionata, in involucro plastico, e affettata in vaschetta con atmosfera modificata. Mentre il prodotto integro tal quale non presenta alcun problema sanitario ed è stabile, quando confezionato nelle due varianti può presentare due problemi rappresentati rispettivamente dal rigonfiamento delle confezioni (tranci) dovuti allo sviluppo di germi lattici etero fermentanti che producono CO2 a partire dagli zuccheri e, nel secondo caso, considerata la aw e il pH dovrebbe essere sottoposta all’analisi del rischio per verificare la possibile proliferazione di L. monocytogenes, in base a quanto disposto dal Reg. 1441 UE. Infatti, per L. monocytogenes i criteri microbiologici sono i seguenti: • tolleranza zero (in 25 g) si applica a: – alimenti pronti che sostengono la crescita di L. monocytogenes; – agli alimenti prima che questi non siano più sotto il control-

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


lo diretto del produttore se il produttore non è capace di dimostrare che la crescita non supererà il limite di 100 ufc/g durante il periodo di conservabilità; • limite 100 ufc/g si applica a prodotti immessi sul mercato durante il periodo di conservabilità: – che non costituiscono terreno favorevole alla crescita ci L. monocytogenes (compresi i prodotti sottoposti a trattamenti letali e dopo i quali non è possibile una ricontaminazione); – che costituiscono terreno favorevole alla crescita di L. monocytogenes se il produttore è capace di dimostrare che la crescita non supererà questo limite durante il periodo di conservabilità. Basandoci sui valori di aw mediamente posseduti dagli affettati su quelli di NaCl (4-5%) e sull’effetto inibente del nitrito nei confronti di L. monocytogenes, è inverosimile che L. monocytogenes possa svilupparsi in questo substrato. In realtà, a tutt’oggi, non si è mai verificata a memoria d’uomo una tossinfezione e un’infezione alimentare in seguito ad ingestione di bresaole. In cucina Ottima servita anche da sola, condita con olio extra vergine d’oliva, limone e pepe (per un gusto più deciso aggiungere al condimento senape o rafano grattugiato), la bresaola si rivela perfetta per creare sfiziose insalate, con rucola, crescione, soncino, carciofi, sedano verde, funghi porcini e champignon. Accanto a formaggi diversi, dalla mozzarella al Grana Padano, dalla Casera — specialità della Valtellina a Denominazione d’Origine Protetta molto utilizzata nella cucina della zona, in particolar modo per i tipici pizzoccheri — fino al Gruviera, soddisfa i palati più esigenti. Oggi la bresaola entra anche nell’elaborazione di primi piatti, insaporendo risotti, crespelle o vari tipi di pasta, come i tagliolini emiliani all’uovo. Carlo Cantoni L.D. in Ispezione alimenti origine animale, Milano

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Interviste

Quando la bresaola è una questione di famiglia Un salume amato da giovani e sportivi, con alle spalle una lunga tradizione, che da qualche tempo risente delle difficoltà legate ai costi della materia prima. Ne parliamo con Barbara Bordoni, dell’omonimo salumificio di Mazzo di Valtellina, recentemente eletta alla presidenza del Gruppo Giovani Imprenditori di ASS.I.CA. di Gaia Borghi

B

arbara Bordoni, classe 1985, una laurea in Economia e gestione aziendale presso l’Università Cattolica del Sacro di Cuore di Milano, si occupa del settore commerciale, con particolare attenzione all’export, nell’azienda di famiglia, il Salumificio Bordoni Srl di Mazzo di Valtellina, in provincia di Sondrio. Recentemente eletta alla presidenza del Gruppo Giovani Imprenditori di ASS.I.CA. (Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi) per il biennio 2012-2014, Barbara ci è sembrata la persona più adatta a rispondere ad alcune domande sulla bresaola, core business del Salumificio Bordoni a partire dalla sua nascita. Il suo pane quotidiano, dunque, o, per meglio dire, nel suo pane o panino che dir si voglia. Ma anche insalata, pasta: si scateni pure la fantasia in cucina, perché la bresaola è un ingrediente duttile, che consente di sbizzarrire la propria creatività con accostamenti audaci; ideale per chi ama la leggerezza senza mortificazioni di gusto, è un salume molto amato, addirittura immancabile sulle tavole degli sportivi, visto l’elevato apporto proteico. Grazie alla presenza in elevate quantità di alcuni amminoacidi ramificati, come Arginina, Lisina e Ornitina, parrebbe persino funzionare come un vero e proprio afrodisiaco naturale. Altro che costosissime ostriche!

36

Ricordiamo, inoltre, che la bresaola è una produzione tipica della Valtellina e solamente quella prodotta nella provincia di Sondrio ha il diritto di fregiarsi del riconoscimento europeo di IGP, l’Indicazione Geografica Protetta ottenuta già nel 1996.

Innanzitutto complimenti per la sua recente elezione. I dati comunicati da ASS.I.CA. relativamente alla produzione e all’export dei salumi italiani nel 2011 mostrano una situazione tutto sommato abbastanza positiva: diminuzione dei consumi interni ma grande forza delle esportazioni,

Barbara Bordoni.

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


soprattutto verso i Paesi dell’Unione Europea, che hanno segnato un record storico (come già segnalato su questa Rivista, l’ISTAT parla di 1 miliardo e 40 milioni di euro di fatturato, per un totale di 138.000 tonnellate di prodotto). Per quanto riguarda la bresaola, invece, il 2011 è stato un anno ancora non particolarmente brillante a causa soprattutto delle difficoltà, derivanti dal costo della materia prima. Lei cosa ne pensa? «Sicuramente il costo della materia prima così elevato rispetto agli anni passati influisce negativamente sullo sviluppo del nostro prodotto. Per quanto riguarda l’estero, inoltre, non possiamo trascurare l'esistenza di barriere veterinarie e commerciali che ci impediscono di esportare la bresaola in tutti i Paesi Terzi». Quali sono le strategie di mercato percorribili per far riacquistare la fiducia del consumatore italiano, sia dal punto di vista della sua azienda che come associazione industriali? «A mio giudizio, la fiducia del consumatore si acquisisce attraverso l’offerta di un prodotto di elevata qualità al giusto prezzo, cercando di venirgli incontro rispondendo per quanto possibile alle sue esigenze. Bisogna cioè creare un sistema che permetta al consumatore di “conoscere”, sapere ciò che acquista, anche attraverso attività di educational». Serietà, esperienza, passione, l’aver saputo coniugare metodi produttivi tradizionali con sistemi di lavorazione all’avanguardia. Quali sono gli ingredienti

Bresaola Bordoni punta d’anca Igp. di successo del Salumificio Bordoni? «Il tratto distintivo della nostra azienda è la conduzione familiare, intesa come passione e amore che mio padre e i suoi fratelli impiegano nella produzione e vendita di questo eccellente prodotto, rispettando la tradizione e avendo un’attenzione particolare alla selezione e al controllo della materia prima». Per quanto riguarda la gamma delle proposte Bordoni, qual è il vostro prodotto di punta? «Il nostro prodotto di punta è la “Granfetta” Bresaola della Valtellina IGP, ottenuta dai migliori tagli di bovino e dal rigoroso rispetto del Disciplinare relativo all’Indicazione Geografica Protetta. Di recente abbiamo lanciato una nuova bresaola, “La Storica”, prodotta secondo i dettami del passato, solo con carni fresche di altissima qualità».

L’ultima nata in casa Bordoni, la bresaola punta d’anca “La Storica”.

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

Curando la parte commerciale in azienda, quali sono i Paesi dove si consuma di più la bresaola Bordoni? «Sicuramente il Paese in cui va per la maggiore in questo momento è l’Italia, Lombardia ed Emilia-Romagna soprattutto. Non sono da dimenticare i Paesi Terzi, però, dove la bresaola sta iniziando a riscuotere grande interesse, grazie alle sue caratteristiche nutrizionali. Mi riferisco alla Russia, al Nord America, ad Hong Kong». Proprio le caratteristiche nutrizionali della bresaola ci dicono che si tratta di un salume con solo il 2,6% di grassi, ipocalorico e ricchissimo di proteine. Chi sono i maggiori consumatori di bresaola? «Definire quali sono i maggiori consumatori di bresaola non è semplice, dato che si tratta di un salume adatto veramente a tutti, dal bambino all’anziano, tanto che è consigliato in quasi tutte le diete. Sicuramente gli appassionati del nostro prodotto sono gli sportivi e le persone che tengono particolarmente alla linea. Oltre ad avere un bassissimo contenuto di grassi, infatti, ha un alto contenuto proteico e, non da meno, non contiene né lattosio né glutine». La bresaola viene solitamente servita accompagnata da scaglie di Parmigiano Reggiano e rucola o, più semplicemente, con olio extravergine e limone. A lei come piace mangiarla? «Così com’è, senza aggiungere nulla. Come direbbe il mio papà, “santa”». Gaia Borghi

37


Aziende

Nell’Arca di Gualerzi, si ritrovano sapori e profumi perduti Dal 1924 la Gualerzi Spa produce salumi tipici del territorio parmense. Culatello, prosciutti, salame Felino, ma anche coppa, pancetta, strolghino e una moderna linea di affettati in vaschetta di Gaia Borghi

E

ra il 1924 quando il bisnonno di Romeo e Pier Antonio Gualerzi, oggi alla guida della Gualerzi Spa, iniziò a lavorare le cosce di suino. Trasmesso il testimone al figlio Tonino, fu solo il nipote, però, Pier Luigi Gualerzi, che riuscì nell’impresa di trasformare l’azienda di famiglia in una vera e propria realtà industriale. Una realtà che da quattro generazioni vende i propri prodotti, i salumi tradizionali tipici del comprensorio parmense, in tutta Italia, alle maggiori catene distributive, e all’estero. Dotato di grande spirito imprenditoriale, curiosità e passione, oltre ad un grande attaccamento per il proprio lavoro e la propria famiglia, Pier Luigi Gualerzi è prematuramente deceduto lo scorso mese di aprile, lasciando ai figli Ro-

38

meo e Pier Antonio la responsabilità di portare avanti questa importante realtà del settore salumiero. Oggi la Gualerzi, nello stabilimento di Pilastro di Langhirano e in quello di Zibello, produce, come detto, i salumi tipici della provincia di Parma ed in particolare — vanto dell’azienda — le due DOP e le due IGP del territorio, ovvero: • il prosciutto di Parma DOP; • il culatello di Zibello DOP (quest’ultimo, appunto, nella sede di Zibello, con il marchio Terre Verdiane Srl-Arca Gualerzi; • la coppa di Parma IGP; • il salame Felino IGP (in questo caso l’Indicazione Geografica Protetta è ancora transitoria). «La Gualerzi Spa associa alla tradizione artigianale una tecnologia di

lavorazione all’avanguardia» ci dice Romeo Gualerzi. «Costanti controlli lungo tutta la filiera produttiva, dalle materie prime ai prodotti finiti, nel rispetto del sistema HACCP, della normativa contrattuale e delle leggi in vigore, garantiscono la tipicità e la salubrità dei nostri salumi». Lo staff tecnico-produttivo della ditta è quotidianamente impegnato nella selezione e valutazione dei fornitori, delle materie prime e sussidiarie; nel controllo che l’utilizzo delle merci sia conforme agli standard aziendali ed ai requisiti igienico-sanitari; nel monitoraggio igienico ambientale ed in quello dei parametri chimici e batteriologici dei prodotti in lavorazione (Certificazione EMAS); infine, c’è un costante controllo tecnico della funzionalità

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


degli impianti e dei macchinari. «La lavorazione dei nostri prodotti secondo metodiche di qualità — proseguono Romeo e il fratello Pier Antonio — prevede l’impiego di procedure di lavorazione standardizzate, la formazione del personale sulle norme igieniche da seguire e sulle buone pratiche di lavorazione, oltre ai documenti di registrazione di ogni fase produttiva». Le ricette della tradizione, la tecnologia di oggi Prosciutto di Parma, salame Felino, coppa, pancetta, fiocco, culatello: le ricette su cui si basa la preparazione dei salumi Arca Gualerzi sono quelle della tradizione contadina, ma gli impianti sono quelli di ultima generazione a livello tecnologico. «La cura della preparazione dei nostri prodotti — continua Romeo Gualerzi — è rimasta quella di un tempo, in cui la genuinità era un’usanza quotidiana, non una moda da seguire, mentre costanti controlli lungo la filiera produttiva ne garantiscono la salubrità». Lo stabilimento di Pila-

stro di Langhirano vanta inoltre un nuovo reparto totalmente asettico e a temperatura costante per gli affettati in vaschetta. Tantissime le referenze disponibili, per una modalità di vendita dei salumi che incontra sempre più il gradimento del consumatore: prosciutto di Parma DOP, fiocco di Zibello, salame Felino fetta lunga, salame di Parma fetta tonda, coppa di Parma IGP, coppa di Zibello, pancetta di Parma, prosciutto italiano, strolghino e due differenti proposte di antipasto — confezionate sempre in vaschetta con atmosfera protettiva — composte da un tris di salumi in proporzione variabile. In un caso troviamo uniti pancetta, coppa Parma e salame Felino e, nell’altro, prosciutto crudo italiano, coppa Parma e salame Felino. Ideali per una serata tra amici o per una cena in famiglia, con la possibilità di soddisfare gusti ed esigenze differenti. Ricordiamo, infine, che tutti questi prodotti sono idonei per i consumatori celiaci e non contengono ingredienti derivati da o contenenti Organismi Geneticamente Modificati.

Il Culatello di Zibello Dop. Il culatello, bontà fatta a mano Presente nel passato sulle tavole dei nobili, oggi ricercato ed amato dai gourmet di tutto il mondo, il culatello di Zibello è un vero e proprio capolavoro della tradizione norcina italiana. Dal 1996 questo prodotto si fregia della Denominazione di

Lo stabilimento di Pilastro di Langhirano.

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

39


1) La prova olfattiva effettuata con l’ago di osso di cavallo durante i controlli del prosciutto di Parma in stagionatura. 2) Il prosciuttificio. 3) Il nuovo reparto dello stabilimento di Pilastro di Langhirano per gli affettati in vaschetta. 4) Prosciutto di Parma Dop confezionato in atmosfera protettiva. Origine Protetta, che ne attesta la conformità al rigoroso Disciplinare di produzione che deve avvenire in un’area geografica che comprende solo 8 comuni (Busseto, Roccabianca, San Secondo, Zibello, Sissa, Polesine Parmense, Soragna e Colorno). Proprio a Zibello la famiglia Gualerzi possiede lo stabilimento Terre Verdiane. «Si tratta di una scelta ben precisa deducibile già nel nome: Terre Verdiane — ci dicono Romeo e Pier Antonio Gualerzi — produce solo i salumi tipici di questo territorio, per primo il culatello di Zibello DOP,

40

quindi la coppa e il fiocco di Zibello, infine lo strolghino di culatello». «La lavorazione del culatello — proseguono i titolari del salumificio — è fatta di gesti rituali e preziosi: prima la massaggiatura a mano per favorire l’assorbimento della miscela di sale, pepe e aglio, poi l’investitura nella vescica di maiale e la legatura nella tradizionale forma a pera. La stagionatura in cantina, che dura circa un anno, si basa sull’umidità delle nebbie della bassa parmense, che ammorbidiscono queste carni, di sola provenienza nazionale, a basso

contenuto di grassi». Particolare non trascurabile, il culatello di Zibello DOP è disponibile anche confezionato in vaschetta. Come a dire, la tradizione e l’eccellenza della salumeria da portarsi a spasso comodamente, anche nella borsetta. Gaia Borghi Gualerzi Spa Via Torrechiara, 25 43010 Pilastro di Langhirano (PR) Telefono: 0521 639125 – 0521 637060 Fax: 0521 630424 Web: www.arcagualerzi.it

Premiata Salumeria Italiana, 4/12



Mozzarella di Bufala Campana Dop Caputo: un vero mito Da oltre trent’anni il caseificio Caputo di Teverola, in provincia di Caserta, produce fresche e cremose mozzarelle dal gusto intenso. Distribuite nei migliori negozi di Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna, oggi volano anche a Chicago di Riccardo Lagorio

N

el genoma della gens italica è custodito un ricchissimo patrimonio di storia, arte, cultura ed è un paradosso avere accettato nel tempo l’utilizzo del modo di dire anglosassone made in Italy riferito al marchio quando nel mondo si affannano a creare ed imitare loghi con chiaro

riferimento alla lingua di Dante. Gli Italiani per assurdo si ostinano a comunicare Italian life style, made in Italy, magic Italy e all’estero intanto proliferano termini e, ahimè, prodotti come pasta, pizza, cappuccino e mozzarella! Ed è proprio quest’ultima ad essere tra i prodotti più copiati. Con l’espressione “Mozzarella di Bufala

Campana” innanzitutto si indica un formaggio a pasta filata prodotto esclusivamente con latte di bufala proveniente da allevamenti localizzati nella zona di origine tradizionale di alcune Province del Meridione d’Italia: Caserta, Salerno, parte di Napoli e Benevento, alcuni comuni di Latina, Frosinone e Roma, di Foggia

Mozzarella di Bufala Campana Dop, Caseificio Caputo (foto: Lanciato/Di Vilio).

42

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


e di Isernia. Allevati inizialmente dagli Arabi in Sicilia come animali da lavoro, i bufali furono portati nelle zone umide della Campania dai re Normanni, talvolta utilizzati per le bonifiche delle paludi. Proprio l’utilizzo esclusivo di latte di bufala rende unica la Mozzarella di Bufala Campana: il latte fresco di bufala, particolarmente ricco di proteine, grassi e sali minerali è acidificato e cagliato, poi rotta la cagliata si procede alla formatura del singolo pezzo mantenendo inalterate le caratteristiche nutritive della materia prima. «Ma soprattutto è la genuinità dell’alimentazione delle bufale che fa la differenza» dice LUIGI CAPUTO, proprietario dell’omonimo Caseificio a Teverola (CE), una delle capitali indiscusse della Mozzarella di Bufala Campana DOP. «Iniziò mio padre trent’anni fa e oggi, con la presenza di oltre 400 bufale nell’azienda agricola di famiglia a Cancello ed Arnone, garantiamo la produzione entro pochissime ore dalla mungitura. La costanza del prodotto è il nostro punto di forza, oltre all’utilizzo di personale particolarmente esperto nella mozzatura, il taglio manuale della pasta filata operato con indice e pollice». È così che nascono le mozzarelle dalla classica forma sferoidale, ma anche bocconcini, ciliegine, nodini e ovolini dal peso variabile, secondo disciplinare di produzione, dai 10 agli 800 grammi. Nell’elegante punto vendita di Teverola, ricco di golosi prodotti, si possono trovare anche mozzarelle nella panna di bufala e ricotta. Entrambe meritano il viaggio per la cremosità che sprigionano, il gusto intenso, la piacevolezza del grasso che scorre sulle labbra. Ma è così anche per la Mozzarella di Bufala Campana DOP che «è venduta, attraverso una capillare rete di distributori, nei migliori negozi del Piemonte, della Lombardia, della Toscana e dell’Emilia-Romagna. E anche a Chicago», aggiunge svelto Caputo. E continua: «del resto siamo riusciti a integrare la più genuina manualità con le migliori e recenti tecnologie, che ci permettono di garantire ai nostri consumatori l’autenticità e nel contempo la freschezza del prodotto».

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

La rottura della cagliata (foto: Lanciato/Di Vilio). La bontà della Mozzarella di Bufala Campana DOP è però anche quella che non si vede. È infatti un alimento sano, parte integrante della cosiddetta dieta mediterranea, facilmente digeribile, con ridotto contenuto di colesterolo ed ottima fonte di proteine. «Nella nostra Mozzarella di Bufala Campana DOP non si riscontrano mai dati superiori a 50 milligrammi ogni 100 grammi di prodotto, apporto inferiore quindi a quello delle carni e delle uova. Inoltre è ricca di vitamine e il contenuto decisamente basso di sodio la rende preferibile ai prodotti simili di vacca». Bisogna aggiungere, a onor del vero, che la Mozzarella di Bufala Campana DOP è ingiustamente ritenuta un formaggio grasso; tuttavia sono 290 Kcal ogni 100 grammi di prodotto e risulta quindi assai più dietetica di altri derivati del latte. «I falsi miti intorno alla Mozzarella di Bufala Campana DOP riguardano anche la conservazione e il consumo. Se il consumo avviene entro tre o quattro giorni è sufficiente mantenere la mozzarella in un luogo non troppo caldo, ma fuori dal frigorifero; se il consumo avviene entro 10 giorni allora bisogna utilizzare il frigorifero, ma non toglierla mai dall’acqua di governo. Va comunque sempre gustata a temperatura ambiente, tanto che in inverno dovrebbe essere leggermente scaldata perché i grassi devono scio-

gliersi. Solo così si può assaporare un’autentica Mozzarella di Bufala Campana DOP» sottolinea Caputo. Chi scrive aggiunge che il primo morso alla mozzarella va fatto senza l’intervento di altri cibi per “recepirne” il gusto assoluto. Poi si gusti la mozzarella con cos’altro si preferisca. Il condominio delle responsabilità collettive per la mancanza di serie politiche di protezione e l’utilizzo incontinente del termine made in Italy, unito allo stupore che genera il termine “eccellenza” regalato indistintamente ad ogni prodotto eno-alimentare, ha fatto sì che il consumatore internazionale (figuriamoci quello nostrano!) non abbia ancora acquisito pienamente cosa significa “Mozzarella di Bufala Campana DOP”. Certo, con un morso alla mozzarella Caputo tutto si capirebbe più facilmente… Riccardo Lagorio

Caputo Casearia Srl Via Roma, 90 81030 Teverola (CE) Telefono: 081 8119478 Fax: 081 5016591 E-mail: info@caseificiocaputo.it

43


Prosciutto Coradazzi: primo premio nella categoria 18-20 mesi per i San Daniele di Francesca Schenetti

Q

ualità nella realizzazione dei prosciutti, nella scelta delle materie prime, nella cura delle cosce lavorate: questa è la ricetta per il grande risultato tanto gradito quanto “inaspettato” che CORADAZZI, l’azienda artigianale di San Daniele del Friuli, ha ottenuto per il suo prosciutto. Quello di Coradazzi, infatti, è risultato essere il numero uno nella “categoria” 18-20 mesi per i prosciutti San Daniele, un vero e proprio “fuoriclasse”. A pro-

durlo sono i fratelli Angelo e Teresa Coradazzi, titolari dell’omonimo prosciuttificio di via Kennedy, nella cittadina nota per il suo prosciutto oltre che per il suo ideale microclima. Una giuria di esperti del GAMBERO ROSSO lo ha classificato al primo posto per: «complessità aromatica, raffinatezza, un fuoriclasse. In bocca ritornano le note aromatiche mature ed evolute percepite all’olfatto, intense e persistenti, con ricordi di frutta e spezie. Sapidità ben bilanciata da

una bella dolcezza. Grasso talmente pulito, fresco e dolce da sembrare asciutto. Che sia un gran crudo si vede già dalla bella faccia umida e seccosa, con i muscoli della coscia di un omogeneo colore rosso». «Fare un prosciutto buono è già per noi una soddisfazione, ma farlo al top ancora di più» sono le parole di Angelo e Teresa. Nel loro prosciuttificio l’aria che si respira è quella ancora della tradizione: vengono infatti lavorate 13.000 cosce all’anno, all’interno

Angelo e Teresa Coradazzi, i fratelli titolari del prosciuttificio.

44

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Prosciutti Coradazzi San Daniele del Friuli (UD) Telefono: 0432 957582 Fax: 0432 957582 www.coradazzi.it

d’ingresso s s a p o tr s o Ordinate il v w.sialparis.com su ww

C O N N E CT I O N S World innovations Parigi. 21-25 ottobre 2012 Paris Nord Villepinte - Francia

www.stockfood.com

www.sialparis.com

©Images by

di uno stabilimento di circa 1.600 metri quadrati nato nella seconda metà degli anni Settanta (1976), che oggi basa la sua attività sul mercato interno e sull’estero (export al 30%), oltre alla vendita diretta on-line dal sito aziendale (www.coradazzi.it). Pochi gli addetti: circa una decina, per un’azienda dove vengono lavorate le migliori carni italiane, provenienti da allevamenti riconosciuti idonei dalla DOP San Daniele e che crescono gli animali con particolare attenzione al loro benessere ed al tipo di alimentazione. La sede della Coradazzi è dotata di un punto vendita rivolto ai privati dove, oltre che ai prosciutti con osso, disossati e a tranci, si trova anche il preaffettato (che rappresenta il 5% della produzione). «Amiamo avere un rapporto diretto con la nostra clientela. Inoltre — sottolinea Angelo Coradazzi — non vincoliamo i nostri clienti rivenditori ad acquisti minimi, esiste una totale libertà d’acquisto. Aspetto questo che ci contraddistingue. La quantità di prosciutti da noi prodotti annualmente è rimasta inalterata nel tempo. In questi ultimi decenni abbiamo visto, un po’ in tutti i settori, la sfrenata corsa all’aumento della produzione, alla competizione selvaggia dei prezzi e come tutto questo sia andato a discapito della qualità. Noi invece siamo sempre stati in controtendenza. Continueremo nel solco della tradizione, dell’artigianalità, il mercato ci chiede questo. L’obiettivo è continuare fare un prosciutto eccellente, per smarcarci dalla globalizzazione e puntare sempre più alla qualità. Difficile poi fare previsioni. Ovvio che il Friuli è nel cuore dell’Europa. Pertanto, penso che il nostro sviluppo territoriale possa andare verso quest’area». Francesca Schenetti

Per ulteriori informazioni : Saloni Internazionali Francesi S.r.l. Tel : 02/43 43 53 27 Fax : 02/46 99 745 Email : adelpriore@salonifrancesi.it

Vc ZkZci Wn

Premiata Salumeria Italiana, 4/12 SIAL, a subsidiary of Comexposium Group


Tenuta San Francesco: vino, salumi e turismo enogastronomico La Tenuta di Tramonti, in provincia di Salerno, unisce in unico progetto quattro famiglie di contadini di mestiere vignaioli, agricoltori, norcini e mette due camere a disposizione dei visitatori di Massimiliano Rella

V

ino e salumi, due prodotti, due volti della stessa azienda. Stiamo parlando di Tenuta San Francesco, una realtà agricola di Tramonti, Salerno, che mette insieme attorno ad un unico progetto quattro famiglie di contadini, di mestiere vignaioli, agricoltori e norcini. Il vino rappresenta l’attività principale ed è fatto in gran parte con le uve di viti centenarie e prefillosseriche, caratterizzate da grossi tronchi dalle forme strane, attorcigliati su se stessi, a volte inclinati in ardite diagonali come a protendersi verso la luce. Siamo a Tramonti, un paese “diffuso” dell’entroterra della costiera amalfitana. Scure e dalle vistose venature che attraversano la corteccia spaccata, così contrastanti con 46

il verde brillante delle foglie, queste viti ci lasciano intuire che siamo in una terra dalla vitivinicoltura eccezionale, in gran parte organizzata su terrazze, spesso su ripidi pendii, e tutto lavorato a mano, con basse rese per ettaro. Sono le premesse per un vino di qualità come il Costa d’Amalfi DOC, una denominazione di bianchi, rosati e rossi, che permette di riportare in etichetta l’indicazione di una delle tre sotto zone: Furore, Ravello, Tramonti. Tenuta San Francesco è guidata dal veterinario GAETANO BOVE, 52 anni, che in società con il fratello GERARDO, e con i contadini VINCENZO D’AVINO e LUIGI GIORDANO, produce sei etichette: il cru bianco Per Eva ottenuto da uve Falanghina, Pepella e Ginestra; il Costa d’Amalfi DOC Ri-

serva 4 Spine; il Tintore di Tramonti Prephilloxera E’ Iss; oltre al Tramonti Bianco, Rosato e Rosso. Per un totale di 50.000 bottiglie. L’azienda si estende su dieci ettari, con i vigneti tra i 300 e i 600 metri sul livello del mare, su terreni terrazzati in forte pendenza, con rese di 55-60 quintali per ettaro. La cantina vinifica esclusivamente le uve delle famiglie Bove, D’Avino e Giordano, che hanno una lunga tradizione vinicola in queste terre. Le viti centenarie, oltre la metà sul totale del vigneto, si sono salvate dalla fillossera, un insetto fitofago della famiglia dei Phylloxeridae che a fine Ottocento distrusse gran parte dei vigneti europei. Furono risparmiati solo parte di quelli in zone di montagna e mare. Premiata Salumeria Italiana, 4/12


A Tramonti troviamo entrambi: mare e monti. E vitigni come Aglianico, Biancolella, Ginestra, Falanghina e il Tintore, una varietà a bacca rossa della zona. Tenuta San Francesco, però, come dicevamo, produce anche salumi con metodi di lavorazione artigianale, frutta e ortaggi. Alla base c’è un piccolo allevamento di suini ottenuti da incroci di Large White con meticci locali, una decina di esemplari l’anno. Il finissaggio, necessario per la produzione di grasso nobile, avviene con farine di granoturco e farine di castagne del territorio, opportunamente infornate per evitare l’ingresso di muffe. La macellazione viene fatta tra dicembre e febbraio quando la temperatura è ottimale per la conservazione delle carni di questi suini di media pezzatura, di 180-250 kg l’uno. Usando solo involucri naturali, da intestino, vesciche e peritoneo, vengono prodotte salsicce fresche e semi-stagionate (da tagliare come un salame), pancette arrotolate (ottime un anno dopo) e pancette tese (da consumare più fresche), poi guanciale e capocollo. Nella lavorazione vengono utilizzate solo essenze naturali della Costiera, come il rosmarino per il lardo, il finocchietto selvatico per la salsiccia e l’alloro per la pancetta arrotolata. Complessivamente non parliamo di una grande produzione,

Il produttore Gaetano Bove nelle vigne centenarie di Tenuta San Francesco, a Tramonti.

Stagionatura di prosciutti e salumi artigianali della Tenuta San Francesco con il norcino Luigi D’Avino.

ma sicuramente di qualità, che si può acquistare direttamente e degustare insieme ai vini durante le visite all’azienda. Il turismo enogastronomico è infatti la terza attività di San Francesco, che offre anche due camere per la notte in un ambiente contadino. «Non siamo un’azienda turistica quindi l’ospitalità è riservata solo a quanti sono interessati a vedere le nostre vigne e i prodotti che facciamo», precisa Gaetano Bove. Nella grande sala degustazioni ricavata in un ambiente rustico, accanto alla cantina con le botti grandi, sono organizzate degustazione su prenotazione ed è stato allestito un angolo cottura per cucinare pietanze della casa da offrire soltanto agli enoturisti che visitano i vigneti. Gli

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

itinerari raggiungono la vigna del cru Per Eva, a 600 metri d’altezza, e sono previste soste lungo il cammino, come per esempio alla cappella rupestre di Gete, situata sotto una delle vigne della tenuta. I vini, naturalmente, sono proposti in abbinamento a pancette e salumi, tutto fatto in casa. Massimiliano Rella Azienda Agricola Tenuta San Francesco Via Solficiano 18 – Tramonti (SA) Telefono e fax: 089 876748 E-mail: aziendasanfrancesco@libero.it Web: www.vinitenutasanfrancesco.it Nota A pag. 44 viti centenarie prefillosseriche della Tenuta San Francesco. Fotografie Massimiliano Rella. 47


Premiate Salumerie Italiane

Salumeria Bacchi: alla corte dei Gonzaga il trionfo dei salumi Levoni In pieno centro storico a Mantova, dal 1967 Giovanni Bacchi gestisce l’omonima e rinomata salumeria e da allora si affida all’alta qualità dei prodotti dell’azienda Levoni di Castellucchio. Completa l’offerta una vasta gamma di formaggi, mostarde e prodotti tipici italiani di Federica Cornia

L

evoni come i Gonzaga, Giovanni Bacchi come Mantegna? Così abbracciata dal Mincio, la magica città di Mantova sembra proprio vocata a mantenere inalterato l’amore per le cose belle. A quanto pare è rimasta

nell’aria la predisposizione, tipica del mecenatismo che rese tanto nota la dinastia dei Gonzaga (tra le più importanti famiglie principesche d’Europa, per diverse generazioni promotrice della vita artistica e culturale di corte che fece della città uno dei

principali centri del Rinascimento italiano ed europeo), a proteggere e a promuovere attività di valore e che, declinata nei secoli e arrivata ai giorni nostri, sembra prendere, come dire, una piega gastronomica. Centralissima, in via Orefici 16 a

Giovanni Bacchi con la nipote Marta.

48

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


un segreto che tramandiamo di generazione in generazione. ora potete scoprirlo anche voi.

shop.casalivini.it

Oltre 100 anni di esperienza e passione in ogni bottiglia Via delle scuole, 7 - 42019 Pratissolo di Scandiano (RE) tel. +390522855441 - fax +390522984092 Premiata Premia iata ta S Salumeria alum al alumeria umer eria i IItaliana, ia t lian tali ta lian a 4 a, 4/12 /12 /1 12 www.casalivini.it -ninfo@casalivini.it

49 9


Dal 1967 l’assortimento dei salumi è esclusivamente a marchio Levoni nella vetrina della Salumeria Bacchi. Mantova, abbiamo visitato la bottega del gourmet mantovano — e non solo, vista l’affluenza straniera in città. Che si tratta di una specie di Tiffany dei salumi ce lo hanno fatto notare subito: «Ah, ho capito, cercate la Salumeria Bacchi!». E dopo averci fornito le indicazioni per raggiungerla, salutandoci il parcheggiatore ci fa sapere che: «ci sono cose buonissime lì, potete andare sul sicuro!». A due passi dal Mercato Granario, la piccola vetrina del negozio fa capolino sulla via con un trionfo di prodotti esposti. In alto apre il corteo una parata di salumi appesi, tutti a marchio Levoni, l’azienda di Castellucchio che da poco ha festeggiato il secolo d’attività. Contrappunto compositivo tra coppa, coppa di Parma e culatello, l’intercalare verticale dell’ampio assortimento dei salami della scuderia del maialino alato con il salame mantovano Vecchia Osteria Levoni, il salame mantovano del Po, il salame Il Gentile del Po, Il Gentile della Contrada del tipo Felino e il salame ungherese. Sotto il celestiale incedere dei salumi il più terrestre corteo della mostarda che, dopo la tradizionale

50

mantovana e quella di mele campanine, azzarda accostamenti esotici con quella piccante di frutta mista con cocco e kiwi. L’interno è una profusione di prodotti e profumi. Un’appetitosa folla si dispiega al nostro passaggio: a sinistra, il bancone con salumi, formaggi e prodotti sottolio, a destra, dopo olio e aceto, una selezione di vini. Chiude in bellezza sulla parete frontale il frigo formaggi. Ospiti speciali dell’appetitosa schiera alcuni prodotti della Selezione Levoni che propone solo sapori tipici italiani: l’olio extra vergine di oliva estratto a freddo, l’Aceto Balsamico di Modena, il Lambrusco Mantovano, il riso Vialone Nano, i capperi di Pantelleria e, infine, non poteva di certo mancare un classico come la torta sbrisolona. È nel retrobottega che Giovanni Bacchi, il titolare, ci racconta la storia dell’attività, che oggi gestisce con l’aiuto della nipote Marta e due collaboratori familiari, che poi è anche la storia di una lunga amicizia passata di generazione in generazione, di padre in figlio, oltre che di un sodalizio commerciale tra i Bacchi e i Levoni. Pieno di riconoscenza Giovanni ricorda come quando si trovò

obbligato a dover acquistare il negozio di via Orefici l’aiuto, sotto forma di prestito con l’invito a non disperare, arrivò proprio dalla famiglia Levoni. Col suo piglio garbato e simpatico ci porta agli inizi della vicenda, nella bottega del padre aperta nel 1956, vera e propria drogheria che affiancava alla vendita dei salumi, tra i quali quelli dell’azienda Levoni, surgelati, detersivi e mangimi per animali. «Pian piano negli anni cambiano i consumi e cambia anche l’impostazione e ci si orienta prevalentemente sugli alimentari: il mio lavoro è fatto oggi di salumi, mostarde e formaggi» dice sorridendo Giovanni. Nel corso degli anni, causa vicissitudini varie, l’attività si trasferisce prima in Corso Vittorio Emanuele poi in via Alberto Mario fino a che nel ‘67 Giovanni, da solo, apre la nuova sede in via Orefici. Da subito, per i salumi, la scelta è per i soli Levoni: «Sono contento di lavorare con questi prodotti, li ho visti crescere. Senza glutine e lattosio sono una vera garanzia di qualità» ci dice. Il rapporto di confidenziale professionalità, creato e consolidato negli anni dai Bacchi con la famiglia Levoni, a quanto pare è inoltre fonte di reciproca crescita

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


La vetrina dei formaggi della Salumeria Bacchi. Di latte vaccino, caprino e di pecora, la scelta è ampia. e miglioramento grazie al costante interesse dell’azienda fornitrice sia per le performance del prodotto che per la risposta del consumatore alle sue qualità: «Spesso mi viene chiesto cos’è che manca, come va il prodotto, il cliente cosa dice, se è poco o troppo salato». Il salame mantovano, intero per il turista, il prosciutto cotto e crudo, il culatello, la bresaola Valtellina IGP punta d’anca sono generalmente i più venduti tra i salumi. Per i formaggi tipici la scelta è ampia: presenti nomi noti come Busti, Occelli e Arrigoni insieme al Pecorino di Rocca di Arezzo e alla mozzarella di bufala campana. Capita, qui, tanta gente da tutto il mondo: compreso nell’area pedonale di questa bella città d’arte — che anche lei ha tremato riportando danni diffusi al patrimonio storico, artistico e architettonico (l’edificio più colpito il Palazzo Ducale con la Camera degli sposi del Mantegna) — il target di riferimento della bottega, infatti, grazie anche alle aperture domenicali, comprende, oltre ai nostrani appassionati degustatori di specialità gastronomiche, le frotte di turisti che periodicamente visitano Mantova e

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

che sono in cerca del prodotto tipico locale. Particolarmente richiesta è la mostarda. Che poi è anche un’antica passione di Bacchi. «Le facciamo fare da artigiani e poi Giovanni le rende nostre, le personalizza» ci dice Marta. Iniziato da bambino alla preparazione di questo particolare composto a base di frutta, zucchero ed essenza di senape, solitamente molto piccante, con soddisfazione Giovanni racconta di come a un certo punto, vista la gran richiesta di mostarda, stanco di chinarsi e di doverla andare a prendere da bassi recipienti, ne ha preparate delle mastelle (grandi contenitori) così da averne pronte le più varie interpretazioni in gran quantità. Mostarda piccante di pere e noci; mostarda di cipolle; mostarda di pere e frutti di bosco; mostarda di frutta mista; mostarda di zucca anguria e melone; mostarda piccante di ciliegie; mostarda di frutta mista mediterranea, mostarda di macedonia, filetti d’arancia, limone e chinotto; mostarda d’arancia e clementine. Mai viste così tante, lo giuro. Naturalmente non manca la classica mostarda della nonna con mele campanine.

Prima di salutare Giovanni e la nipote chiediamo un consiglio spassionato: cosa ci suggerisce per un una serata in compagnia d’amici? Salame, prosciutto crudo, culatello o bresaola: sul tagliere anche tutti insieme. Se si è per i sapori robusti lo Strachì Tunt è un ottimo formaggio erborinato della Val Taleggio ottenuto da latte vaccino; altrimenti, se si preferiscono sapori più concilianti, si può optare per un più delicato formaggio di capra di Valcasotto o un Bagoss. Con mostarda d’obbligo naturalmente. Quella tipica mantovana per i sapori forti, alle fragoline per quelli più morbidi. Il tutto accompagnato da un buon vino. E perché no, un Lambrusco Mantovano, Levoni magari. Federica Cornia

Salumeria Giovanni Bacchi Via Orefici, 16 46100 Mantova Telefono: 0376 323765

51


A Parma le Sorelle Picchi si vestono di nuovo Costa Group rinnova il locale simbolo della gastronomia parmigiana, oggi teatro dei sapori di Parmacotto. Vera innovazione, la cucina a vista. Nel retrobottega, un ristorante tradizionale

D

opo il successo conseguito a New York con la realizzazione della Salumeria Rosi (il primo store monomarca oltreoceano della Parmacotto), Costa Group ha curato per il Gruppo Parmacotto, in collaborazione con lo studio dell’architetto Tiziano Lera, il restyling delle “Sorelle Picchi”, locale simbolo della gastronomia parmigiana. A guidare il progetto, la

volontà di preservare i prodotti della tradizione, presentandoli al pubblico ai loro massimi livelli. Una vera e propria boutique del gusto Le “Sorelle Picchi”, storica trattoriasalumeria nel centro di Parma, è stata completamente rinnovata dopo essere stata acquisita dal Gruppo Parmacotto. Ambientazione tipica,

da “salumeria di paese”, che preserva quella della storica gastronomia, seppur rivisitata. Vera innovazione è la cucina, oggi non più nascosta all’interno del locale, ma messa in vetrina e quindi visibile a chiunque transiti per via Farini. Un grande show cooking che anima il locale e intrattiene la clientela, che può osservare i cuochi al lavoro e deliziarsi degli ottimi profumi che emana.

Le “Sorelle Picchi”, storica salumeria-trattoria nel centro di Parma, oggi si presenta completamente rinnovata grazie al restyling che Costa Group ha curato in collaborazione con lo studio dell’architetto Tiziano Lera.

52

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


In alto: prosciutti, formaggi, vini e specialità gastronomiche parmigiane riempiono il banco espositore, le pareti e gli scaffali del negozio. In basso: i “preziosi” salumi Rosi, vere e proprie opere d’arte.

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

53


Il bancone della gastro-salumeria. Entrando si rimane colpiti dalla varietà e dall’abbondanza dei prodotti: prosciutti, formaggi e specialità gastronomiche parmigiane a riempire banco espositore, pareti e scaffali del negozio. Una vera e propria boutique del gusto arredata con mobili classici, piastrelle bianche alle pareti e piccole zone per l’esposizione di prodotti delicatessen e vini. Al centro del locale troneggiano i salumi Rosi, esposti all’interno di una grossa cornice dorata refrigerata. Tortelli di erbette e bolliti seduti comodamente nel… retrobottega E poi, il mondo oltre la gastronomia, con la cucina delle “Sorelle Picchi”,

enfatizzata dall’ultimo restyling. Il ristorante propone i piatti tipici della tradizione parmigiana (tortelli di erbette, zucca e patate, lasagne, tagliolini, bolliti, arrosti, taglieri di salumi e formaggi) accompagnati da eccellenti vini. Nel retrobottega di questa appetitosa “gastro-salumeria” si trova, infatti, una sala ristorazione arredata con tavoli, sedute e mobili in legno. Un ambiente caldo e semplice, per non snaturare lo stile che ha fatto diventare questo locale un must della ristorazione parmigiana. Nota La storia di questo locale risale agli inizi degli anni Trenta, quando un

Costa Group Srl Via Valgraveglia Zai 19020 Riccò del Golfo (SP) Telefono: 0187 769309/08 E-mail: info@costagroup.net Web: www.costagroup.net

54

intraprendente commerciante parmigiano, Cesare Bocchi, ebbe l’idea di aprire una trattoria con attigua salumeria: il successo fu immediato, e proseguì immutato fino all’entrata in scena delle sorelle Picchi, Flora in cucina e Cristina tra i tavoli. A settembre 2008 il Gruppo Parmacotto ha rilevato l’esercizio, rendendolo così il secondo negozio mono-marca del Gruppo (dopo l’apertura di quello a New York) e testimoniando ancora una volta l’attenzione alla salvaguardia delle tradizioni gastronomiche ed agroalimentari parmigiane. Progetto e realizzazione arredi: Studio Lera, arch. Tiziano Lera; Costa Group arch. Massimiliano Faggioni. Foto: Moreno Carbone©.

Salumeria Rosi-Parmacotto Strada Farini 27/a 43100 Parma Telefono: 0521 233528 E-mail: sorellepicchi@salumeriarosi.it Web: www.salumeriarosi.com

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


una Granfetta! Salumificio Bordoni

s e d e e s t a b i l i m e n t o M a z z o d i Va l t e l l i n a ( S O ) I t a l y Te l . 0 3 4 2 8 6 2 0 0 2 - F a x 0 3 4 2 8 6 2 5 0 7 - s a l u m i f i c i o @ b r e s a o l a b o r d o n i . i t w w w. b r e s a o l a b o r d o n i . i t


Macellerie d’Italia

Zivieri, la dedizione e l’orgoglio di un mestiere e di un nome A Monzuno, sull’Appennino bolognese, la famiglia Zivieri continua con passione il lavoro intrapreso da Massimo, vero precursore nel concepire l’idea di una macelleria (e di una carne) diversa, al servizio dell’alta ristorazione come del privato cittadino, consegna a domicilio compresa di Gaia Borghi

Q

uando Massimo Zivieri, insieme al papà Graziano e al fratello Fabrizio, decise di rilevare la vecchia macelleria collocata proprio nel centro di Monzuno, piccolo comune dell’Appennino tosco-emiliano, aveva appena 16 anni, ma le idee

ben chiare. Erano gli anni del boom della Grande Distribuzione, della crisi dei negozi con un’impostazione tradizionale. Graziano Zivieri gestiva un macello all’ingrosso in pianura e la macelleria di Monzuno figurava tra i suoi clienti. Tartufaio di lunga data, Graziano conosce bene i dintorni,

i boschi della zona, che frequenta ancora appena il lavoro glielo permette, con Gelo e Cris, due splendidi bracchi ungheresi. Ora, in quegli stessi boschi, di roverelle e castagni selvatici, pascolano felici, nutrendosi di tuberi e radici delle piante, le More romagnole, suini di una razza antica,

Salami e salsicce passite ai ganci della macelleria Zivieri di Monzuno.

56

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


quasi dimenticata, dai quali gli Zivieri ricavano una carne e dei salumi straordinari, a livello di consistenza e di gusto. Rarità provenienti da una eguale rarità salvata dall’estinzione grazie alla passione e alla tenacia di pochi allevatori. Come era Massimo Zivieri, appunto. «Una volta rilevata la macelleria Massimo si mise alla ricerca di una carne dalla particolare qualità, che potesse anche rappresentare una garanzia assoluta per il consumatore. Molto tempo prima che quello stesso consumatore e il mercato fossero investiti dal ciclone “mucca pazza”, con la fobia per la carne infetta che ne fu la diretta conseguenza e la sicurezza a 360 gradi di cui molti improvvisamente si vantarono» ci racconta Aldo Zivieri, oggi in prima linea nella gestione del negozio di Monzuno con tutto ciò che ne consegue, dalla presenza quotidiana dietro il bancone di vendita a quella nel laboratorio, dalla promozione agli eventi in giro per l’Italia alle serate di degustazione nei ristoranti. «Da quella ricerca scaturì l’incontro con Sergio Capaldo e il CONSORZIO LA GRANDA di Fossano (la macelleria Zivieri è tra i soci fondatori), presidio Slow Food della razza bovina Piemontese». Massimo inizia in fretta a farsi conoscere, a servire l’alta ristorazione, i ristoranti stellati, con gli chef che si innamorano della “sua” carne, così nuova e, al tempo stesso, così antica. Quella carne che — come abbiamo potuto dimenticarlo? — profuma, e il suo odore ti colpisce immediatamente entrando nel locale, facendoti abbandonare ogni proposito di pranzo a base di insalata e pomodori, di uno yogurt e via… «Per trovare un alter ego al bovino di eguale qualità Massimo decise di intraprendere, con l’aiuto di Fulvietto Pierangelini, a Montevenere, un cucuzzolo nel comune di Monzuno, l’allevamento semibrado di alcuni esemplari di Cinta senese. Di lì a poco avrebbe loro affiancato le More romagnole» prosegue Aldo. I giornali, intanto, cominciano ad interessarsi ai progetti di Massimo, ne parlano, gli dedicano articoli e speciali. Nel settembre del 2008 Paolo Massobrio ne celebra l’impegno e le

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

Graziano Zivieri mostra il lardo di Mora romagnola. scelte con l’assegnazione alla Macelleria Zivieri del premio “Golosaria 2008” quale miglior locale italiano della categoria. Soltanto pochi mesi dopo la tragedia, inaspettata, improvvisa: Massimo muore ad appena 38 anni, lasciando intorno a sé un vuoto incolmabile. Un ricordo, il suo, vivo in ogni gesto, in ogni sguardo, pensiero o parola di quelli che sono rimasti, madre, padre, fratelli, e che, senza pensarci troppo a lungo, hanno deciso di portarne avanti le attività, la cura degli animali, la precisione dei tagli, delle consegne. Aldo, soprattutto, insieme all’esperto papà Graziano, ma anche Fabrizio, che collabora anche nella

gestione di un’acetaia produttrice di balsamico tradizionale a Modena, Elena, che cura le pubbliche relazioni, e Stefano che, laureatosi nel 2010 in Economia aziendale, contribuisce attivamente e con entusiasmo. In negozio anche tre aiutanti, due macellai e un giovane apprendista. «Lavoriamo su numeri ristretti» precisa Aldo. A parte la ristorazione, che rimane il primo cliente della macelleria, e l’acquisto da parte degli abitanti del luogo e dei turisti, più numerosi durante il week-end, si effettuano anche consegne a domicilio, direttamente se si tratta di Bologna e provincia o, se la distanza è maggiore, con corriere. L’ordine arriva al mas-

57


simo dopo 36 ore. «Serviamo anche i GAS» ci dice Aldo. «La gente oggi è più ricettiva circa il discorso della qualità. Questo significa che abbiamo lavorato e stiamo lavorando bene!». Battuta alla Piemontese & C. Chi arriva alla Macelleria Zivieri può essere sicuro di trovare solo carne altamente selezionata, dal bovino al suino al pollame (solo razza Livornese), fino ad un’offerta di cacciagione, cinghiale e cervo in particolare. «In ordine temporale questa è l’ultima filiera che abbiamo sviluppato» ci dice Graziano Zivieri. «Siamo uno dei centri di ritiro degli animali che la Provincia ha destinato all’abbattimento a causa di un esubero delle diverse specie. Cervi, caprioli, cinghiali, daini: perché venga mantenuto un determinato equilibrio a livello naturale i cacciatori devono ucciderne un certo numero» ci dice sorridente Graziano. «L’idea — interviene Aldo — è quella di sviluppare una filiera di selvaggina del territorio. Anche perché la richiesta c’è, in quanto esiste una clientela che è appassionata di

questo tipo di prodotti». «La carne di cinghiale, ad esempio — continua Graziano — è molto ricca a livello proteico, gustosa, persino più magra di quella del suino allevato allo stato semibrado. Siamo rimasti davvero stupiti guardando i risultati delle analisi dell’indice di tenerezza e della presenza a livello di grassi di questa carne. Che dire poi del cervo? Più magro persino del pollo e del coniglio». Per quanto riguarda il bovino, come già detto, solo razza Piemontese proveniente dagli allevamenti del Consorzio La Granda. Fiorentina, tagliata, svizzere, arrosti, costate, tutte con frollature abbastanza lunghe, 25/30 giorni; e poi lei, la battuta di Fassone in punta di coltello, ottenuta da diversi tagli del bovino, sia dell’anteriore che del posteriore, attraverso una lavorazione esclusivamente manuale. «In Emilia non è usuale mangiare la carne cruda come avviene invece per tradizione in altre zone d’Italia. Si può dire che a Bologna questa modalità di consumo l’abbia portata Massimo» ci dice Graziano con orgoglio. Sono parecchi, infatti, oramai, i ristoranti

della “Dotta” e della sua provincia che da qualche tempo propongono con successo la battuta nei loro menu, e i clienti hanno iniziato ad apprezzare e a richiedere un tipo di preparazione che mantiene inalterate tutte le caratteristiche organolettiche della carne di Piemontese. Il consiglio degli esperti? Gustarla aggiungendo solo sale grosso, magari il dolce di Cervia, pepe e olio extra vergine d’oliva. Perfetto quello ligure di monocultivar Taggiasca. Non vorrete più mangiare nient’altro… Uno jamón nostrano Fino agli anni ‘50 la Mora popolava tutto il versante nord dell’Appennino romagnolo, concentrandosi nelle province di Ravenna e Forlì. Razza robusta, ha carni saporite, perfette sia per il consumo fresco che per la trasformazione nei salumi tradizionali. Nei primi anni Novanta erano rimasti soltanto 18 esemplari concentrati in un solo allevamento. «Consapevoli delle caratteristiche superiori di questa razza — precisa Aldo — oggi stiamo cercando di coinvolgere altri

Lo staff della macelleria: Aldo Zivieri, Stefano, Andrea e Daniele, Graziano Zivieri e la moglie Adua, e il dottor Stefano Zivieri.

58

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


L’INSUPERABILE BARABINO. DIFFICILE DA FOTOGRAFARE.

Prosciutto cotto di alta qualità da coscia suina italiana Senza proteine del latte, senza glutine, senza glutammato monosodico, senza polifosfati aggiunti

Salumificio Francesco Barabino Spa Strada Statale per Alessandria, 44 – Torre Garofoli – Tortona (AL) Tel.: 0131 861449, 0131 868396 – Fax: 0131 821016 – www.barabino.com – barabino@barabino.com


allevatori ad impegnarsi nel suo recupero. Lo scrupolo che viene dedicato all’alimentazione degli animali — continua — si riflette sulla qualità del prodotto, in particolare sulle caratteristiche del grasso intramuscolare. Sono animali pronti per essere macellati dopo 18/20/24 mesi. Le loro carni presentano una particolare ricchezza di grasso di marezzatura e quindi risultano piuttosto sapide, e di acidi grassi insaturi, sia mono che polinsaturi, tra cui gli Omega-3 e gli Omega-6. I salumi prodotti da questa eccellente materia prima vengono addizionati soltanto di sale proveniente dalle saline di Cervia, scelto perché particolarmente ricco di elementi minerali quali magnesio, potassio e calcio, e pepe. Solo nella lavorazione del prosciutto cotto di Mora, presentato lo scorso Natale e che ha riscosso grandissimi apprezzamenti, aggiungiamo, per legge, un minimo di nitrato, al fine di evitare il rischio botulino. Si tratta di un prodotto molto particolare: da coscia o spalla, disossate e lavorate con metodo artigianale, viene cotto per oltre 20 ore in forno a pietra con legno di faggio. Ha un vago sentore di affumicato». L’eccellenza la si ritrova nel lardo: ricavato dalle parti dorsali dell’animale, salato e speziato con erbe officinali e diverse varietà di pepe, viene stagionato almeno 30 giorni. Sfortunato chi non ha mai assaggiato le crescentine, perfette con la spuma di lardo, ottenuto da macinatura del

Massimo Zivieri nel suo “regno”. lardo con solo aggiunta di aglio e rosmarino. E poi il salame montanaro, la salsiccia passita, la coppa, i ciccioli, il guanciale e la pancetta stagionati, tutti lavorati in una struttura riconosciuta a norma CE, oltre al prosciutto crudo, sempre di Mora o di Cinta. Il loro sapore? Incredibile: stagionano per almeno 24 mesi sull’Appennino, a 700 metri sul mare, ma sembrano arrivare da un altro pianeta. In negozio è presente anche una piccola enoteca con vini dei Colli bolognesi, le conserve della Dispensa

di Amerigo, l’olio e i prodotti Roi (Badalucco) e alcuni dei prodotti della Strada dei Vini e dei Sapori Appennino Bolognese. Da ottobre a dicembre è attivo il servizio di acquisto e vendita di tartufo bianco pregiato dell’Appennino Bolognese (nei locali adiacenti della Zivieri Tartufi Srl). Gaia Borghi Macelleria Zivieri Massimo Piazza XXIV Maggio 9/C 40036 Monzuno (BO) Web: www.macelleriazivieri.it

A Monzuno il 2 settembre la 4ª edizione di Chef al Massimo «A seguito della scomparsa di Massimo — ci racconta Aldo Zivieri — è nata l’idea di realizzare un evento che lasciasse un segno tangibile di quello che aveva creato, portando avanti il suo “credo” professionale. Quella di quest’anno, in programma per domenica 2 settembre, sarà la quarta edizione di “Chef al Massimo” e siamo sicuri che anche questa volta sarà indimenticabile». Una giornata di amicizia ed eccellenza gastronomica lungo le strade di Monzuno, dunque, che si trasformeranno in un vero e proprio palcoscenico per chef provenienti da tutto il territorio nazionale: IGLES CORELLI, FABIO FIORE, GIANLUCA ESPOSITO, ALBERTO BETTINI, MARIO FERRARA, i fratelli MAZZUCCHELLI, ALBERTO FACCANI, MASSIMILIANO POGGI, MAURO LORENZON, CRISTIANO IACOBELLI, IVAN POLETTI, PIER LUIGI DI DIEGO, GIACOMO ORLANDI, GIACOMO GALEAZZI, ISABELLA LAZZERINI DENCHI, FEDERICO GARANI, EMILIO BARBIERI, ADRIANA BIONDI, ALESSANDRO CIANTI, MATTEO ALOE, PASQUALE FALANGA… Tutti pronti a cucinare le eccellenti carni di bovino e di suino targate Zivieri in onore di chi quella eccellenza l’ha creata. «Alle 6.00 del mattino sono almeno un centinaio i volontari che, con dedizione e sacrificio, cominciano a sistemare tavoli, panche, insomma tutto ciò che è necessario par accogliere le oltre 1500 persone che arriveranno nel corso della giornata. Praticamente si mobilita tutto il paese!» ci dice commosso Graziano. Accanto a lui la moglie Adua. «Approfitto di questa occasione perché vorrei ringraziare a nome di tutta la mia famiglia le maestranze e la gente di Monzuno che hanno davvero a cuore questa manifestazione. Siamo orgogliosi di poter contare sul loro aiuto». >>Link: www.chefalmassimo.it

60

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Premiata Salumeria Italiana, 4/12

61


Gli antichi sapori del Taburno e il buon gusto di Sabatino Cillo, “masto” macellaio e salumiere di Airola di Stefania Monaco

A

d Airola, in provincia di Benevento, dal 1985 c’è un macellaio “colto”. Si chiama SABATINO CILLO e la sua macelleria merita un Oscar per etica, qualità e prezzo. Sabatino ha studiato alla scuola di macelleria e salumeria dei Fratelli Peter a Zurigo ed è tornato nel Sannio a lavorare valorizzando le carni del luogo e proponendo anche qualcosa che non fa assolutamente parte della cultura campana: i würstel. «Li preparo con la Chianina marchigiana e con il maiale nero Casertano; sono sempre stati una mia grande passione sin da bambino. Li mangio grigliandoli sul fuoco infilati in un bastoncino; oggi prepararli con le mie mani mi da un gran senso di soddisfazione». Nel bancone della bottega si alternano, a prezzi onesti, spezzatino (da € 5,00 a 8.50 in base alle razze della carne), bracioline, hamburger maestosi da piatto (200 grammi l’uno), bistecche rigorosamente di Angus italiano e tagli selezionati di carne Podolica, Marchigiana, Chianina e Romagnola. C’è il reparto con le cotolette già panate, fettine pronte da friggere, carni ripiene e, tra i “già cotti”, girelli, stinchi di maiale e di vitello. Nel laboratorio lavorano 10 persone, tra familiari e dipendenti. Per una grigliata le fantasie di salsicce di maiale nero Casertano ripiene di finocchietto e broccoli, all’Aglianico, con il Caciocavallo Podolico. Tra gli insaccati, la salsiccia di maiale chiaro o scuro del Sannio al finocchietto. Grande successo hanno la mortadellona e il prosciutto cotto (con

62

Sabatino Cillo, macellaio e salumiere ad Airola, Benevento (foto di Vincenzo Pagano).

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Dai würstel preparati con carne di Chianina marchigiana alla salsiccia di maiale chiaro del Sannio, il banco della Macelleria Cillo è un vero paradiso dei carnivori (foto di Vincenzo Pagano). coscia, culatello, scamone e noce di maiale nero e chiaro), il salame di maialino nero Casertano prepa-

rato a punta di coltello, il lardo e la pancetta di maiale nero e rosmarino (o al tartufo o al peperoncino) e il

Aglianico del Taburno: primo vino del beneventano a ricevere il prestigioso riconoscimento Docg La notizia è arrivata nel marzo 2011: l’Aglianico del Taburno è il primo vino beneventano a Denominazione di Origine Controllata e Garantita. Un riconoscimento, questo, per un vino, che ha raggiunto, negli ultimi anni, anche grazie alla sinergia dei produttori riunitisi in associazione, un alto livello qualitativo. Il disciplinare, proposto dal Consorzio tutela vini Samnium, prevede la categoria vino tranquillo e tre tipologie (rosato, rosso e rosso riserva). L’Aglianico è il principale vitigno del Taburno. La presenza di vigne secolari di Aglianico alle pendici del monte e la sua ampia diffusione nell’intero areale sannita con il nome di Aglianico di Torrecuso, permettono di ritenere tale zona quella originaria del vitigno Aglianico nel Sannio. Accanto all’Aglianico è possibile poi ritrovare altri vitigni autoctoni a bacca rossa come il Piedirosso e lo Sciascinoso. Se volete esaltare celebrare al massimo l’aroma dell’Aglianico del Taburno allora i piatti giusti con cui degustarlo sono i seguenti: pollame in umido, carni rosse al forno, maccheroni al ragù.

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

salame rosso speziato (al naturale senza conservanti). La pancetta di nero Casertano da mangiare nature oppure facendola saltare un attimo in padella. Il particolare prosciutto cotto affumicato a legna. Tecnica artigianale che ha appreso in una baita sulle Alpi svizzere. Sabatino ha avviato una collaborazione con l’Università di Benevento, la Provincia e la Camera di Commercio del Sannio per realizzare una filiera di carne di alta qualità IGP, un progetto che lo porta in giro per stalle a controllare dai foraggi alla frollatura della carne. Un macellaio fuori dal comune di cui la Campania può andare fiera. Stefania Monaco Macelleria Cillo Contrada Cortedona, 20 Airola (BN) Telefono: 0823 714422 Web: www.salumificiocillo.it

63


Commercializzazione Eat’s Milano: formaggi e norcineria di rango

In viaggio nell’arcipelago della qualità Coin si affida a Eat’s per rilanciare il marchio in quello che fu il cinema Excelsior, all’interno di un emporio del lusso dove l’enogastronomia si sviluppa su tre piani: al piano terra con l’Excelsior Caffè, al sottopiano uno con il Bistrò e al sottopiano due con il Food store, dove si possono trovare formaggi raffinati come il Vento d’estate o note esterofile come il Crottin de Chavignol. Tra i salumi, il crudo di Nero di Calabria e il guanciale di Mangalica sono solo alcuni tra i più prestigiosi di Fabio Butturi

A

Milano dal 1883 c’è Peck, in via Spadari, dopo di che venne Eataly, tanto ma tanto tempo dopo, e infine fu l’epifania di Eat’s. Dall’8 settembre dell’anno passato la gastronomia di alta, altissima fascia del capoluogo meneghino conosce un nuovo interprete, nato per gemmazione dal prototipo di Conegliano Veneto. Eat’s è infatti una creazione di SERGIO MENEGAZZO, imprenditore che proprio nella sua Marca Trevigiana ha posato le prime pietre di quella che dovrebbe diventare una rete diffusa sull’intero territorio nazionale. Dopo il battesimo di Conegliano Veneto quello di Milano è infatti il secondo food store targato Eat’s, incapsulato al sottopiano due del corpo unico ridisegnato da

64

Jean Nouvel (l’architetto dell’Istituto del Mondo Arabo, che si affaccia sulla Senna, e del Kilometro rosso, sull’A4 nei paraggi di Bergamo), all’interno dei 4.000 m2 di quello che fu il Cinema Excelsior, che occupa due lati della Galleria del Corso, estesa da Corso Vittorio Emanuele a Piazza Beccaria, e si snoda verticalmente in sette piani. Un investimento di 30 milioni di euro da parte del Gruppo Coin che, per quanto riguarda la gastronomia, ha però abbandonato il sodale di Piazza V Giornate (dicasi Eataly) per intraprendere quella che i “creativi” di Eat’s definiscono food experience. Il contenitore si chiama Excelsior Milano, la paternità è di Coin, non c’è dubbio, ma per presidiare la fascia al top serviva un marchio “vergine”.

Presto fatto. Ed è così che chi si sente sicuro di volere il meglio e altrettanto certo del proprio conto corrente può librare i sensi tra L’Olfattorio, Tiffany, Ladurée, la pâtisserie parigina che qui tenta di bissare il battesimo del primo negozio a Milano, proprio di fronte a Peck, e, per l’appunto, una coerente proiezione verticale nell’edificio dalle volte vetrate, dalle facciate dai colori riflettenti e dalla nervatura a lamelle orizzontali che diffonde l’eco del buon gusto definendo il perimetro di una specie di poliedro del “mangiar bene”. Quel poliedro è Eat’s, che spazia dalla prima colazione all’Excelsior Caffè, che si anima anche per gli aperitivi chic, al Bistrò e al mangiare con lentezza, sotto l’egida rassicu-

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


L’assortimento dei formaggi, stagionale, varia dalle 140 alle 200 referenze. Ai prodotti nostrani come Bitto, Gruviera, Castelmagno, Fontina, si accompagnano prodotti provenienti dall’Europa, in particolare Olanda e Gran Bretagna.

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

65


Dall’Italia e dall’estero è vastissimo l’assortimento dei prodotti di salumeria da Eat’s. Tra i tanti salumi nostrani non poteva mancare il culatello di Zibello.

66

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


rante dello chef Matteo Gelmini, scuola Gualtiero Marchesi, fino agli eleganti “scartocci” del “reparto generi alimentari” (nomenclatura merceologica che appare quanto mai in via di obsolescenza). Appare superfluo ribadire come il bancone della gastronomia rappresenti il centro gravitazionale dell’intero open space, isola monotematica in questo arcipelago del sapore. Sontuoso il banco dei formaggi, che presenta un assortimento stagionale, che varia dalle 140 alle 200 referenze, col timone ben saldo sulla Penisola ma un piede per forza di cose oltre l’Arco Alpino, nell’Esagono e in Svizzera, oltre che nelle altre grandi fucine europee, l’Olanda e la Gran Bretagna. Tanto per cominciare dal territorio nazionale, la rassegna offre varietà di Bitto, Gruviera, Castelmagno, Fontine valdostane, caprini di fossa e rarità come il Franzedaz d’alpeggio, dalle tipiche note di fieno ed erba, alla stregua del Vento d’estate, che nella paglia è “affogato”,come dimostrano le tracce sulla crosta, formaggio a pasta dura prodotto con latte vaccino delle colline trevigiane, zona d’origine anche del Brillo che, come suggerisce il nome, è “ubriacato” nelle vinacce rosse. Uno dei plus del bancone è dato dalla consulenza degli operatori, che non solo aiutano a districarsi nella babele di prodotti caseari, ma consigliano abbinamenti a vini, birre, mostarde e salse. E così per il Cheddar Westcombe, crosta ricca di muffe, proveniente dalla regione del Somerset, inglese come l’aranciato Red Leicester e l’erborinato Blue Shropshire, presidi Slow Food come il pecorino di Farindola, dal versante orientale del Gran Sasso, in buona compagnia insieme ai pecorini di Pienza, della Maremma al ginepro, e i caprini affinati nella birra come il Cacio birraio o nel peperoncino come il Diavoletto. E ancora, per restare in ambito caprino, il Cialda alle rose, i bocconcini con pistacchi o a mo’ di baci di dama e i lingotti di formaggio farciti con lamponi o mirtilli. Nutrito il drappello transalpino, dal Brillat Savarin, Brie dal nome del noto intellettuale gastronomo,

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

A Eat’s Milano i prodotti di Jolanda de Colò. all’Epoisses Berthaut, dal Crottin de Chavignol alla Buchette del Perigord. Scavallando i Pirenei si possono trovare il Valdeon, erborinato, alveolato da latte di vaccino (o misto di vacca o capra), e il Cabrales, dalle caratteristiche simili, tipico però delle Asturie, mentre il primo viene dalla zona del León. Restando nella penisola iberica basta girare l’angolo che gli aromi della salumeria pervadono l’aria e spiccano immorsati gli esemplari di Jamón serrano, come il Patanegra de Bellota, dalle cosce di maiali che si nutrono delle ghiande nell’Extremadura, il Jabligo, per esempio, viene venduto a 179,5 euro al chilo, oppure il crudo di Nero dei Nebrodi. Sempre a proposito di crudo di Nero, anche quello di Calabria non scherza per quanto è tenero e impegnativo per il portafogli (144,1 euro al chilo). Assortita anche la carta dei cotti, dal tipico Masè al medioevale arrosto al San Giovanni, come delle mortadelle, da quella d’oca, a quella di Prato, bollita e aromatizzata con l’alchermes, a quella al tartufo, e la mini-mortadella Bonfatti di Negrini Salumi, e così i crudi, San Daniele, Vecchio Sauris, riserva Sant’Ilario e la Culaccia del Salumificio Rossi. Il profilo di Eat’s non consente buchi neri e cali di stile, quindi la caleidoscopica panoramica sulla norcineria italiana prosegue con la coppa di testa toscana e il lardo di Cinta senese, tanto per non spostarsi

dal Granducato, le pancette, stagionata, steccata, quella tesa e al pepe, la campagnola e l’immancabile coppa piacentina. Assortiti gli insaccati e i salumi stagionati più eccentrici, come il roast beef di fesa di Fassone piemontese, il capocollo di Martina Franca, la bresaola punta d’anca, la ’Nduja di Spilinga, la soppressa friulana Lovison, il salame gentile di culatello, lo strolghino Podere Canossa e il Felino, la slinzega di montagna riserva Roen, il filetto puro d’oca, lo speck d’oca affumicato, il manzo salmonato e il petto di pollo affumicato e i cotechini, i würstel e il grasso e il paté d’oca. Facendo un’ultima ideale incursione all’estero, si fa tappa nelle infinite distese prative magiare, dove i suini di razza Mangalica pascolano, le folte pellicce scure incuranti del rigore invernale. Il guanciale dal sapore intenso e dalla carne oleosa è anch’esso rintracciabile al reparto salumeria. Da Eat’s, proprio dietro alla Madonnina. Fabio Butturi Eat’s Via Cesare Battisti 5 31015 Conegliano (TV) Telefono: 0438 61996 E-mail: info@eatstore.it Eat’s Milano Galleria del Corso 4 20122 Milano Telefono: 02 76280614

67


Consumi

Salumerie e nuovi luoghi del consumo alimentare italiano Distributori automatici e punti di autoservizio, vendita al dettaglio tradizionale che evolve, ibridazione nell’offerta alimentare di Giovanni Ballarini

S

alumerie, norcinerie, pizzicherie, salsamenterie in passato erano negozi in gran parte artigianali, quasi tutti popolari e dove i salumi avevano casa. Anche molti negozi di generi alimentari misti, spesso anche quelli con l’appalto di vendita di “sale e tabacchi” (ed anche “chinino di Stato”), avevano un banco per la vendita dei salumi. Non di rado la salumeria confezionava panini da consumare sul posto, caso mai con un bicchiere di vino, o da portare via. Salumerie che un tempo erano punti fissi e diffusi sul territorio per fasce di popolazione anche non d’alto livello, la vendita al dettaglio, una ristorazione rapida e un take away ante litteram. Oggi molto è cambiato e le poche salumerie rimaste sono spesso divenute boutique d’alta gastronomia, o si sono trasformate in seducenti prosciutterie. Un fenomeno che non può essere compreso se non dando uno sguardo a quanto avvenuto nell’alimentazione fuori casa degli Italiani. Il mercato dei consumi alimentari fuori casa, circa un terzo del totale alimentare, sta cambiando. I nuovi protagonisti di questo settore — i cosiddetti canali emergenti — sono i distributori automatici (vending machine), i punti di autoservizio (self service point), i take away e il dettaglio tradizionale che si sta modificando. Per questo il termine HORECA è divenuto inadeguato se con esso ci si riferisce solo a hotel, ristoranti, catering o caffè.

68

Salumeria tradizionale.

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Premiata Salumeria Italiana, 4/12

69


Quadro economico nazionale e internazionale e trend concernenti i consumi fuori casa I dati di mercato mostrano che nel 2011 i valori di questo settore si sono attestati ai livelli del 2005; rispetto al biennio precedente si è verificato un calo. Nel 2012 il giro d’affari del comparto dovrebbe attestarsi sui 72,4 miliardi di euro, per raggiungere i 74,5 miliardi nel 2013. In termini di quota di mercato, lo scorso anno 2011, l’acquisto di cibi da consumare fuori di casa rappresentava il 33,5% dei consumi alimentari. Nell’anno in corso, la quota si abbasserà al 32,5%, per poi riposizionarsi al 33% nel 2013. Per far fronte a questa situazione, miglioramento dell’efficienza e investimenti in innovazione sono le strade ora percorse sia dagli attori storici di questo mercato sia da quelli emergenti. L’ibridazione come innovazione Negli ultimi anni, per rispondere al bisogno di alimentarsi, il consumatore ha iniziato a cercare luoghi e momenti diversi da quelli tradizionali, con un fenomeno chiamato “ibridazione” che ha diversi aspetti. Il cibo da consumare fuori da casa (away from home) entra nel dettaglio alimentare (retail food) e viceversa. Nella GDO (Grande Distribuzione Organizzata) sono sempre più presenti spazi per il consumo alimentare veloce. Contemporaneamente, soprattutto all’estero, vi sono imprese e marche del cibo pronto da consumare fuori di casa,che propongono i loro prodotti nei punti vendita del dettaglio alimentare. Esemplare STARBUCKS, che nel 1995 ha fatto il suo ingresso nei supermercati con una linea di gelati ai quali sono seguiti il caffè e delle varietà di tè. È possibile una commistione, un’integrazione efficace tra i due canali di distribuzione, come avviene nei punti vendita EATALY, dove ogni reparto merceologico è affiancato da un ristorante specializzato nella creazione di menu realizzati con i prodotti di quell’area di vendita, quando non si associano altri prodotti, come i libri. Le strade della ibridazione L’ibridazione nei luoghi dove si mangia non è accidentale, ma è guidata

70

Le prosciutterie rappresentano un’intelligente trasformazione delle salumerie tradizionali. da precisi indirizzi e soprattutto da convenience ed experience. Si può scegliere la proposta minimale del distributore automatico all’interno dell’ipermercato e non fuori dallo stesso, e in questo caso prevale la convenienza, in termini economici e di praticità della soluzione. Oppure, si fa prevalere in modo esperienziale la presenza del cliente nel punto vendita: lo spazio di ristorazione con alimenti anche per gli italiani esotici dei magazzini Ikea è l’esempio più calzante. Al momento sono fenomeni marginali e, in un momento come l’attuale, occorre valorizzare ogni occasione, ma le tendenze future sono quelle di una continua proliferazione delle occasioni di consumo e quando ci sono occasioni, prima o poi, qualcuno le sfrutta. I nuovi luoghi del mangiare Le tendenze che determinano lo sviluppo dei nuovi luoghi del mangiare fuori di casa stanno, di fatto, erodendo quote ai locali ed agli operatori storici. Questi nuovi canali sviluppano la metà dei momenti di “pausa caffè”, con una clientela più giovane rispetto a quella dei luoghi tradizionali. D’altra parte, anche questi, a loro volta, vivono una fase di mutamento. Anche in questo caso i due indirizzi di convenience ed experience guidano lo sviluppo.

Evoluzione dei locali storici Per i locali storici o maturi, come ristoranti, trattorie e bar, convenienza significa recuperare efficienza e produttività. Da qui, l’aumento dei posti a sedere all’interno del locale; l’acquisizione di nuovi spazi all’introduzione dei dehors, piuttosto che di nuove attrezzature per velocizzare il servizio. Nel processo in atto di maggiore valorizzazione e d’innovazione, tre sono le strade percorse: specializzazione, posizionamento distintivo e multifunzione. Per la specializzazione significativo è l’esempio dei bar, che sempre più diventano luoghi dove poter consumare anche il pasto e l’aperitivo. Questo non sempre è sufficiente e a Milano, ad esempio, i lunch bar sono 1.400, un fenomeno che si ripete e s’espande a macchio d’olio in tutte le grandi città e nei centri turistici. Per il posizionamento sociale del proprio locale ci si indirizza a rispondere alle esigenze di specifici consumatori: i giovani, piuttosto che gli anziani, le famiglie piuttosto che i single. La multifunzionalità è la terza soluzione, e in Italia sono oltre 100.000 i ristoranti che si sono inseriti anche nell’occasione di consumo rappresentato dall’aperitivo. Di questi, circa un quarto, oltre all’aperitivo, offrono anche il momento del dopo cena, e un 13% circa sia l’uno sia l’altro (aperitivo e dopo cena). Nella multifunziona-

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


(ora Visentin)

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

71


po. Il dettagliante puro che offre al consumatore i prodotti per i pasti veloci. Quello che integra la propria offerta con pasti rapidi, inserendo all’interno o all’esterno del suo locale di vendita spazi adibiti alla ristorazione veloce oppure per momenti di consumo come l’aperitivo. E, infine, il dettagliante che trasforma il suo negozio in un vero e proprio locale di ristorazione moderna, come è il caso di una salumeria che diviene un’attraente prosciutteria. Locali di vendita di alimenti pronti Un tempo erano soltanto le non molto diffuse rosticcerie che vendevano cibi pronti, ma oggi vi è una grande diversificazione. Nel 2010 hanno raggiunto quota 25.000, contro i 15.000 del 2001, registrando un incremento del 10% in nove anni.

In Italia sono oggi presenti 2,4 milioni di distributori automatici, 53 ogni 1.000 abitanti. Il 24,5% dei consumatori sceglie quest’offerta d’acquisto alimentare perché il punto di autoservizio è anche il luogo in cui si svolge il 37% delle pause di lavoro. lità sono da inserire anche i locali dove di mangia e si vendono libri od altro. Autoservizio e distributori automatici di alimenti In Italia sono oggi presenti 2,4 milioni di distributori automatici, 53 ogni 1.000 abitanti. Il 24,5% dei consumatori sceglie quest’offerta d’acquisto alimentare perché il punto di autoservizio è anche il luogo in cui si svolge il 37% delle pause di lavoro. La disponibilità e la visibilità sono due altri elementi che spiegano il successo di questi self service point. Inoltre, i distributori automatici sono anche ottimi veicoli pubblicitari, perché è possibile creare proposte monoprodotto. La disponibilità ha un altro duplice vantaggio. Da un lato, i distributori automatici sono ovunque per cui è come se “accompagnassero” il consumatore nei suoi spostamenti. Da un altro lato, la distribuzione automatica consente di costruire delle offerte mirate, in base all’utenza dell’ambiente in cui è installata la macchina (scuola,

72

fabbrica, ufficio, stazione ferroviaria, ecc…). Un esame degli acquisti dai distributori automatici mostra che quelli degli snack dolci avvengono per il 52% nelle scuole, per il 32% negli uffici, per il 22% nelle aree di transito e, chiaramente, solo per 10% nelle palestre. In quest’ultimo ambiente i distributori automatici devono avere un altro tipo di offerta. Evoluzione del dettaglio alimentare tradizionale Considerevoli sono i numeri del dettaglio tradizionale: 160.000 punti vendita, pari a 2,8 negozi ogni 1.000 abitanti. Da rilevare che oggi il dettagliante trasforma il suo negozio in un vero e proprio locale alimentare. Attualmente, in Italia sono circa 15.000 i dettaglianti specializzati che offrono anche la possibilità di consumare alimenti. In alcuni casi, più marginali, offrono la possibilità di un consumo dell’aperitivo e della cena, ma molto interessanti sono le potenzialità per il dettaglio tradizionale. Tre sono le possibilità di svilup-

Quale futuro? I nuovi o rinnovati luoghi del mangiare italiano fuori di casa, che riguardano circa il 33% dei consumi alimentari, tolgono spazio a quelli più o meno tradizionali e da considerare “maturi”? Quali le possibilità e le probabilità di una loro sopravvivenza e, o di uno sviluppo? Indubbiamente la diffusione sul territorio dei nuovi luoghi del mangiare è un importante elemento che accompagna i nuovi protagonisti del settore e qui la logistica assume un ruolo di primo piano. Se la diffusione è l’elemento che accomuna i 3 nuovi protagonisti, ognuno ha però la sua carta vincente. Per quanto riguarda i locali tradizionali di un settore “maturo”, come quello delle trattorie e dei ristoranti, se una certa quota rimarrà mantenendo le sue caratteristiche di qualità e di tradizionalità, un’altra quota d’imprevedibile dimensione cambierà in modi solo in parte immaginabili, anche con sostituzioni radicali sotto l’influenza delle nuove condizioni socio-culturali che stanno diffondendosi ed evolvendo in Italia. In meno di cento anni le osterie sono quasi scomparse, salvo talune aree, in seguito molte trattorie sono state sostituite da pizzerie, oggi vediamo bar trasformati in kebaberie… Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


WWW.

.NET

ARREDO NEGOZI

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

73

COSTAGROUP SRL VIA VALGRAVEGLIA ZAI 19020 RICCÓ DEL GOLFO (SP) ITALY T./F. +39 0187 769309/08 INFO@COSTAGROUP.NET


Prodotti tipici

La Regina della Testa Tra le più belle automobili del mondo, è andata in scena la seconda edizione del concorso indetto dall’Academia Judices Salatii, con la premiazione delle migliori coppe di testa scelte tra le varietà regionali

I

nsaccato cotto della tradizione salumiera italiana, la coppa di testa, insieme ai ciccioli, è il prodotto finale della macellazione del maiale. Vengono utilizzate solo carni della testa suina e, essendo un salume facilmente deperibile, è bene consumarlo immediatamente nei giorni successivi alla macellazione dell’animale. La coppa di testa è diffusa in tutta l’Italia, da Nord a Sud, e in ogni regione prende un nome diverso: testa in cassetta, biroldo, mallegato, soppressata, buristo, sanguinaccio e altri ancora. A rendere onore a questo salume tipico ci ha pensato l’Academia Judices Salatii con la seconda edizione del concorso nazionale “La Regina della Testa”. L’associazione emiliana, che raccoglie appassionati ed esperti assaggiatori e degustatori di salumi, ha preso in esame una cinquantina di produttori, nella splendida cornice del MEF, il Museo Casa Natale Enzo Ferrari di Modena, ha decretato vincitore ARCADIO BECCHI di Correggio (RE). Menzione speciale è stata data

dall’Academia per il secondo classificato, il SALUMIFICIO MOSCHINI di Ponte Buggianese (PT) e per il terzo classificato, il SALUMIFICIO VECCHI CARLO di Castelnuovo Rangone (MO), con un’ulteriore menzione per il miglior biroldo vinto sempre dal Salumificio Moschini. La premiazione si è svolta lo scorso 6 giugno e, tra un centinaio di soci presenti, hanno partecipato all’evento il giornalista Sandro Bellei, Davide Nini, presidente del Consorzio del Prosciutto di Modena Dop, Mario Gambigliani Zoccoli, presidente dell’AED (Associazione Esperti Degustatori Aceto Balsamico) e Pierluigi Sciolette, presidente del Consorzio dei Lambruschi Modenesi. La coppa di testa emiliana Gli ingredienti sono carne della testa, cotiche, cartilagini, lingua, mentre per le spezie e gli aromi si prediligono sale, pepe, noce moscata e cannella. Nel processo di lavorazione la testa del maiale viene fatta bollire con acqua e sale, sedano, carote, per

circa 3/4 ore. Viene tolta dal fuoco quando la carne si stacca facilmente dalle ossa. A freddo si trita il tutto a pezzi non troppo piccoli, cui si aggiungono le spezie e gli aromi. L’impasto ottenuto viene insaccato nella “rete” (omento=grasso periviscerale addominale) o in vescica e lasciato raffreddare, pressato. Nell’assaggio al taglio si riconoscono le parti di cui è composta (lingua, cartilagini, muscoli, ecc…; colore di carne lessa, se è rosea o rossa contiene conservanti (nitriti e/o nitrati); all’olfatto ed al gusto è caratterizzata soprattutto dalle spezie e dagli aromi utilizzati; alla masticazione la sensazione va dal morbido al fibroso, a seconda della quantità di cartilagine presente. Per 100 grammi di prodotto si contano 221 kcal. La coppa di testa toscana La principale differenza tra la coppa di testa ed il biroldo, tipico della Garfagnana, è che quest’ultimo contiene una percentuale di sangue di maiale che gli conferisce il tipico

La coppa di testa del Salumificio Franceschini di Castello di Serravalle (BO).

74

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


colore scuro e quindi necessita di un’ulteriore cottura, anche perché viene insaccato, sempre a seconda delle zone di produzione, in vari tipi di budelli naturali (vescica, bondiana, stomaco o dritto di cavallo). La cottura deve avvenire in acqua a temperatura superiore ai 90°C, ma non in ebollizione, per un tempo che varia a seconda di calibro e pezzatura da un minimo di 1 ora ad un massimo di 2,5 ore. Nel biroldo, i cui ingredienti principali sono sale, pepe, spezie e aglio, possiamo trovare aggiunti, sempre a seconda delle zone di produzione, uva passa, pinoli o addirittura cioccolato. Il biroldo può anche essere prodotto con l’uso di frattaglie (cuore, polmone, milza, orecchio, cotenna) in aggiunta alla testa alla lingua e ai lardelli. «Noi — affermano i titolari del Salumificio Moschini — lo produciamo usando la testa, la lingua, i lardelli ed una bassissima percentuale di cotenna». La coppa di testa è prodotta usando la testa, aggiungendo la lingua e in alcuni casi una piccola percentuale di cotenna.

I titolari del Salumificio Moschini di Ponte Buggianese (PT) con Emanuele Barbieri del Salumificio San Celestino di Castelnuovo Rangone (MO). Gli ingredienti sono sale, pepe, spezie ed aglio, prezzemolo (nella zona di Firenze). Nella lavorazione le teste di maiale arrivano dal macello refrigerate.

Academia Judices Salatii L’Academia Judices Salatii è un’associazione senza finalità di lucro che raccoglie appassionati ed esperti assaggiatori e degustatori di salumi. Gli obiettivi perseguiti dall’Academia si possono sinteticamente riassumere in: • tutela e valorizzazione della produzione di salumi, specialmente di quelli legati alla tradizione locale italiana ed anche estera, al fine di mantenere e preservare le loro caratteristiche e di educare al loro consumo; • addestramento dei propri associati all’analisi sensoriale ed all’assaggio, attraverso l’organizzazione di corsi di formazione, seminari e convegni, visite a produttori, gite d’istruzione; i corsi si articolano in 3 livelli e sono tenuti da docenti interni ed esterni, esperti nelle singole materie di studio. L’Academia si riunisce una volta al mese per serate di assaggio, solitamente a tema, di salumi delle diverse regioni d’Italia ed anche esteri, che vedono una nutrita e interessata partecipazione dei soci. Riguardo all’analisi sensoriale, l’Academia ha formato un gruppo di assaggiatori che costituisce un panel che si riunisce diverse volte al mese e che partecipa, come giuria, a numerosi concorsi tra produttori di salumi, nelle province in cui l’Associazione è presente. Il numero delle partecipazioni ai concorsi è in costante crescita, così come il numero dei soci. >> Link: www.academiajudicessalatii.it

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

La prima fase consiste nel rimuovere le orecchie (in passato si usavano) e bruciare i peli rimasti tramite l’uso di una fiaccola a gas e raderli. Dopo il lavaggio con acqua fresca a pressione (serve per eliminare i peli e pulire la testa dal sangue), le teste vengono messe insieme alle lingue in una caldaia con acqua. Dopo la cottura con acqua in ebollizione, le teste sono spolpate a mano; la carne ottenuta viene tagliata a coltello ottenendo un impasto con pezzi non uniformi; si aggiunge poi sale, pepe, spezie ed aglio a seconda della ricetta del salumiere. L’impasto viene girato a mano o con l’ausilio di pale inox per distribuire uniformemente la concia ed amalgamare il composto, quindi si insacca in sacchi di cotone o di iuta a seconda delle pezzature richieste che variano da 1,5 kg ad oltre 80 kg. Sia la coppa che il biroldo sono messi in cella di raffreddamento: il primo dopo la cottura, la seconda dopo l’insacco. Tutti e due i prodotti presentano un gusto che a seconda delle zone di produzione risulta variare dal forte al deciso, dal delicato al piccante a seconda della concia impiegata o dalla presenza di aglio.

75


76

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Dal Carso sloveno il Kraški pršut, una coscia Igp. Passaparola! Aroma, intensità del colore e della polpa, carne soda ma succosa e un gusto poco salato: queste le caratteristiche del Prosciutto del Carso. Visita a Corgnale, nel comune di Sesana, al prosciuttificio Lokev, uno dei tre produttori dell’Igp riuniti nel Consorzio Prosciutto del Carso di Riccardo Lagorio

T

alvolta durante il viaggio, in qualunque sito si svolga, si percorrono località che, per accoglienza dei nativi, ci fanno sentire come a casa; esistono infatti emozioni e legami senza tempo e lontanissimi dalle logiche geopolitiche, che si possono provare solo in luoghi familiari per natura. Il Carso sloveno, anche per affinità territoriali e sociali, è uno di questi. Il cibo e i costumi sociali non differiscono sostanzialmente dal Carso triestino e goriziano, uniti peraltro sotto un’unica bandiera per centinaia d’anni sino al secolo scorso. Uno dei prodotti gastronomici che rende giustamente fieri i Carsolini è il loro prosciutto, il Kraški pršut in lingua locale. L’entroterra triestino è caratterizzato, infatti, dall’incontro tra le brezze mediterranee ed i venti gelidi dell’Europa centrale e la gente di questo armonioso altopiano, che degrada verso il mare aprendosi talvolta a forre improvvise, da sempre sa utilizzare questo clima caratterizzato dalla bassa umidità per l’essiccazione della carne suina. Di grande importanza economica per le famiglie contadine durante il periodo di occupazione austroungarica, il prosciutto veniva consumato nella Vienna imperiale anche grazie ai collegamenti ferroviari che univano Trieste alla capitale. A partire dagli anni Venti del XX Secolo, il prosciutto del Carso incrementa la sua rinomanza e si vanno delinean-

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

Prosciutto del Carso, Prosciuttificio Lokev na Krasu.

77


Riccardo Lagorio e Manuela Stubelj. do le caratteristiche morfologiche che ancora oggi lo distinguono, come l’assenza dello zampetto. Gli estimatori di allora, come quelli di oggi, riconoscono al Prosciutto del Carso caratteristiche distintive che lo rendono assai appetibile ad una fascia molto vasta di consumatori come l’aroma, l’intensità del colore della polpa, la carne soda ma succosa ed il gusto poco salato.

Bisogna attendere però sino al 1953 per assistere alle prime compravendite organizzate dal Consorzio contadino di San Daniele del Carso, che riusciva a smerciare circa quattro tonnellate di prosciutti all’anno, con il record mai battuto di 10 tonnellate del 1964. A tale ammontare c’è da sommare la quantità, difficile da esprimere, venduta direttamente nelle trattorie.

Quali sono i compiti dell’Associazione dei produttori del Prosciutto del Carso 1. 2. 3. 4. 5. 6.

78

Continuare e migliorare la visibilità del Prosciutto del Carso. Controllare e proseguire il metodo di produzione che si rifà alla tradizione carsolina. Organizzare attività promozionali. Introdurre sviluppi tecnologici ed incrementi nella qualità del prodotto. Consolidare le risorse naturali, le tradizioni e le conoscenze gastronomiche del territorio. Stabilire i valori nutrizionali e culinari del Prosciutto del Carso.

Quindici anni più tardi sul Carso rimanevano ventisette cantine di stagionatura in cui si maturavano 135 tonnellate di prosciutto, ma l’unica struttura in grado di garantire condizioni sanitarie soddisfacenti si trovava a Corgnale (Lokev), località del Comune di Sesana. Ancora oggi Corgnale è sede di uno dei tre produttori di Prosciutto del Carso IGP, riuniti nel Consorzio Prosciutto del Carso. MANUELA STUBELJ è la responsabile delle relazioni esterne del Prosciuttificio Lokev, aperto nel 1959 e da cui escono circa 60.000 prosciutti all’anno. «Le cosce che arrivano nel nostro prosciuttificio provengono da Germania, Austria e Italia. Devono pesare almeno 9 kg e vengono rifilate direttamente nel luogo d’origine dando a ciascuna la caratteristica forma ovale; noi provvediamo a massaggiarle a mano e a salarle. Scartiamo le cosce che presentino imperfezioni come ossa rotte,

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


ematomi nel muscolo, nel grasso o nella cotenna. Non passano più di cinque giorni dal momento della macellazione alla salatura dei pezzi e la temperatura varia sempre tra 0 e 5 gradi. L’utilizzo del sale marino delle saline di Sicciole, vicino a Pirano, lo rendono ancora più unico». In effetti una delle caratteristiche che balza all’occhio è la colorazione rosata della fetta, che si presenta ben marezzata e cinta da una piacevole aureola di grasso: come si sa la mancanza di grasso penalizzerebbe la complessità aromatica. Il clima carsico contribuisce a conferire aroma, fragranza e consistenza al Prosciutto del Carso, del tutto diverse a quelle di altri prosciutti. «Il nostro motto aziendale — continua la Stubelj — è Od ust do ust, passaparola: infatti, chiunque assaggi il nostro prosciutto rimane tanto coinvolto sia dalla vista che dal gusto. Il ricambio d’aria delle sale di stagionatura è naturale, con apertura e chiusura automatica delle finestre. Inoltre, tutti i prosciutti rimangono 17 giorni con il sale, poi sono puliti, asciugati e si provvede a salarli per la seconda volta. Dopo tre mesi si mettono a riposare appesi uno ad uno a mano per verificarne la correttezza d’esecuzione». Il sistema d’ispezione di tutti i prosciutti del Carso assicura inoltre il giusto rapporto tra peso iniziale, grado di essiccazione e stadio di maturazione. Al fine di mantenere la caratteristica morbidezza, al momento opportuno la parte non protetta dalla cotenna viene spalmata e ricoperta da sugna, eventualmente con una modesta aggiunta di farina bianca. Solo quando anche il peso iniziale si è ridotto di circa il 30%, la coscia viene marchiata a fuoco con il simbolo dell’IGP. Dovrà comunque passare almeno un anno di stagionatura perché le

Prosciutto del Carso. La stagionatura è di almeno un anno e di 16 mesi per raggiungere il grado Riserva. cosce possano essere vendute, ma molto spesso si attendono i 16 mesi necessari per raggiungere il grado di Riserva. Com’è scontato, esistono numerose modalità di consumo del Prosciutto del Carso. Senz’altro la più caratteristica passa sotto il nome di toč: viene preparato un fondo di vino Terrano ed una fetta sufficientemente spessa di prosciutto è scaldata sino a

“Le cosce che arrivano nel nostro prosciuttificio provengono da Germania, Austria e Italia. Devono pesare almeno 9 kg e vengono rifilate direttamente nel luogo d’origine dando a ciascuna la caratteristica forma ovale; noi provvediamo a massaggiarle a mano e a salarle” Premiata Salumeria Italiana, 4/12

fare perdere il contenuto d’alcol al liquido. Il piatto viene servito con polenta di mais. Ottima occasione per passare parola… Riccardo Lagorio Prosciuttificio Lokev na Krasu Località Corgnale, 9 6219 Sesana (Slovenia) Telefono: 00386 05 7318120 E-mail: info@prsutarna-lokev.si Web: www.prsutarna-lokev.si Consorzio del Prosciutto del Carso Associazione d’Interesse Economico tra i Produttori del Prosciutto del Carso Località Seppuglie, 31 6219 Sesana (Slovenia) Telefono: 00386 41 713808

79


Paletta di Coggiola, fra dibattiti e tradizioni di Giorgio Montanari

C

oggiola è un paese in provincia di Biella, celebre per essere la terra madre del “prosciutto di paletta”. Sotto questo curioso nome si cela una specialità nota ai raffinati gourmands regionali (e non solo) la quale, fino a poco tempo fa, poteva fregiarsi del presidio Slow Food. Ma iniziamo con ordine… La carne della paletta di Coggiola proviene da suini piemontesi selezionati e di pezzatura non troppo pesante. Il taglio prescelto è quello della spalla ed è comprensivo di osso. Quest’osso, dalla caratteristica forma piatta (“a paletta” appunto), fu l’ispirazione per il simpatico nome dato al prodotto finito. La lavorazione avviene ancora in maniera tradizionale. La spalla, precedentemente sgrassata, viene separata in due parti simmetriche; esse sono successivamente riposte in salamoia per un periodo che varia dai quindici ai trenta giorni, a seconda del peso del prodotto. In queste settimane la carne è monitorata e massaggiata al fine di permetterle la corretta assunzione del sale: in simili passaggi risulta decisiva l’esperienza dell’artigiano. La fase successiva è quella della concia: la carne si sposa con pepe nero, erbe locali, bacche e aromi che variano da ricetta a ricetta. Negli scorsi anni fu aperto un imponente dibattito sull’eventuale presenza del vino nella preparazione: alcuni macellai locali ne rinnegarono l’impiego (portando vecchi ricettari come testimonianza), altri operatori sostennero il contrario. Questo disaccordo costò il mancato rinnovo della paletta fra l’elenco dei presidi Slow Food. Trascorso il giusto periodo in concia (di norma un paio di settimane), il prodotto viene insaccato in budello

80

naturale (vescica) e legato a mano con spago naturale. Per agevolare l’espulsione della salamoia in eccesso la superficie del prodotto viene punzecchiata con un apposito attrezzo. Siamo giunti alle operazioni finali: il salume, appeso, riposa per una ventina di giorni in locali con temperature comprese fra i dieci e i sedici gradi. Terminato questo laborioso iter, la paletta di Coggiola è pronta per la vendita. Di pezzatura media, fra gli 800 e i 1.200 grammi, di forma tondeggiante, di consistenza compatta, il nostro salume è generalmente consumato previa cottura di un paio d’ore abbondanti in acqua non salata. Servita calda, dal profumo avvolgente, è fantastica con la polenta o con le patate lessate: abbinarla a cibi “poveri” non tradisce

le origini umili di questo salume. Possiamo però gustare la paletta anche cruda: in questo caso necessita, oltre che di una stagionatura, di alcuni mesi, anche di costanti attenzioni (il budello naturale va inumidito periodicamente per permettere alla carne che avvolge di mantenere la giusta consistenza). La conservazione in doja (sotto strutto, in un tradizionale recipiente di coccio) preserva il prodotto dagli agenti esterni restituendogli una nota piccante. Se decidete di consumare il salume crudo, alcuni esperti piemontesi consigliano di adagiare le fette di paletta, tagliata non troppo sottile, sopra un letto di insalata e mostarda dolce. Per accompagnare la degustazione è gradito un bicchiere di barbera,

La paletta è un insaccato stagionato, ricavato dalla spalla del maiale, tipico del comune di Coggiola, in provincia di Biella.

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


graphital - parma

Tecnologia e tradizione nel più moderno e grande prosciuttificio d’Italia

PROSCIUTTIFICIO IL CONTE S.p.A. Via Sant’Ambrogio, 4 - 43020 BAZZANO PARMENSE (PR) - Comune di Neviano degli Arduini Premiata Salumeria Italiana, 4/12

81


vino dal giusto equilibrio, in grado di sposarsi con la sapidità del salume. Fra il paese di Coggiola e i comuni limitrofi, nel secondo dopoguerra, sorgevano una dozzina di salumerie e macellerie impegnate nella produzione della paletta; oggi in paese vi sono solo tre negozi a mantenerla in vita. Siamo fiduciosi che la neonata Associazione di Produttori, oltre alla spinta dei paesani, permetterà a questo baluardo della tradizione gastronomica biellese di tornare nella lista di presidi Slow Food. Giorgio Montanari

Ravioli ripieni di paletta di Coggiola con pancetta, burro di montagna e salvia, Ristorante Osteria del Borgo di Borgosesia (foto: www.biellaristoranti.com).

Nota L’autore desidera ringraziare Gianluca Foglia, sindaco di Coggiola, per i preziosi chiarimenti.

10ª edizione della Festa dello Speck Alto Adige dal 28 al 30 settembre Dal 28 al 30 settembre 2012, nello scenario meraviglioso di Santa Maddalena in Val di Funes, si festeggerà il 10º anniversario della nota Festa dello Speck. Per tre giorni ospiti italiani e stranieri avranno la possibilità di partecipare a un fitto programma d’intrattenimento e di degustare e festeggiare l’indiscusso protagonista dell’evento: lo Speck Alto Adige IGP. Durante i tre giorni verranno offerte prelibatezze e piatti tradizionali a base di Speck Alto Adige IGP e come ogni anno il momento clou sarà rappresentato dalla sorpresa a base di speck. Inoltre, si potranno acquistare i vari prodotti artigianali della zona presso il mercato contadino e gli ospiti avranno la possibilità di assaggiare anche il pane tradizionale che verrà preparato in forni allestiti per l’occasione. La festa nasce da un’iniziativa comune dell’Associazione Turistica Val di Funes, del Consorzio Speck Alto Adige e dell’EOS – Organizzazione export Alto Adige della Camera di commercio di Bolzano, ed è supportata da tutte le associazioni della vallata. >> Link: www.speckfest.it

82

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


gusta la freschezza Da oltre trent’anni il Caseificio Caputo produce mozzarella di bufala campana DOP lavorando a poche ore dalla mungitura solo il latte di bufale accuratamente selezionate e controllate. Il sapere della tradizione e le moderne tecnologie garantiscono una qualità costante e un gusto unico che rendono la Mozzarella Caputo buona, sempre.

MOZZARELLA D.O.P. DI BUFALA CAMPANA

AVERSA (CE) viale Olimpico TEVEROLA (CE) via Roma 90 tel.Premiata 081Salumeria 8119478 Italiana, 4/12

PRODOTTO NAZIONALE iche Garantita dal Ministero delle Polit Agricole Alimentari e Forestali

83 WWW.CASEIFICIOCAPUTO.IT


Turismo enogastronomico

Wielkopolska, nel vivo dei sapori della “grande Polonia” di Massimiliano Rella

W

ielkopolska, la “grande Polonia”, è il nome del Voivodato occidentale, ai confini con la Germania, che ha come capitale Poznań, una città che sintetizza bene la storia di uno Stato-fisarmonica come quello polacco, che in passato si è sempre spostato a est o a ovest a seconda del dominatore di turno. Ma la storia guarda lontano e così nel 2012, oltre ad aver ospitato alcune partite degli

84

Europei di Calcio, Poznań vedrà l’inaugurazione del nuovo Museo sulla Nascita dello Stato Polacco. Si dice, infatti, che la Polonia sia nata a partire dalla piccola isola dove oggi sorge la Cattedrale. Dal XVIII secolo Poznań fu però una città tedesca, ma l’orgoglio delle origini venne riscattato con la fine della seconda guerra mondiale. In una città turistica con oltre 100.000 studenti universitari è normale che ci siano locali, caffè, birrerie a ogni

angolo di strada. In alcuni pub, come Za Kulisami (in ulica Wodna 24/ Klasztorna 9), possiamo degustare una bella varietà di etichette nazionali e regionali, tutte birre crude, davanti a una libreria che riveste l’intera parete. Chi invece pensa che la vera birra sia quella belga può deviare per Kriek, il cui giovane proprietario, un ragazzone di 1,90, Sławomir Szwedziak, la propone ai suoi ospiti in ben 180 etichette diverse (in ulica Wodna 23/

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Tartare di manzo, con funghi galletti, cipolla, cetriolini, capperi, alici e uovo di quaglia, ristorante Toga. Ślusarska 11). Non troveremo invece più un goccio di birra allo Stary Browar (http://starybrowar5050.com) un ex fabbrica di bionde e scure oggi trasformata in centro commerciale. Al suo interno, tra vetrina di borse e vestiti, possiamo ammirare una pregevole collezione di opere contemporanee, a partire dalle sculture stranianti del famoso artista polacco Igor Mitoraj, in compagnia di pezzi di colleghi quali Piotr Kurka, Wojciech Kujawski, Leon Tarasewicz. Dopo una visita al Rynek, la piazza del mercato con le sue colorate case da cartolina, le Domki Budnicze, possiamo entrare nel vivo dei sapori della Wielkopolska, affidandoci ai consigli

di Piotr Miochaoski, un omone che insieme alla moglie Ewa Michaoska ci introduce alla gastronomia tradizionale, fatta di tante piccole produzioni. Naturalmente seduti a tavola, nella sala del Toga (www.toga.poznan.pl), uno dei migliori ristoranti di Poznan. Ci serve guance di maiale, guanciotte di vitello, tartare di cavallo e manzo con funghi galletti, cipolla, cetriolini, capperi, alici e uovo di quaglia; anche cervello di mucca con funghi (che però non tocchiamo); una zuppa fredda di barbabietole dal colore rosa vivo; un delicato patè con composta di cetriolo, galletti e prugne sotto spirito. I funghi galletti e le prugne sono un classico dei boschi e della campagna

«A volte uso un mix di tecniche di cottura tradizionali e moderne, ho provato anche la cucina molecolare, ma i polacchi non sono pronti a questo» afferma lo chef Rafal Jeleski. «Dobbiamo invece valorizzare la base dei prodotti locali di qualità, che accomunano tante aziende del nostro territorio» Premiata Salumeria Italiana, 4/12

polacca. Per finire, ben sedici tipi di formaggi, alcuni della Wielkopolska, altri come l’Oscypek in arrivo dalla Małopolska, la regione di Cracovia. «La nostra cucina è ancora poco conosciuta ma vi assicuro che la Polonia è una miniera di prodotti e specialità» ci dice Miochaoski. «Nel nostro ristorante serviamo anche pesce del Baltico e ostriche. Possono sembrare fuori luogo, ma Poznan nel XVI secolo era uno dei principali centri di distribuzione di ostriche». Un altro valido rappresentante della cucina locale è lo chef Rafal Jeleski, finalista del famoso concorso gastronomico Bocuse d’Or (edizione 2010). Da 20 anni gestisce il ristorante Panorama dell’hotel Park, davanti al lago artificiale Malta. Lavora su prodotti polacchi, il più possibile locali, ma li reinterpreta con influenze della cucina francese e italiana. «A volte uso un mix di tecniche di cottura tradizionali e moderne, ho provato anche la cucina molecolare, ma i polacchi non sono pronti a questo» afferma.

85


«Dobbiamo invece valorizzare la base dei prodotti locali di qualità, che accomunano tante aziende del nostro territorio». Una di queste è senza dubbio la FATTORIA DI WSOWO (Folwark Wąsowo, www.wasowo.com.pl) una bella e caratteristica realtà a conduzione familiare, nelle campagne verso il confine tedesco, di fine ‘800, tutta mattoncini rossi e legno scuro. Fu fatta costruire da un banchiere tedesco quando la zona apparteneva alla Prussia. Fino al 1993 era di proprietà pubblica, poi fu acquistata da Jan Wieła che la gestisce insieme a moglie e figli. Gli appartengono 47 ettari, ma altri 360 sono in affitto, di cui 7 a conduzione biologica. Producono zucche, cetrioli, pomodori, barbabie-

tole, mele di piante ultracentenarie. E fanno zucchine marinate, confetture di cetrioli, carote, zucche. Non vendono alla distribuzione organizzata, però fanno vendita diretta e una volta al mese partecipano a un mercato di Poznań. «Un ettaro di patate può dare 60 tonnellate l’anno — sostiene Wieła — ma noi ne produciamo appena un terzo». La produzione complessiva annuale di frutta e verdure si aggira sulle 800-100 tonnellate l’anno. Con 5 addetti fissi, più gli stagionali, oggi la Folwark Wąsowo comincia ad assaporare i vantaggi del turismo gastronomico, con un progetto di realizzare a breve un ristorante e camere per l’ospitalità. Si può già dormire in 5 stanze semplici e accogliente, ma

Benedyktynka, l’amaro dei monaci di Lubin. il turismo rurale sta diventando in Polonia un interessante attività per non sfruttarla appieno. La Folwark Wąsowo è associata, tra l’altro, alla rete dello Slow Food polacco e fa parte del circuito dell’European Culinary Heritage. Da sempre anche i monaci fanno gli agricoltori, producono birra e vino. Quelli polacchi del MONASTERO BENEDETTINO DI LUBIN, invece, fanno il Benedyktynka, un amaro che nel 2010 è stato addirittura premiato in un concorso di liquori nazionali (www. benedyktynka.pl). È preparato in segretezza con 21 erbe locali, secondo una ricetta custodita gelosamente dal lontano 1510. Sembra che la pozione sia nata in un monastero Benedettino in Francia, poi replicata in Polonia, nel villaggio di Lubin, come in altri monasteri. La ricetta però è cambiata perché un tempo venivano usate spezie ed erbe oggi introvabili o molto rare. Solo nel 2008 è stato lanciato sul mercato il Benedyktynka, con appena 300 litri al mese, in due versioni: una semi-dolce di 32% di alcol e una secca di 40 gradi. Per il 2012 è previsto un nuovo amaro fatto con erbe dell’Asia. Massimiliano Rella

Zuppa fredda di barbabietole alla lituana, ristorante Toga. 86

Nota A pagina 82 la piazza del mercato, il Rynek, le case colorate Domki Budnicze e la torre del vecchio Municipio; foto di Massimiliano Rella. Premiata Salumeria Italiana, 4/12


cosa ci fa un pistacchio di bronte in un pecorino pisano? un sapore inimitabile.

custodito in una formula originale brevettata. Questo pecorino, prodotto solo con il pregiato Pistacchio Verde di Bronte D.O.P., è uno dei formaggi piĂš apprezzati dell’intera famiglia delle Delizie. La presenza dei pistacchi lo rende particolarmente adatto come aperitivo o antipasto.

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

87


Street food Una tradizione che resiste e trova nuovi estimatori

Cibi di strada di Roberto Villa

A

nche in tempi di tecnologie avanzate e di nuove tendenze, l’Italia si scopre un paese saldamente arroccato sulla sua alimentazione tradizionale: dal panino con la milza o il pane e panelle palermitani al calzone o alla trippa di strada napoletani, ai panzerotti o alle friselle col pomodoro pugliesi, al panino col lampredotto fiorentino, alle cresce farcite umbro-marchigiane, alle innumerevoli specialità emiliano-romagnole (piadine, tigelle, gnocco fritto, borlengo) variamente coniugate con ripieni di salumi o formaggi, alla farinata o alle focacce liguri, solo per citarne alcune tra le più note, è tutto un fiorire di cibi che dimostrano in maniera inequivocabile l’amore dei nostri connazionali per le saporite invenzioni che la cultura gastronomica italiana ha saputo creare nel corso della storia, spesso valorizzando ingredienti poveri. Il cibo di strada rappresenta una valida alternativa al fast food e ne costituisce in un certo senso il concorrente diretto: non cibo massificato e omologato a livello mondiale, ma alimento frutto di secolari tradizioni, abilità e interazioni con l’ambiente.

Il festival dei cibi di strada di Cesena, appuntamento fisso a inizio autunno Giungerà nel 2012 alla settima edizione il Festival Internazionale del Cibo di Strada, che si terrà nel centro storico di Cesena dal 5 al 7 di ottobre (www.cibodistrada.com). L’edizione dell’autunno scorso ha visto come ospiti la Puglia, la Sicilia e la Campania, regioni in cui il cibo di strada è un vero e proprio rito, messe a confronto con i “mangiari” di strada dell’Emilia-Romagna: piadina,

88

crescioni, gusun fret, il pesce fritto al cono, tortelli nella lastra e altri cibi di strada emiliani come la torta fritta parmense e tante altre prelibatezze originali. Secondo Roberto Burdese, presidente nazionale di Slow Food, «celebrare il cibo di strada significa anche acquisire la consapevolezza che si tratta di uno straordinario patrimonio economico, culturale, antropologico, sociale, che è minacciato e che dobbiamo in qualsiasi modo tutelare. Produrre, ma anche consumare, cibi di strada richiede oggi una responsabilità che non deve essere disgiunta dal piacere, ma non deve nemmeno essere dilazionata». L’associazione Streetfood e la mappa dei cibi di strada Dall’incontro, nel 2006, presso il Festival dei Cibi di Strada, tra Marcello Montini — docente di cucina e psicologia presso l’Istituto Alberghiero

di Pesaro — e Massimiliano Ricciarini — giornalista aretino, esperto in comunicazione e promozione turistico-enogastronomica, autore di varie pubblicazioni di settore — è nata l’idea di fondare un’associazione culturale che si occupasse di salvaguardare quel patrimonio, non solo gastronomico, che è legato alla preparazione, alla produzione e al consumo dei cibi di strada. Tra gli scopi principali dell’associazione vi sono: • dare dignità culturale alle tematiche legate all’enogastronomia fruita viaggiando, all’etica dell’alimentazione con i cibi poveri e all’artigianato connesso alla produzione di tali cibi (testi di ferro, argilla o materiale refrattario per produzione torte, piade, cialde, ecc…); • individuare i prodotti alimentari e le modalità di produzione legati a un territorio;

Fritto di pesce “da passeggio”.

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


IL SALONE INTERNAZIONALE DEL PROCESS E DEL CONFEZIONAMENTO ALIMENTARE

21-25 OTT. 2012 PARIS-NORD VILLEPINTE - FRANCIA

SCOPRITE LA FABBRICA DI DOMANI

Richiedete il vostro pass d’ingresso a tariffa preferenziale su www.ipa-web.com Saloni Internazionali Francesi S.r.l. - Tel.: 02 43 43 53 26 Fax: 02 46 99 745 e-mail: mtajroldi@salonifrancesi.it In sinergia con

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

Vc ZkZci Wn

LEGGETE IL CODICE QR

realizzare ricette di strada e/o ricette di cucina italiana moderna, contemporanea e creativa, attraverso la promozione delle stesse al ruolo di beni culturali; • l’educazione alla cultura alimentare dei cittadini, in particolare delle giovani generazioni; • la promozione di una migliore qualità della vita e delle produzioni ottenute nel rispetto della sostenibilità ambientale, della giustizia sociale e della dignità di tutte le persone coinvolte nella filiera alimentare. Tra le azioni messe in campo per dare corpo agli obiettivi sociali vi sono attività di promozione a livello locale e anche internazionale tra le “comunità del cibo”, al fine di scambiarsi esperienze, idee e modalità di comunicazione che possano determinare la valorizzazione del cibo di strada come elemento fondante della civiltà alimentare moderna. L’associazione si occupa altresì di promuovere e organizzare programmi di cultura alimentare e sensoriale diretti ai soci, a tutti i cittadini e agli operatori del settore enogastronomico. Di grande rilievo è inoltre l’attività volta all’ampliamento della conoscenza e della fruizione dei prodotti del territorio attraverso iniziative che favoriscano la riduzione della filiera distributiva, il rapporto diretto tra produttori e l’organizzazione di attività di turismo enogastronomico. L’associazione è aperta a tutti coloro — cittadini, imprenditori del settore agro-artigianale, insegnanti — che possono essere interessati a sviluppare le finalità statutarie, anche tramite la costituzione di circoli e sedi locali sul territorio nazionale. Il sito di Streetfood (www.streetfood.it) offre una mappatura dei cibi di strada, in continua evoluzione e crescita, e delle occasioni per poterli conoscere e consumare (fiere, sagre, luoghi stanziali o itineranti). Vi è inoltre la possibilità, collegandosi al sito www.limboccastrada.it, di scaricare gli eventi segnalati sul navigatore della propria automobile e diventare protagonisti di un vero e proprio turismo enogastronomico di viaggio. Roberto Villa


Locali di gusto

Giancarlo Morelli, le stagioni del risotto di Stefania Monaco

C’

è una strada fatta di chicchi di riso che conduce da Gualtiero Marchesi a Giancarlo Morelli dell’Osteria del Pomiroeu, Pometo; una strada maestra dove non c’è la possibilità di sbagliare. Giancarlo, come Gualtiero, sa cosa vuol dire fare un risotto. «Mi sento lusingato di una tale affermazione — dice Giancarlo — ma lui è il maestro di tutti noi, l’universo, io sono un pianeta al massimo». C’è un po di confusione sul risotto. Dimmi, per favore, burro o olio di oliva? «Il risotto vuole burro in quantità giuste senza prevalere. Non esiste un risotto mantecato con l’olio d’oliva, solo qualche piatto di riso con il pesce. Il risotto è la prova del nove di uno chef

italiano del nord. Momenti, colori, profumi. La pasta maritata di Gennaro Esposito non riuscirei mai a farla, devi essere nato con i piedi nel mare per esserne capace. La cucina deve essere del tuo territorio e far capire chi sei e cosa fai. Il risotto è divertente da definire in ogni stagione, cambiano le temperature al palato grazie agli ingredienti: versione primavera con menta e piselli o invernale con bitto, verza e ciccioli di maiale». Come funziona il tuo menu per stagioni? «Il menu cambia ogni 45 giorni in maniera tale che la cucina non si accasci su una quotidianità statica ma sia sempre vivace, alla ricerca di nuove cose da proporre con gioia. Ogni 45 giorni è garantita una nuova emozione».

Ancor più grande dopo la stella Michelin… «La stella mi ha reso molto felice; un traguardo e un punto di partenza contemporaneamente anche se i criteri delle stelle sono stati stravolti, visto come tutto sta cambiando, come tutto sta evolvendo o involvendo. Io sono contento perché questo riconoscimento mi ha dato coraggio e la possibilità di sperimentare ancora di più. Azzardo ed ho la possibilità di confrontarmi con i miei colleghi. Una sorta di inizio lavori anche se ho cominciato vent’anni fa. Sono contenti soprattutto i miei clienti affezionati. Ora ho la stella dello sceriffo sul petto! Probabilmente me l’hanno data perché dopo tanti anni che preparo da mangiare, qualcosa devo pur aver imparato e spero di tenermela ben stretta».

Riso Carnaroli Selezione Pomiroeu alle erbe matte con capasanta al midollo e cacao.

90

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Risotto mantecato con robiola di Roccaverano, aglio nero, limone candito e cracker di Parmigiano. Non è che ti metterai a far l’estroso scimmiottando gli stranieri e facendo mangiare erbe e terra al posto dei risotti? Guarda che ti denuncio alla commissione Scabin! «No, ma scherzi?? Io concordo con Scabin sulla questione della ristorazione. Prima gli Spagnoli e poi i Danesi ed ora chi arriverà? Un discorso che dovrebbe affrontare chi

Giancarlo Morelli.

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

scrive, i giornalisti dovrebbero fare dei corsi per esportare la nostra cucina, la nostra cultura e la nostra intelligenza. Noi non dobbiamo ascoltare gli altri, prendere delle lezioni da chi cultura di food non ne ha mai avuta. Io rispetto tutti ma mangiare una lichene crudo o un gamberetto vivo non ha nulla a che vedere con noi. Nonostante viviamo in un Paese che barcolla, noi abbiamo la cultura del cibo nel nostro DNA. Se in tutto il mondo la pasta e la pizza sono riprodotte male, dovremmo tutelare la nostra immagine ed il nostro food e non permettere che questo accada».

10 anni) ai quali ho insegnato a mangiare; hanno girato tanti ristoranti e sono molto esigenti. Di fronte al Pomiroeu ho aperto il Pomistore ovvero la scuola del cibo. Si parla di stagionalità attraverso una lavagna dove c’è un alfabeto; ad ogni lettera corrisponde un ingrediente di stagione. Si possono ordinare (a € 4,00) dei piattini con gli ingredienti scrivendo le lettere corrispondenti su un quadernino nero. Lo chef inventa dei piatti al momento con quegli elementi. Piace e funziona moltissimo e ogni volta impari quali sono gli ingredienti di stagione».

Dagli Spagnoli abbiamo imparato la tecnica, ma noi facciamo da mangiare dall’epoca dei Romani… «Al Nord Europa con quei pochi ingredienti fanno moda non cucina. La nostra cultura è una cultura che dura nel tempo. Bisogna imparare a pensare quando ingeriamo il cibo. Il cibo è un momento di gioia per pensare».

Altri progetti? «Sì, quello nuovo, in Marocco. Si chiama Pomiroeu-Marrakesh e la cucina proposta è tale e quale a quella del Pomiroeu originale, con ingredienti provenienti dall’Italia. Io sono questo!». Stefania Monaco

Per insegnare ai giovani sotto i 30 anni a conoscere il cibo tu applichi il 40% di meno sulla carta vero? «Vedi, io ho due figli (16 e

Osteria del Pomiroeu Via Garibaldi 37 20831 Seregno (MB) Telefono: 0362 237973 E-mail: info@pomiroeu.it Web: www.pomiroeu.com

91


Convegni

Grazie all’export la salumeria italiana compensa la crisi interna Un focus sulla suinicoltura italiana e le prospettive commerciali dei prodotti derivati: questo il perno del recente convegno di ASS.I.CA. a Parma. L’abbattimento delle barriere veterinarie potrebbe favorire un incremento dei prodotti esportati sia in termini di volumi che di valore. Non si può però prescindere da una maggiore collaborazione tra gli anelli della filiera di Anna Mossini

«S

olo esportando, il comparto potrà crescere». La frase potrebbe essere collocata alla fine di un discorso, in realtà si è trattato dell’incipit dell’intervento che ALDO RADICE, condirettore di ASS.I.CA. (Associazione industriali delle carni e dei salumi), ha tenuto al recente convegno sulla filiera suinicola,

andamenti economici e azioni di supporto, svoltosi presso gli spazi dell’ente Fiere di Parma. L’incontro è stato introdotto dalla presidente di ASS.I.CA., LISA FERRARINI, che, sottolineando come Parma rappresenti per i salumi quello che Milano rappresenta per la finanza, ha posto l’accento sulla peculiarità di «un settore che, nonostante le difficoltà economiche a

cui si aggiungono quelle drammatiche legate al terremoto che ha colpito l’Emilia, continua caparbiamente a credere nelle proprie capacità di produrre qualità per i consumatori italiani ed esteri». Un export da primato Nonostante le difficoltà economiche, già. Difficoltà che non stanno rispar-

Il tavolo dei relatori.

92

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


www.studioimagine.net

Il nostro prosciutto è unico come una rosa e il suo profumo P R O S C I U T TO D I S A N DA N I E L E D O P ANCORA OGGI PREPARATO ARTIGIANALMENTE

PROSCIUTTI CORADAZZI SAN DANIELE DEL FRIULI (UD) - ITALY TEL. E FAX: +39 0432 957582 info@coradazzi.it www.coradazzi.it

Shop d’Autoree ACQUISTA ON-LINE

TRASPORTO ESPRESSO CONSEGNA IN ITALIA IN 24-48 ORE


La presidente di ASS.I.CA.: «Le difficoltà devono spingere la crescita» «Il 2011 è stato un anno particolarmente complesso anche per i produttori di salumi. La crisi economica, la difficile situazione dell’accesso al credito, il calo dei consumi e gli aumenti delle materie prime sono stati tutti problemi con cui ci siamo inevitabilmente dovuti confrontare e che hanno indebolito il settore aumentando le preoccupazioni per un 2012 che si sta rivelando decisamente insidioso e incerto». Con il realismo e la determinazione di chi pur in presenza di difficoltà non intende farsi scoraggiare, la presidente di ASS.I.CA., Lisa Ferrarini (in foto durante il suo intervento), ha tracciato in apertura di convegno il quadro di una situazione complessa da cui si può uscire mantenendo però nervi saldi e grande lucidità. «In un contesto che andava progressivamente deteriorandosi — ha proseguito — le nostre imprese non sono rimaste a guardare in attesa degli eventi, hanno invece reagito riqualificando la propria offerta sul mercato interno e moltiplicando gli sforzi per cogliere le opportunità offerte dai mercati esteri, in particolare quelli extra UE. Se la crisi che stiamo vivendo, al pari di quella patita nel 2009, ci insegna che guardare lontano, oltre i confini dell’Unione Europea, e internazionalizzarsi è il migliore degli investimenti possibili, i segnali provenienti dal mercato interno non possono non spingerci a moltiplicare gli sforzi per superare questo difficile momento e tornare a crescere e a restituire fiducia ai nostri consumatori», ha concluso la presidente di ASS.I.CA.

miando nemmeno il settore suinicolo, ma che vengono in parte mitigate dagli ottimi risultati ottenuti con l’export. «Dopo un 2010 eccezionale — ha illustrato Radice — e malgrado le notevoli difficoltà legate all’andamento macroeconomico e alla crisi del debito, il settore è riuscito a cogliere un considerevole successo sui mercati esteri e a limitare le perdite su quello interno. Il fatturato ha registrato un +0,3% anche se la produzione ha segnato una flessione dello 0,8%, frenata anche dall’andamento dei consumi che hanno evidenziato un –1,9%. Un calo, quest’ultimo, che ha potuto essere compensato da un export che ha toccato in valore il

94

record storico di 1 miliardo e 40 milioni di euro (+6,8%) pari a un totale di 138.000 tonnellate di salumi, un quantitativo enorme che sul 2010 ha significato addirittura un +10,5%». E margini di miglioramento sono ancora possibili. Se soltanto si riuscisse ad abbattere le barriere veterinarie che di fatto bloccano le esportazioni verso paesi extra UE come USA, Australia, Corea del Sud, Cina, Singapore, Argentina, dove potrebbero trovare ottima commercializzazione salumi a breve e media stagionatura al pari di carne e altri prodotti freschi. «Abbiamo stimato che il danno di questa mancata commercializzazione — ha concluso Radice — sfiora i 250

milioni di euro, una cifra che, qualora si liberalizzassero gli scambi, si potrebbe realizzare già nel primo anno». Abbattere le barriere veterinarie «L’impegno di ASS.I.CA. presso il MIPAAF, affinché si arrivi ad abbattere queste barriere veterinarie, è forte; contiamo di portare a casa un risultato positivo in tempi ragionevoli». Ma se il dato dell’export fa intravedere qualche incoraggiante spiraglio, sul fronte della redditività degli allevatori la situazione è ben più complessa. «Se nell’ultima parte del 2011, complice anche un calo delle macellazioni — ha spiegato GABRIELE CANALI del CREFIS (Centro ricerche economiche sulle filiere suinicole) -— i prezzi hanno registrato una buona risalita; nei primi due mesi di quest’anno abbiamo già dovuto archiviare una diminuzione dei prezzi, a cui ha fatto riscontro, parallelamente, un aumento delle macellazioni. Questo dimostra che le criticità storiche della filiera permangono e confermano le caratteristiche di sempre: l’offerta e la domanda di suini faticano a trovare un loro equilibrio con oscillazioni che sono troppo forti. La forza della filiera risiede nei salumi che continuano a guadagnare quote sui mercati esteri, mentre per le carni fresche il problema della giusta valorizzazione rimane in tutta la sua evidenza, anche se potrebbe essere affrontato e in parte risolto con lo strumento del Sistema di qualità nazionale. Esiste un problema di governance e di coordinamento verticale — è stata l’analisi del ricercatore — che dovrebbe tradursi in una collaborazione costruttiva tra tutti gli anelli della filiera. Solo questa è la strada per competere sui mercati internazionali. Lo scontro non può servire a nulla». Via al Piano zootecnico nazionale Un export positivo, consumi interni in diminuzione, quotazioni altalenanti che hanno premiato gli allevatori negli ultimi mesi del 2011 ma che negli ultimi tempi li stanno penalizzando, al pari di quanto avviene per i macellatori, che oggi stanno registrando una migliore redditività ma che, secondo l’analisi di Gabriele Canali, non deve illudere, perché per

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


parlare di trend positivo occorrerà vedere cosa succederà nei prossimi mesi. Un quadro quindi complesso, caratterizzato anche e soprattutto dalla produzione di un suino, quello italiano, diverso da qualsiasi altro paese, visto che i nostri salumi, primo fra tutto il prosciutto DOP, si ottiene da un animale macellato al peso di 160-170 kg. In questo contesto si inserisce il Piano nazionale del settore zootecnico, realizzato dalla Borsa merci telematica italiana (BMTI) e voluto dal MIPAAF per trovare uno sbocco favorevole alle situazioni di difficoltà che tutti i comparti zootecnici italiani stanno attraversando. «Il Piano — ha spiegato nel suo intervento RICCARDO CUOMO, vicedirettore di BMTI — si sviluppa in cinque assi di intervento

2011 – Ripartizione % disponibilità al consumo salumi prosciutto cotto 25,5%

altri salumi 22,0% bresaola 1,2%

salame 8,0% prosciutto crudo 23,3%

mortadella e würstel 20,0%

2011-2010 produzione salumi (quantità e valore) 2011 (.000 t)

2010 (.000 t)

2011/2010 var. %

Quota produzione

2011 (mln €)

2010 (mln €)

2011/2010 var. %

Prosciutto crudo

308,3

307,4

0,3%

25,4%

2.258,11

2.220,5

1,7%

Prosciutto cotto

287,9

286,1

0,6%

23,8%

1.934,42

1.906,9

1,4%

Mortadella

177,0

176,2

0,5%

14,6%

681,81

672,0

1,5%

Salame

110,4

111,5

–1,0%

9,1%

914,98

921,0

–0,7%

Würstel

67,2

66,4

1,2%

5,5%

234,75

236,7

–0,8%

Pancetta

52,9

53,5

–1,1%

4,4%

242,78

240,7

0,9%

Coppa

42,7

43,5

–1,8%

3,5%

307,88

307,5

0,1%

Speck

30,6

29,5

3,5%

2,5%

304,77

292,1

4,3%

Bresaola

15,8

15,8

0,0%

1,3%

251,34

242,8

3,5%

119,0

131,3

–9,4%

9,8%

820,53

887,7

–7,6%

1.211,8

1.221,2

–0,8%

100,0%

7.951,37

7.927,9

0,3%

Salumi

Altri prodotti Totale

Per quanto riguarda i singoli salumi, prosciutto crudo e cotto hanno ulteriormente rafforzato la loro posizione di prodotti leader del settore, rappresentando insieme il 49,2% in quantità e il 52,7% in valore. Nel 2011 ambedue i prodotti hanno evidenziato rispetto all’anno precedente un leggero incremento: la produzione di prosciutti cotti è, infatti, arrivata a 287.900 t (+0,6%); quella di prosciutti crudi a 308.300 t (+0,3%). Per entrambi i prodotti si è registrato un incremento anche in valore, più sostenuto per il prosciutto crudo (+1,7% per 2.258 milioni di euro), lievemente minore per il cotto (+1,4% per 1.934 milioni di euro). In crescita anche le quantità prodotte di mortadella, salite a 177.000 t (+0,5%) per un valore di 682 milioni di euro (+1,5%) e di würstel che hanno raggiunto il ragguardevole traguardo delle 67.200 t (+1,2%) per un valore di 235 milioni di euro (–0,8%). Molto bene lo speck, che ha evidenziato una marcata crescita sia dei quantitativi prodotti (30.600 t, +3,5%) sia del fatturato (+4,3% per 305 milioni di euro). 2011 in contrazione, invece, per il salame, la cui produzione si è fermata a quota 110.400 t (–1%) per un valore di 915 milioni di euro (–0,7%). In flessione anche le produzioni di pancetta (–1,1% per 53.000 t), che ha visto però crescere il fatturato arrivato a 243 milioni di euro, e coppa (–1,8% per 42.700 t) stabile in valore (308 milioni di euro). L’anno, infine, è stato ancora faticoso per la bresaola, sempre alle prese con le difficoltà legate derivanti dall’alto costo della materia prima. La produzione nel complesso dei dodici mesi è rimasta stabile a 15.800 t, mentre il fatturato è salito a 251 milioni di euro (+3,5%).

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

95


I salumi italiani continuano a guadagnare quote sui mercati esteri (foto di Massimiliano Rella). che vanno dal supporto al credito alla creazione di un sistema di qualità nazionale della zootecnica, dalla realizzazione di una efficace campagna di promozione e comunicazione alla trasparenza del mercato, passando per la semplificazione burocratica e amministrativa».

Più credito e promozione «Il supporto al credito — ha continuato Cuomo — è senza dubbio l’asse che in questo periodo sta più a cuore alle aziende, strette nella morsa di una crisi economica senza precedenti e dalla mancanza di liquidità. A questo proposito ISMEA,

Un’opportunità chiamata take away Quali sono i comportamenti di acquisto dei consumatori italiani riguardo la carne e i salumi? E che ruolo ha in questo ambito il take away? IMMA CAMPANA, responsabile del Servizio fresco di NIELSEN COMPANY, a margine del convegno ha fornito alcune interessanti indicazioni al riguardo, partendo anche lei da un dato ormai noto e acquisito: il calo di consumi generalizzato «che nel primo quadrimestre di quest’anno — ha spiegato — ha registrato un –0,46%. Secondo le nostre indagini, nel comparto degli alimenti freschi a peso variabile calano i consumi di carne bovina (–4,5%) di frutta e verdura, di pesce fresco, della gastronomia pronta e della pasticceria, mentre aumentano quelli di carne suina (+3,1%) i salumi, le carni bianche, i formaggi e i prodotti di panetteria. Per quanto riguarda l’aumento dei prezzi dell’intero settore delle carni, ad aprile 2012 ci siamo assestati a un +2,3%, mentre per il suino l’aumento ha toccato il 4,1%». Secondo Campana i salumi venduti al taglio e il take away rappresentano ormai una realtà importante che merita di essere conosciuta, presidiata e valutata come opportunità e vantaggio competitivo. «Ogni anno le famiglie italiane, per i salumi, spendono una cifra che si aggira intorno ai 172 euro — ha analizzato — 57 sono destinati all’acquisto di prodotto a peso fisso, circa 90 all’acquisto al taglio, mentre solo 38 al take away». Come si vede i margini di miglioramento non mancano.

96

attraverso la Società gestione fondi per l’agroalimentare (SGFA), ha messo a disposizione un fondo di garanzia di 250 milioni di euro, che permetterà agli imprenditori zootecnici di ottenere agevolazioni finanziarie per investimenti a medio/lungo termine spuntando tassi agevolati. È inoltre previsto un fondo per il credito che dovrebbe essere messo a disposizione prima dell’estate e che nelle intenzioni potrebbe essere utilizzato anche a garanzia delle transazioni commerciali per tutti gli attori della filiera. Infine, sempre nell’ambito del supporto al credito, sono previsti servizi assicurativi e finanziari gestiti dalla BMTI». A queste iniziative, come riportato prima, se ne allacciano altre che riguardano la promozione e una più mirata comunicazione. «A questo proposito — ha concluso Cuomo — sono stati stanziati 550.000 euro a favore del prosciutto di Parma e San Daniele DOP per una campagna divulgativa che a settembre partirà in Germania: sono previsti assaggi e una campagna informativa mirata per dare ulteriore e maggiore visibilità al prodotto». Anna Mossini

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Francesco Pizzagalli torna alla presidenza dell’IVSI e Nicola Levoni diventa presidente ISIT FRANCESCO PIZZAGALLI è il nuovo presidente dell’Istituto Valorizzazione Salumi Italiani (IVSI). Lo ha eletto, lo scorso 13 giugno, il Consiglio direttivo dell’Istituto per il triennio 2012-2015. Il Consiglio ha anche nominato NICOLA LEVONI, presidente uscente, come vicepresidente. I consiglieri hanno ringraziato Nicola Levoni per il suo operato e per le sue doti professionali e umane che hanno favorito la crescita e il successo dell’Istituto negli ultimi sei anni e hanno dato il benvenuto a Francesco Pizzagalli. Amministratore delegato della Fumagalli Industria Alimentari Spa, ritorna all’Istituto che aveva guidato dal 2000 al 2006. È stato anche presidente di ASS.I.CA. dal 2005 al 2010. «Sono molto affezionato all’IVSI perché ci ho sempre creduto. L’Istituto in questi anni ha fatto molto per promuovere i salumi italiani nel mondo. E se oggi vantiamo un miliardo di euro di esportazioni, è sicuramente anche merito nostro» ha affermato il neopresidente IVSI. Particolare interesse sarà rivolto allo sviluppo dei nuovi mercati e il consolidamento di quelli già esistenti. «A settembre parte già una promozione in Germania, nostro principale partner europeo, che potremmo quasi considerare un mercato domestico. Sarà nostro obiettivo diffondere al pubblico tedesco i nostri nuovi valori nutrizionali» ha concluso Pizzagalli. Nel corso della riunione si è definito anche il nuovo Comitato esecutivo che è così composto: Francesco Pizzagalli (Fumagalli Industria Alimentari Spa), Nicola Levoni (Levoni Spa), Sara Roletto (Rugger Spa), Lorenzo Spada (Villani Spa), Guido Veroni (Veroni Spa). L’Assemblea dell’Istituto Salumi Italiani Tutelati (ISIT) ha nominato lo scorso 21 giugno a Modena come nuovo presidente NICOLA LEVONI, che subentra a FRANCESCO NEGRONI. Levoni ha già una vasta esperienza nel mondo consortile ed associativo. «Essere il nuovo presidente di ISIT è per me un grande onore e una grande opportunità, sia dal punto di vista professionale sia personale. Sono pronto a mettere a disposizione dell’Istituto il mio impegno e le mie competenze per consolidare il lavoro svolto da Francesco Negroni in questi anni e per far fronte ai continui cambiamenti dello scenario in cui operiamo. Tra le funzioni che caratterizzano maggiormente l’Istituto vi è il coordinamento strategico dei Consorzi aderenti, fondamentale per affrontare il mercato compatti. ISIT svolge inoltre da anni la vigilanza collettiva per quanto riguarda le possibili contraffazioni di salumi Dop e Igp» ha affermato il neopresidente. (Fonte: ufficio stampa IVSI-ASSICA)

Francesco Pizzagalli e Nicola Levoni.

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Consorzi

Qualità, export e lotta alla contraffazione Confermato alla presidenza del Consorzio del Prosciutto di Parma, Paolo Tanara ha esposto i punti cardine del suo mandato

I

l Consiglio di amministrazione del Consorzio del Prosciutto di Parma, riunitosi lo scorso 12 giugno nella sede di Largo Calamandrei, ha confermato per acclamazione Paolo Tanara alla presidenza dell’organismo di tutela che raggruppa 160 aziende produttrici di prosciutto di Parma. Paolo Tanara, 46 anni, già eletto nel 2009, vanta una vasta esperienza nel settore e una profonda conoscenza del mondo consortile. È vicepresidente esecutivo dell’azienda di famiglia TANARA GIANCARLO, che dal 1968 produce Prosciutto di Parma a Langhirano. Coniugato con due figli, Tanara è in azienda dal 1986, dove ha seguito in particolare le vendite nei mercati internazionali e ampliato gli sbocchi commerciali: la TANARA GIANCARLO è stata infatti tra le prime aziende a esportare negli USA e in Giappone, i due mercati più importanti per il Parma fuori dall’Unione Europea. La sua esperienza al Consorzio del Prosciutto di Parma lo vede consigliere ininterrottamente dal 2005. Dal 2004 al 2008 è stato inoltre membro della Commissione rilevamento prezzi carne fresca suina e salumi stagionati della Borsa Merci di Parma e di Milano; e dal 2006 al 2009 è stato capogruppo della Consulta dell’Unione Parmense Industriali delle aziende di produzione del Prosciutto di Parma. Paolo Tanara guiderà un comparto che vale 1,6 miliardi di euro e una filiera produttiva imponente, che comprende 4.300 allevamenti suinicoli, 140 macelli, 3.000 addetti alla lavorazione nella provincia di Parma,

98

e un totale di 30.000 persone che lavorano nel circuito tutelato. Lo affiancheranno in questo mandato due vicepresidenti, Nino Barazzoni e Giorgio Tanara. L’Assemblea ordinaria dei consorziati, tenutasi lo scorso 28 aprile, ha eletto anche gli altri componenti del nuovo Consiglio di amministrazione (Luca Baratta, Gianluca Canetti, Vittorio Capanna, Francesco Corbelli, Elena Dalla Bona, Pier Arnaldo Fontana, Alcide Gallina, Carlo Galloni, Romeo Gualerzi, Elio Martelli, Gianni Mozzoni, Emilio Sassi, Vittorio Simonini, Simone Trobbiani, Alessandro Utini, nonché Mauro Testa in rappresentanza degli allevatori) e ha provveduto a nominare il dott. Enrico Calestani presidente del Collegio sindacale e i dottori Matteo Chiari e Paolo Ugolotti membri effettivi dello stesso Collegio.

Dopo aver ringraziato tutti i produttori per la fiducia accordatagli, Paolo Tanara ha esposto i punti chiave del suo mandato e le attività su cui si concentrerà il Consorzio nei prossimi anni. «Il nostro principale obiettivo è e sarà sempre il prodotto — ha affermato Tanara. Continueremo a puntare sulla qualità e sulle specificità che rendono il Prosciutto di Parma così famoso e apprezzato in tutto il mondo. Soltanto facendo leva sugli elevati standard qualitativi del nostro prodotto, possiamo mostrare al consumatore la sostanziale differenza tra il Prosciutto di Parma e un prosciutto generico; l’uno naturale e genuino con indubbie garanzie di tracciabilità, l’altro un prodotto completamente diverso, senza alcuna sicurezza. Dal punto di vista quantitativo, invece, possiamo dire che il nostro

Paolo Tanara riconfermato presidente del Consorzio del Prosciutto di Parma.

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Pochi grassi, molti sali minerali, vitamine e proteine facilmente digeribili, estrema naturalità, sapore inconfondibile: queste le caratteristiche che rendono il Prosciutto di Parma un alimento adatto a bambini, anziani e sportivi. impegno sarà quello di creare coerenza tra la produzione e la possibilità di assorbimento da parte del mercato. In accordo con l’intera filiera, convoglieremo ulteriormente i nostri sforzi affinché in sede comunitaria siano identificati gli strumenti atti a regolamentare i volumi produttivi per un’efficace gestione delle produzioni DOP». Paolo Tanara ha poi ricordato la recente indagine di aggiornamento dei valori nutrizionali, che ha attestato l’estrema naturalità del Prosciutto di Parma; le sue inconfondibili caratteristiche di bontà e sapore, unite a un alto valore nutrizionale: pochi grassi, molti sali minerali e vitamine e proteine facilmente digeribili, lo rendono un alimento adatto a tutti, anche a bambini, anziani e sportivi. «Sul fronte internazionale — ha continuato Tanara — rafforzeremo la nostra presenza in tutti i mercati e valuteremo con attenzione nuovi sbocchi commerciali puntando ai Paesi extraeuropei. In questi anni abbiamo costruito la nostra crescita all’estero principalmente attraverso differenziazione dei mercati ed espansione geografica. Abbiamo cioè cercato di superare i confini europei e conquistare nuove aree. E questa si è rivelata una strategia vincente. In dieci anni l’export è aumentato del 50% passando dal 16% al 26% della produzione. Continueremo indub-

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

biamente a lavorare anche all’interno dei mercati tradizionali cercando di aumentare la nostra penetrazione in provincia, poiché la Francia non è solo Parigi e la Gran Bretagna non è solo Londra». Tanara ha poi approfondito alcuni aspetti legati ai mercati internazionali sottolineando come qui il settore alimentare di prodotti tipici sia molto complesso e coinvolga spesso aspetti culturali. Per questo sostiene che per svilupparsi all’estero e aumentare la forza di penetrazione è necessario fare sistema con le altre DOP. «Il nostro è un ruolo da protagonisti sia nelle operazioni di coordinamento in organizzazioni di rappresentanza dei prodotti a indicazione geografica, come l’Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche (AICIG) e l’Organization for an International Geographical Indications Network (ORIGIN), sia all’estero, dove siamo impegnati con progetti promozionali che ci vedono coinvolti con altre DOP» ha dichiarato il presidente. Come Legends from Europe, un programma triennale che coinvolge Parmigiano-Reggiano, Prosciutto di San Daniele, Grana Padano e Montasio in collaborazione con la UE e il Governo italiano, che prevede diverse iniziative per promuovere i prodotti dell’eccellenza gastronomica nazionale sul territorio americano; o Discover the Origin, con Parmigiano-

Reggiano e i vini Porto e Borgogna, che cerca di favorire sul mercato inglese invece la conoscenza dei prodotti DOP. «Partecipiamo inoltre alle più importanti fiere di settore a livello internazionale, come Fancy Food, Fine Food, Hofex, Anuga, Cibus, soltanto per citarne alcune». Il presidente ha poi aggiunto che tutti gli sforzi e il know-how del Consorzio saranno volti ad agevolare il più possibile le esportazioni e ad impedire che possibili problematiche doganali possano danneggiare l’espansione e lo sviluppo internazionale del Prosciutto di Parma. Il Consorzio continuerà il consolidamento del mercato italiano attraverso le attività di valorizzazione del prodotto accompagnate da iniziative rivolte al mondo dello sport e al settore medico. «Non mancheremo di prestare particolare attenzione alle collaborazioni sia con i punti vendita del dettaglio tradizionale, sia con la grande distribuzione, con l’obiettivo di far conoscere ancora meglio al consumatore le caratteristiche qualitative del nostro prodotto e incentivare gli acquisti. La grande distribuzione è in Europa il nostro principale canale, mentre nel resto del mondo collaboriamo significativamente con le catene di ristorazione. A tutto ciò affiancheremo specifiche attività di pubbliche relazioni coinvolgendo gli opinion leader e la stampa di settore per accrescere ulteriormente il valore del brand». Tra le altre priorità del nuovo Consiglio di amministrazione un ruolo di primo piano resta la tutela del nome. Saranno intensificate le azioni di repressione delle frodi, di qualsiasi contraffazione e di utilizzi illeciti della denominazione attraverso l’attività di vigilanza e predisposte attività informative a scopo preventivo per offrire ai consumatori garanzie sulla qualità e l’eccellenza del prodotto. Tanara ha concluso dicendo che cercherà di assicurare un clima di piena collaborazione sia all’interno del Consiglio di amministrazione che nell’intero comparto, per coinvolgere tutti i produttori nella difesa e valorizzazione del prodotto con orgoglio e passione. >> Link: www.prosciuttodiparma.com

99


Buon compleanno Palatipico

P

alatipico Modena Srl festeggia il primo anno di attività, essendosi costituito in data 21 luglio 2011 con atto del Notaio dott. Guido Vellani. Palatipico Modena riunisce i principali consorzi che rappresentano le produzioni agroalimentari DOP e IGP di Modena, il Consorzio dei ristoratori “Modena a Tavola” e l’incoming turistico rappresentato da ModenaTUR e si propone partner ideale per coordinare i progetti di marketing territoriale che coinvolgono tutti i consorzi. Il Consiglio di Amministrazione è presieduto da Pierluigi Sciolette, Enrico Corsini è il vicepresidente, mentre i consiglieri sono Aldemiro Bertolini, Franco Buontempi, Anselmo Chiarli, Sabrina Federzoni, Cesare Mazzetti, Davide Nini, Paolo Reggiani, Eros Valenti. Per la promozione del territorio verrà utilizzato il naming “Piacere Modena” by Palatipico perché si desidera comunicare il grande valore che hanno i prodotti agroalimentari DOP e IGP in quanto si ritiene che hanno più cose da raccontare: da dove provengono, in quale modo sono prodotti, lavorati, trasformati, confezionati, quali sono le caratteristiche e le peculiarità che

Le eccellenze agroalimentari del territorio modenese. li differenziano dalle produzioni a standard industriale. L’Aceto Balsamico DOP e IGP, il Lambrusco, il Parmigiano-Reggiano, il Prosciutto, il Cotechino e lo Zampone, la confettura di Amarene brusche, sono tutti prodotti legati alla tradizione, alla cultura di un territorio, appartengono quindi all’intera collettività modenese che ha avuto la determinazione e

Produzioni Dop Vini Lambrusco di Sorbara Lambrusco Salamino di Santa Croce Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Lambrusco di Modena Reno Colli Bolognesi Condimenti Aceto Balsamico Tradizionale di Modena Carni e salumi Prosciutto di Modena Salami Cacciatori Italiani Formaggi Parmigiano-Reggiano

100

la capacità di valorizzare i prodotti agroalimentari non riproducibili al di fuori della zona dove gli stessi prodotti hanno avuto origine o acquisito una chiara fama. “Piacere Modena” by Palatipico esprime quindi le eccellenze DOP e IGP che qualificano e valorizzano l’accoglienza nel nostro territorio. Ermi Bagni Direttore Palatipico Modena Srl

Produzioni Igp Vini Emilia Bianco di Castelfranco Emilia Condimenti, salse, ecc… Aceto Balsamico di Modena Confettura di Amarene Brusche di Modena Carni e salumi Zampone di Modena Cotechino di Modena Mortadella Bologna Produzioni vegetali: frutta Pera dell’Emilia-Romagna Ciliegia di Vignola

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


ANTICA CORTE PALLAVICINA Ristorante “AL CAVALLINO BIANCO” 43010 Polesine Parmense (PR) Tel. 0524 96136 – Fax 0524 96416 www.acpallavicina.com

Nel 1905, nostro nonno Spigaroli Luigi riesce a diventare fittavolo dell’Antica Corte Pallavicina. Il vecchio castello eretto nel 1400 dai Marchesi Pallavicino, trasformato nel 1700 in azienda agricola, è situato sulla riva del Po. Nascono sei figli e l’ultimo, nel 1916, è nostro padre Spigaroli Marcello. Egli diceva che nel castello si stava bene, avevano il traghetto sul fiume, in estate curavano il podere, allevavano come sempre parecchi maiali che in inverno macellavano e facevano i salumi. Salumi che venivano venduti, da prima interi, ai passeggeri del loro traghetto poi, in seguito, al sorgere di una prima baracchetta di legno in riva al Po, affettati insieme al pane, a coloro che, sulle rive del fiume, si recavano in passeggiata anche dai paesi vicini. Da quella baracchetta successivamente ampliata, ma sempre in legno, e divenuta il “Lido di Polesine”, nel quale si ballava e si facevano merende, trarrà origine, dall’immane sforzo congiunto della zia Emilia e dei nostri genitori, il ristorante “Al Cavallino Bianco”. Di posti come il vecchio castello in riva al fiume non ne esistono quasi più, con muri di oltre un metro di spessore, con cantine stupende dove i marchesi stagionavano i loro salumi che inviavano agli Sforza a Milano. Infatti più i salumi e i culatelli sono vicini al grande fiume e più sono buoni!! Tutti quei racconti non li abbiamo mai dimenticati e quando dieci anni fa viene venduta la vecchia Corte Pallavicina decidiamo di acquistarla, con grandi sforzi economici, per poter continuare come il bisnonno, il nonno, il papà a fare dei salumi unici, non sintetici, che mangiandoli scopri da dove vengono e chi li ha fatti. Del resto alla nostra famiglia il senso del buono l’ha insegnato una persona che di cose buone se ne intendeva e noi non ce la sentivamo proprio di lasciar Premiata Salumeria Italiana, 4/12 101 perdere tutta questa esperienza. Massimo e Luciano Spigaroli figli di Marcello.


Rassegne Aria di festa 2012: 6% in più di visitatori rispetto alla passata edizione

Tifo da stadio per la Nazionale e il Prosciutto di San Daniele

U

n vero tifo da stadio ha segnato la chiusura della 28ª edizione di Aria di festa, la grande kermesse annuale che celebra il Prosciutto di San Daniele e che per quattro giorni ha animato la cittadina friulana, trasformatasi in un vero e proprio laboratorio gastronomico a cielo aperto. Non solo per la nostra Nazionale di calcio, seguita in diretta la sera di domenica 24 giugno grazie a due maxi-schermi sistemati in piazza IV Novembre, ma anche per il prosciutto di San Daniele DOP, perfetto portabandiera dell’Italia gastronomica nel mondo. Sul palco per il taglio del nastro è salita ELEONORA DANIELE: la popolare conduttrice televisiva ha

raccolto il testimone di madrina di Aria di festa gustando la prima fetta di San Daniele al termine di un interessante vis-à-vis con DAVIDE PAOLINI, il direttore generale del Consorzio del Prosciutto di San Daniele MARIO CICHETTI e il presidente VLADIMIR DUKCEVICH. Ad attrarre in massa fan del prosciutto, appassionati gourmet, turisti e curiosi (quest’anno il 6% in più rispetto alla passata edizione della festa) ha pensato poi il ricco programma della festa. Seguitissimi i corsi di cucina all’insegna della creatività dello chef Daniele Cortiula, durante i quali il San Daniele è stato abbinato ai prodotti più diversi del territorio friulano. Lezioni di taglio e laboratori di degu-

stazione hanno permesso di riscoprire la qualità unica del famoso prosciutto DOP e di abbinarlo ai migliori vini del Friuli Venezia Giulia. «A San Daniele fin dal 1985 viene realizzata Aria di festa proprio per promuovere il prodotto nel suo territorio di origine» ha dichiarato Mario Cichetti. «Riteniamo sia molto importante coniugare in chiave sinergica il turismo e i prodotti tipici. Nel nostro caso San Daniele significa un territorio unico, prodotti tipici, manifestazioni culturali di alta qualità, inseriti nel contesto storico e artistico della nostra città. Questi sono e dovranno continuare ad essere la forza attrattiva di San Daniele e del suo territorio».

Vladimir Dukcevich ed Eleonora Daniele tagliano la prima fetta di San Daniele. Sul palco anche Davide Paolini.

102

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


L’Italia dei vini autoctoni torna in scena a Bolzano il 22 e 23 ottobre Due giornate per degustare eccellenti vini autoctoni italiani: Autochtona 2012, il 9° Forum nazionale dei vini autoctoni, si svolgerà il 22 e 23 ottobre a Fiera Bolzano, in contemporanea con Hotel, la Fiera internazionale specializzata per alberghi e gastronomia. Lo svolgimento della manifestazione in due giorni, con la collaborazione di AIS-Associazione Italiana Sommeliers, rappresenta un modo per venire sempre più incontro alle esigenze degli espositori e dei visitatori professionali, che potranno concentrare la loro presenza a Bolzano in un periodo più breve. Autochtona conferma quindi un approccio orientato ai vitigni autoctoni più ricercati o antichi, spesso legati a micro-territori, trovando conferma anche nei numeri. Confermando per il terzo anno il restrittivo regolamento, Autochtona rappresenterà una vetrina per le etichette italiane con una percentuale di vitigno autoctono di almeno il 95%. La partecipazione è riservata ad aziende con una produzione limitata, ai consorzi e agli enti di tutela e valorizzazione. Tra gli appuntamenti più attesi, la selezione “Autoctoni che passione!”, durante la quale una giuria di wine journalist e riconosciuti esperti valuterà le etichette degli espositori e attribuirà gli Autochtona Award in sei categorie. Dopo il successo dell’anno scorso, torna l’omologa rassegna “Tasting Lagrein” che assegnerà i Lagrein Award. >> Link: www.autochtona.it

Grandi chef e nuove tendenze della gastronomia internazionale al Salone del Gusto e Terra Madre, 25/29 ottobre Lingotto Fiere Torino Salone del Gusto e Terra Madre rappresentano un palcoscenico privilegiato sul quale ogni due anni migliaia di persone assistono allo spettacolo di grandi chef provenienti da tutto il mondo che presentano i propri piatti simbolo, ripercorrono la storia della propria cucina, raccontano innovative tecniche testimoniando con il loro lavoro il grande fermento che percorre il mondo della gastronomia a livello internazionale. Ecco alcuni tra i protagonisti in programma: • la grande cucina del Nord sbarca a Torino con lo svedese Magnus Nilsson, chef del Faviken Magasinet, nello Jämtland, in un Teatro del Gusto profumato da bacche, erbe, fiori e licheni; • tra i Laboratori, antiche tecniche rinnovate e nuovi metodi di manipolazione sono alla base dell’appuntamento con Lars Williams, direttore del Nordic Food Lab, l’istituto fondato da René Redzepi, chef del Noma di Copenaghen, e dall’imprenditore gastronomico Claus Meyer; in assaggio, il profumato e delicato gelato di alghe; • la storia della cucina italiana è raccontata in quattro Teatri del Gusto che prendono spunto dal libro Cronache golose, di Marco Bolasco e Marco Trabucco, edito da Slow Food Editore, con Fulvio Pierangelini, Davide Scabin, Valentino Marcattilii e la famiglia Iaccarino che preparano i piatti simbolo dei loro ristoranti; • per gli Appuntamenti a Tavola — in prestigiosi ristoranti di Torino e dintorni e nelle migliori cantine di Langa — attesa anteprima, mercoledì 24, con Davide Scabin, che mette in scena la Piola Combal, tovaglie a quadretti e posateria pesante per una cucina fedele alla tradizione, ma con un tocco d’autore; • chi del Piemonte preferisce la tradizione in purezza non rinuncerà al menu stellato di Renzo e Giampiero Vivalda, dell’Antica Corona Reale di Cervere (CN), che celebra 200 anni di storia. Evento top, l’Appuntamento a Tavola al ristorante Guido Pollenzo con Ugo Alciati e Mary Barale, già chef del Rododendro di Boves (CN), che si riuniscono per omaggiare la grande cucina di territorio. Da non perdere i tre Appuntamenti a Tavola per esplorare la tendenza dei neo-bistrot francesi: da Parigi, Noriaky Tamizane e Giovanni Passerini per il ristorante Rino, e Raquel Carena del Baratin; da Dijon David Zuddas del DZ’envies. Infine, la proposta di 4 giovani (e talentuosi) chef principalmente pensata per il pubblico giovane del Salone del Gusto e Terra Madre: Lorenzo Cogo del ristorante El Coq a Marano Vicentino (VI), Damiano Donati del Serendepico a Gragnano di Lucca (LU), Juri Chiotti del ristorante Antiche Contrade di Cuneo ed Enrico Panero del Marin di Eataly Genova. >> Link: www.salonedelgusto.it

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

103


Cose in tavola: i menu filosofici di Tullio Gregory Al Festivalfilosofia 2012 un percorso gastronomico verrà proposto in quasi 60 ristoranti ed enoteche di Modena, Carpi e Sassuolo. Non mancherà la “razionsufficiente”, il cestino per pranzare e cenare a € 4,50

S

ono “le cose” gli ingredienti dei nove “menu filosofici” ideati da Tullio Gregory che verranno proposti dal 14 al 16 settembre in quasi 60 ristoranti ed enoteche di Modena, Carpi e Sassuolo. L’iniziativa, ormai consolidata, sottolinea la centralità del convito nella civiltà umana e ne celebra gli artefici di cucina e di bottega. Tullio Gregory firma la sezione “cucina filosofica” del Festivalfilosofia fin dalla prima edizione. Già professore di Storia della Filosofia alla Sapienza di Roma, fondatore del Centro Studi del CNR sul Lessico intellettuale europeo, direttore dell’Enciclopedia Italiana di scienze, lettere e arti, edita dall’Istituto Treccani, membro del Comitato scientifico del Festivalfilosofia e noto gourmet, Gregory ha ideato menu per pranzi e cene filosofici all’insegna della tradizione e a

104

partire dai prodotti tipici modenesi e della cucina dell’Emilia-Romagna. Spiega Gregory: «Felice chi ha potuto conoscere le cause delle cose, canta Virgilio, riproponendo un ideale — e una ricerca — che ha accompagnato sempre l’umano pensiero. Noi, volendo evitare di perderci in sentieri che non conducono da nessuna parte, più terrigni, alla ricerca delle cause, che certo impegnerà nobili spiriti nel corso del Festivalfilosofia, abbiamo preferito il gusto delle cose: soprattutto colte nella loro stabilità, nel loro giacere, seducenti, sulle nostre tavole, per divenire oggetto di esperienze tutte sensoriali, come si addice all’uomo che non vuole sfuggire al suo essere nel mondo». Da qui l’idea di articolare i menu filosofici traducendo i vari temi di cui si parlerà nei giorni del festival — tutti molto appetibili, ma non

sempre commestibili — in gustose realtà create dalla tradizione enogastronomica emiliana. Ecco dunque servito in tavola il Patrimonio dell’umanità dei grandi bolliti e il relativo brodo accompagnato da tortellini e passatelli, le fritture che trasformano tutto in oro mostrando il loro carattere di Feticci e fatticci, e poi la Res absoluta per eccellenza della tavola modenese, il maiale, declinato in diverse portate: tigelle, gnocco fritto, prosciutto e affettati misti, gramigna con salsiccia, coppa arrosto, radicchio con pancetta e Balsamico tradizionale, per finire col salame, stavolta di cioccolato. Non ti farai idoli è il menu dedicato ai vegetariani, dove si comincia con l’erbazzone e si finisce con il mirtillo nero dell’Appennino, passando per i tortelli di zucca e il tortino di patate di Montese.

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Agli smemorati si consigliano Le Cose che vivon nell’acqua, ricche di omega-3 e di fosforo, ovvero acciughe, tonno, baccalà, aringhe e pesce gatto cucinati secondo ricette rigorosamente emiliane. Le cose prime e ultime non vogliono evocare temi apocalittici, bensì proporre i classici primi piatti della cucina emiliana e i suoi dolci, dai maccheroni alle tagliatelle al riso fino al bensone e alle altre torte tradizionali. Res venatoria, con lepri, fagiani e conigli, racchiude le migliori proposte per chi ama la cacciagione, così come Soggetti e oggetti volanti si concentra sui volatili proponendo come piatto forte un gran misto di arrosti di piccione, faraone e anatre. Un menu più semplice ma altrettanto saporito è il Gusto delle piccole cose, pensato per le enoteche, dove i pasti sono più rapidi, all’insegna di Parmigiano Reggiano, pecorini di

collina, affettati e lambruschi modenesi, per chi è comunque alla ricerca di cose, non di parole. Razionsufficiente Non manca una soluzione veloce ed economica per pranzare e cenare, che permette di seguire i ritmi delle lezioni magistrali e di assaporare piatti e prodotti tipici della provincia di Modena. È la “razionsufficiente”, in vendita a € 4,50 nei giorni del Festivalfilosofia: un primo caldo, un secondo di carne o pesce, un contorno di verdura o legumi, pizze o panini con misti di formaggi o di affettati, frutta, dolce e acqua: tanti mix secondo la fantasia della bottega. Il cestino del pranzo è in vendita a Modena al mercato coperto Albinelli, vicino a piazza Grande, a Carpi al Circolo culturale Mattatoio, vicino a Piazzale Re Astolfo, e a Sassuolo in

Tullio Gregory all’edizione del Festivalfilosofia del 2011. diversi esercizi tra Piazzale della Rosa e Piazza Garibaldi. >> Link: www.festivalfilosofia.it

Cucina filosofica 2012 1. Patrimonio dell’umanità Passatelli o tortellini in brodo Bollito misto Cipolline in agrodolce Purè di patate Saba Zuppa inglese o Croccante del Frignano 2. Feticci e fatticci Maccheroni al torchio con salsiccia o Strichetti prosciutto e piselli Fritto misto all’italiana Crostata con amarene brusche di Modena IGP 3. Le cose prime e ultime Maccheroni al pettine con ragù di anatra Tagliatelle ai funghi porcini Riso con la salsiccia Bensone Torta di tagliatelle Pesche al cioccolato 4. Non ti farai idoli Erbazzone Tortelli di zucca o Tortelli con le erbette

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

Gnocchetti verdi di patate Fagioli bianchi di Spagna in umido o Tortino di patate di Montese Spinaci burro e parmigiano Mirtillo nero dell’Appennino 5. Le cose che vivon nell’acqua Spaghetti con le acciughe Polpettone di tonno o Frittelle di baccalà Aringa con patate bollite o Pesce gatto in umido Radicchi verdi dell’orto Fragole all’ABTM 6. Res absoluta Tigelle al lardo e gnocco fritto Prosciutto di Modena Dop e affettati misti Gramigna al torchio con salsiccia Coppa di maialino arrosto Radicchio verde con pancetta e ABTM Salame di cioccolato 7. Res venatoria Tagliatelle al ragù di lepre Coniglio alla cacciatora

Lepre in stufato o Fagiano arrosto Insalata verde Pere al lambrusco 8. Soggetti e oggetti volanti Zuppa di cipolle o di verdure Gran misto di arrosti: piccione, faraona, anatra Friggione o Patate al forno con rosmarino Tortelli dolci fritti col savòr 9. Il gusto di piccole cose (menu per enoteche) Stria, gnocco al forno e pane comune Prosciutto di Modena Dop e affettati misti Parmigiano Reggiano 36 mesi, pecorini e ricotte fresche dell’Appennino Pere dell’Emilia Romagna Igp e confettura di amarene brusche di Modena Igp Selezione dei Lambruschi Doc modenesi (Sorbara, Castelvetro e Salamino di Santacroce) e di bianchi modenesi (Trebbiano e Pignoletto).

105


Formaggio

Decalogo per un promoter di formaggi di Raffaele Bertolini

U

na delle cose che ho imparato dalle mie svariate esperienze lavorative è che da ognuna di esse si può trarre un insegnamento. E quest’ultimo lo si può, per così dire, decontestualizzare e applicare in situazioni nuove, con il risultato di riuscire a gestirle con maggiore sicurezza. Scendendo nel concreto vi propongo una breve esperienza personale in qualità di promoter per un’azienda locale produttrice di formaggi, anche a denominazione protetta, presso un centro commerciale dell’Alta Italia in cui la clientela è per metà italiana e per metà straniera, trovandosi in una zona prettamente turistica. Possiamo suddividere la clientela in tipologie umane ed in base ad esse calibrare l’approccio del promoter. In termini generali il primo impatto con il cliente è decisivo: se si sbaglia la prima mossa probabilmente si perde la partita. Non so se sia così anche negli scacchi, ma sicuramente

106

dopo un inizio incerto è molto difficile recuperare. Per cui bisogna partire con il piede giusto. La difficoltà sta nel riuscire ad indovinare che tipo di persona abbiamo davanti. A me personalmente non è mai piaciuto propormi secondo schemi fissi: mi piace provare, cambiare, rischiare. E il rischio comporta incertezza della riuscita. Ma, in fin dei conti, chi non rischia di suo finisce per camminare nel solco tracciato da altri. Quindi possiamo classificare la clientela in base a dei gruppi, perché questo torna utile per riuscire ad indovinare nel più breve tempo possibile a che tipo di persona cerchiamo di vendere il prodotto: 1. le famiglie con i bambini. Le strade che si possono percorrere sono due: o si tenta un aggancio con i genitori o con i bambini. Di solito i genitori arrivano nell’area vendita zavorrati e trafelati, con gli occhi sgranati che scannerizzano i cartelli promozionali

e con la prole più o meno chiassosa che segue; un tentativo di arrestare questo treno in corsa finirebbe probabilmente come un’immolazione. Se si tenta di rimediare ad un “no, grazie” dei genitori rivolgendosi ai bambini offrendo loro un assaggio del prodotto, probabilmente seguiranno l’esempio dei genitori, anche se il più delle volte loro malgrado. La via migliore e più fortunata è quella di rivolgersi prima ai bambini; i genitori solitamente cercano di accontentarli, e se i bambini gradiscono il prodotto, è quasi automatico il suo acquisto. Si chiama “ruffianeria”, ma fa parte del gioco… 2. i coniugi anziani. Da un punto di vista storico-sociale-sanitario sono i clienti migliori. Se li lasci fare, fanno tutto da soli. Si fermano, salutano, assaggiano e cominciano a parlare di sé: il prodotto che stanno assaggiando

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


“Il primo impatto con il cliente è decisivo: se si sbaglia la prima mossa probabilmente si perde la partita. Non so se sia così anche negli scacchi, ma sicuramente dopo un inizio incerto è molto difficile recuperare. Bisogna partire con il piede giusto. La difficoltà sta nel riuscire ad indovinare che tipo di persona abbiamo davanti” è solo la miccia che ha scatenato quel logorio di vicende personali, che immancabilmente finiscono in una dispiaciuta confidenziale ammissione di essere vittime di una guerra tra il volere e il potere: vorrebbero prendere tutto, ma… il colesterolo li tiene d’occhio e non perdona. Per cui, grazie e arrivederci. Ma il promoter sa far leva sulle debolezze umane, e tra queste sulla golosità… Perciò, a queste persone proponiamo un prodotto che nuoce molto poco alla salute e che attenua quel senso di insoddisfatto bisogno di appagamento. Nel frattempo, mentre i nostri arzilli ottuagenari ci raccontano dell’ultima operazione subita, la nostra postazione viene circondata da uno stuolo di

clienti voraci e curiosi, che approfittano della nostra apparente distrazione per fare incetta delle nostre leccornie. A loro insaputa i nostri coniugi hanno fatto da esca; ora li possiamo congedare e lentamente, senza spaventarli, avvicinare i divoratori per fare il nostro dovere: vendere; 3. la coppia di innamorati. Solitamente sono ben propensi a prestare un po’ del loro tempo prezioso alla causa gastronomica, anche perché il cibo, è risaputo, ben si sposa con tutto ciò che ha a che vedere con l’amore e la passione. Bisogna però tenere sempre presente che in questa fase della vita la donna dà molto peso al contenuto calorico dei suoi piatti, se non altro per il fatto di

mostrare al compagno di tenere in considerazione le sue aspettative estetiche: per cui per partire con piede sicuro meglio usare l’aggancio light, nel senso di evitare di offrire un prodotto caratterizzato da un’alta percentuale di grassi, bensì proprio il contrario. Nella coppia di innamorati il maschio tendenzialmente lascia la decisione sull’acquisto alla donna; esattamente il contrario di quanto succede alla coppia di coniugi anziani: forse una rivincita al 90° minuto dell’orgoglio maschile; 4. la signora in carriera che fa la spesa da sola. Bisogna utilizzare l’astuzia più fine e la seduzione più giocosa. È il cliente più difficile per antonomasia: cammina veloce, sguardo diritto, labbra tese e davanti a sé il carrello che le spiana rumorosamente la strada. Per fermare un bulldozer non serve schierarcisi davanti: verremmo calpestati senza indulgenza. Evitate l’arma dell’elogio. Vi si ritorcerebbe contro. L’astuzia ci insegna ad adescarla con il gadget: un bicchiere in regalo, un set di posate, un calendario, ecc… Ogni frivolezza può funzionare. In

Ampia scelta di formaggi piemontesi (foto: Andrea Pellati).

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

107


Formaggi e marmellata, un’accoppiata sempre molto appetitosa. questo caso il prodotto passa in secondo piano: il gadget è l’esca; 5. l’uomo vestito in giacca e cravatta. Passiamo oltre. Non mangia. Non si nutre. Vive di telefonino e impegni di lavoro. Raramente profonde soddisfazione in chi fa questo lavoro. In questo caso la tattica giusta è ignorarlo: il suo ego ferito lo porterà a noi e lo consegnerà nelle nostre mani. A quel punto dovremo ricordarci di essere pietosi e di servirlo con garbo e umiltà. 6. Il manovale. Finalmente si lavora!!!! Ottimo cliente. Ha mani robuste che possono trasportare più

108

merce di qualsiasi altro. Generoso nell’acquisto perché pensa per sé, ma anche per la moglie e per i figli. Non teme il colesterolo, anzi lo affronta spavaldamente. Solitamente disponibile alla battuta, spesso si finisce per affezionarcisi; 7. La casalinga. Come si fa a distinguere una casalinga da una donna in carriera? Dallo sguardo: nel primo caso è innocente, si libra e si posa su tutte le cose senza indugiare troppo a lungo. Il sorriso precede il contatto visivo. Non ha fretta ed è disposta a fermarsi per assaggiare e conoscere il prodotto. Vulnerabile all’elogio: che, tradot-

to per i meno smaliziati, significa che accetta di buon grado lodi varie e complimenti. Un complimento al vestito, ai capelli, al trucco è il metodo più rapido e sicuro per vincerla. Mostra interesse all’aspetto dietetico del prodotto ed anche a quello produttivo, sempre che non si entri troppo nello specifico e nel tecnico, nel qual caso comincerebbe a dare segni di insofferenza scuotendo la testa; 8. Il gruppo di ragazzi. Appena compaiono all’orizzonte è meglio correre ai ripari e mettere al sicuro i nostri assaggi. Sono voraci divoratori di qualsiasi cosa edibile. E sono sfacciatamente svergognati. In questo caso dobbiamo accontentarci di essere riusciti a minimizzare le perdite; 9. Lo straniero in vacanza. Solitamente si presenta con la famiglia. Curioso sin dalla nascita, lo diventa ancor di più in vacanza, considerata da molti come un’occasione di scoperta. Se proviene dai Paesi del Nord Europa, ha un buon portafoglio e non ha timore di spendere per portare a casa qualcosa di tipico italiano. Se proviene da Paesi del Sud Europa o da aree disagiate… beh, in quel caso, il prezzo del prodotto è decisivo. Sono i più disponibili allo scherzo, soprattutto se tedeschi, danesi o olandesi. Non dipende tanto da loro quanto da noi: ci considerano alla pari dei menestrelli… 10. L’autotrasportatore straniero. Il più delle volte è corpulento e di buona statura e questo declina a nostro favore, perché probabilmente non ha problemi di salute oppure non li considera così importanti. Avendo spazio in abbondanza sul mezzo, fa incetta di cartoni di vino, formette di cacio e di tutto ciò che può essere rivenduto con un certo guadagno oltre frontiera. Rivenduto a parenti e amici, ovviamente. Questo decalogo, naturalmente, non è esaustivo, in quanto, al contrario delle altre specie viventi minacciate di estinzione, la specie umana è vive e vegeta e in continua mutazione. Raffaele Bertolini

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Premiata Salumeria Italiana, 4/12

109


Oreficeria casearia: il pannerone

Dal cilindro non spunta un coniglio, ma quell’occhiatura che sa di buono 150 litri di latte per ottenere una forma di 12 chili, crosta giallognola, friabile, fittamente bucherellato e assolutamente senza sale. È il pannerone, formaggio antico che sopravvive grazie al Caseificio Carena di Fabio Butturi

V

i sembrano pochi venti centimetri per un cilindro? Forse, ma non stiamo parlando del copricapo di Abraham Lincoln e Fred Astaire.

Del resto il diametro la dice lunga, 30 centimetri. Cifre che infatti non forniscono l’identikit dimensionale di un macrocefalo, ma identificano una eccellenza della tradizione gastro-

nomica lombarda. Stiamo parlando del pannerone, termine riferibile a panéra, che nel dialetto locale da il nome alla panna. E l’aggettivo “locale” è qui sinonimo di lodigiano; per

Crosta giallognola, pasta molle e cruda dalla caratteristica occhiatura: è il pannerone, dal termine dialettale “panéra” che indica la crema del burro. Per il taglio, coltelli banditi! Si usa solo l’apposito filo, per evitare di spappolare la pasta.

110

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


dirla tutta, la roccaforte di questo formaggio non è il capoluogo, fondato da Federico Barbarossa sulle rovine di Laus Pompeia, celebre per il variegato patrimonio lattiero caseario e sede del Parco tecnologico padano, ulteriore testimonianza della vocazione agroalimentare del territorio. E non siamo nemmeno a Casalpusterlengo, l’epicentro della produzione di pannerone prima della Grande Guerra. Per la precisione ci troviamo nel comune di Caselle Lurani, a una quindicina di chilometri da Lodi, al Caseificio Carena Angelo e figli. Questa saga del gusto parte proprio da Angelo Carena, provetto casaro a domicilio, prestatore di un’opera antica e artigianale a disposizione di tutte le cascine che l’avessero richiesta. La svolta è datata 1924, con il big bang del caseificio di Caselle Lurani: perché parcellizzare quel patrimonio di competenze quando era possibile capitalizzarlo in una sola sede? E così si concluse il nomadismo del signor Carena, appena fuori l’abitato, dove alla struttura per realizzare con le proprie mani gorgonzola, mascarpone e pannerone affiancò un allevamento di circa 900 maiali. Ma la straordinaria risorsa del caseificio, allora come oggi, resta il formaggio della panéra, che in attesa della denominazione di origine protetta, in sostanza dell’investitura ufficiale europea, deve la sua salvezza (e salvaguardia) alla deroga straordinaria della regione Lombardia DM 8 settembre 1999 n. 350 e, a livello nazionale, dal DM 18 luglio 2000, GU n. 194. Tradizione è la parola d’ordine. Gli ingredienti e la dosatura sono rimasti pressoché invariati; il caseificio lavora a livello artigianale e non intende snaturare il format. L’azienda agricola De Vizzi, un paio di chilometri in linea d’aria, fornisce quotidianamente circa ventidue quintali di latte solo per il pannerone, consegnato puntualmente tra le 17 e le 17:30, che valgono una ventina di forme. Conclusa la filiera produttiva arriva infatti a pesare sui dodici chili e assorbe centocinquanta litri di latte per potersi manifestare nella forma cilindrica da venti centimetri di altezza (o “scalzo”) e diametro

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

Fasi di produzione del pannerone.

111


Il pannerone, di cui il caseificio Carena è rimasto l’unico produttore, si distingue dalla generalità di formaggi italiani per non essere sottoposto a nessun trattamento di salatura e per le elevate temperature di maturazione. L’azienda Carena oggi produce anche crescenza, primo sale, ricotta, taleggio, caciotta, mascarpone. di venticinque-trenta. La pasta è morbida, di un bianco paglierino, ed è protetta dalla crosta giallastra, talvolta sfumata nel rosaceo, decisamente friabile. Appena “divelta” la tenera patina giallognola balza subito agli occhi la caratteristica morfologica più evidente di quello che è stato definito anche il “gorgonzola bianco”: la densità di bollicine della pasta, tutti quei buchi che costituiscono “l’occhiatura”. La ragione è ascrivibile all’aria, che scaturisce dalla duplice fase della fermentazione, lattica prima e alcolica poi, che avviene durante la cosiddetta stufatura. Il pannerone matura in modo singolare, rispetto agli altri formaggi, grazie a una microflora (batteri lattici, coliformi e lieviti) che sono i veri “mandanti” della alveolatura. Ma come nasce questo formaggio grasso dal sapore butirroso, dalle note dolci eppure amarognole, dal profilo organolettico che ne fa uno squisito e irripetibile ossimoro? Per intenderci, prima di svelare la genesi, per

112

ossimoro ci si riferisce al contrasto tra il morbido approccio cremoso e il retrogusto mandorlato che conferisce l’altro termine dell’ossimoro, ossia quanto c’è di amaro nel sapore. Altra informazione propedeutica sull’identità del pannerone riguarda l’assoluta assenza di sapidità: il sale è infatti categoricamente bandito, tanto da eleggere il “gorgonzola bianco” a formaggio amico dei diabetici. La ricetta si tramanda dagli albori, cioè dal Medioevo, ed eccitò i sensi addirittura di Napoleone, forse in ragione delle virtù afrodisiache, dovute all’alto contenuto di alcool e fosforo. Ma diamo un occhio all’orologio, e immaginiamo che siano le diciassette. Come anticipato è l’ora in cui il latte non pastorizzato di De Vizzi arriva a Caselle Lurani, e viene immediatamente coagulato a 28-30 gradi, con cinquanta grammi di caglio liquido per ettolitro. La rottura della cagliata dura una quarantina di minuti, la cui frammentazione in grumi dalla circonferenza di una noce permette di trattenere

l’umidità. Rivoltata la superficie con la spannarola, si rompe ulteriormente la cagliata in grumi ancora più piccoli e si preleva il siero con i ramin, le apposite bacinelle, e, scuotendo la massa, si estrae la cagliata mediante tele dette “patte”. A questo punto fagotti dal peso approssimativo di otto chili vengono “pescati” e posizionati in una caldaia a sgocciolare, sistemati su un piano inclinato, per far scorrere il siero residuo, e, asciugati al punto giusto, vengono sbriciolati e depositati nelle fascere cilindriche, rivoltate a tempo debito per evitare naturali deformazioni convesse. Il giorno dopo comincia finalmente la stufatura, che dura cinque-sei giorni; completata la maturazione, le forme riposano a otto-dieci gradi per otto giorni. Non resta quindi che venderle, non prima di averle tagliate con l’apposito filo (i coltelli sono banditi), per evitare di spappolare la pasta. Si ritorna ancora alle origini rurali per capire come esaltare il sapore “duale” di questo formaggio: gli abbinamenti ideali sono con le pere cotte, l’uva, le noci, il miele aromatico, le mostarde alla senape. Come sulle tavole basso-padane delle famiglie allargate, qualche secolo fa. Accolto nell’empireo dei presidi Slow Food nel 2003, il pannerone non è solitario nello spaccio dei Carena, aperto tutti i giorni, tranne la domenica, dalle 15 alle 19:30, il sabato anche la mattina, dove le nipoti di Angelo, Maria Cristina e Maria Vittoria, affettano e confezionano oltre ai citati gorgonzola e mascarpone, prodotto da novembre a marzo, le circa cinquanta forme di taleggio, da 2,3 chili l’una, la crescenza, in pezzi da 250 grammi, e la ricotta, ricavata dal siero di pannerone. Perché non solo del maiale non si butta via niente. Fabio Butturi Caseificio Carena Angelo & Figli Snc Via Pozzo Bonella 7 26853 Caselle Lurani (LO) Telefono: 0371 96054 Web: www.caseificiocarena.it Nota Foto di Elisa Canfora.

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Haripro, leader in Italia nella produzione di proteine e aromi naturali, fornisce le pi첫 importanti aziende produttrici di ingredienti per la salumeria. Haripro grazie ad una continua ricerca, ha sviluppato negl'anni prodotti sempre pi첫 all'avanguardia, come proteine funzionali ed aromi naturali anallergici ad alto valore nutrizionale. Haripro is a leading producer of proteins and natural flavours in Italy. It supplies the most important Companies which blend ingredients for the meat industry. Haripro, thanks to a continuous research, had developed through years more advanced products like functional proteins and hypoallergenic natural flavours with high nutritional value.

spa

41057 Spilamberto (Modena) - Italy - via Ghiarole, 72 - Tel. +39 059 78 41 11 - Fax +39 059 78 37 47 Premiata Salumeria Italiana, 4/12 www.haripro.it e-mail info@haripro.it

113


Vino La ricchezza di emozioni dello Champagne Marguerite Guyot

I fiori di Flo Un incontro di emozioni, legate al vino, all’arte, all’entusiasmo, alla passione, tutto in una donna: Florence Guyot di Laura Franchini

C

omplice un caldo pomeriggio di primavera, l’apparizione di Florence Guyot giunge come un raggio di sole, diretto e benvenuto. Un sorriso aperto con il quale accompagna il racconto della sua avventura enologica ci aiuta a tuffarci in un’atmosfera elegante e rilassata. L’avventura di Florence inizia con la sua nascita: padre francese e madre fiorentina, una famiglia con profonde radici nel mondo del vino, un’infanzia passata col padre nei caveaux, ad assorbire e naturalizzare i profumi del mosto, delle cantine, del vino. Una nonna che segnerà il suo futuro professionale: Marguerite. Dopo oltre dodici anni dedicati alla promozione dello champagne sul territorio italiano, Florence sente che deve fare qualcosa da sola. O meglio, sente che deve esprimere se stessa.

114

Perché è proprio questo che sta alla base del lavoro di Florence: l’espressione del suo animo. Nasce così, cinque anni or sono, la produzione di champagne di Florence. E quando giunge il momento di pensare ad un nome Florence senza esitazioni ricorda la nonna Marguerite, archetipo del gusto di Florence e del concetto di fiore, che così tanto segnerà la sua vita, i suoi gusti e i suoi champagne.

E se nel nome sono dichiarate origini e ricordi francesi, nella presentazione Florence decide di sottolineare la maternità italiana, scegliendo l’Italia. E l’Italia ringrazia, rispondendo con slancio alla proposta della Maison Guyot. Una proposta che parte dalla volontà di Florence di proporre vini diretti, caratterizzati da una grande naturalezza e tipicità varietale. Sceglie così di produrre tre vini da vitigni in purezza. Una trilogia che chiamerà “Charnelle”, carnale in italiano. “Carnale” inteso come immediatezza, istintività, emozione. Ecco così il primo vino, prodotto con sole uve di Pinot Meunier e sottoposto ad un affinamento di tre anni. Un vino fruttato e limpido, che ricorda la fase fibrillante della passione, quella dell’attesa, quella del desiderio. Da qui il nome: Cuvée Désir.

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Champagne Marguerite Guyot Brut RosĂŠ.

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

115


Il secondo champagne è prodotto con uve Chardonnay in purezza e affinato per 4 anni: delicato e intenso allo stesso tempo, seduce senza incertezze e lo rivela subito dal nome: Cuvée Séduction. Terzo e ultimo champagne della trilogia Charnelle la Cuvée Passion, prodotta con uve di Pinot Noir e affinato per 5 anni, si presenta subito con la sua etichetta rossa, come la passione, intensa di emozioni e sensazioni. A completamento della gamma Florence ha voluto anche un rosè, la Cuvée Fleur de Flo, letteralmente il Fiore di Flo, composto da un blend di Pinot Noir per il 30%, 30% Chardonnay, 30% Pinot Meunier e 10% di Côteau Champenois, affinato per quattro anni. Ultima (per ora) referenza della gamma, il Millesimato Blanc de Blancs Grand Cru 2002, da sole uve chardonnay, chiamato Cuvée Extase e primogenito di quella che diventerà la seconda trilogia di Florence: la trilogia “Spirituelle”. Cinque vini, cinque champagne, cinque petali a comporre il fiore di Florence. Un fiore, una realtà che rivela con forza la volontà della sua creatrice, così come il suo carattere e la sua formazione. Una personalità ricca e seducente, curiosa e aperta, che sceglie di arricchire la sua produzione e il suo lavoro di spunti e passioni: il simbolo della maison è stato creato da

I cinque petali ovvero i cinque champagne di Florence Guyot. un team di artisti, amici di Florence e prende spunto dalle meravigliose suggestioni dell’Art Nouveau, in particolare dalle visioni dei capolavori di Alphonse Mucha. La firma Marguerite Guyot esibisce spunti mozartiani ed estrosità alla Mirò, il tutto contenuto dal cerchio, simbolo universale e ricordo della perla e della bollicina. Al suo interno, le margherite. I fiori. I fiori di Flo.

Champagne Millésime 2002 Blanc de Blancs Grand Cru.

116

Peculiarità e caratteristiche uniche quelle di Florence Guyot, che si riflettono anche negli eventi da lei organizzati per promuovere il vino. Uno stand per il Vinitaly 2012 che rappresenta un’elegante abitazione di ispirazione francese e minimalista, con colori chiari, fiori e luce soffuse, create ad hoc. Chef che si alternano per creare proposte in abbinamento, piatti con ispirazioni diverse, tradizionali come esotiche, a testimonianza della ricca possibilità d’abbinamento degli champagne Guyot. Perché, come dice la stessa Florence, la sua produzione è un viaggio. Un viaggio nell’arte, nel gusto, nella passione. E i suoi champagne ne sono testimoni, compagni di viaggi geografici e d’atmosfera. Un fiore di proposta quello di Florence, unico e particolarmente entusiasmante. Champagne di donna di carattere e cultura. Champagne di carattere ed eleganza. Chapeau! Laura Franchini Nota A pag. 112 Florence Guyot. Lo Champagne Marguerite Guyot è distribuito in Italia da Cleto Chiarli & Co. Per informazioni: www.champagnemargueriteguyot.com

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


theWine

Traveller guide Italy

i

n Degustazio Ristorante Progetto e contenuti sviluppati da The Wine Traveller, Edizioni Pubblicità Italia, Euposìa, Ad Service

a

Le migliori 1.400 cantine italiane da vivere nel tempo libero

in Corsi di Cuc Sport Piscina

er

Sosta Camp Cerimonie

Camera con

Vigna

Biologico

inoterapia V , e r e s s e n Be ettura it h c r A , e t r A Museo, Per scaricare l’app vai su: www.thewinetraveller.it/app oppure usa il QR code

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

117


A come Ayurveda, B come Bardolino, C come Chiaretto All’Hotel Caesius Thermae & Spa Resort di Bardolino abbinamento insolito tra vino e cena ayurvedica di Stefania Monaco

T

oglietevi subito dalla testa l’idea che la cucina ayurvedica sia punitiva e insapore. Un gruppo di “mugolanti” giornalisti in occasione dell’anteprima Bardolino possono testimoniare. Per essere brevi sulle seducenti questioni filosofiche di questa cucina antichissima, si potrebbe semplicemente riassumere il concetto dicendo che lo chef si prende cura delle materie prime concentrandone le potenzialità (gustative ed energetiche) a favore del commensale e riequilibrandone lo stile di vita. Una sorta di mamma, dunque, proprio perché Ayurveda significa “scienza della vita” armonia tra corpo, mente e anima, con l’ambiente, le persone e la natura. Siamo quel che mangiamo e i fattori che influenzano la nostra salute possono essere sintetizzati in tre fondamentali tipologie chiamate Vata (aria), Pitta (fuoco), Kapha (acqua), i tre Dosha. Lo scopo principale della cucina vedica è di stabilire un equilibrio tra questi tre elementi. Corpo e cibo sono costituiti dagli stessi elementi: acqua, aria, fuoco, terra e spazio. La cucina ayurvedica bilancia questi elementi mediante le sue ricette e si suddivide in: dolce (terra e acqua), salato (acqua e fuoco), acre (fuoco e aria), amaro (aria e etere) e forte (aria e terra). Ogni gusto ha il proprio elemento costituente che apporta al corpo salute e benessere. La serata parte con ANGELO PERETTI, direttore della promozione del Consorzio Bardolino, che propone questo gioco divertente: sul tavolo solo tè ayurvedici. Chi vuole il vino deve arrivare ai banchi d’assaggi 118

laterali e tentare degli abbinamenti. Dal versante ayurvedico lo chef EMANUELE SELVI ed il dottor SILVANO POMARI espongono i principi di questa cucina adottata nella magnifica SPA termale dell’Hotel Caesius. Apriamo con una freschissima insalata di asparagi, indivia riccia e germogli di crescione all’olio extravergine del Garda. Un inno alla primavera che mette subito di buon umore. Gli animi sono più ben disposti e osiamo contrastare a questa profumata pietanza un tè ayurvedico Vata che sottolinea aria e etere (leggerezza, espansione, freschezza e moto continuo) con la liquirizia, cannella, ginger e cardamomo. Azzardiamo un abbinamento con Chiaretto color bubble gum alla fragola di Natale Ca-

stellani. Sembra il chiaretto di Barbie. Segue una zuppetta di tarassaco con riso rosso, cocco e peperoncino. Il piatto della serata. Dall’aspetto salutare e poco gourmet, visto l’epoca che attraversiamo dove l’occhio a volte evince sul palato, ma al sapore convince tutti tanto che ci si organizza con scarpette di pane chapati (impresa difficile vista la mancanza di lievito). Si comincia ad apprezzare questo gioco millenario tra dolce-piccante-amaroastringente. Ancora Chiaretto classico di Cascina Mondator, solo 700 bottiglie di produzione ma una gran bella mano, meno “gusto Barbie”, più tradizionale. Piccolo cannellone vegetariano su crema di carciofi e timo e Cà Roina di Ginestre: davvero una bella scoperta questo Chiaretto

Bardolino in fresco a bordo piscina: si è svolta così, all’insegna di cibo ayurvedico e del benessere, la quarta anteprima del Bardolino all’Hotel Caesius. Premiata Salumeria Italiana, 4/12


1) Emanuele Selvi ed il dottor Silvano Pomari. 2) Cannellone vegetariano su crema di carciofi e timo. 3) Insalata di asparagi, indivia e germogli di crescione. 4) Zuppa di tarassaco con riso rosso, cocco e peperoncino.

Il Consorzio di tutela del vino Bardolino Doc Costituito nel 1969, cioè appena un anno dopo l’adozione della Doc per il vino Bardolino (datata 28 maggio 1968), il Consorzio di tutela del Bardolino è stato tra i primi Consorzi vinicoli attivi in Italia. Il Consorzio è impegnato nella promozione e nella valorizzazione dei vini della Doc Bardolino e del territorio di produzione. Un forte impegno è profuso per l’attuazione del piano dei controlli a seguito dell’incarico ministeriale del 2002, in particolare allo scopo di verificare la tracciabilità di tutto il vino Bardolino Doc immesso al consumo. Inoltre, nell’attività del Consorzio figura il controllo sui mercati al consumo tramite il prelievo e la successiva verifica di bottiglie dagli scaffali di tutto il mondo, realizzata in collaborazione con la Federdoc. Accanto all’attività di controllo, il Consorzio del Bardolino svolge attività tecniche nel settore fitosanitario, con il rilevamento periodico, a partire dal 1982, dei dati climatici mediante capannine meteorologiche in varie località e con l’emanazione, in collaborazione col Servizio Fitosanitario Regionale e con le Cantine sociali della zona, di un bollettino settimanale volto al corretto programma di difesa antiparassitaria, nel rispetto degli operatori agricoli, del prodotto uva e dell’ambiente di coltivazione. (www.ilbardolino.com)

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

del lago con delle belle note sapide e delicatamente profumato. Tortino di datteri delizioso con piccola fantasia di frutta con il Chiaretto scuola Bergamini, che l’azienda produce dal 1904. Storie solide, di vignaioli veri di questi luoghi senza se e senza ma. Provare per credere! Sia la cucina ayurvedica che i Chiaretti del Bardolino. Stefania Monaco Hotel Caesius Thermae & Spa Resort Via Peschiera, 3 37011 Bardolino (VR) Telefono: 045 7219100 E-mail: caesius@europlan.it Web: www.hotelcaesiusterme.com Nota Foto di Renato Vettorato.

119


Ashram Joytinat, per ritrovarsi e rigenerarsi «Se credete che la cucina indiana si riassuma al riso, al curry e al chutney, rimarrete piacevolmente sorpresi. Non esiste nessuno stile culinario, nessun ordine di servizio né piatto nazionale, ma una diversità stupefacente di preparazioni e di ingredienti che fanno della cucina indiana una vera arte in colore, aromi e sapore. I principi dietetici scritti nei testi sacri dell’Ayurveda regolano il dosaggio e le combinazioni delle spezie, attestando che un’alimentazione fortemente speziata è garanzia di salute. La cucina indiana è semplice, equilibrata, basata su ricette e principi millenari». Parola del Vaidya Maestro Swami Joythimayananda, medico ayurvedico, maestro di yoga, di filosofia indiana, meditazione tecnica, cultura vedica; e, ancora, editore, scrittore, presidente dell’Associazione Italiana Medicina Ayurvedica e imprenditore. È una sua opera l’Ashram Joytinat a Corinaldo, ad una ventina di chilometri da Senigallia (AN). In questo luogo di ritiro circondato da vigne, frutteti, orti di piante medicinali e da un paesaggio verdeggiante di colline marchigiane che già quello infonde pace, il tempo scorre tranquillo tra lezioni di yoga, meditazione, i pasti consumati tutti insieme, canto, rilassamento e condivisione di momenti con gli altri ospiti. Le spese di vitto e alloggio ammontano ad € 25,00 per chi desidera contribuire al lavoro in ashram, oppure € 50,00 senza alcun obbligo. Il prezzo non include le consulenze del Maestro e la frequentazione dei corsi. Perché un soggiorno in ashram? Per migliorare la comunicazione e il modo di rapportarsi agli altri, per gestire le proprie emotività, per rilassarsi e ringiovanire, per tanti altri motivi che ciascuno può trovare sulla base delle proprie curiosità o aspettative personali.

XIV Convegno Internazionale Ayurveda – Festival Dolce India 14-15-16 settembre 2012 Oggi in tutto il mondo si riscontra una crescente consapevolezza della disciplina ayurvedica. Nasce anche l’esigenza di dimostrare l’efficacia della terapia agli operatori della salute. È una disciplina praticata e studiata scientificamente in India da migliaia di anni. L’Ayurveda ha ormai fatto il suo ingresso in un numero sempre maggiore di Paesi, incrementando il proprio sistema di cura. Nelle società europee i pazienti e gli operatori della salute necessitano ora più che mai di appropriate informazioni e di guide competenti in questo campo. Si questi bisogni emergenti si parlerà nel corso del XIV Convegno Internazionale Ayurveda che avrà luogo nell’Ashram Joytinat dal 14 al 16 settembre. In concomitanza si svolgerà anche la seconda edizione del Festival Dolce India. Ashram Joytinat Via Ripa 24, Corinaldo (AN) Telefono: 071 679032 E-mail: ashram@joytinat.it Web: www.joytinat.it / www.ayurveda-ashram.it

120

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


FACCIAMO ADESSO.it Sei un'azienda e vuoi vendere i tuoi prodotti? Vuoi essere solidale con le aziende colpite dal terremoto? Vuoi segnalare ai tuoi contatti le opportunità presenti sul portale?

Vuoi aiutare le aziende colpite dal terremoto? Da oggi c’è una possibilità in più, acquistando i prodotti dai negozi o dagli artigiani colpiti dal terremoto attraverso wwww.facciamoadesso.it, il portale che espone i prodotti di imprese colpite dal sisma per facilitare l’incontro con chi è disposto ad acquistare e/o contribuire. Una vetrina virtuale dove si possono selezionare prodotti e dove le aziende e i commercianti dell’area interessata dal sisma possono proporre la vendita di propri beni, anche danneggiati o usati, acquistabili da singoli cittadini, imprese, associazioni pubbliche o private.

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

121


La cantina d’autore di Angelo Valentini

G

iovannino Guareschi, che ho avuto il piacere di conoscere e con il quale ho trascorso una piacevole serata, a casa sua, accanto al fuoco del caminetto, mentre in padella arrostivano le castagne, mi confessò che non poteva, alla sua età, più permettersi lo “sport della galera”; ogni regime lo aveva costretto a questa dura prova, solo ed esclusivamente per aver detto delle verità e, da buon cronista qual era, per avere fotografato con la sua penna la situazione italiana post bellica. Significativo il suo libro L’Italia provvisoria, con il ritratto di un Paese senza una visione del futuro, a causa una politica priva di programmazione e dell’ambizione di lasciare ai posteri un segno distintivo. I presidenti della Repubblica francese, nell’arco del loro quinquennio di reggenza, sono usi lasciare una testimonianza significativa sì da arricchire il patrimonio

122

artistico: vedi il centro Pompidou con la Beaubourg, La Défense, quartiere modernissimo, le piramidi di vetro all’ingresso del Louvre, e potrei continuare con altri esempi architettonici di grande rilievo. In Italia, dal dopoguerra in poi, si è costruito senza uno stile, sessant’anni di politiche alternative e nessuna ambizione, viviamo di rendita in virtù delle generazioni precedenti che avevano perlomeno il desiderio di un’Italia “grande”. Tornando indietro nel tempo, il nostro vanto sono la Roma imperiale, con i suoi monumenti e le arene; la Chiesa, con le sue cattedrali e i palazzi apostolici, il Quirinale stesso sede papale, e da ultimo il ventennio fascista, con un suo stile e la visione di una Roma riconducibile ai fasti imperiali, mentre nelle campagne redente dalla bonifica sorgevano città e agglomerati urbani, sviluppati in orizzontale, di estrema

funzionalità e con la gratificazione, da parte degli abitanti, di godere di spazi e di luci solari. Significative le opere del famoso architetto Piacentini, che ho rivisto qualche anno fa in un giro nostalgico. Quello che non è stato fatto dalla politica rissosa e poco lungimirante lo hanno fatto i viticoltori “illuminati”, costruendo cantine uniche al mondo, vanto del nostro estro e veicolo importantissimo per l’enoturismo. La Francia enologica vanta i suoi leggendari e vetusti châteaux, i paesi emergenti, Stati Uniti e Australia, un’architettura enologica ispirata allo stile coloniale, frammista alla tipica architettura dei padri missionari, divulgatori di fede e nello stesso tempo delle pratiche viticole, necessarie per uso alimentare e liturgico. Il 16 giugno scorso, nella mia Umbria, e precisamente a Bevagna, la famiglia Lunelli, alias Ferrari, ha

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


inaugurato una cantina: nella terra cara a Francesco, cantore della natura, non lontano dal luogo dove, nel 1200, il Santo predicava agli uccelli, più sensibili e attenti degli uomini del suo tempo, confermando con il loro cinguettio il Deo grazia. L’episodio è stato immortalato da Giotto negli affreschi della Basilica superiore di Assisi e duecento anni più tardi da Benozzo Gozzoli a Montefalco, nella chiesa di San Francesco. Da Trento, i Lunelli, monarchi delle bollicine, a Montefalco, per produrre un vino rosso, dal prepotente vitigno Sacrantino, 60 ettari acquistati dal 2001 in poi in località Castelbuono, un’altura dolce, panoramica, di rimpetto le città di Assisi, Spello, Foligno, mentre in lontananza si scorge Trevi e Spoleto. Località più suggestiva i Lunelli non potevano trovare, un paesaggio incontaminato, sì da ricordare i dipinti dei nostri grandi pittori Perugino e Pinturicchio. Realizzato il vino, i fratelli Lunelli, assieme ai loro figli, tutti impegnati in azienda, pensano di realizzare la cantina e, in virtù della loro amicizia con Arnaldo Pomodoro, gli propongono di studiare un progetto che si legasse al territorio senza stravolgerlo. Una cantina d’autore per un vino d’autore, una scultura che ricorda il carapace, guscio coriaceo della

La barricaia (foto A. Mulas).

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

longeva tartaruga, che sollevandosi porta con sé le fenditure della terra madre. Un’opera dell’arte contemporanea che sfida i confini fra scultura e architettura, dove sotto il guscio sono lavorate le uve e conservati i vini in piccole botti collocate in un anfiteatro rotondo. Lasciata la strada asfaltata che da Perugia conduce a Cannara e prosegue per Bevagna in località Cantalupo, si sale per una bellissima strada bianca, contornata da vigneti e uliveti, e man mano che si avanza si scorge all’orizzonte prima un grosso dardo rosso conficcato nel terreno, poi una grande cupola rivestita con una miscela di rame bronzato: si tratta di una cantina che regala emozioni, un valore aggiunto alla nostra terra umbra. Mi conduce nella visita Alessandro Lunelli, figlio di Mauro, l’enologo di casa Ferrari; vedo brillare i suoi occhi, compiaciuto e soddisfatto per il gioiello che si somma alle attività del mosaico Ferrari. I fondatori hanno seminato bene e la saga Ferrari può ben sperare: con i suoi rampolli, Marcello, Camilla e Matteo, il futuro è assicurato. Lo stesso autore Arnaldo Pomodoro, ammirando la sua opera, così si è espresso: «Per la prima volta nella mia vita ho avuto l’emozione di poter camminare, parlare e bere all’interno di una mia opera».

Arnaldo Pomodoro. Anch’io ho avuto il piacere di bere sotto la grande cupola il Sagrantino, che ben conosco essendo membro della commissione di assaggio dei vini DOC, e posso senz’altro affermare che i Lunelli hanno aggiunto, com’è loro costume, quel tocco di eleganza che lo contraddistingue. Altri produttori illuminati hanno realizzato cantine prestigiose firmate da illustri architetti, come Renzo Piano a Rocca di Frassinello in Maremma per conto di Paolo Panerai e il barone de Rothschild; Mario Botta per l’altro “monarca” delle bollicine in Franciacorta, Vittorio Moretti, la cantina Petra a Suvereto (Livorno); Gae Aulenti per i toscanissimi Antinori; Giovanni Bò per il “guru” del Barolo Angelo Gaja, sceso dal Piemonte in Maremma in quel di Bolgheri con la Tenuta Ca’ Marcanda. Approfondirò queste illustri cantine in un mio prossimo scritto e sono convinto che, se fosse ancora al mondo Guareschi, scriverebbe: «Sì, tutto provvisorio!»… fatta eccezione per i viticoltori illuminati. Angelo Valentini Nota A pag. 120 il Carapace della Tenuta Castelbuono, la cantina progettata da uno dei grandi dell’arte contemporanea, Arnaldo Pomodoro (foto A. Mulas).

123


Degustazione Ferrari Pas Dosé

P

otrebbe essere l’inizio di un cambiamento nella strategia comunicativa del primo brand italiano del metodo classico che, giunto alla terza generazione Lunelli sul ponte di comando di Ravina, forse oggi non si accontenta più dei grandi risultati economici raggiunti in un secolo di brillante storia imprenditoriale. O, almeno, non soltanto. E che — altra nota che viene spontanea al termine del Grand tasting organizzato dall’AIS Trentino a Rovereto nelle scorse settimane col chef de cave Ruben Larentis — vuole oggi usare appieno la leva territoriale, quel Trentino che è l’essenza di Ferrari ma che in etichetta forse non compare col giusto risalto, almeno a dar retta alle polemiche quasi quotidiane in piazza sotto il Duomo e sul web… Perché è proprio da questo territorio che nasce questo modello di cantina e di business: dai vigneti posti dai 400 ai 900 metri, dalle prime barbatelle di Chardonnay impiantate

124

da Giulio Ferrari nel 1902, le prime in assoluto, dai 570 vignaioli che da più di una generazione conferiscono le loro uve a Ravina, senza aver bisogno di un contratto scritto, e senza sgarrare mai dalle indicazioni tecniche della maison, sentendosi parte viva ed integrante del successo di Ferrari nel mondo. Ed è da qui che Ferrari è ripartita, cambiando progressivamente il proprio approccio: abbandono progressivo della chimica di sintesi, fine degli sfalci ed utilizzo di letame animale, potatura gentile, passaggio progressivo al bio — oggi quasi il 30% delle uve presenti in una flûte di Ferrari potrebbe essere classificata tale senza problemi — tutto per avere vigneti più sani, uve ancora più perfette da portare in vinificazione e lì, con la pressatura soffice, cercare di ottenere il massimo dai frutti di Madre Natura. Sono anche aumentate le degustazioni tecniche in cantina per analiz-

zare le evoluzioni dei vini senza aver più timore delle ossidazioni. E proprio su questo cambiamento, “sottile ma sostanziale”, Ruben Larentis ha posto l’accento nel corso della degustazione organizzata dall’AIS del Trentino che ha comparato tre diverse annate — tutte sboccate per l’occasione senza l’aggiunta di alcun liqueur d’expédition, quindi a dosage zero — di Ferrari Perlé, del Perlé Rosé, del Perlé Nero, della Riserva Lunelli e del Giulio Ferrari Riserva. Sedici vini, cui sono stati aggiunte due annate storiche del Perlé Rosé e del Giulio Ferrari Riserva, entrambi del 1997. Per capirsi, gli spumanti che hanno affiancato i blockbuster negli ultimi anni e che hanno completato la gamma riempiendo lo spazio fra il vertice e la base della gamma. «Un lavoro complesso, presentare dei vini nuovi che fossero nuovi e diversi per davvero e non un semplice cambio di etichetta — sottolinea Larentis — e che mantenessero quelle

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Ferrari Perlé metodo classico. caratteristiche proprie della casa: eleganza, freschezza, mineralità, capacità di invecchiamento». Un processo che è stato portato avanti con attenzione sin parossistica — un esempio sono le settimane dedicate alla scelta del dosage di alcuni spumanti dove il dibattito interno fra gli enologi verteva letteralmente su un grammo, uno solo!, in più o in meno di zucchero per litro — accettando anche di scartare intere vasche non ritenute all’altezza delle aspettative. Considerando, infine, che per questi spumanti la resa finale è di 6.000 bottiglie per ettaro di vigneto coltivato — quando va ricca, in qualche caso non si arriva a 4.000 — e queste dopo minimo cinque anni di maturazione dopo la vendemmia… Ruben Larentis ha affidato ai sommelier dell’AIS le annate 2005, 2006 e 2007 dell’intera linea Perlé: la 2005 è in consegna soltanto per il “Nero” ma già da ottobre sarà in distribuzione

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

il millesimo 2006, rimettendosi così alla pari col Blanc de Blancs ed il Rosé. Il 2007 è ancora sui lieviti in attesa della sboccatura. PREMIATA SALUMERIA ITALIANA è stata invitata ad assistere a questo evento che era inserito all’interno della seconda giornata nazionale della cultura del vino e che ha portato alla nomina di Nicola Bonera ad “ambasciatore del metodo classico italiano”. Queste le nostre note riassuntive della degustazione. Perlé Blanc de Blancs La differenza rispetto alla versionebase, all’entry level (oddio, se si può considerare tale il Ferrari Brut la cui prima annata risale al 1902, un esempio unico di longevità), sta nella scelta di fare affidamento esclusivamente ai nove Masi di proprietà, senza acquistare uve dai conferitori. Si allunga anche il tempo di permanenza sui lieviti che sale a quasi sessanta mesi contro i ventiquattro del base. Solo

Chardonnay, spremitura soffice a freddo, malolattica svolta: il 2005 è uscito con uno zuccheraggio iniziale di 6 grammi, portato a 5 nel corso dell’anno per compensare la maturazione naturale del vino. In tutte le tre annate si percepisce chiaramente l’approccio della maison, con una progressione costante dell’intensità al palato. E se il 2005 inizia a mostrare i primi segni di cedimento, il 2006 si impone per mineralità, ampiezza e complessità dei profumi. Il 2007, in commercio dal 2012, presenta note floreali e fruttate più marcate, con una minore concessione ai lieviti ed alla tradizionale crosta di pane. Ferrari Perlé Rosé La prima annata è del 1993, praticamente ci sono voluti vent’anni per affiancarsi al Blanc de Blancs. La quota di Pinot Nero è dell’80%, ma di questo soltanto un 40/50% mantiene una decina di ore di contatto con le bucce

125


Giulio Ferrari, annate 1992, 1993, 1994. per estrarre la caratteristica “buccia di cipolla” che ne contraddistingue il colore. Un’aliquota importante del Pinot Nero in blend è infatti frutto di una lavorazione in bianco e, alla fine, arriva il 20% di Chardonnay. L’ordine della maison è “non avere mai note vinose”: il profumo dev’essere sempre pulito anche in presenza di aromi fruttati marcati. 2005: anche in questo caso siamo davanti ad un primato sul mercato italiano. La prima annata è del 1972, e questa è la prima con la spremitura soffice; il colore è gestito con molta attenzione, cercando una nota di assoluta finezza. Per questa annata aromi di piccoli frutti rossi e fiori, una grande freschezza ed una acidità vivida. 2006: qui i profumi al naso sono ancora più esplodenti e vitali. La frutta rossa si integra perfettamente con note aggrumate, di pompelmo rosa. Palato molto fresco, dominato dalla mineralità.

126

2007: ancora più potenza espressiva, note ed aromi fruttati sempre più marcati con profumi di viola. Palato pieno, ricco, di grande persistenza e piacevolezza. Perlé Nero Diciamo che questo spumante, il primo Blanc de Noirs, rappresenta una di quelle sfide che possono cambiare davvero il corso di un’azienda in quanto l’innovazione proposta incide profondamente nella cultura interna, nell’essenza stessa di un’organizzazione. Quindi un’innovazione che sposta l’asticella in alto e costringe tutti i saltatori a cambiare tecniche di allenamento. A distanza di sette anni, questo Fosbury in casa Ferrari ha portato davvero la consapevolezza di saper e poter decidere ed affrontare le proprie sfide. Allora i Lunelli sembravano quasi voler “giustificare” questo tradimento dello Chardonnay; oggi senza Perlé Nero la gamma risulterebbe monca.

Il progetto è nato nel 2002 e oggi vede una produzione di meno di 4.000 bottiglie per ettaro di Pinot Noir coltivato. 2005: è la primissima annata prodotta. Ha un grande impatto al palato, il Pinot Nero mette in mostra tutti i suoi muscoli, sebbene nascosti dietro un velo di assoluta eleganza. Si avverte la grande aromaticità delle uve e la grazia della crosta di pane da lievito. Caldo. Vibrante. 2006: si tratta della seconda annata in vendita e presenta note ed aromi amplificati rispetto al 2005 e anche una personalità totalmente diversa. 2007: “per me, numero uno”. Come diceva Dan Peterson nei suoi indimenticabili commercial per la Lipton. Un prodotto così ben riuscito che lo stesso Ruben Larentis è costretto ad ammettere che questo millesimo è quello che meglio potrà confondersi coi “francesi”… Mai come la Riserva Lunelli, secondo

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Maso Pianizza. noi, ma per quella dovete attendere ancora un po’. Per restare su questo millesimo, le uve hanno conosciuto una maturazione migliore rispetto alla vendemmia 2006, e questo si conferma in un olfatto più maturo e complesso. Il palato è ancora più ricco di materia, dove tornano le note di cedro e di spezie leggere. Caldo, a tratti sin cremoso, con finale minerale e di agrumi. Davvero un campione. Riserva Lunelli 2004 Se c’è uno spumante italiano che può battere uno Champagne — uno di quelli delle maison più blasonate, e non uno di quelli destinati ai russi — per noi, non può che essere la Riserva Lunelli. Manca ovviamente la riprova, dato che Ferrari non usa mettere in gara i propri vini, ma questo è un altro “gentile omaggio” che l’Italia del vino fa ai cugini. Pazienza.

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

La famiglia ci è arrivata dopo lunghissime prove e non pochi tormenti d’animo se mettere o non mettere il proprio nome in etichetta. E ci è arrivata riprendendo un’altra delle tante intuizioni di Giulio Ferrari: l’utilizzo della botte grande in fase di fermentazione. Un impiego del legno che per qualche osservatore appare un po’ una forzatura, un voler negare quella scelta di finezza e freschezza che deve distinguere i Trentodoc dai Franciacorta. Noi abbiamo ritrovato comunque questi tratti distintivi anche in questa Riserva potente, ricca, che sta 7 anni sui lieviti e che ne ricava un’intensità ed un’armonia davvero uniche. Al palato mostra un’eleganza ed una complessità da best in class. Non è un doppione del “Giulio Ferrari” che rappresenta il vertice della gamma, ma nemmeno sta ad un gradino inferiore. Costringe, secondo noi, il GF al ruolo di primus inter pares che,

per un newcomer è una gran bella soddisfazione. Chapeaux a chi l’ha sognato e realizzato. Giulio Ferrari Ovvero il cru di Maso Pianizza che stabilmente è ai vertici della spumantistica italiana. Dieci anni sui lieviti, Chardonnay in purezza. Tre le annate degustate: 2006, 2005 e 1997. Non c’è poi molto da scrivere al riguardo. Le Dolomiti sono più vicine all’Olimpo di quanto talvolta non credano gli stessi Trentini. Fortuna che nel 1902 un signore appassionato di enologia, dalla grande curiosità e vitalità guardò a queste vette e non vide soltanto dolomia.

Nota A pag. 122 i vigneti da cui nascono le bollicine Ferrari.

127


I vini di Premiata Salumeria Italiana

Degustazione: di Laura

I

l terremoto che ha colpito la nostra regione (la Redazione di questa rivista è a Modena, io sono modenese), ha distrutto case, aziende e vite. Le zone interessate da questo tremendo sisma sono ricche di piccole e medie imprese, che tanta importanza hanno avuto e hanno nel tessuto economico del nostro Paese. È proprio verso queste realtà che bisogna indirizzare parte degli aiuti, sperando che siano sufficienti e rapidi: gli emiliani sono profondamente legati alla loro professione, che vi-

vono come espressione della personalità e della regione, sono profondamente orgogliosi e vogliono a tutti i costi farcela con le loro gambe. Gli emiliani hanno dato tanto all’Italia, ora l’Italia è chiamata a restituire il favore, o meglio, il gesto civico. Nel nostro piccolo ci è sembrato doveroso dedicare questa degustazione ad aziende e vini della “Bassa”, cioè l’area più profondamente segnata dal sisma. Lo stesso facemmo nel 2009 con l’Abruzzo. Sono vini di grande qualità e tipicità, che abbiamo selezionato

Lambrusco di Sorbara Spumante rosato Gioia 2011 Garuti Elio ed Eredi

Lambrusco di Sorbara DOC Villa Badia 2011 Cantina Sorbara

Lambrusco di Sorbara DOC Vigna del Cristo 2011 Cavicchioli U. & Figli

Siamo a Sorbara, culla del Lambrusco di Sorbara, dove l’azienda agricola Garuti produce, oltre al vino, aceto balsamico, gelatine e nocino. Inoltre, presso la struttura agrituristica aziendale è possibile soggiornare e degustare i piatti della cucina modenese. Metodo Charmat e 100% di uve Lambrusco di Sorbara per questo bel calice rosato, brillante e dal perlage delicato ma persistente. Al naso regala copiose note di fiori, soprattutto roselline di campo e di frutta, in particolare di fragolina di bosco e ribes. Al palato entra morbido, grazie alla schiuma ben armonica e non aggressiva, e presenta una bella spalla acida in grado di sostenere trama e struttura. Un calice fresco, giovane e brioso, ottimo aperitivo, in grado di sostenere senza difficoltà tutto il pasto. Si consiglia l’abbinamento con i salumi della regione, gnocco fritto e crescentine, ma anche piatti a base di pesce ed esotici.

La Cantina di Sorbara si è recentemente unita alla Cantina di Carpi: nasce così un piccolo colosso da oltre 1.300 soci, che vedrà coprire una grossa fetta della produzione di uve della zona. Questo non andrà ad interferire con la tradizione della cantina, da sempre rivolta alla tipicità. Il vino scelto è un Lambrusco di Sorbara DOC. Il colore, rosato, tipico del vitigno lascia subito presagire un’olfattiva rispettosa delle uve: sono infatti sentori floreali — leggera la viola — e di frutta, in particolare di caramella alla fragola. In bocca è equilibrato, non eccessiva la spalla acida, cosa normale vista l’annata estremamente calda. Dolce la schiuma, morbida, che rimanda ad un leggero e voluto residuo zuccherino. Un vino versatile e molto femminile, adatto alle calde sere estive. Da provare con fiori di zucca fritti o fiori di glicine fritti, particolari ed indimenticabili.

L’azienda, da poco accorpatasi al Gruppo Italiano Vini, è stata uno dei capisaldi della produzione del Lambrusco, una realtà storica che purtroppo con il terremoto ha dovuto chiudere l’intera linea di imbottigliamento, senza previsioni certe sui tempi di riapertura. Il prescelto è un vino storico per questa cantina e per l’intera zona del Lambrusco di Sorbara: il Vigna del Cristo. Questa vigna, che ha fatto la storia del vitigno, si dice fosse nella proprietà della parrocchia locale, da qui il nome. Una bella spuma, leggiadra, accompagna un bel rosa carico. Al naso si apre con note di fragola e rosa in fiore, piccola frutta rossa. In bocca è armonico e abbastanza lungo, in linea con l’eleganza del naso. Un calice di grande facilità di abbinamento, in particolare con i morbidi prosciutti regionali, le coppe piacentine, ma anche con una selezione di sushi non sfigurerebbe affatto, grande è la sua versatilità.

Az. Agr. e Agriturismo Garuti Via per Solara, 6 41030 Sorbara (MO) Telefono: 059 902021 info@garutivini.it

Cantina di Sorbara Via Ravarino Carpi, 116 41030 Sorbara (MO) Telefono: 059 909103 info@cantinasorbara.it

Cavicchioli U. & Figli Spa Via Canaletto, 52 41030 San Prospero (MO) Telefono: 059 812411 cantine@cavicchioli.it

128

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Lambrusco Franchini

tra le migliori aziende del territorio e che purtroppo hanno subito, in diversa misura, la furia delle scosse. Il vitigno principe della zona è il Lambrusco di Sorbara, da molti ritenuto il Re dei Lambruschi. Senza entrare nel merito dei gusti personali, certamente questo vitigno si distingue per finezza ed eleganza, unite ad una buona acidità che lo rende perfetto per vinificazioni Charmat. Il grappolo subisce frequentemente una sorta di aborto floreale che rende gli acini particolarmente piccoli e radi, fenomeno che provoca

anche una perdita considerevole di uva (in alcune annate si verificano perdite produttive che superano i 2/3) del raccolto. Una caratteristica che lo rende unico e lo compara ad altri nobilissimi vitigni che subiscono la stessa sorte come il Picolit. La DOC Lambrusco di Sorbara rosso comprende l’intero territorio amministrativo dei comuni di Bastiglia, Bomporto, Nonantola, Ravarino, San Prospero e parte di quello dei comuni di Campogalliano, Camposanto, Carpi, Castelfranco Emilia, Modena, Soliera, San Cesario s/P.

Lambrusco di Sorbara DOC Torre Tusini 2011 Torre Tusini

Lambrusco di Sorbara DOC Sant’Agata 2011 Paltrinieri Gianfranco

Lambrusco di Sorbara DOC Il Selezione 2011 Vezzelli Francesco

È una piccola azienda quella di Giuseppe Tusini, ma seguita con grande passione ed attenzione. Accanto al vino Tusini produce anche Aceto Balsamico Tradizionale, frutta, succhi, confetture e liquori. I danni dal terremoto sono ingenti, ma la famiglia Tusini non si è data per vinta e si è subito rimboccata le maniche. Molte le bottiglie andate distrutte, ma ancora ne è rimasta qualcuna del meraviglioso Lambrusco di Sorbara di Torre Tusini. Uno splendido esemplare di tipicità e correttezza, figlio delle terre di Sorbara al 100%. Nobili sentori di frutta rossa giovane e di violette di campo leggere, su un corpo secco e fresco, rotondo e armonico. Un gran bel bicchiere, facile e beverino, che si sposa splendidamente con i piatti della tradizione modenese, come tortellini e bolliti misti, ricchi di sapore e di sostanza. Ma anche un panino al salame, in una calda serata estiva, sarà un ottimo compagno.

Alberto Paltrinieri, quarta generazione della famiglia, non nasconde una certa pignoleria nella cura dei vigneti. Vigneti, soprattutto di Lambrusco di Sorbara, e non potrebbe essere altrimenti visto che siamo nel cuore del vitigno. Una pignoleria che si declina in diverse tipologie, sempre all’interno della medesima DOC. Difficile quindi scegliere. La nostra attenzione è caduta sul Sant’Agata, quest’anno particolarmente elegante e tipico. Bella la tonalità rosata, altrettanto interessante la nota olfattiva, di frutta rossa piccola, floreale a contorno. Circolare in bocca, non aggressiva la schiuma, è piuttosto lungo, fresco e ben bilanciato. I piatti della tradizione sono l’accompagnamento ideale, zamponi e cotechini con lenticchie e fagioloni in umido soprattutto, ma non disdegna svolazzi in terre più distanti, come i burritos messicani, fajitas e barbecue ridondanti.

Fondata nel 1958, Vezzelli è giunta con successo alla terza generazione, preparata e di piglio, che sta gestendo con sapienza la produzione dei vini aziendali. Il Selezione, ovviamente, è un Lambrusco di Sorbara DOC. Un calice riconoscibile subito per il colore, corrispondente, di un rosso scarico tipico del Sorbara. Al naso si rivela particolarmente aderente alla tipicità del vitigno, con note di piccola frutta acerba e floreale a contorno, note fini. Al palato entra morbido, grazie ad una schiuma rotonda ed educata. È armonico tra le parti, fresco quanto è giusto, nonostante l’annata caldissima. Piuttosto lungo e di struttura, si sposa ottimamente con i piatti della grassa cucina emiliana, lasagne, tagliatelle al ragù e costine in umido, ma è uno splendido calice anche per un rapido aperitivo, un grissino e una fetta di prosciutto lo accompagneranno splendidamente.

Tusini Giuseppe Azienda Agricola Via Olmo, 28 41030 San Prospero (MO) Telefono: 339 6585439 Form on-line

Soc. Agr. Paltrinieri Gianfranco Ss. Via Cristo, 49 41030 Sorbara (MO) Telefono: 059 902047 info@cantinapaltrinieri.it

Soc. Agr. Vezzelli Francesco Ss Via Canaletto Nord 878/a 41122 Modena Telefono: 059 318695 aavezzelli@gmail.com

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

129


Pasta

La pasta di grano Armando Questo progetto di filiera avviato dal Pastificio Baronia-De Matteis consente di ottenere una pasta di alta qualità e appetibilità fatta con grano duro 100% italiano di Giulia Mauri

L

a qualità di un alimento nasce nel campo, c’è poco da discutere. Le materie prime utilizzate influenzano fortemente le caratteristiche di un prodotto, sicuramente tanto quanto i processi di lavorazione, se non di più. Questo discorso vale anche per la pasta, eppure, negli ultimi anni, l’importanza delle procedure di preparazione in pubblicità ed etichettature è cresciuta, mentre la qualità e l’origine delle farine non è mai evidenziata. Per offrire al mercato una pasta prodotta con grano duro di ottima qualità e 100% italiano, il pastificio BaroniaDe Matteis di Flumeri, in provincia di Avellino, ha avviato il progetto di filiera GRANO ARMANDO. Un progetto unico in Italia, nato con l’obiettivo di produrre pasta di alta qualità fatta con grano duro 100% italiano, che stringe accordi trasparenti con agricoltori italiani, ammassatori e industrie sementiere e si avvale della consulenza dei tecnici del gruppo Syngenta. Per

130

saperne di più PREMIATA SALUMERIA ITALIANA ha intervistato MATTEO GARRONE, portfolio manager Cereali di Syngenta — azienda multinazionale leader che si occupa di agrofarmaci e sementi — a capo del progetto da circa due anni. Parliamo del mercato del grano duro… «Al giorno d’oggi la pasta prodotta in Italia è composta da farine provenienti in gran parte dall’estero. Ciò è dovuto soprattutto al fatto che sul mercato nazionale si fatica a trovare grano duro di varietà superiore, quello che consente di ottenere un prodotto finale pregiato. E così i pastifici che puntano sulla qualità devono ricorrere a partite di grano estero — proveniente da Francia o Canada, per esempio. Ma il costo del trasporto incide parecchio. Anche per questo motivo il pastificio Baronia-De Matteis di Avellino ha deciso di avviare il progetto di filiera GRANO ARMANDO,

per stringere accordi lungo la filiera e garantirsi gli approvvigionamenti di grano duro di qualità superiore e di provenienza italiana. Quali parametri si utilizzano per valutare la qualità nel grano duro? «I parametri che fanno la differenza nel grano duro sono diversi, ma soprattutto viene considerato l’indice proteico. Altri parametri interessanti sono l’indice di glutine, che ci dice la tenuta di cottura ed il colore della pasta stessa». Il grano duro utilizzato per il progetto di filiera Grano Armando deve presentare valori standard definiti? «Sì, il contratto che gli agricoltori firmano quando decidono di aderire al progetto prevede che solo il grano che soddisfa determinate caratteristiche qualitative venga acquistato e avviato alla produzione della pasta Grano Armando. Per quanto riguarda

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


le proteine, il valore minimo deve essere di 14,5%. Esistono poi altri parametri più complessi». Quali fattori possono ridurre la qualità di un grano? «In campo, situazioni di stress climatico e nutrizionale che favoriscono fisiopatie e fitopatologie; un altro grosso problema è rappresentato dalle micotossine prodotte da alcune specie fungine (Fusarium spp.). È chiaro che è anche importante un’ottimale conservazione della granella nei silos. Ed è qui che entrate in campo voi di Syngenta? «Sì, Syngenta garantisce l’assistenza tecnica agli agricoltori che sottoscrivono il disciplinare. Con il contributo dei nostri tecnici e dei nostri prodotti le varietà di grano duro selezionate e previste dal contratto possono dare il massimo producendo qualità in quantità, perché la nostra consulenza guida gli agricoltori in tutte le fasi di produzione, dalla semina fino al raccolto, e permette di ridurre gli effetti negativi di tutti gli stress che la pianta può trovare in campo. Grazie al protocollo di coltivazione possiamo monitorare quali interventi sono stati effettuati e quando. Così ottimizziamo l’efficacia dei trattamenti e riduciamo il rischio di errori. Siamo molto soddisfatti del nostro servizio di consulenza perché nella campagna 2010/2011 siamo stati in grado di ottenere un raccolto di ottima qualità anche in quei distretti in cui le condizioni meteo sono state avverse. Invece, solo pochi degli agricoltori che non hanno aderito alla nostra assistenza hanno raggiunto i valori sufficienti a definire il proprio prodotto “grano duro di qualità”». Anche la zona di coltivazione è importante? «Sì, il clima è un fattore rilevante. Gli agricoltori che aderiscono al disciplinare devono dichiarare quali campi dedicano al progetto Grano Armando: solo così possiamo eseguire il controllo efficace dei trattamenti, oltre alla tracciabilità del grano sotto tutti i suoi aspetti. Si tratta al momento di campi del Centro e Sud Italia».

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

Matteo Garrone, portfolio manager cereali di Syngenta. Al momento, quanti agricoltori hanno firmato il disciplinare per aderire al progetto di Filiera Grano Armando? Per un totale di quanti ettari coltivati? E quali prospettive di crescita avete per i prossimi anni? «Al momento sono più di 550 gli agricoltori che hanno sottoscritto il contratto, per un totale di oltre i 6.000 ha. Abbiamo l’ambizione di raggiungere i 10.000 ha in due anni».

duro di provenienza italiana certificata? «Sì, in effetti il progetto ha proprio l’obiettivo di produrre pasta di alta qualità e appetibilità fatta con grano duro 100% italiano partendo da un grano duro di alta qualità. Si tratta di un prodotto estremamente curato sotto tutti gli aspetti: anche il packaging è molto innovativo, completamente compostabile».

Il fatto di aver costruito questa filiera permette ai partecipanti di avere ricavi maggiori? «Sottoscrivendo il disciplinare del progetto di Filiera Grano Armando il pastificio Baronia-De Matteis si impegna a ritirare attraverso una rete di stoccatori selezionati ed a pagare agli agricoltori un premio per il grano duro di buona qualità, ovvero conforme alle caratteristiche presenti nel contratto».

A quale rete di vendita è destinato un prodotto come la pasta Grano Armando? «La distribuzione procede in parallelo sul canale moderno — in Italia alcuni dei retailers coinvolti sono stati Bennet e il Gigante — e su quello tradizionale, attraverso la selezione di negozi al dettaglio e gourmet. All’estero, Germania e Giappone sono tra i primi Paesi ad aver recepito i contenuti ed il valore del progetto». Giulia Mauri

Dunque con il disciplinare vincolante del progetto di filiera Grano Armando si ottiene un buon grano

Nota A pagina 128 fettuccine e lasagne Baronia (foto: www.pastabaronia.it).

131


Week-end

Picnic d’estate di Josette Baverez Blanco

I

l periodo estivo fa sognare tutti, viaggi, gite, merende sulla spiaggia o in pineta, lungo l’argine di un fiume o sugli scogli, in montagna in un grande prato verde o vicino a un laghetto. Tutti hanno voglia di fare il pieno di aria, di sole, di natura, sentendosi liberi dagli schemi quotidiani e lontani dalla confusione e dai rumori della città. Questa è anche l’occasione per muoversi e guardare con attenzione un fiore, una farfalla, il volo di un uccello, un paesaggio rasserenante, approfittare del bel tempo condividendo con parenti o amici il piacere della tavola “informale”, quella del famoso picnic. Con questo termine si identifica quindi un pasto all’aperto, in un contesto piacevole, con una certa funzione sociale e ludica, non solo alimentare. L’origine della parola è francese, pique-nique, che compare nel 1692 in uno scritto con il significato di colazione, non necessariamente sull’erba, ove ognuno paga la sua parte. L’etimologia risale al francese arcaico pique, prendere, rubacchiare, e nique, oggetto di poco valore, parola

132

che si ritrova nell’espressione “dire nic”, ossia “non preoccuparsi”. Il contributo di ognuno alleggeriva dunque l’impegno dell’invito. Il termine si è diffuso alla fine del XVII secolo e inizialmente si riferiva alla frugalità dell’evento, eseguito al di fuori dei riti imposti dal pranzo, composto da pochi e semplici cibi sottratti direttamente dalla cucina. Il pique-nique è diventato poi frequente in occasione di cacce e scarrozzate, tant’è vero che esistevano dei deliziosi modelli di carrozze attrezzate come vere e proprie dispense ambulanti. Nel XVIII secolo la classe nobile era solita avere un seguito di servitori che imbandivano tavolate all’aperto preparando sul momento le prede appena cacciate. Da estrazione popolare e intellettuale, con motivo di aggregazione, socializzazione e di amore per la natura, il pique-nique era diventato un tocco chic per completare in allegria una giornata trascorsa all’aria aperta, spesso anche occasione di corteggiamento, approfittando di approcci più intimi nel romantico scrigno di un boschetto o di un prato fiorito.

Il vocabolo inglese pic-nic fa la sua apparizione nel 1748 con tutti i significati francesi, mentre si affaccia in Italia, per la prima volta, in Sicilia, nel 1877, nel modo di dire “a picchi nicchi”, con cui si intende “a borsa a borsa”, ossia “pagare alla romana”, usato appunto in occasione di pranzi e cene in luogo pubblico. In un secondo tempo questo stesso termine venne inteso come “colazione all’aperto”. Tuttora i siciliani usano di frequente l’espressione antica per parlare di “picnic”. Per il “rito” del picnic oggi vale la pena di organizzarsi per tempo e preparare dei piatti davvero speciali. Tanti si accontentano di tramezzini e di sandwich, ma niente a che vedere con il piacere della convivialità trasferita sull’erba, come nel famoso quadro di Manet, il Déjeuner sur l’herbe dipinto nel 1863. In effetti, nel picnic (l’etimologia inglese sarebbe pick, cogliere, e nick, punto, istante) sono solitamente le pietanze fredde le vere protagoniste, ma si può arricchire di carni cotte alla brace o sul grill.

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Non si deve confondere con lo spuntino, svelto svelto, che ha una funzione strettamente alimentare; il picnic è un pasto gradevole, preparato in anticipo e condiviso in compagnia (molti hanno tuttora l’abitudine di portare una pietanza, meglio se fatta in casa). Partendo da questa considerazione, ecco qualche suggerimento che può essere di aiuto per l’organizzazione di merende o pranzi all’aperto. Inutile trascrivere delle ricette, che si trovano in quantità sul web e che possono essere inventate da chi ha la passione per la cucina. Tra l’altro, l’idea del picnic può anche essere presa in prestito per una cena fredda tra amici, un pranzo rustico sul terrazzo di casa o in giardino. Ricordiamo di dosare sempre le quantità in base all’appetito dei convitati, aggiungendo salumi e formaggi per gli appetiti robusti dei ragazzi, gazpacho e pinzimonio per chi è rimasto prigioniero dell’afa della città, o un buon pesce al cartoccio per le serate marinare. Un picnic si prepara in due tempi, potendo tenere in frigo le preparazioni sin dal giorno prima. Le torte salate vanno preparate il giorno prima, ma cotte al mattino stesso per mantenerne la fragranza; anche i medaglioni di

carne vanno cotti e messi nei panini all’ultimo istante, in modo che non diventino gommosi e duri, mentre gli impasti possono essere preparati in precedenza. Le bevande sono un capitolo importante per la buona riuscita di un picnic: portate con voi della buona birra, dissetante, dell’acqua minerale e dei succhi di frutta per i bambini scegliendo quelle in tetrabrick. Non perdete l’occasione di stappare una buona bottiglia da tenere al fresco nella borsa termica e non dimenticate il thermos con dell’ottimo caffè caldo. È simpatica la classica cesta di vimini creata appositamente per i picnic, ma può essere sostituita da un semplice cestone ricoperto da una tovaglia a quadretti. Per i piatti, bicchieri e tovaglioli, c’è solo l’imbarazzo della scelta, donando al pranzo una nota allegra. Importanti sono chiaramente i contenitori per i cibi, che devono mantenerli fragranti e perfetti per la presentazione. Ce ne sono un’infinita varietà in commercio, teglie e vaschette di plastica o alluminio, con o senza coperchio, che saranno riposte nel o nei cestoni. Per essere sicuri di non dimenticare niente a casa, meglio fare una lista

Quello del picnic è un vero e proprio rito, per il quale è bene organizzarsi in anticipo. Tanti si accontentano di tramezzini e di sandwich, ma per trasformare la colazione sull’erba in una vera e propria festa occorre preparare dei piatti speciali, dalle pietanze fredde alle carni cotte alla brace o sul grill.

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

precisa di tutto ciò che occorre: sale, pepe, maionese e salsine in vasetto o tubetto, apribottiglie e cavatappi, e un gran sacco di plastica per raccogliere tutti i rifiuti. Proprio parlando di rifiuti, dobbiamo sottolineare gli aspetti socioculturali di tale pratica. In effetti molti preferiscono, per questione di tempo o di risparmio durante un viaggio, o di domenica anche stando in città, mangiare fuori invece che al ristorante o in trattoria. Si sono moltiplicati gli spazi pubblici verdi e sono state organizzate aree di relax lungo le autostrade con giochi per bambini e sanitari, più all’estero che in Italia. Tutto ciò necessita di una manutenzione particolare e di una gestione specifica dei rifiuti, ma anche un’attenzione da parte degli utenti. In Italia il picnic è spesso legato alla prima gita fuori porta, quella del lunedì di Pasquetta. Si nota però la tendenza a rivalutarlo, inserendolo anche negli spostamenti alla scoperta di beni culturali, ville e parchi, in un percorso di tutela dell’ambiente e di rispetto civile. Nei paesi anglosassoni, negli Stati Uniti soprattutto, le aree dedicate al picnic sono meravigliosamente attrezzate sia per cucinare in loco, sia per la comodità nel consumare i pasti e far rilassare tutti, piccoli e grandi. È un’usanza che hanno portato con loro gli europei emigranti anche per questioni economiche, come troviamo in Europa sempre più extracomunitari che passano la domenica in un posto piacevole, vicino alla città, organizzati al meglio per cucinare e mangiare fuori, un po’ come facevano i nomadi. In Italia non è nella mentalità comune l’idea di passare in tal modo un momento rilassante: “fa povero”, ci si trova scomodi, si ha paura degli insetti o altro, sembra troppo complicata la preparazione, quindi tanto vale starsene a casa dove si ha tutto sottomano o cercare una trattoria dove mangiare fuori. Raramente si gusta pienamente questo modo di vivere un momento di convivialità a contatto con la natura, mentre sarebbe un’usanza da rilanciare, molto educativa sotto tanti punti di vista, per tutti. Josette Baverez Blanco

133


Libri

L’Aceto Balsamico di Modena Quarta edizione del Concorso letterario “Parole e Poesia” recensione a cura di Marco Credi

L

a IV edizione del Concorso Letterario “Parole e Poesia”, organizzata a Formigine, grazioso comune in provincia di Modena, nell’appropriatissimo contesto della “Sala della Loggia”, ha visto le numerose persone presenti ascoltare poeti che venivano dalle più svariate città d’Italia. In questa occasione è stato presentato il libro “L’Aceto Balsamico di Modena” a cura di Valerio Giacobazzi ed Antonio Maglio, edito da Il Fiorino, che raccoglie poesie sull’oro nero modenese, questo nostro gioiello, unico ed inconfondibile, frutto delle particolari caratteristiche pedoclimatiche e della varietà delle uve tipicamente coltivate nel modenese, unitamente all’arte della cottura dei mosti, alle amorevoli procedure dei travasi annuali e al tempo di invecchiamento. Un valore aggiunto della nostra

terra che affonda le radici nel nostro passato e nelle tradizioni. Nel box in evidenza pubblichiamo la poesia di Gigi Taddei, un estratto della quale si ritrova anche sulla 4ª di copertina del volume, in quanto ci pare particolarmente significativa e appropriata a quanto detto, rifacendosi al poeta Lucrezio, vissuto nel I sec. a.C. Il De rerum natura (“La natura delle cose”) è un poema didascalico latino di natura epico-filosofica, in cui il filosofo e poeta latino si fa portavoce delle teorie epicuree riguardo alla realtà della natura e al ruolo dell’uomo in un universo atomistico, materialistico e meccanicistico: si tratta di un richiamo alla responsabilità personale e di un incitamento al genere umano affinché prenda coscienza della realtà, nella quale gli uomini sin dalla nascita sono vittime di passioni che non riescono a comprendere.

L’Aceto Balsamico di Modena a cura di VALERIO GIACOBAZZI ANTONIO MAGLIO Ed. Il Fiorino, Modena, € 4,00

Lucrezio e l’aceto Le parole son gocce di vita,

non si dica che tutto è già fatto.

dalla testa rimbalzano al cuore, l’esistenza non è più contrita

Ma, di certo, una cosa è sicura:

… il poeta risolve il dolore.

è che bene… sol bene può dare come anche, da ottima uva,

Lucrezio ricorda a noi tutti

grande vino si può ricavare.

ch’altre gocce fan lieta la terra così, ricca di mill’e più frutti,

Il suo mosto d’egregia fattura,

si consola… divien essa serra.

lo si lasci… così… riposare, ogni fretta non trova fortuna…

Si trasforma d’odori e sapori,

… senz’aceto non puoi desinare.

la sostanza si perde nel tatto, mentre, poi, nei diversi colori,

134

Gigi Taddei

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


Dizionarietto erotico veneziano La ragione per cui segnaliamo questo dovizioso ed illustratissimo libro non risiede soltanto nell’esser stato pubblicato poco tempo fa dal nostro collaboratore Claudio Dell’Orso. Tra le varie, pruriginose e curiosissime voci che lo compongono ve ne sono un paio che riguardano direttamente la gastronomia. Vista, ovvio, nell’ottica godereccia di cui l’opera è permeata. La prima apre il volume e s’intitola Alla Vergine Orba, mitica trattoria dal menu decisamente goliardico che faceva scompisciare dalle risate noi studenti all’Università di Ca’ Foscari durante i mitici anni Sessanta. L’elenco, facente parte d’un fascicolo intitolato “La scienza del parlar unto”, era a cura di certo Settimio Menassi (sic!) mentre la lista delle vivande presentate risultava stilata dal dietologo Magnoni professor Porcino. Fra sorprendenti quanto evocativi stuzzichini e minestre citiamo, tanto per darvi l’erotico assaggio, un antipasto, Strofinatina di verga all’imbarcadero, ed un piatto da farsi, Passata di lingua sul baccalà alla vicentina… Vi sono altresì presentati gli elenchi dei formaggi (non molto invitante, a dir la verità, il Gorgonzola di monachella) alcuni dolci molto particolari tipo il Bignè al Marchese, la frutta come la Fava fresca ed il vino (di sicuro una cuvée alquanto speciale quell’Umor di mona vergine alla CLAUDIO DELL’ORSO spina). Tra i dolci, impossibile dimenticare il Tirami su, chiamato in questa Dizionarietto erotico veneziano maniera perché, a quanto pare, creato e servito fin dagli anni Cinquanta ai Studio LT2, Dorsoduro, Venezia clienti d’un ristorante trevigiano adiacente ad una casa di tolleranza. Tra le pp. 190 – € 16,00 altre voci del Dizionarietto erotico veneziano segnaliamo l’ovvia presenza del grande libertino Giacomo Casanova e le citazioni dei film ambientati in laguna da Tinto Brass. Di più non posso dirvi. Semmai, sono a consigliarvi questo delizioso Dizionarietto da leggere soprattutto in dolce compagnia. È l’erotismo veneziano, bellezza! L’Abate Faria

Gian Omar Bison è uno dei vincitori del VIº Premio Primavera del Prosecco Superiore 2012 È una penna di Premiata Salumeria Italiana il vincitore del premio giornalistico “VI° Premio Primavera del Prosecco Superiore 2012”. Gian Omar Bison (nella foto durante la premiazione) ha vinto il premio per la categoria “Riviste e Periodici” con l’articolo “Abbinamento Prosecco Docg, Latteria Perenzin e Territorio produttivo di eccellenze”, pubblicato su Premiata Salumeria Italiana n. 3/2012. Il concorso, riservato ai giornalisti italiani e stranieri, aveva come scopo la premiazione dei migliori pezzi usciti su radio, tv, quotidiani, periodici e web che caratterizzassero al meglio la Primavera del Prosecco. Ecco la lista degli altri vincitori: • Premio Speciale per il pezzo “Primavera del Prosecco 2012”: Chiara Bertazzolo de Il Corriere del Veneto – Corriere della Sera, • Premio Radio/TV: Gianluigi Veronesi di Degusta TV, per le puntate dedicate alla Primavera del Prosecco, • Premio Quotidiani: Generoso D’Agnese di America Oggi – Oggi 7 per l’articolo pubblicato il 13 Maggio scorso, • Premio Web: Armanda Capeder per l’articolo “La Primavera del Prosecco Docg 2012 di Conegliano-Valdobbiadene” apparso su www.itinerarigustosi.it Le premiazioni dei Campioni 2012 si sono svolte al Gran Gala del 29 giugno scorso presso Villa dei Cedri a Valdobbiadene. All’evento era presente come special guest Tessa Gelisio, conduttrice di Cotto e Mangiato e di Pianeta Mare. Dalla Redazione di Premiata Salumeria Italiana i complimenti al vincitore!

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

135


Benedette scatolette

C

i nutriamo di scatolette. Perché non abbiamo tempo, non abbiamo fatto la spesa, siamo imbranati o abbiamo fame fuori orario. Per mille ragioni. Eppure, all’inappuntabile servizio fornito dal cibo conservato rispondiamo con l’atteggiamento afflitto di chi si è spinto fino all’ultima spiaggia. Questo manuale si propone di farci ricredere e con un atto di gratitudine dovuta dimostra che un’astuta combinazione di scatole e lattine e uno sforzo culinario pari allo zero possono riaccendere l’appetito e l’umore. La materia prima non manca, il mondo del cibo in scatola è vario, articolato e dotato di virtù insospettabili. Benedette scatolette, di Antonio Mungai, primo titolo della collana Emergency Exit, è un fantasioso ricettario realizzabile con pochi strumenti da principianti assoluti e al contempo una provvidenziale guida per muoversi tra gli scaffali del supermercato. Un talismano per singoli e singole, mariti soli in città, tiratardi cronici e occasionali, e gente di vela, cui è vietato sbagliare cambusa.

dell’autore e la sua concretezza come comunicatore conferiscono a Benedette scatolette sostanza e praticità.

L’autore ANTONIO MUNGAI è una figura molto nota del giornalismo enogastronomico. Ha lavorato a lungo nelle riviste di cucina Mondadori, per Il Giornale di Indro Montanelli e come direttore dei periodici specializzati del gruppo Sole24Ore rivolti alle imprese di ristorazione e dell’ospitalità. L’esperienza

La casa editrice E NDEMUNDE E DIZIONI nasce nella primavera del 2012 da un progetto di Andrea Garbarino, giornalista e scrittore milanese, portato avanti assieme alla figlia Elena. La proposta della casa editrice è quella di pubblicare testi introvabili, dimenticati o inediti in Italia. Libri originali e

ANTONIO MUNGAI Benedette scatolette Collana Emergency Exit Endemunde Edizioni www.endemunde.it Prezzo copertina: € 10,00

densi di sostanza, con i quali sia impossibile annoiarsi. Libri che danno voce a valori progressisti, libertà e sentimenti che la “società liquida” e il primato del soggettivo rischiano di sommergere. Libri anche belli da vedere, destinati a durare nel tempo (niente colla nella rilegatura ma solo filo) e ad essere collezionati. Ai testi vintage di saggistica e di narrativa, Endemunde affianca la collana Emergency Exit, dedicata a una serie di “istruzioni per l’uso della vita”, scritte da autori contemporanei in chiave ironica e disincantata. Endemunde è un vocabolo curioso, che non si trova su alcun vocabolario. Evoca un luogo nordico che Garbarino sostiene di aver visitato nel 1967 (ne parla lui stesso più sotto), ma soprattutto un mondo che sta per tramontare. Come tramontano imperi, città, modi di vivere. Il nostro mondo di oggi. Quello esausto del capitalismo, dell’economia del debito, delle libertà svendute. Il mondo degli squilibri sociali sempre più profondi, dell’agonia della natura e dell’ambiente, della volgarità transnazionale. Nel clima di smarrimento sociale di cui siamo testimoni è possibile che le persone più sensibili, più curiose e attente trovino nei libri di Endemunde conforto e motivi di riflessione. Ed è questo il concetto rappresentato nel marchio della casa editrice: un pianeta aggrovigliato, dal quale un uomo leggiadro, libero, sembra spiccare il volo.

La scatoletta (di tonno) non conosce crisi Tonno in scatola, una vera e propria passione. Sarà l’ottimo rapporto qualità/prezzo oppure le indiscutibili proprietà nutrizionali ma a questo alimento gli Italiani non sanno proprio rinunciare. Nel 2011, secondo le elaborazioni dell’Associazione Nazionale Conservieri Ittici su dati ISTAT, l’industria italiana del tonno in scatola ha evidenziato ottime performance confermando la vitalità di un comparto strategico per l’alimentare italiano. Il valore del settore del tonno in scatola nel 2011 è stato di 1,070 miliardi di euro. La produzione si è attestata a 68.000 t (+4,6% rispetto al 2010) mentre il consumo da parte degli Italiani ha toccato quota 141.000 t (+6%), pari a circa 2,3 kg pro capite. Nello stesso arco di tempo le importazioni di tonno in conserva hanno raggiunto quota 87.572 t (+8,4%) mentre le esportazioni si sono attestate sulle 14.972 t (+9,2%). Dati che collocano l’Italia come uno dei più importanti mercati al mondo per il consumo di questo alimento.

136

Premiata Salumeria Italiana, 4/12


e

x

perience

( 6 & 6 ( ,7$’’ 1 ( / / ( ' , 7 5 $ 9 , 5 3 1 12

02 1' $5 ( 3(/$ 5(

6*5$66$5(

LGR EQUIPMENT di Graziano Roncaglia Via per Castelnuovo R., 228 41126 PORTILE MODENA Premiata Salumeria Italiana, 4/12

Tel. 059 460847 Fax 059 461094 Cell 335 231249 www.lgritalia.com info@lgritalia.com

137


.r.l. s p u gro

1069/09

138

Via Scafatella C.da S. Maria La Nova (NA)Premiata Salumeria Italiana, 4/12 Cell. 347 5282864 - 328 7738467 – Tel.: +39 081.8513217 - Fax: 081.8600858


www.acetobalsamicodelduca.it

Premiata Salumeria Italiana, 4/12

139


O

NS

OR Z IO F I L I E

EN

BA

D

T

140

A

ACE

O

R

A

C

Eccellenze DOP e IGP - Territorio, Turismo, Ristorazione

LSA M

IC O D I

MO

Premiata Salumeria Italiana, 4/12 3DODWLSLFR 0RGHQD 6 U O 9LDOH 9LUJLOLR 0RGHQD 7HO )D[ LQIR#ODPEUXVFR QHW


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.