Premiata Salumeria Italiana 1-2023

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Autorizzazione del Consorzio del Prosciutto di Parma del 21-4-98 Periodico bimestrale per gli addetti ai lavori DALSALUMIFICIOALLASALUMERIANONSTOP Anno XXXV N. 1 Gennaio-Febbraio 2023 € 6,70
Territorio interessato alla produzione Antrodoco ed Amatrice www.mannetti.it

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Eurocarni – Premiata Salumeria Italiana – Il Pesce – Euro Annuario Carne – Euro Genuine Food Annuario del Pesce e della Pesca – US Annuario dei Fornitori della Sanità in Italia

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Guidi

EURO ANNUARIO CARNE 2023

Euro Annuario Carne

La banca dati internazionale del mercato delle carni sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore lavorazione, commercio e distribuzione carni.

Edizione 2023

Copia cartacea: € 95,00

Premiata Salumeria Italiana, 1/23 3
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€ 6,70
In questo numero: Agenda Bologna – Firenze – Parma 12 Immagini Salumeria altoatesina 14 Fotografati e mangiati Speck – Taralli scaldati – Müsli sticks – Salame di Norcia 16 Bottega moderna Catene luminose 18 La copertina esplosa Salame di suino nero Dal Massimo Goloso 20 Premiata Salumeria Italiana, 1/23 5
N. 1
A pagina 38. Eurocarni – Premiata Salumeria Italiana – Il Pesce – Euro Annuario Carne – Euro Genuine Food Annuario del Pesce e della Pesca – US Annuario dei Fornitori della Sanità in Italia € 6,70
Brevi storie di cibo lento Fratello e sorella Alessia Morabito 22 a velocità contemporanea Calendario fiere Fiere, eventi, convegni 2023 24 Dietro al banco Tre domande a Luigi Cucchi Elena Benedetti 28 Il food in rete Social food Elena Benedetti 30 Indagini DOP Economy superstar 35 Visual Diamo un’identità precisa alla nostra bottega Elena Benedetti 38 Marketing Il Biologico e le strategie della Moderna Distribuzione 42 Aziende Cesare De Stefani: la genialità, l’arte e la fantasia dei salumi Elisa Guizzo 44 Pasta Mannetti: oggi come allora, storia e tradizione in una nuova veste 48 Fratelli Corrà Massimiliano Rella 52 FISH DIFFERENT® by Calabraittica: sostenibili… prima Gaia Borghi 58 Salumi & Vvini Alto-Adige: salumi & vini Riccardo Lagorio 62 Consorzi Salumi piacentini DOP, fette di storia Riccardo Lagorio 70 Salumi in tavola Crudo di Cuneo nutriente e salutare Mara Antonaccio 72 Premiata Salumeria Italiana, 1/23 6 Periodico bimestrale per gli addetti ai lavori DALSALUMIFICIOALLASALUMERIANONSTOP Anno XXXV N. 1 Gennaio-Febbraio 2023 € 6,70
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In copertina: salame di suino nero Dal Massimo Goloso (photo © Massimiliano Rella).
A
30.
Premiata Salumeria Italiana, 1/23 8 www.premiatasalumeriaitaliana-online.com Speciale San Daniele San Daniele DOP Massimiliano Rella 76 Testa & Molinaro Massimiliano Rella 80 Filiera Uno Prosciutti Massimiliano Rella 84 San Dan prosciutti Massimiliano Rella 90 Il San Daniele in cucina Massimiliano Rella 94 Prodotti tipici La via della ventricina Riccardo Lagorio 98 Il gusto di camminare La meravigliosa avventura della Grande Randonnée 223 Elena Simonini 100 Eventi Evviva i Maestri Salumieri! 104 Rassegne Alambicchi accesi Massimiliano Rella 106 Fiere Torna Slow Wine Fair, la fiera del vino buono, pulito e giusto 108 iMEAT Fiera 2023, a Modena la macelleria e la gastronomia di qualità 110 Marca by BolognaFiere 2023, oltre le aspettative 112
A pagina 35. A pagina 70. A pagina 62.
Premiata Salumeria Italiana, 1/23 10 www.premiatasalumeriaitaliana-online.com Formaggio Il pecorino di Norcia Roberto Villa 116 Tra le nevi con gusto: il goloso richiamo del Puzzone di Moena DOP Chiara Papotti 118 Lo chef dell’olio L’olio extravergine di oliva al tempo dei social Fabrizio Bertucci 120 Aceto Aceto Balsamico di Modena IGP orgoglio italiano 122 Pane Non solo di grano Chiara Papotti 124 Dolci Gubana e Gubanerie Riccardo Lagorio 128 Tecnologie Cosa fa l’ERP CSB-System 132 Libri I Maccheroni di Casanova 134 Spaghetti e pomodori – Food Experience – Food marketing – 135 La bibbia dei libri di cucina – Riflessi sensoriali
A pagina 128. A pagina 84. A pagina 48.

AGENDA

Bologna

Slow Wine Fair torna per la seconda edizione a BolognaFiere da domenica 26 a martedì 28 febbraio. Organizzata da BolognaFiere e SANA, Salone Internazionale del Biologico e del Naturale, con la direzione artistica di Slow Food, la fiera è nata dal connubio fra la trentennale esperienza di BF nel mondo del biologico (grazie a SANA) e lo storico impegno di Slow Food sui temi della biodiversità, della sostenibilità ambientale e dell’equità sociale. Al suo debutto, lo scorso marzo, nonostante le difficoltà del periodo legate alle misure per il contenimento della pandemia, Slow Wine Fair ha attratto nel quartiere fieristico bolognese oltre 6.000 appassionati, buyer e professionisti, che hanno potuto degustare più di 2.300 etichette e conoscere ben 542 cantine (la metà delle quali certificate biologiche o biodinamiche), provenienti da 20 Paesi del mondo e da tutte le regioni italiane. Nella seconda edizione, Slow Wine Fair continuerà a promuovere i vini frutto di un’agricoltura sostenibile, che hanno come parole d’ordine la biodiversità, la tutela del paesaggio agricolo, l’uso ponderato delle sue risorse, la crescita culturale e sociale delle comunità contadine. Tra le conferme in programma, le masterclass, i convegni, i forum, gli eventi off e le degustazioni del banco di assaggio. Numerose, poi, le novità che Slow Wine Fair 2023 ha in serbo per il proprio pubblico: la prima consiste nell’allargamento della platea degli operatori coinvolti, che comprenderanno anche i produttori di soluzioni tecnologiche innovative, impianti, attrezzature e servizi connessi alla filiera del vino, i veri partner della sostenibilità. La seconda new entry riguarda, invece, l’universo delle bevande spiritose, dei distillati, degli amari, dei liquori e molto altro. Slow Wine Fair proporrà, dunque, un’esperienza unica e completa, che va dall’aperitivo al dopo pasto. slowinefair.slowfood.it

Firenze

“Jazzy” è il tema che darà ritmo alla prossima edizione di Taste, in calendario dal 4 al 6 febbraio presso la Fortezza da Basso di Firenze. Gusti, profumi, sapori cercati, coltivati, inventati e ritrovati, in perenne comunicazione, in continua sperimentazione. Il cibo, quello talentuoso, è ritmo, cadenza, battito, accordi e disaccordi, assonanze e dissonanze, note alte e basse alla ricerca di nuove armonie. Esperienze coinvolgenti, immersive, totalizzanti non concentrate su un singolo senso, ma sulla coralità dei cinque sensi. Esibizioni soliste, come quella di un ingrediente straordinario, accostamenti in forte contrasto o in sintonia, come il dolce e il salato, alleati o duellanti, fino ad arrivare all’energia collettiva di un’orchestra, quella di Taste, che sale sul palco unita, non mancando di sottolineare sempre il valore unico di ciascuna individualità. Molto interessante l’offerta espositiva di carni e salumi. Tra i nomi eccellenti dell’edizione 2023 ricordiamo Sergio Falaschi, Savigni, Bifulco Carni dal 1947, Antica Macelleria Falorni, Massimiliano Gatti Carni Pregiate, Re Norcino, Maiale Tranquillo e molti altri. taste.pittimmagine.com

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Modena

Torna a Modena iMEAT, 8a edizione che conferma come il tema della qualità delle carni italiane sia sentito e fortemente apprezzato dagli operatori del settore. iMEAT si terrà, come sempre, a Modenafiere, il 26, 27 e 28 marzo con tante novità e iniziative interessanti.

www.imeat.it

Parma

Dopo il successo dell’edizione 2022, torna Cibus Connecting Italy: dal 29 al 30 marzo, nei Padiglioni di Fiere di Parma, l’evento di riferimento dell’agroalimentare italiano si svolgerà con un format agile di soli due giorni. Il periodo scelto si integra perfettamente nel calendario fieristico internazionale (a Verona, dal 2 al 5 aprile si terrà Vinitaly), per consentire agli operatori internazionali di spende-re più giorni in Italia e conoscere da vicino le eccellenze alimentari made in Italy. Il salone, organizzato da FEDERALIMENTARE e FIERE DI PARMA, rappresenta un’opportunità per tessere e sviluppare relazioni commerciali a livello internazionale, grazie al programma di incoming strutturato su misura per i top buyer, che consentirà loro di scoprire il territorio nazionale. A Cibus istituzioni, associazioni di categoria, aziende e professionisti del settore agroalimentare italiano hanno inoltre l’occasione di delineare insieme le strategie per affrontare le sfide future della filiera.

Molte le novità, tra cui i nuovi focus espositivi: Cibus Ingredients, Cibus Ortofrutta e Cibus Integratori www.cibus.it

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In Alto Adige salumeria si legge Speck, IGP o Bauernspeck. Tuttavia, non è possibile non citare i Kaminwürzen, come quelli che ammirate in foto della Macelleria Hofer di Moso, salametti di suino o selvaggina affumicati o aromatizzati con peperoncino, i Würstel e altre preparazioni locali. Riccardo Lagorio è andato a bussare alle porte di cinque piccoli produttori di salumi altoatesini e a visitare altrettante tenute vinicole, raccontandoci i migliori abbinamenti trovati. Lo potete leggere a pagina 62.

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IMMAGINI

Da oltre 50 anni curiamo i nostri prodotti con grande amore. Selezioniamo solo le migliori carni di suini Italiani e le lavoriamo nel rispetto della tradizione.

FRANCESCHINI GINO & C. SRL Via dei Marmorari, 38 - 41057 Spilamberto (Mo) Tel. + 39 (0) 59784037 - Fax +39 (0) 59784075 - info@franceschinigino.it - www.franceschinigino.it
ph: Franceschini Vincenzo

SpeckTaralli scaldati

La loro passione? È lo speck ed è ben in evidenza nella ragione sociale. Huber Speck è a Foiana, frazione di Lana a due passi da Merano (BZ) ed è operativo dal 1969, oggi seconda generazione della FAMIGLIA HUBER. Oltre al Kaminwürz, un salamino affumicato caratteristico della zona alpina, a salumi stagionati e salami, la loro specialità è, appunto, lo speck. Prodotto senza sale nitrato, senza conservanti, ma solamente con sale marino e spezie di alta qualità, è un salume veramente speciale.

In abbinamento a pane croccante, formaggio e cetrioli e rigorosamente tagliato a bastoncini sottili, come suggerito dagli Huber.

>> Link: huberspeck.com

Si fa presto a dire taralli. Questi sono i Taralli scaldati di Riserva Domini, azienda che si impegna da sempre nel tramandare il sapere e custodire il sapore del buon cibo pugliese. LUCA BARBONE scrive su riservadomini.it che l’azienda nasce dalla voglia di raccontare la sua terra e le sue tradizioni, di far conoscere la sua cucina semplice e genuina e da una scelta temeraria fatta per pura passione. È partito così con la produzione di olio extravergine di oliva da monocultivar Coratina per poi aggiungere taralli, orecchiette, friselle, conserve sottolio, olive, salsa, vincotto. Questi in foto sono i suoi taralli tondi speziati alla cipolla e prodotti con farina tipo 00, olio evo (25%), vino bianco, sale, lievito di birra e cipolla. Perfetti con un calice di Castel del Monte DOC Aglianico.

>> Link: riservadomini.it

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FOTOGRAFATI E MANGIATI

Müsli sticks Salame di Norcia

La pasticceria Oliver Gasser di GASSER BROTHERS & CO. a Luson (BZ) produce delle barrette di muesli che sono un sogno! “Il segreto delle nostre creazioni è racchiuso nei nostri ingredienti naturali. Ci ispiriamo a ricette tradizionali e le interpretiamo in modo moderno, mantenendo viva l’anima dell’arte panificatoria tradizionale” scrivono i FRATELLI GASSER sul loro sito baeckerei-gasser.it. Tra l’ampia offerta di pane, pasticceria fine, strudel, confetture e altri dolci e torte noi abbiamo assaggiato questi müsli sticks. Con il 39% di miscela secca, mandorle, noci, semi di girasole, fiocchi d’avena, nocciole, semi di zucca, uva sultanina, olio di semi di cottone e olio di girasole.

Per la colazione o una pausa-snack salutare e piacevole.

>> Link: olivergasser.it

L’Antica Norcineria Fratelli Ansuini di Norcia (PG), nel cuore dell’Umbria, produce tra i tanti salumi anche un ottimo salame di Norcia in budello naturale, il cui peso varia tra i 500 e i 600 grammi. L’originale ricetta con vari tagli del suino macinati a grana media, tramandata dai mastri norcini, conferisce al prodotto un gusto davvero unico.

In abbinamento a pane “sciocco” e un calice di buon rosso umbro.

>> Link: ansuininorcia.com

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BOTTEGA MODERNA

Catene luminose

L’illuminazione decorativa è importantissima nel design dei locali di vendita e somministrazione food & wine perché crea l’atmosfera giusta per ogni tipo di ambiente e aiuta il cliente a vivere (e ricordare e quindi ripetere) un’esperienza personale che è visiva oltre che gustativa. Ecco perché l’illuminazione può essere un elemento utilissimo per creare l’ambientazione giusta, anche con investimenti davvero limitati

Un’idea facile da realizzare e di sicuro impatto per ammodernare la propria salumeria è data dalle catene luminose per interni. Già conosciamo quelle per esterni che d’estate abbelliscono giardini, cortili e spiagge. Ne esistono anche per interni e il risultato di calore e atmosfera contemporaneo sono assicurati.

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La bontà dei salumi San Bono è passione, è il rispetto del territorio, è la tradizione di lavorare materie prime selezionate e ingredienti naturali, seguendo ricette sedimentate nel tempo. Aggiungiamo quel pizzico di creatività per rendere i prodotti unici.

Una collezione di prodotti, per soddisfare tutte le esigenze dei tuoi clienti, anche di quelli più esigenti.

Via Augusto Vaccari 28/30 29028 Ponte dell’Olio (PC) Tel. 0523-877625 www.sanbono.it
Periodico bimestrale per gli addetti ai lavori DALSALUMIFICIOALLASALUMERIANONSTOP Anno XXXV N. 1 Gennaio-Febbraio 2023 20 COPERTINA Autorizzazione d Consorzio d Prosciutto d Parma d 21-4-98 D A L S A L U M I F I C I O A L L A S A L U M E R I A N O N S T O P € 6,70 Premiata Salumeria Italiana, 1/23
LA COPERTINA ESPLOSA

“Il nostro maiale nero è un piccolo progetto a km 0 in crescita e nasce dalla voglia di allevare una razza di suini di altissima qualità qui in Trentino inesistente. Al momento il nostro piccolo allevamento conta circa 30 capi, con un verro e 3 scrofe da riproduzione; vengono fatte solo due macellazioni all’anno di circa 5/6 capi per macellazione, quindi la quantità è veramente limitata (una decina di suini all’anno). Questo per offrire un prodotto realmente di nicchia” riporta il sito web della macelleria-salumeria Dal Massimo Goloso di Coredo (TN).

Per la copertina di questo numero abbiamo scelto il loro Salame di suino nero tagliato al coltello, un piccolo capolavoro! È realizzato da Massimo Corrà e dalla sua famiglia con le carni dei loro maiali neri allevati allo stato brado, il cui grasso è quindi particolarmente ricco di Omega-3 e Omega-6 e il sapore molto più deciso. Fatto interamente a coltello con sale e pepe, è stagionato per circa 2 mesi. dalmassimogoloso.com g

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BREVI STORIE DI CIBO LENTO A VELOCITÀ CONTEMPORANEA

Fratello e sorella

di Alessia Morabito (illustrazioni di Alessia Serafini)

Ho iniziato il 2023 con una vacanza, giusto per prendere la rincorsa e dar forza ai buoni propositi per l’anno nuovo. I biglietti per il viaggio sono stati il regalo di mio fratello. Siamo andati assieme, lui ed io, da soli, per la prima volta. Quattro giorni nell’eclettica Berlino, saltellando dalla comunità vietnamita alla fondazione giapponese, il ristoro armeno, il museo nazionale, il mercato turco e notturne “tisane” alcoliche in locali misteriosi e fumosi.

Francesco è nato che avevo undici anni e ho tantissimi ricordi di quando non ero ancora una sorella. Sono ricordi perlopiù silenziosi con brusii di sottofondo. Dopo è stato il caos e il mio nome gridato da un’altra stanza, dal giardino, dal fondo della strada.

A vent’anni sono andata a vivere da sola una vita agitata e nomade. Mio fratello ha scelto invece una vita stanziale, turbolenta nei moti dell’anima.

Abbiamo ritmi di vita frenetici, non siamo mai veramente sereni, mai abbastanza soddisfatti, abbiamo molte comunicazioni demenziali, esilaranti ed insignificanti, qualcuna più seria, di confronto, quando serve.

Quando siamo assieme, per magia ci quietiamo, come se ritrovassimo un universo nostro senza dimostrazioni e giudizi.

Scendiamo dall’aereo, ci viene a prendere Giovanni, è l’ora di cena, andiamo nella mia pizzeria preferita. Ci sediamo, ordiniamo e nell’attesa Salvo ci porta un vassoio di focaccia appena sfornata e mortadella profumata, l’abbinamento migliore che vi sia. Sorrido, guardo Francesco mangiare focaccia e mortadella

La Mortadella ha la sua casa privilegiata a Bologna, è un salume antico e piuttosto documentato nel suo passaggio tra i secoli, compresa la codifica della sua produzione nel 1661 e l’apposizione del sigillo della Società dei Salaroli come garanzia di qualità.

Nel 1998 è stata dichiarata IGP, nel 2001 è stato fondato il Consorzio Italiano Tutela Mortadella Bologna per la protezione, la valorizzazione e la promozione.

Tecnicamente è un salume cotto, miscela di carne a pasta molto fine e lardelli, aromatizzato con spezie. La pezzatura ovale, la fetta circolare, il colore rosa vivo, il profumo di paradiso. Mi piace abbinare la mortadella con pan dolce tostato e amarene brusche, ma mi perdo immancabilmente in un morso di focaccia e mortadella.

La mortadella è un simbolo italiano nel mondo, come testimonia anche l’omonimo film di Mario Monicelli del 1971 dove il personaggio interpretato da Sofia Loren vola fino a New York per unirsi al suo promesso sposo portando seco il regalo degli ex colleghi, una mortadella, che viene bloccata dalle leggi statunitensi ma che lei si rifiuta di lasciare in aeroporto.

Nel mio ricordo più sereno non c’è mio fratello, c’è la mortadella, ma giuro che è soltanto una questione anagrafica.

Estati, libri illustrati, vestiti di cotone, Romito, linea turchese del mare, pini, cicale, Aurelia, asfalto che tremola e cangia, alla radio “Notte rosa” di Umberto Tozzi, l’auto sportiva di mio padre, le gambe che si appiccicano alla pelle dei sedili.

Sosta bordo strada, mamma scende dall’auto, attesa, ritorno, profumo di mortadella in auto, attivazione sistema limbico, rilascio di serotonina, serenità.

Sì, dovrebbero annoverare la mortadella negli antidepressivi naturali, senza controindicazioni

Da domani il solito tormento, ma ancora per stasera, siamo sereni entrambi.

E, non l’ho detto, non gliel’ho mai detto, ma quando è nato Francesco la mia vita è diventata da serena a bella.

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Fiere, eventi, convegni 2023

ITALIA

Marca by BolognaFiere

Bologna, 18-19 gennaio

Organizzazione: BolognaFiere marca.bolognafiere.it

Identità Golose Milano

Milano, 28-30 gennaio

Organizzazione: MAGENTAbureau www.identitagolose.it

Taste

Firenze, 4-6 febbraio

Organizzazione: Pitti Immagine taste.pittimmagine.com

iMEAT® by Ecod

Innovazione in Macelleria

Modena, 26-28 marzo

Organizzazione: Ecod Srl Unipersonale imeat.it

Premiata Salumeria Italiana, 1/23 24 CALENDARIO FIERE

Cibus Connecting Italy

Parma, 29-30 marzo

Organizzazione: Fiere di Parma cibus.it

Vinitaly

Salone Internazionale dei vini e distillati Verona, 2-5 aprile

Organizzazione: VeronaFiere vinitaly.com

Sol&Agrifood

Salone Internazionale dell’Agroalimentare di Qualità

Verona, 2-5 aprile

Organizzazione: VeronaFiere solagrifood.com

B/Open

Verona, 2-5 aprile

Organizzazione: VeronaFiere b-opentrade.com

Formaggio in Villa

Rassegna nazionale dei migliori formaggi e Salone dell’alta Salumeria

Cittadella (PD), 14-17 aprile

Organizzazione: Guru Comunicazione formaggioinvilla.it

Tuttofood

Milano Rho, 8-11 maggio

Organizzazione: Fiera Milano tuttofood.it

TuttoPizza

Salone internazionale della pizza

Napoli, 23-25 maggio

Organizzazione: Squisito Eventi tuttopizzaexpo.com

SANA

Salone Internazionale del Biologico e del Naturale Bologna, 7-10 settembre

Organizzazione: BolognaFiere sana.it

HostMilano

Milano, 13-17 ottobre

Organizzazione: Fiera Milano host.fieramilano.it

Champagne Experience

Modena, ottobre(date da definire)

Organizzazione: Società Excellence champagneexperience.it

Cibus Tec

Inspiring Innovation in Food and Beverage Technologies

Parma, 24-27 ottobre

Organizzazione: Koeln Parma Exhibitions cibustec.it

Golosaria Milano

Milano, 4-6 novembre

Organizzazione: Comunica Società Benefit golosaria.it

Merano WineFestival Merano (BZ) 10-14 novembre

Organizzazione: Gourmet’s International meranowinefestival.com

Gustus

Expo dei sapori mediterranei Napoli, 19-21 novembre

Organizzazione: Gustus Napoli www.gustusnapoli.com

Premiata Salumeria Italiana, 1/23 25

Biofach

Norimberga (D)

14-17 febbraio

Organizzazione: NürnbergMesse – Biofach www.biofach.de

Winter Fancy Food Show

Las Vegas (USA)

15-17 febbraio

Organizzazione: SDA Specialty Food Association www.specialtyfood.com

Gulfood

Dubai (EAU)

20-24 febbraio

Organizzazione: Gulfood www.gulfood.com

MEAT ATTRACTION

International Meat Fair

Madrid (E)

6-8 marzo

Organizzazione: Ifema Madrid ifema.es/en/meat-attraction

SIAL America

Las Vegas (USA)

28-30 marzo

Organizzazione: Comexposium sial-network.com

ESTERO

Gourmet Discovery

Amburgo (D), 3-4 aprile

Organizzazione: Comexposium gourmet-discovery.de

Interpack

Processing & Packaging

Düsseldorf (D)

4-10 maggio

Organizzazione: Messe Düsseldorf GmbH www.interpack.com

SIAL Canada

Toronto (CA), 9-11 maggio

Organizzazione: Comexposium sialcanada.com

PLMA’s

World of Private Label Trade Show

Amsterdam (NL)

23-24 maggio

Organizzazione: Private Label Manufacturers Association International Council plmainternational.com

Bellavita Expo London

European Pizza & Pasta Show

Londra (UK), 21-22 giugno

Organizzazione: Bellavita Expo bellavita.com

Summer Fancy Food Show

New York City (USA), 25-27 giugno

Organizzazione: Specialty Food Association, Inc. specialtyfood.com

Anuga

Colonia (D), 7-11 ottobre

Organizzazione: Koelnmesse www.anuga.com

Süffa Stoccarda (D), 21-23 ottobre

Organizzazione: Landesmesse Stuttgart Gmbh www.messe-stuttgart.de/sueffa/en

Gastronomic Forum Barcelona Barcellona (E), 6-8 novembre

Organizzazione: Alimentaria Exhibitions gastronomicforumbarcelona.com

TRE DOMANDE a Luigi Cucchi

Inizia con questo numero della rivista una nuova rubrica che vuole dare voce alle professioniste e ai professionisti delle più belle e innovative botteghe italiane. Per comprendere — attraverso 3 domande e 3 risposte — la loro visione di questa professione in continuo cambiamento. Per scoprire qualcosa di più di chi fa questo lavoro con passione e dedizione tra le mille difficoltà di oggi

Cucchi dal 1984 – Il gusto della tradizione è una moderna macelleria, salumeria (oltre che salumificio) e gastronomia in quel di Castrezzato, in provincia di Brescia. “La bottega è nata dalla grande voglia di condivisione di un percorso di vita, il nostro, quello della nostra famiglia. Conosciamo nel dettaglio ogni prodotto che vi proponiamo perché l’abbiamo selezionato o preparato con il cuore. Macelleria e salumeria, gastronomia, formaggi, ortofrutta e alimentari in genere”: così si presentano sul loro sito macelleriacucchi1984.it Diamo la parola a LUIGI CUCCHI, anima di una bottega che è tante cose, tutte fatte magnificamente.

Quanto è cambiata la professione di salumiere negli ultimi 10 anni?

«Anche la salumeria, settore fortemente legato alla tradizione, negli ultimi anni ha dovuto adeguarsi alla trasformazione della società e dei consumi. L’attenzione dei consumatori all’aspetto “salutistico” del cibo ha per un certo verso messo in discussione la nostra professionalità e i nostri metodi di lavoro. Ecco allora che, attenti a queste nuove sensibilità, abbiamo corretto il nostro modus operandi, riformulando le ricette tramandate dalla nostra famiglia con particolare attenzione, ove possibile, alla riduzione dei grassi e di sale.

Per soddisfare le nuove modalità di consumo, ormai da quarant’anni

abbiamo dedicato parte del banco alla gastronomia con prodotti pronti da riscaldare o da consumare tali e quali nel periodo estivo.

L’inserimento della cucina ci ha permesso anche di completare le proposte delle preparazioni di salumeria, con l’offerta di prodotti precotti come cotechini e sopresse, confezionati poi in buste termoresistenti pronti per essere riscaldati a casa in poco tempo.

Altro reparto sempre apprezzato è l’enoteca, dove al cliente piace sempre trovare nuove proposte e dove gradisce essere accompagnato per trovare il giusto abbinamento e creare quella piacevole armonia che esalta il sapore dei cibi.

Premiata Salumeria Italiana, 1/23 28 DIETRO AL BANCO

È naturale, quindi, che ci siamo dovuti arricchire di nuove competenze per migliorare, oltre al nostro assortimento, anche la nostra professionalità, per di offrire alla nostra clientela, sempre più attenta ed esigente, un servizio adeguato».

Cosa cercano oggi i clienti?

«È sempre più evidente che, anche nel cibo, i clienti siano alla ricerca di “un’esperienza”. Noi cerchiamo di comprendere le loro necessità e di consigliarli al meglio, per offrire oltre al nostro migliore prodotto anche il valore aggiunto dei nostri suggerimenti, perché in ultima analisi il fattore umano è sempre determinante».

Quanto è importante l’esposizione dei prodotti, dentro e fuori dal banco?

«L’esposizione è la prima vendita: nel commercio questo detto è sempre attuale, sono cambiati nel tempo i modi di concretizzarlo. Allestire in modo accattivante le nostre vetrine, il nostro negozio e, soprattutto, il nostro banco è di primaria importanza, è il nostro più bel biglietto da visita a cui dedichiamo tanto tempo e tante cure.

Devo però sottolineare che in questi ultimi anni le nuove tecnologie hanno allargato in maniera esponenziale i nostri orizzonti, e i dispositivi di ultima generazione che ci permettono di raggiungere con un tocco l’altro capo del mondo ci stanno dando dei riscontri per

certi versi inaspettati, visto le commesse arrivate anche d’oltreoceano. Con questi mezzi riusciamo a far conoscere non solo i nostri prodotti, ma anche il nostro metodo di lavoro, quello che mettiamo nei prodotti che produciamo, non inteso come ingredienti, ma la nostra etica. A questo noi dedicheremo sempre più attenzione e risorse».

Cucchi Dal 1984 –

Il Gusto della tradizione Piazzale Risorgimento 11

25030 Castrezzato (BS)

Telefono: 030 7146297

E-mail: info@macelleriacucchi1984.it

Web: macelleriacucchi1984.it

Premiata Salumeria Italiana, 1/23 29

1. Stefano Cavada, idee food

Sul suo profilo instagram.com/stefanocavada conta oltre 85K followers che prendono ispirazione dalle sue ricette per realizzare piatti gustosi e innovativi. Si chiama Stefano Cavada (stefanocavada.it), è altoatesino, blogger e food influencer. In foto gli hot cross buns, tipici della Pasqua inglese. Buonissimi e bellissimi (photo © instagram.com/stefanocavada).

2. Salmone scozzese in salumeria

“Acqua, salmone, le Highlands e le isole scozzesi: ecco un assaggio dei luoghi in cui lavoriamo e del bellissimo ambiente che amiamo così tanto”. Questa la presentazione del feed di Loch Duart su instagram.com/lochduartsalmon, azienda d’eccellenza nella produzione di salmone (photo © instagram. com/lochduartsalmon).

Premiata Salumeria Italiana, 1/23 30 IL FOOD IN RETE
SOCIAL di Elena
2 1

FOOD

3. News e articoli, no password

Due comunicazioni di servizio utili dalla Redazione web di Premiata Salumeria Italiana: lo sapevate che su premiatasalumeriaitaliana-online.com è disponibile senza password la possibilità di fare ricerca nel nostro archivio di articoli pubblicati dal 1996 a oggi? State cercando un contenuto pubblicato?

Un nome? Un’azienda? Un prodotto? In pochi secondi avete accesso a tutto il nostro archivio. Facile e liberamente accessibile. Altra info: su pubblicitaitalia.com/it/food/news ogni giorno carichiamo le notizie del comparto salumi e prodotti di salumeria. Solo per voi!

4. Costagroup, idee e ispirazioni

Bello il profilo instagram.com/costagroupofficial di Costagroup, azienda leader in arredi tailor-made per locali settore Food e Retail (costagroup.net). Utile per trovare idee e ispirazioni oltre a locali di tendenza come La Prosciutteria, punto di riferimento della città di Parma. “Al suo interno la cultura culinaria parmigiana è la regina. Abbiamo pensato, quindi, a un locale dove chiunque vi entri venga immerso tra i sapori e i profumi del prosciutto, dei formaggi esposti, e dei prodotti tipici” (photo © Silvano Romani, instagram.com/ costagroupofficial).

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Benedetti
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gruppo

DOP ECONOMY SUPERSTAR

Il XX Rapporto Ismea-Qualivita descrive

i risultati del settore DOP-IGP che torna a crescere nel post-pandemia: +15,1% e l’export vola a 10,7 miliardi. Record da 19,1 miliardi nel 2021

Èmolto più di una semplice ripresa della DOP Economy italiana quella descritta dai dati del XX Rapporto IsmeaQualivita: dopo un 2020 segnato dalla pandemia, nel quale il settore aveva comunque mostrato una buona capacità di tenuta e continuità produttiva, il comparto del cibo e del vino DOPIGP nel 2021 ha raggiunto un valore complessivo alla produzione pari a 19,1 miliardi di euro e un export da 10,7 miliardi di euro. Risultati record, che portano a quota 21% il contributo del comparto DOP-IGP al fatturato complessivo del settore agroalimentare nazionale. Un quadro che delinea una grande forza propulsiva da parte delle filiere dei prodotti DOP-IGP, da sempre

espressione di un patrimonio economico per sua natura non delocalizzabile, frutto del lavoro coeso di un sistema complesso e organizzato che in tutto il territorio nazionale coinvolge 198.842 operatori e 291 Consorzi di tutela autorizzati dal Ministero.

DOP Economy, contributo del 21% all’economia agroalimentare nazionale

La produzione certificata DOP-IGP agroalimentare e vinicola nel 2021 raggiunge un valore di 19,1 miliardi di euro. Un dato che, dopo il segnale di stop del 2020 (–2,0% su base annua), riprende con un +16,1% il trend di crescita degli ultimi dieci anni. Il comparto cibo DOP-IGP sfiora gli 8

miliardi di euro (+9,7%), mentre il settore vitivinicolo supera gli 11 miliardi di euro (+21,2%), valori che portano per la prima volta a quota 21% il contributo della DOP Economy al fatturato complessivo dell’agroalimentare nazionale: più di un euro su cinque del cibo e del vino italiano è generato da prodotti DOP-IGP.

I numeri

• 98 mln: valore alla produzione

• 12 mln: valore all’export

• 10.406: operatori

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Export oltre i 10 miliardi

Sul fronte delle esportazioni, le DOP-IGP agroalimentari e vitivinicole nel 2021 raggiungono i 10,7 miliardi di euro, per un peso del 21% nell’export agroalimentare italiano complessivo. Un risultato che è somma di un “doppio record” con il cibo a 4,41 miliardi di euro e un +12,5% su base annua e il vino a 6,29 miliardi di euro (+13,0%). In particolare si registrano crescite a due cifre per le principali categorie, dai formaggi (+15%) agli aceti balsamici (+11%) ai prodotti a base di carne (+13%). Il vitivinicolo è trainato dai vini DOP (+16%), con in testa gli spumanti (+25%).

Impatto regioni

Relativamente agli impatti economici delle filiere DOP-IGP, il 2021 fa registrare una crescita per 18 regioni su 20, con oltre la metà dei casi che segna variazioni percentuali a doppia cifra. Le quattro regioni del Nord-Est rafforzano il ruolo di traino economico, superando per la prima volta complessivamente i 10 miliardi di euro. Salgono anche NordOvest (+10,8%) e Centro (+15,5%). Significativo il dato per Sud e Isole, unica area in crescita nel 2020 (del +7,5%), nel 2021 segna un ulteriore +13,2%.

GDO, canale driver conferma la crescita nel post-pandemia

Dopo il balzo degli acquisti nella GDO del 2020, di riflesso alla pandemia e alle restrizioni sugli altri canali, che per

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Salame Piemonte IGP.

il paniere DOP-IGP si è tradotto in una progressione della spesa del +6,4% (+9,7% considerando le sole vendite a peso fisso), l’analisi del 2021 e dei primi nove mesi del 2022 mostra una sorprendente tenuta dei risultati nella

GDO. Nel 2021 le vendite in valore di cibo e vino DOP IGP hanno registrato su base annua una lievissima flessione (–0,5%), che diventa variazione positiva considerando solo le vendite a peso fisso (+0,7%), un trend confermato anche nei

primi nove mesi del 2022. Le vendite dei principali prodotti DOP-IGP nella GDO italiana superano i 5 miliardi di euro di giro di affari (fonti: Qualivita, qualivita.it, qualigeo.eu; ISMEA, ismea. it, ismeamercati.it).

Una sinfonia di prelibatezze

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DIAMO UN’IDENTITÀ PRECISA ALLA NOSTRA BOTTEGA

Come? Attraverso il visual merchandising e seguendo i suggerimenti di Francesca Zorzetto

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Il canale tradizionale dei negozi di quartiere, delle gastronomie e delle salumerie, è un’eccellenza del retail food che il mondo ci invidia, per qualità e assortimento di prodotti unici dei territori dal Nord al Sud Italia. Un confronto con punti vendita all’estero, soprattutto in Centro-Nord Europa, fa però emergere anche una scarsa attenzione all’allestimento e alla comunicazione verso il cliente, con pochi criteri espositivi certi sul visual merchandising del food. Con questa rubrica vogliamo dare idee e stimoli per rendere un allestimento tradizionale più funzionale alle vendite.

Prosegue su questo numero la nostra ricerca di soluzioni e suggerimenti per salumerie e botteghe di gastronomia in materia di visual merchandising e allestimento prodotti. Come anticipato sul n. 5/2022 di PREMIATA SALUMERIA ITALIANA (Allestimento creativo e innovativo, pagina 50), si tratta di un tema complesso, che richiede attenzione e focus.

L’organizzazione degli spazi e dei prodotti all’interno di un negozio è tutto fuorché scontata e semplice: è infatti necessario ricreare degli ambienti stimolanti ed emotivamente coinvolgenti che permettano al cliente di orientarsi facilmente nelle scelte d’acquisto senza trascurare l’aspetto prevalentemente visivo. È quindi ora di prendere in considerazione l’aspetto dell’organizzazione degli spazi di vendita e del giusto collocamento dei prodotti in modo più strategico. L’obiettivo è duplice: valorizzare i prodotti e incentivarne la vendita

In questo articolo riprendiamo alcuni concetti esposti da FRANCESCA ZORZETTO, esperta di retail e visual merchandising (milanretailstore.com).

Nei negozi di abbigliamento diamo per scontato che il posizionamento degli articoli e oggetti in vendita sia calcolato e studiato ai fini dell’ottimizzazione delle vendite. E nel food? Francesca Zorzetto ha evidenziato, giustamente, a parer nostro, che nel food sono pochi i criteri espositivi certi sul visual merchandising.

“Come si può costruire il visual merchandising per il food? Per prima cosa diamo una definizione. Non è ‘l’impiattamento’ a cui ci hanno abituato tante trasmissioni televisive di successo o il food design, che lavora sulla trasformazione delle materie prime. Quando penso al visual per il food penso ad applicare criteri espositivi che rendano performante un bar, un ristorante o un negozio di alimentari, un’enoteca, una

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pasticceria. Osservo come cliente ed esperta di visual merchandising molti locali senza un’identità precisa, con concept tutti uguali e spesso pieni di elementi incoerenti. Ci sono anche molto case history interessanti che seleziono durante i miei visual tour. Quello che manca o non è organizzato sono dei criteri espositivi generali Esempi belli, ma come si possono poi replicare? Ovviamente nelle mie considerazioni non considero grandi catene organizzate, ma anche tutta un’infinità di locali indipendenti che popolano il mercato. Considero anche i negozi, le gastronomie e i panifici, ad esempio, che sempre di più si organizzano per creare anche spazi dove i clienti possono consumare sul posto gli acquisti” scrive Francesca Zorzetto sul suo blog.

Ed è proprio così, la percezione è quella di avere in Italia moltissime realtà del canale tradizionale, salumerie, negozi alimentari, botteghe gourmet che offrono prodotti super selezionati tra salumi, formaggi, paste, oli, vini e

In alto: i divertenti pacchi di pasta che giocano con le forme delle trafilature e le pettinature dei capelli sono opera del grafico russo Nikita (photo © Nikita Konkin).

In basso: i punti vendita Eataly, concept nato nel 2007 per opera di Oscar Farinetti, si caratterizzano per una “spettacolarizzazione” che arricchisce l’esperienza di acquisto e di consumo. I prodotti non vengono semplicemente messi a disposizione del consumatore ma raccontati e spiegati (storytelling) e in questo modo valorizzati.

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molto altro ancora ma che si presentano senza una vera identità. Come se bastasse avere i prodotti giusti per attirare il cliente senza badare a come questi sono presentati, esposti, valorizzati, raccontati

Zorzetto ha quindi messo a punto 5 parole chiave che dovrebbero aiutare chi oggi vuole avventurarsi nel visual food merchandising. “Il food è il prodotto dal ciclo di vita più breve e più consumato al mondo e proprio dall’osservazione del settore scopriamo nuovi trend. In Italia domina pensieri e conversazioni, oltre che i media. Per questo creare anche una cultura strutturata di visual merchandising per il food è una meravigliosa sfida e opportunità. Ecco le mie key word, un punto di partenza: Prodotto, Presentazione, Packaging, P.o.p. (materiale) e Progetto”.

1. Prodotto

Per il prodotto food le caratteristiche qualitative e materiali sono fondamentali. “Ogni scelta di visual merchandising deve partire da qui. Nella scelta di un locale o di un negozio dove acquistare oltre che gli aspetti del gusto, del sapore e della scelta, della presentazione, igiene, pulizia e freschezza sono quello che, come clienti, cerchiamo. In generale gli aspetti visibili di conservazione dei prodotti, lo stato delle confezioni”.

2. Presentazione

“Sinonimo di display, è elemento importantissimo, la chiave della creazione di criteri espositivi per il food. Molte domande e ricerche da fare sul campo, ma qualche certezza. Massificare è importante. Cosa vuol dire? Che nulla è più triste di un banco gastronomia, vuoto con poche opzioni, di un’alzatina per le torte con una sola fetta. Quindi la produzione, gli ordini, il riassortimento sono la chiave strategica del successo. Certo, se voglio enfatizzare una bottiglia di vino dall’annata strepitosa, la isolerò come se fosse un gioiello, magari costruendo un display con bicchieri di degustazione e un cavatappi di design, per aprirmi anche al cross merchandising. Se una pasticceria è riconosciuta per una ricetta, una torta speciale, può creare una vetrina solo con quella, magari in grandezze o varianti diverse. Così come è intuitivo che ogni presentazione nel food terrà presente

Francesca Zorzetto si presenta

“MilanRetailStore è il mio blog che nasce dalla mia passione per il retail, il visual merchandising e la formazione. Il mio obiettivo è condividere conoscenze ed esperienze, attraverso la scrittura (sono giornalista dal 2011), il public speaking in fiere di settore o in workshop aziendali e attraverso la costruzione di percorsi di crescita su misura. Mi piace proporre corsi immersivi ed esperienziali come visual e retail tour o laboratori in store e organizzare le conoscenze e le buone pratiche aziendali in retail e visual book. Negli anni, oltre alla docenza in presenza, ibrida e on-line ho avuto l’opportunità di progettare e coordinare percorsi in prestigiose academy. Il mio punto di forza? La trasversalità dei mercati: sono infatti partita dal fashion per declinare il mio know-how in settori diversi: accessori, home & furniture, beauty ed estetica, food, gioielli e sportswear. Sono curiosa e anche se lo store fisico è il mio ‘regno’ mi interessa l’impatto del digital in store e il Metaverso”.

>> Link: milanretailstore.com

del valore dello spazio e delle basi della percezione visiva. Con l’avvertenza che nel food, oltre la vista, gusto e olfatto sono i sensi da solleticare. In sintesi, se un panino a vedersi non sembra buono, io consumatore avrò l’immediata percezione che non ha avrà un buon gusto”.

3. Packaging

“Quanto conta il packaging per il successo di un prodotto alimentare? Tantissimo. Ma non solo perché la confezione fa parte della presentazione e della sicurezza, ma perché mi aiuta a scegliere. Viviamo nell’era delle nicchie alimentari, persone che per scelte etiche religiose o di salute evitano ingredienti o materie prime. Ecco: il packaging dà informazioni immediate e veloci che aiutano a scegliere, oltre che a rispettare normative. Quindi va studiato con grande attenzione e aiuta la presentazione. Pensate alla ricerca attorno alle etichette del vino”.

4. P.o.p.

“Inteso come materiale p.o.p. (acronimo che sta per Point Of Purchase, ossia punto vendita), la comunicazione in store tradizionale o digitale che aiuta a costruire il food theatre. Il materiale p.o.p. aiuta a costruire uno storytelling attorno al food, come Eataly e Grom insegnano. Anche se un uso improprio

crea un effetto negativo. Fermiamoci a pensare al target, ai propri valori, alle modalità di consumo e acquisto, alla strategia di comunicazione, all’identità. Torniamo ai fondamentali: un’immagine o un video è più forte delle parole, ma a volte stampare una ricetta del mese dietro uno scontrino o la lista degli ingredienti a fianco dei gelati è più importante. Comunichiamo troppo o troppo poco, dipende: quello che osservo è che a volte si comunica a caso. Resto convinta che il materiale p.o.p. sia una grande risorsa”.

5. Progetto

“Ogni locale, ogni negozio deve avere la sua identità che si esprime attraverso colori, arredi, materiali, forme e design. Cosa importante: deve essere costruito su misura, attorno al prodotto e all’idea di impresa. Non una cattiva copia del locale più di successo della piazza o anonimo o un mix di attrezzature acquistate in una fiera di settore. A volte una vecchia trattoria di campagna emoziona più di un locale in città bello ma freddo, la prima è autentica, anche se i quadri alla parete sono di cattivo gusto. Allora il progetto è sicuramente una voce su cui non risparmiare. Anche perché, se un locale, un negozio specializzato ha successo, il format si può replicare”.

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IL BIOLOGICO

E LE STRATEGIE DELLA MODERNA

DISTRIBUZIONE

Razionalizzazione vs valorizzazione: sono le differenti risposte alla riduzione dei consumi. Un focus di SG Marketing volto ad indagare il percepito della Distribuzione Moderna nei confronti del Bio

Uno sguardo alle statistiche dimostra che i dati sul consumo del prodotto biologico sono in riduzione del 2% sul canale super e del 4,6% sui negozi di vicinato. Una riduzione dei consumi che riguarda quindi il canale principale di vendita dell’ortofrutta fresca e quello che più risente della competizione del discount.

Mentre la GDO tradizionale soffre, il discount cresce ed aumenta la propria quota di vendita del 13,8%, nel periodo luglio 2022 vs luglio 2021 (fonte dati: NIELSEN). Questa situazione sembra essere figlia di due strategie completamente diverse.

La GDO registra una riduzione delle referenze bio a scaffale, rispettivamente con un calo del –5,3% negli ipermer-

cati e del –3,9% nei supermercati. Per contro i discount, competitor sempre più agguerriti della GDO tradizionale, accelerano, proponendo una gamma di prodotti più ricca del 18,5%. In risposta a questi segni di difficoltà, iper e super hanno razionalizzato gli assortimenti, concentrandosi sulle referenze altovendenti. Al contrario i discount hanno ampliato il proprio assortimento ed in

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questo modo hanno intercettato nuove fette di consumatori.

Di qui il punto di riflessione che si apre: è corretta questa strategia di riduzione degli assortimenti o la distribuzione corre il rischio di appiattire l’offerta e di fatto risultare sovrapponibile al discount diventando sostituibile per il consumatore?

Il discount italiano, ormai, può essere considerato di fatto un supermercato di dimensioni sempre più importanti (fino ai 1.500 metri), con un assortimento in crescita nel comparto dei freschi, che si rivolge a diversi target di consumatori, fondando il suo posizionamento sul prezzo.

In tal senso, la presenza del biologico va a coprire una fascia di domanda che viene soddisfatta con un assortimento ristretto basato sui prodotti basici a prezzi molto competitivi. Ma le potenzialità della categoria sono alte e, come richiedono i consumatori, il prodotto biologico andrebbe valorizzato comunicandone i benefici salutistici ed ambientali. Infatti, da un’analisi di NO-

MISMA risulta che il consumatore ricerca, senza trovare, informazioni sul prodotto rispetto al tema della sostenibilità e della differenza rispetto al prodotto convenzionale. Un’indagine ISMEA, inoltre, ci mostra come il consumatore percepisca i benefici dell’agricoltura biologica in primis come salutistici (60%) ma anche ambientali (52%). Ed è proprio questo secondo aspetto che andrebbe sottolineato, cavalcando l’attenzione globale che questo tema sta avendo, con le richieste per esempio dell’Unione Europea (il 25% dei terreni coltivati a biologico entro il 2030) e/o il movimento dei Friday for future Crediamo che sia arrivato il momento di spiegare in modo chiaro tutti i vantaggi ambientali scientificamente dimostrabili quali le minori emissioni di anidride carbonica, la maggior presenza di materia organica nei terreni (a contrastare il rischio di desertificazione delle colture intensive), la riduzione nel consumo delle acque, la possibilità di offrire maggior reddito alla produzione, ecc… Tematiche fondamentali che

possono e devono essere portate avanti in primis dalla produzione e, in secondo luogo, anche dalla distribuzione, sviluppando dei progetti di collaborazione che puntino ad allargare l’offerta, lavorando non solo sull’ampiezza, ma anche sulla profondità dell’assortimento, per offrire al consumatore diverse possibilità di scelta in grado di ampliare la platea degli acquirenti abituali del biologico.

Concludiamo dicendo che la Moderna Distribuzione ha un grande compito ed una grande opportunità. Le potenzialità del bio sono ancora inespresse: per una categoria premium che coniuga salute, benessere e sostenibilità, una politica di valorizzazione dell’offerta con assortimenti più ampi, con una visibilità maggiore della categoria ed una comunicazione più attenta, porterebbe non solo a maggiori ritorni in termini di vendite ma contribuirebbe anche ad un posizionamento strategico più distintivo per l’insegna stessa.

SG Marketing www.sgmarketing.it

CESARE DE STEFANI:

LA GENIALITÀ, L’ARTE E

LA FANTASIA DEI SALUMI

Premiata Salumeria Italiana, 1/23 44 AZIENDE

La Salumi De Stefani Srl nasce nel 1958 come macelleria di paese a Guia di Valdobbiadene, dove si trova tuttora, per opera di Giuseppe De Stefani. Oggi diretta dai figli Cesare e Giacomo, l’azienda continua a proporre nei suoi prodotti la tradizionale genuinità della civiltà contadina di un tempo, con un occhio sempre orientato alle novità (foto archivio famiglia De Stefani).

CESARE DE STEFANI è figlio di un mestiere antico, nobile e rispettabile. Il padre, GIUSEPPE, era un macellaio e questa la dice lunga. Sì, perché da lui comincia la storia del Salumificio De Stefani. Mi trovo a Guia, frazione del comune di Valdobbiadene, area collinare collocata nel Nord-Est in provincia di Treviso, caratterizzata da un clima asciutto e ventilato, completamente circondata da vigneti di Prosecco, prezioso nettare. «Quando ho cominciato a lavorare nella macelleria di papà il Prosecco non era certamente famoso come oggi» mi racconta in tono divertito Cesare.

Dal 2019 le colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene sono infatti iscritte nella lista del Patrimonio Mondiale UNESCO come paesaggio culturale di straordinario valore. Ma sono un altro territorio e un altro paesaggio che segnano l’esordio nel settore

carneo della famiglia De Stefani e più precisamente quelli di Genova, città in cui il padre Giuseppe si trasferì in giovane età nel secondo dopoguerra per lavorare come garzone in una macelleria e stare accanto alla sorella che invece prestava servizio come colf. Giuseppe ci rimase per circa dieci anni in quel di Genova, poi, nel 1959, se ne ritornò a Guia, dove aprì una piccola bottega di salumi con annesso laboratorio di macellazione. Dopo qualche tempo si sposò ed ebbe due figli: Cesare e Giacomo. «Quando accompagnavo mio padre al macello osservavo con attenzione la sua dedizione a questo lavoro e tutta la sua sapienza, rubavo con gli occhi l’abilità che caratterizzava i suoi gesti durante le fasi di macellazione e disosso di bovini e suini. Sento ancora il freddo pungente che mi arrivava dritto fino alla punta dei piedi ma la passione è sempre stata più forte del freddo. Sono cresciuto con mio

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padre e con lui è cresciuto l’amore per questo mondo, un mondo che ho fatto mio da subito e per sempre».

Un’esperienza, quella di Cesare, che lo ha portato quindi ad assorbire tutti i segreti del mestiere, dal carico degli animali all’abbattimento degli stessi sino alle varie fasi di lavorazione; non ultimo, il rapporto con il cliente al banco frigo. All’età di 17 anni Cesare si immerge completamente nell’attività di famiglia, dedicandosi alle consegne della carne: «trasportavo 70 kg di carne ogni giorno, dal mattino fino al pomeriggio».

Cesare comincia pian piano ad ampliare la clientela e, nel 1981, grazie

alla segnalazione di un rappresentante locale di vino, la loro soppressa veneta entra in una famosa catena milanese. Un salto importante questo per la famiglia De Stefani, che al tempo produceva circa 300 kg settimanali di salumi e, improvvisamente, si ritrova a produrre 30 quintali a settimana solamente di soppressa. «Il giorno in cui firmammo il contratto io e mio fratello eravamo al settimo cielo, anche perché conoscemmo personalmente l’ingegner Caprotti (fondatore di Esselunga, NdA)».

Cesare inizia a pensare in grande e una domenica pomeriggio, durante una passeggiata per le strade del paese,

SALUMERIA DE STEFANI SIGNIFICA USO

ESCLUSIVO DI BUDELLO ANIMALE, SALE

DI STAGIONATURA IN LOCO PER LO SVILUPPO

DI MUFFE NATURALI, AFFUMICATURA CON

LEGNO DI FAGGIO, AGGIUNTA DI VIN BRULÉ

DI PROSECCO NELL’IMPASTO DI SALAMI

E SOPPRESSE E NEBULIZZAZIONE DEL VINO

SUI PROSCIUTTI CRUDI IN STAGIONATURA

Materie prime selezionate e una stagionatura paziente: crudi o cotti, macinati o interi, i salumi De Stefani nascono dalla volontà di non tradire la tradizione tramandata dalla civiltà contadina dalla quale attingono a piene mani le particolari tecniche di produzione, gli aromi e le forme, ma che sanno adeguarsi al gusto ed alla praticità moderni.

un’idea gli balza in testa. «Mi sono ritrovato davanti ad un terreno abbandonato, pieno di erbacce e rovi. E mentre contemplavo quel miscuglio di sterpaglie mi sono detto: qui costruirò il mio salumificio». Al tempo di anni Cesare ne aveva solamente 23. Dopo quasi cinque anni da quella domenica premonitrice, nel 1985, il sogno di Cesare comincia a prendere forma con l’acquisto di quel terreno.

Gli anni che precedettero la costruzione del salumificio furono dettati da sacrifici economici e lavorativi per la famiglia De Stefani, poiché la natura dell’area non permetteva di accedere a contributi statali. In quel periodo Cesare ebbe la fortuna di avere a fianco preziosi collaboratori che lo aiutarono al progetto e lo supportarono moralmente. «Non dimenticherò mai le mie due più preziose fonti di stima e fiducia: il dottor Ragno ed il dottor Benedetti, che sono stati la mia linfa vitale».

Dieci anni più tardi la posa della prima pietra e nel 2000 il Salumificio De Stefani prese vita. Ad oggi l’azienda conta circa 2.000 m2, il 70% circa dei quali interrati, gestiti magistralmente da Cesare e Giacomo, quest’ultimo punto di riferimento per il trasporto e

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la logistica aziendali. Tra le produzioni del Salumificio De Stefani si annoverano: l’ossocollo (così viene chiamata localmente la coppa), aromatizzato alla cannella e ai chiodi di garofano, i salami e le soppresse, vere e proprie opere d’arte realizzate secondo la tradizione del territorio e cioè con il vin brulé di Prosecco aggiunto all’impasto. Tra queste ultime spicca la Dama Bianca: la classica soppressa trevigiana a cui viene aggiunto un cuore di lardo, preventivamente stagionato; per i palati più delicati esiste anche la Soppressa con filetto, alla quale si aggiunge un filetto intero di suino all’interno dell’impasto. Cesare preferisce la soppressa con il lardo, «non c’è dubbio».

Tra i salumi “esclusivi” invece si annoverano: il Giacomino, in quanto creazione di Giacomo De Stefani, filetto di suino aromatizzato all’erbe aromatiche e Marsala; il Capocollo del Cacciatore, un cuore di coppa leggermente affumicato con legno di faggio; lo Skenal, lonza di suino con cotenna delicatamente affumicata; lo Spallotto, lardo alle erbe aromatiche massaggiato con il Cabernet dei Colli Trevigiani IGT.

Poi salsicce e i cotechini e, a completare la lista delle creazioni De Stefani, il prosciutto crudo Riserva Cantina nebulizzato con vino Prosecco e stagionato dai 18/22 mesi fino a 30+ mesi. L’elenco delle produzioni De Stefani è vasto ed è il risultato dello spirito creativo di Cesare e Giacomo che con il loro sapere e conoscenza hanno realizzato scrigni di sapore e di profumi unici. Le carni che lavora il salumificio arrivano dal circuito DOP del suino padano del prosciutto di Parma, l’alimentazione è quindi garantita dal Disciplinare di produzione. Cesare preferisce animali più pesanti con maggior distribuzione di grasso di copertura delle carcasse e di infiltrazione, perché questo aspetto migliora nettamente le carni sotto il profilo sensoriale.

Quando si parla di Cesare De Stefani non si può non citare l’Osteria senz’Oste, una casa colonica di pietra e mattoni, costruita a fine ‘800, incastonata come un prezioso diamante tra le colline di Conegliano e Valdobbiadene e luogo imperdibile per chiunque si ritrovi a passeggiare in questa zona meravigliosa. Cesare ama portarci i clienti e i fornitori, perché «qui si respira

un’atmosfera magica e nascono emozioni» esclama a gran voce. L’Osteria senz’Oste è divenuta famosa ormai in tutto il mondo: testimoni sono gli innumerevoli biglietti di ringraziamento lasciati dai visitatori che fungono da ornamento alle pareti. Qui ci si serve autonomamente e, a disposizione dei visitatori, vi sono i prodotti del Salumificio De Stefani, oltre a molti altri provenienti da aziende agricole locali. Non può mancare il Prosecco, che si trova negli appositi erogatori automatici e refrigerati. Dopo la consumazione si paga il conto tramite l’apposita cassa automatica.

Dieci anni fa la carriera e la vita di Cesare vennero messe a dura prova da un evento che lo segnò profondamente. Nel 2012, infatti, un accertamento tributario mise seriamente rischio il destino aziendale. Cesare si trovò di fronte ad un bivio: cessare l’attività, e con essa la realizzazione dei suoi sogni di bambino, di quelli della sua famiglia e dei suoi dipendenti, oppure difendersi strenuamente. Scelse la seconda via, non sempre la strada più facile ti porta al risultato desiderato. «Per cinque lunghi anni mi sono dedicato anima e corpo alla mia difesa, un blackout che mi ha fatto allontanare dalle attività aziendali». Cesare trovò la forza di andare avanti grazie all’affetto della sua famiglia e a quello di alcuni colleghi e, nel 2017, la vicenda giudiziaria si è conclusa con l’annullamento totale del verbale. «Ho avuto la fortuna di incontrare persone che mi hanno teso la mano per rialzarmi, tra questi la famiglie Levoni e Flisi, sempre al mio fianco sia professionalmente che moralmente».

La vicenda ha dato a Cesare occhi nuovi con cui osservare il mondo, cambiando il suo essere per sempre. «La disperazione mi ha obbligato a reagire diventando un uomo diverso e mi addolora il fatto che molti di noi preferiscano subire piuttosto che lottare». Mentre mi accingo a ringraziarlo della sua disponibilità, si rivolge a me declamando il suo mantra e cioè che «di fronte alle ingiustizie bisogna reagire»; io invece gli rispondo con il mio, ricordandogli che «nella vita le cose non accadono mai per caso ma sempre per una ragione».

>> Link: www.salumidestefani.it

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41038 S. Felice s/P (MO) Via Palazzetto, 36

PASTA MANNETTI:

OGGI COME ALLORA, STORIA E

TRADIZIONE IN UNA NUOVA VESTE

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La storia della pasta Mannetti di Antrodoco ed Amatrice nasce nel 1920 nell’antico borgo medievale di Antrodoco, nella provincia di Rieti. Grazie ai fratelli Mannetti, il cuore del Reatino diventa simbolo di benessere e progresso con la produzione di pasta, motivo di vanto per la città di Antrodoco e per tutto il Reatino gestendo prima l’opificio, la centrale elettrica e poi il Pastificio Storico di Antrodoco. In quegli anni vennero forniti numerosi negozi e ristoranti di Roma e di tutto il Centro Italia.

Dagli anni ‘70 le cose cambiarono e l’industrializzazione prese il sopravvento sull’artigianalità portando alla

chiusura dello storico stabilimento. A 100 anni dalla sua fondazione, la storia di Mannetti torna a pulsare grazie alla famiglia Marcozzi, pastai da oltre 25 anni di esperienza. Oggi, infatti, la pasta viene prodotta e confezionata interamente nel pastificio Strampelli di Amatrice, di proprietà della famiglia Marcozzi, posizionato in un territorio immerso nel verde.

Mantenendo un forte legame con la tradizione e il suo territorio, la pasta artigianale Mannetti è prodotta in un ambiente incontaminato, circondato dai due Parchi Nazionali del Gran Sasso e Monti della Laga. Aria purissima, acqua freschissima delle vicine sorgenti, la

semola di grano duro selezionata accuratamente dai migliori campi italiani per un prodotto premium dal 100% made in Italy per i veri intenditori di tutto il mondo.

La produzione è rigorosamente artigianale curata nei minimi dettagli: l’impasto viene lavorato per almeno 30-40 minuti e poi essiccato lentamente a bassa temperatura (40-45°) da 24 a 52 ore a seconda del formato.

La pasta Mannetti ha un’alta tenuta in cottura e una giusta consistenza, il suo aspetto ruvido e poroso è ideale per assorbire perfettamente qualsiasi condimento, garantendo al tempo stesso un’alta digeribilità. Una pasta perfetta

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Nel territorio dei due comuni di Amatrice ed Antrodoco, nel Rietino, nacquero i piatti della tradizione italiana come l’Amatriciana e la Gricia, simbolo di “italianità” nel mondo. La pasta di Antrodoco e di Amatrice Mannetti linea Retail da 500 grammi può infatti vantare il riconoscimento PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale), sigla attribuita dalla Regione Lazio per i prodotti che valorizzano le specialità locali ottenute con metodi di lavorazione, conservazione e stagionatura tradizionali.

per esaltare la tradizione e garantire un gusto unico e ricercato.

La pasta Mannetti è destinata esclusivamente ai negozi specializzati, alle botteghe gourmet, enoteche gastronomie con la linea Retail da 500 grammi certificata Bio e la linea Food Service dedicata all’alta ristorazione per gli chef più esigenti. «Con i nostri formati della tradizione culinaria italiano-laziale vogliamo esaltare la cultura gastronomica anche all’estero, dove le eccellenze italiane sono da sempre ricercate ed apprezzate» ci dicono i rappresentanti della famiglia Marcozzi, titolari del brand. «Con la pasta Mannetti siamo protagonisti per le ricette più conosciute e amate al mondo come Carbonara, Amatriciana, Gricia».

La pasta Mannetti linea Retail da 500 grammi vanta il riconoscimento PAT del Lazio: è infatti inserita nell’elenco dei

Prodotti Agroalimentari Tradizionali e tipici della regione particolarmente legati al territorio e alla storia, ai metodi di realizzazione, conservazione, stagionatura e creazione.

«Con la linea Retail pasta di semola di grano duro BIO certificata siamo in grado di garantire e certificare l’utilizzo delle migliori materie prime, ingredienti naturali e sicuri all’origine, trasformati con metodologie biologiche naturali, sicure e certificate. In ogni aspetto del processo poniamo l’attenzione verso dettagli e scelte in grado di salvaguardare ciò che ci circonda: l’ambiente, la cura e il benessere delle persone. La pasta Mannetti, infatti, è simbolo della sostenibilità: il suo packaging è amico dell’ambiente in quanto 100% riciclabile nella carta».

La filosofia Marcozzi è da sempre un sinonimo di artigianalità, affidabilità,

sicurezza e sensibilità. «Consapevoli della ricchezza culinaria di cui gode il nostro territorio, promuoviamo con grande orgoglio le nostre eccellenze 100% made in Italy che raccontano in modo deciso la loro forte identità, la storia e il contesto da cui provengono».

>> Link: www.mannetti.it

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@mannettidal1920

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Fratelli Corrà

Fratelli Corrà è un’azienda di norcineria artigiana capace d’unire tradizione e innovazione da ben cinque generazioni. Si trova a Smarano in Val di Non, in provincia di Trento, aperta nell’800 dal bisnonno GIACOMO e ancora oggi il più antico salumificio in attività del Trentino e tra i più antichi d’Italia Allora si chiamava “Bettola” ed era il negozio di paese, quello dove insomma si trovava di tutto, passato di mano in

mano a nonno PIO, a papà GIACOMO e oggi ai figli e fratelli LUCA e PIO CORRÀ, quarta generazione di questa famiglia di premiati norcini e macellai.

Nel 2009 il grande salto commerciale, con l’apertura di un bel negozio di 200 m2, che ha fatto crescere anche l’attività del salumificio. Oggi l’azienda conta 20 addetti e affianca alla vendita in negozio la distribuzione all’ingrosso e un e-commerce molto attivo. Da allora la Fratelli Corrà continua a fare prodotti

unici e di qualità, che attingono a ricette tramandate di padre in figlio, preparate con carni di territorio, solo bestiame della regione. I Corrà comprano regolarmente all’asta di Bolzano, dove si riuniscono allevatori e conferitori, in prevalenza razza Grigio alpina, un capo di taglia medio-piccola, robusto, agile, adatto al pascolo in alpeggio, che si alimenta di erbe e da cui si ottiene una carne di qualità e di filiera corta. In Alto Adige la media dell’allevamento è

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Luca e Pio Corrà, quarta generazione di una famiglia di premiati norcini e macellai trentini.

«I salumi sono il nostro orgoglio e la nostra storia di famiglia a Smarano dal 1850» dicono i fratelli Corrà. Tutti i salumi sono homemade, con carni suine oppure selvaggina, lo speck, i cotti al vapore, la bresaola di montagna e la carne salada trentina, curando ogni passo della lavorazione, dalla macellazione al confezionamento finale.

di 7 capi ciascuno, tenuti per 5-6 mesi al pascolo. Per la frollatura i Corrà la valorizzano con un minimo di 30 e un massimo di 50 giorni per le costate e gli hamburger.

Le carni suine sono acquistate invece in due allevamenti del Trentino: Campestrini e Bronzini, che allevano suino pesante nazionale.

Da 9 anni Luca e Pio macellano appunto soltanto la Grigio alpina, una razza presidio Slow Food, ottima sia da carne che da latte, e la trasformano con cura in bresaola di montagna, carne salada, manzo affumicato e slinzega, una piccola bresaola “da passeggiata”, da portare con sé quando si va a passeggiare in montagna, praticamente

uno spuntino di qualità. Per la linea del bovino (sempre capi di razza Grigio alpina macellati in proprio dai Corrà) hanno anche il marchio registrato Smaranina, con cui firmano ad esempio l’ottimo hamburger.

L’azienda produce e commercializza anche alcuni tipi di würstel naturali e privi di conservanti e additivi. Sono

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Fratelli Corrà nasce nel 1850 come macelleria di paese a Smarano di Predaia. Al macello di proprietà, uno dei pochi tutt’ora in funzione in provincia di Trento, venne affiancata da subito la bottega delle carni fresche. Ancora oggi si lavorano a mano allo stesso modo i tagli classici di bovino e suino con cui vengono anche preparate ricette pronte da cuocere o grigliare.

Würstel naturali Valdivù dei Fratelli Corrà completamente naturali, prodotti senza nessun conservante, colorante o additivo. Solo tagli nobili selezionati a mano, miscelati con spezie e aromi

il Frankfurt di puro suino, con e senza pelle; lo Smaraner, ottenuto da un mix di maiale e bovino, più speziato; il bianco Weisswürst, cioè senza fumo; e il Servelade, di sola polpa di coscia, più magra, con aggiunta di cipolla. L’offerta include anche tanti prodotti di gastronomia montanara, ottenuti selezionando nel territorio ciò che è più tipico, tradizionale e genuino, per permettere ai clienti di gustare la cucina trentina a tutto tondo, dall’antipasto al dessert, e quindi ragù, farine per polenta, crauti, salse e marmellate, miele, vini, grappe, tisane di erbe di montagna e molto altro. Fanno parte della linea gastronomica bontà della

tavola come i canederli con speck, con spinaci e erbette o col formaggio Puzzone di Moena DOP. Ma anche i ragù di Smaranina e di maiale Puro Trentino, il misto funghi con finferli e porcini, quelli di selvaggina (camoscio, capriolo, cervo, cinghiale e lepre).

Ma veniamo alla norcineria, i cui prodotti sono distribuiti in Italia e in Europa in rinomate gastronomie e botteghe del gusto del canale HO RE CA. Sono salumi tipici fatti secondo le ricette di famiglia: speck, salame, luganega trentina, mortandela affumicata della Val di Non, salamini di cervo, capriolo, camoscio, bresaola e carne salada; questi alcuni degli oltre

L’offerta dei Fratelli Corrà include tanti prodotti di gastronomia montanara, ottenuti selezionando nel territorio ciò che è più tipico, tradizionale e genuino, per permettere ai clienti di gustare la cucina trentina a tutto tondo, dall’antipasto al dessert

40 salumi di produzione artigianale. Ottima, in particolare, la mortandela, fatta con un impasto di spalla, coppa e pancetta suina, avvolta in retino di maiale e affumicata 24 ore con bacche di ginepro.

Il marchio Riserva Roen identifica una linea di prodotti realizzati in quantità limitate che hanno periodi di stagionatura più lunghi, comprendente la Mortandela affumicata della Val di Non, lo Speck trentino, la slinzega di montagna, mentre la Selezione Verdés comprende salumi della tradizione come la pancetta, il lardo alle erbe aromatiche e il guanciale affumicato. A Roma troviamo alcune specialità alla SALUMERIA ROSCIOLI e da ERCOLI, mentre a Milano sono distribuite da CORTILIA. Per alcuni di questi prodotti sono state ripescate vecchie ricette di nonno Pio; come per il Salamino di cervo con mirtillo nero, premiato al Merano Wine Festival 2022, nel quale i frutti di bosco sono inseriti nell’impasto per addolcire il sapore.

>> Link: www.fratellicorra.it

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naturali e affumicati a freddo con faggio e ginepro.
SUINCOM S.p.a. Strada Comunale del Cristo 12/14 - 41014 Solignano di Castelvetro (Mo) - Italy tel. +39 059 748711 - fax +39 059 532038 - info@suincomgroup.it - www.suincomgroup.it Riconoscere la qualità, realizzarla e portarla sulla tavola di tutti

FISH DIFFERENT® by Calabraittica:

SOSTENIBILI… PRIMA

di Gaia Borghi

Cosa significa “sostenibilità”? Se si legge la definizione che ne dà l’ENCICLOPEDIA TRECCANI, essa è “la condizione di uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”. Il concetto di sostenibilità è stato introdotto nel corso della prima conferenza ONU sull’ambiente nel 1972 e, dopo la conferenza

ONU del 1992, è divenuto il nuovo paradigma dello sviluppo stesso. FISH DIFFERENT®, secondo e ultimo brand in ordine temporale di CALABRAITTICA (l’altro, Oroazzurro®, è il marchio che le ha dato notorietà internazionale), sulla sostenibilità propriamente detta fonda la sua identità. Nasce sei anni fa, nel 2017, e ad oggi conta 13 referenze, dai filetti di alici al peperoncino alle alici al prezzemolo alla colatura di alici, rivolte a negozi specializzati

e alta ristorazione. «La creazione di FISH DIFFERENT® è legata all’ingresso in azienda della nuova generazione della famiglia, alla nostra visione di una qualità di prodotto eco-sostenibile, che ci apparteneva già ma che abbiamo ulteriormente approfondito, utilizzando ad esempio spezie e olio extravergine d’oliva biologici certificati e lavorando ulteriormente sul packaging, oltre che adeguandoci alla cosiddetta Industria 4.0 in termini di igiene e sicurezza

FISH DIFFERENT®, lanciata sul mercato nel 2017, è la linea di Calabraittica di conserve ittiche a base di pescato proveniente da pesca eco-sostenibile a prevalenza locale e ingredienti biologici (olio, spezie, aromi) italiani.

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alimentare grazie ai macchinari e alla tecnologia adottata che sostengono una lavorazione che resta totalmente artigianale» mi dice MARIA GRAZIA ALVARO, marketing manager di Calabraittica. Ma facciamo un passo indietro, perché, come sottolinea Maria Grazia, la sostenibilità che caratterizza il brand c’era già “prima”, appartenendo fin dall’inizio alla metodologia di produzione e alla filosofia d’azione di questa azienda conserviera calabrese, alle sue scelte e al suo sviluppo.

Un’azienda sostenibile all’origine

Già, gli inizi. Calabraittica è una storica azienda artigiana di conserve ittiche che, come dice il nome stesso, nasce e ha sede in Calabria e più precisamente ad Anoia (RC), nella Piana di Gioia Tauro. I fratelli FELICE e MIMMO ALVARO fondarono il primo laboratorio artigianale di lavorazione del pesce azzurro pescato localmente tra il 1998 e il 1999, rilevando l’attività dei nonni. Nonni che, nel secondo dopoguerra, acquistavano alici e sardine dai pescatori di Gioia Tauro e li rivendevano nei paesini di montagna dell’Aspromonte che i pescatori non riuscivano a raggiungere, trasportando il pescato su di un carretto trainato da un mulo. Il pesce che rimaneva dalla vendita veniva messo sotto sale e poi venduto nella bottega di famiglia.

Oggi Calabraittica dispone di uno stabilimento di oltre 2.000 m2 con celle frigo e locali tecnologicamente attrezzati ma quel metodo di lavorazione del pesce azzurro che apparteneva alla nonna e alla sua capacità manuale è rimasto sempre lo stesso, trasmesso alla mano d’opera aziendale in laboratorio che è totalmente femminile e a km 0. «Sono tutte donne che vivono nel nostro paese, ad Anoia, o nei paesi limitrofi, molte delle quali in azienda dalla sua nascita e che sono quindi cresciute con l’azienda stessa. Siamo una bella squadra» commenta Maria Grazia Alvaro.

La lavorazione artigianale del pescato è però solo uno degli elementi su cui si fonda la sostenibilità di Calabraittica e che parte dal mare. «Usiamo da sempre, anche per le referenze a marchio Oroazzurro®, solo pesce pescato nel Mediterraneo da barche dotate della certificazione per la pesca sostenibile

L’Alaccia

salata di

Lampedusa presidio Slow Food lavorata da Calabraittica

L’alaccia (Sardinella aurita) appartiene alla famiglia delle Clupeidae, come le aringhe, le sardine, le alose: assomiglia molto alla comune sardina ma è più tozza e più grande, può arrivare anche a 30 centimetri di lunghezza. Le squame sui fianchi sono bianco argento, sul dorso sono verde scuro; si distingue dalla sardina anche per la striscia dorata sui lati. La sua storia è legata a doppio filo con quella dei pescatori del Canale di Sicilia che, dall’800, oltre a pescarla, la consumavano fresca o sotto sale come alimento principale nei lunghi periodi di pesca delle spugne. Solo a Lampedusa, isola nella quale la pesca è da sempre l’attività primaria, fino agli anni ‘80 del secolo scorso più di 20 barche si dedicavano alla pesca dell’alaccia con il cianciolo, una rete che non danneggia i fondali come le reti a strascico, e la lampara, su piccole imbarcazioni. La pesca e la commercializzazione di queste prelibatezze, messe prima a maturare sotto sale e poi invasettate sottolio, era una delle principali fonti di reddito per gli abitanti dell’isola. Oggi solo due famiglie, con due barche, portano avanti la pesca tradizionale dell’alaccia. Per questo è entrata in gioco Slow Food, che ha incluso l’Alaccia salata di Lampedusa tra i propri presidi: l’obiettivo del presidio è infatti proprio quello di valorizzare la tradizione della piccola pesca dell’alaccia e la sua metodologia di conservazione. Calabraittica lavora le alacce pescate negli splendidi mari lampedusani e ne commercializza i filetti con i propri marchi FISH DIFFERENT® e Oroazzurro® anche nella versione al peperoncino.

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A sinistra: Calabraittica è specializzata nella produzione di pesce sotto sale e sottolio, condimenti, salse e patè a base di pesce. Produce anche la rinomata colatura di alici. Il pescato fresco proveniente dalle zone di cattura FAO 37,SubFAO 37.1,2,3, viene lavorato esclusivamente a mano presso lo stabilimento di Anoia, dove avviene tutto il processo produttivo fino al confezionamento. Le materie prime utilizzate sono 100% italiane: sale, olio, aromi. Oltre a FISH DIFFERENT®, l’azienda è proprietaria del marchio Oroazzurro®, che negli ultimi 17 anni ha valorizzato il pesce azzurro del Mediterraneo portandolo nei mercati europei (Germania, Austria, Francia, Svizzera, Belgio, Danimarca) ed extraeuropei (Canada, Australia, Brasile). A destra: Felice Alvaro.

che utilizzano reti da circuizione come la lampara e il cianciolo» aggiunge FELICE ALVARO, uno dei due fondatori dell’azienda e padre di Maria Grazia.

«Il pesce in questo modo non subisce stress meccanico e non viene manipolato, garantendoci una qualità di prodotto altissima, oltre al fatto che i fondali e gli ecosistemi marini non vengono danneggiati».

La forza del made in Italy

Ma è la lavorazione che fa davvero la differenza nei prodotti di Calabraittica.

« Siamo l’unico laboratorio o quasi che effettua la sfilettatura del pesce qui in Italia» prosegue Felice Alvaro. «Lo possiamo fare perché utilizziamo pesce freschissimo strettamente italiano (pescato in Calabria o in Sicilia, nella zona ionica), dalle carni rosse e polpose, perfette anche per la preparazione della colatura perché non grasse, e lo lavoriamo a distanza di poche ore, confezionandolo sempre all’interno del nostro stabilimento. Si tratta di una filiera cortissima: dall’arrivo del pesce fresco alla lavorazione non vengono superate le 12/18 ore».

Ed ecco perché Calabraittica è l’unica azienda al mondo a non eliminare la pelle del pesce, la sua meravigliosa livrea argentata. «La pelle di solito viene eliminata dal pesce azzurro perché a volte trascorrono anche 4/5 giorni prima che questo venga lavorato: la maggior parte delle aziende italiane, ad esempio, ha spostato i propri laboratori in Marocco, in Croazia o in Albania» specifica Felice. «Il nostro prodotto, invece, come già accennato, viene lavorato entro la giornata di pesca e quindi possiamo mantenerne la pelle, la brillantezza, l’argento vivo. Inoltre, lo facciamo maturare sotto sale e non sottolio: in questo modo il gusto, il sapore del pesce cambia tantissimo rispetto a quando la maturazione avviene appunto in olio. Non c’è proprio paragone».

Felice Alvaro si occupa personalmente della salatura del pesce. Acciughe e sardine vengono private di testa e interiora. Si procede facendo uno strato di pesce e uno strato di sale, di nuovo uno di pesce, uno di sale, e così via. Infine, si lascia maturare a lungo. Nessun conservante chimico aggiun-

to. Il prodotto è rustico, come se fosse fatto in casa. «Come azienda abbiamo iniziato a vendere la nostra produzione prima nel Nord Italia, espandendoci via via tra Liguria, Lombardia e Piemonte, e poi all’estero, fino all’Australia, prima di arrivare anche qui in Calabria» mi dice sorridendo Maria Grazia Alvaro. «Infatti, nella nostra zona era usuale preparare le conserve ittiche in casa. Soltanto negli ultimi anni, complice il cambiamento della società e degli stili di vita e lavorativi soprattutto femminili, vendiamo i nostri prodotti anche qui». Tanta manualità dunque, ma anche tanta tecnologia a sostegno della sicurezza del prodotto finale. Una “differenza” che si percepisce alla vista e al gusto e che caratterizza alla fin fine ogni singola fase di produzione della gamma di conserve di Calabraittica. Non manca la certificazione Friend of the Sea, uno dei principali schemi internazionali per la certificazione sostenibile secondo i criteri stabiliti dalla FAO.

>> Link: www.calabraittica.it fishdifferent.it

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CINQUE PRODUTTORI E CINQUE CANTINE

Alto-Adige: salumi & vini

La produzione di vino in Alto Adige si concentra a quote altimetriche montane e dai pendii più o meno ripidi provengono qualcosa in più di 350.000 ettolitri, lo 0,6% della produzione nazionale. Tuttavia, il dato più significativo è che a oltre il 92% della produzione è attribuibile l’Identificazione Geogra-

fica DOP e al 6% l’IGP. Solo meno del 2% non ha indicazione di origine: un vero record provinciale. I vini bianchi polarizzano la produzione: solo il 40% proviene da uve a bacca rossa. Prevalgono Pinot grigio, Gewürtztraminer e Pinot bianco tra i vitigni a bacca bianca; Schiava (Vernatsch) e Lagrein tra quelli a bacca rossa. Come si sa, in Alto Adige

salumeria si legge Speck, sia esso IGP o contadino (Bauernspeck, cioè prodotto da animali provenienti dai masi bolzanini). Tuttavia, sarebbe riduttivo segnalare questo pur sorprendente prodotto senza citare i Kaminwürzen, salametti di suino o selvaggina spesso affumicati o aromatizzati con peperoncino, i Würstel e altre preparazioni locali. Non deve

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di Riccardo Lagorio

quindi sorprendere se ci siamo messi a calpestare vigne e bussare alle porte di piccoli produttori di salumi per raccontare quali sono secondo noi i migliori abbinamenti. 5 produttori e 5 cantine: comparazioni ancora poco diffuse in Italia, per il lungo lavoro di ricerca che comporta e metodologia illustrata per la prima volta su queste pagine.

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lo speck prodotto dalla Macelleria Hofer e gli esterni della bottega. Helmut Raffeiner, chef del ristorante dell’Hotel Oberraindlhof in Val Senales, in cui si possono gustare anche i salumi di selvaggina preparati da Raffeiner stesso.

Gli artigiani dei salumi

Schroflhof

Schroflhof è un maso celato a 1710 metri tra i boschi di Monte Santa Caterina, in Val Senales. La FAMIGLIA KNEISSL alleva pecore della Frisia orientale e Tiroler Bergschaf. Queste ultime si contraddistinguono per la duplice attitudine (carne e lana). Se ne prende cura VERENA e FLORIAN KNEISSL, che è anche macellaio, produce (oltre al Bauernspeck con i suini allevati nel maso) würstel di pecora. La carne, macinata finissima, è condita con sale, maggiorana e aglio. Spiccano note speziate: emerge il pepe nero.

Oberraindlhof

Oberraindlhof è il ristorante gestito dalla FAMIGLIA RAFFEINER dagli interni tutti

in legno. Nella speciale Stube al primo piano, al più accogliente dell’edificio, è corredata da cimeli e da vecchie fotografie di famiglia che creano un ambiente caldo e domestico. HELMUT RAFFEINER ama la caccia e prepara salumi di selvatici ad uso esclusivo del locale: salami, Kaminwürzen e prosciutti di camoscio, capriolo o cervo (oberraindlhof.com).

Oberniederhof

Il maso Oberniederhof è un’arca dove si allevano galline Vorwerk, suini di razza Schwäbisch-Hällisches e bovini di razza Grigio alpina, che secondo tradizione sono provvisti di corna. L’edificio risale al XIII secolo, quando stava per essere costruito il vicino santuario, e oggi è anche fattoria didattica. La FAMIGLIA TAPPEINER elabora numerosi salumi: dal

Johann “Johnny” Tappeiner del Maso Oberniederhof con il Bündnerfleisch, la carne salata ed essiccata di bue. Imperdibili sono anche lo speck di suino razza di Schwäbisch-Hällisches

Bauernspeck al prosciutto di cervo, dal salame di agnello al salame di bovino e suino, sia dolce sia piccante. Abbiamo scelto di rappresentare il maso attraverso il Bündnerfleisch, la carne salata ed essiccata di bue. Nei prossimi numeri di PREMIATA SALUMERIA ITALIANA daremo conto invece delle altre produzioni (oberniederhof.com).

Hofer

La Macelleria Hofer si trova a Moso, quasi in testata della Val Passiria. Anche se la bottega ha l’aspetto di una moderna macelleria, ordinata e linda, si capisce subito d’entrare in un luogo dove si respira la storia della salumeria: carni ordinate nel bancone, qualche preparazione gastronomica, ma soprattutto salumi di grande impatto visivo. KURT

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A sinistra: Erwin Eccli con il Part des Anges della Tenuta Pardellerhof, V.S.Q. Brut Metodo Classico.

A destra: la Tenuta Eichenstein, a 550 m slm, si affaccia sul Gruppo di Tessa a nord, sulla Val d’Adige a sud e su Merano. I terreni composti da quarzite porfirica e granito, il clima mediterraneo e il paesaggio alpino plasmano l’essenza dei suoi vini.

e KILIAN HOFER, i due fratelli che hanno ereditato dai genitori la professione, si distinguono per rigore e rispetto della tradizione. Come ad esempio lo Speck (o prosciutto) di Pasqua, frutto della pratica di cuocere le baffe non ancora pronte per le festività di primavera. Una leggera aromatizzazione superficiale rende il salume ancora più goloso. Non mancano alcune innovazioni come il Kaiserspeck, elaborato con la fesa del suino: solo magro per la gioia di chi, si dice, voglia mantenere la linea (perdendoci in gusto).

L’affumicatura di questo come degli altri salumi (Kaminwürzen, Speck, lonze) avviene con la combustione a basse temperature di legno di faggio grazie ad un impianto di nuova generazione, che si trova poco distante dalla storica macelleria. Uno scambiatore d’aria per-

mette il perfetto grado di affumicatura esaltando le caratteristiche organolettiche della carne (metzgerei-hofer.it).

Obertimpflerhof

Lungo il viaggio di ritorno verso Merano, se c’è tempo, ci si ferma al Museo Passiria per scoprire la leggendaria figura di ANDREAS HOFER, locandiere ma, soprattutto, patriota tirolese contro l’invasione delle truppe francesi ad inizio Ottocento. L’allestimento della mostra Eroi&Noi permette anche di approfondire il significato del termine eroe.

Da Merano a Verano si attraversano boschi, pinete e foreste primordiali, vergini. Nel maso di FRANZ INNERHOFER, Obertimpflerhof, a quasi 1.300 metri, si allevano allo stato semibrado 80 suini che vengono macellati e trasformati in salumi.

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Ex muratore con la passione da sempre della norcineria, Franz ha seguito un corso di macelleria in Svizzera e oggi il suo prodotto di punta è il Bauernspeck, affumicato con bacche e arbusti di ginepro e legno di faggio che conferiscono aromi intensi e muschiati (www.obertimpfler.net).

Le cantine e i vini

Mairhof

Il maso Mairhof di Parcines è stato fondato nel XIII secolo e negli appezzamenti di proprietà MATHIAS BERNHART produce vino dal 1983, su ripide rive rivolte a sud. Un microclima particolare permette di portare a perfetta maturazione le uve.

Il Lagrein Kretzer (Rosalia) vinificato in rosa svela note fruttate di lampone che lasciano spazio a rivoli zeppi di camo-

milla. Sorso che ricorda la violetta, quasi salino (ansitz-mairhof.com).

Pardellerhof

Il maso Pardellerhof a Marlengo è di proprietà della stessa famiglia dal 1714. Le ultime due generazioni hanno avuto a capo donne. ANITA MITTERER, biologa, oggi si occupa dell’ospitalità, e il marito ERWIN ECCLI segue la vigna e i giardini di frutta. La gestione congiunta ha reso questo un piccolo angolo di paradiso. Del resto Part des Anges è il loro superbo Metodo Classico da uve Moscato giallo, che trascorre almeno 18 mesi sui lieviti. Il naso è conquistato dalla commistione di menta e gelsomino, le bollicine costanti e sottili lo rendono ideale per i salumi, specie quelli cotti. Pratellum è invece vino rosso corposo di Lagrein (50%), Merlot (40%) e Tannat

(10%) che nasce dall’assemblaggio di due annate. Lo definiscono il colore rubino quasi violaceo, il profumo di chiodi di garofano e confettura di more, la potenza di un lampo a cielo sereno (pardellerhof.it).

Eichenstein

La Tenuta Eichenstein appartiene alla FAMIGLIA WALDNER, storici albergatori di Marlengo. Il Romantik Hotel Oberwirt (oberwirt.com) è un gioiellino di buon gusto dove il giardino e l’ampia sala benessere sono il punto di forza per vacanze all’insegna del benessere. Il padrone di casa senior, JOSEF, ama i cavalli aviglianesi e il vino. Alla Tenuta Eichenstein (eichenstein.it) circa due ettari sono vitati: sono le particelle protette dalle correnti più aspre da nord, mentre da sud l’influenza del clima

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Salumi e vini: descrizione degli abbinamenti

Salsiccia di pecora (Schroflhof)

Kretzer Rosalia (Ansitz Mairhof) Indovinato incontro tra profumi del vino e sapidità della salsiccia. Ottimo.

Part des Anges (Pardellerhof) Il profumo del pepe e dell’aglio si conformano agli spunti erbacei dello spumante. Ottimo.

Pratellum (Pardellerhof)

La carne di pecora, macinata sottile, sapida di spezie, ama i tannini del vino. Buono.

Gloria Dei (Eichenstein) Spezie misurate nel salume e fremiti delicati del vino, note liriche che paiono emergere da entrambi. Ottimo.

Seppelaia (Eichenstein)

Forza e cremosità del vino conferirebbero piacevolezza al salume se fossero meno intense. Discreto.

Corax (Grottner) La delicatezza del salume cotto aspetta solo che il vino si riscaldi un poco. Buono.

Bubo (Grottner) Si fanno strada in punta di piedi le sfumature erbacee e floreali del vino incontro alla sapidità del salume. Discreto.

mediterraneo non incontra resistenze. L’escursione termica tra giorno e notte dona ai vini, specie bianchi, fragranza e croccantezza.

Gloria Dei è una cuveé dai tratti fruttati composta da Sauvignon blanc, che conferisce aromaticità, Pinot bianco,

Kaminwürzen di camoscio (Oberraindlhof)

L’affumicatura e la sapidità della carne non rendono merito al vino. Discreto.

L’intensità delle carni del selvatico si confà a fatica con le sottili bollicine. Discreto.

Carni saporite, affumicatura sostenuta. La potenza di Pratellum è ideale. Ottimo.

Bauernspeck di razza Sveva (Oberniederhof)

L’intensità dei profumi del salume non si addicono alla delicatezza del bicchiere. Discreto.

La buona presenza di grasso, il delicato profumo di legno combusto sono elementi che esaltano gli aspetti erbacei. Ottimo.

Si fanno bene strada i profumi fruttati del vino tra le volute affumicate del salume. Buono.

La fresca capacità di esprimersi del vino viene meno quando incontra carni robuste. Discreto.

Note fresche ed erbacee nel vino, reminiscenze di bosco e terra nel salume: un incontro fatto ad arte. Buono.

Bündnerfleisch (Oberniederhof)

Benché il sapore del salume sia intenso, la sapidità del vino si accompagna bene. Buono.

I tenui profumi del vino scontano la maturità del salume. Nulla possono le bollicine. Discreto.

Scontro fra titani del gusto. Buono.

La carne ben stagionata assume profumi e aromi intensi che il vino non sostiene. Discreto.

È un lungo cammino quello dell’incontro tra le note affumicate di uno e dell’altro. Buono.

Sembrano fatte su misura le note ircine del salume per l’equilibrato tannino del vino. Ottimo.

Il vino fa emergere le note intense del salume, poi fugge per timore di non sostenere la gara. Discreto.

Opportuna la quantità di grasso che il bicchiere sostiene con la sua residua mineralità. Buono.

Dipende dalla parte anatomica che capita, eppure sempre il vino crea aspettativa per un’altra fetta. Incontro riuscito. Ottimo.

Quel che resta dell’acidità del vino è sufficiente per far desiderare un’altra fetta. Buono.

portatore di struttura e pienezza, e Riesling, che dona note liriche. Nasce Gloria Dei dal nome di una varietà di rosa gialla, altra passione di JOSEF WALDNER

L’appellativo Seppelaia, Chardonnay Riserva, fa il canto alle etichette

Il vigore che la carne esprime si combina con la leggere speziatura del vino. Un’altra fetta, un altro bicchiere! Ottimo.

C’è tanto aroma erbe officinali nel salume quanto i ricordi di sottobosco nel vino! Buono.

Apparentemente non avrebbero nulla da dirsi. Poi si avvicinano, dialogano, scoppia l’amore. Ottimo.

toscane, storpiando il soprannome del proprietario, Sepp. Nasce su terreni di porfido e granito, speziato al naso e quasi affumicato, in bocca è cremoso per la ricchezza di glicerina, fruttato piacevolmente per la lunga permanenza in barrique. Un capolavoro.

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Kaiserspeck (Hofer)

Affumicatura e intensità di gusto della carne limitano la vitalità del vino. Discreto.

L’aroma di carne matura e affumicata potrebbe essere un ostacolo al matrimonio con lo spumante. Non è così. Buono.

L’assenza di parti grasse nel salume fa l’occhiolino alla linearità del bicchiere. Buono.

L’impegnativa struttura del salume non rende merito alle sfumature del bicchiere. Discreto.

L’assenza di parti grasse nel salume penalizza il contatto della glicerina contenuta nel vino. Discreto.

Il profumo di questo speck del tutto speciale, il suo arcigno sapore sono tratti che si addicono al vino. Buono.

Carne matura e vino possente. Ci sono tutte le condizioni per libare. Buono.

Speck o Prosciutto di Pasqua (Hofer) Bauernspeck (Obertimpflerhof)

La carne cotta e la lieve affumicatura rendono omaggio ai profumi fruttati del vino. Ottimo.

Due delicatezze a confronto: quella della carne e quella del vino. Ottimo.

Intenso e profondo, il vino comprime la finezza del salume. Discreto.

Il vino sostiene a fatica la spinta del gusto del salume. Discreto.

Preziose le bollicine a rendere gradevole la presenza del grasso nel salume. L’affumicatura non disturba. Buono.

Torna in mente quel motivo degli anni ‘70 “Per un’ora d’amore”. Ottimo.

Le carni sode dei suini allevati allo stato semibrado, affumicate con garbo, accolgono bene la speziatura del vino. Buono.

Le nuance saline e affumicate del vino accolgono bene i toni e le grassezze suine. Buono

Delicatezza del salume e risolutezza del vino: un incontro che pare imprudente. Discreto.

Benché gli aromi enoici siano delicati, il salume fatica a rincorrerli. Discreto.

Le note dolci e affumicate del salume corrono incontro a quelle fruttate del vino. Ottimo.

La cremosità del vino, la sua alcolicità, i profumi vanigliati hanno buon gioco con il grasso pregiato del salume. Ottimo.

Il frutto delicato e l’appagante acidità del vino contribuiscono a lenire la grassezza del salume. Buono.

Bisogna riporre al fresco la bottiglia perché il vino possa abbracciare la floridezza del salume. Buono.

Stephan Pramstrahler, proprietario dell’hotel Romantik Turm e cuoco premiato, ha acquistato la Tenuta Grottnerhof nel 2007. I vini Grottnerhof si distinguono per la loro complessità, le note vivaci e minerali e la persistenza. L’affinamento dei vini avviene in botti sia d’acciaio che di legno. Ogni vino porta il nome di un volatile.

vi è la visita alla Tenuta Grottnerhof, portata a nuova vita 15 anni fa dallo stesso Pramstrahler dopo un decennio di abbandono. È circondata da vigneti erti dove le viti non si fanno ombra l’una con l’altra; la Ora, la brezza che proviene dal lago di Garda, consente di avere un clima secco e mite dove alle spalle si ergono cime da 2.600 metri.

Grottnerhof

Fiè dello Sciliar è dominato dall’hotel di STEPHAN PRAMSTRAHLER, il Romantik Turm (hotelturm.it), una delle perle dell’ospitalità altoatesina, in spazi del Duecento, creato all’interno di torri, ricco di opere d’arte alle pareti e ad

arricchire gli interni. Tra mobili d’epoca, scale e pertugi, luoghi di rifugio e zone appartate, la vista è sempre invidiabile e ciascuna delle camere è una reggia dall’impostazione unica.

Tra gli appuntamenti che Pramstrahler organizza abitualmente per gli ospiti

Le etichette (frutto della fantasia di FLORIAN KOMPATSCHER) e i nomi dei vini svelano l’amore per la natura e in particolare per gli uccelli, “esseri liberi e felici in tutto il mondo”. Al corvo imperiale, che “è assai intelligente, vive in gruppo ed è un po’ birichino” è dedicato il Pinot nero Corax: un vino estroverso e che ama la convivialità. Si intitola al gufo reale, “re della notte, sempre vigile e dominante nella foresta” il Sauvignon blanc Bubo, giallo paglierino, fruttato con ricordi di fiori di sambuco e salda stoffa.

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SALUMI PIACENTINI DOP, FETTE DI STORIA

di Riccardo Lagorio

Fette di salame, pagine di storia sintetizzava in una battuta

CORRADO BARBERIS, il sociologogastronomo che per primo immaginò un’anagrafe dei prodotti tipici italiani negli anni Ottanta: un atto intellettuale dirompente a quell’epoca. Da allora si è preso sempre più coscienza che formaggi, pasta, conserve e salu-

mi rappresentano un valore culturale — oltre che economico — di estrema importanza per il nostro Paese. Nel Piacentino, in particolare, emerge un rapporto quasi totemico con i suini e i salumi, come testimonia il ritrovamento di un ciondolo-amuleto di epoca romana e raffigurante un maiale, conservato presso il Museo Civico di Palazzo Farne-

se del capoluogo. Anche l’arte figurativa medievale evidenzia questo forte legame con l’arte norcina: i mosaici della basilica di San Savino e della chiesa bobbiese di San Colombano illustrano il calendario zodiacale e quello dei lavori invernali della campagna con la macellazione del maiale. Nel Settecento la Corporazione dei lardaroli, ovvero

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CONSORZI

di coloro che lavoravano le carni suine, era tra le più influenti della città. E a quel tempo anche ELISABETTA FARNESE, in sposa a re Filippo V di Spagna, apprezzava i salami crudi piacentini: testimoni le missive scambiate con il cardinale GIULIO ALBERONI, che univa il ruolo di alto prelato a quello di consigliere della casa reale.

Le tre DOP suine

A fronte di questi legami storici, sociali e territoriali, nel 1996 l’Unione Europea ha riconosciuto la tutela comunitaria della DOP alla Coppa piacentina , alla Pancetta piacentina e al Salame piacentino

L’origine della Coppa piacentina DOP va ricercata nella tradizione familiare che si è tramandata nelle aree rurali. È facile considerare questo salume come uno dei prodotti più pregiati, da destinare al consumo nei giorni di festa o per farne omaggi assai apprezzati, doni ai quali spesso ricorsero gli esponenti del Ducato di Piacenza nel tessere rapporti diplomatici con altre realtà politiche. “Non è altro che la collottola del porco conciata” con spezie “e strettamente legata” raccontano fonti napoleoniche raccolte da SERAFINO MAGGI nel suo I salumi di Piacenza (CCIAA di Piacenza, 1973).

Ancora oggi i salumifici che aderiscono al Consorzio di tutela lavorano

con sale e spezie il muscolo cervicale del suino. Dopo averlo massaggiato manualmente, riposa a temperatura idonea per almeno una settimana e viene successivamente rivestito dal diaframma parietale suino. Viene poi stretto a mano con dello spago e inizia la stagionatura per almeno 6 mesi. Al taglio la fetta è compatta e omogenea, di colore rosso vivo, ben marezzato da parti di candido grasso, che la ammorbidisce e addolcisce. Per il suo profumo delicato si apprezza con uno spumeggiante Gutturnio DOC, il vino da uve Barbera e Bonarda proprio dei colli piacentini.

Chi ama i salumi ancora più dolci può scegliere la Pancetta piacentina DOP. Nasce rifilando la parte adiposa del suino che, dopo essere stata conciata con sale, pepe e chiodi di garofano per due settimane, viene ripulita, arrotolata e legata a mano con spago naturale. La stagionatura in questo caso dura almeno 4 mesi; tuttavia, le pezzature maggiori, sino a 8 kg, hanno bisogno di un periodo di maturazione maggiore, cioè fino a quando la fetta non si srotola e si presenta di colore rosso vivo inframmezzato dalle caratteristiche parti bianche di grasso. Il profumo è gradevole e si avvicina ai sentori di frutta secca col procedere della stagionatura. Si scioglie in bocca e si accompagna bene all’Ortrugo DOC frizzante, il vino bianco dalle note floreali che si produce sui colli di Piacenza.

Da queste parti conoscono il Salame piacentino DOP come salamecu la güssa dato che, quando si taglia, sempre a coltello e a fette spesse, fa la goccia. Ciò è dovuto al fatto che si tratta di un salame a grana grossa, con lardelli di grasso ben distribuiti che trasudano quando le carni sono ben stagionate. Per l’insacco si utilizza il budello di suino, che viene legato con dello spago e forato per la fuoriuscita dell’aria. Può essere venduto dopo 45 giorni, quando le carni si sono compattate, ma se piacciono sapori più intensi, ci si può rivolgere al proprio salumiere per scegliere le pezzature di maggior stagionatura. Per assaporare al meglio queste fette di storia, bisogna preparare una Barbera Colli Piacentini DOC di buon corpo e giusta alcolicità.

>> Link: salumidoppiacentini.it

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La produzione dei tre salumi DOP piacentini si distingue per la salatura a secco, l’aggiunta di poche spezie e la stagionatura prolungata.

CRUDO DI CUNEO

NUTRIENTE E SALUTARE

Isalumi occupano un posto speciale nella tradizione gastronomica italiana da qualche migliaio di anni: se la conservazione della carne risale al Paleolitico, in Italia la presenza di prosciutti ha origini già

in epoca etrusca e romana. Il termine italiano “salume” nacque per definire un alimento a base di carne cruda o cotta alla quale veniva aggiunto il preziosissimo sale al fine di conservarla; esso deriva dal latino salumen, che

significava appunto “insieme di cose salate”. L’aggiunta di grasso animale, erbe e spezie, così come altri ingredienti, divenne la caratteristica peculiare delle aree climatiche e delle zone geografiche d’Italia. Ogni regione italiana ha infatti

Premiata Salumeria Italiana, 1/23 72 SALUMI IN TAVOLA
La salagione delle cosce del Crudo di Cuneo viene fatta esclusivamente a mano, come tutte le altre fasi produttive, in due momenti differenti, proprio per dosare e limitare la quantità di sale adoperato.

sviluppato la cultura di salumi differenti, modificando in maniera peculiare le ricette, che sono giunte sino a noi.

In Piemonte l’antichissima vocazione suinicola, grazie alla maestria dei monaci dei conventi, che nel Medioevo erano veri e propri “piccoli stati” autonomi, ha portato alla nascita, nella zona del Cuneese — compresa nel Disciplinare di produzione del Prosciutto di Cuneo DOP —, di questa eccellenza unica nel Paese per le sue caratteristiche.

La posizione geografica dei territori del Consorzio fa sì che il prodotto abbia la giusta umidità, possa godere di una lunga stagionatura (minimo 24 mesi), ottenuta con una minore quantità di sale. La salagione delle cosce del Crudo di Cuneo viene fatta esclusivamente a mano, come tutte le altre fasi produttive, in due momenti diversi, proprio per dosare e limitare la quantità di sale adoperato.

Benché il prosciutto utilizzi il sale come conservante, si è arrivati ad una riduzione notevole del suo impiego, grazie all’evoluzione dei sistemi di produzione, al controllo dei periodi di asciugatura e stagionatura e alla maggiore attenzione alla qualità delle carni utilizzate.

A tale proposito occorre sottolineare il miglioramento del prodotto, che si accompagna al trend nazionale nella produzione dei salumi, che è stato riportato dall’aggiornamento degli studi fatti dal CREA-Alimenti e Nutrizione (CREAAN, crea.gov.it), in collaborazione con la Stazione Sperimentale Industria delle Conserve Alimentari (SSICA, ssica.it). Lo studio ha infatti messo in luce come la composizione nutrizionale dei salumi si sia modificata negli anni per ridurre, in particolare, la presenza di grassi e, sale.

Questo aspetto, insieme alla ricchezza di nutrienti benefici come proteine, grassi “buoni” — Omega 3 e Omega 6 — e vitamine del gruppo B, in particolare B1, B2 e B3, importanti per la salute dei tessuti nervosi, per la pelle e le mucose, rende il prosciutto Crudo di Cuneo DOP ottimo all’interno di un’alimentazione sana, bilanciata e variata.

Questo prodotto di alta eccellenza, frutto di una perizia artigianale antica, è un alimento adatto a tutta la popolazione e a diversi momenti di consumo, in grado di soddisfare la ricerca del gusto e, allo stesso tempo, in linea con

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In alto: alla puntatura, il grasso del crudo di Cuneo DOP non deve presentare odore di rancido, né odore di latte, pesce, né altri odori anomali. In basso: la marchiatura.

le raccomandazioni dietetiche della comunità scientifica.

Il Crudo di Cuneo DOP ha una riduzione del contenuto lipidico ottenuto grazie alle tecniche di allevamento e all’utilizzo di mangimi di altissima qualità; il contenuto in acidi grassi saturi si è ridotto notevolmente e si è ottenuto un equilibrio tra contenuto in grassi saturi e insaturi. In particolare, grassi preziosi come quelli insaturi (Omega) sono passati dal 30% ad oltre il 60% dei grassi totali. Se si analizza la concentrazione di sali minerali nelle sue carni, micronutrienti indispensabili per il buon funzionamento dell’organismo, è soprattutto il livello di potassio a risultare più elevato rispetto ad altri prodotti e a scapito del sodio: con 50 grammi di Crudo di Cuneo DOP si copre

il 15% circa del fabbisogno giornaliero di un adulto. Il contenuto in aminoacidi essenziali è alto, rendendolo ideale nell’alimentazione degli sportivi; in realtà il Crudo di Cuneo DOP è adatto a tutte le fasce d’età e in tutte le ore della giornata. È un alimento indicato anche nell’età della crescita dei bambini, per la donna in gravidanza e in periodo di allattamento.

Anche nell’età avanzata si presenta utile per stimolare il gusto che con il tempo tende a diminuire, grazie alla sua sapidità e al sapore intenso; grazie alla facile masticabilità e alla conservabilità, il Crudo di Cuneo DOP, in questa delicata fase della vita, integra l’aumentato bisogno di calcio, fosforo, zinco e vitamine antiossidanti dell’organismo maturo.

Insomma, gli anni bui della demonizzazione dei salumi sembrano passati, grazie agli studi della comunità scientifica, che hanno evidenziato come l’alta qualità della materia prima, la sapiente lavorazione e la cura durante la stagionatura possono portare ad un prodotto di alto livello nutrizionale, che nulla ha perso dell’antica genuinità e del sapore tradizionale

Un prodotto che, consumato nelle giuste quantità, in una dieta mediterranea variata, accompagnata da uno stile di vita sano e attivo, non può che contribuire al mantenimento della salute e del benessere.

E il Prosciutto Crudo di Cuneo è tutto questo, da molto tempo, oggi, e per gli anni a venire.

Dott.ssa Mara Antonaccio

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Ad oggi, il prosciutto crudo di Cuneo DOP viene commercializzato quando raggiunge i 24 mesi di stagionatura.

Festa del Consorzio Zampone e Cotechino Modena IGP, lo

chef

Bottura premia il vincitore del concorso “Gli Chef di domani”: «in questa

Si è svolta a Modena, lo scorso 10 dicembre, la finale del Concorso “Gli Chef di domani”, nel corso della undicesima edizione della Festa dello Zampone e del Cotechino Modena IGP, organizzata dal Consorzio di tutela. Gli studenti delle dieci scuole alberghiere precedentemente selezionate dallo chef Massimo Bottura, arrivati a Modena da tutta Italia, hanno preparato live le loro ricette a base di Zampone e Cotechino Modena IGP. La giuria, composta appunto da Massimo Bottura, accompagnato dal sous chef dell’Osteria Francescana Allen Huynh, e dal presidente del Consorzio Zampone e Cotechino Modena IGP Paolo Ferrari, ha quindi decretato i vincitori. Al primo posto si è classificato l’Istituto Lazzaro Spallanzani di Castelfranco Emilia (MO) con la ricetta “Al Burleng”, che chef Bottura ha definito “spettacolare”. Il burleng, borlengo in lingua italiana, è una cialda sottilissima, quasi trasparente (un cibo per burla, da cui il nome), tipica di una parte della provincia modenese, la cui origine storica risale al tardo Medioevo, quando per far fronte alla carenza di farina si usava aggiungere una maggiore quantità di acqua all’impasto del pane. «Vince un piatto che è la povertà assoluta: solo farina e tanta acqua. I ragazzi hanno riflettuto sulla tradizione e hanno guardato l’aspetto critico, scegliendo un ingrediente molto deciso, un Parmigiano stagionato 34 mesi, e hanno creato una dadolata di Cotechino Modena IGP che aveva un senso di collosità e croccantezza e l’hanno inserita nel burleng». Al secondo posto, l’Istituto Nazareno di Carpi (MO), con la ricetta “La forza e l’eleganza del Cotechino”, e, al terzo posto, l’Istituto Bernardino Lotti di Massa Marittima (GR), con la ricetta “Queen Zampone II”, ispirata alla Regina Elisabetta II. Anche quest’anno grande è stata la partecipazione per celebrare due prodotti simbolo della tradizione della salumeria italiana di qualità

>> Link: www.modenaigp.it

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gara ho visto delle cose bellissime, ho visto il futuro»

SAN DANIELE DOP

Testi e foto di Massimiliano Rella

L’

eccellenza ha i suoi tempi, le sue fasi, i suoi ingredienti e un territorio particolare e circoscritto.

Per dirla in altri termini: materia prima, metodo produttivo e origine. Nel caso del Prosciutto di San Daniele DOP, un prodotto di punta del made in Italy, questi tre elementi fondamentali da sempre ne caratterizzano qualità e personalità.

Per colore, profumi e sapore, il Prosciutto di San Daniele si distingue

in modo inconfondibile: intero ha una coscia a forma di chitarra con lo zampino. Alla vista una fetta di prosciutto di San Daniele DOP si presenta con una parte magra rosso-rosata e una grassa bianco candida; al palato è delicato, elegante nella sapidità e persistente con l’avanzare della stagionatura. Infine al naso ha aromi complessi e raffinati che ricordano la crosta di pane, la frutta secca, il malto d’orzo; insomma, un Signor prosciutto che è protagonista del gusto

e della tavola italiana. Il San Daniele DOP può nascere soltanto a San Daniele del Friuli, nel territorio di un piccolo paese in provincia di Udine (appena 8.000 abitanti), tra l’Adriatico a sud e le Alpi della Carnia a nord; un ambiente dal microclima unico, ovvero il terzo “ingrediente” di questo prosciutto DOP (Denominazione di Origine Protetta) apprezzato dal consumatore per le sue note caratteristiche di dolcezza. Il borgo è situato infatti in un’area dove le brezze

Premiata Salumeria Italiana, 1/23 76 SPECIALE SAN DANIELE

A sinistra: il borgo di San Daniele del Friuli (UD). Sito all’interno dell’area dell’Anfiteatro Morenico, è considerato la capitale del “persùt”. La principale attività economica del territorio si basa infatti sulla filiera produttiva del Prosciutto di San Daniele DOP. In basso: Mario Cichetti, direttore del Consorzio del Prosciutto di San Daniele.

tiepide e salmastre che dal mare risalgono il fiume Tagliamento incontrano i venti freddi che svalicano dalle vette alpine. La leggera e costante ventilazione che si crea, l’apporto regolatore del fiume sulla temperatura e sull’umidità, si traducono in condizioni ideali e irripetibili per la produzione dei prosciutti. Non a caso i 31 prosciuttifici consorziati hanno sede soltanto qui. A San Daniele del Friuli. Primo ingrediente, la materia prima, composta da carni suine nazionali

PROSCIUTTO DI SAN DANIELE DOP:

2.670.000 cosce prodotte

+1,5% su anno precedente

21,7 milioni di vaschette (pari a 400.000 prosciutti)

Fonte: Consorzio del Prosciutto di San Daniele

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DATI DI MERCATO
ANNO
2022 •

(Large White, Landrace, Duroc italiano), attentamente selezionate e di qualità, e sale marino. La filiera del suino (3.626 allevamenti, 45 macelli) è distribuita in 10 regioni italiane del Centro-Nord (il 94% però da 5 regioni del Nord), che devono attenersi ad una scrupolosa lista della “spesa” per l’alimentazione del suino. Riguardo al sale, invece, con l’ultimo Disciplinare produttivo la quantità è stata diminuita, a vantaggio anche dell’impatto ambientale.

Secondo elemento, un lungo metodo di lavorazione in vari passaggi. Vediamoli. Dopo l’iniziale rifilatura delle cosce fresche e la conservazione a 0 gradi per 24 ore — al fine di rassodarne la carne — inizia un’importante fase di salatura: le cosce sono mantenute in orizzontale ricoperte di sale, tra 0 e 3 gradi centigradi, per un numero di giorni equivalente al loro peso in chilogrammi (minimo 12,5 / max 17,5 kg). Una volta ripulite del sale residuo, vengono pressate (a forma di chitarra) per dare alla carne una consistenza ottimale per la stagionatura. A questo punto sono pronte al riposo in ambienti dedicati fino al quarto mese, un periodo durante il quale continua

la disidratazione dei tessuti. Seguono il lavaggio con acqua tiepida e l’asciugatura: la carne si tonifica, “rinviene”, e comincia una lenta maturazione.

Le “chitarre” sono poi trasferite in saloni di stagionatura, a temperature e umidità naturali, almeno fino al tredicesimo mese dall’inizio della lavorazione. Durante questa delicata fase sulla parte non coperta della cotenna viene applicato manualmente un impasto di grasso suino misto a farina di cereali, la cosiddetta sugna; un’operazione che può essere ripetuta due volte. In questo lasso di tempo, intanto, un “naso” esperto valuterà in più “visite” il buon andamento della stagionatura utilizzando un “ago” di osso di cavallo (fibula), infilzando in diversi punti la coscia per odorarne aromi e sentori. L’esperienza e la sensibilità olfattiva del “puntatore” sono preliminari alla marchiatura, che è l’atto finale che attesta la qualità del San Daniele DOP.

Al tredicesimo mese di “nascita”, infatti, i prosciutti che rispondono ai requisiti del Disciplinare di produzione sono certificati dall’istituto di controllo e sulle cosce a chitarra, impresso a

fuoco, compare finalmente il marchio del Consorzio. Il San Daniele DOP può essere disossato e pressato (più adatto per la GDO).

Nuovi progetti di sostenibilità Le novità del “distretto” del San Daniele riguardano temi e aspetti che rientrano nella sfera della sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Un filone d’intervento riguarda la riduzione e la rigenerazione del sale esausto per utilizzi alternativi. «Dobbiamo gestire la produzione in modo coerente con l’ambiente, che è un ingrediente del Prosciutto di San Daniele DOP» afferma Mario Cichetti, direttore del Consorzio del Prosciutto di San Daniele. «È importante il legame con il territorio di origine poiché anche la terra caratterizza i nostri prodotti e questo è un motivo in più per fare attenzione agli impatti ambientali e socio-economici della filiera. Il San Daniele viene prodotto in unico comune, la sua qualità è legata alla qualità dell’ambiente».

Sul sale e la salamoia di residuo, ad esempio, che diversamente andrebbero ad inquinare le acque reflue, si è puntato

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Dati di mercato riferiti all’anno 2021.

sulla realizzazione di un nuovo impianto di recupero e valorizzazione. Da 12 anni è operativo un sistema consortile che, con costi onerosi, li raccoglie e trasporta in impianti di smaltimento tra Veneto, Toscana e Piemonte. Adesso si punta ad un progetto innovativo di economia circolare, tecnologicamente avanzato, capace di separare l’acqua presente nel sale e di rimetterla pulita nell’ambiente. Il sale è ripulito e preparato per altri utilizzi, ad esempio come antigelo/ antighiaccio stradale, per l’industria conciaria, per la chimica, per le piste da sci. Viene trasportato in confezioni di diversa dimensione. Il nuovo impianto sarà operativo entro il primo semestre 2023, realizzato con finanziamenti di Promo San Daniele Srl (società del Consorzio), con risorse proprie più un contributo finanziario della Regione, per un costo totale di oltre 4 milioni di euro. Sul fronte ambientale esiste inoltre un depuratore consortile ristrutturato nel 2015 per i trattamenti delle acque dei 31 prosciuttifici consorziati. Riguardo invece all’energia e al gas — due voci di costo recentemente impennatesi a dismisura — si guarda ad iniziative

di medio-lungo periodo con lo scopo di arrivare ad un’autonomia parziale del fabbisogno energetico. Oggi l’acquisto avviene sul mercato libero, ma è diventata importante una gestione più collettiva e condivisa. Intanto, per ridurre gli sprechi, il Consorzio sta sviluppando linee guida di gestione consapevole dell’energia, valutando anche il fotovoltaico, con un sistema di sostegno misto tra lo stesso Consorzio e le aziende, per coprire una quota almeno tra il 20% e il 30% del fabbisogno, secondo le possibilità delle più avanzate tecnologie oggi a disposizione.

Ma torniamo alla materia prima, cioè la carne e il sale. Sulla prima si guarda con più forte interesse al benessere animale per incentivare i prosciuttifici a utilizzare cosce di suini trattati secondo i requisiti del Decreto Interministeriale approvato la scorsa estate (n. 341750 del 2 agosto 2022) e di cui il Consorzio è stato scientificamente parte attiva, già dal 2015, con il Ministero della Salute e l’Istituto Zooprofilattico di Brescia, grazie ad una sperimentazione di progetti pilota in alcuni allevamenti. I dati raccolti

sono stati utilizzati per validare il nuovo sistema sul benessere animale, di cui si attendono ora i decreti attuativi.

Infine — e di nuovo — il sale, perché una sua diminuzione, cioè un suo più basso contenuto nel prodotto, fa bene anche alla salute. Grazie al miglioramento tecnologico e all’expertise dei produttori, negli ultimi 10 anni, come risulta dai report degli organismi di controllo, la sua percentuale si è molto attenuata, incontrando la domanda salutistica, la ricerca di un prosciutto più dolce e gli stili di consumo che il mercato registra da tempo. Oggi in media la presenza di sale si attesta sul 6%, un buon valore che rientra nella gamma di tolleranza del 4-7% prevista dal Disciplinare. Insomma, un San Daniele DOP sempre più modello di alimentazione sana e equilibrata come è la Dieta Mediterranea, con alto contenuto proteico e di amminoacidi, bassa percentuale di grassi, facile assimilabilità e un importante apporto di oligoelementi presenti nelle carni.

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>> Link: prosciuttosandaniele.it Dati di mercato riferiti all’anno 2021.

Testa & Molinaro

Testa & Molinaro nasce nel 1941 dall’esperienza di due famiglie di norcini e prosciuttai, anche produttori, all’epoca, di verdure in scatola, tra cui la “Razioni K” per l’esercito italiano. A quel tempo i Testa e i Molinaro ebbero il merito di trasformare una produzione casalinga del prosciutto San Daniele in una attività d’impresa, portandola fuori dall’ambito “domestico”. Prima di loro, infatti, nessuno era organizzato con una struttura interamente dedicata e le singole realtà erano confinate alla dimensione familiare. Finita la guerra, con la ricostruzione e il boom economico, l’azienda registrò una crescita del prosciuttificio che, col tempo, prese completamente il posto della trasformazione di ortaggi, attività destinata a cessare.

Pur distinguendosi sul mercato con un San Daniele di qualità, dolce e ricercato dalla ristorazione più esigente, negli anni ‘80 l’azienda cominciò a soffrire della “eccessiva” manualità delle lavorazioni, totalmente artigianali, che le impedirono di decollare

in termini numerici e di competere con altre realtà sul mercato nazionale. La svolta arrivò nell’87, con l’ingresso della famiglia Fantinel, noti produttori di vino a Tauriano di Spilimbergo (PN), che acquistarono l’azienda apportando un bagaglio di esperienza commerciale e, soprattutto, innovazione, attrezzature moderne e una visione imprenditoriale ampia e lungimirante. I Fantinel introdussero, ad esempio, le guidovie sui soffitti degli stabilimenti che ottimizzarono il processo produttivo, arruolarono tecnologi alimentari per elevare la qualità del prodotto, ammodernarono gli impianti per una maggiore sicurezza, igiene e capacità produttiva. Fino ad aprire, nel 2003, un secondo stabilimento che affianca tuttora la sede storica di via Tagliamento, la quale oggi raccoglie gli uffici e un reparto produttivo per i San Daniele DOP con l’osso (circa 40.000 cosce l’anno). La nuova sede, invece, produce e stagiona 95.000 cosce/anno, lavora anche prosciutti disossati, semilavorati e pressati, adatti per il confezionamento in fette.

Il fatturato annuo si aggira sui 15 milioni di euro, la forza lavoro conta su 26 dipendenti e l’export è sul 4%, in mercati principali quali centro Europa e Regno Unito; molto forte, però, il mercato nazionale, in particolare il Triveneto e le regioni del Centro Italia. La GDO, che è il canale predominante, rappresenta il 70% ed è anche il segmento principale per il disossato; invece il canale HO.RE CA. assorbe il rimanente 30% con nomi di riferimento del mondo gourmet, da ERCOLI a Roma fino ai selezionatori di prodotto Selecta e Pregis

Sono due le linee di San Daniele DOP di Testa & Molinaro: quella storica stagionata 14-17 mesi Alta Salumeria, che rappresenta il 60% del complessivo, e quella di eccellenza Trentalune più Trentaluneblu. Prodotti che si caratterizzano per la particolare morbidezza e dolcezza, dovute soprattutto ad una quantità di sale al 5,8%.

Prosciutti delicati, di grande digeribilità e dal buon apporto nutrizionale; senza altri additivi che il sale marino. Oggi tra gli obiettivi c’è un progetto

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Testi e foto di Massimiliano Rella

di ulteriore riduzione del sale e una selezione più stringente delle materie prime, acquistate principalmente in Triveneto ed Emilia-Romagna.

Questo invece, a grandi linee, il processo produttivo: dopo aver selezionato attentamente le cosce, escludendo quelle con i minimi difetti, le stesse sono divise per pezzatura e mandate in salagione alla “sandanielese” , ovvero con 1 giorno sotto sale marino per ogni chilo di carne fresca. Dopo la pressatura c’è un primo periodo di riposo, in media 3 mesi, durante il quale si effettuano continui controlli, massaggi tonificanti e interventi di tolettatura.

Un lavaggio finale precede la fase successiva e fondamentale di stagionatura, che avviene in ampi saloni arieggiati naturalmente, esposti al microclima unico del territorio di San Daniele. Durante questa fase viene eseguita la stuccatura attraverso un impasto di sugna, sale, pepe e farina, con la funzione di proteggere e ammorbidire la superficie esterna del prosciutto. Nella fase finale il prodotto è regolarmente

controllato con la puntatura da parte di un “naso” esperto e ogni mese, prima della marchiatura, alcuni campioni sono sottoposti ad analisi dal laboratorio del Consorzio del Prosciutto di San Daniele per le verifiche di qualità.

Ma il San Daniele DOP non è solo gusto, è anche cultura e sapere artigiano, come tiene a sottolineare Giuseppe Peressini, responsabile commerciale di Testa & Molinaro: «È un prosciutto di antiche origini, si parla del III-IV secolo a.C., che nasce come tecnica di conservazione tramite osmosi, l’estrazione di acqua dalle carni attraverso il sale. Le cariche batteriche e le proteine proliferano infatti in presenza di acqua e togliendola si ostacola la loro carica distruttiva» puntualizza Peressini. «Il termine prosciutto deriva proprio dal prosciugamento tramite il sale».

In Nord Italia si insediarono secoli fa popolazioni galliche e nomadi che conoscevano per necessità la tecnica di conservazione della carne e la introdussero sul territorio. Il maiale, d’altra parte, era un animale congeniale al

In alto: una squadra vincente, ovvero Luca Marcuzzi, responsabile degli stabilimenti storici Testa & Molinaro di via Tagliamento; il proprietario, Stefano Fantinel; il responsabile commerciale Giuseppe Peressini; Lucio Della Vedova, responsabile degli stabilimenti di via Nazionale. A pagina 80: gli stabilimenti Testa & Molinaro in via Nazionale.

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Arrivo delle cosce fresche pronte per la lavorazione.

mondo contadino povero del tempo, poiché si ciba di tutto ed è utilizzabile interamente.

Il sale aveva un concorrente nel fumo, altro potente conservante grazie alla presenza di acido formico, alcoli, aldeidi, idrocarburi aromatici. L’utilizzo del fumo si spostò più a Nord, in Carnia, dove si produce prosciutto affumicato, a Sauris, e in Alto Adige, la terra dello speck. «San Daniele era già uno scalo d’approvvigionamento sotto i Romani — ricorda Peressini — ma la prima attestazione di un prosciutto è riportata in una lapide di un macellaio dell’antichità dove sono raffigurati una coscia suina e un coltello. Per la prima testimonianza scritta sul nostro prosciutto dobbiamo invece fare un salto di secoli fino al Concilio di Trento (1545-1563), quando furono messi per iscritto i parsutti da quel di San Daniele

Il San Daniele si faceva in casa, sfruttando la ventilazione con le finestre aperte, orientate da Nord a Sud. Si produceva durante i mesi freddi, tra l’autunno e la primavera, con un metodo che si è trasmesso di generazione in generazione e una tradizione mai estinta, poiché prima i Romani, poi i patriarchi di Aquileia e i dogi di Venezia difesero l’integrità del luogo e la sua tradizione alimentare. Non esisteva il libro scritto del San Daniele — conclude Peressini — il primo è del ‘61, con la nascita del Consorzio e la stesura del Disciplinare».

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A destra: salagione delle cosce fresche con sale marino. In basso: cosce in asciugatura.

Filiera Uno Prosciutti

La vocazione per il San Daniele DOP di qualità e la specializzazione sulle lunghe stagionature sono i principali obiettivi di Filiera Uno, azienda modello della FAMIGLIA LEVONI, noti imprenditori emiliani della norcineria, proprietari del Gruppo Alcar Uno. La loro avventura friulana comincia nel 2015, con l’acquisizione degli stabilimenti Brendolan, creati nell’88 dalla Fiorucci di Pomezia (Rm). L’idea era quella di valorizzare le lunghe stagionature con una filiera dedicata; idea che ispira ancora oggi i nuovi progetti di quest’azienda capace di sfruttare in tutti i giorni consentiti l’apertura delle

finestre — esposte Nord-Sud, perpendicolarmente al fiume Tagliamento — per approfittare della ventilazione naturale e del microclima del territorio, fattore determinante per la personalità del San Daniele DOP.

«Abbiamo un progetto d’ampliamento degli spazi per arrivare ad ottenere stagionature di oltre 24 mesi» racconta, entusiasta, Leonardo Levoni. «E a partire dal 2024 vorremmo allungare di qualche mese tutte le stagionature, poiché rendono di maggior valore i prodotti. E il consumatore li apprezza».

All’inizio della loro impresa friulana i Levoni hanno puntato sull’innovazione dello stabilimento, sulla sostenibilità e

l’ammodernamento tecnologico, con una attenzione al metodo produttivo, che segue da sempre e rigorosamente i dettami del Disciplinare. Di recente hanno acquistato invece un impianto per la produzione di 520 Kw/ora di energia green. «Appena rilevata l’azienda — ricorda Leonardo Levoni — decidemmo di ottimizzare l’impiantistica per avere una distribuzione e un consumo d’energia più efficienti, riuscendo a dimezzare il costo energetico per ogni chilogrammo di prosciutto prodotto. Ci mancava il fotovoltaico, lo abbiamo contrattualizzato lo scorso novembre ed entrerà in funzione tra marzo e aprile 2023, permettendoci di coprire una

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Testi e foto di Massimiliano Rella
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La “cattedrale” di stagionatura del San Daniele DOP dell’azienda Filiera Uno
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Filiera Uno Prosciutti, nel cuore di San Daniele del Friuli, è lo stabilimento di stagionatura, disosso e affettamento di Alcar Uno che assicura la tracciabilità completa di tutta la filiera.

quota pur minima ma importante del nostro fabbisogno».

Oltre alla razionalizzazione dei processi e dei costi energetici, per ciò che concerne produzione e stagionature, dai 13 mesi in su, oggi Filiera Uno è in grado di contenere «quasi 700.000 cosce, su una superficie complessiva di 30.000 m2 suddivisi su tre piani» ci fa notare il responsabile di stabilimento

Il San Daniele è una DOP che utilizza una materia prima omogenea e ben selezionata, di qualità medio-alta, trasformata in un prosciutto che è prodotto in

un unico territorio dai confini definiti — il Comune di San Daniele — con un metodo di produzione vigilato da due organismi, il Consorzio del Prosciutto di San Daniele e l’ente di certificazione IFCQ. In questo contesto generale l’azienda Filiera Uno ha un target di riferimento ben preciso — i clienti premium — per i quali opera come una grande “casa” di produzione e stagionatura, rivolta a salumifici, piccoli gruppi d’acquisto e catene della Distribuzione Organizzata interessate alla qualità. I prosciutti di Filiera Uno sono infatti pensati per un segmento alto di mercato, la ristorazione

Filiera Uno Prosciutti è l’ultima tappa del progetto di filiera integrata Filiera Uno del Gruppo Alcar

Uno, progetto che assicura al cliente la tracciabilità completa di tutta la produzione, dall’allevamento fino al prodotto finito e confezionato. Il prosciutto di San Daniele rappresenta il 38% del volume di produzione dell’azienda, circa 220.000 cosce l’anno

e l’HORECA. L’azienda produce e stagiona San Daniele DOP anche nelle versioni Bio e “America” (senza zampino per i mercati USA e australiano). Il San Daniele rappresenta il fiore all’occhiello di produzione, per dirla in altri numeri sono circa 220.000 cosce l’anno (l’affettato vale il 10%).

Filiera Uno produce, infatti, anche prosciutto nazionale, con i maiali dei propri allevamenti, dislocati tra Emilia e Lombardia, e prosciutto estero, da carni suine acquistate in centro Europa e lavorate con una stagionatura minima di 300 giorni.

Complessivamente ha un fatturato di 27 milioni di euro l’anno, volumi stabili ma in crescita per valore e un export di oltre il 50% diretto principalmente in Europa. È un’impresa con 80 dipendenti e fa numeri importanti, iper-certificata per i vari mercati d’esportazione e super controllata da rigorosi disciplinari interni, ma che opera con obiettivi di qualità artigianale.

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Prosciutto di San Daniele DOP Filiera Uno.

SAN DAN PROSCIUTTI

Testi e foto di Massimiliano Rella

San Dan è il brand commerciale di A&B Prosciutti Spa, l’azienda produttiva fondata nel ‘90 dalle famiglie AIMARETTI e BRENDOLAN e oggi interamente della famiglia Aimaretti, realtà imprenditoriale specializzata nella lavorazione delle carni. In Piemonte sono proprietari di un macello — al servizio dei 3 stabilimenti produttivi —, di allevamenti di 50.000

suini, suddivisi tra 6 cascine, e di 30 ettari coltivati a orzo, mais e frumento per l’alimentazione del bestiame. Oltre al sito di San Daniele del Friuli (UD), dove producono e stagionano il San Daniele per 16, 18 e 20 mesi, gli Aimaretti operano a Felino (PR) con il Parma DOP Nuova Boschi e ad Ampezzo (UD) per la produzione di speck, guanciale e fiocco di prosciutto.

Dal campo alla tavola il gruppo agisce con obiettivi di filiera chiusa, pur acquisendo materia prima aggiuntiva da fidati fornitori messi a contratto di soccida e che allevano nel rispetto del Disciplinare del circuito del Parma e del San Daniele DOP. Le carni arrivano dalle 11 regioni ammesse dalle Denominazioni d’Origine Protetta: le cosce sono destinate ai prosciutti, il resto delle carcasse

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San Daniele DOP “San Dan” Gran Riserva: salato a mano e stagionato in ambienti naturali, ha grande carattere e personalità.

all’industria di trasformazione, cioè salumifici e la GDO per la vendita di carne.

Forte di 400.000 “chiodi” potenziali — cioè i ganci su rastrelliera d’acciaio dove sono appese le cosce — lo stabilimento A&B di San Daniele del Friuli è il cuore del gruppo. Qui oltre l’80% della produzione è di San Daniele DOP, il resto di nazionale per circa 45.000 cosce l’anno. La struttura è a tutti gli effetti una “cittadella del prosciutto”, con un immobilizzo di capitale di 60 milioni

di euro tra impianti e magazzino; nel 2022 ha fatturato circa 7 milioni di euro, in crescita del 10% sul 2021 e con un trend costante negli anni, collocandosi all’interno di un gruppo il cui fatturato si attesta intorno ai 150 milioni di euro.

Il posizionamento del San Daniele DOP San Dan è di fascia medio-alta e copre vari segmenti di mercato: la GDO con l’etichetta azzurra (70%); il dettaglio con l’etichetta nera (25%), un fuoriclasse della produzione San

Lo stabilimento A&B di San Daniele del Friuli è il cuore del gruppo. Qui oltre l’80% della produzione è di San Daniele DOP. La struttura è a tutti gli effetti una “cittadella del prosciutto”, che nel 2022 ha fatturato circa 7 milioni di euro, in crescita del 10% sul 2021 e con un trend costante negli anni

Dan; il canale HO.RE.CA. con il Gran Riserva (5%), un prosciutto esclusivo in produzione limitata e numerata, dal carattere intenso e persistente.

Un’azienda solida e di tradizione insomma, che oggi però, come l’intero comparto, deve fare i conti con una forte inflazione: un’impennata di costi energetici e della materia prima che è un mix esplosivo su due voci d’impresa che incidono per l’80-90% del costo finale del prodotto. Qualche numero? Per il 2023 l’azienda stima un extra costo di energia elettrica di 4,5 milioni di euro rispetto alla bolletta del 2022, che va ad aggravare un aumento del 50% del costo della carne registrato negli ultimi due anni (da 3,8-4 €/kg fino a 5,7/6 €/kg; dato rilevato a novembre 2022). Il prezzo viene stabilito dalla Commissione Unica Nazionale, l’organismo che aggrega l’intera categoria — allevatori, trasformatori e distributori — operando da cerniera tra domanda e offerta con

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Prosciutti di San Daniele DOP in stagionatura.

prezzi settimanali della carne suina. Il risultato, conti alla mano, è che per compensare l’aumento dei costi energetici e della carne il prezzo finale del San Daniele al consumatore dovrebbe aumentare di 3/4 euro al kg. Negli ultimi 5 mesi, complice l’inflazione, i listini sono aumentati però soltanto del 7-10%.

Maurizio Manfrè, il direttore commerciale della San Dan Prosciutti, ha le idee chiare e non vede alternativa: «L’unica risposta possibile per non uscire dal mercato è di trovare un punto d’incontro tra consumatori, produttori e distributori affinché ciascuno sopporti l’impennata di costi che prevediamo per il 2023» ci spiega. «Non è saggio né giusto scaricarli interamente sul consumatore finale, ogni anello della filiera deve fare un sacrificio e rinunciare ad un po’ di margine altrimenti rischia di saltare il banco. Il San Daniele non può arrivare a costare cifre spropositate… Se così fosse, parte dei consumatori si

rivolgerebbero a prodotti succedanei o di qualità medio-bassa». Tutto questo accade in un periodo d’importanti cambiamenti nel punto vendita, dovuti in parte alla fine della pandemia. In particolare in GDO si è verificata un’inversione tra l’acquisto di affettati in vaschetta e al banco. Se la vaschetta era diventata predominante nel 2020 e nel 2021 per la “sicurezza” garantita dal take away, oggi è tornato in auge il taglio assistito al banco. I temi di sostenibilità (la lotta alla plastica) e la necessità di risparmiare energia, quanto meno convergono a rafforzare il rapporto diretto tra venditore e consumatore.

Tornando ad A&B Prosciutti e al suo prodotto di punta, il San Daniele “San Dan”, la risposta del Gruppo alla tempesta perfetta consiste principalmente in una razionalizzazione dei costi.

I nuovi progetti guardano poi alla ricerca di soluzioni energetiche più efficienti. A febbraio 2022, ad esempio,

è andato in pensione un co-generatore con motore da 400 KW, utilizzato sia per l’elettrico che per il termico, ed entro i primi mesi del 2023 ne verrà installato uno nuovo da 625 KW. Lo stabilimento ha tetti piatti per una superficie utile al fotovoltaico di 10.700 m2, ma andrebbe prima sostituita l’intera guaina isolante, prevista dalle norme anti-incendio.

I costi di sostituzione e installazione del fotovoltaico sono molto alti, «stiamo quindi cercando una soluzione alternativa» ci spiega il proprietario Stefano Aimaretti. «Abbiamo un campo qui davanti e c’è interesse da parte di un’azienda di impianti fotovoltaici ad affittarlo; cederemmo così il diritto di superficie in cambio d’energia a un prezzo di favore. Inoltre stiamo facendo uno studio sul recupero di calore sui compressori».

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Lo stabilimento A&B Prosciutti di San Daniele del Friuli (photo © A&B Prosciutti).

Il San Daniele IN CUCINA

Testi e foto di Massimiliano Rella

Il classico affettato — la soluzione più semplice e quella più ovvia — è una presenza fissa sulle tavole di San Daniele del Friuli. Osterie, ristoranti e prosciutterie stuzzicano sempre la clientela con taglieri di diversa stagionatura, da accompagnare a pane fresco e ad un buon calice di vino, naturalmente del Friuli Venezia Giulia. C’è però un modo diverso di

valorizzare le caratteristiche e la qualità del San Daniele DOP come ingrediente di antipasti, primi e secondi piatti. Ricette come la Focaccia al San Daniele — con pomodorini semi-secchi, vari sottolio, olive taggiasche e bocconcini di bufala — gli Involtini di asparago spolverati di Parmigiano, leggermente gratinati in forno o gli Involtini di radicchio rosso di Treviso IGP. E ancora: i Tortelli al ripieno

di San Daniele, con salsa di formaggio Montasio e fichi.

Di sicuro, una ricetta di territorio che non manca mai sulle migliori tavole del paese sono le Fettuccine (o i tagliolini) “alla San Daniele”, con crema di latte, semi di papavero e Prosciutto crudo di San Daniele DOP. Ma questa più che una ricetta è un’idea di piatto, poiché ciascuno la personalizza a suo modo

Fettuccine con Prosciutto crudo di San Daniele DOP, crema di latte e granella di pistacchio. È una delle portate che potete ordinare a La Tavernaccia prosciutteria-ristorantino a San Daniele del Friuli (UD).

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In alto: Marco Besana e Anna Lorio della prosciutteria-ristorantino La Tavernaccia. In basso: lo staff tutto al femminile dell’osteria con cucina e prosciutteria Al Bersagliere.

con piccole varianti di cottura e ingredienti. A La Tavernaccia (La Tavernaccia – Hosteria L’Altra Campana, via Umberto I 20, telefono: 0432 631405 – 333 3131431, latavernaccia.business.site), ad esempio, lo chef MARCO BESANA e la moglie ANNA LORIO li condiscono con un’aggiunta di granella di pistacchio. «Il San Daniele è un prodotto da trattare con cura anche come ingrediente — premette Besana — ma ognuno partendo dalla tradizione ci mette del suo. Qualcuno lo rosola, qualcuno lo macina, noi preferiamo servirlo a striscioline poiché la superficie esposta al calore è minore che nel macinato. Inoltre, lo aggiungiamo nella salsa a fine cottura per evitare che le striscioline secchino e che il sapore del prosciutto diventi più sapido».

Al Bersagliere, l’osteria con cucina e prosciutteria che la signora ANITA gestisce con uno staff prevalentemente femminile (via Roma 16, telefono: 0432 957142, www.albersagliere.it), il piatto forte sono ancora i Tagliolini alla San Daniele, preparati però su una base di scalogno con crema di latte e pezzettini di prosciutto DOP tagliati a mano e fatti saltare in padella. Ottimi e di bell’impatto visivo sono anche i Ravioli al cavolo viola ripieni di San Daniele con pezzetti di prosciutto DOP croccante «È un prodotto che come ingrediente si presta per primi e antipasti», ci spiega la signora Anita. E noi li gustiamo seduti davanti ad un tipico fogolâr friulano, che appare ufficialmente per la prima volta in questo locale ottocentesco in una foto dell’anno 1905, esposta sulla parete dietro al grande camino.

Ultima tappa all’Osteria di Tancredi (via Sabotino 10, telefono: 0432 941594, www.osteriaditancredi.it ), un locale di cucina tipica gestito da GUENDALINA FAUNER e dalla mamma SILVIA I taglieri di San Daniele, ovviamente, non mancano mai, così come i Tagliolini alla San Daniele con pasta fresca, crema di latte, prosciutto DOP rosolato nel burro e una fetta di San Daniele come top. «Un piatto molto delicato con un ingrediente da trattare con rispetto» sottolinea Guendalina. «Noi il DOP lo usiamo anche per un secondo, il petto di pollo ripieno di albicocche essiccate, bardato al San Daniele e servito su crema di porro e patate».

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In alto: i tagliolini alla San Daniele con crema di latte, pezzettini di San Daniele tagliati a mano e saltati in padella dell’osteria e prosciutteria Al Bersagliere. In basso: l’Osteria di Tancredi.

Siamo gli specialisti del San Daniele DOP

Il segreto è tutto

Allevamenti di proprietà

Le carni dei nostri prosciutti di San Daniele DOP provengono da suini nati e cresciuti nei sei allevamenti della famiglia Aimaretti o da siti rigorosamente selezionati.

Benessere animale

nati e cresciuti nei sei

dell’animale sono una priorità. I nostri allevatori controllano attentamente l’alimentazione, si assicurano che gli ambienti siano spaziosi e areati e riducono al minimo lo stress del suino.

Prosciutto di San Daniele DOP

Etichetta Nera SanDan. Inimitabile.

o salu enuinit le n inconfondibile s

Solo le cosce migliori

I nostri mastri salumieri mettono al primo posto la genuinità delle materie prime e selezionano le cosce migliori per portare in tavola il gusto inconfondibile di un prodotto sano e naturale.

Con pazienza, secondo tradizione

Con pa

tra

La salatura, rigorosamente a mano, e la stagionatura minima di 18 mesi, danno vita ad un crudo dal gusto unico, naturalmente buono.

La a mano, e l mini vi d natura

www.sandanprosciutti.com
menti riet ostri a suini
ella osamente se ere e ono una tori che o spaziosi cono ess suino

PRODOTTI TIPICI

I SALUMI DELL’ALTO VASTESE DELLA MACELLERIA-SALUMERIA LA GENUINA

LA VIA DELLA VENTRICINA

di Riccardo Lagorio

Carunchio è un borgo abruzzese con poco più di 500 abitanti appollaiato a cerchi concentrici su un colle dal quale si possono avvistare la Maiella e il Gargano. Strade ripide come quelle dei film americani. Ai buongustai Carunchio parla col nome delle carni e dei salumi: ventricina. È infatti questa l’area dove il salume nasce e si sviluppa florido

grazie all’abilità di LUCIANO CARACCIOLO e della moglie DOMENICA RANNI. Aprirono la macelleria quando erano entrambi ventenni e la bottega era un utile servizio per chi resisteva tra queste montagne. Poi lo spopolamento, la lecita domanda sul che fare? I salumi erano già di casa nella macelleria, ma fu solo allora, quando gli abitanti arrivarono intorno a quota 500, che si prese la decisione

di dedicarsi alla trasformazione della carne. L’ex convento di frati di Santa Maria degli Angeli, ormai vuoto, anche queste anime sante decimate, era la scelta migliore per utilizzare un immobile di pregio nel centro storico. Un modo per rendere sacro un prodotto tanto laico quanto la ventricina

E in termini di venerabilità qualcosa in effetti c’è nei gesti nei comportamenti

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Il Massiccio della Majella visto da Montefalcone nel Sannio (CB) e, in primo piano, Carunchio (CH).

di Luciano e signora… Tanti prodotti del saper fare italico meriterebbero un simile innamoramento, una tensione mistica e sensuale che li salverebbe dall’estinzione. «Lavorare qui è ogni giorno un’avventura, un’incertezza: ci spinge l’amore per la terra e le tradizioni» spiegano. Un avamposto del giardino delle delizie che unisce un servizio caratterizzato da una scelta scrupolosa delle carni e l’antico sapere tramandato dalle generazioni montanare delle colline dell’Alto Vastese.

I suini che arrivano nello spazio de La Genuina pesano all’incirca 170 kg e provengono da allevamenti locali. Una piccola produzione, dedicata soprattutto ai prosciutti, deriva dalla lavorazione del suino Nero abruzzese, dai limitrofi comuni dell’Aquilano.

Le parti anatomiche necessarie per l’ottenimento della ventricina sono il prosciutto, al quale sono state tolte tutte le parti dei nervetti, il lombo e la parte più solida della pancetta, ben rifilata, in ragione del 20-25%. In alcuni casi si utilizza il guanciale, che dà un salume più grasso e gustoso. Le carni vengono tagliate a coltello o con una macchina che riproduce il taglio a coltello. Impastate e mescolata con peperone dolce, piccante, polverizzati ma non troppo sottili, e un’idea di finocchietto selvatico.

«Un tempo l’insacco avveniva dentro la pancia del maiale, da cui il salume prende il nome, ventricina, ora utilizziamo le vesciche per le pezzature

più grandi che vanno da 17 a 20 kg, ma più spesso del collato suino, ovvero budelli pressati con amido di riso» racconta Caracciolo.

Opportunamente punzecchiata per evitare ristagni d’aria, la ventricina viene messa ad asciugare per circa 20 giorni in ambiente ventilato, per poi passare in ambiente più umido dove continua l’asciugatura e inizia la stagionatura in maniera più lenta per un periodo di 50 giorni. Si procede poi alla sugnatura, un procedimento che consiste nel coprire l’insaccato, nella parte esterna, completamente di strutto. Questo passaggio consente la maturazione e la conservazione ideale per almeno altri 60 giorni bloccando il processo di asciugatura. In queste condizioni sotto sugna la ventricina ci può stare per più anni. «Si presenta molto bene per via della forma particolare, a goccia» continua. Al momento del consumo la fetta non si deve sgretolare: «la fetta deve essere ben spessa ed eventualmente ridotta a quadretti di modo che a ciascuno siano date delle parti magre e delle parti con più grasso».

Alla ventricina sono legate le festività più importanti della comunità: era il salume delle feste e degli amici, del lavoro nei campi e della mietitura. La sua scomparsa evidenzierebbe la scomparsa di una memoria collettiva: ecco perché la elaborazione della ventricina va pensata come una sorta di conservazione del patrimonio culturale

Tra gli altri sapori suini che sono custodi di tradizioni e sapienza popolare tra queste antiche mura nasce anche la sopressata. La carne viene macinata più finemente, vi si aggiungono dei lardelli e si insacca con sale, pepe, in budello naturale. Per dare una forma squadrata, il salame ottenuto vien posto sotto una pressa di legno di larice per alcuni giorni. Asciugatura e stagionatura proseguono come negli altri salumi.

Un salume demodè che riscuote successo tra un manipolo di appassionati è infine la salsiccia di fegato, presente in quantità del 40%. Nell’impasto sono presenti sale, polvere di peperone dolce e piccante, finocchietto selvatico, scorza d’arancia e pepe. Al colore bruno dell’insaccato corrisponde un gusto intenso. Anche in questo caso la sua scomparsa comprometterebbe l’oblio di quel tempo in cui tutte le parti del suino venivano utilizzate con premura: un tempo del necessario che forse non tornerà più. O si ripresenterà con prepotenza, chissà… Riccardo Lagorio

La Genuina Sas

Via IV Vico Croce 3

66050 Carunchio (CH)

Telefono: 0873 954215

E-mail: laventricina.it

Web: www.laventricina.it

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Luciano Caracciolo e Domenica Ranni al controllo della loro ventricina in stagionatura.

In cammino attraverso la Normandia, fino alla Baia di Mont-Saint-Michel

LA MERAVIGLIOSA AVVENTURA DELLA GRANDE RANDONNÉE 223

Non so se anche a voi, a muovere i primi passi nel nuovo anno, sembra, non si sa perché, ogni volta una impresa titanica, e se i mesi di gennaio e febbraio risultano più pesanti e lenti di tutti gli altri, come in una sorta di lunga scena al rallentatore. E non so se anche a voi la testa, invece, lei va avanti per conto suo e vorrebbe correre subito e in fretta oltre il freddo e l’umido (e, per chi come me vive nella Pianura Padana, anche oltre il sempiterno grigio) dell’inverno, per ritrovarsi finalmente già

nella bella stagione, coi vestiti leggeri, l’aria tiepida, e le giornate così lunghe che sembrano infinite.

Se per caso anche voi avete una percezione simile delle cose, ecco allora che, per tentare di dare il migliore avvio a questo inizio di anno 2023, con l’invito di lanciare le nostre scarpette da trekking oltre l’inverno, stavolta ho pensato di portarvi su uno stupefacente sentiero, caratterizzato da un clima tutto sommato piuttosto mite anche in inverno, il quale si srotola interamente al cospetto dell’Oceano Atlantico, proprio a picco

sul Canale della Manica, incorniciato da grosse nuvole che, soffiate dal vento, si rincorrono veloci.

Partiamo quindi per la Normandia, alla volta di uno dei cammini tra i più famosi e battuti della Francia, e cioè il GR 223, ovvero il sentiero numero 223 della Grande Randonnée, uno strepitoso percorso naturalistico che vi condurrà dalla Baia di Veys fino alla incredibilmente favolosa Baia di MontSaint-Michel

La Grande Randonnée, giova ricordarlo, è una vasta rete di cammini

Premiata Salumeria Italiana, 1/23 100 IL GUSTO DI CAMMINARE

escursionistici che si sviluppano percorrendo i paesaggi più suggestivi di Francia, Belgio, Paesi Bassi e Spagna. E, all’interno di questo circuito, il sentiero GR 223 rappresenta un importante trekking di 446 km di lunghezza, il quale si sviluppa sulla meravigliosa costa della regione francese della Normandia, letteralmente incastrato tra cielo e mare, e si staglia attraverso incantevoli scogliere, fari scenografici, immense pianure, spiagge, falesie, e anche deliziosi piccoli borghi marinari. Il percorso, anche se di fatto raramente supera il dislivello

Tra le diverse opzioni escursionistiche offerte dalla Normandia, regione settentrionale della Francia bagnata dal canale della Manica, il GR223 è il sentiero più lungo e attraversa paesaggi incontaminati e scogliere a strapiombo, sviluppandosi per oltre 400 chilometri (446 per essere precisi), fino alla mitica baia di Mont-SaintMichel. Per secoli, migliaia di pellegrini di ogni nazionalità hanno visitato questo luogo di culto retto nel 1.700 d.C.: non a caso attorno a questa incredibile abbazia sono nate leggende e storie secolari che ne hanno nel tempo aumentato il fascino, consentendo inoltre alla Normandia di diventare un punto nevralgico del turismo nazionale (photo © Claude Bencimon).

di 150 metri, è lungo e a tratti anche impegnativo, caratterizzato da ripetuti, bruschi e improvvisi saliscendi.

Si tratta di un cammino che consta di 23 tappe per una media giornaliera di circa 20 km, ma che comunque, per chi possiede più tempo a disposizione o semplicemente per chi desidera affrontare il tragitto con calma, godendo appieno della immensa bellezza dei paesaggi incontaminati attraverso i quali avrà l’opportunità di passeggiare, è ovviamente frazionabile in diverse e ulteriori tappe intermedie.

La segnaletica lungo il percorso è ottima e ben curata, e si identifica con le classiche e inconfondibili pennellate bianco-rosso: potrete dunque dedicarvi completamente a raccogliere tutta la bellezza di questo cammino, senza mai correrere il rischio di smarrire la vostra strada.

Nonostante questo sentiero si sviluppi praticamente tutto a ridosso della costa, esso si caratterizza per una grande varietà di paesaggi, tutti praticamente incontaminati, con vedute panoramiche da mozzafiato.

Premiata Salumeria Italiana, 1/23 101

Burro, formaggi e agnelli dei prati salati

La Normandia gode di un panorama gastronomico particolarmente succulento che spazia dalle meraviglie del pescato e dei frutti di mare fino al sapori corposi dati dai due ingredienti principi della cucina normanna, il burro salato e i formaggi a pasta molle. Tutto ciò che è burro, panna, latte e formaggi va a comporre la maggior parte delle ricette che vengono apposta definite à la normande (alla normanna). Insomma una cucina ricca, corposa e calorica, che farà proprio al caso vostro cari camminatori, ritemprandovi con gusto. Per quanto riguarda la carne, ottima grazie ai verdeggianti pascoli e all’aria buona della zona, è parte fondamentale della cucina locale ed è generalmente servita con sughi e salse a base di Calvados e sidro, due liquori a base di mele. In particolare l’agnello, il cosiddetto e molto noto “pré-salé” (cioè dei prati salati), in quanto i capi vanno al pascolo nei prati ricoperti quotidianamente dalle maree e sono protetti dall’Appellation d’Origine Contrôlée “Agneaux prés-salés du Mont-Saint-Michel”

Da più di mille anni, l’agnello che va a pascolo nei prés-salés della Baia del Mont-Saint-Michel e della regione delle “Havres” (piccole città portuali) del Cotentin viene considerato come un cibo della festa per via delle sue grande qualità organolettiche: si tratta infatti di una carne marezzata, ovvero con tanto grasso intramuscolare), di color rosato, con fibre lunghe e una certa persistenza in bocca. Per portare con voi a casa il sapore unico di questo prodotto è possibile acquistare le rillettes o la terrine d’agneau de pré-salé, due preparazioni classiche della charcuterie per conservare la carne; praticamente, un pezzettino di Normandia in vasetto.

Passeggiare tra le cozze DOP al ritmo delle maree

Il mare risale, si dice, alla velocità di un cavallo al galoppo: terreno delle più grandi maree d’Europa, la Baia di Mont-Saint-Michel andrà dunque attraversata… con i pantaloni rimboccati! Dato l’ambiente particolarmente favorevole, ovviamente qui sono protagonisti del paesaggio gli allevamenti di mitili, cozze soprattutto. Riconoscibili per la conchiglia nera e la bella carne color giallo-arancio: le cozze della baia di Mont-Saint-Michel sono uno dei fiori all’occhiello della gastronomia della regione. Introdotte nel 1954 sotto la spinta dei rappresentanti politici di Vivier-sur-Mer, oggi rappresentano circa 270 km di linee di pali e circa 200.000 pali. Queste cozze, designate con l’Indicazione geografica DOP (Moules de bouchot de la Baie du Mont-Saint-Michel DOP), rappresentano da sole un quarto della produzione di cozze in Francia. La loro carne morbida, consistente e soffice si può apprezzare da luglio a febbraio, alla marinara con vino bianco ed erbette, alla panna, alla plancha o in un risotto. Si possono conservare per circa 2 giorni al fresco, e la garanzia di freschezza è la conchiglia ben chiusa.

A Vivier-sur-Mer ogni anno viene organizzata la Festa delle cozze e, se siete stanchi di camminare, la Maison de la Baie (un centro di educazione ambientale) offre simpatiche escursioni a bordo di una Mytilis-mobile

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Lungo questo strepitoso percorso avrete l’occasione di vedere l’indimenticabile spettacolo delle scogliere di granito rosa di Cap de la Hague, e l’imponenza delle falesie di Nez de Jobourg, le più alte d’Europa. Inoltre, a Havre de la Vanlée vivrete l’esclusiva esperienza di odorare il profumo delle grandi distese di herbus, ovvero di un speciale tipo di pascolo salato, particolarmente gradito agli ovini, che si forma spontaneamente nelle pianure le quali, durante l’alta marea, vengono occasionalmente invase dal mare. Non mancherete poi di rimanere incantati dalla ricchezza e dalla singolarità del paesaggio circostante quando camminerete avvicinandovi al Parco

Naturale Regionale degli Acquitrini del Cotentin, una riserva naturalistica la quale offre spettacoli davvero unici nel suo genere con le tipiche distese di terra costantemente puntellate di acquitrini e paludi. Avendo un poco di tempo a disposizione, è consigliabile soffermarsi per una gradevole visita alle deliziose località balneari di Deauville, Trouville, Cabourg e Houlgate. Infine, per gli appassionati di storia, non dovrà mancare una tappa all’importante monumento sulla spiaggia di Bernières-sur-Mer, a memoria del famosissimo sbarco in Normandia degli Alleati, avvenuto il 6 giugno 1944.

E così, camminando di meraviglia in meraviglia attraverso questo lungo e straordinario sentiero in grado di restituire indimenticabili bellezze alla vista e grandi entusiasmi al cuore, alla fine vi apparirà in lontananza, proprio come una sorta di visione a filo delle acque dell’oceano, l’inconfondibile e incantevole profilo della Baia di Mont Saint-Michel, un famosissimo e molto particolare piccolo isolotto, Patrimonio UNESCO dall’anno 1979, sovrastato da un imponente santuario.

Se sarete fortunati, ma io credo proprio di sì, visto che sarete partiti lanciando le scarpette da trekking oltre l’inverno, avrete l’occasione di arrivare proprio durante lo straordinario fenomeno della marea che con inusitata rapidità sale fino a sommergere completamente la strada di accesso alla baia e restituendovi una vera e propria magia la quale rappresenterà niente meno che il migliore auspicio per questo inizio di anno.

Premiata Salumeria Italiana, 1/23 di M O D ENA A C ETO B A L SAMI C O CONSORZIO TUTELA L’ACETO BALSAMICO è DI MODENA Unico. Autentico. Di Modena.

Lo Zampone più grande del mondo 2022 ha superato i 4 quintali Evviva i Maestri Salumieri!

Ha compiuto 33 anni il Superzampone, la festa dedicata allo Zampone più grande del mondo organizzata e promossa dal Comune di Castelnuovo Rangone (MO), in collaborazione con

l’Ordine dei Maestri Salumieri Modenesi. L’iniziativa, svoltasi nel primo weekend di dicembre 2022 e culminata nel taglio del super insaccato — oltre 400 kg di fumante bontà — a mezzogiorno della domenica, rappresenta un momen-

to fondamentale per la promozione e la valorizzazione delle tipicità agroalimentari del territorio. «Nel decimo anniversario della scomparsa del suo inventore, Sante Bortolamasi, e nell’anno in cui ci ha lasciato anche l’imprenditore del

distribuito gratuitamente con un contorno e un bicchiere di Lambrusco.

Premiata Salumeria Italiana, 1/23 104 EVENTI
Il taglio del Superzampone 2022, con la conduttrice televisiva Metis Di Meo e il sindaco di Castelnuovo Rangone Massimo Paradisi. L’insaccato, come solito, è stato poi

settore Sante Levoni, era quasi un dovere morale promuovere un appuntamento da sempre nel cuore dei castelnovesi» ha dichiarato il sindaco MASSIMO PARADISI «Castelnuovo è la patria dell’industria salumiera ed è giusto celebrare con orgoglio una delle nostre eccellenze, per raccontare ciò che siamo oggi e aprire nuove prospettive per il futuro». «In questa edizione — spiega LUISA FALCHI VECCHI, presidentessa dell’Ordine del Maestri Salumieri Modenesi — abbiamo voluto ricordare con particolare gratitudine tre figure che hanno contributo in modo determinante allo sviluppo del nostro settore: Sante Bartolamasi, Sante Levoni e Paolo Venturelli. Questo appuntamento intende rendere omaggio anche a tutte le persone che col loro lavoro e la loro professionalità hanno reso grande l’industria salumiera castelnovese».

>> Link: zampone.com

Premiata Salumeria Italiana, 1/23 105
Nelle foto, la scopertura della targa dedicata a Sante Levoni e a tutti i Maestri Salumieri in vicolo Sante Bortolamasi alla presenza del presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini e alcuni rappresentanti dell‘Ordine nelle sale comunali.

GRAPPA TRENTINA: LA NOTTE DELLE DISTILLERIE DI SANTA MASSENZA

ALAMBICCHI ACCESI

Rella

Come si produce la grappa? Qual è la sua storia? Cosa e com’è un alambicco? Sono domande semplici dalle risposte elaborate, che raccontano una nicchia affascinante del mondo dei distil-

lati, attraverso un’iniziativa che si svolge da quattordici edizioni, ogni anno in Trentino. E che prevede uno spettacolo itinerante tra i vicoli, le piazzette e le 5 distillerie di Santa Massenza, capitale della grappa artigianale. L’evento arti-

stico La Notte degli alambicchi accesi è curato dalla compagnia teatrale KOINÈ, ha la voce narrante di PATRIZIO ROVERSI, ed è promosso dall’Istituto Tutela Grappa del Trentino nell’ambito della manifestazione Alambicchi Aperti.

La Notte degli alambicchi accesi è una rievocazione storica di quando nel dopoguerra, nelle distillerie di Santa Massenza, suggestivo paesino con un centinaio di abitanti, si distillava giorno e notte.

Premiata Salumeria Italiana, 1/23 106 RASSEGNE
di Massimiliano

La grappa è un’acquavite ricavata da vinacce, cioè le bucce degli acini d’uva pigiati e separati dal mosto o dal vino, insieme a eventuali depositi del vino stesso. La grappa è italiana per antonomasia, tradizione, cultura e legge. Le materie prime sono infatti ottenute da uve prodotte e vinificate in Italia e distillate in impianti dislocati sul territorio nazionale. Per il Regolamento CEE 110/08 solo l’acquavite italiana di vinaccia ha la possibilità di chiamarsi “grappa”

In Italia ci sono tre categorie d’imprese che operano nel mercato della grappa: 135 distillerie che la producono; 500 imbottigliatori che l’acquistano, generalmente ad alto grado, la miscelano e la confezionano; infine, i commercianti con marchio proprio che si fanno confezionare il prodotto da una distilleria o da un imbottigliatore.

Il Trentino è un territorio eletto per la produzione di grappa artigianale. Territorio prevalentemente montuoso, vanta vinacce di gran pregio: l’acidità, normalmente elevata, le protegge da microrganismi dannosi, mentre le condizioni pedoclimatiche favoriscono la ricchezza e la complessità aromatica. Concorrono poi i vitigni tra i quali spiccano gli aromatici e i semi-aromatici Moscato, Müller Thurgau, Traminer, Riesling, Silvaner e Nosiola.

La grappa del Trentino rappresenta il 10% di quella nazionale, ovvero 4 milioni di bottiglie equivalenti (da 70 centilitri).

In tutto il Trentino sino ai primi anni del 1900 erano quasi 1.000 le distillerie fumanti, a riprova della forte tradizione locale del “lambiccare”.

Sono tre le tipologie principali: la grappa da uve aromatiche (40% del totale), la grappa da invecchiamento (il 35%) e quella da vinacce miste (circa il 25%).

Fondato nel 1969 l’Istituto Tutela Grappa del Trentino conta 26 soci dei quali 20 distillatori che rappresentano la quasi totalità della produzione trentina. L’Istituto valorizza la produzione tipica della grappa ottenuta esclusivamente da vinacce prodotte in Trentino e la qualifica con un marchio d’origine e la dicitura Trentino Grappa, il cosiddetto “marchio del Tridente”, già simbolo di Trento; per i Romani Tridentum

La grappa del Trentino nasce da una tradizione familiare centenaria tramandata di padre in figlio. Ogni zona si contraddistingue poi per i microclimi particolari che si prestano come habitat naturali per vari tipi di vite. E così come per il vino, la grappa si connota in base alla valle di provenienza: la Valle di Cembra è specializzata nella grappa di Müller Thurgau, la Piana Rotaliana nella grappa di Teroldego, la Valle dei Laghi — in particolare Santa Massenza — in quella di Nosiola, oppure la Vallagarina nella grappa di Marzemino.

Gli alambicchi della grappa si distinguono in due categorie: continui e discontinui. I primi lavorano ininterrottamente, alimentati continuamente con nuova vinaccia. I discontinui lavorano invece a cotte: si carica la vinaccia in caldaia (o in cucurbita), si riscalda e si procede all’esaurimento dell’alcol

e delle sostanze aromatiche, facendo attenzione a prelevare solo il cuore. Infine si scarica la caldaia. Gli alambicchi discontinui si classificano a loro volta in tre categorie: a fuoco diretto, a vapore e bagnomaria.

Per la produzione della Trentino Grappa si utilizzano prevalentemente alambicchi discontinui a bagnomaria. È il metodo di distillazione più oneroso e lento, ma che permette un’estrazione degli aromi delicata e accurata. Nella caldaia viene caricata la vinaccia e, grazie ad un’intercapedine dove viene immessa acqua o vapore, la distillazione avviene con dolcezza. La costruzione e il funzionamento di un alambicco a bagnomaria sono decisamente costosi, ma si ottiene un prodotto di qualità. La grappa ottenuta con questo metodo è appena il 3% della produzione italiana.

Nota

L’appuntamento di Santa Massenza –La Notte degli alambicchi accesi è un progetto organizzato dall’associazione culturale “Santa Massenza piccola Nizza de Trent” col supporto di Trentino Marketing, il coordinamento della Strada del Vino e dei Sapori del Trentino e la collaborazione di Garda Dolomiti, Istituto Tutela Grappa del Trentino e Comune di Vallelaghi. Vi partecipano le cinque distillerie del borgo: Distilleria Casimiro, Distilleria Francesco, Distilleria Giovanni Poli, Distilleria Giulio & Mauro e Maxentia

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Torna Slow Wine Fair, LA FIERA DEL VINO BUONO, PULITO E GIUSTO

A BolognaFiere dal 26 al 28 febbraio

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FIERE

Slow Wine Fair, la fiera del vino buono, pulito e giusto, si prepara alla sua seconda edizione, in calendario a BolognaFiere da domenica 26 a martedì 28 febbraio 2023. Organizzata da BolognaFiere e SANA, Salone Internazionale del Biologico e del Naturale, a partire da un’idea di Slow Food, Slow Wine Fair ha per protagonista il vino frutto di un’agricoltura sostenibile, rispettosa della biodiversità, del paesaggio agricolo, delle comunità contadine e dei consumatori

Il pubblico di Slow Wine Fair — vignaioli e vigneron, importatori, distributori, osti, ristoratori, sommelier, proprietari di enoteche, giornalisti e wine lover — troverà una qualità dei vini altissima, garantita da una commissione internazionale ad hoc, cui è affidato il compito di decidere quali cantine ammettere.

Eventi

Nel programma, oltre ai convegni, ai forum e agli eventi off, tornano le masterclass, degustazioni guidate tese a esplorare il panorama vinicolo italiano e internazionale. La prima delle due masterclass riguarda prestigiose etichette del 2010, un’annata che — complice un clima ideale — rasenta la perfezione e ha prodotto autentici gioielli, contesi dai collezionisti enoici di tutto il mondo. La Banca del Vino di Pollenzo aprirà il suo scrigno per intraprendere un viaggio attraverso tre fra le denominazioni più iconiche in Italia: Barolo, Amarone della Valpolicella e Brunello di Montalcino. La seconda masterclass guarda, invece, al Caucaso, ossia la culla della viticoltura, con la degustazione di alcuni tra i più significativi vini georgiani, azeri e turchi.

Altre masterclass prevedono una strepitosa selezione di etichette dal portfolio di Tannico, la più grande enoteca on-line specializzata nella vendita di vini italiani ed esteri, distillati, birre artigianali e champagne, e numerose proposte per conoscere il vasto, e per molti aspetti ancora poco noto, mondo degli amari.

A questo proposito, Slow Wine Fair 2023 festeggia l’importante new entry dell’universo delle bevande spiritose, dei distillati, degli amari e dei liquori, che consentiranno a BolognaFiere di

Al centro di Slow Wine Fair sono vignaioli, appassionati e professionisti, tre protagonisti della Slow Wine Coalition, la rete che riunisce gli attori della filiera per mettere in atto una rivoluzione del vino all’insegna di sostenibilità ambientale, tutela del paesaggio e crescita sociale e culturale delle campagne

offrire ai visitatori un’esperienza originale e completa, dall’aperitivo al dopo pasto. A coronare questo percorso, la terza edizione della Fiera dell’Amaro d’Italia, l’evento nazionale organizzato da Amaroteca, con la partecipazione dell’Associazione Nazionale dell’Amaro d’Italia. In un’area dedicata, produttori d’eccellenza esporranno i propri amari e ne racconteranno la produzione attraverso masterclass esclusive.

L’azienda siciliana PAESANO , ad esempio, presenterà l’Amaro al Carciofo Paesano, realizzato con un ingrediente chiave davvero unico: il Carciofo Nostrale di Niscemi, presidio Slow Food. Dall’Abruzzo, e più precisamente dal Parco Nazionale del Gran Sasso , arriverà SCUPPOZ, la sola realtà in Italia che, ottenuto il semaforo verde di tutte le comunità montane dell’area protetta, produce Genziana Lutea

Rispetto alla prima edizione, Slow Wine Fair 2023 allarga, poi, la platea degli operatori coinvolti ai produttori di soluzioni tecnologiche innovative, impianti, attrezzature e servizi connessi alla filiera del vino, i veri partner della sostenibilità.

Da segnalare anche un’altra importante iniziativa di Slow Wine Fair 2023: il Premio Carta Vini Terroir e Spirito Slow. Nato dalla pluriennale collaborazione tra Slow Food e la Milano Wine Week, il Premio è uno speciale spinoff degli MWW Awards e consiste in 36 riconoscimenti che una giuria di professionisti e il pubblico degli appassionati attribuiranno alle migliori selezioni vinicole del mondo della ristorazione e del retail.

Nello specifico, il Premio Carta Vini Terroir assegnerà il podio a quei ristoranti ed enoteche che vantano una selezione particolarmente forte su otto terroir scelti. Fra i premi territoriali italiani, la migliore selezione di Barolo e di

Chianti Classico (per le denominazioni più affermate) e la migliore selezione di vini irpini e di Trebbiano d’Abruzzo (per le denominazioni emergenti). Per i premi territoriali internazionali i focus sono, invece, la Loira e la Mosella e, per quanto riguarda i territori emergenti, l’Austria e la Slovenia.

Con il Premio Spirito Slow, Slow Wine Fair darà spazio ad alcune categorie tematiche, decretando la migliore selezione di vini provenienti da vitigni autoctoni “minori”, di vini certificati (biologici e/o biodinamici), con un buon rapporto qualità-prezzo e, infine, di vini italiani buoni, puliti e giusti all’estero.

La rivoluzione del vino

«Al centro della Slow Wine Fair — ricorda GIANCARLO GARIGLIO, coordinatore della Slow Wine Coalition e curatore della guida Slow Wine — sono vignaioli, appassionati e professionisti, ovvero i tre protagonisti della Slow Wine Coalition, la rete mondiale che riunisce tutti gli attori della filiera per mettere in atto una rivoluzione del vino all’insegna di sostenibilità ambientale, tutela del paesaggio e crescita sociale e culturale delle campagne. Per questo motivo riteniamo fondamentale esaltare la figura di chi, per mestiere, propone i vini ai consumatori. Corriamo il rischio che nel nostro Paese ci si dimentichi di queste donne e uomini, ai quali il settore deve riconoscenza e attenzione. Ecco perché abbiamo sposato l’ambizioso progetto realizzato insieme alla Milano Wine Week».

Slow Wine Fair è un evento B2B per i professionisti dell’HO.RE.CA. e della GDO, ma le sue porte sono aperte anche al pubblico dei wine lover interessati ad ampliare i propri orizzonti gustativi

>> Link: slowinefair.slowfood.it

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iMEAT Fiera 2023, A MODENA LA MACELLERIA E LA GASTRONOMIA DI QUALITÀ

Torna iMEAT, 8a edizione che conferma come il tema della qualità delle carni italiane sia sentito e fortemente apprezzato dagli operatori del settore.

iMEAT Fiera si terrà, come sempre, a Modenafiere, il 26, 27 e 28 marzo 2023 con tante novità e iniziative interessanti. Innanzitutto, la fiera è diventata internazionale e per questo aprirà le porte a scambi culturali e commerciali con altri Paesi della comunità europea. Sono in programma incontri con delegazioni estere e attività che mirano a coinvolgere i visitatori in un colloquio costruttivo allo scopo di creare una sinergia positiva e arricchire il bagaglio culturale e professionale di ognuno.

iMEAT Fiera 2023 sarà come sempre teatro di coinvolgenti showcooking

e dimostrazioni pratiche delle tecniche e tendenze di lavorazione delle carni e prodotti di eccellenza attraverso gare e presentazioni mirate. Sarà replicato il fortunato showcooking con DANIELE REPONI, che tanto successo ha riscosso nelle edizioni precedenti. Grande rilievo sarà dato alle eccellenze alimentari, con la conferma di un padiglione dedicato. Resta invariato il concetto di mettere in contatto le aziende del settore e i loro prodotti, alimentari o tecnologici, con gli operatori, macellai, rivenditori, gastronomi e ristoratori specializzati. Per questo gli spazi destinati all’esposizione offriranno una panoramica esauriente delle novità di mercato, delle tecnologie più innovative con uno sguardo verso le prospettive. In epoca di cambiamenti, come quella che stiamo attraversando,

densa di problematiche e incertezze per tutti, infine, ampia visibilità e spazio sarà dato alle tematiche attuali: la digitalizzazione per esempio, fenomeno in crescita e non più trascurabile.

L’invito è dunque a visitare iMEAT, una fiera dove troverete un ambiente socievole e conviviale, i professionisti e le aziende più impegnate a migliorare l’offerta di tecnologie e prodotti di altissima qualità, espressione della tradizione gastronomica italiana e mondiale.

Premiata Salumeria Italiana, 1/23 110
>> Link: www.imeat.it

Sol&Agrifood apre al mondo dei sidri

All’olio extravergine d’oliva, alle birre artigianali con Xcellent Beers e alle produzioni di qualità con materie prime ed eccellenza territoriali, si aggiunge nel 2023 il prodotto a base di mele che sarà tra i protagonisti della 27a edizione di Sol&AgriFood, il salone internazionale dell’agroalimentare di qualità in programma a Veronafiere dal 2 al 5 aprile, in contemporanea con la 55a edizione di Vinitaly. Il “Vin de pom”, ovvero “vino di mele” è una realtà già ben radicata nel nostro territorio e ha una lunga tradizione in Italia che è stata riscoperta solo recentemente. Rispetto al passato, in cui il sidro era solo una bevanda alcolica dolce, oggi si riscoprono profumi e sapori che sono collegati alle varietà e anche all’età degli alberi. È forte il legame con territorio delle aziende agricole che oggi producono sidro, ma anche la voglia di innovazione, come un metodo classico spumantizzato proprio dal succo di mela. La produzione di sidro di mele in Italia, attualmente, è diffusa in quasi tutte le regioni settentrionali: dal Trentino Alto Adige alla Valle d’Aosta, dal Friuli al Piemonte, passando per la Valtellina. Il Belpaese è il quinto produttore di bevande fermentate (dati 2020), tra cui il sidro di mela e quello di pere, anche chiamato perry, il saké e l’idromele, con un valore della produzione di 60 milioni di euro

I dati IWSR su questa tipologia di bevanda alcolica indicano una crescita del volume dell’8% nel 2021, con una previsione di incremento del 2% nel periodo 2021-2026. I mercati chiave di vendita del sidro sono il Regno Unito e l’Irlanda e rappresentano un terzo delle vendite globali. Ma ci sono mercati emergenti, come ad esempio l’Africa, cresciuta del 50% nel 2021. Dal forte impatto business, Sol&AgriFood si conferma il luogo di incontro tra offerta e domanda dove gli espositori raccontano i propri prodotti ai buyer e operatori Ho.Re.Ca. attraverso masterclass, degustazioni, educational e con la collaborazione della Federazione internazionale cuochi Con il nuovo posizionamento di B/Open all’interno del padiglione di Sol&Agrifood, infine, è stata ampliata l’offerta di iniziative rivolte al biologico, completando la filiera già presente con Vinitaly Bio

>> Link: www.solagrifood.com

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Marca by BolognaFiere 2023, OLTRE LE ASPETTATIVE

A Bologna va in scena la 19a edizione dell’unica manifestazione italiana dedicata alla marca commerciale. Oltre 17.000 qualificati operatori in visita, +40% sulla precedente edizione. Cresce l’investimento di insegne ed espositori in qualità e quantità. Boom di presenze internazionali

La diciannovesima edizione di Marca by BolognaFiere 2023 ha festeggiato un risultato oltre le aspettative, con un successo di partecipazione e una crescita in qualità e quantità che stacca di netto l’edizione del 2022. Il salone, organizzato in collaborazione con ADM – Associazione Distribuzione Moderna e con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna e della Camera di Commercio di Bologna, si è confermato appuntamento irrinunciabile per tutti coloro che si occupano di marca del distributore: insegne, aziende, buyer, operatori, hanno vissuto due giorni intensi di business di qualità e aggiornamento su tutte le novità del settore.

Sono oltre 17.000, il 40% in più rispetto alla precedente edizione, gli operatori e i visitatori che hanno affollato i sei padiglioni e i 23.000 m2 espositivi netti (+15% sul 2022). Segno più anche per gli espositori, oltre 900 aziende (+10%) — oltre 2.500 brand — protagonisti di un enorme investimento qualitativo sui propri stand, a conferma dell’importanza che ricopre questa manifestazione. In crescita anche le insegne della Distribuzione Moderna: sono 22 (4 in più rispetto alla precedente edizione) e rappresentano i più importanti retailer del Paese. Queste 22 insegne, che partecipano al comitato tecnico scientifico di Marca by BolognaFiere, hanno esposto in occasione dell’edi-

zione 2023 della manifestazione, per presentare a livello internazionale tutti i propri prodotti novità a marchio del distributore. La vetrina delle insegne si è riempita di prodotti food e non food di grande interesse e varietà, molti dei quali legati a momenti di consumo come la colazione e l’aperitivo.

Altissima, infine, la partecipazione istituzionale registrata in fiera, a partire dal convegno inaugurale organizzato da ADM, Marca by BolognaFiere e The European House-Ambrosetti, in collaborazione con IPSOS e IRI. In questa sede sono stati presentati l’ultimo position paper di The European House-Ambrosetti, una ricerca di Ipsos sul clima sociale ed economico e il XIX Rapporto Marca by

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1) CLAI-Cooperativa Lavoratori Agricoli Imolesi ha portato a Bologna le sue eccellenze: salumi di alta qualità prodotti grazie a expertise e carne italiana e il guanciale a lunga stagionatura appena lanciato sul mercato. 2) Margherita e Marcello Palmieri di Mec Palmieri Spa di San Prospero (MO). 3) La Bernardini Gastone di Cenaia Crespina (PI) ha presentato le linee Carne e Pesce a buyer e operatori della GDO, Ho.Re.Ca. e Food Service. In foto Mauro Bernardini con i figli Luca e Nicolò. 4) Stefano Aimaretti di San Dan Prosciutti di San Daniele del Friuli. 5) L’affollato spazio di Italia Alimentari Spa di Busseto (PR), che attraverso i marchi Ibis, Corte Buona, Montagna, D’Autore, Iag, Spanino propone un’ampia offerta di prosciutti, salumi, affettati, snack tra cui il bacon, sia fresco nei formati per l’industria e in vaschetta, che precotto IQF, per la ristorazione e il fast food.

6) Lo spazio di Italian Food Orchestra, gruppo che comprende Salumificio Volpi, All Food, Golden Food, Quinta Stagione e Perimetro. A pagina 112: Lorenzo Levoni insieme allo staff del Gruppo Alcar Uno.

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In alto: il Prosciuttificio Leonardi di Marano sul Panaro (MO). In basso: sempre protagonista di Marca è Bresaole Pini Srl, fondata nel 1982 come continuazione dell’antica tradizione di macelleria e salumeria che, per generazioni, è stata ed è tuttora tra i punti di forza del settore industriale valtellinese.

BolognaFiere, l’annuale fotografia del ruolo della MDD scattata da IRI. Migliaia di operatori hanno partecipato poi al programma scientifico della manifestazione, che ha offerto l’occasione di aggiornarsi a convegni, presentazioni di dati sul mercato, workshop e incontri specializzati su tutto ciò che riguarda la MDD.

Tra gli appuntamenti, la presentazione dell’Osservatorio Packaging del largo consumo di NOMISMA e molto partecipato l’evento “Il Bio nella Distribuzione Moderna Italiana: scenario evolutivo, performance, ruolo, spazi di mercato”, organizzato da AssoBio nell’ambito della campagna Being Organic in EU promossa da FEDERBIO e NATURLAND e cofinanziata dalla UE, a riprova del grande interesse che continua a suscitare il comparto del biologico per la Grande Distribuzione. «La Marca del Distributore si è costruita nel tempo una forte reputazione nel segmento biologico conquistando la fiducia del consumatore grazie a un’attenta attività di selezione e controllo dei copacker e, soprattutto, grazie alla creazione di assortimenti profondi e coerenti alle esigenze del consumatore, con grande capacità di offrire sostenibilità a 360° anche in relazione al packaging dei prodotti. La Grande Distribuzione ha oggi un ruolo decisivo per promuovere azioni di educazione alimentare nei confronti del consumatore, per trasferire in modo chiaro le informazioni, on pack e sul punto vendita, sulla distintività dei prodotti biologici e sul contributo attivo alla sostenibilità», ha dichiarato Silvia Zucconi, responsabile Market Intelligence NOMISMA. Molto interesse, infine, anche per il premio ADI Packaging Design Award, pensato per valorizzare i prodotti più innovativi del comparto del packaging italiano. Un riconoscimento che non va solo alla materialità dell’imballaggio, ma anche gli aspetti immateriali riguardanti il processo produttivo, industriale ed estetico, facendo dell’innovazione e della ricerca i fili conduttori della selezione.

«Marca by BolognaFiere è la prima manifestazione dell’anno sia per la fiera di Bologna che in generale per il panorama fieristico» afferma Gianpiero Calzolari, presidente di BolognaFiere. «Si tratta di un evento che ha ormai acquisito un’importanza significativa, è il

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primo strategico appuntamento dove gli operatori si incontrano per pianificare il programma di lavoro dell’anno appena iniziato. Parliamo di un settore sul quale c’è un’attenzione particolare e che si trova all’interno di una congiuntura difficile: anche per questo siamo particolarmente orgogliosi di mettere a disposizione una sede autorevole per favorire l’incrocio tra domanda e offerta.

Nonostante il momento di difficoltà, abbiamo trovato conferma della grande volontà degli imprenditori di presentarsi e di mettere a disposizione prodotti innovativi e risultati delle ricerche nella nostra manifestazione. Siamo davvero orgogliosi per i risultati raggiunti da questa edizione: abbiamo visto padiglioni affollati da migliaia di operatori, convegni partecipati oltre le aspettative, centinaia e centinaia di incontri di business, un numero altissimo di prodotti e aziende in vetrina, l’eccellenza del made in Italy sia food che non food. Grazie ad ADM, storico partner nell’organizzazione della fiera, grazie a ICE che ci affianca nella spinta all’internazionalizzazione e alla crescita, e grazie a tutti gli operatori, alle insegne e alle aziende che hanno colto l’occasione per raggiungere questo successo e che anche in questo momento particolare e difficile hanno voluto esserci e investire sul futuro».

«Marca 2023 si è confermata un appuntamento importante per il nostro settore economico — commenta Marco Pedroni, presidente di ADM — un’occasione di confronto diretto fra tutti gli attori interessati. Questa edizione ha poi ottenuto un significativo riconoscimento nazionale. La presenza del Ministro Francesco Lollobrigida e di altri rappresentanti del Governo ha ovviamente generato un di più di attenzione. Per ADM è stata l’occasione per ribadire il ruolo centrale che la Distribuzione Moderna svolge, tanto più in una fase come l’attuale piena di molta incertezza a causa delle dinamiche inflattive, dell’approvvigionamento delle materie prime e dello scenario internazionale».

Già fissate le date per la prossima edizione di Marca by BolognaFiere: appuntamento al quartiere fieristico di Bologna il 16 e 17 gennaio 2024

>> Link: www.marca.bolognafiere.it

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IL PECORINO DI NORCIA

Fresco e stagionato, esiste anche nella versione classica a latte crudo detta “del pastore”. È un Prodotto Agroalimentare Tradizionale umbro

Storia e legame col territorio

Nelle colline e montagne umbre l’allevamento ovino ha sempre avuto un’importanza notevole nell’economia rurale, ad integrazione delle colture vegetali. Tradizione vuole che nella ricorrenza di Sant’Antonio i pastori offrissero a tutte le famiglie la cosiddetta “quagliatella”, un prodotto ottenuto dalla fermentazione di latte e caglio di consistenza molto cremosa, sui cui stampi veniva praticata una croce con un bastone in modo che restasse impressa sulla forma in onore del Santo protettore degli animali1.

Oltre al prodotto freschissimo consumato in quella occasione era tipico realizzare anche caciotte di media e

lunga stagionatura. Attualmente se ne produce una versione classica, detta “del pastore”, ed una che viene denominata “del caseificio”: la differenza risiede nel fatto che la prima è fatta con latte crudo di pecore allevate al pascolo con minima integrazione di foraggi verdi o mangimi prodotti nell’alta montagna mentre la seconda prevede l’impiego di latte proveniente da pecore solo in parte alimentate al pascolo e con una quota prevalente di foraggi e mangimi della media e alta valle, sottoposto a termizzazione2. Altre differenze stanno nella metodologia di caseificazione, più caratteristica e variabile per la versione classica rispetto a quella più standardizzata in caseificio, come più avanti

descritto. I comuni interessati dalla produzione sono Norcia, Cascia, Sellano, Preci, Monteleone di Spoleto, Cerreto di Spoleto, Poggiodomo, Vallo di Nera, Sant’Anatolia di Nacco, Scheggino, Montefranco, Polino Arrone, Ferentillo.

Descrizione del prodotto

Il prodotto stagionato per circa sessanta giorni viene considerato fresco; se la stagionatura si prolunga per 8 fino a 12 mesi si ottiene un prodotto da grattugiare. Ha forma cilindrica con facce piane di diametro da 15 a 24 cm, scalzo diritto da 8 a 14 cm e peso generalmente di circa 3 kg quando fresco mentre diminuisce via via con il prolungamento della stagionatura.

FORMAGGIO
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La crosta, più o meno “abbucciata” a seconda della durata della stagionatura, è di colore giallo per divenire scura nel prodotto a circa un anno, soprattutto nella caciotta “del pastore”; la pasta è di colore tra il bianco e il paglierino; il sapore è piccante e tende a crescere con la stagionatura. Viene prodotto da gennaio a dicembre nella versione del caseificio mentre quella “del pastore” si produce da gennaio-febbraio sino ad agosto. La versione classica si distingue da quella più moderna per vari fattori che vanno a caratterizzarne profumo, sapore e struttura: i ricchi pascoli della conca di Norcia e delle montagne tutto intorno, il caglio che viene prodotto da ogni singolo pastore, dandogli

una leggera affumicatura perché fatto asciugare vicino al camino, che viene poi trasmessa ad ogni formaggio, l’uso di far cuocere le forme nel siero per irrobustire la crosta e dare una consistenza maggiore alla ricotta, specie quella salata, l’esigenza di riscaldare la caldaia solo con fuoco a legna. Infatti nella lavorazione tradizionale il latte crudo viene filtrato e messo a scaldare sulla caldaia in rame stagnato a fuoco diretto finché raggiunge una temperatura di circa 37-40 °C; quando si fredda (si sente con la mano), si aggiunge il caglio naturale proveniente dagli agnelli dall’allevamento dell’azienda stessa. Trascorsi 15-30 minuti si procede alla rottura della cagliata che viene poi prelevata e messa negli stampi o cerchi di legno (formatura). Le forme del peso di 3 kg circa vengono lisciate a mano esercitando una certa pressione che permette la fuoriuscita del siero, ed in seguito si ricoprono di sale (salatura a secco). Dopo 24 giorni, le forme si lavano e si dispongono su tavole di legno in locali freddi dove avviene la stagionatura (da 60 giorni sino ad 1 anno). Durante questo periodo il formaggio viene periodicamente lavato e girato.

Abbinamenti gastronomici ed enologici

Il pecorino fresco è perfetto per l’abbinamento con frutta secca, miele e composte di frutta o di cipolla di Cannara, accompagnato con sedano nero di Trevi. Fino a media stagionatura viene piacevolmente

degustato da solo, insieme a una semplice fetta di pane, per apprezzarne al meglio l’intensità gustativa. Si può consumare come antipasto insieme ad altri formaggi locali (pecorino di fossa, pecorino stagionato in botte, ravaggiolo) e ai salumi per i quali questa zona è rinomata, dal prosciutto di Norcia IGP al capocollo, al guanciale, ai salami, accompagnato con la torta al testo o crescia umbra. Nella versione fresca è ottimo utilizzato come ripieno di ravioli di magro con erbe aromatiche quali timo e maggiorana.

L’abbinamento col vino del territorio può trovare un buon compagno in vini bianchi come l’Orvieto classico DOC Rupestro della cantina Cardèto3 o nel Grechetto Colli Martani DOC Sassi d’Arenaria della cantina Di Filippo, che matura sei mesi sui lieviti4; con stagionature superiori ai 6 mesi è consigliabile anche un rosso con tannini eleganti come il Montefalco rosso DOC della cantina Adanti, a base di uve Sangiovese con un moderato contributo di uve Sagrantino e altri vitigni (Barbera, Merlot, Cabernet)5.

Note

1. CATANELLI L. (1987), Usi e costumi nel territorio Perugino agli inizi del ‘900, Ed. dell’Arquata.

2. INSOR (1990), Atlante dei prodotti tipici: I formaggi, Franco Angeli.

3. www.cardeto.com

4. vinidifilippo.com

5. www.cantineadanti.com

Pecorino abbucciato di Norcia (photo © A. Adriani).
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Pascolo nei pressi di Castelluccio di Norcia

TRA LE NEVI CON GUSTO: IL GOLOSO RICHIAMO DEL PUZZONE DI MOENA DOP

Con le prime nevi nelle valli di Fiemme e Fassa c’è chi prende il sole sulle terrazze panoramiche, chi affolla le tavole dei rifugi. Poi ci sono i “buongustai della montagna”, che amano ritirarsi nel silenzio dei boschi imbiancati e vivere la magia dell’inverno.

In queste valli, tra i territori più scenografici e meglio conservati del Trentino, gli amanti della montagna si danno appuntamento. Antiche malghe in alta quota nel cuore delle Dolomiti, alcune all’interno del Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino, dove si prepara una cucina semplice e sostan-

ziosa, che si gusta al meglio al termine di una escursione, ma, soprattutto, dove viene munto, due volte al giorno, il latte che serve per produrre uno dei formaggi più straordinari d’Italia: il Puzzone di Moena. Riconosciuto dall’Unione Europea come formaggio DOP, oltre ad essere anche tutelato come presidio

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Slow Food, il Puzzone di Moena ha una storia piuttosto recente se paragonata ad altri formaggi storici d’alpeggio. A partire dal primo Dopoguerra, gli allevatori delle malghe presero l’abitudine di bagnare con acqua e sale le forme in fase di stagionatura. Da dove sia arrivata in Val di Fassa la tradizione della lavatura non si sa, gli unici altri esempi di croste lavate in Italia sono la Fontina e il Taleggio.

Questo trattamento è il segreto che sta alla base della caratteristica “puzza”, per la quale questo formaggio è tanto conosciuto. Un lavoro molto faticoso per gli abili casari che, settimanalmente, girano una per una le migliaia di forme da lavarle con un panno imbevuto d’acqua salata. Nel Puzzone così trattato, si crea uno strato untuoso in superficie che favorisce le fermentazioni batteriche e porta alla definizione di un profumo intenso e penetrante, oltre che alla inconfondibile crosta color rosso mattone. Nasceva così quello che dagli anni ‘70 viene chiamato Puzzone di Moena, in precedenza noto come “Nostrano” o “Spretz Tzaorì” in lingua ladina. Non esiste, purtroppo, alcuna documentazione storica relativa alla sua nascita, ma la gente del posto garantisce che il Puzzone si è sempre prodotto così, dal tempo di nonni e bisnonni.

Il presidio tutela solo le forme contrassegnate con la lettera “M”, quelle cioè prodotte con il latte di malga, munto d’estate dalle vacche al pascolo, che può essere integrato solo con materie prime di qualità: niente insilati, né sottoprodotti dell’industria e OGM. Sono proprio le caratteristiche della materia prima a fare la differenza tra i formaggi di montagna, fabbricati in quota dai casari con il latte munto in loco, rispetto ai formaggi di latteria, lavorati a fondovalle con latte di pianura, ottimo, ma con una personalità decisamente meno spiccata.

La produzione del Puzzone di Moena comincia con l’arrivo del latte nel caseificio: qui il casaro controlla la temperatura, verifica i tempi, misura sul palmo della mano la dimensione dei granuli di cagliata. Il latte freschissimo viene riscaldato nelle caldaie di rame ad una temperatura di 34 °C, innestato con latte-innesto prodotto in azienda (sono vietate le bustine di fermenti lattici) e, infine, arricchito con il caglio di vitello. In silenzio il casaro attende i religiosi

tempi che portano alla formazione della cagliata, la rompe in grani poco più grandi di un chicco di mais e la cuoce con il vapore a 47 °C. Una volta depositata sul fondo del contenitore, questa viene accuratamente raccolta con una pala e adagiata su un telo, dove viene tagliata a pezzi e sistemata nelle fascere di legno. Viene poi pressata a mano lievemente perché possa perdere liquidi e lasciata sgrondare. A questo punto le forme passano ancora sotto una pressa e vengono, infine, lasciate in salamoia per 4 giorni. La stagionatura del Puzzone di Moena va da un minimo di 120 giorni, a 6/7 mesi.

Oltre al solo uso di latte di malga e alla tecnica di lavaggio in fase di stagionatura, il terzo, irrinunciabile, elemento che completa l’identikit del Puzzone di Moena è l’esperienza del casaro che lo produce. È lui depositario di una conoscenza, che si tramanda di generazione in generazione, a sapere quando e come intervenire per indirizzare al meglio la produzione.

Per i formaggi DOP la presenza dell’indicazione geografica d’origine è la prima garanzia di qualità, ma l’esame gustativo rimane il giudizio

più importante: come si può intuire dal nome, infatti, il Puzzone si caratterizza per la personalità aromatica e il sapore netto, ricco di sfumature, nelle quali è possibile ritrovare piacevoli note erbacee.

Puzza per qualcuno, bouquet penetrante e complesso per i gourmet. Al naso si avvertono inizialmente note pungenti fermentative e di cantina, conferite dal trattamento in crosta, tali note via via si allargano al sentore di pascolo, di erba alpina, di frutta matura. Al palato il sapore è suadente, solubile, con cenni di nocciola tostata e una incredibile lunghezza gustativa.

È un formaggio che merita di essere gustato al naturale, magari accompagnato da un corposo vino rosso locale, oppure sciolto sui crostini o sulla polenta nei mesi più freddi. In queste valli golose nel cuore delle Dolomiti innevate, il Puzzone di Moena è motivo di gioia per gli sciatori che scelgono di fermarsi a riposare nelle malghe, contemplare il paesaggio, sedersi nei rifugi dove il pasto non si riduce ad un panino frettoloso, ma diventa una vera e propria esperienza gastronomica.

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Riconoscibile per la crosta umida, ricoperta da una patina untuosa, per il particolare odore acuto e il sapore inconfondibile, il Puzzone di Moena si presenta al taglio con una pasta piena di colore bianco o paglierino con un’occhiatura sparsa.

L’olio extravergine di oliva al tempo dei social

Influencer o divulgatore?

Purché se ne parli. Ma cerchiamo di capirci.

Conoscere veramente l’olio extravergine d’oliva di qualità è un viaggio lungo e piacevole. Inizia con un’illuminazione, un profumo, un’emozione. Si tramuta poi in un primo contatto con un corso professionale, per svilupparsi in conoscenze, scorribande in lungo e in largo per l’Italia, visite in azienda, frantoi, assaggi, chiacchierate confidenziali coi produttori, consumate davanti ad un caminetto acceso, pronti ad ascoltare storie di campagna, di nonni contadini e di nipoti agronomi.

Viaggio che, in realtà, non finisce più. E durante il percorso, mentre trasforma la passione in professione, ti dà l’opportunità di conoscere persone veramente uniche, meravigliose. Ma su queste ci torneremo in chiusura. Poi inizi a fare rete. Ed ecco i social, così temuti e così amati, tanto vessati quanto desiderati. Dai, analizziamo insieme i pro ed i contro.

Parto dalla mia esperienza. Sono uno chef Euro-Toques Italia, un sommelier dell’olio FIS e un assaggiatore di formaggi ONAF; scrivo su alcune riviste di settore e uso spesso i social per lavoro. I miei profili Facebook e Instagram sono mirati a rendere pubblico tutto ciò che, a parer mio, desti interesse intorno alla professione: fiere, mostre,

eventi, nuove pubblicazioni, botteghe, produttori, colleghi, ricette, oltre che, naturalmente, evidenziare le mie serate, le degustazioni, le mie location, i miei piatti e articoli.

I miei profili li seguo io, non avendo social media manager (anche se ricevo spesso proposte di collaborazione dagli stessi) e ci sono delle ragioni. All’altrui strategia preferisco la mia credibilità. Ai reel costruiti preferisco la spontaneità. Non ho più l’età per i TikTok con ammiccamenti, vocine, smorfiette e slogan dialettali (mi ci vedreste?). Ma, soprattutto, al totalizzatore dei follower preferisco la competenza e la preparazione, il colloquio, lo scambio di pareri (non a caso sui miei profili liberi ci sono i riferimenti e-mail e telefonici per tutti).

Tornando alle persone uniche di cui parlavo, oggi, a seguito della sua prematura improvvisa scomparsa, il mio tributo non può che riferirsi all’amico Fabrizio Fazzi, un salentino adottato dal Molise, uomo di comunicazione catapultato quasi casualmente nel nostro mondo EVO, che ha saputo abitare con stile, senza mai smettere di approfondire, ma col sorriso e la leggerezza di chi ne sa. Quindi decisamente divulgatore Estratto dal testo “Il raccolto dei racconti” di MAURIZIO SAGGION e NICOLA DI NOIA, vi regalo il suo pensiero in materia, che sia da guida per voi come lo è

stato e lo sarà sempre per me: “Avendo capito immediatamente l’importanza della formazione, iniziai a studiare, a incontrare i migliori comunicatori di questo settore, a conoscere i grandi produttori illuminati e molti tra i migliori esperti. Frequentai tutti i corsi che mi capitarono a tiro, partecipai agli eventi specializzati e transitai negli ambienti più disparati dell’EVO, soggiornando per ore nelle prime oleoteche romane. Tuttavia, nonostante questo processo di raccolta di informazioni, mi considero ancora oggi ai blocchi di partenza. Ho ascoltato tanto, ho imparato qualcosa, i confronti sono stati sempre utili, le critiche percepite sempre come costruttive”.

Chiudo con i soliti consigli.

Aprite profili, approfondite, condividete, ma, soprattutto, studiate, assaggiate e fate assaggiare. L’olio extravergine non è uno solo. Ci sono regioni, profumi, sapori ed aromi diversi. E, soprattutto, tra le miscele comunitarie da 3 euro e 90 in offerta e l’olio extravergine da premio… C’è l’olio buono per tutti, a costi accessibili

Vi lascio con VERONELLI, uno che non aveva profili, né follower, tantomeno visualizzazioni: “attraverso l’opera degli esperti, in particolare degli chef e dei sommelier, si riuscirà a stabilire l’elettivo matrimonio tra gli oli ed i piatti. Non più l’olio d’oliva, ma gli oli d’oliva”

A presto, il vostro chef dell’olio.

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Fabrizio & Fabrizio, ovvero Fabrizio Bertucci e Fabrizio Fazzi durante due dei numerosissimi assaggi condivisi sui social.

UN CONDIMENTO “PERFETTISSIMO”

ACETO BALSAMICO DI MODENA IGP ORGOGLIO ITALIANO

Èuno dei prodotto agroalimentari italiani più apprezzati nel mondo, certamente il più esportato e allo stesso tempo, ahimè, più imitato. Le sue origini le ritroviamo già in epoca romana ma sono le acetaie della corte Estense modenese la sua prima vera culla produttiva. Parliamo dell’Aceto Balsamico di Modena IGP (Indicazione Geografica europea ottenuta nel 2009), straordinario ambasciatore del made in Italy, con una produzione certificata di 100 milioni di litri, corrispondente ad un fatturato che si avvicina al miliardo di euro, e una quota export pari al 92%! Numeri fuori dal comune, che lasciano davvero a bocca aperta, soprattutto se si guarda al dato relativo alle esportazioni, un record imbattuto che ne dimostra l’oramai riconosciuta e solida presenza sui mercati internazionali. Sono oltre 200 milioni di bottiglie che se ne vanno in giro per il mondo, portando con sé la storia e le tradizioni di una terra, la passione e la grande professionalità di 65 produttori, 380 operatori, 300 impiegati, 600 addetti al settore nella sua interezza. E se non fossero sufficienti tutti questi motivi per aver voglia di approfondire la conoscenza di questo prezioso condimento emiliano, basta

assaggiarlo anche una sola volta per diventarne ammiratori fedeli. Annusarne il profumo, soffermarsi a coglierne le sfumature di colore, la limpidezza e, in cucina, l’estrema versatilità.

Storia e caratteristiche

Come anticipato, la cottura del mosto d’uva era in uso già tra gli antichi Romani: nelle Georgiche del mantovano VIRGILIO si legge infatti che era bevuto fresco o era concentrato mediante bollitura e che era utilizzato come medicinale, ma anche in cucina come dolcificante e condimento per la carne.

La tradizione di produrre un aceto “particolarissimo” nell’area modenese e la limitrofa reggiana trova memoria nell’anno 1046, in occasione del passaggio per la valle Padana dell’Imperatore del Sacro Romano Impero ENRICO III, che, come narra il monaco benedettino DONIZONE, “aveva la brama di gustare quell’aceto perfettissimo”. Ma sono le acetaie della corte Estense a Modena, attive fin dal 1289, il primo e vero luogo d’origine dell’aceto balsamico. Tuttavia, l’aggettivo “balsamico” accanto alla parola aceto appare per la prima volta nel 1747, nel “Registro delle vendemmie e vendite dei vini per conto delle cantine Segrete Ducali”

Nel 1800 l’Aceto Balsamico di Modena, diventando protagonista delle più importanti esposizioni di Genova, Firenze e Bruxelles, suscita entusiasmi anche a livello internazionale e consolida il suo valore e sapore. In questo secolo prendono campo le dinastie dei produttori, alcuni dei quali ancor oggi presenti tra gli associati del Consorzio.

Il “Balsamico” da vicino

L’Aceto Balsamico di Modena IGP può essere prodotto solo nelle province di Modena e Reggio Emilia: terre con un tipico clima semicontinentale, reso moderato dalla presenza del vicino Adriatico, con inverni rigidi, estati calde e umide e temperature autunnali e primaverili miti, che influenzano, in maniera determinante, il processo di maturazione e invecchiamento dell’aceto balsamico.

L’Aceto Balsamico di Modena IGP è ottenuto con una particolare e tradizionale tecnologia dai mosti d’uva parzialmente fermentati, cotti e/o concentrati, da uve provenienti esclusivamente da vitigni di Lambrusco, Sangiovese, Trebbiano, Albana, Ancellotta, Fortana e Montuni

Fasi fondamentali di produzione

* Concentrazione: il mosto ottenuto dalla pigiatura delle uve viene ridot-

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ACETO

to tramite procedimenti di cottura e concentrazione. Questa fase è protratta fino a che la massa iniziale di mosto abbia raggiunto una densità non inferiore a 1,240 alla temperatura di 20 °C. Inoltre, affinché l’Aceto Balsamico di Modena acquisisca le caratteristiche originali è necessario che il mosto cotto e concentrato possieda un’acidità minima di 8 g/ kg e un estratto secco minimo di 55 g/kg. La percentuale del mosto non deve essere inferiore al 20% della massa da avviare alla miscelazione;

* Miscelazione: al mosto è aggiunto aceto di vino nella misura di almeno il 10%, oltre ad un’aliquota di aceto di vino invecchiato almeno 10 anni; è possibile infine aggiungere una percentuale di caramello non superiore al 2%;

* Acetifi cazione e affi namento : il composto è sottoposto a un processo di acetificazione seguita dall’affinamento; sia l’acetificazione sia l’affinamento avvengono all’interno di recipienti di legno. Le varietà più diffuse sono rovere, castagno, quercia, gelso e ginepro. Il periodo minimo di affinamento è pari a 60 giorni;

* Invecchiamento: se il periodo di permanenza in legno si prolunga

per più di 3 anni, il prodotto finito può essere qualificato in etichetta come prodotto “invecchiato”. Generalmente per questa tipologia viene impiegata una più alta percentuale di mosto al momento dell’avvio all’acetificazione e l’affinamento si avvale di contenitori in legno di dimensioni ridotte (spesso le tipiche barrique da vino);

* Certificazione: il prodotto è infine sottoposto a un esame analitico e organolettico delegato a un panel di assaggiatori esperti; se le analisi di rito, svolte su ogni lotto prodotto, danno esito positivo, il prodotto viene certificato dall’organismo di controllo autorizzato. Solo da quel momento potrà essere commercializzato come Aceto Balsamico di Modena IGP.

Come si riconosce

L’Aceto Balsamico di Modena IGP si riconosce dal contenitore e dall’etichetta; può essere commercializzato in contenitori di vetro, legno, terracotta o ceramica, di qualsiasi forma, con capacità minima di 250 ml (a eccezione di confezioni monodose) e massima di 5 l (per uso professionale). Sull’etichetta deve comparire la denominazione

L’Aceto Balsamico di Modena IGP

è stato la prima tra le grandi Indicazioni Geografiche italiane ad avviare la sperimentazione del Passaporto Digitale, il sistema di tracciabilità agroalimentare realizzato in collaborazione con il Poligrafico dello Stato, CSQA e Fondazione Qualivita, la cui realizzazione è la conferma dell’impegno sul fronte dell’innovazione per i prodotti a denominazione di origine.

“Aceto Balsamico di Modena” seguita dalla dicitura “Indicazione Geografica Protetta” oppure dal suo acronimo “IGP”. In etichetta è poi indicato il sito di imbottigliamento o il codice dell’imbottigliatore.

Il Consorzio

Nel 1993, per iniziativa dei produttori, nasce il Consorzio Aceto Balsamico di Modena. Dal 2014, il Consorzio è stato riconosciuto dal Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali — oggi Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste —, quale organismo deputato allo svolgimento delle funzioni pubbliche di promozione, difesa e tutela del prodotto. Il Consorzio rappresenta oltre l’80% della produzione certificata; tra gli associati sono tutt’ora presenti i marchi storici del settore, che hanno contribuito ad affermare fin dai primi del ‘900 il nome del prodotto sui mercati nazionali e internazionali.

Consorzio Tutela

Aceto Balsamico di Modena

Via Ganaceto 113 – 41121 Modena

Telefono: 059 208621

E-mail: info@consorziobalsamico.it

Web: www.consorziobalsamico.it

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NON SOLO DI GRANO.

La variante “Slow” e gentile del pane di patate della Garfagnana di

Pane e companatico. Nonostante la fragranza e l’aroma di un buon pane regalino grandi soddisfazioni al palato, non c’è dubbio che il suo destino sia quello di accompagnare altri sapori, integrandone ed esaltandone le varie sfumature. In questo senso la scelta degli ingredienti diventa decisiva. Nel corso del tempo, per fare il pane, l’ingegno e la necessità hanno portato ad utilizzare ingredienti alternativi o complementari alla farina di grano: segale, mais, farro, castagne e non solo... In Garfagnana, considerata l’isola verde della regione Toscana, e in una parte della Valle del Serchio, il pane trova una variante molto particolare, ingentilita dalla patata. Nelle terre incontaminate e selvagge tra le Alpi Apuane e l’Appennino Tosco-Emiliano alcuni produttori portano avanti la tradizionale produzione del pane di patate, riconosciuto come presidio Slow Food.

Chiamato affettuosamente “garfagnino” dagli abitanti della zona, il pane di patate è ottenuto aggiungendo alla farina di grano un 15% di patate lesse, semola, tritello (sottoprodotto della molitura dei cereali ottenuto dalla rimacina dei semolini e costituito da fini particelle di crusca, del germe, dello strato di aleurone e da farina) e sale marino di grana media.

Le patate utilizzate per la preparazione del presidio provengono esclusivamente da coltivazioni locali; per questo motivo la produzione del pane si concentra nei mesi che vanno da luglio a marzo, periodo che intercorre tra la raccolta e il tempo di massima conservazione dei tuberi. Le patate, aggiunte lesse nell’impasto, rendono il

pane particolarmente morbido, adatto a lunghe conservazioni. Le varietà migliori quelle coltivate nel comune di Sillano Giuncugnano (LU), in due località, Metello e Dalli, a circa 1.200 metri di altitudine. Sono patate rosse, di dimensioni ridotte, molto saporite e ben compatte.

Oggi sono solo due i produttori che hanno aderito al presidio e preparano il pane seguendo l’antica ricetta, motivo per cui l’associazione Slow Food ha deciso di sostenerli nel mantenere viva la tradizione di questa zona. L’obiettivo per il futuro prossimo è quello di ricostruire in Garfagnana una filiera che ricolleghi piccole aziende agricole, mulini a pietra e forni a legna.

Le fasi di lavorazione che caratterizzano il pane di patate della Garfagnana rispettano in tutto e per tutto il Manifesto Slow Food scritto nel lontano 1987, ma oggi più che mai attuale: “... La velocità diventata la nostra catena, tutti siamo in preda allo stesso virus: la Fast-Life, che sconvolge le nostre abitudini, ci assale fin nelle nostre case, ci rinchiude a nutrirci nei Fast-Food. Ma l’uomo sapiens deve recuperare la sua saggezza e liberarsi dalla velocità che può ridurlo ad una specie in via d’estinzione. Perciò contro la follia universale della Fast-life, bisogna scegliere la difesa del tranquillo piacere materiale. Contro coloro, e sono i più, che confondono l’efficienza con la frenesia, proponiamo il vaccino di un’adeguata porzione di piaceri sensuali assicurati, da praticarsi in lento e prolungato godimento Iniziamo proprio a tavola con lo Slow Food, contro l’appiattimento del Fast-Food riscopriamo la ricchezza e gli aromi delle cucine locali. Se la Fast-life in nome della produttività,

Detto anche “garfagnino”, questo pane è una variante ingentilita di un pane di mistura diffuso un tempo in tutta l’Europa continentale. Le patate, provenienti da coltivazioni locali, lo rendono morbido e saporito e adatto ad una più lunga conservazione. Si abbina bene a tutti i salumi toscani, in genere piuttosto sapidi

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PANE
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Pane di patate. Le grandi pagnotte da 1 o 2 kg, tagliate a fette spesse, sono ottime abbinate ai salumi garfagnini, in genere piuttosto salati, dal biroldo alla pancetta (photo © www.panezucchero.it).

ha modificato la nostra vita e minaccia l’ambiente ed il paesaggio, lo Slow Food è oggi la risposta d’avanguardia. È qui nello sviluppo del gusto e non nel suo immiserimento la vera cultura, di qui può iniziare il progresso con lo scambio internazionale di storie, conoscenze, progetti…”. Ed è proprio nel rispetto dei tempi e nelle procedure lente di ieri che trova origini questo pane gentile.

A partire dall’utilizzo di lievito madre (e un poco di lievito di birra, per ridurre l’acidità), ottenuto tradizionalmente da un impasto di acqua e farina lasciato a contatto con l’aria, e custodito gelosamente dai fornai produttori. A differenza dei lieviti industriali, quelli di pasta acida si caratterizzano per una serie di fermentazioni dovute allo sviluppo di microrganismi naturalmente presenti nell’aria, responsabili della formazione di un impasto di lieviti selvaggi che, se aggiunto ad un nuovo impasto, ne innesca la lievitazione.

I prodotti da forno così ottenuti presentano fasi di lavoro più lente e laboriose rispetto a quelle industriali, ma

la qualità sulla resa finale è indiscutibile.

Altra caratteristica decisamente slow del pane di patate della Garfagnana è la cottura nei tradizionali forni a legna, alimentati con legno di cerro, che raggiunge temperature di 220-270 °C.

Le pagnotte dalla forma ovale vengono prima spolverizzate con farina di mais e poi introdotte nei forni precedentemente riscaldati. Il progressivo aumento del calore produce diverse trasformazioni; inizialmente, si ha la crescita del volume, poi i lieviti cessano la loro attività. A 70 °C iniziano a coagulare le sostanze proteiche, mentre a 100 °C il glutine si stabilizza nella forma, la mollica assume la sua struttura definitiva e, all’esterno, comincia a formarsi la crosta. Oltre ai 100 °C, infatti, la superficie si disidrata gradualmente indurendosi e colorandosi per la caramellizzazione degli zuccheri, fino a raggiungere il tipico colore dorato e l’aroma caratteristico. Dopo un’ora circa, a seconda della pezzatura, il pane di patate della Garfagnana è pronto per essere consumato.

Non aspettatevi un intenso aroma di patate: il presidio non ne ricorda il sapore in modo deciso. Semplicemente l’aggiunta delle patate lesse lo rende più saporito del classico pane toscano, più morbido e maggiormente conservabile. Le grandi pagnotte di 1 o 2 kg, tagliate a fette, sono ottime abbinate ai salumi della Garfagnana, quasi tutti piuttosto saporiti come è tradizione in Toscana: biroldo, mondiola, lardo e pancetta.

Il “garfagnino” si trova un po’ ovunque, in tutte le panetterie e supermercati della zona di produzione. Ma come distinguere quello autentico? Quello originale prevede, tra gli ingredienti specificati in etichetta, le patate lesse e non la fecola di patate come, invece, fanno in molti che lo producono industrialmente. Tra i pochissimi rimasti a farlo secondo tradizione ci sono PAOLO MAGAZZINI, nella frazione di Petrognola (LU), uno dei pochi produttori che coltiva sia grano che patate, e il panificio DA MARIO di Piano di Coreglia (LU).

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Chiara Papotti Considerato uno dei luoghi simbolo della Garfagnana, il Ponte della Maddalena o del Diavolo si trova a Borgo a Mozzano, il primo paese dalla Valle del Serchio in provincia di Lucca. Sito sul fiume Serchio, ha una struttura davvero particolare, con un arco più alto ampio e quasi innaturale. Da qui le leggende che ne avvolgono la costruzione (photo © david75 – stock.adobe.com).

ANTICA CORTE PALLAVICINA

Ristorante “AL CAVALLINO BIANCO”

43010 Polesine Parmense (PR)

Tel. 0524 96136 – Fax 0524 96416

www.acpallavicina.com

Nel 1905, nostro nonno Spigaroli Luigi riesce a diventare fittavolo dell’Antica Corte Pallavicina. Il vecchio castello eretto nel 1400 dai Marchesi Pallavicino, trasformato nel 1700 in azienda agricola, è situato sulla riva del Po. Nascono sei figli e l’ultimo, nel 1916, è nostro padre Spigaroli Marcello. Egli diceva che nel castello si stava bene, avevano il traghetto sul fiume, in estate curavano il podere, allevavano come sempre parecchi maiali che in inverno macellavano e facevano i salumi. Salumi che venivano venduti, da prima interi, ai passeggeri del loro traghetto poi, in seguito, al sorgere di una prima baracchetta di legno in riva al Po, affettati insieme al pane, a coloro che, sulle rive del fiume, si recavano in passeggiata anche dai paesi vicini. Da quella baracchetta successivamente ampliata, ma sempre in legno, e divenuta il “Lido di Polesine”, nel quale si ballava e si facevano merende, trarrà origine, dall’immane sforzo congiunto della zia Emilia e dei nostri genitori, il ristorante “Al Cavallino Bianco”. Di posti come il vecchio castello in riva al fiume non ne esistono quasi più, con muri di oltre un metro di spessore, con cantine stupende dove i marchesi stagionavano i loro salumi che inviavano agli Sforza a Milano. Infatti più i salumi e i culatelli sono vicini al grande fiume e più sono buoni!! Tutti quei racconti non li abbiamo mai dimenticati e quando dieci anni fa viene venduta la vecchia Corte Pallavicina decidiamo di acquistarla, con grandi sforzi economici, per poter continuare come il bisnonno, il nonno, il papà a fare dei salumi unici, non sintetici, che mangiandoli scopri da dove vengono e chi li ha fatti. Del resto alla nostra famiglia il senso del buono l’ha insegnato una persona che di cose buone se ne intendeva e noi non ce la sentivamo proprio di lasciar perdere tutta questa esperienza.

Massimo e Luciano Spigaroli figli di Marcello.

GUBANA E GUBANERIE

Più che un dolce, un’istituzione, l’elemento di unione di una famiglia, un patrimonio culturale che va custodito e conosciuto dove lo si produce di Riccardo Lagorio

La gubana è il dolce tipico, simbolo delle Valli del Natisone. Le sue origini sono legate alle feste religiose più importanti del calendario (Natale e Pasqua), ma anche ad eventi particolari della collettività, quali matrimoni, cresime, ecc… Un viaggio alle sue radici parte dai tempi dei Romani, dove i pani venivano farciti di frutta e arricchiti con il miele.

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Il Natisone e i suoi affluenti sono i fiumi friulani che, come le dita di una mano, si diramano da Cividale del Friuli verso la frontiera con la Slovenia, nel Nord-Est della regione. Anticamente denominata Slavia friulana o Benecia, questa terra era nota per la grande quantità di meleti — ve ne sono in verità ancora tracce — mentre oggi richiama l’attenzione dei ghiottoni con la gubana (nediskedoline.it). Listarelle di pasta lievitata, ripiene di uvetta e frutta secca, arrotolate su se stesse e poi a forma di chiocciola rappresentano come pochi gli adattamenti del cibo ai cambiamenti, alle limitazioni, alle aggiunte con cui le diverse dominazioni hanno marcato il territorio: dai Longobardi con la forma stilizzata del serpente agli ingredienti del ripieno di foggia austroungarica.

Per i Friulani della Valli del Natisone la gubana è un’istituzione, il dolce delle feste siano matrimoni, cresime, festività comandate come Pasqua e Natale. Basta raggiungere uno dei borghi che compongono la galassia di colli, avvallamenti e falsopiani di quest’angolo della regione per rendersene conto: ognuno di questi profuma di gubana grazie al lavoro continuo dei forni e delle pasticcerie che qui, ça va sans dire, si chiamano gubanerie

E, superato Ponte San Quirino, quasi una frontiera immaginaria tra il dentro e il fuori delle Valli, il borgo di Azzida ne è il primo esempio. Bisogna fermarsi alla Gubaneria Giuditta Teresa di SILVANA

CHIABAI e GIOVANNI CATTANEO per essere introdotti in questo dolce straordinario mondo, un po’ come Alice nel Paese delle meraviglie. «Nei decenni passati la sposa doveva saper preparare la gubana, che veniva considerato elemento di unione della famiglia. Così le giovani donne appena maritate si mettevano alla ricerca delle nocciole nei boschi, con il timore di incontrare i folletti» dice scherzando Silvana. «Passati gli anni della guerra, i capofamiglia se ne andarono all’estero e le donne rimaste dovevano accudire la famiglia. Il lavorio di preparazione dell’impasto e, soprattutto, del ripieno era troppo oneroso in termini di tempo. Giuditta Teresa aprì quindi il primo forno per la preparazione della gubana: una rivoluzione perché fino ad allora il dolce era rimasto confinato all’interno delle mura

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In alto: Silvana Chiabai e Giovanni Cattaneo della Gubaneria Giuditta Teresa di Azzida di San Pietro Al Natisone (UD). In basso: Valeria Domenis della Gubaneria La Gubana della Nonna ubicata sempre ad Azzida di San Pietro Al Natisone (UD).

domestiche». Sembra ancora di sentire battere con il mortaio Giuditta che sta preparando il ripieno con la frutta secca (noci, nocciole, mandorle e pinoli che provenivano dalla vicina Lignano), i biscotti e una polibibita di grappa, rum, marsala e brandy come legante. La lenta macinazione della frutta secca fa sì che noci e nocciole rilascino i loro oli, rendendo morbida la pasta.

Nel frattempo, l’uvetta era stata messa a bagno nel rum per qualche tempo e, al momento giusto, si tuffava nel resto del ripieno. Poi Giuditta Teresa se ne andò tra le delizie dell’infinito e trascrisse i segreti della gubana proprio a Silvana Chiabai. «Per realizzare l’impasto utilizziamo vari ingredienti: farina 00, burro, uova, zucchero, latte, lievito

madre e limone», spiega VALERIA DOMENIS, dirimpettaia della vicina gubaneria La Gubana della Nonna. «La pasta viene fatta lievitare prima di essere lavorata. La biga di farina, acqua e lievito va lavorata diverse volte dare morbidezza al dolce. Dopo un’attesa che può durare anche 24 ore si inserisce la farcitura nella pasta lievitata e questa cresce ancora, assorbendo l’umidità del ripieno. L’utilizzo del lievito madre è essenziale per ottenere una pasta soffice, gustosa e digeribile», dice mostrando le varie fasi di preparazione.

Insieme alla figlia ELISA e al genero FLAVIO MLINZ sforna da quasi 25 anni la tradizionale gubana in questa che era la vecchia latteria del villaggio. «Il ripieno è fatto di noci, uva sultanina,

granella di amaretti e pinoli. Per lavorare facilmente il ripieno e renderlo goloso utilizziamo il burro, lo zucchero e la grappa di vinaccia, un distillato che in cottura sprigiona tutti i suoi aromi. Quando il dolce è pronto e viene tagliato, il profumo dei vari elementi si fonde e arriva al naso come una vera e propria sinfonia di accordi».

In particolare la grappa, conservante naturale per la presenza di alcol, evita l’utilizzo di additivi. Ecco perché la gubana si conserva a lungo morbida e idratata.

Una curiosità che richiama l’attenzione è senz’altro di come la Domenis accomoda la coda del serpentello di pasta, sotto il corpo principale «perché anche l’occhio vuole la sua parte», dice scherzando. «Quando decisi di iniziare questa attività, intervistai le signore più anziane per capire quali fossero i requisiti per ottenere una buona gubana. Ma le ricette erano numerose e diverse tra loro, senza quantità precise degli ingredienti: fatte ad occhio, insomma». Quello che si sa è che in taluni casi nel ripieno si utilizzava pane raffermo e non biscotti, era diffuso l’utilizzo del vino in mancanza di grappa e in alcune zone delle Valli c’era chi adoperava la confettura di susine per amalgamare il tutto. Ora nell’elegante punto vendita ci si può fermare per assaggiare una fetta di gubana accompagnata da slivovitz in ogni momento dell’anno. Quella con il ripieno di purea di marroni, frutto assai diffuso nelle valli, è una sciccheria.

Più a nord, a Loch di Pulfero, DENNIS BLASUTIG insieme alla moglie MICHELA PREVARIN continua l’attività del forno del bisnonno dal 1925, trasformato in gubaneria. Cedarmas, il nome che porta, è quello della nonna. «Uno degli ingredienti fondamentali per produrre una buona gubana è il tempo. Prima la massa va fatta riposare e poi, una volta preparati i panetti, anche questi si devono lasciar lievitare con pazienza. Non esiste un periodo ben preciso: dipende dalle condizioni atmosferiche. Una volta arrotolata la pasta e fatta a spirale, deve sostare ancora per qualche tempo prima di andare nel forno» spiega Blasutig.

Prima del passaggio in forno la gubana viene pennellata con olio di soia e zucchero; altrove con albume e

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Dennis Blasutig e Michela Prevarin della Gubana Cedarmas di Loch di Pulfero (UD).

zucchero. Alla Cedarmas si riscontra una specifica attenzione riguardo alla scelta delle materie prime, come l’uvetta utilizzata senza anidride solforosa. Le gubane vengono inoltre prodotte pressoché su ordinazione per la vendita diretta e la fornitura dei piccoli negozi locali. «Nei tempi andati la gubana si inzuppava con lo slivovitz, ma ciò faceva perdere i delicati profumi del dolce. Agli anziani però piaceva così: dicevano un bicchierino alla gubana e uno a me, raddoppiandosi la dose dell’acquavite di susina».

Quando entrerete nel piccolo spaccio, annusate profondamente per essere felice e, se volete lustrarvi gli occhi, volgete lo sguardo sulla cassapanca originale del 1793. La natura e la bellezza pervadono le Valli del Natisone: il breve viaggio verso Merso di Sopra è accompagnato dal canto degli usignoli e dallo scorrere dei torrenti. Da una casa prorompe il profumo di zucchero misto a quello di uvetta e liquori. Se l’olfatto non vi tradisce, vi porta al Panificio Qualizza. Ci lavorano NICOLA PUPPIN e SANJA MISIĆ. Qui il ripieno è di frutta secca, uvetta e biscotti legati dal burro.

Quale sia la ricetta originale poco interessa. È però chiaro che la gubana sia un patrimonio di cultura materiale che va custodito e conosciuto laddove si produce, ciascuna gubaneria con le proprie caratteristiche. Mai sentito parlare di enoturismo?

Riccardo Lagorio

Giuditta Teresa

Via Algida 43 – 33049

Azzida di San Pietro al Natisone (UD)

Telefono: 0432 727681

Web: giudittateresa.com

La Gubana della Nonna

Via Algida 63 – 33049

Azzida di San Pietro al Natisone (UD)

Telefono: 0432 727234

Web: gubanadellanonna.com

Gubana Cedarmas

Via Loch 45 – 33046 Loch di Pulfero (UD)

Telefono: 0432726270

Web: cedarmas.com

Panificio Qualizza

Frazione Merso di Sopra 5

33040 San Leonardo (UD)

Telefono: 0432 723009

Visita il nostro sito www.manzinistampi.it

MANZINI s.r.l.

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Cosa fa l’ERP CSB-System

Che cos’è un sistema ERP e perché è così importante nella produzione alimentare?

ERP è l’acronimo di Enterprise Resource Planning (pianificazione delle risorse aziendali) e si riferisce al software per la gestione aziendale. Con l’aiuto dell’ERP, le aziende alimentari possono gestire e ottimizzare i processi aziendali, dagli acquisti alla contabilità, dalla produzione alla logistica. L’ERP è quindi il software che aiuta a far funzionare l’azienda. Il CSB-System è un ERP completo che, senza software aggiuntivi di altri fornitori, può gestire tutte le attività principali di un’azienda

alimentare. Nella pratica, ciò si traduce in processi rapidi ed efficienti: quando un ordine del cliente viene ricevuto nello shop on-line di CSB o via EDI o perché inserito da un operatore, la disponibilità in magazzino viene verificata automaticamente, si allerta il settore produzione, il picking viene attivato. Senza soluzione di continuità, perché il CSB-System è un ERP modulare integrato.

Sviluppato ad hoc per le aziende alimentari

Il CSB-System dispone di un modulo per l’ottimizzazione di distinte base e ricette ed è in grado di fornire informazioni accurate sui costi dei prodotti finiti,

dei semilavorati e dei sottoprodotti; un aspetto cruciale, questo, per il calcolo dei costi di produzione e per la determinazione dei margini e dei prezzi. Grazie alla possibilità di pianificazione integrata degli acquisti e della produzione, incrociando gli ordini di vendita con gli stock di magazzino, diventa facile evitare la rottura degli stock e minimizzare il capitale impiegato per le giacenze di magazzino.

Il CSB-System assume anche la funzione di MES, ovvero di un sistema di esecuzione della produzione. È in grado così di registrare ed elaborare automaticamente i dati operativi, migliorare le prestazioni delle macchine

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grazie ad una manutenzione predittiva e determinare le cifre chiave OEE, scoprendo così le aree da ottimizzare. Monitoraggio di processi e prodotti sono attività semplici, perché il sistema mette a disposizione statistiche e cifre chiave semplicemente premendo un tasto. L’etichettatura variabile dei prodotti, a seconda del peso, della lingua del cliente e nel rispetto delle norme sulla tracciabilità sono funzionalità base del software. Il CSB-System supporta, pertanto, tutti i soggetti coinvolti: i dirigenti possono prendere decisioni migliori con l’aiuto dell’elaborazione centrale dei dati, potendo accedere rapidamente ad analisi e report; allo stesso tempo, in stabilimento, la qualità dei prodotti e dei processi trae vantaggio dal flusso continuo di dati. E i clienti sono soddisfatti dell’affidabilità e della puntualità delle consegne.

Perché molte aziende scelgono il CSB-System

Il fattore decisivo nella scelta è l’orientamento del CSB-System al settore alimentare: già nella sue soluzioni di settore preconfigurate, il CSB-System copre i processi aziendali secondo le best practices internazionali. Questo comporta anche una più rapida implementazione.

Ad ogni azienda

il suo ERP

La soluzione ERP più adatta per un’azienda dipende anche dalle dimensioni dell’azienda stessa. Per le piccole imprese o le start-up del settore alimentare è solitamente sufficiente una soluzione standard semplice e preconfigurata, il CSB BASIC ERP. Le medie e grandi imprese, avendo bisogno di una soluzione più personalizzata che copra tutte le aree aziendali, scelgono invece il CSB INDUSTRY ERP. Per i gruppi e le multinazionali, infine, è consigliabile il CSB FACTORY ERP che gestisce e ottimizza la filiera di produzione e dispone di interfacce standard verso i più diffusi ERP per finanza e controlling e la gestione delle risorse umane.

ERP in cloud, ERP on-premise oppure ERP ibrido?

Non si può affermare che un’opzione sia migliore di un’altra. Dipende dalla struttura e dalle esigenze aziendali. All’ERP in cloud sono associati una riduzione dei

costi sull’infrastruttura IT e un risparmio sul tempo da dedicare al sistema ERP e all’hardware. Tuttavia, ci possono essere delle debolezze funzionali perché le soluzioni cloud spesso presentano limitazioni in quanto sono più standardizzate. Ne consegue che le aziende utilizzatrici hanno meno margini di manovra per “adattare” il software ai propri processi, spesso molto complessi. Gli esperti CSB mettono a disposizione il loro know-how per valutare assieme al cliente quale sia la scelta preferibile.

Procedura per l’implementazione dell’ERP CSB-System Innanzitutto, vanno coinvolte fin dall’inizio tutte le aree aziendali interessate e non solo il management. Poi vanno definiti il budget, i cosiddetti key-users, le specifiche del progetto e dunque i tempi. Meglio orientarsi sui processi fondamentali e sulle aree di business precedentemente definite. È importante assicurarsi che ci siano risorse umane sufficienti per l’implementazione: anche il controllo, il monitoraggio, i test e la gestione del progetto costano tempo e denaro. Non è raro che i colli di bottiglia del personale ritardino l’entrata in funzione del nuovo gestionale. Inoltre, pianificare le ottimizzazioni è sempre conveniente: spesso gli aggiustamenti e i miglioramenti utili emergono solo durante l’implementazione.

Il ruolo dell’ERP verso la digitalizzazione

Se in passato l’ERP era uno strumento di supporto operativo al business ora è diventato un elemento strategico. Anche i clienti CSB-System riportano che l’ERP, in quanto fulcro di dati e processi, è necessariamente coinvolto in ogni progetto di digitalizzazione, perché nella maggior parte dei casi i miglioramenti nella supply chain, nell’amministrazione, nella produzione o nelle vendite sono alimentati dai dati ERP. La buona gestione dei dati da parte del software è la base ideale per un processo di miglioramento continuo

Referente:

• Dott. A. MUEHLBERGER

CSB-System Srl

Via del Commercio 3-5

37012 Bussolengo (VR)

Telefono: 045 8905593

Fax: 045 8905586

E-mail: info.it@csb.com

Web: www.csb.com

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CSB Rack multifunzione in impianto.

I Maccheroni di Casanova

INTERVISTE IMPOSSIBILI A UOMINI ILLUSTRI

Quando GIACOMO CASANOVA giunge a Parma, città di suo padre, nel 1749, al locandiere che lo ospita ordina burro, uova, maccheroni, prosciutto e formaggio Parmigiano. Questa storia, soprattutto la citazione dei maccheroni accanto al formaggio e prosciutto, spinge GIOVANNI BALLARINI ad indagare fra libri e documenti, ponendo idealmente delle domande al protagonista. Sarebbe bello poter chiedere direttamente ai protagonisti ciò che la nostra curiosità ci suggerisce... E perché non farlo “realmente ”? Se l’intervista è una finzione, la storia non è mai approssimativa e i documenti conservano informazioni preziose e ce le restituiscono, se solo sappiamo interrogarli in maniera corretta. L’intervista, inoltre — reale o immaginata che sia — alla fine è un mezzo per raccontare e far raccontare storie. L’uomo è capace di inventare, ricordare e raccontare storie e questa capacità, unica nel mondo animale, connota in maniera specifica la nostra natura. La narrazione rivela il significato e il senso più profondo di ciò che, altrimenti, re-

sterebbe una sequenza di informazioni disorganiche. Attraverso racconti su alimenti, dialoghi con figure popolari, artigiani capaci, scienziati curiosi e cuochi innovatori, questo libro traccia la mappa di un patrimonio di tradizioni enogastronomiche che può essere giustamente considerato un monumento della nostra civiltà. Qui la storia cede il passo alla geografia. L’orizzonte è ampio e tocca quasi tutte le regioni d’Italia con le loro carni e salumi e permette di conoscere la preistorica bresaola di Ötzi, l’etrusco Haltva commerciante di prosciutti, il pretoriano Crastino con il suo prosciutto di Parma, Calidio e Fannia con la ventricina, Romulus che vende il prosciutto cotto a Pompei, Filodemo epicureo e la meridiana a forma di prosciutto, il veneto Galla e i porcinari che etichettano i salumi, Benedetto d’Aniane e il lardo che diventa olio, il capitano di ventura Nicolò Piccinino e le sallamine, Napoleone Bonaparte che ama il prosciutto, il conte Alessandro Vezzani che produce salami e fegato grasso d’oca, dimostrando che... non esistono interviste impossibili.

GIOVANNI BALLARINI

I Maccheroni di Casanova

Interviste impossibili a uomini illustri

Prefazione: GIANCARLO GONIZZI

Collana: Cibo e cucina

Edizioni: Tarka, 2022

224 pp. – € 17,00

Giovanni Ballarini, studioso di scienze gastronomiche e antropologia alimentare, dal 1953 al 2003 ha insegnato presso l’Università degli Studi di Parma della quale è Professore Emerito. Dottore Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Ordre du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi al Bancarella della Cucina 2014. Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie. Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati. Nella sua ricerca scientifica si è interessato di storia, di zooantropologia e di alimentazione dell’uomo, con particolare attenzione agli aspetti antropologici. In quest’ultimo settore, anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, negli ultimi decenni, ha pubblicato articoli e oltre cinquanta libri di antropologia alimentare. Ha svolto e mantiene un’intensa attività di divulgazione, collaborando con quotidiani a livello nazionale e partecipando a trasmissioni televisive.

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Spaghetti e pomodori

Illustrazioni: ALLEGRA AGLIARDI

Editore: Laterza

64 pp. – € 14,00

La storia del piatto più buono al mondo attraverso l’Italia, la Cina, il Messico, la Spagna, il Medio Oriente. “Bisogna sapere che l’imperatore cinese Han Chu San, vissuto mille anni fa, quando in nessun luogo del mondo esisteva la pasta, era appassionato del gioco dello shangai. Era anche bravissimo: ogni anno sfidava il miglior giocatore dell’impero. Un anno si presentò al palazzo Ho Tan Si. L’imperatore e Ho Tan Si cominciarono a giocare con gli shangai di grano in silenzio. L’imperatore disse: ‘Ho Tan Si, possiamo fare due cose: o contare gli shangai, per vedere chi ha vinto la partita, o mischiarli e gettarli in una pentola piena d’acqua bollente, che il cuoco del palazzo ha preparato’. Il magrissimo Ho Tan Si fece un piccolo inchino. Allora l’imperatore fece un cenno ed entrò il cuoco imperiale con molte ciotole su un grande vassoio: ciotole di sale, olio, sugo di carne, di soia, di verdure di ogni colore e sapore, e peperone, zafferano e molte altre delizie. Gli shangai della partita finirono nella pentola e, sopra il vapore dell’acqua che bolliva, i volti di Han Chu San e di Ho Tan Si sorridevano”.

Food Experience

Design e architettura d’interni

Editore: Postmedia Books, 2014

112 pp. – € 16,00

Se ERNESTO NATHAN ROGERS esortava a progettare “dal cucchiaio alla città”, oggi una nuova generazione di architetti e designer sembra voler partire non più dal cucchiaio, ma direttamente dal suo contenuto, il cibo, per progettare l’insieme delle esperienze ad esso correlate. Con il termine Food Design, secondo una recente definizione, si intende la progettazione del complesso insieme degli atti alimentari. Riconosciuti studi scientifici hanno dimostrato come l’ambiente all’interno del quale il cibo viene consumato abbia un impatto considerevole sulla nostra percezione del gusto. Questo implica un rapporto con lo spazio in cui l’azione si compie, in una complessa interazione tra cibo, uomo e ambiente. È fondamentale pertanto che il processo di progettazione prenda in considerazione tutti i livelli che concorrono nel definire l’esperienza del consumatore. L’intento del libro è quello di fornire una panoramica generale delle esperienze recenti in questo campo, fornendo indicazioni utili per l’attività progettuale, in un settore finora non sufficientemente esplorato nella ricerca e nella didattica.

Prendere le decisioni giuste –questa è la cosa più importante per ogni azienda Report dettagliati, dati attuali dalla produzione, degli ordini: il CSB-System vi fornisce esattamente questa trasparenza, semplicemente premendo un tasto. Così anche in tempi incerti potrete prendere decisioni certe.

Per saperne di più sulle nostre soluzioni per il settore Carne: www.csb.com

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Il mio ERP. Rende più facile prendere decisioni.
ROBERTO PIUMINI, MASSIMO MONTANARI TIZIANO AGLIERI RINELLA

CARLO MEO

Food marketing

Creare esperienze nel mondo dei foodies

Editore: Hoepli, 2015

152 pp. – € 19,90

Perché CARLO CRACCO cucina per i poliziotti della Questura di Milano per festeggiare il patrono della Polizia di Stato? Perché i vostri figli vi chiedono di partecipare a Junior MasterChef? Perché i vostri migliori amici girano il mondo volando low cost, ma collezionano cene stellate nelle varie nazioni? Il food è diventata la nuova religione di consumo, la cultura dei giovani, l’argomento mediatico vincente, ma ancora esiste un grande divario tra il successo del fenomeno e la sua interpretazione. Questo volume analizza le nuove tendenze di consumo dei foodies e suggerisce alle aziende e agli imprenditori come operare in questi mercati sia per avere successo, sia per evitare dei guai: essere Italiani aiuta, ma non è sufficiente! Il settore food è forse il più complesso nel quale operare, quello che richiede maggior equilibrio tra creatività e utilizzo di regole ormai consolidate e scientifiche. L’innovazione, vista come capacità di leggere i nuovi significati di consumo nel mondo alimentare, è la chiave per avere successo insieme al coraggio e alla coerenza imprenditoriale. E questo libro si propone come una risorsa operativa di riferimento nel settore.

JENNY LINFORD

La bibbia dei libri di cucina I preferiti dai grandi cuochi e quelli che hanno fatto la storia

Editore: Slow Food, 2022

359 pp. – € 39,00

Tutti gli chef amano e apprezzano i libri di cucina e, sempre più, i libri di cucina sono diventati preziosi manuali e splendidi oggetti d’arte per un numero crescente di lettori. La bibbia dei libri di cucina riunisce le uscite più importanti secondo 70 grandi chef italiani e internazionali e quelli che hanno fatto la storia dell’editoria gastronomica in un unico volume, una raccolta inedita per avere il meglio dell’editoria gastronomica sempre a portata di mano. I lettori scopriranno le opere che hanno ispirato acclamati e brillanti stelle della cucina come MASSIMO BOTTURA, JAMIE OLIVER, MAURO COLAGRECO, ALICE WATERS, NADIA SANTINI, ENRICO CRIPPA, MASSIMILIANO ALAJMO, MICHEL BRAS e molti altri. Una seconda sezione è dedicata ai libri di cucina più influenti nel panorama internazionale e, infine, una terza segnala i volumi più importanti relativi a una cucina specifica. A conclusione del volume l’autrice ha deciso di dedicare una parte ai libri storici che hanno dato il via e poi segnato l’editoria culinaria. In parte reference, in parte viaggio nel fantastico mondo della cucina e del design, questo libro non potrà mancare a chi ama i repertori e le opere di pregio.

LUIGI ODELLO

Riflessi sensoriali

Prefazione: GUIDO BOSTICCO

Editore: Centro Studi Assaggiatori 92 pp.

“I favolosi anni Novanta. Rivoluzionari, lo scopriremo prima o poi. (...) Nasceva la società dell’immagine. Vedere per credere. Soprattutto credere a ciò che si vede. (...) Un mondo di informazioni si stava aprendo davanti a noi, un misto di scienza, gossip e opinione. Era il 2003 quando il primo editoriale de L’ASSAGGIO mise in fila queste tre parole terribilmente dissonanti, come un accordo stridente che invece stava per inaugurare un nuovo genere di musica” Ecco quanto scrive GUIDO BOSTICCO nella sua prefazione al libro che riunisce gli ottanta editoriali scritti da LUIGI ODELLO che hanno presentato altrettanti numeri de L’ASSAGGIO pubblicati in questi ultimi vent’anni. Le oltre 5.000 pagine stampate e diffuse in più di 800.000 copie hanno registrato la vita — e in certi casi la nascita — di organizzazioni di assaggiatori come l’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè, il Centro Nazionale Studi Tartufi, De gustibus carnis, Istituto Internazionale Chocolier, Narratori del gusto e altre ancora. Tutte impiegano il know-how costruito dal Centro Studi Assaggiatori, tutte sono in grado di fare analisi sensoriale scientifica. E tutti gli allievi hanno ricevuto almeno una copia della rivista (fonte: assaggiatori.com).

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