Autorizzazione del Consorzio del Prosciutto di Parma del 21-4-98
Periodico bimestrale per gli addetti ai lavori D A L S A L U M I F I C I O A L L A S A L U M E R I A N O N S T O P Anno XXXVI N. 1 Gennaio-Febbraio 2024
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anni 1773 / 2023
Montasio. Un sapore senza tempo.
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Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2019. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2019.
Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 0598671709 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: premiatasalumeriaitaliana-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985 Tariffe abbonamenti Annuale (6 numeri): Italia € 40,00 – Estero € 50,00 Sconto librerie: 10% Modalità: versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910
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Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl Eurocarni – Premiata Salumeria Italiana – Il Pesce – Euro Annuario Carne – Euro Genuine Food – Annuario del Pesce e della Pesca – US Annuario dei Fornitori della Sanità in Italia
Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti
Marketing e pubblicità Luigi Credi – Chiara R. Zaccaroni
Redazione Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi
Fotografia Luigi Credi
Segreteria di redazione Gaia Borghi Grafica Federica Cornia Prestampa Marco Credi
Abbonamenti Fioretta Fiorentin Amministrazione Andrea Tomassone Collaboratori scientifici Dr. Giovanni Ballarini – Dr. Marco Cappelli – Dr. Emanuele Guidi
Euro Annuario Carne EURO ANNUARIO CARNE 2024
La banca dati internazionale del mercato delle carni sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore lavorazione, commercio e distribuzione carni. Edizione 2024 Copia cartacea: € 95,00
Premiata Salumeria Italiana, 1/24
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N. 1
€ 6,70 Eurocarni – Premiata Salumeria Italiana – Il Pesce – Euro Annuario Carne – Euro Genuine Food Annuario del Pesce e della Pesca – US Annuario dei Fornitori della Sanità in Italia
A pagina 72.
In questo numero:
Agenda
Firenze – Milano – Rimini – Bologna
12
Immagini
Caciocavallo Di Pasquo, essenza molisana
18
Fotografati e mangiati
Peperone dolce, passione lucana – Un Signor Salame – Salsiccia tipica Sangiorgese – Il Formaggio delle Fosse Brandinelli
20
La copertina esplosa
Lingua di suocera – Fieno – Salame gentile di Mora romagnola
22
Suggestioni dal mondo
The Foodbarn Café & Tapas and Deli Shop, Cape Town, Sudafrica — Goodboybob Coffee, Culver City, California (USA)
24
Tendenze
AI: l’intelligenza artificiale disegna la Mozzarella di Bufala Campana DOP di domani
26
Premiata Salumeria Italiana, 1/24
5
Brevi storie di cibo lento Legati da una corda di salsicce a velocità contemporanea
Alessia Morabito
28
Calendario fiere
Fiere, eventi, convegni 2024
Dietro al banco
Tre domande a Pietro Vincenzi
Gaia Borghi
34
Memento
Beniamino Faccilongo e la sua visione
Riccardo Lagorio
38
Il food in rete
Social food
Elena Benedetti
42
Aziende
Franceschini, 70 anni di tradizione
Laura Franchini
44
Salumificio Giordano
Massimiliano Rella 46
Gastronomia Cortina
Elena Benedetti
Eventi
31
50
W il Superzampone dell’Ordine dei Maestri Salumieri
54
Il Cotechino e lo Zampone del futuro
56
Interviste
I primi vent’anni del Consorzio Tutela Aceto Balsamico Tradizionale di Modena
Elena Benedetti
58
Prodotti tipici
Salam d’la Duja: storia di un salame che vive nello strutto
Chiara Papotti
62
Tartufi che nobilitano le carni
Chiara Papotti
66
La Qualità
Prosciutto Crudo di Cuneo: le maggiori garanzie della DOP
Visual
Merchandising
68 Elena Benedetti
70
A pagina 58.
Autorizzazione del Consorzio del Prosciutto di Parma del 21-4-98
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In copertina: salame gentile di Mora romagnola della Macelleria Zivieri (photo © Massimiliano Rella).
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PROTETT
A
•
NOMINAZI DE
Tradizione di grande Nobiltà
E D'ORIG I
NE
ON
•
Un grande aceto che viene dalle tradizioni della nobiltà modenese
L’aceto balsamico ha avuto origine dall’antichissima usanza dei Romani di cuocere il mosto dell’uva, grazie alle caratteristiche delle uve del territorio modenese. Oltre alla produzione dell’Aceto Balsamico di Modena IGP, ottimo per l’uso quotidiano, nelle acetaie delle famiglie più ricche e nobili si è nei secoli sviluppato un processo lentissimo e laborioso che produce un aceto senza eguali, raro e prezioso. Arrivato ai nostri giorni è chiamato “Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP (Denominazione di Origine Protetta); in passato veniva citato nei lasciti testamentari ed era dote prestigiosa per le giovani spose di aristocratiche origini. Era gelosamente conservato nei sottotetto e amorevolmente curato in famiglia, di generazione in generazione. Era considerato una sorta di Panacea dai principi medicamentosi in grado di curare tutti i mali e, nell’occasione, era considerato un regalo degno di “Re e Principi”.
LIA I A G I T R BOTI G ATiOi L utt ati O B B per ti certific r dutto
pro
OR
N I IG
E L A Questa bottiglia da 100 ml
è garanzia di
originalità e qualità per l’ aceto della antica tradizione delle nobili famiglie modenesi.
con incarico di “Tutela” dal Ministero Politiche Agricole e Forestali per DM 16/10/2009, Gazz.Uff. 4/11/09
Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP La tradizione produttiva è certamente antichissima, ma... che l’aceto invecchi è un dire tutto modenese. In realtà chi invecchia è il padrone, mentre l’Aceto Balsamico Tradizionale DOP matura nelle botticelle e sublima a pura essenza attraverso un lunghissimo processo produttivo. Si tratta di un processo “in continuo” che segue la famiglia e unisce le generazioni, e che solo dopo almeno 12 anni di attività, inizia a dare una piccola
aliquota annuale di prodotto finito. Si dovranno poi attendere almeno 25 anni per ottenere la qualità ”Extra Vecchio”. Solo dopo aver superato l’esame degli assaggiatori esperti, il prodotto viene imbottigliato presso il centro di imbottigliamento autorizzato, naturalmente nella famosa bottiglietta da 100 ml detta “di Giugiaro”, il famoso designer che la realizzò nel 1987 perchè fosse il simbolo di questo aceto unico nel mondo.
Consorzio Tutela Aceto Balsamico Tradizionale di Modena Viale Virgilio 55, 41123 Modena tel. 059 208604 fax 059 208606 consorzio.tradizionale@mo.camcom.it www.balsamico.tradizionale.it
Il buono secondo Lara Turismo enogastronomico
Week-end
Fiere
Formaggio
Non di sol Gorgonzola… Tour tra i formaggi erborinati
Lara Abrati
72
Bienvenidos en Extremadura
Massimiliano Rella
78
Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Piacentini
Massimiliano Rella
82
Sulle strade del riso, tra grandi e piccole produzioni
Chiara Papotti
86
In viaggio per mangiare
76
MARCA by BolognaFiere 2024, grande edizione
90
Slow Wine Fair 2024
100
Caseificio Di Pasquo
Veronica Fumarola
104
Il formai del cit
Roberto Villa
106
Fodóm, un formaggio che racconta la montagna
108
A pagina 56.
A pagina 42. A pagina 46.
www.premiatasalumeriaitaliana-online.com 8
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A pagina 118.
A pagina 112.
A pagina 82.
Olio
Le nostre vite per l’olio. I cento anni del Frantoio Salvagno
Gian Omar Bison
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Lo chef dell’olio
Mettici il naso!
Fabrizio Bertucci
116
Vino
Vienna e il suo vino
Riccardo Lagorio
118
Viaggi del vino: la vigna eroica
Massimiliano Rella
122
Gli assaggi di Max Rella
Toscana, Sardegna e Sicilia
Massimiliano Rella
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Tecnologie
Più efficienza e meno spese con l’ERP CSB-System
126
Track Agri: lo strumento perfetto per entrare nel mondo dell’agricoltura 4.0 e dello smart farming. Un’interfaccia semplice e intuitiva per una tracciabilità a portata di tablet
130
Il mondo del gin – Slow Food, Fast Cars – Spirited
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Tre Libri
www.premiatasalumeriaitaliana-online.com 10
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Riconoscere la qualità, realizzarla e portarla sulla tavola di tutti
SUINCOM S.p.a. Strada Comunale del Cristo 12/14 - 41014 Solignano di Castelvetro (Mo) - Italy tel. +39 059 748711 - fax +39 059 532038 - info@suincomgroup.it - www.suincomgroup.it
AGENDA
Firenze La 17a edizione di Taste. In viaggio con le diversità del gusto è alle porte. Tante le novità che attendono buyer e operatori del settore in arrivo alla Fortezza da Basso di Firenze dal 3 al 5 febbraio. Per iniziare, una selezione di circa 640 aziende (di cui oltre 100 al debutto). Anche il percorso espositivo non mancherà di sorprendere: Taste “conquista” il Padiglione delle Ghiaia, un’area centrale e strategica della Fortezza da Basso. La Sala della Voltadiventa invece il palcoscenico di un progetto speciale: “New Egg”, un’inaspettata collezione di pollai domestici, pensati dal duo Vedovamazzei. E ancora, i Taste Ring di Davide Paolini, gli altri Talks e gli eventi di Fuoriditaste che animeranno la città. taste.pittimmagine.com
Milano Da lunedì 12 a domenica 25 febbraio torna FontinaMI 2024, che porta la Fontina DOP dall’alpeggio alle tavole milanesi. Un evento diffuso promosso per il terzo anno consecutivo dal Consorzio per la Tutela della DOP Fontina per far conoscere al grande pubblico il prodotto tipico per eccellenza della Valle d’Aosta, così radicato nel territorio da diventarne il simbolo. 12 locali milanesi, tra ristoranti tradizionali e quelli noti anche per la proposta aperitivo, proporranno in carta uno o più piatti inediti a base di Fontina DOP e offriranno un amuse bouche con assaggio di formaggio in purezza. Un ritorno a Milano per la “Fontina DOP Alpeggio” che segue di pochi mesi il riconoscimento ministeriale di una sua propria menzione ufficiale interna alla DOP, distinta dalla Fontina classica prodotta tutto l’anno e da quella “a lunga stagionatura”. Un riconoscimento, fortemente voluto dal Consorzio, per una tipologia “eroica” prodotta, esclusivamente nei mesi estivi, tra i 1700 e i 2700 m d’altitudine in condizioni non propriamente agevoli. Ciò rende la “Fontina DOP Alpeggio” un formaggio prezioso (rappresenta appena il 17% della produzione totale annua di Fontina) con caratteristiche particolari di dolcezza e aromaticità dovute al libero pascolo, alle erbe e fiori freschi che si trovano solo ad alta quota e all’immediata lavorazione del latte direttamente nelle casere d’alpeggio. fontina-dop.it
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Rimini Tutto il mondo del “fuoricasa” in evidenza alla 9a edizione di Beer&Food Attraction, la manifestazione professionale di Italian Exhibition Group dedicata all’eating-out experience che si terrà alla Fiera di Rimini da domenica 18 a martedì 20 febbraio. L’evento, con un format unico nel suo genere a livello europeo, è divenuto un appuntamento irrinunciabile per i professionisti del settore HO.RE.CA. incentrato sulle tendenze e le proposte del mondo Beverage & Food a tutto tondo: dalle birre artigianali e speciali, dai soft drink agli spirits abbinati al food, con focus specifico sui canali del fast casual dining e del quick service restaurant. Da una ricerca condotta da CIRCANA emerge infatti che il Quick Service Restaurant, che in Italia comprende il mondo dei bar ma anche tutti i locali che non prevedono il servizio al tavolo — dal fast food alle pizzerie al trancio — ha registrato nel 2023 una crescita in termini di presenze del 6,9% rispetto all’anno scorso, che si attesta superiore alla media del mercato. Se da un lato la colazione al bar è indicatore di ritorno ad una maggiore mobilità dei consumatori fuori casa, il pranzo e gli spuntini indicano un consumatore attento che si sposta dal ristorante al servizio veloce. Il 53% dei consumatori continua a mangiare fuori casa ma attiva strategie per far fronte all’aumento dei prezzi. Il livello di esperienza offerto dai locali a servizio veloce è cresciuto negli anni attraverso nuovi format ristorativi e livello del servizio. I consumatori si rivelano attenti all’innovazione e alla ricerca di una experience non replicabile in casa. La ristorazione veloce sarà ampiamente rappresentata tra i padiglioni della Fiera di Rimini: dalle farciture per basi pizza alle salse per hamburger, dalle patatine fritte ai prodotti veg, passando per salumi e carni, ma non solo. Sono attese interessanti novità per quanto riguarda il packaging per il food delivery, i software per ristoranti e pub e i forni per cotture veloci. Tra le aziende food che parteciperanno a B&F Attraction saranno presenti anche MENÙ, ITALIA ALIMENTARI e i piatti pronti d’eccellenza di SURGITAL. Non mancheranno i pani di BARILLA e LANTMANNEN realizzati appositamente per impreziosire gli hamburger. AIA, ALCASS, BALDI, CENTRO CARNI COMPANY e DANISH CROWN saranno le aziende di riferimento per il settore delle carni (fonte: EFA News – European Food Agency). beerandfoodattraction.it
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Bologna Tre giorni dedicati al vino buono, pulito e giusto: la terza edizione di Slow Wine Fair, organizzata da BolognaFiere e SANA, Salone Internazionale del Biologico e del Naturale, con la direzione artistica di Slow Food, torna a Bologna dal 25 al 27 febbraio prossimi. Un vino che non è soltanto buono da bere, ma che porta con sé valori come la tutela della biodiversità, la difesa del paesaggio agricolo e la salvaguardia delle risorse. Un vino che, al tempo stesso, afferma l’importanza che, attorno alle cantine, si diffonda la cultura — e non la moda — del vino. Un vino autentico, riflesso del territorio di riferimento, senza sofisticazioni e compromessi. Al centro della terza edizione di Slow Wine Fair vi è il tema della fertilità del suolo e la sua importanza, dal punto di vista agricolo ma non solo. Sul sito della manifestazione è possibile prenotare le masterclass in programma e registrarsi alle conferenze on-line, accedere alla lista delle cantine selezionate nel catalogo della fiera e candidare il proprio “locale del cuore” per il Premio Carta Vini Terroir e Spirito Slow. Slow Wine Fair 2024 ha il patrocinio del Comune di Bologna ed è realizzata con il supporto di ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Enoteca Regionale dell’Emilia-Romagna, FederBio e Fipe, Confcommercio Ascom Bologna. La fiera gode della collaborazione di Amaroteca e ANADI – Associazione Nazionale Amaro d’Italia, Demeter e Tannico. Main partner dell’evento sono Luigi Bormioli, Reale Mutua e WinterHalter. In kind partner sono Acqua S. Bernardo, Gruppo Saida, Pulltex. Media partner sono Bar.it, Green Retail, Horecanews.it, I Grandi Vini, Italy Export, Luxury Food & Beverage Magazine, Premiata Salumeria Italiana, Radio Wellness, TecnAlimentaria Beverage Industry, tabUi e Terra Nuova. Per un approfondimento del programma si legga l’articolo a pagina 100. slowinefair.slowfood.it
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Il Cammino del Marubino: alla scoperta della tradizione cremonese Avete mai sentito parlare dei marubini? Se passate dalla Lombardia, la tappa d’obbligo è a Cremona, dove vi aspetta un impasto di farina di grano duro e uova, ripieno di carne di manzo marinata con verdure o vino rosso, l’aggiunta di carne di vitello arrostita con burro e profumata con salvia o rosmarino. Al posto del vitello si può usare la carne di maiale spruzzata di vino bianco. Si aggiungono anche Grana Padano DOP e noce moscata. In alcune zone si usa, al posto della carne di vitello o maiale, il “pistum” (impasto di salame cremonese). Ogni marubino è di per sé un viaggio, un’immersione nei sapori di un territorio racchiusi in uno scrigno di pasta. Per rendere questo percorso una vera e propria esperienza, è in partenza Il Cammino del Marubino, un itinerario alla scoperta del piatto tipico di Cremona. Liberamente ispirato al celeberrimo Cammino di Santiago, l’iniziativa, in partenza da metà gennaio e che durerà fino al 25 di febbraio, coinvolgerà 24 ristoranti ubicati nella provincia di Cremona. Chiunque vorrà prenderne parte, potrà gratuitamente presso l’info-point in Piazza del Comune a Cremona e nei ristoranti stessi l’apposito Passaporto del Marubino, col quale potrà intraprendere il suo pellegrinaggio. Ogni pellegrino potrà recarsi presso i ristoranti coinvolti e consumare un piatto di marubini, dopodiché presenterà alla cassa il proprio passaporto, che verrà così validato con il timbro del locale, a testimoniare il suo passaggio per quella tappa del percorso. L’obiettivo è collezionare quanti più timbri possibili, andando così a scoprire le tante ricette e versioni dei marubini proposti nei vari ristoranti cremonesi. Il BonTà L’iniziativa si inserisce all’interno degli eventi in programma in occasione della fiera enogastronomica Il BonTà (CremonaFiere, 24-26 febbraio), durante la quale si terrà la cerimonia della consegna delle compostele, le iconiche pergamene ricevute da chi conclude il cammino giungendo a Santiago, a tutti coloro che abbiano collezionato almeno dieci dei timbri presenti sul passaporto. Il marubino La realizzazione del marubino è abbastanza laboriosa: si inizia con la preparazione della carne per il ripieno. La carne di manzo, prima di essere brasata o stufata, deve marinare per 10 ore circa con le verdure, mentre la carne di vitello deve arrostire in padella con burro e olio e profumata con salvia e rosmarino. La carne di maiale invece deve cuocere in un tegame con una spruzzata di vino bianco. Dopodiché tutte le carni devono essere macinate. La pasta invece si ricava lavorando per circa 15 minuti farina di grano duro e grano tenero, uova e olio di oliva. I marubini possono essere serviti asciutti o cotti nei “tre brodi” tradizionali, ottenuti mettendo in acqua fredda pollo (cappone o gallina), manzo, carne di maiale o salame da pentola e verdure. I marubini, o marubéen (probabilmente da marù = castagna, per via della forma e delle dimensioni, simili a quelle dei marroni) in genere vengono preparati per essere portati a tavola durante le festività natalizie o durante banchetti speciali. La tradizione narra che, nel lontano 1414, il Signore di Cremona, Cabrino Fondulo, invitò a Cremona il Papa e l’imperatore Sigismondo di Lussemburgo, con l’intento di scaraventarli giù dal Torrazzo. Durante uno sfarzoso e cinico banchetto in loro onore, fece servire no straordinario piatto in brodo, i Marubini di Mubone. Caso volle che quei marubini furono oggetto di grandi complimenti da parte dei due ospiti ignari del loro futuro. Il ringraziamento spassionato per quel piatto fece quindi cambiare idea al despota, che rinunciò ai suoi intenti. Nel 2003 alcuni membri dell’Accademia della Cucina Italiana hanno definito con atto notarile la nascita della ricetta intorno al 1500. >> Link: www.ilbonta.it/il-cammino-del-marubino-cremonese
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Un laboratorio del Gusto nel cuore di Venezia: ENOLOGISMI È un nuovo spazio dove il gusto si intreccia con la musica, l’arte, la storia e la fotografia per avvicinare appassionati, curiosi e cultori dell’enogastronomia. È ENOLOGISMI, progetto fortemente voluto da Laura Riolfatto, visual artist, sommelier e wine & food stylist, inaugurato il 20 gennaio a San Pietro di Castello, un angolo di Venezia che ha mantenuto la propria autenticità sottraendosi al turismo di massa. Uno spazio restituito alla città grazie ad un sapiente recupero di Francesco Cucchini e fa parte dei Docks Cantieri Cucchini, squeri e cantieri nautici costruiti a cavallo tra il XIX e il XX secolo, divenuti oggi splendidi spazi espositivi. Fino al 30 marzo 2024 sono molti gli appuntamenti in programma, dalle mostre ai corsi di fotografia, dalle degustazioni letterarie o musicali agli incontri alla scoperta della cultura della tavola per arrivare alla cucina vegetariana e vegana. «ENOLOGISMI ha la finalità di far conoscere, tramite la degustazione, l’assaggio, il racconto e la fotografia, alcune tra le eccellenze enogastronomiche italiane, attraversando l’identità dei territori vocati, tramite le aziende e le persone che ogni giorno si dedicano alla nostra agricoltura per renderla sempre migliore» ha sottolineato Laura Riolfatto. Venerdì 23 febbraio, ad esempio, ci sarà la presentazione del libro di Laura Donadoni dal titolo “INTREPIDE, storie di donne, vino e libertà” e il 2 marzo si terrà l’incontro “Visionarie memorie – La Storia del vino a Venezia, riti e luoghi di incontro, attraverso il racconto della più significativa pianta viaggiatrice del Mediterraneo, la vite” con degustazione guidata abbinata a finger food. >> Link: laurariolfatto.com — Instagram: _docks_cantieri_cucchini
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IMMAGINI
Il Caseificio Di Pasquo di Agnone, nell’Alto Molise, vanta la produzione circa 30 tipi di formaggi a pasta filata di alta qualità: freschissimi, freschi e stagionati. Fiore all’occhiello della produzione il caciocavallo, formaggio a pasta filata simbolo della regione, marchiato a fuoco a uno a uno. L’articolo dedicato a questa azienda e a tutte le sue bontà con la firma di Veronica Fumarola lo trovate a pagina 104.
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FOTOGRAFATI E MANGIATI
Peperone dolce,
PASSIONE LUCANA!
Prodotto d’eccellenza della tradizione lucana, il peperone dolce a tronchetto è l’ingrediente magico per tanti piatti, sughi in particolare, ed è perfetto anche come snack. Essiccato naturalmente, dopo essere stato ripulito dai semi, si procede ad infornarlo per pochi minuti al fine di togliere l’acqua in eccesso. Noi abbiamo scelto i peperoni dolci a tronchetto di Agripeppers Soc. Coop. Agricola di Banzi (PZ). facebook.com/agripeppers
Un Signor Salame È quello de La Futura Salumi Srl dei F.lli Ceruti di Salvirola, in provincia di Cremona. “La nostra azienda nasce nel 1951 da un piccolo laboratorio artigiano. Dalla forza di volontà del nonno, continuata con perseveranza e passione dal papà presente ancora oggi in azienda, per tramandare il suo bagaglio di esperienza ai figli che da anni lo affiancano e che nel 2008 hanno costruito, sempre in Salvirola, un nuovo laboratorio con tecnologie all’avanguardia per ottenere un prodotto buono, sicuro e genuino, mantenendo le abitudini e i sapori di una volta, con materie prime di altissima qualità, provenienti da suini allevati e macellati in Italia”. W i piccoli salumifici a conduzione famigliare! lafuturasalumi.it
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SALSICCIA TIPICA
SANGIORGESE Assaggiata e molto apprezzata quella del calabrese Salumificio artigianale Ioppolo di San Giorgio Morgeto (RC), guidato da Enzo Ioppolo. Solo materie prime eccellenti e una lavorazione quasi sartoriale sono le caratteristiche che contraddistinguono i prodotti di questa famiglia, come appunto la Tipica Sangiorgese, tra i migliori esempi di salami da quinto quarto (come attesta la vittoria in questa categoria al Campionato italiano del salame 2023). Le carni (tra cui cuore, guanciale e lingua del suino) sono insaporite con sale di Cervia e peperoncino calabrese, per poi essere insaccate in budello naturale e lasciate stagionare naturalmente. Ne riparleremo presto! macelleriaioppolo@libero.it
Il Formaggio DELLE FOSSE BRANDINELLI Una bella e buona scoperta: i prodotti del Caseificio Fosse Brandinelli, un’azienda romagnola con sede a Sogliano al Rubicone (FC), specializzata nella stagionatura di formaggi nelle antiche fosse di arenaria di epoca malatestiana (1400-1500). “La stagionatura anaerobica dentro le antiche fosse di arenaria con particolari condizioni di temperatura ed umidità creano l’ambiente ideale per la trasformazione del formaggio in Formaggio delle Fosse Brandinelli. Sapore e fragranza incomparabili, più o meno accentuate, ma sempre presenti per i diversi tipi di latte usati: pecorino, vaccino, misto dei due latti o caprino”. Da provare! fossebrandinelli.it
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LA COPERTINA ESPLOSA QUESTA COPERTINA LA DEDICHIAMO CON TUTTO IL NOSTRO AFFETTO A FABRIZIO ZIVIERI, FRATELLO DI ALDO, ELENA E STEFANO ZIVIERI, MANCATO LO SCORSO DICEMBRE
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Per la foto di copertina abbiamo utilizzato izzato un pezzetto di Lingue di Suocera® classiche assiche di Mario Fongo. Uniche e originali, sono prodotte da questa azienda astigiana a solo con farina, acqua, sale, lievito e olio o extra vergine di oliva 100% italiano non filtrato. filtrato. Buonissime coi salumi, formaggi cremosi mosi e anche da sole, per uno snack goloso. so. mariofongo.com
Il fieno, nutrimento per gli animali e prodotto della terra di Fattoria Zivieri tra colline e boschi alle Lagune, in provincia di Sasso Marconi, Bologna. Camere per pernottamento, cucina, fattoria, allevamenti, spaccio e benessere. fattoriazivieri.it
Per la copertina del primo numero del 2024 della nostra rivista abbiamo scelto il Salame gentile di Mora romagnola di Macelleria Zivieri. La carne suina che gli Zivieri lavorano proviene principalmente da suini di razza Mora romagnola provenienti dai loro allevamenti sull’Appennino bolognese a carattere semi-brado. “Nutriti solo con alimenti naturali e lasciati crescere nel pieno rispetto del loro normale ritmo di ingrassamento, questi suini riescono a regalare carni che presentano una particolare ricchezza di grasso di marezzatura — caratteristica che conferisce alla carne una certa sapidità — e di acidi grassi insaturi, come gli Omega-3 e Omega-6. Data l’eccellenza della materia prima, nella lavorazione e produzione dei salumi vengono addizionati alla carne suina soltanto sale, pepe e spezie”. Il risultato è straordinario. Racconta di dedizione, passione, visione e del fare salumi mantenendo uno stretto e sincero legame col territorio. macelleriazivieri.it
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SUGGESTIONI DAL MONDO
Siamo in Sudafrica, a Cape Town, al The Foodbarn Café & Tapas and Deli Shop. In foto, il dettaglio di un tavolino in legno posizionato nel locale arricchito da fiori e verde di stagione e da una selezione di prodotti tra cui libri in tema food. Un modo per attirare l’attenzione della clientela su una varietà di oggetti che possono anche esulare dall’alimentare e dare ulteriore valore all’offerta della bottega. La presenza di pubblicazioni di qualità in vendita, selezionate e spesso di nicchia, è frequente anche negli USA, nei Deli shop di livello medioalto (photo © facebook.com/ thefoodbarndelishop).
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Andiamo fino in California (USA), al Goodboybob Coffee, presso Culver City. In questo caso segnaliamo il Vestaboard, posizionato sul muro sopra al banco, ben in vista. Si tratta di un display (disponibile sia su sfondo nero che bianco) che veicola messaggi, listino prezzi, frasi ispirazionali o notizie ai clienti e visitatori della bottega. Vestaboard si imposta e personalizza velocemente attraverso un’applicazione dello smartphone catturando l’attenzione con un’esperienza di messaggistica condivisa (photo © vestaboard.com).
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TENDENZE AI: l’intelligenza artificiale disegna la Mozzarella di Bufala Campana DOP di domani
Tanta fantasia, soluzioni incredibili, ma anche buoni propositi ricchi di valori: appare così il futuro della Mozzarella di Bufala Campana DOP immaginato dai bambini. Ad aprire le porte ai 13 speciali “esperti” e a provare a realizzare le loro visioni è stata l’azienda di Capua, Caserta, Fattorie Garofalo (www.fattoriegarofalo.it), il più grande allevatore di capi bufalini di razza Mediterranea e primo produttore al mondo di Mozzarella DOP, forte di una filiera completamente integrata e circolare sviluppata lungo sessant’anni di storia.
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Mozzarelle sulla luna e comodissimi materassi per le bufale Il gruppo di 13 bambini, dai 6 agli 11 anni, ha potuto visitare ed esplorare l’azienda, per conoscere tutti i passaggi e il lavoro necessario per realizzare una mozzarella di bufala. Fattorie Garofalo ha permesso a questi bambini di scoprire e osservare il lungo processo produttivo della mozzarella, fase per fase, partendo dall’allevamento delle bufale fino alla vendita al consumatore, passando per l’utilizzo e la produzione di energie rinnovabili. Alla fine del percorso, i bimbi hanno presentato le loro idee per lo sviluppo futuro del settore. Desideri che sottolineano la volontà di condivisione di un prodotto così gustoso: dalla pioggia di latte di bufala direttamente dalle nuvole per poterlo portare a tutti nel mondo fino alla costruzione di un caseificio sulla luna per astronauti ed extraterrestri. Ma non solo, l’attenzione e la sensibilità verso gli animali è stata dimostrata dai suggerimenti per la creazione di stalle “super confortevoli” dotate di materassi e accessori per coccolare i capi bufalini. C’è poi chi ha immaginato il casaro robot, ma, allo stesso tempo, si augura che sempre più persone imparino a “mozzare” perché “fare la cosa più buona del mondo è il lavoro più bello di tutti” o perché “le mozzarelle non devono finire mai”. E così via. Insomma, fantasia e idee chiare da vendere. Per questo Fattorie Garofalo ha deciso di provare a dargli forma e realizzarle, per quanto possibile, grazie all’aiuto dell’intelligenza artificiale. Il risultato è il “Calendario Fattorie Garofalo 2024” che, per ogni mese del nuovo anno, rivelerà una di queste idee con un’immagine esplicativa. Il calendario sarà distribuito nei punti vendita di Fattorie Garofalo e nei suoi travel retail presenti nei principali aeroporti e nelle stazioni italiane. Lo scopo è quello di comunicare la grande passione che, sin da piccoli, nel nostro Paese coltiviamo per la Mozzarella di Bufala Campana DOP e le ispirazioni a cui può dar vita questo prodotto simbolo dell’eccellenza made in Italy (in foto, l’illustrazione di AI relativa al mese di maggio 2024).
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BREVI STORIE DI CIBO LENTO A VELOCITÀ CONTEMPORANEA
Legati da una corda di salsicce di Alessia Morabito (illustrazioni di Alessia Serafini)
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er metà il mio sangue è maremmano. Nei primi 10 anni della mia vita i ricordi della Maremma sono legati ai cortili di qualche parente o a casa di mia nonna, il suo orto dietro al piccolo condominio, il pavimento di graniglia, il suo tinello/cucina con uno di quei cucinotti ricavati verandando un terrazzino anni ‘50. Ricordo il colore del vino di mio nonno, la volpe imbalsamata, la giacca da cacciatore sull’appendiabiti in corridoio, ricordo la festosa bassottina Chicca color del miele. Ricordo il profumo del cinghiale in umido in cottura e l’odore ferroso del fucile da caccia che non ho mai visto. Ricordo il filo da filza coi porcini o le spugnole ad essiccare e due o tre salsicce scure, all’aria ad asciugare. Per una serie di contingenze ho dedicato 10 anni della mia vita a vivere e lavorare in Maremma, dai 30 a 40, anni passati in conflitto continuo tra amore ed odio per questa terra bellissima e maledetta. Già allora, il mondo di bambina che ricordavo non esisteva più da tempo ed io non riuscivo a mettere in fila quello che ero e che volevo. Quello che ad oggi porto con me di quel periodo sono alcune persone ben scelte, quelle senza retrogusto amaro, paesaggi e cibi, ed in quelli i gusti forti mi piacciono eccome. L’olio appena franto. I carciofi di Pian di Rocca. Le salsicce secche di cinghiale. Le salsicce di cinghiale sono un prodotto tipico delle province di Grosseto e Siena, in origine destinate al solo consumo domestico. Il colore è rosso scuro e la consistenza compatta, il profumo è aromatico e penetrante. La carne di cinghiale, miscelata a quella di maiale, viene condita con sale, abbondante pepe e peperoncino. Insaccata in budello naturale, è legata in cornocchi di 5/6 cm, posti poi a stagionare in appositi locali per circa 3/5 settimane. È consuetudine, dopo la loro essiccazione, conservarle anche immerse in olio extravergine per proteggerne l’idratazione, ma non è la regola. Condivido il feticismo delle salsicce di cinghiale col mio amico F. ed è a lui che ne porto di ritorno da ogni discesa in Maremma. Con F., nonostante la differenza d’età, si è instaurata un’amicizia di quelle rare, di quelle fraterne per davvero, non la fratellanza sbandierata e superficiale dei tempi moderni. Non è fatta di mille chiamate e confronti, di mille esperienze condivise, ma di presenza discreta e continua senza manie di controllo o altri egoismi. Amicizia che supporta e profuma di “per sempre”. Ho tantissima ammirazione per F. perché è un cantiere continuo di se stesso, alla ricerca della felicità, facendo scelte impopolari, svantaggiose, faticose, dolorose. E ho tantissima tenerezza. Forse quello che avvicina F. e me è questo tentativo continuo razionalizzare l’irrazionale, di mettere in fila le situazioni che succedono come fosse una collana di salsicce, questo moto di struggimento romantico e malinconia continua, questo retrogusto forte e lungo di alcune esperienze e di alcune scelte che non va via con un bicchiere di vino o una birra. Poi sì, siamo colleghi, e forse anche questo. O forse perché, riprendendo un modo di dire delle mie parti, “bòno più bòno fa migliorino”. Certe persone, quando si riconoscono, semplicemente non si mollano più.
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International Food, Drinks & Food Service Exhibition
A unique Food, Drinks and Gastronomy Experience
Co-located event
BARCELONA 18 - 21 March 2024 Gran Via Venue www.alimentaria.com
MEAT AND ALLIED PRODUCTS
CALENDARIO FIERE
Fiere, eventi, convegni
2024
ITALIA
Porcomondo! Festival suin generis sul mondo del maiale Treviso, Padova, Venezia, Vicenza, Verona, Pordenone 12 gennaio – 16 febbraio Organizzazione: Porcomondo! porcomondo.org Marca by BolognaFiere Bologna, 16-17 gennaio Organizzazione: BolognaFiere Spa marca.bolognafiere.it Taste 17 Il salone di Pitti Immagine rivolto ai professionisti del Food & Beverage Firenze, 3-5 febbraio Organizzazione: Pitti Immagine Srl taste.pittimmagine.com Beer & Food Attraction Birre, bevande, food e tendenze per il settore Out of Home Rimini, 18-20 febbraio Organizzazione: Italian Exhibition Group beerandfoodattraction.it Il BonTà 19º Salone delle eccellenze enogastronomiche dei territori Cremona, 24-26 febbraio Organizzazione: CremonaFiere Spa ilbonta.it
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Vinitaly 56o edizione Salone internazionale dei vini e distillati Verona, 14-17 aprile Organizzazione: VeronaFiere Spa vinitaly.com
Slow Wine Fair Manifestazione internazionale dedicata al vino buono, pulito e giusto Bologna, 25-27 febbraio Organizzazione: Slow Food e BolognaFiere Spa slowinefair.slowfood.it
Sol & Agrifood Salone internazionale dell’agroalimentare di qualità Verona, 14-17 aprile Organizzazione: VeronaFiere Spa vinitaly.com
Formaggio in Villa Rassegna nazionale dei migliori formaggi e Salone della salumeria Cittadella (PD), 5-8 aprile Organizzazione; Guru Comunicazione Srl formaggioinvilla.it
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Champagne ExperienceTM Il più grande evento italiano dedicato allo Champagne Modena, 20-21 ottobre Organizzazione: Società Excellence champagneexperience.it Golosaria Milano Territori, Identità e Futuro Milano, 2-4 novembre Organizzazione: COMUNICA Soc. Benefit Srl www.golosaria.it
Salone del vino Esplora il Piemonte attraverso i suoi vini Torino, 2-4 marzo Organizzazione: Associazione di Promozione Sociale Klug info.salonedelvinotorino.it Identità Milano Milano, 9-11 marzo Organizzazione: Identità Golose Milano identitagolose.it
Terra Madre Salone del Gusto 2024 Torino, 26-30 settembre Organizzazione: Slow Food 2024.terramadresalonedelgusto.com
Cibus Salone internazionale dell’alimentazione Parma, 7-10 maggio Organizzazione: Fiere di Parma Spa cibus.it Sana 36o Salone Internazionale del Biologico e del Naturale Bologna, 5-8 settembre Organizzazione: BolognaFiere Spa sana.it
Merano Wine Festival Il salotto del vino d’Europa Merano, 8-12 novembre Organizzazione: Gourmets International Srl meranowinefestival.com Gustus Salone professionale dell’agroalimentare, enogastronomia e tecnologia Napoli, 17-19 novembre Organizzazione: Progecta Srl gustusnapoli.com
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ESTERO Winter Fancy Food Las Vegas (USA), 21-23 gennaio Organizzazione: Specialty Food Association, Inc. www.specialtyfood.com/shows-events Biofach Norimberga (Germania) 13-16 febbraio Organizzazione: NürnbergMesse – Biofach biofach.de Gulfood Dubai (EAU), 19-23 febbraio Organizzazione: Gulfood gulfood.com
Alimentaria Barcellona (Spagna), 18-21 marzo Organizzazione: Fira de Barcelona alimentaria.com Anuga FoodTec Colonia (Germania), 19-22 marzo Organizzazione: Koelnmesse anugafoodtec.com
Anuga Japan Tokyo (Giappone), 10-12 aprile Organizzazione: Koelnmesse anuga-japan.com
JFEX – Japan Int’l Food Expo Summer Tokyo (Giappone), 19-21 giugno Organizzazione: RX Japan Ltd. jfex.jp/en
Salón Gourmets IFEMA, Madrid (Spagna) 22-25 aprile Organizzazione: GG Grupo Gourmets – Club de Gourmets gourmets.net
Summer Fancy Food Show New York City (USA), 23-25 giugno Organizzazione: Specialty Food Association, Inc. specialtyfood.com
PLMA World Private Label Amsterdam (Paesi Bassi) 28-29 maggio Organizzazione: Private Label Manufacturers Association International Council plmainternational.com SIAL China Shanghai (Cina), 28-30 maggio Organizzazione: Comexposium sial-network.com Thaifex Anuga Asia Bangkok (Tailandia) 28 maggio – 1o giugno Organizzazione: DITP – Koelnmesse thaifex-anuga.com
SÜFFA Stoccarda (Germania), 28-30 settembre Organizzazione: Landesmesse Stuttgart GmbH messe-stuttgart.de/sueffa
SIAL Parigi (Francia), 19-23 ottobre Organizzazione: Comexposium sialparis.com JFEX – Japan Int’l Food Expo Winter Tokyo (Giappone), 27-29 novembre Organizzazione: RX Japan Ltd. jfex.jp/en
Le date e i luoghi delle fiere sono soggetti sempre a variazioni. Si consiglia chi è interessato a partecipare a una fiera ad accertarsi, presso gli organizzatori, del luogo e della data. Si declina pertanto ogni responsabilità per eventuali inesattezze.
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DIETRO AL BANCO
TRE DOMANDE a
Pietro Vincenzi di Gaia Borghi
acelleria, salumeria, gastronomia e bottega specializzata in BBQ, Carnofficina MeatLab nasce a Modena dalla volontà, passione e tenacia di Pietro Vincenzi, di sua moglie Matilde Meglioli e di Valerio Tartari, unendo l’esperienza in macelleria del primo con la formazione della seconda — una laurea triennale in Scienze gastronomiche a Parma e una magistrale alla Cattolica di Milano in Food and Agricultural Management — e l’attività di cuoco del terzo.
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In città mancava un luogo che unisse in un’unica formula la vendita di carne fresca, italiana e di provenienza internazionale, con una “predilezione” per il BBQ — con tanto di attrezzatura professionale ad hoc che occupa un ampio spazio espositivo all’interno del negozio —, un ricco reparto di salumeria, anche questa sia made in Italy che non, e uno altrettanto vario di gastronomia, con una selezione di vini da piccole cantine a conduzione familiare e birre e tante altre specialità. Quello che contraddistingue Carnoffici-
na però è secondo me, ma soprattutto secondo i suoi proprietari, l’importanza data all’educazione del cliente, alla “formazione”, ai corsi per promuovere una corretta conoscenza del “prodotto”, prima di tutto la carne naturalmente, ma in bottega si organizzano anche degustazioni di vino con la presenza in loco dei produttori ad esempio. Non a caso sul loro sito si legge: “La mission di Carnofficina non è la mera vendita di carne ai clienti, ma piuttosto promuovere una cultura alimentare basata sulla qualità, l’autenticità e il rispetto
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per la materia prima e l’animale”. Ed è questo elemento, la “spiegazione” del prodotto, che fa davvero la differenza, perché solo dalla conoscenza può nascere un acquisto ed un consumo consapevole, la comprensione e l’accettazione di un determinato prezzo, persino un miglioramento al momento dell’assaggio. A Pietro, quindi, giovane generazione dietro al banco,con nuove idee e tanto entusiasmo, abbiamo posto le nostre consuete tre domande sul cambiamento e lo sviluppo della “bottega”.
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Quanto è cambiata la tua professione negli ultimi 10 anni? «Come negozio “fisico” e, quindi nell’approccio al cliente, non abbiamo un’esperienza decennale, anzi, siamo davvero giovanissimi. Al di là della singola esperienza lavorativa, però, sono solito confrontarmi moltissimo con i miei colleghi, di Modena e non, e mi sono reso conto che chi ha una macelleria/salumeria “di una volta”, per capirci, fa un lavoro completamente diverso da quello che facciamo oggi io e i miei soci. Si tratta proprio di un
approccio completamente differente, sia per quanto riguarda la selezione delle carni/salumi e degli altri prodotti in vendita sia per quanto concerne il servizio offerto al cliente stesso. In questo senso ti posso confermare che sì, è davvero molto cambiata la nostra professione. Ed è cambiata anche e soprattutto in virtù, almeno dal mio punto di vista, del cambiamento del consumatore: ora i clienti che varcano la porta nel nostro negozio sono informati (avendo modo di farlo oggi molto più facilmente che in passato), curiosi e pretendono,
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non si accontentano della sola qualità di prodotto ma vogliono vivere una sorta di “esperienza” nell’acquisto. E in negozio devono trovare qualcuno che trasmetta loro quella stessa curiosità, passione ed entusiasmo — elementi a mio parere imprescindibili perché ti fanno sentire meno la fatica quotidiana —, uniti a competenza e ricerca. Cambiando il cliente, il nostro cambiamento dietro il banco deve andare di pari passo. Dobbiamo essere noi per primi curiosi, non accontentarci mai di quello che offriamo. Nel nostro negozio nessuno, e a questo punto mi sento di dire quasi “per fortuna”, proviene da una famiglia di macellai o salumieri: abbiamo creato la nostra attività perché noi per primi un giorno abbiamo assaggiato “qualcosa” che ci ha fatto emozionare e ci siamo “innamorati” di questo mondo. Ecco: quella stessa emozione cerchiamo di riportarla tutti i giorni nel confronto e nel rapporto con la clientela. Tornando a parlare dei grandi cambiamenti che hanno interessato la professione, c’è da mettere in evidenza che anche una realtà “piccola” come la nostra oggi deve pensare come un’azienda “grande”: dalla burocrazia all’igiene all’HACCP, dalla gestione dei flussi di cassa alla liquidità. Non è più sufficiente fare bene soltanto il nostro lavoro: io e i miei colleghi meritiamo veramente un plauso per le difficoltà che quotidianamente come imprenditori nel comparto dobbiamo affrontare. Senza parlare dei social, attualmente il mezzo di comunicazione più potente in nostro possesso e per la gestione dei quali, al fine di sfruttarne a pieno le potenzialità, è necessario avere una persona ad hoc. Noi ne abbiamo una internamente, in ufficio, che si occupa solo di quello e, da quest’anno, avremo anche una persona che si occuperà solo di amministrazione e qualità: due figure — quest’ultima e il responsabile della comunicazione — oggi fondamentali, ma che per una realtà della nostra dimensione significa il 25% del personale! Capisci perché aggiungo che nel nostro lavoro servono più che mai anche audacia e coraggio?!».
nel nostro negozio che, ricordiamolo, è piccolino, di nicchia, più costoso e anche “scomodo” a livello della logistica degli acquisti rispetto alla Grande Distribuzione, cerca sempre la qualità di base ma anche cose nuove da assaggiare e da scoprire, l’emozione di un prodotto poco usuale, dietro al quale c’è stata grande selezione e ricerca da parte di chi è appunto dietro al banco. Sono persone in genere piuttosto informate e consapevoli della propria spesa già prima di arrivare: l’asticella della domanda secondo me da questo punto di vista si è alzata parecchio. E in bottega i clienti vogliono sapere se tu confermi o meno quello che hanno letto o sentito raccontare da altri, le loro conoscenze, attinte spesso dal web. Capita che ti facciano persino domande trabocchetto! E questo perché un’altra cosa che cerca il cliente è la massima trasparenza, che per noi è addirittura un mantra! È capitato, specialmente ad inizio attività, che qualcuno dei miei dipendenti abbia dato al cliente un prodotto magari simile a quello richiesto pur di non perdere la vendita, come se ci si dovesse vergognare di non avere quel determinato prodotto. Ma se si lavora con serietà, se si fanno determinate scelte, queste vanno giustificate, spiegate al cliente, che forse la prima volta non capirà ma poi lo farà, e se non lo faranno tutti, lo farà qualcuno di cui però ti sarai guadagnato la fiducia. Qualità, trasparenza, attenzione (anche quando il negozio è pieno, ad esempio, dare ascolto e attenzione a tutti in egual misura, per quanto è possibile, è importantissimo), fiducia, poi alla base naturalmente pulizia, varietà, ecc…, ma questo mi sembra quasi scontato dirlo. Infine, un tema che mi sta molto a cuore è quello della sostenibilità: potendo, credo che si opterà per fare la spesa nella bottega dove è possibile trovare prodotti buoni e anche sostenibili, dove c’è attenzione al packaging, magari biodegradabile, dove si usa meno plastica possibile. Ed ecco perché investiremo sempre di più nella ricerca di un packaging che soddisfi questi requisiti».
Cosa cercano oggi i clienti? «Come ti ho appena accennato, il cliente oggi, almeno quello che entra
Quanto è importante l’esposizione dei prodotti, dentro e fuori dal banco? «L’esposizione è fondamentale! Al
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momento, ad esempio, questo è uno dei nostri punti deboli, ma da quest’anno la persona dedita a divulgazione e social network si occuperà anche di questo aspetto. Come esponiamo un prodotto, come lo confezioniamo, come lo proponiamo al cliente: quello è il nostro impiattamento. Credo infatti che se il cliente vede che c’è una certa attenzione ai dettagli, al cosiddetto “contorno”, possa capire ancora meglio quanta attenzione sia stata messa nella scelta della materia prima, nella preparazione del prodotto, ecc… Per quanto riguarda il banco, invece, deve essere invitante, attraente, colorato, ben organizzato e non necessariamente pieno: non bisogna avere paura di dire quel prodotto è finito ma spiegare che questo è lo scotto da pagare se si vuole una cosa davvero buona! I cartellini poi devono essere chiari, con la lista degli allergeni in evidenza e coi prezzi ben visibili. Pensiamo che quello esposto infatti sia il prezzo giusto perché sappiamo cosa c’è dietro, quanto lavoro c’è da parte nostra e da parte dei produttori che selezioniamo. E questo, appunto, ci teniamo molto a farlo capire a chi entra in bottega, a dare quante più informazioni possibili al cliente sulla nostra ricerca anche degli ingredienti, così come sui metodi di cottura, in particolare sulla cottura a bassa temperatura, su cui puntiamo moltissimo. I prodotti cotti a bassa temperatura e confezionati sottovuoto, da portare a casa e rigenerare in pochi minuti in padella, friggitrice ad aria, ecc…, credo infatti rappresentino il futuro della gastronomia, in quanto sono comodissimi, smart, hanno una lunga shelf-life, mantenendo tutte le proprietà organolettiche dell’alimento fresco e quindi non è necessario congelare nulla. E dallo scetticismo iniziale ti posso confermare che anche la nostra clientela si è convinta facilmente: sono bastati i primi acquisti e i primi assaggi». Gaia Borghi Carnofficina Snc Via Giardini 791 41126 Modena Telefono: 324 7998181 E-mail: info@carnofficina.it Web: carnofficina.it
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Cibi proteici: vendite a +18% (volume) e a +8,4% (valore) su base annuale. Lo rivela una ricerca commissionata dal Consorzio di tutela della Bresaola della Valtellina IGP “Le proteine sono da qualche tempo una tendenza globale e sembrano destinate a diventare ancora più popolari tra i consumatori italiani: sono 7,4 milioni le famiglie che ne fanno il pieno, 85 Italiani su 100”. A riferirlo è un’analisi ad hoc del Consorzio di tutela Bresaola della Valtellina IGP. Secondo lo studio, nell’arco di un anno le vendite di cibi proteici sono cresciute sia in volume (+18%), sia in valore (+8,4%), per introiti pari a 1,2 miliardi di euro. Lo stesso Consorzio riferisce che una porzione di bresaola da 50 grammi assicura una quantità proteica pari a 17 grammi. Per la precisione, il più noto salume della Valtellina di proteine “ne contiene anche di più rispetto ad altri alimenti notoriamente proteici come carni bianche, uova, latticini e altri salumi e che, a parità o maggioranza di proteine, non ha scarti e ha pochi grassi”. «Le proteine animali — afferma Luca Piretta, gastroenterologo e nutrizionista all’università Campus Biomedico di Roma — sono definite di alto valore biologico perché contengono tutti gli amminoacidi essenziali senza dover ricorrere a particolari combinazioni alimentari. La Bresaola della Valtellina IGP contiene anche amminoacidi sazianti come arginina e lisina e garantisce un’alta biodisponibilità unita ad un elevato valore biologico» (fonte: EFA News – European Food Agency).
Il mio ERP. Rende più facile prendere decisioni. Prendere le decisioni giuste – questa è la cosa più importante per ogni azienda Report dettagliati, dati attuali dalla produzione, DQGDPHQWR degli ordini: il CSB-System vi fornisce esattamente questa trasparenza, semplicemente premendo un tasto. Così anche in tempi incerti potrete prendere decisioni certe.
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MEMENTO
Beniamino Faccilongo E LA SUA VISIONE Quella di una campagna rurale, semplice, vera di Riccardo Lagorio
o conobbi oltre vent’anni fa: quella alla Fiera del Levante di Bari era una delle sue prime uscite dall’agro di Lucera, nel Foggiano. Presentava insieme alla moglie MARIA, in rustici vasetti, un pomodoro che aveva contribuito in maniera determinante a recuperare, il Prunill. Quel nome da allora ha coinciso nella mia memoria con l’Agricola Paglione. Mi conquistò subito con la sua semplicità, il suo eloquio diretto, l’avversione alle
spettacolarizzazione intorno a sé: ogni scelta, ciascuna iniziativa, era guidata da estrema schiettezza, complici quel suo sguardo vivace e quei curati baffi da signore d’altri tempi. Ben presto Beniamino si autoimpose scelte difficili: alle blande maglie del biologico, cui aderisce tra i primi in Italia, sposta in alto l’asticella precorrendo i sentimenti odierni sulla integrale sostenibilità ambientale. Pomodori in salsa, gialli o rossi che fossero, sughi pronti all’uso
Photo © gamberorosso.it
L
futili seduzioni che il mondo alimentare si accingeva ad allestire, tra cuochi sciamani e una serqua di modaiole perversioni. Era uomo legato alla terra, Beniamino Faccilongo, di sostanza e di lavoro. Onesto e rigoroso. Negli anni aveva costruito un’azienda agricola modello che si era guadagnata immensa credibilità tra gli addetti del settore. Ovunque Beniamino era accolto per quello che era: una persona equilibrata e avveduta. Rifuggiva ogni tipo di
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insaporiti talvolta dagli aromi intensi dei suoi campi conquistavano assaggio dopo assaggio i più prestigiosi negozi gourmand. Dopo l’approdo nelle migliori pizzerie d’Italia e d’Europa grazie al suo pomodoro profumato di vento e dal sapore di sole, fu la volta di far decollare l’idea di un olio… superverde, per dirla con COLUMELLA. Frantoio e vasche di mantenimento che mantenevano ed esaltavano le varietà e il puntiglioso lavoro di raccolta. Applicando la regola secondo la quale la conoscenza del passato le cose, il mondo e l’avvenire appaiono nella loro essenza più vera, qualche anno più tardi a completare l’idea di paniere genuino arrivò il vino. Non era un vino qualunque. Anche qui sotto la guida di Beniamino si diede nuova vita ad un vino avvolto nell’oblio, la DOC Cacc’e Mmitte di Lucera. Andava fiero di questo straordinario esempio di vino dalle origini contadine, ottenuto applicando le ferree regole del vino naturale. Alla sua uscita gli occhi luccicavano dall’emozione dietro quelle lenti sottili che li incorniciavano. La sua azione aveva peraltro permesso il reclamo della denominazione che correva il rischio di essere depennata dagli elenchi delle DOC per mancanza di produttori. Caporale, Componimento e, soprattutto, Santa Justa, dedicato al Robin Hood lucerino, Nero di Troia in purezza, sono bottiglie ormai iconiche per chi ama i vini secondo natura. Ai collaboratori ispirava e si dichiarava con semplicità, composta energia e pacatezza. A NICOLA, il figlio al quale è affidato il compito di preservare la sua visione del mondo prima ancora che il futuro dell’azienda, impartiva col semplice sguardo esempi di rispetto nei confronti degli uomini e della natura. Beniamino ha avuto nei suoi 66 anni di vita la capacità di interpretare con visionaria follia un’agricoltura troppo spesso compressa tra gli interessi dell’industria e dai vacui luccichii della pubblicità. Ha trasformato la campagna, l’idea di campagna, in rurale e fiero orgoglio contadino, conferendo adeguato valore a questa essenziale attività. Anche per questo a certi uomini non dovrebbe mai essere permesso di morire. Riccardo Lagorio
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Se non la chiami per nome, avrai solo una mortadella. QUALITÀ E TRADIZIONE PALMIERI Mortadella Favola è la prima mortadella al mondo insaccata e cotta nella cotenna naturale, un vestito unico cucito su misura nella nostra Sartoria. Favola è inimitabile grazie alla sua esclusiva ricetta: l’unione di pregiati tagli magri del suino italiano con il guanciale tagliato a dadini, il grasso più nobile e profumato del maiale. Gli aromi, tutti rigorosamente naturali e una piccola nota di miele d’acacia, la rendono particolarmente delicata e digeribile. Favola è inconfondibile per la sua forma e il marchio a fuoco impresso sulla cotenna ne garantisce l’originalità. Senza: glutine, lattosio, glutammato e polifosfati aggiunti.
È un’idea
o: t a c i l e d o Gust ia c a c a ’ d e l e con mi rvia e C i d e l a es
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IL FOOD IN RETE
SOCIAL di Elena
1. Winelivery, l’app del bere Winelivery è il primo servizio italiano di consegna di vino, alcolici, ghiaccio e soft drink a domicilio, in 30 minuti e alla temperatura ideale. “Il nostro scopo è quello di offrirti un’esperienza superiore, associando al servizio rapido e puntuale un team di esperti per la selezione delle etichette migliori e gestendo in proprio assortimento e consegne, per una cura del servizio a 360°. Da provare su winelivery.com (photo © winelivery.com).
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2. Sala, sul lago di Como Negozio storico di Dervio sul lago di Como, la macelleriasalumeria e alimentari Sala è una meraviglia di prodotti e sapori. Da 40 anni selezionano e consigliano tagli di carne e prodotti locali di qualità, tra cui salumi, salse, sughi, formaggi e prodotti da forno. Da seguire religiosamente su instagram. com/alimentarisala.
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FOOD Benedetti
3. Giacomo Gastronomia Conoscete Giacomo Gastronomia? “È un locale d’altri tempi, che ricorda le vecchie botteghe di quartiere, dove acquistare una curata selezione di prodotti di qualità, da piccoli produttori artigianali” nel cuore di Milano. Ma non è solo quello. GIACOMO MILANO (giacomomilano.com) è una serie di botteghe della tradizione-bistrot-ristoranti, tutte accomunate da uno stile distintivo, tracciato dall’architetto RENZO MONGIARDINO (photo © facebook.com/ristorantigiacomomilano/photos_by).
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4. Dispensa, progetto fluido Dispensa è un luogo sia fisico (a Torino e a Verbania) che virtuale (dispensa.com) dove la curiosità è la porta di accesso per scoprire nuovi sapori. È il risultato di un percorso di ricerca, di un viaggio nel mondo che esplora attraverso i sensi tutto l’universo del gusto. È il punto di contatto tra luoghi e storie che percorrono Paesi e continenti, dove la diversità diventa unione e, in quanto tale, un valore da custodire.
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AZIENDE
FRANCESCHINI,
70 ANNI DI TRADIZIONE PASSANO GLI ANNI, LA QUALITÀ RESTA di Laura Franchini
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iamo ancora una volta in visita all’azienda Franceschini Gino di Spilamberto (MO). Ancora una volta perché per la sottoscritta è un ritorno, dopo diversi anni. Ritorno graditissimo e a tratti commovente. Ebbi infatti l’onore e la fortuna di conoscere il signor Gino in persona, ne uscii entusiasta e sbalordita, di fronte a tanta diligenza e cura. Ora, seduto alla medesima scrivania, erede di responsabilità e passione, c’è Vincenzo Franceschini, il figlio. Assieme
alla sorella Adele, che gestisce promozioni e azioni commerciali, porta avanti l’importante eredità aziendale. Degli insegnamenti del padre e della sua carismatica figura è piena la stanza. Accanto a sé Vincenzo ha voluto MANUEL MATTEI e ARBEN SULA, collaboratori storici della Franceschini Gino. Rispettivamente Responsabile qualità, spedizioni e gestione ordini e Responsabile produzione e lavorazione, Manuel e Arben sono cresciuti in azienda guidati da Gino. «Mio padre
sottolineava sempre l’importanza dei nostri collaboratori» spiega Vincenzo. «Mi ricordava che la riuscita di un’azienda passa attraverso il lavoro e l’impegno dei dipendenti, per questo vanno valorizzati». Mattei e Sula sono infatti due figure fondamentali, ben consci delle responsabilità nelle loro mani, gestita con i diktat di Gino, ora come allora, a partire dalle materie prime. È infatti dalla carne, sottoposta a rigidissimi controlli di qualità, che la rinomata qualità dei prodotti Franceschini ha origine. «Solo
Vincenzo Franceschini, al centro, con Manuel Mattei e Arben Sula.
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da materie prime eccellenti si possono ottenere prodotti d’eccellenza», sottolinea Vincenzo, che però aggiunge «anche se è sempre possibile rovinare tutto, se non si segue la ricetta dell’esperienza e della tradizione». E la tradizione, da Franceschini, è restare fedeli a sé stessi e alla linea qualitativa che contraddistingue l’azienda: solo budelli naturali, scelta della carne maniacale, lavorazioni attente a non stressare la materia prima, lunghe stagionature in ambienti controllati, conciature e speziature scelte e macinate al momento in azienda. I prodotti Franceschini sono e saranno sempre fedeli alla loro storia, alla storia dell’azienda. Anche per questo motivo, per una scelta aziendale legata a doppio filo alla tradizione, nonché per onorare la figura dell’indimenticato e indimenticabile Gino, alcuni prodotti particolarmente rappresentativi si sono potuti fregiare del suo nome. Così lo Zampone diventa lo Zampone di Gino, così come il cotechino, che ora è il Cotechino di Gino. La ricetta è sempre la stessa, la mano anche. E non potrebbe che essere così, per quelli che sono certamente i prodotti più rappresentativi dell’azienda. Nella stessa gamma troviamo il Guancialino fresco, conosciuto anche con il nome di Sassolino, insaccato nella cotenna della gola, la Bondiola, insaccata nella vescica di pecora, il Cappello del prete. Leccornie particolarmente gradite nel periodo natalizio, ma che riscuotono grande successo tutto l’anno. Accanto ai salumi cotti non possiamo non citare i salami Franceschini. Il salame Antica Ricetta rappresenta il portabandiera di questa gamma produttiva, baluardo della tradizione aziendale, tallonato da un prodotto relativamente nuovo, che riscuote altrettanto successo: è il Salame Modena & Modena, pensato e voluto da Vincenzo. L’idea gli venne con la nascita del figlio Cesare, quasi 18 anni fa. Avrebbe voluto creare un prodotto estremamente digeribile e il più leggero possibile, adatto alle persone più sensibili, ai giovanissimi e ai non più giovani. Nacque così il Modena & Modena, dalla concia leggera, con pochissimo sale, stagionato in camere statiche per
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Lo Zampone di Gino prodotto dalla Franceschini di Spilamberto. due mesi. Il risultato è straordinario, leggero e di gusto, ben presto sale la classifica dei prodotti più venduti, Made in Franceschini. Non mancano altre tipologie di salami e di salumi, una menzione speciale va ai ciccioli, proposti sia frolli che freschi, nelle versioni “Montanari” e “Campagnoli”, che si differenziano per forma e soprattutto per durata della cottura: il cicciolo montanaro è infatti cotto meno del campagnolo, rimanendo così decisamente più morbido e succulento. Un’azienda il cui successo, come abbiamo visto, affonda nel passato e nella tradizione di famiglia, portata avanti con convinzione dai figli e ora anche dal nipote Cesare. Il presente e il futuro non sono privi di sfide, ma l’ottimismo è ben motivato dalla storia e dai risultati aziendali. La Franceschini Gino ha in serbo infatti alcune importanti impegni, soprattutto in ambito energetico, per alleggerire i costi, nell’ottica del green e della sostenibilità. Accanto a questi importanti
progetti l’azienda rimane particolarmente attiva nel sociale attraverso diverse attività, che vanno dall’aiuto a Padre Pini per la costruzione di un ospedale in Sierra Leone, alla fondazione del famoso Sci club dei Castelli, avvenuta cinquant’anni fa da una lungimirante visione di Gino Franceschini. Il passaggio generazionale è per tutte le società un momento delicato, in cui si deve essere capaci di raccogliere l’eredità imprenditoriale quanto quella umana di chi ci ha preceduto, traghettando l’azienda nel futuro. In questa realtà, grazie ad una profondità di valori unica, questo passaggio è avvenuto con grazia e riconoscenza e i sapori dei prodotti restano immutati e indimenticabili. Come Gino Franceschini comanda. Laura Franchini Salumificio Franceschini Gino & C. Via dei Marmorari 38 41057 Spilamberto (MO) Telefono: 059 784037 Web: franceschinigino.it
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Salumificio GIORDANO di Massimiliano Rella
Carpaneto Piacentino, nel cuore della Val Chero, valle attraversata dall’omonimo torrente, il microclima appenninico e la tradizione storica del territorio sono ottimi ingredienti di salumi tipici e di eccellenze come la Coppa piacentina,
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il Salame piacentino, il Fiocco, il Lombo e il Salamino, tante bontà norcine che andiamo a conoscere in un’azienda locale: il Salumificio Giordano. Questa è una realtà imprenditoriale che “macina” all’anno circa 145.000 coppe, 35.000 pancette, 80.000 salami, presente sul
mercato anche con 3 DOP (denominazioni di origine protetta) e cioè: Coppa, Pancetta e Salame piacentini. A guidarla è il produttore Giuseppe Michelazzi, seconda generazione di un’impresa a conduzione familiare nata nel ‘77 per iniziativa del papà GIORDANO e della
Il Salame piacentino DOP del Salumificio Giordano di Carpaneto Piacentino (PC) in stagionatura.
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La Coppa piacentina DOP Giordano.
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Il produttore Giuseppe Michelazzi, oggi alla guida del salumificio omonimo di Carpaneto Piacentino e seconda generazione della famiglia in azienda. Giordano Michelazzi fonda l’azienda nel 1977 con l’aiuto ed il sostegno della moglie Angela.
madre ANGELA. Nativo di Polesine Parmense il signor Giordano, che imparò l’arte a sua volta dal padre ADELINDO, norcino della Bassa da tre generazioni, scelse per la sua attività il territorio di Carpaneto Piacentino, alle pendici delle colline, un contesto microclimatico e di know how, esperienze e conoscenze tecniche ideali per fare salumi tipici e di qualità. A valle della produzione aziendale c’è innanzitutto un’attenta selezione delle materie prime, esclusivamente italiane delle regioni Emilia-Romagna e Lombardia per i prodotti DOP; carni di suini pesanti Large White e Duroc allevati e cresciuti con alimenti naturali, principalmente mais, frumento e orzo, che una volta macellate sono sottoposte ad un accurato dosaggio di sale e spezie e a salagione rigorosamente a secco, massaggiandole a mano come si è sempre fatto. I prodotti, che siano da pezzi interi, come coppa, pancetta, fiocco, culatello o lombo, che dai macinati, come i salami, sviluppano aromi e sentori di personalità grazie ad un processo di maturazione e affinamento caratte-
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rizzato da una lenta stagionatura in cantine interrate. La Coppa piacentina DOP, ad esempio, è un insaccato senza lattosio né glutine ottenuto dal muscolo cervicale del suino, tagliato alla terza-quarta costola, un taglio a fresco di oltre 2,5 kg (ca. 1,8 kg dopo i — minimo — 180 giorni di stagionatura), che viene massaggiato con sale, destrosio e spezie e avvolto in pelle naturale di suino, legato, asciugato e stagionato. Di forma cilindrica, si presenta con carne rosso vivo, compatta e omogenea, attraversata da nervature di grasso bianco-rosato. Al naso ha l’odore caratteristico della carne suina stagionata in ambiente naturale, al palato è dolce e delicato, di consistenza morbida ma non elastica. La Pancetta piacentina è un’altra delle tre DOP di territorio prodotte dal Salumificio Giordano: un bel pezzo di 4 kg di peso a fine stagionatura (minimo 120 giorni) ottenuto dalla parte centrale del grasso di copertura della mezzena di suino (dal retrosternale alla parte inguinale, comprendendo la sola sezione laterale delle mammelle). Senza glutine né lattosio è un prodotto
massaggiato e aromatizzato con sale, destrosio e spezie; anche questo come gli altri libero da OGM. Di forma cilindrica, ha carni della parte magra di un bel colore rosso vivo e le parti grasse bianco-rosate. Al palato è delicato e dolce, morbido e fondente. Infine la terza DOP, il Salame piacentino. Ottenuto da tagli magri di suino trito mescolati a gola o pancetta per la parte grassa, con sale, zuccheri (destrosio e saccarosio), infuso d’aglio in vino rosso e un mix di spezie, stagionato minimo 45 giorni; è un altro salume privo di glutine, derivati dal latte, allergeni e OGM. Di forma cilindrica, la fetta al taglio si presenta compatta e omogenea, di colore rosso rubino con lenticelle di grasso bianco. Dolce e delicato, ha sottili sentori speziati. I prodotti sono conservati con nitrato di potassio e nitrito di sodio e il Salumificio Giordano è uno dei soci della Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Piacentini; un’azienda aperta a visite e degustazioni. Massimiliano Rella >> Link: www.salumigiordano.com
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Favola Palmieri nella Top Italian Food del Gambero Rosso Salumificio Palmieri, storica realtà di San Prospero (MO), tra le più rilevanti nel panorama dei salumi italiani, è stata inserita nella Top Italian Food 2024 di Gambero Rosso, la pubblicazione dedicata ai migliori prodotti delle eccellenze agroalimentari italiane. Ben due i prodotti dell’azienda che hanno ottenuto il riconoscimento: Mortadella Favola l’Originale (in foto) e lo Zampone Corte dei Pico. Gli esperti di Gambero Rosso hanno scelto le referenze dopo approfondita degustazione, decretandone l’indiscussa alta qualità. Giunta alla sua 8a edizione, Top Italian Food raccoglie oltre 2.000 prodotti di eccellenza del made in Italy e consente alle aziende di distinguersi sui mercati nazionali e internazionali. Tradotta in inglese e cinese, la guida gode di ampia diffusione sui mercati internazionali, mette in risalto le aziende presso gli operatori di settore e i consumatori target di Gambero Rosso: un pubblico gourmet, interessato tanto alle tendenze quanto al territorio e alla tradizione. «È per noi motivo di orgoglio ricevere questo riconoscimento da Gambero Rosso, un universo che evoca immediatamente i valori di alta qualità e made in Italy con un importante respiro internazionale» commenta Margherita Palmieri, marketing manager e rappresentante della quarta generazione della famiglia Palmieri. Mortadella Favola e Zampone Corte dei Pico racchiudono in pieno la tradizione artigianale di Salumificio Palmieri, un’azienda che produce prodotti premium, ricercati sul piano enogastronomico e provenienti da sole carni italiane, realizzati ancora oggi con metodo artigianale. Mortadella Favola, prima al mondo insaccata nella cotenna, dal gusto morbido e delicato e ricca di tagli nobili di suini, è un brevetto Palmieri. Un’armonia unica di sapori, arricchita da miele di acacia e aromi naturali. La citazione nella guida permette all’azienda di utilizzare per 12 mesi il bollino di qualità Top Italian Food 2024 sul packaging del prodotto premiato e nelle attività di comunicazione e promozione correlate. • La selezione è disponibile nelle sezioni dedicate di gamberorosso.it e gamberorossointernational.com
GASTRONOMIA
CORTINA
Un motivo in più per una gita nel cuore delle Dolomiti Ampezzane di Elena Benedetti
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Ubicata proprio nel centro di Cortina, e inaugurata lo scorso dicembre, Gastronomia Cortina offre a gli abitanti della cittadina e ai tantissimi turisti che la frequentano nelle varie stagioni dell’anno una vasta selezione di piatti tradizionali preparati con ingredienti freschi e di alta qualità, dalla pasta fatta in casa ai casunziei o canederli.
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la regina indiscussa delle Dolomiti: ad oltre 1.200 metri di altezza, si colloca tra alcune delle più belle cime, tra Croda da Lago, Nuvolau, Tofane, Faloria, Sorapiss, solo per citarne alcune. È da sempre una meta esclusiva, punto di partenza per escursioni immerse in paesaggi mozzafiato, scelta sia da chi cerca una pausa di relax o di sport che da un pubblico più mondano. Siamo a Cortina d’Ampezzo, un comune di quasi 6.000 abitanti, fortunati — anzi, a parer nostro fortunatissimi — cittadini che vivono la quotidianità in una località incastonata tra le dolomiti ampezzane. Qui, lo scorso 20 dicembre, nel centro del paese, ha aperto i battenti Gastronomia Cortina, il nuovo progetto innovativo di un gruppo di soci che già gestisce il Ristorante del Rifugio Ospitale (ristoranteospitale.com), locale storico di grande valore per il territorio.
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Abbiamo scambiato qualche parola su questa nuova avventura imprenditoriale con Claudia Alverà, socia attiva di Gastronomia Cortina. «Volevamo offrire un servizio a Cortina e ai suoi abitanti, prima ancora che ai tantissimi turisti e visitatori che giungono qui a trascorrere vacanze, week-end e brevi periodi di villeggiatura sul nostro territorio» mi dice Claudia. «C’era un vuoto nell’offerta e l’abbiamo colmato sviluppando un locale che offre un’ampia gamma di prodotti selezionati tra salumi, formaggi, prodotti da forno, vino e, soprattutto, piatti pronti della tradizionale cucina ampezzana. Tra lasagne, gnocchi, canederli… e un’ampia varietà di secondi a base di carne e di verdure di stagione, come ad esempio il gulasch, lo spezzatino di cervo, la salsiccia in umido, e, tra i tanti contorni, la polenta, i funghi, le patate all’ampezzana e il rösti di patate, ce n’è davvero per tutti i gusti».
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Il banco ideale, progettato per far risaltare e rendere prezioso ogni alimento: i professionisti di Criocabin Spa sanno proporre per ogni tipo di gastronomia il prodotto migliore: refrigerazione per salumi e formaggi, riscaldamento per i piatti pronti. Per Gastronomia Cortina, in particolare, Criocabin ha fornito 7 metri lineari di Enixe Ventilato con sistema di controllo da remoto WOW Touch Control. Enixe è un banco refrigerato di nuova generazione che fonde perfettamente design e tecnologia. Versatile nella configurazione di utilizzo, garantisce un’ottima esposizione e la perfetta conservazione degli alimenti.
Ma quali sono gli elementi strategici nell’avviamento di una nuova attività che fanno davvero la differenza? Claudia non ha dubbi: «Servono i giusti partner e noi li abbiamo trovati in Evòo Srl, azienda bellunese specializzata nella realizzazione di progetti del mondo food retail, e in Criocabin Spa, l’azienda padovana leader nel design e nella produzione di banchi refrigerati a servizio assistito e libero servizio». L’obiettivo di Criocabin è forte e chiaro: fornire ai clienti prodotti esclusivi, costruiti su misura e adattati alle loro esigenze, garantendo uno stile moderno, creativo e innovativo nelle funzionalità. Come vi siete trovati con la scelta di Criocabin? «Non bene,
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benissimo!» mi risponde Claudia Alverà. «Al di là dell’elevata funzionalità e stile innovativo dei banchi e della perfetta gestione dei prodotti che sono mantenuti a corretta temperatura, ci siamo trovati bene a lavorare con professionisti organizzati, che ci hanno aiutato a trovare soluzioni e a sviluppare il progetto nel suo complesso in tempi rapidi e in modo coordinato con l’architetto». Forse il segreto di un buon risultato in un nuovo progetto di business è davvero tutto qui: partendo dall’analisi delle esigenze dei clienti serve un team affiatato, idee chiare, i giusti professionisti e le migliori tecnologie. Gastronomia Cortina ne è l’esempio. Elena Benedetti
Gastronomia Cortina Largo delle Poste 27 32043 Cortina d’Ampezzo (BL) E-mail: info@ristoranteospitale.com : gastronomiacortina_
Criocabin Spa Via S. Benedetto 40/A 35037 Praglia di Teolo (PD) Telefono: 049 9909122 E-mail: info@criocabin.com Web: www.criocabin.com
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EVENTI
W IL SUPERZAMPONE DELL’ORDINE DEI MAESTRI SALUMIERI Rappresentanti dell’Ordine e volontari, hanno preparato e cotto per la 34a volta un insaccato gigante, distribuito gratuitamente nella piazza centrale di Castelnuovo Rangone insieme a fagioloni, pane e Lambrusco stato uno zampone da 320 kg il protagonista dello storico appuntamento di inizio dicembre nel centro di Castelnuovo Rangone, in provincia di Modena. Una festa amatissima che anche quest’anno ha fatto il pieno con 3.000 partecipanti. L’evento, giunto alla 34a edizione e organizzato dal Comune di Castelnuovo Rangone e dall’Ordine dei Maestri Salumieri, celebra l’arte salumiera castelnovese. I primi tagli
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sono stati dedicati a chi nel territorio lavora con persone diversamente abili: il Centro Le Querce, Aut Aut e Coperta Corta. «Col Superzampone celebriamo quell’industria agroalimentare che ha reso popolare Castelnuovo nel mondo» ha ricordato il sindaco di Castelnuovo Rangone Massimo Paradisi. «Questo evento ci serve a ricordare da dove siamo venuti, dai piccoli artigiani e commercianti della carne che sono diventati protagonisti del mondo dell’a-
groalimentare grazie alle loro capacità e saper fare. Ci teniamo che rimanga una grande festa popolare, capace di guardare al futuro a partire dalla tradizione» (fonte: Modena Today; in foto a destra, Luisa Falchi Vecchi, presidentessa dell’Ordine dei Maestri Salumieri Modenesi, al taglio del Superzampone 2023, e altri rappresentanti dell’Ordine insieme alle istituzioni). • Per informazioni su questo e i prossimi appuntamenti: zampone.com
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IL COTECHINO E LO ZAMPONE DEL FUTURO Chef Bottura ha decretato il podio del concorso “Gli Chef di domani” organizzato dal Consorzio Zampone e Cotechino Modena IGP. Il primo posto all’Istituto alberghiero “Gianni Brera” di Como
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ran finale in Piazza Roma a Modena lo scorso 16 dicembre per il Concorso “Gli Chef di domani”, in occasione della XXII edizione della festa dello Zampone e del Cotechino Modena IGP organizzata dal Consorzio di tutela. Gli studenti delle 8 scuole alberghiere selezionate dallo chef Massimo Bottura, arrivati in città da tutta Italia, hanno preparato live le loro ricette a base di Zampone e Cotechino Modena IGP, per sottoporle al giudizio insindacabile dello chef. E la giuria — presieduta da Bottura col presidente del Consorzio Zampone e Cotechino Modena IGP Paolo Ferrari — ha decretato le 3 scuole vincitrici. Al primo posto, l’Istituto alberghiero “Gianni Brera” di Como, con la ricetta “Bisogna avere dentro di sé il caos per partorire una rosa che danzi”. Un titolo criptico per quello che di fatto è un dessert, dove il Cotechino Modena IGP si combina con cioccolato bianco, vaniglia, farina di lenticchie, panna e purea di lamponi. Una ricetta che ha subito conquistato lo chef Bottura, tanto da definirne la tecnica eccezionale e conferirle il podio del primo posto. Al secondo posto, un’altra classe dello stesso istituto comasco, con la ricetta “Sapori d’autunno”, un primo
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piatto in cui a convincere Bottura sono state “consistenza” e “stagionalità”. Ad un istituto marchigiano, l’I.I.S. “A. Einstein – A. Nebbia” di Ancona, è andato invece il terzo posto, con la ricetta dell’antipasto “Cotechino da passeggio”, una curiosa rivisitazione di un noto gelato a stecco in chiave salata. Bottura ha poi elogiato zampone e cotechino: «Due prodotti che sono oramai presenti sulle tavole di tutto il mondo. Nel corso di un mio recente tour nella East Coast americana ho parlato più volte del Cotechino Modena IGP, un piatto che rappresenta la mia tradizione e la mia storia». E in diretta nazionale per la BBC, davanti a milioni di telespettatori, alla richiesta di preparare un piatto, nessuna esitazione: «Ho portato una rivisitazione del Mio Cotechino che ha lasciato tutti senza parole». Lo chef stellato ha infine inviato un messaggio ai giovani in gara: «Sono convinto che si debba dare ai ragazzi l’opportunità di potersi esprimere. Abbiamo voluto mantenere questa manifestazione perché qui sentiamo il futuro e se tu continui a far sognare i ragazzi, vuol dire creare per loro un futuro migliore». >> Link: www.modenaigp.it
INTERVISTE
I PRIMI VENT’ANNI DEL CONSORZIO TUTELA ACETO BALSAMICO TRADIZIONALE DI MODENA E del suo presidente Enrico Corsini che, in questa intervista, ci racconta la sua esperienza alla guida di un territorio produttivo che è appartenenza e cultura di Elena Benedetti
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Nella pagina a fianco: l’inconfondibile bottiglietta da 100 ml che si presenta come un’ampolla a forma sferica, in vetro trasparente massiccio e con base rettangolare, il cui stile richiama il matraccio usato dagli assaggiatori. Fu progettata e disegnata nel 1987 dall’allora giovane designer automobilistico Giorgetto Giugiaro. Oggi questo pack che distingue la DOP celebre nel mondo è un vero e proprio marchio distintivo per il prodotto. A destra: Enrico Corsini, presidente, ha rivestito in passato importanti incarichi nel mondo politico e agricolo provinciale; non essendo produttore, costituisce garanzia di imparzialità e disinteressata rappresentanza per tutti i produttori.
un freddo pomeriggio di metà gennaio. Le temperature sono rigide, perfette per quelle botti a riposo riposte nei sottotetti delle acetaie della provincia di Modena che custodiscono un prodotto che il mondo ci invidia. L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP (Consorzio Tutela ABTM) è l’espressione di un territorio, di un saper fare che parte dalla terra — dalle uve di Lambrusco, Trebbiano, Ancellotta, Sauvignon, Sgavetta, Berzemino, Occhio di Gatta, oltre a quelle dei vigneti iscritti alle DOC e comunque tutte prodotte e vendemmiate nella provincia di Modena —, dalla lavorazione del mosto all’invecchiamento in batteria, per minimo 12 anni, in quel mix climatico di freddo invernale, come oggi, e di umido, caldo, caldissimo delle estati modenesi. Incontriamo Enrico Corsini, presidente del Consorzio di Tutela Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, che proprio in questi giorni festeggia 20 anni di attività, nell’ampia sala di imbottigliamento riservata ai produttori (e naturalmente autorizzata dal MASAF). È un presidente anomalo Corsini, con un passato di importanti incarichi nel mondo politico provinciale e agricolo e, non essendo produttore, nemmeno amatoriale, la sua presenza fin dall’inizio dell’incarico nel 2004 ha costituito una garanzia di imparzialità e disinteressata rappresentanza per tutti i produttori.
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Quali sono oggi i numeri dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP? «Attualmente siamo arrivati a quota 100.000 bottiglie, con la stima di raggiungere le 145.000 nel 2024, il che significa produrre 14.500 litri di prodotto. Non c’è dubbio, è un bel salto in avanti per i nostri consorziati» sottolinea con una punta di soddisfazione Corsini. Quali sono gli obiettivi del Consorzio Tutela Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP? «Sono sostanzialmente quattro: dalla promozione dell’immagine del prodotto alla garanzia del rispetto delle antiche tradizioni e dell’osservanza del Disciplinare di produzione, fino al sostegno ai produttori nel mantenimento dei più alti livelli qualitativi. Per il 2024, oltre a garantire la presenza agli appuntamenti fieristici più importanti a livello internazionale, come il Fancy Food Show di New York, vogliamo potenziare la presenza della nostra DOP anche sul territorio italiano. È per esempio significativo l’exploit che ha registrato di recente il nostro Balsamico DOP in Sicilia, grazie ad uno stretto rapporto di collaborazione con chef locali che hanno elaborato piatti a base di pesce con Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP. Un mix che ha ottenuto ampio consenso amplificando la conoscenza del prodotto nel mercato».
Quest’anno avete raggiunto i 20 anni di attività del Consorzio e della sua presidenza, un bel traguardo! «Sì, decisamente. Io sono arrivato in un momento in cui c’era molta conflittualità ma forte di un’esperienza professionale di tipo politico-amministrativa e totalmente slegato al prodotto. Non sono infatti un produttore, non ho un’acetaia, nemmeno per hobby. Questa mia estraneità al prodotto, oltre alla pratica e all’esercizio maturati da assessore provinciale all’agricoltura nella mediazione e gestione delle inevitabili conflittualità che possono emergere tra produttori sul territorio, sono sicuramente stati un punto di forza. E le dirò di più, in 20 anni di Consorzio le delibere sono tutte passate sempre all’unanimità, mai a maggioranza. Segno questo della volontà di trovare sempre un punto di incontro tra i consorziati per portare benessere al settore». Con l’Aceto Balsamico di Modena IGP avete unito le forze. In cosa consiste Terre di Balsamico? «Nel corso del 2023 è stato costituito un vero e proprio Consorzio di secondo grado senza scopo di lucro, con personalità giuridica — e con la possibilità di svolgere attività, nonché assumere iniziative ed impegni autonomi rispetto all’azione dei singoli consorzi — per salvaguardare, diffondere e valorizzare e promuovere in modo coordinato le due produzioni DOP e IGP del comune ter-
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Gli obiettivi del Consorzio Tutela Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP La promozione dell’immagine del prodotto Il Consorzio Tutela Aceto Balsamico Tradizionale di Modena nel 2009 ha ricevuto incarico da MIPAAF (Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali che rappresenta l’Italia in seno all’Unione Europea per le materie di competenza) di tutela e promozione dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena. Se l’Italia con le sue 831 Indicazioni Geografiche è riconosciuta come Paese unico al mondo per “eccellenze”, la DOP Aceto Balsamico Tradizionale di Modena è sicuramente il prodotto testimone di tradizioni che affondano le proprie radici nella notte dei tempi, ma anche di passioni, amore per il territorio, pazienza e saper fare dei Modenesi. Garanzia del rispetto delle antiche tradizioni Denominazione di Origine Protetta (DOP) significa che la filiera produttiva di questo aceto avviene assolutamente all’interno dei territori della Provincia di Modena, dalla raccolta dell’uva all’invecchiamento del prodotto; essa costituisce un patrimonio non solo produttivo ma anche culturale da conoscere ed esplorare. Il Consorzio riunisce la quasi totalità dei produttori che partecipano così, con il proprio impegno quotidiano produttivo e commerciale, alla divulgazione del prodotto e delle sue peculiarità. Garanzia di Osservanza del disciplinare di produzione Il Consorzio da una parte collabora con l’OdC (Organo di Controllo) che certifica tutte le fasi produttive secondo un severo piano approvato da MIPAAF; dall’altra coordina le attività di promozione e vigila sui mercati per prevenire i frequenti casi di imitazioni, dichiarazioni ingannevoli od errate e operare a vantaggio della trasparenza verso il consumatore e a difesa dei produttori che applicano correttamente le norme produttive dettate da Disciplinare. Sostegno ai produttori nel mantenimento dei più alti livelli qualitativi Il Consorzio Tutela ABTM offre per tutti i produttori il servizio di imbottigliamento nel proprio centro, anch’esso autorizzato da MASAF.
ritorio, nonché il consolidamento della reputazione e dell’immagine delle due denominazioni, simbolo dell’agroalimentare modenese ed italiano. Obiettivi generali e strategici del progetto sono la salvaguardia, la diffusione e la valorizzazione delle due produzioni e della loro storia, cultura e tradizione, nonché la valorizzazione del territorio attraverso la creazione e lo sviluppo di una specifica connessione con il tessuto produttivo del “Balsamico”. Un ruolo di primo piano sarà poi riservato alla ricerca scientifica e alla formazione degli operatori, in direzio-
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ne di un costante miglioramento dei processi e dell’organizzazione delle produzioni e rappresenterà un supporto importante per lo sviluppo dei temi della transizione ecologica e della sostenibilità economica ed ambientale». Quali sono gli obiettivi 2024 di Terre di Balsamico? «I progetti sono tanti, dal potenziamento di Acetaie Aperte — l’evento che consente agli interessati di conoscere i segreti dell’aceto balsamico visitando i luoghi di produzione, NdR — nell’ultimo fine settimana di settembre, con novità
e una maggiore presenza sul territorio e nella città di Modena, alla presenza in manifestazioni e fiere di settore, a livello nazionale e internazionale, tra cui Vinitaly a Verona, in collaborazione con l’Enoteca dell’Emilia-Romagna, e a New York, nel palcoscenico fieristico del Fancy Food Show, evento strategico per la promozione commerciale dell’eccellenze agroalimentari nel mercato nordamericano». Buon lavoro! Elena Benedetti >> Link: balsamicotradizionale.it
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Prosciutto di Parma: in vigore il nuovo Piano di Regolazione dell’Offerta Il 2024 si apre per il Prosciutto di Parma con l’entrata in vigore del nuovo Piano di Regolazione dell’Offerta, documento che definisce i volumi produttivi del comparto della DOP per i prossimi tre anni. Approvato dal MASAF lo scorso novembre e divenuto effettivo a partire dal primo gennaio, il Piano individua il livello ideale di offerta di Prosciutto di Parma, calcolandolo in funzione della domanda di prodotto, ed attribuisce a ogni singola azienda una specifica quota produttiva. L’obiettivo è quello di gestire i volumi di produzione e garantire il giusto equilibrio di mercato, evitando eccessi produttivi e assicurando una maggiore stabilità per l’intera filiera, nonché la tutela e valorizzazione della qualità del prodotto e del valore intrinseco della DOP. «Da anni, ormai, siamo testimoni di scenari macroeconomici e geopolitici imprevedibili ed estremamente mutevoli, che mettono costantemente alla prova la tenuta delle realtà produttive» commenta il presidente del Consorzio Alessandro Utini. «Da un lato i nostri produttori devono far fronte da tempo ai rincari senza precedenti e alla scarsa disponibilità della materia prima, condizionata anche da problematiche di sanità animale; dall’altro il consumatore si è trovato a disporre di un potere d’acquisto fortemente penalizzato dalle dinamiche inflattive, che lo ha necessariamente portato a prediligere salumi generici e, in generale, più economici. In questo contesto, gravato da criticità produttive e contrazione dei consumi, il Piano di Regolazione dell’Offerta si conferma uno strumento di particolare importanza e valore strategico, a beneficio sia delle nostre aziende che, in generale, del mercato del Prosciutto di Parma» (fonte: www.prosciuttodiparma.com).
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PRODOTTI TIPICI
SALAM D’LA DUJA: STORIA DI UN SALAME CHE VIVE NELLO STRUTTO di Chiara Papotti
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La panissa vercellese, piatto tipico preparato con gli ingredienti classici della gastronomia locale ovvero riso e fagioli, arricchito dal salam d’la duja. Un piatto molto apprezzato localmente e da quei viaggiatori del gusto, in cerca di coraggiosi accostamenti di sapori.
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n Lomellina, un’area storicageografica territoriale della provincia di Pavia, nella Lombardia occidentale, e nella zona tra Novara, Vercelli e Biella, in Piemonte, si custodisce l’antica arte del Salam d’la Duja, insolito insaccato che ha la particolarità di essere conservato sotto grasso. La parola “duja”, nel dialetto locale, sta ad indicare un vaso, un contenitore, un piccolo orcio. Storicamente, infatti, era usanza conservare i salamini immersi nello strutto (ricavato dalle parti grasse del maiale ed accuratamente aromatizzato) in recipienti di terracotta dall’imboccatura particolarmente ristretta. Oggi è facile ritrovarli conservati nel vetro, ma il procedimento che porta alla produzione di questi morbidi salami è rimasto immutato nel tempo. I tagli del maiale utilizzati sono di prima scelta: spalla, coscia, coppa e culatello, uniti al grasso della pancetta. Le carni vengono dapprima macinate a grana media e ben amalgamate, poi all’impasto si aggiungono sale, pepe e vino rosso (di solito Barbera). Qualcuno aggiunge alla ricetta tipica anche altre
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spezie, come cannella e noce moscata. Il risultato dell’impasto è un po’ più tenero rispetto ai classici salami. Si procede, quindi, all’insaccatura nei budelli naturali torti di manzo e alla legatura a mano di salamini lunghi 15-20 cm, di 4-5 cm di diametro, e del peso di circa 300 grammi. I piccoli insaccati così ottenuti vengono lasciati asciugare per circa 3-4 settimane in celle di stagionatura, ma un tempo si lasciavano riposare nelle cantine in cui venivano accesi dei bracieri per consentire il completo rilascio dei liquidi. Ad asciugatura ultimata i salami vengono inseriti nella duja e coperti con strutto di maiale allo stato fuso, che solidificandosi con l’abbassamento della temperatura li conserverà e li manterrà morbidi per un lungo periodo, anche oltre l’anno, conferendo al prodotto finito un caratteristico sapore dalle note piacevolmente piccanti. Il grasso svolge una funzione isolante e consente al salame di acquisire la sapidità dei salumi stagionati, pur mantenendo una consistenza morbida. Questo curioso metodo di conservazione
sotto strutto si è sviluppato nelle pianure molto umide, laddove la tecnica classica della stagionatura in cantine (mediante essiccazione all’aria in ambiente fresco e ventilato, a temperatura costante) non era possibile per via dell’elevata umidità. Il Salam d’la Duja viene prodotto in inverno, ma per gustarlo come si deve è bene allenare la pazienza ed attendere fino all’autunno successivo, perché la stagionatura minima necessaria per una resa eccellente è di 8-9 mesi. Al momento del consumo va estratto dallo strutto, pulito col coltello, privato della pelle e tagliato a mano a fette piuttosto spesso. Alla vista si presenta con una grana media, in cui si distingue la parte magra di colore rosso mattone da quella grassa di colore perlato. Oltre a crudo, eventualmente accompagnato al purè di patate, questo salame è ingrediente principale di uno dei piatti più conosciuti della cucina piemontese e, in parte, lombarda: la paniscia (in novarese) o panissa (in vercellese). Oltre ad una minima differenza sul nome, i due risotti col Salam
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d’la Duja raccontano di una rivalità storica tra le città di Novara e Vercelli, accomunate dall’arrivo del riso alla fine del XV secolo. La paniscia novarese viene preparata con riso superfino, dai chicchi grandi, come il Razza 77 o l’Arborio. Coi fagioli borlotti, verdure e cotiche di maiale si prepara un gustoso brodo che servirà per la cottura del risotto. In una pentola a parte si fanno soffriggere nel lardo il salame sotto grasso e la mortadella di fegato, tipica della
Valsesia e della zona del Lago d’Orta. A questo punto viene inserito il riso, con un bicchiere di Barbera e quindi l’aggiunta del brodo, mantecando alla fine con un po’ di burro. La preparazione della panissa vercellese, invece, è molto più semplice. Il ricchissimo brodo di carne e verdure sparisce a favore di un semplice brodo di carne con sedano e carota; scompare la mortadella di fegato (più legata alla fascia montana), ma rimane con decisione il Salam d’la Duja. E al posto dei
borlotti ci sono i teneri, grandi e pregiati fagioli di Saluggia. “Alla lombarda” o “alla piemontese” poco importa, il risotto con la Duja è uno dei piatti preferiti da chi abita in queste zone, purché sia cucinato con ingredienti di qualità e prodotti di stagione. Apprezzato tantissimo anche dai viaggiatori all’inseguimento di avventure del gusto, in cerca di coraggiosi accostamenti di sapori, consapevoli però che la tradizione vince sempre. Chiara Papotti
La Gastrosalumeria Lavatelli e le sue specialità d’la Duja La famiglia Lavatelli, oggi alla terza generazione nell’omonima bottega di Sozzago (NO), guida un’azienda che ha fatto della lavorazione artigianale dei salumi e delle specialità contadine del territorio la base, il cuore della propria attività. “Facendo tesoro dei preziosi insegnamenti accumulati in quasi ottant’anni di esperienza e gelosamente tramandati per tre generazioni, siamo orgogliosi di poter riproporre oggi tutti gli antichi sapori e i profumi di un tempo. Era il 1943 quando nonno Mario Lavatelli avviava a Sozzago la prima macelleria del paese, nella bottega che da sempre è la sede della nostra Gastrosalumeria. In quegli anni la macelleria era l’unica attività del negozio, ma il nonno conosceva anche i segreti della norcineria. Come spesso accadeva nella tradizione contadina, si recava di casa in casa dai compaesani che macellavano la carne e li aiutava a lavorarla e ad insaccarla, trasformandola in deliziosi salumi. Si trattava di un mestiere stagionale: il maiale, infatti, si uccideva una volta l’anno durante l’inverno ed è proprio questa la stagione di attività dei norcini” si legge nella presentazione sul loro sito web. “(…) I segreti della norcineria vengono tramandati alla seconda generazione: il figlio Walter Lavatelli imprime una svolta al negozio e si concentra sulla salumeria, che diviene l’attività principale. Il tratto distintivo di Walter è la sua ossessione per la qualità: dedica tutte le sue energie e le sue conoscenze alla ricerca delle materie prime migliori, costruendo saldi rapporti con gli allevatori locali, a garanzia di un’artigianalità riconosciuta e costantemente controllata. Il prodotto di punta è il Salame nostrano, che fin dalle origini fa parte della storia di famiglia, ma anche il Salam d’la Duja: le speciali materie prime utilizzate li rendono unici e soprattutto buonissimi”. Eccolo quindi il Salam d’la Duja, prodotto con carni di suino a cui vengono aggiunti solo sale, pepe, aglio, vino. Dopo una breve asciugatura, viene conservato interamente nello strutto di maiale. Accanto a questa specialità, i Lavatelli producono anche la Fidighina d’la duja, un insaccato a base di fegato di maiale tipico della tradizione novarese e vercellese. Dopo una stagionatura di circa due settimane, viene conservata sotto strutto di maiale per mantenere invariati nel tempo il suo sapore e la sua morbidezza. Si consiglia l’abbinamento di questo salume con un Verduno Pelaverga DOC, tipico vitigno piemontese coltivato sulle colline di Verduno, da cui trae la denominazione di origine. Di colore rosso brillante chiaro con sfumature rosa, assume riflessi aranciati con l’invecchiamento. Ignorato per generazioni, il Pelaverga di Verduno è stato riscoperto da un gruppo di produttori negli anni ‘70. Gli acini sono particolarmente croccanti e gustosi se consumati crudi. >> Link: gastrosalumerialavatelli.it
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ph: Franceschini Vincenzo
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Tartufi che nobilitano le carni
Photo © Maurizio Milanesio
di Chiara Papotti
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l celebre gastronomo francese JEAN ANTHELME BRILLAT-SAVARIN lo definiva “il diamante della cucina”, un appellativo più che mai attuale e azzeccatissimo. Non solo tartufi e diamanti crescono entrambi sotto il terreno lontano dall’aria e dal sole, fino a diventare quanto di meglio la natura possa offrire, ma in alcuni casi, ormai, hanno in comune anche il valore economico. Belli di sicuro non sono, al massimo possono assomigliare ad una patata mal riuscita, ma la ricchezza e l’intensità del loro profumo e del loro sapore non ha eguali. I tartufi rappresentano un vero e proprio tesoretto tutto italiano: quello bianco, infatti, non esiste in nessun’altra parte del mondo (anche se qualcuno prova ad imitarlo, coltivandolo piantine micorrizate in zone non naturalmente vocate). Diverso dai suoi fratelli porcini e amanite commestibili, il tartufo è pur sempre un fungo. A differenza dei primi, che rientrano nel gruppo degli “epigei” perché fuoriescono dal suolo, il tartufo è un fungo ipogeo in quanto tutto il suo ciclo vitale si sviluppa al buio, nel sottosuolo. A dire il vero, quello che si chiama “tartufo” è solo una parte, quella riproduttiva: il corpo fungino vero e proprio è formato da numerosi e sottilissimi filamenti, conosciuti come “ife”, che si allungano nel terreno fino a formare il micelio. Il loro ruolo è fondamentale: grazie alla loro capacità di estendersi nel terreno, possono raggiungere le radici degli alberi e con queste, se le condizioni dell’ambiente lo permettono, cominciare una fruttuosa convivenza. Il tartufo, incapace di svolgere la fotosintesi e di produrre da solo le sostanze nutritive necessarie per crescere, si serve delle radici delle piante e, in cambio, gli fornisce l’acqua e i sali minerali, che assorbe dalla terra. La loro unione è uno scambio vantaggioso per entrambi e, in condizioni ottimali, innescano una fase vitale successiva del fungo, quella della formazione del corpo fruttifero: è nato il tartufo. Da questo momento in poi i filamenti arrestano la crescita e formano una struttura che cresce progressivamente e che custodisce le spore destinate alla riproduzione. Il tartufo, col passare del tempo, prende la sua caratteristica forma globosa, più o meno irregolare, e sviluppa
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La mortadella artigianale al tartufo di Norcia dell’Antica Norcineria De Angelis di Velletri, Roma. Realizzata artigianalmente con solo carne 100% italiana e cotta al vapore per un’intera nottata (photo © www.facebook.com/anticanorcineriada). il pericardio esterno che racchiude la polpa (gleba), la quale, a sua volta, contiene le spore. È a questo punto, con la necessità del fungo maturo di disperdere le spore nell’ambiente, che la natura comincia a lanciare segnali inequivocabili. Il tartufo inizia ed emanare il suo profumo inconfondibile, che raggiunge la superficie e solletica l’olfatto finissimo degli animali. La sensibilità olfattiva degli esseri umani non è paragonabile a quella di maiali e cani, capaci di localizzare tartufi interrati anche per decine di centimetri. Ma una volta estratto, è capace di esercitare anche su chi lo coglie il suo fascino irresistibile. L’Italia è leader nella produzione e nel commercio dei tartufi. La ricerca, il lungo addestramento dei cani, il rito delle spedizioni notturne nei boschi e quello delle contrattazioni nelle piazze di primo mattino, sono un’autentica espressione di cultura e di tradizione nel nostro territorio. In molte zone del nostro Paese il suolo possiede una naturale vocazione alla crescita dei tartufi, al punto che se ne possono individuare almeno una decina di specie diverse. Quello bianco, il più pregiato in assoluto, conosciuto anche come “tartufo d’Alba o di Acqualagna”, matura
da ottobre a dicembre ed è utilizzato con parsimonia per la produzione di salami e salsicce tradizionali della cucina piemontese, oppure per arricchire carpacci e tartare. Secondo nella scala di pregio, troviamo il tartufo di Norcia o di Spoleto. Dalla buccia scura, bruna nerastra e ricoperta di minuscole verruche, questo tartufo emana un profumo gradevolmente aromatico, a cui corrisponde un sapore eccellente, che si valorizza soprattutto dopo la cottura. La Mortadella al tartufo nero pregiato di Norcia è una delle massime espressioni della cultura gastronomica nursina. Di meno valore, ma comunque dalle ottime caratteristiche organolettiche, è il tartufo nero estivo, conosciuto anche come “scorzone”. L’estivo è sicuramente quello più diffuso e, di conseguenza, quello più utilizzato nei preparati come formaggi, burro, insaccati e salse da condimento. La gamma dei tartufi freschi o conservati è decisamente ampia e capace di soddisfare ogni gusto e capacità di spesa. Nel tempo è divenuto uno degli ingredienti più raffinati della cucina mediterranea, capace di rendere nobile ogni preparazione. Chiara Papotti
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LA QUALITÀ
PROSCIUTTO CRUDO DI CUNEO: LE MAGGIORI GARANZIE DELLA DOP PRIMO BILANCIO 2023: IL CRUDO DI CUNEO DOP EVIDENZIA UN INCREMENTO DELLE VENDITE l 2023 si è rivelato un anno negativo per i consumi domestici del prosciutto crudo. I dati riferiti ai primi undici mesi dell’anno, infatti, hanno evidenziato decrementi piuttosto importanti: prosciutto di Parma DOP –6,5%, prosciutto di San Daniele DOP –5,5% (fonte: elaborazione ISMEA su dati Nielsen CP). La causa principale di questa tendenza negativa sarebbe l’aumento dei prezzi trainati dall’inflazione che ha ridotto il potere d’acquisto dei consumatori, i quali, conseguentemente, si sono orientati ad acquistare prodotti generici con costo inferiore. Sul fronte del valore gli stessi dati segnalano un timido recupero del prosciutto di Parma con +2,4% e un dato invariato del prosciutto San Daniele. Viene rilevato anche un incremento dei consumi fuori casa ma non sufficiente per recuperare le perdite dei consumi domestici. In questo contesto, il crudo di Cuneo DOP ha registrato, al contrario, un piccolo incremento, pari ad un +0,7%. L’incremento delle vendite è stato
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conseguito grazie ad una campagna di comunicazione costante ed efficace, condotta dal Consorzio di tutela e dall’azione commerciale dei produttori. Inoltre, l’entrata in campo di un secondo produttore, la Stagionatura Marchisio di Lurisia (www.stagionaturamarchisio.it), ha consentito di rafforzarne la presenza sul mercato e incrementare le vendite. Il valore aggiunto della DOP Quali sono gli elementi oggettivi che conferiscono il valore aggiunto ad un prodotto a Denominazione di Origine Protetta (DOP) rispetto a prodotti a generici? Un prosciutto DOP, come tutti gli altri prodotti a Denominazione di Origine Protetta, fonda la propria qualità certificata su due elementi oggettivi che fanno la differenza: 1. il Disciplinare di produzione, approvato dal Ministero dell’Agricoltura e dall’Unione Europea, che definisce ogni fase del processo produttivo e garantisce la produzione nel rispetto della tradizione, nonché l’origine e
la tracciabilità delle materie prime utilizzate; 2. il Sistema dei controlli o Sistema qualità, approvato dal Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste, applicato dalla filiera e controllato dall’ente terzo incaricato dal predetto Ministero. Il sistema di rintracciabilità del prosciutto crudo di Cuneo DOP è basato su quattro segni identificativi che tracciano in modo inequivocabile il prodotto: 1. tatuaggio identificativo dell’allevamento di nascita apposto sulle cosce di ogni suino nel primo mese di vita; 2. timbro a fuoco apposto dal macello, al momento della macellazione, su tutte le cosce destinate alla produzione del prosciutto; 3. timbro a fuoco su ogni singola coscia della data di entrata salagione, apposto dal produttore; 4. marchio a fuoco della DOP apposto dall’ente terzo di controllo su ogni prosciutto a stagionatura ultimata. In sintesi, le maggiori garanzie per
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il consumatore derivano dall’applicazione del Disciplinare di produzione e dai controlli dell’ente terzo incaricato dal Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare e Foreste (MASAF). Diverse sono le garanzie se i prodotti sono realizzati in autocontrollo o con controllo di seconda parte. Le informazioni raccolte durante il processo produttivo costituiscono una banca dati dalla quale attingere per dare una adeguata informazione al consumatore. La banca dati è verificata dall’ente terzo di controllo. Caratteristiche nutritive e valore nutrizionale del prosciutto Il crudo di Cuneo DOP appartiene senz’altro alla categoria dei salumi magri e con basso contenuto di sale. In particolare, la riduzione netta del contenuto di sale rispetto ad alcuni anni fa è consentita dalle condizioni igieniche ottimali nelle quali vengono lavorate le cosce e dal rispetto della catena del freddo nelle prime settimane della lavorazione. Il crudo di Cuneo DOP ha un ottimo apporto proteico (circa il 29%) e può essere consumato anche da chi è a regime ipocalorico, poiché i grassi negli ultimi anni sono scesi al 3-8% circa. Questi inoltre sono migliorati come qualità rispetto agli anni addietro
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e contengono quantità maggiori di acidi grassi polinsaturi Omega-3, che prevengono l’eccesso di trigliceridi nel sangue, mentre sono inesistenti i grassi trans, che aumentano il rischio cardiovascolare. Il prosciutto crudo di Cuneo DOP, grazie al contenuto proteico, al ridotto contenuto di sale e di colesterolo, nonché alla presenza di calcio, ferro, fosforo e magnesio, è consigliabile a tutte le età e anche per gli sportivi, merito del contenuto di sali minerali. Il prosciutto crudo di Cuneo DOP ha un alto coefficiente di digeribilità, attorno al 97%, quindi un alimento leggero. Una storia lunga più di 2.000 anni La tradizione della lavorazione e conservazione delle carni suine nell’area cuneese risale a parecchi secoli fa. Già i Romani, insediatisi nei primi secoli d.C. in provincia presso le città di Pollenzo (Pollentia), Alba (Alba Pompeia) e Benevagienna (Augusta Begiennorum), erano noti per aver sviluppato l’attività dell’allevamento di porci e conoscevano le tecniche per la conservazione delle loro carni con l’utilizzo del sale. Più tardi, ricerche inerenti la storia della produzione del prosciutto nel Cuneese hanno consentito di trovare libri contabili, custoditi dal Monastero degli Agostiniani di Cussanio – Fossano, risalenti al 1630
circa, che parlano della stagionatura dei prosciutti nella “stanza del paradiso” e della destinazione della “noce” per la tavola del Vescovo e dell’Abate. Il sale, elemento fondamentale per la conservazione delle carni, non è mai mancato in quest’area, in quanto terra attraversata da numerose “Vie del sale”, utilizzate a trasportare la pregiata merce dalle saline della costa azzurra verso le città di Torino e Milano. Tant’è che Lodovico II, Marchese di Saluzzo, già nel 1482, allo scopo di favorire il trasporto di merci, tra le quali il sale, fece scavare la prima galleria delle Alpi, detta Buco del Viso, che univa la valle del Queyras e la valle PO (regione della Provenza e area cuneese).
>> Link: prosciuttocrudodicuneo.it
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Merchandising POSIZIONA, ESPONI, PIANIFICA di Elena Benedetti
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l merchandising è l’arte di allestire un negozio per incoraggiare i consumatori ad acquistare più prodotti. Nell’ambiente della salumeria la rotazione dei prodotti sugli scaffali diviene ancora più importante, in quanto la maggior parte di essi ha un tempo di conservazione limitato, perciò la rapidità con cui escono dal negozio può far aumentare o diminuire i profitti di parecchio. Posizionamento sugli scaffali Il posizionamento degli articoli sugli scaffali può inviare ai clienti segnali sottili che influiscono sull’acquisto. I prodotti più costosi vanno messi generalmente sugli scaffali più alti, da cui
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deriva il termine “scaffale superiore”. Gli scaffali più bassi dovrebbero contenere i prodotti “di destinazione”, ovvero quelli che le persone cercano e acquistano indipendentemente dal prezzo o dalla promozione. Il ripiano inferiore viene solitamente riservato ai prodotti meno popolari o generici. Gli scaffali all’altezza degli occhi, detti “a portata di mano”, dovrebbero contenere i prodotti competitivi, con un alto tasso di acquisto d’impulso o che attirano maggiormente i clienti. Per le categorie più piccole, in cui si desidera promuovere i prodotti generici, è bene posizionare la marca commerciale a destra delle marche nazionali di qualità superiore.
Espositori di alimenti freschi Quando si allestiscono gli espositori di prodotti freschi è importante, ad esempio, alternare sempre verdure verdi con prodotti dai colori vivaci, come carote o peperoni rossi, per attirare l’attenzione del consumatore. Le vetrine dei prodotti da forno dovrebbero avere il fondo nero e non bianco, per garantire che siano ben visibili. È preferibile utilizzare ripiani in vetro o drappeggiare un tessuto dai colori vivaci per completare la promozione del merchandising. In tutte le esposizioni di alimenti freschi, compresa la gastronomia, bisognerebbe utilizzare scaffali sfalsati in modo da rendere visibili ai consumatori più alimenti. Se necessario, si possono
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L’attività di vendita e l’organizzazione del negozio sono cosa complessa che richiede organizzazione e ampia visione del lavoro di tutto lo staff.
utilizzare oggetti di scena, come fiori o bottiglie di vino, per suscitare una “reazione emotiva” che spinga i consumatori all’acquisto. Pianificazione del negozio Gli acquisti di destinazione, come latte, uova e pane, vanno collocati nell’angolo più lontano del negozio. Più i consumatori dovranno camminare per raggiungere i prodotti, maggiore sarà la possibilità che ne acquistino altri. Gli acquisti d’impulso, come riviste e caramelle, vanno invece collocati vicino alla cassa. Mentre i consumatori aspettano di pagare, questi espositori possono invogliarli a comprare qualcosina di più.
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Le 5 R del merchandising Secondo STEVE DI ORIO di Storeflex, una buona strategia di merchandising si basa sulla semplicità: presentare il prodotto giusto alle persone giuste, al momento giusto, nel modo giusto e al prezzo giusto. Sono le cosiddette “5 R del merchandising”, dall’inglese “right”, che significa “giusto”: 1. il prodotto giusto (seleziona i giusti prodotti in vendita assicurandoti che siano ben visibili); 2. le persone giuste (è bene conoscere i propri clienti e anticipare le loro richieste); 3. il momento giusto (se c’è richiesta di prodotti è bene che questi siamo disponibili);
4. il modo giusto (la modalità di vendita, il servizio, l’attenzione al cliente sono tutti elementi fondamentali); 5. il prezzo giusto (ovviamente anche il prezzo è strategico nella scelta di acquisto). Elena Benedetti
Fonti • HANNAH WICKFORD, Grocer y Store Merchandising Techniques, smallbusiness.chron.com • S T E V E D I O R I O , The Ultimate Guide for Grocery Store Merchandising Ideas, storflex.com
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IL BUONO SECONDO LARA
NON DI SOL GORGONZOLA… TOUR TRA I FORMAGGI ERBORINATI Un mondo vasto, ricco di differenze. Quella degli “erborinati” è una categoria di formaggi che ne comprende tantissimi. Perfetti per le tavole invernali e per degustazioni di carattere di Lara Abrati 72
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icuramente è il Gorgonzola DOP il più famoso tra gli erborinati italiani, dalle tipiche striature verdastre, esiste nelle sue numerose variabili: quello dolce, il piccante, quello al cucchiaio e le mille aromatizzazioni possibili. Sono proprio loro, le sfumature nella pasta, che hanno contribuito a dare il nome all’intera categoria; erborìn vuole infatti dire esattamente prezzemolo in dialetto milanese. Ecco che queste striature hanno probabilmente ricordato a qualcuno il prezzemolo tritato e così ne è nato il nome. La caratteristica visiva delle striature verdi-blu è tanto importante per questa categoria di formaggi che vengono spesso chiamati anche blu o prezzemolati. La presenza di queste muffe nel Gorgonzola DOP è dovuta all’aggiunta di spore di Penicillium roqueforti, una muffa in grado di svilupparsi anche con poco ossigeno, ma comunque
S In alcuni erborinati, la foratura della pasta consente lo sviluppo delle muffe all’interno della forma: creando camini d’aerazione che facilitano il rilascio di anidride carbonica, se ne consente la sostituzione con l’ossigeno necessario per la crescita delle muffe. Anticamente questo processo era garantito dalla spaccatura della crosta; oggi si agevola questo passaggio con la foratura manuale, praticata con un ago di metallo.
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necessario. Le spore vengono inoculate durante la lavorazione della cagliata che, una volta estratta dalla caldaia e messa in forma, non viene sottoposta alla pressatura. Questo per lasciare spazi nella cagliata ove poter far sviluppare la muffa. Durante la fase di riposo e affinamento vengono inoltre praticati dei fori e lo sviluppo maggiore della muffa grazie alla presenza di ossigeno stimola le iconiche sfumature. Questo è vero per il gorgonzola, anche se non tutti i formaggi classificati come erborinati sono prodotti in questo modo. Esistono formaggi prodotti con tecniche tradizionali in virtù delle quali non è sempre detto con certezza che le muffe si sviluppino. Come avviene ad esempio nel caso del Castelmagno DOP, nel quale la presenza di muffe (sempre Penicillium roqueforti) nella pasta dipende dalla capacità delle stesse di penetrarvi naturalmente, provenendo dall’ambiente in cui sono messe a maturare le forme.
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Perfetti col miele, la frutta, anche secca e candita, e i vini da meditazione. Nel caso dello Strachitunt DOP, invece, lo sviluppo spontaneo delle muffe viene stimolato dall’unione di due cagliate prodotte in momenti differenti, favorendo la naturale inoculazione della muffa nella prima cagliata e proveniente dall’ambiente esterno. Il loro sviluppo viene poi stimolato dalla foratura delle forme, come avviene per il gorgonzola. Ovviamente le muffe si svilupperanno maggiormente nelle parti centrali delle forme, dove l’azione inibente del sale è meno attiva; anche le caratteristiche della pasta saranno diverse, infatti grazie alla maggiore proteolisi essa sarà più cremosa al
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tatto e caratterizzata da un’intensità aromatica maggiore, ma anche dalla percezione trigeminale che regala la sensazione di piccantezza. È impossibile mappare la distribuzione dei formaggi erborinati. Questo perché ne esistono davvero tante interpretazioni. Oltre ai classici e conosciuti, come quelli citati in precedenza, meritano l’assaggio ad esempio il Blu del Moncenisio, prodotto a latte crudo nel periodo estivo in alpeggio. Un formaggio dalla forma cilindrica e dall’erborinatura in genere ben presente e dalle caratteristiche gustative decise.
Poi il Bleue d’Aoste, sempre prodotto in zone alpine come il precedente (ma con latte pastorizzato), un formaggio di recente invenzione che si è aggiudicato già diversi riconoscimenti. Per chi ama i sapori ancora più decisi, gli erborinati di pecora e capra sono perfetti, un po’ come il francese e famoso Roquefort (latte di pecora), dalla pasta abbastanza compatta e dell’erborinatura intensa, caratteristica che lo rende perfetto anche per l’utilizzo in cucina. Poi ci sono gli erborinati per tutti, caratterizzati non tanto dai sentori ammoniacali e di muffa (spesso accompagnati dalla lieve nota amara), ma dalla dolcezza e dalla cremosità: sono gli erborinati prodotti con latte di bufala che, grazie alle caratteristiche di dolcezza e grassezza del latte di questi animali, riescono ad ingentilirne le caratteristiche gustative. Se ci spostiamo in Nord Europa, la fa da padrone il Blue Stilton, una produzione inglese con denominazione di origine prodotto esclusivamente nelle contee di Derbyshire, Leicestershire e Nottinghamshire, ma anche il Shropshire Blue, dalla Scozia, un erborinato dalla pasta gialla (colorata grazie ad un colorante naturale), molto particolare. In Spagna è il Cabrales a dettare supremazia: se lo assaggiate lasciatelo per ultimo perché ha un’intensità aromatica persistente. Un formaggio a coagulazione prevalentemente acida (viene aggiunto pochissimo caglio) che regala particolari caratteristiche strutturali alla pasta: è molto compatta e si sbriciola facilmente. Restano poi tutti gli erborinati a marchio prodotti dai tanti caseifici e frutto della creatività e dell’intraprendenza dei casari. Si abbinano sicuramente al miele, ma anche alla frutta come mela o albicocca. Per giocare col palato, la frutta secca o candita (non solo gli agrumi, ma anche l’albicocca) è perfetta, così come vini da meditazione, come i passiti dolci prodotti in varie regioni e zone vinicole d’Italia. Poi il cioccolato, meglio se fondente, ma anche dolci speziati. Per un banco dei formaggi o un carrello dal sapore internazionale perfetto per il periodo invernale. Lara Abrati Nota Photo © Matteo Zanardi.
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TURISMO ENOGASTRONOMICO
In viaggio
PER MANGIARE Per Skyscanner quasi la metà (49%) degli Italiani sceglierebbe di viaggiare verso una destinazione specifica solo per provare un determinato ristorante e 1 su 4 (24%) lo ha già fatto
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pecialità culinarie e viaggi sono da sempre intrinsecamente legati. A confermarlo Skyscanner (skyscanner.it), la piattaforma leader mondiale nella comparazione di viaggi, nel suo ultimo report “Travel Trends. Ridefinire il valore del viaggio attraverso l’esperienza”. E, a differenza dell’11% degli Inglesi, ad esempio, un quarto dei viaggiatori italiani (24%) dichiara di aver programmato un viaggio in funzione di un ristorante specifico in cui desiderava mangiare, mentre quasi la metà (49%) ha affermato che lo farebbe volentieri.
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Gustare la cucina locale e provare specialità autentiche sono due delle attività più gettonate dai viaggiatori italiani che si recano all’estero, con il 50%1 che afferma di preferirlo a quasi tutto il resto. Un dato interessante emerso dalla ricerca è che i viaggiatori italiani ritengono che l’alta cucina sia al di fuori della loro portata. Secondo le loro stime, un’esperienza culinaria di alto livello costa in media 65 euro a persona, mentre il loro budget di spesa in vacanza è in media di 46 euro a persona a pasto. «La buona notizia, però, è che in sempre più località
sono presenti ristoranti economici di alta qualità, ideali per rendere realtà il sogno dei buongustai», ha commentato Stefano Maglietta, Travel Insights Expert di Skyscanner. Cinque mete imperdibili 1. Osaka. Con un +283% di aumento del volume di ricerca rilevato dal report di Skyscanner2, Osaka rientra nella classifica delle dieci destinazioni emergenti tra i viaggiatori italiani nel 2024. E nella città giapponese non mancano le opportunità di concedersi esperien-
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ze culinarie raffinate senza spendere una fortuna. Osaka è infatti al quarto posto nel mondo tra le città con il maggior numero di stelle Michelin. Non c'è da meravigliarsi che la città sia conosciuta come la “cucina del Giappone”: ci sono tre ristoranti a tre stelle, dieci a due stelle e circa 80 a una stella, nonché una serie di ristoranti Bib Gourmand che offrono piatti di alta qualità a prezzi accessibili, come ramen e okonomiyaki (frittelle salate giapponesi). Inoltre, nei prossimi anni si terranno molti eventi gastronomici da segnare in agenda, come il primo Time Out Market in Asia e il World Food Expo, che si tiene ogni quattro anni e che presenta non solo specialità giapponesi, ma anche cibi provenienti da tutto il mondo. 2. Bologna. Il vivace capoluogo dell’Emilia-Romagna conquista i visitatori coi suoi colori e la sua architettura, ma non dimentichiamoci della cucina! Famosa in tutto il mondo, la gastronomia bolognese va assaporata lentamente, magari
in una tipica trattoria… stellata! A meno di un’ora dal centro città, la Trattoria da Amerigo 1934 offre piatti tipici della tradizione premiati da una stella Michelin a prezzi contenuti3. 3. Singapore. Gli amanti dei noodles non possono non avere nella loro wishlist Singapore, con i suoi 55 ristoranti stellati e 79 Bib Gourmand. Ma, soprattutto, non possono non far visita Hill Street Tai Hwa Noodle, locale insignito di una stella Michelin dove si spendono meno di 9 euro per un pasto completo3. 4. Londra. Al contrario di quanto si possa pensare, tra gli oltre 70 ristoranti stellati di Londra ce ne sono due che si distinguono per la loro cucina di qualità ad un costo accessibile. Barrafina, nel quartiere di Soho, serve specialità della casa, tapas spagnole, a 15 euro (www. barrafina.co.uk), mentre i piatti a base carne o pesce variano dai 20 ai 35 euro circa3. The Coach invece si trova a Marlow, a circa 50 km da Londra (thecoachclerkenwell.co.uk).
Quello da fuori può sembrare un caratteristico pub inglese, è in realtà un pub stellato, in cui è possibile mangiare con circa 30 euro3. 5. Hanoi. La capitale del Vietnam si aggiudica il sesto posto nella classifica italiana delle mete più popolari nei prossimi 12 mesi, con le ricerche per destinazione su Skyscanner che segnano il +291%1. Proprio ad Hanoi, presso il ristorante Tầm Vị è possibile gustare un’ottima cena stellata a base di piatti tipici della cucina del Vietnam del Nord ad un costo di soli 30 euro3. Note 1. La ricerca OnePoll x Skyscanner, condotta nell’agosto 2023, ha coinvolto 18.000 intervistati a livello globale (di cui 1.000 italiani). 2. Città che hanno visto un aumento delle ricerche su Skyscanner.it tra il 7/8/22 e il 7/8/23 rispetto allo stesso periodo nel 2021/22. 3. Sito ufficiale della Guida Michelin (guide.michelin.com) e siti ufficiali dei ristoranti nominati.
A CACCIA DI JAMÓN IBÉRICO DE BELLOTA
BIENVENIDOS EN EXTREMADURA Testi e foto di Massimiliano Rella 78
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Veduta sul fiume Tajo dal Castello di Monfragüe, nel Parco nazionale di Monfragüe.
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n viaggio in Extremadura (Estremadura in lingua italiana) all’insegna dei sapori, in quella comunità autonoma della Spagna sud-occidentale al confine del Portogallo, terra di un prosciutto “spaziale”, l’Ibérico de Bellota, impropriamente chiamato Patanegra. Dal sapore ineguagliabile, quella velatura di grasso nobile che rende le fette ricche di sapore e note selvatiche di sottobosco, addolcite dalla stagionatura. Un’arte tramandata nei secoli che possiamo “approfondire” con un’infarinata culturale nel piccolo Museo del Jamón (www.museodeljamondemonesterio.com), nel villaggio di Monesterio, a sud di Badajoz, un percor-
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so interattivo per conoscere la razza, le attrezzature di macellazione e taglio al servizio dei maestri cortadores, e poi con una dimostrazione “pratica” nel vicino ristorante Rinconcillo (www. restauranterinconcillo.com), tra sauté di porcini, Jamón ibérico e altri piatti di “cucina della Dehesa”. La Dehesa è il contesto naturale, l’habitat in cui si alimentano di ghiande e radici i suini grigi autoctoni dalle cui carni nasce appunto l’Ibérico de Bellota: una vasta distesa pianeggiante e di basse colline tappezzate di lecci, sugheri e macchia mediterranea dove gli animali grufolano in libertà, di pianta in pianta. Ne ammiriamo un pezzetto dalla rocca su cui sorge il Castello di Montànchez,
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1) Il Museo del Jamón ibérico di Monesterio. 2) Sauté di porcini con prosciutto Iberico. 3) Jamón ibérico, particolare, alla Cantina Jamones Casa Bautista di Montànchez. dopo una salita impegnativa, ma il ritorno è una volata verso un noto prosciuttificio, per fare un altro po’ di “pratica”. La Cantina Jamones Casa Bautista (www.jamonescasabautista.com), uno sfoggio di cosci appesi in stagionatura e a due passi il negozio con banco di
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specialità da peccato capitale: prosciutti, lomo (sorta di lonza), morcón, chorizo (salumi con paprika) e salchichón, tutti preparati con carne di Ibérico. Dove anche il taglio è artigianato puro, da fare a mano con un particolare coltello: nel caso del Jamón Ibérico il risultato sono
“fette” e ritagli di diversa lunghezza e spessore. Dopo il giro dei prosciutti andiamo alla scoperta di altre bontà e bellezze dell’Estremadura, regione ricca di contrasti, fortezze arabe, borghi medievali e sullo sfondo una natura incontaminata,
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Prosciutti iberici de Bellota nella bottega alimentare gourmet Iberllota, a Zafra. con cervi e cavalli che spuntano dalla boscaglia, grifoni che volteggiano sui picchi rocciosi del Salto del Gitano, nel Parco nazionale di Monfragüe, attraversato dal fiume Tajo. La prima tappa è Cáceres, cittadina medievale con un centro storico UNESCO, dove trascorriamo qualche ora da turisti prima di accomodarci alla buona tavola del Ristorante del Parador (paradores.es), come è chiamata la rete nazionale di alberghi e B&B pubblici in strutture d’epoca salvate dall’abbandono: palazzi, conventi, ex case nobiliari, un patrimonio architettonico e artistico recuperato a fini dell’ospitalità, dell’accoglienza e della gastronomia. E poi a Zarza de Granadilla dove assaporiamo i piatti del Versátil (versatilrural.com), ristorante stellato dei tre fratelli Hernandez Talavan: Jose e David tra sala e cantina, ai fornelli il giovane chef Alejandro. Il locale propone una bella carta dei vini spagnola e piatti creativi come l’Acciuga
marinata, con mojo di peperone, patata violetta, pomodoro confit e cipollotto o il Filetto di manzo dell’Estremadura arrostito al carbone, con gambi di bietola stufati, clorofilla delle sue foglie e riduzione del loro succo. Troviamo anche il tempo anche per una pedalata sulla nuova Green Way, percorso ciclabile nella Valle dell’Ambroz che segue l’antica linea ferroviaria da Plasencia a Béjar, 70 km di facile percorribilità. La sosta gourmet si fa al CafeRestaurante Vía de la Plata, un ex magazzino della stazione dismessa di Hervás (anche ostello; telefono: +34 61 1129521), dove, all’aperto, accanto ai binari inutilizzati, la giovane Eva serve ottimi spuntini tipici: le immancabili Mijas, molliche di pane fritto nel lardo con pezzetti di chorizo, taglieri di formaggi e un curioso piatto locale, le Patatas en escabeche, fatte a fette, intinte in una pastella di uovo e farina, fritte e
Alla scoperta di bellezze e bontà dell’Estremadura, regione ricca di contrasti, fortezze arabe, borghi medievali e sullo sfondo una natura incontaminata. Jamón Ibérico de Bellota in primis, superbo, inconfondibile, anche da solo vale il viaggio
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poi messe a bagnomaria in aceto per qualche giorno. L’itinerario si conclude a Zafra, piccolo centro medievale ai piedi della Sierra di Castellar, un reticolo di vicoli che si ricongiunge in plaza Grande, luogo di movida, tapas e aperitivi. Per la cena si punta dritti al Parador di Zafra (paradores.es/es/parador-de-zafra), un bel 5 stelle con ristorante gourmet nell’atrio della roccaforte d’origine araba. A tavola cucina spagnola rivisitata in stile moderno. Si comincia con un’insalata di peperoni arrosto, ventresca di tonno e uovo di Corral. Si prosegue con un controfiletto di Ibérico alla griglia, salsa di formaggio e tortino di patate dolci. In chiusura torta di formaggio di Las Villuercas e sorbetto al mandarino. E naturalmente non può mancare un po’ di shopping goloso, proprio alle spalle del Parador, nel negozio Iberllota (iberllota.com). Dolci, olio evo, formaggi, su tutti la cremosa Torta del casar, fatta con latte di pecore Merino e Entrefina, sapore deciso e intenso, dal cuore quasi liquido, e quindi da imbarcare in stiva, altrimenti non passa i controlli aeroportuali. E l’immancabile, il superbo, l’inconfondibile, Jamón Ibérico de Bellota, che anche da solo vale il viaggio. Massimiliano Rella
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WEEK-END
STRADA DEI VINI E DEI SAPORI DEI COLLI PIACENTINI Testi e foto di Massimiliano Rella 82
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In alto: colazione dentro l’officina della Enduro Experience nella Locanda di Grazzano Visconti (PC). A sinistra: il Castello di Grazzano Visconti (PC).
ungo la Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Piacentini (stradadeicollipiacentini.it) andiamo alla scoperta di eccellenze agroalimentari, salumi, formaggi, prodotti dell’orto e tavole imbandite, e di tesori d’arte e cultura fra valli e colline dalla Val Nure alla Val Chero, una terra dove la natura fa da scenario ad affascinanti manieri. Fra questi il Castello di Gropparello (www.castellodigropparello.net) immerso nella verde Val Vezzeno, a picco su un torrente e dove si cela il mistero di Rosania, una castellana che nel ‘200 fu rinchiusa viva in un antro nella roccia sottostante dal marito Pietrone, per
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colpa di un amore contrastato verso un giovane condottiero avversario, Lancillotto Anguissola. Sembra che ogni tanto i lamenti, i gemiti e l’immagine di una donna minuta appaia a testimoni e visitatori (ripresa con attrezzature fotografiche particolari) che sono pubblicate sul sito web del castello. Misteri a parte, è invece una certezza l’ospitalità della FAMIGLIA LECCI GIBERTI, attuali proprietari, che accolgono i turisti con visite guidate tra stanze, saloni e segreti della roccaforte duecentesca, fino al giardino delle rose e alla tavola imbandita della Taverna Medievale, qui per gustare ottimi piatti fra cui la Zucca della Regina, una zucca usata
come “pentola” del suo stesso ripieno, impastato con Grana Padano DOP, uova, aglio e prezzemolo, e cotta in forno. Da questa ricetta tradizionale presero forma le vere zuppiere del ‘700. Da Gropparello voliamo verso un altro luogo incantato, il borgo fiabesco di Grazzano Visconti, un villaggio ideale la cui storia è legata ad una blasonata famiglia milanese, i Visconti. Fu però GIUSEPPE VISCONTI DI MODRONE a trasformare ad inizio ‘900 le poche costruzioni rimaste attorno al castello in un borgo in stile quattrocentesco, con l’aiuto dell’architetto ALFREDO CAMPANINI. Fra le campagne e gli scorci urbanistici di Grazzano giocava da bambino il
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famoso regista LUCHINO VISCONTI, figlio di Giuseppe, mecenate e uomo di cultura, e CARLA ERBA, proveniente da una facoltosa famiglia d’industriali farmaceutici. Visitiamo il castello e i giardini, ci aggiriamo tra ponti, pozzi e piazzette; l’indomani, dopo la notte alla Locanda di Grazzano (www.locandagrazzano.it), facciamo una colazione molto originale: torte, succhi di frutta, crostate e piccole bontà dentro l’officina della Enduro Experience, la sala colazioni della locanda, fra moto d’epoca e da cross, per appassionanti tour del territorio. Arrivati a Il Monastero (www.aziendamonastero.it), un’azienda agricola che ingloba la corte ottocentesca di un convento olivetano, ci attendono tanti prodotti biologici e da permacultura, un sistema di pratiche agricole rispettose del paesaggio e degli ecosistemi, ma anche vecchie cucine e uno spazio museale che custodisce una vasca di cottura un tempo usata per fare burro e formaggio. La struttura appartiene alla FAMIGLIA NEGRI dal 1932, coltivatori di ortaggi (pomodori, zucche, frumento, mais, soia, ecc…), allevatori di galline
In alto: la Vinsanteria della Cantina Barattieri. In basso: il Caseificio di Santa Vittoria e le forme di Grana Padano DOP.
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A sinistra: pisarei e fasò, pasta di pangrattato, acqua e farina, in sugo di fagioli all’Antica Trattoria del Cacciatore a San Giorgio Piacentino (PC). A destra: Giampaolo Bononi, produttore di olio evo con l’azienda Gli Olivi di Giampa, in Val Vezzeno. per la produzione di uova bio allevate all’aperto e a terra (max 4 galline a metro quadro) e di saporite giardiniere e curiosi burger vegetali (ottimo quello di canapa). Profuma d’antico anche la villa settecentesca di Cantina Barattieri, ad Albarola di Vigolzone (PC), circondata da vigne di varietà internazionali e autoctone, specializzata in bianchi e rossi di territorio e di Vin Santo da uve Malvasia di Candia aromatica. Da non perdere i locali di appassimento e la Vinsanteria, che trabocca di antichi caratelli (alcuni dell’800) per la maturazione del passito (www.aziendabarattieri.com). Merita un piccolo approfondimento il settore vino, poiché il Consorzio della DOC Colli Piacentini (www. collipiacentinidoc.it) sta rivisitando i disciplinari produttivi, dando una bella sforbiciata alle denominazioni. Al vertice della nuova piramide qualitativa troveremo la futura DOCG Piacenza, «la prima per il territorio, la terza in Emilia Romagna», sottolinea il produttore Stefano Pizzamiglio, proprietario
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di cantina La Tosa (www.latosa.it) e responsabile nel Consorzio del progetto del nuovo Disciplinare. «In attesa dei passaggi istituzionali contiamo di chiuderlo entro il 2024 e di presentarci in seguito al mercato con buone novità, la DOCG Piacenza in tre tipologie, Bianco, Passito e Rosso — continua Pizzamiglio — e una nuova DOC che accorperebbe le tre DOC oggi esistenti, il Colli Piacentini, il Gutturnio e il bianco Ortrugo; infine, una IGT Emilia alla base della piramide». Se da Paganuzzi e all’Antica Trattoria del Cacciatore, a San Giorgio Piacentino, ci inchiniamo davanti ai saporiti piatti della tradizione, su tutti i Pisarei e fasò, degli gnocchetti di pangrattato, acqua e farina, conditi in sugo di fagioli (www.anticatrattoriadelcacciatore.com), al Caseificio di Santa Vittoria andiamo alla scoperta del Grana Padano DOP, ottenuto dalla trasformazione del latte dei 21 soci della cooperativa, fondata 45 anni or sono. Ben 70.000 le forme prodotte in un anno, ben 210 al giorno: e la
visita alla stagionatura ha il suo colpo d’occhio qui a Ciriano di Carpaneto (www.caseificiosantavittoria.it). Tappa conclusiva di questo tour del gusto nei territori di Emilia Wine Experience (www.emiliawineexperience.it) — progetto di promozione di eccellenze enogastronomiche emiliane e delle 5 Strade dei Vini e dei Sapori — è con altre bontà del territorio: dalla coppa, pancetta, salame e il fiocco del Salumificio Giordano, a Carpaneto Piacentino (si veda l’articolo a pagina 46) e una novità locale, gli extravergini d’oliva del frantoio Gli Olivi di Giampa (www. art-works.it/bononi). L’artefice è un manager milanese del settore bevande, Giampaolo Bononi, che anni fa decise di impiantare ulivi a 450 metri di quota, in Val Vezzeno, recuperando cultivar locali dell’800, «di cui non si conosce il nome perché il DNA è custodito dall’Università di Parma» spiega, ma anche di Bianchera, una varietà istriana resistente ai venti freddi, con cui produce una monocultivar. Massimiliano Rella
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SULLE STRADE DEL RISO, TRA GRANDI E PICCOLE PRODUZIONI di Chiara Papotti 86
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In alto: la chiesa di Sant’Antonio Abate abbandonata in mezzo alle risaie, Novara, e il risotto con i fegatini di pollo, una ricetta rustica deliziosa, considerata il classico piatto dei pranzi di nozze in campagna. Va servito all’onda, ovvero né troppo asciutto né troppo brodoso (photo © www.riseriazacche.it).
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erra, acqua, lavoro. Sono questi i tre elementi nei quali è racchiuso il segreto per ottenere il cereale più diffuso al mondo: il riso. In primavera l’acqua inonda le risaie per proteggere i semi dagli sbalzi di temperatura durante tutto il ciclo vegetativo, dalla semina in aprile al raccolto a settembre inoltrato. I Novaresi riservano alle risaie la romantica definizione di “mare a quadretti”, per identificare i campi coperti dall’acqua. La maggior parte degli ettari destinati alla coltivazione del riso in Italia si trova, per ordine di grandezza, nelle province di Vercelli, Pavia, Novara, Milano, Alessandria, Ferrara, Oristano (già, c’è un ottimo riso anche in Sardegna), Mantova, Verona e in territori circoscritti dell’Italia centro-meridionale. Appartenente alla famiglia delle Graminacee, il riso (Oryza sativa) si distingue in due varietà principali: la Indaca, con chicco allungato, stretto e vitreo, diffusa soprattutto nel continente asiatico, e la Japonica, dalla quale derivano le varietà storicamente coltivate in Italia, caratterizzate da chicco tondeggiante, vitreo, con una zona opaca interna.
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Negli ultimi anni, con il crescente apprezzamento della cucina etnica, si sono diffuse sui mercati italiani anche risi di provenienza orientale o americana, come il Patna, il Basmati e quello Tailandese. Varietà differenti accomunate, tuttavia, dal medesimo ciclo produttivo. Il terreno adibito alla coltura del riso viene delimitato da argini di altezze differenti per permettere all’acqua di scorrere con flusso continuo e limitare il ristagno. Durante la crescita delle piantine, il riso è oggetto di continue attenzioni. Mentre, fino al secondo Dopoguerra, le erbe infestanti erano eliminate a mano dalle mondine, oggi la disinfestazione è effettuata con altri mezzi, in genere con diserbanti, e la mondatura a mano è stata sostituita con moderni sistemi, completamente meccanizzati. L’ultimo mese del ciclo produttivo è determinante per la qualità del riso: è in questa fase che i granelli si riempiono di amido ed influenzano la qualità finale. Il sole e la mite temperatura dell’acqua di settembre sono essenziali per la piena maturazione delle spighe. Dopo la raccolta e l’essiccazione, il riso grezzo
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Inserito tra i Presidi Slow Food, il Gigante di Vercelli presenta chicchi lunghi, semi affusolati e perlati. Si tratta di una varietà storica del Vercellese nata negli anni ‘40 e tra le più coltivate della zona fino agli anni ‘70. viene quindi avviato alle riserie per essere raffinato. Qui il riso greggio, noto come “risone”, viene pulito e separato da eventuali corpi estranei (paglia, pietre, ghiaia…). Viene poi pulito per diventare commestibile, cioè liberato dalla parte esterna fibrosa che ricopre i chicchi, la cosiddetta lolla. Allo scopo, viene sottoposto all’azione di sbramatura per ottenere quello che si conosce con il nome di riso integrale. La raffinazione del riso integrale prosegue con la sbiancatura, effettuata con macchinari di ultima generazione, che grattano l’esterno dei chicchi privandoli del germe (impiegato nei mangimi e nell’industria degli oli) e degli strati più esterni, dai quali si ottengono farine ad alto valore nutritivo (la pula e il farinaccio), utilizzate nel settore zootecnico.
Terminata questa operazione, si separano i chicchi interi da quelli rotti e neri (la legge italiana stabilisce limiti precisi per la loro presenza nel riso in commercio). Infine, il riso viene inviato al reparto di confezionamento, dove si provvederà alla messa sottovuoto o alla conservazione in atmosfera protettiva. Quello delle varietà del riso è un universo in continua evoluzione: alcuni tipi, rinomati in passato, sono stati sostituiti da varietà nuove, più resistenti, ed è prevedibile che altri risi, ora in auge, subiranno la stessa sorte in futuro. Tra quelli italiani più noti e diffusi, trovano spazio: Arborio, Balilla, Baldo, Carnaroli, Ribe, Roma, S. Andrea e Vialone nano. Per gli amanti delle piccole produzioni, invece, due sono i Presidi Slow Food assegnati a
TERRA, ACQUA, LAVORO. SONO I TRE ELEMENTI CHE RACCHIUDONO IL SEGRETO PER OTTENERE IL CEREALE PIÙ DIFFUSO AL MONDO, IL RISO, LE CUI VARIETÀ SONO UN UNIVERSO IN CONTINUA EVOLUZIONE
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questo affascinante cereale. Il primo riconoscimento è riservato al Gigante di Vercelli. Vercelli è considerata la capitale europea del riso: si trova al centro dell’area risicola piemontese-lombarda e possiede la maggior superficie coltivata a riso di tutta Europa. Il Gigante è stato selezionato negli anni ‘40 ed era una delle varietà più coltivate in questa area, ma negli anni ‘70 le superfici coltivate con questa varietà si sono ridotte drasticamente per lasciar spazio a risi più produttivi. Iscritta al Registro storico delle varietà, in anni recenti la qualità Gigante è stata recuperata da alcuni agricoltori che selezionano e si scambiano le sementi migliori. Il Presidio nasce per supportare il loro lavoro, valorizzare questa varietà di riso, favorire la ripresa della sua coltivazione e del suo consumo e, di conseguenza, coinvolgere progressivamente nuovi risicoltori. La sua rappresentazione più tradizionale è la panissa vercellese, un risotto che ha come ingredienti riso, vino rosso, salam d’la duja, lardo, fagioli e cotica di maiale. Il secondo Presidio va al Grumolo delle Abbadesse, varietà coltivata nel piccolo comune omonimo, a metà strada tra Vicenza e Padova. Qui il riso ha una storia tutta al femminile: introdotto dalle monache dell’abbazia benedettina di San Pietro di Vicenza, è una rarità che si coltiva dal ‘500. Alle badesse si devono la bonifica dei terreni, il disboscamento e il prosciugamento delle paludi e degli acquitrini e l’irrigazione con la costruzione di canali — parecchi dei quali tuttora utilizzati — “per condur a Grumolo acque per risara”, come citano documenti di archivio. Molti paesi della pianura vicentina avevano risaie fino ai confini con le province di Padova e Verona ma, mentre altrove sono scomparse, specie per la mancanza di acqua “pulita”, a Grumolo, Gazzo Padovano e Torri di Quartesolo oggi sono ancora lavorate, grazie ai produttori che hanno saputo superare i periodi di crisi. Il Grumolo è un Vialone nano ottenuto dall’incrocio avvenuto nel 1937 tra il celebre Vialone nero, che non viene più coltivato, e il nano. I risotti sono eccezionali: dal tradizionale risi e bisi (una minestra densa di riso e piselli) al risotto con i fegatini, il classico piatto dei pranzi di nozze in campagna. Chiara Papotti
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FIERE
MARCA
BY BOLOGNAFIERE 2024, BOOM DI AZIENDE E VISITATORI ala il sipario sulla ventesima edizione di MARCA by BolognaFiere ed è boom di visitatori: sono oltre 20.000, con una crescita del 18% rispetto all’ultima edizione. Numeri da record che fanno il paio con la crescita degli espositori — 1.100 in totale — per una superficie netta espositiva di 26.000 m2 (+26%). Nella International Buyers
C
Lounge sono stati organizzati e censiti oltre 2.400 incontri business tra i 250 buyer stranieri presenti all’evento e le aziende espositrici. Organizzata in collaborazione con ADM–Associazione Distribuzione Moderna e col patrocinio della Regione Emilia-Romagna e della Camera di Commercio di Bologna, Marca by BolognaFiere è l’appuntamento clou per
il mercato della private label che, nel 2023, ha segnato un fatturato record di 25,4 miliardi di euro, ovvero il 31,5% del giro d’affari del mercato della Distribuzione Moderna. Ad attestare la centralità del comparto è arrivata in visita la presidente del consiglio GIORGIA MELONI, insieme al ministro per gli affari europei, le politiche di coesione e il PNRR RAFFAELE FITTO, il viceministro ai
Successo senza precedenti per la XX edizione di MARCA, l’unica manifestazione italiana dedicata alla Marca del Distributore (photo © MARCA by BolognaFiere).
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trasporti GALEAZZO BIGNAMI e il direttore generale di ICE Agenzia LORENZO GALANTI. Nella giornata inaugurale erano già intervenuti FRANCESCO LOLLOBRIGIDA, ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (in video-messaggio), VALENTINO VALENTINI, viceministro delle imprese e del made in Italy, STEFANO BONACCINI, presidente della Regione Emilia-Romagna. Non sono mancati i vertici delle principali associazioni di categoria, da ETTORE PRANDINI, presidente Coldiretti, MARIA GRAZIA MAMMUCCINI, presidente FederBio, e NICOLETTA MAFFINI, presidente AssoBio. «È davvero grande la soddisfazione per questa ventesima edizione di MARCA by BolognaFiere» dichiara GIANPIERO CALZOLARI, presidente di BolognaFiere. «Questo importante traguardo è stato salutato da numeri oltre le più rosee aspettative, con padiglioni gremiti e sale convegni sempre partecipate. Sorprendente, e molto stimolante per il futuro, la quantità e la qualità della proposta espositiva, a conferma dell’eccellenza del made in Italy. Voglio ringraziare ADM, storico partner di MARCA, e ICE-ITA Agency che ci affianca nella spinta all’internazionalizzazione e alla crescita». «Come Presidente ADM sono particolarmente soddisfatto del successo ottenuto, testimoniato dal grande aumento del numero degli espositori e dalla grande presenza di operatori di un mercato, quello delle MDD, in crescita continua e costante» ha dichiarato MAURO LUSETTI, presidente di ADM. L’edizione 2024 di Marca ha avuto numeri record anche nella comunicazione: oltre 750 i giornalisti accreditati all’evento, il sito ha ricevuto 150.000 visite nell’ultimo semestre da parte di 70.000 utenti unici e, solo nei primi 15 giorni di gennaio, 2 milioni di pagine visitate.
FABO S.I. a MARCA 2024, finanziamenti a fondo perduto per investimenti settore Agricolo, Agroindustriale e Ittico La società romagnola FABO S.I., specializzata da oltre trent’anni nella consulenza sui Finanziamenti a Fondo Perduto a livello regionale, nazionale ed europeo, era presente a MARCA 2024 con uno spazio dedicato alle micro, piccole, medie e grandi imprese che utilizzano gli investimenti per incentivare una crescita di medio-lungo periodo. I titolari Giacomo e Marco Fabbri (in foto) hanno informato i visitatori sui bandi operativi e in arrivo. >> Link: fabosi.it
• La prossima edizione di MARCA si terrà il 15 e 16 gennaio 2025. >> Link: marca.bolognafiere.it
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1) Più di 20.000 visitatori, 1.100 espositori, 24 insegne della DMO, 7 padiglioni su 26.000 m2 di superficie netta e più di 250 hosted buyer da 30 Paesi per MARCA 2024 (photo © MARCA by BolognaFiere). 2) Un dettaglio dello spazio di CLAI s.c.a., la Cooperativa Lavoratori Agricoli Imolesi. 3) Nello stand di Alcar Uno, Matteo Barbieri, Claudio Daneels, Lorenzo Levoni, Serafino Cremonini, Danny Daneels, Ludovico Levoni e Giovanni Bortolotti.
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Il Salumificio Palmieri di San Prospero (MO) porta a MARCA 2024 Favola, l’unica mortadella insaccata e cotta nella cotenna naturale, e il cotechino Unico, prodotto con pregiate carni di suino italiano condite con aromi naturali e sale di Cervia. “Unico” perché subisce un trattamento che consente di eliminare parte del brodo naturale di cottura all’interno della busta e il 20% di grassi rispetto ad un Cotechino Palmieri. Operativi allo stand aziendale, Francesco, Margherita e Marcello Palmieri.
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1) Bello e buono il Rosina della toscana Salumeria di Monte San Savino. 2) Il titolare del Frantoio Franci di Montenero d’Orcia, Giorgio Franci, e Anna Soleti, responsabile commerciale, in visita al MARCA 2024 e qui in foto con la chef toscana Alessia Morabito presso lo spazio di TRANSAVIA. 3) Affollatissimo lo stand di Italpizza, leader nella produzione e commercializzazione di pizze surgelate e altri prodotti. 4) Lo spazio espositivo del Prosciuttificio Leonardi di Marano sul Panaro (MO).
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In alto: allo stand della San Dan Prosciutti di San Daniele del Friuli (UD), di proprietà della famiglia Aimaretti, Stefano Aimaretti e Maurizio Manfrè. In basso: Mauro Bernardini, titolare della Bernardini Gastone di Cenaia Crespina (PI), con Costanza Bargellini. Nella pagina a fianco: nello stand di Italia Alimentari, società del Gruppo Cremonini che gestisce e valorizza marchi come Ibis Salumi e Corte Buona, Serafino Cremonini, Marco Sola, Roberto Gheritti e Maura Fara.
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Il biologico europeo al centro di MARCA 2024 con “Being Organic in EU” Being Organic in EU, la campagna triennale cofinanziata dall’Unione Europea con l’obiettivo di trasferire i benefici che il biologico comporta per la salute delle persone e l’ambiente, si è presentata a MARCA by Bolognafiere con una piattaforma di iniziative tese a valorizzare e promuovere la crescita dell’alimentazione sostenibile e salutare, senza chimica di sintesi. Il convegno dal titolo “L’Italia di oggi e di domani: il ruolo sociale ed economico del biologico nella Distribuzione Moderna”, promosso da AssoBio, ha analizzato le opportunità e le sfide nella GDO. Durante l’evento sono stati presentati i dati sulla categoria per il mercato italiano ed europeo e le potenzialità di sviluppo del biologico nella distribuzione moderna. Dopo l’intervento introduttivo di Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio, Nicola De Carne, Retail Customer Success Leader NielsenIQ, ha presentato i dati del mercato italiano ed estero; a seguire Silvia Zucconi, responsabile Market Intelligence Nomisma, che ha delineato il nuovo rapporto tra consumatore e distribuzione moderna. «Il biologico ha un ruolo sempre più strategico all’interno della Distribuzione Moderna» ha commentato Paolo Carnemolla, segretario generale FederBio (in foto). «Ecco perché il programma di promozione triennale Being Organic in EU, istituito grazie ad un partenariato tra FederBio e Naturland, ha scelto la prestigiosa vetrina internazionale di MARCA per attivare iniziative di promozione e comunicazione dei valori e dei benefici che il biologico comporta dal punto di vista ambientale, sociale ed economico, ma anche attività di networking per creare nuove opportunità di business fondamentali per lo sviluppo del comparto». >> Link: beingorganic.eu/it
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Marca del Distributore: 8,5 miliardi di prodotti tipici locali venduti nella GDO. Le merci MDD coprono il 31,5% del giro d’affari del largo consumo, in aumento sul 28,3% del 2019 Quasi il 30% (27,2%) del fatturato delle produzioni tipiche locali italiane, pari a 8,5 miliardi di euro, viene generato direttamente dalla Distribuzione Moderna attraverso i marchi del distributore. Il rapporto “Marca del Distributore e Made in Italy: il ruolo della Distribuzione Moderna”, realizzato da The European House – Ambrosetti per ADM – Associazione Distribuzione Moderna, e presentato al convegno inaugurale di MARCA by BolognaFiere 2024 evidenzia, inoltre, come per i prodotti italiani i marchi del distributore valgano all’estero 4 miliardi di euro, l’8% del totale delle esportazioni internazionali Food & Beverage di prodotti made in Italy. «La relazione tra i produttori locali di marchi del distributore e Distribuzione Moderna — ha commentato Mauro Lusetti, presidente di ADM — è fondamentale per lo sviluppo del made in Italy non solo nel mercato interno, ma anche oltre confine: la Distribuzione Moderna rappresenta un supporto concreto per il processo di internazionalizzazione delle aziende produttrici locali italiane che possono, attraverso i marchi del distributore, far conoscere anche all’estero prodotti e tipicità che rappresentano la cultura e la storia dei territori da cui provengono». «In una congiuntura difficile — ha sottolineato il viceministro delle Imprese e del made in Italy Valentino Valentini — i prodotti a marca del distributore hanno esercitato un importante ruolo sociale ed economico tutelando il potere di acquisto delle famiglie e sostenendo le filiere e la produzione del made in Italy, come dimostrato dal Position Paper di The European House – Ambrosetti in collaborazione con ADM e Marca by BolognaFiere. Il Mimit — assicura — è pronto a fare la propria parte per sostenere il ruolo della distribuzione moderna con un approccio pragmatico, improntato al dialogo con gli stakeholder privati e alla concertazione delle misure. È questo lo spirito che ha condotto all’istituzione del tavolo permanente dedicato ai settori della distribuzione, del commercio e dell’industria dei beni di largo consumo. Tra le misure già adottate per il comparto ci sono il trimestre anti inflazione e i provvedimenti inseriti nella legge di Bilancio che mirano a contrastare l’inflazione, come il taglio del cuneo fiscale, il rifinanziamento per tutto il 2024 della carta “Dedicata a te” per l’acquisto di generi di prima necessità e carburanti, il rinvio delle Sugar e Plastic tax». Valentini ricorda anche il programma transizione 5.0 che beneficia di una dotazione PNRR di oltre 6,3 miliardi e la legge sul made in
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Italy, nata per tutelare, valorizzare e promuovere le produzioni italiane di qualità. «In primavera — conclude Valentini — presenteremo un documento organico di politica industriale frutto dei tavoli settoriali che stiamo portando avanti con l’intento di individuare chiare linee di azione per lo sviluppo del tessuto imprenditoriale nazionale». Oltre il 42% del fatturato complessivo delle imprese di produzione tipiche locali abruzzesi è stato generato dalla collaborazione con la Distribuzione Moderna attraverso i marchi del distributore (MDD). Si scende al 40% per i prodotti del Friuli-Venezia Giulia e al 36,9% per quelli campani. Secondo il report realizzato da The European House-Ambrosetti per ADM i produttori locali piemontesi hanno realizzato (dati 2022) il 27,1% del fatturato complessivo grazie alla MDD. Percentuali analoghe si registrano in Umbria (26,8%) e nelle Marche (26,1%). Emilia-Romagna, Veneto e Lazio rientrano tra le prime 10 regioni a beneficiare della collaborazione con la GDO rispettivamente con il 25%, il 24,5% e il 23,8% delle vendite di prodotti locali attraverso la Distribuzione Moderna. Seguono via via Toscana (11o, 23,3% del fatturato), Liguria (12o, 23,2%) e Sicilia (13o, 22,7%). Al di sotto del 20% si collocano il Trentino A.A (19,3%), la Lombardia (19%), la Basilicata (13,3%) e la Puglia (12,1%). Chiudono la classifica Molise (9,8%), Calabria e Sardegna (entrambe al 4,8%). «Per comprendere l’impatto fondamentale della Distribuzione Moderna, e nello specifico della Marca del Distributore o MDD», ha spiegato Valerio De Molli, managing partner e amministratore delegato The European House-Ambrosetti — basti considerare che la MDD coinvolge indirettamente circa 50 sotto-comparti economici e oltre 1.500 imprese del settore agricolo e food (il 92% italiane e il 78% piccole e medie) che producono alimenti commercializzati con la marca dell’insegna della distribuzione moderna. Gli effetti dell’inflazione e della riduzione dei volumi di vendita colpiscono perciò direttamente il patrimonio di imprese locali italiane che rappresentano la spina dorsale dell’economia del Paese». I prodotti a marca del distributore (MDD) rappresentano oggi il 31,5% dell’intero giro d’affari del largo consumo confezionato della Distribuzione Moderna in Italia, compresi i Discount: nel 2019 la cifra era del 28,3%. Il 2023 è stato chiuso con un fatturato record dei prodotti MDD di 25,4 miliardi di euro, a conferma di come la Marca del Distributore si afferma come unico canale in crescita sostenendo l’intero settore del retail alimentare: +332 milioni di euro anche nell’ultimo anno (fonte: EFA News – European Food Agency).
SLOW WINE FAIR 2024 TORNA A BOLOGNA, DAL 25 AL 27 FEBBRAIO, L’APPUNTAMENTO PER I PROFESSIONISTI DI HO.RE.CA. E GDO CON L’UNICA FIERA INTERNAZIONALE DEDICATA AL VINO BUONO, PULITO E GIUSTO 100
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iunta alla terza edizione e organizzata da BolognaFiere e SANA, Salone internazionale del biologico e del naturale, con la direzione artistica di Slow Food, Slow Wine Fair promuove i vini frutto di un’agricoltura sostenibile, incentrata sulla difesa della biodiversità e del paesaggio agrario, sull’uso oculato delle sue risorse, sulla crescita culturale e sociale delle comunità agricole, e su una maggiore consapevolezza dei consumatori. I padiglioni di BolognaFiere si aprono a circa un migliaio di espositori, rappresentativi di tutta la filiera del vino: dalle cantine alle aziende che supportano la sostenibilità dei produttori, fino al mondo degli amari e degli spirits. Ad accomunare le cantine presenti, selezionate da una commissione di esperti, è l’adesione alla Slow Wine Coalition e ai principi del Manifesto Slow Food per il vino buono, pulito e giusto. Numerosi anche i vini certificati biologici o biodinamici, grazie alla storica collaborazione tra BolognaFiere e FederBio. Oltre all’Italia, i Paesi di provenienza vanno dai più “classici” — Austria, Francia, Germania e Spagna — ai meno noti, quali Argentina, Cile, Georgia, Turchia, Australia e Cina. Il pubblico può così degustare al banco d’assaggio migliaia di etichette italiane ed estere e dialogare direttamente con chi le produce.
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La 2a edizione di Slow Wine Fair, a febbraio 2023, aveva fatto registrare oltre 10.000 ingressi e una forte presenza di operatori del settore, tra cui alcune centinaia di buyer provenienti dall’estero. Numeri che, sommati alle oltre 750 cantine, provenienti da più di 20 Paesi, alle 4.000 etichette del banco d’assaggio e alla nutrita partecipazione di produttori testimoniano il diffuso interesse nei confronti del vino secondo Slow Food.
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Non solo vini Per offrire un’esperienza conoscitiva e degustativa unica e completa, che va dall’aperitivo al dopo pasto, passando per la mixology, Slow Wine Fair ospita gli amari — nell’area dedicata alla Fiera dell’Amaro d’Italia, promossa da Amaroteca e dall’Associazione Nazionale Amaro d’Italia — e gli spirits, ovvero le bevande come brandy, rum, vodka e gin, ottenute dalla distillazione di cereali, frutta o verdura già sottoposti a fermentazione alcolica. Il parterre dei partner della sostenibilità annovera, invece, una rosa qualificata di imprese della supply chain che, coi propri macchinari, attrezzature e tecnologie innovative, contribuiscono a rinnovare il sistema agricolo e permettono ai vignaioli di adottare metodi di produzione rispettosi dell’ambiente.
Spazio, dunque, ai vivaisti attenti alle specie autoctone, ai vetri più leggeri e meno impattanti sulla logistica, ai materiali sostenibili per gli imballaggi, ai concimi e ai fitofarmaci organici e biodinamici, alle tecniche per recuperare e riutilizzare le acque reflue e alle migliori soluzioni hi-tech e digital per la viticoltura di qualità. Il programma Ad un’area espositiva così ampia e articolata si affianca il ricco programma di Slow Wine Fair. Qui, a spiccare, sono le masterclass, le attese degustazioni guidate che esplorano il panorama vinicolo italiano e internazionale e la realtà degli amari. Domenica 25 febbraio si parte con “La biodinamica tra Europa e Sudafrica”, che propone un confronto tra i vini da viticoltura biodinamica dei due continenti e un focus sul Palatinato; a seguire, “Alla scoperta delle vigne storiche ed eroiche dell’Emilia-Romagna”, regione che si distingue per la biodiversità dei propri vini, e “Outsider, piccoli grandi vini contro ogni pronostico”, sui vitigni che, tra le 635 varietà registrate in Italia, sono stati prima dimenticati, quindi riscoperti, salvaguardati e valorizzati. Lunedì 26, riflettori accesi su “Weingut Odinstal e l’illuminata direzione Schumann: la biodinamica in Pfalz”, ossia la più grande zona di produzione di Riesling al mondo e la regione viticola più estesa della Germania; “Il Modigliana bianco: la nuova stella dell’Appennino”, dove suoli difficili non hanno impedito a una piccola comunità di vignaioli di farne una sottozona della Doc Romagna sia per il Sangiovese che per vini bianchi a base Trebbiano; “Grappolo intero: confronto tra vecchio e nuovo mondo”, per verificare se il bicchiere contenga risultati tangibili di questo metodo produttivo. In chiusura, martedì 27, l’approfondimento sulla “Rifermentazione: quando l’acidità rock crea vini star”, che analizza come l’acidità dei mosti — uno dei pilastri della rifermentazione — sia, da un lato, tra i caratteri che i consumatori amano e ricercano maggiormente, e, dall’altro lato, un elemento sempre più difficile da conservare a causa del cambiamento climatico.
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A spiccare nel programma di Slow Wine Fair sono le masterclass, le attese degustazioni guidate che esplorano il panorama vinicolo italiano e internazionale e la realtà degli amari. Nutrito, poi, il palinsesto delle conferenze nelle Arene di Slow Wine Fair, dove dal 25 al 27 febbraio proseguono in presenza gli incontri finora avvenuti on-line e incentrati sul tema portante dell’edizione 2024: la fertilità del suolo. Partendo dall’assunto che solo da un suolo fertile e sano possa derivare un vino buono, il tema viene indagato sotto il profilo della rigenerazione del terreno e del ruolo che esso riveste in viticoltura, della necessità di politiche di tutela e del suolo come strumento di mitigazione degli effetti del cambiamento climatico. Questa attenzione conferma Slow Wine Fair come irrinunciabile occasione di confronto per i vignaioli e i vignerons che vogliono affrontare insieme il dibattito sulla fertilità del suolo e la crisi climatica, scambiarsi idee e buone pratiche produttive e farsi portavoce delle esigenze di chi già lavora nel rispetto della terra e delle comunità contadine. «Dopo due edizioni di grande successo, Slow Wine Fair sta prendendo corpo come l’evento del vino più identitario del panorama fieristico nazionale e non solo» sottolinea Giancarlo Gariglio, coordinatore della Slow Wine Coalition. «Questo grazie a un preciso lavoro sui contenuti, che puntano ad una viticoltura che rivoluzioni il sistema agricolo
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e presenti il vino come realmente è: un prodotto della pigiatura dell’uva che, se coltivata in modo virtuoso e seguendo pratiche agronomiche attente a preservare la salute del suolo e la sua vitalità, può contribuire a migliorare la salute del pianeta e a creare un sistema economico e sociale più giusto, rivitalizzando il tessuto dei borghi collinari a rischio di abbandono e di spopolamento». «In sole due edizioni, Slow Wine Fair si è ritagliata un preciso spazio nel calendario delle fiere europee del vino — osserva Domenico Lunghi, Direttore delle Manifestazioni Dirette di BolognaFiere — e ora vogliamo consolidarla. La manifestazione si rivolge principalmente all’Ho.re.ca. e alla GDO: buyer, ristoratori, enotecari, importatori, distributori, cuochi e sommelier. Col supporto di ICE-ITA Agenzia, delle Camere di Commercio e della nostra rete di agenti, sono stati reclutati molti buyer esteri e operatori dal Centro-Nord Europa, dove il vino sostenibile — specie se biologico o biodinamico — è sempre più richiesto. E questi professionisti possono usufruire di un servizio di matching on-line per fissare incontri one-to-one con potenziali partner commerciali». Se il taglio di Slow Wine Fair è spiccatamente B2B, nella giornata di
domenica 25 i padiglioni di BolognaFiere si aprono anche ai wine lovers interessati ad ampliare i propri orizzonti degustativi. Tornando al programma, lunedì 26 febbraio vengono conferiti i trentasei riconoscimenti legati al Premio Carta Vini Terroir e Spirito Slow. Sul podio, i locali — enoteche, ristoranti, osterie, bistrot e pizzerie — che, secondo il pubblico degli appassionati e una giuria di professionisti, meglio valorizzano i vini delle dodici categorie in concorso. Otto di queste categorie riguardano le migliori selezioni territoriali: Amarone, Champagne, Etna, Carso, Romagna, Rodano, Jura e Portogallo; quattro, invece, le categorie tematiche: i vini provenienti da vitigni autoctoni “minori”, quelli certificati biologici e/o biodinamici, quelli con il miglior rapporto qualità-prezzo e, infine, i locali all’estero con la migliore selezione di vini italiani buoni, puliti e giusti.
>> Link: slowinefair.slowfood.it
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FORMAGGIO
Caseificio Di Pasquo L’ARTIGIANALE BONTÀ DEI FORMAGGI MOLISANI di Veronica Fumarola
ell’alto Molise batte il cuore di Caseificio Di Pasquo, che da oltre 60 anni produce latte e formaggi grazie ad un sogno divenuto realtà: quello di Ciccillo Di Pasquo, storico lattaio di Agnone (piccolo paese in provincia di Isernia) che, spinto dalla passione per il suo lavoro e supportato dalla moglie CRISTINA, nel 1956 decise di acquistare
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una latteria, che presto diventò un vero e proprio laboratorio artigianale. Qualche anno più tardi, grazie al supporto del figlio LORENZO e della moglie AMELIA, il piccolo laboratorio si trasformò in un vero e proprio caseificio. E venne inaugurato anche un punto vendita nel centro di Agnone. Con l’ingresso in azienda dell’ultima generazione, ovvero delle quattro
figlie di Lorenzo e Amelia — DONATELLA, DEBORA, FABIOLA e MARTINA — il caseificio si è colorato letteralmente di rosa e oggi si può definire una realtà tutta al femminile. Attualmente il Caseificio Di Pasquo vanta la produzione di circa 30 tipi di formaggi a pasta filata di alta qualità: freschissimi, freschi e stagionati. «Da oltre 60 anni portiamo avanti una
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produzione artigianale che profuma di tradizione e ha il timbro del made in Italy» afferma Lorenzo Di Pasquo, proprietario del caseificio. «Tutti i nostri formaggi sono prodotti grazie a latte locale e al supporto di fornitori storici e di fiducia. La produzione avviene interamente nella nostra città, Agnone, in maniera artigianale, anche lavorando i formaggi a mano». Specialità casearie che profumano di Molise Il prodotto di punta del Caseificio Di Pasquo è il caciocavallo, simbolo del territorio molisano. «Ogni giorno, nel nostro caseificio, le mani abili dei casari danno forma a 5 differenti tipologie di caciocavallo, che si distinguono tra loro per tempi di stagionatura, aroma e peso» racconta Di Pasquo. «La nostra selezione include il celebre caciocavallo marchiato a fuoco Di Pasquo-Agnone, il gustoso Silano DOP (Caseificio di Pasquo è associato al Consorzio di tutela del Caciocavallo Silano DOP, NdR), il caciocavallo affumicato, il caciocavallo stagionato in grotta e quello tartufato. I nostri caciocavalli sono prodotti solo con latte di vacca italiano pastorizzato di altissima qualità e materie prime a qualità certificata». La marchiatura a fuoco non è una scelta casuale, ma voluta, per rendere i formaggi identificabili in maniera inequivocabile e garantire ai consumatori la qualità. «Dopo un breve periodo di essiccazione, il nostro personale esamina scrupolosamente il prodotto e, al termine degli opportuni accertamenti, procede alla sua marchiatura tramite impressione termica», spiega Di Pasquo. Altro prodotto di punta del Caseificio è la stracciata, un latticino dalla consistenza morbida ed elastica e dal gusto delicato. La sua superficie non uniforme è ottenuta dalla filatura e stracciatura a mano di pezzi più o meno omogenei di pasta filata di mozzarella. La stracciata è prodotta con latte di mucca pastorizzato e ingredienti di prima scelta. Il Montagnone, invece, rappresenta una vera e propria invenzione di Lorenzo Di Pasquo, che ama definire questa specialità «gigante come una montagna, buono, morbido e cremoso come la nostra terra». Il Montagnone è un formaggio semi stagionato, morbido
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In alto: Lorenzo Di Pasquo. A pagina 104: il caciocavallo Di Pasquo. «È il tipico formaggio molisano, che ci ha resi riconoscibili in Italia e non. Lo marchiamo a fuoco, uno a uno, proprio per questo motivo». all’interno, dal profumo delicato e dalla nota acidula. Completano l’offerta i latticini freschi (mozzarelle, scamorze, fior di latte, bocconcini, trecce, nodini, ricotta) e il burro zangolato ottenuto dalla crema di latte del caseificio. Una cantina “multisensoriale” Tutte le specialità del Caseificio Di Pasquo possono essere acquistate nel punto vendita di Agnone, inaugurato nel 1978 e ancora oggi attivo, situato al centro del paese, nello stesso luogo in cui sorgeva l’antica sede della latteria di papà Ciccillo. «Mozzarelle fior di latte, ricotta fresca, stracciata, scamorze, caciocavalli, caciotte, formaggio grattugiato e altri deliziosi formaggi freschi e stagionati sono solo alcuni dei prodotti caseari che si possono trovare ogni giorno nel nostro negozio» fa sapere Di Pasquo. «Il vasto assortimento è pensato per soddisfare ogni tipo di necessità ed offrire sempre la migliore scelta possibile. Il nostro punto vendita è un riferimento per Agnonesi, Molisani
e turisti interessati a riscoprire ogni giorno il sapore autentico della tradizione casearia dell’alto Molise». La “chicca” del negozio è la storica cantina del caseificio, situata al piano interrato: un ambiente suggestivo con grotte di tufo che può essere definito un vero e proprio caveau di profumi ed essenze all’interno del quale la famiglia Di Pasquo realizza visite guidate e degustazioni di formaggi e vini della regione per un’esperienza multisensoriale. Ma chi vive lontano da Agnone come può assaggiare queste prelibatezze? «I prodotti del Caseificio sono disponibili sul nostro e-commerce — caseificiodipasquo.com — e su tutto il territorio nazionale in diversi punti vendita d’eccellenza. Inoltre, abbiamo un servizio di “tentata vendita” disponibile ogni giorno nel Centro/Sud Italia» conclude Di Pasquo. Veronica Fumarola >> Link: caseificiodipasquo.com instagram.com/caseificio.dipasquo
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IL FORMAI DEL CIT Formaggio vaccino spalmabile, una volta veniva conservato in recipienti di pietra (“cìt”), oggi è un PAT del Friuli Venezia-Giulia di Roberto Villa
Storia e legame col territorio uesto prodotto deve il suo nome al cìt con cui veniva indicato il vaso di pietra usato per conservare l’impasto aromatizzato a base di formaggio. Ancora oggi il formai del cìt è preparato con il procedimento tradizionale, patrimonio famigliare tramandato oralmente da padre in figlio. Tuttavia, questa piccola produzione gode tutt’ora di una certa notorietà, tanto che estimatori vengono appositamente a Tramonti di Sopra per acquistarlo, soprattutto d’estate e in prossimità di festività1. L’areale di produzione è molto ristretto, al giorno d’oggi limitato al comune di Tramonti di Sopra (PN) sebbene in passato fosse molto comune anche nel territorio limitrofo di Tramonti di Sotto. La Val Tramontina è sempre stata ricca di pascoli estivi per l’alpeggio dei bovini e la produzione casearia è stata fiorente per secoli e nota in tutto l’Impero austro-ungarico, cui questo territorio apparteneva sino all’unità della penisola italiana alla fine del primo conflitto bellico mondiale. La Val Tramontina gode di una bellezza ancora in parte selvaggia, dove l’antropizzazione umana non ha sconvolto gli equilibri naturali e proprio per questo sta godendo di una buona attenzione da parte di turisti alla ricerca di tranquillità e armonia nel verde della vegetazione e nella vita calma dei suoi borghi2.
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Descrizione del prodotto La caseificazione generava inevitabilmente degli scarti (salatura non ottimale, forme gonfie e difettose) che non potevano essere venduti o consumati direttamente, pertanto l’ingegno locale
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Odore forte e sapore un po’ piccante, il formai del cìt gode di una certa notorietà, con estimatori che si recano appositamente a Tramonti di Sopra per acquistarlo. cominciò a rilavorare questi sottoprodotti: gli avanzi, tagliati in piccoli pezzi o grattugiati se si trattava di formaggi stagionati, venivano impastati a mano insieme a latte o panna e un pizzico di sale sino ad ottenere una crema densa, posta in un ambiente caldo-umido e lasciata a fermentare naturalmente per alcuni giorni.
Attualmente il procedimento è simile, si usano come materie prime formaggio Latteria e Montasio di stagionatura variabile ma compresa in genere tra i 2 ed i 12 mesi insieme a latte, sale e pepe, mentre l’uso dei tradizionali recipienti di pietra è sostituito da più igieniche bacinelle di plastica oppure da contenitori in terracotta smaltata.
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Si presenta alla vista come crema granulosa e irregolare; l’odore è forte, il sapore ha note leggermente piccanti dovute alla fermentazione spontanea. L’originalità delle fermentazioni da un produttore all’altro e da un anno all’altro lo rende una curiosità gastronomica ricercata dagli appassionati. Si consuma molto fresco, tra i 10 e i 20 giorni dalla produzione. Il formai del cìt è riportato nell’Atlante dei Prodotti Tipici, INSOR, 1989-1995, ed è annoverato tra i PAT – Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regione autonoma Friuli Venezia-Giulia. Consumo e abbinamenti gastronomici ed enologici Si può consumare come antipasto insieme ad altri formaggi e salumi della zona — il formaggio salato generato da salamoie centenarie e la pitina, tipico salume di recupero che rappresenta la vera e propria regina della Val Tramontina — oppure con il pistum, composto prodotto a base di rapa cotta3, accompagnato con pane di segale o con polenta. Altre modalità di consumo ne prevedono l’aggiunta come insaporitore originale nelle zuppe di cereali o come ingrediente nei ravioli di magro. L’abbinamento col vino del territorio può trovare un buon compagno nel Friulano Collio DOC4 o nel rosso Refosco dal Peduncolo rosso Friuli Grave DOC5. Roberto Villa
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Note 1. www.ersa.fvg.it/cms/consumatore/prodotti/formaggi/Formai-cit. html 2. valtramontina.it 3. Noto con vari nomi — Pestìc ad Andreis, Pastìc a Barcis, Pestìth a Claut, Cimolais, Erto, Pestìf a Cavasso e Vajont, Pistum in Val Tramontina e Brovedàr a Moggio Udinese e Val d’Aupa — è prodotto a partire dalle foglie delle rape sminuzzate e dalle rape più piccole tagliate a pezzettini, cotte in padella con strutto, aglio, cipolla, sale, pepe a cui viene aggiunto negli ultimi minuti il suf, polentina liquida preparata con farina di mais. 4. www.collio.it/vino/friulano 5. www.docfriuligrave.com
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FODÓM, UN FORMAGGIO CHE RACCONTA LA MONTAGNA
È prodotto nell’omonima valle ladina delle Dolomiti bellunesi con il latte conferito da otto allevatori che sfidano le difficoltà dell’alta montagna e custodiscono un territorio di grande bellezza. Ed è da poco diventato Presidio Slow Food 108
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ono in otto e, nonostante le difficoltà, resistono, come i loro nonni un secolo fa. «Non abbiamo alcuna intenzione di chiudere le stalle, non vogliamo abbandonare la montagna» sintetizza EGIDIO DE ZAIACOMO, 66 anni, una vita spesa a Livinallongo del Col di Lana, tra le Dolomiti bellunesi, Patrimonio UNESCO. Suo figlio ERWIN è uno degli otto allevatori che conferiscono il latte alla latteria cooperativa dove si produce il Fodóm, un formaggio a pasta semicotta ottenuto con latte vaccino intero crudo, appena diventato Presidio Slow Food. Lui, Egidio, gli dà una mano in azienda ed è il referente dei produttori del Presidio.
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Cosa rende così difficile lavorare su queste montagne? Livinallongo del Col di Lana, 1.300 abitanti sparsi in 17 frazioni, sorge ai piedi del massiccio del Sella: la valle di Fodóm inizia a 1300 metri e i suoi pascoli più alti superano i 2000 metri. Pendii ripidi, caratterizzati da un’ecce-
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zionale varietà di erbe foraggere che si rivelano un ottimo pascolo e assicurano un fieno altrettanto eccellente: la raccolta inizia a giugno sui prati che circondano i masi, prosegue in agosto sui prati in altura e si conclude sul finire dell’estate, con un secondo sfalcio dei prati intorno al maso. Mescolando i due tipi di erba, si ottiene un fieno eccellente, in grado di fornire un latte ricco di antiossidanti e vitamine. Fare agricoltura in montagna e allevare le bestie in altura, però, è tutt’altro che semplice. «Il primo elemento di difficoltà è rappresentato dalla pendenza dei prati — spiega De Zaiacomo — perché occorre dotarsi di macchinari speciali per la fienagione che assicurano stabilità e sicurezza nel lavoro, ma che costano il doppio di quelli usati a quote basse, dove i pendii sono più dolci». Per fare il fieno ci vuole più tempo: «In un giorno noi riusciamo a fare un ettaro di fieno, a 200/300 m di altitudine si può arrivare anche a dieci». Il motivo? Per sfalciare in piano possono
utilizzare macchine più grandi. E poi c’è da tener presente che chi lavora in alto deve anche occuparsi di portare più a valle, nelle stalle, il fieno: tempo e soldi che se ne vanno. Altra cosa: «Dobbiamo falciare superfici più ampie, perché i prati in alta montagna rendono di meno, dal punto di vista quantitativo» ricorda il referente. La richiesta? Che la politica riconosca le differenze Nonostante le difficoltà, per i produttori del Presidio resistere in alta montagna è importante. Da un punto di vista qualitativo, ad esempio, il latte non ha paragoni: «In un metro quadrato dei nostri prati stabili ci sono un centinaio di essenze arboree diverse, rispetto alle quindici di un prato a bassa quota. Noi ci difendiamo con la qualità organolettica e nutrizionale di questo latte — rivendica — ma sfalciare i prati e fare il fieno non è un vantaggio solo per noi: genera benefici per il turismo, perché un prato sfalciato e un territorio
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IL Fodóm è un formaggio a pasta semicotta ottenuto con latte vaccino intero crudo di vacche Brune alpine e Pezzate rosse. A produrlo sono otto allevatori nella zona di Livinallongo del Col di Lana, nel Bellunese. curati sono belli e rendono più gradevole il paesaggio. I prati permanenti curati e gestiti dagli allevatori locali, inoltre, contribuiscono a contrastare il dissesto idrogeologico e le slavine», un aspetto non trascurabile in un luogo come Livinallongo, in cui persino il nome, in ladino, richiama a una valle lunga con pendii ripidi, soggetti a slavine. «Noi vorremmo che le differenze siano riconosciute, cosa che oggi non accade» prosegue De Zaiacomo. «La Regione Veneto considera montano l’intero territorio provinciale di Belluno, indipendentemente dall’altitudine, e questo fa sì che le indennità compensative riconosciute a noi, che stiamo a quote alte, siano di poco superiori a quelle erogate a chi lavora in basso. Ma i costi in alta montagna sono molto più alti e le condizioni di lavoro più dure». Così, spiega, solo il 5% delle aziende che producono latte in provincia di Belluno lavora quotidianamente in queste condizioni e molti agricoltori, in inverno, devono avere un secondo
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lavoro: le risorse dell’allevamento, semplicemente, non sono sufficienti. «Geneticamente abbiamo ereditato dai nonni l’attaccamento alla terra» conclude De Zaiacomo. «Non vogliamo andare via, vogliamo vivere qua e vogliamo che anche i nostri figli e nipoti possano farlo. Ma non è possibile che in inverno i contadini delle terre alte debbano cercarsi altri lavori per mettere insieme un reddito che consenta loro di vivere. Oggi sono costretti a lavorare negli impianti di risalita o a sgombrare la neve, ma avere due impieghi così diversi non consente di lavorare bene con gli animali: va difesa la dignità del contadino, perché se muoiono i contadini muore la montagna». Il Fodóm, più di un formaggio La Latteria cooperativa di Livinallongo produce vari formaggi, ma il Fodóm — fatto con latte crudo di vacche Brune alpine e Pezzate rosse — è la tipologia tradizionale che da sempre si produce in questa valle. Al latte, scaldato a 36,5
gradi, viene aggiunto il latte-innesto autoprodotto e il caglio di vitello. Dopo mezz’ora di riposo avviene la rottura della cagliata, in diverse fasi e a dimensioni via via sempre più fini. Quindi la cottura, la raccolta in un telo di lino e la pressatura, con tanto di applicazione della placca con la scritta Fodóm. Poi la salamoia e infine il via alla stagionatura, che può durare 3/4 mesi. Le forme in commercio si presentano con diametro tra i 30 e i 35 cm, spessore di 7-8 cm e peso di circa 5 kg. Il Presidio Slow Food intende promuovere le produzioni casearie della valle, dando loro il giusto valore, sostenendo così allevatori e casari. L’obiettivo principale è avviare una produzione di Fodóm fatto col latte crudo estivo, ottenuto in alpeggio, da affiancare a quello che si ottiene nel resto dell’anno con i fieni dei prati stabili locali. Fonte: Slow Food Nota Photo © @OliverMigliore.
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ANTICA CORTE PALLAVICINA Ristorante “AL CAVALLINO BIANCO” 43010 Polesine Parmense (PR) Tel. 0524 96136 – Fax 0524 96416 www.acpallavicina.com
Nel 1905, nostro nonno Spigaroli Luigi riesce a diventare fittavolo dell’Antica Corte Pallavicina. Il vecchio castello eretto nel 1400 dai Marchesi Pallavicino, trasformato nel 1700 in azienda agricola, è situato sulla riva del Po. Nascono sei figli e l’ultimo, nel 1916, è nostro padre Spigaroli Marcello. Egli diceva che nel castello si stava bene, avevano il traghetto sul fiume, in estate curavano il podere, allevavano come sempre parecchi maiali che in inverno macellavano e facevano i salumi. Salumi che venivano venduti, da prima interi, ai passeggeri del loro traghetto poi, in seguito, al sorgere di una prima baracchetta di legno in riva al Po, affettati insieme al pane, a coloro che, sulle rive del fiume, si recavano in passeggiata anche dai paesi vicini. Da quella baracchetta successivamente ampliata, ma sempre in legno, e divenuta il “Lido di Polesine”, nel quale si ballava e si facevano merende, trarrà origine, dall’immane sforzo congiunto della zia Emilia e dei nostri genitori, il ristorante “Al Cavallino Bianco”. Di posti come il vecchio castello in riva al fiume non ne esistono quasi più, con muri di oltre un metro di spessore, con cantine stupende dove i marchesi stagionavano i loro salumi che inviavano agli Sforza a Milano. Infatti più i salumi e i culatelli sono vicini al grande fiume e più sono buoni!! Tutti quei racconti non li abbiamo mai dimenticati e quando dieci anni fa viene venduta la vecchia Corte Pallavicina decidiamo di acquistarla, con grandi sforzi economici, per poter continuare come il bisnonno, il nonno, il papà a fare dei salumi unici, non sintetici, che mangiandoli scopri da dove vengono e chi li ha fatti. Del resto alla nostra famiglia il senso del buono l’ha insegnato una persona che di cose buone se ne intendeva e noi non ce la sentivamo proprio di lasciar perdere tutta questa esperienza. Massimo e Luciano Spigaroli figli di Marcello.
OLIO
LE NOSTRE VITE PER L’OLIO.
I CENTO ANNI DEL FRANTOIO SALVAGNO La storia di un’impresa familiare, con un capostipite visionario e una discendenza innamorata dell’olivicoltura e vocata alla fatica, condensata nel libro celebrativo del centenario di Gian Omar Bison 112
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n secolo, occorso quest’anno, tra gli ulivi della Valpantena, nel Veronese. Un secolo tra guerre, cambiamenti di costume, investimenti e tanto lavoro. La storia della famiglia Salvagno di Nesente e del loro frantoio, condensata nel libro celebrativo del centenario “Le nostre vite per l’olio. I cento anni del Frantoio Salvagno” a cura di GIOVANNI SALVAGNO, ELENA SALVAGNO, CRISTINA SALVAGNO e FRANCESCA SALVAGNO con l’Introduzione di LUIGI CARICATO e pubblicato da OLIO OFFICINA, è la storia di tutto questo: di un’impresa contadina, familiare, con un capostipite visionario e una discendenza innamorata dell’olivicoltura e vocata alla fatica. Un’abnegazione totale, cocciuta, orgogliosa, consapevoli innanzitutto del ruolo sociale, prima ancora che professionale ed economico, che andava esercitato nell’interesse dei coltivatori e dei lavoratori del territorio limitrofo a cui dare un servizio, con cui collaborare. Nel 1923 Gioacchino Salvagno decise di aprire una realtà produttiva per molire
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A sinistra: il clima con estati calde e piovose e inverni mitigati dalla vicinanza del lago e dalla barriera dei monti Lessini, i terreni fertili e facilmente lavorabili fanno di questa zona l’ambiente ideale per olii dal gusto delicato e raffinato. In basso: Giovanni, Elena, Cristina e Francesca Salvagno. «In ogni bottiglia c’è tutta la nostra storia, tutti i cento anni di sogni, di passioni, di impegno ininterrotto che abbiamo vissuto ogni giorno dell’anno e i tanti altri giorni che di qui in avanti vogliamo vivere con le generazioni a venire».
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le olive e soddisfare così un’esigenza per i coltivatori della zona. Negli anni, l’azienda si è evoluta e dal frantoio ad uso familiare si è arrivati all’attuale realtà che ha un impianto tradizionale con molazze in granito e tre presse con una capacità produttiva di 600 kg l’ora e un impianto a ciclo continuo all’avanguardia con una capacità produttiva di 3000 kg l’ora. Il frantoio, oltre a lavorare le olive di proprietà, serve circa 700 aziende olivicole locali. Una produzione che ad oggi raggiunge mediamente i 250.000 litri all’anno derivati dagli 8.000 ulivi di proprietà e dalle 500 aziende conferitrici. «Se oggi con la mia famiglia sto proseguendo il lavoro — evidenzia nel libro Giovanni, figlio di Gioacchino — e con esso la creatura messa in piedi da mio padre, il frantoio cui tengo moltissimo, e al quale le stesse mie figlie si dedicano, allora sì, posso affermare che questa grande eredità che ho ricevuto è innanzitutto affettiva: un’eredità morale, di tecniche professionali e di conoscenze acquisite, di amore per il
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“Le nostre vite per l’olio. I cento anni del Frantoio Salvagno”: ad un secolo di distanza dalla fondazione della propria azienda, Giovanni Salvagno, con la moglie Elena e le figlie Cristina e Francesca, riflettono sulla propria storia e ne scrivono insieme un racconto toccante e intenso edito quest’anno da Olio Officina. proprio lavoro. Mio padre mi ha aperto un mondo. Mi ha riempito di affetto. Era silenzioso, di poche parole, ma ogni sua parola conteneva una vastità di segni e di messaggi. Ogni volta che percorro le nostre campagne rivedo lui e ripenso alla sua dedizione». Il frantoio era stato aperto da Gioacchino insieme ai suoi fratelli ELISEO, ANGELO e GIUSEPPE nel 1923 soprattutto per la lavorazione in conto terzi, anche perché non esisteva ancora il commercio dell’olio così come lo si concepisce ora. L’olio era destinato all’autoconsumo, per uso domestico. «Mio papà era alla vecchia pesa — sottolinea Giovanni — e ciascuno pagava per l’olio sfuso acquistato. I primi anni addirittura non disponevamo nemmeno di un marchio. Io ho cominciato a lavorare in frantoio che avevo 15 anni e ricordo che dovevo fare il turno di notte insieme agli operai. Avevo una brandina dove mi appisolavo nel locale in cui tenevamo l’olio. Sempre all’erta anche perché quasi tutte le notti si riscontravano problemi alle macchine. Il capoturno in quegli anni si chiamava GUERRINO MEZZARI, per noi una colonna portante. Poi negli anni ho pensato a creare e potenziare il brand,
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a confezionare l’olio, a creare una rete commerciale, ad andare oltre alle vendite locali e regionali, oltre anche a quelle nazionali. Il frantoiano di ieri era un produttore di olio e basta. Quello di oggi è un commerciante, va per fiere, prende aerei e promuove il prodotto in giro per il mondo». «L’azienda — spiega Francesca Salvagno — segue direttamente tutto il ciclo produttivo: dalla potatura alla raccolta, dalla spremitura alle operazioni di marketing. La ricerca e la sperimentazione dei diversi metodi di coltivazione delle piante e delle cultivar, che si sposano meglio sui nostri terreni, è continua. Il nostro olio è distribuito in farmacie, erboristerie, centri di prodotti naturali, ristoranti e direttamente ai privati. Circa il 50% della nostra produzione è esportato in diversi paesi del mondo, anche grazie al nostro sistema di e-commerce attivo da più di dieci anni sul sito”. L’azienda riserva particolare attenzione alle visite in azienda sia da parte di scolaresche che di privati. «Per noi l’oleoturismo riveste una parte significativa dell’attività», dice Francesca che aggiunge: «Abbiamo circa 3.000 persone in visita all’anno al frantoio in-
teressati ad acquistare l’olio ma anche a conoscere la storia dell’impresa, il ciclo produttivo, la degustazione e il legame con il territorio. Le scolaresche vengono in visita gratuitamente: è importante per noi spiegare alle nuove generazioni, che saranno i consumatori di domani, il valore e l’importanza dell’olio che noi sosteniamo essere un alimento e non solo condimento». La cultivar preferita dei Salvagno? Il Grignano. «Produce in maniera omogenea e costante tutti gli anni —sostengono — e ne deriva un olio dolce, corposo e molto gastronomico». Il futuro del settore? «Vorrei non vedere più sugli scaffali dei supermercati l’olio a 2,99 euro — conclude Giovanni — anche perché è un’offesa a chi produce. L’Italia dovrà necessariamente investire in nuovi oliveti e se vogliamo non subire la concorrenza di Paesi come Spagna e Grecia dobbiamo puntare su coltivazioni ad alta densità, senza per questo venir meno alle coltivazioni tradizionali adeguate in termini di meccanizzazione delle operazioni colturali». Gian Omar Bison >> Link: www.oliosalvagno.com
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Carta degli oli extravergini della Calabria, biodiversità olivicola e qualità organolettiche Nell’ambito del progetto “Oleario, dove l’Italia lascia il segno” il CREA – Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria ha presentato la Carta degli oli extravergini d’oliva della Calabria quale strumento capace di sintetizzare e valorizzare gli elementi distintivi degli oli di qualità calabresi. Secondo il CREA, “la Carta degli oli costituisce uno strumento di conoscenza importante per diffondere la qualità dell’olio e le peculiarità dei nostri territori. Pensata per il mondo della ristorazione e per tutti, potrà offrire un panorama variegato e puntale dei migliori oli italiani presenti sul nostro territorio, ricco di tradizioni e di storia. La carta degli oli racconta la grande biodiversità olivicola del nostro Paese e le fragranze che il consumatore attento riuscirà a percepire con maggiore consapevolezza, anche attraverso questo strumento”. Il progetto Oleario ha l’obiettivo di unire competenza e comunicazione per generare un’accelerazione dei processi culturali che riguardano il settore olivicolo. L’olio fa da sempre parte della vita del nostro Paese, delle sue tavole, della sua cultura. “Ma possiamo davvero dire di conoscerlo, di conoscerne le varietà, gli stadi di preparazione, le infinite differenze di gusto, colore e profumo? Ogni olio ha una storia a sé, che nasce dal territorio e dal suo prodotto: l’oliva, con i suoi diversi colori e forme, e il territorio fa davvero la differenza. La direzione intrapresa è quella di una rivoluzione ed evoluzione culturale che apra nuovi orizzonti e, in un futuro prossimo, attivi ulteriori meccanismi nel processo di conoscenza del mondo dell’olio per elevare l’olio extravergine d’oliva italiano a prodotto riconosciuto da tutti i consumatori nella sua eccellenza, da scoprire e valorizzare sotto numerosi punti di vista. Parlare di un solo olio è però riduttivo: esistono e vanno raccontati tanti oli quanti sono i territori che li producono. Le varietà di ulivi, adattati nel corso di millenni a diversi fattori territoriali e climatici, danno origine alle varietà degli oli. Ciascuno con precise identità, distinti e accomunati dal nome. Non parliamo quindi genericamente di olio, ma di oli italiani. Olio che torna ad avere una caratteristica di unicità in quanto prodotto principe della nostra tradizione enogastronomica”. • Il PDF si può scaricare a questo link: oleario.crea.gov.it/cartadeglioli
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LO CHEF DELL’OLIO
METTICI IL NASO! Chimica ed emozione di Fabrizio Bertucci
enza troppi giri di parole… La qualità di un olio extravergine di oliva si determina dalle analisi chimiche in laboratorio e dall’analisi sensoriale.
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Fiducia nel produttore È evidente che il fruitore, nel primo caso, si debba accontentare delle schede fornite dal produttore: • sia in termini di acidità che, più è bassa, e più l’olio è di qualità, per legge uguale o minore allo 0,8%, e che non è la responsabile di quel “pizzicore”, il piccante ed amaro che ci tocca la gola e che ci fa, a volte, tossire; • anche per i perossidi, che vengono determinati tramite analisi di laboratorio ed indicano un’alterazione di tipo ossidativo, sinonimo di degradazione ed invecchiamento. La legge prevede che il limite relativo al numero di perossidi in un olio extravergine d’oliva sia 20. Al di sopra di questa cifra l’olio è considerato lampante e quindi di bassa qualità. Il valore è giudicato accettabile se al di sotto di 12, ottimo al di sotto del 7; • poi i polifenoli, che, se pur leggibili sulla stessa scheda di laboratorio, iniziano ad introdurci nel mondo delle sensazioni sensoriali. Sostanze antiossidanti ed antinfiammatorie, sono in grado di modificare le caratteristiche organolettiche del prodotto determinando i vari gradi di aroma fruttato e le sensazioni gustative di
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piccate ed amaro (…quindi non voglio più sentire “questo olio è troppo acido per me”, promesso?). Hanno il pregio di regalarci nell’immediato meravigliose sensazioni di erbaceo, fruttato, fresco, vegetale, ecc…, così come hanno la licenza di “sedersi” un po’ se conserviamo male e per lungo tempo i nostri oli. MAI vicini a fonti di calore, in presenza di luce, e di ossigeno. Veniamo al nostro naso I ricordi olfattivi nella nostra vita sono probabilmente molti meno di quelli visivi. Ma sono indelebili perché la percezione olfattiva è anche legata alla sfera emotiva, tendiamo a legare una forte emozione all’odore che c’era in quel momento (una casa dove hai abitato per trent’anni con mamma e papà, l’odore della prima automobile usata da neopatentato, il profumo di una persona cara…). Ma non sono altro che molecole chimiche che interagiscono con i ricettori del nostro naso. E, sappiatelo, la memoria olfattiva può essere allenata. Posto che questo tipo di percezione è in qualche misura soggettivo, e che ognuno di noi può catturare l’intensità di quella molecola in maniera lievemente diversa, divertiamoci ad iniziare questo gioco, approfondiamolo e ripetiamolo sempre al fine discernere ma anche di goderne. Siete pronti per partecipare ad un appuntamento di avvicinamento al meraviglioso mondo dell’EVO? Affidiamoci
ad un tecnico che possa guidare la serata tanto informale quanto piacevole ed evitiamo di essere raffreddati, o di indossare profumi forti o di fumare almeno per un’ora. Poi stappiamo la nostra bottiglia di olio extravergine di oliva, versiamone un poco nel bicchierino da degustazione (sono blu scuri… non facciamoci condizionare dal colore del contenuto), chiudiamolo subito con la mano e, con l’altra sotto, scaldiamo il vetro ed il suo contenuto. A circa 28 °C l’olio extravergine di oliva regala il meglio di sé. Poi portiamolo al naso, togliamo la mano che lo tappava ed inspiriamo. Ora siamo soltanto noi e lui. Partiamo dalle categorie che conosciamo meglio: fiori? Frutta rossa? Frutta a polpa bianca? Note dolci di frutta secca? Note verdi? Vegetali? Foglie? Prato tagliato? Erbe aromatiche? Erbe balsamiche? Non abbiate paura di sbagliare, di citare riconoscimenti che al momento vi sembreranno surreali, ma che attraverso la guida dell’organizzatore professionista della degustazione, vi ricondurranno a caselle più precise. Una volta identificata la categoria, sarà più semplice andare nel dettaglio e nella sfumatura. Gli elementi che determineranno le differenze tra un olio ed un altro sono la varietà di oliva, il territorio e la sua esposizione, il lavoro in campo, l’epoca di raccolta, modalità e tempi di molitura e conservazione. E lì via con il divertimento. Vi imbatterete in oli leggermente
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agrumati, nota di frutta matura, foglia di pomodoro, erba tagliata, carciofo, basilico, mandorla fresca e chi più ne ha più ne metta. Per quanto riguarda le mie degustazioni, chiudo con un aneddoto simpatico (che potreste ripetere nel momento in cui anche voi, ospitando qualche amico, vorrete far assaggiare in sede di convivio gli oli importanti che avete appena acquistato): tre oli, due
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di qualità e l’altro di supermercato, da poco prezzo (oramai rari), con olive della “Comunità europea e non”, come da etichetta. Vestite le tre bottiglie con foglio di carta d’allumino al fine di renderle anonime. Iniziate da quelli di qualità e sentirete erbaceo, vegetale, prato, oliva fresca, ecc…, poi, per ultimo, quello della Grande Distribuzione. Iniziate a notare smorfie, turbamento,
quasi disgusto e sarà stupendo sentire, come ho sentito io… «quello di prima mi sembra andato a male, cherosene, roba vecchia». Perché signori, ricordate, lo stesso naso che vi regalerà piacere, potrebbe portarvi verso muffa, morchia e rancido. Più avanti passeremo al palato! Buon inizio di degustazione dal vostro Chef dell’olio. Fabrizio Bertucci
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VINO
VIENNA E IL SUO VINO di Riccardo Lagorio
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on i suoi 575 ettari dedicati e 2,4 milioni di litri di vino prodotti, Vienna è la metropoli europea più vitata. Così, oltre al Duomo di Santa Stefano, i caffè storici e i numerosi musei, il vino di Vienna può essere considerato una delle molle turistiche per la città, specie tra fine settembre e novembre. In questo periodo le aziende vitivinicole offrono una bevanda simile al mosto, dolce e
frizzante, che si chiama Sturm, assai dissetante, che ogni punto di ristoro dispensa ai passanti. L’ultimo fine settimana di settembre viene invece organizzato dalla stessa città Der Wiener Weinwandertag, traducibile con La Giornata di escursioni o passeggiate sul vino di Vienna. Ciascuno può seguire diversi itinerari alla scoperta dei vigneti e delle cantine, prenotare assaggi e visitare le strutture. Ma, soprattutto, chi ama i vini
bianchi, troverà a Vienna tutto l’anno straordinarie opportunità per allenare il palato grazie alla presenza di oltre 140 aziende vitivinicole, molte delle quali specializzate nella produzione di Wiener Gemischter Satz, il vino che si ottiene dalle uve bianche coltivate sulle colline dei sobborghi a Nord (e in minor misura a Sud) della città. I vantaggi di questo metodo erano e sono soprattutto due: si riesce da un
Il Wiener Weinwandertag è il modo migliore per esplorare e godersi la ricca cultura vinicola di Vienna, la metropoli più vitata d’Europa. L’evento si svolge annualmente l’ultimo fine settimana di settembre.
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In alto: merenda tra i vigneti viennesi (photo © PIDFürthner). In basso: Martin Obermann, vignaiolo, con la sua Weinbau Buschenschank Obermann nella borgata di Grinzing, tra le più quotate della capitale austriaca.
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In alto: Johannes Müller e un particolare della sua Buschenschank, nella quale si servono piatti freddi e il vino di propria produzione. In basso: l’ingresso della modernissima cantina Christ, realizzata usando materiali come pietra, vetro e legno. lato a produrre vini molto complessi, al contempo freschi, fruttati e corposi, e dall’altro ai viticoltori la vendemmia viene assicurata. Soprattutto in passato quando l’economia familiare dipendeva strategicamente dalla vendemmia, avendo le diverse varietà anche periodi di fioritura diversi, non poteva succedere che un raccolto andasse completamente distrutto a causa delle condizioni meteorologiche nel periodo di fioritura: al massimo la cattiva annata era confinata ad alcuni vitigni.
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Dall’aprile 2011 esiste un regolamento per la produzione di Wiener Gemischter Satz, che definisce il suo profilo: il vino deve essere prodotto al 100% con uve provenienti da vigneti viennesi che vengono raccolte e trasformate insieme. La percentuale della varietà più presente non deve superare il 50%, mentre la percentuale della terza varietà per quantità non deve essere inferiore al 10%. Dal 2013 il Gemischter Satz viennese è stato inserito nel marchio DAC (Districtus Austriae Controllatus),
una denominazione di origine simile all’IGT sia per la versione semplice sia per la versione Ried, o vigneto, un concetto simile a quello di clos. «Nei miei 4 ettari si possono trovare 13 varietà di uva, che vengono raccolte contemporaneamente. Oltre a Pinot bianco, Riesling e Chardonnay, vi sono tralci che ci riportano al passato, quando le vigne furono piantate a metà Novecento da mio bisnonno» spiega Martin Obermann (weinbauobermann.at), vignaiolo nella
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L’Heurige della Weingut Christ, nel sobborgo di Wien-Jedlersdorf, situato all’interno di un gradevole giardino. borgata di Grinzing, tra le più quotate della capitale. E aggiunge: «Questa è proprio la caratteristica principale: può accadere che alcune abbiano raggiunto la perfetta maturazione e altre siano lì lì per raggiungerla, creando quel perfetto connubio di aromi, colore e alcolicità che contraddistingue questa tipologia di vino. Anche l’età delle vigne è poi fondamentale perché, grazie alle lunghe e provate radici, le piante sono bene esercitate a raggiungere l’acqua e l’umidità
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anche in periodi di prolungata siccità». Mostra con orgoglio la fotografia che ritrae il futuro re Carlo III in visita alla piccola azienda agricola nel 2017: lo si vede immortalato nel centro della sala della Buschenschank, quello che nei Paesi di lingua germanica si può avvicinare all’agriturismo. Oltre al Wiener Gemischter Satz, Obermann imbottiglia anche Riesling, Pinot nero e Chardonnay: in totale meno di 30.000 bottiglie all’anno perlopiù vendute sul posto.
Nelle stessa area di Grinzing, Johannes Müller (jmueller.at) ha aperto la sua Buschenschank da aprile a ottobre. «Abbiamo un punto mescita pure nell’area di Nussberg: qualche tavolo e delle panche. Di più non si può fare, secondo il decreto dell’Imperatore Giuseppe II ancora in vigore, che permetteva ai viticoltori di vendere il proprio vino all’interno di strutture temporanee per tre giorni alla settimana». In queste strutture si possono servire piatti freddi e il vino di produzione propria. «I crostini di pane con formaggio fresco sono i più diffusi assieme al liptauer, una mescolanza di formaggi morbidi, rinvigoriti da cipolla tritata finemente e pepe. Talvolta in città si propongono piatti preparati in casa anche caldi come la pancetta». La passione di Johannes per la vigna è palpabile e la sente come un incarico di famiglia. «Il nonno acquistò un piccolo appezzamento e per lui la vigna era il miglior passatempo possibile. I miei genitori erano impiegati in lavori d’ufficio e riuscirono a risparmiare una piccola somma che permise loro di avere appezzamenti di vigne abbastanza grandi che una famiglia potesse viverci. E quindi eccomi qua con le mie 9.000 bottiglie all’anno, che provengono da 15 diversi appezzamenti». Vendute perlopiù in loco e a due ristoranti della zona. Nel territorio della capitale austriaca si possono incontrare numerose cantine realizzate di recente, che risultano interessanti anche dal punto di vista architettonico. Dovendo tener conto dei regolamenti edilizi in vigore a Vienna, è stato in parte necessario combinare edifici preesistenti con nuovi e funzionali elementi architettonici, rispettando sia criteri di funzionalità che criteri estetici. Un ottimo esempio di questa nuova tendenza è la costruzione della Cantina Christ (weingut-christ.at). Anche in questo caso incombe una nuova generazione: Manuel gestisce la cantina e l’Heurige (la traduzione potrebbe suonare con taverna), una combinazione di legno, pietra e vetro all’interno di un gradevole giardino. Qui c’è da provare il Gemischter Satz Ried Wiesthalen, buona alcolicità, fruttato il giusto. E, se siete interessati a questo mondo, si tratta di un vino anche vegano… Riccardo Lagorio
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VIAGGI DEL VINO: LA VIGNA EROICA di Massimiliano Rella
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a vigna “eroica” è una pratica viticola – e un modo di fare il vino — molto valdostana, un metodo di coltivazione della vite caratteristico dei territori montuosi e che “disegna” il paesaggio e che non potrebbe essere altrimenti in questa piccola regione dall’orografia estrema, difficile, impegnativa. Per dirla con le parole del ricercatore Rudy Sandi, «una viticoltura fortemente connotata e identitaria, con tre aspetti fondamentali: l’eccezionale geologia e ricchezza di biodiversità; la storia umana e produttiva; la ricchezza ampelografica». Pochissimi terroir hanno la complessità di questa viticoltura. Tanto impegnativa che per coltivare l’uva bisogna lavorare a mano, con fatica, su ripide pendenze: si stimano 1.200 ore per 1 ettaro di vigna. Bisogna essere (onore al merito) dei piccoli “eroi”. Come i produttori del comune di Aymavilles, Aosta, che abbiamo incontrato in occasione della vendemmia di San Martino, a novembre, per un focus sui vitigni autoctoni valdostani – Fumin, Neret, Blanc Comun, ecc… – un altro aspetto interessante che completa il quadro dell’enologia valdostana. Il Fumin è una varietà a bacca rossa che negli anni ‘90 fu recuperata dall’Institut Agricole Régional grazie al canonico Vodan, ma fu un produttore, Costantino Charrère, proprietario della cantina Les Crêtes (www.lescretes.it) a vinificare in purezza quest’antica varietà che rischiava di scomparire. Piccole vigne per un vino originale, quasi enig-
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L’azienda Les Crêtes nasce nel 1989 ad Aymavilles per opera di Costantino Charrère ed è oggi gestita dalla sua famiglia che, proprietaria di uno storico mulino ad acqua del ‘700 e delle antiche cantine di Via Moulins, si occupa, da cinque generazioni, di produzioni agroalimentari. I vigneti si estendono lungo l’asse orografico della Dora Baltea. Il comparto più ampio si sviluppa nella zona “Les Crêtes” di Aymavilles, dove la panoramica collina del Côteau la Tour offre la sua torre medievale, abitata sino al secolo scorso da un eremita (photo © facebook.com/lescretes/photos).
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matico, il Fumin La Cor Valle d’Aosta DOP, rosso ricco di sfumature al naso, dalla frutta matura ai fiori appassiti, e dal palato rigoroso, ma morbido, lungo e suadente. Interessanti anche il Torrette Superiore Valle d’Aosta DOP, da uve Petit Rouge in purezza, e il lavoro di ricerca che la cantina sta facendo sulla Petite Arvine, un’uva bianca, questa, dalle grandi potenzialità, con un’importante acidità e intensità olfattiva, vinificata in diverse espressioni, un cru, uno spumante e un bianco affinato in contenitori “uovo” di cemento per farne una riserva di 10 anni. Una sperimentazione cominciata nel 2018 e che uscirà nel 2028. Ci sono piaciute anche le due etichette del progetto “Miniera” della cooperativa Cave des Onze Communes (www.caveonzecommunes.it), una realtà di 147 soci con 73 ettari di vigne nella fascia tra i 550 e i 900 metri slm. L’altezza è importante: infatti i due vini, il rosso Torrette Superiore e il bianco Petite Arvine, maturano per 10 mesi in vasche di granito, una roccia tipica del Monte Bianco, e affinano 12 mesi in bottiglia a oltre 2.000 metri d’altezza nelle antiche miniere di magnetite, a temperatura costante di 6 gradi. Il primo è un rosso ottenuto da un uvaggio composta da Petit Rouge (70%), Fumin (20%) e Cornalin, dalle note di ciliegia, prugna e piccoli frutti, dal palato importante, fruttato, con accenti tannici e minerali. Il secondo è un bianco da uve Petit Arvine in purezza, persistente dalle note floreali, di agrumi e frutta esotica, fresco e minerale in bocca, con sentori di confettura. Il terzo protagonista è il vitigno Blanc Comun scoperto da Rudy Sandi, due sole piante una ventina d’anni fa. Dopo l’analisi del DNA fu però il piccolo produttore Didier Gerbelle (www.gerbelle. vievini.it) a coltivarlo a partire dal 2010, ma poiché si trattava di poche piante madri il progetto di recupero richiese una decina d’anni prima di portare le uve in vinificazione. La prima annata nel 2020, appena 600 bottiglie, «oggi in crescita — dichiara Gerbelle — con la prossima in commercio ne uscirà almeno il doppio». Un bianco dalle note balsamiche, menta, timo, erbe di montagna, ma anche sentori di melone. Un bel vino, tutto da esplorare. Massimiliano Rella
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In alto: il rosso Torrette Superiore e il bianco Petite Arvine del progetto “Miniera” della cooperativa Cave des Onze Communes, storica cantina di Aymavilles (photo © Cave des Onze Communes). In basso: il Torrette Supérieur Vigne Tsancognein Valle d’Aosta DOP di Didier Gerbelle (photo © openingabottle.com).
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GLI ASSAGGI DI MAX RELLA
TOSCANA, SARDEGNA E SICILIA di Massimiliano Rella
Cinque espressioni di Ciliegiolo in un sol “colpo” etichette di Ciliegiolo in una singola cantina sono un caso più unico che raro, ma per Edoardo Ventimiglia e la moglie Carla Benini, romano, regista di documentari lui, agronoma trentina lei, e proprietari di Sassotondo, a Sovana, Grosseto, questa varietà un tempo considerata “minore” e diffusa principalmente in Toscana e Umbria è un vitigno che può dare grandi risultati, contraddicendo vecchie convinzioni del passato. «Abbiamo trovato questa varietà che veniva chiamata in senso spregiativo dolciume, a causa del sapore dell’uva e della bassa qualità del vino, in un vigneto di 3 ettari a Pitigliano, acquistato nel ‘91» ricorda Ventimiglia. «Così, su consiglio dell’enologo ATTILIO PAGLI, che da anni ci segue in azienda, dopo un’iniziale incertezza abbiamo deciso di valorizzarlo e nel ‘97 lo abbiamo cominciato a produrre». Oggi sono appunto ben 5 (su 13) le etichette da uve Ciliegiolo in purezza, una varietà decisamente versatile che viene coltivata a guyot, un sistema d’allevamento capace di contenere bene la vigoria del grappolo, con equilibrio. Il vitigno, che matura qualche giorno prima del “parente” Sangiovese, soffre gli eccessi di umidità, sopporta il freddo e resiste senza problemi alle estati calde e siccitose, adattandosi meglio ai terreni ben drenanti e poco argillosi come quelli di tufo vulcanico della Maremma interna
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e dell’antica Tuscia. Il merito di Sassotondo è d’aver dato pregio ad una varietà un tempo sottovalutata, grazie a vini che esprimono carattere ed eleganza: il rosato Lady Marmalade IGT Toscana, color buccia di cipolla, minerale e di bella acidità; il Ciliegiolo Maremma Toscana DOC, color rosso rubino, note di frutti rossi, prugna, liquirizia e pepe bianco; il cru San Lorenzo Ciliegiolo Maremma Toscana DOC, dal nome di una vecchia vigna, un rosso elegante, persistente, dal bouquet di ciliegia, ribes e chiodi di garofano; il Poggio Pinzo Maremma Toscana DOC, note di ciliegie sotto spirito, mirto e pietra focaia; infine il Monte Calvo Maremma Toscana DOC, naso di erbe aromatiche, in bocca morbido, avvolgente e persistente. www.sassotondo.it Calici dalle terre dei minatori Iglesias, in provincia di Cagliari, è un comune noto per i siti minerari: il complesso di Monteponi, la miniera di San Giovanni, la Laveria Lamarmora e lo spettacolare Porto Flavia, grande opera d’ingegneria e testimonianza d’archeologia industriale affacciata sul mare. Ma in questo splendido territorio della Sardegna sud-occidentale si producono anche vini interessanti. Tra questi il Punta Arbona Moscato di Sardegna DOP di Cantina Arriali dell’enologo Paolo Pitzolu, esperienze in Toscana, Piemonte, Cile, Sudafrica e Argentina: un bianco che fa criomacerazione di 72 ore e fermentazione malolattica
completa, come un vino rosso; un bianco complesso, dai profumi caratteristici del moscato, di buona freschezza. www.arriali.com A metà ‘800, quando Giovanni Rubiu comprò i terreni dalla famiglia Rodriguez, erano già presenti vitigni di Alicante, una varietà spagnola oggi viene vinificata in uvaggio con il carignano, ma presto in purezza per un rosso da dessert; un’uva — l’Alicante — dalla polpa croccante e dolce, lievemente colorata. Oggi l’azienda è guidata da Franco Rubiu e dal figlio Roberto, quinta generazione, una tenuta di 70 ettari in un unico corpo con 11 ettari di vigneto. La prima bottiglia a marchio nel 2012; oggi 5 etichette per un totale di 80.000 pezzi. Tra queste il Barilotti Isola dei Nuraghi IGT, blend di Alicante e Carignano, un rosso rubino brillante dalle note di frutti di bosco e frutta secca, al palato caldo e armonioso; anche versione Riserva, con 18 mesi di barrique di rovere ungherese. www.cantinarubiu.it Cantina Aru è un’altra realtà vinicola dell’Iglesiente, del produttore Mario Aru, quarta generazione di un’azienda con una bella fattoria rurale ottocentesca sumerau, come sono chiamate in Sardegna queste strutture con varie corti, mura di mattoni di fango e paglia, tetto incannucciato, travi e coppi, ecc…; uno spazio che ospita un piccolo museo della civiltà contadina ma ricco d’oggetti e strumenti d’epoca. In campo vinicolo la prima annata risale invece al 2006 e da
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A destra: in alto, Edoardo Ventimiglia e la moglie Carla Benini, proprietari di Sassotondo, a Sovana, provincia di Grosseto (photo © Sassotondo). Al centro: la splendida grafica del Millesimato Rosè Metodo Classico Donnafugata 2018, spumante brut da uve Pinot nero coltivate nelle vigne della tenuta di Contessa Entellina (photo © donnafugata.it). In basso:Franco e Roberto Rubiu della cantina omonima. (photo © Massimiliano Rella).
dieci anni è praticato l’inerbimento totale dei filari, macinando parti legnose delle potature, per ripristinare l’equilibrio naturale del terreno e delle vigne, coltivate con metodi di lotta integrata. Tra proprietà e gestione 25 ettari, 200.000 litri di vino, di cui 60.000 bottiglie in 7 etichette: due Vermentino (una vendemmia tardiva), un rosato di Cannonau, un Carignano e due spumanti. www.facebook.com/wineryaru Bollicine rosè del Gattopardo e un bel rosso “Sul Vulcano” Cambiamo isola per un vino come il Rosè Metodo Classico Donnafugata 2018, spumante brut da uve Pinot nero coltivate nelle vigne della tenuta di Contessa Entellina, 36 mesi sui lieviti per queste bollicine, note di ribes e pompelmo rosa e sentori speziati di pepe bianco, al palato fresco e di buona struttura, sapido, persistente, raffinato. Una flûte da tutto pasto, ma anche ottima compagna di crostacei e crudi di pesce. Sul Vulcano è l’Etna Rosso DOC ancora di Donnafugata, da uve Nerello mascalese in purezza e come da repertorio un’etichetta artistica di forte impatto visivo e cromatico. Al naso note speziate di cardamomo e anice stellato e frutti rossi, accompagnate da sentori balsamici. Al palato un vino setoso, avvolgente e dal finale lungo ed elegante; ideale compagno di pasto per piatti mediterranei di verdure e zuppe di pesce ma anche carni arrosto e in umido. www.donnafugata.it
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TECNOLOGIE LOGISTICA COME PROCESSO INTEGRATO
PIÙ EFFICIENZA E MENO SPESE CON L’ERP CSB-SYSTEM el settore alimentare una logistica efficiente consente di raggiungere l’equilibrio ideale tra qualità dei prodotti, controllo dei costi e prestazioni perché aiuta a: • controllare i processi di acquisto di materie prime e componenti; • ottimizzare risorse e tempi di produzione;
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• ridurre le giacenze di magazzino; • assicurare la “catena del freddo” e quindi mantenere intatta la qualità del prodotto; • migliorare il servizio al cliente. In quest’area si nascondono quindi potenziali di ottimizzazione che vale la pena sfruttare. È indispensabile però poter disporre di un ERP con dati aggiornati in ogni
momento, indici, analisi dei percorsi critici e procedure di simulazione. Integrazione è la parola d’ordine. Copertura completa di tutti i processi logistici con l’ERP CSB-System L’ERP CSB-System, gestionale specifico per il settore alimentare, modulare, completo e integrato, copre totalmente tutti
L’ERP CSB-System gestisce l’intero flusso di materiali, inclusi nastri trasportatori, deviatoi, trasloelevatori, scaffalatori.
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i processi logistici dell’azienda, inclusa la gestione puntuale dei movimenti di magazzino e la preparazione ordini. Non importa se in azienda si preferisce la gestione di magazzino caotica o a posti fissi, oppure se la preparazione ordini avviene per cliente o per articolo: il CSB-System verifica costantemente la portata delle scorte degli articoli con proposte automatiche per il carico e lo scarico sulla base delle disponibilità aggiornate. Sono inoltre generati in automatico ordini di trasferimento e controlli delle date di scadenza. Grazie al suo alto grado di integrazione, l’ERP CSB-System è in grado di gestire l’intero flusso di materiali, inclusi nastri trasportatori, deviatoi, trasloelevatori, scaffalatori. Sistemi di etichettatura secondo gli standard internazionali Per essere inserita tra i fornitori di una DO o GDO, l’azienda alimentare deve garantire etichette personalizzate per cliente nel rispetto degli standard nazionali ed internazionali. La buona gestione dei dati di componenti e processi ha un impatto diretto sulla qualità dei prodotti e sulla loro etichettatura. Grazie al CSBSystem sia l’etichettatura esterna per la comunicazione con grossisti, discounter, spedizionieri e distributori, sia l’etichettatura interna per velocizzare le procedure di identificazione in azienda, sono gestite automaticamente dal sistema. È possibile ottimizzare etichette per pallet (SSCC) oppure etichette per prodotti su ogni unità di confezione a seconda delle esigenze specifiche della catena commerciale con cui so collabora. Gestione giri, loro ottimizzazione e controllo dei costi di trasporto La pianificazione dei giri è uno strumento efficace per l’evasione veloce degli ordini dei clienti e per un controllo dettagliato sui costi dei trasporti. Il CSBSystem mette a disposizione dei suoi clienti, oltre ai moduli per la gestione del parco macchine, una soluzione integrata per la pianificazione dei giri sfruttando potenziali di ottimizzazione per quanto riguarda itinerari, ripartizione, peso e volume di carico nonché impiego di personale e mezzi, con lo
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La pianificazione giri del CSB-System assicura la “catena del freddo” ed un controllo dettagliato sui costi dei trasporti. scopo di ridurre i costi e di aumentare l’affidabilità di consegna. L’idea di fondo della gestione giri è di definire tutti gli avvenimenti necessari per ottenere la perfetta gestione dell’ordine e di controllarli in sequenza; per esempio, in quale finestra temporale deve essere consegnata la merce al cliente, in quale ordine deve essere caricato il camion, quali mezzi sono disponibili, quanti conducenti sono necessari e così via. Non importa che si tratti della consegna a clienti, filiali o magazzini terzi di prodotti finiti o materie prime. Per realizzare il controllo dei dati, il CSB-System segnala i “tempi teorici” per la consegna dell’ordine. Per la determinazione dei “tempi effettivi”, gli utenti hanno poi a disposizione diverse possibilità: possono essere definiti avvenimenti come “Avvio” o “Fine” della preparazione ordini e i “tempi effettivi” sono determinati automaticamente dal sistema; oppure, il computer di bordo, equipaggiato con un terminalino per la Presa Mobile Dati e con una stampante, documenta tutte le particolarità del giro, come, ad esempio, scarico, resi, vuoti, itinerari, l’apertura delle porte come anche la temperatura delle superfici di carico dell’autocarro. Il mantenimento della catena del freddo e della chiusura delle porte viene documentato integralmente, ottemperando agli obblighi HACCP. Al termine del giro ha luogo la trasmissione diretta dei dati al CSB-System. Se richiesto, i dati possono essere trasmessi in tempo reale,
così da poter visualizzare on-line in ogni momento la posizione dei camion e di volta in volta lo stato del parco mezzi. Sempre al termine del giro, un’analisi fondata e supportata dal software può fornire informazioni su quali scostamenti dai valori preventivati si siano verificati e per quali motivi, misurando così l’efficienza del giro. A completamento, la possibilità di inserire tutti gli accordi contrattuali con gli spedizionieri (tariffe per tratte, stop, volumi, chilometri, ecc…) permette un controllo preciso non solo dei propri costi di trasporto ma anche delle fatture degli spedizionieri. Logistica efficiente come strumento concorrenziale Per concludere, la scelta del giusto ERP per la gestione della logistica contribuisce in maniera decisiva alla soddisfazione del cliente e quindi al successo duraturo di un’azienda.
Referente: • Dott. A. MUEHLBERGER CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com
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Anuga FoodTec 2024: focus sulla sicurezza alimentare Da quasi 35 anni la direttiva europea sulle macchine richiede che un sistema sia costruito in modo tale che i materiali che entrano in contatto con gli alimenti possano essere puliti prima di ogni utilizzo. Questo compito spetta principalmente ai costruttori di macchine e ai loro partner tecnologici, sia che si tratti di pompe, valvole o misuratori di portata: le modifiche ai componenti integrati o al macchinario stesso sono difficilmente realizzabili in un secondo momento e, in tal caso, comportano costi elevati. Per questo motivo, la progettazione igienica è in cima all’agenda delle aziende che espongono ad Anuga FoodTec (Colonia, 19-22 marzo), ma non solo perché è un obbligo di legge. In particolare, la pulibilità ha una grande influenza sulla sicurezza del processo. Anche le più piccole contaminazioni nei processi di produzione e di riempimento possono portare a riduzioni della qualità o al ritiro dei prodotti. Il materiale stesso è un aspetto importante della progettazione igienica. Gli impianti di processo in acciaio inox dominano oggi la scena dell’industria alimentare. L’acciaio altamente legato con una rugosità inferiore a 0,8 micrometri è considerato il materiale igienico ideale, ma da solo non garantisce una facile pulibilità. Produrre un “vecchio design” in acciaio inossidabile non aiuta. Costruzioni senza angoli e spigoli Basta dare un’occhiata alle linee guida dell’European Hygienic Equipment Design Group (EHEDG) per capirlo subito: la reale igiene di un sistema dopo il processo di pulizia dipende soprattutto dallo stato delle superfici che entrano in contatto con i prodotti, la cui pulizia deve essere effettuata automaticamente. Tra i principi di progettazione più importanti vi è quello di evitare le superfici orizzontali, gli spigoli e gli angoli, perché solo se il processo di pulizia può essere eseguito senza residui, è possibile escludere contaminazioni negli alimenti e contaminazioni incrociate in seguito a un cambio di prodotto. Nel caso di processi chiusi, come quelli tipici dell’industria delle bevande e del latte, è necessario assicurarsi che vengano evitati gli spazi morti, dove i microrganismi possono accumularsi. Il rischio di contaminazione dell’ambiente gioca un ruolo aggiuntivo importante nel caso dei processi aperti dell’industria della carne e della panificazione. Anche i materiali che non entrano in contatto con i prodotti devono essere facili da pulire e le superfici devono essere lisce. Ad esempio, un design coerente e senza giunture e angoli sporgenti di 30 gradi con bordi di sgocciolamento orizzontali assicurano che i liquidi di pulizia gocciolino in modo rapido e affidabile. Inoltre, una serie di ulteriori misure costruttive garantisce che le macchine resistano alla pulizia ad alta pressione anche a temperature elevate e all’uso di detergenti chimici. Ad esempio, per i convertitori di frequenza e gli armadi di controllo, ciò significa che devono essere conformi alla classe di protezione IP69K. Pulizia automatica senza smontaggio Anuga FoodTec si concentra anche su tecnologie innovative per l’automazione della pulizia e per il monitoraggio del livello di pulizia raggiunto. Ad esempio, le piastre degli ugelli possono essere applicate in punti strategici di un sistema di trasporto per garantire che ogni centimetro del nastro trasportatore sia disinfettato per evitare la crescita microbica. Inoltre, l’implementazione di dispositivi di misurazione in linea consente di controllare i processi di lavaggio pre-programmati e contribuisce a ridurre i tempi di pulizia, le perdite di produzione e le risorse. Si riducono anche i tempi di inattività, vantaggi che si verificano anche grazie al monitoraggio di un processo CIP (cleaning-in-place process) e che portano anche a un’ottimizzazione del calore, del detergente e del consumo di acqua. Il sistema CIP consente una pulizia rapida ed efficiente dei sistemi senza doverli smontare. A seconda dei prodotti fabbricati, la pulizia viene effettuata alternando il risciacquo del sistema con acqua e soluzioni acide o alcaline. I sistemi CIP rimuovono i depositi e le contaminazioni legate ai prodotti e consentono una pulizia completa e igienica di tubi, pompe, valvole, serbatoi o sistemi di riempimento. Anche in questo caso il design igienico gioca un ruolo fondamentale. Gli spazi morti in cui si depositano gli agenti detergenti comprometterebbero ogni processo CIP, indipendentemente dalla sua ottimizzazione. Alla fiera di Colonia i visitatori scopriranno come ottimizzare in modo sostenibile la pulizia CIP e come aggiornare le macchine esistenti per il futuro implementando la tecnologia ottimale. Il futuro è adesso: robot di pulizia ad autoapprendimento Grazie all’integrazione dell’intelligenza artificiale (AI), in futuro dovrebbe essere possibile eseguire il processo di pulizia in modo ancora più efficiente. I ricercatori stanno sviluppando una piattaforma mobile per la pulizia dei sistemi di processo e dei capannoni di produzione. Dotati di un sistema di intelligenza artificiale ad autoapprendimento e di sensori intelligenti, i robot a funzionamento autonomo sono in grado di riconoscere l’effettivo grado di contaminazione e di scegliere la procedura di pulizia ottimale in base a questi dati. >> Link: www.anugafoodtec.com).
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Track Agri di Zuffellato Technologies è il software progettato appositamente per chi opera nel mercato agricolo e ortofrutticolo, in grado di tracciare il prodotto dalla semina passando per la raccolta e la lavorazione e arrivando fino al consumatore. tracciando tutti i passaggi di acquisto e vendita: • entrata ed uscita frutta con indicazione imballaggi (2 tipi diversi per ogni riga documento); • quantità scarto dopo campionatura, imputazione percentuali rilevate e relativo scarico automatico magazzino. Ultima, ma non per importanza, tra le funzionalità di questo sistema quella di creare e tenere sotto controllo il bilancio consuntivo di campagna tramite: • imputazione costi sia per coltura che per appezzamento; • rilevazione costi riguardanti prodotti commerciali, distinguendo sia la fase di acquisto/stoccaggio a magazzino sia la fase di consumo per impiego su colture e campi; • rilevazione ore manodopera e ore macchina, imputazione alla coltura e al relativo appezzamento. Con un’interfaccia semplice e intuitiva, studiata per i monitor touch screen, Track Agri è lo strumento perfetto per entrare nel mondo dell’agricoltura 4.0 e dello smart farming, ottimizzando la produzione secondo i principi di sostenibilità ambientale, sociale ed economica.
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