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Comunicare l’identità valtellinese attraverso la Bresaola

Comunicare l’identità valtellinese attraverso la Bresaola

di Riccardo Lagorio

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MACELLERIA EMILIO POZZI: BRESAOLE E SLINZEGHE AUTENTICHE

Nel buio di inizio dicembre, a quest’ora del mattino, gli unici incontri per le strade di Sondalo sono l’aria vivace che scende dalla Val di Rezzalo e il respiro lontano dell’Adda, non coperto da mormorii di uomini e cose. L’oscurità perforata dai lampioni conduce verso il bagliore di una sola vetrina, una sola bottega.

Una sbirciatina e, dentro, le sagome dei primi clienti e dei banconieri. Da lontano pare che si muovano con lentezza, più da vicino i gesti si mostrano rapidi e precisi. Li coordinano EMILIO e CLEMENTE POZZI, questo il figlio diciannovenne del primo. Già abile e preparato. Ma nella Macelleria Pozzi l’intera famiglia è coinvolta: c’è anche PIA, la matrona, SARA e GABRIELLA, le sorelle di Clemente, e PIERO, suo cugino.

Per i Pozzi la bresaola è un modo di comunicare la propria identità valtellinese e il giovane Clemente ne è già un missionario.

Bresaole in stagionatura alla Macelleria Pozzi.

«La stagionatura è approssimativamente di 20 giorni. Dipende dalla dimensione della bresaola. In ogni caso deve essere graduale e mai troppo veloce per evitare che la parte esterna diventi secca. Per questo vanno verificate quotidianamente la temperatura e l’umidità alle quali le bresaole sono sottoposte».

Qui a Sondalo la carne riservata alla produzione di bresaola proviene da allevamenti italiani o spagnoli. Italiani talvolta di casa, poiché uno dei cugini di Clemente Pozzi alleva bovini e cavalli da carne. «La bresaola propriamente detta è la parte centrale della punta d’anca. Le porzioni laterali ottenute dalla rifilatura, cioè la fesetta, e altre sezioni di muscolo produciamo la slinzega, più piccola. Dalla carne di cavallo otteniamo solo queste ultime». Non esiste grande differenza tra bresaola e slinzega, almeno apparentemente, se non la dimensione e la forma meno lineare e armonica della slinzega. Anche la concia è del tutto uguale per entrambe: sale, pepe, cannella, aglio, Marsala e foglie di alloro.

La sosta nella salmistratura è identica, cosicché, in ragione delle più ridotte dimensioni delle slinzeghe, il loro gusto sarà più intenso. La stagionatura delle slinzeghe varia tra 10 e 12 giorni, dai 15 ai 20 quella delle bresaole. «Sino allo scorso anno la stagionatura avveniva nelle cantine della macelleria. Abbiamo dovuto trasferirci e, per mantenere uno stretto rapporto con l’aria che crea la bontà della bresaola, esiste un apposito impianto che alimenta le celle di stagionatura» afferma sicuro Clemente Pozzi.

Il nostro viaggio dedicato alla scoperta della bresaola prodotta nelle macellerie della Valtellina, alle differenze tra luogo e luogo, tra bottega e bottega, inizia a Sondalo, per poi fare tappa a Tirano e Teglio. La bresaola è uno dei simboli valtellinesi: le prime testimonianze scritte della sua produzione risalgono al XV sec., ma la sua origine è senz’altro antecedente

Certo: bresaola e slinzega mostrano differenze non da poco. «Esiste una differenza marcata nel momento della vendita: chi acquista l’affettato preferisce la fetta rotonda e regolare. Pertanto acquisterà la bresaola. Chi invece apprezza tagliarsi da sé il salume preferisce comprare la slinzega».

Con tutta evidenza i pezzi sono irregolari, anche quelli… più uniformi. Da quanto si intuisce solo chi possiede un palato molto raffinato riesce a comprendere la differenza di gusto, leggermente più intenso nella slinzega.

Clemente Pozzi.

Uno degli aspetti centrali nella preparazione dei due salumi è senz’altro il calo del peso iniziale, che è superiore al 30%. In verità le differenze di lavorazione non sono indifferenti. «Per realizzare la slinzega serve più lavoro di manodopera esperta. Infatti le rifilature devono essere eseguite con più attenzione. Di contro, nella bresaola si devono togliere solo le nervature. Da noi la bresaola non presenta marezzature e la differenza fondamentale con le altre tipologie presenti sul mercato è proprio l’assenza, pur sottile, di strisce di grasso. La bresaola deve avere una fetta di colore rosso granata».

I due salumi sono privi di insacco per esaltare l’artigianalità del prodotto finale e non vengono neppure lavati, rimuovendo le muffe macroscopiche. La superficie esterna presenta spesso foglie di alloro e frammenti di altre spezie. Immediato simbolo di autenticità.

MACELLERIA STORICA TIRANO: SPAZIO AL GUSTO DELLA CARNE

Tirano è la seconda tappa alla ricerca della bresaola prodotta nelle macellerie della Valtellina. La macelleria è Storica, di nome e di fatto. Risale al 1920 e si trova accanto ad uno degli edifici più rilevanti per la vita della cittadina, il Palazzo Pretorio, l’antica sede dei podestà grigioni. La famiglia Poretti per quasi cent’anni ha esercitato l’arte della beccheria e di piccolo salumificio in queste spesse mura: nel 2012 se ne va l’ultimo erede e si chiude la Macelleria Storica. Storica, e qualificata, a tal punto che al 1933 risale il diploma d’onore ricevuto dal Salon de arts ménagers di Bruxelles proprio per la bresaola. Bisogna attendere sino al 2018 quando STEFANO BESSEGHINI, figlio d’arte dato che la famiglia alleva animali nel vicino comune di Vervio, apre di nuovo la bottega. «Con la stessa ricetta della bresaola che ha caratterizzato il secolo di vita della macelleria, con poche spezie per lasciare spazio al gusto della carne», sottolinea. Pare che il vincolo sia stato imposto proprio dagli eredi, che vedono in Besseghini il successore spirituale della tradizione tiranese della bresaola.

Stefano Besseghini con la sua bresaola. Alle pareti della Macelleria Storica c’è la copia del diploma d’onore ricevuto nel 1933 per la qualità di questo salume dal Salon de arts ménagers di Bruxelles.

Anche se la base di una buona bresaola rimane il pregiato livello della carne che viene utilizzato. «La lieve marezzatura è uno degli elementi che contraddistinguono la carne ideale per produrre questo salume». Peraltro non tutti i soggetti possono essere avviati a diventare profumati salumi, ma solo le femmine, dalla carne più morbida. «A questo scopo — dice Besseghini — vengono selezionate dalla nascita». Si tratta di animali la cui età si attesta intorno ai 18 mesi.

Sul taglio da privilegiare non ci sono dubbi. Infatti la punta d’anca non ha rivali perché consente di avere un gusto deciso e un’elevata morbidezza. «Il magatello per esempio è troppo magro e la sottofesa è di grana troppo grossa». A queste condizioni il peso della bresaola può variare dai 500 ai 1000 grammi.

Dalle rifilature, anche di posteriori, Besseghini ottiene la slinzega, con dimensioni di circa la metà della bresaola.

Di conseguenza anche il periodo di stagionatura si dimezza: per una bresaola bisogna attendere circa 40 giorni per il consumo, mentre per la slinzega sono sufficienti due settimane. «Dalle rifilature, macinando la carne magra, ottengo anche il salame di bresaola, un prodotto da 300 grammi, la vera novità della nostra macelleria» riporta Basseghini.

La bresaola tiranese della Macelleria Storica è caratterizzata da una speziatura molto leggera, «per lasciare spazio al gusto della carne» racconta Stefano Besseghini.

Ma una volta individuato il taglio ideale per ottenere il salume regina della valle, si passa alla pratica della cura della carne che porterà all’ottenimento del salume. «La salamoia in cui vengono adagiati i tagli è composta da poco sale, aglio, alloro, erbe della nostra montagna e vino valtellinese. L’importante è che gli odori siano bilanciati e nessuno prevalga sugli altri» spiega mostrando gli ingredienti pronti per essere utilizzati in una apposita vasca. Da questo momento la carne verrà sottoposta ogni giorno a massaggi che facilitano la fuoriuscita di fluidi e per osmosi l’ingresso degli aromi nei tessuti.

Al periodo di stazionamento in questi liquidi odorosi segue l’asciugatura di una settimana in speciali calze che danno la caratteristica forma. E da qui, una volta tolta questa stoffa leggera, alcuni pezzi vengono affumicati per un giorno, «ma si tratta di casi abbastanza rari» racconta. «L’insacco in budello influirebbe negativamente sul gusto della bresaola, che è di per sé molto delicato. Pertanto il periodo di stagionatura avviene in negozio, all’aria naturale, appendendo le bresaole al soffitto come si faceva un tempo».

Dal lato del consumatore, la bresaola viene spesso acquistata a fette, mentre la slinzega, di dimensioni meno impegnative per le famiglie d’oggi, si acquista intera. Le spedizioni di bresaole e slinzeghe sono all’ordine del giorno, frequenti quelle destinate ai ristoranti.

I locali della macelleria Storica Poretti si trovano accanto al Palazzo Pretorio, uno degli edifici storici cittadini.

Tra i locali della zona dove si può trovare la bresaola di Stefano Besseghini c’è la Locanda Altavilla di Bianzone (altavilla.info), un luogo sicuro per chi voglia mangiare bene dove si rievoca l’autentica cucina valtellinese grazie alla perseveranza di ANNA BERTOLA.

C’è solo un neo nella storia di Besseghini: la mancanza di acquirenti dalla Svizzera. «Sino a marzo del 2020 contavamo molto sulla loro presenza. Gli Svizzeri amano la nostra bresaola. Ma da quando le frontiere sono presidiate con scrupolo a causa della pandemia diventa quasi impossibile per loro venirci a trovare». Coraggio, Stefano, presto, speriamo, ne saremo tutti fuori.

Teglio

photo © Silvano Rebai – stock.adobe.com

TEGLIO, RICCO DI STORIA E DI BRESAOLA

Più delle precedenti tappe, Teglio richiede una sosta lunga, poiché gli incontri con produttori di bresaola da macelleria si moltiplicano.

Cöf e Casele: bresaola e slinzeghe “immortali”

La prima fermata vede protagonisti gli animali dell’Azienda Agricola Cöf e Casele di MARCO DE FILIPPI e JOLANTA WILKOSZ. Animali insoliti da queste parti, bovini di razza Highlander, che da una decina d’anni vengono allevati poco fuori dal centro abitato, sulla strada che dal paese sale verso la frazione montana di Prato Valentino. «Avevo delle vacche da latte, ma si trattava di un impegno assai gravoso e antieconomico» spiega De Filippi.

Le Highlander sono animali che prediligono la pastura libera e difatti per 7 mesi all’anno pascolano in uno stato di semi-libertà; da maggio a settembre la transumanza a Prato Valentino e sulle Alpi limitrofe sino a sfiorare i 2000 metri, dove l’erba è particolarmente fibrosa, come erba olina e trifoglio di montagna. «Si accontentano di quello che c’è e, malgrado questo fatto, forniscono una carne di alto livello, con un grado di marezzatura equilibrato. Si tratta di un’ottima opzione per una zootecnia di montagna».

Marco De Filippi, Azienda Agricola Cöf e Casele e i suoi bovini di razza Highlander. Il nome Cöf e Casele si potrebbe tradurre con “Fascine e Covoni”. Nel dialetto valtellinese i “cöf” sono le fascine degli steli della segale, essiccati e stretti tra loro come un mazzo di fiori. Le “casele” erano le fascine e covoni ottenuti con gli steli di grano saraceno. La produzione di segale e grano saraceno, alla base di tante ricette locali come pizzoccheri e “sciatt” (palline di formaggio in pastella di grano saraceno, farina di frumento, acqua e grappa), sono pressoché azzerate.

Vengono macellati i soggetti maschi quando raggiungono i 450 kg, e ciò avviene all’età di 3 anni, ma alcune femmine della mandria raggiungono i 14 anni. «Macelliamo le femmine solo nel caso siano del tutto improduttive e la carne viene fatta frollare per almeno 3 settimane prima di essere venduta in pacchetti da mezzo chilo sottovuoto come noce, fesa e pesce».

Del posteriore, girello e muscoli sono avviati a diventare bresaola e slinzeghe. De Filippi e la moglie lasciano le parti anatomiche in una salamoia di coriandolo, spezie, sale, pepe e vino rosso prodotto in proprio (ottime le bottiglie dell’annata 2017) per almeno una settimana, girandole costantemente. A seguire, si asciugano in un frigorifero, lo stesso dove la carne è riposta per la frollatura. «Talvolta le bresaole assumono un colore che i consumatori considerano scuro. È il prezzo che paghiamo per non usare conservanti». Minima immoralia.

Mauro Moschetti.

Moschetti: la bresaola si degusta in cantina

Teglio: ricco di storia. Palazzo Besta, belvedere sulla valle e magione del Quattrocento, dista pochi minuti di passeggio dalla macelleria di Mauro Moschetti, aperta dal padre nel 1966. «Era la classica macelleria di paese, poi il mattatoio ha dovuto chiudere perché gli adeguamenti alle normative europee sarebbero stati degli investimenti difficilmente affrontabili».

La macelleria di Moschetti si è evoluta ascoltando le necessità del cliente su tre fronti: quella delle carni, dei salumi e della gastronomia. Nell’idea di Moschetti la scelta delle carni deve essere quindi in linea con i desideri del cliente e, come esempio, fornirla anche sottovuoto divisa in piccole porzioni. «Solo così la gente torna».

Anche per quanto riguarda i salumi è continuamente in atto una trasformazione: «i clienti comprano meno salumi, ma li esigono con qualità superiori, un po’ come è accaduto nel mondo del vino. E, al pari del settore enoico, il salume buono è un utile passaparola per farsi conoscere».

Così, Mauro Moschetti ha approntato una sala degustazione sotto la macelleria, nelle antiche mura in pietra della casa di famiglia, che è diventato il luogo dove si insegna a capire cosa ci sta dietro a un buon salume. La chiama cantina, con un’aura di venerazione. «La prima volta che le persone entrano nella cantina e assistono alle fasi di salatura, asciugatura e stagionatura ne escono esterrefatti. In particolare per la bresaola». La salamoia in questo caso viene preparata con sale, pepe, noce moscata, aglio, cannella e chiodi di garofano. Niente vino rosso, «perché la carne rilascia di per sé gli umori». Tolta dalla salamoia, la bresaola passa in celle di stagionatura con temperatura più elevata per una settimana prima di approdare nella cantina. Gli esemplari più grandi attenderanno un mese e mezzo prima di essere messi in vendita. A scalare gli altri.

La cantina possiede un grado di umidità adeguato alla stagionatura delle bresaole, ma è adatta anche ad ospitare le degustazioni dei prodotti di salumeria, seguiti per lo più dai turisti estivi. Nell’attesa che la stagione 2021 possa segnare un cambio di passo rispetto a quella precedente.

Riccardo Lagorio

Indirizzi utili

Macelleria Pozzi Emilio Via Giuseppe Garibaldi 2 23035 Sondalo (SO) Telefono: 338 3753010 Web: pozzi-emilio.business.site

Macelleria Storica Poretti Largo Pretorio 1 – 23037 Tirano (SO) Telefono 0342 017440 Web: facebook.com/BesseghiniStefano

Azienda Agricola Cöf e Casele Via Tudori 30 23036 Teglio (SO) Telefono: 328 9566355

Macelleria Mauro Moschetti Largo Giuseppe Morelli 9 23036 Teglio (SO) Telefono: 0342 782154

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