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MORTADELLA DI CAMPOTOSTO, RARITÀ DAL CUORE MORBIDO, CON OLTRE 500 ANNI DI STORIA

MORTADELLA DI CAMPOTOSTO, RARITÀ DAL CUORE MORBIDO, CON OLTRE 500 ANNI DI STORIA

In Abruzzo 18 presidi Slow Food raccontano storie incredibili, come questa

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di Chiara Papotti

La filosofia di Slow Food è quella di mangiare bene e sano. Una missione portata avanti dall’associazione fondata da CARLO PETRINI dal 1989, al fine di sostenere la cultura del cibo e del vino. Slow Food è cresciuta nel tempo fino a contare migliaia di iscritti e centinaia di sedi in tutto il mondo. Per mantenere in vita le produzioni più di nicchia sono nati, a partire dal 2000, i Presidi, riconoscimenti di qualità rilasciati a prodotti che rischiano di scomparire. La logica dei Presidi Slow Food è quella di tutelare le produzioni che vantano un legame concreto con il territorio, recuperando mestieri e tecniche di lavorazione tradizionali che altrimenti andrebbero perdute.

In Abruzzo i Presidi sono diciotto, a sostegno dei prodotti più vari: dalla Lenticchia di Santo Stefano di Sessanio ai Fagioli di Paganica e Tondino del Tavo, dal Fico secco reale di Atessa ai Mieli dell’Appennino aquilano, dalla Patata turchesa al Peperone dolce di Altino, dal Pecorino di Farindola al Canestrato di Castel del Monte. Non solo prodotti della terra e formaggi, ma anche due salumi molto particolari. Uno si trova nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga: in un piccolo comune in Provincia dell’Aquila, con poco meno di cinquecento abitanti, si porta infatti avanti da secoli la produzione di un insaccato da considerarsi una vera rarità, la Mortadella di Campotosto.

Si chiama mortadella, ma a guardarla bene sembra un salame. Al primo sguardo desta curiosità e simpatia per la sua forma del tutto singolare: al taglio la fetta ricorda un quadrifoglio con un cuore bianco perlaceo dovuto ad un bastoncino di grasso che viene inserito al centro dell’impasto durante le fasi di produzione. Ad oggi solo due produttori preparano ancora le mortadelle secondo tradizione, rispettando un preciso Disciplinare tecnico di produzione, contraddistinto dalla lavorazione artigianale e manuale. Sono gli unici due produttori al mondo che fanno parte dell’Associazione produttori della Mortadella di Campotosto, costituita nel 2008 dall’Ente Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga, e ognuno di loro produce non più di 3.000 pezzi l’anno.

Al taglio la mortadella di Campotosto presenta un colore rosso intenso, scuro, con il lardello bianchissimo.

photo © Only Fabrizio – stock.adobe.com

I tagli di suino utilizzati per la produzione delle mortadelle sono solo due: la spalla e il prosciutto. La carne, macinata finemente insieme ad una piccola quantità di pancetta, viene insaporita con del sale, pepe e vino bianco, e lasciata riposare per almeno 24 ore. L’impasto viene poi diviso in sfere delle dimensioni di una mano e lavorato fino a dargli la classica forma ovoidale allungata. È a questo punto che si inserisce al centro della mortadella il bastoncino di lardo aromatizzato al pepe nero, lungo circa una decina di centimetri, che andrà a conferire il caratteristico cuore morbido di questo prestigioso prodotto.

Dopo la vestitura in budello naturale cucito a mano e la legatura con doppio spago, le mortadelle vengono appese a una pertica e fatte asciugare per circa 15 giorni davanti al fumo di un camino alimentato esclusivamente con legna di quercia o di faggio: una concessione eccezionale da parte della ASL, che ha riconosciuto l’importanza di questo gesto tradizionale. La stagionatura naturale avviene in appositi locali, dura circa 20 giorni, e si conclude col riposo all’aria per un paio di mesi. Le condizioni di temperatura e umidità, unite all’altitudine che supera i 1.400 metri e al vento di Tramontana che spira su Campotosto, creano un microclima perfetto per l'essiccamento del Presidio.

La Mortadella di Campotosto è uno dei prodotti più imitati in Italia. Chiamata volgarmente “coglioni di mulo”, è un salume che si distingue per il sapore unico, lontanissimo da quelli industriali. Il caldo è il suo peggior nemico: altera il grasso e induce modificazioni organolettiche. La temperatura ideale per conservarla è quella della cantina, intorno ai 12–14 °C. Nel caso non si disponga di un ambiente cantina adatto, può essere conservata anche in frigorifero, nella zona meno fredda. Quanto allo spessore, molto dipende dai gusti, ma i salumi piccoli come questa mortadella, si apprezzano meglio se tagliati in fette piuttosto spesse.

Al palato il sapore è ricco, aromatico. Perfetta come antipasto o come secondo piatto insieme a pane casereccio, miele, mostarde e vino rosso.

Chiara Papotti

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