6 minute read
Sheep AL.L. Chain
Sheep AL.L. Chain
di Riccardo Lagorio
Advertisement
Il progetto Sheep AL.L. Chain
(Sheep Alpagota Lamon Chain, Filiera per le pecore Alpagota e di Lamon, sheepallchain.it) si prefigge di migliorare la presenza sul mercato degli allevamenti delle razze ovine autoctone del Veneto a limitata diffusione come la pecora di razza Alpagota e quella di razza Lamon.
Un programma meritevole di attenzione in quanto tende a preservare e tutelare la biodiversità valorizzando gli allevamenti ovini che si situano quasi esclusivamente in aree marginali (la montagna e la pedemontana bellunese) e migliorare il rapporto dei prodotti col territorio. In quanto si tratta di razze in via di estinzione, il programma di recupero genetico e di conservazione si basa su un percorso intrapreso 15 anni fa dalla Regione Veneto nella rotazione programmata degli arieti all’interno di una rete di aziende agricole coinvolte.
«La pecora dell’Alpago è una razza che per la sua frugalità risulta di poca spesa poiché riesce ad alimentarsi in terreni marginali e a produrre agnelli la cui carne è ambitissima per il gusto che la caratterizza» spiega ANTONELLA TORMEN, la capoprogetto. La consistenza della razza si è drasticamente ridotta passando dai 10.000 capi degli inizi del ‘900 al migliaio di capi degli anni Ottanta, per registrare 2.400 capi all’inizio del secondo decennio del XXI secolo.
La storia della pecora Alpagota è intimamente legata al passato del Bellunese, come spiegava a fine Ottocento ANTONIO MARESIO BAZOLLE, politico e letterato: “L’allevamento delle pecore fu sempre generale e nazionale in questi paesi, ed anzi nei tempi passati lo era molto più che attualmente… Nella mancanza di commercio, e nella ristrettezza dei mezzi economici, le pecore (e con esse le capre) fornivano prima del secolo presente la massima quantità della carne di cui si cibavano gli abitanti del Bellunese… La tenuta delle pecore reca pochissimo lavoro o fastidio ai contadini, e questo è appunto uno dei meriti che i contadini attribuiscono ad esse…”.
Non essendo contraddistinta da nessuna specializzazione produttiva la pecora Alpagota si ascrive tra le razze a triplice attitudine, anche se attualmente viene sfruttata soprattutto per la produzione della carne di agnello. Gli agnelli migliori vengono macellati a 60 giorni, quando hanno raggiunto, a peso vivo, 20 kg con una resa del 55%.
La tradizione ci ha consegnato diverse specialità locali che nei secoli hanno avuto lo scopo di utilizzare ogni parte dell’animale.
Molto spesso le pecore a fine carriera erano destinate alla preparazione delle pendole. Si tratta di strisce di carne prima conciate con sale e pepe, poi messe a macerare nel vino ed infine appese alla cappa del camino, per essere affumicate, utilizzando fronde di ginepro per aromatizzarle. Si consumano prevalentemente tal quale e per assaggiarle il luogo ideale è la Macelleria Brandalise di Spert d’Alpago, dove si producono, in quantità invero limitate, i salami di pecora.
Per evidenti ragioni di vicinanza geografica con la vicina Val Tramontina, nella macelleria si trova anche la pitina, l’impasto di carne di pecora infarinato con granella di mais e affumicato.
FERRUCCIO BRANDALISE, il proprietario, spiega che «la pecora dell’Alpago è allevata al pascolo o con foraggi secchi di prati stabili di montagna. La tipicità della razza e l’alimentazione influiscono positivamente sulle caratteristiche della carne, saporita ma non invasiva».
Malga Illari, dove FRANCO PIANON e ILLARI FULLIN ospitano 500 fattrici, è un po’ il cardine del recupero della razza d’Alpago e punto di riferimento della Cooperativa Fardjma, che ne commercializza la carne e la lana. «Fardjma corrisponde al periodo d’inizio settembre, quando i montoni si ricomponevano al gregge programmando così le nascite degli agnelli per gennaio e febbraio, utili per le festività pasquali» spiega Franco.
Illari svolgeva l’attività di parrucchiera, ma è stata conquistata dal lavoro in malga. Alla sua passione si deve la preparazione di uno squisito pecorino, intenso in giusta misura, da media stagionatura, col latte dell’Alpagota. Ma anche di salame. «Quello che prepariamo qui proviene dalle carni di animali a fine carriera. Utilizziamo carne di coscia, spalla e carré macinata con piastre dal diametro da 7 mm e con l’aggiunta di carne suina». All’impasto si aggiungono sale, pepe e 1 litro di grappa per quintale di carne. All’asciugatura di una dozzina di giorni segue una leggera affumicatura con bacche mature di ginepro e, trascorsi 45 giorni, il salame è pronto per il consumo. «La carne di questa razza — chiarisce — ha anche un grasso digeribile e gradevole. Viene utilizzata in diverse preparazioni. Quella più classica è l’agnello al forno o il cosciotto al forno con cottura rosa, che esalta la sapidità e la delicatezza delle carni».
In zona sono numerosi i ristoranti e le trattorie che si affidano alla carne di razza d’Alpago per allietare i propri clienti. Alla rinomata Locanda San Lorenzo (locandasanlorenzo.it), PAOLO
SPERANZON è ad esempio convinto che l’agnello d’Alpago sia «un tassello fondamentale della cucina, fatta di materia e memoria».
Da provare i Paccheri con ragù d’agnello d’Alpago, salsa al peperone e crumble al curry. Più incentrata sulla tradizione la proposta della Locanda al Capriolo (locandaalcapriolo.it), a due passi dalla foresta del Cansiglio, dove l’agnello d’Alpago è servito con patate al forno.
Riccardo Lagorio
Macelleria Brandalise dal 1950 32016
Loc. Spert di Farra d’Alpago (BL) Telefono: 0437 472151 E-mail: info.brandalise@gmail.com
Malga Illari
Loc. Cate – 32010 Chies d’Alpago (BL) Telefono: 340 6179251
Razze Lamon e Alpagota: caratteristiche
La pecora di razza Lamon, autoctona dell’omonima area nella provincia di Belluno e diffusa in diverse province del Veneto, Trentino e Friuli, attualmente è presente soprattutto nel comune di Lamon e in alcuni limitrofi della Valbelluna. Le pecore di razza Lamon erano spesso utilizzate in passato nella pastorizia transumante che si spostava dagli alpeggi estivi ai pascoli in pianura, seguendo come punto di riferimento il percorso dei fiumi che attraversano la pianura veneta.
Questa razza ovina autoctona, infatti, è molto resistente e ben si presta a lunghi spostamenti, ed era quindi adatta alla pratica della transumanza e non richiedeva particolari ricoveri. Con il venir meno dell’attività transumante come forma di allevamento, in particolare per i connessi motivi socio-economici, la razza ha visto una rapida riduzione della sua popolazione; dai circa 10.000 capi del 1960, nel 1990 ne rimanevano circa 600, e all’inizio degli anni 2000 meno di 300 capi. Considerata una razza a triplice attitudine, attualmente viene allevata solo per la produzione della carne.
Classificata tra le pecore Alpine, si distingue dalle altre razze per le sue caratteristiche di rusticità e frugalità coniugate con la sua mole ridotta. Piccola, con un mantello bianco folto, fine e ondulato, che la ricopre totalmente dal ginocchio e dal garretto fino all’osso frontale, e una singolare maculatura scura, la pecora Alpagota, o “Pagota”, dalle orecchie minute, a volte quasi inesistenti, e dal curioso profilo montonino, è una razza tipica dell’altipiano dell’Alpago/Cansiglio, nel Bellunese. Testa corta e leggera, con il profilo leggermente montonino, presenta una fitta maculatura di colore marrone, nero e raramente rossiccio; le orecchie sono generalmente di media lunghezza e mediamente pendenti, frequentemente si trovano anche pecore con orecchie di dimensioni ridotte o ridottissime che prendono l’appellativo rispettivamente di “monche” e “muche o oche” con corna assenti in maschi e femmine. Collo di media lunghezza ben attaccato al tronco che risulta compatto e non molto lungo con arti proporzionati e robusti; maculatura scura nell’inferiore del garretto e del ginocchio.
Fonte: sheepallchain.it