Periodico per gli addetti ai lavori D A L S A L U M I F I C I O A L L A S A L U M E R I A N O N S T O P Anno XXV N. 3 Maggio-Giugno 2013
Premiata Salumeria Italiana, 3/13
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È il pascolo che fa la differenza .
Il pecorino fresco Pascoli di Pienza viene prodotto con latte di pura pecora proveniente da greggi che pascolano nel territorio del comune di Pienza, famoso fin dai tempi antichi per la sua ricchezza di erbe profumate che donano al latte la propria fragranza. A suggellare il legame tra gli allevatori e l’esperienza di trasformazione del Caseificio Busti, con lo scopo di garantire l’originalità del prodotto, esiste dal 2004 un Consorzio a tutela del formaggio “Pascoli di Pienza”. La rintracciabilità della filiera è certificata da Certiquality (UNI EN ISO 22.005:2008).
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N. 3 Anno XXV Maggio-Giugno 2013
€ 6,70 EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE – EURO ANNUARIO CARNE – EURO GENUINE FOOD ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA – US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA Stampa
Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.premiatasalumeriaitalianaonline.com Reg. al Tribunale di Modena n. 921 del 29-04-1988 Tariffe abbonamenti Annuale (6 numeri): Italia € 40,00 – Estero € 50,00 Sconto librerie: 10% Modalità: versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910 In esclusiva gli articoli di Euposia
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Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi Fotografia Luigi Credi Comitato di redazione Renato Bergonzini – Franco Ferrari – Manrico Murzi – Clara Scaglioni Redazione New York Stefano Spadoni – Alessandra Rotondi P.O. Box 569, New York, NY 10101-0569 Tel./Fax +1 212 956 8566 E-mail: stefanony@stefanospadoni.com Consulenti scientifici Prof. Giovanni Ballarini (Parma) – Prof. Fausto Cantarelli (Parma) – Prof. Carlo Cantoni (Milano) – Prof. Giuseppe Caserio (Milano) – Prof. Giorgio Catellani (Napoli) – Prof. Eugenio Del Toma (Roma) – Dr. Aldo Focacci – Dr. Emanuele Guidi (Modena) – Prof. Riccardo Monacelli (Roma) – Dr. Alfonso Piscopo – Piero Pittaro (Udine) – Prof. Andrea Strata (Parma) – Angelo Valentini (Perugia) Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CS5.5. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CS5.1.
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Qualità e tradizione garantita
Speck Alto Adige IGP www.suedtiroler-originale.info
Lo Speck Alto Adige IGP è un prodotto unico e originale. In sintonia con la sua provenienza geografica, rappresenta una simbiosi perfetta tra due culture: è più mite dei crudi affumicati del nord, ma più aromatico dei crudi dolci dell’area mediterranea. Speziato con aromi naturali, leggermente affumicato, viene stagionato per almeno 22 settimane all’aria fresca delle vallate secondo un antico metodo tramandato per generazioni. L’Unione Europea gli ha attribuito il marchio di Indicazione Geografica Protetta (IGP) a garanzia della sua grande qualità e del suo inconfondibile sapore.
Campagna finanziata con il contributo dell’Unione Europea e dell’Italia.
N. 3
In questo numero: Immagini
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Il food in rete
Il meglio del web e delle app
Elena Benedetti
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Comunichiamo
L’importanza della Comunicazione
Chiara Russotto
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Gaia Borghi
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Renzini: come ti “Umbriaco” un prosciutto
Riccardo Lagorio
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Magro e nudo: la perfetta forma del prosciutto crudo istriano
Massimiliano Rella
30
Il prosciutto amatriciano Igp
Roberto Villa
34
In principio fu la morsa
Raffaele Bertolini
36
Testa in cassetta ligure: i sapori della memoria
Federica Cornia
39
Panada, la modernità di un piatto antichissimo
Sebastiano Corona
42
Mortadella di Campotosto, gemma d’Abruzzo
Michele Bracieri
44
Trasformazione
Più gusto con gli affettati di struzzo
Riccardo Lagorio
46
Commercializzazione
Costa Group per la filiera agricola
50
Storica apertura all’export USA per i salumi italiani
54
Speciale prosciutto crudo Royal: un’azienda al servizio della filiera del prosciutto
Prodotti tipici
Mercati
La difesa dei prodotti italiani all’estero inizia dalla cucina
Giovanni Ballarini
61
Nutrizione
La frutta secca, preziosa alleata della nostra salute
Clara Scaglioni
66
Premiate Salumerie Italiane
Norcineria Polastri Macèlér, la salumeria è creativa
Massimiliano Rella
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Eventi
Metti una sera a cena con Berti nella ristobottega
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Cento mani di questa terra
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Locali di gusto
I Percorsi di gusto di Marzia, piĂš forti del terremoto
Stefania Monaco
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Turismo enogastronomico
A Ferrara in mostra la terza via della gastronomia
Gian Omar Bison
84
Valcamonica, paesaggi affascinanti e una gastronomia dal sapore antico
Josette Baverez Blanco 86
Formaggio
Gorgonzola Dop, un formaggio di famiglia
90
Lode in economia casearia
Fabio Butturi
92
Vinitaly, successo internazionale
Laura Franchini
96
TuttoFood 2013: i buyer fanno la differenza
Gaia Borghi
100
Vino
Monte Vibiano Vecchio, green wine
Riccardo Lagorio
108
I vini di Premiata Salumeria Italiana
Degustazione: i vini per le grigliate estive
Laura Franchini
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Storia e cultura
A proposito di Pontefici
Angelo Valentini
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Tecnologie
Soluzioni informatiche ottimali anche per le piccole e medie industrie del lattiero caseario
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Libri
Guarda che cosa mangi
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Fiere
Periodico per gli addetti ai lavori D A L S A L U M I F I C I O A L L A S A L U M E R I A N O N S T O P Anno XXV N. 3 Maggio-Giugno 2013
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In copertina: prosciutto di Parma Dop, 50 anni di dolcezza (foto di Massimiliano Rella).
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èD.O.P. D.O.P Modena
di addittivi e conservanti. Il marchio
DOP di qualità superiore,
a fuoco impresso sulla cotenna
prodotto con carni sele-
garantisce la qualità e la genuinità
zionate di provenienza nazionale,
del prodotto che viene controllato in
stagionato 16 mesi, senza l’utilizzo
ogni fase della produzione.
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Prosciutto
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www.consorzioprosciuttomodena.it
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È crudo, è buono, è modena
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Immagini
Quello istriano è un prosciutto decisamente magro, prodotto con le carni di tre tipi di maiali bianchi. Massimiliano Rella ha visitato per noi il prosciuttificio Kod Milana a Dignano d’Istria, realizzando il servizio pubblicato a pagina 30 (in foto: prosciutto e pancetta del produttore istriano Milan Bursic, serviti nella taverna annessa al suo prosciuttificio; ŠMassimiliano Rella).
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Noci, mandorle, nocciole, pistacchi, sono piccoli scrigni di energia, vitamine e minerali, il cui utilizzo in cucina affonda le radici nella storia e si intreccia con abitudini e credenze delle diverse culture. Indispensabile per il nostro benessere, protagonista di molte ricette, la frutta secca è presente anche in diversi salumi. Per saperne di piÚ leggete il servizio di Clara Scaglioni a pagina 66.
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SalumiямБcio Mec-Palmieri srl Via Canaletto, 16/A - 41030 - San Prospero (Modena) - tel. 059.90.88.29 - fax 059.90.63.36 www.mecpalmieri.com - www.mortadellafavola.it Azienda con Sistema Qualit├а certiямБcato ISO 9001
Il food in rete
Il meglio del web e delle app di Elena Benedetti
fromagesditalieaop.com
slowfoodstory.com
salumificiofranceschini.it
Quattro formaggi italiani alla conquista del mercato francese I Consorzi di tutela dei formaggi Dop Mozzarella di bufala campana, Asiago, Gorgonzola e Parmigiano Reggiano, da tempo uniti in progetti congiunti di formazione e comunicazione in Italia e all’estero, valicano nuovamente la frontiera e ritornano in Francia. L’obiettivo è quello di promuovere queste eccellenze presso l’alta ristorazione e la gastronomia francese. Si tratta di un progetto di comunicazione comune, grazie al quale è possibile far conoscere e valorizzare il ricco patrimonio produttivo, geografico e culturale di questi formaggi simbolo del made in Italy. Queste quattro denominazioni di origine protetta danno così vita ad una piattaforma comune di comunicazione on-line e off-line attraverso la quale sviluppano idee, strumenti e contenuti specifici per gli operatori e i professionisti della ristorazione d’oltralpe. Il sito www.fromagesditalieaop.com è il principale mezzo di comunicazione oltre alla presenza sui social network (Facebook, Twitter, Pinterest, Youtube, Tumblr). Molto curato nella grafica il portale raccoglie informazioni sui prodotti, archivi fotografici, informazioni sui tanti eventi itineranti organizzati attraverso la Francia. I testi sono in francese. Form on-line
La storia del movimento Slow Food diventa un film Che cos’è SLOW FOOD STORY? Nel sito web dedicato trovate la risposta: è un film che racconta la nascita e la diffusione del movimento Slow Food attraverso la biografia del suo fondatore e leader Carlo Petrini, meglio conosciuto come Carlìn, e del gruppo di amici e collaboratori che l’ha accompagnato lungo questa avventura. Partendo da Bra, cittadina di 27.000 abitanti nel sud del Piemonte, Carlìn crea dal nulla un movimento che oggi ha quasi 85.000 soci in 130 paesi, e che ha avuto un impatto straordinario nel mondo della gastronomia se non, forse, nella cultura del nostro tempo. Una storia costellata di bischerate, di ciucche e di viaggi, di scommesse vinte o perse ma sempre con la stessa inaffondabile, burbera, contagiosa ironia. Una storia che ci insegna come anche le più importanti avventure culturali possono nascere da un approccio divertito e godereccio all’esistenza, lontano dalle cattedrali un po’ polverose del sapere. E che merita di essere raccontata anche perché delinea, sullo sfondo, la big picture del cibo mondiale: le emergenze della produzione agroalimentare e i temi gastronomici più scottanti del nostro tempo globalizzato. Sul sito c’è il trailer ufficiale. info@indigofilm.it
Tanti contenuti con la descrizione accurata di ogni prodotto Dimenticate i siti web noiosi, che sembrano una brochure commerciale e tutti uguali. Il SALUMIFICIO FRANCESCHINI di Castello di Serravalle (BO) ha da poco lanciato il nuovo portale che non ha nulla di scontato. Curato nei massimi dettagli grafici è divertente, è molto piacevole e facile nella navigazione, ma soprattutto trasmette lo spirito dell’azienda bolognese: fare le cose fatte bene, curate in ogni particolare, con quella spensieratezza emiliana che caratterizza i Franceschini. La musica non invadente in sottofondo e la dinamicità degli elementi grafici che si aprono, chiudono, trascinano col mouse rende la navigazione quasi giocosa. I contenuti sono tanti, dalla descrizione accurata di ogni prodotto (salami, salamelle, prosciutti, zamponi, coppe di testa e pancette) alla possibilità di fare acquisti on-line, alla storia dell’azienda. Anche la qualità è un tema trattato con una sezione dedicata, attraverso la quale il salumificio risponde alle domande più frequenti che si pongono i consumatori. Il link alla pagina Facebook (www.facebook. com/salumificiofranceschini) completa la presenza social. simone@salumificiofranceschini.it
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Il mondo di Beppino Occelli si apre al web Lui non ha bisogno di presentazioni. Beppino Occelli è un grande produttore di formaggi e burro straordinari. Prodotti che raccontano la storia delle Langhe e delle Alpi, territori amati e spiegti anche attraverso il web. Sono due infatti i portali che vi aprono le porte al “borgo dei formaggi” di Farigliano e Valcasotto, le due cittadine langarole in provincia di Cuneo dalle quali si sviluppa l’attività della Beppino Occelli. www.occelli.it Il sito è stato recentemente rinnovato nella grafica e nei contenuti. “Il rapporto fruttuoso tra l’uomo e l’ambiente, tra Beppino Occelli, le Langhe e gli alpeggi, nasce e si sviluppa soprattutto nel nome del latte. Di vacca, di pecora o di capra, ma sempre buonissimo, perché le proprietà finali del burro e dei formaggi sono strettamente legate alla bontà e alla freschezza del latte”: questa è la filosofia che si legge tra le pagine del sito. Qui c’è amore per la terra, rispetto e cura degli animali, passione nella lavorazione artigianale. Il portale è organizzato in sette sezioni, tra il racconto di Beppino Occelli, l’anima dell’azienda, il burro e i formaggi e le news. C’è anche uno spazio dedicato alle ricette che una rete di blogger e di cuochi professionisti testano e condividono con la community di visitatori. Il sito viene costantemente aggiornato con eventi e gli articoli dedicati al mondo di Beppino Occelli. Realizzato in lingua italiana, inglese e tedesca il portale è un ottimo strumento per mantenere il contatto con il burrificio e il caseificio (info@occelli.it). www.valcasotto.it Borgo di Valcasotto, presente sul web con www.valcasotto. it, di nuovissima costruzione, è il sito dedicato al ristorante e alla locanda e bottega. Ecco un affaccio sul mondo contadino di Beppino Occelli, per una sosta gustosa, per un soggiorno tranquillo in una delle 8 camere doppie con vista sul borgo e sulle montagne. Attraverso il sito si accede anche a notizie, eventi e percorsi legati al Borgo (info@occelli.it).
Do you like salumi? Da oggi il portale dell’IVSI parla anche inglese! Si è da poco conclusa la prima fase di aggiornamento del sito web dell’Istituto Valorizzazione Salumi Italiani. Dopo la pubblicazione lo scorso settembre della nuova versione, rinnovata nella grafica e nelle sezioni interne, il sito www.salumi-italiani.it parla anche in inglese. La caratteristica di internazionalità del sito è importante per la diffusione delle nostre eccellenze all’estero e oggi ancor di più data la recente apertura del mercato statunitense per i salumi a breve stagionatura di alcune regioni italiane. Obiettivo della versione inglese è ovviamente quello di rendere fruibili anche agli utenti stranieri tutti i contenuti sui salumi italiani, secondo un’organizzazione delle sezioni studiata e rielaborata appositamente per l’utenza estera. Molto ricche le sezioni sulla storia dei salumi, le schede-salumi, le attività IVSI di valorizzazione all’estero e l’analisi dei valori nutrizionali dei salumi italiani. Il refresh del sito ha portato alla creazione di nuove pagine e nuovi contenuti, fra cui quelli legati al benessere e alla salute. Il consumatore straniero spesso proviene da mercati nei quali il dibattito sulla corretta dieta tiene banco con insistenza. La necessità di comunicare il made in Italy alimentare come stile di vita e di informare sui nuovi valori nutrizionali in modo chiaro, ha portato alla decisione di creare nella versione inglese un’area dedicata alla salute (“Nutrition & Health”), nella quale sono stati raccolti i dati principali emersi dalla ricerca INRAN (ora CRA), che ha aggiornato le precedenti tabelle nutrizionali del 1993. All’interno delle pagine di questa sezione è possibile trovare anche gli approfondimenti su sale, grasso e vitamine, oltre all’evoluzione nel tempo dei micronutrienti. I contenuti di questa sezione, mutuati dal booklet sui valori nutrizionali “Italian Deli Meats” (scaricabile gratuitamente), includono anche alcuni cenni ai comportamenti corretti da tenere a tavola come nel tempo libero, pensati in base all’età o allo stile di vita, con consigli pratici e tabelle dedicate.
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Comunichiamo
Una nuova rubrica per voi!
L’importanza della Comunicazione di Chiara Russotto
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• “Noi abbiamo le pagine aziendali su social network. Ma perché non otteniamo risultati?”.
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L’importanza della Comunicazione Il 19 marzo a Milano, PAOLO ANGELUCCI, presidente dell’Associazione nazionale delle imprese IT, presentando il Rapporto Assinform 2013 ha dichiarato: «Internet, il mobile e l’economia dei social network stanno velocemente trasformando il mondo, spingendo gli investimenti ad aprire nuovi orizzonti tecnologici e applicativi, generando nuove opportunità di crescita per quei
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cco, abbiamo pensato a questa rubrica proprio per voi. Questa rubrica è per tutti quelli che: “Internet? Boh!”; “Sono bravo, lavoro producendo qualità… ma faccio una gran fatica”; “Ho sentito parlare di Facebook e Twitter… ma come funzionano e quale scegliere per la mia attività?”; “Sé… sé… la comunicazione! È inutile!”; “Devo portare la mia attività al passo con i tempi. Posso farlo da solo?”;
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Paesi, quei settori economici, quelle imprese che accettano la sfida del cambiamento attraverso l’innovazione digitale. […] In Italia, il digital divide fra chi intraprende la strada dell’innovazione e chi, suo malgrado perché costretto dalla crisi, o per vera e propria miopia, sceglie di non scegliere, di resistere, siano essi imprese, pubbliche amministrazioni o anche famiglie e cittadini che sottovalutano i vantaggi del web. In realtà, siamo a un bivio perché, data la velocità del cambiamento in atto, resistere vuol dire arretrare e zavorrare ancora di più l’economia, il Paese, su assetti ormai
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sterili incapaci di offrire soluzioni alla crisi e ai problemi strutturali. Al contrario, nel clima di grande incertezza in cui viviamo, l’unica certezza è che la scelta di colmare il gap d’innovazione che ci separa dalle principali economie rappresenta la vera opportunità per aprire un nuovo percorso di sviluppo». Solo in Italia nel 2012 i tablet hanno raggiunto vendite pari al 140% in più rispetto all’anno precedente (due milioni di pezzi circa), mentre gli smartphone hanno registrato una crescita del 62% raggiungendo 8,6 milioni di telefoni venduti. Oggi le attese impreviste non sono più un problema, se capita qualcosa e dobbiamo aspettare 15 minuti in più, alziamo le spalle, sblocchiamo la schermata del telefono di ultima generazione e navighiamo. Facebook, uno tra i social network più utilizzati in questi anni, a ottobre 2012 ha registrato 25 milioni di “utenti attivi” soltanto in Italia. Persone che condividono contenuti ritenuti interessanti, che discutono, che dichiarano le proprie preferenze con i “mi piace” e che, per la prima volta, decidono autonomamente di aggiornarsi sulle novità delle aziende che “seguono” senza percepirle più come pubblicità. L’ultimo rapporto di Assinform non raffigura per l’economia italiana un panorama denso di speranze (se avrete modo di leggerlo nella sua interezza, lo capirete), bensì individua un’unica direzione per la ripresa economica: il mercato globale. L’utilizzo cioè della tecnologia, di software avanzati e del web, per migliorare le prestazioni ed i servizi, per aprire canali di comunicazione proficui anche a distanze grandissime. Quando parlo di migliorare le prestazioni ed i servizi, gioco su un terreno assolutamente sicuro: l’imprenditoria italiana, in particolar modo quella agroalimentare, fonda le sue basi sulla qualità dei prodotti e dei servizi, su standard sanitari e qualitativi veramente molto alti (importantissimo l’ultimo rapporto EFSA che certifica la salubrità del cibo italiano, classificandolo come il meno contaminato del mondo). Sono convinta che per uscire da
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un momento storico così difficoltoso occorra fare leva su questi “valori”, imparando a comunicarli ad un pubblico di riferimento più ampio. Vi porto l’esempio di alcuni produttori spagnoli di Jamón Iberico, Pata Negra e formaggi: si sono affidati a portali di vendita diretta molto ben indicizzati sui motori di ricerca, come www.
ibersano.es e www.jamonshop.es, graficamente stilosi, o ad altri, magari non bellissimi, ma assolutamente funzionali come www.eljamoncito. com. Risultato? Un amico mi dice: «un anno fa lessi un articolo sul Pata Negra, così, ricercando su internet, trovai una serie di e-commerce veramente interessanti». Oggi ha creato
Domandateci, chiedeteci, contattateci: ogni mese, attraverso questa rubrica, risponderemo alle mail che ci sembreranno più utili ad approfondire gli argomenti trattati. Vi preghiamo di darci più informazioni possibili, così da rendere i nostri consigli efficaci o nel caso siate interessati ad argomenti specifici, di comunicarcelo a info@pubblicitaitalia.com
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le persone che lavorano all’interno dell’azienda, la filosofia alla base della qualità proposta, l’amore con cui viene condotta la filiera, i sacrifici e la volontà, non solo di crescere o di arrivare alla chiusura del bilancio in pari, ma anche di garantire il lavoro ai dipendenti. Quindi valorizzatevi! Indicizzate bene il vostro sito sui motori di ricerca come Google o Yahoo; comunicate su riviste di settore e sui social network; fate vedere come si fanno le cose, fate foto ai vostri prodotti, ai vostri dipendenti mentre lavorano, ai clienti e ai titolari delle aziende partner. Non avete tempo? Trovatelo. Ho introdotto la rubrica riportandovi dati e numeri di fonti referenziate, perché è l’unico modo per cominciare ad abbattere la diffidenza che ruota intorno al mondo della comunicazione. Ma ho lasciato da parte molto di questo argomento che offre spunti infiniti. Respiro… Avrò tutto il tempo e lo spazio necessario per aiutarvi a chiarire piccoli dubbi ed approfondire ogni aspetto legato alla strategia da adottare ai fini di una comunicazione efficace.
un gruppo di acquisto di 20 persone che una volta l’anno acquista lì. Sacrificare del tempo per comunicare? Noi dobbiamo lavorare! Cosa differenzia un’azienda dall’altra? La qualità e la varietà dei prodotti, il modo in cui vengono realizzati e i servizi proposti. Ma la vera differenza la fanno, e la faranno sempre,
Il panorama della comunicazione globale Non è necessario essere ovunque, ma saper scegliere i canali più indicati alla promozione della vostra attività! Nei prossimi mesi, anche in base alle vostre e-mail, avremo modo di parlare di ognuno di questi strumenti, capendo il metodo migliore per utilizzarli.
ha bisogno. In quanto, se noi riusciamo ad aiutare voi, diamo il nostro contributo (minuscolo) alla ripresa dell’economia. E se l’economia riprende, potremo rincominciare ad investire all’interno delle nostre aziende, crescendo, potremo tirare un sospiro di sollievo, goderci due giorni di ferie o fare una festa e, non ultimo, garantire serenità ai nostri dipendenti, oltre che assumere nuove persone. Per questo motivo abbiamo deciso di mettere a vostra disposizione una rubrica di comunicazione. Approfittatene! Chiara Russotto
Un passo avanti Ma ora forse è il caso di fare un passo indietro (dov’è la corrispondenza con il titolo?): l’idea di inaugurare una rubrica di comunicazione è nata davanti a un flan di squacquerone, pere, aceto balsamico e ad un bicchiere di vino bianco. Dal momento che se oggi si hanno i mezzi e le conoscenze, pensiamo debbano essere messe a disposizione di chi ne
Fonti • A SSINFORM , www.assinform.it/ aree_sx/informazioni/comunicati/cs19032013.htm; • EFSA, www.efsa.europa.eu/it/efsajournal/pub/3130.htm; • Infografica 1, Eurispes Rapporto 2013, www.cloudpeople.it/news/ gli-italiani-e-la-tecnologia; • Infografica 2, Wikipedia, Facebook, www.giudev.it
Chiara Russotto ha 36 anni, è consulente di comunicazione e titolare insieme a Federico Roveda di Smarti Editrice. Si occupa prevalentemente di Food, adora i suoi clienti, cede al cibo per amore, lotta con la dieta, ride, ha due cani, una canzone preferita, Kebrillah di JOVANOTTI, ed una passione per i libri che trattano argomenti dei quali, lei, non capisce assolutamente nulla.
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www.raspinisalumi.it Premiata Salumeria Italiana, 3/13
Il Prosciutto Cotto Fettarosa e il Salame Piemonte sono solo due delle specialità della grande tradizione salumiera italiana che Raspini porta ogni giorno sulle nostre tavole. Dal crudo al cotto, dall’arrosto alla mortadella: Raspini mette d’accordo tutta la famiglia.
BENVENUTI IN FAMIGLIA 21
Speciale prosciutto crudo
Royal: un’azienda al servizio della filiera del prosciutto A Sala Baganza la Royal Prosciutti, società partecipata dal Gruppo Suincom di cui fa parte anche BP Prosciutti, mette a disposizione dei prosciuttifici la propria imponente struttura: 18.000 m2 sui quali trova spazio la filiera completa del crudo stagionato di Gaia Borghi
U
no stabilimento che lascia a dir poco a bocca aperta: 18.000 m 2 di superficie coperta disposti su di un unico piano e una capacità di stagionatura di circa 1.000.000 di pezzi, per 5.000 prosciutti disossati al giorno! «Non ci sono molti altri impianti in Italia che abbiano questa capacità
produttiva» precisa Valentina Agnani accogliendoci negli uffici della Royal Prosciutti di Sala Baganza, in provincia di Parma. «Ce ne rendiamo conto soprattutto quando vengono in visita i clienti stranieri, che rimangono davvero impressionati dal fatto di poter trovare in un sito unico, realizzato a partire da una visione ingegneristica
Royal Prosciutti. L’azienda di Sala Baganza opera con circa un centinaio di addetti.
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razionale davvero all’avanguardia, la filiera completa del prosciutto crudo, dall’accoglienza delle cosce fresche alla stagionatura, passando per il disosso, la lavorazione e il confezionamento finale. Il tutto potendo vantare un livello di tracciabilità e sicurezza estremamente elevati. Non a caso Royal possiede una certificazione IFS Higher level-BRC grade A ed è abilitata all’export verso i principali Paesi Terzi (USA, Canada, Australia, Giappone, Messico) e sudamericani (Argentina, Brasile, Cile). Sono certificazioni importantissime, soprattutto quelle riguardanti USA, Australia e Giappone, che fanno davvero la differenza per il nostro stabilimento». Con un fatturato di circa 10 milioni di euro, Royal Prosciutti, insieme a BP Prosciutti, fa parte del Gruppo Suincom, un’importante realtà presente da tempo sul mercato fondata da Roberto Agnani, oggi presidente del CdA. Riconoscibile dallo slogan “Tutti i pezzi del maiale”, Suincom ha la propria sede a Solignano di Castelvetro, come a dire il centro o quasi del distretto alimentare modenese dedicato al maiale a tutto tondo e la cui notorietà ha da tempo valicato i confini nazionali per la grande professionalità e competenza degli operatori e la presenza di addetti estremamente qualificati. Valentina Agnani ricopre il ruolo di presidente dell’azienda Royal da circa un anno; al suo fianco c’è Sergio Giusti, Amministratore Delegato, con una lunga esperienza nel settore del commercio della carne suina e dei prosciutti. Acquistata nel marzo del 2011 da una cordata di imprenditori modenesi, Royal Prosciutti «è uno strumento al servizio delle aziende socie e di tutti i prosciuttifici che ne facciano richiesta in quanto è in grado di gestire tutte le fasi della produzione tipica di prosciutto crudo DOP» ci dice Sergio. «Quello che offriamo — continua — è una struttura snella e costi altamente competitivi. Nel nostro stabilimento lavoriamo cosce di provenienza comunitaria, circa 20.000 alla settimana. Da quando la Royal è stata acquisita, inoltre, abbiamo ampliato la produzione con la stagionatura di cosce suine taglio speck».
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In alto: una fase della lavorazione del prosciutto. In basso: la sala stagionatura con una capacità di circa un milione di pezzi. Obiettivo: soddisfare le svariate esigenze del mercato Prosciutto, prosciutto… e ancora prosciutto, potremmo affermare riscrivendo al cubo la nota pellicola del regista spagnolo Bigas Luna: con una specializzazione a 360 gradi su questo pregiato salume, alla Royal può arrivare la coscia fresca (la stagionatura rappresenta il 60% della produzione) o il prosciutto già stagionato in osso che necessita di un’ulteriore lavorazione, con la conseguente riconsegna con il marchio del cliente (GD, GDO, catering, grossisti, grande industria…). Al servizio delle diverse esigenze del mercato, sono tre le linee di lavorazione in essere nello stabilimento
di Sala Baganza: la linea mattonelle (con una produzione di circa 2.500 mattonelle al giorno) specifica per l’industria dell’affettamento; la linea degli sfilati (pressato, addobbo, pelatello); la linea dei tranci per il libero servizio. «Abbiamo la capacità produttiva di gestire numeri grandissimi ma anche realtà medio-piccole» precisa Sergio Giusti. «Facciamo solo prosciutto, ma lo facciamo al meglio. Metteteci alla prova!». Royal a TuttoFood per incontrare i top buyer su base mondiale Nell’ottica di ampliare la propria visibilità a livello internazionale il Gruppo era presente al TUTTO-
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Parte della gamma dei prosciutti proposti: Mec, Parma, S. Daniele, addobbo, mattonella, tranci, pelatello. FOOD di Milano (si veda lo speciale sull’evento a pagina 100). Una fiera, questa, che si è rivelata estremamente importante per affermare la propria visibilità e la propria presenza sui mercati esteri; infatti, durante i quattro giorni della manifestazione sono stati accolti buyer provenienti da tutto il mondo. Gaia Borghi Royal Prosciutti Srl Via Torrente 2 43038 Sala Baganza (PR) Telefono: 0521 831066
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BP Prosciutti Srl, nata dalla fusione di Balugani Prosciutti Srl e Panini Srl, è in grado di garantire un’ampia gamma di tipi e formati di prosciutto crudo. L’attenzione ai mercati esteri, con una quota del 35% sul fatturato, è una costante nella politica aziendale che si concreta nelle abilitazioni ottenute per esportare nei seguenti paesi: Cile, Argentina, Brasile, USA, Canada, Cuba, Croazia, Giappone, Svizzera, Slovenia, Russia, Polonia, Repubblica Ceca. Alle posizioni ormai stabilmente acquisite in Europa (Francia, Belgio, Gran Bretagna, Germania, Austria, Svezia) si affiancano quote sempre più importanti di mercato conquistate nei paesi dell’Est e posizioni altrettanto importanti in Giappone, Stati Uniti e America Latina. La volontà dell’azienda è quella di mantenere e consolidare le posizioni acquisite, espandendo al contempo la propria presenza su nuovi mercati. >> Link: www.bpprosciutti.it
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Renzini: come ti “Umbriaco” un prosciutto Con il prosciutto “L’Umbriaco”, i “Sigari” al cinghiale e la mortadella alla cipolla rossa Santa Rita si arricchisce il gustoso catalogo della nota casa di norcineria umbra, veri maestri delle specialità gastronomiche di Riccardo Lagorio
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n un Paese come il nostro, al quale è sempre stata riconosciuta una particolare vena creativa, l’esperienza di Dante Renzini, nipote e figlio di salumai umbri ed ora sagace imprenditore nel settore che fu degli avi, non può sorprendere troppo. La storia dell’azienda ricalca quella delle grandi famiglie dell’imprenditoria tricolore. Partita durante il primo decennio del XX secolo come elementare bottega del borgo di Montecastelli, l’azienda si trasforma tra gli anni Quaranta e Sessanta con il commercio di animali ed il contestuale allevamento sino a realizzare negli anni Ottanta opere di macellazione e trasformazione che la lanciano sul mercato grazie ai buoni risultati ottenuti tra il pubblico. Con l’acquisto del prosciuttificio di Abeto (a circa 1000 metri di altitudine) per la produzione di prosciutto di Norcia IGP e la cantina di Albea ad Alberobello nel 2002 si va a completare il ventaglio di offerte che Renzini Spa può garantire al pubblico, sino all’entrata in azienda dei figli di Dante, Franco e Federico, che ne condividono la passione. Così, mentre le preoccupazioni di buona parte dei concorrenti si rivolgono a rincorrere quei dettagli che rappresentano a malapena l’1% dell’intero prodotto (come l’assenza di glutine o derivati del latte), per tutta risposta Dante Renzini punta i riflettori sul restante 99% che compone il prodotto: la materia prima, ovvero suini umbri di razza Cinta senese ed
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Il prosciutto crudo “L’Umbriaco”. Ottenuto da cosce di suino pesante italiano dopo il disosso viene immerso per due settimane in vino rosso e vinacce.
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1/2) I “Sigari” al cinghiale, würstel gourmet. 3) La mortadella alla cipolla rossa “Santa Rita”. 4) Il guanciale al brandy. 5) Mastro Dante “sigillo” di qualità: per anni Renzini ha partecipato in TV a “La Vecchia Fattoria” come esperto norcino.
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A sinistra: il prosciutto cotto alla brace Norcino. A destra: il prosciutto cotto Grantartufo. il cosiddetto suino Magno Renzini, la cui carne è fonte di Omega-3. Per quanto concerne gli animali di razza Cinta senese, essi vengono allevati in Umbria allo stato brado e semibrado, non viene loro somministrato alcun medicinale e prima d’essere macellati raggiungono almeno i due anni d’età; il suino Magno viene alimentato anche con semi di lino, ricchi di Omega-3, in stalle larghe ed arieggiate che consentono agli animali, tutti cresciuti in ambito regionale, di trascorrere meglio gli almeno 12 mesi della propria vita. Ne consegue un infinito catalogo di prodotti, sempre aggiornato ed arricchito di proposte che servono ad accaparrarsi quella fascia di mercato sempre in cerca di gustose novità. Non solo LUI… Accanto al tradizionale LUI, il prosciutto crudo che acquista particolare gusto grazie all’utilizzo nella salamoia anche di aceto balsamico, dalla caratteristica copertura con grani di pepe rosso e stagionato nel Parco dei Monti Sibillini, i fiori all’occhiello della Renzini sono diventati con il trascorrere degli anni anche la mortadella “Oltre” di cinghiale (presente al 70% nell’impasto), il prosciutto cotto Grantartufo (con cosce di oltre 13,5 kg e farcitura manuale con tartufo nero di Norcia in scaglie e lenta cottura),
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privo di polifosfati, e il prosciutto alla brace Norcino, atavico nel gusto e nel metodo di preparazione con ingredienti semplici che valorizzano ed esaltano la cottura alla brace ricavandone un prodotto morbido e succoso. Non mancano prodotti dai nomignoli curiosi e talvolta irriverenti: da Le corna del diavolo (spalla di suino pesante nazionale ricoperto di peperoncino dolce in scaglie e leggermente affumicato) ai Cojoni di mulo (che contengono un lardello su tutta la lunghezza del prodotto), dal Cuorematto di suino o di cinghiale alle erbe (la carne è ricavata dalle cosce degli animali ed il salume è ricoperto da erbe aromatiche che conferiscono un’inconfondibile fragranza) alla Norciccia (salsicce insaccate in budello naturale pronte da cuocere alla brace). Arriviamo ai selvatici con il prosciutto ed il salame di cervo e le carni bianche, come il petto di tacchino alla brace, o la bresaola, elaborata partendo dal lombo del pennuto. Ma, soprattutto, i Renzini hanno puntato molto negli ultimi mesi su autentiche novità. È nato per fornire un’offerta più completa possibile “L’Umbriaco” — prosciutto che dopo il disosso viene messo per due settimane in salamoia di vino rosso ad alta gradazione alcolica e vinacce, le quali ne ricoprono anche la superficie esterna impreziosendo
il prosciutto alla vista —, cui sono seguiti i “Sigari” al cinghiale (prodotto innovativo nato reinventando ed elevando i würstel a prodotto gourmet presentati in accattivanti confezioni) e la mortadella alla cipolla rossa “Santa Rita” che sta mietendo ottimi risultati commerciali. Questa mortadella si contraddistingue infatti per la presenza nell’impasto di un profumato soffritto di cipolla rossa brasata e sfumata al vino. L’unione della cipolla rossa, rinomata per la sua dolcezza e digeribilità nonché per le qualità antiossidanti, con carni selezionate ha portato a questo prodotto sin dal suo lancio le approvazioni del mercato. Salametti di cinghiale in olio sotto vetro, ragù per pasta e paté per crostini completano il ventaglio di ricercatezze dei Renzini. Per quanto riguarda la cantina Albea (www.albeavini.com), seguita dall’enologo Riccardo Cotarella e dal direttore tecnico Claudio Sisto, che ha raggiunto ottimi risultati di critica, rimandiamo ad una prossima puntata su queste pagine. Riccardo Lagorio Renzini Alta Norcineria Spa Via Dante Renzini, 2 06019 Montecastelli Umbro (PG) Telefono: 075 9418611 E-mail: info@renzini.it Web: www.renzini.it
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Via Moro, 3 - 41051 Castelnuovo Rangone (MO) tel: 059 535832 - fax: 059 537256 www.gigisalumificio.it - e-mail: info@gigisalumificio.it Premiata Salumeria Italiana, 3/13
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Visita al Prosciuttificio Kod Milana a Dignano D’Istria
Magro e nudo: la perfetta forma del prosciutto crudo istriano di Massimiliano Rella
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a gastronomia dell’Istria ci riserva una novità di salumeria, il prosciutto istriano, un prodotto relativamente “giovane”. Se la Malvasia istriana, uno dei vini simbolo di questa terra, un bianco fresco dai profumi floreali, attira l’attenzione degli appassionati di vino, altre tipicità esprimono il gusto e la qualità di una produzione tutta artigianale. Il Prosciuttificio Kod Milana si trova a Dignano d’Istria (in croato Vodnjan), un piccolo centro a 10 km a nord della più turistica Pola. L’azienda di Milan Bursic, 62 anni, è un esempio di eccellenza artigianale. Bursic non si è accontentato della lunga esperienza acquisita nella produzione di prosciutti, dal momento che si dedica a quest’attività dal 1978, ma ha voluto distinguere i suoi prodotti dandosi un disciplinare di produzione basato sul concetto di qualità. Si è così inventato il “prosciutto crudo istriano”, stabilendo una serie di regole per eventuali nuovi produttori. Al momento la sua azienda è ancora l’unica autorizzata a usare la denominazione. Anche se non mancano i falsi. Le particolarità della produzione La storia del prosciutto crudo istriano comincia con la selezione dei maiali più adatti per ottenere un prodotto decisamente magro. Il crudo istriano è fatto con le carni di tre tipi di maiali bianchi, allevati in modo da avere una bassa percentuale di grasso: Yorkshire, Duroc e Pietrain. Il peso ideale è tra i 180 e i 200 kg. L’alimentazione dei suini ha grande importanza per garantire consistenza e sapore. Bursic nutre i suoi 40 maiali
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Il produttore di prosciutto istriano Milan Bursic.
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con piccoli frutti, soia e frumento. Ma ne acquista altri per fare anche pancette, lombetti, salsicce istriane, coppa, lardo e varie specialità. Allevare i maiali in questo modo comporta un aggravio di costo di circa il 30%, ma la qualità della materia prima è una condizione imprescindibile per ottenere un prodotto finale con migliori caratteristiche organolettiche, corrispondenti al livello qualitativo richiesto dal disciplinare. Prima della salagione le carni sono ripulite dal grasso e dalla cotenna, perché quello istriano è un prosciutto magro e “nudo”. Avete letto bene, nudo: l’unica parte di cotenna, infatti, è nella zona superiore della coscia, dove il prosciutto viene attraversato da un gancio per essere appeso. La carne fresca è aromatizzata con sale, pepe, alloro e rosmarino tritato: insieme formano una pellicola protettiva che ha la doppia funzione di “rivestire” l’esterno e di trasmettere qualche aroma vegetale e speziato all’interno. La salagione avviene per 15 giorni seguiti da altri 7 sotto la pressione di un peso che fa prendere alla coscia la forma del prosciutto “schiacciato” e favorisce la perdita di acqua. Ogni chilo di carne richiede un mese di stagionatura, quindi questi prosciutti di 10-12 kg stagionano al fresco, in ambienti ventilati, per 12 mesi. Alla fine del processo la coscia ha perso il 40% del peso. Il prosciuttificio Kod Milana produce annualmente 12.000 prosciutti. Si tratta di una produzione per così dire di nicchia, che Milan vende direttamente in azienda, insieme all’olio extra vergine d’oliva di produzione propria ottenuto da varietà Busa, Carbonara, Leccino e Bianchera. Questi prodotti li troviamo anche in un punto vendita in città, a Dignano d’Istria, e in qualche negozio istriano, in ogni caso entro i confini della Croazia. Il prosciutto di Bursic (un simpatico signore che parla istro-veneto, un dialetto buffo e a tratti incomprensibile) a tavola viene preferibilmente tagliato a mano e così le fette risultano più o meno sottili e di spessore irregolare. Il prezzo è di 350 kune al chilo (€ 50,00); 1 etto 35 kune (€ 5,00).
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Milan Bursic tra le sue pancette. Tutti i prodotti in vendita nel negozio sono originali istriani e fatti in casa. Minestre e taglieri Se l’attento e rigoroso Milan è l’esperto di prosciutti, la provetta cuoca è sua moglie Darinka. Mentre Milan segue le fasi produttive e controlla in prima persona i prosciutti e la pancette messe a stagionare, nella taverna del prosciuttificio Kod Milana la signora Darinka prepara minestre di verdure e pezzetti di lardo, come la maneštra istriana, oppure i fusi con il prosciutto, cioè la pasta fatta in casa di questa zona, ma anche taglieri di affettati, prosciutti e pancette di famiglia.
La trattoria, un locale semplice e accogliente, con fotografie alle pareti, accoglie anche gruppi, ma è sempre meglio prenotare (€ 15,00 a persona). Massimiliano Rella Trgovacki obrt Kod Milana Commercio artigianale Da Milan Fazanska 25, 52215 Vodnjan Telefono: +385 (0) 52 512131-511264 E-mail: kodmilana@gmail.com Web: www.istarskiprsut.com Nota Fotografie di Massimiliano Rella.
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STABILIMENTI DI PRODUZIONE: COLÀ DI LAZISE (VR) ITALIA - VIA CONFINE, 4 - TEL. +39 045 6459111 r.a. FAX +39 045 6450136 - LANGHIRANO (PR) ITALIA - VIA DE GASPERI, 1 - TEL. e FAX + 39 0521 857162 - www.leoncini.com - mail@leoncini.com
Il prosciutto amatriciano Igp Da merce di scambio tra vassalli e signori locali a produzione tutelata dall’UE di Roberto Villa
A
conclusione di un iter durato circa due anni, dal luglio 2011 il prosciutto amatriciano è un prodotto a Indicazione Geografica Protetta ai sensi del Regolamento (CE) 510/2006. La produzione si attesta intorno ai 50.000 pezzi, per un volume d’affari stimabile sui 3,25 milioni di euro. La zona di produzione e il legame storico con l’ambiente naturale L’area di produzione del prosciutto amatriciano IGP è rappresentata dai seguenti comuni della provincia di Rieti, con il limite altimetrico non superiore a 1.200 m slm: Amatrice, Accumoli, Antrodoco, Borgo Velino, Cantalice, Castel Sant’Angelo, Cittaducale, Cittareale, Configni, Contigliano, Colli sul Velino, Cottanello, Greccio, Labro, Leonessa, Micigliano, Morro Reatino, Petrella Salto, Poggio Bustone, Posta, Rieti e Rivodutri. Questo territorio è caratterizzato da clima rigido nelle aree d’alta montagna e relativamente rigido nelle aree basse e vallive della zona montana, con aria fresca di umidità relativa sempre inferiore al 70%, fattore fondamentale per l’asciugatura e la formazione dei profumi. Ciò che lo contraddistingue è la rifilatura alta, derivante dalla secolare tradizione locale, consistente nell’asportazione della cotenna e del grasso di copertura fino a lasciare un’ampia parte scoperta, che si estende in senso verticale fino ad oltre la metà dell’altezza della coscia (forma “a pera”). Amatrice è il centro di un territorio che corre lungo le alte valli del Velino e del Tronto, caratterizzato da un’antica produzione di prosciutti.
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Si narra che la preparazione dei prelibati prosciutti amatriciani fosse affidata alle donne di Amatrice, vere custodi dell’antica ricetta. Sebbene i riconoscimenti espliciti risalgano solo alla fine del XIX secolo, i riferimenti storici risalgono a tempi ben precedenti, a partire dal Medioevo, dove i prosciutti della zona costituiscono una vera e propria tassa da pagare ai feudatari: negli Statuti
del Cicolano (territorio in cui ricade la maggior parte dei comuni compresi nell’areale di produzione del prosciutto amatriciano) è attestata, alla fine del XIV secolo, la consuetudine signorile di prelevare dai vassalli prosciutti.
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I requisiti dei suini e delle carni Le cosce destinabili alla produzione devono derivare da suini: • delle razze tradizionali Large White italiana e Landrace italiana, così come migliorate dal Libro genealogico italiano, o figli di verri delle stesse razze; • figli di verri di razza Duroc italiana, così come migliorata dal Libro genealogico italiano; • figli di verri di altre razze ovvero di verri ibridi, purché provengano da schemi di selezione o incrocio attuati con finalità non incompatibili con quelle del Libro genealogico italiano per la produzione del suino pesante. L’alimentazione è quella tradizionale per l’allevamento del suino pesante da salumeria, come pure l’età della macellazione deve essere compresa tra il 9º e il 15º mese dalla nascita. Il peso delle cosce deve essere compreso tra i 12,5 e i 16 kg, con lo spessore del grasso nella parte esterna della coscia fresca rifilata, misurato verticalmente in corrispondenza della testa del femore (sotto-noce), con la coscia e la relativa faccia esterna poste su un piano orizzontale, che deve essere compreso tra i 15 e i 30 millimetri, cotenna compresa, in funzione della pezzatura. La tecnica di lavorazione La rifilatura conferisce la tipica forma “a pera”, con una superficie ampiamente scoperta ottenuta attraverso un deciso taglio semicircolare che
Le caratteristiche del prosciutto amatriciano Il prosciutto amatriciano IGP, all’atto dell’immissione al consumo, presenta le seguenti caratteristiche. Caratteristiche chimico-fisiche Percentuale di umidità: non superiore al 60% su tal quale. Contenuto di proteine: minimo 25% sulla sostanza secca. Caratteristiche organolettiche e qualitative Forma: a pera con esclusione dello zampo. Faccia frontale: caratterizzata da un’ampia parte scoperta che si estende in senso verticale fino ad oltre la metà dell’altezza della coscia (rifilatura alta). Peso minimo: non inferiore a 8 kg alla conclusione del periodo minimo di stagionatura. Stagionatura: minimo 12 mesi dalla data di prima salatura. Colore: rosso/roseo inframmezzato dal bianco puro del grasso di marezzatura. Sapore: sapido ma non salato. Aroma: profumo gradevole, dolce ma intenso anche nelle prove all’ago. Consistenza: elastica e compatta con ottima tenuta della fetta.
arriva fino ad oltre la metà dell’altezza della coscia. Dopo la selezione per classi di peso, le cosce vengono mantenute refrigerate ad una temperatura tra 0° e +4°C prima della salagione, che si attua in due volte: alla prima salatura vengono praticati il massaggio per eliminare i residui di sangue e l’aspersione manuale e meccanica con sale marino (cui è consentito aggiungere saccarosio o nitrato di potassio secondo i limiti previsti dalla normativa). Dopo la sosta in cella per un periodo di 4 o 6 giorni le cosce subiscono il ripasso o seconda salatura e
È il 1984 quando Gianfranco Castelli inizia la sua attività in quello che allora era solo un piccolo laboratorio di carni suine con una limitata produzione di salumi. Oggi Sa.NO. Srl è la prima azienda italiana per la produzione di guanciale e di prosciutto amatriciano. La qualità di carni selezionate, una giudiziosa salagione e la cura costante nel lungo periodo in cui i prodotti respirano l’aria naturale dei monti amatriciani, fanno sì che i prosciutti a marchio Sa.NO. abbiano tutto il profumo e il sapore di un tempo. La produzione ha luogo nello stabilimento di Accumoli, con una qualità garantita dalle lavorazioni tipiche di esperti salumai e dall’ambiente montano ancora incontaminato.
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un secondo periodo di sosta in cella, tra gli 8 e i 14 giorni a seconda della classe di peso. Seguono la dissalatura e l’appendimento con lo spago, il riposo a temperatura inferiore ai 6°C, la tolettatura, il lavaggio con acqua, terminato il quale le cosce sono asciugate con ventilazione ad aria calda tra i 16° e i 24°C. Dopo il rinvenimento a una temperatura di 10°C, viene praticata la sugnatura sulla superficie esposta della coscia con una pasta composta da sugna e/o lardo e/o strutto finemente triturati con sale marino, spezie (pepe nero e/o pepe bianco e/o aglio) e farina di cereali e/o crema di riso; la composizione della pasta deve rispettare le seguenti percentuali: • 40-60% di sugna e/o lardo e/o strutto, • 40-60% di farina di cereali o farina o crema di riso. Nella stagionatura i prosciutti vengono mantenuti in locali a temperatura minima di 10°C fino al 12º mese dalla data della prima salatura e comunque fino al raggiungimento di un calo peso del 30%. Entro il 12º mese viene praticata la marchiatura a fuoco sulla cotenna della parte alta della faccia interna della coscia, riportante il logo stilizzato della IGP con una dimensione non inferiore ai 50 mm. Roberto Villa
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In principio fu la morsa In un periodo economico di profonda trasformazione e fragilità
come quello odierno, una realtà dinamica e in crescita all’interno del settore salumiero e della gastronomia è rappresentata dalla produzione e commercializzazione di morse porta prosciutto di Raffaele Bertolini
L
a morsa la si utilizza quando si vuole tagliare un prosciutto a coltello, pratica presente tradizionalmente in Italia centrale e meridionale e ancor più in Spagna. Il mercato al momento presenta una variabilità di modelli molto interessante, che differiscono per caratteristiche a volte significative, a volte puramente estetiche. Leader del mercato, per giro di affari e per innovazione, è un’azienda spagnola di recente creazione che ha presentato la propria gamma completa di morse e accessori qualche anno fa, specializzandosi nel settore grazie al supporto tecnico di maestri tagliatori. Le morse, interamente in acciaio, sono maneggevoli, facili da montare e smontare e quindi pulire, girevoli e inclinabili; offrono al tagliatore la possibilità di agire in spazi stretti senza coreografici contorsionismi e, soprattutto, di essere facilmente trasportabili e utilizzabili senza base, cosa che risulta molto utile durante il trasporto. L’unico inconveniente in questo caso è il prezzo, non proprio alla portata di tutti. Rimanendo sul suolo spagnolo si incontrano modelli meno complessi, più abbordabili economicamente e che risultano comunque soddisfacenti da un punto di vista pratico. Il sistema rotatorio, patentato da Jamotec (www.jamotec.com), ditta spagnola, è ormai in uso presso molte altre aziende. Ha il vantaggio di fissare lo zampetto all’interno di un disco in acciaio girevole, che permette una rotazione dello stesso di 360°, sia in un verso che in quello
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opposto, risultando di grande utilità per il tagliatore in fase di taglio finale. Una novità sempre in terra di corride
è la morsa personalizzata con i colori della squadra del cuore o di una casa automobilistica.
Taglio del prosciutto a coltello a San Daniele del Friuli. Ogni anno a fine giugno in paese si tiene “Aria di festa”, momento ideale per scoprire il sapore del prosciutto di San Daniele e di altri prodotti tipici.
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Una morsa della ditta spagnola Jamotec. Mentre il taglio del prosciutto a coltello è piuttosto diffuso in Spagna, in Italia lo è molto meno. Per questo non vi sono aziende specializzate in questo genere di prodotto. Non mancano gli autodidatti e gli hobbisti che con la loro fantasia arricchiscono un mercato che non conosce battute d’arresto. Per i più bizzarri esistono morse incastonate in cimeli di caccia o addirittura a forma di utensili, come l’aratro, per i nostalgici della vita agreste. Talvolta ci si imbatte in vere e proprie opere d’arte. Nel nord della Spagna è invalsa l’abitudine di tagliare il prosciutto in senso trasversale, partendo cioè dalla punta della noce, come si usa quando lo si taglia a macchina, pur utilizzando il coltello. È una pratica laboriosissima, per la quale esistono modelli ad hoc. In teoria, come si è visto, qualsiasi
materiale si presta per la creazione di una morsa porta prosciutto e il cartone, oltre ad incontrare le esigenze di praticità e leggerezza, strizza l’occhio ad un mercato ecologista. Ma veniamo all’Italia. Nel nostro Paese non ci sono ditte specializzate in questo genere di prodotto, probabilmente perché il taglio a coltello non è pratica molto diffusa. Quelle presenti sul mercato offrono modelli per lo più semplici, in legno e acciaio o legno e ferro in cui il prosciutto viene afferrato lateralmente e punzonato per un ancoraggio saldo. La punzonatura non è tuttavia una pratica raccomandabile, in quanto ferisce il prodotto ed è causa di futuri ammuffimenti
e ossidazioni. La maggior parte dei prodotti si rifà al principio della chiusura laterale, con o senza punte. L’inconveniente di questo tipo di fissaggio è l’impossibilità di operare proficuamente sulle porzioni laterali del prosciutto, causando uno scarto consistente. Altri prodotti si limitano alla punzonatura della punta, che provoca gli stessi danni anche se in maniera più limitata. Si deve invece all’estro di due artigiani spoletani l’ideazione di due sistemi totalmente diversi e innovatori per il fissaggio del prosciutto. Il primo utilizza un supporto di legno massiccio e una struttura in acciaio che solleva lo zampetto da una parte e si impernia sull’osso dell’anchetta dall’altra, permettendo di girare il prosciutto ruotandolo sull’osso dell’anchetta; il secondo presenta una variabilità maggiore in riferimento ai supporti, che possono essere di vetro, legno o materiale plastico, accompagnati da una componente in acciaio inox che ancora lo zampetto tramite una fune in acciaio che permette il fissaggio di zampetti interi o monchi (come nel caso del prosciutto di Parma) e un morsetto scorrevole su un tubolare che si adatta a cosce e spalle (più corte delle prime). Sono aziende di modestissime dimensioni, prive di copertura nazionale, talvolta anche regionale. In questo caso il pungolo della loro perizia non è il mercato, ma la pura passione per la creatività. Raffaele Bertolini
Il Festival del Prosciutto di Parma, che a settembre festeggerà la XVI edizione, è l’occasione per conoscere e degustare il miglior prosciutto di Parma Dop, apprezzando al contempo le bellezze turistiche e culturali dei luoghi d’origine di questo eccellente prodotto. Come sempre ricchissimo il calendario delle iniziative della manifestazione che coinvolge ben 13 comuni con appuntamenti all’insegna della gastronomia, dello spettacolo e della cultura, dello sport. Insieme a Finestre Aperte, iniziativa che vede i prosciuttifici spalancare le porte al pubblico offrendo la possibilità di assistere al ciclo di lavorazione e di partecipare a degustazioni gratuite, momento tra i più attesi e spettacolari del festival è la gara di taglio del prosciutto, un’arte antica capace di catalizzare sempre un folto pubblico (a destra, un momento della gara; foto Consorzio del Prosciutto di Parma – Alessandro Carra). Per informazioni: www.festivaldelprosciuttodiparma.com
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Prodotti tipici
Testa in cassetta ligure: i sapori della memoria Nella versione classica, ma anche con mela secca e cannella, con scorza di limone, arancio e chinotto: nel piccolo paese di Sassello, in provincia di Savona, Giovanni Giacobbe rifà il look alla tradizione di Federica Cornia
C’
era una volta un contadino che del maiale non buttava via niente. E così in tutt’Italia. E oggi? Nell’alimentazione odierna, che presta grande interesse all’apporto di calorie e grassi, cotica e cotenna non sembrano riscuotere lo stesso successo di una volta. Dal lavoro nei campi ad ufficio, palestra e attenzione al benessere a 360 gradi, la nostra
alimentazione è cambiata insieme allo stile di vita. Se nell’immaginario collettivo il grasso si traduce per lo più in disvalore alimentare ed estetico, sembrerebbe non esserci più ragione per cotiche e fagioli, tanto che in un curioso ossimoro concettuale anche il maiale oggi tenta di farsi sempre più “magro”. Tutto ciò, corollario dell’evolversi della società e dei tempi, non toglie gloria né al
Nostro né a certi prodotti antichi, tipici e tradizionali che affondano le radici nella civiltà contadina e di cui speriamo di non perdere gusto e memoria per intransigenti e irrazionali smanie ipocaloriche. Quando un tempo possedere un maiale era un lusso che assicurava cibo sostanzioso, dalla sua lavorazione prendevano forma sanguinacci, salsicce e salami, e si utilizzava anche la testa. Dalla
La classica testa in cassetta di Giovanni Giacobbe, titolare dell’omonima macelleria-salumeria di Sassello (SV).
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A sinistra: salame cotto. A destra: Giovanni Giacobbe al lavoro. lavorazione di questa parte anatomica nasceva e nasce ancora un salume noto in molte regioni italiane, in Emilia-Romagna per esempio, ma anche in Friuli Venezia Giulia, Umbria, Abruzzo, Lazio, Lombardia, Marche e Veneto, come coppa di testa. Ottenuta dalla spolpatura della testa — minimo comun denominatore su base nazionale — unita a grasso, cotiche e cartilagine; l’utilizzo o meno della lingua può fare la differenza assieme all’impiego di determinate spezie. Declinazione ligure di quest’insaccato considerato povero per via del tipo di carne utilizzato è la testa in cassetta, nota in alcune località anche come soppressata. Siamo nel Ponente ligure, nell’entroterra genovese e savonese, zona della zerarìa — piatto tipico del periodo natalizio è una sorta di gelatina lavorata, a base di carne di manzo e maiale, ottenuta con brodo aromatizzato al limone, alloro e zafferano— e della zalantina, il “prosciutto dei genovesi”, parente nobile della testa in cassetta ottenuta con carne pregiata di vitello e maiale. Nell’area tra le due province, al confine tra Liguria e Piemonte, nel versante settentrionale dell’Appennino ligure, vicino al Parco Naturale del Beigua, zona di pregiati funghi porcini, pascoli e nota per la produzione di amaretti, si trova Sassello, poco meno di duemila anime tra le quali c’è chi con la testa in cassetta si diverte a rilanciare la tradizione.
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GIOVANNI GIACOBBE, dell’omonima macelleria-salumeria che ha compiuto più di cent’anni di attività ed è nata in paese ad opera del nonno, oltre alla carne fresca da bovini di razza Piemontese, e di suini, ovini e caprini provenienti da piccolissime aziende agricole delle zone limitrofe che allevano ancora il loro bestiame in modo tradizionale, e che macella nei locali del negozio di piazza Rolla 7, produce vari tipi di salumi. E fa della coppa di testa, pardon, della testa in cassetta, il suo cavallo di battaglia. Per Giovanni il salame è «solo salame più pepe e va nel budello naturale». Figlio del dio minore di quel fare artigiano oggi rinvigorito dalla filosofia slow del food, ci parla delle sue difficoltà: «il problema è che devo riuscire a utilizzare tutto l’animale che macello e, nello stesso tempo, reinventare un prodotto». Così ha deciso di rifare un po’ il look alla testa in cassetta, sia per ampliarne l’area di vendita, sia per il puro piacere di sperimentare, «per rompere la monotonia del lavoro». Prima tra tutte la versione tradizionale, quella classica ligure, con testa di maiale e pinoli, perché, come dice Giovanni, «la classica è sempre la prima: è difficile combattere con la memoria». Aggiungendo poi come sia prodotta da pochi artigiani salumieri perché si è perso il ciclo completo di lavorazione del maiale come si faceva una volta. E, non essendoci la filiera
completa, si è persa un po’ anche la tradizione legata alla trasformazione. Da qui l’idea delle varianti proposte: quella con mela secca e cannella, e quella con scorza di limone, di arancio Pernambuco — meglio noto come Washington Navel, varietà dolce citata da GOETHE nel suo “Viaggio in Italia”, e di cui in Liguria si stava perdendo la produzione — e chinotto, solo da produttori di riferimento. Assieme alla testa in cassetta fanno capolino alcune chicche di produzione propria come il paté di lardo con aglio pregiato di Vessalico, dell’entroterra di Albenga, la pancetta cotta al forno, salata come il prosciutto cotto, in salamoia, poi condita con erbe, aglio e infornata, e, infine, un dado di estratto di carne magra di bovino con sale, sedano, carote e cipolla. Federica Cornia
Macelleria-Salumeria Giacobbe Piazza Giacomo Rolla, 7 17046 Sassello (SV) Telefono: 019 724118
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Panada, la modernità di un piatto antichissimo Buono, pratico e bello da vedere: il timballo sardo per eccellenza era già presente qualche millennio a.C. nella cultura gastronomica isolana ed è tuttora consumato. Disponibile nei negozi specializzati e nella GDO è ottimo come piatto unico ma anche come antipasto o secondo di Sebastiano Corona
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pecialità tipica isolana, sa panada è un prodotto di Assemini, comune posto a qualche chilometro da Cagliari. La paternità di questa gustosissima pietanza — che da tempo si produce anche a Cuglieri, nel cuore del Montiferru — è però in realtà contesa col comune di Oschiri che, insieme a Berchidda e Pattada, ne rappresentano una storica zona di produzione.
Anche in altre parti del mondo esistono prodotti gastronomici simili per nome, ingredienti e preparazione. L’empanada peruviana ne è un esempio, così come alcuni timballi sudamericani, spagnoli, scozzesi, inglesi. La panada è una sorta di torta salata costituita da un involucro di pasta, detta croxu, al cui interno sono contenuti — a seconda della zona e
del gusto di chi la prepara — carne, pesce, patate e altri condimenti. Ad Assemini, considerata la vicinanza con lo stagno di Santa Gilla, la panada è tradizionalmente ripiena di anguille e patate. Viene normalmente servita come secondo piatto, ma si può considerare un pasto completo, vista la varietà di ingredienti e il notevole apporto calorico che la contraddistinguono.
La panada di Assemini è da considerarsi uno tra i più caratteristici prodotti dell’arte culinaria del cagliaritano. Nato come un involucro dalla caratteristica forma a pentola, è presente nei forni e nei menu della ristorazione locale.
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Empanada con carne e piselli. Differenti scuole di pensiero In origine, la panada del centro cagliaritano raggiungeva un peso notevole, contenendo talvolta anche un chilogrammo di carne, ma col passare degli anni, e soprattutto per ragioni commerciali, dimensioni e contenuto sono andati calando sino ad arrivare, in certi casi, anche ad un etto. Nella versione logudorese si presenta più piccola, della grandezza di un panino, e viene tipicamente consumata come piatto unico in occasioni festive. Le dimensioni però, oltre a variare da zona a zona, sono riviste anche in ragione delle esigenze della nostra vita che oggi richiede porzioni monodose o comunque più modeste. Le più piccole, per esempio, sono di dieci centimetri di diametro circa e, oltre ad avere una bella presenza perché sembrano degli appetitosi fagottini da mangiare in un sol boccone, sono eccezionali come pasto fuori casa, antipasto o nel catering. La pasta è il risultato della lavorazione di farina, acqua, sale e olio o strutto. Alcuni ritengono che la qualità possa essere migliorata con l’aggiunta di semola rimacinata. Sebbene le scuole di pensiero siano molte, una variante tradizionalmente nota è quella che prevede l’utilizzo di carne di agnello (più raramente maiale o pollo) o solo vegetali, come piselli, carciofi o fave. La letteratura si divide tra chi sostiene che gli ingredienti vadano cotti o soffritti prima di essere posti sopra la pasta e chi invece
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ritiene che il tutto vada infornato a crudo e l’unica cottura debba essere quella del forno, che cuoce ripieno e pasta esterna contemporaneamente. Nemmeno sul condimento c’è una reale unità di vedute: in certi casi è costituito da patate, pomodori secchi, prezzemolo e aglio, ma non mancano varianti con Vernaccia (vedi panada di Cuglieri) o zafferano. Per amore della verità diremo anche che oggi il condimento è davvero realizzato sulla base di esigenze di mercato e non solo come la storia vuole. Per questo è facile trovare, anche nella Grande Distribuzione Organizzata, versioni con melanzane, zucchine, peperoni e addirittura gamberetti, un prodotto completamente estraneo alla cultura culinaria locale. Per ottenere una buona panada esperienza e manualità sono state sempre determinanti, ma sono necessari anche prodotti freschi e di qualità. L’impasto viene preparato e disteso su un piano, la pasta viene tagliata utilizzando stampi di forma circolare e al suo interno viene posizionato il ripieno precedentemente amalgamato e condito a seconda delle preferenze. Un altro disco di pasta viene impiegato per chiudere il fagotto, i cui lembi sono uniti da un ricamo semplice (sa cusidura) come fosse una torta salata. Ma non mancano coloro che si dilettano ad abbellire il timballo con pezzi di pasta a forma di fiore, di foglie o di altre simbologie. Il tutto viene infornato per ottenere un risultato dalla crosta dorata e lucida che invita all’assaggio. Ieri e oggi La grande versatilità ha permesso a questo piatto, presente già nel periodo nuragico, di attraversare i secoli e giungere sino alle nostre tavole pressoché immutato. Soprattutto nella cultura agropastorale, infatti, la panada era apprezzata per la sua forma e la facile conservazione. Poteva essere consumata anche a distanza di giorni dalla cottura, garantendo ai pastori che stavano fuori casa per settimane di gustare un pasto buono e completo le cui caratteristiche restavano inalterate per qualche tempo. Gli Spagnoli, pur apprezzando la panada classica isolana, tentarono di modificarne la
Empanadas argentine. ricetta, introducendo pesce, carne e legumi come ripieno, ma proposti in una sorta di minestrone. La nuova versione però, poco apprezzata dai sardi, non ebbe mai molto successo e fu inevitabile, in una fase successiva, il ritorno alla “panada antiga”. Quello che per molti secoli è stato considerato un piatto della festa, da consumare soprattutto nelle occasioni importanti o da servire a persone di un certo riguardo, presenta oggi numerosi pregi. La panada ha, infatti, un ottimo prezzo medio, che la rende alla portata di tutte le tasche. Presente nei principali supermercati e nei negozi specializzati, è talvolta servita, soprattutto nel cagliaritano, anche in ristoranti che hanno un menu tipico. È bella da vedere e fa fare un’ottima figura davanti ai commensali. Contiene ingredienti genuini e si può considerare un pasto completo poiché contiene carboidrati, proteine e vitamine. È pratica e di facile consumo, anche come snack e in assenza delle comodità della propria cucina. Si presenta come un piatto moderno, ma ha in realtà una storia millenaria che lo porta al top delle specialità gastronomiche isolane. Sembra nascere in un laboratorio di ricerca di nuovi prodotti per l’industria alimentare, invece è la storia che ce lo consegna. Buono come la tradizione imponeva un tempo e pratico come la vita moderna vuole. Tutto da gustare. Sebastiano Corona
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Mortadella di Campotosto, gemma d’Abruzzo di Michele Bracieri
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a mortadella di Campotosto è un salume che vanta oltre 500 anni di storia, frutto di una tradizione ora portata avanti solo da pochi produttori locali. Parliamo quindi di un prodotto molto raro e pregiato che viene realizzato in un paesino in provincia dell’Aquila, collocato in un territorio di grande valore naturalistico, nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga. La preparazione delle mortadelle avveniva, un tempo, in fase di luna calante (o in totale assenza di luna) e impegnava l’intera comunità che, a partire dai primi mesi invernali, si riuniva per produrre questi preziosi salumi, in modo che fossero già pronti per la Pasqua. Per un certo periodo di tempo la città di Amatrice (altra zona molto nota dal punto di vista culinario) si è impossessata, in modo del tutto inappropriato, della paternità del salume, ma, successivamente, gli storici dell’alimentazione hanno contribuito a fare chiarezza sulla questione. In epoca medievale, infatti, i domini della cittadina laziale sconfinavano anche in territorio abruzzese. Gli amatriciani, quindi, avevano imparato a confezionare prelibate mortadelle direttamente dai sapienti colleghi di Campotosto. La produzione Questa mortadella è conosciuta anche con il nome “coglioni di mulo”, a causa della sua forma ovoidale e dal fatto che viene venduta a coppia, e la sua realizzazione avviene esclusivamente con le carni dei suini allevati nei Monti della Laga. Ciò che caratterizza il salume è la sua macinatura molto fine, che prevede tagli magri e scelti del suino, come la spalla e il
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prosciutto, con l’aggiunta di pancetta macinata per arricchire di sapore il preparato. La proporzione tra i vari tagli deve essere tale da garantire un 80% di carne magra (25% minimo di prosciutto) e un 20% di pancetta (la macinazione viene effettuata con uno stampo a fori di diametro compreso tra 2 e 4 mm). L’impasto, che assume un colore roseo, viene poi condito con sale (2426 g/kg), pepe macinato (1 g/kg), pepe tritato grosso (2 g/kg) e vino bianco, prima di essere messo a riposare per almeno 24 ore all’interno di un contenitore di legno, materiale che favorisce l’intervento dei batteri lattici nella trasformazione della carne in salame (anche se l’attuale legislazione
europea in materia obbligherebbe i produttori all’utilizzo di contenitori di metallo). La conservazione del preparato avviene, infine, in un ambiente con temperatura compresa tra 0 e 4°C. Una volta terminata la fase di preparazione dell’impasto vengono realizzate con questo delle palline ovoidali, all’interno delle quali viene inserita la caratteristica barretta di lardo di dimensioni 20x20x110 mm. La porzione di grasso dal colore bianco acceso, che conferisce un sapore particolare alla carne di salame, rimane ben visibile quando il salume viene affettato. Le palline, di circa 500 g di peso, vengono poi insaccate manualmente
Mortadella di Campotosto, conosciuta anche con il nome di “coglioni di mulo”. Premiata Salumeria Italiana, 3/13
con la cucitura del budello attorno all’impasto e nella parte inferiore del salame si pone un tralcetto che serve a stringere lo spago durante la stagionatura, in modo da far aderire l’involucro all’insaccato ed evitarne l’allentamento. Appena confezionate, le mortadelle vengono appese con una legatura a doppia briglia a una pertica ed esposte per due settimane al fumo di un camino alimentato continuamente con legna di quercia o di faggio. I salumi, successivamente, sono trasferiti in locali aperti e freddi, esposti alla tramontana, che ne permette una asciugatura ottimale; la posizione geografica di Campotosto, a 1.450 metri d’altitudine, garantisce una riuscita ottimale di quest’ultima fase. Dopo tre mesi le mortadelle sono pronte per l’uso! A Campotosto solo due famiglie portano avanti la produzione della mortadella tradizionale, anche se nei mercati del Centro Italia è possibile rintracciarne con frequenza dei cloni preparati industrialmente
I produttori Nonna Ina di Goffredo Pandolfi Via Piave, 8 67013 Campotosto (AQ) Telefono: 0862 900132 – 347 1160947 E-mail: gopando@alice.it – Web: www.nonnaina.it Ernesto e Fabrizio Berardi Via San Giorgio,1 67013 Località Poggio Cancelli, Campotosto (AQ) Telefono: 0862 909260 – 347 9402266 – 339 5740047 E-mail: ernesto.berardi@tiscali.it – Web: www.salumiberardi.it
che vengono venduti soprattutto ai turisti. Tuttavia, riuscire a ricreare artificialmente le sue caratteristiche organolettiche è praticamente impossibile, basti pensare che il mix di aromi utilizzato da queste due famiglie per insaporire le carni rimane tutt’oggi sconosciuto. La mortadella realizzata artigianalmente si riconosce facilmente poiché al taglio la fettina è di colore rosso intenso, scuro, mentre il lardo
rimane bianchissimo, dolce e croccante. La mortadella di Campotosto è un salume pieno di gusto che si accompagna magnificamente con del pane casereccio cotto a legna e con del Cerasuolo d’Abruzzo, vino rosso delicato e fruttato, dal sapore secco e armonico, che si integra a meraviglia con il sapore e le qualità organolettiche di questo salume d’eccezione. Michele Bracieri
coscia di suino arrosto NON CONTIENE FONTI DI GLUTINE SENZA POLIFOSFATI AGGIUNTI SENZA PROTEINE DEL LATTE E LATTOSIO
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PROSCIUTTIFICIO & SALUMIFICIO
Trasformazione
Più gusto con gli affettati di struzzo Più Gusto è un’azienda trentina che produce e distribuisce a proprio marchio carne e salumi di struzzo. Segue direttamente tutta la filiera produttiva dall’allevamento fino alla vendita. Tra i prodotti di punta la lucanica, il prosciutto cotto e la bresaola di struzzo di Riccardo Lagorio
L’
allevamento dello struzzo ha avuto, sul finire degli anni Ottanta, il suo avviamento in Italia con l’importazione dei primi esemplari dal Sudafrica ed ha registrato per un decennio un notevole sviluppo, sia per il sostanziale aumento di capi allevati, sia per l’incremento numerico degli allevamenti stessi. Esaurita la fase pionieristica e confermate dal merca-
to le diffidenze nei confronti della carne di struzzo, alla fine del millennio queste condizioni hanno portato ad un drastico ridimensionamento degli allevamenti e della stessa consistenza di ciascuno, stimolando certi parallelismi tra l’allevamento di struzzo e quello di altri animali esotici, come il cincillà, o specie minori, come i lombrichi. Ciononostante alcuni allevatori hanno continuato l’attività e
addirittura potenziato le mandrie. Tra questi MANUELE DELMARCO, giovane trentino che nel corso degli anni ha conquistato il palato dei consumatori con la fettina di struzzo, ingegnandosi con la produzione di svariati salumi, sughi, paté e aggiungendo al listino anche pasta elaborata con uova di struzzo. Oltre alla pelle (pregiata quella da animali adulti perché resistente e faci-
Salametti di struzzo.
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Bresaola di struzzo. le da conciare, in particolare dal rombo centrale del soggetto per la naturale presenza di follicoli, utilizzata per realizzare borse, cinture, guanti), alle piume, utilizzate per piumini da casa e nell’alta moda, e alla carne, le uova si adattano a tre utilizzi: essere fecondate per la riproduzione, trasformate in enormi frittate (le uova di struzzo corrispondono a 25 uova di gallina, sono disponibili da marzo a ottobre e ciascun esemplare ne depone tra 40 e 60 l’anno), ovvero essere impiegate come decorazione, opportunamente dipinte o semplicemente passate con materiale che le rende lucide. Quello di Manuele è un allevamento all’aperto, dove gli animali vivono in ottime condizioni di benessere e non vengono sottoposti a cure con antibiotici. Il cibo prediletto dagli struzzi comprende l’erba fresca, il mais e l’orzo, ma soprattutto erba medica. Il peso vivo degli animali al momento del macello è in media di 100 kg, che viene raggiunto dopo circa 10 mesi (lo struzzo diventa adulto intorno ai tre anni: si capisce così che, se un animale viene macellato per ottenerne carne, difficilmente potrà essere utilizzato per trarne pelle da concia); in soli 50 giorni i pulcini
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decuplicano il peso passando da un chilogrammo a dieci. Per quanto riguarda il consumatore, «va educato e il prodotto struzzo deve essere spiegato perché risulta essere ricco di ferro, con basso livello di colesterolo e grassi saturi. Una carne leggera, sana e magra» precisa Delmarco. Il suo negozio appartiene a un parco commerciale dove ogni attività è indipendente e specializzata, un modello trentino esportato anche in altre regioni d’Italia. Dall’allevamento, di circa 300 animali, ne
vengono abbattuti una dozzina per settimana dal 2001, da quando cioè è stato fondato Più gusto con l’obiettivo di proporre una carne diversa e con caratteristiche nutrizionali che a quel tempo erano ancora pressoché sconosciute. Ciò che aveva ed ha contraddistinto l’allevamento dello struzzo in Italia è stato infatti il dilettantismo, la disinformazione sulle necessità degli animali e le opportunità che questi avrebbero dato all’allevatore. «Solo attraverso la conoscenza dei conno-
La carne salada.
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In alto: prosciutto cotto di struzzo. In basso: lucanica di struzzo. tati dell’animale ho potuto trasferire nozioni importanti sulle qualità della sua carne», sottolinea Delmarco. La carne dello struzzo viene venduta per il 20% in negozio, l’80% esce dalla provincia verso il Nord e Centro Italia, prevalentemente distribuita nei ristoranti della penisola. I privati comperano per lo più via internet, anche questa una (ancora) insolita modalità di acquisto (da mettere in relazione forse all’insolita merce scambiata). Leggera e adatta alle più svariate preparazioni, la carne di struzzo è altamente digeribile, è tenerissima e si presta a diversificate ricette, dal filetto allo spezzatino, dallo spiedi-
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no all’hamburger. Nei banchi della macelleria, oltre alle parti da consumare fresche, si trovano numerosi piatti pronti e un infinito inventario di salumi, mediato dalla norcineria suina e bovina. Gli affettati di struzzo sono ideali per essere serviti come spuntino o antipasto, pensati anche per accompagnare le preparazioni in cucina. Il salame possiede un peso variabile tra i 350 e 450 grammi, si riconosce per la leggerezza e la digeribilità, formato da ben il 75% di carne magra di struzzo. Insaccato in budello naturale e stagionato dalle sei alle otto settimane, viene messo in vendita intero, in astuccio a tranci o affettato.
La lucanica è invece un salume dal peso variabile tra i 160 e 200 grammi, che condivide gli attributi produttivi del salame, ma segue una stagionatura breve di tre-quattro settimane per esaltarne il gusto. Poi c’è la bresaola, magra, leggera e adatta alle più svariate preparazioni. È preparata lasciando in salamoia a secco per 25 giorni la fesa di coscia con sale di Cervia, ginepro, pepe, rosmarino, coriandolo e timo. È ideale per accompagnare gli aperitivi in un winebar o come antipasto fresco e particolare, ottima in un secondo piatto servita su un letto di rucola con scaglie di parmigiano e un filo di olio extravergine di oliva. Ne esiste una versione affumicata con fumo naturale di faggio. Tra i salumi più ghiotti il prosciutto cotto, che proviene dalla fesa di coscia. In versione senza grassi e senza colesterolo, 100% carne di struzzo magra, si presta ai più svariati usi: affettato a dadini o scottato in padella, data la particolare tenerezza, è molto adatto ai più piccoli e agli anziani. Poi c’è il cosciotto arrosto, che crea curiosità e, di conseguenza, consumo. Si tratta di un prosciutto arrosto dal sapore unico e inconfondibile, completamente privo di grassi e di colesterolo, 100% carne di struzzo: si presta ad essere consumato affettato a dadini, riscaldato e servito come arrosto, oppure servito freddo. Manuele Delmarco e il suo Più gusto sono andati però ben oltre: tramite un accordo commerciale con la Italiana Liquori di Torgiano (PG), con le uova di struzzo vengono preparate tagliatelle di semola di grano duro e crostini e condimenti a base di carne di struzzo. Sempre in Umbria, con le uova di Più gusto si ottiene un piacevole liquore che possiede il 6% di tuorlo d’uovo. Perché il mercato risponde in modo positivo, quando ci si inventano idee nuove e stimolanti… Riccardo Lagorio Più gusto c/o Commerciale Ponte Regio Località Fratte, 47 Pergine Valsugana (TN) Telefono: 0461 534642 E-mail: info@piugusto.eu Web: www.piugusto.eu
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Commercializzazione
Costa Group per la filiera agricola Inaugurato il nuovo punto vendita del Consorzio Agrario di Siena che sotto le insegne di Campagna Amica promuove i prodotti che esprimono al meglio i valori del territorio. Il restyling dello store di via Pianigiani, che rievoca lo spirito del tradizionale mercato italiano, è a cura di Costa Group
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l Consorzio Agrario di Siena inaugura il nuovo punto vendita: un mercato che mette insieme consumatori e produttori, sotto l’egida comune del sostegno all’agricoltura italiana, nel rispetto di filiera, produzione e ambiente. Il tutto sotto le insegne di “Campagna Amica”, la Fondazione nata in seno al progetto di COLDIRETTI su scala nazionale, per lo sviluppo della filiera agricola italiana e la promozione dei prodotti che espri-
mono al meglio il valore dei territori. Costa Group cura il restyling dello store di via Pianigiani, in un edificio storico nel centro di Siena: 300 m2 che rievocano lo spirito del tradizionale mercato italiano, un contenitore a misura dei prodotti, frutta, verdura, formaggi, carni, vini e salumi, che lo fanno vivere. Uno spazio che si concentra sull’essenzialità di materiali e arredo, pochi elementi volti a valorizzare i
prodotti esposti, un luogo in cui toccare e degustare è semplice e naturale come affettare un prosciutto toscano o stappare una bottiglia di Chianti. La bottega di una volta, un luogo in cui le mani di chi produce si incontrano con quelle di chi compra, in cui si conosce la storia del vino e della vigna che lo ha originato, e dove ogni prodotto racconta la strada che ha fatto per arrivare fino a lì. Una strada a km 0, andamento slow,
Il reparto salumi del punto vendita del Consorzio Agrario in via Pianigiani a Siena.
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Al Consorzio Agrario, con la filosofia slow e a km 0, orientata alla scelta di prodotti di stagione e di qualità selezionata, è di casa il concetto di trasparenza: da ampie vetrate su via Pianigiani si può seguire il lavoro degli operatori. sulla scia di una filosofia che ricerca l’eccellenza, ispirandosi a ciò che la natura crea, un modo di pensare che porta a scegliere prodotti di stagione e di qualità selezionata. Dalle grandi vetrate su via Pianigiani si può seguire il lavoro degli operatori, con pane, pizze e dolci
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sfornati in diretta, per interagire e rendere trasparente al cliente ogni fase di preparazione del prodotto. E poi scaffali, luci e banconi: tutto è Consorzio Agrario, a raccontare la genuinità di una cultura enogastronomica italiana rispettosa della qualità. L’artigianalità del lavoro di
Costa Group si sposa con la proposta del Consorzio Agrario di Siena, dando vita ad un percorso che, giorno dopo giorno, produce nuovi frutti. Nota Studio Progettazioni e arredi Costa Group; architetto Sara Paveto.
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Arredi semplici ed essenzialità dei materiali valorizzano i prodotti esposti nel punto vendita che ripropone il format tradizionale della bottega di una volta. Dal banco salumi ai formaggi, al vino, toccare e degustare è semplice e naturale.
Costa Group Srl Via Valgraveglia Zai 19020 Riccò del Golfo (SP) Telefono: 0187 769309/08 Web: www.costagroup.net
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Consorzio Agrario di Siena Scarl Via G. Pianigiani, 9 53100 Siena Telefono: 0577 2301 Web: www.capsi.it
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Liberalizzati gli invii dalle regioni del Nord Italia
Storica apertura all’export USA per i salumi italiani
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al 28 maggio salami, pancette coppe e altri salumi a breve stagionatura possono essere esportati negli USA. È stato infatti pubblicato lo scorso aprile il provvedimento con cui le autorità statunitensi di APHIS (Animal and Plant Health Inspection Service) hanno ufficialmente riconosciuto l’indennità di Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte e delle Province autonome di Trento e Bolzano dalla malattia vescicolare del suino. Si tratta di un evento epocale: una delle aree più importanti per la produzione di salumi supera, dopo ol-
tre 15 anni di lavoro, una delle barriere non tariffarie che impediscono il pieno sviluppo delle esportazioni italiane di salumi nel mondo. «Si tratta di un primo importante risultato del percorso intrapreso da ASS.I.CA. per avviare l’esportazione negli Stati Uniti di importanti prodotti della salumeria italiana come il salame, la pancetta, la coppa o il culatello», ha affermato la presidente LISA FERRARINI. «Negli USA la conoscenza del made in Italy è molto diffusa (e i nostri prodotti sono anche molto imitati): i prodotti alimentari italiani sono particolarmente apprezzati, come dimostrano gli ac-
quisti di prosciutti crudi, prosciutti cotti e mortadelle, che già da anni possono essere esportati. Non posso che ringraziare le autorità sanitarie italiane ed europee per il lavoro svolto a favore dell’intero comparto. Questo importante successo mostra ancora una volta che solo se il settore lavora in modo unitario, attraverso lo stretto coordinamento tra l’associazione di categoria e le autorità pubbliche, è possibile ottenere vantaggi generalizzati per le imprese. ASS.I.CA. proseguirà la propria azione strategica per estendere il provvedimento di oggi alle altre regioni e per aprire nuovi mercati».
I salumi dovranno essere scortati da un’attestazione veterinaria con la quale si deve garantire che, nell’impianto in cui gli animali sono stati macellati, non siano stati introdotti carni o animali provenienti da regioni non indenni da MVS, o che abbiano attraversato regioni non indenni.
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Le barriere “costano” alla filiera 250 milioni di euro di mancate esportazioni Ricordiamo che le perdite per il settore dovute alle barriere non tariffarie si possono prudenzialmente stimare in circa 250 milioni di euro/anno di mancate esportazioni: la completa liberalizzazione delle esportazioni garantirebbe 200-210 milioni di euro di maggior export di carni e frattaglie e 40-50 milioni di euro di salumi. Un dato che viene calcolato considerando, da un lato, i nuovi prodotti esportabili e la crescita complessiva delle esportazioni dovuta alla possibilità di offrire la gamma completa della salumeria italiana e, dall’altro lato, le barriere culturali in Asia e i fenomeni di Italian sounding nelle Americhe e Australia, che limiterebbero presumibilmente in una prima fase la crescita delle nostre esportazioni. Abbattere rapidamente queste barriere è quindi fondamentale perché il tempo non è una variabile indipendente. Mentre le nostre aziende attendono i necessari provvedimenti, infatti, i concorrenti europei e i produttori locali rafforzano le loro posizioni commerciali, che saranno difficilmente recuperabili in futuro. Il provvedimento delle autorità USA: i limiti ancora esistenti Con questo provvedimento, APHIS ha ufficialmente dichiarato di aver valutato il rischio derivante dall’importazione di prodotti a base di carne suina a breve stagionatura dall’Italia e di aver ritenuto che “le misure di sorveglianza, prevenzione e controllo attuate dall’Italia nelle quattro Regioni e due Province autonome in esame sono sufficienti per ridurre al minimo la probabilità di introdurre MVS negli Stati Uniti”. Tuttavia, a causa della prossimità di queste Regioni a territori non riconosciuti indenni e dell’esistenza di rapporti commerciali tra realtà situate nelle diverse regioni italiane, APHIS ha ritenuto di dover imporre alle nostre esportazioni alcune restrizioni: i prodotti potranno essere esportati solamente da stabilimenti espressamente autorizzati dalle autorità statunitensi, accompagnati da apposito certificato sanitario.
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La malattia vescicolare del suino è una malattia della Lista A dell’OIE soggetta a denuncia obbligatoria a livello nazionale ed internazionale. Quando si evidenziano focolai, tutti gli animali presenti in azienda (malati, infetti, sospetti d'infezione e di contaminazione) devono essere abbattuti e distrutti. I salumi dovranno inoltre essere scortati da un’ulteriore attestazione veterinaria con la quale si deve garantire che, nell’impianto in cui gli animali sono stati macellati, non siano stati introdotti carni o animali provenienti da regioni non indenni da MVS, o che abbiano attraversato regioni non indenni, a meno che questo non sia avvenuto (per le carni) in container sigillati dall’Autorità sanitaria in regioni riconosciute free. Un risultato raggiunto dopo oltre 15 anni di trattative Il percorso per giungere a questo risultato è stato lungo e tortuoso. La prima richiesta di riconoscimento di indennità da malattia vescicolare fu presentata alle autorità statunitensi nel luglio 1997 da Consiglio europeo, Commissione e Governo italiano. Dopo aver condotto una valutazione del rischio, nel giugno 1999 APHIS pubblicò nel Federal Register una proposta di modifica dei regolamenti vigenti, al fine di riconoscere otto regioni del Nord Italia indenni dalla malattia. Tuttavia, prima che l’iter procedurale potesse concludersi, in quattro delle otto regioni in questione si verificarono focolai di malattia
vescicolare, che hanno portato APHIS a riconoscere, nel 2003, solamente le quattro regioni effettivamente rimaste indenni da MVS (Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche e Valle d’Aosta). Nel corso degli anni, il Dipartimento della Sanità pubblica veterinaria, della Sicurezza alimentare e degli Organi collegiali per la tutela della salute del Ministero della Salute, su sollecitazione di ASS.I.CA. e con il supporto tecnico-scientifico dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna, ha continuato a sollecitare una revisione da parte delle autorità USA della decisione adottata nel 2003, al fine di estendere il territorio nazionale riconosciuto indenne. APHIS ha quindi portato avanti la valutazione dello status sanitario dell’Italia ed è giunta, a seguito di ripetute missioni in Italia e sulla base delle informazioni fornite dal nostro Ministero della Salute, al riconoscimento di indennità da malattia vescicolare per quattro regioni del Centro-Nord (Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte) e due province autonome (Trento e Bolzano).
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Riportiamo un quadro redatto dal Ministero della Salute relativo alle delegazioni di paesi ricevute presso il Dipartimento della Sanità Pubblica Veterinaria, della Sicurezza Alimentare e degli organi collegiali per la tutela della salute, diretto dal dott. Romano Marabelli, nel corso del 2012. Il Dipartimento interviene per risolvere le problematiche dell’export relative a questioni di carattere igienico-sanitario, giocando un ruolo di primaria importanza nel favorire l’esportazione di animali e prodotti di origine animale, in particolare prodotti a base di carne e prodotti lattiero-caseari, ma anche mangimi, genetica animale, ovoprodotti, ecc… ASIA e MEDIO ORIENTE Corea del Sud Si è raggiunto l’importante obiettivo del pre-listing per gli impianti interessati ad esportare prodotti a base di carne suina in questo paese. L’Italia è fra i pochi paesi ai quali la Corea del Sud ha concesso tale possibilità, a cui si aggiunge quella di poter utilizzare non solo suini nati ed allevati in Italia, ma anche quelli allevati in Italia da tre mesi. La buona collaborazione fra i due paesi, seppur con alcune problematiche di rilievo (divieto export di prodotti suini diversi dagli stagionati e cotti), è confermata dal fatto che anche nel 2012 una delegazione coreana ha voluto visitare il nostro Ministero per studiare, per un’eventuale trasposizione nella normativa coreana, il sistema di controlli veterinari applicati in Italia. India Permane una posizione di forte contrasto, attraverso l’imposizione di requisiti del tutto contrari a quelli previsti dalle Organizzazioni mondiali di riferimento all’importazione di prodotti a base di carne suina stagionati. A seguito di un incontro bilaterale avvenuto con il FSSAI, si è instaurato un canale di comunicazione diretto, finora negatoci. Hong-Kong A seguito della prevista visita ispettiva in Italia da parte di una delegazione di Hong-Kong, sono state definite le condizioni di polizia sanitaria e di certificazione veterinaria ai fini dell’esportazione di carni bovine e preparazioni di carni bovine. La procedura, durata diversi anni, ha riammesso all’esportazione prodotti che erano vietati per motivi legati alla Bse nel nostro paese. Questo è il primo mercato asiatico in cui sia possibile, almeno a condizioni concordate, esportare prodotti bovini. Repubblica Popolare di Cina A distanza di ormai sei anni dalla missione di AQSIQ/ CNCA, sono stati autorizzati all’esportazione di prodotti a base di carne suina cotti i 4 impianti in una prima fase esclusi dalle autorità cinesi. Sono quindi 6 gli impianti che potranno esportare, una volta definito il pertinente certificato veterinario oggetto di revisione da parte cinese, seppur già concordato in passato. A seguito dell’interesse degli operatori economici al riguardo, si sono create le condizioni per l’esportazione di prodotti della pesca e lana sucida. Taiwan Si evidenzia la ripresa comunicazione con Taiwan su quegli argomenti che penalizzano le esportazioni italiane di
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prodotti suini (mancata regionalizzazione per peste suina africana) e bovini (BSE). Filippine A seguito di un progetto governativo filippino, è stato praticamente definito un certificato per l’esportazione in questo paese di bufali. AMERICHE USA Per i salumi a breve stagionatura, si veda l’articolo Storica apertura all’export USA per i salumi italiani. Sul fronte multilaterale, è di grande interesse la modifica dei certificati per l’esportazione del seme e materiale genetico, che ha subito delle modifiche a causa della presenza del virus di Schmalleberg in Italia nel 2012, modifiche che permetterebbero di far riprendere un flusso di esportazione costante. Canada Proseguono le negoziazioni con le autorità del CFIA per esportare prodotti composti, bufali e prodotti a base di carne come la “carne salada”. Brasile Gli esiti della missione condotta nel 2011 sono stati comunicati nel corso del 2012, ma non hanno chiarito la possibilità di ampliare la gamma di prodotti esportabili. Sembra che gli ispettori brasiliani vogliano condurre un’altra visita in Italia. Nel corso del 2013 comunicheremo che l’Italia ha richiesto il riconoscimento dell’indennità da malattia vescicolare all’OIE (assenza della malattia dall’aprile 2011) e richiederemo l’ampliamento della gamma dei prodotti esportabili, stagionatura inferiore ai 400 giorni. Panama Durante il 2012 è stato concordato il certificato per l’esportazione; nel 2013 si intende cercare di ampliare la gamma di prodotti esportabili. AUSTRALIA Nel 2012 è stato concordato un nuovo certificato per l’esportazione della “culaccia”, prodotto a base di carne suina. EUROPA NON COMUNITARIA Russia Nel 2012, la fervida attività di negoziazione tra gli esperti della Commissione europea, con l’ausilio degli Stati Membri e gli esperti dei paesi dell’Unione doganale (Federazione russa-
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RU, il Kazakistan-KZ e la Bielorussia-BY), ha portato alla definizione di cinque nuovi modelli di certificazione unificata UE-CU per l’export. In particolare sono stati concordati i modelli per l’esportazione di gelatine, pulcini di un giorno, tacchinotti, anatroccoli, paperi, pulcini di struzzo e uova da cova, di carni di pollame, carni equine, carni ovine e caprine. Per quanto riguarda l’esportazione degli altri prodotti di origine animale verso i paesi dell’Unione dogale, è stato consentito l’utilizzo dei modelli veterinari già approvati per la Federazione russa. Sono stati aggiornati anche i corrispettivi certificati pre-export. Nel maggio del 2012 è stata condotta una visita ispettiva in Italia da parte degli ispettori russi, al fine di verificare lo standard sanitario degli stabilimenti, la conoscenza nonché conformità alla normativa russa in tali stabilimenti abilitati all’esportazione nei paesi dell’Unione doganale. Preliminarmente a tale ispezione, era stata condotta dal Ministero una ricognizione degli impianti, al fine di ridurne il numero e individuare quelli effettivamente attivi sul mercato russo. Purtroppo l’esito di tale missione non è stato favorevole, perché essa ha portato alla definitiva cancellazione della lista dei budellifici italiani, avvenuta inizialmente per errore, al blocco delle esportazioni da parte di alcuni stabilimenti italiani visitati dagli ispettori russi per il riscontro di alcune non conformità, nonché all’inattualità del ripristino della procedura del pre-listing tanto auspicata da questo Dipartimento. È stato messo in piedi un piano d’azione per riavviare l’attività di esportazione verso la Federazione russa associato ad un’intensa attività di training condotta su tutto il territorio italiano in presenza delle autorità locali veterinarie e le associazioni di categoria, al fine di implementare la conoscenza della normativa russa. Allo stato attuale e a seguito di tale ispezione, l’esportazione delle budella dall’Italia verso la Russia non è consentita e l’esportazione di prodotti a base di carne è resa possibile solo se gli involucri che li rivestono sono di origine e lavorazione esclusivamente comunitaria. Croazia È stato aggiornato il certificato per l’esportazione dei prodotti a base di carne e negoziato quello per l’esportazione di paglia e fieno. Albania Sono stati concordati cinque nuovi certificati per l’esportazione dei bovini da macello e da allevamento, di ovicaprini da macello e da allevamento e per l’esportazione di lumache. Serbia Sono stati pubblicati i nuovi certificati veterinari per l’esportazione di sperma di animali della specie equina, equidi registrati per l’allevamento e riproduzione, di carne fresche bovine, di collagene destinato al consumo umano, ed è stato aggiornato, due volte durante il corso dell’anno, il certificato per l’esportazione di carni di pollame e di carni separate meccanicamente di pollame. Turchia Con molte difficoltà è stato negoziato, ma non ancora ufficializzato, il certificato per l’esportazione di bovini vivi da
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macello. Tali complicazioni sono state legate alle pretese, da parte delle competenti autorità turche, di importare bovini di esclusiva nazionalità italiana sin dalla nascita. La mancata ufficializzazione è stata causata dalla richiesta pervenuta dalle Autorità turche di autorizzare, previa visita ispettiva, gli allevamenti abilitati a tale esportazione. Sono stati proposti ai turchi anche i modelli di certificati per l’esportazione di bovini da allevamento e da riproduzione. AFRICA Sudafrica Non è ancora stato aperto il mercato per l’esportazione di proteine animali trasformate, sono ancora al vaglio le documentazioni relative alla lavorazione di tali prodotti inviate da altre tre aziende italiane, oltre alle due già inviate nel 2011. Inoltre, il certificato per l’esportazione di prodotti a base di latte è tuttora in fase di negoziazione, così come il modello per l’esportazione del petfood. È stato richiesto alle autorità del Sudafrica di negoziare il modello di certificato veterinario per l’esportazione di embrioni di bovini. Non è stato possibile accettare il modello di certificato per l’esportazione di proteine d’uovo, per la richiesta di un processo produttivo ad una temperatura talmente elevata da non essere osservato nei nostri impianti di produzione. Motivo per il quale tale modello di certificato è stato bocciato. Tunisia È stato pubblicato sul portale del Ministero il certificato per l’esportazione dei bovini vivi già negoziato alla fine del 2011, su iniziativa di questo Dipartimento. Durante tutto il corso dell’anno non è pervenuta la risposta sul quesito, inviato nel 2011, concernente la richiesta di deroga per le vaccinazioni contro l’IBR e la FCO, richieste nel certificato per gli animali spediti in Tunisia dalla Provincia autonoma di Bolzano, in quanto ufficialmente indenne da queste ultime due malattie infettive. Algeria È stato redatto dalle competenti autorità algerine e pubblicato sul sito del Ministero il modello di certificato sanitario per l’esportazione di petfood. Allo stato attuale sono ancora in fase di negoziazione il certificato per l’esportazione dei prodotti a base di latte e quello per l’esportazione di bovini vivi sul modello di quello già negoziato con le autorità tunisine. Marocco Il certificato per l’esportazione dei prodotti a base di latte è stato modificato su richiesta di questo Ministero dalle competenti autorità marocchine. Inoltre è stato richiesto di poter negoziare anche un certificato per consentire l’esportazione di prodotti lattiero-caseari ottenuti da latte crudo. Sono ancora in fase di discussione i modelli di certificati veterinari per l’esportazione di bovini vivi, di carne suina fresca e di prodotti a base di carne bovina. (Fonti: ANMVI – www.anmvioggi.it Ministero della Salute – Dipartimento della sanità pubblica veterinaria, della sicurezza alimentare e degli organi collegiali per la tutela della salute)
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Mercati
La difesa dei prodotti italiani all’estero inizia dalla cucina di Giovanni Ballarini
L
a cucina italiana all’estero nel 60% dei casi è liberamente reinterpretata se non maldestramente riprodotta: questo è quanto emerge da una ricerca dell’Accademia italiana della cucina che, attraverso le sue 74 delegazioni straniere, ha recentemente fotografato lo status della gastronomia italiana nei cinque continenti. La riproduzione pasticciata avviene — spiega l’Accademia — anche perché quasi la metà (47%) dei cuochi che opera nei ristoranti italiani all’estero non è italiana e solo una piccola parte (9%) di essi ha seguito scuole, stage o tirocini nel Belpaese. La pizza è il piatto più reinterpretato all’estero; a seguire il tiramisù,
le lasagne, le scaloppine di vitello e la pasta al ragù. Questa forma d’imbarbarimento è diffusa ovunque. La fusione tra i gusti della tradizione e i sapori locali dà spesso luogo ad una forma di cucina ibrida e alla creazione di piatti che, paradossalmente, hanno successo anche se ben lontani dalla tradizione Italiana. Ne è una dimostrazione la cucina “all’italiana” in Olanda: a L’Aia, nei ristoranti italiani, si possono per esempio trovare nei menu i “pesci al forno col pesto”. Buone notizie arrivano però dagli Stati Uniti: un piatto ibrido per eccellenza come gli “spaghetti con le meat balls” (polpette), prima diffusissimo, è oggi in sostanza scomparso. L’indagine svela anche come la cucina
italiana sia la preferita per il 68% dei paesi stranieri, seguita dalla cucina cinese (40%) e dalla francese (38%). Melbourne è la città regina di ristoranti italiani (più di 1.000), seguita da Sidney, New York e Montreal (500). Parigi, con 400 ristoranti italiani, è la culla della gastronomia tricolore in Europa. Per dire no ai piatti “taroccati”, il Gruppo virtuale cuochi italiani (GVCI, www.gvci.org), network di oltre 2.000 persone che comprende chef ma anche sommelier, imprenditori e addetti al food and beverage, ha indetto l’International Day of Italian Cuisines (www.itchefs-gvci.com). Il 17 gennaio di ogni anno gli chef che aderiscono al gruppo celebrano in tut-
Il successo d’immagine che la cucina italiana è riuscita a conquistarsi all’estero va di pari passo alle sue imitazioni.
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Mary Pickford e Douglas Fairbanks contribuirono al successo delle fettuccine Alfredo in America. to il mondo un piatto della tradizione regionale tra i più imitati. Nel 2013 è stata la volta del tiramisù. Nel 2012 al GVCI è stato assegnato il premio “Orio Vergani”, attribuito dall’Accademia italiana della cucina a chi ha onorato la cultura gastronomica con la propria attività. Educare i cuochi Oggi, nel mondo, la cucina italiana riscuote enormi consensi; tuttavia, per mantenere questa leadership, è necessario contrastare il fenomeno delle imitazioni delle nostre ricette tipiche che rischiano di minare l’immagine positiva conquistata in questi anni. Per difendere le nostre ricette dal falso culinario è necessario in primo luogo educare i cuochi, soprattutto quelli stranieri, all’utilizzo di alcuni ingredienti fondamentali della nostra gastronomia che non dovrebbero mai mancare: parlo di olio extra vergine d’oliva, erbe fresche, pane con la crosta, pasta al dente e risotto al dente. Se da una parte, infatti, i consumatori sono sempre più attenti al richiamo del cibo made in Italy — conoscono i nomi dei piatti italiani e a volte anche come sono realizzati — dall’altra ci sono ristoratori e chef senza scrupolo che inseriscono nei menu ricette ben diverse da quelle originali. Solo attraverso la promozione del cibo italiano e delle tecniche di cucina possiamo salvaguardare lo straordinario patrimonio della nostra cucina.
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Fettuccine italiane e straniere Un esempio di come la cucina interferisca con l’uso dei prodotti italiani, ad iniziare dalle denominazioni, viene dalle fettuccine, italiane prima e poi divenute straniere! Alla parola fettuccine tutti gli Italiani pensano alla pasta fatta in casa. I romani e molti altri sognano le fettuccine alla papalina e molti stranieri, soprattutto americani, le fettuccine Alfredo. Le fettuccine alla papalina sono una variante della carbonara. Si narra che siano nate quando il cardinale Eugenio Pacelli, che da lì a poco sarebbe diventato Papa Pio XII, chiese al ristorante che forniva i pasti al Vaticano un piatto particolare pur nel rispetto della tradizione culinaria romana. Il cuoco del ristorante scelse la carbonara, sostituendo la pancetta con il più nobile prosciutto crudo, aggiungendo poi un delicato soffritto di cipolla per amalgamare meglio i sapori e usando il Parmigiano Reggiano al posto del più forte e saporito formaggio pecorino. Celebri e al tempo stesso bistrattate sono in America le fettuccine Alfredo (anche fettuccini o fetucini). Presenti nei menu di molti ristoranti
italiani all’estero, ma allo stesso tempo introvabili in Italia, sono l’esempio di come gli Americani trasformino la nostra cucina e vendano prodotti che hanno ben poco d’italiano. In realtà le fettuccine Alfredo sono nate a Roma ed erano il piatto simbolo del ristorante di Alfredo di Lelio, cuoco che vantava un grandissimo successo soprattutto tra i turisti americani. Nel 1914, nel suo locale in via della Scrofa 103, nasceva questa speciale ricetta per far tornare l’appetito alla moglie incinta, che si rifiutava di mangiare. Si tratta della rivisitazione di una pasta, le fettuccine appunto, in cui il burro, dopo la cottura, veniva aggiunto due volte: prima nella pentola e poi nel piatto. In alcuni casi le aggiunte di burro erano ben tre (triple butter fettucini). A tutto questo si aggiungeva abbondante formaggio parmigiano. Il risultato era un condimento super cremoso. Sembra che il successo del piatto derivi anche dal fatto che Mary Pickford e Douglas Fairbanks, due famosi attori americani del cinema muto, assaggiarono le fettuccine rendendole celebri in patria. Oggi, nei peggiori ristoranti americani queste fettucci-
Le famose “fettuccine Alfredo” con “chicken Parmesan”.
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Lo chef brasiliano Alex Atala. ne vengono servite dopo essere state cotte e poi affogate nella panna; non di rado sono accompagnate da broccoli, prezzemolo, aglio, gamberetti o pollo. Le “fettuccine” sono anche uno dei piatti simbolo di Alex Atala, tra i più celebrati chef mondiali e come tale inserito — con la presentazione dello chef René Redzepi del Noma di Copenhagen — nella Time 100 del 2013, classifica delle 100 persone più influenti stilata ogni anno dal NEW YORK TIMES (il ristorante di Atala, il D.O.M. di San Paolo, si è da poco aggiudicato il 6 posto nella classifica dei 50 migliori ristoranti al mondo, The World’s 50 Best Restaurant, Ndr). Prima di tutto, che si parli di fettuccine con Parmesan cheese o alla carbonara, quelle dello chef brasiliano non sono fatte con pasta di semola, ma sono ottenute dal cuore di palma amazzonico tagliato a strisce con una mandolina. E nelle fettuccine con burro e Parmesan, di quale “parmigiano” stiamo parlando? Certamente non di Parmigiano Reggiano, ma di uno dei tanti formaggi che lo imitano! Per le fettuccine alla carbonara, poi, sono la panna, il pepe ed il burro al tartufo a dominare. Niente a che a vedere con la ricetta originale. Insomma, il solo fatto che un grande chef riconosciuto a livello mondiale usi questi termini italiani, come fettuccine o carbonara, appunto, stravolgendone il significato, porta necessariamente a fare qualche considerazione sulla cucina italiana all’estero.
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La carbonara Piatto caratteristico del Lazio e più in particolare di Roma, preparato con ingredienti popolari e dal gusto intenso, la pasta alla carbonara ha origini incerte. Tra le diverse ipotesi, la più accreditata è quella che lega la nascita del piatto ai carbonai, per la facile reperibilità e conservazione degli ingredienti, in quanto per realizzare la carbonella era necessario sorvegliare la carbonaia a lungo ed occorreva avere con sé i viveri necessari. In questo caso, si tratterebbe dunque di un’evoluzione della pasta cacio e uova, di origini laziali e abruzzesi. Secondo altri deriverebbe invece dall’antichissima ricetta della pasta cacio e pepe, dove il pepe nero, che ricorda la polvere del carbone, è riconosciuto come elemento essenziale del piatto. La carbonara non è però citata nel classico ricettario di cucina romana di ADA BONI, pubblicato nel 1930, ma è registrata per la prima volta immediatamente dopo la liberazione di Roma nel 1944 (prima non esistono tracce documentate della ricetta), quando nei mercati romani appare il bacon portato dalle truppe angloamericane. Questo tra l’altro spiegherebbe perché nella carbonara, a differenza di altre salse come l’amatriciana, pancetta e guanciale sono riportati come ingredienti equivalenti. Secondo quest’opinione, durante la seconda guerra mondiale, i soldati americani stanziati in Italia, combinando insieme gli ingredienti
a loro più familiari che riuscivano a trovare, e cioè uova e pancetta, abbiano dato lo spunto ai nostri cuochi per la ricetta vera e propria che si sarebbe sviluppata più tardi. Un’altra ipotesi ricondurrebbe invece l’origine della carbonara alla cucina napoletana e in particolare ad alcune ricette della Cucina teorico pratica del cavalier IPPOLITO CAVALCANTI. Nella cucina popolare napoletana, unica tra le cucine regionali italiane, è infatti pratica comune condire alcune pietanze con una tecnica e ingredienti identici a quelli della carbonara, aggiungendo cioè dopo la cottura uno sbattuto di uova, formaggio, sale e abbondante pepe, con successiva rapida mantecatura. Ricordiamo soltanto che gli ingredienti della pasta alla carbonara sono la pasta di semola di grano duro, la pancetta o il guanciale, le uova, il formaggio pecorino romano, l’olio extravergine di oliva, sale e pepe. Il tipo di pasta tradizionalmente più usato è rappresentato dagli spaghetti, anche se si prestano bene altre forme di pasta lunga o alcuni tipi di pasta corta. Pechino dichiara guerra alla cucina d’esportazione Siamo molto attenti alle contraffazioni dei prodotti italiani all’estero, alle taroccature, all’Italian sounding e via dicendo, dimenticando che gli stranieri imparano a conoscere i nostri prodotti e, soprattutto, ad usarli,
Un piatto di “Penne carbonara” servito in un locale di Hong Kong (foto: www.chaiwanese.com)
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attraverso i ristoranti. Un problema, questo, al quale sembra più attento il governo cinese, che recentemente ha dichiarato guerra alla sua cucina da esportazione, dicendo basta all’Oriental food a prezzi stracciati e con cibo dalla natura imprecisata, dove ogni pietanza ha lo stesso sapore e la medesima consistenza. In un periodo di riacquistata prosperità e, soprattutto, di rivalutazione della propria identità culturale, per rifarsi un’immagine a livello globale, la Cina ha deciso di non trascurare la tavola. Una nazione che era in via di sviluppo, segnata dalla fame e dall’emigrazione, poteva permettersi solo locali popolari, al più contrassegnati da un dragone e qualche lanterna rossa kitsch. Ora, la seconda economia del mondo, centro dei nuovi miliardari, pretende di recuperare l’universo gastronomico di un luminoso passato ed è pronta a servire il meglio dall’alta cucina imperiale. Più o meno quello che in circa mezzo secolo è avvenuto per l’Italia che da esportatrice di piatti poveri come la pizza e i maccheroni oggi, con successo, esporta all’estero le sue ricche cucine regionali. Maxi-finanziamenti di Stato serviranno a smantellare migliaia di vecchi ristoranti cinesi aperti di là della Grande Muraglia, a ristrutturarli, ad arredarli come impone la moda e, soprattutto, a dotarli di cuochi capaci di finire sulla guida Michelin. Infatti, nella classifica dei cento cuochi più pagati del pianeta nemmeno uno è cinese e nessun straniero dichiara di pensare alla Cina quando pianifica una cena importante. Lo stesso si diceva una ventina di anni fa per la cucina italiana in America, ritenuta adatta per una riunione familiare (in pizzeria), ma non per conquistare una giovane signora che occorreva portare in un ristorante francese! Nella guerra delle cucine l’Italia sta a guardare Non si esportano cibi ma cucine. La sola esportazione di cibi porta inevitabilmente alla produzione degli stessi in altri ambienti. È quello che è avvenuto per i vini francesi e italiani ora prodotti di elevata qualità in California, Cile e Argentina, Sudafrica e Nuova Zelanda. Lo stesso
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L’anatra alla pechinese. sta avvenendo con l’olio di oliva in California e con la pasta, i formaggi e i salumi che imprese anche italiane producono all’estero, attraverso il made by Italy. La Cina insegna che oggi è la qualità che deve interessare. Nella “guerra delle cucine” questa aggressiva nazione punta in alto e vuole chiudere i ristorantini made in China e take-away dove, ad un prezzo irrisorio, mangia tutta la famiglia, uscendo persino con il cartoccio del giorno dopo. Affare del secolo, e che in Cina interessa circa trecento milioni di abitanti di buon livello economico (più della metà degli abitanti della Vecchia Europa!), ma pessima impressione a livello politico. La Cina ha una grande cucina che affonda le radici culturali in millenni di storia; anzi, ha almeno otto diverse cucine e quella di Canton non è certamente quella di Pechino o di Ulumuci nello Xinjiang. L’obiettivo finale, quindi, è superare India e Giappone
nell’immaginario dei buongustai internazionali, invadere le guide gastronomiche scritte in inglese e lanciarsi alla conquista dell’Europa. E, sulla scia dell’alta cucina che ci si appresta a portare in tutto il mondo, esportare i propri prodotti. Per fare una “vera” anatra laccata alla pechinese, infatti, l’anatra deve essere ovviamente “pechinese”! Cullandosi nel recente successo, e che nessuno nega, di poter esportare in America mortadelle e salami, l’Italia non partecipa a questa “guerra delle cucine” e sta a guardare. O, forse, neppure questo, perché sembra non accorgersi di quanto sta accadendo all’estero e tra poco — quando vi sarà una ripresa economica — avverrà anche da noi, quando vedremo comparire ristoranti d’alto livello che offriranno i piatti di una delle grandi cucine cinesi e non gli involtini primavera! Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma
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Nutrizione
La frutta secca, preziosa alleata della nostra salute Noci, mandorle, nocciole, pistacchi, sono tutti piccoli scrigni di energia, vitamine e minerali, il cui utilizzo in cucina affonda le radici nella storia e si intreccia con abitudini e credenze delle diverse culture di Clara Scaglioni
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osa sarebbe il pesto alla genovese senza i pinoli? E l’aperitivo senza arachidi e pistacchi? E il famoso gelato Magnum Algida senza la sua gustosa decorazione di granella di nocciola? Ha soddisfatto, per la sua bontà, la golosità di adulti e bambini, ma ha anche stimolato la creatività del famoso chef modenese Massimo Bottura che, ispirandosi ad esso, ha realizzato quello che è uno dei più innovativi, originali ed apprezzati piatti della sua cucina: il magnum di fois gras. Un boccone di fegato d’oca in forma di gelato magnum ricoperto di nocciola tritata, ma con un cuore di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena che si rivela
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al gusto prendendolo in mano con il classico bastoncino. Quando lo si mette in bocca si ha un’incredibile e inaspettata esplosione di sapori che soddisfano piacevolmente il palato. La granella di nocciola che ricopre il fegato d’oca completa e sublima il piacere che si prova gustandolo. Come ingrediente, specialmente nei dolci, oppure da sola, mangiamo la frutta secca molto spesso, ma quanto sappiamo davvero di lei, dei frutti dai quali si ricava e delle piante su cui questi frutti crescono? Un alleato quotidiano del benessere Sebbene si tratti di prodotti in vendita tutto l’anno, vengono consumati soprattutto durante il periodo che va
da novembre a gennaio, forse perché un tempo erano considerati un lusso da offrire solo in occasioni speciali e ricorrenze importanti. Oggi, che ne è stata riconosciuta la grande ricchezza in sostanze nutritive, gli esperti di alimentazione consigliano di cibarsene in tutte le stagioni. La frutta secca, infatti, è ricca di importanti nutrienti, incluse proteine e fibre alimentari. È anche un’ottima fonte di acido folico, niacina, vitamina E e B6, oltre che di minerali come magnesio, rame, selenio, fosforo e potassio. Le noci in particolare riducono il rischio delle malattie cardiache, tanto che i cardiologi consigliano di mangiarne qualcuna ogni giorno.
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A guscio o no, da sempre protagonista in cucina Quando si parla di frutta secca occorre distinguere tra quella a guscio, come mandorle, noci, nocciole, pinoli, pistacchi, arachidi, e quella polposa poi disidratata, come fichi, prugne, albicocche, uva passa, datteri, ecc… La caratteristica comune alle due tipologie è la povertà di acqua. La frutta a guscio lo è naturalmente, mentre quella polposa lo diventa a seguito di trattamenti di disidratazione cui viene sottoposta e che possono essere naturali (esposizione al calore del sole) o artificiali (in forno o in essiccatoio). La frutta secca è un prodotto di facile consumo e utilizzo in cucina. Le sarde in saor, ad esempio, specialità della cucina veneziana, prevede che nella ricetta, insieme alle sarde, vi siano l’uva passa e i pinoli. L’ipotetica contaminazione è molto probabilmente dovuta ai frequenti contatti che i mercanti di Venezia ebbero con l’Oriente, dove appresero il corretto utilizzo della frutta secca: un ingrediente fondamentale di molti dei piatti di quelle terre. La frutta secca, infatti, ha avuto una grande importanza dal punto di vista economico ed è tuttora volano di ricchezza per molte zone povere del mondo, specie in Oriente e Nord Africa.
Salame con pistacchi. Fichi, mandorle, noci e pistacchi: la ricchezza del Sud È il sole che splende nel nostro Sud l’elemento che permette a tanti
contadini di preparare i buonissimi fichi secchi realizzati con i frutti che coltivano sulla loro terra. Ma quanto lavoro alle spalle! Innanzitutto c’è
Pistacchio verde di Bronte DOP La denominazione di origine protetta “Pistacchio verde di Bronte” è riservata al prodotto, in guscio, sgusciato o pelato, delle piante della specie botanica Pistacia vera, cultivar “Napoletana”, chiamata anche “Bianca” o “Nostrale”, innestata su Pistacia terebinthus. La zona di produzione del “Pistacchio verde di Bronte” ricade nel territorio dei comuni di Bronte, Adrano, Biancavilla, in provincia di Catania. La coltura del pistacchio, dalla Siria, sarebbe passata in Grecia a seguito delle conquiste di Alessandro Magno (III secolo a.C.). In Italia la pianta fu introdotta dai Romani sul finire dell’impero di Tiberio — tra il 20 e il 30 d.C. — ad opera di Lucio Vitellio, governatore della Siria (Plinio, Naturalis Historia, cap. X e XIII). In Sicilia, la coltivazione, in forma diffusa, si fa risalire al periodo della dominazione araba (VIII e IX secolo d.C.). Sono di origine araba i termini frastuca e frastucara per indicare il frutto e la pianta (termine arabo fustuq). Numerosi autori riportano l’importanza storico-culturale ed economica della produzione del “Pistacchio verde di Bronte”; citiamo, ad esempio, Denis Mack Smith, A History of Sicily: Medieval Sicily 800-1713, 2 voll., 1968.
Nocciola Piemonte IGP Il nocciolo, Corylus avellana L., è un’antichissima pianta che vive e fruttifica allo stato selvatico in tutta Europa, in particolare sulle colline e sulle pendici dei monti, lungo sentieri e ruscelli. È stata utilizzata dall'uomo già alla fine del periodo glaciale, quindi molto prima dell'olivo e della vite. Oggi i maggiori produttori sono la Turchia, l'Italia e la Spagna. In Italia le regioni a più alta produzione sono il Lazio, la Campania, il Piemonte e la Sicilia. La varietà di nocciolo coltivata in Piemonte è la Tonda Gentile Trilobata, la cui produzione è concentrata nelle province di Cuneo, Asti e Alessandria, in un areale compreso tra le colline delle Langhe, del Roero e del Monferrato. La denominazione IGP garantisce agli utilizzatori e ai consumatori la qualità e l’autenticità del prodotto. La Nocciola Piemonte IGP è particolarmente apprezzata dall’industria dolciaria per i suoi parametri qualitativi, quali forma sferoidale del seme, gusto e aroma eccellenti dopo tostatura, elevata pelabilità, buona conservabilità.
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Dolcetti a base di mandorle. la preparazione dei cesti intrecciati con i gambi delle ginestre. Ricoperti di fichi, di giorno vengono esposti
al sole a seccare e di notte vengono ritirati perché i frutti non prendano umidità. Dopo alcune settimane si
ottiene un prodotto dolcissimo, nel quale gli zuccheri si concentrano all’interno. Particolarmente pregiati i fichi cucchiati pugliesi, cotti al forno e aromatizzati con un pizzico di scorza di limone ed il finocchio selvatico, racchiudono come fosse un tesoro una mandorla tostata. Come avveniva al Nord per le mondine, che lasciavano le loro famiglie per andare a lavorare nelle zone di coltivazione del riso, in Sicilia, per la raccolta estiva delle mandorle c’erano le mennulare, gruppi di donne che, per tutto il periodo della raccolta, andavano a vivere presso le ville dei proprietari terrieri che le coltivavano. Le mandorle sono ancora oggi tra i prodotti trainanti dell’economia siciliana e costituiscono una componente fondamentale dei loro buonissimi dolci. La pasta di mandorle, il buccellato, il bianco mangiare non potevano trovare origine se non in questa terra, dove uno degli eventi più suggestivi è la fioritura dei mandorli, specie quella della valle dei Templi di Agrigento. Importanti per l’economia della Campania sono invece le noci di Sorrento, note in tutto il mondo, ma hanno buona valenza economica anche altre noci coltivate un po’ su tutto il nostro territorio, dal cui mallo, quando ancora non sono mature, si ricava il famoso liquore nocino o nocillo. E poi non si possono certo dimenticare i pistacchi di Bronte, apprezzatissimi da tutta l’industria dolciaria. Clara Scaglioni
Chiapella, la nocciola va bene anche nel salame Le nocciole piemontesi non sono utilizzate soltanto per la preparazione di dolci e di creme spalmabili. Al Salumificio Chiapella di Clavesana, in provincia di Cuneo, specializzato nella lavorazione della carne suina e nella produzione di insaccati da più di sessant’anni, le nocciole finiscono anche nel salame. Tra le novità che l’azienda ha proposto con successo lo scorso anno, infatti, c’è proprio il salame alla Nocciola del Piemonte Igp (in foto a lato), realizzato impastando la carne suina con nocciole tostate e quindi racchiudendo il tutto all’interno di budello naturale. Il formato è quello da 200-250 grammi. «Abbiamo effettuato diverse prove prima di lanciare questo prodotto — ha dichiarato Alessandro Chiapella — e ci siamo convinti della validità di associare le carni suine piemontesi, l’unica materia prima di cui ci serviamo, con un’altra eccellenza locale come è la Nocciola Piemonte Igp appunto». Nessun altro aroma aggiunto.
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Lambrusco di Sorbara Lambrusco Salamino di Santa Croce Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Lambrusco di Modena AZIENDE CONSORZIATE CHIARLI 1860 italia@chiarli.it - www.chiarli.it www.enzopancaldi.it
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Premiate Salumerie Italiane
Norcineria Polastri Macèlér, la salumeria è creativa Una famiglia di norcini, quella dei Palazzi, che in Franciacorta produce salumi innovativi come il salame al cacao, quello al miele o alla liquirizia, ma anche prodotti tradizionali, come il Ret o Magiöla De.co., il lardo barricato e il Brüsölò di Massimiliano Rella
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l vino, bianco o rosso, è spesso presente nell’impasto, ma non è l’unico ingrediente a rendere più gustosi i salumi della Norcineria Polastri Macèlér di Capriolo, in provincia di Brescia. L’azienda di norcini della Franciacorta, alla terza generazione, produce con lavorazione artigianale tante specialità, sia della
tradizione che innovative, pensate e sperimentate per andare incontro a un pubblico più curioso. Nascono così il salame al cacao, alla liquirizia, al caffè, al miele — che è anche un ottimo conservante — ma anche il cotechino marinato con vin brulé e quello speziato con i pistacchi. Novità e originalità non smentiscono una
tradizione e un’esperienza familiare di decenni. Ed ecco quindi che anche per fare salumi creativi si scelgono materie prime di qualità, si prova più volte il dosaggio delle spezie, fino ad ottenere il risultato migliore. La Norcineria Polastri Macèlér appartiene alla famiglia Palazzi e ci lavorano il padre Angelo, 80 anni, i
All’interno della Norcineria Polastri Macèlér di Capriolo, Angelo Palazzi con i figli Ivan e Silvano.
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A sinistra: i cotechini speziati al pistacchio. A destra: Silvano Palazzi mostra il Ret o Magiöla De.co. figli Ivan, 51 anni, e Silvano, 55, e il figlio di quest’ultimo, Paolo, di 22 anni. Il nonno Celeste era masadur, cioè veniva chiamato nelle cascine dei contadini per ammazzare i maiali e fare sul posto salsicce e salumi. Continuò per anni la stessa attività anche Angelo, conosciuto con il soprannome “Polastri”, datogli da bambino per la sua particolare vivacità, dal nome del criminale e anarchico Sante Pollastri, che imperversò nel Nord Italia durante il periodo fascista. Nel 1975 Silvano, figlio di Angelo, decise di aprire un laboratorio con negozio per la vendita dei salumi, le carni e qualche prodotto alimentare nel paese di Capriolo. Nel corso del 2013 l’attività di produzione e vendita si sposterà ad Adro, in spazi più grandi e con un allevamento di animali allo stato brado, ma il tutto sempre nei limiti della dimensione artigianale. L’intera produzione è fatta a mano con ingredienti di prima scelta. Gli animali arrivano per la maggior parte da allevamenti del territorio bresciano, iscritti al Consorzio del Prosciutto di Parma. Ultimamente i Palazzi hanno cominciato a usare anche la Mora romagnola, valorizzata da alcuni anni da un progetto della regione Lombardia, quando ormai quest’antica razza di suini rischiava l’estinzione
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in Pianura padana. Le More romagnole allo stato brado arrivano dalla cooperativa sociale Antica Terra, di Cigole (BS). Sono animali dalla carne rossa che ricorda quella di cinghiale e con un’importante parte grassa, usati soprattutto per il lardo. Altre varietà sono la Cinta senese, i cinghiali e varie razze autoctone italiane, in base alle disponibilità. La Norcineria Polastri Macèlér aderisce al circuito Slow Food. Produce salumi, ma si vendono anche carni da suini, bovini di varie razze, come la Limousine, la Bianca romagnola, la Charolaise, ed equini, cioè asini e cavalli. Si selezionano animali nutriti solo con vegetali, senza mangimi, farine e miscele “strane”. L’attività principale però è la norcineria. Oltre alla linea di salumi innovativi, fanno prodotti tradizionali. Il salame Ret o Magiöla, un prodotto DE.CO. (Denominazione Comunale di Capriolo), è ottenuto da sola carne di coscia non macinata, tagliata a punta di coltello, con salvia, rosmarino, aglio, vino locale e l’aggiunta di una miscela di spezie segreta. Il lardo barricato è preparato mettendolo a strati all’interno di una barrique a marinare con sale e vino che concedono aromi, mentre il legno trasmette note di vaniglia e tostature. Poi i pezzi di lardo vengono tolti, asciugati, risalati e impolverati di una
miscela segreta di 12 spezie e 15 erbe e restano a stagionare per un anno. Altre specialità a tutto gusto sono il Brüsölò, una lonza marinata nel vino in mastelli, insaccata in budello naturale e stagionata, e la soppressa, fatta in due versioni: per farla bollita con polenta e spinaci, oppure da affettare, entrambe con carne intera non macinata. Infine, la pancetta aromatizzata con vino e spezie e smagrita con filetto. Il signor Silvano approfondisce anche un lavoro di ricerca in Italia sulle erbe usate per aromatizzare i salumi. La vendita dei prodotti è quasi tutta locale e limitata alla Lombardia. Con l’apertura del nuovo laboratorio l’obiettivo è di raggiungere anche altre regioni, ma la produzione resterà sempre artigianale. I prezzi vanno dai 9,00 €/kg per la salamina fresca, ai 18,00 €/kg per il salame tradizionale, fino ai 28,00 €/ kg per il filetto di cavallo stagionato. Massimiliano Rella Norcineria Polastri Macèlér Via Paratico 1 – 25031 Capriolo (BS) Telefono: 030 7364164 E-mail: info@polastrimaceler.it Web: www.polastrimaceler.it Nota Fotografie di Massimiliano Rella.
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Salumificio Franceschini e Premiata Salumeria Giusti: a Modena un’alleanza del gusto in nome della filiera corta e certa «La nostra collaborazione con il Salumificio Franceschini va avanti da tantissimi anni e si è consolidata nel tempo perché si basa su un rapporto di fiducia e rispetto reciproco. Solo questo tipo di rapporto infatti ci consente di fornire determinate garanzie di qualità alla nostra clientela: la serietà dei produttori ai quali ci rivolgiamo è fondamentale perché come bottega storica siamo noi, in prima persona, a metterci la faccia, e i clienti che fanno acquisti nel nostro negozio lo sanno bene». Così parlò Laura Morandi, titolare insieme ai figli Matteo e Cecilia dell’Enogastronomia Giuseppe Giusti e dell’Hosteria Giusti di Modena, due indirizzi di riferimento per i cultori del buon mangiare e del buon bere con estimatori che giungono persino da Oltreoceano, figurando da tempo sulle più prestigiose guide internazionali del settore. «Oggi tutti parlano di “filiera corta” mentre la nostra filosofia — continua la signora Laura, ormai prossima alla pensione ma felice e serena di lasciare la gestione dei due esercizi nelle mani capaci di Cecilia e Matteo — è quella di una filiera “certa”, nel senso che per selezionare i prodotti migliori da proporre in negozio, dai salumi agli oli, alla pasta e ai formaggi, a volte occorre cercare lontano, spostarsi dal proprio territorio di origine. Nel caso del Salumificio Franceschini, invece, alla qualità di base che esigiamo da sempre dai nostri fornitori si aggiunge il cosiddetto chilometro zero, anche se in questo caso i chilometri che ci separano dallo stabilimento sono una quindicina» aggiunge sorridendo. «Sarebbe stata una vera follia mettersi alla ricerca di salumi migliori quando ce li avevamo a portata di mano!». «Pensando che esistono negozianti di questo tipo anche noi ci alziamo ogni giorno sereni e pieni di voglia di fare» continua Vincenzo Franceschini, che gestisce insieme al padre Gino e alla sorella Adele l’azienda. Fondato a Spilamberto, in provincia di Modena, nel 1963 proprio da Gino Franceschini, un vero e proprio artista della trasformazione del maiale nelle sue mille bontà, il Salumificio Franceschini è specializzato nella produzione di insaccati e salumi tipici modenesi, come i ciccioli, realizzati con le ricette della tradizione contadina. Dal salame montanaro alla salamella fino all’ultimo nato: il salame Modena & Modena, dal sapore intenso e delicato, studiato per soddisfare anche i palati più esigenti. E poi i classici cotechino e zampone, nella versione cruda («Giusti è uno degli ultimi baluardi del crudo») e precotta. «Ogni volta che abbiamo deciso di sperimentare un nuovo prodotto, come è avvenuto ad esempio con il Modena & Modena — continua Vincenzo — ci siamo avvalsi dell’esperienza di gustatori della famiglia Morandi e delle loro ricette storiche. D’altronde Giusti può vantare il titolo di “Salumeria più antica d’Europa”, con l’iscrizione alla Lista dei Lardaruoli e Salsicciari datata 1598!». Un’alleanza del gusto, insomma, quella tra la Premiata Salumeria Giusti e il Salumificio Franceschini, a tutto vantaggio del consumatore!
All’interno della Premiata Salumeria Giusti, Vincenzo Franceschini insieme a Laura, Cecilia e Matteo Morandi.
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Eventi
Metti una sera a cena con Berti nella ristobottega In occasione della presentazione ufficiale alla stampa di Langhiparma, il primo network multicanale di Ristobotteghe delle eccellenze emiliane, il tenore verdiano Marco Berti ha incantato gli ospiti con la sua voce
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a serata era una di quelle speciali. Lo scorso 27 marzo il tenore Marco Berti, in qualità di testimonial per l’anno in corso, ha partecipato alla presentazione alla stampa di Langhiparma, il primo network multicanale di ristobotteghe delle cose buone emiliane. Fondato nel 2010 da Alberto Isi, rinomato chef, e Sonia Verri, esperta di marketing e comunicazione, Langhiparma si sta affermando grazie ad una nuova formula di ristorazione ma soprattutto sapori legati ad una tradizione norcina e dell’accoglienza propria della nostra identità. Questi locali, all’interno dei quali si vende, si compra, si mangia e beve a tutte le ore e ogni giorno della settimana, sono appunto ribattezzati “ristobotteghe”. Il segreto del loro successo sta sicuramente nella selezione dei prodotti migliori da cui Isi e Verri hanno attinto nel quadrilatero tracciato tra Langhirano, Parma, Modena e Reggio Emilia, con un investimento di oltre 1 milione di euro e con l’apertura di tre locali in due anni e un quarto in arrivo a brevissimo. La formula adottata è quella del franchising o netchising, attraverso la quale i titolari del brand Langhiparma restano con quota minoritaria nel capitale del partner, assistendolo per le competenze finanziarie, amministrative e fiscali. Si tratta quindi di un modello di business efficiente che attraverso un software
Corso Matteotti, 68 20831 Seregno (MB) Tel.: 0362 230727
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Il tenore Marco Berti testimonial di Langhiparma.
di controllo taglia i costi e garantisce la tracciabilità delle operazioni. Con un’unica gestione di cassa sia per le vendite a banco in “bottega” che per gli incassi del “ristorante”. La formula è stata studiata per dare al partner un locale chiavi in mano, completo di tutto, per il quale viene richiesto un investimento di 250.000 euro. Langhiparma apre a Varese, le ristobotteghe arrivano a quattro Con la sua quarta ristobottega prevista per metà giugno a Varese, Langhiparma consolida un percorso di crescita in controtendenza con l’attuale crisi. Varese si aggiunge a Gargnano (BS), Lomazzo (CO) e Seregno (MB). La nuova superficie
Piazza Feltrinelli, 8 25084 Gargnano (BS) Tel.: 0365 790006
di circa 300 m2, nel cuore elegante della città, in via Vetera 5, rifletterà il format messo a punto da Isi e Verri. «Con l’avvio del negozio-ristorante di Varese — dichiara Alberto Isi — intendiamo rafforzare come da programma la nostra presenza in Lombardia, la regione italiana più ricca e una delle più floride in Europa. La scelta di Varese è stata supportata dal fatto che la città gode di una condizione socio-economica di elevato standard; è al nono posto nella classifica dei capoluoghi per imponibile ai fini dell’Iref. E, secondo le nostre analisi di mercato, si caratterizza per una domanda di superfici di vendita e ristorazione di prossimità, con prodotti alimentari di elevata qualità».
Via Monte Bianco, 14 22074 Lomazzo (CO) Tel.: 0296 779192
Via Vetera, 2 21100 Varese Tel.: 0331 823347
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Cento mani di questa terra Confrontare, approfondire, raccontare e ospitare il cibo che diventa cultura. Grande successo per la seconda edizione del convegno, organizzato dall’Associazione Chef To Chef sull’arte culinaria e la ristorazione di lunedì 15 aprile all’Antica Corte Pallavicina dei Fratelli Spigaroli, a Polesine Parmense (PR). Main sponsor d’eccezione il Consorzio Parmigiano Reggiano
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l convegno “Le 100 mani di questa terra” di lunedì 15 aprile 2013, organizzato dall’associazione emiliano-romagnola Chef To Chef all’Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense (PR), ha registrato un grande successo. Centinaia di persone sono intervenute, partecipando ai nove incontri della giornata, alle degustazioni dei 25 produttori aderenti e dei 36 chef, dei loro collaboratori e dei sommelier. Le conversazioni si sono raccolte attorno ai temi più attuali della gastronomia italiana. Il primo dei nove argomenti affrontati
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è stato Confrontare: paladini della difesa del territorio e della tradizione, i relatori hanno accostato l’arte visiva alla cucina, una cucina scevra dai prodotti precotti e più improntata sull’innovazione e sulla materia prima. Se le ultime generazioni hanno dimenticato l’importanza dell’agricoltura, GUGLIELMO GARAGNANI, presidente di Confagricoltura Emilia-Romagna, ha ricordato il ruolo dei cuochi nel reindirizzarla e rilanciarla: «I grandi cuochi traducono ogni giorno in emozioni il lavoro di 50.000 agricoltori emiliano-romagnoli. L’obiettivo
è rendere più sinergico il legame tra fornitori e ristoratori». Il talk show è proseguito sul tema Approfondire: i direttori dei centri di gastronomia italiani e degli istituti scolastici alberghieri dell’EmiliaRomagna hanno parlato soprattutto di formazione, volta a creare i professionisti enogastronomici del futuro. Scoprire è stato poi il terzo focus che ha visto l’opinione unanime dei giornalisti sulla soggettività del gusto e sull’importanza delle materie prime. «Il mangiare è un piacere, non un lavoro» ha ricordato DAVIDE PAOLINi.
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1) I ragazzi dell’Antica Corte Pallavicina. 2) Gabriele Stabile e Chris Ying, rispettivamente fotografo e caporedattore di Lucky Peach, la rivista che racconta il food in modo creativo e controcorrente! Creata da Dave Chang, lo chef di Momofuku, Lucky Peach è prodotta a San Francisco ed è stata premiata dagli chef dell’Emilia-Romagna per aver dimostrato che si può raccontare il cibo in modo nuovo. 3) Graziano e Aldo Zivieri, due generazione per una macelleria, quella di Monzuno, sull’Appennino Bolognese. Presso la loro bottega non c’è solo carne, ma anche salumi, preparati, aceto, conserve, pasta, tanta selvaggina. 4) Il benvenuto al convegno con invito a visitare la strabiliante cantina dove stagionano i culatelli.
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1) Tanti i momenti di confronto. Questo, moderato da Davide Paolini, verteva sulla scoperta dei prodotti attraverso l’eventuale approccio dell’analisi sensoriale. A questa sessione hanno partecipato Claudio Leporati (direttore marketing Italia del Consorzio del Prosciutto di Parma), Andrea Grignaffini (direttore Spirito di Vino), Enrico Chierici (giornalista), Aldo Zivieri (Macelleria Zivieri di Monzuno, BO), Luciano Tona (direttore didattico di ALMA) e Davide Cassi (docente di Fisica della Materia a Parma). 2) Un’offerta di salumi della Macelleria Zivieri di Monzuno (BO). 3) Le verdure di Spirito Contadino. 4) L’evento è stato organizzato all’interno della splendida Antica Corte Pallavicina a Polesine Parmense (PR). «E proprio per la sua piacevolezza — ha proseguito — necessita di libertà. Diversa dalla degustazione è l’analisi sensoriale scientifica, che rimane puramente tecnica e che non riguarda il consumatore finale del prodotto». Direttamente da Oltreoceano sono arrivati per Raccontare, CHRIS YING e GABRIELE STABILE della rivista americana LUCKY PEACH: l’uno cinoamericano e l’altro italiano espatriato, i due reporter hanno offerto l’occasione per conoscere lo sguardo di chi vede (e assaggia) l’Italia dall’estero. Se ai fornelli sono invece Solo donne, ecco il punto di vista delle ristoratrici, che hanno portato le loro più intime e personali esperienze culinarie. Esperienze non solo di cucina, ma anche di vino. I sommelier hanno sottolineato a “Cento mani” il ruolo
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dei ristoranti e dei bar nell’avvicinare soprattutto i più giovani alla degustazione di nuove etichette vinicole. Ospitare rimane la parola d’ordine in qualsiasi ristorante. Sul tema si sono alternate voci di chi si occupa di formazione, come EMANUELE GNEMMI di ALMA, ma anche di chi come il maître écailler GIORGIO BODINI ha fatto del servizio di sala una professione per mezzo secolo. Con elegante portamento, il maestro ha ricordato come, talvolta, «un piatto servito con eleganza possa diventare più buono». Oggi Comunicare attraverso il cibo significa anche condividere in rete: in una società totalmente interconnessa «la fotografia — testimonia CLAUDIO SACCO di Altissimoceto — parla tutte le lingue del mondo». Lo sa bene RICCARDO DESERTI, direttore
del Consorzio Parmigiano Reggiano che punta a trasmettere i tre valori della conoscenza sensoriale, della creazione in cucina e della convivialità a tutti coloro che apprezzano il prodotto emiliano nel mondo. Condividere, dunque, ma anche Collaborare, ultimo tema della giornata. In un territorio così prolifico di chef ed eccellenze gastronomiche occorre creare reti con i territori. «Per il Parmigiano Reggiano stiamo studiando come richiedere all’Unesco di riconoscere il nostro prodotto patrimonio internazionale dell’umanità», ha annunciato GIUSEPPE ALAI, presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano, mentre TIBERIO RABBONI, assessore all’Agricoltura Regione Emilia-Romagna ha proposto iniziative che hanno come tema dominante
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Il gruppo degli chef (foto: Ivano Zinelli). la connessione tra chef e ambienti, dal momento che sono proprio «i cuochi e i ristoranti dell’Emilia-Romagna i narratori del loro territorio». Guardare al domani senza però prescindere dalla tradizione, come ha osservato M ASSIMO B OTTURA dell’Osteria Francescana: «La cucina è arte che si esprime al presente ma guarda al passato ed il piatto diventa un elemento sociale in ogni epoca». «Cerco da sempre di incrociare i territori. Il volano più importante è
lavorare attorno ad un grande prodotto: il culatello»: con queste parole MASSIMO SPIGAROLI, patron insieme al fratello Luciano dell’Antica Corte Pallavicina, ha chiuso all’ora del tramonto la all star gastronomica. Giornata che poi si è conclusa con una cena sublime servita nelle cantine dell’Antica Corte e illustrata dal grande IGLES CORELLI, presidente dell’associazione Chef to Chef. Per tutto il giorno gli chef dell’associazione — una vera e propria squa-
dra di stelle dell’arte culinaria italiana — si sono alternati per presentare la “collezione” primavera-estate. Alle centinaia di persone intervenute ai convegni sono state servite 2.100 portate di alta cucina. Un evento di eccezione con un main sponsor di alto livello: il Consorzio Parmigiano Reggiano, tra i simboli più conosciuti e apprezzati della cultura italiana del cibo nel mondo. >> Link: www.centomani.eu
Chef To Chef Emiliaromagnacuochi è un’associazione costituita per favorire l’evoluzione della gastronomia regionale e la sua affermazione a livello nazionale ed internazionale: così scrivono nelle pagine di presentazione del loro sito, www.cheftochef.eu, i cuochi e i ristoratori emilianoromagnoli aderenti. «Vogliamo in primo luogo valorizzare i grandi prodotti di una regione ricca di tradizione e di credibilità nel mondo con un’offerta gastronomica che tenga conto del progresso delle tecniche di elaborazione e di analisi sensoriale in cucina. Questa forte affermazione della nostra professionalità va costantemente verificata nel confronto e nella formazione, per continuare ad essere protagonisti del progresso culturale e tecnologico e lavoreremo quindi con tutte le realtà interessate ad affrontare in modo sistematico il tema di un’alimentazione moderna, sostenibile e sana: il primo difensore dell’ambiente è chi utilizza buoni prodotti… Oggi è possibile, forse per la prima volta nella storia, avviare strade innovative dove l’affermazione della qualità e del gusto è alla portata di tutti e può contribuire ad un tempo alla difesa della salute.
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Locali di gusto
I Percorsi di gusto di Marzia, più forti del terremoto di Stefania Monaco
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uando si dice “un peperino” si può tranquillamente pensare a MARZIA B UZZANCA . Una donna con un fisico esile ed un carattere di ferro, una guerriera. Ha combattuto prima abbandonando Tripoli, poi con il terremoto dell’Aquila, che dopo un solo anno e mezzo di vita le ha portato via Vinalia, il ristorante da cui ci si aspettava già una stella Michelin e 400 preziose bottiglie. Le rimanenti 1.200 se l’è riprese da sola sotto le macerie una ad una. E una ad una le ha rivendute ai ristoranti di tutta Italia.
Ma la guerriera non ha ancora finito: a Percorsi di gusto, ristorantino avviato nel 2008 e fortunatamente risparmiato dal terremoto, organizza corsi di sopravvivenza gourmet, nel senso che riesce a far da mangiare, e molto bene per giunta, per circa 28 persone utilizzando le bombole del gas. «Sono passati quattro anni e non ci è ancora stato attaccato il gas — implora Marzia — il sindaco me lo promette ma non accende». Le bombole servono per cucinare e riscaldare l’ambiente, il che significa che se ne consumano tra le 3 e le 5 al giorno. Sostituirle non è il massimo
della vita, bisogna andar fuori, bagnarsi, raffreddarsi (L’Aquila è pur sempre la fredda L’Aquila), spesso le bombole si gelano, ci si sporca, ci si pulisce per poi ricominciare a cuocere, e se sui fornelli c’è della pasta Marzia butta via tutto e ricomincia daccapo. Inoltre, è praticamente impossibile pensare a cotture tipo tempura. Dopo il terremoto anche i nipoti che si occupavano della pizza vanno via da Percorsi di Gusto, non ce la fanno a sostenere quel paesaggio tutti i giorni; Marzia in quattro e quattr’otto impara da Simone Padoan il metodo di fare la pizza nel forno elettrico.
Marzia Buzzanca, titolare del ristorante aquilano Percorsi di Gusto.
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La sua vita oggi è scandita dalle fasi della pizza: ore 24.00, 20 minuti a braccio; ore 10.00 lavorazione del lievito; ore 13.00 preparazione delle palline per la sera; ore 17.00 disposizione dell’impasto in teglia; ore 20.00 in servizio. La pizza è un piatto vivo nella cucina di Marzia. «Vengono da tutto l’Abruzzo per mangiare la mia pizza e anche da fuori regione». È la verità, la pizza di Marzia è straordinaria e poi è… femminile!! Basta dare un’occhiata al menu: pizza con sale affumicato e timo; pizza con mozzarella, tartare di agnello, quenelles di caprino, timo; pizza con filetto di baccalà, zafferano e mozzarella; pizza con il vitel tonnè. I prezzi variano dai 6 ai 18 euro. «Un ingrediente che amo moltissimo è il caprino di Anversa di Nunzio Marcelli (www.marcelliformaggi.com). Nunzio è fantastico, promuove la campagna “adotta una pecora”: tu la adotti e poi lui ti manda personalmente i prodotti e la lana della pecora».
Formaggi caprini (foto: Andrea Pellati). Il caprino è protagonista sulla pizza oppure lo si utilizza nel gelato. Nella versione stagionata va sulla tagliatella con lardo di Colonnata, porro e uva nera denocciolata e leg-
Crespelle pere e caprino Ingredienti per 4 persone 4 uova • 4 cucchiai di farina • poco latte • acqua q.b. • 3 pere Williams • 800 g circa di caprino • sale • pepe • cannella • erba cipollina in fili • fiori di borragine Preparazione Rompere le uova e sbatterle a zabaione. Aggiungere pian piano la farina girando sempre; a filo inserire l’acqua senza far grumi, un pizzico di sale, tritare un po’ di pepe e aggiungere un pizzico, davvero impercettibile, di cannella. Scaldare il padellino ed ungerlo appena sul fondo con olio, versare con il mestolo il preparato in modo da formare la crespella che andrà girata 2 volte durante la cottura. Tagliare le pere a quadretti, cuocerle per pochissimi minuti in un tegamino con acqua lasciandole croccanti e riporle in un piatto. Mettere il caprino a bagnomaria aggiungendo un po’ di latte per facilitarne lo scioglimento. Lasciarne da parte un pezzettino e farlo a quadretti piccoli. Riempire le crespelle di pere e caprino e chiudere con l’erba cipollina a mo’ di sacchetto. In un piatto fondo mettere un mestolo di crema di caprino, adagiare le 2 crespelle ripiene aggiungendo un po’ di olio a filo e del pepe. Disporre 4 fiorellini di borragine sulla crema in decorazione e servire. Vino consigliato: Moscato d’Asti.
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germente scottata. E ancora, nelle crêpes ripiene di pere e caprino legate con erba cipollina con una base di crema di formaggio e pepe aromatico o nel risotto con caprino e pere in abbinamento con il Moscato d’Asti. Tra i secondi piatti del menu troviamo spaghetti con ragù bianco di agnello, bacche di ginepro, timo, limone grattugiato e pecorino; filetto di vitello con purea di fave e scaglie di pecorino; baccalà con cipollotto, Trebbiano e olive nere. «La mia cucina è abruzzese. L’Aquila è ricca di prodotti, Teramo ha più tradizione di piatti. Tuttavia, inserisco qualche ingrediente che ricorda Tripoli, le spezie ed un po’ di note sicule. Oltre all’olio di Pianella uso quello dei monti Iblei». Da Marzia vanno in scena anche cene a quattro mani: sono passati di qui dallo chef Don Alfonso Iaccarino a Mauro Uliassi e Niko Romito. «Niko è il mio amico — ci confida — ispiratore e consigliere. Quando sono un po’ giù, prendo la macchina e mi rifugio a Casadonna. Il problema è che poi non vorrei più tornare indietro, da lui si sta benissimo». Stefania Monaco Percorsi di gusto Via Leosini 7, 67100 L’Aquila Tel 0862 411429 – 3475010544 E-mail: info@percorsidigusto.com Web: www.percorsidigusto.com
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In Abruzzo si producono due tipi di formaggio caprino, che differiscono tra di loro per la diversa tecnica di caseificazione utilizzata, per aspetto e per consistenza: c’è il formaggio caprino a coagulazione lattica che è a pasta cremosa e morbida, facilmente spalmabile e va consumato fresco. Il formaggio caprino a coagulazione presamica è invece stagionato, a pasta dura, con occhiature tonde medie e, a differenza del prodotto fresco, presenta la crosta sulla superficie esterna. Gli ingredienti sono comuni a entrambe le lavorazioni: latte intero crudo di capra (eventualmente per renderlo più consistente si aggiunge una minima percentuale di latte ovino), caglio (solo per il formaggio a coagulazione presamica), sale. Il caprino a coagulazione lattica è tipico delle zone intorno a Farindola, in provincia di Pescara, anche se non è documentata una particolare tradizione per quanto concerne la produzione di formaggio caprino in passato. Risulta invece tipico di queste zone l’uso di mescolare il latte caprino a quello ovino per la produzione di formaggio. Secondo fonti storiche, invece, nella Valle del Sagittario, in modo particolare nella zona di Villalago, in provincia de L’Aquila, dalla quale proviene il caprino a coagulazione presamica, l’allevamento delle capre è frutto di un’antica tradizione qui consolidata, come attesta il De Nino in una pubblicazione del 1864. La produzione di caprini è comunque molto diffusa su tutto il territorio regionale, in particolare nelle aree interne. Un’altra tipicità della tradizione abruzzese, in particolare della provincia de L’Aquila, è la pampanella, un formaggio da consumare fresco, privo di sale e molto digeribile. Ha pasta bianca ed un inconfondibile sapore delicato. La pampanella viene esposta al pubblico avvolta nei pampini della vite, da qui il suo nome. (www.okabruzzo.it)
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Turismo enogastronomico
A Ferrara in mostra la terza via della gastronomia Nella città degli Este si è svolto recentemente il Salone nazionale delle sagre enogastronomiche e Misen. Di stand in stand un viaggio nella cultura e nell’identità del Belpaese di Gian Omar Bison
F
orse la rappresentazione più stuzzicante e gioviale del Belpaese. Il Salone nazionale delle sagre enogastronomiche e Misen (Mostrassaggi Interprovinciale Sagre Enogastronomiche), organizzato nel secondo week end di aprile da Ferrara Fiere Congressi e dall’Associazione Turistica Sagre e Dintorni, con il patrocinio di Provin-
cia, Comune e Camera di Commercio di Ferrara, è apparso così! Una vera e propria sfilata del gusto dedicata alle tante fiere programmate annualmente sul territorio nazionale. Uno spaccato genuino, pittoresco, della convivialità che si respira nelle tante sagre disseminate sulla Penisola, ma anche della prelibatezza dei piatti tradizionali distribuiti ai presenti.
Talmente tipici, talmente popolari, da poter dire che rappresentano appieno la terza via della gastronomia, sospesa tra la ristorazione e la cucina casalinga. Un percorso esclusivo, sommatoria di eventi talvolta unici ed irreplicabili (dove altro li trovi i tortellini ripieni di polpa di rana se non in quella determinata sagra?) e che meglio dei tanti e coloriti idio-
Tortellini di Valeggio fatti a mano (foto: www.ristorantelagrotta.it).
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mi e vernacoli d’Italia è in grado di descrivere il folclore e il calore della nostra gente, l’orgoglio delle nostre province. Questa terza edizione del Misen è stata un successo con più di cento sagre, oltre 20.000 visitatori, (5.000 in più del 2012), e la novità del progetto “Lungo il Po” nato con l’obiettivo di unire i programmi di valorizzazione delle province bagnate dal grande fiume e di esaltarne le vocazioni e le peculiarità. Di stand in stand un viaggio nella cultura e nell’identità. Nei luoghi tipici del volontariato, nelle sagre paesane dove i nipoti seguono le nonne che ancora impastano garganelli e cappelletti uno ad uno. Non ha nascosto la sua soddisfazione LORIS CATTABRIGA, promotore dell’evento sin dalla sua nascita in quel di Bondeno (FE), rilevando quanto stia crescendo il numero dei partecipanti e degli espositori: «c’è molta attenzione per la qualità e credo che nel tempo la rete delle sagre saprà integrarsi con le offerte turistiche che vendono le eccellenze d’Italia». Tagliatelle, tortellini, risotti, cappelletti, gnocchi e bigoli uniti alle più belle e profumate opere di norcineria. E poi sfogline, dolci tipici, caffè aromatici di qualità, vini, grappe e liquori con un contorno di esposizioni di hobbystica e collezionismo come le sculture di legno (bellissime le motociclette e i bastoni da passeggio), auto e biciclette d’epoca, tornei di freccette e calcio balilla. Preponderanza, e non poteva essere altrimenti, delle sagre dell’Emilia-Romagna, ma interessante, e in aumento, la presenza delle altre regioni, in particolare Lombardia (Mantova) e Veneto (Rovigo). Tra i convegni un focus con gli studenti dell’Istituto Agrario Stata-
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Foto di gruppo per i rappresentanti della Sagra del frico di Carpacco (UD). La festa si svolge ogni anno nel mese di agosto. le “F.lli Navarra” di Malborghetto di Boara (FE), durante il quale Andrea Guolo, segretario dell’ARGA (Associazione regionale giornalisti agricoltura, ambiente, alimentare) Interregionale, che rappresenta anche l’Emilia-Romagna, ha ricordato i diritti dell’informazione alla divulgazione della notizia, ma anche i doveri alla continenza, «soprattutto quando si parla di agroalimentare dove talvolta, come abbiamo visto in questi anni, gli scandali che più di altri hanno spaventato i consumatori sono stati spesso trattati in maniera semplicistica o troppo urlata dalla stampa, salvo poi dissolversi come bolle di sapone. Dobbiamo avere sempre attenzione e consapevolezza dell’alta qualità che il comparto agroalimentare italiano è in grado di esprimere nel contesto internazionale e della responsabilità dei media. Si scrive di cibo sempre di più e si raccontano tipicità e territori e per questo dobbiamo studiare, approfondire, imparare». Tra gli appuntamenti più succulenti della kermesse il primo Gran Galà della Salama, promosso in collaborazione con l’Associazione Professionale Cuochi Italiani (APCI). La salamina da sugo — da oltre cinque secoli regina incontrastata della ga-
stronomia ferrarese — è stata protagonista di un’avvincente sfida, aperta a chiunque intendesse cimentarsi nella preparazione dello squisito insaccato. Particolari tra le sagre ospiti, non ancora aderenti al circuito Misen, quella de Sos Pipiriolos di Montresta (OR), del Riso con le noci di Nogara (VR), della Volia cazzata, l’oliva schiacciata, di Martano (LE) e delle Crisciolette di Cascio di Molazzana (LU), solo per citarne alcune. Aim Network ha poi presentato la “Grecia in tavola: i dolci di mani” per promuovere il turismo nel paese. Curiosi gli stand della Sagra della Miseria di Ro (FE), nata per riscoprire i piatti gustosi ma poveri del passato come l’aringa con polenta abbrustolita, pinzini e salumi vari, in programma dal prossimo 18 agosto al 4 settembre, e la Sagra di Re Bertoldo, in calendario dal 7 al 9 giugno a San Giovanni in Persiceto (BO), con un menu in chiave satirica che vedrà, tra i primi piatti, i tortelloni di Bertoldo, la zuppa della Marcolfa (minestra di fagioli), mentre tra i secondi lo scettro di Re Bertoldo, gustosissimo stinco di maiale con purè rosso. Gian Omar Bison >> Link: www.salonedellesagre.it
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Perdersi nella natura e nella storia gustando le specialità camune
Valcamonica, paesaggi affascinanti e una gastronomia dal sapore antico di Josette Baverez Blanco
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ncuneata tra il Trentino e la Valtellina, la Valcamonica, patria degli antichi Camuni, come testimoniano numerose pitture rupestri a Capo di Ponte, è stata scavata dal fiume Oglio. Testarda come i montanari, riservata come i contadini, forte come le guide alpine, basta trovare l’aggancio giusto per scoprirne tutta la delicatezza, l’incantesimo e persino la fragilità. Chi ben la conosce rimane legato a questa valle fuori dai grandi circuiti, ancora autentica nei suoi costumi e ricca di tradizioni. L’alta valle, in pieno sviluppo, è un vero paradiso per sciatori ed escursionisti, con la presenza del parco dello Stelvio, di quello dell’Adamello Brenta, con il ghiacciaio Presena e il passo Tonale. In provincia di Brescia, dove il territorio è molto fertile e ben coltivato sia in pianura che nelle valli, la Valcamonica sale con tre “gradini” verso le zone più rudi delle pendici dei monti ricche di boschi e pascoli. Sono decine e decine d’anni che apprezzo la gastronomia della Valcamonica, apparentemente elementare ma variegata, semplice ma ricca, robusta ma anche delicata. Come in tutte le alte valli di montagna, troviamo prodotti del territorio dal sapore antico e metodi tradizionali di conservazione o di cottura. Allevamento e pastorizia garantiscono la produzione di ottimi formaggi che profumano d’alpeggio, i salumi sono sempre appetitosi, mentre la polenta troneggia, testimone della cucina povera di questa terra. Particolarmente
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saporita per l’eccellente qualità del mais coltivato in loco, sostituisce spesso il pane o diventa la base di piatti fantasiosi o semplicemente contorno di ricchi secondi con il sugo, soprattutto con la cacciagione, capriolo o cinghiale in particolare. Possiamo elencare un certo numero di specialità gastronomiche camune dall’antipasto al dessert, sapendo che ogni frazione e ogni famiglia ha la sua ricetta e il suo segreto.
Dopo gli affettati locali, carne salada di cavallo o di manzo, salami di cinghiale, capriolo o camoscio, lardo e pancetta profumati, bresaola di selvaggina affumicata, violino della Valcamonica (prosciutto ottenuto dalla coscia di pecora, capretto, agnello, camoscio o capriolo), berna (strisce di carne ovina aromatizzata ed essiccata, la cui origine risale alla preistoria), manzo affumicato, si passa ai primi con i famosi casonsei. La
La berna (o sberna o bergna) dell’azienda agricola Fless di Berzo Demo, Brescia. Si tratta di carne essiccata di ovino (agnellone o pecora). Nell’Alta Valcamonica in passato ha avuto larghissima diffusione perché la pastorizia giocava un ruolo economico rilevante (foto: http://madeinbrescia.org)
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Il Casolet dell’Adamello. parola deriva da “cassoncelle”, piccoli scrigni. Questi grossi ravioli sono riempiti di carne, salami, spinaci, uva sultanina, amaretti, formaggio grana, pane grattugiato e vengono conditi con burro e salvia. Molto nutrienti, sono affini agli “strangolapreti”. La ricetta originale voleva la pera di tipo spadone al posto del salame. Si trova traccia dei casonsei sin dal XIV secolo e sono stati tramandati da generazione a generazione. Sono citati nella Cronaca scritta da CASTELLO CASTELLI intorno al 1390. A Breno, nella media valle, si possono mangiare i caicc, ravioli giganti ripieni di carne stufata e formaggio grana, mentre a Monno i calsuncei hanno un’insolita forma a barchetta. I calzù, invece, sono ravioloni ripieni di patate, cotechino e formaggio. È interessante la cosiddetta minestra sporca, fatta con brodo di carne, pollo a pezzettini e rigaglie di gallina, verdure tagliate rosolate nel burro e vino bianco, dove viene cotto anche il riso. Sempre tra i primi, dobbiamo menzionare le tagliatelle di farina di castagne, servite con fonduta di formaggio o ragù di selvaggina, e i maltagliati di castagne mantecati al formaggio d’Alpe. I secondi sono spesso rappresentati da salsicce facili alla conservazione. In una zona dove la carne ovina è corrente, è tipica la salsiccia di castrato, grossa, di carne magra delle pecore allevate in valle. La sua lavorazione è abbastanza complessa. La carne, tritata, è mescolata al brodo
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sgrassato di ossa di ovino, aglio e spezie, e bollita a lungo. Insaccata in budelli di manzo lunghi mezzo metro, venduti piegati a metà, il suo peso è di circa 700 grammi. Viene prodotta di solito da giugno a settembre, quando la carne dei castrati, nutriti ai pascoli estivi, è più ricca e saporita. Va servita calda, solo bollita o rosolata nel burro, accompagnata da patate o polenta, oppure fredda con verdure in insalata. Un altro prodotto tipico è la profumata salamella di suino chiamata strinù (significa “bruciato” in dialetto) dal modo di cucinare questo insaccato, tagliato a metà e messo sulla griglia, appunto, a strinare, oppure su pietra ollare, o su piastra di metallo riscaldato a fuoco vivace. La si trova anche cotta in umido o bollita, accompagnata da patate o verdure cotte. Prodotta a Breno, viene fatta con carne suina, a volte con aggiunta di carne bovina, pancetta, sale, diversi aromi tra i quali il vino, l’aglio, la noce moscata, i chiodi di garofano e la cannella. Una salsiccia misura circa 15-20 cm e pesa 250 grammi. Si trova facilmente tutta la cacciagione servita in vari modi, dalle costolette agli stufati; la selvaggina in salmì e la polenta e osei sono di
tradizione, mentre non manca mai la trippa in brodo o la saporita turta de porsel preparata col sangue del maiale bollito, assieme a pane, formaggio, latte, e cotta al forno. Piatto tipico della Val di Corteno è il cuz, stracotto di pecora da mangiare subito o da conservare per l’inverno sotto sale, in recipiente di terracotta. Approfittando della limpidezza delle acque di montagna, si allevano anche pregiate specie ittiche. I formaggi sono ottimi e caratteristici. Ad esempio, dal latte delle capre della razza autoctona Bionda dell’Adamello si ottiene il Fatulì, formaggio particolare e raro. Sotto una crosta che porta il segno della grata sulla quale è stato affumicato, troviamo una pasta dura di colore giallo paglierino che si può mangiare o grattare a seconda della stagionatura (dai 30 ai 180 giorni). Lo Stael de Cavra è una formaggella con crosta sottile e pasta bianca, morbida o semidura; è dolce e piacevolmente aromatico da giovane, a 30 giorni, più piccante e deciso a 60 giorni. Il Cadolet di capra ha un sapore delicato e matura velocemente (15 giorni) diventando un po’ come la robiola.
Il formaggio Silter è prodotto durante tutto l’arco dell’anno con latte crudo di vacche di razza Bruna, allevate nei territori della Valcamonica e del Sebino.
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La Bruna alpina dà un latte eccellente dal quale si ottiene il Silter, tipico formaggio della Bassa Valcamonica. I silter sono, nella valle attorno al Lago d’Iseo, le costruzioni in pietra che riparano animali e mandriani durante i pascoli estivi nelle malghe montane. La sua lavorazione ricorda quella del Montasio veneto. La pasta semicotta deve stagionare almeno sei mesi per un formaggio da pasto, almeno un anno per essere da grattugia. Ha anch’esso una pasta giallo paglierino dal sapore dolce sotto la crosta dura e gialla. Possiamo nominare ancora, come formaggio speciale, lo Strachet fatto con latte scremato con siero di fine lavorazione, le formaggelle e il Mascarpì, che non è altro che una ricotta fatta con il siero ottenuto dalla lavorazione del latte di capra per fare il Fatulì. Quasi sempre prodotto con latte vaccino scremato, ma talvolta gli si aggiunge anche latte di capra, è il Casolet di capra. La Rosa Camuna è una formaggella semigrassa, dolce, la cui forma riprende una famosa incisione rupestre, mentre la Casatta di Corteno Golgi è anch’essa ottenuta con latte crudo di mucca. La produzione del Bagoss originaria di Bagolino, nella Valle del Caffaro, si è estesa anche in Valcamonica. Fatto esclusivamente con latte delle
mandrie al pascolo estivo, ha un profumo unico di fiori ed erbe aromatiche. La pasta, compatta, è inizialmente giallo paglierino e diventa ambrata con venature verdi invecchiando. La stagionatura va, in effetti, da tre mesi a due anni. La produzione è limitata a 10.000 forme l’anno di 12-15 kg, da una popolazione di circa 650 mucche di razza Bruna alpina, chiamate in loco vacche bagosse. Il dessert contempla spesso la fragrante spongada, tradizionale pandolce a forma di pagnottella servita a tavola anche come pane. Questa focaccia, originaria di Breno, all’origine chiudeva il pranzo pasquale. La sua pasta è lievitata in due tempi e lavorata dopo con uova, latte, burro, zucchero e vaniglia. Dopo la sua cottura in forno, viene ricoperta di granelli di zucchero. Da sempre risorsa essenziale di tutta la valle, la castagna conosce di nuovo uno slancio e un interesse particolare. Si ricavano farina, grissini, biscotti, pasta, biline (castagne secche) e pane di Schelt, a lievitazione naturale. Il pane di segale e frumento (coltura millenaria nella valle) accompagna i taglieri di affettati ed era apprezzato nella famosa panada, zuppa quotidiana dei montanari che ci trovavano tutte le risorse per carburare: lardo, burro e crosta di formaggio, oltre al pane raffermo.
Casoncelli con ripieno di ragù bianco di castrato, topinambur e germogli di piselli preparati dallo chef Michele Valotti (foto: http://madeinbrescia.org).
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Erbanno, vitigno tradizionale della Valcamonica (foto: www.fernandowine.com). Non si può chiudere questa carrellata gastronomica senza citare il famoso Genepì, comune a tutte le Alpi, infuso di Artemisia glacialis, pianticella aromatica che cresce in mezzo alle rocce delle morene dei ghiacciai, ad oltre 2000 metri. Il castagnolo è un prodotto unico in Italia. Questa profumata acquavite di castagne è ottenuta con uno speciale processo di fermentazione dei frutti. Fino a 50 anni fa, la viticoltura in Valcamonica era di tutto rispetto, in particolare con buoni Merlot e Marzemino. Come in tante zone di montagna, fu abbandonata a favore di uno sfruttamento diverso del territorio, in particolare per sviluppare il turismo, ma negli ultimi anni si tenta di rilanciare una produzione locale data l’eccellenza del terreno accarezzato spesso dal sole caldo e innaffiato dalle giuste piogge. Ecco allora un piacevole Baldamì, rosso Igt a tutto pasto, e un corposo Camunnorum, il vino dei Camuni (Merlot 70%, Marzemino 20%, Cabernet 10%). Con questa ampia panoramica, non possiamo che consigliare ai lettori di organizzare una gita enogastronomica ambientale-culturalenaturalistica in Valcamonica, suddivisa, lo ripetiamo, in tre valli, Bassa, Media e Alta, numero dell’equilibrio e della perfezione. Josette Baverez Blanco
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Formaggio
Gorgonzola Dop, un formaggio di famiglia Nel 2012 crescono i consumi del pregiato erborinato sul territorio nazionale, Sud compreso, unitamente alle esportazioni nel mondo
L
o scorso 19 aprile, presso il Cosmo Hotel di Milano, si è svolta la conferenza annuale dei soci del Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola. Il presidente del Consorzio, RENATO INVERNIZZI, insieme ai produttori di Gorgonzola DOP e coadiuvato da alcuni interventi esterni, ha fatto il punto sugli scenari di mercato del Gorgonzola, sul consumo e l’export di questo formaggio nel mondo e sulla fondamentale attività di vigilanza e tutela portata avanti dal Consorzio nel 2012 in Italia e all’estero. In questa giornata dedicata al Gorgonzola DOP non potevano mancare momenti riservati all’assaggio: gli ospiti sono stati infatti guidati dal celeberrimo chef pasticcere ERNST KNAM in una degustazione a base di Gorgonzola e cioccolato di diversi tipi. La produzione Nel 2012, dopo anni di continua crescita, la produzione di Gorgonzola DOP ha subito un lieve rallentamento chiudendo l’anno con 4.156.966 forme prodotte (–0,89% rispetto al 2011). Tuttavia, tale diminuzione è fortemente correlata alla sospensione dell’attività, negli ultimi due mesi dell’anno, di un caseificio di medie dimensioni. Ad ottobre 2012, infatti, la produzione faceva registrare ancora +0,33% (circa 11.000 forme in più rispetto all’anno precedente). Scorporando il dato tra le uniche due regioni italiane in cui viene prodotto il Gorgonzola che può fregiarsi della prestigiosa DOP, il Piemonte copre il 66,8% della produzione totale, mentre la Lombardia si è attestata al 33,2%, un punto percentuale in meno rispetto al 2011. La tipologia
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dolce rappresenta sempre il 91,5% della produzione e quella piccante il restante 8,5%. Il Gorgonzola prodotto con latte proveniente da agricoltura biologica rimane ancora una realtà “marginale”, passando da circa 36.000 forme a circa 27.000, poco più dello 0,67% della produzione totale. I consumi Pur rimanendo invariato il prezzo del prodotto sugli scaffali dei supermercati, crescono del 2,3% le famiglie con consumano Gorgonzola DOP sul
territorio nazionale, con conseguente aumento dei volumi (+3,6% rispetto al 2011) e un inaspettato incremento degli acquisti al Sud. I maggiori canali d’acquisto restano supermercati e ipermercati, ma crescono i discount (+2,6% sul volume 2011) dove il prezzo medio di vendita è inferiore di quasi 2 €/kg rispetto ai supermercati e di oltre 3 euro rispetto ai negozi tradizionali. All’interno dei punti vendita il prodotto al banco taglio è il più venduto, ma cresce l’importanza del take away (+21,3%).
Renato Invernizzi, presidente del Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola, insieme a Ernst Knam, chef pasticcere, in una degustazione a base di Gorgonzola e cioccolato di diversi tipi.
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L’estero Nel 2012 le esportazioni nel mondo di Gorgonzola DOP crescono del 4% (15.200 t esportate). All’Europa è destinato l’80% del totale, per la maggior parte diretto in Francia e Germania, con buone performance anche del Regno Unito (+1,7%) e dei paesi dell’Est. Per quanto riguarda il resto del mondo, più che positive le esportazioni verso gli Stati Uniti (+15,6%), dove nel 2012 si sono consumate 462 tonnellate di Gorgonzola, e verso l’Asia in generale (+29%). Vigilanza e tutela Nel 2012 il Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola ha effettuato, con casualità e imparzialità, ben 424 campionature di Gorgonzola DOP, che quest’anno hanno coperto il 100% della distribuzione nelle regioni Lazio, Umbria e Abruzzo. Gli agenti vigilatori del Consorzio hanno fornito, inoltre, il loro supporto tecnico a seguito di numerosi interventi svolti sul territorio nazionale dal Corpo Forestale, dal Nucleo Antifrodi Carabinieri (NAC), dalla Guardia di Finanza e dal Comando Carabinieri per la tutela della Salute (NAS), tesi al contrasto delle violazioni sulla denominazione di origine protetta Gorgonzola. L’attività di difesa legale e tutela della DOP vede ogni anno il Consorzio impegnato in questo delicatissimo campo. Il susseguirsi di casi d’usurpazione, a livello nazionale e internazionale, ben dimostra il valore intrinseco di questa DOP e proprio per questo è necessaria una costante e attenta attività di monitoraggio degli illeciti. Nel 2012 sono state più di 50 le segnalazioni di similusurpazioni del marchio “Cg” (Consorzio Gorgonzola) o della denominazione “Gorgonzola”. Anche all’estero aumentano i casi di prodotti commercializzati come provenienti dall’Italia e contrassegnati dal marchio DOP che in realtà d’italiano non hanno proprio nulla. Tali prodotti sono il frutto di attività che mirano a sfruttare il pregio che il formaggio Gorgonzola DOP offre. Affinché l’azione legale vada a buon fine è necessario però che il marchio consortile “Cg” e l’indicazione geografica “Gorgonzola”
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siano stati preventivamente registrati in quei paesi. Nel solo anno 2012, il Consorzio ha depositato domanda di registrazione dell’indicazione geografica “Gorgonzola” in Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, India, Nicaragua e Panama e del marchio collettivo CG in Svizzera e in USA. Il Consorzio ha inoltre depositato domanda di registrazione del termine “Gorgonzola” quale marchio di certificazione in Cina. L’attività tecnico-scientifica Combattere la contaminazione degli agenti patogeni a tutela del consumatore è da sempre la priorità del Comitato scientifico che fa capo al Consorzio. A tal fine il Manuale di corretta prassi operativa per il formaggio Gorgonzola DOP, che segue Buone pratiche di lavorazione del 2006 è in fase d’approvazione presso il Ministero della Salute. Il Consorzio sta però portando a termine anche un interessante progetto di valorizzazione delle proprietà alimentari del Gorgonzola. La ricerca, condotta dal prof. NEVIANI, docente di Microbiologia degli Alimenti all’Università di Parma, e dal prof. DEL PIANO, primario di gastroenterologia all’Ospedale Maggiore Novara, intende sottolinearne alcune qualità tipiche, ma forse poco conosciute: l’elevato contenuto in acidi grassi utili, ad esempio, o la presenza di potenziali inibitori di sintesi del colesterolo, la naturale assenza di lattosio e di glutine o, ancora, la presenza di antiossidanti naturali, sali minerali e vitamine, il tutto unito ad un’eccellente digeribilità.
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Lode in economia casearia Enrico Carretta, classe 1975, alla fine degli anni ‘90 è riuscito in un’impresa singolare: ha aperto un caseificio a ridosso del centro di Milano. E se pensate che Enrico ha intrapreso questo percorso imprenditoriale dopo la laurea alla Bocconi, potrete capire a fondo il significato del Centro della mozzarella. Ora gestisce quattro punti vendita e rifornisce alcuni tra i più prestigiosi ristoranti della città di Fabio Butturi
Q
uando il ritorno alle origini non è una sterile operazione vintage ma una strategia che sposa il marketing e il palato, allora sì che se ne vedono delle belle. Basta girare l’angolo di via Brembo, a Milano, al civico 1 di via Benaco, esattamente
di fronte all’ufficio visti del consolato cinese, che la vetrina del Centro della mozzarella sarà lì a raccontarvi una storia di questo tipo, fatta di marketing, palati esigenti e tradizioni gastronomiche. E il riferimento al marketing non è generico, è la matrice di tutta questa storia. E come
in ogni storia c’è un protagonista, il nostro si chiama ENRICO CARRETTA, un set, che dal negozio-laboratorio nelle adiacenze di corso Lodi si è poi spalmato in “esterni” sul territorio milanese, e un plot narrativo. Nel caso di Enrico la storia è quella di un giovane lucano, salito nella metropoli
Enrico Carretta assieme ai suoi collaboratori.
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lombarda come altri conterranei per abbracciare l’eccellenza del sistema formativo italiano: l’Università privata Luigi Bocconi. Classe 1975, Enrico decise che di quella laurea non sapeva cosa farsene. O, meglio, le competenze sono servite per raffinare l’estro manageriale, il cosiddetto “pezzo di carta” è rimasto invece cristallizzato in cornice. Siamo alla fine dei ‘90, l’immigrazione dal Sud è ormai sedimentata e con essa la diffusione di prodotti alimentari del Mezzogiorno, e le mozzarelle non facevano certo eccezione. Se qualcuno però si immagina scoramento di fronte a un mercato così affollato ha sbagliato film; Enrico si ricorda dei consigli paterni («Quando c’è tanto successo, tutti arraffano, ma le cose poi gli cadono di mano. Tu devi ripartire dalle cose che sono cadute agli altri») e decide di battere proprio quella pista. E il metodo non poteva che essere quello empirico, avvalendosi degli amici come cavie volontarie durante cene e aperitivi domestici. A quel punto entra in scena il co-protagonista, EMANUELE LICO, di quattro anni più vecchio, key account manager per prestigiosi marchi del food&beverage. Dall’amicizia nasce il sodalizio e l’idea di portare un caseificio lucano in prossimità di quella che negli anni ‘60 era la prima periferia milanese. Certo, il contrasto è di quelli che stridono parecchio, ma è forse da questa apparente contraddizione, tra l’eco in dissolvenza delle masserie e l’opaca geometria dell’edilizia post-bellica della capitale morale, che s’innesca la scintilla. O, perlomeno, si genera l’identità del Centro della mozzarella, che sancirà però il successo di pubblico per ragioni decisamente più pragmatiche: il formaggio. La decisione è stata univoca e immediata: declinare il sostantivo “qualità” senza eccezioni grammaticali. Tutta l’attenzione è rivolta all’ingrediente principe, il latte. La scelta ricade su un caseificio di Galgagnano, pochi chilometri di distanza e l’esclusiva per loro, in quel di via Benaco. E così da ottanta capi di bestiame l’azienda agricola ha quasi quadruplicato (le bestie sono trecento). La ragione? Se prima
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Enrico Carretta mostra una mozzarella di produzione propria. l’allevatore conferiva a soggetti che pagavano a sessanta giorni, adesso il pagamento è quotidiano, oltretutto ad una tariffa per litro superiore alla precedente. Come avrebbe potuto rifiutare il titolare della Cascina, proiettato dall’anonimato dell’agro lodigiano al jet-set meneghino? E oltre al latte sullo scaffale refrigerato deposita anche i tagli da 125 grammi di burro e lo yogurt di bufala. Patti chiari, dunque, amicizia lunga, recita il proverbio, e il gioco è fatto. Si fa per dire, perché il gioco, quello vero, comincia prima che il gallo canti, nel laboratorio nel retro bottega. Sono le 4:30 quando i due casari cominciano a cagliare. La prima produzione viene riservata ai
negozi (gli altri si trovano in via Teodosio, in via Lomellina, al Mercato comunale Wagner più il Patisse, in via Lamarmora), la seconda fase della lavorazione viene dirottata verso i ristoranti. Complessivamente 15 quintali di latte quotidianamente si trasformano in circa 200 chili di mozzarella. I primi latticini a materializzarsi dalla cagliata sono la mozzarella campagnola e il nodino, che trattiene maggiormente il sale e ha una pasta più nervosa e croccante. Con il passare del tempo e il consolidarsi della fama dei negozi, dietro alle vetrine si è assistito al proliferare di variazioni sul genere, la più golosa delle quali è sicuramente la burratina, chiusa con un laccetto
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Formaggi di capra: pecorino e stracchino. e impregnata di panna, sulla falsariga della stracciatella. E, a voler esagerare, la burratina viene proposta anche con un cuore cremoso di gorgonzola. Tutti elogi al colesterolo che al Centro della mozzarella sono più che giustificati dalla gratificazione del gusto. Se poi entrano in scena i virtuosi della cucina pop, come Davide Oldani, la burrata si fonde con cacao e panna per un composto che lascia estasiati sia come aperitivo sia come nota dolce al termine del pasto. Visti i volumi in continua lievitazione e l’indice di gradimento che ha ben presto sconfinato oltre i limiti del quartiere, Carretta ha deciso di specializzarsi in negozio di prodotti tipici: lucani, pugliesi e calabresi. La ratio che ispira il paniere è sempre quella: l’artigianalità dei prodotti, che si tratti di pecorini sardi, pugliesi o lucani o di caprini piemontesi. Anche i pastifici e le pasticcerie che collaborano con il Centro della mozzarella rispettano questo requisito, per le trecce piacentine come per i tortelloni ripieni di scamorza affumicata e radicchio, zucchine e menta o carciofi. I risultati si vedono. E si sentono. Dal caciocavallo misto mucca e bufala si passano in rassegna i già citati pecorini, lo sformatino di ricotta e la più semplice ricotta di latte vaccino, la sfoglia farcita (pasta di mozzarella tirata e farcita con salmone, speck, crudo o verdure), il primo sale. La
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lista della spesa potrebbe continuare con panna cotta, yogurt e budini, lavorati e confezionati intra moenia con macchine apposite. Anche il pane è nel solco del compromesso: cuore e testa sono nel Sud, le braccia a Milano. Il pane di grano duro viene infatti cotto nel forno a legna da un panettiere originario di Altamura, in forma da tre o cinque chili. Allo stato attuale i salumi sono relegati in secondo piano, qualcosa del Salumificio Emmedue di Picerno, in provincia di Potenza: pancetta, salsiccia dolce e piccante e soppressa. Dalla terra dei due mari anche i sottoli, involtini di tonno e acciughe, lampascioni, pomodorini secchi, peperoni ripieni di tonno, carciofi alla brace e olive giganti. Della saga “I magnifici del Mezzogiorno” lo scaffale di fronte alla vetrina frigo annovera pescetti piccanti, Dynamite (la ricetta dinamitarda è la seguente: peperoncino, pomodori, funghi, melanzane, olio extra vergine, capperi ed erbe aromatiche), confetture di cipolla rossa e di peperoncino e passata di pomodoro. A marchio Pasquale Carretta, tanto per restare in famiglia, ci sono gli strudel a fette (ripieni di amarene) e i calzoncelli di mandorla. A seguire, nella sezione più dolce, fichi caramellati, confetture, le più sfiziose quelle di pere alla cannella e mele alla liquirizia. A un bel momento dal negozio sono partiti spontaneamente segna-
li “sentimentali” verso i santuari della ristorazione più patinata della “downtown Milano”, presto captati e corrisposti nell’esclusiva zona di Piazza Affari e in altri angoli glamour del centro città. E i nomi si commentano da soli, Marchesi e Bianco Latte, per esempio, e la catena di California Bakery, sbarcata anche su questa parte del globo, o il Bagel factory, per restare in odore di esterofilia. Tra gli hotel, il Four Seasons, il Park Hyatt, il Grand Hotel de Milan e l’Armani di via Manzoni. Eppure c’è tanto altro che bolle in pentola. O che potrebbe arrivare al punto di ebollizione. Porto Cervo dice nulla? Beh, nell’esclusiva creatura dell’Aga Khan, Mozz’art propone la cagliata in presa diretta, davanti a una platea sicuramente poco avvezza alle pratiche casearie. Il casaro elabora trenta diverse ricette a base di mozzarella. E se si replicasse il medesimo spettacolo a Milano? Per il momento quel che c’è basta a fare felici Enrico ed Emanuele, le sette commesse, i due casari e i due addetti al lavaggio. L’anagrafica dei clienti degustatori, purtroppo, sarebbe troppo complicata da gestire. Almeno in questa sede. Fabio Butturi Centro della mozzarella Via Benaco, 1 – 20139 Milano Telefono: 02 55219286 E-mail: info@mozzarellaparty.it Web: www.centrodellamozzarella.it
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Fiere
Vinitaly, successo internazionale Si è chiusa con soddisfazione di protagonisti e organizzatori Vinitaly 2013, la più importante manifestazione fieristica del nostro paese dedicata al mondo del vino. Un’edizione che verrà ricordata anche con un velo di tristezza: scompare proprio nel giorno dell’inaugurazione Franco Biondi Santi di Laura Franchini
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n’edizione particolarmente importante quella di Vinitaly 2013: in un momento così delicato per l’economia italiana, dove il made in Italy gioca un ruolo vitale, i numeri e i risultati di una kermesse così famosa erano attesi con trepidazione. Fortunatamente
sono positivi, soprattutto per i mercati esteri: mentre il mercato interno segna una contrazione in termini di consumi, infatti, l’export reagisce con positività all’offerta vinicola italiana, anche durante Vinitaly. Sono stati circa 150.000 i visitatori, dei quali 50.000 esteri, con una
percentuale del 10% in più rispetto all’anno precedente. «Un Vinitaly positivo, parecchi i contatti con operatori stranieri», dichiara Rolando Chiossi, vicepresidente di GIV e di Cantine Riunite CIV, a cui fa eco Francesco Zonin, vicepresidente Cantina Vinicola Zonin,
150.000 visitatori, di cui 50.000 stranieri, hanno preso parte all’edizione di Vinitaly 2013.
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1) Lo stand dell’azienda trevigiana Bacio della Luna Spumanti con sede a Vidor (TV). 2) Presente a Vinitaly 2013 anche la cantina Masi (Gargagnago di Valpolicella. VR). 3) Angela e Maria Vittoria Maculan, della Cantina Maculan di Breganze (VI). 4) Ermi Bagni, direttore del Consorzio Marchio Storico dei Lambruschi Modenesi. 5) La Schenk Italia di Ora, Bolzano. 6) Nello stand della cantina Lini 910 di Correggio (RE), Alicia (al centro) e Alberto Lini (a destra). Premiata Salumeria Italiana, 3/13
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1) Lo stand del Prosciuttificio Crosare. All’interno Gian Antonio Visentin, titolare dell’azienda. 2) Angela Sini, amministratore delegato e responsabile vendite e marketing Cantina della Volta di Bomporto (MO). 3) Lo stand della Finpesca di Porto Viro (RO). 4) Florence Guyot presenta le sue etichette a Vinitaly 2013. per il quale è stato un ottimo Vinitaly, ricco di contatti e di opportunità, soprattutto dall’estero e dalla Cina. Entusiasmo anche sul fronte femminile, a partire dall’associazione “Le Donne del Vino”, che proprio a Vinitaly 2013 ha festeggiato 25 anni di attività: «La passione tra Le Donne del Vino e Vinitaly è di lunga data — afferma la presidente Elena Martusciello — e dopo le nozze d’argento puntiamo
a quelle d’oro, grazie ad una collaborazione proficua e costante nel tempo». Entusiasmo anche per Anna Abbona di Marchesi di Barolo e Alessio Planeta: entrambi sottolineano il sostanziale e importante incremento degli avventori esteri, come dichiara anche Alicia Lini della cantina Lini910 di Correggio, particolarmente soddisfatta dai numerosi contatti stranieri. Tendenza confermata da
“Diversi gli approfondimenti a Vinitaly 2013, dalla sostenibilità al credito alle imprese, dal commercio on-line al biologico. Su quest’ultimo fronte è stata presentata Vinitaly Bio, che partirà nel 2014” 98
Albiera Antinori, vicepresidente di Marchesi Antinori, che sottolinea come questa edizione di Vinitaly abbia rinfrancato lo spirito anche riguardo il mercato italiano. Numerose le attività durante la manifestazione, tra le quali spiccavano, ovviamente, le degustazioni. Presso lo stand della guida VINIBUONI D’ITALIA di Touring Editore è stato possibile non solo assaggiare i vini scelti dalla guida ma anche degustare e votare le bollicine selezionate per il concorso “Sparkling Star”, mentre la rinomata rivista statunitense WINE SPECTATOR ha organizzato una degustazione dedicata ai vini italiani, chiamata “Opera Wine”. Premiata Salumeria Italiana, 3/13
1) Nello stand della Tenuta Ambrosini Sergio Ambrosini con la sorella Mariuccia. 2) Dante Renzini, vignaiolo Doc oltre che stimabile norcino, con Claudio Sisto della Cantina Albea di Alberobello (BA). 3) Graziella Pezzi, proprietaria dell’azienda vitivinicola Fattoria Paradiso di Bertinoro, (FO). 4) Filippo Antonelli nello stand dell’azienda Antonelli San Marco di Montefalco (PG). 5) Presente a Vinitaly coi suoi prosciutti l’azienda Testa&Molinaro di San Daniele del Friuli (UD). 6) Scorcio esterno dei padiglioni di Vinitaly. Oltre 4.200 gli espositori che hanno partecipato all’edizione 2013. Non sono mancati i momenti più scapricciati e le celebrità. La regione Lombardia sfodera il calciatore del momento, nonché uno dei protagonisti del gossip: il calciatore Mario Balotelli. Sempre presente Al Bano Carrisi, che produce vino nella sua terra pugliese, e il pilota Jarno Trulli, che ha prestato la sua struttura per la produzione vinicola dell’amico Rocco Siffredi. Una novità molto
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chiacchierata, che ha visto il noto porno attore presentare il suo Rosso di Montepulciano “Rocco” presso gli stand dell’amico, accompagnato dalla splendida moglie. Diversi gli approfondimenti, dalla sostenibilità al credito alle imprese, dal commercio on-line al biologico. Su quest’ultimo fronte è stata presentata Vinitaly Bio, che partirà nel 2014, grazie ad un accordo con FEDERBIO. Un’edizione
ricca, importante, che nonostante i disagi legati alla viabilità, sempre poco agevole, verrà ricordata per un considerevole aumento dell’ottimismo tra gli operatori. Un’edizione che verrà ricordata anche con un velo di tristezza: scompare proprio nel giorno dell’inaugurazione Franco Biondi Santi. Il mondo del vino italiano e mondiale lo ricorda con stima e gratitudine. Laura Franchini
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TuttoFood 2013: i buyer fanno la differenza L’alto profilo dei buyer esteri presenti alla manifestazione milanese si rivela strategico per gli espositori. Oltre 150 gli appuntamenti imperdibili in fiera tra eventi, convegni e iniziative di formazione di Gaia Borghi
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ercoledì 22 maggio ha chiuso ufficialmente i battenti la quarta edizione di TuttoFood, il salone milanese a periodicità biennale dedicato all’agroalimentare mondiale. Mettere in contatto l’eccellenza italiana con una platea internazionale, fare business, promuovere le tematiche di Expo Milano 2015:
questi gli obiettivi, centrati, di una fiera rivolta ad un pubblico di alto
profilo, fatto di operatori qualificati, che hanno letteralmente invaso i sei padiglioni del magnifico polo fieristico di Rho. I numeri che ci ha consegnato l’ufficio stampa di Fiera Milano parlano infatti di oltre 50.000 visitatori, con un vistoso incremento di quelli esteri (+40%). Circa 2.000 gli espositori (+11%) e più di 3.000 le novità e le anteprime di prodotto
Il coloratissimo stand del Salumificio Fratelli Beretta di Trezzo sull’Adda (MI). «Occorre prestare molta attenzione all’export — ha dichiarato il presidente del Gruppo Vittore Beretta — la notizia che è possibile esportare salami, pancette e coppe negli Stati Uniti è positiva, ma non va presa sottogamba. Le difficoltà permangono e il prodotto viene e verrà sottoposto a controlli severi da parte delle autorità locali».
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portate sul palcoscenico del salone. «L’avevamo detto, l’abbiamo fatto: siamo la prima piattaforma italiana per il settore dell’agroalimentare per numero di top buyer internazionali» si è espresso con soddisfazione al termine della fiera Enrico Pazzali, amministratore delegato di Fiera Milano. «Milano è la prima piazza fieristica d’Italia, una delle più importanti in Europa e nel mondo perché è un vero e proprio hub internazionale e quando si parla di internazionalizzazione noi guardiamo alla sostanza, ai fatti: al ruolo di Milano e della sua fiera che è centrale nel contesto delle relazioni d’affari di una realtà globalizzata nella quale intendiamo competere con decisione» ha dichiarato durante il convegno inaugurale “Alimentare il Futuro” la presidente di ASS.I.CA. Lisa Ferrarini. «Abbiamo investito con TuttoFood nella certezza che si porteranno avanti gli impegni presi fino all’edizione 2015 che si terrà in concomitanza con l’apertura di Expo e stiamo lavorando fin da ora perché questa opportunità sia un successo per le imprese agroalimentari, certi che TuttoFood può avere la capacità e la forza di fare sistema a vantaggio di tutto il settore». E proprio la salumeria made in Italy è stata al centro dei convegni più interessanti, come il workshop organizzato da ASS.I.CA. per presentare in anteprima i dati dettagliati dell’export di settore 2012. Se le statistiche rivelano che i consumi alimentari delle famiglie italiane sono in calo, a sollevarci il morale ci pensano infatti i dati più che confortanti relativi al valore delle esportazioni di salumi dello scorso anno: più di 138.000 tonnellate di prodotto, corrispondenti a 1,116 miliardi di euro. Mete privilegiate Francia e Germania, mentre tra i Paesi extra-UE gli Stati Uniti rimangono saldamente in testa alla classifica dei nostri più fedeli estimatori. «I salumi italiani tutelati sono il fiore all’occhiello di tutta la Penisola, si va dal Sud con i prodotti Dop calabresi fino allo speck dell’Alto Adige» ha dichiarato soddisfatto Nicola Levoni, presidente dell’Istituto Salumi Italiani Tutelati. Ospitando i maggiori produttori italiani e stranieri di carni e salumi,
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In alto: nello stand di Alcar Uno, Peter Snedker, Luca e Lorenzo Levoni, Marcello Palmieri e Pierluigi Oddi. In basso: Davide Nini, presidente del Consorzio Prosciutto di Modena Dop, con la vicepresidente Giorgia Vitali, il direttore Anna Anceschi e Stefano Pelloni, consigliere.
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1) Nello stand di Buscema Gastronomia di Crotone, Miriam Cardamone. 2) Claudio e Nicoletta Montorsi della D’Autore Srl di Castelnuovo Rangone (MO) hanno presentato una vasta gamma di salumi certificati halal. 3) La redattrice di Premiata Salumeria Italiana Gaia Borghi. 4) Dario e Barbara Bordoni. 5) I “salumi che non passano mai di moda” dell’Alimentari Radice di Lentate sul Seveso (MB). 6) Molto interesse allo stand del “FAI, Firmato Agricoltori Italiani”.
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1) Italia Alimentari, nata dalla fusione di Montana Alimentari con Ibis Spa, presente a Milano anche con il marchio Corte Buona. 2) Un nuovo brand, Rovagnati Gourmet, piatti esclusivi e un contest tra food blogger: questo il ricchissimo programma proposto da Rovagnati. 3) La Raspini Spa di Scalenghe (TO). 4) Il Consorzio di tutela del Grana Padano Dop. 5) Prosciutti e speck prodotti da Wolf Spa di Sauris di Sotto (UD). 6) Guido Bertolin e un collaboratore.
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1) Degustazione di salumi. 2) Nello stand del Gruppo Suincom, Stefano Serdini, Marco Lei, Alessandro Masetti, Julia Anosowicz, Stefania Bonfiglioli e Valentina Agnani. 3) Lo stand del Salumificio San Vincenzo di Spezzano Piccolo (CS). 4) Gianluca Savoia del Salumificio Gianoncelli di Poggiridenti (SO). 5) I prosciutti di suino nero di Calabria. 6) Andreas M端hlberger della CSB-System.
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1) Ibis, marchio storico della salumeria, fa oggi parte di Italia Alimentari, società del Gruppo Cremonini. 2) Ansia da prova costume? Keep calm and eat bresaola suggerisce la Paganoni di Chiuro (SO). 3) Aromatica, società leader nella produzione e distribuzione di zafferano, a TuttoFood con “Zaffy”certificato da SGS. 4) Lo stand Ferrarini. 5) La Negrini Salumi di Renazzo (FE). 6) Luciano Catellani dell’azienda agricola Antica Corte delle Vacche Rosse.
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La pasta di Valsugana Sapori. il padiglione 22 ha naturalmente catalizzato il nostro tempo e la nostra attenzione. Presenti con uno stand anche i Nuclei antifrodi Carabinieri (NAC), il reparto speciale dell’Arma preposto alla lotta alla contraffazione dei prodotti agroalimentari, i quali hanno condensato in uno speciale “decalogo del consumatore” le regole fondamentali per effettuare una spesa consapevole e meglio orientarsi per evitare le frodi. Grande attenzione tra gli espositori alle problematiche alimentari, con le intolleranze e le allergie in primo piano, celiachia soprattutto. E poi i salumi e i formaggi artigianali di alcune ditte romagnole confezionati in cera d’api, una pellicola impermeabile che garantisce la conservazione del prodotto per 12 mesi e che rappresenta un’alternativa completamente naturale al sottovuoto. E ancora, il cibo “made in Islam”, i ragù di bresaola, le cotture dietetiche con le piastre di sale rosa dell’Himalaya, i pezzetti di carne essiccata Indiana beef Jerky, le lumache in conserva e il caviale di lumache. Ascoltare le richieste del consumatore, rispettare la tradizione e l’ambiente, essere capaci di rinnovarsi trovando nuove nicchie di mercato: sono stati questi invece i valori che hanno guidato le giurie formate da buyer e giornalisti nella scelta dei 20 vincitori, su 300 partecipanti, dei “TuttoFood Awards”, una vetrina di
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In alto: tra i formaggi portati a Milano dalla famiglia Busti di Fauglia (PI) anche il pecorino toscano Dop “muffato” timbro blu. Prodotto con latte pastorizzato proveniente da allevamenti aderenti al Consorzio del Pecorino Toscano Dop, è un formaggio caratterizzato da un gusto dolce, giovane e da una crosta “muffata” edibile, particolarmente appetibile anche per i più piccoli. In basso: la famosissima ‘nduja di Spilinga, irresistibile specialità calabrese. eccellenza che ha trovato una grande visibilità nelle teche esposte lungo le Food Avenue, speciali percorsi nei padiglioni della mostra. A tutto... food Nello stesso periodo in cui si è svolta TuttoFood, Milano ha ospitato la Food Week 2013, nove giorni di show cooking, aperitivi, degustazioni inedite, incontri su vino, pasta, birre, cake design, cucina crudista… Un programma sterminato, ricchissimo, impossibile da riassumere, con appuntamenti dedicati ai foodies — da
prenotare obbligatoriamente — sparsi nei quattro angoli del capoluogo lombardo. Uno zibaldone culinario inarrestabile che ci fa dire che forse un tempo eravamo un popolo di navigatori mentre oggi, sicuramente, ci troviamo molto più a nostro agio con le gambe sotto ad un tavolo! Gaia Borghi Nota La prossima edizione di TuttoFood è in programma dal 3 al 6 maggio 2015. Per ulteriori informazioni: www. tuttofood.it
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Vino
Monte Vibiano Vecchio, green wine Leader nella produzione di vino e olio di altissima qualità, Castello Monte Vibiano Vecchio è la prima azienda italiana certificata ad emissioni zero di CO2. È la green revolution della famiglia Fasola Bologna che per i suoi prodotti punta su ecosostenibilità e cura del dettaglio di Riccardo Lagorio
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arsciano, Perugia, 5 febbraio 2010. È una data storica per chi vuole bene all’ambiente. Castello Monte Vibiano Vecchio diventa la prima azienda italiana e una delle prime al mondo a zero emissioni di CO2, secondo gli standard internazionali ISO 14064, sui totali 700 ettari di proprietà, di cui 40 vitati. La strategia di abbassamento di emissioni fa parte di un progetto più ampio, dedicato
a rendere sempre più appetibili nel mondo quei prodotti che si distinguono per l’ecosostenibilità e destinano
un occhio di riguardo ai dettagli. Così l’adesione di Monte Vibiano Vecchio al Protocollo di Kyoto portò già nel 2008 la famiglia Fasola Bologna a monitorare attentamente le emissioni di CO2, lanciando anche nel nostro Paese una rivoluzione che intende difendere l’ambiente nel corso dei processi produttivi. Ciò ha comportato l’utilizzo di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica, l’acquisto
La cantina Castello di Monte Vibiano Vecchio a Mercatello in provincia di Perugia.
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1) Le barriques in rovere francese. La cantina ne conta ben 300. 2) Il castello di Monte Vibiano si affaccia su centinaia di ettari di terra facenti parte della proprietà della famiglia Fasola. 3) Olio extra vergine non filtrato. di mezzi elettrici per spostarsi da un punto all’altro dell’impianto e l’installazione di una stazione di ricarica, trattori alimentati con biodiesel, fertilizzanti biologici, centinaia di alberi che sono stati piantati nei poderi per l’assorbimento di CO2 e la colorazione bianca del tetto al fine di ottenere un
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effetto albedo. Risultato: le vendite di vino ed olio incrementato di anno in anno perché il consumatore, specie quello non italiano, avverte in essi qualcosa di salubre e diverso. Ciò al di là di quanto affermato da LORENZO FASOLA BOLOGNA, presidente della società: «È naturale che ogni per-
sona che si avvicina a noi per la prima volta venga accolta con un sorriso. Per noi è molto importante che tutti possano contattarci personalmente e che si sentano sempre i benvenuti. Riteniamo i nostri clienti, i nostri partner, gli amici con cui lavoriamo, la parte di maggior valore dei nostri
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In linea con la politica ecologica dell’azienda è possibile visitare la tenuta su veicoli elettrici per scoprire i segreti di vino e olio di Monte Vibiano. affari e, ovviamente, la ragione della nostra esistenza professionale. Al fine di soddisfare pienamente il cliente, consideriamo la realizzazione delle sue aspettative uno degli elementi più importanti cui ci dedichiamo quotidianamente e che meglio caratterizza il nostro modo di operare. Ridurre il più possibile i tempi per soddisfare ogni richiesta è uno dei nostri primari obiettivi». E, aggiungiamo noi, offrire prodotti di qualificato livello, che peraltro non prevedono il passaggio nella GDO ma l’esclusiva vendita a enoteche, privati e alcuni ristoranti della zona, come il Bam Bam di Perugia. Tra le proposte enoiche spicca senz’altro L’Andrea, che ha ottenuto
numerosi riconoscimenti a livello nazionale e internazionale. Vino corpulento, di uve Sangiovese, Syrah, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot e altri vitigni rossi. Fermentate e maturate separatamente per 14 mesi le uve in barriques francesi dell’età da uno a tre anni, il risultato è stato assemblato e messo in vendita dopo altri due anni di affinamento. Si tratta di un vino ad alto potenziale di invecchiamento. Dalla cantina, nuovissima e all’avanguardia, costruita nel 2002 e ultimata nel 2003, escono inoltre il MonVì (Doc Colli Perugini di uve Sangiovese, Merlot e Cabernet Sauvignon), il Villa Monte Vibiano (Umbria IGT da uve Sangiovese in purezza) ed il Maria Camilla
”790 ettari di terreno, 45 di vigneti e 55 di uliveti: Monte Vibiano è contemporaneamente un’agricola moderna e un’oasi di eco-sostenibilità, grazie ad una serie di interventi ecologici, dai pannelli solari ai trattori a biodiesel, che negli ultimi anni l’hanno trasformata in azienda a zero emissioni” 110
(Umbria Bianco IGT da uve Trebbiano, Grechetto e Sauvignon). Asse portante dell’azienda è l’olio. L’idea geniale che ha permesso a Monte Vibiano Vecchio di volare alto, anzi volare tra le nuvole per mezzo delle più rappresentative linee aeree, è stato escogitare la creazione di bottiglie in vetro monodose. Raccolte le drupe e frantoiate in assenza di ossigeno entro 6 ore dalla raccolta, si ottiene l’olio extra vergine di oliva, subito imbottigliato nei piccoli contenitori monodose. Da lì si dirigono alla sala di refrigerazione dove resteranno sino alla vendita. Le eleganti confezioni sono state studiate dalla stessa famiglia Fasola Bologna, in particolare da Maryam, moglie di Lorenzo, che ha saputo trasfondere in esse un gusto raffinato e colto. Focosa la grappa che si ottiene dalle vinacce della tenuta. Riccardo Lagorio Castello Monte Vibiano Vecchio Srl Via Veneto 4 – 06072 Mercatello (PG) Telefono: 075 8783001 E-mail: info@montevibiano.it Web: www.montevibiano.it
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ANTICA CORTE PALLAVICINA Ristorante “AL CAVALLINO BIANCO” 43010 Polesine Parmense (PR) Tel. 0524 96136 – Fax 0524 96416 www.acpallavicina.com
Nel 1905, nostro nonno Spigaroli Luigi riesce a diventare fittavolo dell’Antica Corte Pallavicina. Il vecchio castello eretto nel 1400 dai Marchesi Pallavicino, trasformato nel 1700 in azienda agricola, è situato sulla riva del Po. Nascono sei figli e l’ultimo, nel 1916, è nostro padre Spigaroli Marcello. Egli diceva che nel castello si stava bene, avevano il traghetto sul fiume, in estate curavano il podere, allevavano come sempre parecchi maiali che in inverno macellavano e facevano i salumi. Salumi che venivano venduti, da prima interi, ai passeggeri del loro traghetto poi, in seguito, al sorgere di una prima baracchetta di legno in riva al Po, affettati insieme al pane, a coloro che, sulle rive del fiume, si recavano in passeggiata anche dai paesi vicini. Da quella baracchetta successivamente ampliata, ma sempre in legno, e divenuta il “Lido di Polesine”, nel quale si ballava e si facevano merende, trarrà origine, dall’immane sforzo congiunto della zia Emilia e dei nostri genitori, il ristorante “Al Cavallino Bianco”. Di posti come il vecchio castello in riva al fiume non ne esistono quasi più, con muri di oltre un metro di spessore, con cantine stupende dove i marchesi stagionavano i loro salumi che inviavano agli Sforza a Milano. Infatti più i salumi e i culatelli sono vicini al grande fiume e più sono buoni!! Tutti quei racconti non li abbiamo mai dimenticati e quando dieci anni fa viene venduta la vecchia Corte Pallavicina decidiamo di acquistarla, con grandi sforzi economici, per poter continuare come il bisnonno, il nonno, il papà a fare dei salumi unici, non sintetici, che mangiandoli scopri da dove vengono e chi li ha fatti. Del resto alla nostra famiglia il senso del buono l’ha insegnato una persona che di cose buone se ne intendeva e noi non ce la sentivamo proprio di lasciar Premiata Salumeria Italiana, 3/13 111 perdere tutta questa esperienza. Massimo e Luciano Spigaroli figli di Marcello.
I vini di Premiata Salumeria Italiana
Degustazione: i vini di Laura
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on la bella stagione cresce la voglia di barbecue. Un rito, un momento di aggregazione per la famiglia, con gli amici: una ricca grigliata porta allegria e soddisfa tutti i palati. Basta un buon barbecue, la giusta quantità di carbone e di buona volontà, un forchettone e la compagnia giusta e il successo è
garantito. A questa tradizione, così amata dai paesi anglosassoni ma così sentita anche in Italia, abbiamo dedicato la degustazione del mese. Una degustazione trasversale, per prodotti e abbinamenti. Sono infatti molti gli ingredienti adatti alla griglia, diversi i tagli, le tecniche di grigliatura, diverse
Cleto Chiarli “Brut de Noir” Rosè Chiarli 1860
Chianti Colli Fiorentini DOCG Petreto
Schioppettino Colli Orientali del Friuli DOC Conte d’Attimis Maniago
Un calice che va servito ben fresco, adattissimo nell’attesa del barbecue. Si presta ottimamente anche come aperitivo, con salumi e formaggi. Ma è sulle carni alla griglia, soprattutto su quelle di vitello e pollo, che questo vino vi viene consigliato. Provatelo con un’aletta di pollo lasciata marinare nella senape di Digione al cassis, un perfetto abbinamento. Una bella bolla pulita e rotonda, che sgrasserà il palato e accompagnerà le note gustative della carne con grande facilità quella che propone Chiarli, il più antico produttore di vini tipici dell’EmiliaRomagna. Uve Grasparossa per l’85% e Pinot Nero per il rimanente 15%, questo calice si presenta con un bel rosato trasparente con punte violetta e una morbida schiuma, avvolgente e raffinata. Al naso è vinoso e fruttato, con nette note di frutti di bosco, ribes e cassis, lampone e fragoline. Armonica la sorsata, fine e intensa, grande bevibilità. Eccellente per le calde serate estive.
Vino nel solco della tradizione toscana, matura in botti grandi e barriques di rovere francese per 12 mesi. Viene immesso sul mercato due anni dopo la vendemmia. Prodotto con uve Sangiovese per l’80% e Merlot per il rimanente 20%, si presenta visivamente di colore rosso rubino intenso, pulito, mentre al naso sprigiona intensi aromi di frutta rossa quali marasca e ciliegie, prugna e more, ed una delicata nota floreale e speziata. Al palato è ben equilibrato, con tannini vellutati e di buona freschezza. Ha un buon potenziale di invecchiamento, si apprezza al meglio dopo 4-5 anni dalla vendemmia. Se ne consiglia il servizio ad una temperatura intorno ai 18°C. Si abbina con grande successo a salumi e primi piatti conditi con gustosi ragù di carne rossa. Nell’ottica del barbecue, è eccellente su tutte le carni rosse, ma l’abbinamento con la fiorentina è perfetto, oltre che filologicamente corretto.
Un vino prodotto in una terra particolarmente vocata, da un’azienda storica, che tanto ha dato e continua a dare alla viticoltura, non solo friulana. Un calice da uve Schioppettino, anche detto Ribolla Nera, vitigno autoctono di origine antica. Raggiunge l’apice dell’espressione del vitigno nei primi due anni, ma può tranquillamente superare i sei anni in bottiglia. All’occhio si presenta di un bel rosso rubino intenso con leggeri riflessi violacei. La degustazione olfattiva si apre con note pulite, intense e fini di frutta di bosco, more, lamponi e mirtilli, tinte verdi di mallo di noci e pepe verde, rami spezzati e leggera polvere da sparo. Assolutamente perfetto nell’abbinamento con la cucina friulana, è eccellente con piatti a base di lepre e cinghiale e con gli insaccati. Sulle carni grigliate si esprime ottimamente, in particolare insieme a salsicce e braciole di maiale e succulente costaiole. Servire ad una temperatura di 18°C.
Chiarli 1860 Via Manin 15 41122 Modena Telefono: 059 3163311 italia@chiarli.it
Fattoria di Petreto Via di Rosano, 196/A 50012 Rosano Bagno a Ripoli (FI) Telefono: 055 6519021 info@fattoriapetreto.it
Conte d’Attimis Maniago Via Sottomonte 21 33042 Buttrio (UD) Telefono: 0432 674027 info@contedattimismaniago.it
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per le grigliate estive Franchini
le salamoie e le marinature. Carne di manzo, di pollo, di agnello, vitello, maiale, pesci e calamari, verdure e funghi, frutta e marshmallow. Accanto ci sono numerose tipologie di preparazione, le salse, le speziature. Insomma, l’universo griglia è immenso, se contiamo anche i tipi di legno e di affumicatura
diventa pressoché infinito. È ovvio quindi che la scelta del vino diventi alquanto tortuosa. Abbiamo fatto una prima selezione, offrendo una rosa di sei vini diversi tra loro, tutti con una loro particolare adattabilità ad uno o più aspetti del barbecue. Altre ne verranno. Ora manca solo la scintilla per accendere il fuoco.
Bosco Eliceo DOC Fortana Frizzante Mattarelli
Verduno Pelaverga DOC Comm. G.B. Burlotto
Cerasuolo d’Abruzzo DOC Piè delle Vigne Cataldi Madonna
Uno dei vini delle sabbie, quei terreni della provincia di Ferrara che, grazie alla loro composizione, non hanno visto l’invasione della filossera e conservano quindi vitigni a piede franco. Anche le uve di questo vino, Fortana, sono a piede franco e quindi autoctone. Uve della tradizione, come questo vino, che si presenta di un bel color porpora con riflessi violacei. Al naso è vibrante di vinosità e di mosto pulito, con note di frutta rossa e di ferrosità, tipiche del vitigno. Entra morbida in bocca la schiuma, avvolgente ed educata, che veicola in circolarità le note retrolfattive. Moderatamente tannico, fresco e leggermente sapido, è fragrante ed equilibrato. Un calice di facile beva, che va servito fresco, ma non freddissimo. Universalmente noto l’abbinamento con la salama da sugo, consigliatissimo, come sull’anguilla. E proprio una bella e grassa anguilla alla griglia, morbida e gustosa, è l’abbinamento che viene consigliato. Il successo è assicurato.
Un vitigno autoctono per questo splendido vino, vibrante di gusto e di tipicità. Le uve fermentano per circa 7 giorni in tini di rovere francese e, una volta effettuata la malolattica, che avviene in acciaio, il vino matura in botti di rovere di Slavonia e Allier per 3 mesi e altri 2 ancora in acciaio. Conclude l’affinamento in bottiglia per 2 mesi. Un bel calice rosso rubino che si scopre subito al naso con note nette, pulite, raffinate. Sono sentori di frutta rossa e di leggero floreale a contorno, pepe verde e note vegetali fresche. In bocca è rotondo ma vibrante, con una bella nota circolare fresca verde e pulita. Un calice equilibrato, armonico, giovane e diretto, caratterizzato da una bevibilità intensa. Facile intuire il successo degli abbinamenti con gli insaccati della tradizione. Sulle carni alla griglia si troverà perfettamente a suo agio. Provatelo con salsicce di maiale e tagliate di manzo condite con olio d’oliva e abbondante pepe verde macinato al momento.
Un vino ottenuto con uve di Montepulciano d’Abruzzo, vinificato in bianco per l’85% e in rosso per il rimanente 15%. Al Piè delle Vigne viene applicata la vecchia tecnica abruzzese della svacata, che consiste nel macerare per 4-5 giorni una parte dell’uva e aggiungere il mosto così prodotto al macerato in fermentazione: in questo modo viene accresciuta considerevolmente la longevità del vino, che per alcuni mesi resta a contatto con le fecce fini, con periodici bâtonnages. Un calice rosso cerasuolo trasparente e pulito, che si apre all’olfatto con nette note fruttate di piccoli frutti rossi, ciliegine e more, e continua intrigante di mandorla e fiori. Al palato svela corpo e tessitura, regalando equilibrio tra le parti e circolarità di sentori. Fresco e armonico, è consigliato in abbinamento coi piatti della tradizione abruzzese a base di pomodoro, come i primi piatti al sugo, carni e salumi. Sarà fantastico sull’agnello alla brace.
Azienda Agricola Mattarelli Via Marconi, 35 44049 Vigarano Mainarda (FE) Telefono: 0532 43123 info@mattarelli-vini.it
Az. agricola Comm. G.B. Burlotto Via Vittorio Emanuele 28 12060 Verduno (CN) Telefono: 0172 470122 burlotto@burlotto.com
Azienda Agricola Luigi Cataldi Madonna Località Piano 67022 Ofena (AQ) Telefono: 0862 954252 madonna@alice.it
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Storia e cultura VIP, Visti Io Personalmente
A proposito di Pontefici di Angelo Valentini
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ono nato sotto il pontificato di PIO XI, regnante dal 1922 al 1939, il pontefice dei patti lateranensi, accordo sancito dopo tante controversie tra lo Stato italiano e la Chiesa, firmatari appunto Papa Pio XI al secolo Achille Ratti e per lo Stato italiano Benito Mussolini. Pace fatta, tuttora in essere, sebbene il territorio all’interno delle mura Leonine fu molto ridotto di superficie per volontà di Vittorio Emanuele III. Anno Domini 1939, viene eletto Papa Eugenio Pacelli, con il nome di PIO XII, un pontefice dal volto ieratico che, suo malgrado, fu costretto a convivere con la Seconda Guerra Mon diale, nonostante il suoi accorati appelli (memorabile il radiomessaggio rivolto ai governanti e ai popoli nell’imminente pericolo di un conflitto con «nulla è perduto con la pace, tutto può essere perduto con la guerra»), inascoltati, con le conseguenze che tutti conosciamo. Come recita il proverbio “morto un Papa se ne fa un altro”: nel 1958 gli succede Angelo Giuseppe Roncalli, con il nome di GIOVANNI XXIII. A quest’ultimo numerosi fedeli attribuirono l’appellativo di Papa Buono, che non ho mai condiviso. Non perché non lo fosse, ma perché al contrario giustifica che possono esistere anche dei Papi cattivi. Il suo pontificato fu contraddistinto dall’annuncio a sorpresa del Concilio Ecumenico Vaticano II, rivolto al dialogo tra le religioni monoteistiche. Nel 1963 gli succede il Cardinale Giovanni Battista Montini, di origine bresciana, con il nome di PAOLO VI. Un Papa tormentato dai tanti problemi della Chiesa e profondamente turbato dal rapimento dell’onorevole Moro e dal suo conseguente assassinio avvenuto il 9 maggio 1978, tanto da
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farsene moralmente carico. Rare volte l’ho visto sorridere. Al sorriso ha provveduto lo Spirito Santo nel 1978 con l’elezione del Cardinale Albino Luciani, bellunese, col nome di GIOVANNI PAOLO I, un pontificato breve ma pieno di aspettative, un Papa bonario, sorridente, paterno, troppo buono per meritarcelo. Erede di tutte le iniziative messe in campo dai pontefici precedenti, gli succede nel 1978 il Cardinale Karol Józef Wojtyła, con il nome di GIOVANNI PAOLO II, un Papa con alle spalle una vita vissuta tra i giovani, operaio nei cantieri di Danzica, vittima del dominio comunista nella cattolicissima Polonia. I suoi discorsi pregni di speranza, esortazione a non avere paura, sono riusciti ad abbattere quel muro che aveva fermato le potenti nazioni durante la “guerra fredda”. Un Papa pellegrino intorno al mondo; folle
oceaniche l’hanno atteso nelle loro patrie, animate e sorrette dalle sue parole messaggere di fede e speranza; rituale il bacio del suolo alla discesa dall’aeromobile. Un Papa sportivo, estemporaneo, carico di voglia di vivere. Ha resistito in carica fino al suo ultimo respiro, il mondo intero l’ha pianto. Si volta pagina, tanto è vero che una folata di vento chiude il messale posto sopra la sua salma adagiata in piazza San Pietro. Ho l’onore di averlo nominato Sommelier Onorario in occasione di un congresso dell’AIS tenutosi a Roma nel 1981: il consiglio nazionale delegò me in qualità di consigliere nazionale e l’allora presidente Franco Colombani mi disse «parla tu con il Papa visto che hai più dimestichezza con la Chiesa». Eravamo nella sala Nervi e Giovanni Paolo II si fermò davanti a
Giovanni Paolo II, mentre riceve il titolo di Sommelier Onorario dalle mani di Angelo Valentini nel 1981 nella Sala Nervi in Vaticano.
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noi, commosso per tanta presenza. Presi coraggio e mormorai: «Santità, accetta di essere nominato Sommelier Onorario?». Il Papa, con il suo accento polacco e con voce grave mi chiese: «Ma cosa significa Sommelier?». Gli risposi: «Santità, è un termine di origine francese, derivante da soma, portatore di vino, ed è giusta la sua domanda poiché nel linguaggio delle corti laiche e pontificie gli addetti ai vini erano definiti bottiglieri o coppieri». Gli donai un’incisione del noto artista Alberico Morena che riproduceva la Botte dei Canonici di Gubbio costruita nel 1500, ritenuta uno dei vasi vinari in legno più grande del mondo. Contenente 387 barili, veniva raccolto questuando il mosto nelle campagne, per poi distribuirlo: un barile al giorno ai poveri della città. Il rimanente veniva utilizzato per le celebrazioni delle messe. In altre tre occasioni ho avuto la grazia di incontrare Papa Giovani Paolo II, pellegrino in Assisi in occasione dell’incontro ecumenico tra le religioni monoteistiche del mondo. Tra le mie innumerevoli raccolte posso ricostruire la storia dei viaggi dei Papi attraverso buste postali affrancate e viaggiate. Anno 2005. Gli succede un Papa tedesco che assume il nome di BENEDETTO XVI. Si dice subito che mentre Papa Wojtyła riempiva le piazze, Benedetto avrebbe riempito le chiese. Grande teologo, le sue encicliche ed i suoi discorsi hanno uno stile diverso dai suoi predecessori, oserei dire di natura cattedratica. Somatizza tutto il carico del suo ministero. Sul suo fragile fisico l’età avanzata fa il resto. Infine, è protagonista di un evento straordinario nella storia della Chiesa, la rinuncia al soglio pontificio, con l’intento di ritirarsi a vita eremitica, provvisoriamente a Castel Gandolfo e in via definitiva nel convento di Santa Marta dentro le mura Vaticane. Un breve conclave, guidato dallo Spirito Santo, provvede a nominare PAPA FRANCESCO il cardinale Jorge Mario Bergoglio, definitosi egli stesso venuto da molto lontano. Argentino di nascita ma con radici piemontesi, assomma nel suo stile di vita la povertà delle favelas e la sobrietà delle genti piemontesi. Assume il nome
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Il Cardinale Walter Brandmüller, il dott. Giampiero Bianconi, con il ritratto di Papa Francesco, il pittore Ennio Boccacci ed Angelo Valentini. di Francesco non a caso, ma con il preciso intento di somigliargli. Questo Papa vive la crisi che sta attraversando il mondo intero, in modo tale da essere per il suo morigerato stile di vita di monito ai nostri governanti. Il momento impone rigore, la ricreazione è finita, la fede e il Vangelo (non dimentichiamo l’etimologia, che ci dice bene cosa sia: deriva dal greco Ευάγγελος (Evangelos), composto dai termini ευ (eu, “buono”) e άγγελμα (angelma, “novella”, “messaggio”, quindi la buona novella, Ndr) ci siano di guida come nei secoli passati. Recentemente ho avuto il piacere di ospitare il cardinale Walter Brandmüller, già presidente della Accademia di scienze storiche vaticane, un porporato di grande cultura, uno studioso della storia e della teologia, conterraneo di Papa Benedetto XVI, amante dell’Italia, delle nostre tradizioni e conoscitore dei prodotti della nostra madre terra. Da umbro e modesto conoscitore della vita del nostro grande Santo, mi sono permesso di accompagnarlo ad Assisi, nella Casa che ha dato i natali a Francesco, in pieno centro storico, dove messer Bernardone, padre di Francesco, esercitava l’arte della mercanzia. Oggi il sito è meglio conosciuto come Chiesa Nuova. Siamo stati ricevuti da Padre Francesco, guardiano del convento, e da Padre
Gualtiero, famoso in Italia per la sua brillante e affascinante oratoria. È seguito un pranzo tutto vegetariano presso il ristorante San Francesco, gestito dall’eclettico Carletto Angeletti. La sala da pranzo, ubicata di fronte alla monumentale Basilica, attraverso una vetrata si affaccia sul grande prato verde con l’insegna del TAU e del grande rosone simile ad una trina lapidea. Il mattino seguente Sua Eminenza Brandmüller ha concelebrato la Santa Messa insieme ai due Padri francescani in una chiesina suggestiva, non lontano dalla Basilica di Santa Maria degli Angeli, di proprietà dell’amico Giampiero Bianconi. Un territorio di circa 70 ettari già proprietà Benedettina, oggi complesso turistico alberghiero di alto livello. Bianconi, imprenditore illuminato, intuendo lo spirito di Papa Francesco che non oserà mai posare per un ritratto, ha ritenuto opportuno commissionare a un noto pittore assisano, Ennio Boccacci, la figura bonaria del Santo Padre e, approfittando della presenza del cardinale, abbiamo consegnato l’opera da donare a Papa Francesco, con una lettera accompagnatoria di ringraziamento per avere scelto il nome del Santo di Assisi e l’augurio di vederlo presto pellegrino nella città serafica. Angelo Valentini
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Tecnologie CSB-System mette a disposizione la sua esperienza
Soluzioni informatiche ottimali anche per le piccole e medie industrie del lattiero caseario
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a oltre 35 anni la CSBSystem sviluppa software gestionali specifici per l’industria lattiero-casearia.
La soluzione completa della CSBSystem copre tutte le aree aziendali e si caratterizza per l’elevato grado d’integrazione di tutti i moduli: dalla raccolta latte al magazzino, dalla produzione fino alle vendite e alla contabilità. Il controllo costante di tutti i settori aziendali che ne deriva, rende sicuramente l’impresa più competitiva. Il CSB-System risponde alle esigenze specifiche del settore lattiero-caseario già nella sua versione
standard. In altre parole, il software impiegato con successo in tutto il mondo è identico e standardizzato per qualsiasi paese, ma, grazie a parametri flessibili, è in grado di rispettare le norme legislative del paese di appartenenza, nonché le esigenze interne specifiche dell’azienda. Inoltre, la sua struttura modulare consente un ampliamento flessibile del software in base alle esigenze di crescita aziendali. Proprio per questo motivo, la soluzione offerta dal CSB-System
CSB Rack, PC industriale resistente a stress termici e ambientali.
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è adatta anche alle piccole e medie imprese. Le richieste di base, quali ad esempio l’adeguamento alle normative europee in tema di rintracciabilità o etichettatura nutrizionale, sono in realtà uguali sia per le grandi sia per le piccole industrie. I principi fondamentali che governano la gestione d’impresa, da sempre punto di riferimento nel CSB-System, sono sempre gli stessi. Pertanto, pure le piccole e medie industrie possono approfittare della lunga esperienza e del know–how che la CSB-System ha maturato in oltre trentacinque di attività mirata ad anticipare e a soddisfare le esigenze ed i bisogni dei suoi clienti del settore lattiero-caseario, garantendo ciò nonostante tempi d’implementazione veramente brevi. La soluzione flessibile proposta dal CSB-System si articola nei “moduli” che vedremo di seguito. Raccolta latte e pagamento Latte Qualità Attraverso il modulo “Acquisto Latte” è possibile gestire in maniera integrata i contratti di acquisto con i conferenti latte e valutare, in tal modo, la materia prima conferita, sia esso latte vaccino e/o ovicaprino, secondo aspetti economici e qualitativi. Tali aspetti possono essere configurati liberamente a sistema secondo le esigenze dell’azienda. La raccolta latte ed il relativo ricevimento saranno registrati da postazioni fisse (classico PC da ufficio) o da terminali mobili in dotazione al trasportatore. I risultati qualitativi e quantitativi delle analisi del latte (% grasso, % proteine, ecc…) saranno inseriti a sistema manualmente o importati nel gestionale attraverso semplici file, anche in formato Excel, forniti dal laboratorio sia interno che esterno. Quindi, sarà possibile, in maniera semplice e veloce, far calcolare al sistema i compensi spettanti ai conferenti e procedere all’elaborazione della fattura pro-forma del conferente, tenendo in considerazione i prezzi a contratto ed i relativi premi/penalità derivanti dalla qualità del latte conferito.
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Con la soluzione adottata dal CSB-System anche gli utenti dei reparti di produzione avranno la possibilità di inserire i dati a sistema in modo semplice e intuitivo e questi stessi dati saranno disponibili per la direzione aziendale on-line e in tempo reale. Acquisti Con il modulo “Acquisti”, le materie prime e gli imballi sono a disposizione dell’utente al posto giusto, al momento giusto e nella qualità giusta. Avere poi a disposizione on-line e in tempo reale tutte le informazioni provenienti dagli altri settori aziendali, ad esempio magazzino o produzione, permette all’azienda un processo di approvvigionamento ottimale ed economico. Nel sistema CSB-System è stata implementata anche la completa gestione dei costi accessori di fornitura, come i costi di assicurazione, nolo e dogana, che possono essere aggiunti anche in un secondo tempo e che producono un ricalcolo automatico del valore reale della fornitura. Altro importante strumento messo a punto dalla CSB-System, sfruttato soprattutto dalle aziende di commercio, è quello di poter collegare direttamente ordini fornitori e ordini clienti, allo scopo di assegnare direttamente anche prodotti non ancora fisicamente disponibili. All’interno di quest’ultima funzionalità, è attivabile la possibilità di ricalcolare le quantità assegnate in precedenza ai clienti sulla base delle quantità realmente ricevute.
Magazzino Il CSB-System consente una gestione di “Magazzino” efficiente ed estremamente flessibile. Oltre al carico e scarico automatico, alle statistiche di fabbisogno e consumo giornaliero previsto, all’etichettatura ed alla gestione dei codici a barre integrata, alla tracciabilità dei lotti dei fornitori, sono a disposizione dell’utente anche funzioni speciali, tipo per esempio la gestione dei serbatoi, dei magazzini quarantena e magazzini semilavorati, all’interno dei quali sono gestite le quantità presenti, ma senza rendere tali quantità/articoli disponibili alla vendita. La possibilità di ridurre le scorte comporta una riduzione dei costi con conseguente aumento della redditività sull’intero processo di gestione merci. In più, il sistema gestisce magazzini sia interni sia esterni, sia reali sia virtuali, sia disponibili sia viaggianti. Produzione Il controllo permanente dell’intero processo di produzione è indispensabile per garantire la sicurezza alimentare del consumatore finale. Con il CSB-System tutti i settori produttivi dell’azienda sono completamente integrati nell’intero progetto di automazione. Ecco solo alcuni dei
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vantaggi che il modulo “Produzione” offre: • risparmio sui materiali, in virtù di rese ottimali e ricette sicure; • dati certi sui costi a tutti i livelli di produzione; • costante qualità produttiva, per merito del monitoraggio continuo del pianificato e del realizzato. Inoltre, per le aziende che hanno necessità di una personalizzazione grafica delle maschere secondo esigenze specifiche dell’utente, il software CSB-System, sfruttando il modulo “M-ERP”, integra la flessibilità delle maschere d’inserimento personalizzate con il software ERP che raccoglie ed elabora i dati e gestisce i movimenti. Con questa soluzione anche gli utenti dei reparti di produzione avranno la possibilità di inserire i dati a sistema, in maniera semplice ed intuitiva e questi stessi dati saranno disponibili per la direzione aziendale on-line e in tempo reale. Vendite Grazie all’inserimento ordini anche mobile, alla gestione delle spedizioni con collegamento delle bilance e all’aggiornamento automatico del magazzino, si realizza la fusione ottimale delle funzionalità di approvvigionamento, magazzino e produzione con il settore delle vendite. L’ela borazione integrata delle informazioni con il CSB-System porta ad un’efficiente organizzazione delle “Vendite” con velocità e razionalità nella preparazione delle offerte, nell’accettazione, elaborazione e valorizzazione degli ordini, nella gestione delle condizioni, dei listini, delle promozioni, degli sconti, dei premi fine anno e dei giri. È così possibile gestire in maniera solida le vendite, che diventano dunque uno strumento completo, flessibile ed attento alle necessità del cliente. Contabilità Tutte le funzioni di gestione merci sono direttamente integrate nel modulo “Contabilità”, per eseguire in maniera trasparente il controllo automatico delle fatture, le registrazioni clienti/fornitori/conferenti e la gestione dei pagamenti tanto tramite collegamento con l’Inbank quanto
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Il controllo permanente dell’intero processo di produzione è indispensabile per garantire la sicurezza alimentare del consumatore finale. Con il CSBSystem tutti i settori produttivi dell’azienda sono completamente integrati nell’intero progetto di automazione. attraverso la gestione dei solleciti. Il modulo Contabilità del CSB-System fornisce quindi in ogni momento alla direzione aziendale informazioni sulla situazione contabile, sulla liquidità e sulla redditività, consentendo un’efficiente gestione d’impresa. Il CSB-System, con la sua costruzione modulare, è molto flessibile e cresce insieme all’azienda, mettendo a disposizione pure i seguenti moduli: Controllo Qualità, Rilevazione presenze, Gestione della manutenzione e del parco macchine, Archiviazione elettronica, strumenti di Business
Intelligence, EDI, Pianificazione della produzione, Calcolo dei Fabbisogni e Disponibilità, Integrazione di bilance, scanner, peso-prezzatrici, Contabilità cespiti, ecc… Referente: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (Verona) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: segreteria@csb-system.it Web: www.csb-system.it
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Libri Uno strumento creato per pazienti con diabete mellito che può essere di grande utilità per tutti
Guarda che cosa mangi
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rima edizione italiana di una vera e propria guida all’alimentazione consapevole, il manuale “Guarda che cosa mangi” è uno strumento creato per pazienti con diabete mellito, perché consente di migliorare la gestione della terapia insulinica, ma può essere di grande utilità per tutti. Infatti, un’alimentazione corretta è indispensabile per chi soffre di diabete, ma è altrettanto importante, unitamente ad uno stile di vita sano e ad un costante esercizio fisico, per tutte le persone non diabetiche che vogliono prevenire gravi patologie, prime fra tutte le malattie cardiovascolari. Inoltre, i principi della dieta mediterranea, il controllo delle porzioni ed il mantenimento di uno stile di vita corretto sono fondamentali per evitare il sovrappeso e per prevenire l’obesità. Il manuale, edito da Baldini & Castoldi, è frutto della collaborazione tra la FID, l’Ospedale Niguarda di Milano e il Diabetes Research Institute di Miami, diretto dal Professor Camillo Ricordi. Hanno inoltre contribuito l’Associazione Insieme per il Diabete di Palermo e l’Associazione dei diabetici della Provincia di Milano. La raccolta dei dati relativi ai singoli prodotti è stata possibile grazie all’impegno della COOP e dell’Istituto Nazionale per la Ricerca sugli Alimenti e la Nutrizione (INRAN). Organizzato in tabelle colorate e facili da leggere, il manuale è diviso in 9 settori: bevande, carni, cereali e derivati, latte e derivati, frutta e verdura, oli e condimenti, prodotti della pesca, surgelati e anche prodotti per l’infanzia. All’interno di ogni categoria, oltre ai dati di carattere generale relativi a ciascun alimento, sono riportate le informazioni sui singoli prodotti commerciali in ordine alfabetico e per marca.
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FONDAZIONE ITALIANA DIABETE ONLUS Guarda che cosa mangi Guida ad una corretta alimentazione per pazienti con diabete mellito (e non solo…) Baldini & Castoldi 275 pp. – € 14,90
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Il profumo della tradizione, il gusto della qualitĂ .
Bacio della Luna Spumanti s.r.l. Via Rovede, 36 31020 Colbertaldo di Vidor TREVISO info@baciodellaluna.it www.baciodellaluna.it Premiata Salumeria Valdobbiadene Pinot Italiana, 3/13 Prosecco Superiore DOCG Vino Spumante Extra Dry Rosè Millesimato
Prosecco DOC Vino Spumante Extra Dry
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Premiata Salumeria Italiana, 3/13