Premiata Salumeria Italiana 3-2015

Page 1

Periodico per gli addetti ai lavori D A L S A L U M I F I C I O A L L A S A L U M E R I A N O N S T O P Anno XXVII N. 3 Maggio-Giugno 2015

â‚Ź 6,70



consorzio di tutela del culatello di zibello #ilveroculatello http://blog.consorziodituteladelculatellodizibello.com


100 % CARNE DA ALLEVAMENTI

ITALIANI

www.mortadellafavola.it


è così. Delicata per l’armonioso equilibrio di spezie, aromi naturali e miele

Digeribile grazie all’uso sapiente dei diversi tagli di pregiate carni italiane

Naturale senza lattosio, senza proteine del latte, senza glutammato e polifosfati aggiunti

Senza glutine Favola è presente sul Prontuario dell’ Associazione Italiana Celiachia

La lunga tradizione emiliana della mortadella ha raggiunto, con Favola®, un livello di eccellenza senza precedenti. Unica mortadella al mondo ad essere insaccata e cotta nella cotenna naturale, Favola® è il frutto di una lavorazione artigianale di sole carni italiane e di una lenta cottura in forni di pietra. Tutto ciò rende questa mortadella inconfondibile nell’aspetto e in ogni fetta, donando morbidezza e fragranza. Una mortadella davvero unica e inimitabile, adatta anche ai consumatori con intolleranze alimentari.


A

*

OMINAZ EN I

PROTETT

D

E D’ORIG I

NE

ON

*

Una stagionatura così lunga ha un gusto tutto particolare È il territorio appenninico che segue il corso del Panaro, tra le province di Modena, Bologna e Reggio Emilia che dona al prosciutto di Modena Dop quel gusto assolutamente caratteristico dal sapore dolce e intenso. Come unici sono gli ingredienti che lo compongono: coscia di suino italiano, sale e i suoi 14 mesi di stagionatura minima. Perchè solo un prosciutto così è crudo, è buono, è Modena. Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale: l’Europa investe nelle zone rurali

consorzioprosciuttomodena.it


N. 3 Anno XXVII Maggio-Giugno 2015

€ 6,70 EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE – EURO ANNUARIO CARNE – EURO GENUINE FOOD ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA – US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA Stampa

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.premiatasalumeriaitalianaonline.com Reg. al Tribunale di Modena n. 921 del 29-04-1988 Tariffe abbonamenti Annuale (6 numeri): Italia € 40,00 – Estero € 50,00 Sconto librerie: 10% Modalità: versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi Fotografia Luigi Credi Comitato di redazione Renato Bergonzini – Franco Ferrari – Manrico Murzi – Clara Scaglioni Redazione New York Stefano Spadoni 1732 1st Ave #27220 – New York, NY 10128 Tel. 001 212 956-8566 E-mail: Stefanony@stefanospadoni.com Consulenti scientifici Prof. Giovanni Ballarini (Parma) – Prof. Fausto Cantarelli (Parma) – Prof. Carlo Cantoni (Milano) – Prof. Giuseppe Caserio (Milano) – Prof. Giorgio Catellani (Napoli) – Prof. Eugenio Del Toma (Roma) – Dr. Emanuele Guidi (Modena) – Prof. Riccardo Monacelli (Roma) – Dr. Alfonso Piscopo – Piero Pittaro (Udine) – Prof. Andrea Strata (Parma) – Angelo Valentini (Perugia) Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CS5.5. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CS5.1.

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

5


Dall’Alto Adige. Garantito. Speck Alto Adige IGP: qualità e origine certificate. Ha un gusto delicatamente affumicato, origini genuine e viene prodotto secondo antiche tradizioni locali: è lo Speck dell’Alto Adige, unico e inconfondibile. Per questo merita il marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta) attribuito dall’Unione Europea. Perché tutti possano riconoscere la sua qualità. Autentica e garantita.

www.altoadigegarantito.eu

Campagna finanziata con il contributo dell’Unione Europea e dell’Italia.


N. 3

In questo numero: Immagini

10

Agenda

14

Tendenze

Packaging al top: bellissimi fuori, buonissimi dentro

Attualità

Made in Italy tra mito e realtà Non è sano se non è nostrano. O forse no

Giovanni Ballarini Sebastiano Corona

18 21

Expo 2015

Accorgimenti, obblighi ed opportunità di Expo 2015

Sebastiano Corona

26

Il food in rete

Social food Il settore enogastronomico on-line: dati, considerazioni e novità da Vente-privee

Elena Benedetti

30 32

Comunichiamo

Un progetto stupendo

Chiara Russotto

34

Aziende

Dallatana, norcini in Parma Nella famiglia Busti anche le capre parlano toscano

Elena Benedetti Gaia Borghi

38 44

Prodotti tipici

Estremadura: che cosce!

Massimiliano Rella

50

Mercati

L’Atlante geografico del food made in Italy nel mondo

Sapori mediterranei

Pizze da nuovo millennio

Giorgia Fieni

58

Ristorazione

Il ristoratore consapevole

Giulia Mauri

62

La Qualità

Di culatello ce n’è uno solo

Indagini

ERICA, un progetto dedicato all’efficienza energetica

Eventi

Centomani 2015: in viaggio verso Expo, sotto un cielo di culatelli Gaia Borghi

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

16

54

66 Anna Mossini

72 76

7


Rassegne

Fiere

Vino

I vini di Premiata Salumeria Italiana Formaggio

Arti e mestieri Tecnologie

Libri

Formaggio in Villa 2015, la più bella edizione di sempre

Tania Mauri

80

Cultur-Al, la cultura alimentare italiana a Parigi

Tania Mauri

84

iMeat, l’innovazione in macelleria

86

Tuttofood, il mondo ama e compra il gusto italiano

90

Expo: Milano maggio 2015 e Torino maggio 1928

Angelo Valentini

102

Garuti, cantina dal 1920

Elena Benedetti

106

Degustazione: vini da barbecue

Laura Franchini

108

Il Fiorino: tutto un mondo da scoprire

Maria Novella Batini

110

Caci brigaschi nell’entroterra imperiese

Riccardo Lagorio

112

Bosnia-Erzegovina: turismo rurale e arte casearia

Raffaele Bertolini

114

L’arte nel cibo e il cibo nell’arte

Manrico Murzi

118

CSB-System e Falorni insieme dal 2011

120

Linea Flesh, igiene in primo piano

124

La storia della birra è la storia dell’umanità, ma in Italia…

Nunzia Manicardi

126

In copertina: lardo di Colonnata IGP (photo © Massimiliano Rella).

8

Premiata Salumeria Italiana, 3/15



Immagini

Quello dell’Esposizione Universale non è un tema interessante solo in ragione della visibilità che darà al nostro Paese. L’Expo è un evento che ha una storia affascinante e una disciplina sua propria che è utile conoscere per i risvolti pratici che ha sulle istituzioni, le imprese e i privati che vi partecipano. Per saperne di più leggete attentamente l’articolo di Sebastiano Corona a pagina 26 (in alto, “Popolo del Cibo”, una delle sette statue che lo scenografo italiano Dante Ferretti ha ideato per Expo 2015 ispirandosi all’opera del celebre pittore milanese Giuseppe Arcimboldo; photo © www.absolutelyme-communication.it).

10

Premiata Salumeria Italiana, 3/15



Il Padiglione italiano “Vino – A Taste of Italy” a Expo 2015 racconta l’esperienza vitivinicola italiana, che vanta oltre 2.500 anni di storia e può contare su una biodiversità unica, ricca di 593 vitigni, espressione della grande specificità del made in Italy in campo enologico. Ce ne parla Angelo Valentini a pagina 102 (photo © divini.corriere.it).

12

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


MODENA E REGGIO EMILIA

www.enzopancaldi.it - Ph: Carlo Guttadauro, Archivio www.lambrusco.net

ARTE, LAMBRUSCO... BELLA LA VITA!

www.lambrusco.net

www.vinireggiani.it


Agenda

Milano L’unica area tematica di Expo Milano 2015 realizzata in città è la mostra Arts & Foods che resterà aperta fino al 1o novembre. Allestita negli spazi interni ed esterni del Palazzo della Triennale — 7.000 metri quadrati circa tra edificio e giardino — Arts & Foods mette a fuoco la pluralità di linguaggi visuali e plastici, oggettuali e ambientali che dal 1851, anno della prima Expo a Londra, fino ad oggi hanno ruotato intorno al cibo, alla nutrizione e al convivio. Una panoramica mondiale sugli intrecci estetici e progettuali che hanno riguardato i riti del nutrirsi. Curata da GERMANO CELANT e allestita dallo STUDIO ITALO ROTA, la mostra documenta gli sviluppi e le soluzioni adottate per relazionarsi al cibo. Vi troviamo dagli strumenti di cucina alla tavola imbandita e al picnic, dalle articolazioni pubbliche di bar e ristoranti ai mutamenti avvenuti in rapporto al viaggio per strada, in aereo e nello spazio, dalla progettazione e presentazione di edifici dedicati ai suoi rituali e alla sua produzione. Il tutto è intrecciato alle testimonianze di artisti, scrittori, film maker, grafici, musicisti, fotografi, architetti e designer che, dall’Impressionismo e dal Divisionismo alle Avanguardie storiche, dalla Pop Art alle ricerche più attuali, hanno contribuito allo sviluppo della visione e del consumo del cibo (in foto, un’opera esposta di Francois Xavier Lalanne; photo © Stefano Mirti). expo2015.org

Milano Il cibo come opportunità di conoscere persone, luoghi e culture diverse. San Patrignano ha delineato un progetto a più voci che indagherà il tema di Expo “Nutrire il Pianeta. Energia per la Vita” attraverso un contenitore di 6 incontri, pianificati tra maggio e ottobre. “Storie di cibo e di vita” è un’occasione di confronto e dibattito, opportunità di condivisione di idee e stili di vita, esperienze sensoriali ed educative. Partendo da un assunto fondamentale, il cibo per la vita, inteso nel suo significato più profondo di portatore di riscatto, uguaglianza, giustizia e inclusione sociale per l’umanità. Sei appuntamenti sotto l’egida di SQUISITO, il marchio di qualità ideato da San Patrignano e crocevia di passioni condivise per la buona cucina. Gli appuntamenti estivi sono il 9 giugno con “Vino e design: un’enoteca di arte e racconti di vino”, l’8 luglio con “Il mondo del pane” e il 5 agosto con un incontro dal titolo “Noi siamo ciò che mangiamo”. Tutti all’interno di Expo 2015. squisito.org

14

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


San Daniele del Friuli, Udine L’appuntamento enogastronomico e culturale con l’agroalimentare di qualità del Friuli Venezia Giulia è dal 26 al 29 giugno tra San Daniele e altri dodici comuni della regione. Aria di Friuli Venezia Giulia consentirà di compiere un viaggio alle radici del gusto e della cultura di questa terra che ha tanto da raccontare tra produzioni salumiere, vitivinicole e agroalimentari. Non mancheranno visite guidate nei prosciuttifici del Consorzio del prosciutto di San Daniele, itinerari con degustazioni, incontri culturali, arte e musica. ariadifriuliveneziagiulia.it

New York (USA) Torna puntuale come ogni anno l’appuntamento con gli operatori dell’agroalimentare nella fiera specializzata più visitata del Nord America. È il SUMMER FANCY FOOD SHOW, che per l’edizione 2015 si terrà dal 28 al 30 giugno sempre al Jacob K. Javits Convention Center. La fiera copre vari comparti, dal food service al retail, ai produttori artigianali e industriali. C’è anche una sezione dedicata alle start-up dell’agroalimentare. L’Italia è posizionata al 7o posto nella classifica dei principali fornitori di food verso gli USA e al Summer Fancy Food è sempre presente con un ampio padiglione. specialtyfood.com

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

15


Tendenze

Packaging al top: bellissimi fuori, buonissimi dentro

Amore a prima vista: per Paul-Henri Masson e Matthew Escande, i due creatori del marchio Chocolat des Français, l’appetito non vien mangiando o, almeno, non subito. Occorre prima “flatter nos rétines”, ovvero far innamorare l’acquirente al primo sguardo. Così hanno avuto l’idea di combinare arte e cioccolato, progettando ogni “tavoletta” come un gioiello, un’opera unica che merita tanta attenzione quanto ciò che nasconde al suo interno. Più di 45 artisti, tra pittori, vignettisti e designer, sono stati chiamati ad evocare la città di Parigi con la loro fantasia e creatività. Il risultato del “contenitore”, da collezione, lo potete ammirare nelle immagini. Il “contenuto”, ovviamente, è realizzato con la stessa cura. Puro burro di cacao artigianale al 100%, senza olio di palma e conservanti. Meglio di Willy Wonka! lechocolatdesfrancais.fr

16

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


ph: Franceschini Vincenzo

Da oltre 50 anni curiamo i nostri prodotti con grande amore. Selezioniamo solo le migliori carni di suini Italiani e le lavoriamo nel rispetto della tradizione.

FRANCESCHINI GINO & C. SRL Via dei Marmorari, 38 - 41057 Spilamberto (Mo) Tel. + 39 (0) 59784037 - Fax +39 (0) 59784075 - info@franceschinigino.it - www.franceschinigino.it


Attualità

Made in Italy tra mito e realtà di Giovanni Ballarini

D

opo mesi di preparativi ha preso ufficialmente il via. Stiamo ovviamente parlando di Expo 2015. Alle ore 12:00 del 1o maggio il presidente del Consiglio MATTEO RENZI ha tagliato il nastro inaugurale, dando il benvenuto ai visitatori e ai paesi partecipanti alla manifestazione. Partenza in grande stile, all’insegna di arte e musica, oltre che di incontri e discussioni sui problemi del Pianeta, sui temi della nutrizione, della biodiversità e della sostenibilità. Expo è un evento grandioso, per la varietà e la diversità di culture (sono più di 140 i paesi partecipanti) concentrate in un solo luogo, che mischiano antiche tradizioni e realtà contemporanee, e la sua importanza ha fatto sì che non passasse giorno, da qualche mese a questa parte, senza che fossimo investiti da messaggi e tormentoni più o meno martellanti inneggianti al made

in Italy e alle possibili ripercussioni positive per le nostre produzioni alimentari e per la nostra economia in generale. È bene però precisare che, quando si parla di made in Italy, spesso non si specifica che si tratta di DOP con filiera certificata dall’origine alla vendita o di IGP prodotte con materie prime d’importazione. Con particolare riguardo agli alimenti d’origine animale, spesso si dimentica il ruolo e l’importanza della presenza di produzioni alimentari fatte in Italia, secondo il sapere e la cultura italiana, con prodotti scelti in base alle loro caratteristiche qualitative, indipendentemente dal luogo di provenienza. Infatti, se in qualche caso il luogo di produzione di un alimento può influire sulla sua qualità, in moltissimi altri casi questa ne è indipendente. Si trascura, o si fa finta di dimenticare, che la maggior parte degli alimenti DOP hanno produ-

zioni limitate o limitatissime e solo pochi, come il prosciutto di Parma o il Parmigiano Reggiano, hanno un efficace e sostanziale impatto sull’economia alimentare globale. Inoltre, si tace che l’Italia, da molto tempo, ha un bilancio alimentare deficitario, che l’allevamento tradizionale è da tempo in forte e inarrestabile declino e che alcuni tipi di allevamenti sono ormai relegati ad un ruolo “storicoculturale”, con ricadute economiche modeste, se non trascurabili, come ha sottolineato anche recentemente AGOSTINO MACRÌ (Gli alimenti di origine animale “made in Italy”: tra il bluff e la realtà, LA SETTIMANA VETERINARIA n. 912, 8 aprile 2015, pag. 51). In Italia, da diverso tempo — anche per la scarsità di terreno coltivabile, sempre più eroso dall’urbanizzazione abitativa e industriale — si producono meno alimenti di quelli consumati. Di conseguenza, è necessaria una

Il padiglione italiano a Expo 2015 (photo © ilquadrettoverde.blogspot.it).

18

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


rilevante importazione alimentare, nonostante in alcuni settori, molto se non quasi completamente industrializzati, si sia raggiunta e si mantenga una produzione che sta al passo dei consumi, come il settore avicolo che oggi conta oltre 600 milioni di volatili (peraltro in buona parte alimentati con mais e soia d’importazione). Superate concezioni autarchiche di un lontano passato, prima in un mercato comune europeo e poi mondiale, le importazioni di alimenti sono favorite dai costi di produzione italiani che, anche in agricoltura e zootecnia, sono superiori a quelli di altri paesi, e questo per diversi motivi: dalle condizioni climatiche al costo dei terreni, dell’energia, dei trasporti, ecc… Senza trascurare che, nel quadro di un’economia globale dove è importante mantenere un certo equilibrio della bilancia commerciale, vi sono paesi dai quali, se esportiamo tecnologie, dobbiamo importare alimenti. Per l’Italia, l’importazione di alimenti non è quindi un male necessario, più o meno cronico, ma un elemento strutturale divenuto costitutivo dell’economia ed è stato e continua ad essere un elemento di sviluppo, anche attraverso il made by Italy.

Che cosa sia il made by Italy — fatto dall’Italia secondo la cultura e il sapere italiano — lo dice bene il caffè. L’Italia non coltiva e non produce caffè, ma nel mondo è divenuta celebre per il “suo” caffè, vale a dire per come trasforma il prodotto agricolo d’importazione in una bevanda “italiana” in tutte le sue varianti, dall’espresso al cappuccino. Questo avviene con una precisa e accurata selezione delle qualità di caffè importate e inventando e sviluppando tecnologie originali di trasformazione, concependo anche nuove macchine che sono esportate in tutte le parti del mondo. E come per il caffè, è successo lo stesso per la cioccolata e altri alimenti, non ultimi quelli zootecnici. Prendendo come esempio le carni suine, nonostante in Italia si sia passati da circa due milioni di capi nell’ultimo dopoguerra agli attuali circa dieci milioni (venti milioni di cosce), senza importazioni non sarebbe possibile produrre i circa settanta milioni di prosciutti crudi e cotti venduti in Italia. Anche qui valgono le stesse considerazioni fatte prima per il caffè, dove il punto di forza sta in chi lo produce e come. Quanto sia limitato, se non scarso, il ruolo del luogo d’origine della materia

prima lo dimostra il fatto che, da uno stesso maiale, una coscia può essere trasformata in prosciutto di Parma o di San Daniele o di Modena… Per questi motivi, anche le DOP di più larga produzione stanno mostrando i loro limiti, perché al consumatore avveduto, iniziando dai ristoratori di qualità, la denominazione d’origine non basta più, ma si esigono altre caratteristiche, come il luogo preciso di produzione del prodotto (montagna o collina, una razza speciale, ecc…), e soprattutto il produttore, dando avvio ad un nuovo rapporto tra marchio (DOP) e marca (produttore). Più che levare grida e fare proclami contro chi copia non tanto il made in Italy quanto il made by Italy, sono necessari interventi di valorizzazione del nostro know how o “saper fare italiano” con protezione della marca e soprattutto, come sottolinea anche il prof. Macrì, bisogna indirizzare ogni nostra capacità per migliorare e diffondere la produzione dei nostri ottimi alimenti in quantità tali da poter essere apprezzati in tutto il mondo, indipendentemente dall’origine della materia prima, che rischia di diventare un alibi per le nostre inefficienze. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma

Made in Italy: presentato il segno unico The Extraordinary Italian Taste Si è svolta il 27 maggio a Expo Milano la presentazione del segno unico distintivo per le produzioni agricole e alimentari italiane “The Extraordinary Italian Taste”. Si tratta di un marchio che serve alla promozione del made in Italy agroalimentare, sotto una bandiera unica, e al contrasto dell’Italian sounding. Un logo che verrà utilizzato in occasione delle fiere internazionali, in attività di promozione all’interno dei punti vendita della grande distribuzione estera, nelle campagne di comunicazione e promozione in TV, sui media tradizionali, sul web e i social media. Si tratta in sostanza di un’operazione di “sistema paese”, che consentirà all'Italia di recuperare terreno rispetto a Paesi concorrenti che già adottano marchi di questo tipo con successo. Il segno unico è rappresentato da una bandiera italiana con tre onde che richiamano il concetto di crescita e di sviluppo e dalla scritta “The Extraordinary Italian Taste”. Il marchio si inserisce nel più ampio piano straordinario di internazionalizzazione del made in Italy messo a punto in collaborazione dal Ministero dello Sviluppo economico, dal Ministero delle Politiche Agricole e dall’ICE. «Da oggi l’agroalimentare italiano — ha spiegato il ministro Maurizio Martina — sarà più forte e più riconoscibile sui mercati internazionali. Finalmente abbiamo un segno distintivo unico che aiuterà consumatori e operatori a identificare subito le attività di promozione dei nostri prodotti. Partiamo da Expo Milano 2015 per sfruttare questa straordinaria occasione di visibilità e proseguiremo con le azioni previste dal nostro piano di internazionalizzazione sui mercati strategici. Nei prossimi tre anni investiremo oltre 70 milioni di euro per la promozione, imparando a fare squadra e a non disperdere in mille rivoli le risorse. Con il segno unico distintivo vogliamo fare un’operazione di riconoscibilità, creare un filo conduttore che leghi tutte le attività di promozione del vero prodotto italiano sullo scenario internazionale».

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

19


PECORINO PASCOLI DI PIENZA. LA QUALITA’ LASCIA TRACCIA.

Questo pecorino è prodotto con latte di pecora proveniente da greggi che pascolano all’interno del territorio del comune di Pienza e ha aderito al progetto “Latte di pecora della nostra terra” promosso dalla Regione Toscana e dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Regioni del Lazio e della Toscana che ha visto l’implementazione di un Sistema di Rintracciabilità di Filiera conforme alla norma ISO 22005:2008. L’etichetta recante il Codice QR permette al consumatore di risalire all’origine dei formaggi attraverso l’ausilio di uno smartphone o collegandosi al portale www.toscopecora.it

info@caseificiobusti.it


Non è sano se non è nostrano. O forse no Quando un alimento si può considerare sicuro, genuino e di qualità? E cosa ha a che vedere l’italianità di un cibo con la sua sicurezza? Le scuole di pensiero sono diverse e tutte legittime, ma occorre una riflessione sull’utilità di certe campagne di (dis)informazione di Sebastiano Corona

N

uove nor me europee, e mergenze alimentari, dibattiti vari: le occasioni per discutere della provenienza della materia prima sono all’ordine del giorno. Ed ecco che inevitabilmente scatta la criminalizzazione, senza se e senza ma, di quelle d’importazione. Il principio di ogni logica sarebbe che un prodotto

alimentare, perché possa essere considerato sano e di qualità, non debba che provenire dalle nostre campagne. Il resto va evitato, così come va condannato chi nella produzione impiega materia prima estera, pur nel pieno rispetto delle regole. Il prodotto di qualità, per definirsi tale, secondo questa scuola di pensiero sempre più diffusa, sarebbe quello nazionale,

laddove per nazionale si intende che la trasformazione ma, soprattutto, la provenienza della materia prima, sia rigorosamente locale. Chiunque proponga alla vendita un prodotto che non abbia visto l’impiego di carni, pesci o vegetali nostrani sarebbe dunque un disonesto, una persona che non ha a cuore le sorti del proprio Paese o entrambe le cose.

Prosciutto Toscano Dop e melone (photo © www.tuscanypeople.com).

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

21


L’argomento è degno di nota perché è tale e tanta la frequenza con cui certi messaggi denigratori vengono inviati al consumatore, che diventa impossibile sottrarsi al dibattito. L’azione è martellante e può contare sulla pigrizia di chi troppo spesso si limita a copiare ed incollare i comunicati stampa senza soffermarsi su correttezza ed attendibilità della notizia riportata. È comprensibile che chi tutela determinati interessi li faccia valere nelle giuste sedi. Tuttavia, l’azione mediatica continua si sta trasformando in una vera e propria crociata ai danni di una buona parte del mondo della trasformazione e della commercializzazione. Una campagna, quella in atto, che ora genera problemi all’industria alimentare, ma che sul medio e lungo termine non tornerà utile nemmeno a coloro che la stanno portando avanti. Nel complesso, buttare fango su una vastissima parte della categoria produttiva nazionale è un danno enorme per tutto il tessuto produttivo. Le nostre campagne vanno difese con ogni mezzo, non fraintendetemi.

Il rilancio del nostro Paese non può che passare per l’agricoltura. Questa non è solo un’esigenza squisitamente economica, ma anche un obbligo morale ed è l’unica strada percorribile per la rinascita dei territori, contro lo spopolamento delle zone interne e per l’affermazione di quella cultura e di quella identità che rappresentano l’unica carta che possiamo giocare nei mercati globali. Tuttavia, ci sono due aspetti che non vanno sottovalutati. Innanzitutto c’è da chiedersi cosa si possa realmente considerare italiano e cosa no. Per una certa scuola di pensiero, è italiano solo ciò che è realizzato nei nostri confini dall’inizio alla fine. E su questa logica integralista, che non prende in considerazione una serie di problematiche oggettive, non ci sono possibilità di mediare. Pertanto, a nulla serve sottolineare che la forza di noi Italiani risiede soprattutto nelle proverbiali capacità di trasformare una o più materie prime in un eccellente prodotto finito. Forse proprio perché sprovvisti di risorse naturali, gli Italiani si sono dovuti arrangiare nei millenni, facendo di necessità virtù. Ed è così

che siamo diventati ottimi trasformatori, a dispetto della carenza di certi prodotti. La nostra fama nel mondo, che si tratti di moda, artigianato, beni di lusso o di alimentare, risiede nella nostra capacità di trasformare in un prodotto finito pregiatissimo, delle materie prime grezze. Come avremmo potuto altrimenti acquisire meriti indiscussi in fatto di lavorazioni che non ci potranno appartenere mai come il caffè o il cioccolato? Ed oggi che gli scambi commerciali sono straordinariamente più semplici e celeri di un tempo, moltissime produzioni alimentari raggiungono livelli d’eccellenza qualitativa grazie alla sapiente miscela di materie prime provenienti da Paesi diversi. D’altronde, in certi ambiti produttivi si registrano seri problemi di quantità, oltre che di qualità della materia prima, e dunque c’è da chiedersi se il mondo della trasformazione debba rimanere inerme laddove il comparto del primario non sia pronto a dare risposte. La questione ha inoltre un risvolto economico. L’impiego della materia prima estera è infatti spesso dovuto

Il rilancio del nostro Paese non può che passare per l’agricoltura. Questa non è solo un’esigenza squisitamente economica, ma anche un obbligo morale ed è l’unica strada percorribile (photo © www.lifegate.it).

22

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


Senza importare grano duro non saremmo in grado in Italia di produrre la quantità di pasta necessaria a soddisfare la domanda esterna ed interna, che si tratti di prodotto a denominazione o meno. E questo concetto nessuno lo ricorda mai (photo © www.lifegate.it). a problemi di costi. Se una parte dei consumatori si dichiara disposta a spendere di più pur di portare giovamento all’economia locale, a conti fatti, ciò che guida le scelte di fronte allo scaffale, soprattutto in periodi di crisi come questo, è il prezzo. Che si condividano o meno queste motivazioni, appare assurdo che si tenti di incrementare l’impiego di materia prima locale a suon di campagne denigratorie. La seconda questione da prendere in seria considerazione è il fatto che si lasci intendere in maniera più o meno esplicita che tutto ciò che è italiano sia buono e sano, mentre il resto non possa esserlo per questioni di sicurezza. È soprattutto in questa colossale bugia che risiede la scorrettezza nei confronti del consumatore. Chi, infatti, è poco avvezzo alla materia — e parliamo della stragrande maggioranza della popolazione — non ha percezione del fatto che questo concetto è tanto falso quanto opinabile con la realtà. Le frodi, le contraffazioni ma, soprattutto, le adulterazioni dei nostri prodotti segnalate dal sistema di allerta europeo sono decine ogni

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

anno, così come sono centinaia quelle rilevate dal nostro sistema interno di controllo. Se è vero che la nostra legislazione nazionale e il sistema dei controlli sono tra i più sicuri al mondo, è pur vero che le nostre norme in materia di sicurezza ed igiene degli alimenti sono di espressione europea, pertanto il resto del mercato comune si muove nelle stesse modalità e offre la stesse garanzie dell’Italia. Altre realtà produttive occidentali garantiscono inoltre ampia sicurezza sui prodotti e nulla hanno da invidiare a quelle europee. Se, quindi, il prodotto italiano offre delle certezze da molti punti di vista, questo non significa che non accada altrettanto per molti cibi di provenienza estera. Portare a credere il contrario è un vero e proprio inganno. Un inganno che diventa ancor più spregevole quando, nel discutere di alimenti d’importazione, si fanno inopportuni riferimenti alla criminalità e all’agropirateria. Coloro che utilizzano materie d’importazione e lo fanno nel rispetto delle regole, non possono essere trat-

tati alla stessa stregua di chi produce in barba alle più elementari norme in materia di etichettatura e sicurezza del prodotto alimentare! I banchi dei nostri mercati non pullulano di merce contraffatta, poco sicura, di dubbia provenienza e scarsamente soggetta a verifiche. Perché lasciar intendere che questo avvenga? A chi serve, per esempio, fare una manifestazione ad un posto di blocco doganale e denunciare il fatto che da quel punto transiti molta carne in ingresso verso l’Italia, come fosse una novità o un crimine? Evidenziare la presenza di soggetti che fanno i controlli durante la manifestazione, come fosse la prima volta che accade o come se quegli ispettori fossero stati chiamati per l’occasione, è una discutibile modalità di dare al pubblico la rappresentazione delle cose. Gli organismi di controllo hanno sedi stabili nei punti di frontiera, pertanto i controlli sono routine, non eventi eccezionali. Quello che non è stato detto in quell’occasione che non richiamiamo, è che — piaccia o no — importare cosce di maiale dalla

23


Germania o dall’Olanda non è di per sé un illecito. Lasciare intendere che lo sia è quindi una grave scorrettezza e lo è soprattutto nei confronti dei consumatori. Anche quando si passa dalla protesta alla proposta, la vena polemica ed accusatoria purtroppo resta. Un classico esempio viene da quanti pretendevano nel 2011 che in Italia venisse introdotta una norma che imponeva l’indicazione dell’origine delle materie prime nei prodotti trasformati. Anche in questo caso, tralasciando come fossero dettagli di poco conto gli innumerevoli risvolti problematici di un simile diktat, i proponenti hanno fatto passare il messaggio che buona parte del mondo della trasformazione sarebbe stato finalmente messo spalle al muro dalla nuova norma. Come se quel provvedimento fosse la modalità per far finalmente emergere le innumerevoli nefandezze dell’industria alimentare. Ma era davvero opportuno confondere il tema dell’etichetta trasparente con quello della sicurezza? Alla fine ci ha pensato l’Unione Europea a riportare con i piedi per terra attivisti e parlamentari disinformati. Questi ultimi, infatti, forse più impegnati a cercare visibilità che a studiarsi la normativa di riferimento, hanno completamente ignorato il fatto che, su simili questioni, da tempo non decidiamo noi, ma Bruxelles. Era quindi prevedibile che la proposta venisse clamorosamente bocciata. A parte le innumerevoli complicazioni per i trasformatori italiani — di cui certamente l’UE era poco preoccupata — nessuno aveva valutato la gerarchia delle norme, ma nemmeno il fatto, molto più semplice, che l’eventuale entrata in vigore del decreto avrebbe significato enormi problemi alle frontiere. Inutile poi disquisire sul fatto che probabilmente un provvedimento del genere, lungi dal portare valore aggiunto alle campagne nostrane, sarebbe stato motivo di un esodo Oltralpe di molte aziende di trasformazione. L’indicazione obbligatoria dell’origine degli ingredienti sarebbe un’importante conquista, ma è utile

24

Il caffè espresso, nonostante si ottenga da materia prima d’importazione, è oggi simbolo di italianità nel mondo (photo © www.comunicaffe.it). se riguarda quelli principali. L’Unione Europea sta mostrando da questo punto vista una certa sensibilità, ma, come è doveroso in questi casi, sta introducendo gli obblighi di indicazione della provenienza della materia prima in maniera graduale. Per molti prodotti è già prevista, per alcuni lo diverrà nei prossimi anni, ma soprattutto, cosa importante, chi crede è fin d’ora libero di dare in etichetta determinate informazioni al consumatore. Se dunque davvero l’italianità è un valore, questo valore può essere già enfatizzato anche allo scopo di giustificare un maggior prezzo e vedersi adeguatamente remunerato il prodotto. Sulla stessa linea polemica e non meno dannosa, si esprimono coloro che vanno predicando che l’unica denominazione europea che garantisce qualità sia la DOP, mentre deve essere completamente bandita la IGP. Quest’ultima, infatti, si presterebbe a sofisticazioni e all’impiego, soprattutto nei prodotti trasformati, di materia prima non italiana. A nulla serve elencare le motivazioni tecniche che portano a scegliere una strada piuttosto che l’altra. A nulla serve dire e dimostrare che la carenza di una certa materia prima preclude la richiesta di una DOP. Ma soprattutto, gli esperti della domenica, messi a scegliere se acquisire una IGP o rinunciare completamente alla denominazione perché la strada della DOP è oggettivamente impra-

ticabile, preferiscono che non se ne faccia niente. Cosa avrebbero dovuto fare i produttori di pasta di Gragnano secondo questa logica? Sarebbe stato meglio rinunciare alla IGP visto che non vantano una sufficiente produzione di grano duro per richiedere una DOP oppure si può sostenere a gran voce che la pasta di Gragnano IGP, anche se non tutta realizzata con materia prima italiana, è comunque tra le migliori specialità nazionali in assoluto e meritava il tanto agognato riconoscimento internazionale? Senza importare grano duro non saremmo in grado in Italia di produrre la quantità di pasta necessaria a soddisfare la domanda esterna ed interna, che si tratti di prodotto a denominazione o meno. Concetti come questi vengono puntualmente omessi. La domanda allora nasce spontanea: di fronte a questa carenza di materia prima, coloro che la utilizzano d’importazione devono davvero essere sanzionati, devono smettere di produrre, devono chiudere le fabbriche e mandare a casa i dipendenti? Sarebbe molto più utile se si lavorasse con un fine unico: quello di risollevare le sorti del Paese. In fondo tutti aspirano, ognuno a suo modo, agli stessi obiettivi. Il nemico da combattere non è tra di noi, ma lontano da qui. Su questo ci si dovrebbe concentrare. Sebastiano Corona

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


Prosciuttificio IL CONTE S.r.l. Via Sant’Ambrogio, 4 – Fraz. Bazzano 43024 Neviano degli Arduini (PR)


Expo 2015

Accorgimenti, obblighi ed opportunità di Expo 2015 di Sebastiano Corona

T

utti sanno che l’Expo viene contemplato nella Convenzione di Parigi del 22 novembre 1928 e, successivamente, nel Protocollo del 1966. Queste norme definiscono modalità e condizioni delle Esposizioni Universali, impegnando gli Stati aderenti al rispetto di regole comuni e imponendo obblighi specifici sia al Paese ospitante, sia ai Paesi partecipanti. Nel caso di Expo 2015, inoltre, l’Accordo tra il nostro Governo e il Bureau International des Expositions, sottoscritto a Roma

l’11 luglio 2012, si è tramutato in una norma, la Legge 3 del 14 gennaio 2013, che ne ha ratificato i contenuti per darne seguito all’interno del territorio nazionale. L’oggetto della norma è proprio quello di attuare le misure necessarie per facilitare la partecipazione a Expo Milano e favorirne così il successo. I partecipanti si dividono in due grandi categorie: quelli ufficiali e quelli non ufficiali. Tra i primi vi sono gli Stati e le organizzazioni intergovernative. Tra gli altri rientrano tutti coloro che non si possono consi-

derare tali, siano essi di provenienza nazionale o estera come privati, imprese, associazioni o enti pubblici. Norme specifiche da conoscere Per ciò che non è espressamente previsto dall’Accordo e dai singoli contratti di partecipazione, si applica la legge italiana, o nel caso di contratti internazionali, le norme che regolano la scelta della legge e del tribunale competente, ma è giusto sapere che i padiglioni dei partecipanti ufficiali non sono classici stand di una

Un momento dell’inaugurazione di Expo 2015 insieme a Foody, la mascotte creata da Disney per l’esposizione. L’accordo tra il Governo italiano e il BIE stipulato in occasione dell’Esposizione Universale di Milano prevede particolari condizioni, agevolazioni doganali e fiscali per gli operatori che espongono e per i rappresentanti degli Stati che intervengono (photo © Expo 2015 – Daniele Mascolo).

26

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


qualunque fiera, bensì si possono considerare, da certi punti di vista, degli spazi delocalizzati del Paese in oggetto in cui vige la normativa internazionale. All’interno delle aree espositive si applicano quindi specifiche norme che prevedono, tra le altre cose, agevolazioni doganali e fiscali per gli operatori che espongono e per i rappresentanti degli Stati che intervengono. Pertanto, ad un’impresa che non ha esperienza di contrattazione internazionale, è vivamente consigliato di approfondire il tema e, in particolare, di considerare l’impiego di strumenti di uso comune nelle vendite all’estero. Tra queste abbiamo i cosiddetti accordi di confidenzialità, cioè l’impegno a mantenere riservati l’esistenza e i contenuti delle negoziazioni e la lettera d’intenti, comunemente definita in ambito internazionale come Memorandum of Understanding, cioè un documento legale che descrive un accordo bilaterale tra due parti, una comune linea di azione prestabilita o un vincolo contrattuale vero e proprio. Quella che in un contesto internazionale è considerata una valida e più formale alternativa ad un semplice accordo tra gentiluomini. Nel caso invece della stipula di contratti veri e propri — cosa che si auspica soprattutto per l’economia interna — va fatto un discorso a parte. Nei contratti commerciali che prendono vita all’Expo, perché la negoziazione sia valida, la sua forma deve essere quella scritta o orale con conferma scritta, o ancora deve essere utilizzata una forma ammessa dalle pratiche che le parti hanno stabilito tra di loro. Nel commercio internazionale, la negoziazione deve essere in una forma ammessa da un uso che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere in quanto ampiamente noto ed utilizzato nell’ambito commerciale considerato. Le norme applicabili in questo caso sono il Regolamento Roma I (Reg. 593/2008), che ha sostituito la Convenzione di Roma in merito alle obbligazioni contrattuali e il principio generale di libertà di scelta della legge applicabile al contratto. È possibile scegliere tra la legge di uno dei due contraenti o la legge di un Paese terzo rispetto alle parti.

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

La scritta “No farmers no party” indica il padiglione di Coldiretti ad Expo, posto all’inizio del Cardo sul lato opposto all’Albero della vita di cui è promotrice l’associazione. Una rappresentazione unica che vuole essere il giusto riconoscimento, sottolinea Coldiretti, al lavoro di 2,5 miliardi di produttori che nel mondo si impegnano quotidianamente per cercare di garantire cibo per tutti e tutelare la qualità e la sicurezza ambientale. Tuttavia, questa libertà subisce delle limitazioni che risiedono nelle norme di applicazione necessaria per determinate categorie di soggetti o di negoziazioni. In materia di contratti di lavoro, per esempio, la scelta della legge non vale a privare il lavoratore della protezione che gli sarebbe assicurata dalla legge applicabile nel Paese in cui egli esegue abitualmente la sua prestazione lavorativa. Analoga situazione nel caso di contratti con i consumatori, dove la scelta della legge applicabile alla fattispecie non vale a privare il consumatore delle tutele che gli sarebbero state riconosciute dal suo Paese di residenza. E, seguendo un principio analogo, anche nel caso di contratti di agenzia si applicano comunque norme inderogabili a tutela dell’agente. Nel caso invece in cui i contraenti non abbiano fatto alcuna scelta sull’ordinamento giuridico di riferimento, viene applicata la legge del Paese che presenta il collegamento più stretto nella contrattazione in essere, come per esempio, il Paese in cui la prestazione viene fornita. Inoltre, se si tratta di distribuzione, si applica la legge del Paese del distributore o del concessionario di vendita. Se ci troviamo di fronte ad una compravendita, applichiamo la

legge del Paese del venditore e, nel caso di prestazione di servizi, quella del Paese in cui il prestatore di servizi ha sede o risiede abitualmente. Ulteriori precisazioni sono date dalla Convenzione di Bruxelles del 1968, che è stata sostituita in seguito dal Regolamento n. 44 del 2001 che disciplina i principi di competenza e giurisdizione in materia civile e commerciale. Vale la pena verificare i contenuti della norma per tutto ciò che riguarda questioni civili e penali e, quindi, anche la materia contrattuale. Se i cavilli burocratici possono essere causa di seri problemi nelle contrattazioni locali, figurarsi quali rischi si corrono nei contesti internazionali! Le imprese che partecipano ad Expo non possono che tenere conto di questi aspetti di importanza fondamentale. Focus lavoro: in uno scenario globale cambia tutto Si è inoltre molto parlato dei rapporti di lavoro che si dovrebbero avviare e consolidare all’interno dell’Expo. In Italia, in particolare, sarà rimasta impressa la campagna di sensibilizzazione di un folto gruppo di attivisti che ha protestato contro l’ipotesi (nemmeno tanto remota) di lavorare gratis all’interno dell’Esposizione

27


Nel corso di tutto maggio, in coincidenza con l’apertura di Expo, Levoni è stato presente in Piazza Duomo con una maxi affissione che raffigurava uno splendido panino al salame. È stato un bel modo per dare il benvenuto ai tanti visitatori stranieri che hanno invaso la città nel primo mese dell’Esposizione Universale dedicata al food oltre che un bell’esempio di come si può fare una comunicazione efficace e di qualità. Paolo Iabichino, creativo ed esperto in comunicazione, parla spesso di “marketing emozionale” per cui mentre i consumatori comprano, gli individui scelgono. Ecco, questa campagna di comunicazione impostata da Levoni è stata, oltre che azzeccata in termini di immagine e perfetta all’interno di una cornice unica come il Duomo di Milano, anche emozionale e sincera nella semplicità dello scatto. Universale di Milano. È il caso di sottolineare che, pur trovandosi in un’area particolare, le controversie legate a rapporti di lavoro generati all’interno dell’Expo, se è convenuto in giudizio il datore di lavoro, implicano la competenza esclusiva ed inderogabile del giudice del luogo in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attività. Se invece il convenuto è il lavoratore, il foro competente è quello del domicilio del lavoratore. Considerato lo scenario globale in cui l’Expo ha luogo, questo elemento non va sottovalutato. Altri aspetti importanti Un aspetto che può riguardare meno le imprese italiane, ma che si può considerare comunque degno di nota, è quello dello sdoganamento delle merci destinate all’Esposizione e del trattamento fiscale di determinate contrattazioni che avvengono al suo interno. Tutto questo è infatti valsa

28

una certa organizzazione sia da parte dell’Agenzia delle Dogane che da parte di quella delle Entrate, la cui sintesi è ampiamente riportata nei rispettivi siti internet. L’Amministrazione doganale ha predisposto procedure specifiche per un rapido e sicuro inoltro delle merci e per garantire l’applicazione delle facilitazioni previste per i partecipanti. Tra queste vi sono per esempio le priorità nell’esecuzione dei controlli, gli sdoganamenti in mare, i controlli one-stop-shop e i fast corridor. In generale, le merci usufruiranno sia di semplificazioni, sia di agevolazioni, a patto che la loro introduzione e le relative formalità vengano espletate direttamente presso gli uffici nazionali come primo punto di ingresso o se le merci vengono introdotte presso la dogana di un altro Stato Membro dell’UE e poi trasferite in regime di transito nel nostro Paese. Che si operi all’interno di Expo o

fuori dalle mura, quello che ci si augura è che le transazioni e gli accordi commerciali con soggetti esteri siano molto più frequenti di quanto accade normalmente. Questo comporterà la necessità di conoscere le norme che disciplinano l’IVA quando la controparte è un soggetto estero. È quindi forse il caso di ripassare le regole di applicazione della stessa in termini di territorialità, prevedere l’iscrizione al Vies, le comunicazione Black list o il Tax Refund Service che possono essere utili, se non indispensabili. Sebastiano Corona

>> Link: www.expo2015.org

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


Da Castelnuovo Rangone a Expo con Cascina Triulza: Villani Salumi racconta 5 generazioni della più longeva realtà salumiera emiliana Oltre 210 dipendenti distribuiti in cinque siti di produzione, un fatturato che porta con sé un incremento nel biennio 2012-2014 di 11 milioni di euro (da 70 agli 81 milioni nel 2014) e una produzione di oltre 100 tipi di salume di altissima qualità. Il tutto realizzato senza mai tradire lo spirito artigiano delle origini e mantenendo vivo l’attaccamento al territorio e alla popolazione che lo vive, ma guardando anche al futuro con investimenti negli ultimi tre anni di oltre 10 milioni di euro in tecnologia e macchinari. Questi i numeri di Villani Salumi, che dal 1 maggio al 31 ottobre rappresenta un’eccellenza italiana a Expo 2015 nello spazio di Cascina Triulza, il Padiglione della Società Civile. «L’unico spazio “vero” in Expo, che rappresenta il legame con il mondo contadino, proprio come Villani Salumi» dichiara Chiara Pennasi, direttore generale della Fondazione Triulza. «Un impegno importante — sottolinea il direttore generale di Villani Corradino Marconi — che ci porta nel terzo padiglione più grande dell’Esposizione e ci permette di presentare al mondo i nostri prodotti e la maestria dei salumieri di Castelnuovo Rangone. Quello che vogliamo lanciare da Expo è un messaggio di positività e fiducia nel futuro e la prova tangibile di questo nostro intento è che dall'inizio del 2014 abbiamo ampliato il nostro organico di ben 25 unità: vogliamo assicurare un futuro ai giovani, traendo motivazione dall’energia, dalla passione e dalla maestria del passato». Come rimarcato anche da Giuseppe Villani, AD della Villani Spa, «il percorso storico compiuto dalla Villani mostra come l’azienda sia rimasta profondamente radicata non solo nel territorio ma anche nell’economia reale, non soffermandosi sulle conquiste del passato ma cercando di fare sempre meglio muovendosi tra modernità e tradizione». Infine, per tutta la durata di Expo, il MUSA – Museo della Salumeria Villani, aderisce al circuito “Discover Ferrari & Pavarotti Land”, un servizio dedicato ai turisti che potranno scoprire da vicino le eccellenze del territorio modenese.

Il Padiglione della Società Civile è presente per la prima volta in un’Esposizione Universale (photo © 2015 Alberto Prina).

Quattro grandi marchi si affiancano nello spazio Eataly a Expo Sapòrem, inteso come unione di sapore e sapere, è l’emblema del legame di quattro grandi marchi che si affiancano nello spazio Eataly ad Expo 2015: Consorzio Tutela Grana Padano Dop, Consorzio del Prosciutto di San Daniele, Consorzio Mortadella Bologna e Consorzio Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore. I quattro Consorzi hanno deciso di presentarsi uniti e coesi all’appuntamento di Expo 2015 per poter trasferire al meglio quei valori comuni di eccellenza e di grande attenzione alla qualità che da sempre li contraddistinguono. Insieme avremo la possibilità di diffondere attraverso Expo la giusta immagine del made in Italy alimentare nel mondo: un patrimonio legato alla tradizione, ma che è anche capace di innovarsi, interpretare le richieste del consumatore moderno e soddisfarne le esigenze, hanno dichiarato i rappresentanti dei Consorzi.

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

29


Il food in rete

Social di Elena

1. Collisioni 2015: food, rock & wine Vi segnaliamo un evento da non perdere. È COLLISIONI, il festival di letteratura e musica (e buon cibo, aggiungiamo noi) in collina. L’edizione 2015 si svolgerà dal 17 al 21 luglio, come d’abitudine a Barolo. Il magnifico paesaggio delle Langhe piemontesi, patrimonio UNESCO, sarà nuovamente il palcoscenico naturale pronto ad ospitare nelle sue piazze incontri, lezioni, dibattiti con premi Nobel, scrittori, giornalisti, attori, star della musica in un’atmosfera magica, dove la cultura del vino e dell’alta gastronomia diventano elemento essenziale che accompagna la grande musica e i nomi più importanti della letteratura internazionale. Durante Collisioni, le vie e le piazze di Barolo accoglieranno un vero e proprio “mercato delle eccellenze enogastronomiche” e delle realtà made in Italy con show-cooking, chef stellati e prodotti tipici del territorio. Ad accompagnare grandi vini di alta qualità ci saranno soltanto i migliori prodotti della gastronomia. Per orientarvi tra eventi e concerti c’è il sito web collisioni.it, decisamente rock!

1

2. Il Gorgonzola Dop si è rifatto il look È on-line completamente rinnovato gorgonzola.com, il nuovo sito ufficiale dedicato al formaggio GORGONZOLA DOP. Oltre alla storia, le curiosità e le caratteristiche del famoso erborinato italiano, si possono trovare tutte le campagne pubblicitarie del Consorzio Gorgonzola, con i celebri slogan che vanno dal “L’hai mai provato con le pere?” del 2005 ai “Topoloni” del 2008. Nella sezione Cucina trovate i piatti firmati per il Consorzio dallo chef Antonino Cannavacciuolo, protagonista dell’ultima campagna, e tante altre ricette, presto anche in formato video, con consigli utili e abbinamenti.

2 30

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


food Benedetti

4. Parma nel cuore del gusto 3. Bellezza ed emozione dell’Oltrepò Mantovano Questo è un sito web che andrebbe preso ad esempio da tutti coloro che si occupano di comunicazione. Segnatevi questo link: ilgustodiesplorare.oltrepomantovano.eu. Qui c’è l’equilibrio perfetto tra un territorio, l’Oltrepò Mantovano, e le sue ricchezze gastronomiche e artistiche, immagini, semplici e dirette, e una grafica mai banale firmata da un signor illustratore, Giacomo Bagnara. IL GUSTO DI ESPLORARE L’OLTREPÒ MANTOVANO raccoglie i prodotti, le ricette, il patrimonio artistico e naturale e il bagaglio di tradizioni di questo spicchio di mondo che si adagia sugli argini del Grande Fiume. Il progetto grafico è di Pietro Corraini e Maria Chiara Zacchi con corrainiStudio. Splendido!

Questo è un altro esempio di come turismo e agroalimentare di qualità vanno meravigliosamente a braccetto. PARMA NEL CUORE DEL GUSTO è un club che fa rete con una serie di produttori artigianali di salumi, pasta, formaggi, funghi e vini, ubicati nella provincia di Parma. Tutti gli operatori aderenti al club rispettano i valori dell’autenticità e dell’esclusività e li arricchiscono con le loro personalità per garantire al turista un’esperienza profonda immersa nell’enogastronomia parmense. Se volete dare un’occhiata ai prodotti che sono i veri protagonisti di questo viaggio nel sapori emiliani, oltre ai produttori, ristoranti e alberghi consigliati questo è link del portale: parmanelcuoredelgusto.it. Non mancano visite guidate e degustazioni personalizzate anche per gruppi (in basso, salame Felino Igp, photo © Alessandro Gandolfi).

4

3 Premiata Salumeria Italiana, 3/15

31


Il settore enogastronomico on-line: dati, considerazioni e novità da Vente-privee

L’

e-commerce sta diventando sempre più un canale determinante per il settore enogastronomico. Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio Politecnico Milano, l’alimentare è uno dei comparti con maggior potenziale di crescita nel nostro Paese: al momento costituisce l’1% del totale del commercio elettronico italiano contro il 13% del Regno Unito. Pur essendo la percentuale così ridotta, il Belpaese sta mettendo le basi per far fruttare anche on-line la sua ricchezza e varietà in ambito enogastronomico, come già avvenuto in altri ambiti. Vente-privee aveva compreso le potenzialità di questo settore già nel 2006, quando lo lanciò in Francia. Per l’Italia il portale ha atteso fino al 2012, conquistando, però, in pochi mesi, ottimi risultati e raggiungendo nel 2014 un fatturato di 100 milioni

32

di euro, per un totale di 10 milioni di prodotti venduti (il doppio della cifra raggiunta nel 2013). Oggi il sito collabora con aziende italiane ed estere, offrendo un servizio esclusivo che mira alla valorizzazione e internazionalizzazione dei prodotti. Grazie ad una piattaforma di 24 milioni di soci, 2 milioni solo in Italia, Vente-privee è infatti un partner globale in grado di offrire la propria esperienza non solo ai brand più noti, ma anche a nicchie di eccellenza che possono affacciarsi all’internazionale. Il portale propone on-line numerose e diverse categorie merceologiche (dall’abbigliamento all’high-tech) attraverso la formula delle cosiddette vendite-evento on-line. Ciò significa proporre ogni giorno ai soci iscritti vetrine dedicate ad un singolo brand con offerte valide per una durata di 3-4 giorni al massimo.

La collaborazione con Unici Un esempio della missione di Venteprivee è la vendita attraverso un nuovo canale denominato Unici, attivo dal 7 maggio scorso. Si tratta di un’iniziativa nata dalla collaborazione di sette marche dell’eccellenza gastronomica italiana (La Nicchia Pantelleria, Il Borgo del Balsamico, Ursini, Azienda Agricola Mancini, Biscottificio Mattei-Deseo, La Via del Tè e Savini Tartufi) che hanno deciso di collaborare e condividere valori e progetti comuni. In occasione della creazione di Unici, il sito ha analizzato l’andamento del settore e la profilazione della clientela che, per il mercato italiano, ha registrato qualche novità. Se in Europa il target del comparto gastronomia del sito è composto per il 60% da donne e per il 40% da uomini, in Italia la cifra dei clienti maschili

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


sale fino al 46% e controbilancia la tendenza di una maggior presenza di clientela femminile nell’off-line gastronomia. Per quanto riguarda invece il settore vino, i clienti uomini su Vente-privee crescono fino al 61% contro il 39% delle donne, rispetto ad una ripartizione in Europa che vede il 47% delle donne e il 53% degli uomini. Dati che confermano l’importanza e il ruolo di Vente-privee anche in questo settore come canale complementare e aggiuntivo ai retail tradizionali. Vino e gastronomia sempre più mobile Dai dati analizzati dal sito emerge l’importanza del mobile-commerce: in Europa, nel 2014, il 35% del fatturato di vino e gastronomia su Vente-privee è stato generato da acquisti tramite smartphone e tablet, registrando un +17% rispetto al 2013. Una tendenza ancora più spiccata

in Italia, dove il mobile raggiunge il 40% di fatturato (+30 vs 2013) sempre per questo settore. Nel primo trimestre del 2015, inoltre, il fatturato da mobile-commerce per acquisti di enogastronomia su Vente-privee ha raggiunto il 45% (+22% rispetto allo stesso periodo del 2014): una progressione confermata anche dai dati generali del sito per cui il mobile genera il 45% del fatturato. Alcuni numeri • Nel 2014 Vente-privee ha realizzato 44 milioni di fatturato dalla vendita di vino on-line (4 milioni di bottiglie); • sono state 18.000 le bottiglie di vino vendute in Italia in tre giorni; • in soli due giorni sono state vendute oltre 10.000 bottiglie di olio extravergine d’oliva; • sempre in tre giorni, sono state vendute 900.000 capsule di caffè; • 3.500 i panettoni venduti il giorno di Ferragosto.

Pioniere e leader mondiale nel settore delle vendite-evento on-line con 24 milioni di soci, Vente-privee è dal 2001 specialista nel destoccaggio di grandi marche. L’iscrizione è gratuita e senza obbligo d’acquisto. Le vendite hanno una durata limitata che va da 3 a 5 giorni e sono organizzate in stretta collaborazione con più di 2.600 grandi marche internazionali in tutti i settori merceologici: prêt-à-porter, accessori, oggettistica per la casa, giocattoli, articoli sportivi, high-tech, solo per citarne alcuni. La collaborazione privilegiata con le marche permette di proporre prezzi estremamente vantaggiosi. Con oltre 2.100 dipendenti, 8 paesi europei (Francia, Spagna, Germania, Italia, Regno Unito, Austria, Belgio e Paesi Bassi), vente-privee.com ha realizzato nel 2014 un fatturato europeo globale di 1,7 miliardi di euro. In Italia, l’azienda conta oltre 2 milioni di soci (in basso, l’esterno di una sede della società; photo © vente-privee.com).

SAN BONO S.r.l. Via A.Vaccari n. 28/30 29028 Ponte dell'Olio - PC

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

www.sanbono.it


Comunichiamo

Un progetto stupendo di Chiara Russotto

«M

i chiami quando hai un momento? Ti voglio invitare a Cam-OnEat!». Ricevo questo messaggio i primi giorni di marzo. Chi me lo manda è il presidente dell’Associazione Ristoratori Vallecamonica (www. ristoratorivallecamonica.it), MARCO BEZZI, il quale mi spiegherà in una telefonata lampo che: «il Distretto Culturale della Valle ha creato un progetto di comunicazione strepitoso che — grazie al recupero delle antiche ricette locali — vedrà IGINIO MASSARI (Migliore Pasticcere d’Italia), RICCARDO CAMANINI (1 Stella Michelin) e PHILIPPE LÉVEILLÉ (2 Stelle Michelin) protagonisti di tre show-cooking ai

quali non è possibile mancare». Il progetto di comunicazione alle spalle di questi tre eventi è di fatto meraviglioso e ha come obiettivo il rilancio territoriale, culturale e gastronomico della Valle Camonica. Vi spiego meglio: il comitato tecnico del Distretto Culturale ha selezionato quattro neolaureati in Antropologia, Archivistica e Scienze dell’alimentazione per effettuare una ricerca sulle antiche ricette camune tramandate oralmente dagli anziani dei 42 comuni della Valle (una delle ricette recuperate, “Orzotto con formaggella”, pubblicata nel box a pagina 35, è stata gentilmente concessa da ELETTA FLOCCHINI del Distretto

Chiara Russotto ha 38 anni, è consulente di comunicazione e titolare insieme a Federico Roveda di Smarti Editrice. Si occupa prevalentemente di food, adora i suoi clienti, cede al cibo per amore, lotta con la dieta, ride, ha due cani ed una passione per i libri che trattano argomenti dei quali, lei, non capisce assolutamente nulla.

34

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


Orzotto con formaggella Ingredienti • g 200 di orzo perlato • g 200 di luganega a pezzettini • g 200 di formaggella di Valle Camonica • g 50 di pancetta a dadini • brodo di carne sgrassato q.b. • rosmarino e burro q.b. • 1 bicchiere di vino bianco • formaggio grattugiato q.b. • mezza cipolla Preparazione Far soffriggere in una pentola la cipolla con olio extravergine di oliva, aggiungere la pancetta e la luganega, rosolare per qualche minuto. Aggiungere l’orzo perlato e mescolare per farlo tostare bene, quindi bagnare con il vino bianco. Quando il vino è evaporato, aggiungere il brodo fino alla completa cottura dell’orzotto. Quando l’orzo è cotto aggiungere un fiocco di burro, il formaggio grattugiato e la formaggella tagliata a pezzi, mantecare e prima di servire spolverare con rosmarino tritato. Diffusione a livello territoriale e periodizzazione In passato la ricetta era diffusa prevalentemente in media e bassa Valle Camonica. Questo primo piatto veniva consumato prevalentemente in autunno-inverno, ma poteva essere cucinato anche durante il resto dell’anno a seconda della disponibilità degli ingredienti. Aneddoti L’orzo non veniva macinato ma, per renderlo commestibile, i chicchi dovevano essere separati dall’involucro esterno: dopo essere stati bagnati, venivano versati in grosse vasche di pietra, dove erano collocati pesanti pestelli lignei, che si muovevano in senso verticale e rimuovevano il glume, ottenendo così il cosiddetto orzo perlato. Per cucinare delle buone zuppe, specialmente di orzo perlato, era consuetudine far fondere il burro, su cui venivano fatti rosolare i chicchi finché diventavano bruni. Poi veniva aggiunta l’acqua. Il sale, assieme agli aromi, andava invece aggiunto a fine cottura, per evitare che i chicchi restassero duri. Le zuppe venivano consumate in semplici scodelle intagliate nel legno e il tempo di conservazione delle zuppe di cereali poteva variare dai due ai tre giorni. La ricetta “Orzotto con formaggella” di Oriana Belotti, Trattoria La Cantina di Esine, è inedita.

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

35


Riccardo Camanini con gli studenti della Scuola CFP Zanardelli. Culturale di Valle Camonica). Si è partiti, quindi, dal recupero della memoria storica di questo popolo per individuare gli chef bresciani che, rappresentando l’eccellenza nel mondo del food, fossero pronti a sostenere il progetto di valorizzazione e promozione della ristorazione locale, attraverso l’attualizzazione delle ricette secondo estro e sensibilità. Ma se “Crescita” e “Condivisione” sono le parole chiave di questo progetto, ad affiancare i tre chef non potevano mancare gli studenti degli istituti alberghieri, che presto si troveranno a svolgere questo mestiere nelle cucine del mondo. E i ristoratori, gli agrituristi e i rifugisti di Valle Camonica, che da qui ad un anno introdurranno le ricette recuperate, nei loro menu. Per tutti questi motivi trovo “Cam-on-Eat” un progetto veramente efficace! Ma ci sono ancora un paio di cose di cui voglio parlarvi. L’evento a Ponte di Legno con Riccardo Camanini è stato veramente bello anche per la generosità intellettuale che lo chef ha dimostrato nei confronti di alunni

e ristoratori. Appena arrivato alla Scuola alberghiera CFP Zanardelli ha riorganizzato il lavoro degli studenti mostrando come curare la pulizia dei piatti e come esaltare la qualità dei prodotti che sarebbero stati utilizzati durante la serata. Camanini ha spiegato come realizzare basi gastronomiche semplici e efficaci e suggerito spunti per rendere goloso ciò che spesso consideriamo “materiale di scarto”. Ma non solo. Ha definito le priorità, portando l’esperienza del cliente, all’inizio di ogni suo ragionamento. Guardate i visi dei ragazzi nelle foto, potete sentire la loro mente ragionare! CINZIA PASINA, direttrice della scuola, mi ha raccontato che per molti giorni i ragazzi hanno parlato di questo giovane chef che, in pochissime ore, gli ha regalato un cambio di prospettiva netto!, dimostrando loro che questo lavoro sarà sì faticoso, ma che, se non si scoraggeranno, li riempirà di grandi soddisfazioni. Se siete arrivati a leggere fino a qui meritate un premio: il segreto del vostro successo non sarà mai

negli investimenti esagerati ma risiederà nella sinergia che riuscirete a creare tra parti diverse ma vicine. Specializzatevi, studiate e investite su voi stessi: sulla vostra crescita professionale. Leggete di tutto e trasmettete la vostra conoscenza. Siate curiosi. Andate a cercare i ristoratori che lavorano nel vostro stesso modo, create eventi insieme a loro. O create prodotti PER loro. Imparate a comunicare! Diffondete i vostri valori e la vostra qualità attraverso giornalisti e blogger. Rendeteli entusiasti (come sono riusciti a fare con me in Valle Camonica). Pensate a progetti a breve, medio e lungo termine. E se qualche volta la fatica vi fa dire “chi me lo fa fare?”, pensate che altri imprenditori se lo chiedono, continuando — esattamente come voi — a lavorare per proporre la miglior offerta possibile. Per cui non abbiate timore: andateli a cercare e unite le mani. Chiara Russotto

Domandateci, chiedeteci, contattateci: attraverso questa rubrica rispondiamo alle mail che ci sembrano più utili ad approfondire gli argomenti trattati. Vi preghiamo di darci più informazioni possibili, così da rendere i nostri consigli efficaci o, nel caso siate interessati ad argomenti specifici, di comunicarcelo a info@pubblicitaitalia.com

36

Premiata Salumeria Italiana, 3/15



Aziende

Dallatana, norcini in Parma Una famiglia di artigiani che produce i salumi come un tempo ma con le tecnologie dei giorni nostri. Il loro capolavoro è il Culatello di Zibello Dop tutto naturale prodotto con cosce selezionate e lavorate a caldo. L’azienda è abilitata per l’esportazione in Giappone e Canada di Elena Benedetti

O

gni volta che mi trovo a percorrere le strade provinciali della Bassa parmense resto sempre colpita dall’atmosfera di quiete rarefatta che si respira da queste parti. Ogni volta che attraverso i piccoli borghi di case basse, antiche chiese,

lunghe distese di campi coltivati con ordine e rigore a mais e erba medica, che sia una giornata di pieno sole o tra le fitte nebbie autunnali, ho quasi l’impressione che qui il tempo si sia fermato. Tutto sembra scorrere più lento, quasi immobile, come l’acqua del

Fabrizio, Renato e Filippo Dallatana, titolari dell’azienda operativa dal 1998 e presente a Roncole Verdi, Busseto, dal 2004.

38

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


La produzione di Dallatana è incentrata su tutti i principali salumi tipici della Bassa Parmense: culatello di Zibello DOP, fiocco di culatello, coppa, salame, strolghino di culatello e spalla cruda di Palasone, un antico salume del territorio, particolarmente apprezzato dai ristoranti. In foto, il salame gentile in stagionatura. Po che con i suoi argini caratterizza clima e paesaggi. È qui, a Roncole Verdi, nel cuore di queste terre, che siamo stati a trovare i fratelli Filippo e Fabrizio Dallatana che producono un salume unico al mondo, il Culatello di Zibello DOP, e altri prodotti della tradizione salumiera parmense. E lo fanno con cura e una passione che non potrebbero non avere se non grazie al loro DNA. Eh già, perché forse quell’attrazione che ha esercitato su di loro la lavorazione delle carni suine è la stessa che animava il loro nonno Otello e, prima di lui, il bisnonno Oreste. Due norcini che per diletto e passione, nei mesi invernali si dedicavano alla macellazione dei maiali per le case di campagna. I nipoti Filippo e Fabrizio iniziavano così a respirare fin da bambini quell’arte antica che, vent’anni dopo, si sarebbe trasformata in un lavoro oggi conosciuto ed apprezzato anche oltre confine.

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

L’inizio dell’attività La storia dell’azienda Dallatana inizia nel 1998 quando i due fratelli Filippo e Fabrizio, poco più che ventenni, uno ragioniere e l’altro geometra, prendono in affitto un piccolo laboratorio di produzione salumi gestito da due norcini ormai in età avanzata. Ed è così che, a poco a poco, inizia il passaggio di consegne. «L’azienda si trovava a Sant’Agata di Villanova sull’Arda, a pochi chilometri da qui, ma già in provincia di Piacenza» spiegano i fratelli. «A quei tempi il mercato richiedeva semplicemente un buon culatello e la percezione del marchio di denominazione di origine protetta non era forte come oggi. Siamo passati attraverso varie fasi e abbiamo fatto la nostra gavetta» precisano Filippo e Fabrizio. I loro maestri sono stati gli anziani titolari e i tre dipendenti che insieme a loro andavano presso il macello a selezionare le cosce migliori e che gli

hanno insegnato ad usare il coltello per il disosso e il sezionamento delle carni. La comprensione di ogni singola fase produttiva richiedeva attenzione, un’abilità manuale tutta da apprendere ed una visione del lavoro che, qualche anno dopo, sarebbe stata alla base della loro crescita professionale. Nel frattempo, col trascorrere degli anni, nel mercato era cresciuta la conoscenza del prodotto, il Culatello di Zibello DOP, e con essa la voglia di garantire un salume pregiato, di fascia alta, realizzato seguendo il disciplinare di produzione. È così che nell’agosto 2004 la famiglia Dallatana sposta la sede dell’azienda a Roncole Verdi, vicino a Busseto, in uno stabilimento di nuova costruzione di 1.800 m2 di superficie su due livelli, fabbricato su misura per soddisfare le loro necessità e con specifiche tecnologie per la produzione dei culatelli.

39


In alto: il disosso del culatello. Le carni utilizzate per la produzione dei salumi Dallatana vengono selezionate e provengono da suini pesanti nati e allevati in Emilia e Lombardia. Le cosce sono sezionate dal personale dello stabilimento e lavorate a caldo In basso: la salatura del culatello. Gli unici ingredienti che Dallatana utilizza sono sale marino e pepe, dosati rigorosamente in base al peso di ogni singolo culatello.

40

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


In alto: legatura manuale. In basso: le antiche cantine interrate presso l’osteria di famiglia a pochi passi dallo stabilimento e dalla casa natale di Verdi. Questi ambienti sono stati recentemente oggetto di una visita da parte di un gruppo di operatori del progetto europeo Better Training for Safer Food, che ha individuato nell’azienda Dallatana una realtà per la produzione di culatello vocata a coniugare lavorazione artigianale e tecnologia d’avanguardia.

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

41


Il culatello di Zibello DOP nasce in zone situate nella Bassa Parmense in prossimità del fiume Po, caratterizzate da inverni freddi, lunghi e nebbiosi ed estati torride. L’alternanza di periodi secchi e umidi ne consente la lenta maturazione e sviluppa quegli inconfondibili profumi e sapori che lo hanno reso celebre nel mondo. Il culatello Dallatana è garanzia di massima qualità e sicurezza ed è ottenuta con una lavorazione che coniuga artigianalità, tradizione e innovazione.

42

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


L’azienda oggi Dallatana conta attualmente 10 dipendenti di cui 2 amministrativi oltre i due titolari. Con loro coadiuva il padre Renato che, facendo eccezione alla regola che generalmente vede i figli seguire le orme dei padri, dopo aver svolto nella sua vita lavorativa un altro mestiere, segue l’attività iniziata dai figli. La produzione annua dei culatelli si aggira attorno ai 7.000 pezzi, oltre ad altri prodotti tipici della Bassa parmense come fiocco di culatello, coppa, salame, strolghino e l’altro gioiello della salumeria che è la Spalla Cruda di Palasone, salume tanto prezioso quanto raro per la particolare abilità che richiede la lavorazione e cura nella stagionatura. «Grazie ai collaboratori che lavorano con la nostra stessa passione e il nostro impegno, possiamo affermare con una certa soddisfazione che Dallatana oggi è un’azienda modello nella produzione di Culatello di Zibello DOP» afferma Filippo. Ogni singola fase è condotta da mani esperte che ripetono quei gesti di un tempo in un conteso conforme ai massimi standard di qualità e sicurezza alimentare. Lavorazione “a caldo” e zero conservanti Le cosce utilizzate dall’azienda provengono da suini pesanti nati e allevati nelle regioni di Emilia Romagna e bassa Lombardia come indicato dal disciplinare di produzione del culatello di Zibello. Dallatana è probabilmente uno dei pochi produttori che lavora le carni subito dopo la macellazione senza fargli subire alcun tipo di refrigerazione (è per questa ragione che viene chiamata lavorazione “a caldo”). All’interno del laboratorio, dopo attenta valutazione di peso, forma, quantità di grasso e consistenza di ogni singola coscia, si effettuano tutte le operazioni di scotennamento, disosso, rifilatura e sezionamento che danno vita al culatello. È questa l’autentica arte tramandata dai vecchi norcini che Dallatana applica fedelmente e che ritiene sia la condizione essenziale per ottenere un prodotto di massima qualità. Il Consorzio di tutela del Culatello di Zibello preveda anche un altro

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

Lo stabilimento di Dallatana è dotato di impianti tecnologici d’avanguardia che garantisco massimi standard di igiene e sicurezza alimentare. Particolare attenzione è riposta anche alle energie rinnovabili con un impianto fotovoltaico attivo dal 2010 a tutela dell’ambiente. metodo di lavorazione molto più rapido ma meno attento, ovvero l’utilizzo del culatello “smontato pronto sale”. In questo caso il produttore non compie nessuna delle operazioni sopra elencate, affidate per intero al macello di provenienza delle carni, e si limita unicamente alla salatura del culatello. È evidente che questo tipo di lavorazione, meno impegnativa, più comoda, più “industriale” è praticata da chi produce grosse quantità di prodotto o da chi concentra la produzione solo in alcuni mesi dell’anno. Gli unici ingredienti che Dallatana utilizza sono sale marino e pepe, dosati rigorosamente in base al peso di ogni singolo culatello. L’assenza di ogni altro additivo o conservante rende questo prodotto totalmente naturale e adatto al consumo anche da parte di soggetti intolleranti a glutine e lattosio. Il processo di lavorazione si completa con una stagionatura che varia dai 12 ai 24 mesi e che viene affinata in antiche cantine di proprietà risalenti al 1600 poste a pochi passi dalla casa natale di Giuseppe Verdi: è il Vecchio Mulino Pallavicino, osteria

con cantina in cui si può gustare tutta la gamma dei salumi prodotti. I canali commerciali I prodotti Dallatana sono commercializzati principalmente nel canale tradizionale (salumerie e gastronomie di fascia medio-alta) e nella ristorazione. La GDO ricopre una piccola fetta del mercato, pari al 10% dell’intera produzione. L’azienda è abilitata all’esportazione in Europa, Giappone e Canada e i suoi prodotti sono presenti in diversi punti vendita all’estero. Per chi si trovasse nella Bassa parmense consigliamo una visita allo spaccio aziendale, aperto tutti i giorni. Preparatevi ad essere accolti da una stretta di mano vigorosa che i fratelli Dallatana, sicuramente in camice da lavoro, vi daranno all’arrivo. Elena Benedetti Dallatana Srl Via Provinciale 4/A Roncole Verdi 43011 Busseto (PR) Telefono: 0524 935024 E-mail: info@dallatana.it Web: www.dallatana.it

43


Nella famiglia Busti anche le capre parlano toscano Cresce la gamma di formaggi prodotti dal caseificio di Fauglia con l’introduzione di due referenze a base di latte di capra rigorosamente toscano. Una ricotta e un caprino a caglio vegetale ideale per i consumatori vegetariani, per i quali è pensato anche il pecorino Fior di Cardo. E a ottobre la festa per i 60 anni di attività di Gaia Borghi

U

na famiglia che cresce è sempre una bella notizia da trasmettere anche se, in questo caso, per i nuovi nati non verranno appesi alla porta di casa fiocchi azzurri o rosa. La lieta novella riguarda infatti due formaggi, due nuove, nuovissime referenze inserite da poche settimane dal Caseificio Busti di Fauglia (PI) all’interno della propria gamma di prodotti e presentate a clienti, operatori e stampa

alla fiera Tuttofood di Milano. «Per la prima volta in 60 anni di attività abbiamo deciso di produrre due formaggi a base di latte di capra» mi dice STEFANO BUSTI, titolare dell’azienda, dove lavorano anche i figli Marco e Benedetta. «I pastori da cui ci riforniamo abitualmente per il latte di pecora, ubicati nelle zone di Siena e della Val d’Orcia, nelle colline pisane e livornesi, nella provincia grossetana e nel Volterrano, allevano anche

qualche capo di specie caprina. Per iniziare questa nuova produzione, infatti, per noi era fondamentale disporre di latte italiano, anzi, toscano». E così, dalle sale di lavorazione di Busti sono usciti La Capricciosa, una ricottina naturalmente leggera, proposta in una pratica confezione da 380 grammi, e il Capriccio toscano a caglio vegetale, un caprino adatto ad essere consumato fresco, disponibile solo su prenotazione.

Il Capriccio toscano è il primo formaggio a latte di capra prodotto dal Caseificio Busti. A caglio vegetale, è adatto ad essere consumato da chi segue un’alimentazione vegetariana.

44

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


La Capricciosa Busti, ricotta realizzata con latte di capra. Si tratta di una vera e propria “innovazione” nella tradizione casearia toscana storicamente vocata alla trasformazione del latte ovino. «Il mercato, soprattutto al Nord, ci richiedeva questa tipologia di prodotto — precisa Stefano — e gli assaggi che abbiamo offerto finora qui in fiera ci hanno dato grandi soddisfazioni: i due formaggi piacciono molto,

risultando delicati nel sapore, nonostante il latte di capra abbia un carattere deciso, forte». Ottimo, in particolare, il risotto mantecato con il Capriccio toscano e il violino di capra dell’azienda pisana Bernar-

dini Gastone preparato durante uno show-cooking in apertura del salone milanese alla presenza del giornalista Leonardo Romanelli. «Mi preme sottolineare il fatto — prosegue Stefano — che entrambe le referenze hanno una disponibilità limitata: si tratta infatti di prodotti stagionali, legati alla lattazione degli animali che, in questo caso, corrisponde ai mesi che vanno da aprile ad ottobre. Ogni stagione per noi ha il suo prodotto ed è proprio questa caratteristica, cioè il fatto che non tutte le referenze siano sempre disponibili 365 giorni all’anno e che ad alcuni potrebbe sembrare un limite, a rappresentare la forza e la ricchezza dei nostri formaggi». Per questo motivo, sulla brochure aziendale, è riportato con cura e per ogni prodotto il calendario delle disponibilità, con la nota relativa che spiega all’acquirente la motivazione di eventuali mancanze durante l’anno e i suggerimenti sugli abbinamenti gastronomici ideali con mostarde, mieli, gelatine, birra e vini.

Il Caseificio Busti, inaugurato nel settembre 2011 ad Acciaiolo, nel comune di Fauglia, è stato costruito ex-novo in armonia con il territorio circostante e si sviluppa su una superficie di circa 5.200 m2 distribuiti su due livelli. Il piano terra è interamente dedicato alla “parte produttiva”, ovvero la produzione dei formaggi e delle ricotte, la preparazione e il confezionamento; il piano primo, invece, è destinato alla stagionatura dei formaggi in celle frigorifere a temperature ed umidità controllate. L’ausilio dei moderni impianti di processo e il forte investimento sull’innovativo sistema di climatizzazione dello stabilimento, in sinergia con la consolidata tradizionalità delle produzioni, contribuiscono a migliorare giorno dopo giorno la qualità dei formaggi Busti. Il Caseificio, inoltre, aderisce al progetto “Latte di pecora della nostra terra: tracciabilità e rintracciabilità di filiera nel settore lattiero caseario toscano” promosso dalla Regione Toscana e dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Regioni del Lazio e Toscana, che ha visto l’implementazione di un Sistema di Rintracciabilità di Filiera conforme alla norma ISO 22005:2008. Busti ha ottenuto recentemente la conformità alla norma ISO 9001:2008 “Sistemi di gestione per la qualità” e quella ai requisiti del Global Standard For Food Safety con conseguenti certificazioni BRC e International Featured Standards (IFS-Food). Le idoneità alle suddette certificazioni sono state verificate dall’organismo di controllo accreditato Certiquality di Milano. Con il desiderio di far conoscere la propria realtà artigianale, il Caseificio è sempre aperto al pubblico e l’Ufficio Qualità è a disposizione dei clienti per visite guidate, percorsi didattici dedicati a bambini e ragazzi di tutte le età o per semplici visite seguite da una ricca degustazione finale. Da ricordare anche la presenza all’interno dell’edificio del locale “Il Rifocillo” gestito dallo chef Raffaele Lanza.

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

45


Dalla rivisitazione di un’antica ricetta regionale è nato il primo pecorino a caglio vegetale Busti: il Fior di Cardo. Un formaggio fresco che si può consumare già a pochi giorni dalla produzione. È indicato per l’alimentazione vegetariana. Sempre in tema di novità e di attenzione alle nuove tendenze è nato il Fior di Cardo, un pecorino a caglio vegetale che, come il Capriccio toscano, è adatto a chi segue una dieta vegetariana. «Si tratta di una nicchia di consumatori da qualche anno in costante crescita» precisa Stefano Busti «per la quale abbiamo ritenuto importante riservare un paio di produzioni specifiche di elevata qualità». Rinnovamento nel rispetto della tradizione Naturalità, stagionalità, attenzione nei confronti dei consumatori con particolari restrizioni alimentari o di quelli alla ricerca di alimenti il più possibile naturali, con uso limitato di additivi e conservanti, che valorizzino il territorio: sono questi i principi seguiti oggi dall’azienda toscana, sempre attenta alle nuove tendenze che emergono dall’analisi del mercato senza per questo tradire la propria filosofia legata al mantenimento dell’elevata qualità della produzione, in perfetto equilibrio tra lavorazione tradizionale e miglioramento dei processi grazie all’ausilio della moderna impiantistica. «Abbiamo deciso di intervenire il meno possibile sui for-

46

maggi — mi racconta Marco Busti —, scegliendo ad esempio lavorazioni che già facevano i nostri antenati. È il caso del Pecorino di Remo a latte crudo, prodotto con latte appena munto e non pastorizzato, il che ci consente di mantenere intatta la flora batterica tipica di un ambiente o di una razza. Inoltre, cerchiamo di privilegiare la “naturalità” e l’edibilità delle croste, evitando di applicare le etichette con colle antimuffa». Altri esempi in questa direzione sono il trattamento dei formaggi con prodotti naturali come l’olio extravergine d’oliva, i fondami d’olio d’oliva o il concentrato di pomodoro. «Il trattamento in crosta con pomodoro concentrato — continua Marco — deriva da un’antica pratica di conservazione diffusa nel nostro territorio che sfrutta l’acidità del pomodoro per proteggere in modo naturale il formaggio dallo sviluppo delle muffe. Mentre per l’ultimo nato, il Capriccio toscano, è proprio la selezione delle muffe nobili che lo ricoprono a rendere la crosta edibile. Soprattutto all’estero, quando parliamo di “muffe”, i clienti, inizialmente, restano un po’ interdetti: ecco perché per noi è importante spiegare

come nascono i nostri formaggi, la storia e cultura che sottende le nostre scelte produttive. Solo così è possibile apprezzare appieno un’azienda e le persone che vi operano, dando il giusto valore al loro lavoro». Cura dei dettagli, professionalità e dedizione quotidiana si ripetono ogni giorno all’interno del caseificio Busti che, nel prossimo mese di ottobre, con una grande festa, celebrerà i sessant’anni di vita. Sessanta proprio come i dipendenti che lavorano oggi nel caseificio e che, insieme a Stefano, Marco e Benedetta Busti, hanno reso il nome e lo stile di questa bella realtà sempre più apprezzati nel mondo. Gaia Borghi Caseificio Busti Snc Via Guglielmo Marconi 10 56043 Fauglia (PI) Telefono: 050 650565 E-mail: info@caseificiobusti.it Web: www.caseificiobusti.it

Premiata Salumeria Italiana, 3/15



48

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


Premiata Salumeria Italiana, 3/15

49


Prodotti tipici

Estremadura: che cosce! di Massimiliano Rella

50

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


P

er NICO JIMÉNEZ, maestro cortador e patron dell’omonima casa produttrice, affettare il prosciutto è un’impresa che merita la massima cura e precisione ma che dà risultati incredibili. A condizione che non si tratti di un prodotto qualsiasi ma del top della norcineria dell’Estremadura, il Jamón ibérico de Bellota. Si ottiene da maiali Iberici e il migliore è quello realizzato con cosce di animali allevati liberi nella dehesa, il bosco di querce e macchia mediterranea tra Estremadura, Andalusia e Salamanca, uno degli ecosistemi meglio conservati in Europa. La dehesa, oltre all’indiscussa bellezza paesaggistica, rappresenta un’importante risorsa economica legata ad una delle eccellenze gastronomiche del territorio. Norme recenti distinguono i maiali di razza Iberica a seconda del tipo di allevamento e alimentazione: • il bellota, allevato allo stato brado e nutrito soltanto di ghiande ed erbe; • il cebo de campo, cioè alimentato con mangime di campagna;

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

il cebo, nutrito con mangimi tradizionali. I diversi colori delle etichette da apporre per legge su ciascun prosciutto permettono al consumatore di riconoscere le caratteristiche del prodotto: • l’etichetta nera è per i prodotti da bellota 100% di razza Iberici (Jamón de Bellota 100% Ibérico); • l’etichetta rossa per i bellota Iberici non di razza pura (Jamón de Bellota Ibérico); • la targhetta verde per i prodotti da cebo de campo (Jamón de Cebo de Campo Ibérico); • la targhetta bianca per i cebo (Jamón de Cebo Ibérico). Nico Jiménez ha conquistato negli anni premi nazionali e internazionali ma uno dei suoi maggiori traguardi Nico lo ha raggiunto con il Guinness dei primati, conquistato per 2 volte con la più lunga fetta di prosciutto tagliata a mano, la prima volta nel 2008, durante un programma televisivo di Telecinco, con una fetta lunga m 13,32, e la seconda nel 2010 a Tokyo, in occasione di una dimostrazione alla

51


Cantina Jamones Casa Batista a Montànchez. 1) Per verificare il buon andamento della stagionatura viene effettuata la spillatura del prosciutto con una sorta di ago in osso di cavallo chiamato fibula. 2) Jamón ibérico in stagionatura. 3) Particolare del prosciutto. Hattori, la famosa scuola giapponese di nutrizione e gastronomia, con una fetta di m 13,35. Un risultato che è stato possibile raggiungere dopo 25 anni di esercizio, un quarto di secolo a tagliare prosciutti. «È un modo per promuovere un prodotto straordinario della mia terra, non riproducibile altrove» dice

52

La Dehesa de Nico Jiménez José Ramón Melida 24 Museo Nacional de Arte Romano 06800 Mérida, Badajoz Telefono: +34 (0) 924 3039 E-mail: info@nicojimenez.com Web: www.nicojimenez.com

Jamones Casa Bautista Plaza de España s/n Calle Mártires 18 – Calle Felipa Sierra 2 10170 Montánchez (Cáceres) Telefono: +34 (0) 927 380311 E-mail: info@jamonescasabautista.com Web: www.jamonescasabautista.es

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


l’ambasciatore del prosciutto d’Estremadura nel mondo. «Un ecosistema unico, una razza autoctona di suini, l’allevamento allo stato brado, un’alimentazione naturale fanno del Jamón ibérico un prodotto speciale». Il negozio di Nico Jiménez nel centro di Mérida è una bottega di ghiottonerie, dai formaggi ai paté, dagli insaccati ai prosciutti. Qui il Jamón è tagliato a mano dai maestri cortador. Inoltre, in due salette dedicate, in fondo al locale, si possono mangiare le specialità in vendita. Cantina Jamones Casa Bautista Obiettivo qualità anche per un altro tra i prosciuttifici del territorio. A Montànchez, un villaggio costruito intorno ad un imponente castello medievale su una ripida collina a 700 metri di altitudine, Jamones Casa Bautista è un’azienda a conduzione famigliare fondata nel 1925 da D. JULIO BAUTISTA. La cantina è riuscita a raggiungere l’eccellenza nella produzione del prosciutto, come dimostrano i tanti riconoscimenti, non ultimi quelli ottenuti nelle edizioni del Salón del Jamón Ibérico del 2007, del 2009 e del 2010 a Jerez de los Caballeros. A Casa Bautista ogni jamón, ottenuto dalle zampe posteriori, e ogni paleta, fatta con la zampa anteriore, richiede 5 anni di lavoro, dalla nascita del maiale fino a quando il prodotto è pronto per la tavola. La qualità del prosciutto deriva da una lavorazione lenta e accurata, che include la salatura pezzo per pezzo in base alle dimensioni, la stagionatura in cantine buie a temperatura controllata per garantire un sapore e un aroma inconfondibili, ma anche la giusta consistenza, umidità e morbidezza della carne. La bontà a portata di clic Sia Nico Jiménez che Casa Bautista propongono i loro prodotti tramite vendita on-line. Massimiliano Rella Nota A pagina 50 e 51, la bottega del gusto di Nico Jiménez a Mérida. A pagina 51, il taglio a mano del prosciutto (photo © Massimiliano Rella).

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


Mercati

L’Atlante geografico del food made in Italy nel mondo Negli ultimi dieci anni le esportazioni dell’industria agroalimentare sono cresciute a velocità doppia rispetto al totale dell’export italiano, raggiungendo nel 2014 la soglia dei 34 miliardi di euro. Ma l’Italia è ancora indietro rispetto ai competitors europei, Germania in testa. Federalimentare ha fotografato la diffusione delle nostre eccellenze agroalimentari nel mondo. Obiettivo: crescere!

N

el mondo c’è voglia di made in Italy. Ogni anno 1,2 miliardi di persone comprano un prodotto agroalimentare italiano e, di queste, ben 750 milioni sono consumatori fidelizzati. Nel 2014 la soglia dell’export agroalimentare italiano ha raggiunto i 34,3 miliardi di euro, con un tasso espansivo del +2,7% rispetto all’anno precedente. Ma quali sono i principali paesi di destinazione dei prodotti agroalimentari italiani? E quali sono i mercati in cui la domanda di made in Italy si dimostra più dinamica? Quali sono i prodotti italiani più conosciuti ed esportati e quali gli ostacoli che frenano un’ulteriore diffusione del food & beverage italiano nel mondo? L’Atlante geografico del food made in Italy a cura di FEDERALIMENTARE fotografa la diffusione dell’export agroalimentare nel mondo, i mercati più importanti e quelli che nel 2014

54

hanno registrato le performance più rilevanti. E illustra le sfide strategiche che attendono le imprese italiane per raggiungere l’ambiziosa soglia di 50 miliardi di export entro la fine del decennio. 2004-2014: dieci anni di export alimentare italiano L’export alimentare viaggia a velocità doppia rispetto al Paese. Nel periodo compreso tra il 2004 e il 2014, l’industria alimentare ha visto aumentare il valore del suo export dell’83,8%, praticamente il doppio rispetto al totale dell’export italiano, che nello stesso periodo è aumentato del 46,1%. Il peso delle esportazioni sul fatturato dell’industria alimentare italiana è passato negli ultimi dieci anni dal 14% al 20,5% e, se nel 2004 esportavano all’estero 2 industrie su 10, oggi un’industria su due delle 54.000 produce anche per i mercati esteri.

Ma se la fotografia degli ultimi dieci anni certifica una tendenza positiva e una maggiore capacità di penetrazione dell’industria agroalimentare italiana nei principali mercati esteri, il nostro Paese risulta ancora indietro rispetto ai principali competitors europei. Se, infatti, in Germania il peso dell’export agroalimentare ha raggiunto un terzo del totale (33%), l’Italia è ferma al 20%, preceduta anche da Francia (26%) e Spagna (22%). Tuttavia, malgrado la propensione all’export dell’industria italiana sia inferiore a quella tedesca, l’Italia, anche grazie ad un più alto posizionamento di prezzo dei nostri prodotti, produce più valore aggiunto: 24 miliardi contro gli 11 della Germania. Tale indice, che include la somma delle remunerazioni che vanno ai lavoratori (salari e stipendi), agli imprenditori (utili), ai prestatori di capitale (interessi bancari e finan-

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


ziari), nonché allo Stato (imposte dirette), fa capire quanto un settore sia importante e strategico per l’economia del Paese. Dove esportiamo: Germania e Francia in testa. Ma gli USA preparano il sorpasso Anche nel 2014 il primo Paese destinatario dell’export agroalimentare italiano si è confermato la Germania malgrado una sostanziale stabilità rispetto all’anno precedente (+0,1%). Da sola essa assorbe il 16,1% del totale dell’export italiano. Seguono la Francia (11,6% e +2,9% rispetto al 2013) e gli Stati Uniti, primo mercato extraeuropeo dove le esportazioni sono cresciute nell’ultimo anno del +6,4%, raggiungendo una quota del 10,9% sul totale. Balzo in avanti anche del Regno Unito, che grazie al +7,6% dell’ultimo anno raggiunge il 9,5% sul totale. Cresce del +3,1% anche l’export in Svizzera, che si ritaglia una quota del 3,9%. In totale questi cinque paesi assorbono una fetta pari al 52,0% dell’export alimentare italiano, mentre i Paesi dell’UE insieme valgono il 62,2%. È fondamentale, inoltre, recuperare

il mercato russo che, a causa delle sanzioni e degli embarghi sui cibi europei, ha registrato nell’ultimo anno una flessione del –6%, arretrando il valore dell’export italiano, che nel 2013 aveva raggiunto i 527,8 milioni di euro, con un brillante +24,2% sull’anno precedente. Paesi emergenti: la top ten dei nuovi mercati per il made in Italy. Bene la Cina (+9,9%) Rispetto al 2013 sono i paesi emergenti e con le economie più dinamiche, soprattutto quelli orientali e dell’Est Europa, a produrre tassi di crescita maggiori delle esportazioni di prodotti made in Italy. A guidare la top ten dei paesi che nell’ultimo anno hanno dimostrato maggior dinamismo c’è Taiwan, che registra un +25,0% di prodotti alimentari italiani in entrata. Seguono Corea del Sud (+20,2%), Israele (+15,0%), Croazia (+14,6%), Singapore (+14,6%), Polonia (+13,3%) e Slovacchia (+13,0%). Tassi di diffusione a doppia cifra anche in Brasile (+12,8%) e Olanda (+10,3%). Ma il dato più significativo degli ultimi 12 mesi riguarda la Cina, il cui gradimento del made in Italy ali-

mentare ritorna a sfiorare la doppia cifra (+9,9%). Che cosa esportiamo: vino, dolci, formaggi, pasta e ortaggi trasformati sono le star L’80% dell’export italiano è rappresentato da marchi industriali di prestigio e da prodotti a denominazione protetta (DOP, IGP, ecc…). Tra le eccellenze del made in Italy il comparto enologico, che rispetto al 2013 ha visto un incremento delle esportazioni pari al +1,1%, si conferma al primo posto per volumi, con una fetta pari al 20,3% del totale e un valore di 5.523 miliardi di euro. Al secondo posto il dolciario che, anche a fronte del +5,7% registrato nell’ultimo anno, raggiunge un valore di 3.345 milioni di euro, pari al 12,3%. Trend positivo anche per latte e formaggi (+4,4% rispetto al 2013), che insieme rappresentano il 9,2% di tutti i prodotti esportati, con una quota pari a 2.488 miliardi di euro. Segno più anche per la pasta, altra grande star del made in Italy sempre più richiesta all’estero (+4,2% rispetto al 2013), che rappresenta l’8,3% dell’export alimentare, per un valore pari a 2.261 miliardi di euro.

Mozzarella di bufala campana Dop.

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

55


Al primo posto dell’export italiano c’è il comparto enologico, seguito dal dolciario, da latte e formaggi, dalla pasta e dai prodotti trasformati (photo © Paul Schwarzl, www.imbottigliamento.it). Di poco inferiore (2.088 miliardi di euro) la quota riservata agli ortaggi trasformati, passata di pomodoro in testa, che pesa il 7,7% del totale ex-

port, registrando un incremento del +3,7% nell’ultimo anno. Tra gli altri prodotti, l’aumento più consistente in termini di valori

esportati registrati nell’ultimo anno spetta ai mangimi (+23,0%) e alla birra (+15,8%). Bene anche il pesce (+8,7%), il riso (+8,1%), il caffè

Da oggi è più semplice esportare i salumi italiani negli USA Una buona notizia per il settore dei salumi quella ricevuta lo scorso 14 maggio da parte delle autorità statunitensi sulla revoca del provvedimento denominato 100% reinspection — ovvero il controllo sistematico di tutte le partite di salumi provenienti dall’Italia che arrivavano in dogana — e sulla rinnovata possibilità per il Ministero della Salute di abilitare nuove aziende italiane all’esportazione negli USA. «Questo provvedimento, introdotto a settembre 2013 dalle autorità USA, è stato causa di molti disagi per le nostre aziende esportatrici, sia per la lentezza con cui i nostri salumi avevano accesso al mercato — poiché costretti a stazionare molti giorni presso i magazzini doganali prima di essere campionati — sia per i costi che questo comportava. Le notizie ricevute sono un chiaro segno che le autorità americane considerano nuovamente degno di fiducia il sistema dei controlli italiano. Questo rinnovato clima di collaborazione darà la possibilità di accedere al mercato statunitense da parte di nuovi impianti e faciliterà l’avvio dell’esportazione anche dei prodotti di salumeria a breve stagionatura, quali salami, coppe, pancette, che hanno avuto il via libera formale quasi due anni fa, ma che fino ad oggi non è stato possibile inviare» ha affermato Nicola Levoni, presidente di ASS.I.CA. «Voglio esprimere uno speciale ringraziamento a tutte le istituzioni che hanno reso possibile questo risultato. Quando il mondo produttivo — con il fondamentale supporto di Confindustria — opera in stretta collaborazione con le autorità pubbliche si creano le condizioni per ottenere risultati come quello di oggi, un chiaro esempio di Sistema Paese che funziona» ha detto Levoni. Negli ultimi due anni il Ministero della Salute, i Servizi veterinari territoriali e tutte le aziende autorizzate ad esportare salumi negli Stati Uniti hanno lavorato molto intensamente, in stretta collaborazione, per consentire alle autorità statunitensi di continuare a considerare equivalenti i sistemi di ispezione dei prodotti a base di carne adottati in Italia e negli Stati Uniti, garantendo il pieno rispetto della stringente normativa USA e assicurando la assoluta sicurezza dei prodotti esportati. Nonostante le difficili condizioni di accesso, anche nel 2014 gli USA si sono confermati il primo Paese di destinazione extra-UE per le esportazioni dei salumi italiani con 7.365 t (+16,4%) per 86,8 milioni di euro (+18%). «Dopo questa apertura ci aspettiamo performance ancora migliori da parte delle nostre aziende» ha concluso il presidente.

56

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


(+7,6%), prosciutto, salumi e carni trasformate (+3,5%). Contraffazione, barriere non tariffarie, canali distributivi: ecco le sfide da vincere L’impatto della contraffazione e dell’Italian Sounding, cioè l’imitazione di un prodotto, di una denominazione o di un marchio attraverso il richiamo alla sua presunta italianità che non trova fondamento nel prodotto stesso, è pari a 60 miliardi di euro, circa la metà del fatturato totale del prodotto dall’industria alimentare italiana (132 miliardi di euro) e praticamente il doppio rispetto ai 34,3 miliardi di export. Il fenomeno dell’Italian sounding è cresciuto del +180% negli ultimi dieci anni. Contraffazione e Italian sounding sono diffusi ovunque nel mondo, a cominciare dall’Europa, ma il picco è nel Nord America, dove il fenomeno ha un impatto per 27 miliardi di euro. In USA, dove si registrano percentuali sconcertanti (sono imitazioni il 97% dei sughi per pasta, il 94% delle conserve sottolio e sotto aceto, il 76% dei pomodori in scatola, il 15% dei formaggi), solo 1 prodotto alimentare su 8 di quelli venduti come made in Italy è realmente italiano. Ma non sono da sottovalutare anche le conseguenze nella UE, dove contraffazione e imitazioni registrano un giro d’affari pari a 22 miliardi di euro. Sono molti i fattori che contribuiscono a frenare il made in Italy nel mondo. Tra quelli esogeni, il più rilevante dopo l’Italian sounding consiste nella presenza di barriere non tariffarie “pretestuose” in tanti mercati di sbocco che ci ostacolano, rispetto ai nostri competitor, nei nuovi mercati di più alto valore strategico. Ma pesano anche alcuni aspetti strutturali: dalla dimensione di molte imprese (troppo piccole per potersi permettere sforzi e investimenti per raggiungere mercati più lontani) all’assenza di piattaforme distributive italiane all’estero. Solo recentemente il sistema Paese ha intensificato un’azione di sostegno e difesa dell’agroalimentare, potenziando le sue reti diplomatiche e centralizzando la regia di organismi e risorse.

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


Sapori mediterranei

Pizze da nuovo millennio Dubbi e certezze sulle più recenti variazioni di Giorgia Fieni

H

o sempre voluto fare un articolo sulla pizza, ma ciò che mi ha fermata finora è stata la domanda: cosa posso raccontare ai miei lettori che già non sappiano? Facciamo un riassuntino. La storia di Raffaele Esposito e della regina Margherita no: è il classico aneddoto del “sapiente” di turno quando si ordina una pomodoro, mozzarella e basilico. Dell’importanza del cornicione alto 1-2 centimetri: ve ne siete sicuramente accorti la prima volta che avete provato a cucinarne una (lo stesso dicasi del consiglio di

aggiungere la mozzarella all’ultimo momento e di non usare il forno nella funzione “ventilato”). Il lievito madre non ve lo nomino nemmeno: in un primo tempo sembrava assolutamente indispensabile (e andava accudito con la stessa cura che si dedica ad un figlio), ora se ne può anche fare a meno (e non si viene più etichettate come “false cuoche” nel caso non ne abbiate un panetto segretamente riposto da qualche parte). Una volta esclusi tutti questi casi, ho deciso di concentrarmi sulle novità del XXI secolo, quelle che ti lasciano a bocca

aperta e con il dubbio: ma sto mangiando una pizza, una ricetta d’alta cucina o un fantasioso street food? Pizze stellate e non solo L’alta cucina, si sa, mette lo zampino dappertutto, più delle gatte sul lardo, e quindi come possono chef ed esperti di settore stare lontano dal cibo che unisce tutte le popolazioni del globo terracqueo? E non mi riferisco solo a SONIA PERONACI, che a Londra scopre la fantasia di una pizza alla puttanesca arrotolata, o a GWYNETH PALTROW che afferma: “Abbiamo in giardino un

Lo chef Simone Padoan firma la pizza con lingua di manzo a mo’ di cannellone, crema di fagioli borlotti profumata di cannella, noce moscata, olio di mandorla e miele, gelatina di acqua di peperoni, la pizza con merluzzo al vapore, limone, crema di borragine e amarene sciroppate e la pizza con crema di senape fresca e ricotta vaccina (photo © F. Brambilla – S. Serrani per Identità Golose).

58

Premiata Salumeria Italiana, 3/15



Pizza con formaggio di capra, zucca e cipolle rosse (photo © ricottachepassione.blogspot.it). forno a legna per la pizza; è un lusso, lo so, ma è il miglior investimento che abbia mai fatto”, bensì alle farciture più ricercate. Crudo di gambero rosso in gazpacho. Foie gras con caprino, dadi di albicocche, miele alla vaniglia o sempre foie gras scaloppato in pan brioche e abbinato a lardo, mozzarella di bufala, zeste di pompelmo

rosa, erbette selvatiche, nocciole tostate. LSD: no, non spaventatevi, niente droghe allucinogene, è solo un acronimo per liquirizia, salsiccia, datteri. Margherita con ricci di mare, midollo di vitello, foglie di crescione. Ricotta vaccina fresca in fiocchi, purea di melanzana infornata, scaglie di cioccolato fondente 70%.

Molto delicate le pizze con le creme: ceci (con baccalà marinato e menta), formaggi (gorgonzola e stracchino, con pere e grana al pepe) e originale quella con l’impasto arricchito da infuso di sedano. GABRIELE BONCI ha creato la pizza “Sensazioni di raviolo”: impasto (di farina di farro e di segale) spalmato metà di purea di zucca e metà di ricotta e spinaci saltati; dopo la cottura si aggiungono alla prima metà amaretti sbriciolati e all’altra rucola e parmigiano. Nella stessa categoria, alta cucina, ascriviamo il trapizzino, tasche di pizza bianca da farcire con le migliori ricette della cucina romana (coda alla vaccinara, trippa o lesso alla picchiapò), ma anche la pissaladière, una via di mezzo tra una focaccia ligure e una specialità francese. Il che mi porta dritta verso l’altro dubbio che avevo, quello legato allo street food. Perché se cibo di strada dev’essere, che rispecchi il territorio è fondamentale. F RANCO P EPE ha “sposato” questa filosofia in pieno: prepara un calzone in cui mescola mare e terra (scarola cruda, alici di Cetara, olive Caiazzane, capperi) e la Mastunicola (la pizza originale, di soli strutto, pecorino, pepe e basilico, a cui Pepe aggiunge sugna di Nero casertano, origano viola, olio Caiazzano e conciato romano, più confettura di fichi cilentani per chi la desidera). La collaborazione tra S IMONE P ADOAN e il pasticcere C ORRADO A SSENZA ha generato l’idea della pizza-dessert: toma di ragusano (a cui è stata bloccata la maturazione), fatta squagliare in forno e condita con peperone (grigliato e caramellato nel miele) e confettura di pompelmo, e così la commenta: «È la natura che

Il trapizzino è lo street food ideato dal maestro della pizza Stefano Callegari che ha dato il nome ai due punti vendita della Capitale, al Testaccio e in zona Ponte Milvio. Riportiamo dal sito: «Trapizzino racchiude in un unico prodotto i sapori tipici della cucina locale e nello stesso tempo è una base aperta ad accogliere nuovi profumi e tradizioni da tutta Italia e da tutto il mondo. Perché è bello educare a mangiare italiano, ma è altrettanto importante declinare l’amore per la cucina in ogni modo possibile». Trapizzino® è oggi un marchio registrato. >> Link: www.trapizzino.it

60

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


contiene questo equilibrio sospeso tra dolce e sapido, nient’altro che la natura». Quella tra EDOARDO PAPA e GIANFRANCO PASCUCCI è invece tutta a base di pesce: burrata di Andria e calamari marinati in olio e limone e conditi con aceto balsamico e prezzemolo («uno dei nostri clienti l’ha definita una carezza»), fegato di rana pescatrice cotto al cartoccio con aglio, alloro e capperi, carciofi nel forno a legna, groppa di Cinta senese, crema piccante di patate al ginepro, primo sale di capra, caviale di storione bianco, pomodorini del Piennolo confit. Territorio significa però anche prodotti tipici: ecco allora la pizza ciccioli e pecorino, oppure con conciato di San Vittore (con polpa di melanzane al forno) o ‘nduja (con provola affumicata e cipolla di Tropea saltata) o salsiccia rossa di Castelpoto (e cacioricotta) o bagna cauda (con mozzarella e colatura di alici) o cacioricotta di capra Cilentana (e pancetta a bastone irpina). Nel 2014 ALESSIO MATAFFESI ha addirittura vinto la manifestazione “Sicilia in pizza” con una preparazione tutta locale, “La Ruota del carretto siciliano”: impasto di lievito madre, farina Tumminia al 90% e 10% di grano tenero dei Monti Iblei; farcitura di Vastedda della Valle del Belice, mozzarella siciliana, carpaccio di vacca Cinisara, pomodoro datterino di Scicli, mandorle di Noto, miele di mandarino da ape nera sicula, zucchine biologiche, il tutto disposto “a ruota di carretto”, come tradizione vuole. Contenuto sì, ma anche forma La pizza del nuovo millennio è capace però di rinnovarsi non solo nei contenuti, ma anche nella forma: • a chiocciola: impasto steso, farcito con spinaci lessi, stracchino, parmigiano, in parte arrotolato e spalmato di salsa al pomodoro, infornato e completato, nell’ultimo giro, con rucola, olive nere, pomodorini, speck, scamorza affumicata; • a cannolo, con pomodori pelati, fette di melanzana fritte, parmigiano, provola; • a portafoglio, con mozzarella e salame;

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

Cannoli di pizza ripieni (photo © blog.giallozafferano.it). a farfalla, metà gamberetti, provola, zucchine, pomodorini, metà ricotta, limoncello, gocce di cioccolato; • a palline, con ragù di carne ed Emmental; • a torta: diverse pizze una sopra l’altra avvolte da un guscio di pasta; • a caramella, in versione pocket tipo confettini: • inserita in un cheeseburger; • a soufflé, con tonno in scatola e cipolla per l’interno e salsa di pomodoro all’origano per l’esterno. O nell’utilizzo di ingredienti insoliti: scorza d’arancia (con pancetta, patate novelle, erba cipollina), feta (con la zucca), uova di quaglia (rotte al momento su una capricciosa), albicocche secche (con burrata, prosciutto cotto di Mora romagnola e fiordilatte), miele d’acacia (con formaggio blu di capra, speck e noci), fichi (con gorgonzola)… Addirittura marijuana (ma solo a Vancouver e per chi è in possesso di una speciale carta sanitaria!). O in versione dolce: zucchero di canna nell’impasto, farcitura di ricotta, cioccolato bianco, frutti di bosco zuccherati… Domino’s usa anche gli Oreo! La pizza è ottima per accogliere ogni tipo di farcitura e di impasto. Non datevi per vinti e non stancatevi mai di sperimentare. Le vostre idee saranno accolte sempre con entusiasmo! Giorgia Fieni •

Coltelli tradizionali fatti a mano

Via Solfe Solferino, f rino, 19 50038 SCARPERIA (FI) Tel. +39 055 8431010 Faxx +39 055 8468946

info@coltelleriasaladini.it

www.coltelleriasaladini.it


Ristorazione

Il ristoratore consapevole Non più solo custode delle tradizioni culinarie o estroso portavoce di nuove mode. Lo chef è artefice della tutela dell’ambiente e della valorizzazione delle materie prime locali e di qualità di Giulia Mauri

E

siste un sistema di certificazione ideato in Italia, redatto in italiano e specifico per ristoranti, mense, taverne e bar di qualità. Un sistema che va oltre la comune certificazione di controllo igienico delle produzioni e integra conservazione della cultura locale, attenzione all’ambiente e miglioramento aziendale. È una certificazione studiata ad hoc per attività che intendono far conoscere la qualità certificata delle materie prime utilizzate, che vogliono valorizzare i propri piatti esaltando il legame che hanno con l’agricoltura del territorio e evidenziando “lo spazio socioeconomico-culturale locale”. Si tratta della certificazione “Conosci il tuo pasto”, rappresentata dal disegno di un galletto stilizzato su campo rosso e cielo giallo. Un modo per riaffermare l’appartenenza ad una filiera di produttori e per ricordare che il cibo italiano — decantato su tutto l’orbe terracqueo — è vero e realizzabile solo

62

riconoscendo il valore dei produttori agricoli e zootecnici italiani. Non si tratta di chiudersi al mondo, ma di valorizzarsi reciprocamente. Di pretendere sempre e solo la qualità e di privilegiare quella fatta in casa nostra. Questa certificazione valorizza il ristoratore come attore consapevole dello sviluppo della cultura gastronomica e dell’ambiente del suo territorio. E il ristoratore a sua volta riconosce l’agricoltura come la protagonista della produzione di alimenti sani e della preservazione dell’ambiente e del territorio. Lo scopo principale di questo sistema di certificazione, infatti, è quello di legare la ristorazione (tipica, commerciale, collettiva, alberghiera, veloce, catering, ecc…; ma anche la ristorazione etnica, quella vegana e la vegetariana e gli agriturismi, i bar, i negozi e le gelaterie) ad un territorio e ai suoi prodotti di eccellenza. Eccellenza che si declina in differenti modi, tutti riconducibili

a classificazioni di qualità certificata o identificata: produzione biologica, biodinamica, a marchio Slow Food o a Commercio Equo e Solidale, IGP, DOC, DOP, DE.CO., KMOK (per gli alimenti provenienti da distanze inferiori ai 150 km), prodotti per allergici e intolleranti. Sono questi i prodotti e le materie prime che il ristoratore aderente al disciplinare deve privilegiare quando cucina i suoi piatti. La riprova viene cercata nelle bolle di consegna dei fornitori che devono riportare sempre le informazioni aggiuntive relative alla qualità. E naturalmente garantire la tracciabilità. La certificazione è nata sotto l’egida dell’IMC, Istituto Mediterraneo di Certificazione di Senigallia — che ne ha redatto il disciplinare ora in vigore (revisione numero 8 del 2014) — e poi, con la fusione delle due aziende IMC e CCPB, è passata nella seconda metà del 2014 sotto il controllo della bolognese CCPB.

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


Il disciplinare è stato redatto da Remo Ciucciomei e sul sito www. conosciiltuopasto.it è possibile leggerne e condividerne il manifesto ideologico. Ottengono la certificazione di conformità al disciplinare i ristoratori in grado di assicurare ai clienti diversi fattori, ovvero: • garantire sulla provenienza e sulle specifiche dei prodotti di qualità offerti. I prodotti di qualità certificata o identificata devono raggiungere una certa percentuale sul numero totale dei prodotti offerti: tanto maggiore è la percentuale, tanti più sono i galletti rilasciati (massimo 3); • fornire il grado di performance ambientale relativamente alle forniture di alimenti utilizzate: questo aspetto è valorizzato nel certificato rilasciato con il simbolo della foglia verde; • dare un’ulteriore garanzia di sicurezza igienica del locale. Durante l’audit si valuta infatti anche il rispetto delle buone prassi igieniche con un approccio di tipo HACCP; • fornire un’indicazione delle tipologie di cucine offerte: etniche, tradizionali, vegane, ecc… Naturalmente, il locale certificato opera in condizioni di sicurezza igienica elevata e adopera personale preparato e competente. Ma questo non basta più e, soprattutto, se l’audit valuta solo questi aspetti svincola completamente il ristorante dal suo territorio e dalla sua realtà. La certificazione Conosci il tuo pasto sottolinea invece quanto il locale contribuisca alla realtà economica e culturale del suo territorio. Il ristoratore partecipa alla vita sociale anche dando un mercato ai prodotti locali. Per quantificare i prodotti certificati o quantificati si conteggia veramente tutto: il tipo e il numero dei tagli di carne, il tipo di pesci (quando è di cattura va identificato tramite la zona di pesca FAO), salumi, ortaggi e formaggi, cereali e legumi, i tipi di pani, la pizza, i vini, l’olio, il latte, le uova, i funghi e le alghe, il miele e il caffè, il cioccolato e il cacao, le bevande e le tisane. Per ottenere la certificazione è necessario che il peso di questi prodotti sull’insieme di quel-

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

Il manifesto di “Conosci il tuo pasto”. li utilizzati dall’attività raggiunga una certa percentuale. Sulla base del numero e della tipologia di prodotti di qualità utilizzati l’esercizio riceve un punteggio. In questo modo il ristoratore si assume la responsabilità dell’impatto della sua azienda sulla realtà economica locale e il legame con il territorio diventa realtà. Però, poiché non si tutela veramente l’ambiente — locale o globale — senza considerare anche l’impatto ecologico di un’attività, la certificazione Conosci il tuo pasto fa un ulteriore passo avanti e valuta anche l’impatto ambientale dell’esercizio. La performance ambientale viene ricavata dando un valore di stima alla diminuzione dell’impatto ambientale

sia del sistema di produzione sia del sistema di utilizzo della materia prima. Si ricorre al metodo di calcolo Eco Chef Food Print®, messo a punto con RIFOSAL, Consorzio per la Ricerca e la Formazione sulla Sicurezza Alimentare e l’Università della Tuscia di Viterbo. Questa valutazione ambientale si affianca alla valutazione della qualità dei prodotti utilizzati. Si quantificano i prodotti certificati o identificati e si prende nota se si tratta di prodotti ottenuti con agricoltura o allevamento biologico, se sono utilizzati freschi o surgelati e se hanno percorso meno di 150 km. Queste ultime tre voci (il sistema di produzione, quello di conservazione e la distanza di viaggio) si sommano

63


64

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


e concorreranno tutte insieme a elargire 1, 2 o 3 foglie verdi. Con il disciplinare attuale il raggiungimento della classe minima di performance ambientale è facoltativo. Una volta calcolato il punteggio di ogni singola categoria certificata o identificata sia con il sistema dei galletti (per la qualità), sia con quello delle foglie verdi (per l’impatto ambientale), si procede calcolando il Totalqualityplus. Questo è l’indicatore (definito TQP ed espresso in valore percentuale) che rivela il peso in percentuale delle categorie dei prodotti di qualità sul totale delle categorie presenti nell’esercizio. Per ricevere il punteggio minimo di un galletto il TQP deve essere maggiore o uguale a 40%. Poiché è specifica per la ristorazione, la certificazione Conosci il tuo pasto valuta anche un altro elemento fondamentale dell’attività: la preparazione del personale di cucina e di sala. Gli addetti devono essere formati e addestrati in continuo non solo sulle questioni igieniche, ma anche sulle caratteristiche del disciplinare. Il personale deve saper illustrare al cliente il funzionamento del sistema di valutazione della certificazione. Inoltre, deve poter intrattenere con competenza gli avventori sulle caratteristiche e la provenienza dei prodotti di qualità utilizzati. Infine, come gran parte delle certificazioni, quella di Conosci il tuo pasto dà molta importanza al continuo miglioramento della gestione aziendale. Per questo il ristorante deve predisporre un sistema di registrazione della Customer satisfaction: può essere un questionario da compilare al momento del conto oppure una pubblicazione on-line nel sito web dell’esercizio, basta che le opinioni dei clienti vengano analizzate e utilizzate per migliorare il servizio. Le attività che ottengono la certificazione vengono inserite nella guida on-line dei ristoranti certificati, divise per tipologia dell’offerta gastronomica. Giulia Mauri Nota A pagina 62, due pagine della guida che ogni anno raccoglie i ristoranti certificati “Conosci il tuo pasto”.

Cloud Testo

Analisi & Report Coldstore 2

17.02.2015 - 19.02.2015

3UHVHQWD]LRQH JUD¿FD

17/02/2015

Data logger 1 (°C)

18/02/2015

Data logger 2 (°C)

19/02/2015

Data logger 3 (°C)

Presentazione tabellare Allarmi

Offerta speciale: Licenza Cloud Advanced gratuita con allarme SMS

Risparmia tempo migliorando l’efficienza. testo Saveris 2 controlla e documenta in modo automatizzato gli ambienti refrigerati, per garantire la massima qualità. • Report automatici totalmente in formato digitale • Dati sempre aggiornati e consultabili ovunque • Più tempo da dedicare ad altre attività importanti www.testo.it

Premiata Salumeria Italiana, 3/15 Testo SpA • via F.lli Rosselli 3/2 • 20019 Settimo MIlanese (MI) • Tel: 02/33519.1 • e-mail: analisi@testo.it


La Qualità

Di culatello ce n’è uno solo Il tesoro di Zibello, protagonista di un evento a Milano, difeso anche da Farinetti, patron di Eataly. E i produttori offrono il vero culatello a tutti i passanti

A

nche Eataly si impegna a difendere l’unicità del Culatello di Zibello. Si è parlato parmigiano lo scorso 8 maggio nell’avamposto dello Slow Food nazionale, grazie ai produttori del Consorzio di tutela che si sono ritrovati pacificamente armati delle loro affettatrici per offrire un assaggio a tutti del vero culatello, sempre più minacciato dai tentativi — mal riusciti — di contraffazione. Del problema della frode alimentare, in particolare legata al culatello, si è discusso nel corso di una tavola rotonda a cui hanno preso parte OSCAR F ARINETTI , D AVIDE P AOLINI , P AOLO MARCHI, GIOVANNI BALLARINI, MASSIMO PEZZANI, MARCO PIZZIGONI e MASSIMO SPIGAROLI, neo eletto presidente del Consorzio di Tutela del Culatello di Zibello e alla guida, insieme al fratello Luciano, di Antica Corte Pallavicina. «Il culatello — ha detto Farinetti — è l’icona della confusione che stiamo vivendo, in cui il valore

non sempre viene riconosciuto. Noi ci impegniamo, partendo da qui, ad informare correttamente il pubblico sulle nostre eccellenze. Per difendere i nostri prodotti tipici, la prima cosa da fare, infatti, è combattere il problema delle contraffazioni alimentari nel nostro Paese; dopodiché, occorre andare a raccontare ai consumatori e al mondo che sono fatti in Italia, con materie prime — quando le abbiamo — italiane. Solo così sarà possibile alimentare la domanda e alzare il prezzo medio, rilanciando il settore dell’alimentare e creando nuova occupazione». «In effetti negli ultimi anni — ha proseguito Massimo Spigaroli — abbiamo registrato una leggera flessione nelle vendite, anche se gli ultimi dati parlano di una confortante ripresa. Il calo è dovuto al fatto che sul mercato sono presenti numerosi prodotti spacciati per culatello che con esso non hanno nulla a che vedere. E non parlo solo del Culatello di Zibello

DOP ma del culatello in generale. La contraffazione è un danno: per i produttori ma anche per i consumatori. Stiamo lavorando con il Ministero per elaborare un decreto che possa tutelare l’unicità del nome del culatello. Nel frattempo, è importante che le persone imparino a conoscere questo salume, il vero culatello». Un’eccellenza che, come ha ricordato Davide Paolini, «negli anni ‘90 è stata il simbolo della riscossa dei prodotti tipici. Non solo un salume ma un medium di comunicazione del territorio, anche quando venivano prodotti poco più di 200 culatelli l’anno». Al termine della tavola rotonda, i produttori del consorzio, con le loro 22 brillanti affettatrici, sono passati dalla teoria alla pratica, permettendo ai passanti e ai clienti di Eataly di scoprire il sapore del culatello. Quello vero. >> Link: www.consorziodelculatellodizibello.it

Oscar Farinetti, Giovanni Ballarini e Massimo Spigaroli.

66

Premiata Salumeria Italiana, 3/15



La Finocchiona diventa Igp: salgono a 271 le Dop e Igp italiane Il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali comunica che è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il Regolamento di esecuzione con l’iscrizione della denominazione Finocchiona Igp nel registro europeo delle Denominazioni di Origine Protette e delle Indicazioni Geografiche Protette. Con questo nuovo riconoscimento salgono a 271 le Dop e Igp italiane registrate in ambito comunitario, consolidando così il primato italiano in Europa per i prodotti di qualità. La zona di produzione della Finocchiona Igp comprende l’intero territorio continentale della Toscana, escludendo le isole. La principale caratteristica che differenzia e rende la finocchiona unica nel panorama dei salumi è il marcato e inconfondibile aroma del finocchio utilizzato in semi e/o fiori nell’impasto e la morbidezza della fetta che talvolta tende a sbriciolarsi al momento del taglio. (Ufficio stampa MiPAAF)

Parmigiano Reggiano a Expo: incontri a ritmo serrato con distributori e media e lezioni per contrastare le imitazioni Sono partiti a ritmo serrato, nell’ambito di Expo, gli incontri del Consorzio del Parmigiano Reggiano con il mondo della distribuzione — con una particolare presenza degli Stati Uniti, dell’Australia, del Canada e del Giappone, e la stampa internazionale. «Sono confronti importanti — sottolinea il direttore del Consorzio Riccardo Deserti — sia perché corrispondono alla vera vocazione dell’Esposizione Universale come luogo d’incontro di esperienze, culture e operatori economici, sia perché coinvolgono Paesi e realtà distributive che mostrano un’attenzione crescente verso i prodotti naturali e DOP. Dal 25 maggio, inoltre, abbiamo avviato i confronti con le delegazioni di 45 nazioni e, nell’arco dei prossimi 6 mesi, numerose hanno richiesto la visita in caseificio, potendo così apprezzare gli elementi di artigianalità e il profondo legame con il territorio che caratterizza il nostro prodotto e che rappresentano uno dei motivi di maggiore interesse e di sorpresa per chi proviene da realtà in cui il riconoscimento del valore delle produzioni Dop italiane può crescere ulteriormente proprio sulla base di questi elementi di originalità». Numerosi, intanto, anche i giornalisti che, venendo in Italia per scoprire i padiglioni di Milano, chiedono di poter toccare con mano la produzione del Parmigiano Reggiano, universalmente riconosciuta come emblema della qualità casearia italiana. Per loro, il Consorzio ha messo a punto un format basato su un’immersione totale nel mondo del Parmigiano Reggiano che prevede la visita in caseificio, una seduta informativa sul prodotto, una degustazione guidata di tre stagionature e un focus specifico sulle imitazioni. «La prima delegazione di giornalisti (in foto) era formata da 15 esponenti della stampa specializzata provenienti da Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Giappone, Albania, Svezia, Irlanda, Finlandia e Belgio. Anche in quelli che realizzeremo nei prossimi mesi abbiamo previsto un approfondimento sulle imitazioni, perché ci troviamo di fronte a Paesi in cui non è sufficiente promuovere il nostro prodotto, ma occorre anche agire con ogni mezzo (dalla vigilanza all’informazione) a contrasto di fenomeni di imitazione talvolta neppure percepiti come tali dal consumatore straniero. Nell’ambito del semestre di Expo 2015 vogliamo cogliere anche questa opportunità di informazione e chiarimento, perché se è vero che l’Esposizione non è il luogo in cui si effettuano vendite, è altrettanto vero che è il luogo ideale per promuovere la cultura di un prodotto, di un Paese e di un territorio, salvaguardandola e promuovendola nella sua unicità».

68

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


Piadina romagnola Igp, solo made in Romagna La piadina romagnola è salva: potrà essere fatta solo laddove è storicamente nata, appunto in Romagna. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato che ha accolto l’appello presentato dal Consorzio di Promozione e Tutela della Piadina Romagnola insieme al Ministero della Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ed alla Regione Emilia-Romagna. La sentenza (02405/2015), pubblicata lo scorso 13 maggio, respinge infatti in toto il ricorso di primo grado presso il TAR Lazio presentato da un’azienda emiliana produttrice di piadina. «Finalmente si è fatta giustizia», ha commentato Elio Simoni, presidente del Consorzio. Come giustamente richiamato nella sentenza del Consiglio di Stato, il provvedimento del TAR è “discriminatorio ed in contrasto con la disciplina comunitaria, poiché limitava l’utilizzo dell’Igp alla sola produzione cosiddetta artigianale nei chioschi, con esclusione di quella industriale, senza precisare in che modo, e per quale ragione la produzione nei chioschi assuma caratteristiche qualitative differenziate e peculiari rispetto a quella industriale” (così la sentenza). La sentenza sopraccitata stabilisce inoltre che “nel settore produttivo agroalimentare per numerosi prodotti beneficiari di Igp o Dop si registra, invero, il passaggio da un’originaria produzione in ambito limitato e a livello artigianale a quello su scala industriale, in relazione all’incremento della domanda dei consumatori, senza che ciò influisca sul regime di tutela che si incentra sulla ricetta, sulla zona di origine, sulla reputazione del prodotto e sul metodo di ottenimento”. Ora la denominazione protetta Piadina romagnola/Piada romagnola è a disposizione solo ed esclusivamente di tutti i preparatori romagnoli e nessuno, al di fuori della Romagna, potrà imitarla.

COGLI L’ESSENZA

NUOVA LINEA ESSENZE IN PUREZZA 4 Lambruschi e 1 Pignoletto vinificati 100% dallo stesso vitigno. Tutto il carattere dei Lambruschi di Sorbara e Grasparossa.

Società Agricola Garuti Dante, Elio e Romeo S.S. - Via per Solara, 6 - 41030 Sorbara (MO), IT - Tel: +39 059 902021 - www.garutivini.it - info@garutivini.it


Villani è il nuovo presidente del Consorzio del Prosciutto di San Daniele Giuseppe Villani, Amministratore Delegato della Villani Spa, è il nuovo presidente del Consorzio del Prosciutto di San Daniele. Il neopresidente resterà in carica per il triennio 2015-2017. «Ho accolto con piacere la fiducia che il Consiglio ha tributato alla mia persona — ha commentato Giuseppe Villani — anche perché da trent’anni collaboro proficuamente sul territorio di produzione del San Daniele e mi sento di fatto un po’ friulano anche io. Sono onorato di mettere a disposizione la mia esperienza per gli interessi dei produttori, ai quali va riconosciuto il costante impegno per garantire la qualità del prodotto che fa la differenza al momento dell’acquisto. Il prosciutto di San Daniele, infatti, si conferma, guardando i dati economici che lo riguardano e che testimoniano una crescita nell’ordine del 10%, universalmente apprezzato sia in Italia che all’estero e questo consenso lo si deve anche all’attività portata avanti negli anni dal Consorzio. Come presidente, inoltre, confermo tutta la mia attenzione alle politiche di salvaguardia del marchio e del consumatore, in particolare per quanto riguarda l’attività di tutela e vigilanza sul mercato sia nazionale che internazionale».

Francesco Pizzagalli confermato alla presidenza dell’IVSI Francesco Pizzagalli è stato riconfermato alla presidenza dell’Istituto Valorizzazione Salumi Italiani (IVSI) per il triennio 2015-2018. «Le attività che ci attendono sono numerose, sia in Italia che all’estero» ha esordito Pizzagalli «Nell’anno di Expo a Milano, il nostro Istituto non poteva mancare con una serie di eventi, gli ormai noti aperitivi SalumiAmo, che copriranno i mesi della manifestazione. Abbiamo scelto come location la Triennale di Milano, unico padiglione di Expo in città, per sottolineare ancora di più il legame che abbiamo con questo grande momento internazionale. Non solo. Seminari di degustazione, incontri con i giornalisti, aperitivi. Faremo come sempre, tutto ciò che servirà per far arrivare la conoscenza dei nostri salumi tipici al più vasto pubblico possibile». Ma l’Istituto Valorizzazione Salumi Italiani è molto attivo anche sul fronte estero. «Nell’autunno 2015 è in programma una campagna di promozione dei salumi italiani in Brasile, che sarà realizzata in collaborazione e con il contributo di ICE. È stato anche recentemente approvato dall’Unione Europea un progetto in Giappone. Il programma — della durata di 2 anni — è cofinanziato da UE e MiPAAF. Sono due Paesi, il Brasile e il Giappone, che sul fronte export ci danno già molte soddisfazioni. Tra i Paesi Extra UE destinatari dei nostri prodotti, il Giappone nel 2014 si è confermato al terzo posto (+27,4% in quantità e +17,8%) mentre il Brasile è al settimo (+6,1% in quantità e 8,1% in valore). Il nostro augurio è che, dopo l’attività dei nostri programmi di promozione, i dati dell’export in questi due paesi aumentino ancora di più» ha concluso Pizzagalli.

Lorenzo Beretta guiderà il Consorzio Salame Cacciatore per altri tre anni L’assemblea del Consorzio Salame Cacciatore che si è tenuta lo scorso 16 aprile ha riconfermato Lorenzo Beretta come presidente per il prossimo triennio. «In questi anni abbiamo rafforzato molto l’attività di vigilanza di mercato nell’ambito delle cosiddette pratiche commerciali svalorizzanti e abbiamo compiuto diverse azioni, soprattutto di sensibilizzazione, nei confronti dei produttori per evitare rischi di danni all’immagine del prodotto» ha spiegato Beretta. Uno delle attività che ha impegnato maggiormente il Consorzio è stato il costante monitoraggio del mercato. «A tal fine abbiamo ottenuto la quotazione del Salame Cacciatore Dop dalla Borsa merci di Parma con l’obiettivo sia di avere una quotazione realistica sia di possedere utili strumenti per evitare fenomeni di svalorizzazione dovuti al prezzo» ha poi precisato. Dal punto di vista della commercializzazione è stata attivata la possibilità di affettare il Salame Cacciatore Dop, attraverso un’integrazione del processo di controllo. «Ciò potrebbe ragionevolmente consentire un maggior sviluppo commerciale di questo prodotto, anche all’estero. Il Consorzio a tal fine ha anche predisposto una direttiva che regolamenta l’intero processo di affettamento e il confezionamento delle vaschette. Su questo versante spingeremo molto per incrementare le vendite» ha concluso.

70

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


PROTETT

A

NOMINAZI DE

E D'ORIG I

NE

ON

Tradizione di grande Nobiltà

Un grande aceto che viene dalle tradizioni della nobiltà modenese

L’aceto balsamico ha avuto origine dall’antichissima usanza dei Romani di cuocere il mosto dell’uva, grazie alle caratteristiche delle uve del territorio modenese. Oltre alla produzione dell’Aceto Balsamico di Modena IGP, ottimo per l’uso quotidiano, nelle acetaie delle famiglie più ricche e nobili si è nei secoli sviluppato un processo lentissimo e laborioso che produce un aceto senza eguali, raro e prezioso. Arrivato ai nostri giorni è chiamato “Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP (Denominazione di Origine Protetta); in passato veniva citato nei lasciti testamentari ed era dote prestigiosa per le giovani spose di aristocratiche origini. Era gelosamente conservato nei sottotetto e amorevolmente curato in famiglia, di generazione in generazione. Era considerato una sorta di Panacea dai principi medicamentosi in grado di curare tutti i mali e, nell’occasione, era considerato un regalo degno di “Re e Principi”.

LIA I A G I T R BOTI G ATiOi L utt ati O B B per ti certific uttor prod

OR

N I IG

E L A Questa bottiglia da 100 ml

è garanzia di

originalità e qualità per l’ aceto della antica tradizione delle nobili famiglie modenesi.

con incarico di “Tutela” dal Ministero Politiche Agricole e Forestali per DM 16/10/2009, Gazz.Uff. 4/11/09

Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP La tradizione produttiva è certamente antichissima, ma... che l’aceto invecchi è un dire tutto modenese. In realtà chi invecchia è il padrone, mentre l’Aceto Balsamico Tradizionale DOP matura nelle botticelle e sublima a pura essenza attraverso un lunghissimo processo produttivo. Si tratta di un processo “in continuo” che segue la famiglia e unisce le generazioni, e che solo dopo almeno 12 anni di attività, inizia a dare una piccola

aliquota annuale di prodotto finito. Si dovranno poi attendere almeno 25 anni per ottenere la qualità ”Extra Vecchio”. Solo dopo aver superato l’esame degli assaggiatori esperti, il prodotto viene imbottigliato presso il centro di imbottigliamento autorizzato, naturalmente nella famosa bottiglietta da 100 ml detta “di Giugiaro”, il famoso designer che la realizzò nel 1987 perchè fosse il simbolo di questo aceto unico nel mondo.

Consorzio Tutela Aceto Balsamico Tradizionale di Modena Viale Virgilio 55, 41123 Modena tel. 059 208604 fax 059 208606 consorzio.tradizionale@mo.camcom.it www.balsamico.tradizionale.it


Indagini

ERICA, un progetto dedicato all’efficienza energetica Nell’area emiliana che nel maggio di tre anni fa fu sconvolta dal terremoto, sono stati individuati 35 caseifici oggetto di un’indagine condotta dal CRPA di Reggio Emilia. Presentati poche settimane fa i primi risultati parziali di Anna Mossini

S

ono passati tre anni da quel maggio 2012 in cui la terra, tra le province di Bologna, Modena, Ferrara e Reggio Emilia, tremò con violenza portando morte e devastazione. Un evento inaspettato, soprattutto in questa parte d’Italia che gli esperti hanno sempre definito “a

basso rischio sismico”. Così evidentemente non era e, purtroppo, non è. Credo che negli occhi tutti abbiano ancora ben impresse le immagini delle migliaia di forme di Parmigiano Reggiano precipitate dalle scalere. Immagini che hanno fatto il giro del mondo e che a vederle, ancora oggi, spaventano e angosciano.

Scalere a prova di sisma Per fortuna, però, oggi sono solo immagini. Importanti, certo, perché rappresenteranno per sempre quanto avvenne in quel maledetto maggio del 2012. Ma restano immagini, semplici immagini. In quei magazzini destinati a custodire le forme del “Re dei formaggi” l’amore per il proprio lavoro

Le nuove scalere antisismiche realizzate nel magazzino del caseificio Sant’Angelo di San Giovanni in Persiceto, Bologna.

72

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


Haripro, leader in Italia nella produzione di proteine e aromi naturali, fornisce le pi첫 importanti aziende produttrici di ingredienti per la salumeria. Haripro grazie ad una continua ricerca, ha sviluppato negl'anni prodotti sempre pi첫 all'avanguardia, come proteine funzionali ed aromi naturali anallergici ad alto valore nutrizionale. Haripro is a leading producer of proteins and natural flavours in Italy. It supplies the most important Companies which blend ingredients for the meat industry. Haripro, thanks to a continuous research, had developed through years more advanced products like functional proteins and hypoallergenic natural flavours with high nutritional value.

spa

41057 Spilamberto (Modena) - Italy - via Ghiarole, 72 - Tel. +39 059 78 41 11 - Fax +39 059 78 37 47 www.haripro.it e-mail info@haripro.it


Il tema sempre più attuale dell’efficienza energetica, in questo caso contestualizzato nelle zone emiliane colpite dal sisma del 2012, è stato al centro di un convegno organizzato di recente dal CRPA (Centro ricerche produzioni animali) di Reggio Emilia e svoltosi proprio a San Giovanni in Persiceto. L’incontro è stata l’occasione per presentare i primi risultati del cosiddetto “Progetto ERICA”, acronimo di Efficienza energetica e RInnovabili per il CAseificio del futuro, iniziativa di durata biennale finanziata dalla Regione EmiliaRomagna con il cofinanziamento di numerose imprese ed enti.

Le nuove scalere sono concepite con criteri innovativi per reggere le oscillazioni che possono scatenarsi con una scossa di terremoto. e la volontà degli uomini, ma anche l’abnegazione e la tecnologia hanno rinnovato tutto e le scalere come quelle risistemate al Caseificio Sant’Angelo di San Giovanni in Persiceto, provincia di Bologna, rappresentano la più moderna espressione di cosa voglia dire progettare e realizzare un magazzino a prova di scosse telluriche. Al caseificio Sant’Angelo il terremoto fece rovinare a terra 21.470 forme di Parmigiano Reggiano. Molte si danneggiarono irrimediabilmente, molte altre furono recuperate in parte e altre ancora, fortunatamente, si salvarono. Se le scalere avessero sopportato le forti oscillazioni causate dal sisma il danno sarebbe stato sicuramente più contenuto. Così,

74

nonostante a sei mesi dal terremoto 5.000 forme fossero state risistemate sulle scalere, i fratelli Caretti, titolari dell’azienda agricola in questione, decisero di procedere con una realizzazione imponente ed estremamente innovativa. Energia pulita e tecnologia Oggi il magazzino ospita 16 pareti di scalere oscillanti, con una capacità di 4.000 forme a scalera. Non solo: in linea con quel concetto di sostenibilità ambientale che è ormai divenuto un imperativo, il caseificio e il magazzino usufruiscono dell’energia prodotta da un impianto fotovoltaico da 110 kW di potenza installata che copre il 60% del relativo fabbisogno energetico.

Progetto di durata biennale «Il progetto, partito il 1 dicembre 2013, terminerà il prossimo 30 novembre — ha spiegato Lorella Rossi, ricercatrice del CRPA — e intende delineare quelle che potrebbero essere le indicazioni per realizzare il caseificio del futuro attraverso la costruzione di impianti interaziendali a biogas e/o fotovoltaici, puntando ad ottenere la massima efficienza energetica nel pieno rispetto del concetto di sostenibilità ambientale. Il lavoro che abbiamo avviato e che stiamo portando avanti si è rivelato particolarmente complesso. Nell’area sconvolta dal terremoto del maggio 2012 si trovano 71 caseifici, il 18,5% del totale di quelli che trasformano il latte in Parmigiano Reggiano. In questi 71 caseifici viene lavorato poco più di un quarto del totale del latte destinato al Re dei formaggi, pari al 28,6% di quello trasformato nella zona emiliana del comprensorio. Altri numeri indicano che le aziende di vacche da latte che producono per il Parmigiano Reggiano comprese nell’area del sisma sono state circa 660, mentre il numero di bovine coinvolte ammonta a circa 50.000 capi». All’interno della rosa dei 71 caseifici ne sono stati individuati 35 rispetto ai quali si è proceduto con una prima raccolta di dati e informazioni per definire i consumi energetici, sia elettrici che termici, ma anche idrici di cui mediamente ogni giorno un caseificio necessita. Di questi, 3 sono stati scelti come caseifici-pilota per una simulazione/applicazione delle

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


tecnologie innovative relative sia a impianti a biogas interaziendali che solari. Impianti a biogas e fotovoltaici «Riguardo gli studi di fattibilità per i primi — ha spiegato Lorella Rossi —abbiamo effettuato una stima quali-quantitativa degli effluenti bovini degli allevamenti che conferiscono ai 3 caseifici-pilota, dopodiché, per ognuno di essi, abbiamo avviato un ulteriore studio di fattibilità tecnico-economica relativo a un impianto a biogas centralizzato alimentato con effluenti bovini, sottoprodotti e liquami suini. Analogamente, pur con le dovute differenze dettate dalla diversità di impianto, abbiamo proceduto pensando all’installazione di un impianto solare. Tra le varie azioni portate avanti nel corso del progetto, una ha riguardato la valutazione della cosiddetta “Carbon footprint” dei caseifici-pilota prima e dopo l’introduzione delle tecnologie relative al risparmio energetico ottenuto sia con fonti energetiche rinnovabili di tipo solare che cogenerativo. Infine, ma questa è una valutazione che effettueremo ovviamente alla conclusione del progetto ERICA, procederemo con un’analisi tecnicoeconomica dei 3 caseifici pilota, considerando il conto economico, lo stato patrimoniale e il calcolo relativo al costo di trasformazione del latte, unitamente a questo aspetto effettueremo una verifica tecnico-economica e del bilancio energetico attraverso l’applicabilità combinata delle diverse tecnologie utilizzate per il risparmio energetico. Un ultimo aspetto del progetto riguarderà il consumatore. Più precisamente valuteremo la sua propensione ad acquistare i prodotti provenienti dall’area del sisma. Si tratta di un aspetto nuovo che abbiamo voluto inserire perché sempre più, ormai, il ruolo del privato che acquista assume una valenza fondamentale da cui non si può prescindere». Energie rinnovabili in aumento A margine di quello di Lorella Rossi, c’è stato l’intervento di un altro ricercatore del CRPA, PAOLO ROSSI, a cui è toccato il compito di fornire alcuni numeri, parziali, di questa prima parte del progetto ERICA, partendo da una

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

considerazione generale. «Si calcola che dal 2012 al 2035 i consumi energetici, nel mondo, aumenteranno del 33% — ha affermato Rossi — e che fra vent’anni le cosiddette FER, energie da fonti rinnovabili, potrebbero rappresentare il 35% del fabbisogno mondiale di energia. Davanti a queste percentuali la considerazione che il mondo agrozootecnico sia chiamato a fare la sua parte anche per le molteplici opportunità che si presentano è quasi superflua, e ERICA ne è una valida dimostrazione». I 35 caseifici coinvolti nel progetto hanno così ricevuto un questionario suddiviso in 15 macroaree che hanno dato vita a circa 100 quesiti. Le macroaree più importanti hanno riguardato la zona di sosta e affioramento, quella della cottura e della messa in fascera, la salagione, il magazzino, i consumi energetici e idrici e il condizionamento dei locali. L’innovazione al centro «Riguardo la realizzazione di moderni impianti destinati all’efficienza energetica — ha spiegato Paolo Rossi — abbiamo appurato che il 70% di questi caseifici hanno già provveduto ad isolare il tetto, il 35% ha installato un impianto fotovoltaico e, a seguire, quindi in percentuali minori, hanno adottato lampade a basso consumo o provveduto allo scambiamento di calore. Riguardo quello che invece vorrebbero fare, il 55% è intenzionato a realizzare un impianto fotovoltaico, per scendere poi in percentuali minori col solare termico, le lampade a basso consumo, l’isolamento termico e gli scambiatori a pompa». Nonostante la redditività di allevamenti e caseifici stia attraversando un momento di difficoltà, con quotazioni del latte inferiori ai costi di produzione, il comparto, e in questo caso specifico il comprensorio del Parmigiano Reggiano, dimostra ancora una volta di saper guardare al futuro con fiducia all’insegna dell’innovazione aziendale, punto nodale per la valorizzazione delle produzioni di qualità e per competere su un mercato globale spesso inquinato da contraffazioni e agropirateria. Anna Mossini

La soluzione IT-Business per tutta la Vostra azienda

Il successo è una questione di sistema

ti ntrollo degli impian Pianificazione e co nfezionamento di produzione e co stem l® e PPS del CSB-Sy con CSB linecontro

Più veloce Più affidabile Più produttivo Aziende di successo del settore carne si affidano in tutto il mondo al CSB-System. Migliorate anche Voi la Vostra competitività con le nostre soluzioni IT complete. Vantaggi: Processi preconfigurati in modo ottimale Copertura di tutte le richieste di settore Rapido ROI grazie ai brevi tempi

di implementazione

Per maggiori informazioni Cerchiamo personale: Contattateci! CSB-System S.r.l. Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Tel.: +39-045 890 55 93 Fax: +39-045 890 55 86 info.it@csb.com www.csb.com


Eventi

Centomani 2015: in viaggio verso Expo, sotto un cielo di culatelli di Gaia Borghi

E

siamo arrivati a quattro: lunedì 20 aprile, complice e gradita compagna una magnifica giornata di sole, è andata in scena la quarta edizione di “Centomani di questa terra”, la grande festa voluta dall’associazione CheftoChef emiliaromagnacuochi ospitata nella suggestiva Antica Corte Pallavicina di proprietà della famiglia Spigaroli. «Siamo molto felici di accogliere i 50 chef dell’Emilia-Romagna, i 50 produttori delle eccellenze enogastronomiche che questa regione è in grado di esprimere, dal Parmigiano Reggiano alla mortadella, dall’aceto balsamico tradizionale ai salumi DOP, i 50 relatori protagonisti dei forum di approfondimento sulle tematiche

riguardanti ristorazione, alimentazione e formazione e le centinaia di persone che ormai segnano in agenda questo incontro». Queste le parole con cui hanno inaugurato l’evento i padroni di casa, pronti nuovamente ad aprire le porte della loro splendida dimora, l’antico castello trecentesco sulle rive del Grande Fiume, in quel di Polesine Parmense, a cuochi, produttori, gourmet, esperti del settore agroalimentare, giornalisti, blogger, uniti in una giornata magica per parlare, confrontarsi, dibattere, assaggiare e stupire. Dalle famose cantine di stagionatura al profumo di culatello (qui ne riposano oltre cinquemila, molti dei quali già prenotati dai ristoratori più importanti del mondo)

e Parmigiano Reggiano al ristorante, dall’orto-giardino alle sale affrescate, ogni spazio era accessibile agli ospiti, divisi tra gli show cooking con alcuni dei più importanti chef del Belpaese, i convegni incentrati sul tema conduttore della giornata, “A dieci giorni da Expo”, e le degustazioni proposte dai norcini di Salumi da Re. “Salumi da Re”, giunto alla sua seconda edizione, è un appuntamento che riunisce allevatori, norcini e salumieri in una tre giorni (a partire dal sabato che precede la festa di Centomani fino al lunedì) del “dire fare mangiare interamente dedicata al comparto della salumeria”, come ci suggeriscono gli organizzatori (Gambero Rosso e Antica Corte

Le forme di Parmigiano Reggiano sistemate all’ingresso della corte. 76

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


1) Giacomo Cecchi e Leonardo Saladini di Coltelleria Saladini, Scarperia (FI). 2) Lorella Ferrari, Consorzio salumi tipici piacentini. 3) Massimo Spigaroli. 4) Anna Paola Giacobazzi e Angela Sini di Cantina della Volta, Bomporto (MO). Pallavicina). Presenti, quindi, chi gli animali li alleva, i trasformatori, le aziende di servizio per la norcineria, chi i salumi li studia, chi li vende e chi li serve in tavola. E gli animali, naturalmente, placidamente sdraiati nei prati circostanti la corte. Un richiamo irresistibile quello lanciato dagli Spigaroli, che siamo certi ci vedrà tornare “a rimirar le stelle” della gastronomia anche per la prossima edizione, con in testa, magari, le suggestioni alimentari e architettoniche globali ammirate all’Esposizione Universale, ma il desiderio che si rinnova di anno in anno di passeggiare nuovamente, con il naso all’insù, sotto un cielo di culatelli. Gaia Borghi

Il Consorzio del Parmigiano Reggiano, che per due anni ha confermato il proprio sostegno alla manifestazione come sponsor principale, era a Polesine Parmense anche quest’anno, accompagnato da 9 caseifici (3 di Modena, 3 di Reggio Emilia, 2 di Parma e uno di Mantova), per presentare in anteprima la “Parmigiano Reggiano Identity”. Questa manifestazione, che si terrà all’inizio del prossimo anno, sarà una giornata di incontro tra i produttori e gli operatori dell’alta gastronomia per accorciare ulteriormente la filiera con i principali interpreti del prodotto. La “Parmigiano Reggiano Identity”, infatti, offrirà ai protagonisti della ristorazione la possibilità di conoscere direttamente le diverse realtà artigianali e permetterà a chef e operatori di scegliere in modo consapevole il Parmigiano Reggiano più adatto alle proprie esigenze (tipo di cucina e caratteristiche del locale) e ai gusti dei clienti. «Il Parmigiano Reggiano — sottolineano i rappresentanti del Consorzio di tutela — è caratterizzato da una forte biodiversità che abbiamo voluto sottolineare anche in questa occasione, visto che ognuno dei caseifici presenti è rappresentativo di una particolarità che lo contraddistingue: dalle razze diverse di bovine (dalla Bruna alpina alla Bianca modenese, passando per la Rossa reggiana), alle lunghe e diverse stagionature, alle zone produttive, che toccano montagna, pianura e collina». >> Link: www.parmigiano-reggiano.it

>> Link: www.cheftochef.eu

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

77


1) Nicola Paganoni di Bresaola Paganoni, Chiuro (SO). 2) La Villani Salumi di Castelnuovo Rangone (MO). 3) Le mortadelle di Negrini Salumi, Renazzo (FE. 4) Alessio Garuti nello stand del Consorzio Tutela del Lambrusco di Modena. 5) Rosangela Gennari dell’omonimo caseificio di Collecchio (PR). 6) Ruliano, Prosciuttificio di Langhirano (PR). 7) Da Masé degustazione di uno dei prodotti di punta dell’azienda triestina, il prosciutto cotto in crosta di pane

Centomani di questa terra ha rappresentato la prima tappa di quel viaggio verso Expo che CheftoChef emiliaromagnacuochi ha organizzato in occasione dell’Esposizione Universale da agosto a settembre. Così ha presentato il progetto l’associazione: “Da agosto a settembre andrà in scena un viaggio — in barca, a piedi, in bici — da Rimini a Piacenza verso Milano, attraversando 100 città e borghi lungo le storiche vie regionali: la via d’acqua del Fiume Po, la via di terra della Via Emilia e l’Alta via dei Parchi. Il percorso, territoriale e gustativo, ha il preciso obiettivo di testimoniare la qualità, l’ecosostenibilità colturale e la raggiungibilità della buona alimentazione salubre, senza danni per l’ambiente. Il viaggio-evento coinvolgerà i cuochi di CheftoChef, che per l’occasione cucineranno in food ship e food truck, preparando cibo da strada e finger food con prodotti del territorio, il tutto in collaborazione con i partner rappresentanti delle tradizioni gastronomiche locali. Obiettivo è infatti recuperare prodotti e ricette della tradizione, reinterpretate in chiave moderna”. In questo contesto si inserisce anche il progetto “Le Città della Gastronomia”, che ha l’obiettivo di salvaguardare i prodotti “identitari” anche nel loro rapporto con la cucina.

78

Premiata Salumeria Italiana, 3/15



Rassegne L’ingrediente principale della buona cucina sono gli ingredienti

Formaggio in Villa 2015, la più bella edizione di sempre di Tania Mauri

A

lla sua quinta edizione, Formaggio in Villa 2015 si conferma palcoscenico ideale per i piccoli e medi produttori di specialità gastronomiche, birrarie e vinicole. In uno spazio meraviglioso, Villa Braida a Mogliano Veneto (TV), i visitatori hanno avuto l’occasione di conoscere di persona chi produce e i produttori di ascoltare le opinioni e gli umori di tanti appassionati che hanno visitato la manifestazione. L’interesse per il buon cibo e la qualità è un dato di fatto e qui lo hanno dimostrato le molte aziende presenti ed il pubblico numeroso, con i laboratori sold out non appena il calendario

è stato pubblicato. Quest’anno poi è stato indetto un concorso, l’Italian Cheese Awards, che ha premiato i migliori formaggi italiani divisi in categorie diverse. Un evento glamour, che ha riunito formaggi e persone di tutto il Paese, con lo stesso amore e passione per le specialità regionali e la produzione casearia artigianale. Erano presenti i migliori produttori veneti con Piave DOP, Asiago DOP, Casatella Trevigiana DOP, Monte Veronese DOP, Morlacco del Grappa, ma anche le migliori specialità casearie provenienti da tutta Italia: Mozzarella di bufala campana DOP, Parmigiano Reggiano, Conciato romano, Fontina d’alpeggio, Castelmagno, Pecorini,

Don Carlo, Burrata pugliese, formaggi francesi e spagnoli. L’area salumi era dedicata al top della produzione nazionale e di nicchia artigianali come i salami d’oca di Michele e Luca Littamè, il pezzente della montagna materana, la sopressata, il capocollo di Martina Franca, i salumi di maiale Nero casertano e di Mora romagnola, la mortandela, il culatello affumicato, la coppa di testa. E ancora, prosciutto cotto, prosciutto crudo di Parma e San Daniele… Tante anche le specialità gastronomiche come olio, pasta fresca, pelati, pane, aceto, confetture, dolci e pasticceria, oltre a vini e birre artigianali.

Il Carbunin, prodotto dall’azienda agricola Mazzucchetti Riccardo di San Paolo Cerve (BI).

80

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


1) Il prosciutto crudo di San Daniele Levi. 2) Manuel Lombardi e Roberto Pellegrini con il Conciato romano. 3) I protagonisti del laboratorio dell’Alto Casertano. Qualche esempio di laboratorio particolarmente interessante Apertura dei lavori con il meglio dell’Alto Casertano, che si presenta con i suoi cavalli di battaglia. MANUEL LOMBARDI, meglio conosciuto come il “contadino 2.0”, patron dell’azienda agricola Le Campestre, produttore di Conciato romano, conduce le danze, raccontando un territorio, spesso confuso con la Terra dei Fuochi, che produce eccellenze italiane uniche, meta di molti tour enogastronomici. La degustazione è iniziata con la saporita

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

Mozzarella di bufala campana DOP del caseificio Il Casolare di Alvignano (CE) e la burrata targata La Baronia, Castel di Sasso (CE), con un cuore di panna, da mandare in estasi la papille gustative. Con l’accompagnamento di un Roseto del Volturno Igt Terra del Principe, è stata la conferma che, la mozzarella, quella vera, è uno dei prodotti italiani più apprezzati ed amati ma anche di non facile reperibilità. A seguire, una degustazioni di salumi Mastro Enrico, di Caiazzo

(CE), realizzati con carni di maiale Nero casertano, dotato di orecchini, ovvero due bargigli che gli pendono ai lati della gola, allevato nell’antichità e quasi completamente estinto ma poi, per fortuna, recuperato. Pancetta e salame in degustazione, gustosi e saporiti, morbidi e appetitosi, perfetti con il vino Pallagrello nero di Fattoria Selvanova. Infine, il Conciato romano, un formaggio che ha più di 2.000 anni — fatto già dagli antichi romani nelle anfore — dal gusto deciso, con un

81


Caprini con petali di fiori. odore penetrante, che, all’assaggio, inonda la bocca di sapori e aromi forti. Per questo formaggio, così particolare, si è “scomodato” ROBERTO PELLEGRINI, noto bartender veneto, nonché papà della campionessa di nuoto Federica. L’amicizia tra Manuel e Roberto è nata qualche tempo fa, per caso, ma da subito è emersa una forte complicità. Due sognatori, che hanno unito Nord e Sud nel loro sogno: abbinare ad un cibo qualcosa di diverso da birra o vino per Pellegrini, per Lombardi trovare un abbinamento diverso per il suo formaggio. Così è nata una combinazione originale ma perfetta tra un veneto ed un campa-

no, tra un formaggio di carattere e la vodka Grey Goose. Se subito i partecipanti al laboratorio sembravano dubbiosi e timorosi, è stato sufficiente un assaggio ed una bevuta di vodka per leggere sui loro volti la riuscita del felice connubio, il sapore forte e persistente del Conciato romano quasi spazzato via dalla vodka, che lascia una bocca pulita dove resta, persistente, un nuovo gusto, piacevole e amabile. Altro laboratorio molto seguito — e molto goliardico — è stato quello della Verticale di prosciutto crudo San Daniele di 18, 26 e 36 mesi dell’azienda Levi, friulana, con l’o-

ste MAURO LORENZON presente per gli abbinamenti dei vini e REMO PASQUINI per il taglio a mano del prosciutto. Per fare il suo prosciutto crudo Levi usa solo suino nazionale del Nord e Centro Italia. La stagionatura, a San Daniele, va da un minimo di 13 mesi, per le cosce più piccole, fino ai 3 anni. Il taglio al coltello è essenziale per valorizzare al massimo la produzione, così come una buona “morsa” in legno, che può essere orizzontale o verticale. Può essere più stagionato e profumato il 36 mesi o più fresco e delicato il 18 mesi. Il 36 mesi risulta morbido come il 26, ma con un gusto più in-

Paesaggi di confine tra i fiumi Oglio e Chiese Tra i fiumi Oglio e Chiese esiste un distretto interprovinciale accomunato da tradizioni culturali e gastronomiche molto simili. È dedicata a questo territorio la guida realizzata — senza alcun finanziamento pubblico, insieme al Comune di Asola e di Piadena, e alle Pro Loco di Isola Dovarese e di Torre de’ Picenardi — da un gruppo di ristoratori locali cremonesi e mantovani che hanno deciso di rilanciare il turismo enogastronomico locale realizzando una pubblicazione rivolta a turisti e appassionati gourmet. Composta da quattro itinerari percorribili anche in bicicletta, la guida, totalmente gratuita, è rivolta ad un turista amante del buon cibo e della natura che, arrivato a Cremona, parta alla scoperta del territorio attraversando la campagna e le cittadine di Stagno Lombardo, Cicognolo, Asola, Casalromano, Commessaggio, Isola Dovarese, Canneto sull’Oglio, Torre de’ Picenardi e Piadena. All’interno del vademecum si possono trovare consigli su dove fermarsi a mangiare o scovare i prodotti tipici locali (mostarde, salumi e lambruschi), ma anche alcuni cenni storici sui musei, le piazze e gli antichi castelli che contraddistinguono questo territorio in cui la ristorazione d’eccellenza fa da padrona. L’opuscolo, in italiano e inglese, è distribuito gratuitamente in tutte le attività coinvolte, sul territorio nei luoghi dediti all’accoglienza turistica ed è possibile scaricarlo on-line dal sito www.ogliochiese.it

82

Paesaggi di confine tra i fiumi Oglio e Chiese 2015, www.ogliochiese.it

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


tenso. Il grasso, elemento necessario per un buon prosciutto perché aiuta ed esalta la carne, è di un bel colore bianco, e la marezzatura spicca sul rosso brillante in un perfetto equilibrio tra dolce e salato, morbido e “nevoso”. Per gli inguaribili golosi sono stati fatti dei tortellini al prosciutto crudo, fritti e serviti come finger food, il tutto in abbinamento ai meravigliosi vini dei Colli orientali del Friuli per dare continuità ed identità a questo territorio. Una manifestazione che ha voluto offrire esperienze di sapori e informazioni corrette sugli alimenti, dove la parola d’ordine è stata “l’ingrediente principale della buona cucina sono gli ingredienti!”. Formaggio in Villa vuole infatti incoraggiare il consumatore ad essere più attento, consapevole e accompagnarlo in un percorso divertente e saporito, un piccolo e curioso viaggio nelle piacevolezze. Tania Mauri >> Link: www.formaggioinvilla.it

Il ghiottone viaggiatore Dalla A di Abbacchio alla Z di Zurrette. Proprio nell’anno in cui Expo celebra la biodiversità del Pianeta, non potrà mancare sullo scaffale degli appassionati di gastronomia e tradizioni questa guida, indispensabile punto di riferimento per tutti i viaggiatori curiosi di nuovi sapori. “Il Ghiottone Viaggiatore” presenta oltre 3.000 voci dedicate ad altrettante specialità regionali. L’Italia, forse più di ogni altro Paese al mondo, esprime una varietà di tradizioni, ingredienti, sapori e preparazioni che ne rispecchiano l’assoluta diversità culturale e climatica. E ogni piatto, spesso già a partire dal nome, ci racconta una storia unica e particolare che si intreccia a ogni piè sospinto con la cultura materiale e la Storia, in tutte le sue implicazioni. Questo dizionario tascabile, unico nel suo genere, indica per ogni regione le specialità locali, organizzate secondo le diverse portate, con tanto di appendice enologica. Ad arricchire l’illustrazione dei piatti intervengono citazioni letterarie e divagazioni culturali che inquadrano il cibo e la sua preparazione in un contesto più ampio. Tra le novità dell’edizione 2015, una guida ai 270 prodotti IGP e DOP, un altro grande tesoro italiano. MONICA CESARI SARTONI Il ghiottone viaggiatore Dizionario di oltre 3.000 specialità regionali con la lista dei 270 prodotti Igp e Dop Morellini Editore, 2015 288 pp. – € 14,90 www.morellinieditore.it


Cultur-Al, la cultura alimentare italiana a Parigi Obiettivo del Festival è quello di sostenere i piccoli produttori, coinvolgendoli in una rete di scambio e offrendo loro un’occasione di crescita attraverso una magnifica vetrina nella Ville Lumière di Tania Mauri

A

d aprile, a Parigi, c’è stata la seconda edizione di CulturAl, il Festival dedicato alla cultura alimentare italiana. La location, strepitosa, era il Bastille Design Center, a soli 500 metri da piazza della Bastiglia, su tre livelli, un capolavoro di legno, pavimenti dai disegni originali, grandi finestre ed un meraviglioso lucernario capace di trasportarti in un attimo nella Parigi del secolo scorso. L’ex monumentale

edificio industriale è stato allestito per l’occasione dal designer PHILIPPE MODEL, sfruttando al meglio gli spazi e dando “personalità” ai prodotti italiani presenti. Erano circa un ottantina gli ospiti fra espositori, chef, pizzaioli, panificatori e sommeliers, in una tre giorni con più di 30 eventi tra master class, tavole rotonde, show-cooking e due special dinner. Di grande personalità e carisma gli chef italiani che lavorano a Parigi. Il

sardo SIMONE TONDO, solare e curioso, porta i sapori del Mediterraneo sulla Senna. A soli 23 anni sta riscuotendo molto successo con il suo Roseval, una “piccola casetta di 5 persone e 20 coperti, un menu fisso settimanale di 7 portate”. Due i piatti presentati: un purè di patate affumicate nel fieno sifonato, zucchine novelle arrostite e animelle di vitello con una salsa di “testa” di gamberi rossi; a seguire, una capasanta cruda su una salsa di

Simone Padoan offre la pizza al giornalista Enzo Vizzari durante il festival al Bastille Design Center di Parigi (photo © aromicreativi.com).

84

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


burro alle erbe, “tocchetti” di asparagi bianchi, radicchio trevigiano, polvere di pane croccante e fiori. Lo chef toscano MICHELE FARNESI gestisce, con risoluta vivacità, una brigata di giovanissimi alla trattoria/ bistrot Heimat, aperta da pochi mesi nella Ville Lumière. Anche per lui due piatti, uno di carne e l’altro di pesce, entrambi originali e insoliti: rognone bianco di agnello su una crema di alghe, asparagi bianchi, salicornia e gomasio il primo, anguilla affumicata su un formaggio fresco di capra, cipollotti, mandarino cinese, succo di durian isu, erbe amare e polvere di cipolle bruciate il secondo. Il riservato SERGIO PREZIOSA, braccio destro degli Alajmo nel ristorante Caffè Stern, non lontano dall’Opéra, fa un risotto con un brodo vegetale sfumandolo con il vino bianco e aggiunge asparagi, burrata e pepe nero, sale grigio, bottarga, un profumatissimo olio di bergamotto ed una polvere di nigella che nasconde una maionese di bottarga per l’effetto sorpresa. Il camaleontico DARIO PUGLIA, genio e follia, del ristorante Gist di Anversa, presenta un “semplice” tuorlo di uovo, del pane secco e grattugiato aromatizzato con lo speck, erbette fresca, ricotta fatta da lui — «stamattina sono andato a prendere il latte dal pastore» — e fiori. Non meno intriganti gli chef che dall’Italia hanno portato un po’ del loro territorio a Parigi, con la loro storia, i racconti, gli ingredienti. Dal giovane calabrese LUCA ABRUZZINO, che interpreta il mangiare dei contadini della tradizione calabrese (a base di cipolla, vino rosso, fave fresche, formaggio e guanciale), al cuoco contadino PIETRO PARISI che porta la semplicità della sua terra con degli gnocchi preparati con farina ed acqua di governo della mozzarella, pomodorini gialli e crosta di pane. E ancora, dall’italo-francese ANTONY GENOVESE che stupisce con un piatto “rosso” di gamberi rossi, giardiniera di verdure, cedro condito, fragole marinate e fiori di borraggine, all’italoolandese EUGENIO BOER e la sua calamarata fredda in tre versioni (pesto liofilizzato, pomodoro in polvere e nature), a cui aggiunge una crema di stracciatella di base con gocce di olive e pomodori.

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

In alto: Dario Puglia con la nostra collaboratrice Tania Mauri. In basso: Gennaro Nasti (photo © aromicreativi.com). Ci sono anche il pugliese ANGELO SABATELLI e i suoi “allievi” (seppioline arricciate) con purè di mandorle secche e limone, l’amante delle erbe PIER GIORGIO PARINI che prepara un riso con brodo di “paganelli” essiccati, alloro in polvere, farina di tiglio ed un infuso di acqua e latte, il siciliano PINO CUTTAIA, che fa una “finta pizza” fatta con un “cornicione” di vera pizza su cui adagia nel centro il merluzzo tagliato sottilissimo, pomodorini datterini semi-dry, cipolla fresca per dare freschezza, una spuma di patate molto calda e della polvere di pomodoro secco, e il campano VITANTONIO LOMBARDO con la sua famosa “Pizza in Black”. Si parla di pizza a Cultur-Al e, come sempre nel mondo, riscuote grande successo di pubblico. Oltre a

quella del pizzaiolo gourmet SIMONE PADOAN e alla Margherita del napoletano CIRO SALVO, a fare da padrone di casa è GENNARO NASTI, pizzaiolo di Secondigliano che opera presso la pizzeria La Famiglia di Olivier Rebellato, a due passi dal Louvre. Gennaro non si risparmia e sforna pizza a tutte le ore, dalla classica pomodoro, mozzarella di bufala e basilico agli abbinamenti più singolari, come ricotta e cioccolato o il calzone di mortadella e provola. Si forma la coda per la sua pizza, lui stende la pasta, guarnisce i dischi bianchi, inforna, poi la divide in spicchi per farla assaggiare a tutti. Gira tra gli espositori, si fa ispirare, chiede informazioni e crea nuove indovinate combinazioni, mandando in delirio i fortunati presenti. Tania Mauri

85


Fiere

iMeat, l’innovazione in macelleria

L

a terza edizione di iMeat, in programma a ModenaFiere gli scorsi 15 e 16 marzo, si è confermata ancora una volta piattaforma ideale per il dialogo tra

86

i “macellai del futuro” ed i fornitori che propongono “l’innovazione in macelleria”. L’edizione 2015 ha registrato un tutto esaurito nello spazio espositivo, con una settanti-

na di aziende i cui prodotti e servizi erano indirizzati al canale delle macellerie. Tra le novità più interessanti di quest’anno, per esempio, da segna-

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


lare l’area dedicata alla didattica nella quale alcune scuole hanno presentato la loro offerta formativa relativa alla professione del macellaio. Organizzata da Ecod, con il patrocinio di Federcarni e ModenaFiere, la fiera cerca di dare risposte alle esigenze del dettaglio tradizionale della carne, proiettando al contempo la figura del macellaio verso una dimensione rinnovata e dinamica. La macelleria del futuro si configura infatti sempre più come un punto di “aggregazione” di vari prodotti e di referenze preparate e pronte da cuocere in risposta alle esigenze del consumatore moderno. La richiesta evolve verso un’offerta che abbia proposte differenti da valutare e scegliere senza spostarsi da un punto vendita all’altro, con prodotti speciali, per esempio quelli senza glutine realizzati dal gruppo Passione Preparati Planet capitanato da FRANCESCA SANTIN. Macelleria e cucina si incontrano Una macelleria che, in alcuni casi, senza perdere la sua identità primaria, si trasforma anche in un luogo di cucina dove degustare direttamente della buona carne. Illuminante a questo proposito il momento formativo organizzato da GIORGIO PELLEGRINI e DONATO TURBA, macellai entrambi milanesi con esperienze di ristorazione. Il primo coordina i pranzi in macelleria con tagliate e tartare a disposizione dei tantissimi clienti che nella pausa pranzo vanno a rifocillarsi nella bella bottega di via Spallanzani, nel centro di Milano, per mangiare al volo carni selezionate. Il secondo ha recentemente aperto un ristorante “carnivoro”, l’Antica Macelleria Turba (tra i prodotti di punta, la carne di cavallo e i salumi equini) a Rivolta d’Adda, insieme alla moglie Paola e al figlio Daniele. >> Link: www.imeat.it

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

In alto: Nicolas Piazza nello stand di San Bono Salumificio Tipico Piacentino. Al centro: anche i salumi della Capitelli F.lli a iMeat. In basso: lo stand del Consorzio del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale.

87


1) Adriano Camurri, maestro macellaio e cortador di prosciutto Modena Dop, e Davide Nini, presidente del Consorzio del Prosciutto di Modena Dop. 2) Giorgio Pellegrini della Macelleria Pellegrini di Milano e Tiziana Nogara della Salumeria Macelleria Nogara di Sovizzo, Vicenza. 3) Foto di gruppo per i maestri macellai di Passione Preparati Planet. Da sinistra: Gianni Radice (Lombardia), Michele Napoli (Sicilia), Roberto Passaretta (Lazio), Lorenzo Scarcelli (Puglia), Davide Cecconi (Lazio), Diego Fiorenzato (Veneto) e Salvatore Patorno (Sicilia).

88

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


1) Nello spazio di Fratelli Pagani pronti a cuocere e preparati. 2) La MenĂš di Medolla (MO) presente con un ampio spazio espositivo. 3) Il Consorzio di Tutela della razza Piemontese tra gli espositori di iMeat 2015. La Piemontese è oggi al primo posto in Italia in termini di capi allevati tra le razze autoctone da carne. 4) La Stagionare di Camposanto (MO) vanta un’esperienza quasi trentennale nel settore di impianti di stagionatura dei salumi, offrendo prodotti funzionali, robusti, moderni ed affidabili.

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

89


Tuttofood, il mondo ama e compra il gusto italiano Oltre 78.000 i visitatori professionali certificati: Milano sempre più anima business dell’agroalimentare

P

iù 40,8% per i visitatori professionali certificati UFI, che hanno toccato quota 78.493 (rilevante l’incremento dei visitatori esteri, +78,7%, provenienti da 119 Paesi). Ed è autentico boom per i business match: circa 2.100 top buyer internazionali selezionati hanno incontrato i 2.838 espositori, in rappresentanza di 7.000 marchi, in 11.790 appuntamenti prefissati tramite l’agenda on-line Expo Matching Program. «Dai numeri di questa edizione — ha commentato in proposito CORRADO PERABONI, AD di

Fiera Milano — emerge un verdetto chiaro: Tuttofood è lo strumento per eccellenza per l’ulteriore internazionalizzazione dell’agroalimentare italiano. Grazie al salone, moltissime aziende medio-piccole di qualità hanno avuto accesso a mercati dove

molto difficilmente avrebbero potuto farsi conoscere in altro modo». Tra i Paesi internazionali meglio rappresentati dai buyer USA, Belgio, Canada, Germania, Francia, Giappone, Regno Unito e Spagna per i mercati tradizionali, ma non mancavano nutrite rappresentanze da Medio Oriente, India, Cina, Brasile, Australia o anche da Paesi “particolari” come Svezia, Lituania o Nuova Zelanda. Risultati ottenuti anche grazie alla stretta collaborazione con ICE/ITA (Italian Trade Agency), nello scouting dei buyer su numerosi

Tuttofood, Milano World Food Exhibition si è svolta nel quartiere espositivo di Fiera Milano a Rho.

90

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


Nello stand del Salumificio Scarlino di Taurisano (LE), Attilio Scarlino con la moglie e i figli. mercati internazionali (USA, Canada, Giappone, Regno Unito e Australia in particolare), e al fondamentale supporto delle associazioni di categoria partner (AIDEPI, ASS.I.CA., AssoBirra, Mineracqua, UNAPROL, UNAS, UnionAlimentari). Le opportunità offerte dai mercati esteri sotto i riflettori Sapori e profumi. Aromi e gusto. Piacere e salute. Il mondo food è tutto questo, ma è anche un settore primario per la nostra economia, che vale il 15% del PIL con un export che raggiunge i 33 miliardi di euro. Come ha testimoniato il ministro per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Maurizio Martina, in visita alla manifestazione, «sull’agroalimentare possiamo costruire un punto di svolta per l’economia italiana, puntando sull’internazionalizzazione. L’obiettivo dei 50 miliardi di euro di export al 2020 è alla portata, anche grazie al piano straordinario che partirà a giugno: uno strumento che gli operatori aspettavano da tempo». Un piano che è parte di una strategia

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

articolata, come ha spiegato Martina. «Il piano seleziona tre fasce: i mercati consolidati, gli emergenti e i nuovi. Stiamo completando i vari tasselli di una strategia di riposizionamento e manifestazioni come questa possono fare la differenza. L’Italia non può prescindere da una sinergia pubblicoprivato». Parola d’ordine: diversificazione Una survey qualitativa condotta sui top buyer internazionali durante la manifestazione rivela che i prodotti italiani sono richiesti nel mondo, oltre che per l’appeal della nostra enogastronomia, anche perché hanno reputazione di prodotti naturali, sicuri e di qualità. Tra i mercati emergenti, Indiani e Cinesi sono i più sensibili al valore aggiunto di ingredienti all-Italian mentre i consumatori medio-orientali apprezzano soprattutto la naturalità. La ricerca della specialità originale e poco nota è invece il pallino di Americani e Nordeuropei. «Nei nostri mercati forti, Francia e Germania, il cibo italiano è popolare

da decenni — afferma CÉDRIC DUPERRAY, responsabile area “gourmet” di Galeries Lafayette Berlino — ma oggi i consumatori ci richiedono specialità sempre più ricercate, come la burrata o l’olio tartufato. Più in generale, vogliono prodotti più raffinati e dal “respiro” internazionale». In Cina la sfida è coniugare la quantità con la qualità, come spiega PENG ZHENG, logistics manager di Tube Station, una delle più grandi catene di pizzerie del Paese con 15 locali solo a Pechino. «Attualmente acquistiamo 12 tonnellate l’anno solo di mozzarella in Australia. Siamo qui per spostare questi acquisti sull’Italia. Il nostro obiettivo è usare solo ingredienti italiani: la nostra catena si rivolge soprattutto a un target di 30-40enni colti e con elevato potere d’acquisto, che viaggiano in Occidente e sanno valutare la differenza tra una specialità originale e un’imitazione». «In India il brand Italia è sinonimo di qualità e “status” — commenta SANJAY TANDON, managing director

91


1) Dante Renzini. 2) Renzini, alta norcineria e gastronomia umbra. 3) Nello stand del Salumificio Franceschini di Castello di Serravalle (BO), Simone Franceschini con i genitori. 4) Un ospite d’eccezione a presentare le specialità di Antica Foma di Nonantola (MO): Pietro Bruni, storico maestro della cucina italiana. 5) Antonella Ceci, di Doremilia, marchio del Pastificio Palaganese di Monchio di Palagano (MO). 6) Paganoni Bresaola Naturalmente di Chiuro (SO).

92

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


In alto: il Salumificio San Vincenzo di Spezzano Piccolo (CS), nel cuore dell’Altopiano silano, è specializzato nella produzione dei salumi piĂš tipici della regione calabrese, dalla ventricina alla spianata al capocollo. In basso: nello stand della Negrini Salumi di Renazzo (FE), circondati dalle mitiche rosse Berkel, Vidmer Cantelli, di Officine Cantelli, Dino Negrini e collaboratori.

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

93


1) Stefano Busti e lo staff del caseificio omonimo di Fauglia (PI). 2) Piero Pini e Roberto Agnani. 3) Lo stand di Galbani a Tuttofood. Galbani fa parte dal 2006 di Groupe Lactalis, primo produttore al mondo nel settore caseario. 4) Il coloratissimo spazio del Salumificio Fratelli Beretta di Trezzo sull’Adda (MI). Beretta è Sponsor Ufficiale Salumi di Expo Milano 2015. 5) Il Consorzio del Prosciutto di Modena Dop.

94

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


1) Il Salumificio Gianoncelli di Poggiridenti Piano (SO), specializzato nella produzione di bresaole e di prosciutto crudo fiocco della Valtellina. 2) L’Alcar uno di Castelnuovo Rangone (MO). 3) Alimentari Radice Srl di Lentate sul Seveso (MB). 4) Andreas Muehlberger, responsabile di CSB-System Italia, con Guido Girardelli e Barbara Havlova. 5) Marilena PÊaquin Bertolin con il figlio Alexander e collaboratori nello stand del Salumificio Maison Bertolin di Arnad (AO).

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

95


A Tuttofood il Prosciutto di Modena Dop Biologico Il Consorzio del Prosciutto di Modena ha presentato durante la fiera milanese il Prosciutto Modena DOP Biologico. «Non potevamo che scegliere un momento di visibilità internazionale come questo per presentare quella che al momento rappresenta una piccola nicchia d’eccellenza, fatta per andare incontro ad un pubblico attento e che ricerca prodotti particolarmente curati» ha dichiarato Davide Nini, presidente del Consorzio del Prosciutto di Modena (in foto con Anna Anceschi, direttore del Consorzio). Il Prosciutto di Modena Dop, certificato biologico, si differenzia dalla Dop tradizionale solo nella parte legata all’allevamento del maiale da cui provengono le cosce: l’animale deve infatti appartenere ad un allevamento certificato bio. La seconda parte della preparazione del prosciutto, quella legata alla lavorazione, invece non cambia, attenendosi al disciplinare del Prosciutto di Modena Dop, che prevede l’aggiunta solo di sale marino ed una stagionatura minima di 14 mesi. «L’importante è che le aziende da cui proviene il maiale siano certificate bio» ha concluso Davide Nini. «Per ora sono solo due le aziende del nostro Consorzio che si avvalgono di questa caratteristica. Ma l’interesse c’è anche da parte di altre». Oggi quindi, tutte le quattro Dop modenesi (Lambrusco, Parmigiano, aceto balsamico e prosciutto crudo) sono disponibili sia nella versione tradizionale che biologica. «Per il crudo bio, il sapore è meno delicato di quello tradizionale, più marcato direi» commenta Davide. La zona di produzione del prosciutto di Modena corrisponde alla fascia collinare ed alle valli che si sviluppano attorno al bacino oro-idrografico del fiume Panaro, un’area che partendo dalla fascia pedemontana non supera i 900 metri di altitudine e comprende anche territori delle province di Bologna e Reggio Emilia. Il Consorzio del Prosciutto di Modena, che raggruppa oggi 9 produttori, ha sempre avuto una costante attenzione al prodotto, tanto da modificare qualche anno fa il Disciplinare di produzione in senso restrittivo per migliorare ancora di più il già alto livello qualitativo. La prima modifica ha eliminato la possibilità di usare conservanti. Le cosce di suino oggi si lavorano solo con il sale, senza l’aggiunta di spezie; l’aroma è dato dalla stagionatura. La seconda modifica ha stabilito un allungamento della stagionatura minima che è passata da 12 a 14 mesi, la più lunga tra tutti i prosciutti Dop italiani. “Da noi l’attesa dura 14 mesi” è infatti il messaggio della recente nuova campagna pubblicitaria. >> Link: www.consorzioprosciuttomodena.it

di Epicure Frozen Foods and Beverages. «Tra i prodotti più promettenti ci sono i formaggi: sconosciuti fino a poco tempo fa al mercato indiano per ragioni climatiche, oggi sono sempre più popolari al punto che il Grana padano rappresenta da solo il 25% del valore delle nostre importazioni dall’Italia». Più complesse le esigenze dei mercati medio-orientali. «Il nostro canale HORECA è caratterizzato da una forte presenza di ristoranti italiani» dice VAHID ESMAEILI, sales manager di Aal Mir Trading Co. di Dubai. «I cibi italiani sono più genuini e naturali di molti altri e i nostri clienti lo apprezzano molto. Oggi ci richiedono soprattutto i prodotti da forno e

96

ritengo che ci sia spazio anche per i drink analcolici, soprattutto quelli naturali». Gli operatori italiani, però, devono “modellare” la propria offerta, tenendo conto delle specificità dei diversi mercati. Ad esempio, aggiungono JOSE JACOB, general manager sales di Richesse, e PAUL GEORGE, general manager di Oasis Foods International, entrambi di Dubai, «…ci siamo sentiti proporre degli aceti balsamici per poi scoprire che contengono alcool o lo speck, che è fatto con carne di maiale. Gli operatori italiani dovrebbero essere più formati sulle limitazioni dei mercati medio-orientali». Un aiuto può venire dalla semplificazione del quadro legislativo

e regolatorio già all’origine. Se ne è parlato in un convegno, Operazione Semplificazione, organizzato da AIDEPI, l’Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane in collaborazione con il MIPAAF e l’Ispettorato Centrale della Tutela delle Qualità e Repressione Frodi, il Sistema Informativo Nazionale, il Ministero per lo Sviluppo Economico e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. La nuova regolamentazione interesserà almeno 100.000 aziende e prevede la “dematerializzazione”, ovvero il passaggio dal cartaceo al digitale, di tutti gli adempimenti per una serie di prodotti riservati esclusivamente all’esportazione. Il rispetto delle norme diventerà più semplice,

Premiata Salumeria Italiana, 3/15



1) Simone Sargentoni del caseificio Il Fiorino di Roccalbegna (GR). 2) Pietro Borroni, Urbani Tartufi di Sant’Anatolia di Narco (PG). 3) Il Consorzio di Promozione e Tutela del Prosciutto Crudo Dop. 4) Assaggi golosi allo stand dell’Istituto Valorizzazione Salumi Italiani. 5) Roberta Pirronello nello stand de Il Mallo di Pozza di Maranello (MO). 6) Beppino e Carlo Occelli della Occelli di Farigliano (CN).

98

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


1) Valentina e Roberto Agnani con alcuni collaboratori nello stand della BP Prosciutti di Castelnuovo Rangone (MO). 2) Carlo Vicentini con Giancarlo Aldrighetti. 3) Vincenzo Rota del Salumificio San Vincenzo con lo chef Antonio Biafora. 4) Interessante il percorso sensoriale ideato dal Prosciuttificio Dok Dall’Ava di San Daniele del Friuli: dal classico San Daniele di 16 mesi a quello di 36 fino ai crudi di Mangalica ungherese, Nero dei Nebrodi e Nero spagnolo.

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

99


1) I condimenti all’aceto balsamico di Modena Igp della Società Agricola Acetomodena di Modena. 2) Prosciutto crudo Nero di Calabria della San Vincenzo. 3) Sempre apprezzati gli assaggi a base di salumi proposti a Tuttofood. abbattendo molti costi e tempi incoraggiando anche le aziende più piccole valorizzarsi sui mercati esteri. Concorsi In fiera si è tenuta la premiazione dei due concorsi che hanno visto protagoniste rispettivamente Innovazione e Qualità certificata, valutate tra le eccellenze proposte dalle aziende presenti. Il concorso dedicato ai Prodotti più innovativi ha visto trionfare, tra gli altri, L’altra Bresaola RASPINI, una vaschetta apri e chiudi che mantiene

a lungo la freschezza del salume; L’ABC della Merenda di PARMAREGGIO, prodotto studiato per dare il giusto apporto di calorie e componenti nutrizionali essenziali ai bambini; le Fantasie di Sgombro Delicius di DELICIUS RIZZOLI SPA, che utilizza lo sgombro, pesce azzurro ricco in Omega-3. Per dare valore alle aziende che investono in produzioni DOP, IGP e Bio, Tuttofood ha promosso poi il concorso in collaborazione con la fondazione Qualivita, con l’obiettivo di sottolineare l’importanza del modello

delle Indicazioni Geografiche anche dal punto di vista di tracciabilità e sicurezza. Tra i vincitori il “Salame Felino Igp” del PROSCIUTTIFICIO SAN MICHELE SRL, il “Valtellina Casera Dop” della LATTERIA SOCIALE DI CHIURO e l’Aceto Balsamico di Modena Igp Biologico dell’ACETIFICIO ANDREA MILANO SRL. Per la prossima edizione del salone, la sesta, già pronte le date: dal 7 al 10 maggio 2017 a Fiera Milano. >> Link: www.tuttofood.it

E alla fine arriva “Tuttogood” “Grazie alla collaborazione del Banco Alimentare e dell’Associazione Pane Quotidiano il cibo ancora in ottime condizioni di conservazione e che non sia entrato in contatto con il pubblico non sarà sprecato, ma potrà essere imballato direttamente dagli espositori e verrà raccolto agli stand e ai punti di raccolta direttamente dagli addetti delle due associazioni, che si incaricheranno di distribuirlo subito ai loro centri di riferimento”: è questo Tuttogood, l’iniziativa aperta a tutti gli espositori di Tuttofood 2015, che ha consentito loro, alla fine della manifestazione, di donare il cibo in eccedenza a chi ne ha più bisogno. Lo Stato italiano, con la Legge n. 155 del 16 luglio 2003 (c.d. Legge del Buon Samaritano), consente, a condizioni molto specifiche, di donare cibo ancora buono, come piatti pronti purché conservati tra 0 e 4 gradi, prodotti confezionati o comunque non esposti al pubblico, prodotti da forno, frutta e verdura fresca, scatolame integro. Un bell’incentivo a non sprecare e a redistribuire gli alimenti là dove ce n’è bisogno.

100

Premiata Salumeria Italiana, 3/15



Vino

Expo: Milano maggio 2015 e Torino maggio 1928 di Angelo Valentini

102

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


M

aggio 2015: si è finalmente inaugurata a Milano la tanto sofferta Esposizione Universale. L’augurio che le facciamo è che tutto vada nel migliore dei modi, con la speranza che l’evento lasci un segno tangibile ai posteri, com’è stato per le esposizioni universali passate, tenutesi nel mondo. La tour Eiffel a Parigi, l’Atomium a Bruxelles, la Statua della Libertà a New York, l’E42 a Roma1 sono solo alcuni esempi di natura architettonica, scientifica e culturale rimasti a testimonianza dell’evento. La scelta del mese di maggio come data inaugurale non è nuova. È già successo nel 1928, con l’Esposizione universale di Torino, in concomitanza della quale veniva celebrato un altro evento: il quarto centenario della nascita di Emanuele Filiberto, duca di Savoia. Tra i tanti padiglioni presenti all’Expo 1928, quello dedicato al mondo del vino a noi interessa in modo particolare. La storia (o la leggenda) racconta che Mussolini, allora presidente del consiglio, visitò il padiglione ungherese; gli offrirono un bicchiere di Tokai ed egli fece i complimenti di rito, sebbene fosse quasi astemio. Nel commiato gli donarono un volume riguardante la storia vitivinicola ungherese. Il duce ne prese visione e, per non essere da

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

meno, rispose che, tornato a Roma, per mezzo del suo ambasciatore, avrebbe ricambiato il dono ricevuto con un volume sull’ampia storia della vite e del vino italiano. Volume che, purtroppo, non esisteva: tutt’al più era reperibile qualche documento scritto in maniera frammentaria. La Francia, al contrario, possedeva all’epoca una ricca di storia della vite e del vino fin dai tempi antichi realizzata dal BILLIARD (1913), e la Germania, irrilevante nella produzione vitivinicola, si fregiava di ben tre volumi di storia enologica con autore BASSERMANNJORDAN (1907). La nostra lacuna fu colmata nel 1931, ad opera di due illustri studiosi della materia, accademici d’Italia, il prof. ARTURO MARESCALCHI e il prof. GIOVANNI DALMASSO, con la collaborazione delle Regie Università di Torino e di Firenze. Nessuna nazione poteva raccogliere tanto materiale di studio sulla vite e il vino quanto l’Italia: dalle impronte fossili della vite nei travertini di San Vivaldo in Toscana al tufo vulcanico del Peperino a Roma, dai vinaccioli dell’età del bronzo trovati nelle palafitte di Varese e nelle abitazioni lacustri di Castione Parmense alle ampolle da vino e alle iscrizioni delle necropoli etrusche, dalle anfore — così abbondanti dovunque — vestigia dell’antica Roma

103


Enodispenser nella Biblioteca del vino a Expo 2015 (photo © Ennevi). alle testimonianze dell’esistenza di osterie a Pompei, dove veniva venduto vino di svariate tipologie di vitigni, tali da fare invidia alle attuali DOC. L’opera di Marescalchi e Dalmasso (“Storia della vite e del vino in Italia”) è costituita da tre volumi. La prima parte tratta l’argomento Viti fossili e viti preistoriche in Italia; la seconda parte tratta La vite e il vino nella letteratura romana, nelle figurazioni italiane nel Medioevo, nelle arti figurative da Leonardo ai nostri giorni e nella letteratura dal Rinascimento al Novecento; la terza parte riguarda Le figurazioni della vite nelle monete e negli stemmi, il vino e la musica, il folclore vitivinicolo, le vicende tecniche ed economiche della viticoltura e dell’enologia in Italia, il commercio del vino nell’Italia romana con un epilogo fino

al presente, con i vini dell’Italia contemporanea. Il volume descrive inoltre i georgici romani cantori del nettare di Bacco quali CATONE, VARRONE PLINIO, COLUMELLA e il massimo poeta latino VIRGILIO. Preziose tavole iconografiche riportano opere dei nostri grandi artisti tra cui Benozzo Gozzoli, Guido Reni, Giovanni da Udine, Giulio Romano, Ettore Tito, oltre alle famose statue bacchiche di Michelangelo e Sansovino. Ho ritenuto doveroso citare l’indice generale dei capitoli presenti nei tre tomi per dimostrare la complessità dell’opera, ritenuta una testimonianza preziosa del nostro patrimonio eroico e unica al mondo per i tantissimi argomenti trattati. Non ne furono stampate molte copie, distribuite all’epoca presso le cattedre ambulanti di agricoltura. All’Unione

Italiana Vini va il merito di avere ristampato in anastatica, nel 1979, un numero limitato di copie numerate, 600 per la precisione. Ho la fortuna e l’orgoglio di possedere nella mia biblioteca l’esemplare n. 92. È una miniera di notizie, fonte preziosissima d’insegnamento sui nostri primati e primogeniture in campo vitivinicolo, tanto da non farmi sentire complessi di inferiorità quando mi confronto con i colleghi d’Oltralpe. Abbiamo una letteratura vastissima in materia e dovremmo evitare di copiare stilemi e vocaboli che non ci appartengono storicamente. Ben venga allora che il Padiglione del Vino italiano a Expo, “Vino – A Taste of Italy”, sia stato affidato a persone valide ed esperte come RICCARDO COTARELLA, presidente di Assoenologi, e GIOVANNI MANTOVANI, segretario generale di Veronafiere, che, oltre ad essere esperti della materia, sanno cosa vuol dire fare comunicazione. Angelo Valentini Nota 1. Originariamente noto come E42 (Esposizione 1942) l’EUR è un quartiere concepito e costruito in occasione dell’Esposizione Universale che si sarebbe dovuta tenere nella Capitale nel 1942. La manifestazione venne annullata a causa della Seconda guerra mondiale, ed il quartiere completato in tempi successivi; a pag. 102 e 103 il Padiglione italiano “Vino – A Taste of Italy” (photo © Ennevi).

Omaggio a Gino Friedmann, un vino, un libro, una passione Un vino secco, tagliente, pieno di sfumature e carattere, profondamente rispettoso dell’identità territoriale del Sorbara. Omaggio a Gino Friedmann è l’ambizioso progetto della Cantina di Carpi e Sorbara (MO) nato con l’obiettivo di recuperare l’essenza più autentica del Sorbara, della sua storia e del suo territorio, reinterpretandola in chiave evoluta. Friedmann fu un grande innovatore del suo tempo e lo stesso spirito anima il Lambrusco, premiato nell’edizione 2015 con i 3 bicchieri dalla Guida del Gambero Rosso. Oggi il vino è diventato un libro che porta lo stesso nome, scritto dal giornalista Giorgio Melandri, che racconta con acuta sensibilità la storia del vino pluripremiato, del suo ispiratore e del territorio in cui nasce. «Con questo vino e questo libro abbiamo voluto celebrare uno dei pionieri della cooperazione e grande riformatore della viticultura», racconta Carlo Piccinini, vicepresidente della Cantina di Carpi e Sorbara. «Passione, tradizione e autenticità, ma anche lungimiranza e innovazione sono i valori che emergono dalla parole del libro. Gli stessi che abbiamo voluto dare al vino che gli rende omaggio». >> Link: www.cantinadicarpiesorbara.it

104

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


Haripro, leader in Italia nella produzione di proteine e aromi naturali, fornisce le pi첫 importanti aziende produttrici di ingredienti per la salumeria. Haripro grazie ad una continua ricerca, ha sviluppato negl'anni prodotti sempre pi첫 all'avanguardia, come proteine funzionali ed aromi naturali anallergici ad alto valore nutrizionale. Haripro is a leading producer of proteins and natural flavours in Italy. It supplies the most important Companies which blend ingredients for the meat industry. Haripro, thanks to a continuous research, had developed through years more advanced products like functional proteins and hypoallergenic natural flavours with high nutritional value.

spa

41057 Spilamberto (Modena) - Italy - via Ghiarole, 72 - Tel. +39 059 78 41 11 - Fax +39 059 78 37 47 www.haripro.it e-mail info@haripro.it


Garuti, cantina dal 1920 di Elena Benedetti

N

on fatevi ingannare dalle apparenze. Se un giorno dovesse capitarvi di passare dalle parti di Sorbara, nella Bassa modenese, uno dei territori vocati alla produzione del Lambrusco, e decideste di andare a visitare la famiglia Garuti nella sua cantina, rimarrete colpiti dalla calma di questo borgo di campagna. Sarete accolti da un sorriso e dalla stretta di mano di MAURO BOMPANI e della sua famiglia. Il cane vi darà il benvenuto e tutto sembrerà rappresentare quell’i-

dea di Italia bucolica e slow che tanti ci invidiano. In realtà, le cose non stanno proprio così perché i Garuti sono sempre di corsa. E lo sono da quasi cent’anni! È il 1920 quando il signor Dante da semplice mezzadro si mette in testa l’idea di acquistare della terra per le sue future vigne. E così fa, fondando la cantina omonima. La sua passione per il lavoro nel vigneto, per la cura delle piante e la maniacale attenzione al prodotto, sono trasmesse quasi geneticamente ai figli Elio e Romeo.

Viene acquisito un podere, il Marandello, e si consolida la produzione di quel buon vino rosso frizzante che caratterizza questa terra. Intanto la famiglia cresce. La figlia di Elio sposa Mauro Bompani e inizia una nuova fase. Gli anni ‘90 vedono l’apertura dell’agriturismo, il primo nella zona, con la voglia di far conoscere e avvicinare questa realtà fatta di prodotti naturali agli amanti della buona cucina modenese. Per condividere un percorso di vita e una filosofia di prodotto che non ammette

La famiglia Garuti è impegnata in un continuo processo di innovazione in cantina. Prima nella vinificazione del Lambrusco di Sorbara da un solo vitigno, oggi è sul mercato con un Sorbara Dop secco, amabile e rosè. Queste bottiglie si affiancano al Lambrusco Grasparossa Dop e al Pignoletto Dop. Non mancano il Trebbiano dell’Emilia Igp, il Lambrusco di Modena Dop e il Trebbiano di Spagna. Quest’ultimo, uno spumante bianco extra-dry.

106

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


scorciatoie. Il tempo scorre e prende il via un nuovo corso durante il quale la famiglia inizia a lavorare nella diversificazione della produzione. «Negli ultimi anni abbiamo deciso di ampliare la gamma dei nostri vini seguendo le esigenze di un mercato in costante evoluzione» mi racconta Mauro Bompani. «Abbiamo investito tanto nella campagna, nei vitigni e nel processo di vinificazione, scegliendo la strada della produzione limitata per ettaro (solo 150 quintali, Ndr)». La Cantina Garuti diventa così pioniera nella vinificazione del Lambrusco di Sorbara con uve monovitigno. Non mancano all’appello Grasparossa e Pignoletto, anch’essi prodotti in purezza. Tra le scelte di Cantina Garuti c’è poi la volontà di riproporre il vino fermentato in bottiglia. «Fino a qualche anno fa questo prodotto era un po’ bistrattato dal mercato» dice Mauro Bompani, accogliendomi all’interno della cantina, nella sala dedicata alle visite e alle degustazioni. «Oggi assistiamo ad un cambio della guardia: anche la fascia di consumatori più giovani sta riscoprendo i sapori autentici e c’è un ritorno verso prodotti più naturali». Da qui, l’idea di riscoprire un’etichetta storica disegnata da una zia della famiglia Garuti e riproporre un Lambrusco di Sorbara DOC 100% fermentato in bottiglia.

• • • • •

Tutti i numeri di Garuti: 1920, anno di fondazione della cantina per volere di Dante Garuti; 30 gli ettari coltivati per la produzione dei pregiati lambruschi; 150 la resa di quintali per ettaro, al di sotto del numero indicato dal disciplinare di produzione della Doc; zero diserbanti e concimi chimici, totalmente assenti in vigna; 1993, anno di apertura dell’Agriturismo Garuti.

La forza di Cantina Garuti risiede nelle sue origini, nella famiglia, completamente coinvolta e impegnata in ruoli congeniali alle attitudini e passioni dei singoli. Alessio, ad esempio, segue il commerciale estero e tutti i carteggi necessari per l’esportazione, oltre alla comunicazione e al marketing. La moglie si occupa della parte amministrativa, e altri componenti dell’agriturismo, con la cucina e la gestione dei clienti che pernottano nella casa di campagna. La cantina è molto frequentata, con le porte sempre aperte dal lunedì al sabato (8.00 – 12.30, 14.00 – 18.30;

domenica chiuso) a visite guidate, a clienti che ne approfittano per acquistare qualche bottiglia e a serate di degustazione accompagnate da specialità modenesi. I canali di vendita sono principalmente quello privato e l’HORECA. Elena Benedetti Società Agricola Garuti Dante, Elio e Romeo S.S. via per Solara 6 41030 Sorbara (MO) Telefono: 059 902021 E-mail: info@garutivini.it Web: www.garutivini.it

La campagna della Bassa Modenese ha un fascino tutto suo. Qui c’è quiete, tanta terra agricola, terreni coltivati a vigna e una cucina semplice e casalinga che ha come comun denominatore i prodotti di quell’Emilia che oggi inizia a catalizzare l’attenzione di un turismo internazionale. Quest’idea di benessere e attrattiva la famiglia Garuti l’aveva ben presente anche più di vent’anni fa. È infatti del 1993 l’apertura del loro agriturismo, il primo in questa zona della Bassa modenese. Sono otto le camere con servizi, complete di optional tra cui TV e aria condizionata. Di queste due sono anche dotate di angolo cottura e frigo. La prima colazione è inclusa e l’eventuale cena è a prezzo agevolato. Nell’agriturismo c’è anche una sala riunioni a disposizione di aziende per eventi.

Agriturismo Garuti Via Carlo Testa 16 41030 Sorbara (MO) Telefono: 059 902021 E-mail: info@agriturismogaruti.it Web: www.garutivini.it

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

107


I vini di Premiata Salumeria Italiana

Degustazione: vini di Laura

E

state, tempo di barbecue. Chi non associa alle serate in riva al mare i profumi del pesce alla griglia, chi non si diletta con forchettoni e braci alla vista delle prime giornate di sole? Certo, l’arrivo della bella stagione coincide spesso con un momento difficile per tutti, soprattutto per le signore: la temutissima “prova costume”. È così che si intraprendono diete durissime e

dai nomi più svariati, spesso recuperate dopo un giro in internet o da un’amica che assicura di aver perso 20 chili in 2 giorni grazie a pantagrueliche cene a base di litchi o noci di cocco, magari col guscio. Eppure, una dieta sana è più semplice di quanto si pensi e proprio il barbecue o la cottura alla griglia sono tra i migliori alleati della linea. Per quanto riguarda il pesce, molte sono le specialità ittiche

Pignoletto Classico DOCG Colli Bolognesi 2014 Montevecchio Isolani

Soave DOC Borgoletto Fasoli Gino

Trentino Doc Nosiola Cantina Toblino

Siamo nel cuore dei Colli bolognesi e della denominazione con questo vino ottenuto da uve Pignoletto in purezza. Un calice limpido, giallo paglierino chiaro, che regala profumi fini, puliti e netti. Sono sentori di pera e ortica di primavera, menta e melone bianco, mallo di noce ed erbe alpine, con ricordi di pistacchio e speziatura a completamento. Un’olfattiva piena e complessa, che si rispecchia nel bicchiere, armonico. Una sapidità dosata, una buona freschezza si bilanciano perfettamente con morbidezza e grado alcolico, regalando un’esperienza elegante e decisamente equilibrata. Un vino che va servito freddo e che si accompagna magnificamente con aperitivi a base di prosciutto crudo e salumi. Naturalmente, non sfigurerà con una copiosa e ricca grigliata di pesce, specialmente con le carni bianche e morbide di una spigola o con una croccante seppia dell’Atlantico.

La cantina Fasoli si vanta di produrre vini con personalità. Cosa innegabile. Sono vini la cui impronta caratterizzante resta inconfondibile, pur nel rispetto delle tipologie, delle uve e del territorio. Questo calice di Soave, uve Garganega, si presenta di un bel giallo paglierino con leggerissimi riflessi verdognoli e apre subito l’olfattiva con un bouquet elegante e pulito. Note di frutta bianca acerba e, soprattutto, di mandorla verde a caratterizzare il naso pulito e raffinato del vino. Un vino che è freschezza al palato, bilanciatissima e lunga, persistente senza aggressività. Un vino di gran beva, facilissimo con gli amici, nelle serate estive, ad accompagnare stuzzichini, piatti di salumi, fritture di pesce. Servito freddo, si sposerà perfettamente con una grigliata di pesce mista, spiedini alla griglia, ben cotti. La nota di mandorla sarà la compagna perfetta dei profumi delle braci, in grande armonia.

Il Nosiola è l’unico vitigno autoctono a bacca bianca del Trentino e qui, in questo calice paglierino con riflessi verdognoli, è splendidamente rappresentato. Sono uve che provengono dai vigneti meglio esposti della Valle dei Laghi che attorniano Castel Toblino. La particolare natura dei terreni, asciutti e ricchi di scheletro, unita alla costante presenza dell’Ora del Garda, il vento del lago, conferisce ai grappoli una maturazione ottimale. Il vino si esprime al naso con delicate note fruttate di pesca e caramella e varietali che richiamano la nocciola fresca. In bocca è secco, piacevolmente fresco e leggermente aromatico. Va servito a 8-10°C in calici di media ampiezza. Ottimo aperitivo, si sposa perfettamente con i piatti a base di pesce di acqua dolce, di verdure e carni bianche. Ideale con il pesce alla griglia, da provare con un bel polipo grigliato, Puglia style, da Nord a Sud, con grande naturalezza e gusto.

Cantina Montevecchio Isolani Via San Martino 5 40050 Monte San Pietro (BO) Telefono: 335 7184449 vini@montevecchioisolani.it

Azienda Agricola Fasoli Gino Via Cesare Battisti 47 37030 Colognola ai Colli (VR) Telefono: 045 7650741 fasoligino@fasoligino.com

Cantina Toblino Via Longa 1 38072 Sarche di Calavino (TN) Telefono: 0461 564168 info@toblino.it

108

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


da barbecue Franchini

adatte al barbecue: polipi, seppie, tonno, salmone, pesce spada, sgombri, pesce azzurro e di fiume, ma anche cannolicchi, canocchie e capesante. Ecco: le tanto amate grigliate miste che trovate in numerosi menu sono le protagoniste di questa degustazione, in tutta la loro bontà e leggerezza. Certamente, però, l’operazione di cottura alla griglia richiede esperienza e mezzi. La carne del pesce è delicata

e le marinature, quando presenti, devono essere leggere e dosate. Seppie e polipi richiedono cotture più lunghe e marinature diverse. Lo stesso vale per le differenti tipologie di pesce e una dovuta preparazione e una materia prima di qualità aiuteranno ad ottenere ottimi risultati. I vini suggeriti sono stati scelti per l’abbinamento, la freschezza e la facilità di beva. Ora dovete solo accendere le braci.

Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico Superiore Rincrocca Cantina La Staffa

Colli di Luni DOC Vermentino Superiore L’Aura di Sarticola Cantina La Pietra del Focolare

Ribolla Gialla DOC Colli Orientali del Friuli Cantina Grillo Iole

Una piccola realtà, nemmeno 7 ettari vitati, questa piccola cantina biodinamica, che si è conquistata un ruolo di prestigio grazie ad una produzione pulita ed elegante. Nella zona delle colline dei Castelli di Jesi, come sottolinea il produttore Riccardo Baldi, il vitigno Verdicchio beneficia delle condizioni di uno speciale microclima e della singolare composizione del terreno che ne fanno, insieme ad una rispettosa lavorazione delle uve, un vino fine ed equilibrato, dalla personalità forte e raffinata. Giallo paglierino con riflessi verdognoli, questo calice è espressivo al naso, raffinato con note minerali e floreali, leggeri ricordi di frutta bianca. Armonica la sorsata, piena ed equilibrata. Una buona persistenza, non eccessiva, completa il quadro, decisamente positivo. Servire fresco, intorno agli 8-10°C, con piatti di pesce alla griglia, capesante, buttate sulla griglia per qualche secondo e condite con olio, sale e prezzemolo.

Una vendemmia tardiva, una scelta produttiva che denota la volontà di dare uno spessore diverso al vino, senza snaturarne la tipologia. Prodotto con uve Vermentino in purezza, questo calice è il risultato di tre metodi diversi di vinificazione: un terzo della produzione viene vinificato in bianco, con fermentazione a temperatura controllata e macerazione sulle bucce per 48 ore. Un terzo viene vinificato facendo macerare e fermentare il mosto con le bucce per quindici giorni ad una temperatura di 20°C. Nei primi otto vengono effettuati vari rimontaggi, quindi viene posto in fusti di rovere per 12 mesi ed assemblato l’anno successivo. Un terzo delle uve viene vendemmiato al tramonto e pigiato con i piedi. Ne risulta un vino complesso, strutturato ma con un suo stile armonico, che non può deludere con pesci di mare alla griglia, tonno e pesce spada in primis, ma anche salmoni guizzanti, dalla carne rosata.

Affina per 10 lunghi mesi sulle fecce integrali questo bel calice dorato, ottenuto da uve Ribolla, vitigno autoctono friulano che risulta noto dal 1300. Il nome deriva dallo sloveno Rébula, che nel dialetto friulano è diventato Ribuele. L’impatto olfattivo è notevole nella sua estrema eleganza, definirlo positivo è riduttivo. Pesca, pera, fieno si palesano copiose, ma sono le note agrumate e candite a caratterizzare il calice, seguite da una florealità seducente. La bevibilità del vino deriva da una grande armonia tra tutte le parti, giusti i valori di sapidità, freschezza e grado alcolico. Adatto anche a piatti più strutturati, a tranci di pesce spada con pomodorini, capperi e olive. Servitelo ben fresco, intorno agli 8°C, accompagnato da fette di prosciutto San Daniele. Le grandi grigliate di pesce saranno ben liete d’essere innaffiate da questa bella proposta, gamberoni e scampi in primis.

Società Agricola “La Staffa” S.S. via Castellaretta 19 60039 Staffolo (AN) Telefono: 0731 779810 info@vinilastaffa.it

La Pietra del Focolare Via Isola 76 19034 Ortonovo (SP) Telefono: 0187 662129 lapietradelfocolare@libero.it

Azienda Agricola Grillo Iole Via Albana 60 33040 Prepotto (UD) Telefono: 0432 713201 info@vinigrillo.it

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

109


Formaggio

Il Fiorino: tutto un mondo da scoprire di Maria Novella Batini

S

e è in gran parte merito dell’aristocratica famiglia degli Aldobrandeschi e delle sue possenti fortificazioni il fatto che Roccalbegna appaia nelle pagine dei libri di storia medievale, non c’è dubbio che, in tempi moderni, a portare in giro per il mondo il nome di questa suggestiva cittadina della Maremma siano stati i Fiorini, che in questa terra aspra e selvaggia hanno saputo far fiorire un’azienda modello: la loro produzione di pecorino è infatti un’eccellenza che fa tesoro delle più moderne tecnologie, non meno che di quell’antica e sapiente tradizione toscana che loro hanno nel sangue. In questi anni in Europa, ma anche in Giappone, America e perfino in Australia, non sono mancati i riconoscimenti ai formaggi de Il Fiorino di Roccalbegna. E se il pecorino “Riserva del Fondatore” è il fiore all’occhiello dell’azienda, la vera “riserva” del fondatore Duilio Fiorini è la sua splendida famiglia: la notorietà internazionale del caseificio, infatti, è targata Angela e Simone, la figlia e il genero, che continuano la sua avventura con passione se possibile ancor maggiore, proiettando l’intuizione e la professionalità di Duilio negli anni Duemila. Dal Casentino a Roccalbegna Ma torniamo all’inizio della storia, che vale la pena di essere raccontata e che si può conoscere con maggiori dettagli nel recente volume “Cacio toscano” edito da Moroni Editore. La famiglia Fiorini ha origini casentinesi e il suo arrivo in Maremma è legato al fenomeno della transumanza, che portava i pastori del Casentino e di altre zone montane toscane a svernare in Maremma, per poter offrire alle greggi pascoli ricchi e nutrienti

110

anche nei mesi invernali. Se l’arrivo dei Fiorini nelle terre di Roccalbegna è presumibilmente avvenuto alla fine del Settecento, ne è sicura testimonianza un documento del 15 giugno 1812 che dichiara: “…Io Luigi Bandi, arciprete della Chiesa di Roccalbegna, premesso l’atto civile, battezzai un bambino nato ieri da Silvestro del fu Natale Fiorini e da Rosa del fu (…) Pierini, coniugi di Roccalbegna, cui fu posto nome di Francesco…”. Tale Francesco Fiorini fu certamente il primo ad acquistare alcune proprietà agricole nella zona, poi ampliate dai suoi eredi, che si dedicarono all’agricoltura ma anche all’allevamento di ovini. Nel 1925 un discendente di Francesco, Ferrero, possidente agricolo e proprietario di un bel gregge, si sposò con Caterina

Pandolfi di Roccalbegna ed ebbe due figli, Silvestro e Duilio, fondatore dell’attuale azienda Il Fiorino. Una storica caldaia Ferrero, aiutato dalla moglie Caterina, donna con grande acume per gli affari e naturalmente portata al commercio, affiancò all’attività agricola un negozio in paese per la vendita di prodotti alimentari e di ferramenta. Dopo un periodo di crisi al termine della seconda guerra mondiale, grazie all’intraprendenza del giovane Duilio, i Fiorini — che già producevano in proprio il pecorino, oltre a commissionarlo a famiglie della zona — fecero un salto di qualità e nel 1957 fondarono il primo caseificio a Roccalbegna: il loro formaggio e la loro ricotta, già molto apprezzati in zona, comin-

Simone Sargentoni.

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


ciarono ad essere conosciuti anche dai compratori più lontani, che non mancavano di venire a rifornirsi nella loro piccola azienda artigianale di via del Moro 7. Qui grazie ad un’attrezzatura rudimentale, ma per allora modernissima (una grande caldaia e un generatore a vapore con una serpentina che scaldava il latte), avveniva la magica trasformazione in formaggio del profumato latte degli ovini locali. La vecchia caldaia, oggi cimelio d’antiquariato, è conservata ancora — quasi con affetto e nostalgia — nell’attuale stabilimento e mostra lo storico punzone della fondazione della ditta, “1957”. Casa e bottega È del 1962 l’idea di ingrandirsi: Duilio aveva messo su famiglia e il nuovo stabilimento sorse in via Amiata 365, al pianterreno di uno stabile abitato dai Fiorini. Un comodo “casa e bottega” che ancora oggi è vissuto con piacere dalla famiglia. Perché, se è vero che nel 1989 — per motivazioni legate alla nuova legislazione sulla conformità dei locali di produzione — in tempi brevi fu necessario realizzare appena fuori Roccalbegna un più moderno caseificio, dotato dei necessari depuratori, è anche vero che l’edificio di via Amiata non è mai andato completamente in pensione. E questo perché, se all’esterno pare una comune abitazione, in realtà dietro alla facciata nasconde una sorprendente realtà che lo rende tuttora assai interessante per la stagionatura dei formaggi: la piccola palazzina è infatti come abbarbicata alle rocce della caratteristica e selvaggia natura di Roccalbegna e sul retro si affaccia su anfratti aspri e rocciosi comunicanti con la casa, che garantiscono in ogni stagione temperature fresche e giusto tasso di umidità, doti fondamentali per la conservazione del formaggio. Oggi, come detto, l’attività si è spostata nel nuovo e grande caseificio di Paiolaio, subito fuori dal paese. A pianterreno di via Amiata si sta procedendo gradatamente alla ristrutturazione di alcuni locali, già un tempo adibiti alla stagionatura dei formaggi, che diverranno “museo vivo” per comprendere i segreti della tradizionale e artigianale tecnica di fabbricazione del cacio.

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

Lo stand del Caseificio Il Fiorino a Tuttofood 2015. La riscoperta del “marzolino” Abbiamo parlato degli stabilimenti e del loro rinnovarsi nel tempo, ma la vera storia di questo caseificio è scandita dalle intuizioni di Duilio Fiorini che, dopo i primi anni di produzione generica di pecorino e ricotta, iniziò a comprendere la necessità di specializzarsi e di mettere a punto una produzione sempre più qualificata. In particolare vogliamo ricordare come con passione volle rilanciare agli inizi degli anni Ottanta l’antica tradizione del “marzolino”, un formaggio fresco tipicamente toscano che, come dice il nome, veniva preparato a primavera e che fin dal Medioevo aveva goduto di una straordinaria fortuna e di una diffusione addirittura europea. Fu un successo che continua ancora oggi. Il prolificare di piccole aziende casearie rese ben presto necessario regolamentare la produzione a garanzia dell’acquirente e Duilio Fiorini, nel 1985, fu tra i soci fondatori del Consorzio di tutela del formaggio pecorino toscano, che nel 1996 a seguire sarebbe stato insignito della Denominazione di Origine Protetta, riconosciuta nel 1996. Il resto è storia d’oggi. In un’intervista fatta a Duilio diversi anni fa da Roberto Tonini si legge: “Quando gli chiesi dei programmi futuri mi guardò negli occhi e mi disse: C’ho una figliola, figlia unica, che ha 23 anni e la mattina presto va a ritirare il latte dai pastori… Non andò oltre, mi guardò come per dire: speriamo bene!”. Era

solo una speranza. Duilio non sapeva ancora che alla figlia si sarebbe unito il genero, Simone Sargentoni, e che questa coppia di grandi e appassionati lavoratori avrebbe avuto quella marcia in più per lanciare l’azienda nell’orbita internazionale, riuscendo al tempo stesso a mantenere quella tradizionale genuinità e quell’eccellenza artigianale che rendono unici e apprezzati nel mondo i prodotti caseari dei Fiorini di Roccalbegna, dal fresco “marzolino” al pluripremiato “Riserva del Fondatore”, che nel 2014 a Londra ha conseguito il Super Gold come miglior pecorino al mondo. Tuttofood 2015 Si è da poco conclusa a Milano l’ultima edizione del principale evento fieristico nazionale, allestito quest’anno in concomitanza all’inaugurazione di Expo. Forse è anche grazie a questa coincidenza che quasi 80.000 operatori — l’ingresso era dedicato solo ai professionisti del settore — provenienti da 120 Paesi diversi, hanno visitato la manifestazione. Il caseificio Il Fiorino, presente con uno stand appositamente realizzato per l’occasione, ha così visto consolidare la propria presenza sul mercato internazionale e, soprattutto, ha potuto stabilire contatti con nuovi paesi tra i quali Kazakistan, Cina, Nuova Zelanda e Brasile. Tutto un mondo da scoprire, quindi, e a cui far scoprire il pecorino toscano. Maria Novella Batini

111


Caci brigaschi nell’entroterra imperiese Dal latte ricco di aromi della pecora Brigasca nascono strepitosi formaggi come il brus, la toma e il Grangessato, una vera e propria golosità adatta a chiudere qualsiasi pasto di Riccardo Lagorio

G

li allevamenti ovini sono sempre stati una fonte di reddito primaria per le piccole comunità che abitavano le Alpi Marittime, tanto che le cronache narrano di contese per il possesso dei pascoli migliori sin da tempi antichi. All’inizio del XX secolo in tutta l’area di diffusione della pecora Brigasca — le valli imperiesi e

quelle contigue di Piemonte e Provenza — erano allevati 60.000 capi. Dopo la definizione dei confini politici ed amministrativi del 1947, con l’annessione alla Francia di ampi spazi di territorio italiano (come accadde per l’Istria e la Dalmazia a favore della ex Iugoslavia sul fronte orientale), lo spostamento del bestiame divenne difficoltoso e delle antiche greggi resta

oggi poco. Di quella razza in Liguria pascolano circa 1.500 capi e meno di 600 sono allevati in Val Roia da solo quattro allevatori, con effetti negativi sull’economia di queste aree montane ed anche sul paesaggio, che ha subito processi pressoché irreversibili di imboschimento. Il termine Brigasca proviene inequivocabilmente da Briga, uno dei comuni passati sotto

Tome di pecora Brigasca (photo © Nicola Robecchi e Federico Trotta, www.createdinitalia.com).

112

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


il Paese transalpino, e prima della seconda guerra mondiale la razza locale subì numerosi incroci con la razza Bergamasca per rendere gli animali più robusti. Il risultato si traduce in pecore di entrambi i sessi provviste di corna, un profilo montonino accentuato, corpo dal vello bianco, muso e le corte zampe rossastre, coda lunga, lana grossolana e resistente, ideale per la trasformazione in tappeti. Ha mantenuto della popolazione locale il carattere vivace e curioso. Le corna della pecora Brigasca venivano usate come strumento di richiamo dei pastori tra una vallata e l’altra e curiosamente durante la processione del Venerdì Santo per simulare i Giudei che schernivano il Signore. La produzione di latte a capo varia tra 100 e 150 litri l’anno ed è apprezzata a tal punto che sul versante francese fino agli anni Sessanta alcuni allevatori fornivano una latteria per la produzione di Roquefort. Il metodo di allevamento tradizionale è transumante di breve raggio e semi brado, con lo sfruttamento di pascoli alpini sino alla seconda metà di settembre e lungo il litorale nei mesi invernali. Anche grazie all’allevamento ovino, lungo le pendici del monte Saccarello si è sviluppata una singolare gastronomia etnica, la cosiddetta “cucina bianca”, perché imperniata oltre che sui latticini, su farinacei, ortaggi e frutta poco colorati come patate, porri, aglio, rape e gherigli di noce, accomunando popolazioni liguri, piemontesi ed occitane. Mendatica, nell’Imperiese, ne è una sorta di capi-

Una kermesse di tre giorni, che ormai da diversi anni (la prima edizione risale al 1969), a fine settembre, rievoca gioie e fatiche della vita di transumanza, cultura comune delle genti brigasche stanziate nell’areale del Monte Saccarello: è la Festa della transumanza di Mendatica, meraviglioso angolo della Liguria occidentale, situato nella Valle d’Arroscia. Per informazioni: Pro Loco Mendatica, telefono 0183 38489, iat@mendatica. com (photo © www.liguriainside.it).

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

tale. Nella chiesa di Santa Margherita di Antiochia, che risale al Trecento, la santa evangelizzata dalla nutrice è raffigurata tra greggi ed è ancora ben viva la Festa della transumanza, che si tiene nel fine settimana prossimo al 21 settembre, giorno di San Matteo. Brus, tome e Grangessato A Mendatica si incontrano anche tre aree biogeografiche: quella marittima, continentale e alpina che si traducono a livello erbicolo nella presenza di un terzo delle essenze rinvenibili nell’intera Europa. Ciò conferisce al latte degli ovini particolare ricchezza di aromi e sfumature che Simona Pastorelli traduce in strepitosi formaggi nel suo caseificio, avamposto produttivo dell’agriturismo dove la madre Terzilia si occupa di preparare pietanze di altrettanto buon gusto. L’azienda copre circa 11 ettari di superficie, dove si coltivano ortaggi, cereali per l’alimentazione degli animali e frutti di bosco. Il prodotto più utilizzato in cucina è il brus, nato come mezzo di conservazione della ricotta, di essa ne è un impasto che viene ravvivato giornalmente con le eccedenze. In origine la conservazione e le fasi produttive avvenivano servendosi di un contenitore di legno completo di coperchio, lo scorsu. Il gusto moderatamente piccante lo rende ideale come aperitivo spalmato sul pane di segale ed accompagnato da patate, o come base di sugo insieme alle noci e all’aglio per condire i sugelli, una sorta di orecchiette locali. La toma di pecora Brigasca, a latte crudo, è invece un parallelepipedo dalla base

Il brus. pressoché quadrata di 35 cm e scalzo di 20. Dall’occhiatura sottile, ha pasta morbida e viene consumata entro 90 giorni dalla produzione mantenendo un sapore delicato. Talvolta viene prodotta anche con latte vaccino in proporzioni variabili. Simona Pastorelli ha anche creato un prodotto assai goloso ispirandosi al Castelmagno, un formaggio dalla caratteristica gessosità e primitive muffe verdastre, il Grangessato. Gusto pronunciato, ammiccante, piacevolmente adatto a chiudere qualsiasi pasto. Anche la forma a scalzo alto pare volere ricordare quel lontano parente a cui si rifà. Grazie a quei lontani incroci di cui si scriveva più sopra, la razza Brigasca ha una buona propensione ad essere utilizzata anche per carne. L’agnello viene macellato quando pesa meno di kg 20, vale a dire in prossimità del compimento dei due mesi di età. Nella fattispecie, il consumo avviene prevalentemente nell’agriturismo come uno dei piatti più succulenti di tutta la cucina imperiese, l’ovino con i fagioli. I pochi altri che si vendono, prendono la strada delle macellerie litoranee. Serve anche questo per mantenere in vita la Brigasca. Riccardo Lagorio Agriturismo Il Castagno Via San Bernardo 39 18025 Mendatica (IM) Telefono: 0183 328718 Web: www.ilcastagnomendatica.it

113


Bosnia-Erzegovina: turismo rurale e arte casearia di Raffaele Bertolini

L

a storia d’amore tragica che lega Livno, la BosniaErzegovina, Hella e Jozo, le ambizioni regali e la quotidiana lotta per la fame e le speranze di un individuo e di una nazione la si ritrova viva nelle storie di oggi, di uomini e donne che combattono quotidianamente con un passato atroce e sempre presente, ripetendo gesti atavici nella loro quotidianità, quasi a scongiurare la possibilità di un errore che possa infiltrarsi nella sicurezza che da la tradizione. In Bosnia-Erzegovina la ripetizione del fare caseario è indissolubil-

114

mente legata al carattere di quella terra, al suo territorio e alla sua cucina. Dall’onnipresente kaymak, panna acida di fresca preparazione, che troviamo nei vari gusti, dolce o fortemente fermentata, al Livanjski sir,una caciotta originaria della città di Livno: qui il formaggio non solo è amato, ma diventa addirittura essenziale. Il racconto prende spunto da un progetto che ha come finalità la creazione di condizioni ideali per il mantenimento di una agricoltura bosniaca all’altezza delle sfide del mercato moderno.

ALTERURAL è una organizzazione sponsorizzata da Caritas International, che sta sviluppando una rete di turismo rurale in Bosnia-Erzegovina; i suoi volontari, tra le altre cose, hanno il compito di raccogliere ricette, insegnare alle donne che vivono in campagna come organizzare corsi di cucina e collezionare dati sulla cucina locale. Per chi arriva da paesi piuttosto lontani, non è insolito rimanere stupefatti dalla sincera semplicità della gente, dalla loro cortese apertura e dal coraggio nell’affrontare una storia recente brutale.

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


La triste favola di Hella Jaillet e il formaggio di Livno Tutto iniziò all’indomani del Congresso di Berlino del 1878: Livno, diventata parte dell’Impero Austroungarico, cominciò a suscitare l’interesse dell’Imperatore come avamposto per l’economia del suo territorio. Francesco Giuseppe decise di aprire lì una scuola e una stazione agricola. E decise così, senza saperlo, il destino dell’agronomo francese (nativo della Lorena, terra di cui il nonno di Francesco Giuseppe, l’Imperatore di Austria e Ungheria che lo volle a Livno, era duca) Cyprian Jaillet, inviato a dirigerla, e della sua famiglia. Il convento francescano, la moschea, il ponte antico sotto il quale scorre impetuoso il Bistrica che sgorga dal Duman con la foga di chi è stato muto per troppo tempo, la vasta piana acquitrinosa che in primavera svela i pascoli, dominata dal Monte Cincar con i suoi venti imprevedibili e le sue rocce carsiche: questa era Livno quando Cyprian vi arrivò. Niente a che vedere con le guglie delle cattedrali gotiche che si innalzano a punzecchiare le nuvole, con le distese di girasoli che illuminano i campi, con la vita morbida e occidentale dalla quale proveniva quel francese elegante e raffinato. Ma lui amò subito quel paesaggio aspro e spigoloso, ne amò la forza selvaggia che ancora oggi gratta il cuore e non lascia tempo all’abbandono. Ne amò la dolcezza ruvida che altro non aspettava che di essere amata, si lasciò inebriare dai suoi profumi e i suoi occhi brillarono di vita. Helena Margaretha Daniela, sua figlia, nacque il 14 gennaio 1903. Della Francia, lei, non sapeva nulla: il mondo era quello lì con le pecore, le mucche e il pianoforte, nel quale crebbe Hella Francuzova, “Hella del Francese” che, quando poteva, seguiva il padre fino sul Cincar dove erano le stalle, e lo seguiva a mungere le vacche, e portava con lui il latte, con la segreta speranza di riuscire ad incontrare un giorno i cavalli selvaggi. Jozo li aveva visti, diceva, e li aveva anche carezzati: quel bambino col quale giocava l’aveva conquistata così, raccontandole storie di cavalli fantastici dai crini lunghi, dagli occhi profondi, che a vederli correre pensavi che sarebbero volati. Nel 1916 fu inaugurato il monumento all’Imperatore Francesco Giuseppe ed Hella fu scelta per la fotografia ufficiale: era già bella e Jozo non poteva non averla notata. Passavano gli anni e continuavano a salire sul Cincar, lei con il padre, e lì c’era Jozo che, ormai ragazzo, aveva iniziato a lavorare alle stalle e al formaggio. Hella lo guardava e se ne innamorava sempre più. Anche lui la guardava, mentre le sue mani toccavano le belle mani da pianista di lei che lo aiutavano a rompere la cagliata, e lui le continuava a raccontare le storie che i cavalli gli avevano confidato. «Un giorno mi porti a vederli» gli chiedeva, mentre lo sguardo le si accendeva di passione. Quel febbraio 1925 era luminoso di un sole assassino: Hella scendeva leggera la strada del Monte verso Livno, incespicando ad ogni passo sulla terra un po’ ghiacciata e con le dita ancora tiepide del latte munto, per andare dove Jozo le diceva che i cavalli andavano a bere l’inverno. Portava con sé pezzi di formaggio, che se li avesse visti avrebbe così cercato di avvicinarli, per carezzare loro il muso e farsi raccontare anche a lei le loro storie. Fu lì che vide Jozo prendere per mano lei. Lei aveva crini lunghi e occhi profondi, e lo carezzava col sorriso. A vederli correre insieme, Hella capì che stavano volando. Suonò furiosamente il piano quella sera. E lo suonò ininterrottamente ogni sera finché, poche settimane dopo, il 14 marzo 1925, a ventidue anni morì e fu sepolta sulla collina di Gorica. Ancora oggi, se andate a visitarne la tomba dove il simbolo di un pianoforte è scolpito sulla sua lapide, aspettate la notte: c’è chi giura che, dal Monte Cincar, i cavalli scendano per sentirla suonare. Epilogo: Jozo sposò in quello stesso anno la ragazza dai lunghi crini e dagli occhi profondi. La madre di Hella non resse al dolore per la perdita della figlia e morì nel 1926. Il padre, devastato da quei lutti, decise di tornare in Francia con il figlio più piccolo, lasciando alla sua amata Livno quel formaggio coi buchi che aveva creato per loro e per il quale ancora oggi è ricordato. Ma questa è un’altra storia. Serena Guidobaldi

Ma la Bosnia-Erzegovina non è un paese che si visita con delle aspettative. Sconvolto e diviso dal suo atroce passato, il paese è ancora stretto nella morsa degli effetti della guerra che lo ha logorato dal 1992 al 1995. Esiste un’industria casearia, aspirazioni, energia e qualità a profusione. Ciò che manca sono le infrastrutture che sono state distrutte, lasciando una trama piena di sfilacciature. Prendendo la strada che porta a nord di Sarajevo, in un paesaggio montano, ci si imbatte in pecore e vacche locali di razza Busa,che pascolano insieme alle Simmental sui

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

manti rocciosi attorno a covoni di fieno. Zvijezda è una piccola realtà produttiva situata a circa un’ora da Sarajevo. Il proprietario, JOSEP BABIĆ, 45 anni circa, congedato dall’esercito, dopo gli anni trascorsi vestendo la divisa aveva il desiderio di dedicarsi a qualcosa di più rilassante. Il formaggio è stato il suo primo pensiero e sono ormai 15 anni che la sua vita gira attorno a questa scelta. Ogni mattina BabiĆ passa a raccogliere il latte di 80 vacche Simmental sparse in piccole fattorie della zona, trasformandolo in circa 100 tome di Polutvrdi, un formaggio

a pasta semi-dura. Mette a scaldare il latte: dopo aver tolto la kaymak, ritorna a farlo bollire, aggiunge il caglio e lo lascia riposare per 15 minuti. Dopo lo spurgo, JOSEP e i suoi aiutanti uniscono la cagliata in fascere tonde, marchiandole con il nome di Babić. Dopo un giorno le tome sono messe o in celle di asciugatura o in celle di affumicatura, dove il legno di faggio dona un aroma tipico e una colorazione dorata. Non lontano dal complesso di Babić, sulle montagne, Ivanka Miličević, una piccola donna sui 50 anni, il cui sorriso irradia l’ambiente che

115


Il Sir iz mjeha. Tradizionale dell’Erzegovina, il formaggio nel sacco può essere prodotto con latte crudo di pecora, capra, vacca o con una combinazione dei tre. la circonda, segue un procedimento simile, sebbene produca solamente 6 formaggi al giorno dal latte delle sue tra vacche di razza Busa. «Uso latte locale, poi faccio ciò che mi ha insegnato lei» dice volgendosi verso la madre che siede vicino avvolta in scialli colorati. Al posto del caglio Ivanka usa una miscela di yogurt fatto in casa e siero; i suoi formaggi sono freschi, affumicati, alcuni salati in salamoia e dalla pasta friabile. Usare una miscela di yogurt e siero significa lasciare che il tempo (tre giorni) svolga il proprio compito affinché la cagliata prenda

forma e il formaggio sviluppi sentori complessi. Servono 24 ore di riposo prima che il formaggio possa essere consumato. Tuttavia, una maturazione di 6 settimane dona al prodotto maggiore complessità. Dopo tale periodo alcuni di questi formaggi vengono affumicati. Li si può trovare allo spaccio aziendale, dove i clienti sono in costante aumento. Sul lago di Prokoško, a circa 70 km da Sarajevo, Subhija Softic è intenta a fare del formaggio nel suo salotto, accucciata su un secchio rettangolare fissato al pavimento. Con le mani avvezze strizza uno strofinaccio

ripieno di cagliata, velocemente ne riempie un secondo, strizza e con destrezza lega i due strofinacci, poi li fa scivolare su una spina di legno in bilico su un secchiello. Per cinque mesi all’anno la famiglia di Subhija vive sul lago, splendida destinazione turistica. Trasportano tutta la loro vita qui: animali, nonna, bambini e nipoti. Arrivano dalla città di Barakovici per gestire un ristorante dove servono piatti locali. Il formaggio è parte integrante del menu. Vi è un piatto, ad esempio, in cui la cagliata fresca è unita agli spinaci per farcire del pane tipo pita. Il processo produttivo che usa Subhija è molto semplice: aggiunge caglio al latte ancora tiepido di mungitura e lo lascia a riposo per una ora. Poi taglia la cagliata a cubetti, facendoli riposare per un’altra ora prima di inserirli in sacchi che poi appende. Il giorno successivo, porta i sacchi in un piccolo deposito in legno — la sua camera di stagionatura — e ne estrae il contenuto. Strofina del sale su ogni forma e ne immerge varie nello stesso secchio, in modo tale che il peso faccia ulteriormente spurgare i formaggi. Quando ormai lo spurgo è terminato, la nostra casara strofina i formaggi con sale e li ricopre di acqua. Dopo circa due settimane i caci sono abbastanza solidi per essere affumicati, cosa che fa per almeno la metà di loro.

Alterural è un’organizzazione no profit che si pone l’obiettivo di sviluppare e promuovere il turismo rurale in Bosnia-Erzegovina attraverso progetti, programmi educativi e lo sviluppo di offerte turistiche specializzate. Il turismo rurale rappresenta un fattore essenziale al fine della conservazione dell’identità locale, delle tradizioni, anche alimentari, e dei costumi di determinate aree. Alterural fa parte della Federazione europea per il turismo rurale Eurogîtes (www.eurogites.org).

>> Link: www.alterural.ba

116

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


Il Livanjski sir è il formaggio più noto dello Stato. Circa a 180 km a ovest di Sarajevo sorge Livno, la patria del più famoso formaggio dello stato, il Livanjski sir. Livno è sempre stata una zona vocata alla produzione casearia; quando la città fu assorbita all’interno dell’Impero Austroungarico alla fine degli anni ‘70 del 1800, l’imperatore Francesco Giuseppe chiese l’aiuto di un rinomato casaro della Loira, Monsieur Jaillet, per dare nuovo impulso all’industria casearia locale. Ne nacque il Livanjski sir, toma elastica, levigata, che ricorda un Gruviera di media stagionatura. La famiglia ORMAN, da generazioni impegnata nella produzione di formaggio nei pressi di Livno, ne produce giornalmente circa 22 kg con latte locale. Il laboratorio famigliare è nel seminterrato della loro grande casa sul fiume Bistrica. Minka Orman e il figlio Alen scremano il latte per trarne burro. Portano a bollore il latte e lo fanno cagliare, poi tagliano la cagliata fino a ridurla alle dimensioni della tapioca. La mettono a drenare in fascere, la pressano per un giorno, poi la trasferiscono in un grande contenitore ripieno di salamoia per 3 giorni. Dopodiché i formaggi vengono puliti e messi a stagionare su assi di legno dove sono rivoltati e lavati giornalmente. Qui maturano per un tempo compreso tra le 6 e le 8 settimane, acquisendo una tinta

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

dorata. «Questo colore è il colore di Livno», dice Minka. Più tardi, davanti ad un tagliere di formaggio, cavolo e pomodori, il marito di Minka, Dervis, si lascia andare manifestando le proprie inquietudini. «Gli standard igienicoproduttivi di questo paese… noi li rispettiamo tutti però non li capiamo» dice mestamente scuotendo il capo, alludendo al bagno che hanno dovuto far costruire per l’ispettore che si reca nella loro azienda una volta l’anno. «Non l’ha mai usato». La famiglia ha fatto richiesta dell’assegnazione del marchio DOP, ma, a parere di Minka, fintanto che la Bosnia-Erzegovina non entrerà in Europa, ci saranno poche possibilità di ottenerlo. Nel frattempo gli Orman stanno mettendo a punto una ricetta per un formaggio marinato in olio di oliva, che venderanno ai negozi specializzati, e hanno costruito un’area attrezzata per la vendita diretta al dettaglio. Anche SARAH DEVISME, fondatrice di Alterural e del suo programma di turismo rurale, è d’accordo nel sostenere che i casari bosniaci devono attenersi a dei disciplinari severi. Tuttavia, per il momento, il paese manca di quelle infrastrutture che gli permetterebbe di provare la loro qualità. «Il Governo non ha reso possibile la formazione di un corpo di ispettori che controllino le pratiche agricole.

Non esiste nemmeno un Ministero dell’Agricoltura qui. Ma, almeno ultimamente, il Governo sembra aver adottato una linea più morbida, anche a seguito di un anno difficile per i coltivatori. Uno dei nostri più grandi produttori di formaggio, la Milkos, ha infatti appena ottenuto l’autorizzazione a esportare in Croazia, così diciamo di essere fiduciosi». Mentre alcuni produttori guardano avanti pieni di speranza, altri devono affrontare difficoltà più urgenti. Vicino al villaggio di Borci, a 70 km a ovest di Sarajevo, FAHIRA MAKSUMIC è una delle poche donne rimaste a produrre un tipo di formaggio tradizionale stagionato all’interno di uno stomaco ovino: il torotan o sir iz mjeha. Viene prodotto solamente in autunno, quando la temperatura è piuttosto bassa e il vento secco asciuga il formaggio. La cagliata viene inserita nello stomaco di pecora, preventivamente sottoposto ad affumicatura leggera. Il tutto viene appeso in una camera per circa un mese. Quando il formaggio è pronto, dorato, friabile e intenso, Fahira lo toglie dallo stomaco e lo mette in frigo per 10 giorni. Il processo viene ripetuto per tutto l’autunno. A fine lavoro lo stomaco viene lavato, asciugato e congelato per l’anno seguente. Oltre a questa specialità, la Bosnia-Erzegovina è terra natale di molti altri formaggi. Tra gli altri ricordiamo il Trappista (siru Trapistu), caciotta tonda prodotta dai monaci cistercensi nel monastero di Marija Zvijezda di Banja Luka; un formaggio vaccino o ovino stagionato in salamoia chiamato Vlašićki sir, prodotto sui monti Vlašićki, e lo Zarica, formaggio stagionato di forma conica proveniente dalle zone orientali. Sono tutti prodotti in piccole quantità e l’armonia che vi è tra loro cela un territorio ancora diviso da lontani rancori. Raffaele Bertolini

117


Arti e mestieri A Expo 2015 ci si nutre anche con un pasto di cultura e bellezza

L’arte nel cibo e il cibo nell’arte di Manrico Murzi

D

opo le “ultime affannose giornate preparatorie”, come le ha recentemente definite il capo dello Stato, Expo 2015 ha aperto le porte a Milano il primo maggio. Secondo alcuni l’Esposizione Universale può essere l’occasione per l’Italia verso la ripresa, con posti di lavoro, realizzazioni compiute e niente “sogni parlati”. I frutti necessari da cogliere sono molti, ma una buona parte potrebbe essere

a portata di mano. Expo vede la partecipazione di più di cento nazioni, ciascuna con il proprio padiglione, ed è a tema “Nutrire il pianeta, Energia per la Vita”. Il traguardo è quello di avere nutrimento per tutti, e l’Italia, grazie alla Carta di Milano, documento che sarà consegnato al Segretario generale delle Nazioni Unite durante la sua prevista visita all’Expo, potrebbe diventare la patria del cibo inteso come diritto umano fondamentale,

intravedendo la possibilità di avere un mondo senza fame. Alla base di questo traguardo vi è la realizzazione di meccanismi che aiutino a sprecare meno e produrre di più, specie in agricoltura, diminuendo l’inquinamento e con un minore consumo di acqua. L’evento milanese riguarda dunque il nutrimento, di cui si tratteranno sicurezza e qualità; mette in luce tutta l’arte accumulata nel tempo, depositata nelle tradizioni e negli usi dei vari

Manrico Murzi e Attilio Montorsi con il tavolo di Lampridio Giovanardi.

118

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


popoli a seconda del loro territorio, mostrando come la trasformazione dei vari prodotti, animali o vegetali, e la loro manifattura e confezione artigianali richiedano creatività e immaginazione. Ma la manifestazione non trascura di esporre, oltre ai prodotti che nutrono il corpo, anche quelli che alimentano lo spirito: lavori di artigianato e opere d’arte, pure queste figlie della creatività e della immaginazione, con in più, però, un forte legame con il mistero che ci circonda, sì da renderle altrettanto necessarie al benessere degli esseri umani. Di certo, tra le varie eccellenze dell’artigianato alimentare provenienti da tutto il mondo, faranno spicco quelle prodotte in Emilia-Romagna. Qualcuno le ha contate e dice siano 41 ma forse ce n’è di più. Nel corso degli anni, Edizioni Pubblicità Italia, per la felice intuizione del suo editore Onelio Benedetti, ha presentato su EUROCARNI e PREMIATA SALUMERIA ITALIANA, e con approfondite analisi, anche questi prodotti agroalimentari di qualità DOP e IGP ora vanto dell’Italia in una manifestazione globale, dal Parmigiano Reggiano al culatello di Zibello, il prosciutto di Parma e quello di Modena, l’aceto balsamico tradizionale… Le eccellenze artistiche vengono da Casa Montorsi in Vignola: si tratta di tavoli di grande valore, prodotti di alto artigianato che sfiora il livello alto dell’arte, intarsiati nella seconda metà dell’Ottocento dall’ingegnere-ebanista Lampridio Giovanardi di Fabbrico Estense, da me illustrati in due volumi di egregia fattura editi dalla Tipolitografia “F. G.” di Savignano sul Panaro: Italia Rotonda e Intarsio per un’Esposizione. Vari i legni, dall’umile al prezioso, vari i metalli e i materiali, tra cui la tartaruga e la madreperla, usati nel primo tavolo per il racconto visivo della storia d’Italia dal 1260 a.C. al 1875, e nel secondo per la narrazione iconografica della prima Grande Esposizione Universale, a Londra nel 1851, ospitata nel Palazzo di Cristallo a Hyde Park, un edificio fatto di ferro e di vetro. Annunciata dal consorte della Regina Vittoria, il Principe Alberto,

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

nel gennaio del 1950, si dette inizio alla sua preparazione nell’agosto dello stesso anno e fu egregiamente allestita in soli nove mesi per l’apertura, appunto, del 1o maggio 1951. Vi partecipò veramente tutto il mondo e gli espositori furono 16.785: tra questi lo stesso Giovanardi con le sue figure cangianti, unico a rappresentare il Ducato di Modena. Quell’esposizione era dedicata a tutti i prodotti di nuova invenzione tecnologica, industriale e meccanica, come a quelli agricoli e manifatturieri provenienti per lo più da Paesi considerati arretrati e che invece dettero un apporto grande di tecnica e di esperienza. Interessante, in Intarsio per un’Esposizione, la scena dove la Gran Bretagna, vestita da Nettuno e regina del mare, associa le quattro parti del mondo, Europa, America, Asia, Africa, tutte impersonate da donne. Era il momento della rivoluzione industriale e si dava vita a progressi e innovazioni, anche nel campo della letteratura, delle arti e dell’architettura. Il tutto è ben raccontato dall’ingegnere-ebanista di Fabbrico (RE). Grazie alla generosa disponibilità dell’imprenditore Attilio Montorsi, che ama condividere con gli altri la bellezza degli oggetti che colleziona, i due tavoli sono a Milano, dietro la richiesta del critico d’arte Vittorio Sgarbi (curatore della parte artistica dell’evento milanese), il quale, parlando dei suoi progetti espositivi, ne dette l’annuncio il 17 marzo scorso alla presentazione del volume e del tavolo del Palazzo di Cristallo al Rotary Club Vignola, Castelfranco, Bazzano. Intarsio per un’Esposizione (fu già a Milano per l’Esposizione del 1881, che dette vita e impulso all’Italia industriale) fa bella mostra di sé nel padiglione Eataly di Oscar Farinetti, mentre Italia Rotonda è esposto a Palazzo Clerici nella sala affrescata dal Tiepolo. Vi è l’opportunità, dunque, di arricchire la visita dell’Esposizione con la visione di un tavolo che è materialità che si presta all’immaterialità e comunque richiama la soddisfazione del nutrirsi con un pasto di cultura e bellezza. Manrico Murzi

Srl


Tecnologie Quando la tradizione del prodotto incontra l’innovazione del processo

CSB-System e Falorni insieme dal 2011

F

ondata nel lontano 1806, l’ANTICA MACELLERIA FALORNI produce artigianalmente da ben nove generazioni salumi di altissima qualità, seguendo metodi di lavorazione tradizionali ed antiche ricette, che si tramandano nei secoli di padre in figlio. Solo la dedizione

di chi sente su di sé tale eredità ha permesso di garantire negli anni una qualità sempre crescente, ottenendo importanti riconoscimenti ed ambiziosi traguardi. Passione, rispetto per la tradizione e forte legame con il territorio sono i valori su cui si basa la filosofia produttiva di questa storica bottega chiantigiana, che da piccola realtà di paese è diventata oggi un marchio conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo. Una crescita che non ha snaturato l’anima artigianale dell’Antica Macelleria Falorni, da sempre attenta alla salvaguardia dell’identità del prodotto, ma ha

altresì imposto l’ottimizzazione, razionalizzazione ed integrazione, laddove possibile, dei processi aziendali interni sia a livello produttivo che amministrativo. Per rispondere a queste esigenze è cominciata nel 2011 la collaborazione con la CSB-System, azienda veronese che da oltre 35 anni offre soluzioni gestionali e tecnologie all’avanguardia per la gestione delle aziende alimentari. Abbiamo incontrato il dott. Vincenzo Brando, responsabile Contabilità Industriale e ERP dell’azienda toscana, per parlare con lui dei cambiamenti e dei vantaggi derivati da questa collaborazione.

L’Antica Macelleria Falorni nella suggestiva piazzetta di Greve in Chianti.

120

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


Dottor Brando, quali sono i motivi di questa scelta? «Noi offriamo prodotti d’eccellenza e ciò richiede un’attenta selezione di tutti i nostri fornitori, nessuno escluso. Così, quando con i fratelli Stefano e Lorenzo Bencistà Falorni, attualmente alla guida del gruppo omonimo, abbiamo individuato le criticità sulle quali volevamo intervenire, era chiaro che per noi non sarebbe stato sufficiente un semplice software per la rintracciabilità delle carni. Noi avevamo bisogno di uno strumento informatico di supporto nello sviluppo di procedure più efficienti e capace al tempo stesso di semplificare la gestione della nostra realtà aziendale». Ci spieghi un po’ meglio… «Con un unico strumento informatico dovevamo intervenire sul laboratorio di produzione che rifornisce i due punti vendita di Greve in Chianti e Firenze, senza tralasciare il magazzino da monitorare in tempo reale, la produzione di salumi, delle carni fresche sottovuoto e in ATP, la preparazione gastronomica di zuppe, tartare, sfizi di carne per il nostro bistrot, il coordinamento di circa 50 dipendenti, il controllo dei costi e dei margini, e così via. Dopo una lunga e attenta software selection, abbiamo deciso di affidarci all’esperienza della CSB-System». Come è cambiato il vostro modo di lavorare? «È sicuramente più strutturato. In fase di ricevimento, la perfetta idoneità delle mezzene bovine, dei suini e dei tagli avicunicoli e ovicaprini è garantita dal modulo Acquisti del CSB-System. Tramite scansione con scanner, il CSB legge il lotto assegnato dal fornitore e lo rielabora attraverso tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione con l’assegnazione di un lotto univoco sul prodotto finito. In altre parole, la rintracciabilità “dai prati alla tavola”

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

Vincenzo Brando, Stefano e Lorenzo Bencistà Falorni. permette di ricostruire tutto il percorso di un animale o di un alimento, compresi i suoi ingredienti. La produzione avviene nel laboratorio dove oltre al sezionamento, con e senza liste di taglio, facilitato dall’utilizzo del modulo Sezionamento del CSBSystem, vi sono anche due linee di pesoprezzatura: una per il vaschettato ed una per la vendita sfusa». Tutti i clienti hanno le stesse esigenze oppure ognuno ha le sue specificità? «Le esigenze dei clienti sono identiche: qualità del prodotto e correttezza e puntualità dell’ordine; ma le caratteristiche dell’ordine, quelle sì che son diverse le une dalle altre! Grazie al collegamento tra linea di pesoprezzatura e modulo delle Vendite, abbiamo velocizzato la fase di evasione ordini, riducendo le probabilità di errore ed aumentando la soddisfazione del cliente. Questo perché in un unico passaggio sono possibili molteplici funzioni: stampa di etichetta per ogni prodotto, stampa di etichette di somma del cartone con indicazione del punto vendita, scarico dinamico del magazzino delle materie prime, inserimento dei dati direttamente in bolla e stampa di etichette per il pallet (SSCC) specifiche per cliente. Va detto infatti che l’antica Macelleria Falorni esporta in tutta Europa e per alcuni clienti disponiamo di un’interfaccia EDI fornita dal CSB-System per lo scambio elettronico di ordini, bolle

e fatture. La gestione dinamica di offerte, prezzi, listini e condizioni assieme a statistiche personalizzate di analisi delle vendite, consentono alla direzione aziendale di essere sempre informata in tempo reale». Presentarsi sul mercato e all’estero con oltre 200 anni di storia alle spalle è una bella responsabilità… «Ma anche un orgoglio! L’utilizzo di materie prime di altissima qualità, unito al sapiente dosaggio di vino del luogo, spezie ed erbe aromatiche, fanno dei salumi Falorni un prodotto unico, sinonimo di eccellenza e genuinità. Per tutte le produzioni con componenti variabili si possono impiegare procedure di ottimizzazione. Grazie al modulo Produzione del CSB-System con le sue distinte base e ricette, siamo in grado di massimizzare la resa delle ricette, non solo in termini economici, ma soprattutto di qualità. Il nostro obiettivo è stabilizzare le caratteristiche specifiche del prodotto e garantire l’eccellenza della nostra produzione. La qualità è per noi la normalità. Nelle distinte base, inoltre, per ogni referenza è possibile imputare oltre agli ingredienti anche i costi diretti (per esempio la manodopera) e indiretti (per esempio luce, ammortamento dei macchinari)». È crisi oppure no? «Sono convinto che nella ricerca e sviluppo ci siano le alternative per su-

121


L’Antica Macelleria Falorni (photo © foodfamily.net). perare la crisi. Ricerca e sviluppo che per noi significano anche combinare la nostra tradizione ultracentenaria con le opportunità offerte dai nuovi trend. Investire in qualità dei prodotti e del servizio (che per noi è un orientamento innato poiché la qualità è insita nel nostro DNA), innovazione, internalizzazione e nuove strategie di comunicazione è fondamentale ma occorre puntualizzare una cosa molto importante: per poter realizzare tutto ciò, noi piccole e medie imprese abbiamo bisogno di un sistema del credito in grado di supportare gli output della nostra progettazione e sviluppo. È crisi oppure no? EINSTEIN era solito dire che la crisi può essere una grande benedizione perché porta progressi; il problema sta nel non voler lottare per superarla. E per questo occorre un cambio di mentalità che noi dell’Antica Macelleria Falorni cerchiamo ogni giorno di portare avanti». Lei si occupa anche di Contabilità industriale oltre che del settore informatico vero? «Sì, perché il CSB-System è un software integrato. Inizialmente l’Antica

122

Macelleria Falorni ha mantenuto il sistema contabile esistente e su nostra richiesta la CSB-System ha realizzato un’interfaccia EDI per trasferire i dati dal gestionale merci alla contabilità, secondo le specificità di quest’ultima. In seguito, però, per sfruttare a pieno i vantaggi di un software integrato, abbiamo deciso di implementare, oltre al gestionale merci, anche la Contabilità generale del CSB-System. A questa si è aggiunta in una fase successiva la Contabilità cespiti con ammortamento sia fiscale che civilistico e la Contabilità industriale». Ci può riassumere i vantaggi ottenuti con l’utilizzo del CSB-System? «Con l’utilizzo del CSB-System otteniamo oggi informazioni affidabili e tempestive su tutte le movimentazioni di magazzino dal ricevimento merce, alla produzione, sino alla vendite dei prodotti finiti. Abbiamo ottimizzato gli acquisti di materie prime e migliorato il processo di tracciabilità e rintracciabilità di tutti i nostri prodotti. La Contabilità industriale di CSB-System ci fornisce già oggi delle informazioni

inimmaginabili da ottenere fino a poco tempo prima. Il perfetto collegamento automatico tra la Contabilità generale e Contabilità industriale di CSB-System si concretizza in una visione analitica dei costi sul singolo centro di costo/responsabilità e ci permette di prendere delle decisioni basate sui numeri». Avete in programma nuove attività o iniziative? «Le idee sono tante. Abbiamo scelto CSB-System oltre che per la sua specializzazione nel settore di riferimento, anche perché lo abbiamo ritenuto sin dall’inizio uno strumento in grado di supportare il “processo” di miglioramento continuo dell’Antica Macelleria Falorni». Referente: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (Verona) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

Premiata Salumeria Italiana, 3/15



Linea Flesh, igiene in primo piano Carrelli per rifiuti e dispenser in acciaio inox, abbigliamento monouso, spazzole codice-colore, articoli detectable per gli operatori dell’industria alimentare, GDO e ristorazione

L

inea Flesh Srl, azienda certificata UNI EN ISO 9001/ 2008, con 25 anni di esperienza nel settore alimentare, produce una speciale linea di carrelli porta rifiuti in acciaio per la raccolta differenziata e lo smaltimento di rifiuti e scarti alimentari. Queste attrezzature sono rivolte a tutti coloro che operano nell’industria alimentare, GDO e ristorazione, al fine di migliorarne gli standard igienici adottati. La loro struttura in acciaio inox 304/AISI, in conformità al metodo HACCP (Reg. CE 852/2004 e 853/2004), è stata studiata sia per l’igienicità, sia per sopportare grosse quantità di rifiuti. I bidoni sono facilmente lavabili e disinfettabili, dotati di coperchio con apertura a pedale, di ruote per un facile spostamento, e di asta porta-rotolo per una pratica erogazione di sacchi a modulo continuo. Sono molto resistenti e maneggevoli e assicurano una gran praticità ed efficienza. Un’importante agevolazione è anche la possibilità di utilizzare la fascia verde indicante la categoria degli scarti (“Materiale Categoria 3 non destinato al consumo umano”) realizzata in PPL e applicata direttamente al bidone che può essere lavato e riutilizzato senza problemi di rovinarlo con gli sfregamenti. Per tali contenitori, sono stati studiati dei sacchi in rotolo per l’immondizia, di vari colori e spessori, per differenziare i rifiuti, rispettando le vigenti normative CEE e ULSS in campo alimentare. Il vantaggio nell’utilizzo dei sacchi in rotolo anziché sciolti sta nell’evitare perdite inutili di tempo e lavoro nel recupero del sacco da sostituire a quello già utilizzato.

124

Linea Flesh offre anche una vasta gamma di articoli per l’abbigliamento monouso per le varie esigenze del settore. In diversi materiali, come polietilene (nylon) o polipropilene (tnt), e colori (bianco e blu) sono prontamente utilizzabili grazie ai dispenser realizzati in acciaio inox che li contengono. Per rendere un servizio ancora più completo ai suoi clienti, l’azienda propone, inoltre, un assortimento di utensili come scope, spazzole, spingiacqua e relativi manici che, utilizzati di colori diversi a seconda dell’ambiente, minimizzano il rischio di trasferimento di batteri tra una zona e l’altra. Tutti i prodotti possono essere fornitori anche nella versione rilevabile al metal detector e ai raggi X. Questa gamma comprende vari prodotti per diversi utilizzi come articoli di cancelleria, abbigliamento, attrezzi di lavorazione. La novità Linea Flesh porta sul mercato un prodotto innovativo che semplifica le quotidiane operazioni di preparazione per i lavoratori e i visitatori all’interno dell’azienda: il distributore automatico di copriscarpe. Facilissimo e rapido da usare, evita fastidiosi piegamenti perché non serve l’uso delle mani. Molto resistente e dotato di display per il controllo delle scorte, occupa

Carrello porta rifiuti in acciaio per la raccolta differenziata e lo smaltimento di rifiuti e scarti alimentari Linea Flesh. un minimo spazio, all’insegna di un ambiente in cui vige l’igiene e l’ordine. Il marchio Linea Flesh garantisce la qualità e la cura con cui vengono studiati e realizzati i vari prodotti. Consegne rapide ed assistenza specializzata e costante.

Linea Flesh Srl Via della Concia 8 – 36071 Arzignano (VI) Telefono: 0444 672544 – Fax: 0444 672657 E-mail: commerciale@lineaflesh.com Web: www.lineaflesh.com www.youtube.com/user/lineaflesh

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


ANTICA CORTE PALLAVICINA Ristorante “AL CAVALLINO BIANCO” 43010 Polesine Parmense (PR) Tel. 0524 96136 – Fax 0524 96416 www.acpallavicina.com

Nel 1905, nostro nonno Spigaroli Luigi riesce a diventare fittavolo dell’Antica Corte Pallavicina. Il vecchio castello eretto nel 1400 dai Marchesi Pallavicino, trasformato nel 1700 in azienda agricola, è situato sulla riva del Po. Nascono sei figli e l’ultimo, nel 1916, è nostro padre Spigaroli Marcello. Egli diceva che nel castello si stava bene, avevano il traghetto sul fiume, in estate curavano il podere, allevavano come sempre parecchi maiali che in inverno macellavano e facevano i salumi. Salumi che venivano venduti, da prima interi, ai passeggeri del loro traghetto poi, in seguito, al sorgere di una prima baracchetta di legno in riva al Po, affettati insieme al pane, a coloro che, sulle rive del fiume, si recavano in passeggiata anche dai paesi vicini. Da quella baracchetta successivamente ampliata, ma sempre in legno, e divenuta il “Lido di Polesine”, nel quale si ballava e si facevano merende, trarrà origine, dall’immane sforzo congiunto della zia Emilia e dei nostri genitori, il ristorante “Al Cavallino Bianco”. Di posti come il vecchio castello in riva al fiume non ne esistono quasi più, con muri di oltre un metro di spessore, con cantine stupende dove i marchesi stagionavano i loro salumi che inviavano agli Sforza a Milano. Infatti più i salumi e i culatelli sono vicini al grande fiume e più sono buoni!! Tutti quei racconti non li abbiamo mai dimenticati e quando dieci anni fa viene venduta la vecchia Corte Pallavicina decidiamo di acquistarla, con grandi sforzi economici, per poter continuare come il bisnonno, il nonno, il papà a fare dei salumi unici, non sintetici, che mangiandoli scopri da dove vengono e chi li ha fatti. Del resto alla nostra famiglia il senso del buono l’ha insegnato una persona che di cose buone se ne intendeva e noi non ce la sentivamo proprio di lasciar perdere tutta questa esperienza. Massimo e Luciano Spigaroli figli di Marcello.


Libri

La storia della birra è la storia dell’umanità, ma in Italia… di Nunzia Manicardi

“S

crivere la storia della birra equivale a scrivere la storia dell’umanità, dal momento che la birra è presente nella storia dell’uomo almeno sino da 5000 anni prima di Cristo”. Così PAOLO DEL VECCHIO nel suo bel libro intitolato proprio Storia della birra dai Sumeri ai giorni nostri. La birra è presente, infatti, in tutte le fasi della vita dell’uomo come bevanda, come alimento, come salario, come oggetto sacrificale. Da un lavoro certosino, puntiglioso e minuzioso, frutto di una grande competenza in materia, e con il sostegno di una prosa assai scorrevole, è scaturito un volume molto godibile e documentato, che riesce ad allargare la conoscenza di questa magnifica bevanda grazie anche ad una gran quantità di aneddoti e racconti, a 96 fotografie di reperti archeologici, pitture e statue e a 9 disegni di ARIANNA LAZZERI. Il

nome dell’autore, del resto, è una garanzia. Dirigente d’industria oggi in pensione, Del Vecchio ha svolto la sua attività nell’area del food & beverage, esercitando a lungo proprio nel settore birraio, dove è pure stato uno dei primi venti docenti dell’Accademia della Birra. Della birra, d’altronde, si fa oggi un rinnovato e più generalizzato parlare anche grazie ai tanti birrifici artigianali sorti sul territorio italiano con risultati non di rado di assoluta eccellenza. Ed è su questo aspetto del consumo, più che su quello etno-antropologico, che vorrei adesso soffermarmi perché Del Vecchio, nel suo excursus storico rivolto specificamente all’Italia, mette in evidenza uno scenario anche di natura sociale ed economico-politica di cui finora si sapeva poco. Bevanda tipica dei popoli del Nord Europa da sempre invasori dei nostri territori, poco amata perché identificativa del

nemico, per tutto il Medioevo venne prodotta in Italia unicamente con metodi artigianali, per il raro consumo di pochi estimatori. Lo sviluppo dell’industria birraia nel nostro paese iniziò soltanto a metà del secolo XIX, quando nacquero le prime vere e proprie fabbriche organizzate con moderni criteri industriali ad opera di imprenditori d’Oltralpe, desiderosi di estendere i propri confini di produzione (Wührer, Dreher, Paskowski, Metzger, Caratch, Von Wunster, ecc…). Ben presto i commercianti italiani cominciarono a seguirli, soprattutto quelli che trattavano il ghiaccio durante il periodo estivo. Il risultato è che nel 1890 si contavano 140 unità, con una capacità produttiva totale di 161.000 hl (oltre a un quantitativo importato di circa 51.000 hl). Nel 1910 la produzione era addirittura quadruplicata (con l’aumento di dimensione e capacità imprenditoriale di alcune

Chi ha detto che è perfetta solo con la pizza? Le diverse birre esaltano il sapore di molti dei cibi a cui si accompagnano.

126

Premiata Salumeria Italiana, 3/15


aziende a scapito di quelle minori), ma con la prima guerra mondiale consumi e importazioni calarono vertiginosamente. La materia prima, il luppolo, era infatti di provenienza quasi esclusivamente estera (soprattutto dalla cecoslovacca) e così pure il malto, per cui il vino tornò ad essere la bevanda principale degli italiani, soprattutto fra i soldati (se e quando bevevano), e la birra, consumata dai nemici austriaci, riprese il ruolo di bevanda avversaria. Nel dopoguerra i consumi risalirono all’improvviso, non si sa per quale “magia”, tanto che nel 1920 la produzione — benché in mano a sole 58 fabbriche — era addirittura di 1.157.024 hl, tutti prodotti in Italia, accresciuti nel 1920 di altri 500.000 hl. I consumi pro capite, circa 3 litri, erano tuttavia ancora molto lontani da quelli del vino, che superavano i 150 litri. Nonostante questo distacco, i vinai cominciarono a temere la concorrenza: fecero quindi pressione sul governo che, nel 1927, varò la Legge Marescalchi, con la quale si imponeva ai birrai l’immissione di una quantità minima di riso del 15%. Lo scopo apparente era favorire l’agricoltura, ma in realtà si mirava a peggiorare la qualità della birra (e in effetti la produzione risultò danneggiata poiché le tecnologie del tempo non permettevano di introdurre il riso in modo pienamente “positivo”). Contemporaneamente, si inasprirono le tasse con un’imposta straordinaria di ben 40 lire/hl. Il colpo finale lo diede poi una disposizione della legge che prevedeva un’apposita licenza di vendita di “bassa gradazione” e che limitava il commercio al dettaglio esclusivamente in bar, trattorie e birrerie. I “Vini e Oli”, allora molto diffusi, potevano vendere quindi il vino al dettaglio, ma la birra solo all’ingrosso. Queste e altre disposizioni di legge fecero crollare rapidamente i consumi. Nel 1930 la produzione scese a 672.325 hl e i consumi pro capite a 1,64 litri annui. Molte fabbriche chiusero o fallirono; ne rimasero 45, che per le difficoltà dovettero comunque licenziare parte del personale. Nonostante tutto questo, il consumo del vino non aumentò, ma rimase sugli stessi livelli di prima.

Premiata Salumeria Italiana, 3/15

Le poche, grandi e solide aziende birraie rimaste operanti dapprima si spartirono pacificamente il mercato, ma ben presto cominciarono a farsi spietata concorrenza. Le birrerie, per tutelarsi dai commercianti al dettaglio che approfittavano della situazione per pretendere sempre maggiori sconti e oggetti promozionali, nel 1933 decisero di consorziarsi, mettendo così finalmente un freno alla concorrenza interna. I consumi, di poco, risalirono, ma a sconvolgere di nuovo tutto arrivò la seconda guerra mondiale, che negli ultimi anni del conflitto provocò l’arresto della produzione per la totale mancanza di materia prima. Si dovette aspettare il 1950 per riavere produzione e consumi di nuovo ai livelli del 1925, e comunque, sino al 1959, l’andamento rimase altalenante: d’estate si registrava un’impennata (la birra era considerata una bevanda prettamente estiva), d’inverno una forte flessione negativa. Nel 1960 la birra fece finalmente il suo ingresso trionfale nel canale dei negozi di alimentari e nelle drogherie, raggiungendo facilmente le famiglie, sicché in breve il consumo pro capite superò gli 11,5 litri. I consumatori sembravano avere ormai vinto la diffidenza nei confronti di questa bevanda, da non confondere con le tante bibite gassate presenti sul mercato. La scalata proseguì fino al 1975, con un notevole incremento delle importazioni e un aumento del pro capite fino a 16 litri. La recessione economica mise nuovamente in difficoltà l’intero settore; resistette soltanto la costosa importazione, che però si rivolgeva esclusivamente alle fasce alte di mercato. Il governo, per di più, decise di aumentare del 50% l’imposta di fabbricazione, facendo così aumentare di molto il prezzo al pubblico. Ci vollero altri cinque anni per ritornare ai 16 litri pro capite, con una ripresa lenta e faticosa che fece proseguire il trend positivo fino al balzo dei 28 litri registrato agli inizi del 2000 e agli attuali 29, che costituiscono comunque l’ultimo posto dei consumi in Europa preceduti da Francia e Spagna (paesi anch’essi ad alta vocazione vitivinicola).

PAOLO DEL VECCHIO Storia della birra dai Sumeri ai giorni nostri Edizioni Il Fiorino, Modena 141 pp. – € 15,00 Una boccata di ossigeno è venuta dal mercato estero che, a partire dal nuovo millennio, ha cominciato ad interessarsi alle nostre birre nazionali, con un’esportazione pressoché costante negli ultimi anni di circa 2 milioni di ettolitri. Restiamo pur sempre molto lontani dalle aspettative degli industriali birrai che prevedevano di toccare i 40 litri pro capite. Né, secondo Del Vecchio, pare aver smosso qualcosa, in modo significativo, la produzione artigianale delle microbirrerie che, per quanto ben pubblicizzata, pare ora sgonfiarsi. Sono cresciute le unità produttive (ben 495 nel 2013), ma non altrettanto la produzione complessiva (300 hl) e per singolo impianto (60 litri), che rimane costante e piuttosto bassa. A tutto questo, va aggiunto ancora una volta l’intervento (deleterio) del governo, che ha fatto aumentare le tasse del 93%! AssoBirra considera che, nel biennio 2013-2014, si siano persi in Italia, nel settore birraio, oltre 2.400 posti di lavoro, anche se, ovviamente, la causa non è soltanto l’accresciuta tassazione. Per fortuna oggi i giovani stanno rispondendo bene. Giovano all’aumentata diffusione e considerazione della bevanda il miglioramento e la stabilità della qualità, oltre all’amplissima assortimento in grado di soddisfare qualsiasi esigenza. Nunzia Manicardi

127


26T H IN TE

N HAI TC EA

I T B I I ON FO H X E L A R N TH O I EM T A RN

VE

Organizzata da:

RO

NA

| 1 0 y1 3 M A

2 O G GI

5 1 0


Il profumo della tradizione, il gusto della qualitĂ .

Bacio della Luna Spumanti s.r.l. Via Rovede, 36 31020 Colbertaldo di Vidor TREVISO info@baciodellaluna.it www.baciodellaluna.it Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG Millesimato

Pinot Vino Spumante Extra Dry Rosè

Prosecco DOC Vino Spumante Extra Dry

Prosecco DOC Vino Spumante Brut



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.