Periodico bimestrale per gli addetti ai lavori DALSALUMIFICIOALLASALUMERIANONSTOP Anno XXXVI N. 3 Maggio-Giugno 2024 € 6,70
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Prosciutto cotto Alta Qualità Dieci e Lode e Prosciutto cotto Alta Qualità nazionaleFiliera benessere animale Trenta più. Carne dry-aged per una straordinaria morbidezza ed un gusto unico. www.ibis-salumi.com Gusto a pieni voti!
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Eurocarni – Premiata Salumeria Italiana – Il Pesce – Euro Annuario Carne – Euro Genuine Food – Annuario del Pesce e della Pesca – US Annuario dei Fornitori della Sanità in Italia
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Euro Annuario Carne
La banca dati internazionale del mercato delle carni sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore lavorazione, commercio e distribuzione carni.
Edizione 2024 Copia cartacea: € 95,00
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 3
le sue riviste con computer Apple Il testo è impaginato con Adobe InDesign CC 2019. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe Photoshop CC 2019.
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DAILY NEWS
Da oltre 50 anni curiamo i nostri prodotti con grande amore. Selezioniamo solo le migliori carni di suini Italiani e le lavoriamo nel rispetto della tradizione.
FRANCESCHINI GINO & C. SRL Via dei Marmorari, 38 - 41057 Spilamberto (Mo) Tel. + 39 (0) 59784037 - Fax +39 (0) 59784075 - info@franceschinigino.it - www.franceschinigino.it
ph: Franceschini Vincenzo
In questo numero: Immagini Il Magnifico di Romagna a Cibus 2024 12 Fotografati e mangiati Bresaola Zero® Giò Porro – Crackers artigianali al rosmarino e olio evo – 14 Padus, un signor salame – Mencarelli, cioccolato artigianale Suggestioni dal mondo Vino e legno – AI in salumeria 16 Salumi & Co. Pig Paper Wall – Taglieri, forme e colori – Olio evo e bellezza 18 La copertina esplosa La mozzarella di bufala di San Salvatore – Il cotto di Branchi – Giochi 20 Tendenze W la Merenda 22 Brevi storie di cibo lento Il tuo grembiule infarinato Alessia Morabito 24 a velocità contemporanea Premiata Salumeria Italiana, 3/24 5
N. 3
A pagina 44.
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Eurocarni – Premiata Salumeria Italiana – Il Pesce – Euro Annuario Carne – Euro Genuine Food Annuario del Pesce e della Pesca – US Annuario dei Fornitori della Sanità in Italia
Legislazione DOP e IGP, cambia la normativa Maria A. Dessì 26 Attualità A rischio l’intero sistema produttivo dei salumi 32 Il food in rete Social food Elena Benedetti 36 Aziende Ferrarini, brand globale e cuore emiliano 40 Chiapella, carne e salumeria piemontesi Massimiliano Rella 44 Salumificio dei Castelli, soprèsse & co. Gaia Borghi 50 Alimeco, naturale per scelta 56 Alla ricerca del gusto perduto: La Tradizione Roma si affida 58 alle tecnologie Eurocryor per esaltare i sapori di un tempo FABO S.I., 30 anni al fianco delle aziende e della loro crescita Elena Benedetti 62 Alimenti e tecnologie Gestire la complessità e ridurre i costi 66 Con Track Alimenti tracciabilità, trasparenza e sostenibilità 68 a portata di tablet Visual We love lettering Elena Benedetti 72 Prodotti tipici Ennio Mutti, maestro del Nobile del Giarolo Riccardo Lagorio 76 A caccia di tesori: lo Stradivari dei prosciutti è Chiara Papotti 78 il Violino di capra della Valchiavenna Il buono secondo Lara Le Grange vercellesi, la gemma e il riso affumicato Lara Abrati 80 Buona carne non mente Antica Larderia Mafalda Elisa Guizzo 82 Premiata Salumeria Italiana, 3/24 6 Periodico bimestrale per gli addetti ai lavori DALSALUMIFICIOALLASALUMERIANONSTOP Anno XXXVI N. 3 Maggio-Giugno 2024 € 6,70 In copertina: la merenda perfetta (photo © Massimiliano Rella). A pagina 50.
Sapori mediterranei Pizza, vacche, generali
Speciale Cibus Cibus 2024, edizione da record
Week-end Melpignano: accoglienza e inclusione sociale a partire dalla tavola Massimiliano Rella
Turismo enogastronomico Al di là del Tago: Alentejo gourmet
Indagini Ristorazione, in attesa di tempi migliori
Fiere Alimentaria, sempre più globale
Formaggio Società Agraria Bacciotti
Pasta Italia leader mondiale nella pasta
www.premiatasalumeriaitaliana-online.com
Lagorio 118
A. Dessì
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 8
Riccardo
Pallott
Nunzia
90 Un gioiello di cui fidarsi Giorgia Fieni 92
Lagorio 86
cace e ove tra Abruzzo e Molise
Manicardi
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Riccardo
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Maria
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Riccardo
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Lagorio
A pagina 76.
A pagina 82.
A pagina 80.
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 10 www.premiatasalumeriaitaliana-online.com Dolci Piparelle di Villa San Giovanni Chiara Papotti 138 Lo chef dell’olio Vizi e virtù del nostro oro liquido Fabrizio Bertucci 140 Vino Montalbera Massimiliano Rella 142 Speciale Vinitaly Vinitaly 2024, il mondo del vino a Verona Elena Benedetti 146 Luigi Credi Il Crudo di Cuneo DOP tra i gioielli agroalimentari europei 152 Gli assaggi di Max Rella Sardegna Massimiliano Rella 154 Tecnologie Borin: soluzioni su misura 100% made in Italy per lavorare… in serenità Gaia Borghi 156 Fazzini Technology: «ci dedichiamo completamente all’affilatura» 160 Storia e cultura Strolghino salume dal nome stregato Giovanni Ballarini 162 Tre Libri Roscioli. Il pane, la cucina, Roma – Elogio del mangiare con le mani –The Cocktail Cabinet 164
A pagina 86.
A pagina 36.
A pagina 142.
In vaschetta o dal salumiere, chiamalo per nome: grazie alle 21 erbe aromatiche della ricetta originale tramandata dal 1956, il prosciutto cotto per eccellenza è soltanto uno... IL Ferrarini!
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Ferrarini è iscritta nel registro speciale dei “Marchi storici di interesse nazionale”, tenuto presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
IMMAGINI
La 22a edizione di Cibus, svoltasi a Fiere di Parma dal 7 al 10 maggio scorsi, si è chiusa con oltre 75.000 presenze (+25% rispetto al 2022). Un’edizione da record per numero di brand (3.000) e buyer (3.000). Molto fotografato e apprezzato dagli ospiti dello spazio Clai – La Zuarina il “Magnifico di Romagna”, un maxi salame di 40 kg di peso! Tutti i protagonisti dell’edizione 2024 del salone di riferimento dell’agroalimentare italiano li trovate a pagina 94.
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T radizione di grande Nobiltà
Un grande aceto che viene dalle tradizioni della nobiltà modenese
L’aceto balsamico ha avuto origine dall’antichissima usanza dei Romani di cuocere il mosto dell’uva, grazie alle caratteristiche delle uve del territorio modenese. Oltre alla produzione dell’Aceto Balsamico di Modena IGP, ottimo per l’uso quotidiano, nelle acetaie delle famiglie più ricche e nobili si è nei secoli sviluppato un processo lentissimo e laborioso che produce un aceto senza eguali, raro e prezioso. Arrivato ai nostri giorni è chiamato “Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP (Denominazione di Origine Protetta); in passato veniva citato nei lasciti testamentari ed era dote prestigiosa per le giovani spose di aristocratiche origini. Era gelosamente conservato nei sottotetto e amorevolmente curato in famiglia, di generazione in generazione. Era considerato una sorta di Panacea dai principi medicamentosi in grado di curare tutti i mali e, nell’occasione, era considerato un regalo degno di “Re e Principi”.
ORIGINALE
BOTTIGLIA
Questa bottiglia da 100 ml è garanzia di originalità e qualità per l’ aceto della antica tradizione delle nobili famiglie modenesi.
Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP
La tradizione produttiva è certamente antichissima, ma... che l’aceto invecchi è un dire tutto modenese. In realtà chi invecchia è il padrone, mentre l’Aceto Balsamico Tradizionale DOP matura nelle botticelle e sublima a pura essenza attraverso un lunghissimo processo produttivo. Si tratta di un processo “in continuo” che segue la famiglia e unisce le generazioni, e che solo dopo almeno 12 anni di attività, inizia a dare una piccola
aliquota annuale di prodotto finito. Si dovranno poi attendere almeno 25 anni per ottenere la qualità ”Extra Vecchio”. Solo dopo aver superato l’esame degli assaggiatori esperti, il prodotto viene imbottigliato presso il centro di imbottigliamento autorizzato, naturalmente nella famosa bottiglietta da 100 ml detta “di Giugiaro”, il famoso designer che la realizzò nel 1987 perchè fosse il simbolo di questo aceto unico nel mondo.
ONED• M I NAZIONE D ORIGINE PR O •ATTET
Consorzio Tutela Aceto Balsamico Tradizionale di Modena Viale Virgilio 55, 41123 Modena tel. 059 208604 fax 059 208606 consorzio.tradizionale@mo.camcom.it www.balsamico.tradizionale.it
OBBLIGATORIA produttoripertuttiicertificati
con incarico di “Tutela” dal Ministero Politiche Agricole e Forestali per DM 16/10/2009, Gazz.Uff. 4/11/09
Bresaola Zero® GIÒ PORRO
Sempre top la Bresaola Zero® Giò Porro prodotta da SEP Valtellina a Ponte in Valtellina, in provincia di Sondrio, con il cosiddetto Metodo Zero® ovvero senza nitriti, glutine, lattosio, né tantomeno zuccheri. L’azienda lavora solo carni fresche, non congelate. La stagionatura è lunga e la lavorazione accurata conferisce al prodotto più sapore, profumo e morbidezza. gioporro.com
Crackers artigianali al rosmarino e olio EVO
“I nostri crackers sono fatti con 100% di olio extravergine di oliva e soltanto con ingredienti di origine vegetale. Proponiamo 4 ricette caratterizzate da ingredienti italiani: classici al sale di Cervia, al rosmarino, al peperoncino, con pomodoro e basilico”. Prodotti da Deseo, il biscottificio di Francesco Pandolfini aperto a Prato nel 2001, questi crackers sono croccanti e leggeri grazie all’attenta lavorazione artigianale e alla delicata cottura a bassa temperatura. Ottimi come snack o come base per creare gustosi stuzzichini, nella variante al rosmarino sono perfetti con pecorino fresco o robiola. Provate anche i biscotti dolci all’olio evo, la linea frolla ricca e i cantuccini. biscottideseo.it
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MANGIATI 14
E
PADUS, UN SIGNOR SALAME
È il salame Padus di maiale Nero prodotto dal Salumificio Pedrazzoli di San Giovanni del Dosso (MN) con carne di maiale nero, sale marino e spezie; conservante: nitrato di potassio. La carne di maiale Nero ha un sapore selvatico con note di nocciola, date dall’alimentazione naturale dei capi; il grasso è molto morbido e si scioglie letteralmente in bocca. “L’aroma intenso leggermente speziato di cannella e la grana grossa di cui è costituito questo salame evocano i prodotti artigianali dell’antica tradizione della salumeria italiana”. La Redazione ha apprezzato tantissimo. bottegapedrazzoli.it
Mencarelli, CIOCCOLATO ARTIGIANALE
Sono durati il tempo dello scatto, pochi minuti e via, polverizzati dalla Redazione. Questi mendiants sono prodotti da Paolo Mencarelli, maestro cioccolatiere a Castelplanio, nell’Alta Vallesina, in provincia di Ancona. Frutta secca, nocciole e pistacchi, e cioccolato, bianco e fondente: una poesia golosa. cioccolatomencarelli.it
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SUGGESTIONI DAL MONDO
VINO E LEGNO
Il vino arreda. Le scaffalature per le bottiglie di vino, oltre a valorizzare ed esporre al meglio il prodotto, contribuiscono a dare una calda personalizzazione al locale. Ancor più se il materiale scelto per il mobilio è il legno (photo © africa-studio.com, Olga Yastremska and Leonid Yastremskiy).
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AI IN SALUMERIA
Scrive Alex McFarland su unite.ai che “L’ascesa dell’intelligenza artificiale (AI) ha trasformato numerosi settori e l’interior design non fa eccezione. Gli strumenti di intelligenza artificiale per l’interior design stanno rimodellando il modo in cui visualizziamo, pianifichiamo ed eseguiamo le nostre idee di design, rendendo il processo più efficiente, personalizzato e accessibile”. Anche per questa “salumeria artificiale”.
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SALUMI & CO.
Wall Pig paper
Carta da parete in vendita su wallism.com, perfetta per chi ama il design e la carne suina. Il prodotto si chiama “From the Butcher II” ed è un murale su misura realizzato per arredare il vostro ufficio o la vostra bottega (e, perché no, anche l’ingresso della nostra Redazione!).
Costa 39,00 €/m² ed è bellissimo.
Design by COURTNEY PRAHL.
BELLEZZA
Lattine d’olio extravergine d’oliva 100% italiano di Lamantea, linea EVO Note di olive. Da sinistra, Mosaico, Maioliche e Scacchi € 5,90 per la confezione da 100 ml su gustosetradizioni.it
Taglieri,
FORME E COLORI
Set di 4 taglieri in polietilene con gancio in ottone di VALERIE OBJECTS. Conosciuto come Muller Van Severen, il duo di designer fiamminghi FIEN MULLER e HANNES VAN SEVEREN produce oggetti che stanno tra l’arte e il design. € 890,00 su madeindesign.it
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Olio EVO e
LA COPERTINA ESPLOSA
Fine scuola, largo ai giochi al parco, al mare, in montagna. Serve una merenda semplice, buona e nutriente.
Un grande classico: cotto e mozzarella!
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miata S
Periodico bimestrale per gli addetti ai lavori DALSALUMIFICIOALLASALUMERIANONSTOP
D A L S A L U M I F I C I O A L L A S A L U M E
del Consorzio del Prosciutto di Parma del 21-4-98
Anno XXXVI N. 3 Autorizzazione
La mozzarella di bufala conferisce dolcezza alla sapidità del prosciutto cotto. Questa in particolare racconta la storia del Caseificio San Salvatore che, tra allevamento e stabilimento di trasformazione, è ubicato nel comune di Pietramelara, in provincia di Caserta, antico borgo medievale costruito in epoca longobarda, parte integrante dei possedimenti della Badia di Montecassino. bufalabiosansalvatore.com
Ci siamo molto divertiti ad “impiattare” questa copertina letteralmente invasa dai giochi, donuts, pizze, dinosauri e tante matite colorate di Antonia e Niccolò Grazie kids!
Tagliato sottilissimo per questo panino speciale il cotto del prosciuttificio Branchi di Felino (PR) è frutto di una lavorazione artigianale tramandata da generazioni e pochi sceltissimi ingredienti buoni e naturali. “Viviamo e lavoriamo su un territorio unico per microclima, cultura, tradizioni culinarie: le dolci colline parmensi, famose per i salumi tipici esportati in tutto il mondo da imprenditori illuminati. Queste colline sono la nostra casa, la natura che ha forgiato la nostra immaginazione di bambini, il linguaggio del saper vivere e condividere” I cotti Branchi sono prodotti da cosce intere non congelate. A ciò si aggiungono materie prime italiane eccellenti, la salatura manuale in arteria, la legatura a mano. branchi.it
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W la Merenda
La merenda è un rito, un momento identitario dell’alimentazione del nostro Paese e di quelli mediterranei, che nel tempo si è trasformato per i mutati stili di vita. Il termine merenda deriva dal latino “merere” che significa “meritare”: nasce quindi come un cibo che bisognava guadagnarsi. Secondo ricerche effettuate da un gruppo di docenti del Corso di laurea in Scienze dell’Alimentazione e gastronomia della Università San Raffaele di Roma, la prima attestazione storica dell’atto della merenda si avrebbe all’interno di un monastero dell’Alto Adige dove i bambini che studiavano e imparavano a memoria la Bibbia erano premiati con un biscotto salato, il bretzel o pretzel, da “pretiola”, che significa appunto “ricompensa” o “premio”. Insomma, una pausa ben meritata, di ricarica dagli sforzi legati alle attività scolastiche, lavorative ma anche di gioco (fonte: Istituto Salumi Italiani Tutelati, isitsalumi.it).
TENDENZE
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Il tuo grembiule infarinato
di Alessia Morabito (illustrazioni di Alessia Serafini)
Sono tempi amari.
Sono tempi ingenerosi.
Sono tempi carichi di testosterone e millantata performanza. Tempi di irriconoscenza pavida e ipocrisia.
Sono tempi di bugie inutili ed energie disperse.
Sono tempi di empatia compressa e di nervi a fior di pelle.
E poi arrivi tu con le ali di farfalla, le mani infarinate. «Ho una bottiglia di Champagne in fresco, vieni a cena.
Facciamo quasi un picnic, ho finito il trasloco, mi sono sistemata, acciughe spagnole, burro francese, il mio pane, Culatello di Zibello, perché ci vuole culo».
Il Culatello di Zibello è un salume raro, antico e prezioso, della provincia di Parma.
Segue un Disciplinare severo per ottenere la Denominazione di Origine Protetta.
Si produce quando la Bassa, la zona dove viene lavorato, è avvolta da freddo e nebbia.
La coscia del maiale, la natica, viene disossata, decotennata e rifilata, viene salata, insaccata nella vescica del maiale stesso, legata a maglie larghe e messa a stagionare nelle cantine.
Un lungo inverno e un’estate afosa, di nuovo un inverno ed un’estate, e il Culatello di Zibello DOP 24 mesi manifesta la sua elegante superiorità.
Da ubriaca, alla festa, mi dicesti che mi eri grata perché, ad un passo dal cadere, ti avevo sorretta.
Ti ho interrotta e cambiato argomento.
Nei tuoi giorni fragili avevo solo messo musica alla radio e componevo pranzetti veloci in giornate di lavoro interminabili e avare di altre umanità, ma eravamo assieme nel non luogo di una cucina e costruivamo un rapporto come fanno i bambini quando condividono risate, “la bua”, giocattoli e merenda.
Quella che mi ha sorretta sei stata tu, da quando sei andata via tutto è cambiato.
Mi sorreggi anche adesso che mi sei venuta a prendere, con un messaggio semplice, tirandomi fuori da una serata ostile. Entro in casa tua, porto i fiori, accediamo la musica e il forno.
Liquidiamo in 10 minuti i convenevoli sui rispettivi lavori, qualche considerazione, qualche battuta impastata di sarcasmo. Stendiamo la tovaglia.
Taglio il pane, tu lo grigli, apro le acciughe, tu il vino, col botto, ridiamo.
Srotolo la carta oleata col culatello e penso quanto sia incredibile che una cosa nata tra nebbia e freddo possa essere così deliziosa, intensa, confortante eppure è una storia conosciuta che si compie e si ricompie come le nostre vite tra un’ondata di sfiga e una di pazza felicità, sempre un po’ fuori sincrono come la musica che ascoltiamo.
Tiriamo fuori i sassi dalle tasche e poi torniamo a riporli al sicuro, nel caldo e comodo del non davvero affrontato.
Che bella che sei, amica mia, con gli occhi sereni e freschi come la brezzolina dal mare, non fragile ma forte e sensibile come chi governa il respiro della lievitazione.
Il tuo grembiule infarinato messo sulle spalle come un mantello. Vola amica mia, nei cieli stellati della nostra città, impastando pani morbidi come nuvole tra risate come raggi di sole ad illuminar questa serata assieme.
Ti sono grata.
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STORIE DI
BREVI
CIBO LENTO A VELOCITÀ CONTEMPORANEA
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DOP E IGP, CAMBIA LA NORMATIVA
Si abroga il Regolamento (UE) n. 1151/2012 e a cascata le norme nazionali andranno riviste
di Maria Antonietta Dessì
Il nuovo Regolamento è parte integrante della strategia Farm to Fork e va in direzione del consolidamento di una politica di sostenibilità, qualità produttiva e rafforzamento dei produttori nella catena di approvvigionamento alimentare
Sono passati oltre trent’anni da quando il sistema delle Indicazioni Geografiche è entrato a far parte del nostro quotidiano, coinvolgendo imprese, prodotti, territori e consumatori, tutti con lo sguardo diretto verso un obiettivo definito, quello della qualità. Nel frattempo, la disciplina di riferimento ha avuto diverse evoluzioni ma certamente quello del 28 febbraio scorso è un passo importante che ne segna la storia. In questa data è stato infatti approvato il nuovo Regolamento, una norma alla quale i principali attori delle filiere e i tecnici hanno lavorato
per mesi, nel tentativo di fare sintesi tra esigenze e opportunità diverse. Una nuova concezione del sistema delle IG che, partendo dal lavoro fatto sinora, dall’importanza acquisita dalle denominazioni anche per i consumatori, rafforza il ruolo dei Consorzi, divenuti, soprattutto in Italia, un esempio per tutta l’Unione Europea. Non a caso, il relatore Paolo de Castro e il MASAF hanno contribuito in maniera determinante a raccogliere le esigenze nel territorio e a portare all’attenzione di Bruxelles la posizione di cittadini, e istituzioni, oltre che di imprese e Consorzi di tutela.
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LEGISLAZIONE
Non poteva essere altrimenti per un sistema che in Europa conta oltre 3.400 prodotti per un valore complessivo superiore agli 80 miliardi di euro (fonte dati: QUALIVITA). La DOP Economy del Belpaese, con 890 denominazioni, è quella di maggior peso come numero di prodotti insigniti, vale oggi oltre 20 miliardi di euro, grazie al lavoro di 200.000 operatori coordinati da 296 Consorzi di tutela, sparsi in tutto il Paese. Un comparto che porta un contributo del 20% al fatturato dell’agroalimentare nazionale e che ha ricadute senza pari nei territori, in quanto frutto di filiere
non delocalizzabili. In piena coerenza con la nuova linea assunta dall’Unione Europea, il nuovo Regolamento, ben 94 articoli, fa parte del Green Deal e delle iniziative per l’adeguatezza e l’efficacia della regolamentazione (REFIT), è parte integrante della strategia Farm to Fork e quindi va verso il consolidamento di una politica di sostenibilità, di qualità delle produzioni e di rafforzamento complessivo dei produttori nella catena di approvvigionamento alimentare, il cui ruolo fondamentale è stato ancor più evidente in occasione della pandemia.
La direzione è quella della neutralità climatica entro il 2050 e le nuove norme sono state introdotte con l’obiettivo della transizione verde che include anche disposizioni su clima, trasporti ed energia, oltre ad agricoltura, biodiversità e industria. L’ambizione è di rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero e le filiere agricole sono dentro questo processo, in un turbinio di nuove regole, ma anche di nuove possibilità. Il Farm to Fork, il cuore della strategia agricola dentro questa storica riforma, comprende 27 misure da attuare entro il 2030 che hanno come elemento pe-
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In alto: Speck Alto Adige IGP. Per garantire qualità e autenticità del prodotto, il Consorzio Tutela Speck Alto Adige ha sviluppato in collaborazione con l’Istituto indipendente IFCQ Certificazioni un sistema di controlli che verifica il rispetto di tutti i criteri di qualità in ogni fase della lavorazione, dalla selezione della carne al prodotto finito.
A destra: Prosciutto Toscano DOP. Il sapore delicato, il rosso cremisi delle fette asciutte e magre, il gusto intenso esaltato da una tipica sapidità sono i tratti distintivi di questo salume toscano.
culiare la sostenibilità della produzione alimentare, l’accesso generalizzato ad alimenti nutrienti e regimi alimentari sani e sostenibili. Si tratta della prima azione complessa per la sostenibilità alimentare a livello orizzontale, che segna uno spartiacque con le politiche del passato che tendenzialmente intervenivano invece in maniera settoriale. La riforma del sistema IG si inserisce in questo contesto, visto il peso delle produzioni
e degli operatori che gravitano attorno alle denominazioni, e porta con sé la definizione delle pratiche sostenibili che potranno essere concordate dai gruppi di produttori, dando un ruolo centrale nella catena del valore agli agricoltori, aumentando la trasparenza nei confronti del consumatore, garantendo un sistema alimentare più equo focalizzato sulla sicurezza e che non lasci spazio alle frodi.
Tra le novità vi è il fatto che finalmente la disciplina è unica e riguarda vini, prodotti agroalimentari e bevande spiritose. Finalmente sono stati definiti tempi certi e ridotti per l’esame delle richieste di registrazione e di modifica dei disciplinari da parte della Commissione, portati a 6 mesi, estendibili di ulteriori 5 solo nel caso di richiesta incompleta. Passeranno all’approvazione della Commissione solo gli emendamenti che
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implicano restrizioni alla concorrenza nel mercato unico. Le altre modifiche verranno gestite esclusivamente a livello nazionale, evitando il doppio passaggio. Vengono ridotti i dossier di competenza europea, ma si accresce il coinvolgimento dell’Ufficio Europeo sulla Proprietà Intellettuale (EUIPO).
La norma promuove l’azione collettiva degli operatori, assegnando ai Consorzi di tutela poteri e strumenti di
gestione in grado di rispondere ai nuovi bisogni dei consumatori e della società.
Vengono snellite le procedure di accesso alla registrazione delle denominazioni e alla modifica dei disciplinari — sino ad ora lunghe, impegnative e costose — e vengono rafforzati i meccanismi di controllo nel mercato interno e on-line. L’accento è posto inoltre sulla concorrenza leale e sugli strumenti per una migliore condivisione del valore
Asiago DOP. Questo formaggio si produce in una zona geografica delimitata: a Vicenza, a Trento e in una parte della provincia di Padova e di Treviso. Viene commercializzato nelle tipologie Fresco, Stagionato e Prodotto della Montagna.
lungo la filiera, mentre al contempo si definiscono azioni per garantire informazioni affidabili e sempre più chiare ai consumatori.
Tra le prerogative dei Consorzi di tutela, che restano in mano solo ed esclusivamente agli operatori della filiera produttiva, sono previste maggiori responsabilità, ma anche maggiori poteri, compresa la lotta alle pratiche svalorizzanti e la promozione del “turi-
Una varietà di selezione carni, gusti, dimensioni, forme per soddisfare i tuoi clienti più esigenti.
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smo a Indicazione Geografica” (Turismo DOP). Quelli riconosciuti beneficeranno di un rafforzamento delle proprie prerogative, tra cui l’estensione da 3 a 6 anni per i piani di regolazione dell’offerta o la possibilità di redigere clausole di condivisione del valore lungo la filiera per i propri membri.
È inoltre previsto il riconoscimento delle associazioni di gruppi di produttori, che assegna rappresentatività unitaria anche alle associazioni di consorzi. Questi ultimi continueranno ad essere regolamentati nelle loro funzioni secondo schemi nazionali e agli Stati Membri viene riconosciuta la possibilità
In alto: a sinistra, la Focaccia di Recco col formaggio IGP è la prima specialità tutelata al mondo in cui l’intero ciclo di produzione può avvenire all’interno di ristoranti oltre che negli asporti e nei panifici. A destra, olio extravergine di oliva Riviera Ligure DOP.
In basso: Culurgionis d’Ogliastra IGP, fagottini di pasta fresca ripiena di un impasto di patate, formaggi e olio. La caratteristica principale del prodotto è la spiga stilizzata con cui è chiusa la sfoglia, un processo che avviene unicamente a mano.
di erogare contributi erga omnes oltre all’obbligo per tutti i produttori (e non solo per i maggiori) di sostenerne i costi, per lo svolgimento delle attività previste dal Regolamento.
E ancora: la protezione on-line e nel sistema dei domini diventa ex officio tramite un sistema di geo-blocking che
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impone agli Stati Membri di bloccare l’accesso a tutti i contenuti evocativi di un’Indicazione Geografica, anche grazie ad un alert system sviluppato da EUIPO.
È confermato l’obbligo per i trasformatori che utilizzano una IG tra i propri ingredienti di indicarne in etichetta la percentuale e il divieto ad utilizzare altri prodotti comparabili. Laddove alla IG faccia capo un consorzio riconosciuto, i trasformatori sono altresì obbligati ad informarlo sull’utilizzo e ad attendere un nulla osta. Gli Stati Membri hanno la possibilità di rafforzare questo sistema, predisponendo una procedura autorizzativa a livello nazionale, come già avveniva in Italia prima dell’attuale riforma.
In tema di protezione internazionale, sarà possibile per i Consorzi riconosciuti essere registrati automaticamente all’atto di Ginevra dell’accordo di Lisbona, che prevede una protezione rapida e indefinita in tutti i Paesi firmatari, anche extra-UE. In questo modo sarà molto più difficoltoso sfruttare parassitaria-
mente, come accaduto in passato, la reputazione di una IG da parte di un prodotto similare.
E quanto a sostenibilità, trattandosi della parola d’ordine del Green Deal, è prevista la predisposizione, da parte dei Consorzi di un rapporto periodico che ne spieghi l’operato sul tema, anche in termini di sostenibilità ambientale, economica, sociale e di rispetto del benessere animale. Inoltre, in una chiave di maggior trasparenza, è stato inserito l’obbligo di indicare sull’etichetta di qualsiasi prodotto IG il nome del produttore.
Ora non c’è che da attendere l’attuazione della riforma nel nostro Paese, che avverrà solo dopo l’entrata in vigore del Regolamento e a seguito di un periodo di interlocuzioni e iter amministrativo e legislativo che generi una o più norme in linea con il dettato europeo. Tra quelle attualmente in vigore, da rivedere vi è il DM 14 ottobre 2013, da oltre un decennio manuale delle modalità per ottenere il riconoscimento. Ma con le numerose prerogative
riservate dall’UE agli Stati Membri sarà compito dell’Italia anche intervenire su tutta la partita degli ingredienti nei trasformati, sul nome del produttore in etichetta, sui Consorzi di tutela ai quali verranno ampliati compiti, obblighi e poteri (vedi anche la parte relativa al cosiddetto Turismo DOP), oltre che sulle indicazioni facoltative di qualità, per evitare ulteriore confusione tra i consumatori e il proliferare di prodotti appartenenti a regimi che enfatizzano una provenienza geografica nazionale, senza alcun riscontro.
Questo elenco di novità, esemplificativo e non esaustivo, richiederebbe una norma specifica per ogni ambito di intervento, con tutto quello che comporta in termini operativi, di procedure e di consultazioni preliminari. Sarà d’obbligo, visto il ruolo della DOP Economy in Italia, che il nostro apparato amministrativo e legislativo ribadisca la propria centralità e si mostri, ancora una volta, riferimento per il resto degli Stati Membri.
Maria Antonietta Dessì
A RISCHIO L’INTERO SISTEMA PRODUTTIVO DEI SALUMI
ASS.I.CA. lancia l’allarme a
Cibus 2024
Nel corso di Cibus 2024
ASS.I.CA., Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi aderente a CONFINDUSTRIA, ha organizzato un convegno per le aziende e gli operatori del settore dal titolo “Salumeria italiana: le sfide per il futuro, tra le incertezze del commercio internazionale e l’aumento dei costi produttivi”. Tanti i temi emersi dagli interventi, ma il focus è stato la situazione attuale della salumeria italiana, che sta attraversando uno dei periodi più difficili degli ultimi anni, con l’allarme della Peste Suina Africana (PSA) che incombe come una spada di Damocle sull’intero sistema produttivo. «Col ritrovamento a metà aprile di un cinghiale infetto a Varano de’ Melegari, la zona di restrizione è stata allargata alle aree di Collecchio, Sala Baganza e Felino, mettendo in forte crisi le aziende che esportavano in Paesi quali il Canada e gli Stati Uniti. Abbiamo già aziende che hanno messo in cassa integrazione i dipendenti: da allarme sanitario la peste suina rischia di diventare un allarme sociale» ha affermato il presidente di ASS.I.CA. Francesco Pizzagalli. Le istituzioni non possono ignorare ciò che sta accadendo. «Dobbiamo essere uniti nell’affrontare le opportunità di sviluppo attraverso modalità di confronto con le istituzioni. È giusto chiedere sussidi quando le nostre aziende vengono messe a rischio per colpe e situazioni che
non sono imputabili a noi, ma i sussidi servono per affrontare la drammaticità del momento. Abbiamo bisogno di un sostegno reale agli investimenti, che sono quelli che garantiscono il futuro. L’intera filiera suinicola ha bisogno di aiuti straordinari, di nuove forme di accesso al credito per garantire la sopravvivenza di un settore che ha creato benessere in tanti territori, che ha valorizzato nel tempo le peculiarità dei territori, che non ha rincorso le delocalizzazioni per andare a produrre là dove costava meno produrre». Come fare per garantire il futuro della filiera suinicola? «Occorre equilibrio sul piano economico della distribuzione del valore. Dare vita ad un sistema di filiera sostenibile, ripensare al ruolo delle produzioni DOP e IGP». Davide Calderone , direttore di ASS.I.CA., è entrato nel dettaglio dei danni della PSA, con numeri che danno la dimensione del danno. «Fino a questo momento si sono avute perdite legate al mancato export per circa 500 milioni di euro in due anni e, se le cose non dovessero migliorare, il rischio sarebbe di subire ulteriori perdite per 60 milioni di euro al mese. Queste cifre avrebbero potuto essere anche più elevate, se non fosse stata messa in campo dal Ministero della Salute — col sostegno di ASS.I.CA. — un’azione costante di informazione e dialogo con i principali Paesi importatori dei prodotti suinicoli. Insieme all’attività diplomatica e tecnica del Governo si è
agito per il contenimento delle misure restrittive di ordine sanitario vigenti in molti Paesi importatori».
Il convegno è proseguito con gli interventi di esperti e analisti del comparto agroalimentare. Mariella Ronga, della Direzione Filiere e Analisi dei Mercati ISMEA, ha presentato i risultati della ricerca inedita sulla distribuzione del valore all’interno della filiera suinicola nazionale, col caso di studio sui prosciutti cotti e prosciutti DOP. «Il progetto di ricerca ASS.I.CA.-ISMEA è stato articolato in due annualità in cui sono state approfondite, in uno scenario fortemente segnato da un aumento dei prezzi in tutte le fasi della filiera, le dinamiche di due dei prodotti leader della salumeria italiana: il Prosciutto cotto Alta Qualità e
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ATTUALITÀ
Francesco Pizzagalli.
il Prosciutto di Parma. In dettaglio, l’analisi ha evidenziato l’importanza delle relazioni di filiera e la ripartizione del valore dalla stalla al banco taglio».
Luigi Stimolo, Responsabile Area Mercato di BMTI (Borsa Merci Telematica italiana), ha parlato delle dinamiche interne alla filiera e degli scenari del mercato nazionale e internazionale. «Dall’analisi di BMTI risulta chiaro come alcune delle criticità che negli ultimi anni hanno coinvolto il settore suinicolo, tra cui l’aumento dei prezzi e le problematiche legate all’aumento dei costi di produzione, si siano attenuate nella prima parte del 2024. La speranza è che i dati continuino a migliorare affinché, anche durante il lavoro svolto dalle CUN in sede di formulazione delle tendenze di mercato e dei prezzi indicativi, si possa riscontrare una remunerazione per tutti gli attori della filiera suinicola».
Con Marco Limonta, Consumer Packaged Goods Director di CIRCANA, si sono analizzate le scelte di acquisto del consumatore, all’interno di un contesto comunque positivo per i salumi. «In un mercato che ha fatto registrare nel 2023 un generale calo dei volumi, pari a –0,9%, i salumi si sono contraddistinti per performance positive. Sia considerando tutti i canali distributivi, includendo i Discount (+0,2%), ancor di più considerando i soli Ipermercati + Supermercati + Libero Servizio piccolo (+1,7%). Sicuramente queste performance sono state aiutate da un aumento dei prezzi, meno elevato rispetto alla media del Largo Consumo Confezionato. Tuttavia, anche nei salumi assistiamo ad un cambiamento nelle scelte di acquisto da parte degli Italiani: categorie con prezzi elevati sono stati maggiormente penalizzate dal contesto inflattivo, mentre altre, con prezzi più bassi, sono state premiate dal consumatore. Consumatore che ha messo in atto diversi cambiamenti anche nei “luoghi” dove effettuare gli acquisti di salumi, privilegiando il Banco Taglio (+4,6%) rispetto al Libero Servizio (–0,3%). Il Take Away si conferma in difficoltà, con un calo dei volumi pari a –2,7%».
Mauro Lusetti, presidente Associazione Distribuzione Moderna e Conad, ha evidenziato le criticità del mercato interno. «L’export agroalimentare italiano potrebbe andare ancora meglio se venisse posta una maggiore attenzione ai consumi domestici. Le nostre eccellenze crescono forti se possono contare su un mercato interno che ne sostenga gli investimenti. Penso che per continuare a crescere le imprese industriali italiane dell’agroalimentare debbano pensare, con le istituzioni e le altre componenti della filiera, a mettere in atto piani di lungo termine che favoriscano la loro aggregazione in campioni nazionali di dimensioni adeguate a essere competitivi nei mercati internazionali». Un aiuto può arrivare dal sistema del credito. «Sosteniamo con importanti quote di mercato il settore della produzione dei salumi, della macellazione suina e della trasformazione carnea» ha dichiarato Marco Perocchi, responsabile Banca d’Impresa di Crédit Agricole Italia «Abbiamo attivato dei tavoli di ascolto coi produttori per approfondire le loro necessità immediate e cercare le migliori soluzioni e gli strumenti finanziari più adeguati per sostenere tutta la filiera».
Fonte: ASS.I.CA., assica.it
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Premiata Salumeria Italiana,
Salame
Felino
IGP, fatturato al consumo a quota € 87 milioni
Un fatturato al consumo in leggera crescita a quota 87 milioni di euro. E un preaffettato che, seppur in calo rispetto all’anno scorso, dove risentiva ancora del boom positivo legato al periodo Covid, si mantiene ben al di sopra dei livelli 2019 (+9%). Il Salame Felino IGP conferma i buoni risultati anche nei dati economici 2023, nonostante «un aumento dei costi relativi alla materia prima mai visto in precedenza, intorno al 20%», come ribadito da Umberto Boschi, presidente del Consorzio di tutela. Analizzando i dati, la produzione di carne avviata alla lavorazione nel 2023 ha sfiorato i 5,5 milioni di chili; per quanto riguarda il prodotto etichettato finale, ne sono stati destinati 3,5 milioni, in linea con i numeri dell’anno precedente. Cifre che rappresentano un valore della produzione intorno ai 40 milioni di euro, mentre il fatturato al consumo sale a quota 87 milioni, con una leggera crescita rispetto al 2022 (+3%). Il Consorzio, che raggruppa nel territorio di Parma 14 aziende produttrici del Salame Felino IGP, con circa 500 addetti tra lavoratori diretti e legati all’indotto, ha confermato la GDO come principale canale di commercializzazione. Ottimi riscontri sono stati registrati dal banco taglio grazie al ritorno dei consumatori al mercato assistito. Ma anche il preaffettato, seppur in fisiologico calo rispetto ai numeri record dell’anno scorso, si mantiene ben al di sopra dei livelli pre-Covid. Nel 2019, erano stati 526.000 i chilogrammi destinati all’affettato; nel 2023 invece, la quota è salita fino a 573.000 kg (+9%). Infine l’export si attesta a circa il 3%, con l’Europa come principale mercato di riferimento, ma il Consorzio nel corso del 2023 ha registrato un ulteriore interesse da diversi clienti, in particolare nei mercati extra Unione Europea e negli Stati Uniti. «Siamo soddisfatti della tenuta registrata dal comparto, con una produzione stabile per quanto riguarda i volumi complessivi» ha ribadito Umberto Boschi. «A maggior ragione considerando come nei primi mesi del 2024 abbiamo già rilevato un soddisfacente aumento del prodotto certificato. Inoltre il dato del preaffettato, ben superiore a quello registrato nel 2019, conferma il gradimento del consumatore per la specifica modalità di vendita, per la facilità di utilizzo, la comodità e la disponibilità».
>> Link: salamefelinoigp.com
San Daniele DOP: Nicola Martelli nuovo presidente del Consorzio
Il nuovo Consiglio di amministrazione del Consorzio del Prosciutto di San Daniele ha nominato, nella sua prima seduta del 30 aprile, Nicola Martelli quale presidente del Consorzio. Martelli, AD dell’azienda omonima (fondata nel 1959 e con 7 stabilimenti fra Padova, Parma, Mantova e San Daniele del Friuli), succede a Giuseppe Villani, presidente dal 2015, e rimarrà in carica per il prossimo triennio. «Il Prosciutto di San Daniele è e dovrà essere un esempio di sostenibilità e di alta qualità per tutta la salumeria italiana» ha dichiarato. «Ci aspettano molti impegni, ma sono sicuro che ponendo al centro la qualità del San Daniele DOP e il cliente riusciremo a raggiungere gli obiettivi prefissati».
>> Link: prosciuttosandaniele.it
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Premio Coppa d’Oro 2024: appuntamento lunedì 24 giugno
Lunedì 24 giugno si svolgerà a Piacenza la 16a edizione del Premio Coppa d’Oro, che quest’anno ha un sapore del tutto straordinario, per via del passaggio del Tour de France dalla città emiliana. Il format dell’evento, che i articola in tre distinti momenti: una tavola rotonda, il Premio “Coppa d’Oro” e un talk show, è stato adattato alla storica occasione. La tavola rotonda, sul tema “Il Vento del Tour”, si terrà nel Salone monumentale di Palazzo Gotico, dove giornalisti, atleti, amministratori, commentatori e opinionisti analizzeranno il valore che porta e lascia il passaggio di una tale manifestazione per un territorio noto per la sua ricchezza agroalimentare. Determinante la presenza di atleti italiani, i quali potranno testimoniare, attraverso un’attività dimostrativa, le loro esperienze vissute al Tour. Sarà anche l’occasione per ribadire che Piacenza è la sola provincia in Europa ad avere tre salumi DOP nel comparto della salumeria. La “Coppa d’Oro”, assegnata al termine della tavola rotonda, andrà a chi nel Tour de France ha lasciato un segno indelebile. Il premio consiste nell’opera di una scultrice piacentina che, nella sua creazione, ha saputo tramutare il senso della velocità in forma artistica. Il talk show verrà organizzato nella più importante piazza di Piacenza, Piazza dei Cavalli, e avrà come titolo “Ti Racconto il Tour”. Protagonisti, coi loro racconti, aneddoti e ricordi, quanti, a diverso titolo, negli anni, hanno vissuto indimenticabili emozioni della Grande Boucle francese.
di Elena
1. Salumi Coati, dal cotto alla gastronomia
A Marano di Valpolicella, in provincia di Verona, il Salumificio F.lli Coati (www.salumificiocoati.it) produce prosciutti cotti a lenta cottura e a bassa temperatura, oltre a salami, speck, pancette e una linea di cotti per la gastronomia. Noi li seguiamo su @salumi_coati per idee di panini e belle ricette con la creatività di Renato Bosco (photo © @salumi_coati).
12. Salumeria del Design
È a Milano e si chiama Salumeria del Design. Un locale che ci rimanda alla tradizione della salumeria ma che è spazio per mangiare e bere tra musica, oggetti di design e un ambiente contemporaneo perfetto anche per eventi privati. Dalla carta menù agli allestimenti, dai social (@salumeriadeldesign) allo stile della comunicazione, la Salumeria del Design è un bell’esempio di fare e raccontare le cose con creatività (photo © facebook.com/salumeriadeldesign).
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 36 IL FOOD IN RETE
SOCIAL
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FOOD
Benedetti
3. Salame t-shirt by Estetista Cinica
Lei è Cristina Fogazzi (@estetistacinica), l’imprenditrice digitale che con Veralab (veralab.it) ha rivoluzionato il mercato della skincare e del make up in Italia. Col suo milione di followers, tra tutorial e racconti di vita, Cristina promuove il suo business con professionalità e mai banale leggerezza. Grande estimatrice dei salumi, tra creme, trattamenti e cosmetici, vende anche questa t-shirt che ovviamente noi a-do-ria-mo!!
La “T-shirt Salame, per essere alla moda con carattere” si può acquistare a € 20,00 su veralab.it (photo © veralab.it).
4 L’Amaro Formidabile di Pallini
È una tra le più antiche aziende romane e l’unica distilleria di Roma. Fondata nel lontano 1875 ad Antrodoco, in provincia di Rieti, Pallini (@pallinispa e pallini.com) fu trasferita a Roma negli anni ‘20 dove attualmente si trovano gli stabilimenti. Tra l’ampia varietà di liquori, sciroppi e distillati, segnaliamo l’Amaro Formidabile (@amaroformidabile), “un liquore amaro naturale elaborato artigianalmente con un processo di macerazione di piante aromatiche e officinali in purissimo alcool di grano”. Un mix perfetto di erbe, fiori, cortecce, radici e scorze di frutti (photo © @amaroformidabile).
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FERRARINI, BRAND GLOBALE E CUORE EMILIANO
Entrata nel 2023 nel Gruppo Pini, quest’azienda con quasi 70 anni di storia è l’espressione di un territorio e di una filiera che coniuga la tradizione delle produzioni con le innovazioni di processo
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 40 AZIENDE
A sinistra: la storica villa di Rivaltella, in provincia di Reggio Emilia, dove venne fondata l’azienda Ferrarini nel 1956. Nel gennaio 2024 il brand Ferrarini è stato iscritto nel registro speciale dei “Marchi storici di interesse nazionale” del Ministero delle Imprese e del Made in Italy. In basso: la sugnatura manuale delle cosce per la produzione del crudo.
Siamo a Rivaltella, in provincia di Reggio Emilia. Qui nel 1956 fu fondata la Ferrarini, dal 2023 entrata nella compagine del Gruppo Pini, tra i leader a livello europeo nel mondo della macellazione suina e uno dei principali player nella produzione di bresaola.
Da subito la storia dell’azienda si è legata a quella del suo prodotto più iconico, il Prosciutto Cotto, il primo ad essere prodotto senza polifosfati aggiunti. In breve tempo, infatti, il marchio Ferrarini si è affermato come sinonimo di prosciutto cotto nelle case degli Italiani, grazie a un patrimonio di tecniche, competenze e lavorazioni che ancora oggi lo rendono un prodotto speciale.
Attraverso un iter di crescita costante, che ha visto il progressivo ampliamento dei complessi produttivi e lo sviluppo di nuove divisioni, Ferrarini si è imposta come realtà di riferimento anche per altri prodotti come il Prosciutto di Parma DOP, la mortadella e i salami tipici della tradizione salumiera emiliana.
Oggi Ferrarini è un brand globale, presente in più di 30 Paesi distribuiti su 5 continenti e con 5 società operative in tutto il mondo, dove è riconosciuto come simbolo e rappresentante di una tradizione che parla di qualità ed eccellenza, quella dell’Italian food philosophy
Ma quali sono esattamente i driver alla base della filosofia aziendale di Ferrarini? Sono cinque. Ripercorriamoli insieme.
1. La storia sulla tavola
Grazie alla primissima qualità dei suoi prodotti, Ferrarini si è imposto negli anni come paradigma della tradizione gastronomica italiana, che trova espressione nel suo patrimonio unico di competenze, tecniche e lavorazioni tramandate in azienda con cura e, allo stesso tempo, con una costante apertura all’innovazione. Nel gennaio 2024 il brand è stato iscritto nel registro speciale dei “Marchi storici di interesse nazionale” del Ministero delle Imprese e del Made in Italy per essere “una delle
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In alto: il cotto preaffettato Ferrarini, così come tutti gli altri salumi dell’azienda reggiana, è privo di glutine e senza proteine del latte e lattosio. In basso: Pavo, petto intero di tacchino arrosto è realizzato solo con carne italiana, utilizzando il petto intero di tacchino aromatizzato con lo stesso decotto del prosciutto cotto Ferrarini. Un prodotto magro, avente solo l’1,5% di grassi, e particolarmente morbido e succoso grazie alla lenta cottura, e senza glutine e derivati del latte.
grandi ricchezze che nell’immaginario collettivo vengono associate all’Italia, la sua cultura, il suo prestigio, la creatività e il genio che da sempre ne sono un tratto distintivo universalmente riconosciuto”
2. C’è più gusto a mangiare sano
La vision di Ferrarini è racchiusa nel suo claim “C’è più gusto a mangiare sano”, che rispecchia l’impegno che fin dal primo giorno di vita l’azienda ha profuso nel promuovere i valori di un’alimentazione sana ed equilibrata, elemento imprescindibile per un corretto stile di vita. Un elemento distintivo
che emerge in maniera chiara in tutti i suoi prodotti: Ferrarini è stata infatti la prima azienda a lanciare il prosciutto cotto senza polifosfati aggiunti, un’innovazione che ha profondamente cambiato un prodotto che negli anni ‘60 era considerato di bassa gamma, rendendolo come è conosciuto ora, un alimento sano e di qualità.
3. Una storia di filiera
L’eccellenza di Ferrarini si ritrova e rinnova in tutte le componenti della filiera in cui è inserita, una catena che comincia dalla qualità della materia pri-
ma e prosegue in tutti processi secondo un comun denominatore: una profonda condivisione di valori di tutti gli attori coinvolti. Con l’ingresso di Ferrarini nel Gruppo Pini il progetto di filiera si estende e si integra in un sistema strutturato e internazionale capace di coniugare la tradizione delle produzioni con le innovazioni di processo, in grado di affrontare le sfide del mercato globale.
4. Al centro del territorio Ferrarini da sempre presta cura e attenzione al territorio e alle persone della comunità in cui è inserita, da coloro che vi lavorano alle attività della zona che intrattengono con l’azienda un rapporto di scambio e di dialogo. Il sostegno dell’economia locale e la valorizzazione della distribuzione tradizionale fatta di piccoli negozi di vicinato, infatti, sono stati e saranno i punti di forza e di crescita di Ferrarini. Proprio su questi negozi di quartiere, che possono convivere con la Distribuzione Organizzata, Ferrarini continua ad investire con la convinzione che l’eccellenza del made in Italy risieda prima di tutto nell’orgoglio dell’appartenenza.
5. L’innovazione continua “Bisogna renderla attuale, quella tradizione, preservandone il cuore, lo spirito, e adattandone invece l’esteriorità e le forme”: in Ferrarini la storia si rinnova mantenendo saldo lo spirito d’identità, declinandosi in forme sempre diverse. L’impronta all’innovazione che contraddistingue l’azienda trova espressione tanto nella ricerca di nuovi gusti e prodotti quanto nella trasformazione e nell’ottimizzazione dei processi, in un’ottica di sostenibilità. Nel 2024, infatti, lo stabilimento di Lesignano de’ Bagni è stato oggetto di un importante intervento di efficientamento energetico finalizzato a ridurre il consumo di gas e di acqua. Nel contempo, a gennaio sono stati presentati i due nuovi prodotti Pavo – Petto intero di tacchino arrosto e Bellafetta – Salame di prosciutto, entrambi contraddistinti da un basso contenuto di grassi.
>> Link: ferrarini.com
Ferrarini Group Ferrarini Food @ferrarinifood
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SHOW YOUR BUSINESS POTENTIAL COMITATO TECNICO SCIENTIFICO www.marca.bolognafiere.it 15-16 Gennaio 2025 21 a EDIZIONE
Chiapella, CARNE E SALUMERIA PIEMONTESI
di Massimiliano Rella
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 44
Nero Piemontese o Nero di Cavour: è il nome di un maialino recuperato e valorizzato in norcineria da un’azienda della provincia di Cuneo, con stabilimenti a Clavesana, allevamento a Benevagienna e bottega del gusto nel cuore di Carrù, il paese della Fiera del Bue Grasso. La protagonista di questa storia di “suini & norcini” è Chiapella – Salumieri in Langa, un marchio di provata qualità. Dopo 70 anni di lavoro in norcineria e un’esperienza che unisce quattro generazioni — i fratelli Alessandro, Davide e Elisabetta e il giovane Federico, figlio di Davide — l’azienda sta sviluppando la nicchia del Nero Piemontese, razza riprodotta sei anni fa in collaborazione con l’Università di Torino e altri allevatori del territorio, oggi riconosciuta dal Ministero dell’Agricoltura. La razza si era estinta, ma è stata recuperata grazie a un percorso di incroci fra il Nero della Lomellina, il Nero Calabrese e il Nero di Parma, ricerca che ha permesso di ricreare questo maialino allevato allo stato semibrado. «Al momento è ancora un gioco», premette Alessandro Chiapella, mentre ci porta a visitare l’allevamento che gestisce insieme ad
A pagina 44: la Salumeria-Macelleria Chiapella di Carrù (CN). In questa pagina: salumi a portar via e degustazione in bottega di salumi, tartare e carpaccio firmati Chiapella.
una coppia di apicoltori e allevatori, Enrico e Joanne , a Benevagienna (CN). «Sono un centinaio di capi, ma siamo gli unici per ora a vantare una filiera completa di trasformazione, da cui otteniamo carne fresca per l’alta ristorazione e tre prodotti: un salume
classico, un salame che affiniamo in cera d’api (a cui abbiamo dedicato la copertina del numero 4/2023, NdR) e un prosciutto crudo stagionato 24 mesi». Settant’anni fa il nonno dei fratelli Chiapella aprì a Carrù un negozio con laboratorio di trasformazione e
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Alessandro Chiapella tra i suini di razza Nero di Cavour nell’allevamento di Benevagienna (CN).
produzione salumi e vendita di carne suina. Lo stabilimento a Clavesana risale invece all’inizio del 2000. Cresciuta costantemente, oggi l’azienda fattura 3,5 milioni di euro, ha 15 dipendenti in stabilimento e 5 nel negozio di Carrù, la bottega Chiapella La Salumeria, sita sotto i portici del centro storico, dove vende anche eccellenze agroalimentari italiane e pasta fresca fatta in casa.
Anche se commercializza vari prodotti il salumificio resta il core business, col 60% del fatturato e 50-60 quintali di salami prodotti a settimana, ottenuti da suini bianchi di allevatori piemontesi. I Chiapella oggi vendono e lavorano anche carni di Bue Grasso, l’inverno, e di vitella piemontese tutto l’anno, di loro produzione, da 6 anni.
«Qual è la carne più buona? La Piemontese, che domande!» risponde sorridendo Alessandro. «Abbiamo optato per le carni di vitella da mangiare crude, molto tenere, un sogno divenuto realtà». Partiti con una rete di allevatori selezionati, la famiglia Chiapella poco dopo ha avviato una propria stalla con
80 capi, diventando autonoma per quantità, qualità, alimentazione e costanza produttiva. Per la precisione, tre stalle e 280 capi di sole vitelle bianche di Fassone piemontese, selezionate sul territorio alla nascita e alimentate con fieno di Langa e mangimi a km 0, secondo una dieta ad hoc a base di mais, cereali e pisello proteico (in sostituzione della soia, presente in bassa quantità); dieta elaborata da un’alimentarista. A 15-16 mesi i capi vengono macellati e fanno una frollatura “fisiologica” di appena 15 giorni, «sufficiente grazie alla tenerezza naturale della carne», sottolinea Chiapella.
Per quanto riguarda la distribuzione, attraverso un canale specializzato, la Granda Freschi di Genola, Chiapella è presente nella ristorazione di alto livello del Nord-Ovest (90% in Langa), «nei migliori menu e senza promozione poiché parla la carne», puntualizza Alessandro. Ad esempio, la loro carne è presente nella carta dello chef tristellato Enrico Crippa (Piazza Duomo, Alba, CN), in quella di Davide Palluda (Ristorante e
Osteria All’Enoteca, Canale, AT), ma anche allo Ski Grill di Prato Nevoso (CN), baita gourmet situata sulle piste da sci. Ed è in vendita all’ingrosso.
Chiapella produce poi una linea di hamburger di sola carne e sale, ma il 90% dei tagli è rappresentato da tagli pregiati e dalla battuta al coltello per la ristorazione. L’idea è quella di collaborare con lo chef, rendergli un servizio portando nel piatto il punto di vista dell’allevatore e del macellatore. «Cosa deve fare lo chef? Un buon brasato?» conclude Chiapella. «Io allora, come suo partner, dovrò proporgli un prodotto d’alta qualità perfetto per le sue esigenze». Massimiliano Rella
Salumificio Chiapella
Corso Vittorio Olcese 6 12060 Clavesana (CN)
Telefono: 0173 732001
E-mail: info@chiapellasalumi.it Web: www.chiapellasalumi.it www.ilnerochiapella.it www.labiancachiapella.it
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Il primo prosciutto crudo di suino Nero di Cavour è finalmente disponibile!
Peck presenta la sua proposta di pic-nic: arriva il Peck-Nic
Sapori en plein air. Con l’arrivo della bella stagione il negozio la storica gastronomia milanese Peck, nella sua sede di CityLife (Piazza Tre Torri), presenta il Peck-Nic: una proposta di pic-nic pensata per trasformare il pranzo o l’aperitivo in un’esperienza da vivere immersi nel verde del vicino parco di CityLife. Per la sua versione del pic-nic, Peck CityLife offre la possibilità di scegliere tra 6 proposte differenti formulate per 2 persone. Sarà però possibile anche creare il proprio cestino ad hoc, selezionando direttamente i prodotti che si desiderano dal banco gastronomia. Per gli amanti dei vini, Peck propone in abbinamento al cestino i vini della sua cantina, dalla quale si potrà scegliere, oltre a Champagne e Metodo Classico italiano, vini rosé o vini bianchi. Il servizio pic-nic è disponibile, dal martedì alla domenica, sia per pranzo che per aperitivo. Una volta prenotato, il cestino potrà essere ritirato direttamente da Peck CityLife all’orario stabilito. Il cesto in vimini naturalmente include, oltre alle pietanze, tovaglia, posate e bicchieri. Il parco di CityLife, terzo più grande della città, si estende su una superficie di 17.000 m2 ricca di vegetazione, specchi d’acqua e piste ciclabili, su cui svettano le torri progettate da Zaha Hadid, Arata Isozaki e Daniel Libeskind. Nel parco trovano collocazione le opere di arte contemporanea di ArtLine Milano, un progetto di arte pubblica del Comune di Milano articolato in oltre venti opere permanenti. La natura è arricchita dalla presenza degli Orti Fioriti, un’area verde di oltre 5.000 m2 realizzata in collaborazione con Associazione Orticola di Lombardia che prevede coltivazioni di erbe aromatiche ed officinali, fiori e ortaggi. Da oltre 100 anni Peck rappresenta una realtà affermata nel mondo dell’alta gastronomia, distinguendosi per l’esclusività delle proprie proposte e l’attenzione costantemente rivolta al cliente.
>> Link: peck.it
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A Montecchio Maggiore, Vicenza, l’azienda della famiglia Fantin
SALUMIFICIO DEI CASTELLI, SOPRÈSSE & CO.
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 50
di Gaia Borghi
Soprèssa Vicentina DOP.
La Soprèssa qui, quella scritta con una sola P, è un’istituzione, l’insaccato per eccellenza, simbolo della tradizione norcina territoriale e regionale e prima, tra i prodotti salumieri del Veneto, ad ottenere la Denominazione d’Origine Protetta europea, con un Disciplinare che ne norma e certifica la produzione. La soprèssa, il cui nome deriverebbe da sopressare, termine dialettale che ha il significato di schiacciare, pressare, è un grosso salame morbido e profumato, dalla grana tenera, quasi friabile. Un salame che era la riserva di energia e fonte proteica di chi nel passato faticava nei campi, il ristoro agognato di una popolazione di contadini e agricoltori abituata a cibarsi con cereali, verdure e legumi (i fagioli sono sempre stati alla base della dieta rurale, la cosiddetta “carne” dei poveri, come insegnano i racconti dedicati a Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno), l’abbondanza e il privilegio dei giorni di festa.
Al Salumificio dei Castelli la soprèssa la conoscono bene, molto bene. A raccontarmi la storia e l’attività di questa bella realtà a conduzione familiare di Montecchio Maggiore, in provincia di Vicenza, è Marco Fantin, seconda generazione in azienda, già quarta nel settore. Marco ricopre il ruolo di
Responsabile commerciale e R&D, ma, come avviene in tutte le aziende di famiglia, «qui tutti fanno un po’ tutto» mi dice sorridendo.
Ad iniziare il viaggio nel magico mondo della norcineria dei Fantin fu il bisnonno di Marco, Florindo, che nel 1947 aprì ad Altavilla Vicentina una macelleria con annesso laboratorio per la lavorazione delle carni e la produzione dei salumi. Qualche anno più tardi il figlio Tito avviò un’attività di distribuzione di carne, salumi e formaggi, oltre ad un piccolo laboratorio di produzione di salumi dove Flori, il papà di Marco, a tutt’oggi “l’anima del Salumificio dei Castelli”, si appassionò a questo lavoro. Il 1998 è l’anno di nascita ufficiale dell’azienda, dalla cui sede si possono ammirare i vicini castelli della Villa e della Bellaguardia, popolarmente conosciuti come i Castelli di Giulietta e Romeo, da cui il nome.
Una dozzina di dipendenti, compresi Marco, il padre Flori, fondatore e responsabile produzione, e la madre Patrizia Gobbo, responsabile amministrativa e della qualità. La clientela del Salumificio dei Castelli è variegata, dalla bottega di alimentari alla salumeria, alla macelleria, un po’ di ristorazione e foodservice, una piccola presenza in GDO, il tutto a livello locale (90%).
«Inviamo all’estero meno dell’1% della nostra produzione. Ad esempio abbiamo un cliente diretto che è proprietario di alcune pizzerie in Irlanda, ed è originario proprio di Montecchio, e un altro piccolo cliente a Lisbona, ma la nostra presenza al momento è incentrata in primis sul territorio. Produciamo una sessantina di articoli circa: abbiamo una proposta molto diversifi cata e diversificabile, nel senso che le nostre caratteristiche ci consentono di fare prodotti su misura secondo le esigenze e le necessità dei clienti che ne fanno richiesta».
Una famiglia unita, una passione comune per questa professione, il rispetto per il saper fare artigiano della tradizione ma anche tanta voglia di divertirsi e stupire, se stessi e il mercato. «Quello che ci rende diversi come azienda secondo me — prosegue Marco — è che cerchiamo di essere rigorosi, sia nel rispettare la produzione tradizionale, con un’attenzione quasi maniacale ai vari aspetti, alle varie fasi, sia quando facciamo gli “esperimenti”. Amiamo molto sperimentare con gli accostamenti, gli ingredienti, creare nuovi sapori su referenze classiche: ci piace l’idea che con le nostre proposte il mercato si possa rinfrescare, arricchire, e ci piace soprattutto continuare a divertirci».
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Soprèssa con Breganze Torcolato DOC.
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In alto: le ultime novità proposte dal Salumificio dei Castelli, il salame all’aglio nero e Vespaiolo DOC Breganze e la pancetta affumicata cotta alle mele, Apfelbauch. In basso: Flori e Marco Fantin con Patrizia Gobbo.
Due cuori e una Soprèssa, anzi, ventidue
Sul lato della tradizione la soprèssa, come detto, la fa da padrona: il termine “soprèssa” però al Salumificio dei Castelli corrisponde a ben 22 referenze. «La Soprèssa vicentina DOP, quella realizzata con le carni di maiali nati, allevati e macellati in provincia di Vicenza per intenderci, come da Disciplinare, è il nostro prodotto di punta, sia in termini numerici (ne produciamo circa 9.000 l’anno), che in termini di “fiore all’occhiello” di tutta la gamma. Una certa ricchezza di tagli alla base dell’impasto, perché ogni taglio ha il suo sapore, ne determina le caratteristiche distintive: coscia, lombo, coppa, pancetta… tutti i tagli del suino, compresi i più pregiati, nessuna rifilatura». La Soprèssa Vicentina DOP è disponibile in diverse pezzature, dolce e aromatizzata con aglio. Poi ci sono quella cosiddetta “dei Castelli”, con e senza aglio, quella filettata, quella con il Breganze Torcolato DOC, celebre vino passito dell’Alto Vicentino. Tutte sono prodotte con carne fresca di suini italiani appartenenti al circuito tutelato (o a quello del Disciplinare della DOP), con macinatura manuale e taglio a coltello, insacco in budello naturale, lenta stagionatura e possibilità di avere diversi formati. Ma se la tradizione è il primo “cuore” del Salumificio, la sperimentazione è sicuramente il secondo. Ed è proprio Marco il fautore dei prodotti più innovativi del Salumificio dei Castelli, grazie ad una spiccata curiosità ed inventiva, estro, nonché profonda conoscenza delle materie prime. Tra gli ultimi prodotti realizzati c’è ad esempio il Salame all’aglio nero e Vespaiolo DOC Breganze. «Quando mi sono imbattuto in questa tipologia di aglio ho capito che aveva le potenzialità per essere abbinato ad un salame» mi dice Marco. «Nella lavorazione però, a causa della caramellizzazione degli zuccheri, diventa estremamente appiccicoso: per renderlo lavorabile ho quindi aggiunto del vino Vespaiolo, che oltretutto regala particolari note aromatiche e, grazie alla punta di acidità, contribuisce a lasciare la bocca piacevolmente pulita dopo l’assaggio».
Altro prodotto di recente realizzazione è l’Apfelbauch, una pancetta affumicata cotta alle mele. «Nasce da
In alto: il salame fresco ”da ferri” assieme alla soprèssa rappresenta uno dei prodotti più caratteristici della norcineria vicentina, tant’è che è tradizione gustarlo in occasione della festa di San Vincenzo. Viene consumato fresco, affettato e cotto alla brace o saltato in padella per qualche minuto, in modo che al centro risulti ancora appena rosato. In basso: il musetto con broccolo Fiolaro, brassicacea tipica locale.
una sfida con un cliente, un po’ per gioco. E proprio per questo ho voluto giocare su vari piani: la dolcezza della mela e del succo di mela che si scontra con la sapidità della carne, ma anche l’acidità della stessa mela e dell’aceto di mele, insieme ad un’affumicatura delicata per riempire il bouquet. Arrotolata con le mele, marinata col succo di mela e l’aceto di mela, affumicata con legno di melo, confezionata con una spruzzata di succo di mela..… Forse ci sono più mele nell’Apfelbauch che in un banco ortofrutta!» mi dice Marco. Un abbinamento da consigliare? «Col sidro» risponde convinto. «Mentre per quanto riguarda il Salame con l’aglio
nero, un prodotto che mi piace moltissimo, suggerirei un Vespaiolo frizzante o un Lambrusco di Sorbara, oppure, cambiando completamente tipologia di vino, sceglierei un Barolo o ancora, tornando in regione, un Recioto». Tutti i prodotti del Salumificio dei Castelli, infine, sono senza derivati del latte, glutine o glutammato.
Gaia Borghi
Salumificio dei Castelli
Strada del Capitello 11-13-15
36075 Montecchio Maggiore (VI) Telefono: 0444 492627
E-mail: info@salumificiodeicastelli.it
Web: salumificiodeicastelli.it
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Guida Slow Food agli extravergini 2024: oli, storie e territori
Un lavoro di squadra con 125 collaboratori che hanno recensito 686 aziende, segnalando 1.071 oli extravergini di qualità, nonostante l’annata difficile. «Le parole chiave che definiscono la stagione appena conclusa sono siccità e cambiamento climatico» commenta Francesca Baldereschi, curatrice della Guida. «È essenziale affrontare queste sfide preservando la qualità, promuovendo la biodiversità autoctona e adottando pratiche sostenibili. Inoltre, è cruciale non semplificare una grave crisi globale, che ha determinato una contrazione significativa della produzione, riducendola unicamente ad un problema di resa e promuovendo modelli di agricoltura superintensiva basati sull’abbassamento dei costi e l’eccessivo utilizzo delle risorse. Tali modelli, a breve termine, non solo danneggiano l’ambiente, ma non portano vantaggi economici reali al settore». Lo dimostrano le piantagioni intensive che, venendo meno la capacità di irrigazione, hanno avuto una resa bassissima, portando ad una diminuzione consistente dell’offerta dell’olio in numerosi stati. Per fortuna in Italia le zone ad allevamento intensivo sono per ora limitate. «Un modello che presenta criticità già nel breve e medio termine, in via di dismissione nei Paesi che per primi ci hanno scommesso. Eppure gli ultimi provvedimenti dell’Europa e dell’Italia vanno in tutt’altra direzione: finanziano i necessari impianti di irrigazioni e le grandi estensioni e permettono l’uso dei pesticidi» sottolinea Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia. «Da anni Slow Food si impegna a valorizzare e conservare il patrimonio olivicolo dell’Italia: sostenendo e dando voce a chi fa colture a ombrello e si prende cura del suolo, adottando inerbimenti mirati per contenere l’uso dell’acqua, salvaguardare la terra e continuare a plasmare il paesaggio. Ne sono un esempio il Presidio degli olivi secolari e questa Guida, che sempre di più si propone di far conoscere storie di produttrici e produttori che lavorando con grande cura e attenzione al proprio territorio, alla biodiversità locale e, grazie, all’esperienza acquisita in campo e in frantoio, riescono a produrre oli di eccellente qualità». L’olivicoltura agricola (ovvero quella non intensiva) vive un momento complicato: crisi climatica, alti costi di produzioni e di tutte le attività correlate (trasporti, elettricità, frantoi), omologazione dei mercati, mancanza di personale e commercio di oli di dubbia origine. Per citare solo alcune criticità responsabili, tra l’altro, del fenomeno dell’abbandono degli oliveti e della gestione ridotta al minimo, che comportano produzioni molto basse, nettamente al di sotto del potenziale dell’uliveto. Oggi, nella nostra Penisola, secondo i dati di Italia Olivicola, almeno 200.000 ettari di oliveti sono in stato di totale abbandono e oltre 300.000 sono gestiti con pratiche di puro mantenimento. Da qui nascono le iniziative di Slow Food per difendere questo settore.
• La nuova Guida agli extravergini 2024, a cura di Slow Food Italia, è disponibile su slowfoodeditore.it
I sapori della Tuscia: in viaggio attraverso le sagre e feste di paese
Questo libro nasce da un interrogativo dell’autore, il giornalista Antonio Castello: “ha ancora un senso andar per sagre?”. La risposta è “assolutamente sì”. A patto che le manifestazioni, spesso boicottate e vilipese, esprimano la loro valenza, ovvero vengano programmate per promuovere un prodotto direttamente correlato alla cultura e alle tradizioni del territorio. Nella convinzione che una sagra, oltre che promuovere un prodotto o un piatto, non possa essere avulsa dalla storia e dalle particolarità del luogo nel quale si svolge, Castello non si limita a descrivere le manifestazioni che i Comuni, le Associazioni e le Pro Loco promuovono nel corso dell’anno, ma fornisce, per ogni singola località, informazioni sulle attività economiche prevalenti, la gastronomia, la storia e le principali attrattive turistiche. In un tempo in cui alla pratica turistica dei grandi viaggi e dei lunghi soggiorni si alternano sempre più di frequente gite ed escursioni di un week-end (quando non addirittura di un solo giorno), questo volume propone occasioni e destinazioni ricche di attrattive a basso costo, in una regione, la Tuscia, di grande fascino artistico, naturalistico e culturale. L’autore passa infatti in rassegna tutti e 60 i paesi della provincia di Viterbo. Il libro gode del patrocinio della Camera di Commercio Rieti-Viterbo, dell’UNPLI (Unione Nazionale Pro Loco d’Italia), di Fiavet Lazio (Confcommercio) e di Assoviaggi (Confesercenti).
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ALIMECO, NATURALE PER SCELTA
Alimeco è stata fra le prime aziende a realizzare una linea totalmente CLEAN LABEL al fine di offrire prodotti naturali e dall’elevato contenuto tecnologico, garantendo qualità, sicurezza e la totale pulizia dell’etichetta
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Alimeco è attiva, dal 2008, nel mondo degli ingredienti e degli aromi alimentari, specializzandosi fin da subito nella realizzazione di miscele funzionali per il settore delle carni fresche e stagionate. Seguendo con attenzione l’evolversi del mercato, Alimeco è diventata in poco tempo una “figura” di riferimento nel settore dell’industria della trasformazione alimentare, ampliando sempre più la propria offerta e fornendo ai propri clienti tutto il supporto necessario nelle fasi produttive.
Con un occhio attento alle tradizioni culinarie e l’altro rivolto all’innovazione, l’azienda è stata fra le prime, nel 2019, a realizzare una linea di prodotti totalmente CLEAN LABEL. L’obiettivo, fin da subito, è stato quello di offrire dei prodotti naturali e dall’elevato contenuto tecnologico, risultato del fruttuoso lavoro messo in atto dalla divisione Ricerca & Sviluppo, garantendo al cliente qualità e sicurezza del prodotto e la totale pulizia dell’etichetta. Alimeco ha studiato una gamma di prodotti 100% naturali per la realizzazione di prodotti carnei sia freschi che stagionati, dichiarando in etichetta la sola dicitura AROMA NATU-
RALE ed offrendo alla propria clientela tutto il supporto necessario durante le fasi produttive. «Le abitudini alimentari dell’uomo sono in continuo mutamento» afferma Mirco Sciaraffia, R&D manager di Alimeco. «Ci troviamo in un periodo storico in cui il consumatore è molto attendo alla qualità e alla sicurezza di ciò che acquista; il nostro compito è di porci al fianco dei nostri clienti, offrendo prodotti innovativi dagli elevati standard qualitativi».
Un progetto fortemente ambizioso quello messo in atto da Alimeco, che ha trovato grande riscontro sia da parte dei clienti fidelizzati, sia di nuove realtà che vogliono essere parte attiva di questa ricerca. La capacità dell’azienda di anticipare le tendenze del mercato, offrendo anche soluzioni tailor made, ha reso questo progetto una vera e propria mission aziendale. Guardando al futuro, quindi, Alimeco continuerà ad investire in Ricerca & Sviluppo per espandere la propria offerta di prodotti naturali CLEAN LABEL, promuovendo pratiche che rispettino l’ambiente e le risorse naturali, mantenendo sempre gli standard qualitativi che la propria clientela si aspetta.
Alimeco Srl
Sede operativa: Via Adige 15 26034 Piadena-Drizzona (CR) E-mail: info@alimeco.eu Web: alimeco.eu
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ALLA RICERCA DEL GUSTO
PERDUTO: LA TRADIZIONE
ROMA SI AFFIDA ALLE TECNOLOGIE EUROCRYOR
PER ESALTARE I SAPORI
DI UN TEMPO
La Tradizione Roma, fondata nel 1982 dalla passione e voglia di avventura di Fantucci e Belli, emigrati oltre 20 anni prima nella Capitale, non è semplicemente una delle migliori sa-
lumerie romane, riconosciute a livello internazionale, ma si distingue come punto di riferimento per i professionisti dell’enogastronomia e gli appassionati gourmet (latradizione.it). Le competenze acquisite durante le precedenti esperien-
ze lavorative hanno infatti permesso ai due innovatori di ideare un format di vendita in grado di coniugare, nel vastissimo assortimento di referenze proposte, specialità di gastronomia, come i migliori formaggi, salumi, prosciutti,
La Tradizione Roma è un punto di riferimento per professionisti e appassionati gourmet.
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Un evaporatore maggiorato permette di conservare gli oltre 300 tipi di salumi.
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L’offerta enologica della bottega è di pregio, con la disponibilità di numerose etichette.
In alto: in bottega l’esposizione orizzontale di affettati e preparazioni gastronomiche stagionali si alterna a soluzioni verticali. In basso: il Retrobanco Profile della famiglia Mozaїk di Bonnet Névé, a gruppo remoto e in versione Open, teatralizza l’ampio assortimento caseario grazie ad un’estetica moderna ed essenziale.
pani regionali, paste artigianali ripiene, oli e un’offerta enologica di grande pregio, con numerose etichette di vino.
Con l’intento di valorizzare ogni singolo alimento, La Tradizione Roma continua e sceglie l’Innovazione firmata Epta, con un progetto di restyling completo dello store
Tra i diversi modelli installati nel locale, Bistrot, top di gamma della famiglia Stili di Eurocryor, riveste un ruolo centrale per preservare perfettamente la freschezza e il gusto autentico delle
referenze esposte. Nello specifico, un evaporatore maggiorato permette di conservare gli oltre 300 tipi di salumi realizzati dai migliori artigiani d’Italia e Spagna. In aggiunta, il banco è dotato di Windows Opening che, coniugando eleganza, trasparenza e robustezza, consente altresì la disposizione delle referenze sopra la vetrina stessa, a favore del cross-merchandising
L’esposizione orizzontale di affettati e preparazioni gastronomiche stagionali si alterna a soluzioni verticali, come le
torri di conservazione della famiglia Stili di Eurocryor, progettate per garantire la stabilità della temperatura e dell’umidità e aumentare la visibilità delle prelibatezze in vendita. Queste, con grande flessibilità applicativa ed estetica, si adattano anche alle più pregiate tipologie di prosciutti, con stagionature dai 24 ai 42 mesi, resi protagonisti dalla presenza di una vetrata fissa frontale estremamente panoramica
Dal design raffinato, questi modelli presentano una coesione di diverse forme geometriche, con una nicchia dedicata all’esposizione illuminata di prodotti secchi nella parte estetica inferiore, con l’obiettivo di intensificare il dialogo tra le referenze e stimolare nuovi abbinamenti gastronomici e culinari.
Re indiscusso de La Tradizione Roma è infine il “Campa...Vallo”, caciocavallo da razza Podolica affinato per un minimo di tre anni in grotta naturale vicino a Norcia e stagionato in botte con erbe aromatiche di montagna, a cui è riservato un posto d’onore, insieme agli altri 400 formaggi provenienti da tutto il mondo. Questo è assicurato dal Retrobanco Profile della famiglia Mozaїk di Bonnet Névé che, a gruppo remoto e in versione Open, teatralizza l’ampio assortimento caseario grazie ad un’estetica moderna ed essenziale. «Grazie agli arredi Eurocryor e Bonnet Névé selezionati, La Tradizione Roma può proseguire nella sua storia di successo e, essendo situata nei pressi dei Musei Vaticani, ospitare le più acclamate opere d’arte culinarie, oggetto di periodiche degustazioni guidate» affermano Francesco Praticò e Stefano Lobina, nuovi gestori dell’enogastronomia, che concludono: «I consumatori più esigenti sono invitati a intraprendere un viaggio nei sapori, imbarcandosi nella fantastica crociera del gusto che ci ha condotto a diventare nel 2007 la 9a enogastronomia migliore al mondo, grazie ad una genuina cucina tradizionale coniugata all’eccellenza tecnologica firmata Epta, garanzia di massima qualità».
>> Link: www.eurocryor.com
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FABO S.I., 30 ANNI AL FIANCO DELLE AZIENDE E DELLA LORO CRESCITA
Dal 1994 i giusti partner nella ricerca di finanziamenti a fondo perduto con interesse specifico per il comparto agroalimentare e della produzione/trasformazione/commercializzazione carni
di Elena Benedetti
L’importanza di una società di consulenza specializzata nei Finanziamenti a Fondo Perduto è fondamentale per il tessuto imprenditoriale a tutti i livelli: regionale, nazionale ed europeo. In un contesto economico sempre più competitivo, complesso e globalizzato, le micro, piccole, medie e grandi imprese necessitano di risorse finanziarie aggiuntive per investire, innovare e crescere.
I finanziamenti a fondo perduto rappresentano un’opportunità unica per le aziende di accedere a capitali senza l’obbligo di restituzione, a condizione che gli investimenti rispettino determinati criteri e finalità.
Serve esperienza in questo settore e la società romagnola FABO S.I. di Giacomo e Marco Fabbri è la scelta giusta da utilizzare nell’agroalimentare, nell’ittico e nel comparto della produzione, trasformazione e commercializzazione carni a livello nazionale.
Dal 1994 questa realtà aiuta le aziende a cogliere le migliori opportunità che i fondi offrono e con un team collaudato di professionisti esperti in ambito commerciale, tecnico, produttivo, amministrativo e finanziario nei settori
agroalimentare ed ittico è in grado di affiancare le aziende in modo mirato sull’analisi del progetto, sulla gestione della domanda di contributo e sulla realizzazione del progetto.
La complessità dei bandi e un’analisi puntuale dei requisiti applicati ad ogni contesto produttivo necessitano di un interlocutore con esperienza specifica in comparti specialistici. Questo è un punto fondamentale per le imprese che ambiscono a navigare con successo il complesso panorama dei finanziamenti disponibili.
La conoscenza approfondita dei bandi, delle procedure di candidatura e dei requisiti necessari per accedere ai fondi, unita ad un’esperienza consolidata nel supportare le aziende nella preparazione della documentazione richiesta, aumenta significativamente le probabilità di successo delle domande di finanziamento. Inoltre, la capacità di FABO S.I. di fornire una visione strategica e operativa a medio-lungo termine consente alle imprese di pianificare e realizzare investimenti sostenibili che non solo rispondano ai criteri di ammissibilità dei finanziamenti, ma che siano anche in linea con gli obiettivi di crescita aziendale.
Questo approccio integrato e prospettico, forte di un’esperienza costruita in trent’anni di attività, è essenziale per garantire che i fondi ottenuti vengano utilizzati in modo efficace, contribuendo così allo sviluppo economico e alla competitività delle imprese sul mercato.
FABO S.I., un partner strategico della filiera delle carni e dei salumi Parlando del settore agroindustriale ed agricolo, FABO S.I. in questi trent’anni ha accompagnato oltre 150 imprese nello sviluppo dei loro progetti di investimento, per oltre 150 milioni di euro di investimenti, nei settori della produzione/trasformazione/commercializzazione delle carni, latte e formaggi, ortaggi e frutta, vino, olio, ecc… permettendo alle diverse aziende, con la propria consulenza, di ottenere contributi a fondo perduto dal 30% al 60% al fine di ampliare e sviluppare le proprie imprese.
Il lavoro di FABO S.I. nel settore si è sempre basato sulle programmazioni settennali europee di supporto al settore agricolo ed agroindustriale tramite il Fondo Europeo Agricolo di Sviluppo Rurale (FEASR) con i meglio
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Giacomo e Marco Fabbri, qui fotografati nel loro stand a MARCA by BolognaFiere 2024, aiutano gli imprenditori del comparto agroalimentare, ittico e della filiera delle carni a sviluppare una visione strategica e operativa a medio-lungo termine e a pianificare e realizzare investimenti sostenibili grazie all’accesso a finanziamenti a fondo perduto.
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In questi trent’anni FABO S.I. ha accompagnato oltre 150 imprese nello sviluppo dei loro progetti di investimento, per oltre 150 milioni di euro di investimenti, nei settori della produzione/trasformazione/commercializzazione delle carni, latte e formaggi, ortaggi e frutta, vino, olio, ecc… permettendo alle diverse aziende, con la propria consulenza, di ottenere contributi a fondo perduto dal 30% al 60% al fine di ampliare e sviluppare le proprie imprese.
conosciuti bandi del Piano Sviluppo Rurale per gli investimenti in agricoltura ed agroindustria. La dotazione finanziaria assegnata all’Italia per il settore agricolo ed agroindustriale nella nuova programmazione PSP (Piano Strategico PAC) 2021-2027 è di circa 37 miliardi di euro, che sono stati divisi tra le varie regioni italiane.
A causa dei ritardi nella stesura della nuova programmazione PSP 20212027 dovuti all’emergenza Covid-19, le prime due annualità 2021/2022 hanno usufruito di un periodo di transizione, utilizzando il regolamento della vecchia programmazione FEASR 2014-2020, e solo ora sono in fase operativa o di pubblicazione i primissimi bandi del restante periodo 2023-2027. Alcune regioni, come Piemonte, Veneto, Lombardia e Abruzzo, hanno già in corso alcuni bandi per gli investimenti in agricoltura e agroindustria e, nei prossimi mesi del 2024, seguiranno i bandi anche nelle altre regioni. Questi bandi sono in grado di finanziare progetti di investimento da alcune centinaia di migliaia fino a qualche milione di euro con una percentuale di fondo perduto dal 30% al 60% a seconda della dimensione di impresa e della localizzazione dell’investimento.
Un’altra importante opportunità per le imprese agroindustriali (lavorazione
carni, salumifici, caseifici, cantine vitivinicole, magazzini ortofrutticoli, ecc…) che abbiano in progetto grandi investimenti, è rappresentata dai Contratti di Sviluppo Agroalimentari del Ministero delle Imprese e del Made in Italy gestiti da Invitalia, che permettono di presentare investimenti superiori a 7,5 milioni di euro fino anche a diverse decine di milioni di euro con una contribuzione dal 30% al 60% a seconda della dimensione di impresa e della localizzazione dell’investimento e con la possibilità di richiedere un finanziamento misto tra fondo perduto e mutuo a tasso agevolato (3 anni pre-ammortamento + 10 anni rimborso) fino al 75% del valore dell’investimento.
La mission di FABO S.I., dalla sua nascita, è quella di fare in modo che i fondi vengano spesi “presto e bene” e per farlo si parte prima di tutto dall’informazione alle aziende delle opportunità a cui possono accedere in modo da poter progettare per tempo l’investimento e presentare quindi progetti di cui si è già avuto modo di verificare la fattibilità tecnica ed economica al fine di evitare intoppi in corso di realizzazione.
Un altro aspetto fondamentale del lavoro di FABO S.I. è quello di “accompagnare” il cliente durante l’investimento in modo che non commetta
errori che potrebbero compromettere l’ottenimento del finanziamento e il conseguente disimpegno dei fondi, che, oltre ad un grave danno per l’azienda, rappresenta comunque una sconfitta per tutto il sistema.
Le azioni su cui FABO S.I. opera sono quelle degli investimenti in agricoltura e in trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli che, da dati storici, sono anche quelle con una maggiore capacità di produrre impegno e spesa sul fondo e che per questo hanno una buona dotazione finanziaria in tutte le regioni al fine di soddisfare le esigenze strategiche, economiche e sociali del settore.
Gli investimenti fi nanziabili nel settore agroalimentare della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli normalmente riguardano la realizzazione, l’ampliamento e la ristrutturazione di immobili per lo svolgimento dell’attività, l’acquisto di impianti, macchinari e attrezzature per la lavorazione, trasformazione, conservazione, confezionamento, ecc… dei prodotti agricoli, il miglioramento energetico dei fabbricati e la produzione di energia da fonti rinnovabili.
Gli investimenti finanziabili in agricoltura riguardano normalmente la realizzazione, l’ampliamento o la ristrutturazione di fabbricati ad uso agricolo (stalle, capannoni di allevamento avicolo, fungaie, conservazione prodotti agricoli, salumifici aziendali, caseifici aziendali, ecc…), l’acquisto di impianti, macchinari e attrezzature al servizio dell’attività agricola e/o della trasformazione prodotti, l’acquisto di mezzi agricoli e la vendita diretta. Questi argomenti possono essere approfonditi senza impegno con i titolare ed i collaboratori di FABO S.I. che, come detto sopra, fanno dell’informazione alle aziende uno dei propri principali obiettivi.
Elena Benedetti
Contatti: Giacomo e Marco Fabbri
Viale Risorgimento 1
48024 Massa Lombarda (RA)
Telefono: 0545 84488
E-mail: info@fabosi.it
Web: www.fabosi.it
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Siamo gli specialisti del San Daniele DOP
Il segreto è tutto
menti riet
Allevamenti di proprietà
ostri a suini nati e cresciuti nei sei ella fami osamente se
Le carni dei nostri prosciutti di San Daniele DOP provengono da suini nati e cresciuti nei sei allevamenti della famiglia Aimaretti o da siti rigorosamente selezionati.
Benessere animale
ere e
dell’animale sono una priorità. I nostri allevatori controllano attentamente l’alimentazione, si assicurano che gli ambienti siano spaziosi e areati e riducono al minimo lo stress del suino.
Prosciutto di San Daniele DOP Etichetta Nera SanDan. Inimitabile.
Solo le cosce migliori
I nostri mastri salumieri mettono al primo posto la genuinità delle materie prime e selezionano le cosce migliori per portare in tavola il gusto inconfondibile di un prodotto sano e naturale.
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Con pazienza, secondo tradizione
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La salatura, a mano, e l mini vi d natura
La salatura, rigorosamente a mano, e la stagionatura minima di 18 mesi, danno vita ad un crudo dal gusto unico, naturalmente buono.
www.sandanprosciutti.com
Con il CSB-System verso un’azienda ottimizzata
GESTIRE LA COMPLESSITÀ E RIDURRE I COSTI
«I
l CSB-System è stato sviluppato specificatamente per l’industria del settore della carne. Ottimizzare sistematicamente i diversi reparti dei nostri clienti è da sempre il nostro obiettivo principale»: ad affermarlo è Andrè Muehlberger , direttore della filiale italiana del Gruppo CSB-System, per sottolineare cosa distingue l’ERP CSBSystem dai suoi maggiori competitors Sondaggi condotti sui clienti hanno confermato che l’ERP CSB-System ha apportato grossi benefici nella semplificazione e ottimizzazione dei processi e nella riduzione dei costi. Di seguito una breve panoramica delle aree coinvolte.
Ottimizzazione degli acquisti
L’approvvigionamento è un’operazione molto complessa a causa delle diverse qualità delle materie prime, dei requisiti legali dei vari Paesi, della disponibilità dei prodotti e della fluttuazione dei prezzi di mercato. Il CSB-System consente di definire dei criteri specifici, quali disponibilità, prezzo, richieste del cliente e specifi che minime di produzione, in base ai quali verranno proposte le materie prime da ordinare, creando anche diverse varianti per il confronto. L’ottimizzazione delle ricette e i conseguenti processi di pianificazione degli acquisti e della produzione aumentano in modo significativo il valore aggiunto del software. In altre parole, l’ottimizzazione degli acquisti di CSB-System garantisce una qualità costante e fornisce al reparto acquisti le migliori opzioni di approvvigionamento in modo rapido e semplice.
Ottimizzazione dei processi macellazione e sezionamento
Con l’obiettivo di una maggiore trasparenza nel confronto tra preventivo e consuntivo e per ridurre i livelli di stock e aumentare la liquidità, l’ERP CSB-System produce un dettagliato piano di macellazione e sezionamento che tiene conto del fabbisogno e che determina i valori teorici per gli ordini di sezionamento ottimizzati sulla base delle giacenze di magazzino.
Nell’analisi dello scostamento rese per partita avviene il calcolo per la
valorizzazione degli articoli risultanti dal sezionamento. Tale continuo confronto ha come obiettivo una costante ottimizzazione volta ad una pianificazione maggiormente orientata al fabbisogno.
Ottimizzazione della produzione L’ottimizzazione della produzione dell’ERP CSB-System garantisce una visione d’insieme delle quantità prodotte, dei tempi di evasione degli ordini, dei livelli di stock attuali e dell’utilizzo di
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 66 ALIMENTI E TECNOLOGIE
Acquisizione dati al CSB Rack.
In alto: l’ERP CSB-System offre la soluzione giusta per ogni canale di vendita, incluso webshop B2B e B2C. In basso: una volta assegnato l’ordine di produzione, il CSBSystem ne sorveglia l’avanzamento.
risorse umane, materie prime e impianti ottimale perché, nell’industria alimentare, freschezza e velocità di produzione sono aspetti fondamentali. Grazie al CSB, è possibile ridurre i tempi di inattività e i tempi di allestimento, evitando colli di bottiglia e fermi macchina. Ciò garantisce una significativa riduzione dei costi di produzione: si riducono i livelli di scorte inutili e l’impegno di capitale. Una pianificazione nei vari orizzonti temporali, ovvero a breve, medio e lungo termine, contribuirà a garantire la capacità di consegna e migliorare il servizio al cliente.
Ottimizzazione delle ricette
CSB-System è in grado di sviluppare la ricetta ottimale dal punto di vista dei costi, delle conformità alla legislazione vigente e dei requisiti sensoriali; può essere prodotta da una varietà di combinazioni alternative di materie prime, mantenendo una qualità standardizzata. L’ottimizzazione ricette CSB ha un effetto di riduzione dei costi sull’intera
produzione e di aumento dei margini di contribuzione.
Ottimizzazione dell’intralogistica
Come aumentare la produttività di uno stabilimento? Come gestire la maggiore complessità nella varietà di prodotti, confezioni e dimensioni di imballaggio nel modo più conveniente possibile? Come garantire la flessibilità? Un’intralogistica efficiente può soddisfare questi requisiti ottimizzando i processi e utilizzando nuove tecnologie di trasporto, stoccaggio e picking. CSBSystem mette a disposizione la soluzione intralogistica giusta per ogni esigenza: CSB-Hang & Move per la gestione ottimale di vaschette self-service aperte, MFS – Sistema di flusso dei materiali per il controllo e la visualizzazione di tutti i componenti della logistica interna, Picking con processi di prelievo rapidi, efficienti e senza supporto cartaceo, o ancora WMS – Sistema di gestione del magazzino per il controllo, la gestione e
il monitoraggio completamente automatizzati di tutti i processi di magazzino.
Ottimizzazione dei giri
Grazie all’ottimizzazione giri CSB il parco macchine viene utilizzato al meglio, i costi del carburante e le emissioni di CO2 si riducono, il servizio al cliente migliora. Questa funzionalità del CSBSystem tiene conto di tutte le restrizioni relative ai clienti e ai veicoli, nonché della finestra temporale in cui un cliente deve essere rifornito e dell’utilizzo ottimale della capacità dei veicoli e della disponibilità degli autisti.
Ottimizzazione delle vendite e dell’amministrazione
Per ridurre la percentuale di attività improduttive nei processi amministrativi e aumentare l’efficienza delle vendite, l’ERP CSB-System offre la soluzione giusta per ogni canale di vendita: vendita telefonica, soluzione per agenti e autisti, sistema webshop per il B2B, soluzione di cassa per il collegamento diretto della centrale a punti vendita e negozi, sistema di gestione delle filiali o soluzione e CRM anche off-line
Ottimizzazione delle interfacce I gruppi aziendali spesso lavorano con un ERP di gruppo di finance & controlling e diversi sistemi IT nei singoli stabilimenti. Il CSB FACTORY ERP, specifico per gli stabilimenti produttivi, dispone di interfacce standardizzate verso i più diffusi ERP di gruppo e controlla direttamente macchine e impianti oltre a interfacce standardizzate verso fornitori, clienti, partner e importanti database.
Referente:
• Dott. A. Muehlberger
CSB-System Srl
Via del Commercio 3-5
37012 Bussolengo (VR)
Telefono: 045 8905593
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E-mail: info.it@csb.com
Web: www.csb.com
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Con Track Alimenti tracciabilità, trasparenza e sostenibilità a portata di tablet
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 68
Iconsumatori pongono sempre più attenzione a valori come sostenibilità, tracciabilità e trasparenza, diversità ed inclusione e si riconoscono e scelgono aziende che sostengono questi ideali, trasformandoli in veri e propri obiettivi da raggiungere.
Le aziende, in particolare quelle del settore agroalimentare, per restare competitive sul mercato oggi devono puntare sempre di più ad essere aziende sostenibili e per farlo la chiave sono gli indicatori ESG (Environmental, Social, Governance). Sono indici che vengono utilizzati per verificare il comportamento di un’impresa da un punto di vista ambientale, sociale e di gestione delle politiche di sviluppo.
Nell’ultimo decennio la salvaguardia del pianeta è diventata un tema fondamentale, come dimostrano le numerose normative che i governi stanno applicando per cercare di limitare l’innalzamento climatico dei prossimi decenni a soli 2 °C. L’Unione Europea si è impegnata ad azzerare entro il 2050 le proprie emissioni inquinanti. L’indicatore Environmental , ovvero ambientale, dell’acronimo ESG valuta tutte le azioni e i comportamenti che le aziende decidono di mettere in campo per salvaguardare il clima e proteggere l’ambiente: ridurre al minimo le emissioni di sostanze inquinanti, utilizzare
Il software Track Alimenti di Zuffellato Technologies è la soluzione gestionale per la tracciabilità di tutte le operazioni di trasformazione e commercializzazione di prodotti alimentari, conforme a quanto previsto dall’attuale normativa comunitaria europea
materiali ecosostenibili e fonti di energia rinnovabili, creare un’economia circolare, senza sprechi.
L’indicatore Social controlla l’impatto che un’azienda ha sulla società che la circonda e il modo in cui si impegna a creare un ambiente lavorativo positivo e ad agire per il bene della comunità a cui appartiene. Questo criterio misura i rapporti che un’azienda ha col personale interno, con i fornitori, i clienti e il territorio in cui opera. Vengono verificati l’attenzione alle condizioni di lavoro, alla parità di genere, il rifiuto di tutte le forme di discriminazione, la tutela delle minoranze.
Infine, l’indicatore “Governance” misura la sostenibilità economica: pratiche di gestione aziendale e commerciali trasparenti ed etiche, operazioni finanziarie responsabili, creazione di posti di lavoro stabili, profitti generati in modo virtuoso.
I software come Track Alimenti di Zuffellato Technologies contribuiscono alla digitalizzazione delle aziende del settore agroalimentare e si inseriscono perfettamente in questo necessario cambiamento delle politiche interne e dei processi produttivi che le imprese devono affrontare per diventare sostenibili sotto ogni punto di vista.
Track Alimenti è la soluzione gestionale per la tracciabilità di tutte le operazioni di trasformazione e commercializzazione di prodotti alimentari, conforme a quanto previsto dalla normativa comunitaria europea. Permette di gestire l’intero flusso delle informazioni tramite ricette, in cui si tiene traccia di tutti i passaggi dall’arrivo della merce alle fasi di lavorazione alla sua commercializzazione. Permette quindi di ottimizzare i processi di supply chain, riducendo gli sprechi e migliorando la sostenibilità di tutto il processo produttivo.
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Track Alimenti può essere utilizzato per la tracciabilità di componenti e ingredienti impiegati nella lavorazione di pasta, dolci, piatti pronti. In particolare è adatto a: produttori di mangimi, industrie alimentari, molini e pastifici, biscottifici. Per le sue caratteristiche si sposa perfettamente anche con le esigenze di salumifici e di chi si occupa di lavorazione salumi.
Tra le sue funzionalità più importanti:
• una App completa per il controllo e la gestione della produzione;
• la gestione del conto lavoro e della produzione MRP (Material Requirements Planning);
• l’invio e ricezione dati per la GDO tramite File EDI (Electronic Data Interchange);
• la valorizzazione del magazzino. L’interfacciamento con sistemi WIFI, a partire dai dispositivi palmari, semplifica le attività di confezionamento (anche a peso variabile) ed evasione degli ordini.
Track Alimenti può essere utilizzato per la tracciabilità di componenti e ingredienti impiegati nella lavorazione di pasta, dolci, piatti pronti. In particolare è adatto a: produttori di mangimi, industrie alimentari, molini e pastifici, biscottifici. Per le sue caratteristiche si sposa perfettamente anche con le esigenze di salumifici e di chi si occupa di lavorazione salumi.
Track Alimenti è la soluzione ideale per confezionare prodotti bio, sia che si tratti di pasta, piatti pronti o dolci. Grazie alle funzionalità di tracciamento di ogni passaggio produttivo, infatti, il software permette di verificare e certificare la provenienza di ingredienti e alimenti, soddisfacendo i requisiti normativi sulla filiera biologica.
La capacità di controllo sulla scelta delle materie prime e sulla qualità e trasparenza della filiera porta e garantisce al consumatore dei prodotti finiti sicuri e può essere riconosciuta come un marchio di eccellenza per le imprese che possono realizzarla.
Le imprese devono sempre più integrare al meglio l’analisi finanziaria con quella ambientale, sociale e di buon governo così da gestire i rischi, cogliere le opportunità di mercato e di crescita e per farlo devono dotarsi di strumenti adeguati che li accompagnino in un futuro sempre più green e sempre più a misura di consumatore consapevole.
>> Link: www.trackanyfood.com
>> Link: www.zuffellato.com
Zuffellato Technologies
Via Bela Bartok 12 44124 Ferrara Telefono: 0532 904711
E-mail: info@zuffellato.com
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 70
We love lettering EMOZIONE, ARTE, EMPATIA
di Elena Benedetti
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Il lettering include installazioni
murali creative o insegne luminose che non solo informano ma decorano, contribuendo all’atmosfera del locale.
Vi sarà capitato sicuramente di notare all’interno dei locali grandi scritte su pareti o manifesti o insegne molto “grafiche” e dal forte impatto visivo. Ecco, in questo numero approfondiamo il mondo del cosiddetto “lettering”, termine generalmente utilizzato nello studio delle forme della scrittura che indica un insieme di lettere disegnate.
Nell’ambito del design degli interni commerciali, il lettering va molto oltre la semplice funzione di trasmettere informazioni: esso diventa un potente strumento di brand identity. Più in particolare, nei locali dedicati alla vendita e somministrazione di alimenti ogni dettaglio dello spazio interno contribuisce a creare un’atmosfera che invita a trascorrervi più tempo o stimola la vendita. In questo contesto, il lettering assume un ruolo cruciale, agendo come diretta espressione del marchio e influenzando significativamente la percezione del consumatore.
Psicologia del lettering
Il lettering svolge un ruolo molto importante anche relativamente alla psicologia del consumatore. La tipografia e il design delle parole, infatti, non sono solo una questione estetica, ma veicolano emotività e possono influenzare profondamente le decisioni di acquisto
Ogni font trasmette una serie di associazioni culturali e psicologiche: i caratteri morbidi e arrotondati possono evocare amicizia e accessibilità, mentre i font netti e angolosi suggeriscono efficienza e modernità. Uno studio della WICHITA STATE UNIVERSITY ha evidenziato come determinati tipi di font influenzino persino la fiducia del consumatore, con i serif percepiti come più tradizionali e affidabili e i sans-serif come più puliti e moderni.
Queste percezioni sono cruciali nel settore alimentare, dove la fiducia e l’appetibilità devono essere comunicate efficacemente.
Inoltre, la leggibilità del lettering è fondamentale! Un menu difficile da leggere può frustrare il cliente e diminuire addirittura il valore dell’esperienza culinaria, mentre un’insegna chiara e accattivante può attrarre nuovi clienti all’interno del locale. Il giusto equilibrio tra stile e leggibilità può quindi
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Moderno o contemporaneo, il design del lettering deve essere sempre scelto con cura, poiché riflette i valori e l’estetica del locale, attirando il target di clientela desiderato e migliorando l’esperienza complessiva dell’acquisto.
determinare non solo come i clienti percepiscono il marchio, ma anche quanto efficacemente il messaggio del brand viene comunicato.
In conclusione, il lettering in una salumeria o gastronomia deve essere progettato con attenzione, tenendo conto non solo dell’impatto visivo, ma anche delle sottili implicazioni psicologiche che contribuiscono a definire l’esperienza complessiva della clientela.
Lettering e stile moderno e contemporaneo
Nell’arredo di locali che adottano uno stile moderno o contemporaneo il lettering assume un ruolo di primo piano, integrandosi perfettamente con l’estetica pulita e le linee essenziali che caratterizzano gli ambienti. Il design contemporaneo predilige font sansserif, utilizzati per trasmettere un senso di innovazione e freschezza. Questi caratteri si armonizzano naturalmente con materiali come metallo, vetro e legno chiaro, molto diffusi in questi spazi, creando un ambiente coerente e visivamente stimolante.
Il lettering spesso poi si spinge oltre la mera funzionalità, diventando una forma d’arte. Allo stesso tempo, il minimalismo nel lettering può aiutare a focalizzare l’attenzione sui prodotti piuttosto che sulla decorazione. In locali come caffetterie e bistrot contemporanei, menu concisi con un font semplice e spaziature generose permettono ai clienti di percepire immediatamente le opzioni disponibili, facilitando una scelta rapida e piacevole.
In definitiva, il lettering risulta un componente critico del design d’interni, rendendo il locale non solo un luogo in cui mangiare ma uno spazio da vivere.
Strategie pratiche per un lettering efficace Ecco alcuni consigli pratici che possono guidare la scelta e l’implementazione del lettering nei locali di vendita e somministrazione di alimenti al fine di ottenerne il massimo impatto: 1. scegliere il giusto font. La selezione del font deve rispecchiare l’identità del brand e l’atmosfera del locale. Per un ambiente sofisticato, i font serif possono aggiungere un tocco di eleganza, mentre per uno più moderno e casual, i sans-serif offrono
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una lettura chiara e una presentazione pulita. È cruciale testare i font in diversi contesti e luci per garantire la leggibilità in tutte le condizioni;
2. considerare sempre la dimensione . La dimensione del lettering deve essere proporzionata allo spazio disponibile e consentire la visibilità da una certa distanza. Questo è particolarmente importante per le insegne esterne e i menu murali, dove il testo deve essere ben leggibile da lontano per attirare i clienti;
3. e il colore. I colori scelti devono contrastare adeguatamente con lo sfondo per garantire che il lettering spicchi, ma senza clashing col resto dell’arredo. L’utilizzo di colori del brand nel lettering può anche rafforzare la coerenza visiva e il riconoscimento del marchio;
4. aggiungere elementi creativi: si può prendere in considerazione l’integrazione di elementi grafici o decorativi che possono accompagnare il testo. Per esempio, illustrazioni stilizzate dei piatti offerti possono accompagnare i nomi nel menu, rendendo l’esperienza più interattiva e visivamente piacevole;
5. implementazione tecnica. La tecnica di applicazione del lettering varia a seconda delle superfici e delle esigenze specifiche. Ad esempio, il lettering in vinile potrebbe essere adatto per superfici lisce e temporanee, mentre la pittura o le installazioni luminose potrebbero essere più appropriate per un’impressione di lunga durata;
6. feedback e adattamento. Raccogliere feedback dai clienti e osservare l’interazione con il lettering può fornire insight preziosi per eventuali miglioramenti. È importante essere disposti a fare aggiustamenti per ottimizzare l’efficacia della comunicazione visiva.
Tutte queste accortezze sono pensate al fine di creare un ambiente che non solo attiri l’attenzione ma migliori l’esperienza generale dell’acquirente, la cosiddetta customer experience , rendendo la strategia di vendita al contempo più efficace e confermando dunque il lettering un elemento chiave del design di interni.
Elena Benedetti
L’ACETO BALSAMICO è DI MODENA Unico.
Autentico. Di
Modena.
Premiata Salumeria Italiana,
di M O D ENA A C ETO B A L SAMI C O CONSORZIO TUTELA
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ENNIO MUTTI, MAESTRO DEL NOBILE DEL GIAROLO
di Riccardo Lagorio
Alla fine degli anni Sessanta sulle colline piemontesi, come in buona parte del Paese, prendeva forma quella che PIER PAOLO PASOLINI definiva “mutazione antropologica”: un cambiamento irre-
versibile nella psiche, nella coscienza e nella cultura di un intero popolo. Il capitalismo maturo aveva prodotto un benessere diffuso i cui figli indesiderati si sarebbero chiamati consumismo e urbanesimo. Nel giro di pochissimi
anni sarebbero scomparsi gli uomini e i villaggi come si conoscevano da centinaia d’anni, gli usi e i costumi ad essi legati, un intero sistema di valori sarebbe stato spazzato via appiattendosi ad un unico ideale di piccola
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borghesia uguale ovunque, privata di storia e identità. Da allora la mutazione antropologica si è trasformata in fenomeno immanente della società, diventando sempre più rapida ad ogni giro di giostra. Tuttavia, esistono angoli d’Italia dove la mutazione antropologica pare rallentata, rarefatta.
Ciò non accade in qualche sperduta contrada del nostro meridione, ma a macchia di leopardo proprio in alcune vallate del Tortonese, dove resistono tradizioni e villaggi.
A fine anni Sessanta Pierino Mutti gestiva un’osteria con alimentari a Baracca di Sarezzano, oltre a fornire il servizio di norcino a domicilio. Il prodotto che non poteva mancare tra le creazioni di Pierino era il salame, all’epoca già noto tra gli amanti del buon cibo. «Nel 1984 toccò a me iniziare a prendermi cura del negozio e nel 1988 ho inserito anche carne bovina all’interno della bottega con l’obiettivo di valorizzare il territorio di cui il salame continuava ad essere la punta di diamante» racconta il figlio Ennio. «Il salame è il richiamo gastronomico del turismo, che negli ultimi anni conta anche sull’apporto fondamentale del vino, il Timorasso. Il 70% del nostro lavoro è dedicato alla produzione di salame».
Il salame di cui parla Ennio è il Nobile del Giarolo, che dal 2003 viene garantito da un apposito Consorzio. Ennio Mutti è lo storico presidente del consesso, che riunisce una ventina di produttori nelle valli intorno al monte Giarolo, Curone, Grue, Ossona, Borbera e Spinti, nel Tortonese. «Nobile perché entrano a far parte dell’impasto coscia, lonza, coppa, spalla e filetto; per le parti grasse utilizziamo pancetta e gola. Nobile inoltre perché i suini dai quali provengono le carni sono pesanti e maturi: di oltre 200 kg e allevati secondo le norme vigenti del benessere animale. Del resto, da noi non è mai esistita la tradizione di produrre coppe e pancette. Pertanto le parti migliori del suino sono destinate a diventare salame».
La mondatura delle carni avviene a mano, privandole di tutte le parti nervose e tendinee. Dopo una notte di riposo vengono macinate a grana grossa e insaporite con sale, pepe, aglio su cui viene fatto scorrere vino Barbera. La preparazione termina con l’insaccatura in budello naturale e legatura manuale.
Il Nobile del Giarolo può essere quello classico, che ha un peso variabile tra i 700 e i 1200 grammi; il cucito, riconoscibile dal più grande diametro dovuto all’insaccatura in doppio budello naturale accoppiato e cucito che viene stagionato per 24 mesi e anche oltre e che può avere un calo peso del 45%; infine, il Giarolino, un salametto ideale per una merenda in due.
«La fetta si deve presentare sempre compatta, dalla carne rossa e col grasso bianco ben distribuito. Le caratteristiche principali al gusto devono essere l’armonia e la dolcezza. Ma anche la modalità del taglio è importante: va fatta con il coltello piegato a 45 gradi per rendere la superficie della fetta ancora maggiore».
Dietro la macelleria — vera, autentica, lontana dai ritornelli pauperistici di certe improbabili botteghe — una sala degustazione dove trovano posto i numerosi riconoscimenti di questo capolavoro della salumeria italiana, la cui «produzione si ferma solo durante i mesi di luglio e agosto per poter garantire ai consumatori questo orgoglio del Tortonese». Entrateci: vi sarà difficile lasciare uno dei maestri del Giarolo. Riccardo Lagorio
Salumeria Mutti
Frazione Baracca 44 15050 Sarezzano (AL) Telefono: 0131 884169
E-mail: mutti.1969@libero.it
Web: salumeria-mutti-dal-1969.com
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Ennio Mutti al taglio di un salame Nobile del Giarolo. La fetta si deve presentare sempre compatta, dalla carne rossa e col grasso bianco ben distribuito.
A CACCIA DI TESORI: LO STRADIVARI DEI PROSCIUTTI È IL VIOLINO DI CAPRA DELLA VALCHIAVENNA
di Chiara Papotti
Non c’è dubbio che, con l’avvicinarsi dell’estate, aumentino le occasioni di consumo dei prosciutti crudi per praticità e freschezza. Prosciutto e melone è sicuramente il grande classico delle tavole estive. Tanti sono, in Italia, i crudi che possono fregiarsi dei riconoscimenti di tutela dell’Unione Europea: San Daniele, Parma, Cuneo, Veneto Berico Euganeo, Modena, Toscano, Carpegna, Jambon de Bosses, Norcia. Ma, oltre ai prosciutti che vantano la DOP o l’IGP, c’è una varietà di piccole produzioni che faticano a sopravvivere nel mondo delle certificazioni. Una di queste, in particolare, è quasi introvabile ed è tutelata da Slow Food che gli ha concesso il Presidio: il Violino di capra della Valchiavenna
Lusso per pochi, il Violino ha assunto la denominazione con la quale è oggi noto in seguito alla consuetudine di appoggiare il prosciutto alla spalla, sostenendolo col braccio teso e muovendo il coltello a mo’ di archetto per l’affettatura. Assaggiarlo è sia un privilegio che una fortuna.
Siamo in Provincia di Sondrio, in una zona definita “Alta Valchiavenna”, nel
cuore delle Alpi, un tempo crocevia di viaggiatori che transitavano per l’Italia da Germania, Austria e Svizzera. La morfologia della valle, caratterizzata da versanti dirupati, hanno storicamente favorito l’allevamento caprino basato sul pascolo estensivo in alta quota.
L’altitudine influenza positivamente le caratteristiche delle carni, che presentano uno scarso tenore di acqua e di lipidi, oltre ad una tessitura compatta per l’intenso esercizio muscolare degli animali. Anche le erbe spontanee di cui si nutrono i capi al pascolo, ricche di sostanze antiossidanti e principi medicamentosi, contribuiscono al benessere delle capre e influenzano positivamente il loro metabolismo lipidico.
L’alimentazione a base di piante selvatiche, integrata con farina gialla e crusca, ha un ruolo determinante nella definizione del sapore dei violini, oltre alle tecniche di produzione che sono rimaste immutate nel tempo.
La storia della lavorazione e della salagione delle carni si perde nella notte dei tempi, ma si contano sulle dita di una mano gli artigiani che lavorano questo prosciutto secondo le regole tradizionali. Questa rarità gastronomica prende forma da spalla e coscia. Le carni, dopo essere state accuratamente rifilate, vengono lasciate macerare con spezie e aromi naturali (tra cui chiodi di garofano, alloro, coriandolo, bacche di ginepro, pepe, rosmarino, timo…) per
Originario della VALLE SPLUGA, dove le caratteristiche climatiche ne garantivano la migliore riuscita, il Violino di capra è oggi diffuso in tutta la Valchiavenna. Si ricava dalla SPALLA o dalla COSCIA dell’animale, capi allevati in loco allo stato semibrado, il cui nutrimento di base consiste in piante ed erbe selvatiche
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circa due settimane. Al termine della salagione si passa all’affumicatura, che avviene mettendo a contatto i violini con il fumo generato dalla combustione a bassa temperatura di ginepro verde, pino, larice e abete. La pezzatura è ridotta: dai due chilogrammi circa per la spalletta anteriore ai tre chilogrammi e mezzo della coscia posteriore. I più saporiti e profumati sono quelli stagionati più a lungo, lentamente e in modo naturale, in cantine areate prive di condizionamenti forzati.
Il prosciutto in Valchiavenna anticamente si stagionava nei “crotti”, strutture tipiche di quest’area ricavate nella roccia, utilizzate non solo per affinare salumi e formaggi, ma anche come locali dove incontrarsi con gli amici.
Il sapore di questo salume è davvero unico, intenso e selvatico. Si percepisce il mix di spezie così come si avvertono i sentori minerali riconducibili all’affumicatura. Al fine di apprezzarlo e goderne pienamente, si consuma da solo, a fettine, o al massimo accompagnato dal pane. La tradizione vuole che il violino passi di mano in mano e che ogni commensale affetti la propria porzione.
I produttori facenti parte del Presidio sono pochissimi, tra questi trova spazio MA! Officina Gastronomica1 di Morbegno (SO), un piccolo laboratorio di montagna che ha in sé un grande amore per la natura e il territorio. Il salumificio è noto soprattutto per la produzione di bresaole e si distingue per la cura e la passione che guida i giovani talenti che vi lavorano. Da MA! la sostenibilità è uno stile di vita, è rispetto e riconoscenza per ciò che si può cogliere dalla terra. Il violino viene preparato rispettando il disciplinare che lo tutela, nel rispetto delle antiche tecniche tradizionali e degli animali della zona allevati allo stato semi-brado. La stagionatura, grazie al clima montano, è lenta e delicata e la produzione limitata a pochi pezzi.
Nel cuore del centro storico di Chiavenna, accanto al Castello, anche i fratelli Aldo ed Enrico Del Curto2 portano avanti una centenaria tradizione di famiglia producendo nella loro macelleria alcuni salumi tipici, tra cui appunto il violino. Di colore rosso scuro, quasi bruno, il prosciutto di capra dei fratelli Del Curto è una vera esperienza: l’aspetto è molto asciutto, tenace, ma al
morso è morbido e pastoso. Al palato è un’esplosione di carne ovina, persistente e pungente, con un bel sentore animale reso ancora più gustoso dal sale e dal fumo. Eccellenti qui sono anche la bresaola ottenuta dalla sottofesa bovina e i salamini, chiamati affettuosamente “bastardèi”. Il tutto viene prodotto direttamente seguendo la maestria e la sapienza tramandata dal 1890. Orgoglio della norcineria nazionale, il violino della Valchiavenna conquista le papille gustative di coloro che hanno la possibilità di degustarlo. Per la sua rarità e per la lavorazione laboriosa, non immune da inconvenienti, è un salume da destinare alle grandi occasioni. Per questo motivo il referente di Slow Food invita a non puntare troppo su questo prodotto. Che resta meravigliosamente unico, ma è giusto che resti lì dov’è, a casa sua, senza il peso di inutili ansie commerciali.
Chiara
Papotti
Note 1. maofficinagastronomica.com/ officina-ma ma_officina_gastronomica 2. macelleria_del_curto_
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Photo
© MA! Offi cina Gastronomica
LE GRANGE VERCELLESI, LA GEMMA E IL RISO AFFUMICATO
Per fare un risotto perfetto, serve un riso altrettanto speciale. Nelle Grange vercellesi c’è una realtà che lavora il riso con la massima delicatezza, mantenendo la presenza della gemma attaccata al chicco. E poi c’è l’affumicato: un prodotto unico ed esclusivo
di Lara Abrati
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 80 IL BUONO SECONDO LARA
Risotto con Carnaroli affumicato FOG, ’nduja, yogurt e cioccolato bianco in scaglie.
Uno degli elementi indispensabili per la coltivazione del riso è l’acqua. Essa è fondamentale nelle prime fasi di coltivazione, nei mesi di inizio primavera. La disponibilità di acqua delle Grange vercellesi ha fatto sì che questa zona diventasse la prima in termini di coltivazione e produzione del riso italiano. Grazie anche e soprattutto ad una grande opera, il Canale Cavour, nel quale le acque provenienti dalle montagne circostanti vengono raccolte e convogliate in zona, a sostegno dell’agricoltura, risicoltura soprattutto.
Ed è proprio in questo contesto che si inserisce l’azienda produttrice di riso da sempre gestita dalla famiglia Perinotti e che vede in Michele, l’attuale titolare e tecnologo alimentare, colui che ha saputo dare nuovi impulsi all’impresa famigliare: dalla coltivazione del riso a minor impatto ambientale (in un contesto, quello della produzione risicola, che si basava su produzioni orientate alla quantità, con un utilizzo indiscriminato di fitofarmaci) fino all’utilizzo di varietà pregiate.
Solo questo approccio alla produzione di riso (da parte dell’intero comparto) ha fatto sì che gli aironi cenerini tornassero a popolare la zona e Michele Perinotti ha scelto così di chiamare la sua azienda Gli Aironi.
Le produzioni di punta de Gli Aironi sono due: il Carnaroli con la gemma e Nebbia – FOG, il Carnaroli affumicato
La passione per il risotto di Perinotti l’ha spinto all’applicazione di una lavorazione leggera, con l’obiettivo di migliorare sempre più la tenuta in cottura del chicco, unito alla sua capacità di rilasciare amido, senza mai sottovalutare le caratteristiche nutrizionali del riso stesso.
Il Carnaroli con la gemma nasce proprio al fine di soddisfare queste caratteristiche: la pilatura artigianale consente una sbramatura leggera che garantisce il mantenimento della parte esterna del chicco, più coriacea, ricca di proteine e lipidi, responsabile della tenuta in cottura. Non solo, viene anche mantenuta la gemma: la si può vedere ancora attaccata al chicco: sinonimo di una lavorazione artigianale leggera e una sbiancatura minima.
Ma la creatività di Michele si è spinta oltre, andando ideare e proporre un prodotto unico, in Italia e Europa: Nebbia – FOG, il riso Carnaroli affumicato a freddo nella smoking machine per 14 ore con legno di ciliegio.
Il riso viene tenuto in movimento e affumicato piano piano, senza il rischio che il poco calore che naturalmente si genera lo porti a tostatura. Il risultato? Un riso che sprigiona un piacevole aroma sin dalle primissime fasi di cottura, per la preparazione di risotti unici nel loro genere.
Il risotto perfetto? Quello preparato con un riso in grado di tenere per bene la cottura, ben tostato (a secco o con grasso, questo è oggetto di profondo dibattito), cotto con acqua e sale, lievemente sfumato e mantecato a dovere con abbondante burro e formaggio.
Come utilizzare il riso affumicato? Ecco alcune idee Si prepara come un normale risotto, ma l’aroma delicata di affumicato lo rende
perfetto per preparazioni particolari: ad esempio, dopo la tostatura, lo si può sfumare con un bicchierino di gin bello aromatico. Una volta portato a cottura con acqua salata, lo si manteca con mascarpone e succo di limone, a dare freschezza. Infine, è possibile finire il piatto con della scorza di limone grattugiata e della scorza “bruciata”, cioè tagliata a tocchetti e fatta abbrustolire in padella.
Oppure, per chi ama gli aromi più decisi, è perfetto da abbinare alla piccantezza della ’nduja. Dopo averlo tostato, lo si bagna con un bicchiere di vino rosato e, a cottura (sempre con acqua e sale) ultimata, lo si manteca con burro, formaggio e ’nduja; infine, il tocco goloso, con yogurt e una spolverata di cioccolato bianco in scaglie. Utilizzi diversi, per dare il tocco gourmet a qualsiasi risotto: anche il classico risotto burro e parmigiano, con una marcia in più. Lara Abrati Nota
Photo © Stefano Caffarri.
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 81
Riso Carnaroli affumicato “Nebbia – FOG” Gli Aironi.
ANTICA LARDERIA MAFALDA
IL LARDO, LA PIÙ GRANDE DICHIARAZIONE
GASTRONOMICA ITALIANA
di Elisa Guizzo
Mafalda è la più antica larderia di Colonnata, ma è anche il nome di chi ha creato le premesse e i principi stabili di un’entità culinaria divenuta la più grande dichiarazione gastronomica italiana: il Lardo di Colonnata IGP Mafalda Guadagni cominciò a commercializzare il lardo nel 1928, facendosi strada in un’epoca in cui le donne non avevano possibilità imprenditoriale. «Mafalda era il nome di mia nonna che a 11 anni cominciò a lavorare nella macelleria di famiglia e, qualche anno più in là, a produrre e a vendere il lardo» racconta il nipote Fabrizio Cattani. La famiglia Cattani rappresenta la quarta generazione in attività, alla cui base ci sono quelle regole doverose e consolidate che hanno permesso di mantenere nel tempo l’antica ricetta di nonna Mafalda.
Fabrizio e Maria Lucia Cattani sono i titolari dell’Antica Larderia, una piccola realtà a Colonnata, frazione del comune di Carrara, avvolta da boschi di castagni secolari e distante una manciata di chilometri dalla costa tirrenica.
Il marmo, estratto dalle cave del bacino marmifero dei Canaloni, è un elemento prezioso quanto il microclima, formato da correnti d’aria che rendono Colonnata un bacile perfetto per l’ottenimento del pregevole lardo. Solo qui si può vantare tutto ciò: il marmo estratto dalle cave della zona marmifera dei Canaloni di Carrara è infatti una pietra naturale di eccezionale qualità,
Il lardo di Colonnata IGP di Antica Larderia Mafalda. Il processo di lavorazione del lardo comincia dalla cura e dall’attenzione delle materie prime ed è questo ciò che distingue la famiglia Cattani, unitamente alla saggezza e all’esperienza racchiuse nella ricetta di nonna Mafalda. Solo attraverso una scelta maniacale delle materie prime infatti si possono ottenere prodotti eccellenti.
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 82
BUONA CARNE NON MENTE
A destra: Fabrizio e Maria Lucia Cattani, titolari dell’Antica Larderia Mafalda di Colonnata (MS), davanti al ritratto della fondatrice Mafalda Guadagni. In basso: Mafalda è la più antica larderia di Colonnata, nata nel 1928, quando il lardo era il companatico povero dei cavatori di marmo. Nel 2003 ha ottenuto l’IGP ed il bollo CEE che certificano qualità delle materie prime, particolarità della lavorazione e originalità del prodotto.
l’aspetto lucente e le venature delicate lo rendono un materiale singolare nell’interior design, il basso indice di rifrazione, la resistenza granitica e la sottile granulometria gli permettono di non trasudare e di essere un involucro ermetico ineguagliabile.
Il processo di lavorazione del lardo comincia dalla cura e dall’attenzione delle materie prime, che è ciò che identifica la famiglia Cattani tra gli altri produttori di lardo di Colonnata, circa una dozzina in Italia, unitamente alla saggezza e all’esperienza racchiuse nella ricetta di nonna Mafalda.
Il lardo, che corrisponde anatomicamente allo strato adiposo sottocutaneo della schiena del maiale privato del guanciale e della pancetta, proviene solo da suini di allevamenti ubicati in Emilia-Romagna e in altre regioni del Nord e Centro Italia. Di forma rettangolare, il lardo deve avere un’altezza di almeno cinque centimetri. «A volte capita di imbattersi in spessori inferiori e quindi dobbiamo rinunciarvi» spiega Fabrizio.
La preparazione della concia è una fase cruciale: si crea bilanciando correttamente tutti gli ingredienti, evitando di far prevalere gli uni sugli altri. «Nonna Mafalda la preparava in maniera certosina raggiungendo l’armonia e, al tempo stesso, la delicatezza al palato senza che nessun aroma prendesse il sopravvento». La concia ricopre il dorso del lardo messo a riposo nelle conche di
marmo, le cui pareti interne sono strofinate con Aglio bianco Polesano DOP sbucciato a mano. Le materie prime della concia — cannella, pepe nero, chiodi di garofano, rosmarino, sale marino e aglio tritato — creano un letto che abbraccerà con garbo il primo strato di lardo e così, via via, si creeranno strati di concia e lardo all’interno delle conche, poi si aspetterà che il tempo faccia il suo dovere.
Dopo un riposo di circa 6 mesi, la salamoia, ciò che si è creato dallo scioglimento del sale impreziosito dagli altri aromi della concia, assume le vesti di un liquido esausto: il lardo ora è pronto per essere degustato. La stagionatura, che avviene nelle vasche dedicate, si può protrarre fino ad un anno. «Abbiamo notato che più ci sta e più aumentano i profumi e la delicatezza» sottolinea Fabrizio.
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La vendita del lardo avviene esclusivamente su prenotazione, «il giorno stesso che si riceve l’ordine si procede con l’estrazione del lardo dalle vasche». I controlli, costanti e certosini, sono eseguiti da Agroqualità, società di certificazione specializzata nel settore agroalimentare ed ente certificatore del Ministero delle Politiche Agricole, che ha il compito di “sbloccare” le vasche e quindi autorizzare il consumo e la commercializzazione del lardo. Le analisi chimiche e batteriologiche hanno dimostrato l’efficacia e la sicurezza delle conche di marmo: il prodotto finito non richiede nessun trattamento chimico per la conservazione.
Il lardo di Colonnata ha ottenuto l’IGP (Indicazione Geografica Protetta) nel 2003, con registrazione attraverso il Regolamento (CE) n. 1856 del 26 ottobre 2004. Questo prevede l’ottemperanza di condizioni e requisiti stabiliti dal Disciplinare, il quale delimita l’area geografica di produzione alla sola Colonnata, l’ubicazione degli allevamenti dei suini nel territorio delle regioni Toscana, Emilia-Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Umbria, Marche, Lazio e Molise, il divieto di utilizzare nella preparazione della concia sostanze liofilizzate, aromi naturali, conservanti, additivi e starters,
il tempo di lavorazione del lardo entro le 72 ore dalla macellazione, il tempo di maturazione non inferiore ai 6 mesi e lo spessore del lardo non inferiore ai 3 centimetri.
La clientela della Larderia Mafalda si suddivide tra dettaglianti e privati; la vendita si effettua anche attraverso l’e-commerce, nel quale è possibile trovare una varietà di prodotti come il lardo spalmabile, il lardo in diverse pezzature e vassoi di marmo.
Il consumo di lardo si è sempre associato al periodo invernale. «E io invece vorrei sfatare la convinzione che il lardo si debba consumare solo d’inverno: il lardo è meraviglioso anche d’estate!» esclama Fabrizio. E ciò lo dimostra il fatto che Colonnata attrae, proprio soprattutto durante la stagione estiva, 50.000 visitatori l’anno, i quali fanno grandi scorpacciate di lardo. Sono oltre 500.000 in dieci anni ad esempio le firme lasciate dai turisti nei libri mastri nella chiesa di San Bartolomeo, non distante dal Monumento al cavatore, ideato dall’artista ALBERTO SPARAPANI
L’Antica Larderia Mafalda, in piazza Palestro 2, è un angolo di magia in cui è possibile degustare (ed acquistare naturalmente) il sapore dolce e finemente sapido del lardo di Colonnata, ma anche pancetta e guanciale stagionati,
La stagionatura del lardo di Colonnata avviene in “conche” di marmo, ovvero blocchi di marmo bianco scavati. Il lardo ivi collocato, insieme a sale e spezie, produce una salamoia che lo conserva e lo mantiene anche per anni. L’umidità naturale delle grotte e la porosità delle pareti di marmo della conca stabiliscono poi condizioni naturali per la stagionatura, che per il lardo dell’Antica Larderia Mafalda dura 6-10 mesi.
questi ultimi due ottenuti con lo stesso processo di lavorazione del lardo, ovvero fatti maturare all’interno delle vasche di marmo per circa un mese insieme alla concia, poi lavati con vino bianco, appesi e fatti stagionare per un altro mese. Questa tipologia di lavorazione fa sì che ci sia una notevole differenza rispetto ai comuni salumi.
Oggi il consumatore rivolge un’attenzione maggiore a ciò che consuma, specie se si tratta di prodotti di origine animale. «Per quel che ci riguarda la richiesta di lardo è rimasta invariata, tuttavia il consumatore non sa esattamente quanto sia diverso il lardo di Colonnata IGP da altri grassi di origine animale. E con un contenuto in colesterolo quasi inesistente» spiega Fabrizio.
Il lardo di Colonnata IGP è figlio di un legame imprescindibile tra la natura delle montagne in cui viene prodotto, l’altitudine e il conseguente microclima, e la cultura dei cavatori, l’uso sapiente delle spezie, i giusti tempi di maturazione. Così si diceva: “Il lardo ricco di calorie, che si attacca ai polmoni, che fa tanto bene alla salute; che si sfa in bocca, che di più buono non ce n’è”.
Elisa Guizzo Meat Specialist
>> Link: anticalarderiamafalda.com
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SUINCOM S.p.a. Strada Comunale del Cristo 12/14 - 41014 Solignano di Castelvetro (Mo) - Italy tel. +39 059 748711 - fax +39 059 532038 - info@suincomgroup.it - www.suincomgroup.it Riconoscere la qualità, realizzarla e portarla sulla tavola di tutti
PIZZA, VACCHE, GENERALI
di Riccardo Lagorio
Grazie alla gastronomia si narra la storia. E chi vuole, può migliorare i propri rudimenti di genetica. Proposizioni che calzano a pennello per la pizza di Tramonti, uno dei pilastri della cucina meridionale e in buona sostanza dell’Italia intera. La sua primigenia esecuzione avviene nei forni del pane e con il pane
viene cotta, privata di quel fuoco e di quella brace in cui è generata la versione napoletana. Il suo condimento è quanto di più semplice e stuzzicante si possa immaginare: pomodoro (meglio se Re Fiascone, l’originale, dedicato a Umberto I, Re Buono o Re Mitraglia a seconda di come la storia si legge), origano e aglio odorosi delle severe
colline su cui si poggia civettuola qualche acciuga dissalata del vicino golfo, complice la vicinanza e la perizia dei pescatori di Cetara. Questo fu vero fino al Secondo Dopoguerra, quando il ri-nascente triangolo industriale con gli apici in Liguria, Piemonte e Lombardia si stava trasformando in figura poligonale irregolare che comprendeva l’Emilia e
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le rinvigorite lande del Triveneto. Alla ricerca di fortuna quel Luigi Giordano che in Novara ebbe il buzzo di fare arrivare l’arte della pizza tramontana, arricchita però da un rivoluzionario ingrediente, il fiordilatte. Un’avventura che da quel Marechiaro ha gemmato in millanta località con intere generazioni di pizzaioli oriundi di Tramonti emigrati.
Proprio lui, il fiordilatte, ovvero il prodotto alla base della piramide che su su vede caciocavallo e, in cima, nell’empireo il provolone, maturo, sfogliabile, poderoso. C’era stato un prologo nella migrazione dei sapori e della cultura casearia nella seconda metà dell’Ottocento: aveva trovato tra le nebbie padane il proprio locus
In alto: a sinistra, la Pizza della Tradizione di Tramonti De.Co., realizzata con un impasto a base di grani antichi e profumata al finocchietto selvatico. A destra, la filatura della provola, prodotto di eccellenza della tradizione gastronomica tramontana. In basso: il pomodoro Re Fiascone e Ginevra Ferrara, figlia di pizzaioli emigrati nel Bergamasco negli anni ‘60, che ha deciso di tornare a Tramonti per coltivare i pomodorini utili alla produzione di pizza nell’Azienda Agricola Terra di Mezzo. amoenus tale Gennaro Auricchio che subito, confortato dall’abbondanza di latte munto nelle stalle del Nord, aveva saputo esportare il saper fare di formaggi a pasta filata.
All’illuminato imprenditore di San Giuseppe Vesuviano fecero seguito altri paisà, trasformando parte del latte destinato a quartiroli e taleggi in Provolone
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I fratelli Mario, Melina, Francesco e Maria Teresa Ferrara con i caciocavalli prodotti col latte delle vacche di razza Agerolese.
Valpadana. Ma a Tramonti e nella vicina area dei Monti Lattari si poteva contare su un elemento in più, oltre al pascolo. Si era infatti fatta largo dal 1845 la vacca Agerolese tra le razze che potevano fornire latte e carne in territori montani e disagevoli grazie all’intuizione di un generale che era stato al servizio della regina Vittoria e dello scià di Persia MOHAMMAD QAGIARO. Nella Persia del XIX secolo Paolo Avitabile divenne famoso per l’adozione di metodi draconiani e sbrigativi volti a far rispettare le leggi imposte dagli scià. Ancora oggi nelle zone di frontiera con Afghanistan e Pakistan le madri intimoriscono i bimbi più irrequieti appellando l’arrivo di Abu Tabela, papà Tabela, traslitterazione in lingua pashtu di Avitabile.
Il mercenario, di ritorno dalle sue campagne, portò con sé alcuni bovini e li incrociò tra di loro, Podolica, Jersey e Bruna, ottenendo una razza dai parchi consumi e dal latte assai produttivo, la Agerolese appunto. Per un secolo fu la vacca più diffusa sulle montagne prospicienti il Tirreno tra Napoli e Salerno; poi gli incroci con la Frisona e l’abbandono del settore primario ne hanno sancito la messa a rischio di sopravvivenza.
Al latte di questo bovino, base per ottenere il Provolone del Monaco DOP,
si riconosce un’ottima resa nella caseificazione e la presenza i primi fiordilatte utilizzati da Luigi Giordano per arricchire le sue pizze tramontine.
Oggi a Tramonti la famiglia Ferrara, Azienda Agricola Antonia Rastelli, possiede alcuni capi di questa razza e i quattro fratelli si dividono tra loro i compiti per valorizzare il latte grazie a prodotti caseari tradizionali. «Il nostro prodotto più richiesto è il caciocavallo stagionato almeno due mesi, dedicato a San Francesco, che è il patrono della nostra frazione montana» afferma Francesco, che si occupa delle vendite. «Il latte della Agerolese è ottimo per la produzione di paste filate, dal fiordilatte al caciocavallo, per il quale utilizziamo caglio di capretto» rincalza Melina, che si dedica alla produzione nel piccolo caseificio. Intanto nella stalla Mario, che si prende cura degli animali, e Maria Teresa, ottima interprete nelle relazioni interpersonali, esibiscono queste simpatiche bestiole dal vello color castoro e dalla spina dorsale Terra di Siena, orgogliosi del patrimonio culturale che esse rappresentano.
«Aggregare tutti i pizzaioli originari di Tramonti intorno ad un’idea di pizza che utilizzi le materie prime originarie del territorio nostro: questo è il compito
che mi sono dato da amministratore” svela Vincenzo Savino, il vicesindaco di Tramonti. Anche per questo Ginevra Ferrara, figlia di pizzaioli emigrati nel Bergamasco negli anni Sessanta, ha deciso di tornare a Tramonti per coltivare i pomodorini utili alla produzione di pizza.
Convinti ora che, con occhi attenti e colti, la gastronomia si racconta perlomeno la storia ma si possono seguire anche gli indirizzi politici di una comunità?
Riccardo Lagorio
Az. Agricola Antonia Rastelli
Via Chiunzi 172, Località Chiancolelle 84010 Tramonti (SA)
Telefono: 338 9757421
E-mail: azienda.rastelli@gmail.com
Terra di Mezzo Tramonti di Filomè Ginevra Ferrara
Via Chiunzi 196 – 84010 Tramonti (SA) Telefono: 334 7919180
E-mail: info@terradimezzotramonti.it Web: www.terradimezzotramonti.it
Associazione Pizza Tramonti
Piazza Treviso 1 – 84010 Tramonti (SA) Telefono: 320 7987979
Web: pizzatramonti.com
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Di qua e di là del confine
PALLOTT CACE E OVE TRA ABRUZZO E MOLISE
di Nunzia Manicardi
Se le contendono Abruzzo e Molise rivendicandone l’origine, ma non c’è motivo di farsi la guerra (gastronomica) perché questo squisito prodotto della tradizione è ugualmente presente e buono sia da una parte che dall’altra di quel confine che oggi divide nettamente le due regioni ma che fino al 1963 neppure
esisteva. Fino al 27 dicembre 1963, infatti, esisteva l’Abruzzo-Molise, unica regione. Poi, con l’articolo 1 della legge costituzionale n. 3 di quell’anno, venne modificato l’articolo 131 della Costituzione italiana, elencando Abruzzi e Molise come due regioni distinte e costituendo in tal modo, nella storia della Repubblica Italiana, il primo e unico
caso di formazione di due nuove regioni per distacco da una unica. Nel 1970, infine, quando entrarono in funzione tutte le regioni a statuto ordinario, gli Abruzzi furono ufficialmente denominati al singolare: Abruzzo.
Le pallott cace e ove, le pallotte cacio e uova, sono un piatto della cucina povera di tutte e due queste
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Le pallott cace e ove sono un piatto povero tradizionale, ma decisamente nutriente e sostanzioso (photo © www.cookist.it).
terre, sia l’Abruzzo che il Molise, e le rappresentano entrambe anche perché, tolte alcune differenze locali, assai simili erano un tempo l’economia e la cultura popolare dei loro abitanti.
Stiamo parlando di terre caratterizzate da una vocazione contadina e pastorale che risale ai tempi più remoti. Le nostre pallotte, infatti, sono preparate con ciò che era più a portata di mano in tutte le famiglie dedite a questi tipi di lavoro: pane raffermo, uova e formaggio pecorino (oggi vengono proposte anche in molti ristoranti e agriturismi del territorio). E così, al cibo avanzato, che non poteva certamente andare sprecato, si aggiungeva qualche altro semplice ingrediente e si combinava un piatto gustoso capace di accontentare tutti.
Nel caso delle pallotte il cibo avanzato era costituito per l’appunto dal pane raffermo, che veniva insaporito e profumato con un po’ di formaggio, uova e odori (per lo più aglio, prezzemolo, cipolla e noce moscata, però si possono anche omettere). Con questo impasto si formavano poi polpette di media grandezza. Si preparano in questo modo da tempo immemorabile, ma anche in queste zone alla fine ha prevalso la modernità col suo desiderio di innovazione e una relativa maggior ricchezza economica che hanno fatto sì che si introducesse un nuovo ingrediente, la salsa di pomodoro, che le completa e ne ingentilisce il gusto rendendole più delicate, benché continuino lo stesso a mantenere la loro tipica rusticità. Sono perfette come antipasto nei giorni di festa, soprattutto nel periodo pasquale, anche per la simbologia data dall’uovo e dalla forma ad uovo ma, essendo piuttosto caloriche e nutrienti, possono costituire pure un ottimo secondo piatto.
La particolarità che le rende davvero golose è che vengono prima fritte e poi ripassate ad insaporirsi nel sugo di pomodoro. Quest’ultimo, a fuoco morbido e di consistente densità, le rende davvero succulente. Una tira l’altra! Ma se volete renderle più leggere fatele cuocere direttamente nel sugo senza friggerle, coprendole con il coperchio e lasciando bollire, a fuoco lento, per una ventina di minuti. Togliete il coperchio solo quando porterete in tavola il tegame per evitare che si sfaldino.
Nunzia Manicardi
OLIVE ALL’ASCOLANA
UN GIOIELLO DI CUI FIDARSI
di Giorgia Fieni
Già le olive sono un gioiellino… Uno smeraldo o un onice capace di brillare, lucente di salamoia, sul piatto bianco. Che riporta alla mente luoghi pieni di suggestione: Gaeta, Ascoli, la Grecia, la Francia, la Puglia, la Liguria… E, all’interno di una preziosa oliva verde, una polpettina di carne (manzo, maiale e pollo soffritti e aggiunti di uova, Parmigiano, noce moscata e succo di limone) che richiama la cucina di casa, i profumi della domenica, il sapore della giornata di festa in famiglia.
Le olive all’ascolana sembrerebbero uno dei simboli della fantasia del riciclo, ma in realtà sono così complesse da preparare che la loro nascita risale alle occasioni particolari (e quindi riservate agli ospiti importanti) del XIX secolo.
Oltre a trovare le giuste olive e il giusto mix per il ripieno (ne parleremo tra poco) sono due le parole che più spaventano della ricetta: denocciolare e friggere. Per compiere la prima azione vi lascio il consiglio di Martha Stewart: «Consiste nell’adagiarvi sopra un coltello da chef grande e colpire la lama con un pugno o col palmo della mano. L’oliva dovrebbe aprirsi in due e il nocciolo sporgere in fuori»
Fidiamoci del “dovrebbe” di una delle regine della cucina internazionale. Se no, usiamo il metodo Benedetta Parodi, sperimentato la prima volta che ha scelto di preparare le olive all’ascolana anziché surgelate o già cotte da una gastronomia di fiducia: «Ho avuto questa “pensata”. Ho preso le olive denocciolate, le ho tagliate a metà nella parte più lunga, ho modellato delle polpettine
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Le olive all’ascolana sono un antipasto tipico della cucina marchigiana. Per il ripieno tradizionale si usano tre tipi di carne macinata: manzo, maiale e pollo.
di carne e le ho poste in mezzo alle 2 metà di ogni oliva, come la farcitura di un panino». O il metodo di Benedetta Rossi: «Procuriamoci un coltello dalla punta molto sottile e, quando tagliamo le olive attorno al nocciolo, iniziamo dalla parte alta e scendiamo a spirale facendo girare l’oliva con le mani. Per non farle annerire, mettiamole subito in un contenitore con acqua fredda e un po’ di sale sciolto. Ricordiamo però di scolarle bene prima di farcirle, altrimenti risulteranno scivolose».
Per compiere la seconda azione, niente di più complesso del rotolarle nella farina, nelle uova e nel pangrattato. Il passaggio uova e pangrattato andrebbe però ripetuto, così da rinsaldare bene l’oliva evitando che si rompa mentre è in cottura e mantenerla croccante al momento di morderla. La frittura è a 170-180 °C in olio di arachide: se non avete il termometro da cucina, la prova dello stecchino (vengono raggiunti quando uno stecchino, in esso immerso, forma attorno delle bollicine, detta così sembra il principio di Archimede) è un ottimo sostituto. Bastano 3-4 minuti. Se non vi fidate, usate il forno.
Passiamo ora alla materia prima. L’oliva deve essere ricca di polpa, così che possa bilanciare la ricca farcitura. La polpettina di ripieno può essere di pesce: coda di rospo, merluzzo, baccalà, tonno e acciughe sono perfetti, accompagnati da capperi e parmigiano; per una versione più delicata, Simone Rugiati suggerisce pesce, albume d’uovo, scorza di limone e curry, ma anche pesce bianco, gamberi, capesante e zenzero.
Italiana, 3/24
O può essere una polpettina vegana, usando un macinato vegetale per ripieni: Sarah Joyce dice che i suoi amici non vegani ne sono rimasti particolarmente colpiti… Fidiamoci anche di lei, così come di Nives Arosio (che usa un ripieno di seitan e pomodoro e una pastella di farina di ceci, acqua e salsa di soia) e di Sigrid Verbert (olive verdi marinate con l’aggiunta di finocchio e impasto di patate lessate, mollica di pane bagnata nel latte, noce moscata, pangrattato: «Sia chiaro, amo — come tutti credo — le olive ascolane preparate come si deve. Ma da tempo mi chiedevo se fosse possibile variare il ripieno senza vendere l’anima dell’oliva fritta perfetta. La mia oliva ideale doveva essere croccante, fresca e stuzzicante, e soprattutto doveva contenere un ripieno capace di dare risalto al carattere assolutamente carnoso della sua generosa polpa. Dopo un paio di prove in puro stile “apprendista stregona”, sono orgogliosa di presentare il mio nuovo finger food fetish, lo stuzzichino che garantisce, da solo, la buona riuscita di qualsiasi aperitivo. Gradito per di più anche agli amici vegetariani»).
O cambiamo le carni usando pancetta, prosciutto crudo, mortadella. O cambiamo il grana col pecorino. Ogni gioiello è prezioso. Per il suo aspetto e per il suo valore. L’oliva all’ascolana lo è per la storia, per la comodità (è un aperitivo, un finger food, uno stuzzichino e sta benissimo in tavola durante il brunch e le merende rinforzate e i picnic) e per il gusto. Quindi, perché non fidarsi???
Giorgia Fieni
Premiata Salumeria
La frittura delle olive all’ascolana deve essere fatta a 170-180 °C in olio di arachidi (photo © Francesco Vignali).
CIBUS 2024, EDIZIONE DA RECORD
Oltre 75.000 presenze e +1.000 novità prodotto. Ecco i protagonisti
La 22a edizione di Cibus si è chiusa con oltre 75.000 presenze (+25% sul 2022). Un’edizione da record per numero di brand (3.000) e buyer (3.000) presenti. Tra i temi protagonisti della kermesse parmense sicuramente i prodotti DOP e IGP, che, secondo l’analisi di NIELSEN, se utilizzati come ingredienti all’interno di prodotti industriali, contribuiscono nei punti vendita
Nel corso delle quattro giornate del salone di riferimento dell’agroalimentare italiano sono state presentate più di mille novità prodotto che tracciano le nuove rotte dell’universo food. Tra le novità più interessanti, l’applicazione dell’AI per contrastare le contraffazioni alimentari
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 94 SPECIALE CIBUS
La 22a edizione di Cibus a Fiere di Parma si è chiusa con oltre 75.000 presenze, +25% sul 2022 (photo © FiereParma).
ad una crescita delle vendite al valore con un +14% e a volume del +9,6%. Inoltre, l’indicazione nel packaging della presenza di DOP e IGP aumenta la propensione al consumo e induce il consumatore a privilegiare l’acquisto di prodotti premium, sostenendo un costo maggiore.
Tra le novità più interessanti in fiera, l’applicazione dell’intelligenza artificiale per contrastare le contraffazioni alimentari nel progetto Nina, promosso dal Consorzio delle Mozzarella di Bufala Campana DOP.
Cibus ha acceso i riflettori anche sull’export del food made in Italy, la cui media nel decennio 2013-2023, secondo i dati dello studio Centro di Ricerca per lo Sviluppo Imprenditoriale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, è stata del 27% rispetto al 12% europeo. Un risultato che ha portato i prodotti agroalimentari italiani venduti all’estero a sfiorare i 64 miliardi di dollari, circa il 10% dell’export europeo, collocando il nostro Paese al quarto posto nel 2023 per sviluppo dell’export in Europa.
Il mercato americano, che vale 1.500 miliardi di dollari considerando retail e alcolici, è stato al centro del convegno “USA4 Cibus: le opportunità per le aziende italiane di investire negli Stati Uniti nell’epoca dell’Inflation Reduction Act”, realizzato in collaborazione con American Chamber of Commerce in Italy, mentre la ricerca FEDERALIMENTARECENSIS “L’industria alimentare tra Unione Europea e nuove configurazioni globali” ha evidenziato la centralità dell’industria alimentare e del made in Italy e l’importanza delle future scelte in Europa. Per il 93% degli Italiani l’industria alimentare è sinonimo di sviluppo sociale ed economico, per il 94% il made in Italy è uno dei principali ambasciatori dell’italianità nel mondo e un traino per l’economia grazie all’export (53 miliardi di valore nel 2023), mentre per l’89% un aiuto al settore potrà arrivare dalle future scelte che verranno prese in UE se ci saranno azioni più incisive a supporto della competitività delle imprese europee nei confronti di quelle extra-europee.
Per Adolfo Urso , Ministro delle Imprese e del Made in Italy: «Il made in Italy ormai nel mondo è considerato
L’industria alimentare è oggi al primo posto dei settori manifatturieri per valore del fatturato (193 miliardi di euro) e al secondo posto sia per numero di imprese che di addetti. Secondo la ricerca Federalimentare-Censis, quasi il 91% dei cittadini definisce i prodotti made in Italy come espressione dell’orgoglio italiano e, con riferimento al nostro cibo, il 94% degli Italiani è convinto sia uno dei principali ambasciatori dell’Italianità nel mondo (photo © FiereParma).
il prodotto di qualità ed eccellenza a livello globale. Questo è espressione della peculiarità del nostro Paese e del suo sistema produttivo che ha saputo vincere controcorrente la sfida della globalizzazione». Secondo Paolo Mascarino, presidente di Federalimentare, «L’industria alimentare italiana può e vuole dare un grande contributo all’agenda di sviluppo del Paese. Oltre a garantire la sicurezza alimentare in Italia, abbiamo una grande opportunità di crescita sui mercati internazionali. Le imprese hanno fondamentali solidi e sanno come produrre alimenti unici e inimitabili. Ma, per continuare la traiettoria di crescita, occorre anche un impegno delle istituzioni, europee e italiane, a livello strutturale. A tal proposito vorremmo un’Europa che favorisse il talento imprenditoriale del nostro comparto con iniziative legislative e regolatorie che ne promuovano la competitività a livello internazionale». Grande attenzione anche al tema della sostenibilità, affrontato nel convegno “Strumenti moderni per una filiera agroalimentare sostenibile”, organizzato dai GIOVANI DI CONFAGRICOLTURA-ANGA e dal GRUPPO GIOVANI IMPRENDITORI di Fede-
ralimentare, con focus sulle strategie e le best practices da attuare per incentivare l’export dei prodotti made in Italy.
Sostenibilità che vede il packaging nel ruolo di protagonista: per 2 Italiani su 3, secondo l’Osservatorio Packaging del Largo Consumo curato da NOMISMA, la confezione ha un ruolo decisivo nelle scelte d’acquisto di cibi e bevande, mentre per 1 Italiano su 2 rappresenta un aspetto cruciale per contribuire a rendere un prodotto più rispettoso per l’ambiente.
La 22a edizione di Cibus è stata accompagnata come sempre dall’iniziativa Cibus Food Saving, promosso dal BANCO ALIMENTARE
Appuntamento al 2027
Cibus tornerà a Parma nel 2027. Grazie all’accordo sinergico tra Fiere di Parma e FieraMilano, nel 2025 e 2026 ci saranno due edizioni a Milano di Tuttofood, brand controllato sempre da Fiere di Parma. Ecco tutte le date:
• Tuttofood 2025: 5-8 maggio;
• Tuttofood 2026: 11-14 maggio;
• Cibus 2027: 4-7 maggio.
>> Link: cibus.it – tuttofood.it
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 95
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 96
1) Il prosciutto di pecora – 100% carne sarda a marchio Bonesa di Bontelia Srl di Sanluri (SU). 2) Monica Azzoni e i Culatelli di Zibello DOP del Salumificio Rosa dell’Angelo di Traversetolo (PR). 3) Scatto al desk dell’hospitality del Gruppo Cremonini, presente a Cibus con un’ampia gamma di prodotti tra cui carni e salumi d’eccellenza.
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 97
1) Biscotti, cantucci e panettoni firmati Fratelli Lunardi da Quarrata (PT). 2) Scatto presso lo spazio Clai – La Zuarina. 3) Vincenzo Rota del Salumificio San Vincenzo, allo stand con la nipote Virginia Grimaldi e Clemente Bruno, ha portato a Parma i migliori salumi di Calabria.
1) Mariangela Grosoli, presidente del Consorzio Tutela Aceto Balsamico di Modena e AD di Aceto Balsamico del Duca di San Vito di Spilamberto (MO). 3) Affollatissime le degustazioni di jamon ibérico de bellota di Marcial Castro, rappresentate da Andrea Conticelli, qui con il cortador e con il titolare Manuel Castro Sanchez. 3) Nello spazio del Gruppo Alcar Uno, leader nella produzione di carne suina e prodotti di alta salumeria con Prosciutto di Parma DOP e Prosciutto di San Daniele DOP, Luca, Leonardo, Giorgio Leopoldo, Ludovico e Lorenzo Levoni. 4) Scatto all’interno del padiglione 2 di Cibus 2024. 5) A Cibus Ferrarini, Gruppo Pini, ha celebrato l’iscrizione del brand nel registro speciale dei “Marchi storici di interesse nazionale” del Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Un riconoscimento di grande prestigio che premia la qualità di prodotto e la forza espressiva del brand.
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 98
Il Parmigiano Reggiano protagonista in fiera con iniziative su biodiversità, i 90 anni del Consorzio e la valorizzazione delle IG
Dal formaggio prodotto in montagna alle biodiversità, dalle celebrazioni per i 90 anni del Consorzio alle iniziative per la valorizzazione delle Indicazioni Geografiche: questo il programma con cui il Parmigiano Reggiano è tornato protagonista a Cibus 2024. Lo stand del Consorzio, una “Piazza dei Caseifici” su cui si sono alternati 35 produttori, è stato l’epicentro degli incontri con gli stakeholder del trade italiano e internazionale. «Per il Parmigiano Reggiano è sempre un onore e un piacere partecipare a Cibus», ha dichiarato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio. «È la fiera a cui siamo più legati, ci sentiamo “a casa nostra”, data anche la presenza di molti nostri produttori. Per noi rappresenta non solo una vetrina internazionale e un luogo di incontro privilegiato, ma anche e soprattutto un palcoscenico dal quale possiamo raccontare a stakeholder, importatori r stampa di settore le progettualità che stanno impegnando il Consorzio, in particolare sui versanti della sostenibilità, della biodiversità e della valorizzazione delle Indicazioni Geografiche. Infine, riteniamo sia la cornice perfetta per proseguire i festeggiamenti per i 90 anni del nostro Consorzio, il più antico d’Italia per quanto concerne i prodotti alimentari, fondato il 27 luglio 1934 e votato alla tutela, alla difesa e alla promozione di questa eccellenza millenaria, per salvaguardarne la tipicità e pubblicizzarne la conoscenza nel mondo». Il Consorzio ha salutato con grande favore la firma del nuovo Reg. UE 2024/1143 sulle Indicazioni Geografiche, entrata in vigore il 13 maggio e contenente un articolo sui prodotti trasformati che utilizzano come caratterizzante una IG, che recepisce alcuni principi generali già applicati dal Consorzio, quali l’obbligo a non utilizzare prodotti comparabili e a usare una quantità minima dell’IG al fine di caratterizzare il gusto del prodotto. Inoltre, sarà obbligatorio per l’operatore stabilito nell’UE notificare preventivamente ai consorzi l’intenzione di commercializzare un prodotto che utilizza una IG come ingrediente caratterizzante. Il nuovo Regolamento si affianca all’attuale DLgs. 297/04 italiano che, già dal 2004, prevede che i consorzi debbano autorizzare i prodotti trasformati che usano un IG come ingrediente caratterizzante. Il Consorzio del Parmigiano Reggiano attualmente dà l’autorizzazione quando la DOP è presente al 4% sul prodotto finito minimo e al 15% per i prodotti lattiero-caseari come le creme e i formaggini fusi. Nel corso di Cibus il Consorzio ha poi partecipato ad importanti convegni come “Il DOP è servito. L’impegno di AFIDOP e FIPE per la valorizzazione dei formaggi certificati nella ristorazione”, durante il quale l’Associazione Italiana dei Formaggi DOP e IGP e la Federazione Italiana Pubblici Esercizi hanno lanciato le prime linee guida per garantire una maggiore tutela e valorizzazione dei prodotti caseari certificati nei ristoranti. Il tema dell’utilizzo come ingredienti delle IG è stato approfondito durante “IG4Ingreedients. Indicazioni geografiche e industria alimentare: nuove opportunità di collaborazione virtuosa”, a cura di OriGIn Italia. >> Link: parmigianoreggiano.it
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 99
Antica Macelleria Falorni a Cibus con le novità della casa
e la storica pancetta arrotolata stagionata 300 giorni
L’Antica Macelleria Falorni di Greve in Chianti (FI) ha partecipato a Cibus 2024 con prodotti nuovi e classici della tradizione toscana. La prima novità presentata nella capitale della Food Valley è stata un “tuffo nel passato”: una pancetta arrotolata con una stagionatura minima di 300 giorni ma che può raggiungere i 900 giorni. Questo tipo di pancetta è un prodotto storico, come si faceva secoli addietro: come sempre caratterizzata dalla scelta della materia prima, di produzione artigianale, con una tipica legatura a mano. La pancetta, dal sapore e dall’odore profumato, insaporita con sale e aromi naturali, viene fatta riposare a lungo nelle cantine Falorni, nella cosiddetta “Prosciuttaia”. Tra i nuovi prodotti portati in fiera anche il Salamino piccante, dal gusto vivace e speziato con peperoncino, compagno ideale dell’aperitivo, da gustare da solo o accompagnato con crostini croccanti e olive nere. Altre novità: il Salamino, il classico salame toscano di casa, intenso e saporito, di colore rosso scuro, aromatizzato con pepe nero e bianco macinato ed in grani. Tutti questi salami sono disponibili nel nuovo formato più piccolo, da 190 grammi. A Parma c’era anche il Capocollo di suino toscano, dal particolare colore rosso intenso, stagionato 6 mesi in appositi locali ben areati, che assume un gusto ed un profumo inconfondibili, gradevoli e complessi: le sue poche parti grasse gli conferiscono sapore e morbidezza. Tra i protagonisti del banco Falorni non poteva mancare anche la “super star” Finocchiona IGP, insignita dei Cinque Spilli della Guida Salumi d’Italia 2023. Aromatizzata con semi di finocchio selvatico, stagionata lente, insaccata in budello naturale e legata a mano, la Finocchiona ha una consistenza morbida e vellutata, gusto intenso ma molto equilibrato. Tra i classici a firma della macelleria presentati a Cibus anche il Guanciale e il Salame da Cinta senese DOP e il Salame di Chianina, morbido ed elegante, grazie ad una delicata speziatura.
>> Link: falorni.it
Dal cuore del Chianti fiorentino, Antica Macelleria Falorni porta in tavola salumi di alta qualità da oltre 200 anni, tramandando di padre in figlio i segreti di antiche ricette e il sapere artigiano delle lavorazioni. In foto, allo stand dell’azienda toscana a Cibus 2024, Stefano Falorni.
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King’s: riflettori puntati sul nuovo guanciale!
King’s, forte dell’ampliamento di gamma, nel primo quadrimestre 2024 mette a segno un +15% a valore e +9,5% a volume rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, trainati da normal trade e Ho.re.ca. che crescono a doppia cifra, anche grazie a specialità come il prosciutto cotto Cascina Luigi e la mortadella Piazza Grande. Ad aprile 2024 la crescita a volume si attesta a +45% rispetto ad aprile 2023 e vede tutti i principali canali in positivo. A svelare i numeri è stata l’azienda — tra i leader di mercato nella produzione di prosciutti crudi San Daniele DOP e Parma DOP, con 106 mln di fatturato nel 2023 (+13% sul 2022) — presente a Cibus 2024 con la sua gamma di specialità della salumeria italiana (oltre 100 referenze) e per presentare il nuovo guanciale con sale dolce di Trapani Un prodotto versatile in cucina e apprezzato in tutta Italia, protagonista del primo piatto tra i più amati e copiati al mondo, la Carbonara. Allo stand King’s Lello di Chef in camicia, partner del brand per tutto il 2024, si è esibito in diversi showcooking, preparando ben 16 diversi piatti con al centro il guanciale, dalla pasta alla gricia alle pinse. «Questi dati ci confortano sulla bontà del progetto di allargamento di gamma di King’s, che si trasforma da azienda di prosciutti crudi ad azienda di salumi. Un progetto ambizioso che porterà i suoi frutti nell’arco di tre anni» ha dichiarato Corradino Marconi, AD di King’s. «A Cibus ci presentiamo con un nuovo prodotto destinato prevalentemente all’Ho.re.ca.: un mercato a cui guardiamo con interesse, quello delle catene di ristorazione, cresciuto dell’11% secondo gli ultimi dati Deloitte. La ripresa dei consumi fuori casa, che ammontano a 91,7 miliardi di euro, in crescita del 7% rispetto al pre-Covid, ci dà la spinta per guardare al futuro positivamente e per puntare su tante nuove referenze espressione della tradizione italiana. Partiamo adesso dal guanciale con sale dolce di Trapani, prodotto artigianalmente con carne 100% italiana, per il quale prevediamo di arrivare entro il 2026 a 100.000 pezzi prodotti (+150%) e nel corso dell’anno presenteremo tante altre novità». Il guanciale King’s è prodotto con carne 100% italiana, sale dolce di Trapani e lo speciale mix di spezie “segrete” King’s. Una referenza che esprime appieno l’artigianalità italiana: ogni guanciale viene massaggiato e salato singolarmente per renderne inimitabile il gusto. La sua scrupolosa rifilatura lo rende un prodotto perfetto per l’Ho.re.ca. perché è utilizzabile per intero con uno scarto minimo. >>Link: salumikings.it
41038 S. Felice s/P (MO) Via Palazzetto, 36 infoidealclimasnc@gmail.com
Premiata Salumeria Italiana,
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A Cibus 2024 il caseificio Il Fiorino con un tris di nuovi pecorini affinati
Fior di Maggengo, Agostano e Kira: si chiamano così i tre nuovi pecorini del caseificio Il Fiorino che sono stati presentati a Cibus 2024. I tre nuovi arrivi nell’azienda casearia di Roccalbegna sono tre affinati: il Fior di Maggengo affinato con fiori e miele, l’Agostano con il fieno dei pascoli maremmani e Kira con le foglie di noce. Anche gli ultimi pecorini nati, dalla creatività e dalla passione di Angela Fiorini e Simone Sargentoni (in foto), si contraddistinguono, a partire dal latte, per le materie prime, tutte di altissima qualità e tutte made in Maremma. Questo, insieme ad una produzione in cui domina l’artigianalità e la cura di ogni dettaglio, fanno sì che ogni pecorino de Il Fiorino sia unico ed esprima i profumi, i sapori e gli aromi di una terra bella e rigogliosa come è quella maremmana. Oltre alle ultime novità, Casa Fiorini ha offerto ai visitatori l’opportunità di scoprire e degustare tutti i pecorini dell’azienda: un viaggio nei sapori e nelle tradizioni del caseificio che, dal 1957 a oggi, si è affermato nel mondo come un’eccellenza nell’arte casearia. «Cibus — ha dichiarato Angela Fiorini — è sempre un’opportunità d’incontro con tanti amici, colleghi e operatori del settore, ma è anche l’opportunità per scoprire innovazioni, trend emergenti ed esperienze produttive di valore. Per quattro giorni abbiamo raccontato con entusiasmo i nostri pecorini e condiviso con quanti sono passati allo stand le nuove idee e progetti che abbiamo in mente».
>> Link: caseificioilfiorino.it
Rovagnati presenta a Cibus la nuova linea Snello Rovagnati Gastronomia
La presenza di Rovagnati a Cibus 2024 corona un 2023 di crescita e apre un 2024 iniziato positivamente, con un incremento del 5% sia a volume che a valore. Dopo gli anni precedenti particolarmente sfidanti a livello di scenario, Rovagnati punta sul consolidamento dei volumi e il rafforzamento delle collaborazioni commerciali strategiche per una crescita su tutti i canali di riferimento e partecipa al salone di Parma con iniziative differenziate in due aree espositive: mentre nello stand principale gli ospiti hanno potuto immergersi nella tradizione gastronomica Rovagnati scoprendo e degustando alcune delle principali gamme dell’azienda, dal prodotto simbolo Gran Biscotto alla premiumness di Borgo Rovagnati, dalla convenience de I Firmati alle linee di piatti pronti come le storiche Panatine, il secondo spazio è stato dedicato interamente al brand Snello Rovagnati, la linea di prodotti a ridotto contenuto di grassi e privi di qualsiasi tipo di nitrito o nitrato. E a Cibus ha debuttato anche la nuova linea Snello Gastronomia, che si va ad aggiungere alla linea per il Libero Servizio: nuovi prodotti rappresentano parte integrante della strategia dell’azienda di sviluppo del segmento Benessere e del Banco Taglio, entrambe aree in crescita che rispondono alla crescente domanda dei consumatori di opzioni più salutari senza compromessi sul gusto. «Cibus — ha spiegato Gabriele Rusconi, managing director e board member di Rovagnati — è per noi un’occasione strategica per mostrare le nuove direzioni che stiamo prendendo a livello strategico, in particolare con il potenziamento della linea Snello Rovagnati Gastronomia. I nostri investimenti riflettono l’impegno nell’offrire prodotti di alta qualità e rispondere alle esigenze emergenti di consumatori orientati sempre più al benessere. Sono temi che affrontiamo con una prospettiva quanto più sistemica: dalla Ricerca & Sviluppo delle nostre gamme fino alle iniziative di comunicazione e di education. Le fiere, infine, sono preziose occasioni di incontro con i nostri clienti, momenti in cui raccontare i valori e la filosofia Rovagnati».
>> Link: rovagnati.it
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 102
Innovation Guide:
il salame di Fassone di razza Piemontese tra i top 100
Il salame di Fassone di razza Piemontese è stato selezionato tra i 100 prodotti della Innovation Guide di Cibus 2024 ed era presente al salone all’Innovation Corner. Il salame si è guadagnato un posto nella categoria All Local, nella quale rientrano prodotti e ingredienti inseriti nelle diverse preparazioni alimentari certificate DOP e IGP o di provenienza 100% italiana e/o regionale. Segno che gli allevatori di Fassone di razza Piemontese rappresentano una soluzione alle nuove esigenze dei consumatori che oggi, secondo le survey condotte da Mintel per il 2024, sono più attenti al fatto che il cibo sia gratificante dal punto di vista organolettico. Il salame è prodotto con carne di Fassone di razza Piemontese SQN e pancetta di suino italiano e la stagionatura contenuta esalta la tenerezza tipica della carne di Piemontese, mentre la speziatura dosata assicura un sapore delicato e piacevole. «Quando realizziamo il taglio necessario a produrre la bresaola, ricaviamo anche una parte che può essere riutilizzata per il salame» ha detto il direttore di COALVI Giorgio Marega. «È un taglio molto magro: di fatto l’unica parte di suino è il grasso, che aggiungiamo per realizzare il salame».
>> Link: coalvi.it
Premiata Salumeria Italiana, 3/24
Il Consorzio Salumi DOP Piacentini a Cibus con gli chef
Isa Mazzocchi, Paco Zanobini e Daniele Persegani
«È stato per noi di grande valore simbolico e sostanziale partecipare alla più importante rassegna agroalimentare con la possibilità di incontrare gli operatori del settore i rappresentanti dei principali retailer, catene GDO, buyer e importatori internazionali e far degustare dal vivo l’unicità delle eccellenze del nostro territorio con la prospettiva di aprire opportunità di sviluppo di nuovi canali distributivi e di esportazione in nuovi mercati emergenti» ha dichiarato Antonio Grossetti, presidente del Consorzio Salumi DOP Piacentini. Molto articolato il programma di eventi in fiera, che ha previsto la partecipazione allo stand del Consorzio di tutela di Isa Mazzocchi, chef del ristorante La Palta di Bilegno di Borgonovo Val Tidone (PC), insignita del Premio Michelin Chef Donna 2021, che ha realizzato tre sue originali creazioni, una per ciascun salume DOP piacentino: la “Ciliegia di ricotta e Salame Piacentino DOP”, la “Lasagnetta arrotolata con Pancetta Piacentina DOP, asparagi e maggiorana” e il “Piccolo batarò di Coppa Piacentina DOP con zucchine in fiore”. Lo chef Paco Zanobini, De Smart Kitchen, ha preparato una “Mousse di ricotta, crema di piselli alle erbe selvatiche, crumble di pomodoro e julienne di Coppa piacentina DOP”, mentre Daniele Persegani, lo chef piacentino di “È sempre mezzogiorno” RAI 1, che ha creato un raffinato “Risotto estivo con crema di peperoni Pancetta piacentina DOP e formaggio alle erbe fini”. I tre Salumi DOP piacentini sono stati gustati anche in purezza in abbinamento con i vini della Cantina di Vicobarone: Gutturnio e Malvasia.
>> Link: salumitipicipiacentini.it
Unico in Italia ad avere ottenuto la Denominazione di Origine Protetta per ben tre prodotti, Coppa Piacentina, Pancetta Piacentina e Salame Piacentino, il Consorzio Salumi Piacentini annovera oggi 12 aziende produttrici. In foto allo stand Lorella Ferrari e il direttore Roberto Belli.
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 104
1) Antica Emilia, mortadella Bologna IGP del Salumificio Leoncini di Lazise (VR). 2) A Cibus 2024 Levoni ha presentato “Assaggezza”, la sua accademia di formazione per salumieri, ristoratori e appassionati, creata dal desiderio di valorizzare e salvaguardare la cultura dei salumi, simbolo del made in Italy in tutto il mondo, creando così anche nuove sinergie fra il mondo del gusto e quello della cultura. 3) Presso lo spazio del Prosciutto di Modena DOP non potevano mancare i mitici panini di Daniele Reponi, in foto con Marco Valmori e Anna Anceschi.
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Il Ministero della Cultura conferma il sostegno per la candidatura della tradizione del Balsamico a patrimonio UNESCO. Dall’Europa garanzia di maggiore tutela per l’Aceto Balsamico di Modena
Il Ministero italiano della Cultura sostiene la candidatura “Tradizione del Balsamico tra socialità, arte del saper fare e cultura popolare di Modena e Reggio Emilia” a Patrimonio Immateriale dell’Umanità UNESCO insieme alla Regione Emilia-Romagna. Lo ha ribadito a Cibus il Capo di Gabinetto del Ministero della Cultura Francesco Gilioli, sottolineando come «Nell’aceto balsamico non c’è meno storia che nelle pietre del Duomo e dunque andiamo avanti con la candidatura UNESCO promossa dai due Consorzi di Tutela qui presenti dal Consorzio di Tutela di Reggio Emilia e anche da altre associazioni che promuovono il balsamico come la Consorteria di Spilamberto. Gli uffici l’hanno esaminata, hanno risposto, c’è disponibilità ed interesse anche da parte della Regione Emilia-Romagna. Pertanto vi invito da subito a incontrarsi con il nostro servizio UNESCO che è a disposizione per portare aventi la candidatura avanzata nel 2019 e impostarla seguendo le rigide regole richieste dall’UNESCO. Nella candidatura c’è l’importante aspetto immateriale che caratterizza questo tipo di riconoscimento perché è qualcosa di pervaso e localizzato sul territorio».
L’occasione è stato il talk show “Modena e il Balsamico: raccontare il Gusto della Cultura e la Cultura del Gusto”, moderato da Francesca Romana Barberini, organizzato a Cibus 2024 dai due Consorzi Tutela Aceto Balsamico di Modena e Aceto Balsamico Tradizionale di Modena per la prima volta presenti alla fiera di Parma sotto la comune egida de “Le Terre del Balsamico”, sintesi della comunione di intenti delle due realtà consortili riferite al Balsamico di Modena soprattutto nel campo della promozione e valorizzazione del prodotto.
Si è dunque approfonditamente parlato in tale contesto della domanda di riconoscimento del titolo di Patrimonio UNESCO per l’Aceto Balsamico prodotto nelle province di Modena e Reggio Emilia, presentata da un Comitato territoriale composto dal Consorzio di Tutela dell’Aceto Balsamico di Modena IGP, dal Consorzio Tutela dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP, dal Consorzio Tutela dell’Aceto Balsamico di Reggio Emilia, dalla Consorteria dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena (con sede a Spilamberto), dalla Confraternita dell’Aceto Balsamico Tradizionale (con sede a Scandiano) e supportato dalla Regione Emilia-Romagna nonché dal Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare e dal Ministero della Cultura.
«È dal 2019 che è stata presentata la richiesta per riconoscere l’Aceto Balsamico come patrimonio immateriale dell’UNESCO da parte dei Consorzi di tutela delle tre filiere e delle due associazioni culturali di Modena e Reggio Emilia legate al prodotto» ha detto la presidente del Consorzio Tutela Aceto Balsamico di Modena e vicepresidente “Terre del Balsamico” Mariangela Grosoli. «Oggi questo progetto è al vaglio del Ministero della Cultura e, una volta portato a termine l’approvazione della Cucina Italiana come Patrimonio UNESCO, verrà riattivato anche questo percorso e speriamo che nel giro di qualche anno si riesca ad ottenere questo riconoscimento che vedrebbe riconosciuta la tradizione di un territorio, ma soprattutto di tante famiglie e di tanti imprenditori modenesi e reggiani che hanno contribuito allo sviluppo di questo prodotto».
Sull’importanza dell’autenticità e della tutela, tema molto importante per uno dei prodotti più esportati al mondo, con il 92% della produzione che raggiunge ben 130 Paesi ma che resta, ahimè, anche tra i più imitati al mondo, se ne è parlato, sempre a maggio, durante il talk show “L’autenticità ha un gusto unico. Tutelare il valore dell’autenticità al tempo del fake”, a cui hanno partecipato esperti del settore come Cesare Baldrighi, presidente Origin Italia, Mirko Depinto, Studio Ambrosetti, Luca Giavi, direttore del Consorzio Prosecco DOC. L’incontro ha messo in evidenza il momento di grande fermento per le IG italiane ed europee dopo la recente entrata in vigore del nuovo regolamento che rafforza il sistema delle DOP e IGP con l’intervento dell’on. Paolo De Castro, europarlamentare e membro effettivo della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale. «Adesso occorrerà rilanciare un piano di azione per sviluppare quella cultura delle IG in tutta Europa aiutando a promuovere questo sistema perché più forte sarà il sistema, più tutelati saranno i produttori dei Consorzi e sarà una straordinaria occasione per rafforzare il loro ruolo. Adesso non fermiamoci» ha concluso De Castro. «Lavoriamo bene, ci saranno anche risorse europee che daranno possibilità proprio al sistema dei Consorzi di fare più iniziative per far conoscere le IG al consumatore che deve essere il nostro grande alleato. È questa l’Europa che vogliamo, capace di accompagnare gli agricoltori verso sistemi produttivi sempre più competitivi e sostenibili».
Per Cesare Baldrighi: «Fino ad oggi le produzioni DOP e IGP sono state la punta di diamante dell’agroalimentare nazionale e non solo. Per continuare a mantenere quella posizione dobbiamo affiancare alla fama,
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I relatori al talk show “Modena e il Balsamico: raccontare il Gusto della Cultura e la Cultura del Gusto” organizzato a Cibus 2024 da “Le Terre del Balsamico”.
al prestigio, alla qualità dei nostri prodotti anche l’elemento legato alla sostenibilità che significa sostenibilità economica e sociale che sono insite nei nostri Disciplinari, ma dobbiamo essere bravi anche sulla sostenibilità ambientale sulla quale oggi non esiste una convinzione del consumatore in questo senso. Il nostro lavoro da qui a cinque anni sarà quello di portare tutti i Consorzi ai vertici anche nella sostenibilità ambientale con un lavoro che prende spunto da un’analisi fatta dalla FAO su 250 indicatori di sostenibilità ambientali dedicati alle Indicazioni Geografiche, da uno screening di questi indicatori il nostro obiettivo è scegliere una base comune per tutte le IG per scendere poi via via nello specifico sulle filiere e via via sui singoli prodotti e sui singoli Consorzi di tutela». I temi trattati durante gli incontri hanno un significato particolarmente importante per il presidente del Consorzio Tutela Aceto Balsamico Tradizionale e presidente “Le Terre del Balsamico” Enrico Corsini, anche per la presenza agli incontri di istituzioni a più livelli, dal locale all’europeo: «Il sostegno delle istituzioni dalla più vicina alla più centrale, non fa che ribadire l’importanza della nostra produzione all’interno del sistema Italia, insieme ad altri eccellenti prodotti dell’agroalimentare modenese ed emiliano-romagnolo più in generale. Ciò significa una grande attenzione e sensibilità verso il lavoro delle nostre imprese e delle opportunità che hanno saputo cogliere sviluppando strategie di posizionamento sui mercati esteri anche a lungo termine».
Oltre ai momenti di confronto, per i due Consorzi presenti a Cibus 2024 con Le Terre del Balsamico la fiera di Parma è stata anche occasione di degustazioni in collaborazione con il Consorzio del Lambrusco, del Parmigiano Reggiano, del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale rimarcando l’importanza della collaborazione e su come riconoscere l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP ed i suoi affinamenti e sul fronte dell’Aceto Balsamico di Modena IGP con focus sul Consortium Profile per riconoscerne le caratteristiche organolettiche.
>> Link: www.consorziobalsamico.it
Salumeria Italiana, 3/24
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1) Salumi artigianali calabri di Salumi del Castello di Lamezia Terme (CZ). 2) La Culaccia del Salumificio Rossi di Sanguinaro di Fontanellato (PR). 3) Prosciutto di Parma DOP, grande protagonista a Cibus 2024. «Cibus è il luogo in cui sentirsi partecipi di un sistema agroalimentare capace di portare la cultura e l’identità del nostro Paese in ogni angolo del mondo. Per questo siamo sempre così orgogliosi di prendervi parte» ha dichiarato Alessandro Utini, presidente del Consorzio del Prosciutto di Parma.
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4)
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1) Romeo e Pier Antonio Gualerzi della Gualerzi Spa di Pilastro di Langhirano (PR). 2) Lo staff del Gruppo Suincom di Solignano di Castelvetro (MO). 3) Preparazione in diretta degli Amaretti Virginia, marchio storico savonese dell’arte dolciaria.
Antonio Falcone, dell’omonimo Salumificio di Camigliatello Silano (CS), ha portato a Parma varie linee di prodotto, tutte espressioni dell’alto artigianato della salumeria calabrese.
1) L’affollato spazio del Gruppo Negrini di Renazzo (FE). 2) Anche il Salumificio Pavarotti di Castelnuovo Rangone (MO) ha scelto Cibus 2024. Allo stand, Carlo Alberto Pavarotti con la compagna Benedetta. 3) Barbara Marcozzi del Pastificio Strampelli Amatrice. 4) Foto di gruppo per i rappresentanti del Prosciutto di Norcia IGP. Al centro, il presidente Pietro Bellini. 5) La meravigliosa pasta lavorata a mano del Pastificio del Colle di Gioia del Colle (BA). 6) In visita a Cibus 2024 anche Francesco, Margherita e Marcello Palmieri del Salumificio Mec Palmieri di San Prospero (MO).
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presentato tecnologie innovative per l’industria
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1) Lo stand dell’Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense (PR). 2) Enrico Corsini e Leonardo Giacobazzi, rispettivamente presidente e vicepresidente del Consorzio Tutela Aceto Balsamico Tradizionale di Modena. 3) Il Montasio DOP a Cibus 2024. 4) Acetaia Leonardi di Magreta di Formigine (MO). 5) La veronese Borin Srl ha
del food. 6) Lorenzo Minguzzi e Marco Fabbri della romagnola FABO SI, leader da 30 anni nella consulenza specializzata dei Finanziamenti a Fondo Perduto.
1) I rappresentati del Frantoio Galantino di Bisceglie (BT), una famiglia di maestri oleari dal 1926. 2) Ottime le salse e i sughi della linea Famiglia Crispino, di Calabria Food Srl, produttori di specialità calabresi dal 1979. 3) Cibus tornerà a Parma nel 2027. Grazie all’accordo sinergico tra Fiere di Parma e FieraMilano, nel 2025 e 2026 ci saranno due edizioni a Milano di Tuttofood, brand controllato sempre da Fiere di Parma
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 112
MELPIGNANO: ACCOGLIENZA E INCLUSIONE SOCIALE A PARTIRE DALLA TAVOLA
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 114 WEEK-END
Melpignano (LE), la chiesa madre di San Giorgio
Testi e foto di Massimiliano Rella
Non solo per la “Notte della Taranta” e la pizzica pizzica, il frenetico ballo salentino che trova il miglior palcoscenico nella chiusura, a fine agosto, del rinomato festival di musica itinerante e danza: Melpignano, in provincia di Lecce, è infatti un comune che vuole farsi conoscere anche come paese dell’accoglienza e dell’inclusione sociale. Un progetto, questo, che parte dalla scuola con la Mensa Etica, “scende” in piazza con il Mercato del Giusto, passa per i ristoranti e i bar con i menu Nero Braille e di nuovo torna sui banchi per insegnare ai bambini la Lingua dei Segni Italiana (LIS).
L’inclusione, la solidarietà, l’economia sociale sono i temi su cui sta puntando con decisione uno dei 12 comuni simbolo della Grecia Salentina, un lembo di Puglia di antica eredità ellenofona, che accolse, a partire dal IX secolo, un lungo flusso migratorio greco, di cui oggi rimane traccia nell’arte bizantina e nel folclore e, limitatamente, nella lingua, col tempo, dai più, abbandonata. Un Salento profondo e tutto da scoprire, nel cuore del Tacco d’Italia.
Da ottobre ad aprile, ad esempio, per due domeniche al mese (da maggio a settembre ogni venerdì sera) la bella piazza San Giorgio accoglie turisti e curiosi al Mercato del Giusto, un mercatino di prodotti tipici ed etici da agricoltura e artigianato sostenibile, organizzato e fortemente voluto dall’amministrazione comunale con l’idea di riportare in piazza piccoli produttori e coltivatori del territorio in uno spazio pubblico, facendoli incontrare coi cittadini per discutere di lavoro, cibo, etica produttiva, cura dell’ambiente e del pianeta. In programma live musicale e dibattiti culturali in piazza.
E ancora: gli orti sociali gestiti dai cittadini nella Pineta Longa, un bosco demaniale di 8 ettari con sentieri e percorsi sportivi attrezzati fra querce, lecci e roverelle.
Un’altra iniziativa promossa dal Comune riguarda il tema dell’accessibilità e delle barriere architettoniche. Simbolo di questa sfida sono i linguaggi Braille per non vedenti e la comunicazione gestuale LIS per sordomuti. Ad esempio nelle strutture ricettive di Melpignano sono presenti i menu “Nero Braille” in bar e ristoranti, i cataloghi di visite guidate
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 115
Formaggi tipici al Mercato del Giusto in piazza San Giorgio e i menu “Nero Braille”.
a una data di scadenza è stata data una speranza
È stato calcolato che il valore annuale del cibo sprecato in Italia è di 15,6 miliardi di euro* e questo rende ancora più insopportabile il dato che registra oltre 2 milioni di famiglie italiane in povertà assoluta, di cui quasi 200.000 sono in Lombardia*.
Ed è qui che siamo impegnati ogni giorno per contrastare l’insicurezza alimentare, distribuendo 1.200.000 kit di spesa ogni anno e sostenendo ogni giorno quasi 5.000 persone in di ff icoltà che passano dai nostri centri, senza fare distinzioni di nessun tipo, grazie ai nostri 250 volontari, ai privati e alle aziende che sostengono la nostra associazione Pane Quotidiano ONLUS.
Ma il numero di ospiti giornaliero è raddoppiato negli ultimi 5 anni e adesso abbiamo bisogno anche di voi.
Ci servono le vostre eccedenze di produzione: siamo organizzati per ritirare anche i prodotti freschi e in scadenza in tempi rapidi, con una piani ficazione digitalizzata che considera anche la catena del freddo. Con il dono di prodotti in surplus, oltre a contribuire a un importante impegno sociale, potete anche bene ficiare di vantaggi economici, fiscali e logistici.
Un grande aiuto per chi ha bisogno, e una scelta di sostenibilità per la vostra azienda.
*fonti: Waste Watcher International Observatory 2023, Istat
eccedenze@panequotidiano.eu
bit.ly/eccedenze
Insieme per l’emergenza alimentare
in braille nei B&B, la toponomastica “inclusiva” nel Palazzo Marchesale e le mappe Braille nei punti di interesse storico del paese. Invece alla scuola primaria si tengono corsi per bambini normodotati per insegnar loro la comunicazione Lis e Braille.
La scuola promuove anche l’educazione alimentare di bimbi, ragazzi e famiglie valorizzando i prodotti locali, tipici e biologici attraverso la Mensa Etica; iniziativa nata nel 2018 con l’introduzione nella scuola d’infanzia di alcuni ortaggi di territorio e che oggi copre buona parte delle forniture di cibo, utilizzando anche una piccola selezione di prodotti bio extraregionali, come il riso dalla Lombardia e la pasta Girolomoni.
I pranzi “etici” sono adesso serviti anche ai ragazzi di tre classi della primaria, «un’iniziativa culturale e di economia sociale che vuole ribadire l’importanza della sana nutrizione, educare alla scelta di prodotti locali e naturali, promuovere e valorizzare il territorio» sottolinea Valentina Avantaggiato, sindaco di Melpignano. «La sfida parte dalla cura dei più piccoli e crea un modello replicabile in altre realtà. Tutti abbiamo il diritto di mangiar bene per star bene».
L’ultima novità riguarda il bando Borghi del PNRR (Piano Nazionale Di Ripresa e Resilienza) per un finanziamento di 1,6 milioni di euro ottenuto dal Comune per realizzare azioni integrate e sistemiche di rigenerazione culturale e sociale, un progetto declinato su due ambiti: agro-ecologico ed etnomusicale. Lo scorso novembre ad esempio è partito il primo Master in Gastronomie territoriali sostenibili e Food Policy, organizzato in collaborazione con l’Università del Salento e l’Università di Scienze Gastronomiche, di Pollenzo (CN). Aperto a 25 laureati si conclude a giugno 2024. Gratuito per la prima annualità, la seconda edizione sarà coperta al 50% dei costi. Le lezioni si svolgono nel Palazzo Marchesale e sono previsti viaggi didattici, summer school, laboratori e seminari in collaborazione con Slow Food ed EStà (Economia e Sostenibilità), il centro no profit che ha progettato la Milano Food Policy
Massimiliano Rella
>> Link: www.comune.melpignano.le.it
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In alto: cacioricotta e caciocavallo affumicato al Mercato del Giusto. In basso: gli orti sociali nella Pineta Longa.
AL DI LÀ DEL TAGO: ALENTEJO GOURMET
di Riccardo Lagorio
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 118 TURISMO ENOGASTRONOMICO
Il Castello di Estremoz e la campagna dell’Alentejo. Racchiusa tra l’Algarve e le regioni di Lisbona e Centro, l’Alentejo, in Portogallo, è una terra ricca di storia, di borghi e piccoli paesini che faranno innamorare chiunque li visiti per la prima volta.
Per chi vuole godersi una vacanza gourmet di qualche giorno o settimana, il Portogallo costituisce una meta che merita di essere ancora scoperta. In particolare nella regione dell’Alentejo (letteralmente “al di là del Tago”), a sud di Lisbona, si alternano vigneti, querce da sughero e pecore (ma anche suini dal vello nero), che trotterellano verso il turista su pianori ondulati e infiniti, il montado. «Da noi la biodiversità non è solo di tendenza, ma l’essenza stessa di pensare l’azienda» esordisce Ana Teixeira Banha, alla guida del fuoristrada che si muove tra gli 800 ettari di Herdade de Coelheiros (coelheiros.pt), un mosaico di ecosistemi fatto di boschi zeppi di selvatici, vigneti e noceti nei dintorni di Igrejinha. «Questa regione possiede tutti gli elementi per produrre buon vino: tanto sole, buon terreno e soprattutto vitigni autoctoni, figli di un’eredità vinicola secolare» spiega poi nella sala degustazione tra arazzi e tappeti, davanti al robusto bianco di uve Arinto e Roupeiro. L’etichetta stessa è un omaggio al passato e riproduce le accattivanti decorazioni in lana che impreziosiscono gli intrecci locali. Per capire quanto sia radicata la tradizione della filatura, della tintura e del ricamo bisogna mettere in conto una sosta nel museo e negli opifici artigianali
di Arraiolos, tra case biancazzurre e dominate dal castello medievale (Centro Interpretativo do Tapete de Arraiolos, www.tapetedearraiolos.pt).
Dalla piazzaforte di un altro castello a mezz’ora d’auto, quello di Estremoz, i vigneti si possono avvistare a perdita d’occhio e si comprende meglio perché l’Alentejo viene considerato il paradiso degli enoturisti. Sulla strada per Reguengos de Monsaraz la sala degustazione della cantina Ervideira (ervideira.pt), fondata nel 1880, «accoglie 300.000 persone l’anno, che provengono soprattutto dai paesi di lingua inglese» spiega João Bonito, uno degli addetti alla ricezione. Questa cantina fu la prima ad inaugurare la vendemmia di notte «per mantenere i profumi del mosto e del vino» e meccanizzare la raccolta di uva su buona parte dei 110 ettari vitati. «Oltre a poter provare i vini, da noi si può trascorrere un’intera giornata con l’enologo della casa oppure richiedere il necessario per un picnic tra le vigne» spiega Bonito. Durante l’assaggio anche il naso meno preparato viene colpito dalla fragranza d’incenso presente nel bianco dai sodi acini di Antão Vaz.
Invece all’ombra di un acquedotto dell’XI secolo, quello di Serpa, ad un’ora di automobile, ci si può far raccontare la storia della famiglia Monges (vinho-
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1) Coelheiros Rose 2023. 2) La Cantina Ervideira. 3) Conde d’Ervideira Reserva Tinto 2000. 4) Il Queijo Serpa DOP. 5) Jacinto Penacho nella sua macelleria.
deserpa.com). Di ritorno dagli Stati Uniti all’inizio del XXI secolo, ha messo a dimora le prime vigne su oltre 20 ettari.
Grazie all’esperienza oggi accumulata l’Alicante Bouschet che le figlie Catarina e Jessica hanno realizzato trasuda di bontà: alcolico, fruttato, mediamente legnoso in quanto trascorre 9 mesi in botti di secondo passaggio.
Sono vini che si accompagnano bene ai formaggi di pecora. Spesso gli animali sono allevati al pascolo. Tra le specialità casearie il Queijo Serpa DOP , che ha conseguito la Denominazione di Origine Protetta nel 1996, è quello più prestigioso.
Al Caseificio Guilherme (che esporta anche in Italia, queijariaguilherme.pt) spiegano che la particolare cremosità del formaggio, oltre all’alimentazione degli ovini, deriva dal caglio utilizzato, l’infuso di cardo.
Il cardo, pianta facilmente reperibile nel montado dell’Alentejo, si raccoglie in primavera e, una volta essiccato, ne viene fatto in infuso che il potere di coagulare il latte. Le forme, cilindriche e basse, vengono delicatamente avvolte
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in una garza di cotone per facilitare la tenuta delle stesse. La stagionatura è di almeno 30 giorni; trascorso tale periodo e mantenuto il formaggio a condizioni ottimali, la pasta si fa più cremosa e il sapore più intenso tanto che il modo migliore di consumo è strofinarlo sul pane come antipasto o merenda. Ed è sempre lo speciale territorio dove si incontrano sugherete e pascoli che vengono allevati i suini neri, vanto della salumeria lusitana.
Jacinto Penacho ha aperto vent’anni fa la propria macelleria a Beja (Talho do Jacinto, Largo de Santo Amaro 22, 7800-266 Beja, telefono: +351 284 326213). «Il prodotto più significativo è il chorizo. Utilizziamo solo carne di coscia, poca pancetta, aglio e polvere di peperone, che conferisce il caratteristico profumo di affumicato. Per rendere più succulento il chorizo talvolta tagliamo la carne a coltello». Raramente il peso supera i 500 grammi, «perché si può consumare facilmente in una merenda tra amici». Dipende certo da quanti amici, ma un chorizo tira l’altro.
Riccardo Lagorio
Premiata
RISTORAZIONE, IN ATTESA DI TEMPI MIGLIORI
Il Rapporto FIPE-Confcommercio delinea un quadro a tinte fosche, ma si inizia ad intravedere la luce in fondo al tunnel
di Maria Antonietta Dessì
Non c’è pace per la ristorazione italiana. Dopo il Covid, una crisi sui costi, come poche ce ne sono state negli ultimi decenni. Prima l’impennata insopportabile delle bollette, poi un’inflazione galoppante che stenta a ridursi e un mercato dove si deve fare i conti con portafogli sempre più leggeri. E, come se non bastasse, nel sentimento comune, bar e ristoranti sono visti come soggetti attivi in questo nefasto processo, colpevoli, secondo una diffusa scuola di pensiero, di aver ritoccato oltremodo al rialzo i propri listini. Questo a dispetto anche del fatto che la dinamica dei prezzi del settore sia stata in realtà trattenuta di oltre tre punti al di sotto di quella generale, nel tentativo di andare incontro ad una clientela già sfiancata dall’aumento vertiginoso del costo della vita.
E se da una parte persistono vecchi problemi — si pensi ai costi ingenti per rinnovare gli ambienti — dall’altra si fanno i conti con nuove problematiche, come quelle della mancanza di personale, della necessità di elevare la professionalità e di trovare “un proprio posto nel mondo”, con una proposta definita che qualifichi l’esercizio.
Sono tutti elementi forniti dal “Rapporto 2023 sulla Ristorazione” di FIPEConfcommercio che, per valutare lo stato di salute del comparto, ha condotto
Il fuoricasa si conferma un mercato importante e in sviluppo per aziende e imprenditori a tutti i livelli, ma al contempo è un mercato sempre più competitivo e complesso per cui occorre sviluppare strategie mirate in funzione di aree e canali che si intendono presidiare.
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Sulla base dei dati presenti nel “Rapporto 2023 sulla Ristorazione” di FIPE -Confcommercio, nell’analisi dello stato di salute del comparto colpisce l’alta mortalità delle imprese. Nel 2022 ne sono state avviate 9.688, ma nello stesso anno 20.384 hanno cessato, portando il saldo a –10.696 unità (photo © Aleshin Andrei).
uno studio anche in collaborazione con prestigiosi istituti che operano nel campo delle analisi economiche.
Tra i primi dati colpisce l’alta mortalità delle imprese. Nel 2022 ne sono state avviate 9.688, ma nello stesso anno 20.384 hanno cessato, portando il saldo a –10.696 unità. Se da una parte c’è l’invalsa convinzione che aprire un bar o un ristorante siano operazioni alla portata di tutti e quindi soluzioni buone sia per chi vuole investire sia per chi è rivolto all’autoimpiego, dall’altra manca diffusamente l’inclinazione alla pianificazione e allo studio di progetti e modelli organizzativi adeguati, che garantiscano maggiori certezze di riuscita.
Con un valore aggiunto stimato in 43,5 miliardi di euro, a dicembre 2022 negli archivi delle Camere di Commercio italiane risultavano attive 335.817 imprese appartenenti al codice di attività 56.0, col quale vengono classificati i servizi di ristorazione e non solo. Il numero è in diminuzione sul 2021, seppur in maniera lieve, con una maggiore accentuazione nel Friuli Venezia Giulia e in modo ancora maggiore nelle Marche, effetto probabilmente degli strascichi delle misure dovute alla pandemia. Il calo è diffuso
a livello territoriale, non alterando in modo significativo la composizione percentuale tra le regioni.
Le imprese del settore gestite da donne sono il 28,2% del totale, quelle da giovani under 35 invece 48.408, pari al 12,3%. Sono infine più di 50.000 le imprese con “titolari” stranieri, pari quasi al 13%.
I pubblici esercizi sono una realtà ampiamente diffusa in ogni regione che non ha eguali in nessun’altra tipologia di servizio alle persone. La presenza è strettamente legata a variabili demografiche più che economiche. La Lombardia si conferma la prima regione per presenza di imprese del settore, con una quota sul totale pari al 15,3%, seguita da Lazio (10,5%) e Campania (10,1%).
Valutando invece la struttura aziendale, la ditta individuale si mostra la forma giuridica prevalente, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno, dove la quota sul totale, raggiunge soglie che sfiorano il 70% del numero complessivo delle imprese attive (vedi caso della Calabria). Le società di persone sono un’opzione diffusa nelle aree settentrionali del Paese, mentre le società di capitali, pur minoritarie, si ricavano uno spazio in regioni come il Lazio.
In questo contesto, il settore mense & catering, cioè di ristorazione collettiva, rappresenta oltre 3.600 realtà, concentrate principalmente in Lombardia, Lazio, Campania, ma con presenze importanti anche in Toscana e Sicilia, complice la presenza di scali aeroportuali di rilievo. Il settore è dunque più strutturato e il mercato principalmente B2B, spesso regolato da gare d’appalto, ma che registra i più bassi tassi di sopravvivenza.
Quanto al personale, al netto dei numerosi problemi a reperirlo, è in ripresa l’occupazione dipendente: le oltre 165.000 aziende con almeno un dipendente hanno impiegato 987.052 lavoratori. L’occupazione dipendente anche in bar, discoteche e ristorazione collettiva migliora, ma resta sotto i valori del 2019. L’input di lavoro proviene per oltre il 63,8% dal lavoro dipendente, mentre le unità di lavoro indipendenti sono il 36,2% del totale. Inoltre, andando a guardare negli organigrammi aziendali, osserviamo che l’imprenditore è anzitutto un lavoratore. Il 93,8% svolge infatti la propria attività lavorativa all’interno del proprio ristorante, con un’intensità dell’impegno tutt’altro che banale, poiché assorbe mediamente oltre 9 ore al giorno.
Secondo l’INPS, ciascuna azienda occupa mediamente 6 unità. I valori si avvicinano sempre più ai livelli pre-pandemia. Il recupero in termini assoluti ha interessato tutti i settori, ma in particolare rispetto al 2019 sono i ristoranti (+9.308), la fornitura di pasti preparati (+8.166) e gli stabilimenti balneari a registrare un segno positivo. L’87,5% degli occupati dipendenti svolge mansioni operative. Non trascurabile il numero degli apprendisti, pari a oltre 76.000 unità.
Il 40% dei dipendenti risulta assunto con orario di lavoro a tempo pieno, mentre la forma di part time più diffusa è quella di tipo orizzontale con 519.941 lavoratori. L’utilizzo di contratti a tempo indeterminato è molto diffuso nel comparto dei pubblici esercizi (59,4%), mentre il ricorso al lavoro stagionale risulta marginale (9,9%).
7 ristoranti su 10 lavorano sei giorni a settimana, ma stanno crescendo quelli che tengono chiuso anche più di un giorno. All’opposto, poco più di un ristorante su cinque continua a fare il 7
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Il 2022 è stato un anno importante per la ristorazione, con un recupero notevole delle perdite subite in pandemia. Gli imprenditori del settore abbozzano un timido ottimismo, con 9 ristoratori su 10 che si dicono fiduciosi sul futuro.
su 7, una formula che richiede una più complessa organizzazione del lavoro per la gestione di turni e riposi. Ma forse anche a causa dei problemi di reperimento del personale e di ricerca di una migliore qualità della vita per chi opera in questo campo sono in aumento i ristoranti che effettuano un solo turno. Il 21% è aperto solo a cena, mentre appena il 6% solo a pranzo. Sono anni difficili e di cambiamento, dove però non mancano segnali positivi che fanno ben sperare.
Nel complesso, infatti, nel 2022 i consumi alimentari in Italia sono stati pari a circa 260 miliardi, di cui 172 consumati in casa e 82 fuori, riavvicinandosi così al valore del 2019 (85,5 miliardi).
La crescita del mercato fuoricasa è stata rilevante, con un incremento del 26% rispetto all’anno precedente. I consumi alimentari domestici sono cresciuti, ma in modo più modesto (+4,7%). In questo scenario ha aiutato di certo il turismo, che prima del 2020 pesava
La tavola, anche quella del ristorante, è intersezione tra filiere preziose del made in Italy, è stile di vita delle comunità, è territorio, è cultura, è identità, è spesso l’ultimo miglio del comparto agroalimentare, dove è possibile valorizzare un piatto, e quindi un prodotto, e dargli una spinta verso il mercato
il 10% circa dei consumi fuoricasa; percentuale che nel 2020 è scesa al 5% per poi risalire nel 2021 e ora tornare più o meno ai livelli pre-Covid.
La ripresa delle occasioni serali e in generale del mercato ha visto una crescita significativa per i ristoranti di fascia medio/alta, una stabilità per le pizzerie e lievi riduzioni per la fascia medio/bassa, delineando una potenziale polarizzazione dell’offerta, ove nelle occasioni più funzionali ci si orienta alla convenienza e in quelle più particolari alla gratificazione e ricerca di nuove esperienze culinarie. La ristorazione veloce raccoglie il 7% delle visite complessive.
Positivi, anche se con variazioni leggermente inferiori alla media, tutti gli altri canali, con l’eccezione dei locali con cibo da asporto e del food delivery, in particolare di quello offline, il cui ruolo era stato invece fondamentale in pandemia, e che si attesta ormai su quote del 4-5%.
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Il fuoricasa si conferma quindi un mercato importante e in sviluppo per aziende e imprenditori a tutti i livelli, ma al contempo si delinea come un mercato sempre più competitivo e complesso per cui occorre sviluppare strategie mirate in funzione di aree e canali che si intendono presidiare. Si conferma la maggiore attenzione dei consumatori verso fattori relativi al benessere, alla gratificazione e al recupero della socialità, ma al contempo anche a tematiche più ampie legate alla tutela dell’ambiente e alla sostenibilità in generale. Il consumatore è comunque più sensibile ad uno storytelling anche valoriale sul prodotto.
In conclusione, il 2022 è stato un anno importante per la ristorazione, con un ulteriore balzo in avanti verso il recupero, sebbene non ancora pieno, delle perdite subite durante la pandemia. Anche gli imprenditori del settore abbozzano un timido ottimismo: 9 ristoratori su 10 si dicono fiduciosi sul futuro.
L’andamento della ristorazione, proprio per questo turn over continuo che garantisce stabilmente certi numeri, sembra non preoccupare chi è a valle e a monte di questa economia. Eppure è ovvio che si tratti di un ragionamento miope e poco lungimirante, soprattutto in un Paese come il nostro in cui la tavola, anche quella del ristorante, è intersezione tra filiere preziose del made in Italy, è stile di vita delle comunità, è territorio, è cultura, è identità, è spessissimo l’ultimo miglio del comparto agroalimentare, quello dove è possibile valorizzare un piatto e quindi un prodotto, anche il più semplice, e dargli una spinta a 360 gradi verso il mercato. Il ristoratore è il miglior ambasciatore di un prodotto e di un territorio
L’occhio attento nota che i ristoranti nascono come funghi, talvolta con molto clamore di stampa, di influencer e di pseudo esperti che del nuovo locale valutano l’apparenza senza ponderare il giudizio.
Assistiamo a meteore che durano il tempo di una recensione, non facciamo sempre caso al fatto che invece la ristorazione è una cosa serissima, da cui dipende l’andamento di molti altri settori. E con la stessa serietà andrebbe trattata.
Maria Antonietta Dessì
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Premiata
Salumeria Italiana,
ALIMENTARIA, SEMPRE PIÙ GLOBALE
Insieme a Hostelco, la fiera internazionale del Food & Beverage che si svolge con cadenza biennale a Barcellona conferma la forza del settore e la sua dinamica innovativa
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Alimentaria & Hostelco 2024, organizzata da Alimentaria Exhibitions, una società di Fira Barcelona, ha visto la partecipazione di circa 3.200 aziende espositrici, che hanno occupato un’area netta di 100.000 m2 e 7 padiglioni, praticamente l’intero spazio della sede fieristica sulla Gran Vía. Consolidatasi come potenza esportatrice di prim’ordine, l’industria spagnola della carne ha esposto i propri prodotti ai buyer provenienti da Paesi strategici come Cina, Francia, Portogallo, Giappone e Italia (photo © Fira de Barcelona / Alimentaria Exhibitions S.L.U).
Alimentaria & Hostelco si conferma una tra le principali piattaforme fieristiche per l’industria del Food & Beverage, del foodservice e delle attrezzature per l’ospitalità. L’edizione 2024 si è svolta dal 18 al 21 marzo scorsi all’insegna della partecipazione e del business internazionale. Oltre 3.200 aziende espositrici provenienti da 68 Paesi hanno partecipato all’evento e sono stati 107.900 i professionisti che hanno visitato la fiera, provenienti da 120 Paesi. Con un impatto economico stimato di 180 milioni di euro, le cifre di d’Alimentaria & Hostelco riflettono la forza del salone, che ha occupato quasi 100.000 m2 di spazio espositivo netto. Per il direttore di Alimentaria, J. Antonio Valls, «questa edizione è stata un successo clamoroso in termini di internazionalizzazione. Alimentaria & Hostelco ha recuperato le cifre precedenti alla pandemia, attirando acquirenti da Paesi strategici come la Cina».
Dopo la Spagna, il Paese che ha occupato più spazio espositivo è stata l’Italia, seguita da Turchia, Cina e Hong Kong, Polonia, Portogallo, Francia, Belgio, Germania, Paesi Bassi e Argentina. Spiccava il ritorno delle aziende asiatiche, guidate da Cina e Hong Kong, con un’ampia rappresentanza di Taiwan, Thailandia e Corea del Sud.
Le sfide di un’industria chiave per l’economia
Il settore alimentare, carne in primis, rappresenta uno dei pilastri dell’economia spagnola insieme ai comparti automobilistico e chimico. L’industria della carne è il quarto settore industriale in Spagna e il suo fatturato, più di 33.218 milioni di euro nel 2022 secondo i dati del Governo, rappresenta oltre il 23% dell’industria alimentare spagnola nella sua totalità. È inoltre leader nelle esportazioni del settore ed è il maggior “datore di lavoro” nell’industria del food, con più di 118.000 posti di lavoro diretti (24,7% del totale). Infine, secondo i dati di Nielsen, il settore dei prodotti carnei in Spagna ha chiuso il 2023 con un aumento della domanda del 2,7% in volume e il consumo annuale di carne pro capite è cresciuto leggermente, superando i 32,4 kg. Le vendite di pasti pronti sono cresciute del 7%. In linea con queste tematiche, l’IRTA (Istituto di Ricerca e Tecnologia Agroalimentare) ha organizzato in fiera un dibattito con produttori e distributori, che, sotto il titolo “Dalla carne rossa alla carne verde”, si è concentrato su come produrre carne di qualità, competitiva e più sostenibile in futuro.
• La prossima edizione dell’evento si terrà dal 23 al 26 marzo 2026. Info: alimentaria.com
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1/2) Alessandro Lorenzi e Attilio Caviglione della Lorenzi Spa di Comun Nuovo (BG). Il salumificio bergamasco ha presentato tra gli altri prodotti anche Rusticotto, prosciutto cotto di alta qualità realizzato con carne 100% italiana, legato a mano e cotto oltre 20 ore. 3) L’ampio stand del Gruppo Pini, con Ferrarini e Litera Meat, per la prima volta ad Alimentaria. 4) Anche il Gruppo Negrini ha scelto Alimentaria per promuovere il made in Italy sui mercati esteri. 5) Jamón ibérico del Consorcio de Jabugo.
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La Spagna e il comparto carni
Nel panorama internazionale, la Spagna si posiziona come uno dei principali esportatori di carne, con un’ampia gamma di prodotti che va dai celebri prosciutti iberici a carni fresche e trasformate destinate a mercati in tutto il mondo. La Cina emerge come il primo mercato in volume per l’esportazione di carne suina, mentre la UE rappresenta il principale destinatario in termini di valore, evidenziando l’importanza strategica del settore carne spagnolo sullo scenario globale. L’industria della carne in Spagna non si limita alla produzione e all’esportazione, ma comprende anche un forte impegno verso l’innovazione e la sostenibilità. In risposta alle crescenti esigenze dei consumatori e alle sfide poste dal cambiamento climatico, il settore sta esplorando nuove tecnologie e pratiche di produzione sostenibile, come l’adozione di sistemi di alimentazione e allevamento più ecocompatibili, l’implementazione di soluzioni basate sull’intelligenza artificiale per ottimizzare la gestione delle risorse e la produzione di carni alternative e prodotti carnei con ridotto impatto ambientale. Per Anna Canal (in foto), project director di Alimentaria Exhibitions: «Il comparto della carne è il settore economico e produttivo più forte nel sistema agroalimentare della Catalogna e, dopo il superamento della crisi pandemica, molte aziende sono ritornate a esporre i propri prodotti ad Alimentaria» ha sottolineato. «Non dimentichiamo poi che l’Italia, dopo la Spagna, è il Paese con più espositori di Alimentaria, con un +24% rispetto alla passata edizione 2022».
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1) La rivisitazione di alcune tra le opere pittoriche più famose interpretata da Martínez Somalo, azienda leader nella produzione di jamón. 2) Dettaglio dello stand di César Nieto. 3) Sono stati quasi 108.000 gli operatori che hanno visitato Alimentaria 2024.
SOCIETÀ AGRARIA BACCIOTTI
di Riccardo Lagorio
Tra il quinto e il settimo decennio del Novecento l’esodo dalle campagne e dai monti sardi ha permesso di attutire lo spopolamento delle aree interne dell’Appennino (Romagna, Marche e Toscana in particolare) dovuto ad intere generazioni che si andavano inurbando o venivano assorbite dall’in-
dustria. La presenza dei pastori sardi non si è limitata a mantenere feconde le aree che altrimenti avrebbero subito un inarrestabile inselvatichimento, ma ha contribuito ad inserire in terraferma modalità di caseificazione fino ad allora poco praticate. La famiglia Mongili arrivò nel Mugello a metà degli anni Sessanta e oggi lavora 120
ettari di terreno producendo cereali, favino e fieno in regime biologico che permettono di alimentare i circa 400 ovini. Le greggi pascolano per buona parte dell’anno e sono sotto controllo biologico: le pecore sono alimentate esclusivamente con prodotti biologici e curate, all’occorrenza, con medicine omeopatiche. «Per queste ragioni i
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FORMAGGIO
Sandra Mongili con il pecorino a pasta semicotta della Società Agraria Bacciotti.
formaggi freschi come la robiola e il raveggiolo si trovano solo da dicembre a settembre mentre quelli stagionati per tutto l’anno» spiega Sandra Mongili, che, col fratello Roberto (l’azienda Bacciotti porta il nome della madre), gestisce l’azienda agricola.
Tutti i formaggi sono prodotti a latte crudo. «Abbiamo una gestione diretta di tutto il ciclo produttivo e ciò rende possibile avere il pieno controllo di ogni fase della produzione. La freschezza e la pulizia del latte e dell’ambiente di produzione sono il presupposto indispensabile per realizzare i nostri caci» continua. Il latte crudo, si sa, risulta la base per l’ottenimento di formaggi che mantengono profumi, aromi e sapori originari del latte.
Continua Sandra che «seguendo le tradizioni della nostra famiglia d’origine riscaldiamo la cagliata fino a portarla a 45 °C e la lavoriamo con le mani premendola nello stampo fino a quando non è uscito tutto il siero. Si tratta di un formaggio da lunga stagionatura, almeno 4 mesi, dal colore paglierino e con spiccata sapidità con il trascorrere del tempo».
Per ottenere i pecorini elaborati seguendo la tradizione toscana, la cagliata viene rotta con dimensioni più notevoli, a nocciola, se il consumo avviene entro un mese dalla produzione o in formato da chicco di riso che si usa per conseguire un formaggio ideale per chi preferisce stagionature più lunghe. «In questa situazione la pasta diventa granosa trascorsi almeno 6 mesi dalla produzione e la modesta piccantezza pervade il palato».
C’è spazio anche per chi segue le regole del vegetarianesimo nella fattoria dei Bacciotti/Mongili: per ottenere la cagliata si utilizza l’estratto di caglio
La presenza di muffa durante la stagionatura è un elemento essenziale che contribuisce alla qualità e al profilo aromatico di questi pecorini biologici, realizzati con il latte delle pecore di proprietà della Società Agraria Bacciotti allevate secondo i principi dell’agricoltura biologica.
selvatico dopo avere portato il latte alla temperatura di 40 °C. Il profumo vira leggermente sul vegetale, il retrogusto si caratterizza per un non so che di amaricante e la consistenza della pasta rimane morbida anche con il trascorrere del tempo.
Una squisitezza che gareggia con la formina fiorita, dalla pezzatura di 500 grammi, lavorata con le spore del celebre Brie. «Tuttavia, l’uso del latte di pecora conferisce al formaggio una insolita morbidezza della pasta, che risulta morbida e cremosa. Suggerisco che la crosta fiorita, edibile, venga consumata con il formaggio» insiste Sandra.
Nel panorama degli yogurt, quello di pecora non ha ancora ricevuto il
plauso generalizzato dei consumatori. Ricco di fermenti lattici, senza aggiunta di aromi e conservanti, quello elaborato dall’azienda biologica Bacciotti ha una densità consistente, gusto deciso e retrogusto piacevolmente acidulo. Tappa ideale per chi è alla ricerca di qualche buona lama nel vicino borgo di Scarperia facendo provvista di buoni formaggi!
Riccardo Lagorio
Società Agraria Bacciotti
Via di Gabbiano 7
50038 Scarperia (FI)
Telefono: 055 8406905
335 1044374
E-mail: info@pecorinobiologico.it
Web: pecorinobiologico.it
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Italia leader mondiale nella pasta
Ricerca UIF: il Belpaese comanda la classifica dei produttori con 3,6 milioni di tonnellate davanti
a Turchia e USA
La produzione mondiale di pasta sfiora i 17 milioni di tonnellate. E quel che conta maggiormente è che l’Italia rimane saldamente al comando nella classifica dei Paesi produttori con 3,6 milioni di tonnellate (davanti a Turchia e Stati Uniti), pari ad un fatturato che sfiora i 7 miliardi di euro. Lo dice l’ultima analisi elaborata da UIF – Unione Italiana Food (su dati ISTAT) relativa al periodo gennaio-dicembre 2023, secondo cui l’Italia ha esportato oltre 2,2 milioni di tonnellate di pasta, registrando una lieve contrazione nei volumi (–3,7% rispetto al 2022), in linea con la tendenza generale
del comparto agroalimentare. Nonostante ciò, il valore delle esportazioni è aumentato del 3% rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 3,8 miliardi di euro: la maggior parte della pasta esportata, circa 1,5 milioni di tonnellate, è destinata ai Paesi dell’Unione Europea, mentre quasi 780.000 tonnellate sono inviate ai Paesi Terzi.
Secondo la ricerca, l’export nei Paesi UE occupa il 64,8% del totale, poco meno rispetto al 65% registrato nel 2022, mentre il restante 35,2% riguarda i Paesi non-UE, America, Asia, Africa, Oceania. Germania (425.134 t), Regno Unito (278.043 t), Francia
(264.269 t), Stati Uniti (247.088 t) e Giappone (67.233 t) si confermano i paesi più ricettivi. Inoltre, la voglia di spaghetti & Co. prodotti nel Belpaese registra crescite tra il 5% e il 20% in Brasile, Israele, Finlandia, Slovenia, Albania, Marocco, Perù, Lussemburgo, Portogallo, tra il 20 e il 50% in Libano, Australia, Somalia, Georgia, Cuba, Egitto, Pakistan, Nepal, superiori al 50% in Paesi asiatici come Mongolia, Pakistan e Sri Lanka.
Buoni segnali rispetto ai consumi si registrano anche in alcuni Paesi africani come Camerun, Ruanda, Mozambico e Nigeria, favoriti probabilmente da
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un piccolo incremento del turismo in queste zone.
Gli Italiani, tra l’altro, risultano essere i più grandi consumatori di pasta, con circa 23 kg annui pro capite e un totale di 1,3 milioni di tonnellate consumate. Non solo: in 25 anni sono quasi raddoppiati i Paesi dove si consuma più di 1 kg di pasta pro capite all’anno. In Tunisia, ad esempio, seconda in questa classifica, è di 17 kg pro capite l’anno. Seguono Venezuela (15 kg), Grecia (12,2 kg), Perù (9,9 kg) Cile (9,6 kg), USA (8,8 kg), Turchia (8,7 kg), Iran (8,5 kg), Francia (8,3 kg) e Germania (7,9 kg). Siamo anche, noi
Italiani, quelli che, più di tutti, la fanno conoscere al resto del mondo: ben oltre la metà della produzione nazionale di pasta è destinata all’estero (circa il 61%). «Oggi oltre il 60% dei pacchi di pasta prodotti in Italia viene esportato» spiega Margherita Mastromauro, presidente dei Pastai Italiani di Unione Italiana Food. «E se la pasta italiana gode all’estero di tanto successo e ha un percepito estremamente positivo è merito del saper fare centenario dei pastai italiani».
Ancora: secondo la ricerca, la pasta si conferma un alimento sostenibile, versatile, nutrizionalmente bilanciato
e accessibile. Anche il suo packaging permette un recupero al 100% dei materiali di imballaggio e si va verso nuovi metodi di cottura grazie anche al miglioramento dei processi produttivi.
Sostenibilità significa anche dar vita a contratti di filiera che puntano su coltivazioni a basso impatto ambientale e buone pratiche agricole: questo alimento ha una Carbon footprint estremamente bassa (l’impronta 1 m2 globale per porzione) e a tavola è protagonista di tante ricette antispreco che valorizzano gli avanzi in piatti squisiti (fonte: EFA News – European Food Agency).
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Piparelle di Villa San Giovanni
Dalla Calabria un nuovo Presidio Slow Food
di Chiara Papotti
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Piparelle, biscottini secchi e profumati calabresi (photo © I love Calabria).
Arrivano dalla provincia di Reggio Calabria le nuove eccellenze entrate a far parte della famiglia dei Presidi Slow Food: le piparelle, biscottini secchi e profumati che si producono da oltre un secolo nella città di Villa San Giovanni, un comune calabrese della Costa Viola, affacciato sullo Stretto di Messina. La loro storia, lunga più di un secolo, è frutto dell’abilità dei maestri pasticceri nell’amalgamare ingredienti semplici, quali mandorle, zucchero, spezie e miele.
Per la verità, impasti da forno dolcificati col miele erano conosciuti già dal Medioevo. È solo con il ‘600 che si ha la documentazione certa di vere e proprie paste per biscotto, simili alle attuali, da cuocere in dolcetti di varia forma. Prodotti costosi e raffinati, i biscotti del passato raggiunsero il massimo della loro fortuna nella seconda metà dell’Ottocento, conquistando un posto fisso nei riti sociali della borghesia: il tè pomeridiano, le conversazioni di salotto con l’accompagnamento di nobili vini passiti, i ricevimenti e le occasioni mondane più importanti.
Furono i fratelli Antonio e Paolo Strati, maestri dolciari della cittadina dello stretto, che avviarono la produzione delle piparelle a inizio ‘900. Negli anni successivi altri pasticceri, come Domenico Adamo, Carmelo Ventre, Federico Polistena, Antonio Bellantone e Pietro Greco, iniziarono a produrle regolarmente, conservando nel tempo una tradizione dolciaria che caratterizza ancora oggi la comunità locale. Il riconoscimento come Presidio Slow Food deriva dall’urgenza di tutelare la ricetta originale dalle imitazioni. «Oggi, pur di far colpo sui clienti, si trovano varianti di ogni genere, aromatizzate in tutti i modi» spiega Francesco Foti, referente Slow Food del Presidio. «Crediamo che vadano salvaguardate quelle tradizionali, prodotte con ingredienti tipici locali: miele reggino, farina italiana e mandorle in arrivo da Sicilia o Puglia». Simili agli omonimi dolci messinesi, si differenziano per il taglio sottile, la quantità di mandorle nell’impasto, l’uso più parsimonioso delle spezie e l’assenza di alcune di queste, ad esempio del pepe, che invece spesso compare nella versione siciliana.
La comunità dei pasticcieri di Villa San Giovanni ha sottoscritto un Disciplinare di produzione per le piparelle mirato a specificare gli ingredienti tra cui le mandorle calabresi, siciliane o pugliesi.
La produzione delle piparelle si articola su poche fasi fondamentali. Occorre amalgamare prima le mandorle e lo zucchero con il miele millefiori o di arancio. Poi si aggiungono le spezie (cannella e chiodi di garofano) e si profuma il tutto con olio essenziale di arancio. Per ultima si aggiunge la farina di frumento. Con l’impasto così ottenuto si forma un filoncino di circa 500 grammi e lo si inforna ad una temperatura di 180 °C per 35/40 minuti. Il giorno successivo si passa al taglio a mano con un coltello, ottenendo così delle fettine sottili di 4 mm, un passaggio difficilissimo perché occorre grande maestria affinché la fettina rimanga uniforme e non si spezzi a causa dei frammenti di mandorle presenti al suo interno. I biscotti si infornano nuovamente a 65 °C per 10/12 ore.
L’impegno di tutti i sei produttori che fanno parte del Presidio è quello di evitare l’industrializzazione del processo produttivo con la conseguente
perdita delle caratteristiche artigianali e tradizionali, oltre che il ricorso a materie prime non locali o di bassa qualità. La comunità dei pasticcieri di Villa San Giovanni ha sottoscritto un Disciplinare di produzione mirato a specificare gli ingredienti ammessi (farina di grano coltivato in Calabria o a livello nazionale, miele di apicoltori della provincia di Reggio Calabria, mandorle provenienti da Calabria, Sicilia o Puglia, olio essenziale di arancia calabrese) e la tecnica di lavorazione.
La produzione artigianale resiste, ma le numerose imitazioni continuano a minacciare l’autenticità di questo dolce straordinario. Sono occorsi coraggio, talento, una sostanziosa cultura gastronomica, un amore viscerale per la propria terra e, soprattutto, un paziente lavoro artigianale per ottenere il titolo di Presidio Slow Food e riuscire a far diventare le piparelle un grande orgoglio della pasticceria del Reggino. Chiara Papotti
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VIZI E VIRTÙ DEL NOSTRO ORO LIQUIDO
di Fabrizio Bertucci
Premesso che a noi sommelier dell’olio, cuochi, ristoratori o semplici fruitori domestici arriva la bottiglia confezionata soltanto da stappare al fine di apprezzarne il contenuto. Possiamo però usare delle attenzioni preventive per valutarne la fragranza. Mi spiego meglio.
Il giudizio sulla qualità di un extravergine si basa su una doppia valutazione: quella chimica e quella organolettica. La prima, la lasciamo ai laboratori (acidità libera, perossidi, carica fenolica, ecc…), limitandoci a dare un’occhiata ai certificati emessi dagli stessi.
Dal canto nostro, naso e palato sono le uniche “armi” di cui siamo dotati per poter operare una scelta e, vi garantisco, che non tradiscono mai. A tal proposito, le norme internazionali hanno sancito che non si può valutare la qualità del prodotto prescindendo dalla valutazione delle sue caratteristiche sensoriali. Un olio di oliva, infatti, pur presentando parametri chimico-fisici nella norma, potrebbe mostrare evidenti difetti organolettici tali da declassarlo.
Tralasciando le varie truffe e sofisticazioni a chi di dovere, riporterò di se-
guito un breve vocabolario tratto dalle norme COI e UE relativo agli “attributi negativi e difetti organolettici”:
• Morchia (flavor caratteristico dell’olio ottenuto da olive ammassate o conservate in condizioni tali da aver sofferto un avanzato grado di fermentazione anaerobica);
• Muffa/Umidità (flavor caratteristico dell’olio ottenuto da frutti ammassati per molti giorni nei quali si sono sviluppati abbondanti funghi e lieviti);
• Avvinato/Inacetito (flavor che ricorda vino o aceto dovuto essenzialmente al processo di fermentazione aerobica delle olive o dei resti della pasta di olive in macchinari di estrazione non lavati adeguatamente);
• Rancido (flavor degli oli che hanno subito un processo ossidativo intenso);
• Cotto (flavor caratteristico dell’olio dovuto a eccessivo e prolungato riscaldamento durante l’ottenimento, in particolare durante la termoimpastatura);
• Metallico (flavor che ricorda il contatto prolungato con superfici metalliche durante il procedimento di macinatura, gramolatura, pressione e stoccaggio).
Inoltre, Fieno, Grossolano, Lubrificanti, Acqua di Vegetazione, Salamoia, Sparto, Terra (ecc…), con un’attenzione a parte alla Mosca, che rientra nel capitolo dei parassiti (al pari della Tignola e della Cocciniglia), che però deleghiamo con profondo rispetto pro-
Il giudizio sulla qualità di un extravergine si basa su una doppia valutazione, chimica e organolettica
La prima la lasciamo ai laboratori. Dal canto nostro, naso e palato sono le uniche “armi” di cui siamo dotati per operare una scelta. Armi che non tradiscono mai
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 140 LO CHEF DELL’OLIO
fessionale agli agronomi, limitandoci ad individuare quel sentore di grasso con odori sgradevoli. Messa così sembra terrorismo, ma credetemi è di una semplicità serafica, a prescindere se i palati e i nasi siano esperti, professionali od occasionali: un olio cattivo si individua in un attimo
Una volta messi al riparo da eventuali “VIZI”, siamo però dei privilegiati in argomento di “VIRTÙ”. Quando degustiamo e ingeriamo un olio extravergine buono, oltre al piacere dei sensi stiamo aprendo il capitolo “SALUTE”. E anche qui, velocemente e senza la competenza di Ippocrate e Galeno, vi suggerisco qualche indicazione.
Tra verità e leggenda, gli AssiroBabilonesi lo conoscevano, gli Egizi lo consideravano un dono di Iside, per i Greci la prima pianta spuntò per merito di Minerva, per gli Ebrei era segno di fecondità, agli Ateniesi vincitori veniva offerta un’ampolla d’olio, i Romani ne facevano corone per premiare i meritevoli alla maniera dell’alloro, i Cristiani lo consideravano un segno di pace e purificazione, fino ad Omero che lo chiamò per primo “Oro liquido”, decantandone le proprietà terapeutiche, oggi riassunte nell’aggettivo “nutraceutico”. Questo termine fu coniato dal medico italo-americano STEPHEN DE FELICE nel 1989 ed è una fusione delle parole “nutrizione” e “farmaceutica”. Indica un alimento o un estratto vegetale che contiene proprietà medicinali e può quindi essere utilizzato (40 grammi al giorno) come integratore alimentare per migliorare la salute.
L’olio extravergine d’oliva di qualità:
• è ricco di acidi grassi monoinsaturi (acido oleico); esso aumenta la fluidità del sangue e riduce il colesterolo cattivo a favore di quello buono;
• è ricco di squalene, una sostanza che abbonda nell’olio d’oliva (ancor più nel fegato dello squalo, da qui il nome) e risulterebbe efficace nel contrastare i tumori della pelle;
• apporta le vitamine liposolubili. La vitamina A necessaria per il differenziamento cellulare, la vitamina D che, con la vitamina K, assicura la formazione della
matrice ossea, la vitamina E che è un potente antiossidante ed esercita un’attività protettiva verso le malattie neoplastiche;
• è raccomandato in gravidanza perché stimola la mineralizzazione delle ossa e previene rischi emorragici del nascituro;
• è ricco di oleuropeina, sostanza con elevate funzioni antiossidanti che è in grado di proteggere le arterie, abbassa la pressione arteriosa e riduce il processo aterosclerotico;
• è ricco di oleocantale, una sostanza organica la cui particolarità sta nel fatto che, pur avendo una formula chimica differente, ha la stessa funzionalità antinfiammatoria dell’ibuprofene, un potente farmaco antinfiammatorio;
• contiene tanti Omega-3 e 6, grassi insaturi molto preziosi per il benessere dell’organismo. Diversi studi hanno infatti dimostrato che per i bambini sono importantissimi anche per lo sviluppo del tessuto nervoso;
• è particolarmente indicato nell’alimentazione dell’infanzia per la sua composizione acidica che lo rende molto simile alla composizione del grasso del latte materno;
• è indicato sia per la facile digeribilità, poiché stimola le secrezioni gastronomiche predisponendo l’organismo ad una migliore digestione, sia per un migliore assorbimento delle vitamine liposolubili e, conseguentemente, un migliore assorbimento del calcio;
• protegge le mucose dello stomaco;
• contrasta le rughe; infatti, assumendolo fuori orario, ha un effetto rigenerante sulla pelle;
• è indispensabile per la prevenzione di malattie degenerative;
• è una fonte di energia, per la crescita;
• ha una modesta azione preventiva sull’insorgenza della trombosi.
E allora, Signore e Signori… Buon extravergine a tutti dal vostro Chef dell’olio!
Fabrizio Bertucci
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MONTALBERA
Testi e foto di Massimiliano Rella
Edopo il vino l’enoturismo: con una formula di qualità, in un paesaggio eccezionale, il Monferrato. La scalata imprenditoriale di Montalbera, la cantina della famiglia Morando, noti imprenditori del pet food, prosegue senza sosta nel mondo di bacco con la recente apertura di 4 wine suites nella tenuta di Castagnole Monferrato (AT) e, presto con un ristorante con terrazzo sulle vigne, che sarà aperto il fine settimana.
Vigne già sottoposte ad un progetto di zonazione e da tempo mappate per il trekking e la mountain bike; 130 ettari in unico corpo tra vigneti, noccioleti e seminativi nel cuore della denominazione del Ruchè di Castagnole
Monferrato DOCG, un rosso di nicchia molto profumato, particolare. Altri 20 ettari di vigna, dedicati al Moscato e allo Chardonnay, sono situati a Castiglione Tinella (CN).
A guidare Montalbera è Franco Morando, laurea in giurisprudenza all’Università di Torino e terza generazione di una famiglia produttrice di cibo per gatti e cani, presenti in GDO; azienda che fu fondata dal nonno, originario delle Langhe.
Circa il 50% dei suoi vini (totale 500.000 bottiglie) è composto da Ruché di Castagnole Monferrato, un 30% da Barbera d’Asti, un 20% da Grignolino. Sono però stati inseriti vitigni bianchi come il Viognier e lo
Chardonnay. Nell’insieme una produzione che esalta le peculiarità dei vigneti e del terroir, interpretandone le caratteristiche e declinandole in modi diversi, dall’acciaio al legno, dalla sovramaturazione all’appassimento, per valorizzare le caratteristiche di ciascun vitigno e porzione di territorio.
In cantina sono utilizzati esclusivamente lieviti autoctoni selezionati nei vigneti. Una volta pressate le uve, i mosti fermentano in vasche d’acciaio di ultima generazione, parte dell’affinamento avviene in barrique, tonneaux e botti grandi di rovere francese.
Dopo prove e studi, l’azienda ha prolungato l’affinamento in legno per creare un vino che esprimesse al meglio
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ANTICA CORTE PALLAVICINA
Ristorante “AL CAVALLINO BIANCO”
43010 Polesine Parmense (PR) Tel. 0524 96136 – Fax 0524 96416 www.acpallavicina.com
Nel 1905, nostro nonno Spigaroli Luigi riesce a diventare fittavolo dell’Antica Corte Pallavicina. Il vecchio castello eretto nel 1400 dai Marchesi Pallavicino, trasformato nel 1700 in azienda agricola, è situato sulla riva del Po. Nascono sei figli e l’ultimo, nel 1916, è nostro padre Spigaroli Marcello. Egli diceva che nel castello si stava bene, avevano il traghetto sul fiume, in estate curavano il podere, allevavano come sempre parecchi maiali che in inverno macellavano e facevano i salumi. Salumi che venivano venduti, da prima interi, ai passeggeri del loro traghetto poi, in seguito, al sorgere di una prima baracchetta di legno in riva al Po, affettati insieme al pane, a coloro che, sulle rive del fiume, si recavano in passeggiata anche dai paesi vicini. Da quella baracchetta successivamente ampliata, ma sempre in legno, e divenuta il “Lido di Polesine”, nel quale si ballava e si facevano merende, trarrà origine, dall’immane sforzo congiunto della zia Emilia e dei nostri genitori, il ristorante “Al Cavallino Bianco”. Di posti come il vecchio castello in riva al fiume non ne esistono quasi più, con muri di oltre un metro di spessore, con cantine stupende dove i marchesi stagionavano i loro salumi che inviavano agli Sforza a Milano. Infatti più i salumi e i culatelli sono vicini al grande fiume e più sono buoni!! Tutti quei racconti non li abbiamo mai dimenticati e quando dieci anni fa viene venduta la vecchia Corte Pallavicina decidiamo di acquistarla, con grandi sforzi economici, per poter continuare come il bisnonno, il nonno, il papà a fare dei salumi unici, non sintetici, che mangiandoli scopri da dove vengono e chi li ha fatti. Del resto alla nostra famiglia il senso del buono l’ha insegnato una persona che di cose buone se ne intendeva e noi non ce la sentivamo proprio di lasciar perdere tutta questa esperienza.
Massimo e Luciano Spigaroli figli di Marcello.
Le anfore in terracotta di Impruneta per l’affinamento del Lanfora Grignolino d’Asti e un percorso di wine trekking & biking nel progetto Montalbera Incoming
L’enologo di Montalbera Nino Falcone nella barricaia, composta da più di 400 barriques.
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il territorio, confrontandosi anche con i migliori maestri bottai francesi. Nelle cantine di Montalbera sono presenti oltre 400 barrique con tagli e tostature tradizionali, a doghe rovesciate o semplicemente a vapore.
Una particolare attenzione è stata posta però al vino portabandiera del territorio, il Ruchè di Castagnole Monferrato, un rosso ancora poco conosciuto tra i non intenditori, molto diverso da altri rossi piemontesi e nazionali per gli evidenti profumi di ciclamino e geranio, le sottili note di rosa e menta, l’insieme di aromi floreali, che sorprende all’istante chi lo approccia per la prima volta. Un nome, il Ruchè, che deriva da Rocche, le parti soleggiate, magre e più esposte delle colline.
Questo rosso subito colpisce per i profumi, eppure il vitigno Ruchè fu abbandonato nel ‘900 a vantaggio di varietà più semplici da coltivare, come la Barbera, meno costose e impegnative in ore di lavoro, e fu riscoperto soltanto negli anni ‘70 da un parroco di campagna, DON GIACOMO CAUDA, classe 1927, che tra un sermone e una preghiera dedicava “quote” della sua fede al mondo di Bacco, tanto da scusarsene col Signore: “Che Dio mi perdoni per aver a volte trascurato il mio ministero per dedicarmi anima e corpo alla vigna Finivo la messa, mi cambiavo in fretta e salivo sul trattore. Ma so che Dio mi ha perdonato perché coi soldi guadagnati dal vino ho creato l’oratorio e ristrutturato la canonica”
Arrivato a Castagnole Monferrato, il prete originario di Cisterna d’Asti trovò in “dote parrocchiale” dei filari di Grignolino, Barbera e Ruchè, un vitigno questo destinato a sparire ma che il prete, una volta vinificatolo e apprezzatone il “corpo perfetto” e “l’equilibrio d’aromi, sapori e profumi unici”, decise di recuperare impiantando a sue spese 4.000 barbatelle.
Anche Montalbera però ha creduto da subito al Ruchè e alla sua unicità, scegliendo di investire in una ricerca sulla “patente genetica” di un vitigno dalle origini incerte. Obiettivo del lavoro (svolto dal laboratorio Bioesis di Ancona) è stato quello di utilizzare il DNA come un invisibile barcode per determinare la tracciabilità genetica della varietà.
Le analisi hanno confermato che
Da generazioni la famiglia Morando crede e investe nella viticoltura piemontese e da anni si dedica con passione alla valorizzazione dell’autoctono Ruchè. E grazie a questo impegno costante, oggi Montalbera si pone di diritto tra le grandi realtà vinicole del Piemonte.
il vitigno Ruchè possiede un assetto genetico caratteristico, diverso da altre varietà. Tale metodo d’indagine molecolare, sviluppato e applicato a campioni di foglie di vite, è stato poi utilizzato nella seconda parte del progetto per distinguere i mosti e i vini derivanti da uve Ruchè in purezza rispetto a mosti e vini ottenuti da blend di Ruchè, Brachetto e Barbera.
Veniamo infine alla degustazione. Tra i vini che abbiamo assaggiato in cantina consigliamo Laccento Ruchè di Castagnole Monferrato 2022 (100.000 bottiglie), ottenuto con un 20-30% di uve leggermente appassite in pianta; le altre raccolte a maturazione ottimale, affinato 12 mesi di cui 8-9 di acciaio, il resto in bottiglia; un rosso che denota freschezza
e florealità (rosa, viola) e note di confettura, un rosso opulento e speziato, con corpo e struttura. Ci è piaciuto anche Il Fondatore Ruchè Riserva 2021, ottenuto da una selezione da terreni più calcarei, per ricercare struttura tannica e acidità per l’affinamento in legno, in uvaggio con un 10% di Barbera. Infine un altro rosso, il Grignolino, etichetta Lanfora 2021 da uve Grignolino macerate in acciaio 1 settimana e 13-14 mesi in anfora.
Massimiliano Rella
Montalbera
Via Montalbera 1 14030 Castagnole Monferrato (AT) Telefono: 0141 292125 Web: www.montalbera.it
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VINITALY 2024, IL MONDO DEL VINO A VERONA
Registrate 97.000 presenze, con oltre 30.000 operatori esteri
di Elena Benedetti e Luigi Credi
Vinitaly ha archiviato la 56a edizione (14-17 aprile) con 97.000 presenze. In leggero incremento gli operatori esteri provenienti da 140 Paesi a quota 30.070 (31% sul totale), dei quali 1200 top buyer (+20% sul 2023) da 65 nazioni selezionati, invitati e ospitati da
Veronafiere in collaborazione con ICE Agenzia. Bilancio positivo anche per Vinitaly Plus, la piattaforma di matching tra domanda e offerta con 20.000 appuntamenti business, raddoppiati in questa edizione, e per il fuori salone Vinitaly and the city, che ha superato le 50.000 degustazioni (+11%).
Per il presidente di Veronafiere, Federico Bricolo: «Vinitaly consolida il proprio posizionamento business e un ruolo centrale nella promozione internazionale del vino italiano. I dati della manifestazione, unitamente al riscontro positivo delle aziende, confermano gli obiettivi industriali dell’attuale govern-
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SPECIALE VINITALY
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1) Le Perle di Balsamico Bianco variamente aromatizzate di Acetaia Leonardi, Magreta di Formigine (MO). 2) Anche i vini dell’Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense (PR) in esposizione — insieme al Culatello di Zibello DOP — nel Padiglione Emilia-Romagna. 3) Schenk Family Italia ha presentato a Vinitaly il Primitivo ICE Masso Antico, vino fresco caratterizzato da un’etichetta “magica” che cambia colore in base alla temperatura, Il Clasti e Primitivo del Salento Organic di Tenute Masso Antico, vini dedicati al mercato on-trade già insigniti dei Due Bicchieri 2024 dal Gambero Rosso, e la Platinum Collection Valdobbiadene DOCG di Bacio della Luna, nuova edizione da collezione della cantina Bacio della Luna di Vidor (TV). 4) Cantina di Venosa ha presentato a Verona tre nuove etichette: Sentinel Aglianico del Vulture DOP, Sentinel Basilicata Rosato IGT; e Sentinel Basilicata Bianco IGT da uve monitorate da satellite. Poi la seconda annata del Carato Venusio Underwater, l’Aglianico del Vulture DOCG affinato in “cantinamento” sotto il mare di Portofino, 6 mesi a 50 metri di profondità. Allo stand, il direttore commerciale Antonio Teora e il presidente Francesco Perillo.
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1/2) Società Agricola Garuti di Sorbara (MO) e Villa di Corlo di Baggiovara (MO). Le due cantine erano presenti a Vinitaly all’interno dello stand del Consorzio Tutela Lambrusco insieme ad altri 14 produttori della provincia di Modena e di quella di Reggio Emilia con le etichette più rappresentative delle 6 DOC Lambrusco. 3) Il Parmigiano Reggiano ha messo in mostra tutta la propria versatilità in 16 degustazioni nello spazio del Consorzio a Vinitaly 2024. Gli abbinamenti con varie stagionature e biodiversità della DOP andavano dalle bollicine italiane e francesi alle birre, dal Franciacorta a vini più squisitamente emiliani come il Lambrusco e il Pignoletto, dal Chianti Classico al Valpolicella, fino a un “matrimonio” inusuale con le grappe trentine, in collaborazione con Istituto Tutela Grappa del Trentino, e i pairing con le creazioni di Cantine Intorcia, Consorzio Volontario per la Tutela dei Vini DOP “Colli di Parma” e Duca di Salaparuta. «Il Parmigiano Reggiano è un prodotto unico» ha dichiarato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, «ma ce n’è uno per tutti i gusti: la biodiversità delle razze bovine, le stagionature e i prodotti “certificati” offrono gusti, sapori, sfumature ed emozioni estremamente variegate».
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In alto: Emanuele Borin, direttore commerciale e vendite della Borin Srl di Sanguinetto (VR) nell’area espositiva esterna di Vinitaly. L’azienda è leader nel settore lavaggio e sanificazione industriale. In basso: la prossima edizione del salone internazionale del vino e dei distillati si svolgerà dal 6 al 9 aprile 2025 naturalmente sempre a Verona (photo © EnneviFoto).
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ance di Veronafiere fortemente impegnata a potenziare il brand fieristico del made in Italy enologico nel mondo. Va in questa direzione il rafforzamento della collaborazione con tutti i referenti istituzionali, oggi in prima linea con Veronafiere nel sostenere l’internazionalizzazione del settore».
«La profilazione degli operatori è tra i nostri principali obiettivi strategici» ha commentato l’AD di Veronafiere, Maurizio Danese. «Un risultato già centrato nella scorsa edizione, quella della svolta di Vinitaly, e proseguito quest’anno anche nei confronti della domanda domestica, in particolare quella del canale HO RE CA. attraverso iniziative di comunicazione e marketing che hanno contribuito all’incremento delle presenze italiane. In questi giorni abbiamo registrato reazioni positive da parte delle aziende, dei consorzi e delle collettive regionali. Un’iniezione di fiducia in un momento complesso che ci vede impegnati a supportare il principale prodotto ambasciatore e apripista dell’agroalimentare del Belpaese nel mondo».
Sul fronte delle presenze estere a Vinitaly 2024, gli Stati Uniti si confermano in pole position con un contingente di 3700 operatori presenti in fiera (+8% sul 2023). Seguono Germania, UK, Cina e Canada (+6%). In aumento anche i buyer giapponesi (+15%).
Il “Sistema Italia” compatto nel ribadire il valore economico, sociale, ambientale e culturale del patrimonio enologico made in Italy
Oltre i numeri, il bilancio del 56o Vinitaly ha ribadito la determinazione del “Sistema Italia” nel difendere ciò che questo comparto rappresenta per tutto l’agroalimentare italiano. «La ricerca di Vinitaly-Unione Italiana Vini e Prometeia che abbiamo presentato proprio nel giorno inaugurale della fiera aveva e ha l’obiettivo di accendere un faro sul grande valore trasversale che il vino ha per il nostro Paese» ha commentato Federico Bricolo. I dati dello studio sul vino in Italia hanno evidenziato una produzione annua di 45,2 miliardi di euro (tra impatto diretto, indiretto e indotto), 303.000 occupati e un valore aggiunto di 17,4 miliardi di euro pari all’1,1% del PIL (lo sport, secondo stime dell’Istituto Credito sportivo vale l’1,3%). Senza
il vino, si evince dall’analisi, il saldo commerciale del settore agroalimentare scenderebbe del 58% (da +12,3 a +5,1 miliardi di euro nel 2023).
All’impatto economico complessivo della filiera contribuisce in modo sostanziale il turismo enologico che, se alimenta “al margine” l’economia turistica delle grandi città, può diventare fondamentale (anche al di là degli effetti strettamente economici) per molti piccoli centri e comunità rurali a vocazione vitivinicola. Nelle rilevazioni dell’Associazione Città del Vino, il turismo enologico coinvolge annualmente circa 15 milioni di persone (fra viaggiatori ed escursionisti) con budget giornalieri (124 euro) superiori del 13% a quelli del turista medio, per una spesa complessiva di 2,6 miliardi di euro.
Non a caso, quest’anno il MASAF ha proposto agli operatori presenti a Vinitaly uno spazio realizzato in collaborazione con il Ministero della Cultura con un’esperienza immersiva tra installazioni multimediali, scritti antichi e opere d’arte. La mostra “Vino tra mito e cultura” ha ospitato oggetti provenienti dal Museo del Vino di Torgiano (PG) della FONDAZIONE LUNGAROTTI e opere d’arte, anfore vinarie antiche e documenti storici provenienti da diversi musei italiani, dal Bacco di ANNIBALE CARRACCI dal Museo e Real Bosco di Capodimonte alla statua di satiro del I secolo a.C. dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli alle Nozze di Cana di TISI BENVENUTO detto Garofalo dalla romana Galleria Borghese.
Archiviato questo Vinitaly, ricordiamo i prossimi appuntamenti del calendario estero: Vinitaly China Roadshow, Shanghai, Xian, Guangzhou (2-6 settembre); Wine South America a Bento Gonçalves (RS) Brasile (3-5 settembre); Vinitaly USA (Chicago 20-21 ottobre); Vinitaly @ Wine Vision (Belgrado 22-24 novembre).
Elena Benedetti
Luigi Credi
>> Link: www.vinitaly.com
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Premiata
IL CRUDO DI CUNEO DOP TRA I GIOIELLI AGROALIMENTARI EUROPEI
Al via a Vinitaly 2024 il progetto europeo di comunicazione “Eccellenze DOP: un savoir-faire tutto europeo”
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Alla presentazione al Vinitaly di “Eccellenze DOP: un savoir-faire tutto europeo”, Paolo Fiorini, presidente Consorzio Garda DOC, Pierluca Ambrosioni, presidente Consorzio Salame di Varzi DOP, Carlo Alberto Panont, direttore Consorzio Garda DOC, Renato Romanzin, presidente Consorzio Formaggio Montasio DOP, e Chiara Astesana, presidente Consorzio Crudo di Cuneo DOP.
Taglio del nastro, durante la kermesse veronese Vinitaly edizione 2024, della campagna europea dal titolo: “Eccellenze DOP: un savoir-faire tutto europeo”, nuovo progetto triennale sinergico nato dalla collaborazione tra i Consorzi Garda DOC, Salame di Varzi DOP, Prosciutto Crudo di Cuneo DOP e Formaggio Montasio DOP e cofinanziato dall’Unione Europea. Obiettivo principale del progetto l’incremento della notorietà internazionale e della competitività di quattro gioielli del patrimonio agroalimentare europeo distinti dall’Indicazione Geografica DOP ovvero il Salame di Varzi DOP, il Prosciutto Crudo di Cuneo DOP, il Formaggio Montasio DOP e i Vini Garda DOC (DOC significa Denominazione di Origine Controllata ed è un tipo di denominazione usata per i vini che ricade sotto l’ombrello di Denominazione europea DOP, NdR). «È la prima volta che il Consorzio di Tutela e Promozione del Crudo di Cuneo partecipa ad un progetto europeo» ha dichiarato la presidente del Consorzio Chiara Astesana. «Comincia qui un capitolo nuovo della storia del Crudo di Cuneo DOP. Il prosciutto, infatti, sarà presentato e proposto su piazze nuove, oltre le Alpi, come quella tedesca e quella austriaca. Nei prossimi anni accoglieremo in provincia gruppi di buyer, giornalisti e operatori del settore per fargli conoscere la nostra realtà produttiva. La partecipazione a questo progetto comporta per il Consorzio un investimento importante che possiamo sostenere grazie al contributo dell’Unione Europea.
Il gruppo di Consorzi coinvolto ha individuato come capofila il Consorzio Garda DOC, importante realtà del settore vini dell’area venetolombarda. D’altronde per affacciarci ai mercati del centro Europa quale altro punto di raccordo avremmo potuto trovare se non il Garda, la località preferita dai tedeschi e dagli austriaci per venire in vacanza. L’area del Garda, con baricentro Verona, è passaggio obbligato per raggiungere Austria e Germania».
La durata dell’iniziativa è di tre anni e prevede l’attuazione di strategie personalizzate focalizzate sui mercati di Italia, Germania e Austria. Le azioni
I finger food dello chef Federico Pelizzari con i vini del Consorzio Garda DOC.
pianificate spazieranno dalle pubbliche relazioni alla collaborazione con influencer del settore, dalle campagne digitali alla pubblicità tradizionale, dalla partecipazione a fiere B2B selezionate ai viaggi di studio, fino alle promozioni dirette nei punti vendita.
Un’ampia gamma di iniziative studiate per promuovere l’apprezzamento e il riconoscimento delle eccellenze DOP europee, che, tramite rigorose normative, non solo tutelano la genuinità e l’autenticità dei prodotti ma rappresentano anche un faro di qualità e affidabilità per i consumatori.
Durante il Vinitaly, presso lo stand del Consorzio Garda DOC, si è celebrato il calcio di inizio della campagna attraverso alcune iniziative dedicate, a partire dalla conferenza stampa di lancio del progetto. Tutti i giorni, inoltre, lo chef Federico Pelizzari del ristorante bresciano Duo, ha proposto in abbinamento ai vini Garda DOC alcuni piatti realizzati con i prodotti protagonisti della campagna: dal Toast di polenta al bbq, Salame di Varzi DOP e cremoso al radicchio ai Pani puri ripieni di formaggio Montasio DOP e tartufo ad una Focaccia di semola, Prosciutto Crudo di Cuneo DOP, confettura di pere speziata e cicoria ripassata.
>> Link: prosciuttocrudodicuneo.it
Cofinanziato dall’Unione Europea
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Sardegna
di Massimiliano Rella
Il Torbato è un vino caratteristico di Alghero, un bianco fresco e sapido le cui origini discendono da un’antica varietà, il Turbat, introdotta dai Catalani a fine ‘300 durante tre secoli di dominio de l’Alguer, la loro roccaforte nel Nord-Ovest della Sardegna. Così chiamato per la leggera torbidezza del vino dell’epoca — dovuta a scarse conoscenze enologiche e ai trasporti via mare — il vitigno rischiò di sparire con l’arrivo della fillossera, a fine ‘800, l’insetto fitofago che “rosicchia” la vite alle radici. Appartenente alla fami-
glia delle Malvasie è però sopravvissuto e oggi vinificato con la DOP Alghero, grazie soprattutto alla cantina Sella & Mosca (www.sellaemosca.com), per anni l’unica a coltivare e vinificare il Torbato; ancora oggi l’azienda detiene la grandissima parte delle superfici vitate, per lo più circoscritte all’Algherese e qualcosa in altri territori della provincia di Sassari. Sella & Mosca dedica al torbato 150 ettari della sua storica tenuta alle porte di Alghero (650 di proprietà; 520 a vigneto). Negli ultimi tre anni l’azienda sarda — dal 2016 del
Gruppo Terra Moretti — ha reimpiantato 170 ettari, in larga parte di Torbato, il vitigno più presente a pari passo con il Cannonau e poco sotto il Vermentino, le tre varietà comunque più coltivate (80% ca. del vigneto). Dal Torbato nascono tre spumanti e quattro fermi. Ad esempio, l’Alghero Torbato Spumante DOC, un Brut Metodo Charmat (presa di spuma in autoclave) ottenuto da grappoli selezionati per la spiccata acidità e coltivati su terreni ricchi di calcare. Di colore paglierino brillante, ha profumi di fiori d’acacia, note agrumate di pompelmo
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Uva rara e preziosa, riscoperta e valorizzata da Sella & Mosca in anni di lavoro, il Torbato cresce su terreni ricchi di calcare provenienti da millenarie sedimentazioni marine. Da sinistra, Brut Alghero Torbato Spumante DOC Oscarì, Alghero Torbato Spumante Brut Metodo Classico DOC e Terre Bianche Cuvée 161 Alghero Torbato DOC, massima espressione del Torbato della cantina.
e sentori di crosta di pane; al palato è fresco, balsamico e verticale. L’Oscarì è invece l’interpretazione del Brut in chiave Metodo Classico, ottenuto con le migliori uve selezionate ad inizio settembre: le bollicine affinano un anno sui lieviti (rifermentazione in bottiglia) e si esprimono con un naso floreale di biancospino e fiori d’arancio, al palato delicate, briose e verticali.
Infine, tra i fermi, segnaliamo il Torbato DOC Terre Bianche Cuvée 161, la massima espressione aziendale del Torbato in purezza. Le uve sono macerate 24 ore a 10 °C prima della fermentazione, che avviene in acciaio a temperatura controllata di 18 °C e in barrique per una quota del mosto (15%). Idem l’affinamento: gran parte 6 mesi in acciaio, il resto prosegue nel legno. Bianco dalle sfumature dorate, colpisce al naso per le note di macchia mediterranea e di erbe officinali. Al palato tornano i fiori bianchi accompagnati da note di frutta matura. Bella sapidità e freschezza, quasi salmastro.
La degustazione guidata (lunedì-domenica, varie formule, da 15 euro a 50 euro) può essere l’occasione per visitare quest’azienda dalla storia interessante, fondata nel 1899 come vivaio per fronteggiare l’emergenza della fillossera
da due pionieri piemontesi, l’ingegnere Erminio Sella, nipote del noto Quintino Sella, ex ministro del Regno d’Italia, e dall’avvocato Edgardo Mosca; successivamente subentrò anche Vittorio Sella, cugino di Erminio, cognato di Edgardo e avventuroso fotografo alpino al seguito del Duca d’Aosta. Nei primissimi del ‘900, però, oltre alle barbatelle, i due fondatori cominciarono a produrre vino e presto, in un clima di bonifiche e opere pubbliche, acquistarono a buon prezzo altri 600 ettari, costituendo un unico corpo aziendale, rimasto tale per estensione, con magazzini, case per gli operai e scuole per i figli, una chiesetta, negozi, strade, canali e tante opere di bonifica idraulica e spietramento dei terreni. In 15 anni trasformano il podere e ad ogni famiglia venne dato in comodato d’uso un piccolo terreno, motivo per cui durante il fascismo il latifondo fu preservato, e non frazionato, perché considerato “azienda modello”. In particolare nell’area paludosa era presente una grande piattaforma d’arenaria che Sella e Mosca fecero sbancare e spietrare, scassando terreni, realizzando canali e interrando di nuovo le pietre per il drenaggio, un’opera di bonifica realizzata su buona parte della proprietà in 10-15 anni. Altri
150 ettari lasciati a pascolo furono bonificati invece tra il 1985 e il 1995, quando la tenuta apparteneva ormai ai Bonomi, nota famiglia di finanzieri lombardi. Nacque allora l’etichetta Le Arenarie
Negli anni ‘-70 l’azienda convertì le coltivazioni ad alberello col più ombreggiante sistema a tendone per produrre vini meno alcolici. La conversione permise di lanciare, ad esempio, il fenomeno Vermentino, un bianco che tradizionalmente sfiorava i 16 gradi alcolici e che Sella & Mosca, studiando le maturazioni in vigneto e la vinificazione, portò a 11 gradi, dandogli il carattere del bianco fresco, moderno e versatile che oggi conosciamo. Nel ‘79 fu sviluppata la struttura aziendale con una nuova cantina, in aggiunta a quelle del 1903 e del ‘22, e ad inizio anni ‘80 fu recuperato il Torbato. I vini vennero promossi con campagne pubblicitarie incentrate su Alghero e il suo territorio. Acquisita nel 2002 dal Gruppo Campari e nel 2016 dai Moretti, produce circa 5 milioni di bottiglie in varie tipologie per i canali HO RE CA. e GDO, ha un 30% di export e un forte radicamento in Sardegna. È certificata Equalitas per l’attenzione alla sostenibilità.
Massimiliano Rella
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Leader di mercato nel settore igiene e tecnologie per il pulito
BORIN: SOLUZIONI SU MISURA 100% MADE IN ITALY PER LAVORARE… IN SERENITÀ
di Gaia Borghi
La felicità, per sua stessa definizione, è una condizione passeggera, fatta di attimi intensi, emozioni straordinarie e proprio per questo non destinate a durare. La serenità invece è caratterizzata da stabilità ed equilibrio: niente sbalzi o su e giù destabilizzanti ma piuttosto una sorta di pace interiore, in armonia con i condizionamenti che arrivano dal mondo esterno. La serenità, insomma, è ciò a cui tutti dovremmo davvero aspirare e, quando si ha la fortuna o la capacità di raggiungerla, essa può davvero durare per sempre.
Sulla serenità e sulla promessa di riuscire a lavorare in pace la famiglia Borin ha costruito un metodo e un’azienda, la Borin Srl, con sede a Sanguinetto, nella provincia veronese. Ha iniziato oltre trent’anni fa Fausto Borin, fondatore, appunto, e attuale presidente della società, che è stato affiancato in azienda dai figli entrati via via a coprire i ruoli di responsabilità nei vari reparti: Emanuele , direttore commerciale e vendite, Elena, responsabile acquisti e logistica, e Matteo, responsabile della produzione della linea Borin. Luisa, moglie di Fausto Borin, è responsabile del reparto amministrativo, mentre Marco, il figlio più piccolo, al momento sta ancora studiando. «Abbiamo dalla nostra parte la forza della famiglia: l’essere uniti, solidali, ci ha permesso di crescere tantissimo e di arrivare dove siamo» mi dice Emanuele Borin.
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Emanuele Borin, direttore commerciale della Borin Srl.
In alto: la gamma prodotti firmati Borin copre tutte le esigenze igieniche di un’azienda, offrendo le soluzioni migliori per l’allestimento tecnico e d’arredo per ogni singolo reparto, reception, spogliatoi, bagni, mense, aree filtro, aree accesso esterne e interne, vani tecnici, magazzini e reparti produttivi. In basso: i pilastri del “Metodo Serenità” di Borin Srl.
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Progettiamo e realizziamo insieme il “vestito” più adatto per la tua azienda
Forte della propria esperienza tecnicocommerciale nel settore lavaggio e sanificazione, Fausto Borin fonda nel 1987 un’azienda “in grado di migliorare e semplificare l’attività lavorativa dei propri clienti”, si legge nella presentazione della Borin Srl. «Mio padre ha iniziato importando dall’estero macchinari per la pulizia e distribuendoli sul mercato italiano. Quando, già vent’anni fa, siamo entrati in azienda io e i miei fratelli, la Borin Srl ha fatto il vero salto di qualità diventando produttrice e offrendo quindi alla clientela, a partire dalla progettazione, un servizio a 360 gradi e su misura, che permette di ri-
sparmiare tempo, semplifica la vendita anche a livello amministrativo (si tratta di ricevere diversi prodotti e servizi da un unico fornitore, un’unica partita IVA) e offre quindi una grande sicurezza all’utente finale. Da qui il nostro payoff: Work peacefully, lavorate in pace, al resto pensiamo noi».
Il Gruppo Borin è oggi composto da quattro aziende specializzate (Borin Solutions, Borin Line, B-Tech e B.S.S.) e opera in ambito food, cosmetico e farmaceutico con una gamma di prodotti e servizi che copre tutte le esigenze a livello di igiene di un’azienda, offrendo soluzioni complete per la pulizia e sanificazione di ambienti, persone e attrezzature che raggiungono i più alti standard (HACCP, BRC, IFS, HALAL,
TESCO). Nello specifico, il “Metodo Borin” si articola in 5 punti:
1. consulenza dimostrativa; 2. progettazione e rendering; 3. produzione mirata; 4. installazione e formazione; 5. assistenza e manutenzione programmata.
Si parte dallo studio delle richieste e delle necessità diversificate del cliente, poi, tramite la tecnologia 3D, viene simulato il progetto, inserendo i prodotti Borin nel contesto aziendale dell’utente, quindi si passa alla parte della produzione vera e propria grazie ad un team solido composto da operatori di carpenteria, meccanica, idraulica ed elettronica. Il reparto tecnico e commerciale resta comunque sempre a disposizione per venire incontro ad ogni cambiamento e superare le eventuali problematiche emergenti. Si passa infine all’installazione e al successivo collaudo per concludere con l’offerta di un servizio tecnico di manutenzione e assistenza che assicurerà la longevità dei singoli prodotti.
Impianti di lavaggio multipressione e aree filtro «Proponiamo soluzioni di impianti di lavaggio, percorsi igienizzanti, aree filtro e arredo locali industriali» prosegue Emanuele Borin. «Per quanto riguarda gli impianti di lavaggio, ad esempio, produciamo impianti multipressione che, a differenza di altre tipologie di impianti, ti permettono di ridurre i consumi idrici e quelli di detergenza, ottenendo conseguentemente un minor impatto ambientale. Un elemento quest’ultimo oggi al centro dell’attenzione e delle richieste del mercato.
E ancora, per quanto concerne le zone filtro, i percorsi igienizzanti per l’abbattimento delle cariche batteriche, si può dire che in Italia non abbiamo competitor. Quello che fa la differenza rispetto ai nostri competitor esteri, invece, è che il nostro prodotto italiano è altamente igienico in quanto completamente saldato (quelli esteri avvitano). Questa lavorazione permette di alzare la qualità dei nostri macchinari e di certificarne il grado di abbattimento di corpi estranei di ben il 98,7% in pochi secondi! Si tratta quindi di macchine molto affidabili, facili da manutentare e molto robuste».
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Lo stand del Gruppo Borin a CibusTec 2023.
Competenza a livello tecnico e lunga esperienza nel settore, offerta di un servizio completo e su misura, il plus del made in Italy e della presenza della famiglia, quel cambio generazionale che c’è stato e ha potenziato ulteriormente l’azienda, sono tutti elementi alla base della forza e della solidità del Gruppo Borin.
Un Gruppo che non solo è attualmente leader nella propria area di mercato ma cresce, continua ad espandersi, ad investire, soprattutto a livello della produzione. «La novità di quest’anno è che ci sarà un incremento pesante di macchine che si occupano della lavorazione della lamiera: in pratica, riceviamo la lamiera “nuda” e poi la lavoriamo» sottolinea Emanuele Borin.
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«Mio padre Fausto oggi segue nello specifico la gestione e l’ampliamento delle strutture. Nel corso degli ultimi sei anni siamo passati da un capannone a 7 strutture, un’area di quasi 13.000 m2».
Gaia Borghi
Borin Srl
Via Spagna 10/12
37058 Sanguinetto (VR) Telefono: 0442 365505
E-mail: web@borinsrl.com Web: www.borinsrl.it
Premiata
La famiglia Borin.
Il made in Italy al servizio del comparto carni e salumi dal 1988
FAZZINI TECHNOLOGY: «CI DEDICHIAMO COMPLETAMENTE ALL’AFFILATURA»
Da più di 35 anni Fazzini Technology si dedica alla progettazione, produzione e vendita di macchine affilatrici professionali per coltelli e forbici. L’innovazione dei materiali e del processo produttivo interamente made in Italy, la facilità di utilizzo dei
suoi prodotti e l’elevata qualità sono e rimangono fondamentali.
Il sistema di affilatura delle affilatrici Fazzini, sicuro ed affidabile, è molto apprezzato da chi desidera risolvere il problema dell’affilatura all’interno della propria attività. Azienda attiva in Italia ed in tutto il mondo, offre una gamma di
macchine affilatrici professionali utilizzate in diversi settori ed in particolar modo per le macellerie, i salumifici, i ristoranti, le pescherie, i bar, le pizzerie, le aziende agricole.
Il lavoro costante, la serietà e l’impegno hanno permesso a Fazzini Technology di rendere l’affilatura alla
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Fazzini Technology è un punto di riferimento per tutti coloro i quali per motivi professionali, necessità o passione hanno a che fare col mondo delle lame e da queste vogliono ottenere la massima efficienza. In foto, modello KS100.
portata di tutti, anche di operatori inesperti: «Affilando i coltelli direttamente sul posto risparmierete tempo e denaro. I vostri coltelli non lasceranno mai il posto di lavoro e saranno sempre ben affilati e pronti all’uso» dicono alla Fazzini Technology.
Attualmente la società offre diversi modelli di macchine, ognuna delle quali progettata per il loro rispettivo tipo di utilizzo.
Tutti i modelli sono realizzati in alluminio ed acciaio e questo significa massima robustezza e riduzione al minimo delle vibrazioni e sono dotati di mole in acciaio rivestite in C.B.N. Questa particolare composizione consente la lavorazione a secco senza problema di surriscaldamento, permette all’operatore di lavorare in modo durevole, veloce e pulito riducendo al minimo i costi.
Il sistema d’affilatura Fazzini brevettato (RPS Sistema centraggio mole) è estremamente efficace e permette di tenere la lama perfettamente perpendicolare all’interasse delle mole migliorando ulteriormente la qualità dell’affilatura.
Le macchine di Fazzini più vendute nel settore sono Micra K2, Small KS5 e Compact K10. Confrontate le specifiche e le dimensioni dei vari modelli e scegliete quello che meglio si adatta alle vostre esigenze.
>> Link: www.fazzinitechnology.com
Fazzini Technology Sas Via Vittorio Veneto 9/D 23815 Introbio (LC)
Telefono: 0341 981440
Fax: 0341 983097
E-mail:commerciale@fazzinitechnology.com
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Le macchine di Fazzini Technology più vendute nel settore sono Micra K2 (in alto), Small KS5 (al centro, +rps) e Compact K10 (in basso).
STORIA E CULTURA
STROLGHINO SALUME DAL NOME STREGATO
di Giovanni Ballarini
Lo strolghino è un salume di breve vita — non dura più di un mese — di cui nel passato poco si parla e niente si scrive. Noi però sappiamo che del maiale non si butta via niente, tutto è buono, come si dice anche della musica di Giuseppe Verdi.
Paese che vai, strolghino che trovi
Nella lavorazione delle carni suine ieri come oggi si producono salumi che sono insaccati in contenitori naturali, in particolare gli intestini, che con le loro caratteristiche determinano i tempi di maturazione e la qualità del prodotto finito. L’intestino è all’inizio sottile e poi man mano che si avvicina all’uscita si fa sempre più spesso e i salumi che se ne
ricavano hanno tempi di maturazione progressivamente più lunghi. Per questo un salume di carni di pregio insaccate nell’ultimo tratto, un salame “culare”, o con un eufemismo detto “gentile”, raggiunge la sua massima gustosità anche dopo 6 mesi di stagionatura. Diverso è un salume come lo strolghino ottenuto dal primo tratto intestinale, il breve duodeno (dodici dita — così si chiama — è la sua lunghezza) che matura nell’arco di qualche settimana e che si mangia subito.
Nei tempi passati, nelle nebbiose terre della Bassa Parmigiana e del Piacentino, i migliori strolghini si ottenevano rifilando le cosce suine per farne culatelli, mentre sull’Appennino si usavano i ritagli di prosciutti e altre parti del maiale.
Inoltre diverse erano le conce e le aromatizzazioni e le condizioni ambientali della loro pur breve maturazione. Senza dimenticare qualche “cugino” dello strolghino, come gli strolghètt equini-suini della città parmigiana.
Come salume insaccato nel sottile duodeno lo strolghino matura in breve tempo e si riteneva potesse predire o presagire come sarebbero maturati gli altri salumi preparati con le stesse carni e in particolare il culatello. Lo strolghino, perciò, è quasi un indovino o astrologo (strolga in dialetto) e da qui il nome che gli è stato assegnato.
Nel passato non era facile la lavorazione delle carni di maiale, così come sapere come si sarebbe sviluppata la loro maturazione, soprattutto quella
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dei salumi di breve vita, e per questo era utile invocare la presenza di una strega o strologa che li proteggesse: da qui un’altra idea per la denominazione di strolghino.
Oggi lo strolghino si ottiene dalle rifilature magre di parte pregiate e soprattutto delle cosce di suini pesanti italiani dalle quali si ricavano il culatello e il fiocco di prosciutto.
Dopo una macinatura fine la carne è insaccata nella budellina suina con un diametro intorno ai tre centimetri, una pezzatura che oscilla tra il mezzo chilo e il chilogrammo, e una forma tradizionale, ma non necessaria, a ferro di cavallo.
Per le sue dimensioni e la composizione magra ha una stagionatura breve, di solito tre settimane.
Successivamente deve essere conservato in un luogo umido e fresco, evitando gli ambienti secchi perché tende ad asciugare rapidamente. Per la stessa ragione non deve essere stagionato troppo a lungo, poiché in tal caso perderebbe la sua caratteristica dolcezza.
Dopo aver rimosso la pelle esterna (immersione per pochi minuti in acqua tiepida; aiuta l’averlo avvolto in un panno bagnato col vino bianco misto ad acqua) va tagliato in fette diagonali molto spesse.
Da quasi vent’anni — la prima segnalazione ufficiale sembra essere nel Dizionario delle cucine regionali italiane, Slow Food Editore, 2008 — lo strolghino ha un grande successo che dalle terre di origine si sta diffonden-
do in tutta Italia. Diversi sono i motivi della sua affermazione, che premia un’antica tradizione oggi recuperata e soprattutto nobilitata. Da una parte i produttori hanno il vantaggio di un prodotto di breve vita che permette un rapido ricupero economico, dall’altra il consumatore sempre più gradisce salumi magri, teneri, dal sapore delicato e dolce, di breve stagionatura e grande freschezza, prodotti con carni suine di pregio lavorate in modo eccellente. Per questo lo strolghino interpreta i tempi attuali, un salame figlio naturale del culatello e così è (se vi pare) o, se si vuole, è colui a cui si crede.
Un salume che, facendo credito al suo nome di astrologo, ha già, ma avrà anche, un futuro sicuro.
Prof. Em. Giovanni Ballarini
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ELISIA MENDUNI
Roscioli. Il pane, la cucina, Roma
Fotografie: MAURIZIO CAMAGNA
Edizioni: Giunti
Collana: Storie di cucina
256 pp. – € 25,00
ALLAN BAY
Elogio del mangiare con le mani
Edizioni: Il Saggiatore
336 pp. – € 18,00
ZOE BURGESS
The Cocktail Cabinet
The art, science and pleasure of mixing the perfect drink
Edizioni: Octopus Publishing Group
240 pp. – € 25,00
Alla fine degli anni ‘50, 11 fratelli e cugini arrivarono a Roma da Rocca di Montemonaco, un piccolo paese delle Marche. Finiranno tutti a fare i panettieri nella Capitale. Inizia così, con la storia di Marco, questo libro che racconta la storia di una famiglia, il lavoro, le evoluzioni e la ricerca di un antico forno romano. Scritto da ELISIA MENDUNI, con le foto di MAURIZIO CAMAGNA, edito dall’editore Giunti nel 2016, il libro, sempre attuale, oltre a proporre 30 ricette iconiche dell’Antico Forno Roscioli (@anticofornoroscioli), del Ristorante Salumeria Roscioli e di Roscioli Caffè (@rosciolicaffe), spazia anche nelle radici antiche della panificazione romana.
Molti anni fa, quando eravamo solo semplici bipedi e cercavamo di sopravvivere tra bestie feroci e intemperie, noi umani godevamo di un grande privilegio: quello di riunirci intorno a un fuoco per mangiare quel poco che avevamo con le mani. Era una necessità, ma anche un modo più diretto, e in un certo senso più poetico, di affrontare la realtà. Oggi quell’antica gestualità sopravvive, minacciata tuttavia dall’avanzare delle forchette. Come gazze ladre, negli ultimi secoli ci siamo lasciati sedurre dal loro luccichio e abbiamo così sacrificato la bellezza del leccarci le dita per seguire il comandamento più brutale: “Non sporcarti”. ALLAN BAY decide allora di celebrare questa usanza “antica e bella” indagandone il passato, il presente e il futuro con giocosità e charme. Questo libro è un viaggio storico e antropologico, un racconto fotografico e molto altro: un’opera che ci permette di riscoprire il piacere di trasgredire, di sporcarci, di dire sì alla vita
Un cocktail. La risposta a tante voglie del dopo lavoro, prima del fine settimana, del sabato sera, del pranzo delle vacanze, delle riunioni e delle cene. Sempre ben accetto, ma spesso ricreato con scarso successo. Con una vasta gamma di informazioni su tutto ciò che riguarda i cocktail, la ricercatrice e sviluppatrice di bevande Zoe Burgess presenta una guida completa e dettagliata alla creazione di cocktail professionali. In sette capitoli, l’autrice suddivide ogni cocktail nei cinque gusti base e considera i profili di sapore dei principali alcolici inclusi, analizzando il motivo per cui determinati abbinamenti funzionano, in modo da comprendere appieno gli elementi costitutivi di quest’arte.
Premiata Salumeria Italiana, 3/24 164
TRE LIBRI
Prosciutto cotto Alta Qualità Dieci e Lode e Prosciutto cotto Alta Qualità nazionaleFiliera benessere animale Trenta più. Carne dry-aged per una straordinaria morbidezza ed un gusto unico. www.ibis-salumi.com Gusto a pieni voti!