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Eurocarni – Premiata Salumeria Italiana – Il Pesce – Euro Annuario Carne – Euro Genuine Food – Annuario del Pesce e della Pesca – US Annuario dei Fornitori della Sanità in Italia € 6,70
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Euro Annuario Carne
La banca dati internazionale del mercato delle carni sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore lavorazione, commercio e distribuzione carni.
Edizione 2024 Copia cartacea: € 95,00
Siamo gli specialisti del San Daniele DOP
Il segreto è tutto
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Allevamenti di proprietà
Le carni dei nostri prosciutti di San Daniele DOP provengono da suini nati e cresciuti nei sei allevamenti della famiglia Aimaretti o da siti rigorosamente selezionati.
ostri a suini nati e cresciuti nei sei ella fami osamente se
Benessere animale
ere e
dell’animale sono una priorità. I nostri allevatori controllano attentamente l’alimentazione, si assicurano che gli ambienti siano spaziosi e areati e riducono al minimo lo stress del suino.
Prosciutto di San Daniele DOP Etichetta Nera SanDan. Inimitabile.
Solo le cosce migliori
I nostri mastri salumieri mettono al primo posto la genuinità delle materie prime e selezionano le cosce migliori per portare in tavola il gusto inconfondibile di un prodotto sano e naturale.
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Con pazienza, secondo tradizione
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La salatura, a mano, e l mini vi d natura
La salatura, rigorosamente a mano, e la stagionatura minima di 18 mesi, danno vita ad un crudo dal gusto unico, naturalmente buono.
A pagina 114.
Eurocarni – Premiata Salumeria Italiana – Il Pesce – Euro Annuario Carne – Euro Genuine Food Annuario del Pesce e della Pesca – US Annuario dei Fornitori della Sanità in Italia
Brevi storie di cibo lento Cotechino Day, lentezza e libertà
a velocità contemporanea
Crudo di Cuneo DOP: dal nuovo Regolamento
maggiori poteri e responsabilità per i Consorzi di tutela
Salumi in tavola Prosciutto di San Daniele, ideale per l’alimentazione consapevole 82
Il buono secondo Lara Cotequino: a Villa Carcina, tra tradizione e creatività
Prodotti tipici Il burro salato Nunzia Manicardi 88
Sapori mediterranei Chiocciola, cinque grammi di bontà Josette Baverez Blanco 90
Turismo enogastronomico Castilla y León: queso, carne e vino
Formaggio Il Bagòss di Bagolino, un formaggio tutto d’oro
Massimiliano Rella 94
Nunzia Manicardi 100 Il gentil Fiore dalla storia millenaria Chiara Papotti 104 Lo chef dell’olio
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Gian Omar Bison
A pagina 46.
A pagina 18.
A pagina 94.
A pagina 39.
A pagina 72.
A pagina 136.
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ACETAIA
AGENDA
Mantova
Dal 18 al 20 ottobre a Mantova si svolgerà la 3a edizione di Sbrisolona & Co., l’evento dedicato interamente ai più celebri prodotti della pasticceria regionale italiana, con un focus sulla Sbrisolona e sui diversi dolci tipici della provincia mantovana. «Non solo arte, musei, storia e tradizioni, Mantova attrae turisti anche per le sue specialità gastronomiche e dolciarie» ha dichiarato Barbara Mazzali, assessore al Turismo, marketing territoriale e moda di Regione Lombardia. «Per il terzo anno Sbrisolona & Co., il Festival dedicato alla tipica torta mantovana e ai dolci tradizionali italiani, offrirà un week-end di degustazioni e spettacoli in piazza delle Erbe, nel cuore del centro storico. Qui le principali attrazioni cittadine faranno da preziosa cornice all’iniziativa, con le “porte aperte” a chiunque volesse conciliare cultura e gusto». sbrisolonafestival.it
Parigi, Francia
Dal 19 al 23 ottobre SIAL Paris 2024 è pronta ad accogliere oltre 7.500 espositori in rappresentanza di oltre 130 Paesi, con una previsione del 75% di visitatori internazionali. Questa edizione di SIAL Paris promette di essere un appuntamento senza precedenti per aziende e decision maker. Tra gli highlights ci sarà la nuova disposizione degli stand espositivi. Per migliorare l’esperienza dei visitatori, infatti, la nuova planimetria della fiera, come richiesto dai visitatori stessi, raggrupperà gli espositori per tema. In termini di partecipazione alla fiera, Francia e Italia si contendono il primo posto, con l’Italia attualmente in testa per superficie espositiva, con circa 17.000 m2. La Cina torna con vigore, con oltre 6.000 m2 occupati dai propri espositori, mentre Ucraina e India dimostrano la loro crescente influenza sulla scena globale. Saranno presenti anche diversi Paesi africani, con alcune partecipazioni collettive nel padiglione 5a. Le aspettative per una maggiore presenza rispetto alle precedenti edizioni sono alte, con Costa d’Avorio e Senegal che hanno già confermato la loro partecipazione, sottolineando l’impegno di SIAL per costruire un evento inclusivo grazie all’internazionalità espressa in ogni settore. Ci saranno infine per la prima volta espositori provenienti da Uganda, Libia e Iraq che arricchiranno ulteriormente la presenza culturale del SIAL. In ultima battuta, Stati Uniti e Spagna si stanno preparando per una presenza indimenticabile a questa storica edizione. sialparis.com
Modena
EXCELLENCE SRL SIDI, l’associazione che riunisce 21 tra i maggiori importatori e distributori italiani di vini d’eccellenza, anche quest’anno sarà presente con la 7a edizione di Modena Champagne Experience, il più grande evento italiano dedicato esclusivamente allo champagne. A ModenaFiere, nelle giornate di domenica 20 e lunedì 21 ottobre, si incontreranno grandi Maison e piccoli vigneron con centinaia di etichette in degustazione per i visitatori. Modena Champagne Experience 2024 è l’occasione per degustare i vini di grandi e piccoli produttori, tra i quali Thiénot, Paul Bara, Bruno Paillard, Henri Giraud, Ayala, Marguet, Jacquesson, de Venoge, Pannier, Encry Veuve Blanche Estelle, Louis Roederer, De Sousa, Larmandier-Bernier, Palmer & Co, Paul Clouet, Charles Heidsieck, Leclerc Briant, Claude Cazals, Delamotte, Francis Boulard All’interno dell’area espositiva, i produttori saranno distribuiti in base alla loro appartenenza geografica, corrispondente alle diverse zone di produzione della Champagne: Montagne de Reims, Vallée de la Marne, Côte des Blancs, Côte des Bar, oltre alle Maison classiche riunite in una specifica area. champagneexperience.it
Frutto dell’esperienza Ferrarini nella produzione di salumi cotti, PAVO è prodotto solo con carne italiana, utilizzando il petto intero di tacchino magistralmente aromatizzato con la stessa salamoia del Prosciutto Cotto Ferrarini. Grazie alla lenta cottura risulta
particolarmente morbido e succoso e come tutti i salumi Ferrarini è senza Glutine e derivati del latte oltre ad avere solo 1,5% di grassi.
Sono prodotti da Sgambelluri, azienda artigianale di Siderno (RC), specializzata in un’ampia varietà di prodotti dolciari. Noi abbiamo scelto (e degustato) il Torrone di mandorla al cioccolato fondente, al cioccolato al latte e al cioccolato bianco. Buonissimi! sgambelluri.it
Spaghetti alla CHITARRA
È una pasta artigianale all’uovo prodotta dalla marchigiana Filotea Experience
“Gli Spaghetti alla chitarra sono prodotti con un attrezzo, chiamato appunto ‘chitarra’, il quale taglia la sfoglia in spaghetti sottili e quadrati. La trafilatura al bronzo garantisce a questo formato la porosità e ruvidezza necessarie per consentire al sugo con cui verrà condito di restare attaccato alla sua superficie” shop.filoteapasta.com
UN GRANDE SALAME
È un salame tipico parmense prodotto da Eccellenze di Cantina
Si affetta e finisce subito! instagram.com/eccellenze_di_cantina_
Son tutte CHIACCHIERE
Si chiamano Chiacchiere salate di Bologna e sono uno snack artigianale prodotto con farine locali e 20 ore di lievitazione. Leggere, croccanti e friabili, perfette per l’aperitivo o in abbinamento ad insalate, zuppe, antipasti. twistsproducts.it
TENDENZE
Settembre, tempo del ritorno, tempo di eventi, Festival e di… botteghe
A Modena si usa dire che “passato Ferragosto, basta chiudere un attimo gli occhi e ci si ritrova a Natale” E un po’ la sensazione è davvero quella. Alla “calma” cittadina di agosto, legata anche a temperature che raggiungono picchi contrari allo svolgimento di qualsiasi attività che non sia lo stare immobili accanto ad un condizionatore, si sostituisce improvvisamente la frenesia del rientro, il tran tran quotidiano riprende il suo corso e le sue corse, le pagine delle agende si infittiscono di impegni e appuntamenti, i giorni volano via e… ci si ritrova senza accorgersene a fare le liste per gli acquisti di fine anno.
In tutto questo, però, settembre conserva una particolare magia, climatica innanzitutto, fatta di temperature miti, luce calda e colori intensi, che lo rendono un mese perfetto per prolungare la vita all’aria aperta anche in città, approfittando per scoprirne meglio angoli e tesori nascosti, artistici, storici e, naturalmente, gastronomici! A questa sorta di “modalità vacanza” a casa contribuiscono i tanti eventi e i Festival a carattere culturale e non
che, approfittando del bel tempo, si svolgono proprio nei centri storici, nei bei palazzi che di solito sono preclusi al pubblico ma anche nelle piazze e nei cortili.
E, tra una presentazione e una conferenza, un incontro con l’autore e un laboratorio, quando lo stomaco inizia a brontolare, cosa c’è di meglio che fare un salto in bottega? A Mantova, ad esempio, in una stradina del centro, Via Orefici 16, c’è da tempo un approdo sicuro. È la Salumeria Bacchi Giovanni dal 1967: salumi selezionati e golosi formaggi, conserve e mostarde, prodotti tipici. Seguite il profumo!
Un pack stupendo per un prodotto eccellente. Queste fragole liofilizzate sono prodotte dall’austriaca Frucht & Sinne Schokoladenmanufaktur GmbH e sono state lavorate in modo da preservarne la forma e il colore. fruchtundsinne.at
LA COPERTINA ESPLOSA
Anno XXXVI N. 5 Settembre-Ottobre 2024
Se spritz deve essere, che sia quello originale veneziano con il Select “Un’esperienza sensoriale diversa, più ricercata e intensa, rivolta a tutti coloro che amano sperimentare e sono alla ricerca di emozioni autentiche” promettono su selectaperitivo.it Cosa serve? 1 oliva verde (che noi abbiamo sostituito con una fetta di arancia), 5 cl di Select, 2,5 cl di soda o selz e 7,5 cl di Prosecco. Versare il Prosecco in un calice. Aggiungere Select e colmare con soda o seltz. Bere. Strepitoso!
Dal Veneto ci spostiamo nel Centro Italia per scoprire carni salate davvero particolari. “Tra le province di Roma, Latina e Frosinone trovano casa le coppiette laziali, storicamente prodotte con carne d’asino o cavallo e oggi preparate anche con tagli bovini e suini. Il nome deriva dall’usanza di appendere le carni tagliate a strisce e piegate a due a due in fase di stagionatura ed eventuale affumicatura” ci ha raccontato CHIARA PAPOTTI su PREMIATA SALUMERIA ITALIANA N. 5/2022 (“Sale, sole e carni: in viaggio per l’Italia alla scoperta delle carni salate”). “Si trovano spesso come antipasto rustico nelle classiche osterie romane, dal sapore equilibrato dovuto ad una salagione realizzata a regola d’arte”
Cotechino Day, lentezza e libertà
di Alessia Morabito (illustrazioni di Alessia Serafini)
Il 14 agosto, a Modena, è il Cotechino Day. “Il cotechino??? Con questo caldo???”. È la frase che mi ripetono tutti i NON modenesi quando racconto di questo rituale pagano. Il cotechino, in tutto il Nord Italia, è il piatto emblematico di Capodanno, servito con purè e lenticchie, mentre fuori è freddo e, tra pancia, cuore e testa, scorrono i buoni propositi e le speranze per l’anno che verrà.
Il Cotechino di Modena è una IGP (Indicazione Geografica Protetta), un insaccato a base di carne di maiale che si consuma cotto e prende il nome dal suo ingrediente fondamentale, la cotica, ovvero la cotenna che, tritata assieme a muscolo striato, grasso, cartilagini e spezie viene insaccata in budello naturale, legata e messa ad asciugare leggermente. Dopo aver praticato qualche forellino per permettere la fuoriuscita del grasso, viene immerso in acqua fredda (possibilmente appendendolo, non poggiandolo sul fondo del tegame) e portato a bollire, a fiamma bassa, alcune ore, fino a cottura, per poi essere servito. Al taglio è morbido, rosa tendente al rosso, con granulometria caratteristica, compatto, il profumo fragrante di brodo e spezie. La sua primogenitura non è databile, dibattuta a lungo in testi del ‘700 come “La Salameide” o “Gli elogi del porco” di Tigrinto Bistonio ma senza soluzione.
La festa del Cotechino Day invece nasce negli anni ‘90 per iniziativa di Giancarlo, ex proprietario del Bar Schiavoni, il bar storico del Mercato Albinelli, il mercato cittadino a due passi dal Duomo romanico. Dal 2010, dietro al bancone, ci sono le due sorelle Chiara e Sara.
In una Modena metafisica, svuotata di persone andate in vacanza e riempita dei vapori che salgono dalle strade roventi, i pochi cittadini rimasti seguono le linee d’ombra dei palazzi e dei porticati per poi sfidare Piazza del Duomo salutandone i leoni, l’osso di drago e l’epopea cittadina scolpita in bassorilievo. Uno sguardo in su verso La Bonissima e si imbocca via Albinelli. Si arriva alla porta del piccolo bar e ci sono Sara e Chiara, belle come ti immagineresti belle la Madonna e la Maddalena, belle e potenti come era Matilde di Canossa.
Pane fragrante, cotechino rovente a fette, salsa verde a sgrassare e Lambrusco ghiacciato, chiaro o scuro che sia
Nessun proposito per il futuro e nessun bilancio, il 14 agosto, il giorno lavorativo più lento dell’anno, la testa è leggera. Ci si saluta, si cerca ombra, si canta, si parla, si mangia, si beve, si balla: è festa collettiva, cittadina, mistica e sacra, laica e forse un po’ profana.
Il Duomo si scorge a pochi metri, luccica e biancheggia.
C’è uno spettacolo di Franca Rame e Dario Fo dal titolo “Il tempio degli uomini liberi”, quel tempio è il Duomo di Modena. Il Duomo fatto erigere dal nascente comune autonomo di Modena sopra a quello appena costruito da un Vescovo destituito. La precedente costruzione è demolita poco alla volta, mano a mano che si innalza la nuova, in tempo di record, dal 1099 al 1117.
Nelle pietre del Duomo non è inciso il nome di nessun committente, Imperatore o Re, Papa o Vescovo, ma scorgiamo con facilità, in due posizioni ben visibili, il nome dell’architetto e capo cantiere Lanfranco, nel frontespizio dell’abside maggiore, e dello scultore Wiligelmo sul frontespizio in facciata.
In un rincorrersi di figure simboliche — celestiali e mostruose, sacre e profane — sono raffigurati i mestieri e le stagioni, assieme alla Genesi del mondo viene raccontato il duro lavoro umano, quotidiano e familiare dei cives populares
A Modena, dove si lavora da sempre con tanto impegno ma quando non si lavora ci si organizza per fare e godere della festa, immagino i festeggiamenti popolari che hanno seguito la fine dell’edificazione di questo Patrimonio dell’Umanità in tutti i sensi. E non mi sorprenderebbe che fosse scoperto, tra i bassorilievi romanici del Wiligelmo, qualcosa che somiglia ad un cotechino.
TRE DOMANDE a Massimo e Davide Corrà
di Elena Benedetti
Premiata ogni anno dai giudici del Campionato Italiano del Salame, accreditata alla corte del G AMBERO R OSSO , la più nota e amata mortandela della Val di Non è prodotta a Coredo, un piccolo paese a 831 metri d’altitudine nella provincia di Trento che, grazie alla Macelleria-Norcineria Dal Massimo Goloso, è una tappa imperdibile per buongustai a caccia di specialità.
In laboratorio e dietro il bancone c’è un personaggio di primo piano della salumeria artigianale italiana, il norcino-macellaio Massimo Corrà, che gestisce l’impresa di famiglia con la moglie Orietta, il figlio Davide e una squadra di collaboratori. Abbiamo chiesto a Massimo (foto in basso) e a
Davide (foto in alto), come di consueto facciamo per questa rubrica, quale sia stata l’evoluzione della loro attività in questi ultimi anni e come sia cambiata nel tempo la loro professione di artigiani delle carni e dei salumi.
Quanto è cambiata la vostra professione negli ultimi 10 anni?
«È cambiata moltissimo, nel senso che siamo diventati più professionali: oggi devi conoscere il prodotto molto più di prima e la clientela è decisamente più informata. Percepisco un’evoluzione accelerata, che si procede molto velocemente, nella necessità di soddisfare le esigenze e le curiosità del cliente. Per restare sul mercato servono consapevolezza, preparazione e un certo dinamismo» risponde Massimo Corrà.
«In questi ultimi anni la nostra professione si è abbastanza stravolta perché è cambiata la tipologia di clientela: non ci sono più le massaie che conoscono tutti i tagli di carne e che stanno a casa a cucinare.
Anche l’aumento, seppur contenuto, di vegetariani e vegani ha contribuito al cambiamento. Il cliente è più consapevole dell’equilibrio necessario nel consumo di carne e salumi e per noi artigiani questo è un punto a nostro favore, perché il consumatore sceglie la bottega che gli dà fiducia e sicurezza nella qualità percepita del prodotto» aggiunge Davide Corrà. «Occorre stare al passo e innovarsi: se dieci anni fa mi avessero detto che avremmo spedito carne fresca sottovuoto e salumi in tutta Italia non ci avrei creduto!».
Cosa cercano oggi i clienti?
«Ti posso rispondere per la mia zona. Oggi i clienti cercano molta qualità di prodotto e professionalità. Dietro al banco servono competenza e conoscenza» risponde Massimo.
«Se parliamo della macelleria, sicuramente il banco della carne tradizionale si sta restringendo. La clientela cerca prodotti saporiti, originali e facili e veloci da preparare. C’è poi la parte di gastronomia con le preparazioni pronte che diventata davvero indispensabile dato che nessuno ha più tempo o voglia di cucinare. Poi c’è quella élite di clientela che si è appassionata al barbecue e che è disposta spendere più del cliente cosiddetto “normale” per tagli e selezioni di altissima qualità» sottolinea Davide, rimarcando come
la gamma di clientela di macellerie e botteghe di salumeria/gastronomie sia in realtà molto articolata, trovandosi in bottega ad acquistare prodotti per far fronte ad esigenze o aspirazioni anche molto diverse tra loro.
Quanto è importante l’esposizione dei prodotti, dentro e fuori dal banco?
«L’esposizione è fondamentale perché in base a come collochi il prodotto a banco influenzi il volume e il valore degli scontrini di vendita. Questo è un dato di fatto» risponde Massimo.
«Serve fare attenzione ai colori utilizzati per mettere in evidenza i prodotti e puntare ogni giorno a creare
una bella esposizione, facendo sì che la gente migliori l’esperienza d’acquisto e, non ultimo, che ritorni» conclude Davide Corrà.
A dirlo è Confcommercio sulla base di uno studio in collaborazione con SWG all’interno del progetto CITIES. E la desertificazione preoccupa: il 60% compra alimentari a lunga conservazione nei superstore
Gli Italiani vogliono vivere nei quartieri dove ci sono più esercizi di prossimità, perché questi ultimi rafforzano le comunità (64%), perché fanno sentire più sicure le persone (57%) e perché fanno crescere il valore delle abitazioni (fino al 26% in più). La chiusura dei negozi, poi, preoccupa e intristisce i cittadini, soprattutto al Nord e nelle città di medie dimensioni, che percepiscono chiaramente quali tipologie merceologiche siano a maggiore rischio. È quanto emerge, in estrema sintesi, da un’indagine realizzata da CONFCOMMERCIO in collaborazione con SWG nell’ambito del progetto CITIES, che si occupa di contrasto alla desertificazione commerciale nelle città italiane e di sviluppo del valore sociale delle economie di prossimità.
«Anche nell’era digitale i negozi di vicinato sono insostituibili» spiega il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli. «Rendono le città più vivibili, più attrattive e più sicure. È necessario, però, contrastare la desertificazione che sta facendo scomparire molte attività commerciali. Occorre incentivare l’innovazione e sostenere la riqualificazione urbana attraverso un miglior utilizzo dei fondi europei».
Alle attività economiche di prossimità viene riconosciuto un alto valore sociale: quando si tratta di consumi, gli acquisti quotidiani di farmaci (64%) e tabacchi (59%) vengono effettuati prevalentemente negli esercizi vicini all’abitazione. Per quanto riguarda invece abbigliamento (64%), alimentari a lunga conservazione (60%), accessori per la casa (60%) e prodotti di elettronica (53%), i centri commerciali e le grandi strutture distributive (megastore, outlet) diventano i luoghi di acquisto prevalenti rispetto agli esercizi commerciali in centro città dove quelle tipologie di beni registrano percentuali di acquisto tra il 2% e il 5%.
Uno dei motivi delle scelte di acquisto al di fuori del proprio quartiere, secondo l’indagine SWG, deriva dall’avanzamento della desertifi cazione commerciale, ovvero dal calo o addirittura dalla totale assenza di negozi tradizionali vicino alla propria abitazione: rispetto alla propria zona di residenza, infatti, per i negozi specializzati si avverte prevalentemente una diminuzione, come nel caso dei negozi di abbigliamento ed elettronica (46%) e dei servizi essenziali, tra cui gli alimentari (42%). Solo i servizi per il tempo libero (tra cui bar e ristoranti) sono percepiti in aumento dal 43% degli intervistati.
ALTRO CHE SEMPLICE “OPERAZIONE NOSTALGIA”: PER I CITTADINI ITALIANI
LA PRESENZA DI ESERCIZI COMMERCIALI NEL LUOGO IN CUI SI VIVE È L’ELEMENTO
MAGGIORMENTE SODDISFACENTE E L’UNICO
CHE RICEVE UNA VALUTAZIONE POSITIVA
IN TUTTE LE AREE DEL PAESE E IN TUTTE LE TIPOLOGIE DI COMUNI, PICCOLI E GRANDI
«Dall’indagine emergono chiaramente la consapevolezza e la preoccupazione dei cittadini sull’avanzamento della desertificazione commerciale» aggiunge Paolo Testa, responsabile del Settore Urbanistica e Rigenerazione Urbana di Confcommercio. «Uno stato d’animo tanto più evidente vista la contemporanea soddisfazione sui negozi attivi nei rispettivi comuni di residenza, soprattutto sul loro ruolo sociale».
Testa evidenzia come le attività economiche di prossimità «per quasi i 2/3 degli intervistati rappresentino soprattutto un’occasione di incontro che rafforza l’appartenenza alla comunità, ma anche un servizio attento alle persone fragili, un presidio di sicurezza, una garanzia di cura dello spazio pubblico e un facilitatore dell’integrazione, come da sempre testimoniato da Confcommercio». Si tratta di un legame «talmente forte che addirittura nove persone su dieci scelgono il quartiere in cui vivere proprio in base alla presenza di esercizi di prossimità».
Quella dei negozi di quartiere sta diventando qualcosa in più di una semplice “operazione nostalgia”. Per i cittadini italiani, la presenza di esercizi commerciali nel luogo in cui si vive è l’elemento che vede la maggiore soddi-
sfazione in assoluto e l’unico che riceve una valutazione positiva in tutte le aree del Paese e in tutte le tipologie di comuni, sia piccoli che grandi. Addirittura, la presenza dei negozi guida anche le preferenze insediative dei cittadini: per l’88%, infatti, è determinante nella scelta del quartiere nel quale vivere, mentre solo 1 persona su 10 preferisce vivere in una zona esclusivamente residenziale senza servizi di prossimità.
Molto significativi, secondo l’indagine Confcommercio-SWG, sono anche gli effetti della presenza dei negozi sui valori immobiliari: secondo gli intervistati uno stesso immobile potrebbe vedere crescere il proprio valore almeno del 20% quando collocato in una zona residenziale con molti negozi di prossimità, mentre in un quartiere dove sono in corso fenomeni di desertificazione commerciale potrebbe perderne il 15%, con un differenziale complessivo, quindi, di oltre un terzo. Al contrario, la percezione dell’avanzamento della desertificazione porta con sé un forte sentimento negativo che spinge un italiano su cinque (22%) addirittura a ipotizzare di cambiare abitazione nel caso in cui il fenomeno dovesse acuirsi nella zona in cui abita (fonte: EFA News – European Food Agency).
La desertificazione commerciale è un fenomeno in crescita che colpisce città grandi e piccole in tutta Italia. Secondo Confcommercio, negli ultimi 10 anni sarebbero scomparsi 111.000 negozi. Un dato allarmante che ha conseguenze pesanti non solo sull’economia locale, ma anche sulla qualità della vita dei cittadini. I negozi di vicinato non sono infatti solo un luogo dove fare acquisti, ma anche un punto di riferimento per la comunità. Sono un luogo di incontro, di socializzazione, di scambio di idee e di informazioni. La loro chiusura impoverisce la vita di quartiere, crea isolamento e aumenta il senso di insicurezza.
PROSCIUTTO CRUDO DI CUNEO DOP:
DAL NUOVO
REGOLAMENTO UE MAGGIORI POTERI E RESPONSABILITÀ PER I CONSORZI DI TUTELA
Il Consorzio di tutela ottenne la registrazione della denominazione Crudo di Cuneo DOP da parte dell’Unione Europea nel 2009, con l’obiettivo di qualificare e valorizzare questo salume (che rischiava di scomparire) sul mercato italiano ed estero.
Il 23 aprile 2024 è stato pubblicato, sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea, il Regolamento (UE) 2024/1143 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle Indicazioni Geografiche. Il nuovo Regolamento modifica profondamente il sistema di certificazione e tutela delle IG, e quindi di tutti i prodotti DOP, IGP e STG, riunendo in un unico documento le disposizioni normative — finora suddivise in tre regolamenti —, relative a vini, bevande spiritose, prodotti agricoli, specialità tradizionali garantite e indicazioni facoltative di qualità per i prodotti agricoli. Un testo unico, dunque, che disciplina tutte le produzioni agricole. Tra le principali novità introdotte, c’è da segnalare il rafforzamento dei poteri e delle responsabilità delle associazioni di produttori, un’aumentata trasparenza nei confronti dei consumatori e il conferimento di una maggior protezione alle Indicazioni Geografiche, attraverso misure aventi ad oggetto il loro utilizzo come ingredienti oppure on-line. Il regolamento semplifica infine il processo di registrazione delle IG, la cui responsabilità e gestione permane in capo alla Commissione europea.
«Il nuovo regolamento riconosce maggiore importanza al ruolo ed alle funzioni dei gruppi (Consorzi di tutela), prevedendo la possibilità di operare e promuovere i prodotti anche in nuovi contesti di responsabilità, di sviluppo e crescita» ha dichiarato in proposito Maria Chiara Ferrarese, vicedirettrice
I nomi di prodotti registrati come DOP sono quelli che hanno i legami più forti col luogo dal quale provengono. Non a caso, il logo della DOP Prosciutto crudo di Cuneo unisce tre elementi dell’area di produzione: la forma a punta delle montagne, la città di Cuneo e la forma stilizzata del prosciutto crudo intero. Il colore richiama invece quelli dello stemma della provincia omonima.
di CSQA Certificazioni di Thiene. «Le nuove azioni e attività che i Consorzi di tutela possono sviluppare, proprio partendo dal legame forte e indissolubile con il territorio connaturato al prodotto IG, attraverso il turismo enogastronomico (il cosiddetto Turismo DOP) e gli impegni per la sostenibilità rappresentano una innovazione rilevante e costituiscono opportunità importanti di aumento del valore riconosciuto: per il prodotto a IG, per gli operatori della filiera di produzione, per gli altri operatori dello stesso territorio sensibili ai temi di tradizione, cultura e sostenibilità. Ecco pertanto che, partendo dal territorio e dalla tradizione, il ruolo del Consorzio di tutela supera i confini della “semplice” qualità del prodotto, delle connotazioni della filiera. Intercettando e facendo propria la sempre più pressante richiesta di sostenibilità (ambientale, sociale ed economica), si amplia ad una considerazione allargata del valore del prodotto: IG come valore — anche immateriale — di un territorio e pertanto riconosciuto come “valore comune”, promosso, difeso e condiviso unitamente agli operatori del territorio stesso».
Produzione di qualità sostenibile e attenzione ai consumatori
Sul piano produttivo il nuovo regolamento vuole garantire che i produttori che agiscono collettivamente abbiano i poteri e le responsabilità necessari per gestire le IG, anche per rispondere alle richieste della società, come la salute e il benesseredeglianimali, i prodotti
derivanti da una produzione sostenibile, e per operare ed essere competitivi sul mercato. A livello di mercato le nuove norme intendono contribuire a garantire una concorrenza leale e generare valore aggiunto con l’obiettivo di condividere questo valore aggiunto lungo la catena di commercializzazione, al fine di garantire un rendimento equo per i produttori. Altro aspetto a cui guarda questo regolamento è il mantenimento della capacità dei produttori di investire nella qualità, nella reputazione e nella sostenibilità dei loro prodotti. Il nuovo sistema delle IG vuole anche contribuire al raggiungimento degli obiettivi della politica di sviluppo rurale, fornendo sostegno alle attività agricole e di trasformazione, preservando il knowhow e promuovendo prodotti di qualità specifici per l’area geografica in cui sono prodotti. Sul lato consumatori, l’UE vuole che essi ricevano informazioni affidabili e garanzie su origine, autenticità, qualità, reputazione e altre caratteristiche legate all’origine geografica o all’ambiente geografico dei prodotti IG e che possano identificarli facilmente sul mercato, anche quando vengono venduti e acquistati on-line.
Gestione più snella protezione più efficace
A livello gestionale le nuove norme intendono introdurre una registrazione efficiente e facile da usare delle IG, tenendo conto dell’adeguata protezione dei diritti di proprietà intellettuale, nonché garantire controlli, applicazione e
immissione sul mercato efficaci in tutta l’Unione, anche nel commercio elettronico, assicurando così l’integrità del mercato interno. Infine, questa norma contribuisce all’effettiva protezione dei diritti di proprietà intellettuale relativi ai prodotti IG nei mercati dei Paesi terzi. In particolare consentirà una registrazione automatica all’Atto di Ginevra dell’accordo di Lisbona che prevede una protezione rapida e indefinita in tutti i Paesi firmatari, anche extra-UE. Sono eliminate le falle del sistemati che consentivano di sfruttare indebitamente la reputazione delle IG tramite norme tecniche nazionali o strumenti unionali, quali le menzioni tradizionali, chiarendo che queste non possono corrispondere, né evocare le IG riconosciute. Si avrà inoltre una maggiore protezione on-line e del sistema dei domini. Tramite un sistema di geoblocking gli Stati Membri sono tenuti a impedire l’accesso a tutti i contenuti evocativi di una Indicazione Geografica, anche grazie ad un alert system sviluppato da EUIPO, l’Ufficio per la Proprietà Intellettuale dell’Unione Europea. «Il nuovo quadro normativo rafforza ulteriormente il ruolo dei Consorzi di tutela, confermandone i poteri erga omnes nei confronti di tutti i soggetti coinvolti nel processo di certificazione» commenta la presidente del Consorzio di Tutela e Promozione del Crudo di Cuneo Chiara Astesana. «Inoltre, consente ai Consorzi di attivare azioni volte a prevenire o contrastare qualsiasi iniziativa che rischi di essere dannosa per la reputazione o per il valore delle DOP. Sono innumerevoli i tentativi di evocazione o imitazione del marchio del nostro Consorzio e molte sono le azioni che rischiano di devalorizzare il prodotto a danno della denominazione nel suo complesso: avere maggiori strumenti per la difesa e la tutela della denominazione è senz’altro utile».
>> Link: www.prosciuttocrudodicuneo.it
REGIONE PIEMONTE
FEASR: L.:Europa investe nelle zone rurali. PSR 2014-2020 – Sostegno per attività di informazione e promozione svolte da Associazioni di produttori nel mercato interno - Misura 3 Operazione 3.2.1 – Bando 1/2023_B
LA SOSTENIBILITÀ NELLE PICCOLE IMPRESE AGROALIMENTARI
Le grandi aziende adottano accorgimenti di impatto, comunicano il proprio impegno per l’ambiente e per un mondo più giusto e inclusivo, si certificano. Le micro hanno armi spuntate ma possono fare comunque tanto
di Maria Antonietta Dessì
L’innegabile cambiamento climatico impone l’adozione di politiche serie in materia. Non a caso temi come la tutela degli ecosistemi, la limitatezza delle risorse, l’inquinamento e la gestione dei rifiuti hanno acquisito centralità e vanno di pari passo con l’esigenza del rispetto dei diritti umani e dei lavoratori e l’equità nella distribuzione dei redditi.
Porre fine alla fame e ad ogni forma di povertà nel mondo, raggiungere la sicurezza alimentare e un’agricoltura sostenibile, in un’ottica di salute e benessere. E ancora: fornire a tutti un’educazione di qualità, equa e inclusiva, raggiungere l’uguaglianza di genere, incentivare una crescita economica, duratura e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti. E molto altro ancora. Potrebbe sembrare un elenco utopistico di desiderata e invece sono solo alcuni degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Unione Europea, un documento che ha ribadito la necessità di un cambio di passo per una società che ha a cuore l’ambiente e l’umanità. Se ne occupò anche l’Accordo di Parigi, sottoscritto da 195 Paesi, ma lo spartiacque nella vita dell’UE rispetto a queste tematiche è certamente il New Green Deal che, nel 2019, ha posto una serie di obblighi e definito obiettivi che aprono anche alla cosiddetta transizione energetica. Oggi si assiste ad un innegabile cambiamento climatico che impone l’adozione di politiche serie in materia. Non a caso temi come la tutela degli ecosistemi, la limitatezza delle risorse, l’inquinamento e la gestione dei rifiuti hanno acquisito centralità e vanno di pari passo con l’esigenza del rispetto dei diritti umani e dei lavoratori e con l’equità nella distribuzione dei redditi. Sostenibilità è diventato il leitmotiv del momento: un termine anche fortemente abusato, sempre più lasciapassare per il mercato. Il criterio delle tre P, Persone, Pianeta e Profitti, introdotto già negli anni ‘90, assume un’altra rilevanza, se non per effettiva convinzione di chi lo pratica, almeno perché il successo di un’azienda passa oggi anche attraverso una politica di sostenibilità.
Questa filosofia di vita e di lavoro si traduce in un altro acronimo sempre più in uso, l’ESG, ossia Environmental, Social, Governance, e si riferisce a fattori centrali nella misurazione della sostenibilità. Questo sistema è il termometro di quanto un’azienda impatta in termini ecologici sul pianeta e i criteri sociali rilevano il modo in cui l’impresa si rapporta col capitale umano, come approccia la diversità e le pari opportunità, le condizioni di lavoro, la
salute e la sicurezza di chiunque con essa si rapporti. Le regole di governance, invece, valutano il modo in cui un’azienda è amministrata, compresa la remunerazione degli addetti, le pratiche fiscali, la corruzione e l’abuso d’ufficio, la diversità e la struttura degli organi decisionali.
Gli strumenti della sostenibilità
Al netto del fatto che dimostrarsi sostenibili agli occhi del mercato ha un suo rientro economico, è universalmente condiviso, oramai che le imprese che hanno maggiori probabilità di successo e di rendimento sono quelle che creano valore per tutti i soggetti con cui si rapportano, direttamente o indirettamente. Di conseguenza, l’analisi ESG si concentra sul modo in cui le aziende operano nella società e su come questo influisce sulle loro performance attuali e future. Non riguarda, infatti, solo ciò che l’impresa fa oggi, ma anche la capacità di affrontare eventuali cambiamenti che possono incidere sulla sua possibilità di sopravvivenza in futuro.
Al momento non esiste un unico ente di certificazione ESG, ma piuttosto vari organismi e istituzioni finanziarie che possono fornire valutazioni e punteggi basati su questi criteri. Alcuni dei principali fornitori di rating ESG includono MSCI, Sustainalytics, ISS ESG e CDP. Le aziende possono dimostrare il loro impegno anche con certificazioni specifiche come le ISO 14001 per la gestione ambientale o SA8000 per la responsabilità sociale.
Ha una sua rilevanza anche la ISO 20400, la prima norma internazionale sull’approvvigionamento responsabile che introduce criteri e processi di valutazione dei fornitori e dei prodotti o dei servizi in base alle relative performance di sostenibilità. E ancora la ISO 14067 che, tra le varie cose, quantifica l’impronta di carbonio o climatica, la misura che esprime in CO2 equivalente il totale delle emissioni di gas a effetto serra, associate direttamente o indirettamente ad un prodotto, un’organizzazione o un servizio.
Altra norma importantissima è la ISO 14046, che specifica principi, requisiti e linee guida relativi alla valutazione dell’impronta idrica di prodotti, processi e organizzazioni e si pone
Il mio ERP.
Così ho tutto sotto controllo.
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Per saperne di più sulle nostre soluzioni per il settore Carne:
come valutazione a sé stante o come parte di una più completa valutazione ambientale.
Sebbene esistano sistemi per stabilire un rating ESG — che quindi esprime un giudizio sul livello di sostenibilità di soggetti pubblici e privati, di titoli finanziari e di strumenti di investimento collettivo — in realtà non ci sono ancora standard condivisi a livello internazionale per una valutazione univoca. I criteri di misurazione sono disomogenei e in via di definizione e questo fatto, oltre a generare confusione, non dà certezze, né possibilità di comparazione oggettiva.
Gli indicatori che oggi si ritengono tra i più autorevoli in termini ESG sono quelli del Global Reporting Initiative (GRI), in attesa degli ESRS (European Sustainability Reporting Standards)
Nel frattempo anche alcuni enti di certifi cazione si sono attrezzati nel tentativo di dare al mercato degli elementi di valutazione il più possibile attendibili, sviluppando per esempio disciplinari tecnici allineati con il set di indicatori GRI “Consolidated Set of
GRI Sustainability Reporting Standards 2020”, proprio al fine di misurare il livello di integrazione dei principi di sostenibilità ambientale, sociale e di governance delle proprie strategie, politiche, obiettivi e attività.
L’Assessment ESG si rivolge a qualsiasi tipologia di organizzazione pubblica o privata, di qualsiasi settore e dimensione che vuole dimostrare il proprio impegno ad integrare i principi ESG all’interno delle proprie attività, permettendo agli stakeholders, interni ed esterni, di formarsi opinioni. In generale, le attività economiche sostenibili sono quelle che non arrecano impatto a nessun altro degli obiettivi ambientali considerati, che rispettano le garanzie minime di salvaguardia sociale e che contribuiscono in modo sostanziale ad almeno uno dei sei obiettivi ambientali, quali: la mitigazione climatica, l’adattamento climatico, l’economia circolare con la prevenzione dei rifiuti e un uso efficiente delle risorse, la tutela delle acque, la riduzione dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, la tutela della biodiversità e degli ecosistemi.
Negli anni la normativa in materia diverrà sempre più stringente e si passerà presumibilmente da norme volontarie a norme cogenti. Ma se anche si fosse poco animati da nobili sentimenti verso l’ambiente e il sociale, la sostenibilità è divenuta un tale elemento da spendere di fronte al resto del mondo che non tenerne conto sarebbe insensato. Rispetto dei diritti umani, impatto sugli ecosistemi e impatto sociale sono elementi che, oltre ad avere una loro propria spendibilità, sono vincenti in termini di merito di credito da parte degli istituti finanziari, della pubblica amministrazione negli appalti e nei bandi, di premialità a vario titolo, di priorità in innumerevoli contesti.
Sostenibilità nelle microimprese
Numerosi studi, compreso l’Osservatorio Immagino GS1 Italy 2023, che offre uno spaccato delle tendenze del mercato e delle preferenze del consumatore di fronte allo scaffale, ha rilevato che, sia nel caso della marca del distributore che nei brand leader di mercato, i fattori di sostenibilità richiamano l’attenzione del consumatore. E se la marca del distributore punta più su quella am-
Rispetto dei diritti umani, impatto sugli ecosistemi e impatto sociale sono elementi vincenti anche in termini di merito di credito da parte degli istituti finanziari, della PA in appalti e bandi, di premialità a vario titolo e di priorità in innumerevoli contesti.
bientale, hanno un loro peso anche la sostenibilità sociale e i riferimenti al benessere animale.
Le informazioni di supporto, intese come legate alla raccolta differenziata e al consumo, sono invece fortemente apprezzate da chi acquista.
Entrando nel merito delle singole indicazioni ambientali, è significativa la diffusione in etichetta delle informazioni generiche che parlano di riciclabilità e di quelle inerenti al monouso. Passando alle modalità di produzione e approvvigionamento, la private label si focalizza sui disciplinari di filiera e le certificazioni d’eccellenza. Non potrebbe essere diversamente, se si considera che l’agroalimentare è purtroppo oggi considerato — a torto o a ragione — tra i comparti maggiormente responsabili del cambiamento climatico. E che l’aumento della popolazione, con le relative esigenze di cibo, in prospettiva, è tra le maggiori preoccupazioni per il futuro del pianeta.
L’Osservatorio Immagino GS1 Italy 2023 sottolinea il fatto che sul fronte della sostenibilità, di quella raccontata, più che di quella reale, i piccoli produttori siano molto meno performanti delle grandi aziende. Non è chiaro se perché non lo siano per davvero o perché non lo rendano noto all’esterno. E in un Paese come l’Italia, con un tessuto produttivo fatto prevalentemente di micro e piccole imprese, spessissimo a conduzione famigliare, questo elemento diviene un problema serio. Le aziende sotto i 15 addetti fanno fatica a certificarsi e a mostrare al pubblico il proprio impegno per l’ambiente. La fatica è dovuta ai costi di una certificazione, al suo mantenimento nel tempo, agli impedimenti vari nell’applicare un modello pensato per organizzazioni strutturate, su realtà modeste nelle dimensioni. E molto altro ancora. Questa difficoltà di accesso alle norme ISO penalizza fortemente le piccole imprese nel mercato. Ci sono però degli accorgimenti che consentono a queste aziende di fare la loro parte, ma soprattutto di comunicarla efficacemente al resto del mondo.
Le microimprese normalmente sono fornitrici di insegne della Distribuzione Moderna del territorio nel quale producono. E questo elemento è già di per sé un vantaggio competitivo sul fronte della sostenibilità perché chi acquista ha la
consapevolezza del fatto che si tratta di un prodotto che ha un basso impatto in termini di CO2 e che presumibilmente il personale coinvolto è del territorio, al pari delle materie prime impiegate. È importante che questi aspetti siano valorizzati e che si tramutino in reputazione perché le comunità locali sentano l’impresa come patrimonio del territorio e non solo di chi ne ha la proprietà.
La spinta all’acquisto è tanto ecologica quanto economica e sociale, soprattutto se il consumatore locale vuole che le risorse finanziarie generate da quell’acquisto abbiano un impatto reale su quell’area. Anche le piccole imprese possono avere approvvigionamenti energetici rispettosi degli ecosistemi: comunità energetiche, fonti rinnovabili, consumi ridotti da accorgimenti interni all’azienda. Tutti elementi che si possono mettere in evidenza in etichetta o nella comunicazione al pubblico, in generale con la pubblicità, con i social o nel sito internet aziendale.
E ancora: sistemi di riduzione e riutilizzo dei rifiuti, sistemi interni ed esterni che minimizzino gli sprechi, anche attraverso la riduzione degli imballaggi, che puntino al riciclo e che vedano l’impiego di materiali sostenibili e modelli di economia circolare. Lo sfuso al posto del confezionato, la vendita diretta al posto della Distribuzione Moderna, la carta al posto della plastica e via discorrendo. Ancora: è importante la sostenibilità nella catena di fornitura, selezionando fornitori che condividono valori di sostenibilità, che operano in modo etico e responsabile, che siano quanto più possibile prossimi territorialmente.
Un’azienda ben contestualizzata nel territorio in cui opera coinvolge direttamente e indirettamente la comunità, sostiene iniziative pubbliche, lavora in simbiosi con l’ambiente in cui si muove, lo rispetta e lo tutela. E infine, considera la formazione un valore aggiunto per questo la mette a disposizione dei propri dipendenti, che inoltre educa alle pratiche ecologiche anche nella quotidianità. Tutto questo le piccolissime imprese possono fare e tutto questo devono comunicare all’esterno, se vogliono concorrere con i nomi importanti dell’agroindustria e ritagliarsi uno spazio nel mondo e nel mercato. Maria Antonietta Dessi
Salumeria Italiana, 5/24
di Elena
1. Dispensa, nuovo numero!
Dispensa è il book magazine indipendente creato nel 2013 da MARTINA LIVERANI (dispensamagazine.it). Ogni numero affronta un tema diverso con ispirazioni, itinerari, racconti, fotografie e illustrazioni. In poche parole: generi alimentari e generi umani. Per il suo 15o numero, Dispensa si concentra sulla concretezza di uno sguardo capace di curare il futuro. Le storie presenti nelle pagine sono di ispirazione per chi vorrà seguire il suo motto: terra figlia! Da seguire anche su instagram.com/dispensa_magazine
Siamo a Viareggio, provincia di Lucca, alla scoperta della Salumeria Triglia e del progetto imprenditoriale sviluppato da Denni Triglia, 34 anni e alle spalle una famiglia di produttori di formaggi e salumi di lunghissima tradizione. Una
storia, questa, di come l’evoluzione dei tempi, l’approccio al prodotto consumato, come lo si sceglie, lo si acquista e come lo si degusta, diventino centrali nel dare identità ad una bottega. Oggi la tradizione, il passato, ci aiutano a consolidare le nostre radici nelle lavora-
zioni artigianali più autentiche, ma serve la comprensione del nostro tempo per cogliere le opportunità date delle nuove comunicazioni, social e digitali, e delle nuove tendenze di mercato e servono i giusti partner, come l’azienda padovana Criocabin, leader nel design e nella
Dalle linee di moderne in linea con un design di tendenza, il banco Enixe ha una ventilazione frontale antiappannante, garantendo la migliore visibilità del prodotto.
produzione di banchi per la refrigerazione, per realizzare un progetto che vale davvero la pena raccontare. «Nel 2021, in piena pandemia, abbiamo inaugurato questo punto vendita che si sviluppa in uno spazio di oltre 150 m2 su due livelli (prima lavoravamo in soli
Denni Triglia, 34 anni e alle spalle una famiglia di produttori di formaggi e salumi di lunghissima tradizione, nel suo negozio a Viareggio, sito sotto al loggiato del mercato antico.
Salumeria Triglia sceglie Enixe by Criocabin
Enixe è studiato per dare il massimo risalto all’esposizione della merce, grazie alle sue linee semplici e alle superfici piane. È una refrigerazione statica con fondo refrigerato, ideale per la carne e i prodotti di salumeria con un livello di umidità garantita. Questa linea di banchi agevola parecchio il lavoro dello staff sia nella pulizia: è infatti facile da pulire, ma altrettanto semplice è l’allestimento dei prodotti al suo interno. I vetri apribili verso l’alto rendono comoda la manutenzione e semplice l’accesso al piano espositivo per la personalizzazione del visual merchandising.
Il murale refrigerato Ethos, superficie raddoppiata e spazio ridotto
Ethos ridefinisce gli standard: murale refrigerato che, rispetto ai tradizionali murali self service, offre l’opportunità di raddoppiare la superficie espositiva riducendo lo spazio occupato. Una vetrina dal design raffinato, altamente personalizzabile, con finiture pregiate: può conservare e offrire al consumatore di oggi, sempre più di fretta, la possibilità di servirsi da solo bibite, insalate, sandwich, gastronomia, frutta e verdura.
30 m2 di locale) e con l’allestimento dei banchi refrigerati Criocabin acquistati tramite il rivenditore di zona Tagliagambe & Zilio (www.tezgroup.it)» mi dice Denni Triglia. «Siamo molto soddisfatti del lavoro, dato che registriamo una costante crescita nelle vendite, nel personale impiegato, e la scelta di Criocabin è stata fondamentale per la migliore conservazione, gestione e visibilità del prodotto» aggiunge Triglia. La sua è una famiglia di norcini che da sempre opera nel salumificio artigianale che prende il nome dalla località in cui ha sede, Gombitelli (LU), un piccolo borgo medievale sopra Camaiore, a circa 500 metri sul livello del mare e a 12 km in linea d’aria dalle spiagge e dalle pinete della costa. Qui i Triglia producono salumi e affinano e stagionano i formaggi, aiutati da un microclima unico che beneficia della brezza marina e dei venti delle colline circostanti (salumigombitelli.it).
L’offerta di prodotti selezionati
La salumeria è ubicata nel centro di Viareggio, sotto al loggiato del mercato antico, e garantisce un’offerta di oltre 1.500 prodotti accuratamente selezionati, con un deciso imprinting toscano che valorizza anche il patrimonio ga-
stronomico nazionale. «Ogni settimana offriamo un totale di 150 formaggi (di cui 30 fissi e i restanti a rotazione) che variano a seconda delle disponibilità e stagionalità» mi dice Denni. Si tratta non solo di formaggi di propria produzione ma anche di selezioni risultato di ricerche approfondite. «Per i salumi garantiamo sempre una sessantina di referenze, in gran parte del nostro salumificio, ma anche di altri produttori, non solo nazionali» precisa Denni, ricordando per esempio la disponibilità di Jamon ibérico de Bellota, tagliato rigorosamente a mano.
Clientela, un approccio empatico e moderno
«I nostri prodotti sono per tutte le tasche, dai ragazzi che vengono a farsi fare il panino in bottega ai clienti dei catering più esclusivi» sottolinea Denni. «In questi anni ho lavorato parecchio anche per rendere più attrattiva l’offerta ai giovani consumatori, che spesso non conoscono un prodotto o sono magari convinti che non soddisfi le loro aspettative». Questo impegno a concentrare l’attenzione anche sulla clientela giovane conferma la consapevolezza che la Salumeria Triglia dimostra nel prendere atto dei cambiamenti oggi in corso nel
retail. E per gli acquisti in presenza sicuramente questo target di consumatori è tra i più sensibili nell’apprezzare l’allestimento moderno dei banchi refrigerati Criocabin che valorizzano in modo ottimale i prodotti.
Taglieri, asporto ed e-commerce
Per promuovere prodotti e abbinamenti anche originali la Salumeria Triglia realizza bellissimi taglieri da asporto per ogni necessità («durante la stagione estiva, nei periodi di massimo lavoro, arriviamo a prepararne anche qualche centinaio al giorno»), dai catering più esclusivi su yacht e barche agli aperitivi privati sulle spiagge del litorale toscano, alle feste in famiglia, matrimoni e altre occasioni. I taglieri creativi della Salumeria Triglia, molto condivisi e apprezzati sui canali social dell’azienda, sono un bel momento di convivialità e un sicuro driver di promozione e vendita di prodotti selezionati. «Per promuovere l’assaggio anche di prodotti “diversi o sconosciuti” abbiamo sviluppato il tagliere alla cieca, che consiste in un massimo di 12 salumi o formaggi a cui abbiniamo — se richiesto — anche un video nel quale guidiamo il cliente nella scoperta e degustazione di ogni prodotto» sottolinea Denni Triglia.
Non ultimo, c’è anche il negozio on-line, per la clientela che non vuole perdere l’abitudine di scegliere i prodotti della famiglia Triglia anche lontano da Viareggio. Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti e per tutte le tasche e necessità!
Elena Benedetti
Salumeria Triglia
Via A. Fratti 206 – 55049 Viareggio (LU) Telefono: 0584 963551
Web: furmai.com
salumeriatriglia
salumeriatriglia
Criocabin Spa
Via S. Benedetto 40/A
35037 Praglia di Teolo (PD) Telefono: 049 9909122
E-mail: info@criocabin.it Web: www.criocabin.com
FUNZIONALITÀE STILE
Hai mai visto qualcosa di simile?
Un design innovativo, con zona espositiva rialzata, regolabile in due altezze . Massima visibilità per i clienti, massima praticità per l’operatore.
Nuovo sistema di apertura vetri ribaltabile verso l’alto: facilita l’accesso ad ogni parte del banco in fase di allestimento e pulizia.
Merano WH Food Award 2024: le Penne Classiche del Pastificio Famiglia Martelli sono Gold
Le Penne Classiche del Pastificio Famiglia Martelli conquistano il The WineHunter Award GOLD 2024, il riconoscimento assegnato annualmente a prodotti vitivinicoli e culinari, ai distillati ed alle birre da Helmuth Koecher — presidente e fondatore del Merano WineFestival, unico amministratore di Gourmet’s International e The WineHunter — e dalle sue commissioni d’assaggio. “Con grande entusiasmo vi annunciamo il risultato della degustazione Merano WineHunter Food 2024 delle nostre Penne Classiche. Il premio viene attribuito a prodotti nazionali ed internazionali che, a seguito di una attenta valutazione, raggiungono un punteggio minimo di 90 punti su 100, e garantisce al consumatore finale la qualità superiore del prodotto. Vengono così riconosciuti l’impegno e la dedizione con cui prepariamo i nostri prodotti. Siamo felici di condividere con voi questa soddisfazione, indice dell’eccellente qualità raggiunta”. Così la famiglia Martelli, proprietaria dell’omonimo storico pastificio di Lari, in provincia di Pisa, che tra due anni festeggerà i cent’anni di attività, comunica l’ennesimo premio conquistato. Le Penne Classiche sono uno dei formati distintivi dell’azienda. Martelli, infatti, è l’unico pastificio a non produrre penne rigate. “Lisce o Rigate? Sveliamo il dilemma: nella tradizione partenopea le penne nascono lisce ed è così che noi le amiamo. Se lavorata a freddo, trafilata al bronzo ed essiccata lentamente, la pasta liscia diventa porosa e non ha bisogno della rigatura per trattenere il condimento. Anzi, lo spessore più uniforme rispetto alla sorella rigata la rende particolarmente raffinata. Basta un filo d’olio per capire la differenza!” si legge sul sito aziendale.
Una famiglia di pastai nel cuore della Toscana Il piccolo Pastificio Famiglia Martelli si trova a Lari, nascosto tra le alte mura del vecchio borgo medioevale. In controtendenza rispetto ai grandi impianti industriali, questo è ancora un pastificio artigiano tradizionale. Artigiano perché accoglie in tutto 8 persone, tutti componenti della famiglia Martelli. Tradizionale perché dietro ogni lavorazione, dall’impasto al confezionamento, c’è la sapiente mano di un mastro pastaio. Tutte le lavorazioni nel pastificio sono infatti scandite da procedimenti lenti, a temperature basse: un approccio abbandonato dall’industria per le lunghe attese e la minor resa, ma che è necessario per esaltare il sapore del grano (la selezione dei migliori grani duri italiani macinata dal Molino Borgioli di Calenzano), l’assorbimento del sugo e aumentare la digeribilità della pasta. L’essiccazione segue il metodo tradizionale: temperature inferiori ai 36 °C, ventilazione omogenea, umidità sotto controllo, ma soprattutto la maestria e l’occhio del pastaio a fare la differenza. “Sì, perché le nostre non sono celle di essiccazione moderne, dotate di computer su cui programmare tutto il processo (…). La pasta riposa in celle di legno che scambiano calore e umidità con l’esterno in ogni momento: per questo, l’essiccazione della pasta deve essere seguita e adattata di giorno in giorno”. La pasta Famiglia Martelli viene confezionata a mano nella classica confezione gialla: ben riconoscibile sugli scaffali delle botteghe che la scelgono per la propria clientela, ancor più riconoscibile quando la si porta a tavola.
>> Link: www.famigliamartelli.it winehunter.it
Caciottone di Norcia: è IGP. Salgono a 328 le IG agroalimentari italiane
Nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 2 agosto è stata registrata in via definitiva la denominazione Caciottone di Norcia IGP che, secondo i dati aggiornati dell’Osservatorio Qualivita, nel comparto Cibo, è la numero 150 delle IGP italiane e la numero 328 nel totale delle Indicazioni Geografiche agroalimentari dell’Italia. Il Caciottone di Norcia IGP è un formaggio di forma cilindrica con facce arrotondate prodotto con latte bovino pastorizzato, tra il 90 e il 95%, e latte ovino pastorizzato, tra il 5 e il 10%, stagionato per un minimo di 20 giorni fino ad un massimo di 12 mesi. Il peso è di circa 3,2 kg. La sua zona di produzione comprende i comuni di Norcia, Cascia, Monteleone di Spoleto, Preci e Poggiodomo in provincia di Perugia. Esternamente presenta una crosta liscia, lavata, sottile e di colore che varia dal giallo paglierino al giallo ocra a seconda della stagionatura. La pasta ha consistenza morbida e burrosa, più tenace vicino alla crosta; al taglio il colore risulta bianco tendente al paglierino, con lieve occhiatura. Al palato è fragrante, aromatico con un retrogusto caratteristico di panna; l’odore è lattico, lattico cotto e/o di burro cotto.
Il metodo di produzione è il seguente: il latte viene pastorizzazione tra i 70 e i 73 °C, per un intervallo di tempo tra i 37 e i 75 secondi; successivamente inoculato con streptococchi e lattobacilli e coagulato con caglio di vitello ad una temperatura compresa tra i 35 e i 40 °C (la coagulazione deve essere ottenuta entro un massimo di 35 minuti). La cagliata così ottenuta, tagliata fino a presentare una dimensione simile a quella di un chicco di mais, viene riposta in stampi e sottoposta a stufatura di 35-40 °C; durante la stufatura le forme vengono rivoltate dalle 3 alle 4 volte. Segue la salatura delle forme che viene effettuata mediante immersione in salamoia, da un minimo di 24 fino a 36 ore, oppure per salatura a secco; dopo la salatura, il Caciottone di Norcia IGP viene stagionato in celle per un periodo da un minimo di 20 giorni fino ad un massimo di 12 mesi. Prima di essere immesse in commercio le forme vengono lavate. È consentita la lavorazione con resine o cere (fonte: EFA News – European Food Agency).
>> Link: www.caciottonedinorcia.it
In
ricordo di Arturo Falcone, innovativo imprenditore
Lo scorso 2 settembre si è spento Arturo Falcone, imprenditore calabrese da sempre impegnato nell’industria delle carni e dei salumi. Arturo lascia la moglie Nina, i figli Francesca e Ugo e la tanto amata nipotina Matilde Sila. Arturo ha iniziato seguendo le orme del padre Ugo e, con gli anni, ha creato diverse attività d’impresa. In primis, il Centro Carni Sila, azienda affermata nel panorama calabrese e nazionale, con due impianti di produzione, uno a Camigliatello Silano (CS), paese natale di Arturo, e un secondo e più moderno stabilimento a San Giovanni in Fiore (CS). L’azienda è specializzata nella vendita dei salumi tradizionali di Calabria anche nelle maggiori insegne della GDO nazionale a marchio Sila&Sila. Anche spinto dalle sue origini passate dietro il banco della salumeria di famiglia, Arturo ha continuato a sviluppare l’attività retail in capo alla Centro Carni Sila, con due punti vendita all’attivo, una macelleria e una salumeria, in pieno centro a Camigliatello Silano, rinomato luogo turistico dell’altopiano della Sila. Negli ultimi anni Arturo si era impegnato nella realizzazione della sua ultima avventura, il Mercato Silano. Un vero e proprio mercato al coperto, con l’immancabile salumeria e macelleria, e una cucina tipica, un connubio perfetto ispirato dal concept ormai di moda nel Nord Italia ed in Europa. La struttura ha ricevuto vari riconoscimenti e molto consenso nel pubblico, contribuendo in modo significativo al miglioramento dell’offerta turistica del territorio silano. L’ultimo lascito di un vero pioniere della Sila.
Stefano Montanari, agente di commercio nel settore food, porta in tavola il gusto autentico della tradizione con L’Augusta e L’Aura, salse artigianali confezionate con cura da Inkonserva, laboratorio di Joseph Frugani di Federica Cornia
Stefano Montanari con i vasetti delle conserve L’Augusta e L’Aura.
Nell’universo dell’agroalimentare, le tradizioni culinarie di famiglia trovano spesso la loro espressione più autentica nella produzione artigianale. È questo il caso di Stefano Montanari, agente di commercio nel settore food e appassionato gourmand, che ha trasformato l’eredità gastronomica della madre e della suocera in una linea di salse artigianali sotto il marchio di InKonserva, grazie all’esperienza di Joseph Frugani, il quale, nel suo laboratorio a Isola Vicentina (VI), si dedica alla produzione di salse pastorizzate insieme alla moglie Roberta Bonato e alla figlia Gaia. Giardiniera in primis, ma naturalmente in vasetto agrodolce finiscono tante altre verdure: asparagi, radicchio, verza, melanzana, peperoni e cipolla, quest’ultima anche abbinata al mirtillo. Un accostamento particolare, come quello di pere e menta, espressione della curiosità di Joseph che lo spinge alla continua ricerca di nuove combinazioni di gusto. Non manca nella linea dei prodotti di InKonserva la mostarda senapata.
Passione, fantasia, ricerca costante, ingredienti di stagione freschi e di alta qualità: è questo modo di lavorare di Joseph che ha colpito Stefano quando si sono incontrati poco più di un anno fa. «Ci siamo piaciuti e capiti subito» mi dice Stefano. «Gli ho spiegato un po’ quale fosse il mio progetto e così, l’anno scorso a settembre, dopo una ventina di prove di pastorizzazione, abbiamo iniziato a produrre L’Augusta, salsa verde realizzata secondo la ricetta di mia madre. A novembre 2023 il primo lotto di salsa verde era finalmente pronto». Il progetto iniziale si è evoluto e oggi comprende un’altra conserva, L’Aura, salsa rossa, stavolta ispirata alla ricetta della suocera. Due salse, due specialità che racchiudono il gusto
della tradizione, in questo caso quella modenese, come denuncia quell’abitudine locutoria di mettere gli articoli davanti ai nomi propri che riecheggia ironicamente nel naming dei prodotti.
Da una parte L’Augusta, con i suoi ingredienti freschi, soprattutto verdure verdi tra cui peperoni, sedano, carote e prezzemolo, che tiene viva la memoria della madre di Stefano, dall’altra L’Aura che, con la predominanza cromatica di verdure rosse, peperoni, pomodori e carote a dare carattere al composto, omaggia la suocera e i Natali in famiglia. Perché galeotto fu quel pranzo di Natale in cui Stefano trovò la salsa in tavola ad accompagnare lo zampone, un classico sulle tavole dei Modenesi (e non) durante le feste. «Ottimo l’abbinamento con lo zampone del Salumificio Mec Palmieri» dice Stefano.
L’Aura e L’Augusta, due conserve, due salse a base di verdure fresche, una verde e l’altra rossa, ispirate a ricette di famiglia classiche della tradizione modenese, perfette con bolliti, lessi, salumi da pentola, insaccati come cotechino e zampone e salsicce alla griglia
Se la produzione delle salse è affidata al piccolo ma efficiente team del laboratorio di Joseph, che cura ogni fase della lavorazione, dall’acquisto delle materie prime alla pastorizzazione fino all’invasettamento, della vendita se ne occupa lo stesso Stefano che, grazie alla sua attività di agente di commercio, promuove le sue salse, non solo come prodotto ma come una vera e propria esperienza di gusto, a ristoranti, macellerie e negozi specializzati del Nord Italia. E, su richiesta, li spedisce poi in tutto il territorio nazionale.
Ci tocca un ultima domanda e così chiediamo a Stefano quali abbinamenti consiglia con ognuna delle due salse. «La salsa verde si abbina perfettamente a bolliti, carne lessa e grigliate di carni scure, mentre la salsa rossa è l’ideale per accompagnare carni bianche. E, perché no, anche con salsicce alla griglia».
E il sorriso finale è quello di chi si sente soddisfatto del proprio lavoro, quello di chi ha fatto di un omaggio alla sua famiglia un tesoro gastronomico tutto da scoprire.
Joseph con la moglie Roberta nel laboratorio di Isola Vicentina (VI).
Salsa verde e salsa rossa: gli abbinamenti con carne e salumi
Si racconta che Cavour fosse un appassionato di bollito e nei banchetti organizzati nel suo castello di Grinzane (CN) non potesse mai mancare il celebre bagnet verd. Se nel Nord Italia, in particolare in Piemonte e Lombardia, la salsa verde ha infatti sempre avuto un ruolo di primo piano, nel Centro-Sud si sono affermate maggiormente salse a base di pomodoro e peperoni come la salsa rossa. Entrambe le preparazioni nascono dalla tradizione contadina e rappresentano un modo per conservare e gustare i sapori delle stagioni più ricche anche nei mesi invernali, grazie a tecniche di conservazione come la pastorizzazione e l’uso di olio, aceto o zucchero. Di seguito qualche idea per abbinare al meglio queste due salse con carni e salumi creando contrasti di sapore e texture che rendono ogni piatto più interessante.
Salsa verde
• Bollito misto: l’abbinamento classico. La salsa verde aggiunge una nota fresca e pungente alla carne di manzo, alla lingua, così come a gallina e cotechino.
• Zampone e cotechino: la salsa verde, col suo tocco acido e aromatico, bilancia la ricchezza e il grasso dei due insaccati cotti.
• Tagliata di manzo: un filetto di manzo scottato sulla griglia si abbina alla perfezione con la freschezza del prezzemolo e il sapore acidulo della salsa verde.
• Grigliata mista: la salsa verde accompagna bene costine di maiale, salsicce e spiedini, conferendo vivacità e leggerezza al tutto.
• Vitel tonné: alternativa alla salsa tonnata, la salsa verde dà un twist moderno al classico vitello.
Salsa rossa
• Carni bianche grigliate: pollo, tacchino o coniglio alla griglia trovano nella salsa rossa un contrasto vivace e saporito, grazie al peperone e al pomodoro.
• Salsicce alla griglia: la dolcezza dei peperoni nella salsa rossa esalta il sapore della salsiccia, bilanciando i grassi con una nota acidula.
• Porchetta: la saporita carne di maiale aromatizzata con erbe si sposa bene con la complessità della salsa rossa, che ne esalta il gusto.
• Prosciutto cotto: la salsa rossa, col suo equilibrio tra dolce e acido, accompagna meravigliosamente un prosciutto cotto tiepido, sia in panino che su un tagliere.
• Zampone o cotechino: un abbinamento meno convenzionale, ma la salsa rossa può dare una nota fresca e vivace a questi gustosi insaccati.
Abbinamenti misti
• Carpaccio di manzo: la salsa verde aggiunge freschezza, mentre la rossa fornirà un contrasto di sapori.
• Panino con salame o mortadella: la salsa verde aggiunge freschezza a salumi grassi come la mortadella, mentre la salsa rossa crea una combinazione intrigante con il salame.
• Tagliere misto di salumi: perché non servire entrambe le salse insieme a un tagliere di salumi? Coppa, lonza, pancetta: la verde esalterà il sapore delle parti grasse, mentre la rossa ne bilancerà la sapidità.
Dal Great Taste Awards di Londra 26 stelle per 13 formaggi de Il Fiorino
Una varietà di selezione carni, gusti, dimensioni, forme per soddisfare i tuoi clienti più esigenti.
A CIVITA CASTELLANA
MACELLERIA FONTENOVA SCEGLIE LE PIÙ AVANZATE
TECNOLOGIE EPTA
PER CUSTODIRE
I SEGRETI DI FRESCHEZZA
DI CARNE E SALUMI
Il Bistrot Libero Servizio per il taglio a mano del prosciutto che si caratterizza per un piano da lavoro maggiorato grazie all’ottimizzazione degli spazi nella disposizione di tutti gli arredi refrigerati.
Per la Macelleria Fontenova si è optato per il verticale remoto SkyView Efficia della gamma SkyEffect e Retrobanco Profile della famiglia Mozaїk, destinati a prodotti freschi preconfezionati e insaccati.
Entrambi a marchio Bonnet Névé, i due modelli si presentano in versione Chiusa, con porte in vetro a tutta altezza che assicurano massima trasparenza e isolamento termico.
La Macelleria Fontenova di Civita Castellana, nella provincia di Viterbo, persegue, a partire dal 1936, la continua ricerca dell’eccellenza , coniugando la tradizione culinaria della famiglia Antonini, tramandata da quattro generazioni, con una costante evoluzione in termini di assortimento e innovazione delle tecnologie di refrigerazione (www. macelleriafontenova.it).
Fondato a Civita Castellana, nel cuore del Lazio, e circondato da panorami di bellezza unica, il punto vendita altamente specializzato è stato oggetto della consulenza ed esperienza di Epta Numerosi gli obiettivi del restyling:
• ampliare e rinnovare la superficie espositiva;
• potenziare l’area merceologica dedicata a salumi e latticini;
• ridurre i costi di esercizio complessivi.
Un traguardo raggiunto grazie all’installazione dei più avanzati modelli a marchio Eurocryor e Bonnet Névé che, collegati alla centrale frigorifera preesistente e personalizzati in funzione delle istanze progettuali, si caratterizzano per elevati standard prestazionali
Nello specifico, per la macelleria Fontenova si è optato per il verticale remoto SkyView Efficia della gamma SkyEffect e Retrobanco Profile della famiglia Mozaїk, rispettivamente destinati a prodotti freschi preconfezionati e ai gustosi insaccati provenienti dai laboratori di Campagnano.
Entrambi a marchio Bonnet Névé e armonizzati nell’estetica, i due modelli si presentano in versione Chiusa, con porte in vetro a tutta altezza che assicurano massima trasparenza e un eccellente isolamento termico, a garanzia della perfetta conservazione dei prodotti esposti
Assoluti protagonisti della macelleria si confermano i pregiati tagli di carni bovine, suine e ovine provenienti dall’ingrosso Fontebona, sempre di proprietà della famiglia, che da più di 80 anni è sinonimo di attento presidio della filiera, sicurezza alimentare e, naturalmente, altissima qualità. L’ampia offerta comprende infatti anche linee di carni biologiche, in conformità al Regolamento CE 834/07 e nel pieno rispetto del genuino ciclo della natura, oltre che delle stringenti norme igienicosanitarie vigenti.
«Consapevoli che dietro del buon cibo ci sia sempre una bella storia da raccontare, la Macelleria Fontenova di Civita Castellana scrive il suo futuro, inaugurando un nuovo capitolo di innovazione grazie alla consulenza e alle soluzioni firmate Epta» commenta Fabio Antonini, nipote del fondatore Giuseppe e attuale gestore del punto vendita di Civita Castellana.
Tali prelibate referenze sono custodite all’interno di una linea di banchi a servizio assistito Bistrot, top di gamma della famiglia Stili di Eurocryor. Ideali per ogni categoria merceologica, le vetrine installate presentano cinque diverse temperature grazie ad Adaptive System, tecnologia adattiva brevettata da Epta che regola i parametri di esercizio del banco e modifica la temperatura di evaporazione in funzione delle condizioni esterne, a vantaggio di una sensibile riduzione dei consumi.
In aggiunta, questi modelli, configurati ad hoc in virtù della planimetria del punto vendita, sono dotati di Windows Opening , ovvero un’apertura a finestra orientata a semplificare le operazioni di pulizia e caricamento del banco.
Ad arricchire i modelli installati, un decoro personalizzato con fasce superiori e inferiori al fine di aumentare la capacità espositiva e incentivare, in un’ottica di cross merchandising, nuovi abbinamenti culinari con ottimi vini sapientemente consigliati.
In più, l’esposizione delle referenze è resa dinamica dall’alternarsi di soluzioni orizzontali tradizionali e Torri di conservazione che, verticalizzando l’esposizione, ne incrementano attrattività e redditività. Tra queste, la Torre Maturazione garantisce una corretta conservazione della carne da griglia per esaltare i sapori gourmet e accontentare anche i palati più raffinati.
Infine, completa il progetto Fontenova il Bistrot Libero Servizio per il taglio a mano del prosciutto che, volto a valorizzare i salumi, si caratterizza per un piano da lavoro maggiorato grazie all’ottimizzazione degli spazi nella disposizione di tutti gli arredi refrigerati.
«Consapevoli che dietro del buon cibo ci sia sempre una bella storia da raccontare, la macelleria Fontenova di Civita Castellana scrive il suo futuro, inaugurando un nuovo capitolo di innovazione grazie alla consulenza e alle soluzioni firmate Epta» dichiara Fabio Antonini, nipote del fondatore Giuseppe e attuale gestore del punto vendita. >> Link: www.eurocryor.com
ERP CSB-SYSTEM PER RESTARE AL PASSO COI TEMPI
Grosse potenzialità se ERP e Webshop sono interconnessi
Acausa delle pressioni sulla catena di approvvigionamento, della carenza di manodopera, dell’aumento dei costi fissi, e sicuramente un po’ complice la pandemia da Covid-19, le aziende alimentari hanno accelerato l’interesse per soluzioni digitali collaudate con l’obiettivo di raggiungere maggiore efficienza della filiera e riduzione dei costi. Una buona notizia questa per il gruppo CSB-System, che da oltre 40
anni fornisce software, services, hardware e business consulting alle aziende del settore alimentare. In particolare, negli ultimi anni, è stato consolidato il CSB B2B Webshop e potenziata la sua integrazione con l’ERP CSB-System, software gestionale completo, modulare e integrato.
Creazione di nuovo potenziale di vendita
Il CSB B2B Webshop offre una soluzione
tagliata su misura per trasferire in rete gli ordini in entrata, laddove il CSB ERP svolge la funzione di piattaforma base per il carrello digitale.
Avere un unico fornitore di ERP e Webshop è sicuramente conveniente, perché consente all’azienda di formare gli utenti su un unico software e di avere un unico referente per i processi associati al ricevimento ordini, minimizzando le spese per personale e infrastrutture.
L’elevato livello di integrazione tra ERP e Webshop assicura che non vi sia interruzione del supporto tra acquisizione delle informazioni ed elaborazione delle stesse: tutti i dati dell’ordine sono immediatamente disponibili per l’esecuzione nell’impianto di produzione, già nel momento in cui sono inseriti, senza doppie registrazioni.
Gestione ordini facile e veloce
La possibilità di eseguire degli ordini on-line facilita la comunicazione tra le parti. Si pensi ad un gruppo formato da tante filiali e/o negozi o rappresentanti che giornalmente eseguono degli ordini di fornitura: grazie al Webshop, anche tramite tablet, l’ordine si svolge completamente on-line, con notevoli risparmi di tempo. Le disponibilità sono visualizzate in varie forme e i prezzi sono estrapolati tenendo conto di tutte le condizioni precedentemente definite, come ad esempio indirizzo di consegna o tipologia di cliente. Gli articoli in promozione sono facilmente visualizzabili e funzionalità tipo ordini permanenti per il riordino periodico delle stesse referenze semplificano la procedura d’ordine. L’elevato livello di integrazione tra ERP e Webshop assicura che non vi sia interruzione del supporto tra acquisizione delle informazioni ed elaborazione delle stesse: tutti i dati dell’ordine sono immediatamente disponibili per l’esecuzione nell’impianto di produzione, già nel momento in cui sono inseriti, senza doppie registrazioni. Si può dire finalmente addio a soluzioni ad isola, doppi inserimenti degli stessi dati, problemi di interfaccia e sincronizzazioni manuali.
Affidabilità di consegna
La comunicazione diretta dell’ERP CSBSystem con il CSB Webshop assicura che la disponibilità degli articoli, i tempi
di consegna e i singoli prezzi siano automaticamente garantita al momento dell’ordine. Ciò significa che picking e spedizione possono essere attivati immediatamente, garantendo tempi di risposta rapidi e un’affidabilità di consegna del 100%. Diverse opzioni di visualizzazione delle referenze presenti garantiscono la massima trasparenza della gamma di prodotti. Il design del CSB Webshop è ovviamente flessibile e può essere gestito anche da agenzie terze.
Gestione delle caratteristiche nutrizionali
Oltre alla gestione integrata ed allineata degli articoli disponibili e dei prezzi, l’integrazione tiene conto di tutti gli aspetti legati all’alimentazione: informazioni dettagliate sul prodotto, come la descrizione dell’articolo, gli ingredienti, le informazioni sul valore nutrizionale e gli articoli sostitutivi, possono essere recuperate con un semplice clic sull’icona del prodotto, così come tutte le informazioni necessarie alla tracciabilità. È consentita una ricerca sistematica di articoli tramite filtri definiti dall’utente, quali ad esempio gli ingredienti e i valori nutrizionali.
Gestione semplificata dei resi È sufficiente inserire nella sezione dedicata il numero della bolla di consegna e selezionare gli articoli da restituire. Le informazioni sul reso saranno immediatamente disponibili nell’ERP CSB-System
per consentirne l’elaborazione puntuale nei reparti aziendali di competenza.
Ottimizzazione dei processi e crescita aziendale
L’investimento in soluzioni digitali per negozi on-line, in particolare nel settore B2B, offre una vasta gamma di opportunità che consentono di risparmiare tempo e costi, aumentare la fidelizzazione dei clienti, generare più vendite e ottimizzare i processi aziendali. Ma affinché possa funzionare con successo, la tecnologia scelta è un fattore determinante. L’approccio lungimirante della CSB-System consente ai suoi clienti di avvalersi di soluzioni all’avanguardia sia per quanto riguarda l’ERP che per le applicazioni digitali, con totale sicurezza nella comunicazione tra i due e grosse potenzialità di crescita.
Referente:
• Dott. A. MUEHLBERGER
CSB-System Srl
Via del Commercio 3-5
37012 Bussolengo (VR)
Telefono: 045 8905593
Fax: 045 8905586
E-mail: info.it@csb.com
Web: www.csb.com
CON
PER I PRODOTTI A MARCHIO DOP E IGP
Il nuovo Regolamento UE 2024/1143 per i prodotti DOP e IGP, entrato in vigore il 13 maggio 2024, introduce diverse modifiche per rafforzare la protezione e la trasparenza di questi marchi.
Come si integrano le nuove norme con un software di tracciabilità alimentare come Track Alimenti di Zuffellato Technologies? Quali vantaggi può portare sia per i produttori che per i consumatori l’adozione di un sistema come questo?
Il Regolamento UE 2024/1143, che riguarda la protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari nell’Unione Europea, modifica i Regolamenti UE 2013/1308, 2019/787 e 2019/1753 e abroga il Regolamento UE 1151/2012. Prevede l’estensione del campo di applicazione delle norme anche alle Indicazioni Geografiche dei vini e delle bevande spiritose.
Rafforza i diritti dei Consorzi di tutela, che ora possono agire più efficacemente contro le pratiche commerciali scorrette: le etichette devono infatti indicare chiaramente il nome del produttore accanto alla denominazione geografica.
Il nuovo regolamento prevede controlli più rigorosi basati su valutazioni del rischio per garantire il rispetto delle regole di produzione, con obbligo di notifica da parte degli operatori e delle autorità competenti. Ci si sofferma anche sulla protezione on-line con l’introduzione del geoblocking per oscurare siti web che vendono prodotti falsamente etichettati come DOP o IGP, tutelando i marchi da imitazioni digitali.
Per garantire che il cambiamento e il passaggio dalle vecchie alle nuove regole sia il meno traumatico e impattante possibile è previsto un periodo transitorio. Questo significa che non saranno nuove regole immediate a cui i produttori dovranno adeguarsi ma prima si comincia a entrare nell’ottica del cambiamento e più semplice sarà affrontarlo in futuro.
L’uso di un software per la tracciabilità come Track Alimenti offre numerosi vantaggi in questo senso e aiuta a proiettarsi verso le nuove sfide arrivandoci preparati e pronti. Track Alimenti permette infatti ai produttori di monitorare e documentare tutte le operazioni di trasformazione e commercializzazione, gestisce l’intero flusso delle informazioni tramite ricette con cui
si possono amministrare gli ingredienti e le quantità necessarie alla produzione di un semilavorato o prodotto finito, le aree produttive dell’articolo e i vari livelli di lavorazione, i costi di produzione. Tutto questo assicurando il rispetto delle nuove normative e dei disciplinari di produzione.
Ogni stadio della lavorazione viene monitorato secondo il disciplinare di qualità in uso e gestendo il sezionamento articolo, la classificazione articoli, la stampa etichette, lo scarico a magazzino del lotto in entrata alla lavorazione/classificazione e il carico a magazzino di lotti in uscita, l’analisi e classificazione personalizzata in base a qualità e valori nutrizionali. Si tratta di passaggi essenziali per dimostrare la conformità in caso di controlli.
I sistemi di tracciabilità come Track Alimenti possono identificare e segnalare tentativi di frode o contraffazione, proteggendo l’integrità dei marchi. Questo è particolarmente importante per contrastare l’Italian sounding e altre forme di imitazione.
L’automazione dei processi di tracciabilità riduce gli errori manuali e migliora l’efficienza nella gestione della filiera produttiva.
L’implementazione di software di tracciabilità alimentare come Track Alimenti in conformità con le nuove norme rappresenta una grande opportunità per migliorare la protezione delle eccellenze alimentari europee, aumentare la fiducia dei consumatori e contrastare efficacemente le pratiche di contraffazione e imitazione.
I software avanzati come Track Alimenti offrono funzionalità di reportistica e analisi che aiutano i produttori a ottimizzare i processi e a prendere decisioni basate su dati concreti. Questo è cruciale per incrementare la redditività e la sostenibilità della produzione, riducendo i costi operativi. In particolare, Track Alimenti permette di raggiungere questi obiettivi facendo una mappatura del magazzino e calcolando il fabbisogno.
Sulla base di queste informazioni è possibile:
• analizzare le scorte minime, verificando la presenza delle materie prime necessarie per la produzione e gli impegni presi con i clienti;
• elaborare, simulare e lanciare il piano di produzione con definizione aree produttive, date di prevista produzione, calcolo del fabbisogno di materie prime (MRP);
• suddividere i lotti di materia prima, associandoli a quelli di semilavorato o prodotto finito;
• gestire carico a magazzino dell’articolo prodotto e scarico delle materie
prime (fIfO, fEfO) tramite lettura con palmare dei barcode;
• gestire silos;
• infine, etichettare singolo item , scatola e pallet.
L’interfacciamento con sistemi wi-fi, a partire proprio dai dispositivi palmari, semplifica le attività di confezionamento (anche a peso variabile) ed evasione degli ordini, per cui è possibile creare entrate/vendite con indicazione fornitore/cliente, evadere impegni clienti e ordini fornitori, registrare il peso da bilancia ed etichettare il singolo pezzo, gestire cartoni/pallet e la stampa delle etichette, controllare in tempo reale la corrispondenza tra l’ordinato e il consegnato, leggere i codici a barre EAN 128 secondo gli standard Indicod, importare nel documento i dati letti da palmare, inclusi quelli di ordine evaso tramite stazione di lavoro.
Grazie a questo software di tracciabilità end-to-end , dalla materia prima fino al consumatore finale, che può essere impiegato da produttori di mangimi, industrie alimentari, molini e pastifici, biscottifici, salumifici, i produttori possono quindi garantire la qualità e
l’autenticità dei loro prodotti, proteggere i loro marchi e ottenere un vantaggio competitivo sul mercato.
Questo sistema già così altamente tecnologico e controllato non solo porta benefici a chi produce o trasforma, ma anche ai consumatori, che possono contare su una sempre maggiore trasparenza e sicurezza alimentare, potendo verificare l’origine e la qualità dei prodotti acquistati. Questo aumenta la fiducia nei prodotti DOP e IGP e supporta le scelte di acquisto informate.
L’implementazione di software di tracciabilità alimentare come Track Alimenti in conformità con le nuove norme rappresenta una grande opportunità per migliorare la protezione delle eccellenze alimentari europee, aumentare la fiducia dei consumatori e contrastare efficacemente le pratiche di contraffazione e imitazione.
Un approccio che non solo protegge i produttori, ma valorizza anche l’unicità e la qualità dei prodotti DOP e IGP, rafforzando la loro presenza sul mercato internazionale.
Link: www.trackanyfood.com
Link: www.zuffellato.com
ffellato Technologies Via Bela Bartok 12 44124 Ferrara Telefono: 0532 904711 E-mail: info@zuffellato.com
IO SONO LUCANO
di Massimiliano Rella
Continua a crescere d’importanza e rappresentanza il progetto Io Sono Lucano , il marchio collettivo che aggrega le eccellenze agroalimentari della piccola Basilicata: 100 prodotti attinenti a 5 diverse filiere, oltre al vino e all’olio extravergine d’oliva, e un bacino di più di 2.000 produttori, tra cui i 60 soci fondatori. Si tratta di un’iniziativa imprenditoriale relativamente recente, finanziata con un progetto di filiera regionale nel 2019 per mettere a sistema un settore altrimenti frazionato e parcellizzato, che non avrebbe la forza necessaria, tanto meno i numeri, per approcciare i canali della Distribuzione Organizzata, ma che da qualche mese, a cinque anni dalla nascita del progetto, ha trovato sbocco commerciale in GDO,
nei 35 supermercati e punti vendita del gruppo SpeSi (Spesa Sicura) al momento in Basilicata, in attesa di muovere altri passi in diverse regioni d’Italia. «Abbiamo anche maturato l’idea di creare un’interconnessione col turismo, in particolare con gli agriturismi della rete Terra Nostra, in Basilicata circa 60 su 200 totali, e con i ristoranti della Federazione Nazionale Cuochi, coi quali, grazie ad un recente accordo, intendiamo creare un menu lucano che utilizzi i nostri prodotti», racconta Antonio Pessolani, presidente di La Nuova Aurora, una cooperativa agricola di secondo livello incaricata di sviluppare il mercato dei prodotti a marchio Io Sono Lucano, nonché alla guida anche la Coldiretti Basilicata. Nel 2023 il fatturato di questi prodotti
ha raggiunto la cifra di 1 milione di euro, numeri destinati a crescere grazie anche ad una partnership col gruppo Lidl per la commercializzazione di una pasta — la Combino — fatta con grani lucani dal pastificio De Sortis di Pietragalla (PZ).
Il marchio Io Sono Lucano è distribuito infine in un negozio dedicato nel centro di Potenza, in via Pretoria, con tutte e 100 le referenze e la possibilità di fare degustazione (foto in alto)
Di questo marchio collettivo avevamo in realtà già parlato su EUROCARNI n. 6/2023 (A tavola la Podolica regna sovrana, pag. 114) in occasione di un approfondimento sulla razza Podolica, il bovino simbolo dell’Italia dell’Appennino meridionale. Dopo il nostro servizio, a luglio 2023, è nata una piattaforma
logistica Cash&Carry di 10.000 m2 a Potenza, con l’obiettivo di farla diventare un hub per la distribuzione dei prodotti lucani in tutta Italia (e questo grazie all’iniziativa imprenditoriale di La Nuova Aurora). In particolare, c’è all’interno del marchio un progetto specifico sulla filiera delle carni lucane (Filca).
Finanziato dal PSR Basilicata (Misura 16, operazione 16.0) per conservare e valorizzare la biodiversità, interessa 70 allevatori e, oltre alla Podolica, riguarda l’agnello delle Dolomiti lucane e il suino Nero lucano.
L’iniziativa sostiene le economie locali ed evita l’abbandono delle aree marginali, preservando il paesaggio. Puntando sul sistema di qualità SQNZ del “Bovino Podolico al Pascolo”, La Nuova Aurora valorizza gli allevamenti. Il progetto Filca punta inoltre a sensibilizzare consumatori e opinione pubblica sulla corretta nutrizione e la qualità dei prodotti agroalimentari.
Massimiliano Rella
>> Link: iosonolucano.it iosonolucano_store
Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP protagonista
all’Open Night di Terrazza Cinematografo all’81a
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia
Il Consorzio Tutela Aceto Balsamico Tradizionale di Modena era presente a Venezia, in occasione dell’81a
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, in qualità di partner ufficiale di Terrazza Cinematografo by Atlas Concorde e della Opening Night presso l’Hotel Excelsior al Lido. Per il secondo anno consecutivo, sulla Terrazza Cinematografo dell’hotel, Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP Extra Vecchio invecchiato almeno 25 anni è stato fatto degustare insieme al Parmigiano Reggiano stagionato 50 mesi. Il Balsamico Tradizionale di Modena era presente anche nella lista dei cocktail della Terrazza con lo speciale Bloody Mary arricchito con “7 gocce di Balsamico Tradizionale di Modena” invecchiato almeno 12 anni, dose da Matilde di Canossa per l’utilizzo del nettare modenese dall’XI secolo. L’Oro Nero di Modena è stato protagonista anche il 2 settembre con l’evento condotto dalla critica gastronomica Francesca Romana Barberini, “Aceto Balsamico Tradizionale di Modena Food Experience”, durante il quale il prodotto è stato degustato in abbinamento al gelato alla crema. Grande novità di quest’anno è stato poi il Premio “Piacere Elevato ad Arte” che Leonardo Giacobazzi, vicepresidente del Consorzio Tutela Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, ha consegnato la sera del 28 al produttore cinematografico Andrea Romeo per il suo “Casa I Wonder”, progetto col quale porta la bravura dei produttori di alcuni dei più rinomati prodotti dell’agroalimentare italiano nelle mostre cinematografiche più prestigiose di tutto il mondo, da Venezia al Sundance Film Festival negli USA. «Abbiamo voluto impreziosire la nostra presenza al Lido con questo premio che riteniamo ben interpreti il concetto di arte in senso lato — ha dichiarato Enrico Corsini, presidente del Consorzio Tutela Aceto Balsamico di Modena — in quanto dedizione, autenticità e passione sono valori comuni all’arte cinematografica quanto all’arte del saper fare dei nostri produttori. «Sono onorato di ricevere questo premio da parte del Consorzio di tutela in quanto l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, un prodotto iconico del made in Italy nel mondo, è presente fin dall’inizio nel nostro progetto. Infatti, da oltre un decennio, I Wonder Pictures si distingue per la sua abilità nel riconoscere e promuovere storie memorabili e visionarie e con lo stesso spirito innovativo, col progetto Casa I Wonder, abbiamo costruito collaborazioni con rinomati produttori italiani, le cui eccellenze culinarie arricchiscono le esperienze di convivialità che organizziamo in occasione dei più prestigiosi eventi cinematografici internazionali»
Alleanza
Cibus-TuttoFood:
spinta da 7,5 miliardi per il made in Italy
In un Paese come l’Italia dove in concetto di “fare sistema” è un mantra sistematicamente ignorato dalle logiche di campanile, colpisce positivamente la sinergia che sta decollando dall’alleanza tra Cibus (Fiere di Parma) e TuttoFood (Fiera di Milano), due delle più importanti manifestazioni fieristiche dell’agroalimentare italiano. Uno dei principali artefici dell’alleanza è Antonio Cellie (in foto), AD di Fiere di Parma, che in una lunga intervista al Corriere della Sera ha tracciato la strada futura delle due fiere, ora pienamente complementari. Si comincerà con la prossima edizione di TuttoFood, in programma a Milano dal 5 all’8 maggio 2025. «L’obiettivo è portare TuttoFood da 55.000 m2 a quasi 120.000. Milano e il suo territorio potrebbero beneficiare non solo del fatturato di 15 milioni di euro in più della fiera, ma soprattutto di un indotto di circa 150 milioni». La volontà è di fare della kermesse un evento cardine per il settore a livello globale, anche grazie all’alleanza con Cibus e agli accordi con Anuga. «Si tratta di un accordo sistemico voluto da tutti gli stakeholders», precisa Cellie sull’alleanza Parma-Milano. I compiti per ciascun partner sono chiari. «Fiere di Parma, che unisce i team di Cibus, TuttoFood e Anuga, gestirà da Parma e Milano gli espositori nazionali e i top client grazie anche alla storica collaborazione con Federalimentare e Food&Drink Europe, mentre Fiera di Colonia fornirà supporto alle collettive e agli espositori stranieri. Dopodiché, dal 2027, Cibus continuerà a tenersi negli anni dispari e TuttoFood negli anni pari per alternarsi ad Anuga». Le previsioni, basate sulle stime Prometeia-Aefi, vedono per il settore agroalimentare una spinta da 7,5 miliardi di euro in quattro anni (fonte: EFA News – European Food Agency).
NATALE È ALLE PORTE, PREPARIAMOCI PER TEMPO
L’IMPORTANZA DI UN CORRETTO ALLESTIMENTO
NATALIZIO PER LE BOTTEGHE ALIMENTARI
Il periodo natalizio rappresenta un momento delicatissimo e strategico per molte attività commerciali, in particolare per il food retail specializzato, che è spesso custode delle tradizioni enogastronomiche e dei prodotti tipici locali nell’offerta di prodotti selezionati di qualità come salumi, formaggi, vini, pasta, olio e altri generi alimentari. In questo contesto, un corretto allestimento natalizio può svolgere un ruolo determinante nel richiamare l’attenzione dei clienti, invogliarli all’acquisto e, infine, incrementare le vendite e la fidelizzazione. Ripercorriamo alcuni elementi utili del visual merchandising per allestire il locale a tema con un budget limitato.
Il ruolo del visual merchandising nel periodo natalizio
Il visual merchandising è quell’arte di presentare i prodotti in modo da catturare l’attenzione del cliente, comunicando l’identità dei marchi e incentivando l’acquisto. Nelle settimane che precedono il Natale quest’attenzione all’immagine del proprio negozio e agli elementi che rimandano alle celebrazioni del fine
anno è ancora più importante. Nel corso delle festività i consumatori sono particolarmente sensibili all’atmosfera e all’emozione del momento. Un negozio ben allestito può trasmettere calore, accoglienza e spirito natalizio, creando un’esperienza di acquisto positiva che invita i clienti a tornare e a incentivare il passaparola.
Per una bottega alimentare, l’allestimento natalizio non riguarda solo l’estetica, ma anche la valorizzazione dei prodotti offerti. Ogni elemento decorativo dovrebbe essere pensato per mettere in risalto la qualità e l’autenticità di salumi, formaggi, vini e degli altri prodotti, creando una connessione emotiva col cliente, rafforzando il concetto di tradizione e artigianalità.
Strategia di allestimento: attrarre e coinvolgere i clienti Un allestimento natalizio efficace deve innanzitutto catturare l’attenzione dall’esterno. La vetrina è il biglietto da visita del negozio e durante le festività diventa ancora più importante. È consigliabile utilizzare decorazioni che richiamino immediatamente il Natale, come luci, ghirlande, nastri rossi e dorati ed ele-
menti classici come l’albero di Natale. Tuttavia, per evitare un sovraccarico visivo, è essenziale mantenere un equilibrio tra decorazioni e prodotti esposti. Ad esempio, una vetrina con una selezione di cesti natalizi, confezioni regalo di vini pregiati e salumi può essere resa ancora più invitante se incorniciata da una ghirlanda di luci calde e decorata con elementi naturali come rami di pino e bacche rosse.
All’interno del negozio l’atmosfera deve essere coerente con quanto presentato all’esterno. Anche qui le luci giocano un ruolo fondamentale: l’illuminazione calda e soffusa può creare un ambiente accogliente e invitante. Decorazioni sospese come stelle o palle di Natale possono aggiungere un tocco festoso senza occupare troppo spazio sempre così prezioso sugli scaffali.
È importante che l’allestimento natalizio non intralci la disposizione dei prodotti, ma, anzi, li valorizzi. Ad esempio, un angolo dedicato ai prodotti tipici natalizi, come il panettone artigianale o il torrone, può essere arricchito con tovagliette, candele profumate e piccole decorazioni che richiamano l’inverno.
Sfruttando al meglio le risorse a nostra disposizione, la bottega può diventare un punto di riferimento per gli acquisti natalizi, capace di trasmettere ai clienti il vero spirito delle festività.
Ecco qualche idea di decorazione per ridurre l’impatto ambientale del Natale e diminuire gli sprechi. Evitiamo la plastica e con materiali di riciclo accogliamo i clienti nella nostra bottega, ancora più sostenibile
Idee pratiche per l’allestimento natalizio con budget limitato
Allestire un negozio non deve necessariamente comportare un grande investimento. Con un po’ di creatività e attenzione ai dettagli, è possibile ottenere un effetto sorprendente anche con un budget limitato. Ecco alcune idee pratiche:
1. decorazioni naturali: utilizzare materiali come rami di pino, pigne, bacche rosse e frutta secca può essere un modo economico e sostenibile per decorare il negozio. Questi elementi possono essere raccolti durante una passeggiata in un bosco o acquistati a basso costo in un mercato locale. Possono essere utilizzati per creare ghirlande o composizioni da posizionare sugli scaffali;
2. riciclo creativo: il riciclo di vecchie decorazioni natalizie può dare nuova vita al negozio. Ad esempio, le vecchie palline dell’albero di Natale possono essere riverniciate o decorate con glitter per creare nuove decorazioni originali. Anche le scatole di legno o i cestini possono essere riutilizzati per creare espositori per i prodotti, magari rivestendoli con stoffe a tema natalizio;
3. illuminazione strategica: le luci sono un elemento fondamentale dell’atmosfera natalizia. Investire in una buona illuminazione può fare la differenza, ma non è necessario spendere una fortuna. Catene luminose a LED sono economiche, a basso consumo energetico e possono essere utilizzate sia all’interno che all’esterno del negozio.
Possono essere avvolte intorno agli scaffali, disposte sulle vetrine o sospese dal soffitto per creare un effetto magico;
4. cesti natalizi fai-da-te: creare cesti natalizi con una selezione di prodotti tipici può essere un’ottima idea per aumentare le vendite. L’utilizzo di materiali semplici come paglia, carta kraft e nastri colorati permette di confezionare cesti eleganti senza spendere troppo. Inoltre, i cesti possono essere decorati con piccole pigne o rametti di pino per un tocco in più sostenibile e piacevolmente aromatico;
5. angolo delle degustazioni: un’idea molto apprezzata è quella di allestire un piccolo angolo delle degustazioni. Durante il periodo natalizio, offrire ai clienti assaggi gratuiti di
Non lasciamoci travolgere dalla frenesia del fine anno e prepariamoci per tempo agli allestimenti e alla pianificazione dell’offerta.
salumi, formaggi, vini o dolci tipici può essere un ottimo modo per far conoscere i prodotti e incentivare l’acquisto. Questo angolo può essere decorato con tovaglie natalizie, candele e piccoli alberi di Natale per intensificare l’atmosfera accogliente e festosa;
6. coinvolgimento dei clienti: un’ulteriore strategia può essere quella di coinvolgere i clienti nel processo di decorazione. Ad esempio, si potrebbe organizzare un concorso invitando i clienti a decorare un albero di Natale nel negozio o a creare la decorazione più originale utilizzando i prodotti in vendita. Questo non solo creerà un legame più forte con la clientela, ma aumenterà anche la visibilità del negozio attraverso il passaparola.
Rapporto e-food DOP IGP Italia
Origin Italia, insieme a Fondazione Qualivita, ha analizzato 7.400 Indicazioni Geografiche presenti sulle principali piattaforme italiane di e-commerce e food delivery. Il risultato? Poca distintività per i DOP IGP
Per ciò che riguardale piattaforme di food delivery, la presenza dei prodotti DOP IGP risulta ancora marginale, con pochissime offerte con segnalazione dei prodotti IG, imponendo come primo passo una forte necessità di presidiare il settore.
Èstato recentemente pubblicato il Rapporto e-food DOP IGP Italia realizzato da Origin Italia in collaborazione con Fondazione Qualivita per analizzare attraverso due studi specifici il mercato digitale dell’e-commerce e del food delivery dei prodotti DOP IGP italiani. Obiettivo comune delle due ricerche, realizzate col contributo del MASAF, è stato quello di esaminare in dettaglio la presenza e l’andamento dei prodotti DOP IGP sulle piattaforme di e-commerce e food delivery in Italia, esplorando le trasformazioni delle abitudini alimentari e di spesa dei consumatori.
Il monitoraggio sul settore e-commerce — che nel 2023 ha visto l’agroalimentare tra le prime categorie per incidenza degli acquisti on-line con il 25% degli utenti impegnati nella spesa alimentare (dati NETCOMM NETRETAIL, 2023) — ha coinvolto 20 piattaforme di vendita, da giganti (Amazon, Ebay, Alibaba, Coop, Conad, Esselunga, ecc…) fino a marketplace specializzati e start-up emergenti, con analisi sul contesto, i numeri e le strategie di vendita delle DOP IGP. Lo studio ha previsto inoltre un monitoraggio verticale su 10 prodotti DOP IGP, per i quali è stata effettuata un’analisi quali-quantitativa all’interno di selezionate piattaforme.
Lo studio dedicato al settore food delivery — che sebbene in flessione negli ultimi anni gioca ancora un ruolo importante — si è basato sull’analisi di 6 importanti piattaforme (tra cui Just Eat, Deliveroo, Glovo), anche qui selezionate non solo considerando i 3 big player. Le tendenze emerse sottolineano un forte orientamento a convenienza e rapidità di consegna, aspetti cruciali per il consumatore moderno. Entrambi gli studi propongono interviste con operatori chiave del mercato e portano come risultati una mappatura delle piattaforme e dei prodotti DOP e IGP.
Da un punto di vista quantitativo, si segnalano oltre 7.400 referenze DOP IGP, delle quali oltre 4.000 a Denominazione di Origine Protetta e oltre 3.400 a Indicazioni Geografica Protetta, con significative differenze tra le diverse categorie di prodotto.
Numeri che segnalano anche l’ampio margine di crescita per le attività dei Consorzi di tutela sia in termini di azioni promozionali sia nella creazione di canali di vendita e-commerce ufficiali per le aziende associate che al momento sono riscontrabili solo in due casi.
Per quanto riguarda le piattaforme di food delivery, la presenza dei prodotti DOP IGP risulta ancora marginale, con pochissime offerte con segnalazione dei prodotti a Indicazione Geografica, imponendo come primo passo una forte necessità di presidiare il settore.
Tra gli output degli studi su e-commerce e food delivery sono proposte analisi SWOT dei singoli settori e linee guida operative per i Consorzi di tutela, i produttori e gli operatori del
settore, mirate a migliorare la promozione e la tutela delle IG nel contesto digitale.
Da un punto di vista qualitativo sono 3 i macro-elementi emersi dall’analisi delle piattaforme e-commerce e food delivery che, in maniera costruttiva, possono essere viste come “leve di miglioramento” della presenza DOP IGP nei mercati digitali per Consorzi di tutela, aziende e piattaforme digitali:
1. sono pochi, nel totale, i produttori DOP IGP che utilizzano la vendita on-line e, tra di loro, sono numerosi quelli in cui le vetrine dei prodotti risultano incomplete — per esempio, è frequente la mancanza di foto — rendendo difficile per i consumatori valutare un acquisto di qualità;
2. un secondo aspetto critico riguarda l’errato o il mancato utilizzo di acronimi, marchi e segni distintivi della Indicazioni Geografiche da parte, molto spesso, delle aziende aderenti al marketplace o delle piattaforme digitali responsabili della fase di commercializzazione al pubblico;
3. il terzo aspetto riguarda il basso utilizzo delle Indicazioni Geografiche come driver di scelta da parte delle piattaforme digitali: solo pochi player, infatti, utilizzano le certificazioni d’origine come filtri di ricerca o “tag” all’interno della selezione della spesa;
4. a fronte del grande lavoro svolto dall’ICQRF — Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressio-
Origin Italia è l’Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche che riunisce i Consorzi di tutela dei prodotti agroalimentari a marchio. Ha il compito di essere soggetto di sintesi delle esigenze collettive dei Consorzi di tutela riconosciuti dal Ministero dell’Agricoltura, Sovranità Alimentare e delle Foreste. Nata nel 2006 come AICIG, Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche, ad essa aderiscono attualmente 81 realtà consortili delle produzioni DOP IGP e una Associazione dei Consorzi, AFIDOP (Associazione formaggi italiani DOP e IGP). Rappresenta oltre il 95% delle produzioni italiane a Indicazione Geografica. È associata a livello internazionale alle organizzazioni Origin Mondo e Origin Europa ed è socio fondatore di Fondazione Qualivita
>> Link: www.origin-italia.it
ne frodi dei prodotti agroalimentari — del MASAF per bloccare i tentativi di contraffazione, il miglioramento dei 3 macroelementi potrebbe aiutare Consorzi e aziende DOP IGP nella sfida contro la presenza di prodotti generici che sfruttano la visibilità delle IG per rincorrere un posizionamento di qualità, danneggiando e logorando la reputazione delle referenze certificate.
«Questa indagine — afferma Cesare Baldrighi, presidente di Origin Italia — costituisce un primo passo fondamentale e rappresenta uno strumento conoscitivo essenziale per colmare una significativa lacuna nella strategia di valorizzazione e tutela dei prodotti DOP e IGP italiani. Grazie al costante impegno dell’ICQRF nella lotta alla contraffazione, esiste ora un mercato digitale dove le Indicazioni Geografiche possono operare in modo efficace. Per continuare a crescere è però indispensabile che il sistema dei Consorzi di tutela incoraggi le proprie imprese ad essere maggiormente presenti in questi canali, sviluppando una propria progettualità».
«Dagli studi emerge l’importanza di garantire un’esperienza di acquisto on-line efficace per i prodotti agroalimentari di qualità attraverso un impegno significativo nella gestione delle informazioni» sottolinea Mauro Rosati, direttore di Origin Italia.
«La trasparenza nei contenuti e nell’etichettatura dei prodotti è cruciale, poiché il consumatore non ha la possibilità di toccarli fisicamente. Le aziende, i Consorzi di tutela e le piattaforme digitali hanno l’opportunità di colmare questa distanza raccontando il percorso di tracciabilità e certificazione del prodotto, narrando la sua storia e quella dei suoi produttori per creare un legame di fiducia con i clienti.
Informazioni corrette e trasparenti non solo comunicano efficacemente con il consumatore, ma permettono anche di sviluppare pienamente funzionalità importanti delle piattaforme digitali, come i motori di ricerca dei prodotti, essenziali per comprendere le richieste e trovare i prodotti desiderati».
Fonte: Fondazione Qualivita qualivita.it
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Prosciutto di San Daniele, ideale per l’alimentazione consapevole
NUTRIZIONE, SICUREZZA ALIMENTARE E SALUTE
DELLE PERSONE E DEL PIANETA SONO TRA I TEMI CARDINE
DELL’AGENDA DEL CONSORZIO DI TUTELA DEL CRUDO DOP
Si chiama Mindful eating, traducibile con alimentazione consapevole, e altro non è che un modo di mangiare che prevede la piena presenza di sé stessi, senza distrazioni, mantenendo una predisposizione mentale equilibrata e non giudicante. Questa pratica ha l’obiettivo di far sì di focalizzarsi sull’esperienza del “mangiare”, attivando tutti i sensi ed esplorando la propria relazione con il cibo. Ebbene, un prodotto made in Italy come il Prosciutto di San Daniele si rivela essere un alimento cardine all’interno di un’alimentazione consapevole. Lo sottolinea il Consorzio di tutela, secondo cui la nutrizione, la sicurezza alimentare e la salute delle persone e del pianeta rappresentano alcuni temi cardine della sua agenda.
Il Prosciutto di San Daniele è un prodotto alimentare adatto a ogni tipologia di dieta e per ogni regime alimentare, sottolinea il Consorzio, “grazie al suo contenuto di macro e micronutrienti è realizzato nel pieno rispetto dalla salute delle persone. È un prodotto buono e naturale, fatto solo con cosce di suino italiano selezionate e sale marino”.
Privo di additivi e di conservanti, è un alimento dall’alto valore nutrizionale.
Il San Daniele DOP è ricco di proteine di alta qualità biologica caratterizzate da una rapida digeribilità, dovuta al lavoro di alcuni enzimi che, durante i processi di stagionatura, operano una sorta di predigestione.
Sotto il profilo lipidico, il Prosciutto di San Daniele si caratterizza per la presenza di acidi grassi essenziali della famiglia Omega-3 e Omega-6. Mentre, a livello di micronutrienti, contiene vitamine del gruppo B (in particolare B1, B2 e B6) e importanti sali minerali come sodio, fosforo, potassio, zinco, ferro, magnesio e rame.
Questi elementi hanno fatto sì che il Prosciutto di San Daniele si sia confermato, anche nel 2023, come uno dei prodotti DOP più conosciuti e consumati in Europa e all’estero: l’anno scorso la produzione di San Daniele DOP è stata di 2.590.000 cosce prodotte nei 31 stabilimenti produttivi collocati nella cittadina di San Daniele del Friuli (UD), con un fatturato totale, derivante dalle attività di produzione e distribuzione, di 360 milioni di euro.
La quota di export si è attestata al 19%, rispetto alle vendite totali dell’anno, con circa 3 milioni di chili indirizzati al mercato extra Italia: il 55% delle quote totali di export è stato destinato all’Unione Europea, mentre il restante 45% è stato esportato in Paesi terzi.
Indicato per ogni fascia di età e per ogni tipologia di alimentazione, il San Daniele DOP, grazie alle sue proprietà nutrizionali ben bilanciate, può essere inserito all’interno di un regime alimentare equilibrato. Nel caso di diete dove è previsto un basso apporto di sodio, gli esperti suggeriscono di accompagnare il San Daniele con dei prodotti ricchi di potassio come del pane integrale e delle verdure.
Come ribadisce il Consorzio, un’alimentazione sana e bilanciata è in grado di incidere positivamente sullo sviluppo e sul rendimento di ciascuno, sulla qualità della vita e sulle condizioni psicofisiche: un corretto regime alimentare fornisce all’organismo, nelle giuste proporzioni, tutte le sostanze nutritive di cui esso ha bisogno, utili per la prevenzione di determinate patologie.
Oltre alla produzione, è fondamentale, infatti, lavorare per un consumo alimentare sostenibile, con la promozione di diete sane contrastando la malnutrizione e le malattie legate all’alimentazione e riducendo l’impatto ambientale dei consumi alimentari e gli sprechi.
Il consumatore, sottolinea la nota del Consorzio, “negli ultimi anni, è sempre più attento alla qualità dei prodotti che acquista, alla trasparenza dei processi produttivi e pone sempre maggiore attenzione a quanto riportato sulle etichette”. In questo senso, il Consorzio promuove i valori nutrizionali del Prosciutto di San Daniele e le sue modalità di consumo attraverso campagne di comunicazione e attività formative verso l’esterno e verso i propri consorziati.
In collaborazione con le principali insegne della Grande Distribuzione Organizzata, con le associazioni di ristoratori e le scuole alberghiere, il Consorzio organizza sessioni di formazione rivolte a consumatori, operatori della grande e media distribuzione quali responsabili e addetti dei reparti
di salumeria, ristoratori, operatori del settore HO RE CA. e studenti “con il preciso obiettivo di formare sulle caratteristiche e sulle peculiarità del prosciutto, il territorio di origine, le pratiche per
l’adeguato trattamento e per il servizio del prodotto nonché sulle informazioni essenziali da comunicare al consumatore” (fonte: EFA News – European Food Agency).
COTEQUINO: A VILLA CARCINA, TRA TRADIZIONE E CREATIVITÀ
In una piccola bottega di macelleria dedicata alla carne di cavallo della provincia di Brescia, Marco Porta ha dato sfogo alla sua creatività dedicandosi anche alla produzione di salumi tradizionali sia di suino che di cavallo, come il Cotequino
di Lara Abrati
Marco Porta, titolare dell’omonima macelleria equina di Villa Carcina (BS), col suo “Cotequino”, preparato con carne equina e cotiche di suino. Macinato molto fine, è un prodotto da cuocere lentamente e servire caldo a fette. Grana fine, un giusto equilibrio tra dolcezza e sapidità delle carni, aroma delicato e una corretta quantità di cotiche che ne determina una collosità non eccessiva: sono caratteristiche che lo rendono un prodotto molto apprezzato dai più.
Siamo a Villa Carcina (BS), nel cuore della Val Trompia, una grande valle della provincia di Brescia. Anche qui, come nella vicina Valle Camonica, il consumo di carne di cavallo nei piccoli centri abitati è cosa antica, una tradizione consolidata. E Marco Porta, classe 1981, porta avanti l’attività storica di macelleria equina, nata i primi anni del ‘900 proprio nello stesso luogo in cui è ubicata tutt’ora. Nuovi impulsi e creatività, per un’attività che si inserisce in un piccolo contesto di provincia: l’attività è stata fondata nel 1910 e, dopo alcuni decenni, è stata rilevata da Cesare Porta (papà di Marco) negli anni ‘90. «Anche da bambino venivo in macelleria, perché la mia famiglia aveva il panificio proprio qui accanto» racconta Marco, nato tra una mezzena equina e l’altra.
Un ragazzo dalla grande curiosità che l’ha portato ad apprendere fin da
subito l’arte della lavorazione della carne equina. Accanto al bancone con le carni di cavallo e con i pronti da consumare preparati sempre dallo stesso Marco (che si è diplomato alla scuola alberghiera), c’è la sua rigorosa selezione di salumi, totalmente prodotti nel laboratorio della macelleria.
La frequentazione dei corsi per norcineria, ma anche l’attività di formazione legata all’assaggio degli stessi, ha portato Marco ad approfondire sempre più questa arte proponendo salumi di ogni tipo, prodotti prevalentemente a base di carne equina, ma senza dimenticare la grande tradizione legata all’insaccato per eccellenza di queste zone: il salame di suino (unico strappo alla regola). Solo budello naturale, una miscela di spezie preparate secondo la sua ricetta, per un salame che sposa i gusti locali: poco aglio, una punta di chiodo di garofano, poco grasso e una stagionatura breve, «perché qui il sala-
me lo vogliono tenero» ci svela Marco. E poi la bresaola, massaggiata a mano e asciugata per bene, preparata con la punta d’anca, la carne secca di cavallo per cui utilizza il magatello. E ancora lo speck di cavallo, così chiamato per la presenza della concia del famoso salume altoatesino e l’affumicatura lieve. Infine, le salamelle di cavallo fresche, ma anche i cacciatori di asino e la ‘nduja di cavallo: preparata a partire da peperoncini calabri essiccati lentamente al sole. Per ultimo, ma non
per minore importanza, il Cotequino® (marchio registrato ormai poco più di un anno fa): come il cotechino, ma preparato con carne equina e cotiche di suino. «Ho preferito creare un prodotto adatto alle richieste attuali, cioè più delicato nella sua forza gustativa e anche più digeribile, mancando qui le parti meno nobili. Le carni e le poche cotiche vengono poi macinate molto fini, addirittura a utilizzando sul tritacarne il diametro di 4 mm, è un prodotto da cuocere lentamente e servire caldo a
fette» spiega Marco. Questo permette una bella sensazione tattile una volta messo il boccone in bocca: scioglievolezza e piacere infinito. Il salume è da cuocere per almeno 3 ore.
Viene legato a mano e insaccato in budello naturale, utilizzando il crespone così da avere poi un diametro della fetta importante, di almeno 8 o 9 cm. La sua grana fine lo rende apprezzabile da tutti, caratteristica che si unisce al giusto equilibrio tra dolcezza e sapidità delle carni, all’aroma delicata e alla corretta quantità di cotiche presenti, che ne determina una collosità non eccessiva. Un prodotto dal nome simpatico, che ha riscosso il successo che si merita.
La sua produzione artigianale rende questo salume da pentola adatto anche ad una preparazione sartoriale, per chi avesse particolari esigenze. Unico e buono: alla Macelleria Porta di Villa Carcina, la salumeria a base di carne di cavallo e asino artigianale e stagionata a dovere, per una proposta un poco diversa.
In alto: bresaola di cavallo. In basso: la ‘nduja di cavallo.
IL BURRO SALATO
Una prelibatezza di Francia, Nord Europa e Stati Uniti apprezzata anche in Italia
di Nunzia Manicardi
Ovviamente — come ricorda il nome — la prima e principale differenza rispetto al burro classico è data dalla presenza del sale (la cui percentuale può variare a seconda del produttore) che ne modifica il sapore, ma ci si ferma qui: entrambi i tipi di burro, infatti, sono composti da grasso di latte in crema con almeno l’80% di grasso di latte, il 18% di acqua e il 2% di solidi (principalmente proteine e sale) e si preparano allo stesso modo, cioè mediante la burrificazione, con la quale 100 litri di latte vengono trasformati in 4-5 kg di prodotto finito. Tutti e due, di conseguenza, contengono molti nutrienti che fanno bene al nostro organismo, come le vitamine liposolubili
A, D, E e K, e sono altamente digeribili perché composti da abbondanti acidi grassi a catena corta, dal butirrico al laurico, che hanno mostrato diversi effetti positivi per la produzione di energia e, secondo alcuni studi, anche in funzione antimicrobica, antivirale e perfino antitumorale.
Quale burro utilizzare, allora?
La scelta deriva non soltanto da una questione di gusto ma anche dal tipo di preparazione culinaria. Il burro salato è ottimo in quasi tutte le situazioni, soprattutto se non deve essere cotto, perché il salato aiuta a far risaltare il sapore migliorando l’assaggio gustativo. L’uso nella preparazione dei dolci, però, non è indicato, perché la maggior parte delle ricette richiede l’aggiunta di sale come ingrediente da regolarsi quanto basta, per cui si potrebbe andare oltre il limite della salatura. Inoltre, potrebbe interferire con la lievitazione. Il burro classico, a sua volta, e per il motivo opposto, è più indicato da aggiungere alle ricette che prevedono cottura e nei dolci. Ma la scelta deriva in gran parte soprattutto dalla tradizione gastronomica di riferimento, essendo il burro salato, per svariati motivi, tipico di quella del Nord Europa e in particolare della Francia nelle regioni della Bassa Normandia e della Bretagna. È molto diffuso pure in Gran Bretagna, Irlanda e negli Stati Uniti.
Anche in Italia il burro salato ha oggi degli estimatori, che hanno avuto modo di apprezzarlo sia attraverso le esperienze di viaggio all’estero che
Tra i vari gusti disponibili dei macarons, raffinati pasticcini a base meringa tipici della tradizione francese, quello al caramello e burro salato è sicuramente tra i più apprezzati. In pasticceria, infatti, il burro salato aggiunge profondità e complessità alle preparazioni, dai biscotti sablés alla torta di mele e caramello salato.
grazie a quell’industria dolciaria, specialmente la biscotteria nordeuropea, di cui il retrogusto leggermente salato di cui parlavamo poc’anzi costituisce la caratteristica di base che, in tal caso, viene proprio per questo molto apprezzata.
La ricetta più famosa legata è sicuramente il Caramello al burro salato, inventata nel 1977 da HENRI LE ROUX, un cioccolatiere di Quiberon, in Bretagna, aggiungendo a zucchero caramellato il burro salato e la panna. Questa salsa può essere poi fatta indurire e consumata sotto forma di caramella dura oppure lasciata morbida per farcire i dolci. In origine il burro veniva salato per consentire al prodotto di conservarsi più a lungo, mentre adesso viene prodotto in questa maniera puramente per una preferenza di gusto.
L’aumento del suo consumo in Francia — la nazione che più lo utilizza e valorizza —, risale al periodo dell’estinzione dell’imposta reale su di esso (veniva chiamato “oro bianco”), quando si ricominciò quindi a mangiarlo in quantità pari e persino maggiore a prima dell’introduzione della tassa. Nel corso dei secoli è stato utilizzato anche come dono da portare ai matrimoni, in particolare perché veniva scolpito a mano anche se pesava decine di chili.
A seconda del suo contenuto di sale si parla di burro mezzo salato (tra 0,5 e 3%) o burro salato (più del 3% e può contenere cristalli).
In Francia, nella Bassa Normandia, si produce il Burro di Isigny DOP, con tanto di denominazione d’origine protetta. Per produrlo si fa riposare il latte munto dalle mucche per circa 24-48 ore, poi si riscalda a una temperatura di 40 °C. Viene poi scremato e inoculato di fermenti lattici e, infine, si seguono tutti i procedimenti classici della preparazione del burro. Per il suo bel colore giallo acceso — assolutamente naturale — è conosciuto da tutti come il “bottone d’oro” (bouton d’or). È prodotto esclusivamente con il latte locale dei territori di Bessin e Contentin: le panne fresche sono lasciate maturare à l’ancienne, ovvero per 16/18 ore, al fine di conservare pienamente il sapore vero del latte. È un burro cremoso che si spalma facilmente.
Il burro è anche l’essenza della confinante cucina bretone, dove sono rari i piatti e i dolci che non lo contengano. La Bretagna si distingue infatti per il suo burro, il più delle volte salato, specialmente al sale di Guérande, perché questa grande regione — essendo produttrice di latte e un tempo esente dalla tassa sul sale — ha saputo combinare al meglio questi due elementi.
Alcune specialità ne hanno addirittura fatto il loro ingrediente principale, come il famoso kouign-amann (letteralmente “torta al burro”), il già citato caramello al burro salato o ancora i palets bretons
Nunzia Manicardi
CHIOCCIOLA, CINQUE GRAMMI DI BONTÀ
di Josette Baverez Blanco
In Italia la cattura delle chiocciole è vietata nei mesi da marzo a settembre e lo è sempre nelle ore notturne che precedono l’alba. Tra ottobre e febbraio, il limite massimo di Helix e Cantareus è di 30 capi a persona.
Si dice che il periodo migliore per la loro raccolta sia in autunno, tra settembre e novembre (ciclo estivo), quando la vegetazione è secca e quindi diventa più facile notarle. Personalmente preferisco la primavera, il ciclo invernale di maggio/luglio, quando cominciano a brucare le piante giovani e fresche e loro stesse sono ancor più delicate. Le fasi di raccolta durano due mesi perché non tutte le chiocciole crescono alla stessa velocità e non nascono contemporaneamente.
Caracoles (varietà Helix aspersa Muller) en salsa
Escargot
à la Bourguignonne
Le chiocciole, da che mondo è mondo, sono sempre state divorate in quantità industriali, tanto che nelle grotte primordiali sono stati trovati cumuli di gusci vuoti e sono spesso riprodotte sulle pareti. Erano già un alimento quotidiano nel Pleistocene. Ci sono tante prove archeologiche attorno al Bacino del Mediterraneo tra 12.000 e 6.000 anni fa, in particolare in Nord Africa ma anche in Ghana dove le Achatina achatina, chiocciole tigre locali, sono tra le più grandi del mondo. Sono una prelibatezza anche in Nigeria e in Camerun dove vengono ampiamente consumate. Nel nord del Marocco le chiocciole vengono servite nella zuppa piccante, ricetta che ritroviamo in Andalusia. Famosa è anche la ricetta magrebina delle lumache con scorza d’arancio.
Si mangiano in Nuova Caledonia, in Asia, fritte in Indonesia, in California, dove l’elicicoltura si è sviluppata a metà del 1800 grazie agli emigranti francesi. In America, però, la cultura delle lumache da mangiare non è radicata come in Europa e non possiamo che rammentare con un sorriso la scena del film Pretty
Woman con la splendida JULIA ROBERTS in difficoltà ad “approcciarsi” in modo corretto ad un piatto di escargots in un ristorante di lusso con le famigerate posate apposite (che avrebbe inventato addirittura ARCHIMEDE!).
Storicamente legate alla cucina povera, le lumache di terra diventano cibo d’élite ai tempi dell’Impero Romano. Nella Scozia del 1800, paese dove solitamente non si consumano, le lumache sono state essenziali durante le carestie e le epidemie di peste.
Nel 1814, il famoso chef francese, Marie Antoine “Antonin” Carême, cucinò gli escargots per lo Zar di Russia Alessandro I e per Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord, l’intendente di Napoleone. Fu lui all’origine dell’iconica ricetta “alla bourguignonne”, ossia con burro, aglio e prezzemolo dopo aver sfumato con vino bianco e una cottura in un brodo saporito.
Sono nate in Francia e ivi molto diffuse altre due ricette di riferimento con le lumache. La prima è la “bordelaise”, tipica della Regione di Bordeaux, che prevede un sugo fatto con salsa di pomodori, pancetta, dadini di prosciutto,
Le chiocciole sono un alimento sano e ecosostenibile: povere di grassi e fonte di vitamina B12, hanno carni tenere e digeribili, oltre ad essere molto versatili in cucina. Gli allevamenti hanno un bassissimo impatto ambientale e un effetto benefico sull’ecosistema
carne macinata, peperoni, il tutto sfumato con vino bianco, mentre quella “provenzale”, del Sud della Francia, prevede di far saltare in padella le chiocciole con peperoni, funghi, prosciutto e cuocerle 20 minuti in un brodo di pollo leggero con vino bianco e sherry, erbe tritate (basilico, prezzemolo, rosmarino, salvia e timo); si aggiungono allora pomodori a dadini, paprika dolce e spesso un po’ di panna.
Un alimento sano
Le lumache sono ricche di acidi grassi polinsaturi, utili a contrastare il colesterolo LDL, e sono povere di grassi saturi. Ottima fonte di vitamina B12, ne contengono più delle carni rosse. Rappresentano dunque un alimento ad alto valore nutritivo con un buon apporto di proteine (13-14%), mentre i grassi rappresentano l’1,5-2%. Da notare la presenza di tutti gli aminoacidi essenziali e una grande quantità di ferro e calcio oltre che di altri minerali, con un apporto energetico di circa 70 Kcal per 100 grammi. Sono da raccomandare per chi ha problemi di ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia e nelle diete dimagranti ma… attenzione ai condimenti!
Nel passato, le lumache venivano ingerite vive per la cura di gastriti e ulcere gastriche. Attualmente la loro bava è usata come sedativo della tosse e per la composizione di cosmetici anti-age. È proprio questa bava che provoca spesso ribrezzo nelle persone che pensano che sia un animale viscido. Niente di più falso! È tutto muscolo, sodo, dal sapore delicato, che può rammentare funghi ed asparagi.
Tutta una questione di tempo
Ricordo con nostalgia le serate speciali che organizzavo con amici golosi di questi gasteropodi e la lunga lavorazione in cucina. Ci si metteva “al ritmo della lumaca”, tempo al tempo, sapendo che a breve si sarebbe mangiato molto velocemente l’animale più lento della terra, servito con le apposite posate. La Francia ne ha fatto una bandiera elevandole a leccornia stellata ma potrebbe e dovrebbe diffondersi molto di più loro suo consumo anche in Italia. La chiocciola ama l’umidità, cosa succederà con la siccità che caratterizza il nostro nuovo clima?
Josette Baverez Blanco
Le lumache di terra sono molluschi appartenenti alla classe dei Gasteropodi.
CASTILLA Y LEÓN: QUESO, CARNE E VINO
testi e foto di Massimiliano Rella
Anord ovest di Madrid, verso il confine con il Portogallo, in Castilla y León, una delle principali comunità autonome di Spagna, le cittadine di Toro, Rueda e Tordesillas sono tappe predilette dei gourmand iberici e luoghi di valore artistico e culturale lungo la Strada del Vino (www.turismocastillayleon.com).
Il centro storico di Tordesillas, ad esempio, è caratterizzato da un sistema di grotte e tunnel anticamente utilizzate per la conservazione del vino, oggi però abbandonate in larghissima parte. La presenza della Bodega Muelas, con i suoi antichi ambienti e le grotticelle, è l’ultima testimonianza di una tradizione che resiste (www.bodegamuelas.com).
Oltre al vino, le principali attrazioni gastronomiche locali sono la carne — soprattutto alla brace — e il formaggio da latte ovino, grande specialità di un territorio sì ricco di vigneti ma specialmente di pascoli, nel cuore più contadino della Castilla y León.
Parlando di carne, ne possiamo avere un assaggio alla Mesón de Pedro
Degustazione di formaggio al Museo del Queso Chillón.
A La Viña de l’Abuelo (“La vigna del nonno”), nella graziosa cittadina di Toro, si mangia invece con vista su una cantina in un ex convento del XIV secolo che ingloba una chiesa sconsacrata del XIX. Tra le specialità dei saporiti “Gamberi all’aglio” e un classico della vicina città di Zamora, il “Riso alla Zamorana”, una sorta di
La Castilla y León, nell’entroterra della Spagna, è una Comunità autonoma che vanta un cospicuo patrimonio storico-artistico, una ricca gastronomia e un’importante tradizione enologica. Vigneti e allevamenti, monumenti spettacolari e paesaggi mozzafiato ne fanno una meta ideale di viaggio (www.mesondepedro.com), un ristorante tipico frequentato dalla gente del posto, nel villaggio di Matapozuelos. Imperdibile, infatti, lo spiedino d’agnello alla brace.
paella con carne, chorizo (salsiccia con paprika e aglio) e tagli poveri del maiale.
Sempre a Toro, con la sua vasta piazza fra la Torre dell’Orologio e la Cattedrale romanica della Collegiata di Santa Maria, facciamo un’altra tappa golosa nel Caseificio con museo Queso Chillón (www.quesoschillon.es), che produce formaggi artigianali da latte ovino e li fa assaggiare ai clienti su un lungo tavolo davanti al bancone delle specialità: caciotte da latte crudo con medie e lunghe stagionature (12 mesi
la Riserva) e una versione con un tocco di vino rosso nell’impasto.
L’itinerario del Queso (formaggio, in spagnolo) si fa ancora più interessante tra i pascoli di Serrada, verso Valladolid, antica capitale e oggi principale città della Castilla y León, dove incontriamo i pastori José e Benito Cubero, padre e figlio, proprietari di un gregge di 1.100 pecore di razza francese Lacaune e fornitori di latte alla Quesería Campoveja ( www.quesoscampoveja.com ), altro esempio di caseificio con negozio e spazi degustazione, in una struttura rurale. «Buon latte, buon formaggio» ci assicura Jesus Sans, direttore del caseificio di famiglia. «Le pecore sono importanti, così come l’alimentazione, perché il buon formaggio è il risultato di un buon latte».
I Sans producono formaggi di pecora a latte crudo con la materia prima fornita dai Cubero. Il caseificio nacque negli anni ‘50, sviluppando poco a poco, tramite un parente, la vendita di formaggi a Barcellona. Formaggi casalinghi prodotti da piccoli contadini, fatti
Formaggi in affinamento alla Quesería Campoveja.
in casa e sempre diversi l’uno dall’altro, tanto che a un certo punto il signor Sans — prima generazione — pensò di mettersi lui stesso a fare formaggio, acquistando latte e “standardizzando” il prodotto. Oggi Campoveja è un caseificio di terza generazione nella Spagna profonda e campesina
«Esistono tre tipi di caglio: il caglio animale, preso dallo stomaco, ad esempio di vitello, per il latte vaccino, di pecora o capra per il latte ovino o caprino; il caglio vegetale, ottenuto principalmente dal fiore di cardo selvatico, che permette di fare formaggi un po’ più cremosi, perché non è molto incisivo, e, infine, il caglio chimico, utilizzato nell’industria» ci spiega Jesus Sans.
«Noi però — assicura — usiamo soltanto caglio animale, latte crudo e lenta fermentazione». La cagliata è tagliata con uno strumento manuale in piccoli granuli per estrarre l’acqua, che rappresenta la gran parte della cagliata: 6 litri di latte per 1 kg di formaggio. «Una volta terminato il processo —
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continua il casaro — la cagliata viene messa in cestelli e pressata a mano. A questo punto comincia la fermentazione, cioè la trasformazione degli zuccheri in acido lattico. Una lenta fermentazione favorisce un buon profilo sensoriale e organolettico».
Oltre ad acquisto e degustazioni alla Quesería Campoveja, il turista gaudente può fare un seminario per imparare come si fa il formaggio (su prenotazione € 19,00; senza workshop € 10,00). Il caseificio è specializzato in lunghe stagionature — delicate caciotte da latte crudo, anche 2 anni in cantina; formaggi al tartufo, affumicati in legno nobile, ecc… — e lo stesso Jesus Sans insegna al primo corso per affinatori istituito dall’Università di Burgos per attrarre i giovani verso un lavoro e un settore che rischiano di scomparire per il mancato ricambio generazionale. Il corso di Afinador de quesos è stato presentato a Burgos a giugno alla presenza, tra gli altri, dell’affinatore italiano Davide Guffanti
Massimiliano Rella
Jesus Sans, Quesería Campoveja, Serrada.
Pasta fresca, boom di vendite solo in inverno?
Il prodotto culinario diventa il souvenir preferito dei turisti
La pasta fresca, simbolo della tradizione culinaria italiana, è generalmente associata al periodo invernale, ma dati recenti raccolti da Tuidi (tuidi.ai), azienda foodtech che attraverso modelli basati su intelligenza artificiale automatizza la gestione dello stock dei distributori, mostrano come le dinamiche di vendita di questo prodotto siano influenzate da molteplici fattori, tra cui stagionalità, posizione geografica e, udite udite, presenza turistica. Un’analisi dettagliata delle vendite in diversi punti vendita distribuiti tra il Nord e il Sud Italia conferma infatti che, in media, le vendite di pasta fresca aumentano del 28% al Nord e del 30% al Sud durante la stagione invernale, rispetto alla media delle altre tre stagioni. La settimana che precede Natale e Capodanno registra un picco significativo: al Nord le vendite aumentano del 65%, mentre al Sud si assiste ad un incremento impressionante del 188%. Tuttavia, i dati di Tuidi rivelano situazioni in cui la pasta fresca trova spazio anche in estate. L’analisi di due supermercati situati in Puglia — uno ad Alberobello, rinomata meta turistica, e l’altro a Bari, in un quartiere residenziale —, ha evidenziato differenze sostanziali: durante l’estate il punto vendita di Alberobello ha registrato un aumento delle vendite del 91% rispetto a quello di Bari! Questo risultato è dovuto probabilmente all’afflusso di turisti stranieri, i quali acquistano la pasta fresca come souvenir delle loro vacanze, mentre il supermercato di Bari, servendo una clientela prevalentemente locale e meno turistica, non mostra lo stesso incremento. Questi dati dimostrano l’importanza di considerare le peculiarità di ogni mercato per soddisfare al meglio le esigenze dei consumatori, sia italiani che stranieri. Anche le strategie promozionali giocano un ruolo significativo: per esempio, una promozione sui sughi pronti può portare ad incrementi del 11% nelle vendite di pasta fresca, evidenziando come l’impatto di variabili esogene ed endogene — come le condizioni meteorologiche, la stagionalità e le promozioni —, possa essere quantificato in anticipo, consentendo di sapere come agire sulle vendite future. Non tutti i prodotti sono influenzati ogni giorno da variabili esogene o da comportamenti particolari di altre referenze: tuttavia, sfruttare un algoritmo di intelligenza artificiale permette di non tralasciare anche i casi più complessi in cui queste situazioni si verificano. «Nel contesto dinamico e competitivo della GDO, è cruciale anticipare gli andamenti del mercato, prevedendo come questi impattano ogni volta le vendite» ha dichiarato Andrea Paparella, responsabile commerciale di Tuidi. «Conoscere il perché della performance dei singoli prodotti è un’indicazione fondamentale non solo per la gestione dello stock. Basti pensare all’esposizione assortimentale. Attualmente, la gestione standard del planogramma non consente di affrontare le fluttuazioni future della domanda e, talvolta, potrebbe portare alla presenza di un assortimento non in linea con le richieste di un mercato in continua evoluzione. Questo problema viene superato grazie all’IA, che, prevedendo le vendite future, è in grado di fornire suggerimenti anche per gli assortimenti, rendendo disponibile, nella quantità corretta, anche la pasta fresca in un periodo atipico per la maggior parte dei negozi».
Prodotti amarchio
IL BAGÒSS DI BAGOLINO, UN FORMAGGIO TUTTO D’ORO
Zafferano e conseguente prezzo ne fanno un prodotto non adatto alla tavola di ogni giorno ma una prelibatezza per intenditori. Può essere prodotto solo nel piccolo comune bresciano dove, insieme al Carnevale tradizionale, è simbolo millenario della comunità
Ilocali lo chiamano “grana dei poveri” (benché, più che da grattugia, sia soprattutto straordinario da tavola) ma in realtà non è un prodotto povero, o da poveri, essendo il formaggio più caro che esista sul mercato italiano: circa 70 €/kg. Non solo: l’aggiunta di zafferano, che ne è una delle caratteristiche distintive, conferisce al Bagòss di Bagolino un meraviglioso colore giallo-paglierino. Fate conto, quindi, di stare gustando un’autentica pepita d’oro. Prezioso ne è anche l’odore, penetrante, persistente, speziato, intenso, con note di pascolo e fi enagione, e la corrispondenza gustativa che aggiunge una leggera sensazione di mandorle e un finale di bocca lievemente piccante che aumenta col prolungarsi della stagionatura dopo i primi 10-12 mesi, quando la pasta inizia a diventare granitica e tende a rompersi in scaglie.
Per tutti questi pregevoli motivi il Bagòss di Bagolino è considerato un formaggio da consumare non ogni giorno ma come prelibatezza, apprezzata sempre più dai turisti che
in varie stagioni lo scelgono nel menu dei ristoranti del posto o lo comprano nei negozi e dai produttori, per cui esso stesso costituisce un’attrazione turistica. Ciò non toglie che sia impiegato in cucina con ottimi risultati, sia nei piatti più elaborati che in quelli rustici come la polenta grezza, molto usata da queste parti.
La zona di produzione del Bagòss è Bagolino, piccolo comune bresciano dell’alta Val Sabbia o, meglio, della sua afferente Valle del Caffaro. Bagossi è il nome degli abitanti del paesino, da cui il formaggio prende il nome. E per loro questo non è soltanto un prodotto della tavola ma il simbolo dell’intera comunità, anche perché conserva la sapienza delle generazioni passate. Lo si può produrre infatti soltanto qui, in 28 piccole aziende a conduzione familiare.
È iscritto tra i PAT e riconosciuto come Presidio Slow Food, che lo promuove e tutela dai tanti falsi che circolano sul mercato. A tal proposito, dal 2004 un marchio sullo scalzo delle forme permette di riconoscere il Bagòss della
Cooperativa di Bagolino, insieme col marchio CE che ne consente la circolazione in tutta l’Unione Europea.
Caratteristiche e produzione del Bagòss
Il Bagòss è un formaggio a pasta cruda e semi-cruda che in quest’area alpina assume caratteristiche assolutamente originali, espressione non solo del territorio, ma anche della specifica tipologia produttiva che segue antiche tecniche artigianali. D’inverno la prassi è quella di alimentare gli animali soprattutto con fienagione locale. La versione estiva, ottenuta a partire dal latte di malga prodotto dalla vacche al pascolo nei 22 differenti alpeggi all’interno dei confini comunali, ha caratteristiche peculiari e distintive.
Il Bagòss si fa esclusivamente con il latte crudo di vacca Bruna alpina allevata e munta a Bagolino. Il latte, filtrato usando rametti e aghi di abete che ne garantiscono l’igiene e svolgono un’ottima funzione filtrante, viene cotto dentro un grande pentolone di rame, su
fuoco vivo alimentato a legna. Durante la fase di rottura della cagliata si aggiunge un cucchiaino di zafferano. Il composto viene poi versato nelle fascere e pressato. Nei successivi 40 giorni ogni forma è sottoposta a salatura eseguita a mano ogni due settimane.
Inizia poi il processo di stagionatura, che avviene nelle cantine naturali di Bagolino. Dapprima ogni singola forma viene girata, raschiata, pulita e unta con olio di semi di lino giornalmente e a mano. Dopo i tipici 40 giorni viene lavorata una volta ogni due settimane. La produzione di una singola forma di formaggio del peso di 16-20 kg richiede circa 3 o 4 ore di lavoro. Lo scalzo è di 10/15 cm, il diametro di 40/60 cm. Il Bagòss può essere venduto solo dopo un periodo di maturazione di almeno 12 mesi, ma la media è più alta (24 o 36 mesi).
Tutti gli anni nel secondo fine settimana di ottobre, in occasione del rito della transumanza, quando le vacche tornano dall’alpeggio estivo in montagna alle stalle invernali in paese, si svolge un
concorso caseario sul miglior Bagòss dell’anno, presieduto dalla delegazione ONAF (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Formaggi) di Brescia.
Il Bagòss e le sue origini
L’origine del Bagòss va ricercata indietro nei secoli, probabilmente fino al XVI secolo, quando Bagolino era un paese situato alla frontiera della potentissima Repubblica di Venezia, della cui influenza rimane traccia, oltre che nell’impiego dello zafferano, spezia importata dall’Oriente dai mercanti veneziani, anche nel famoso Carnevale tradizionale in stile veneziano che ha luogo ogni anno. Il connubio fra Bagòss e Carnevale è anche testimoniato da un documento comunale del 1518 in cui si legge che il Comune di Bagolino aveva dato disposizioni perché la Compagnia di Laveno, venuta in paese per rallegrare il carnevale, fosse ricompensata con un formaggio, a riprova anche del valore economico che già allora veniva riconosciuto al Bagòss.
Nunzia Manicardi
La Sardegna dei pastori
IL GENTIL FIORE dalla storia millenaria
di Chiara Papotti
Formaggi stagionati, ottimi per la grattugia, ma anche erborinati o a crosta fiorita: la famiglia dei formaggi caprini in Sardegna è vasta e rappresenta l’eccellenza dei sapori di questa regione. La capra è un animale capace di adattarsi ad ambienti e climi che presentano caratteristiche differenti, ma che impone all’allevatore ritmi lenti e faticosi, lontani dalle logiche dell’allevamento intensivo. I formaggi che ne derivano sono prodotti
esclusivamente in maniera artigianale, in quantità limitate, spesso con eccellenti livelli qualitativi.
Tra i formaggi più antichi dell’isola trova spazio il Fiore Sardo dei pastori, un prodotto tutelato dal presidio Slow Food, tipico delle aree interne della Sardegna, nel Nuorese e in particolare nella Barbagia. Un prodotto che mi ha molto incuriosito e per questo ho voluto saperne di più. L’origine del nome di questo formaggio non è del tutto chia-
ra: per alcuni sembra essere collegato all’uso che storicamente si faceva del fiore del cardo come caglio, mentre per altri è collegabile agli stampi di legno, di pero selvatico oppure di castagno, che venivano utilizzati in fase di produzione, nei quali era scolpito un fiore simile all’asfodelo o alla rosa peonia. I produttori dell’epoca, e in alcuni casi anche i comuni, erano riconoscibili da questa sorta di marchio identificativo.
Il Fiore Sardo dei pastori è uno dei formaggi più antichi della tradizione casearia sarda. Un prodotto dalla forte personalità, anche in degustazione. A volte presenta asprezze organolettiche decisamente antimoderne, soprattutto quando è molto stagionato.
Il Fiore Sardo del Caseificio artigianale Monte Nieddu di Olzai (NU). La produzione di questo formaggio avviene dal mese di dicembre al mese di giugno e la stagionatura si protrae per almeno quattro mesi.
È un cacio nobile, dal gusto antico e dalla forte personalità, che presenta asprezze organolettiche dal gusto decisamente fuori dal tempo. Caratteristiche tipiche ed irrinunciabili del latte di capra, che marcano in modo inconfondibile il profilo dei formaggi caprini, in qualsiasi modo li si assaggi.
La capra fornisce un latte che si distingue da quello di vacca: privo di carotene, è di colore bianchissimo, candido come il formaggio che ne deriva, e i globuli di grasso, di forma più ridotta rispetto a quelli presenti nel latte vaccino, contribuiscono in maniera significativa alla particolare finezza di struttura dei formaggi caprini. Anche le caseine, proteine che coagulando formano il formaggio, sono diverse nel latte di capra: di dimensioni maggiori e meno idratate danno una cagliata più fragile, inadatta alla filatura. Inoltre, le proprietà del latte di capra conferiscono ai suoi derivati un quadro aromatico fine ed equilibrato, sempre caratterizzato da note “ircine” (ossia selvatiche), a volte finissime, altre volte più marcate, soprattutto nei formaggi più stagionati.
Il Fiore Sardo dei pastori è l’emblema dei caprini sardi, è il tipico prodotto dell’ovile ottenuto da pecore di razza Sarda, che producono alcune decine
di quintali di pecorino a latte crudo intero, senza l’utilizzo di innesti liofilizzati e con cappatura naturale e caglio autoprodotto.
La tecnica tradizionale di produzione è rimasta immutata nel tempo. Il latte appena munto viene versato in caldaie di rame e fatto coagulare, ad una temperatura media di 32-35 °C, con caglio d’agnello normalmente prodotto dal pastore stesso. Dopo circa mezz’ora, la cagliata si rompe finemente e la si lascia depositare sul fondo.
A questo punto, senza sottoporre la massa a nessun tipo di cottura, la si raccoglie pazientemente per trasferirla nei caratteristici stampi a forma di troncocono, detti pischeddas. Il pastore-casaro sottopone, quindi, la forma a pressione e a numerose frugature per spurgare il siero e, quando è ben soda, la forma viene estratta e lasciata a riposo per circa 24 ore. Il giorno successivo la si immerge nella salamoia, dove resta generalmente da 8 a 12 ore, ogni chilo di cacio. Le forme vengono poi trasferite su un traliccio di canne (sa cannizza), in genere posto vicino al fuoco, dove restano ad asciugare ed affumicare per circa due settimane.
L’ultima fase di produzione prevede la stagionatura, che avviene in un ambiente fresco e asciutto, a terra, dove i
Fiori Sardi restano per mesi, secondo lo stile del casaro.
Una volta raggiunta la giusta maturazione, vengono periodicamente unti con una miscela di aceto di vino, olio di oliva e sale. Un tecnica di lavorazione semplice, primordiale se vogliamo, ma che richiede un’attenzione straordinaria da parte del casaro: gesti lenti e molta pazienza.
Storicamente l’obiettivo era quella di ottenere un formaggio da consumare per la stagione arida, quando le pecore non danno latte.
La produzione avviene dal mese di dicembre al mese di giugno e la stagionatura si protrae per almeno quattro mesi. Piccolissime produzioni artigianali che, tuttavia, sono a rischio di potenziale estinzione, se paragonate alle tonnellate di forme disponibili sul mercato che vengono prodotte dai caseifici più grandi e maggiormente organizzati. Per questo motivo, una ventina di allevatori della provincia di Nuoro, in particolare dei comuni della Barbagia quali Gavoi, Ollolai, Ovodda, Lodine, Fonni e Orgosolo, si sono riuniti per valorizzare e far conoscere fuori dall’ambito locale il Fiore Sardo dei pastori, garantendo così la sopravvivenza di un’attività millenaria.
Chiara Papotti
GARGANO, ALLA SCOPERTA DELL’ORO
VERDE
LA SETTIMANA DELL’OLIO A VIESTE
di Fabrizio Bertucci
Eccomi di ritorno dal Gargano, co-protagonista di uno degli eventi a tema più gradevoli e ben fatti ai quali ho partecipato di recente. Dico questo perché di solito, nei contesti in cui si celebra l’extravergine di oliva di qualità, c’è la tendenza ad incontrare sempre le stesse persone, tecnici, produttori, sommelier, assaggiatori, cuochi, agronomi, giornalisti e scrittori. Insomma, da noi ce la suoniamo e da noi ce la cantiamo
Qui, invece, dal 26 al 30 agosto scorsi, vuoi per la splendida location che ci ha ospitati (grazie ancora all’assessore alle politiche agricole di Vieste Tano Paglialonga), vuoi per il contesto estivo vacanziero, vuoi perché dopo la spiaggia un giro in centro serale è sempre un piacere, la kermesse ha avuto una notevole partecipazione di pubblico. E, credetemi, non c’è niente di più bello che iniziare a coinvolgere i nasi ed i palati delle persone ignare che esista un mondo EVO con la sua cultura, la sua storia ed i suoi sentori.
Parto dall’organizzatrice, alla sua 8a edizione: menzione speciale per la dott. ssa Sabrina Pupillo, esperta tecnologa alimentare appassionata della materia, che insieme a Danila, Filippo e al resto dello staff, ha cucito serate su misura per contestualizzare la materia, se vogliamo, così complessa e sconosciuta,
e renderla fruibile ai non addetti ai lavori. E il tutto in un clima di grande relax coinvolgendo sommelier dell’olio per degustazioni guidate, cuochi — tra cui il sottoscritto! — per cooking show serali e abbinamenti, produttori con i loro corner di assaggio e divulgazione, giornalisti, speaker, musica dal vivo, visite in oliveto diurne, laboratori per bambini, e tutto quello che può essere funzionale alla divulgazione teoricopratica e didattica ma in clima ludico e sereno.
Entro nel particolare della serata, alla quale sono onorato di aver partecipato insieme allo chef Mario Falco, presidente dell’Associazione Cuochi del Gargano e della Capitanata, col quale abbiamo realizzato piatti per tutti gli astanti utilizzando ingredienti di presidi Slow Food e prodotti del territorio in abbinamento diversificato ad extravergine pugliesi, spiegandone le ragioni, le tecniche e guidandone le sensazioni sensoriali.
Presentati brillantemente dalla speaker Nerina Di Nunzio abbiamo interagito con la platea con aneddoti e sorrisi, senza mai risparmiarci su consigli e linee guida per il consumatore novello ma interessato. Insomma, un successo.
Dal canto mio, se posso aggiungere qualche considerazione alla mera cronaca, direi un successo di tutto il
movimento. Perché è attraverso queste serate che avviciniamo l’uomo della strada e le famiglie in vacanza all’extravergine di qualità.
Facendolo as-sa-gia-re. Raccontandolo. Guidando le persone nei piaceri dei riconoscimenti sensoriali, l’erba tagliata, la mandorla, la foglia di pomodoro, il carciofo, le erbe aromatiche.
L’olio giusto sul piatto giusto, che si prendono per mano e si esaltano a vicenda, evitando di entrare in antitesi e sovrastarsi l’un l’altro.
Come non esiste un solo vino, non esiste un solo olio, ricordate? Tenere in casa tre bottiglie (rigorosamente con il tappo antirabbocco sempre ben chiuso, conservato al buio e mai vicino a fonti di calore): un fruttato leggero (la Taggiasca, piuttosto che una Biancolilla per i piatti delicati), un fruttato medio (la Nocellara piuttosto che un’Ascolana tenera per piatti più strutturati), un fruttato intenso (la Coratina piuttosto che un Moraiolo per piatti strong).
Ecco, se soltanto qualcuno dei nostri ospiti che era in piazza della Marina Piccola a Vieste si è portato a casa questo pugno di informazioni e le condivide nelle serate dei fine settimana invernali quando cena con gli amici, magari davanti ad una bottiglia d’olio… avremo vinto tutti!
Un grande abbraccio dal vostro Chef dell’olio!
Tano Paglialonga, Sabrina Pupillo, Fabrizio Bertucci, Nerina Di Nunzio e lo chef Mario Falco.
I vini del Polesine BIO DI CAREZZABELLA
di Gian Omar Bison
Carezzabella è un’azienda agricola biologica di San Martino a Venezze (RO). Sorta ai primi del Novecento, è sempre stata e continua ad essere un punto di riferimento per il territorio polesano più prossimo al fiume Adige dando lavoro, nei decenni, a centinaia di persone coinvolte nella produzione e nella trasformazione di diverse varietà frutticole e orticole, oltre che nelle coltivazioni estensive a seminativo.
Da una ventina d’anni circa la famiglia Reato , noti industriali nel settore dell’edilizia e delle energie rinnovabili, ha rilevato l’intera proprietà, impegnandosi in un’operazione di recupero ambiziosa, certamente dispendiosa, ma apparentemente credibile e sostenibile. Dal restauro degli immobili adibiti in parte alle attività turisticoricettive, alla conversione a regime biologico di tutte le attività agricole
A sinistra: Rosa, Rosato Veneto IGT Bio. In alto: Manzoni Bianco IGT Tre Venezie Bio e una sala dell’agriturismo. “Il desiderio di dar vita ad un’esperienza di viticoltura d’eccellenza in Polesine ci ha spinto a riportare la coltivazione dell’uva nei nostri terreni” si legge nel sito di Corte Carezzabella. “Il rapporto con il fiume spiega la tessitura caratteristica dei nostri terreni, costituita da strati sabbiosi alternati da limi alluvionali, particolarmente adatti alla coltivazione dell’uva. Operiamo in regime biologico dal 2015, ponendo grande attenzione alla naturalità dei processi produttivi. Un vino di qualità è prima di tutto un vino sano”.
aziendali, fino all’agriturismo, il filo conduttore è piuttosto chiaro, così come cadenzati e consequenziali gli investimenti. Tra questi, il rilancio dell’attività vitivinicola ha assunto un’importanza centrale.
La corte e il terreno agricolo sono stati al centro di un ambizioso progetto di restauro e riqualificazione. Questo progetto non solo ha ridato vita all’immobile, ma ha anche ridefinito la campagna circostante attraverso un importante intervento di rinaturalizzazione. Dai vecchi granai sono state ricavate camere ed appartamenti con mansarda, la stanza del falegname è diventata la biblioteca e quella del fabbro la cucina, nelle sale dove si ricoveravano carri e trattori oggi ci sono sala da pranzo e salotto.
Uno degli interventi principali è stato l’avvio di un progetto di agroforestazione che cambierà significativamente il volto dell’azienda agricola nei prossimi anni. Oltre 5.000 alberi di essenze autoctone saranno piantati lungo la fascia perimetrale della proprietà e tra gli appezzamenti coltivati. Questo inter-
vento mira a migliorare la biodiversità e la sostenibilità dell’azienda agricola, offrendo al contempo nuovi habitat per la fauna locale.
Corte Carezzabella si distingue per la produzione di una vasta gamma di prodotti artigianali. Dalla frutta e dagli ortaggi coltivati biologicamente nascono confetture, composte, succhi di frutta, polpe e passate di pomodoro, aceto di mele e farina macinata a pietra. Un’altra attrazione sono i laboratori di cucina personalizzati che permettono ai visitatori di scoprire le tradizioni culinarie regionali utilizzando le materie prime di stagione raccolte direttamente dall’orto biologico dell’azienda. L’esperienza inizia nei campi, dove i partecipanti raccolgono personalmente ortaggi, frutta e uova fresche, per poi utilizzarli in cucina. Durante i laboratori vengono impiegati tutti i prodotti aziendali, inclusi farine, vino, composte e conserve, oltre a prodotti locali provenienti da altre aziende agricole e artigiane.
Corte Carezzabella è anche fattoria didattica accreditata dalla Regione Veneto e promuove esperienze edu-
cative per bambini e giovani presso l’azienda agricola. Inoltre, è membro di AGRICYCLE VENETO, un Club di Prodotto promosso da AGRITURIST e CONFAGRICOLTURA VENETO, una rete che raggruppa agriturismi di tutta la regione che si impegnano a offrire servizi mirati ai clienti desiderosi di scoprire il territorio in bicicletta attraverso un turismo sostenibile e attento alla valorizzazione delle risorse locali.
La disponibilità ricettiva si divide in camere suite, di fatto un monolocale in cui lo spazio è suddiviso in altezza da un soppalco mansardato, dove si trova la zona notte; due camere standard doppie che si sviluppano su un unico piano, con bagno doccia interno adatte ad accogliere anche persone con disabilità motorie; un appartamento monolocale con soppalco interno e stesse dotazioni delle camere suite dotato anche di un angolo cottura; appartamento bilocale con soppalco e angolo cottura per quattro persone
In cucina
Gli ingredienti freschi di stagione, i prodotti trasformati e i vini sono il fulcro dell’offerta gastronomica dell’agriturismo, che include succhi, conserve, farine e prodotti da forno e molto altro. Le uova fresche provengono da un ampio pollaio all’aperto. A partire dalla fine del 2023, l’agriturismo ha ampliato il proprio team e ha ripreso a offrire il servizio di ristorazione anche per gli ospiti esterni, non solo per quelli alloggiati. Matteo e Andrea Lucchin, provenienti dalla storica Osteria Ristorante Le Betulle di Rovigo, si sono uniti allo staff di Carezzabella e gestiscono il ristorante insieme al personale storico dell’agriturismo. Il ristorante propone un menù alla carta il giovedì, venerdì e sabato sera e il sabato e la domenica a pranzo. Negli altri giorni il servizio è disponibile per piccoli e grandi gruppi previa prenotazione del menù.
Progetto vino
Su una proprietà di una settantina di ettari circa, 22 sono dedicati al vigneto, condotto da qualche anno dall’enologo Francesco Mazzetto, un professionista riconosciuto con diverse esperienze in giro per l’Italia, in particolare in Trentino Alto Adige. I terreni vitati, per il 75% sabbiosi, distano non più di un
Corte Carezzabella, particolare dei tavoli esterni.
Pasta semintegrale bio ottenuta col grano di produzione dell’azienda agricola, macinata a pietra e trafilata al bronzo. Perfetta con radicchio spadellato e pancetta.
chilometro dall’argine del fiume Adige e questo aiuta il contenimento dei picchi più alti di temperatura e a garantire un’escursione termica sufficiente a fissare adeguatamente gli aromi e l’acidità delle uve. Sabbia non grossolana come quella emiliana ma più simile a quella che si trova in Valdadige. 18 ettari sono dedicati al Pinot grigio delle Venezie DOC e il restante a Turchetta, varietà autoctona, Incrocio Manzoni, Carménère, Trebbiano e Merlot, tutti rivendicati IGT Veneto. Dispongono di una piacevole sala degustazione e di una cantina di stoccaggio ma in prospettiva, entro 4 anni, è prevista la costruzione di una nuova cantina dove operare la vinificazione completa, l’affinamento e l’imbottigliamento. Anche la superficie vitata sarà in piccola parte aumentata nel tempo e sempre con le varietà autoctone come punto di riferimento. Addirittura, potendo, a piede franco. Nonostante la fase sia ancora molto sperimentale sia nella parte di conduzione del vigneto sia nella parte di uvaggio, vinificazione
e scelta dei vasi vinari da destinare all’affinamento, le idee sono piuttosto chiare, a partire dalla consapevolezza del luogo dove ci si trova ad operare e di cui i vini sono una conseguenza: Turchetta ferma e secca e a venire altri vini da uve autoctone come la Mattarella e la Benedina; un frizzante col fondo agile da sbicchierare, da aperitivo; due tipologie di Incrocio Manzoni pieni e suadenti al naso e in bocca; un Merlot molto franco e tipico; un grande rosso da blend di uve diverse a bacca nera, ancora in parte da definire, di corpo, struttura, persistenza e che può essere aspettato per anni.
La degustazione
La degustazione è stata curiosa ed appagante. Vini molto territoriali con caratteristiche aromatiche distintive sia al naso che in bocca, peculiarità queste che ritornano in quasi tutti.
Il Brillo 2021 è un uvaggio di Trebbiano romagnolo (85%) e Pinot grigio (15%), agrumato al naso, agile, piacevole, di ottima beva; il Pinot gri-
gio delle Venezie DOC 2021, oltre le caratteristiche varietali, si presenta con una leggera speziatura dolce, quasi vanigliata, il tutto accompagnato da un sorso piuttosto sapido.
L’Incrocio Manzoni è veramente interessante: nella versione 2021, con un 15% di Pinot grigio, si rivela profumato al naso con aromi di erbe aromatiche, frutta a pasta bianca e gialla, balsamico e con un finale lungo e in parte ammandorlato. Il 2020 (100% Incrocio Manzoni), con un 40% del vino affinato per 6 mesi in botti di rovere francese di secondo passaggio, ha un colore più carico ed intenso e un volume in bocca più pesante e avvolgente. Il naso è complesso con lievi sentori di speziatura e affumicatura.
Il Merlot 2021 è il Merlot che ti aspetti: franco e che esprime pienamente il varietale e le caratteristiche del territorio, profumi di frutta a bacca rossa e nera anche, in parte, in confettura, e una leggera nota vegetale di foglia di pomodoro e ortica.
La Turchetta 2021, che fermenta in cemento vetrificato, si svela con un colore rosso rubino con qualche sfumatura violacea. Complessivamente fine, armoniosa ed equilibrata, è fresca e leggermente tannica. Corpo non troppo robusto, buona persistenza, sulla soglia della maturità.
A concludere, il Timetum 2020 apre la prospettiva sul vino che ha l’ambizione di diventare col tempo il grande rosso di casa. Uvaggio di Merlot (60%), Cabernet franc (25%), Turchetta (15%), allo sguardo è rosso rubino intenso e consistente. Il naso è fine, abbastanza intenso e complesso con sentori di frutta a bacca rossa e nera, leggera speziatura, erbe aromatiche. In via di ridefinizione l’uvaggio con una Grenache che dovrebbe subentrare al Cabernet franc.
Gian Omar Bison
Corte Carezzabella
Via Marconi 754
45030 San Martino di Venezze (RO) Telefono: 0425 176157
Nel 1905, nostro nonno Spigaroli Luigi riesce a diventare fittavolo dell’Antica Corte Pallavicina. Il vecchio castello eretto nel 1400 dai Marchesi Pallavicino, trasformato nel 1700 in azienda agricola, è situato sulla riva del Po. Nascono sei figli e l’ultimo, nel 1916, è nostro padre Spigaroli Marcello. Egli diceva che nel castello si stava bene, avevano il traghetto sul fiume, in estate curavano il podere, allevavano come sempre parecchi maiali che in inverno macellavano e facevano i salumi. Salumi che venivano venduti, da prima interi, ai passeggeri del loro traghetto poi, in seguito, al sorgere di una prima baracchetta di legno in riva al Po, affettati insieme al pane, a coloro che, sulle rive del fiume, si recavano in passeggiata anche dai paesi vicini. Da quella baracchetta successivamente ampliata, ma sempre in legno, e divenuta il “Lido di Polesine”, nel quale si ballava e si facevano merende, trarrà origine, dall’immane sforzo congiunto della zia Emilia e dei nostri genitori, il ristorante “Al Cavallino Bianco”. Di posti come il vecchio castello in riva al fiume non ne esistono quasi più, con muri di oltre un metro di spessore, con cantine stupende dove i marchesi stagionavano i loro salumi che inviavano agli Sforza a Milano. Infatti più i salumi e i culatelli sono vicini al grande fiume e più sono buoni!! Tutti quei racconti non li abbiamo mai dimenticati e quando dieci anni fa viene venduta la vecchia Corte Pallavicina decidiamo di acquistarla, con grandi sforzi economici, per poter continuare come il bisnonno, il nonno, il papà a fare dei salumi unici, non sintetici, che mangiandoli scopri da dove vengono e chi li ha fatti. Del resto alla nostra famiglia il senso del buono l’ha insegnato una persona che di cose buone se ne intendeva e noi non ce la sentivamo proprio di lasciar perdere tutta questa esperienza.
Massimo e Luciano Spigaroli figli di Marcello.
CONEGLIANO, MONTEPULCIANO
Dalla provincia di Treviso, Veneto, nel cuore dell’area del Prosecco
Superiore DOCG, in visita alla Carpenè Malvolti, la più antica casa spumantistica italiana a conduzione familiare, fino a Siena, con Vecchia
Cantina di Montepulciano, la più antica cooperativa vitivinicola della
Toscana: nel 1937 il sogno di 14 vignaioli, oggi realtà di 400 soci
In questi primi mesi del 2024 la CARPENÈ MALVOLTI, nota cantina di Conegliano Veneto (TV), ha celebrato il 100o anniversario dall’utilizzo in etichetta del nome “Prosecco” . Marchio storico delle colline UNESCO di Conegliano Valdobbiadene, quest’azienda continua il suo impegno tra l’innovazione e la tradizione, mantenendo viva la visione del suo “pioniere”: l’enologo e chimico Antonio Carpenè , promotore della spumantizzazione del Prosecco, che nel 1868 fondò la Società Enologica Trevigiana, a cui successivamente fu annessa una distilleria a vapore. Le sue prime bollicine vennero presentate come Champagne italiano, ma quando la Francia vietò successivamente l’uso del nome geografico, il figlio Etile — era il 1924 —, decise di lanciare il “Vino pregiato amabile dei Colli di Conegliano”. Era la prima etichetta con un riferimento al territorio, che anticipava di 45 anni il primo riconoscimento ufficiale della DOC (nel 1969) e di 85 anni della DOCG (ottenuta nel 2009).
Per ricordare questa intuizione la cantina ha prodotto quest’anno uno speciale “Prosecco 1924 – Vino Spumante Pregiato dei Colli di Conegliano”, selezione unica dedicata alle bollicine delle origini, quintessenza dell’impegno delle cinque generazioni dei Carpenè, con un packaging che rappresenta una riproduzione vintage della prima etichetta commercializzata appunto nel 1924. Il vino è ottenuto dal 90% di uve Glera e altri vitigni autorizzati.
Un Metodo Charmat di colore paglierino brillante, dagli aromi di frutta poco matura, fiori bianchi e sentori vegetali; al palato deciso e dalle note fresche, leggermente ammandorlate.
Negli anni successivi, e fino ai mitici ‘70, Carpenè Malvolti promosse le sue bollicine con memorabili affiche pubblicitarie, opera dell’artista SABI, che possiamo ammirare in una esposizione all’interno del Museo aziendale, sempre a Conegliano, percorso che comprende anche una “libreria sensoriale” di annate storiche e “pale” d’epoca per effettuare il remouage meccanico delle bottiglie, utilizzate allora per il Metodo Classico.
“1924 Prosecco 100ys”, l’edizione limitata prodotta in 1.924 esemplari per celebrare i 100 anni dalla prima iscrizione del termine “Prosecco” su una etichetta di Vino Spumante.
Il territorio e le sue bollicine
Il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG è uno spumante ottenuto da rifermentazione e presa di spuma in autoclave (metodo italiano), a partire da uve Glera (un tempo chiamate Prosecco) e altre varietà ammesse in quantità fino al 15%. Esistono diverse tipologie di “Prosecco”, distinte per residuo zuccherino: Extra Brut (0-6 g/l), Brut (0-12), Extra Dry (12-17 g/l) e Dry (17-32 g/l). Va menzionato anche il Superiore di Cartizze, un “Prosecco” prodotto con le uve coltivate sulle colline scoscese di un un’area ristretta (107 ettari), nel comune di Valdobbiadene, altro esempio di eccellenza vinicola. Ci sono poi la menzione Rive, riservata ai soli vini prodotti con uve delle colline scoscese di un singolo Comune o frazione, e il Prosecco tradizionale Col Fondo, ottenuto da rifermentazione dei lieviti in bottiglia, un’esperienza gustativa unica per acidità e finezza delle bollicine (e nuova tendenza). La
tipologia Frizzante, con una pressione di 2,5 bar, e il Tranquillo, ottenuto da uve ben mature, completano l’ampia gamma della denominazione.
Carpené Malvolti è presente in 65 mercati, con una produzione ripartita tra il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG, i distillati (in particolare brandy e grappa), il Prosecco DOC Rosé ed il Metodo Classico.
La storia delle storie
Antonio Carpenè, nato nel 1838, si laureò in Farmaceutica e Chimica all’Università di Pavia prima di dedicarsi all’enologia. Trent’anni dopo — e dopo le battaglie garibaldine per l’Unità d’Italia — nel 1868 fondò la Società Enologica Trevigiana , introducendo tecniche scientifiche all’avanguardia nella produzione degli spumanti e dando il passo a una rivoluzione nella vinificazione italiana. La passione per la chimica e l’enologia lo portò a fondare nel 1876 la Scuola Enologica di
Conegliano, la più antica d’Italia, e a educare i contadini attraverso conferenze e “lezioni” tenute nelle piazze. Un impegno sul campo che favorì il legame di fiducia tra la cantina e i viticoltori, contribuendo a valorizzare il territorio e la cultura del vino.
La personalità di questo scienziato “garibaldino” emerge anche nei nomi dei figli: R UBIDIO il secondogenito, Etile il quartogenito, cui spettarono in seguito le redini della cantina; voleva chiamare la terza figlia Enocianina (uno dei pigmenti della buccia dell’uva), ma incontrò il comprensibile e deciso rifiuto della moglie, che preferì MARIA La quale, per non venir meno a questa curiosa tradizione, anni più avanti scelse il nome Iridio per il figlio.
Dopo la morte di Antonio, avvenuta nel 1902, Etile continuò l’opera paterna, giocando un ruolo cruciale nella ripresa dell’azienda dopo la prima guerra mondiale. Nel 1924, infatti, identificò uffi cialmente il Prosecco col nome del vitigno, una mossa che consolidò l’identità del Prosecco e ne affermò la reputazione a livello internazionale. Sotto la guida di Etile la CarpenèMalvolti avviò anche la produzione di grappa in una caratteristica bottiglia a zucchetta, tuttora esistente. Negli anni ‘30, Antonio Carpenè, successore di Etile, laureato a Bologna e Cavaliere del Lavoro, perfezionò ulteriormente il sistema di produzione del Prosecco, introducendo innovazioni tecnologiche e avviando l’espansione internazionale dell’impresa.
La Carpenè Malvolti fu tra le prime cantine italiane a produrre spumanti secondo il Metodo Champenois insieme a Gancia. Infine, nel ‘75, Antonio Carpenè fondò con altri produttori l’Istituto Italiano Spumante Metodo Classico, ente che garantì la qualità degli spumanti italiani e punto di riferimento per il settore. Istituto di cui è stato presidente fino al 2001 Etile, quarta generazione dei Carpenè e attuale presidente dell’azienda. Laureato in chimica all’Università di Ferrara, seguendo la tradizione di famiglia, è tutt’oggi impegnato nella ricerca e nell’innovazione. Il rapporto tra il mondo culturale e imprenditoriale continua attraverso la figlia Rosanna, quinta generazione dei Carpenè. carpene-malvolti.com
a una data di scadenza è stata data una speranza
È stato calcolato che il valore annuale del cibo sprecato in Italia è di 15,6 miliardi di euro* e questo rende ancora più insopportabile il dato che registra oltre 2 milioni di famiglie italiane in povertà assoluta, di cui quasi 200.000 sono in Lombardia*.
Ed è qui che siamo impegnati ogni giorno per contrastare l’insicurezza alimentare, distribuendo 1.200.000 kit di spesa ogni anno e sostenendo ogni giorno quasi 5.000 persone in di ff icoltà che passano dai nostri centri, senza fare distinzioni di nessun tipo, grazie ai nostri 250 volontari, ai privati e alle aziende che sostengono la nostra associazione Pane Quotidiano ONLUS.
Ma il numero di ospiti giornaliero è raddoppiato negli ultimi 5 anni e adesso abbiamo bisogno anche di voi.
Ci servono le vostre eccedenze di produzione: siamo organizzati per ritirare anche i prodotti freschi e in scadenza in tempi rapidi, con una piani ficazione digitalizzata che considera anche la catena del freddo. Con il dono di prodotti in surplus, oltre a contribuire a un importante impegno sociale, potete anche bene ficiare di vantaggi economici, fiscali e logistici.
Un grande aiuto per chi ha bisogno, e una scelta di sostenibilità per la vostra azienda.
*fonti: Waste Watcher International Observatory 2023, Istat
eccedenze@panequotidiano.eu
VECCHIA CANTINA
DI MONTEPULCIANO
V ECCHIA C ANTINA DI M ONTEPULCIANO , la cooperativa vinicola più antica e grande della Toscana, ha recentemente lanciato il vino Nomos, simbolo d’impegno per la sostenibilità e l’inclusione sociale (www.nomosvino.it). Fondata nel 1937, la cooperativa conta oggi 400 soci e 1.000 ettari di vigneti e ha l’obiettivo di fare vini di qualità a prezzi accessibili.
Nomos è un Nobile di Montepulciano ottenuto prevalentemente da uve Sangiovese, invecchiato nelle cantine storiche. Di colore intenso e riflessi rubini, si esprime con profumi di piccoli frutti rossi, note di vaniglia e pepe nero. Al gusto è pieno e armonico, con una
nota finale piacevolmente tannica. Un rosso importante per accompagnare arrosti di carni e selvaggina.
Il progetto Nomos nasce dalla collaborazione con la cooperativa sociale Beta2, che si occupa d’inclusione sociale ed economica di soggetti svantaggiati. Per la produzione del vino sono stati impiegati piccoli gruppi di lavoro coinvolgendoli sulle fasi d’imbottigliamento, etichettatura e confezionamento e, dal 2023, anche una squadra di lavoro in vendemmia.
Con la prima annata, il 2020, sono state prodotte 4.500 bottiglie. Il vino è inoltre confezionato con materiali sostenibili: vetro riciclato e riciclabile da 360 grammi, carta riciclata FSC con pezzettini di legno, capsula di alluminio e polimero naturale.
Nomos è venduto a 25 euro la bottiglia da 0,75 litri e a 49,50 euro la magnum, confezionato in scatole di cartone e legno riciclato. Parte del ricavato è destinata a fini sociali.
La produzione
Leader nella produzione del Nobile di Montepulciano DOCG. La cooperativa produce 7 milioni di bottiglie, di cui 1,2 milioni di Vino Nobile di Montepulciano DOCG, e detiene il 50% della produzione del Rosso di Montepulciano a livello locale. Nel 2023 l’azienda ha inaugurato un nuovo progetto di accoglienza, una struttura moderna con due piani a vista, un punto vendita, spazi per degustazioni e una terrazza per eventi, progettata dallo studio Salerno-Fiorini di Montepulciano.
Con una capacità di 120 persone, la nuova struttura ha incrementato le visite e le vendite dirette, in particolare per la linea di alta gamma Redi Sono offerte varie formule di degustazione.
L’azienda produce 36 etichette sotto vari marchi: Vecchia Cantina (base), Redi (alta gamma), Poggio Stella (intermedia) e Astorre Enoti (selezione).
Oltre al progetto Nomos, Vecchia Cantina di Montepulciano sta lavorando al progetto Pievi per lanciare sul mercato due nuove etichette, Cervognano e Argiano, entro il 2025. I due vini, posizionati in una fascia d’alta gamma, saranno prodotti in base all’andamento delle annate, massimo 10.000 bottiglie. Le vigne dei soci ricadono in tutte e 12
le Pievi, le nuove menzioni (UGA, unità geografiche aggiuntive) del Vino Nobile di Montepulciano. Saranno utilizzabili dal 2025 con l’annata 2021. Progetto voluto e diretto dal Consorzio e che incrocia dati storici, scientifici, climatici, paesaggistici e affonda le radici nel catasto Leopoldino di metà ‘800, innestato da un bagaglio d’informazioni tecniche, pedologiche e agronomiche raccolte a partire da uno studio di zonazione risalente al 1996.
Un po’ di storia
Vecchia Cantina di Montepulciano fu fondata da 14 soci nel 1937 con l’obiettivo di lavorare insieme con passione e nel rispetto del territorio e garantire prodotti di qualità a un prezzo accessibile. Il suo emblema è un leone
alato rampante, simbolo che unisce il grifo rampante della storia etrusca di Montepulciano e il leone della Signoria fiorentina. La sede della cooperativa, costruita nel ‘70, ospita uffici, magazzini, vasche per lo stoccaggio, una linea di imbottigliamento, punto vendita e bottaia sotterranea di 2.800 m2 I vigneti si estendono sui territori dei comuni toscani di Montepulciano, Pienza, Cetona, Torrita di Siena, Sinalunga, Foiano della Chiana, Castiglion Fiorentino, Cortona e Chiusi, oltre che su quelli umbri di Città della Pieve e Castiglion del Lago (PG). La Vecchia Cantina di Montepulciano abbraccia, dunque, due regioni e tre province: Siena e Arezzo in Toscana, Perugia in Umbria. vecchiacantinadimontepulciano.com
La
SE PROPRIO VI DOVETE SPOSARE, CHE ALMENO CI SIA IL COCCOI A TAVOLA
Il pane più bello e più bianco di tutti non è solo per le feste, ma anche di consumo quotidiano. E resta immancabile ad un matrimonio
di Maria Antonietta Dessì
Tra le oltre 350 tipologie individuate dall’antropologa del gusto ALESSANDRA GUIGONI, il più noto è certamente quello “della sposa”. Un prodotto panario talmente complesso da realizzare, pregiato e bello che nessuno, o quasi, osa mangiarlo. Si chiama così perché tradizionalmente in Sardegna veniva donato alla sposa nel giorno delle nozze, non solo come presente, ma soprattutto come buon auspicio di una vita familiare serena e prospera, in tutti i sensi. È talmente delicato e prezioso che oggi viene venduto a prezzo da gioielleria e fa bella mostra di sé, per anni, nelle vetrine delle credenze dei coniugi. Non a caso è quasi privo di lievito, perché non si modifichi nella forma dopo le applicazioni di fiori, foglie, uccellini, frutta e molto altro. Il tutto realizzato con pane come decori che compaiono in rilievo su base di pasta dorata e lucida (ma perché duri nel
tempo alcuni utilizzano delle sostanze che ne garantiscano intatta l’iniziale bellezza).
Anche gli stilisti Dolce&Gabbana, che di recente hanno scelto la Sardegna per le loro sfilate, ne hanno esaltato in un video le forme ed il pregio, accostandolo ai gioielli sardi in filigrana, da loro sapientemente rivisitati.
Per ogni ricorrenza dell’anno, delle stagioni o del ciclo di vita assume una forma differente, talvolta singolare, non a caso ne sono state catalogate centinaia di varietà. Ma chi crede che il pane Coccoi sia unicamente quello delle feste si sbaglia, perché viene consumato anche nella quotidianità.
È un prodotto di grande pregio e della produzione panaria isolana, forse quello più immediatamente riconoscibile dopo il Carasau, e qui si consuma ogni giorno, sebbene in versioni molto meno complesse rispetto a quello Pintau (che in sardo significa, appunto, dipinto,
decorato). Le quantità prodotte sono in realtà in forte flessione, perché oggi il mercato è orientato verso pani più semplici, magari a lunga conservazione, facili da imbottire e da consumare. Ma chiunque voglia degustare un pezzo di Coccoi può trovarlo nei panifici isolani, in particolare nel Centro Sud.
La forma, più o meno complessa a seconda delle preferenze e delle abilità dell’artigiano che lo realizza, può essere delle più svariate e di peso tra i 30 grammi e un chilo. Ma anche un occhio poco attento lo può individuare subito negli scaffali, perché, oltre a forme varie in superficie, ha una crosta liscia e dorata, croccante e sonora nella frattura manuale, immediatamente riconoscibile.
La mollica è ancor più singolare: fitta ma morbida, vellutata e bianchissima, gratificante al palato, ottima col dolce, eccellente col salato, piacevole anche senza companatico.
Questo pane è talmente gradevole, specie se ancora caldo, che lo si può consumare da solo, il giorno in cui è cotto, o nei successivi, sino ad una decina di giorni, soprattutto se realizzato con lievito madre e ben conservato. E quando supera la sua scadenza naturale, acquista, tostato, una nuova vita, e diventa speciale come crostino per il brodo o “biscotto” nel caffellatte.
Il Coccoi è il pane che più di ogni altro scandisce i tempi e gli eventi della vita dei sardi. Ora come in passato viene realizzato per essere portato all’offertorio, in chiesa, durante la celebrazione dei sacramenti, in occasione di un lutto o come ringraziamento per il raccolto. C’è una forma per ogni occasione: oltre a quello della sposa, c’è il Coccoi cun s’ou (con l’uovo), tipico del periodo pasquale, il più caratteristico e riconoscibile, ma è singolare anche il Coccoi a puppia, a forma di bambolina, e molti altri, talvolta diversi da zona a zona.
Dopo aver impastato e formato la base, che può essere più o meno allungata, più spessa o più tozza, i decori sono realizzati separatamente e applicati sopra e ai lati e tuttora sono fatti rigorosamente a mano anche nei panifici industriali, con forbici, coltelli, arresoias — coltellini a serramanico che ogni massaia aveva un tempo nella tasca del grembiule — forchette, rotelle dentate o semplicemente con la pressione delle dita.
Non manca nei ristoranti di livello e si usa spesso come segnaposto, in forme ridotte a monoporzione, soprattutto nelle occasioni importanti, come i matrimoni appunto. Per stare in tema, si segnala che era di pasta di Coccoi il pane che su sonadori, il musicista della festa, portava attorno ad un braccio durante il banchetto nuziale, quando si aprivano le danze. Ed era Coccoi anche il pane, di discutibile gusto estetico, a forma di fallo, che la sposa doveva addentare di
fronte agli invitati come buon auspicio perché si allargasse subito la famiglia; pane a cui, in alcuni paesini dell’interno, si affiancava un organo genitale femminile, sempre fatto di pane, da consegnare allo sposo. Un’usanza in declino che ancora sopravvive, soprattutto nei piccoli centri.
Oggi il Pane Coccoi è oggetto di richiesta di Indicazione Geografi ca Protetta, un progetto che ha visto il coinvolgimento diretto di oltre 20 panifici storici di tutta la Sardegna, molti dei quali alla seconda o terza generazione. Per questo pane unico nella forma e nel gusto, si punta ad un riconoscimento internazionale che sia uno strumento di tutela e di promozione. E che dia un futuro ad una specialità dal grande passato. Maria Antonietta Dessi
Marca By BolognaFiere cresce e si proietta al 2025 con tante novità, come l’International Buyers Preview il 14 gennaio, per gli incontri B2B e ulteriori occasioni di networking
Marca by BolognaFiere si prepara ad una 21a edizione a tutto business. La manifestazione, organizzata in collaborazione con ADM – Associazione Distribuzione Moderna, si farà nuovamente specchio del mercato e punto di riferimento dell’intero ecosistema della Marca del Distributore. In un periodo caratterizzato da trasformazioni, inflazione e riduzione del potere di acquisto delle famiglie, l’appuntamento fieristico punta i riflettori sulle abitudini di consumo sempre più orientate alla MDD, un settore in crescita in tutta Europa, nonché sulle strategie e i modelli di sviluppo utili alla community professionale in cerca di soluzioni innovative e sostenibili per affrontare le sfide attuali e future del mercato.
MDD: panoramica al 1o semestre ‘24
La crescita di Marca by BolognaFiere trova riscontro negli ottimi dati sulle vendite dei prodotti a marca privata.
Come certifica CIRCANA — partner di BolognaFiere anche per il 2025 — al primo semestre 2024 la Marca del Distributore risulta il segmento più dinamico del mercato: con un incremento delle vendite a valore di +2,7% a totale Omnichannel, la MDD sviluppa oltre 14,5 miliardi di euro di ricavi complessivi, raggiungendo 30,1 punti di quota (+0,2 rispetto al primo semestre 2023). Crescita confermata anche da un aumento dei volumi di vendita del +3,6%.
Guardando alle merceologie, migliora il posizionamento competitivo della MDD in tutti i reparti, con particolare riferimento ai segmenti drogheria alimentare, carni e pet care (tutti al +0,5 pti quota) e al cura casa (+0,4 pti). L’incremento a valore tra i reparti è sostenuto da un contestuale aumento nei volumi, fatta eccezione per il reparto bevande.
Con un trend positivo e un’ampia offerta assortimentale, che ben coniuga qualità e convenienza, la MDD è
preferita da milioni di consumatori, ricoprendo sempre più un ruolo chiave per lo sviluppo del settore e del comparto agroalimentare.
Marca Identity
Marca by BolognaFiere è l’unico appuntamento in Italia interamente dedicato ai prodotti food e non food a Marca del Distributore e l’unico in Europa a poter contare sulla presenza in fiera degli stand delle principali insegne della Distribuzione Moderna Organizzata, in qualità di espositori e di membri del comitato tecnico scientifico dell’evento. La presenza in manifestazione di decine di
importanti buyer di queste catene contribuisce ad accrescere il peso strategico di Marca all’interno del palinsesto fieristico internazionale. A quattro mesi dalla 21a edizione, big player dell’industria, ma anche marchi storici specializzati in private label, così come numerose piccole e medie imprese, avevano già confermato la propria partecipazione sottolineando la fiducia e l’entusiasmo per un’iniziativa capace di anticipare le tendenze e di creare nuove opportunità di business nel comparto MDD. È stato inoltre siglato l’accordo triennale con UNIONALIMENTARI-CONFAPI — associazione di 2.800 PMI che tutela e promuove gli
La sezione food darà come di consueto spazio al meglio delle proposte made in Italy e internazionali: dai prodotti da forno ai lattiero-caseari, passando per carni e pollame, salumi, pesce e prodotti ittici. E ancora olio, aceto e condimenti, salse e sughi pronti, dolci, confetture e snack, surgelati, caffè, bevande, ecc…
interessi economici e sociali delle piccole e medie industrie dell’agroalimentare italiano — che mira a incrementare la partecipazione a Marca 2025 da parte degli associati che operano nel settore.
I 9 padiglioni assegnati a Marca — due in più rispetto al 2024 — danno forza all’impianto generale della manifestazione, articolato nelle macro-aree espositive food e non food. La sezione food darà, come di consueto, spazio al meglio delle proposte made in Italy e internazionali: dai prodotti da forno ai lattiero-caseari, passando per carni, salumi, pollame, senza dimenticare il pesce e i prodotti ittici. E poi ancora olio, aceto e condimenti, salse e sughi pronti, dolci, confetture e snack, surgelati, caffè, bevande, ecc…
Parallelamente, spetterà al comparto non food presentare tutto ciò che ruota attorno alla cura della casa, della persona e al fai-da-te/bricolage, con un occhio di riguardo ai temi dell’efficienza e della sostenibilità. Sarà questa un’area ricca di idee innovative e soluzioni pratiche.
Marca Fresh e Marca Tech
La 5a edizione di Marca Fresh, organizzata in collaborazione con SGMARKETING, renderà protagonista il settore del fresco e freschissimo in ortofrutta, chiamato a dialogare con la GDO all’insegna di una sempre più sentita e diffusa responsabilità economica, sociale e ambientale. Packaging, logistica, materie prime, ingredienti, tecnologia e servizi saranno invece protagonisti della 11a edizione Marca Tech, che porterà in vetrina i beni intermedi per la supply chain della MDD, presentando a produttori e retailer le ultime tendenze per innovare e operare in modo sostenibile.
Strategie di internazionalizzazione
Condividere e intensificare una strategia di promozione di Marca By BolognaFiere sulle piazze internazionali efficientando risorse e nuove opportunità di business, accrescere la visibilità sui mercati e diventare punto di riferimento globale in materia di MDD: è da questi presupposti che nasce la principale novità dell’edizione 2025, l’introduzione di una giornata in più, quella di martedì 14 gennaio, che si aggiunge alle due di manifestazione (mercoledì 15 e giovedì 16), e destinata esclusivamente agli incontri B2B. L’iniziativa offrirà agli espositori la possibilità di dialogare con buyer selezionati e qualificati per avviare nuove relazioni e sviluppare partnership commerciali sui mercati esteri. L’International Buyers Preview del 14 gennaio è stata accolta con grande entusiasmo sia da parte degli espositori iscritti, sia dai buyer esteri che hanno già confermato la loro presenza, ad ulteriore riprova della crescita internazionale della fiera.
Marca Talks
Si conferma di grande richiamo il programma convegnistico, articolato in conferenze e focus sui più attuali dati di mercato, con workshop e focus tematici che coprono ogni aspetto d’interesse per la private label. È calendarizzata al mattino di mercoledì 15 gennaio la presentazione del Position Paper di The European House-Ambrosetti, promosso da ADM e Marca by BolognaFiere, cui seguirà un momento di approfondimento con stakeholder e protagonisti del settore. Nel pomeriggio, spazio al
XXI Rapporto Marca by BolognaFiere, annuale fotografia sul ruolo della Marca del Distributore scattata da CIRCANA, e alla 2a edizione del convegno tenuto da GS1 ITALY con un approfondimento sul suo Osservatorio Non Food, lo studio annuale dedicato alle tendenze di 13 settori non alimentari, e sul Digital Product Passport, l’insieme di informazioni sul prodotto a supporto dell’economia circolare e della sostenibilità. Inserito nel quadro delle iniziative comunitarie su sostenibilità ed economia circolare, il passaporto digitale del prodotto fornirà ai prodotti coinvolti un’identità univoca, collegata a una o più fonti di dati, e conterrà informazioni legate all’intero ciclo di vita del prodotto come origine, composizione, durabilità, opzioni di riparazione e smontaggio e riciclabilità dei diversi componenti del prodotto.
GS1 Italy sarà presente anche con uno stand, per approfondire le varie questioni. Ad animare le giornate di manifestazione anche gli incontri di Marca Fresh, la presentazione dell’Osservatorio Packaging del largo consumo a cura di NOMISMA e la premiazione dell’ADI Packaging Design Award
International Private Label Selection – IPLS Di sicuro richiamo per gli operatori in visita sarà la nuova edizione dell’International Private Label Selection – IPLS, promossa da Marca by BolognaFiere in collaborazione con Expertise On Field – IPLC. L’IPLS metterà in vetrina prodotti lanciati o di prossimo lancio delle aziende espositrici. I prodotti, inizialmente presentati in una sezione dedicata del sito, saranno esposti all’interno di uno spazio denominato IPLS Manufacturers’ Innovation Expo per tutta la durata dell’evento. L’esposizione dell’IPLS verrà riproposta anche in occasione di altre iniziative internazionali organizzate da Marca by BolognaFiere.
Marca by BolognaFiere 15-16 gennaio 2025
Salumeria Italiana, 5/24
Legna gastronomica
LE MIGLIORI TIPOLOGIE DI LEGNO PER COTTURA E AFFUMICATURA DEI CIBI SUGGERITE DA PEFC ITALIA
Il ruolo del legno è preponderante nella tradizione enogastronomica italiana, non soltanto per la cottura dei cibi ma anche per le lavorazioni e produzioni da contatto e affumicatura: PEFC Italia svela le tipologie di legna da usare per conferire sapore ai cibi e migliorare la preparazione di vini e alimenti.
La cottura dei cibi “alla brace” rientra a pieno titolo nella tradizione gastronomica italiana. Per farlo in maniera sostenibile, sarebbe però opportuno utilizzare per la cottura e l’affumicatura legna proveniente da foreste certificate, cioè gestite in maniera sostenibile e da filiera tracciata. Ad esserne consapevole è quasi 1/3 dei consumatori (31,9%), che sarebbe disposto a pagare il 10% in più per acquistare legno proveniente da fonti sostenibili. 1 su 5 pagherebbe il 15% in più e il 14,3% fino al 20% in più. Il 7,7% sarebbe disposto a spendere fino al 25% in più per cuocere in maniera sostenibile.
Alla scelta di un legno certificato, si affianca quella della tipologia di legno da usare per la preparazione dei cibi: se corbezzolo e quercia sono ideali per grigliare le carni rosse, olivo e pesco sono preferibilmente da destinare alle carni bianche e al pesce, mentre l’affumicatura arricchisce il gusto di carni, pesci, verdure e formaggi.
Ad esplorare il rapporto tra legno e cibo è PEFC Italia (Programme for Endorsement of Forest Certifi cation schemes), ente promotore della corretta e sostenibile gestione del patrimonio forestale, in occasione della pubblicazione nella rivista FOOD RESEARCH INTERNATIONAL dello studio “Firewood as a tool to valorize meat”, condotto dalla professoressa Luisa Torri e dalla ricercatrice Maria Piochi del Laboratorio di Analisi Sensoriale in collaborazione con il Pollenzo Food Lab e il supporto
Secondo uno studio dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, in collaborazione con PEFC Italia, il 31,9% dei consumatori sarebbe disposto a pagare il 10% in più per acquistare legno proveniente da fonti sostenibili e certificate.
di PEFC e Altrefiamme. Si sono anche dimostrati gli effetti della cottura mediante diversi tipi di legno e valutate le preferenze dei consumatori nella scelta della legna gastronomica, con l’obiettivo di sostenere le filiere gastronomiche locali e promuovendo l’utilizzo del legno come combustibile rinnovabile e neutro dal punto di vista climatico.
Con legno sostenibile per la filiera gastronomica si intende un prodotto che appartiene a filiera tracciabile, attraverso strumenti come la blockchain proposta da Altrefiamme o la certifica-
zione forestale PEFC, e che non proviene da taglio illegale né contribuisce alla deforestazione del patrimonio forestale (l’Italia è il primo importatore al mondo di legna da ardere).
«Il legno è un elemento fondamentale nella tradizione enogastronomica italiana, implementato in svariate lavorazioni per molteplici scopi. Le ricette e le regole per la lavorazione dei cibi hanno un’importante tradizione storica, tramandata nel tempo al punto da essere oggi parte integrante della produzione di tutti quei prodotti certificati come
DOP e IGP», spiegano Marco Bussone e Antonio Brunori, presidente e segretario generale del PEFC Italia. «PEFC Italia promuove l’importanza di scegliere un legno certificato per arricchire il cibo portato in tavola con i sapori della sostenibilità e del consumo consapevole. Sostenere le filiere enogastronomiche locali, attraverso l’utilizzo di legno certificato PEFC, è un passo avanti importante verso una gastronomia più responsabile e più rispettosa dell’ambiente e delle comunità delle aree interne del nostro Paese».
Le risultanze dello studio sulla legna da ardere hanno confermato una precedente ricerca del PEFC Italia insieme al Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università degli Studi di Perugia (“Environmental certification of woody charcoal”), fatta nel 2023 sull’uso della carbonella vegetale per barbecue: le caratteristiche più apprezzate dagli abituali amanti delle grigliate erano la provenienza locale, l’alta qualità (cioè la specie arborea utilizzata come faggio e quercia) e la presenza della certificazione forestale, con disponibilità a pagare fino a 2,5 volte di più del prezzo standard se presenti tutte queste caratteristiche.
Contatto, conservazione, cottura e affumicatura: le tipologie di legno da usare Sono diverse le tecniche con cui il legno viene utilizzato nell’enogastronomia per conferire sapore agli alimenti e
completarne la preparazione: contatto, conservazione, cottura e affumicatura.
Contatto e conservazione: vini, aceti, liquori e formaggi Da sempre alleato prezioso per la filiera enologica, il legno conferisce al vino quel sapore dovuto al corretto processo di invecchiamento in botte: la tipologia di legno e il tempo di contatto con lo stesso ne modificano colore, odore e sapore. La tradizione ha individuato nel castagno e nella rovere il legno di elezione per produrre le botti dentro cui invecchiare vini e superalcolici.
Discorso analogo per la produzione di aceto balsamico e formaggi che, grazie al contatto con il legno, vengono arricchiti di caratteristiche olfattive e gustative con cui è possibile sperimentare per ottenere prodotti tipici e di eccellenza nazionale: per l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP, invecchiato 12 o 25 anni, si possono usare solo castagno, ciliegio, ginepro, gelso, rovere e acacia per realizzare le botti che, in serie e nel tempo, ne guidano l’invecchiamento.
Anche per i formaggi la relazione col legno avviene per contatto, mediante la stagionatura e conservazione su assi di legno (abete, pino e larice) che consentono al formaggio di respirare e rilasciare l’eccesso di siero per una maturazione regolare, e con la maturazione si arricchisce di quella flora microbica che conferisce al formaggio tutte le connotazioni sensoriali che portano ad una buona riuscita del formaggio stesso,
mantenendo così le tecniche tradizionali di lavorazione che risalgono a oltre 1.000 anni fa.
Cottura: la legna per grigliare
A seconda del tipo di legno utilizzato per la cottura dei cibi, si possono ottenere aromi e sapori diversi. Ogni tipo di legno può infatti esaltare i sapori degli alimenti in maniera diversa, trasformando un semplice pasto in un’esperienza culinaria unica. PEFC Italia ha esplorato le varietà di legna da utilizzare per la grigliatura, dalla dolcezza del melo alla robustezza del faggio, evidenziando come ogni legno abbia la sua specialità.
PEFC Italia ricorda anche che alcune tipologie di legno non sono idonee per preparare una grigliata, come l’oleandro, che rilascia sostanze velenose, e legni come pino, abete e larice, che producono un sapore sgradevole. Il pioppo risulta invece tra i migliori combustibili naturali per l’accensione del fuoco, da integrare poi con la legna adatta allo specifico cibo da cuocere o da affumicare. Ecco alcuni esempi:
• Quercia – Dal carattere medio forte, conferisce un classico sapore di affumicato ed è adatto a quasi tutti i tipi di carne;
• Olivo – Valorizza in particolare la carne di agnello, con un sapore “arrostito”;
• Faggio – Sottolinea la sensazione erbacea tipica della carne di agnello e si distingue anche in termini di composizione aromatica
Quando vedi il marchio PEFC su un prodotto significa che proviene da una foresta certificata PEFC (ovviamente, solo il materiale di origine forestale e arborea contenuto nel prodotto). Una foresta certificata PEFC è una foresta gestita in linea con i più severi requisiti ambientali, sociali ed economici. Una foresta che ci sarà anche per le generazioni future. «Attraverso la certificazione PEFC, siamo in grado di monitorare il materiale dalle foreste fino al prodotto finale, seguendo tutta la catena di fornitura. Il meccanismo per tracciare il materiale si chiama Certificazione di Catena di Custodia. Oltre a garantire che il materiale proviene da una foresta certificata, il marchio PEFC tutela anche i diritti dei lavoratori lungo tutto il processo di produzione. Lo sapevate che si può anche utilizzare l’etichetta PEFC per saperne di più sull’azienda che ha realizzato il prodotto? Se si guarda sotto il logo, si vedrà una serie di numeri, digitando questi numeri nel nostro database “Trova i certificati nel mondo” si risale all’azienda produttrice».
>> Link: pefc.it/cosa-facciamo
nella carne di vitello. Combinato con il corbezzolo, arricchisce la brace con decise note sensoriali e gustative;
• Melo – Dal sapore dolce e leggermente fruttato, è ottimo per il manzo, il maiale, l’agnello, il pollame e alcuni frutti di mare;
• Ontano – Dolce e delicato, è ideale per i frutti di mare e le verdure;
• Ciliegio – Il suo sapore delicato e fruttato si abbina a tutte le carni e ai frutti di mare;
• Acero – Dolce, leggero e dal sapore delicato, è ottimo per il pollame;
• Noce – Dal sapore forte e intenso, è ottimo per la selvaggina.
L’affumicatura
L’affumicatura è una tecnica millenaria che utilizza il fumo prodotto dalla combustione di legna per conferire agli alimenti un sapore affumicato e intenso. Originariamente utilizzata per conservare alimenti come carne e pesce, l’affumicatura ha radici risalenti al Neolitico. Alcune specie di pesce, in particolare salmone, trota e sgombro, sono ideali per essere sottoposte ad affumicatura, così come le verdure quali peperoni, melanzane, zucchine e funghi.
La scelta della legna per l’affumicatura dipende dal tipo di alimento che si desidera cucinare. PEFC Italia ha selezionato la legna più adatta a seconda dell’alimento da affumicare:
• Carni rosse – Ciliegio, faggio o quercia aggiungono un fumo aromatico che crea un perfetto connubio col sapore robusto della carne;
• Carni bianche e pesce – Olivo e pesco producono un fumo dolce e leggero che non sovrasta il sapore delicato della carne e dei pesci;
• Selvaggina – Il noce rilascia un fumo denso e amarognolo che esalta il gusto intenso delle carni selvatiche;
• Verdure e formaggi – Acero e alloro sono ottimi per l’affumicatura di verdure e formaggi, aggiungendo un tocco aromatico ai sapori originali.
Fonte: PEFC Italia – Programme for Endorsement of Forest Certification schemes, pefc.it
Italiana, 5/24
CRYOLINE RC: LA NUOVA SOLUZIONE
PER LA CROSTATURA
SUPERFICIALE “JUST IN TIME”
PRE-AFFETTAMENTO
Le varie tipologie di carne cruda, salumi e carne cotta necessitano di una fase preliminare di indurimento superficiale per consentire la precisione, qualità e velocità della fase successiva di affettamento o cubettatura. L’esigenza è particolarmente sentita nel caso prodotti che devono essere commercializzati a “peso fisso”. In questo caso, la precisione della fetta e del relativo peso si traducono in un forte risparmio economico per il produttore.
Il GRUPPO LINDE è da sempre attento allo sviluppo di soluzioni che permettano di introdurre una maggiore flessibilità e riduzione di costi nei processi produttivi, focalizzandosi altresì sulla sicurezza, produttività e qualità degli alimenti. In quest’ottica si inserisce lo sviluppo della nuova tecnologia Cryoline RC (Rapid Crust Freezing) per un congelamento rapido “just in time” della superficie dei prodotti a base di carne prima della fase di porzionatura mediante affettamento o cubettatura. Le varie tipologie di carne cruda, salumi (prosciutto, coppa, bresaola, mortadella, ecc…) e carne cotta necessitano di una fase preliminare di indurimento superficiale per consentire la precisione, qualità e velocità della fase successiva di affettamento o cubettatura. L’esigenza è particolarmente sentita nel caso prodotti che devono essere commercializzati a “peso fisso”. In questo caso, la precisione della fetta e del relativo peso si traducono in un forte risparmio economico per il produttore. Per ottenere questo obiettivo vengono oggi utilizzate principalmente celle di temperizzazione, nelle quali i prodotti sostano a temperature negative per uno o più giorni a seconda dei prodotti. Si tratta di una soluzione a batch che
Cryoline RC permette la crostatura superficiale“just in time” dei prodotti. Abbinata all’impiego di azoto liquido, questa tecnologia permette di raggiungere la consistenza ideale in pochi minuti.
Il raffreddamento rapido preserva in modo ottimale la qualità del prodotto, eliminando anche eventuali problematiche di variazioni di colore.
richiede la movimentazione continua di prodotti, nonché l’utilizzo di ampi spazi produttivi per le celle di stazionamento. Elevati sono gli investimenti richiesti.
Linde ha sviluppato una soluzione estremamente flessibile: Cryoline RC. Questa tecnologia impiega un’apparecchiatura appositamente studiata per questo scopo, che permette la crostatura superficiale “just in time” dei prodotti. Cryoline RC, abbinato all’impiego di azoto liquido, permette di raggiungere la consistenza ideale in pochi minuti. L’apparecchiatura può essere sincronizzata con le affettatrici, rendendo il processo in toto completamente automatico ed in linea, evitando qualsiasi fase a batch (celle di temperizzazione) e le relative operazioni manuali.
Come funziona Cryoline RC?
Cryoline RC è un surgelatore dedicato che prevede l’utilizzo di azoto ad alta velocità all’interno di una camera raggiungendo un rapidissimo raffreddamento (pochi minuti) dei prodotti in modo estremamente efficiente, riducendo tra l’altro in modo considerevole il consumo di azoto liquido rispetto ai surgelatori ad azoto di vecchia concezione Lo spazio richiesto è estremamente ridotto: poco più di 2 metri in lunghezza.
Il raffreddamento rapido preserva in modo ottimale la qualità del prodotto, eliminando anche eventuali problematiche di variazioni di colore. Il percorso del gas criogenico all’interno della camera di stazionamento è stato studiato per rendere il trattamento uniforme in tutti i punti del prodotto e perfettamente
riproducibile differentemente da quanto può avvenire in una cella di temperizzazione (differenti risultati a seconda della posizione all’interno della cella) o in un tunnel di surgelazione di vecchia generazione. La fase successiva di affettamento risulta pertanto completamente standardizzata sia a livello qualitativo che della precisione del peso della fetta.
Anche la percentuale di sfridi e scarti viene drasticamente ridotta. Cryoline RC è dotato di un PLC che permette l’impostazione del numero di pezzi per batch, della temperatura e del tempo di trattamento, della velocità dei ventilatori.
L’apparecchiatura è stata progettata rispettando scrupolosamente i requisiti per una facile, rapida e completa sanitizzazione.
Riassumendo, i vantaggi della tecnologia Cryoline RC sono:
• gestione del processo di indurimento ed affettamento in linea;
• sincronizzazione con le affettatrici;
• riduzione considerevole dei costi di manodopera per la movimentazione dei prodotti;
• riduzione dei costi d’investimento (celle di temperizzazione);
• riduzione degli spazi richiesti;
• mantenimento della qualità del prodotto ed eliminazione problemi di decadimento del colore;
• affettamento estremamente preciso (gestione del “peso fisso”) e possibilità di ridurne lo spessore;
• incremento della velocità di affettamento;
• riduzione degli scarti;
• riduzione dei costi specifici di processo (consumo specifico di azoto liquido);
• flessibilità e standardizzazione dei processi di lavorazione;
• igienicità.
• Per ulteriori dettagli potete contattare Linde Gas Italia: marketing.it@ linde.com
>> Link: www.linde-gas.it
Fumagalli Salumi: riduzione dei reclami del 75% con la soluzione ALL-IN-ONE di Antares Vision Group
Miglioramento dei processi produttivi e riduzione dei reclami del 75% nei primi tre mesi dall’adozione della soluzione: sono gli obiettivi raggiunti da Fumagalli Industria Alimentari Spa, azienda brianzola specializzata nella produzione di salumi. Questi risultati sono stati ottenuti grazie all’implementazione della tecnologia ALL-IN-ONE di Antares Vision Group, multinazionale italiana leader nella tracciabilità e nel controllo qualità, che garantisce la trasparenza di prodotti e filiere attraverso la gestione integrata dei dati. ALL-IN-ONE è un sistema innovativo che permette di effettuare con una sola macchina diverse ispezioni per il controllo qualità. Il rilevamento dei microfori in linea, in particolare, riveste un ruolo importante per l’azienda, in quanto non è infrequente che i grassi naturalmente presenti nei salumi si depositino nell’area di saldatura della confezione, provocando microfori nel packaging e, di conseguenza, un rapido deterioramento del prodotto. Una volta a scaffale, il prodotto deteriorato è immediatamente identificabile dal consumatore finale: ciò ingenera preoccupazioni sulla qualità dei prodotti e porta talvolta ad attribuire il deterioramento del prodotto non già a errori nella fase di confezionamento, di cui spesso l’acquirente non è a conoscenza, bensì alla qualità intrinseca dei salumi, con impatti negativi, anche significativi, dal punto di vista economico e della reputazione del brand. La configurazione personalizzata di ALL-IN-ONE per Fumagalli comprende la tecnologia di individuazione dei microfori in linea, X Ray e pesatrice ponderale, con un ingombro ridotto a 2 metri di lunghezza. L’inserimento della tecnologia a raggi X ha rappresentato un importante valore aggiunto al processo di controllo qualità. Un’innovazione accolta con favore anche dai clienti, in particolare dai responsabili del controllo qualità, che apprezzano la riduzione dei reclami e soprattutto il fatto di poter contare su un livello superiore di protezione per i loro prodotti, aspetto ancor più rilevante per quelli commercializzati con il marchio private label. «Il caso di successo di Fumagalli Salumi — afferma Fabio Forestelli, General Manager FMCG — dimostra quanto la propensione all’innovazione e la volontà di innalzare la qualità dei prodotti sia un driver fondamentale per l’ottimizzazione dei processi. ALL-IN-ONE è una novità assoluta nel settore alimentare perché permette di coniugare più soluzioni di ispezione in un solo macchinario; è questa la direzione in cui ci stiamo muovendo, intercettare le esigenze del mercato e soddisfarle con le tecnologie più avanzate a favore di un miglioramento di tutti gli standard, a beneficio di tutti gli attori coinvolti». Grazie all’interfaccia unificata di ALL-IN-ONE, Fumagalli ha semplificato il processo di monitoraggio, con l’ulteriore possibilità di eseguire analisi delle difettosità attraverso lo scarto differenziato, pianificando azioni correttive per il miglioramento continuo del sistema produttivo. «La tecnologia di Antares Vision Group ci ha permesso di ottenere risultati positivi già dopo il primo mese di utilizzo», spiega Andrea Fumagalli, Operations Director di Fumagalli Industria Alimentari Spa. «I nostri clienti retailer, inoltre, hanno notato una netta riduzione dei reclami, pari al 75%, da parte dei consumatori o dei punti vendita. Questo dimostra l’efficacia del sistema di ispezione e rilevamento in linea dei microfori nel migliorare la qualità del prodotto e garantire la soddisfazione dei clienti».
>> Link: fumagallisalumi.it
MULTIVAC Group acquisisce la quota di maggioranza di Italianpack Spa
Il 17 luglio scorso il Gruppo MULTIVAC — fornitore di soluzioni a livello mondiale che supporta le piccole e medie imprese e le grandi aziende nella progettazione dei loro processi produttivi per renderli efficienti e a basso consumo di risorse — ha acquisito la quota di maggioranza (80%) di Italianpack Spa (italianpack.com), produttore di confezionatrici automatiche e semiautomatiche con sede a Como. Italianpack sarà integrata nell’organizzazione MULTIVAC come nuova Business Unit sotto la guida di Tomaso Petrini, CEO di Italianpack. «Questa acquisizione amplia la nostra offerta nella gamma di termosaldatrici nella fascia di prezzo mediobassa, dosatori e apparecchiature periferiche come disimpilatori e applicatori di coperchi», ha spiegato Christian Traumann, CEO del Gruppo MULTIVAC. «Queste nuove soluzioni ci permetteranno di soddisfare le esigenze dei clienti in modo più efficace in futuro». «Avendo già collaborato con successo negli ultimi anni, non vediamo l’ora di sfruttare al meglio i nostri punti di forza a vantaggio dei nostri clienti e di espandere le nostre attività commerciali come parte del Gruppo MULTIVAC» ha aggiunto Petrini. Per raggiungere i clienti delle piccole e medie imprese, Italianpack si avvale di una rete di rivenditori indipendenti, che si occuperanno anche in futuro delle vendite delle soluzioni Italianpack. Le filiali del Gruppo MULTIVAC continueranno ad occuparsi delle vendite della gamma dei prodotti MULTIVAC. «La fusione ci consente di rafforzare la nostra attuale posizione sul mercato e di raggiungere una maggiore copertura del mercato come gruppo», ha dichiarato Traumann. Le due aziende collaborano con successo già da diversi anni: nell’agosto del 2021, il Gruppo MULTIVAC — circa 7.000 dipendenti distribuiti in più di 80 filiali in tutto il mondo — ha stretto un accordo di cooperazione strategica con Italianpack, completando la propria gamma prodotti nel settore delle termosaldatrici.
>> Link: multivac.com/it
GABRIELE D’ANNUNZIO ESTETA DEL CULA(T)TELLO
di Giovanni Ballarini
Nella fiaschetteria toscana Beltramme a Roma, in via della Croce, in tempi diversi luogo di ritrovo di artisti e letterati tra i quali GIOVANNI PAPINI (1881-1956), ARDENGO SOFFICI (1879-1964), GIUSEPPE UNGARETTI (1888-1970) e VINCENZO CARDARELLI (1887-1959), incontro nel 1954 lo scultore, incisore e orafo RENATO BROZZI (1885-1963), che ha appena partecipato alla Biennale di Venezia. Durante una cena tra il toscano e il romano, Brozzi mi dice che in un qualche momento della sua vita abbandonerà Roma per ritirarsi nel suo paese natale, Traversetolo, nel Parmense. Da qui iniziamo a parlare di cibi parmigiani e soprattutto dei culatelli, che si dice lui procurasse a GABRIELE D’ANNUNZIO (1863-1938).
In alto: la tartaruga Cheli ricoperta in bronzo visibile nella sala da pranzo del Vittoriale degli Italiani, la lussuosa villa di Gardone Riviera dove il poeta abruzzese visse fino alla sua morte. Per D’Annunzio doveva servire da monito ai suoi ospiti di non cedere alla gola quando seduti a tavola. In basso: culatelli di Zibello DOP in stagionatura all’Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense e Gabriele D’Annunzio.
Caro Maestro, per quale motivo Lei che è uno scultore procurava ad un poeta un salume peraltro poco noto?
«È una lunga storia che inizia tra il 1918 e il 1919, quando a Venezia donai a Gabriele D’Annunzio una targa e in sua presenza consegnai al generale Armando Diaz una spada d’onore da me modellata su disegno di Ettore Tito (1859-1941). Da qui iniziò una grande amicizia e collaborazione che continuò fino alla morte del Poeta e Comandante nel 1938.
In questi lunghi anni svolsi quasi tutta la mia attività su sua commissione, spesso sviluppando anche sue idee. In particolare, quando nel 1921 si stabilì al Vittoriale e mi chiamò “eccelso animaliere” mi chiese di preparare piccoli oggetti, figurine, spille, scatole… decorati di preferenza con animali per donarli ai suoi ospiti, ma anche coppe per premi, targhe d’onore, oggetti d’oreficeria e, soprattutto, la Tartaruga Cheli, abitante dei giardini del Vittoriale, a cui, dopo la morte, rifeci in bronzo
testa e arti. Consegnata nel 1928, fu collocata dal Poeta proprio nella sala da pranzo a capotavola. In questo periodo, ebbi un’assidua frequentazione con D’Annunzio e, conoscendo i suoi gusti alimentari, mi convinsi che tra tutti i salumi solo il Culatello fosse adeguato al suo stile di vita e soprattutto alla sua sensibilità artistica».
Prima di parlare del Culatello, com’era D’Annunzio a tavola e qual era il suo rapporto con l’alimentazione?
«Come in tutte le altre sue attività umane, amori compresi, anche in alimentazione D’Annunzio era un onnivoro, fondamentalmente goloso e amante della buona cucina, attento alla linea e a non compiere atti a tavola che potessero risultare volgari o privi di raffinatezza. I gusti gastronomici di D’Annunzio erano semplici ma eleganti con una forte predilezione per carne, in particolare le cotolette, uova, soprattutto le frittate, e i dolci, anche se quelli esotici, i vini speciali, i cioccolatini, i frutti
rari, i bonbon erano destinati ai riti di seduzione delle belle ospiti.
Diffuso è il mito, forse un po’ alimentato da lui stesso, che consumasse i pasti da solo, considerando l’atto del mangiare volgare e non idoneo ad un uomo raffinato, ma è noto che fin da giovane, nei suoi esordi nell’alta società romana, partecipando a feste o ricevimenti, non bevesse e non consumasse cibo, per rimanere sempre lucido e raffinato. In privato, sregolato nella vita lo era anche nel cibo e nel modo di alimentarsi, senza orari, regole precise o rispettate. Mangiava quando aveva fame, cambiando orari e abitudini, lasciando biglietti di disposizioni alla cuoca Albina, con la quale aveva un rapporto particolare, diverso da qualsiasi altra donna. Albina Lucarelli Becevello (1882-1940), o Suor Albina o Suor Intingola, come lui la chiamava, era la cuoca del Vittoriale, che conobbe D’Annunzio nel primo dopoguerra e al suo servizio proseguì a nutrirlo e coccolarlo, a capo di un drappello di domestici e domestiche, fino alla sua morte.
Per il Vate il Culatello aveva un insieme di caratteristiche che ne facevano l’alimento a lui più congeniale, perché un prodotto carneo di altissima qualità e sempre pronto per essere gustato in ogni momento e occasione».
Nel passato e oggi (nel 1954…) Parma è nota per il formaggio Parmigiano e per il suo Prosciutto, soprattutto di Langhirano, ma non per il Culatello. Caro Maestro, di che cosa si tratta?
«Non mi meraviglio che il Culatello non abbia una larga notorietà, anche se questo salume è conosciuto e soprattutto apprezzato e ricercato dai più attenti gastronomi. Da millenni in ogni parte del mondo con clima asciutto le spalle e soprattutto le cosce del maiale e di altri animali sono conservate con il sale, mentre questo è quasi impossibile — se non usando moltissimo sale — in ambienti umidi e nebbiosi quali sono quelli delle terre parmensi vicine al Po. Ben conosco questo, io che sono nato e cresciuto a Traversetolo, nel basso Appennino parmigiano, terra propizia al prosciutto. Nelle basse terre parmigiane da secoli si riesce però a conservare la parte carnosa della coscia di grandi maiali (culatta) con poco sale, rivestendola con la vescica animale e già nel XVIII
Renato Brozzi al lavoro.
Lettera di Gabriele D’Annunzio a Renato Brozzi, 30 giugno 1931 “Carissimo Renato, ti farò sorridere. Io sono un cupidissimo amatore del parmense Culatello (con una T o con due?). Esausto dalla malinconia operosa, dianzi sentivo i morsi della fame; e anche mi sentivo la struttura delle costole travagliata come il più fiero dei tuoi pezzi d’argento, e pativo nella bocca dello stomaco il rostro d’una delle tue aquile vendicatrici! Mentre gridavo non senza ferocia ‘Subito, subito, subito, tre fette di Culat(t)ello!’, la donna appariva co’ tuoi pacchi preziosi. Il più grande aveva la forma conica della compatta cosa di fibra rossa e salata. O Fratelmo, l’allucinazione della fame m’ha strappato un grido di riconoscenza e di felicità: ‘Brozzi! Un Culatello! E come ci ha pensato?…’. Pongo le mani sul pacco e sento il becco eroico dell’Aquila… Ti confesso che, per un così bello e potente saggio di arte vera, ho dimenticato la delizia golosa. La donna di servizio, la Milia, potrà testimoniarti l’esattezza del mio racconto. Interrogala. Fin d’ora ti son grato del profondo pasto che porti al mio spirito (…). Ti abbraccio! Perdona al delirio del Famelico in bellezza”.
Lettera di Renato Brozzi a Gabriele D’Annunzio, 3 giugno 1935 “Mio Carissimo Comandante, penso anche sarà già a conoscenza del contesto dei pacchi. Il più leggero mi è stato consegnato a Roma da Donna Maria prima della partenza, e mi auguro che non abbia trovato cocci. Il più voluminoso, cioè il Culatello parmense, mi è stato consegnato per lei dal Comm. Dott. Cesare Corbellini di Pieveottoville di Parma — vicino al Po — che pur sapendo di Latino, si appassiona con tutte le regole a questa produzione straordinaria”.
Fonte: Musei del Cibo – Musei del cibo della provincia di Parma, culatellodizibello.museidelcibo.it
secolo si parla di “Presutto senz’osso, o sia Culatelli”
La data ufficiale di nascita del Culatello è fatta risalire al 1735 o al 1764, quando nei calmieri inizia ad essere inserito il “Culatello investito”, ovvero rivestito da una vescica. Nel 1805 nel Ducato, per volontà di Napoleone Bonaparte, amministrato da Médéric Louis Élie Moreau de Saint-Méry (17501819), questi scrive che “Si chiama Cu-
latello la carne pregiata delle culatte del maiale che si mettono intere nei budelli, ciò che li fa chiamare Culatelli investiti”
A questo punto mi permetto una breve digressione ricordando che D’Annunzio si chiedeva se la giusta denominazione di questo salume non fosse quella di “Culattello”, con due “T”, in quanto derivante da “culatta” e non da “culo”. Il Culatello è un salume d’altissima qualità e nella prima metà
del XIX secolo la duchessa di Parma, Maria Luisa d’Asburgo-Lorena (17911847), acquistava i Culatelli investiti che avevano un prezzo di circa il 25% maggiore del salame magro e del 57% maggiore del prosciutto stagionato. Secondo una consolidata tradizione, nelle terre basse vicino al Po, nel periodo tra ottobre e febbraio e quando il territorio è coperto dalla nebbia e dal freddo, la parte di carne ricavata dalla coscia dei suini adulti è privata dalla cotenna, sgrassata, disossata, rifilata a mano dandole la caratteristica forma “a pera”. Dopo avviene una saggia salatura e la cosiddetta investitura, cioè l’insaccamento del salume nella vescica del suino, e la legatura con lo spago. Segue la stagionatura in cantina che accompagna il Culatello dalle nebbie invernali all’afa estiva, per arrivare sulle tavole l’inverno successivo nel pieno delle sue più originali qualità di sapore. Gli inconfondibili profumi e sapori rendono famoso il Culatello. Al taglio si presenta morbido, di colore rossastro, quasi rosato, alternato dalle strisce bianchissime delle parti grasse, con un gusto dolce, fragrante e delicato, con sentori che sfumano tra la rosa e il muschio».
Caro Maestro, comprendo dalla descrizione come il Culatello si adattasse perfettamente al carattere di Gabriele D’Annunzio, ma come avvenne l’incontro tra i due?
«Ricordo benissimo che al Vittoriale, a tavola e parlando di maiali, il Comandante e io arrivammo a discutere se dovesse essere più sviluppata la parte anteriore della spalla come nel cinghiale o quella posteriore della coscia come negli odierni animali domestici. Io sostenevo che dalla coscia non si ottenesse solo il Prosciutto ma il prelibato Culatello. Per confermare la mia tesi, tramite le mie conoscenze parmigiane e gli Spigaroli di Polesine, già norcini di Giuseppe Verdi (1813-1901), gli inviai due grossi ed eccellenti Culatelli e Lui mi ringraziò qualificandosi “cupidissimo amatore del parmense Culatello”. Di tanto in tanto io gliene procurai altri, perché il Culatello, tra i tutti i salumi e le carni, era quello che più si confaceva al carattere estetico del Comandante e al suo stile di vita e alimentazione».
Prof. Em. Giovanni Ballarini
CORALIE FERREIRA
Bowls
70 ricette infallibili per creare le vostre bowls
Illustrazioni: ANNE BERGERON
Edizioni: Guido Tommasi
168 pp – € 25,00
70 ricette suddivise in sei sezioni dove quinoa, riso, pasta, semi, verdure e altri cereali la fanno da padrone e si incontrano per creare piatti colorati ricchi di sapori e profumi. Una carrellata di ciotole energizzanti, veri comfort food per un pranzo veloce o una cena supersana. Per una bowl a regola d’arte non devono mancare verdure fresche in grande quantità, cereali, una buona dose di proteine vegetali o animali e semi o frutta secca per creare un piacevole contrasto croccante. Un perfetto mix di ingredienti in piccole porzioni proposti sempre con grande armonia tra colori e consistenze. Il libro offre idee di base seguite da ricette suddivise per ingrediente principale e, a corollario, suggerimenti e varianti insolite. C’è n’è per tutti i gusti ed esigenze e ogni ricetta è corredata da un’indicazione riguardante la sua natura vegana, vegetariana, senza glutine, a base di carne o di pesce.
ANGELO PERETTI
Esercizi spirituali per bevitori di vino
Edizioni: Ampelos
288 pp – € 25,00
GIANPAOLO GIACOBBO
Il piacere della grappa
Conoscerla, sceglierla e imparare a degustarla
Edizioni: Slow Food
160 pp – € 19,00
La riscoperta dei contenuti sentimentali, emozionali e intellettuali — ossia “spirituali” — del bere e del vivere è l’obiettivo che ANGELO PERETTI propone al lettore attraverso 90 brevi “esercizi” mentali, tra narrativa e saggistica. Con una logica stringente e un’ironia dissacrante, l’autore aiuta a riconoscere e sfatare i luoghi comuni che si sono stratificati a tal punto da inibire il godimento libero, immediato e spontaneo del vino e della stessa vita. In particolare, le regole da iniziati e le pose ostentate da quei sedicenti intenditori, che si ergono a sacerdoti dell’enologia, vengono smantellate una ad una, restituendo al bevitore il piacere di un gesto naturale come il condividere un bicchiere di vino con le persone care. Inoltre, per chi volesse approfondire le proprie “esercitazioni” attraverso il calice, Peretti suggerisce, per ciascun capitolo, due vini, uno italiano e uno estero, coerenti con il contenuto narrato. La scelta si ripartisce tra etichette note e meno conosciute, per un totale di 180 vini.
Dalle materie prime all’affinamento, dal tipo di alambicco usato ai segreti della distillazione, dalla degustazione alla mixologia per arrivare alla nascita, avvolta nel mistero, del distillato italiano per eccellenza. Il manuale dedicato alla grappa, liquore di origine popolare grande emblema del recupero dato l’ingrediente povero da cui proviene ovvero le vinacce, ci restituisce la sua complessità analizzandolo attraverso la storia, l’analisi sensoriale, le varietà presenti sul mercato. Conoscere il processo di distillazione, imparare ad abbinare le differenti grappe ci permetterà di gustarle e servirle al meglio sia che ci piaccia acquistarle, sia che si voglia intraprendere la strada dell’autoproduzione.