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La storica acetaia della famiglia Pedroni a Nonantola. Si tratta di un’acetaia pluridecorata nei concorsi annuali indetti dalla Consorteria spilambertese per il riconoscimento del miglior “balsamico” prodotto nell’area degli antichi domini estensi.

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L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena dell’Acetaia Pedroni di Nonantola, confezionato nelle bottigliette disegnate da Giorgetto Giugiaro.

(www.instagram.com/artigianidelgustomodena), tra i primi a scommettere sull’Albinelli. E poi assaggiare tutte le eccellenze modenesi al centro della rassegna enogastronomica, tra le quali scegliamo di raccontarvene due: il Prosciutto di Modena DOP e l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP.

Il prosciutto, nonostante le piccole dimensioni del Consorzio di tutela, rispetto ad una denominazione come il Parma, ha comunque un posto di tutto rispetto per la sua qualità. Può essere fatto in un’area che corrisponde alla fascia collinare e alle valli a ridosso del bacino oro-idrografi co del fi ume Panaro, dalla pedemontana e non oltre i 900 metri slm, compresi piccoli territori limitrofi delle province di Bologna e Reggio Emilia. La lavorazione del Modena DOP, dalla salagione alla stagionatura, avviene entro tali confi ni secondo le regole del Disciplinare, che prevede ad esempio una stagionatura complessiva di almeno 14 mesi; diversi produttori però si spingono fi no a 16-18 mesi per una maggiore qualità.

Ne abbiamo fatto un assaggio al Prosciuttifi cio Fratelli Guerzoni (foto a pag. 99, www.salumifi cioguerzoni.it), a Gorzano, produttori artigianali anche di Nostrano Terra del Mito e di una bella gamma di salumi selezionati, ottenuti da carni suine pregiate.

Un’altra eccellenza è il cosiddetto Oro nero, un condimento denso, scuro, agrodolce, cioè l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP, che siamo andati ad assaggiare all’Acetaia Pedroni, a Nonantola, proprietaria anche di una storica osteria aperta dal 1862 (www.acetaiapedroni.it). È un prodotto di eccellenza e nicchia che si fa artigianalmente in acetaia, nei sottotetti, con un lungo periodo di prelievi, travasi e rincalzi attraverso una batteria di botti.

Le origini non sono certe. Si ipotizza una nascita casuale avvenuta per processi microbiologici in contenitori di mosto d’uva cotto, con un successivo intervento umano per fi ssare una tecnica produttiva in uso da secoli. Le prime documentazioni risalgono solo al periodo della Corte Ducale Estense, che nel 1598 si trasferì da Ferrara a Modena.

Il Balsamico Tradizionale è frutto dunque di un lungo metodo artigianale, che lo distingue per caratteristiche organolettiche — e prezzo — dall’Aceto Balsamico di Modena IGP, prodotto industrialmente o con metodo non tradizionale.

Ecco il procedimento del Tradizionale: da uve Trebbiane e Lambrusche si ottiene un mosto separato dalle vinacce, che viene versato in recipienti di cottura alimentati a fuoco diretto; questo permette una lenta concentrazione del liquido per evaporazione a vaso aperto.

A fi ne processo il mosto cotto, con un alto contenuto zuccherino, viene raffreddato, decantato e versato nella prima botte — la più grande — di una batteria decrescente. La batteria comprende botticelle di volume e legno diverso (rovere, castagno, gelso, ciliegio, ginepro, ecc…). Questo sistema è collocato nei sottotetti in ambiente fresco e ventilato.

L’invecchiamento parte da minimo 3 botti, ma mediamente se ne usano 7. Il passaggio del liquido avviene attraverso prelievi, travasi e rincalzi. Ogni anno, in inverno, è prelevata una quantità media del 6% dalla botte più piccola (quindi di aceto più vecchio), pronta per essere imbottigliata. Lo stesso barile è riempito con il travaso della botte precedente e quest’ultima con una porzione di liquido della botte ancora più grande e di aceto ancor più “giovane”. Il processo dura minimo 12 anni; 25 per la tipologia Extravecchio.

Il Balsamico è confezionato in bottigliette di 100 cc. a forma d’ampolla, disegnate da GIORGETTO GIUGIARO.

Massimiliano Rella

Nota

Photo © Massimiliano Rella.

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