Come guarire le ferite dell'anima

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COME GUARIRE LE FERITE DELL’ANIMA

La tecnica psicoterapeutica per ritrovare equilibrio e armonia

RIZA

COME GUARIRE LE FERITE DELL’ANIMA

La tecnica psicoterapeutica per ritrovare equilibrio e armonia

RIZA

Come guarire le ferite dell’anima

Testi di Daniela Depedrini

Immagine di copertina: Adobe Stock

© 2023 Edizioni Riza S.p.A. via Luigi Anelli, 1 - 20122 Milano - www.riza.it

Tutti i diritti riservati. Questo libro è protetto da copyright ©. Nessuna parte di esso può essere riprodotta, contenuta in un sistema di recupero o trasmessa in ogni forma e con ogni mezzo elettronico, meccanico, di fotocopia, incisione o altrimenti senza il permesso scritto dell’editore.

Sommario Presentazione L’altro modo di curare .....................................................7 Introduzione La supremazia delle immagini sulle parole .................. 13 Capitolo 1 Il ruolo dell’anima prevale su quello dell’intelletto ....... 19 Capitolo 2 L’importanza di trasformare il disagio in immagini ...... 49 Conclusioni L’immaginazione è meglio di un farmaco ...................115 Bibliogra a ....................................................................122 Note ...............................................................................126

Presentazione

L’altro modo di curare

Un giorno, durante un colloquio clinico, mi è capitato di utilizzare questa metafora: “Sa signora, nella vita bisogna imparare a star bene anche all’Inferno!”.

La paziente di cui vi parlo riconduceva la forte impasse esistenziale che stava vivendo a un ambiente di lavoro per lei particolarmente di cile.

E con quell’espressione metaforica, io intendevo comunicarle che se una persona è in sintonia con il proprio mondo interiore non avrà particolari di coltà a vivere anche in un ambiente lavorativo non propriamente favorevole.

Al momento, non sapevo che quel modo di esprimermi “bisogna imparare a star bene anche all’Inferno!” sarebbe sceso in profondità oltre ogni aspettativa…

In questo libro, Daniela Depedrini spiega con chiarezza che ci sono momenti in cui le parole si trasformano in vere e proprie parole-seme, capaci di agire un e etto fecondante sui nostri interlocutori: il simbolista russo Pavel Florenskij sottolinea a questo proposi-

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to che siamo abituati a pensare che “sono parole, sono soltanto parole” ma, in realtà, “una parola può crescere come cresce una pianta; la crescita della parola avviene gradualmente, n quando è diventata un organismo”1. Deve trattarsi, però, di parole “speciali”, ricche di valore simbolico, capaci di dar vita a veri e propri processi trasformativi, metafore cariche di forza evocativa, espressioni analogiche che allargano il senso della comunicazione, parole-immagine in grado di aprire le porte di un regno diverso da quello statico e lineare della logica e della razionalità.

Un regno dove abitano risorse biologico-energetiche che, altrimenti, non riusciremmo a utilizzare.

Proprio su questa possibilità poggia il principio della guarigione e per questo motivo la psicoterapia va intesa come il territorio delle immagini più che del pensiero, del ragionamento e delle spiegazioni verbali.

Ritornando alla paziente con cui avevo utilizzato la metafora dell’Inferno, il giorno successivo alla nostra seduta mi scrisse una mail: “Sa Dottore, quella sua frase, ‘bisogna riuscire a star bene anche all’Inferno!’, mi ha fatto scattare qualcosa: è stato spontaneo trovare subito una risonanza con la mia situazione personale lavorativa, verso la quale avevo alzato in nite resistenze e ri uti no a sviluppare, nel corso degli anni, vari sintomi psicosomatici.

Le numerose ore di analisi fatte in precedenza non avevano minimamente scal to la scissione tra lavoro e vita ‘fuori dal lavoro’.

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E la mitica frase del mio terapeuta, ‘non importa quello che fai. Devi riuscire a stare bene ovunque’, su cui ho meditato per anni, non ha mai sortito il minimo effetto... anzi.

Viceversa, in occasione della seduta di ieri con lei, ho percepito un click, una sorta di chiarezza mentale, la realizzazione di una verità interiore...

E poi la notte è arrivato un sogno: parlavo con un interlocutore dalla pelle nera che mi raccontava di una donna dalla pelle bianca…”.

Al di là del significato del sogno (che rimanda all’incontro con l’Ombra tramite una sorta di discesa agli Inferi…), è interessante cogliere l’incisività, in psicoterapia, del linguaggio metaforico: lo potrete riscontrare nei casi clinici descritti nella seconda metà del testo, dove l’autrice ne ha fatto ampio e sapiente uso.

In particolare, con la mia paziente, l’immagine dell’Inferno non solo si è rivelata feconda come un seme ma, in un attimo, ha proiettato la donna in quello che Neumann chiama il “tempo del destino”, una dimensione al di fuori della normale tritemporalità (passato -presente-futuro) della coscienza… “in cui la personalità è determinata da strutture archetipiche di tipo generale o individuale”2 che hanno smosso l’immaginario e fatto da elemento trasformativo dentro di lei… L’avverbio ovunque (contenuto nella frase utilizzata dallo psicoterapeuta precedente “Devi riuscire a star bene ovunque!”), pur corretto nella forma, si è rivelato sterile nella sostanza, incapace di innescare (in anni di

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sedute) una reazione.

Quelle parole si sono appellate a lungo alla razionalità della paziente, senza riuscire a penetrare in profondità e far scattare qualcosa di nuovo.

Probabilmente senza quella parola-immagine (Inferno) quel sogno non sarebbe mai nato… perché le immagini sono la materia, la sostanza, i “mattoni” di cui è fatta l’anima e quindi parlare per immagini è la modalità comunicativa più diretta ed efficace per accedervi.

Le immagini danno del tu all’anima, le parole no: Daniela Depedrini lo racconta con grande chiarezza. In questo suo libro l’autrice è riuscita a rendere semplici le profonde e articolate motivazioni teoriche del modello psicoterapeutico che utilizza, quello dell’Istituto Riza, corredandolo con puntuali e originali riferimenti bibliografici.

Inoltre, attraverso alcuni casi esemplificativi, ha dimostrato concretamente come il linguaggio delle immagini sia capace di far risuonare, nei pazienti, corde profonde difficilmente raggiungibili altrimenti. Attraverso le immagini si può entrare in quel “tabernacolo energetico” della vita dove, in genere, l’accesso è precluso: come l’immagine dell’Inferno ha fatto scattare un “click” nella mia paziente, qualcosa di analogo si è verificato con Michele, Lara, Claudia e Lucrezia.

Si è aperto quello che Dorneus chiama uno “spiraculum aeternitatis”, una finestra sull’eternità… e quando “il soffio dell’eternità entra nel mondo temporale”3 ,

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come scrive Marie-Louise Von Franz, ovvero quando la sfera personale della psiche entra in contatto con l’inconscio collettivo… tutto può accadere.

Direttore dell’Istituto Riza di Medicina Psicosomatica

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