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L’arte della
L’arte della meditazione
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Meditare: si impara facilmente e in poco tempo Cover L'arte della meditazione.indd 1
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Sommario Le varie forme e le basi filosofiche
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Cos’è la meditazione? Come cominciare: i primi passi
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Gli effetti sulla mente e sul corpo
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Fatti guidare dalle immagini
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Meditare è l’attività più semplice L’arte della meditazione Foto: Shutterstock, Fotolia, 123rf EDIZIONI RIZA S.P.A. Via Luigi Anelli 1 - 20122 Milano www.riza.it - info@riza.it Stampato in Italia da: Caleidograf s.r.l. Via Milano 45, 23899 Robbiate (LC)
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Supera di slancio ogni incertezza
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Distribuzione per l’Italia: So.Di.P “Angelo Patuzzi” S.p.A., Via Bettola 18, 20092 Cinisello Balsamo (MI) Tutti i diritti riservati. Questa pubblicazione è protetta da copyright ©. Nessuna parte di essa può essere riprodotta, contenuta in un sistema di recupero o trasmessa in ogni forma e con ogni mezzo elettronico, meccanico, di fotocopia, incisione o altrimenti senza il permesso scritto dell’editore. Le informazioni contenute nella presente pubblicazione sono a scopo informativo e divulgativo: pertanto non intendono sostituire, in alcun caso, il consiglio del medico di fiducia.
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Cos’è la meditazione?
Cos’è la meditazione?
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osa significa meditare? Siamo indotti a pensare che meditare voglia dire riflettere, ragionare su un argomento,
elaborare pensieri. Invece la pratica della meditazione non ha nulla a che fare con il ragionamento su un tema: non si medita su qualcosa: si medita e basta. Nel corso della storia millenaria di questa pratica, la meditazione ha assunto varie forme e si è espressa attraverso differenti tecniche, proponendosi anche scopi diversi. Per questo è impossibile dare una definizione unica ed esauriente rispetto a che cosa significhi meditare. L’importante allora è praticarla, senza porsi obiettivi predefiniti e senza avere aspettative particolari. Solo così ci porterà dei benefici.
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Cos’è la meditazione?
Tante definizioni diverse: la meditazione ha varie facce
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Non esiste un modo unico per dire cosa significhi meditare, ma su un aspetto tutti sono d’accordo: è un prezioso strumento di crescita e di benessere zione come la intendiamo e la illustriamo in questa pubblicazione, non corrisponde affatto a un riflessione, a un ragionamento su un argomento. Infatti, come vedremo, non si medita “su qualcosa”, ma semplicemente si medita e basta. In questo senso forse è più interessante l’etimologia latina della parola, che deriva dal verbo “meditari”, il quale a sua volta viene da “mederi”, che significa “curare”. Nel tempo la parola meditazione è stata intesa sempre più con il significato di “riflessione”, “ragionamento su qualcosa” spesso di argomento religioso. Ma questo non corrisponde allo scopo della meditazione vera, quella che nacque in Oriente e che ha oggi una nuova vita e una sempre maggiore diffusione anche in Occidente.
ggi si sente parlare spesso di meditazione e l’abitudine a meditare è sempre più diffusa e consigliata, per i benefici che apporta alla salute psicofisica. Ma cos’è esattamente la meditazione? Se cerchiamo una definizione unica e completa del termine, andremo certamente delusi. Si possono trovare tante risposte differenti, talvolta contrastanti, perché ogni definizione coglie un aspetto diverso di questa pratica millenaria, sia negli scopi che si propone, sia nelle modalità per eseguirla. Per qualcuno la meditazione ha lo scopo di rilassare, secondo altri porta invece a una maggiore consapevolezza di se stessi, oppure ci insegna a vivere l’attimo presente, o ci aiuta a padroneggiare meglio la mente, o ancora a sentirci in sintonia con gli altri, o a elevare il nostro livello di spiritualità… Ognuna di queste definizioni è valida, ma non è esauriente.
MEDITARE NON VUOL DIRE “RIFLETTERE” Non esiste un termine che, nella nostra lingua, esprime il senso profondo della pratica di meditazione. La parola corretta sarebbe “dhyana”, un’espressione in sanscrito che non si può tradurre nelle lingue occidentali, perché descrive una pratica che in Occidente non esisteva, e quindi non aveva un nome. Lo stesso Buddha nella lingua in cui si esprimeva, il pali, usava la parola “jhan” come traslitterazione del sanscrito “dhyana”. I monaci buddisti che andarono in Cina a diffondere il suo pensiero non trovarono un termine adatto nella lingua locale e così “jhan” in cinese diventò “Chan”, che a sua volta in Giappone si trasformò in “Zen”, che significa letteralmente “meditazione”. L’espressione “meditazione Zen”,è quindi una ripetizione di termini.
NON DATE RETTA AL DIZIONARIO Molte delle convinzioni sbagliate a proposito della meditazione nascono dal significato che diamo alla parola meditare. Nel linguaggio comune meditare significa “pensare a qualcosa”, riflettere su un argomento. Il dizionario Treccani, alla parola “meditazione”, attribuisce questo primo significato: «Fermare a lungo e con intensa concentrazione spirituale la mente sopra un oggetto del pensiero, considerare profondamente un problema, un argomento, soprattutto di natura religiosa, morale, filosofica, scientifica…». Ma non è questo il significato che le attribuiamo in queste pagine. In realtà la medita-
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La meditazione è l’arte di vivere con se stessi. (Osho)
Dalla religione antica alla pratica laica
OGGI SI PARLA DI “PIENEZZA MENTALE”
Nel corso dei secoli, soprattutto a contatto con la cultura occidentale, la parola meditazione ha perso via via la connotazione che aveva in origine in Oriente. Negli ultimi decenni poi si è andata ancor più allontanando dal suo intento spirituale. Anche se le pratiche di meditazione in voga attualmente derivano dalle tecniche buddiste, esse però hanno smarrito o volutamente trascurato il senso religioso che quella cultura assegna loro. Oggi spesso la meditazione in senso laico punta a ottenere quella che viene definita “pienezza mentale”, la consapevolezza del momento presente, nell’istante stesso che si sta vivendo. Per questo le tecniche di meditazione sono state fatte proprie da ambiti completamente diversi da quelli originari, come la psicologia, la medicina, le neuroscienze, le tecniche di rilassamento. Oggi dunque si praticano numerose forme di meditazione, sia antiche che moderne, che si pongono obiettivi diversi fra loro: la crescita spirituale, il rilassamento, la concentrazione, la cura della salute, l’empatia. Da qui una certa confusione che persiste comunemente sulla definizione della meditazione e sugli obiettivi che si pone. L’importante è accostarsi alla meditazione senza preconcetti e senza attese particolari, senza chiedersi troppi perché.
Nel passato la meditazione era considerata spesso una pratica a sfondo religioso, come strumento di elevazione e di purificazione. Nei secoli è stata considerata spesso al servizio della religione, nel buddismo ma anche nel cristianesimo e nelle altre religioni monoteiste. Però è sbagliato pensare che per meditare occorre avere una fede e professare una religione. Non lo era in passato e non lo è soprattutto oggi. A partire dalla seconda metà del secolo scorso sta emergendo sempre più una visione laica della meditazione, come strumento per la cura di se stessi. Talvolta è intesa semplicemente come uno strumento per il relax, trascurando molte delle sue notevoli potenzialità.
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Cos’è la meditazione?
Una storia che comiciò in India più di 4000 anni fa
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È una pratica molto antica ed esisteva prima ancora che nascesse il Buddismo. Inizialmente si è diffusa in tutto l’Oriente, per poi arrivare in Occidente popolo impose la sua filosofia e la sua religione, chiamata Vedismo, nata dalla fusione di precedenti conoscenze e saperi. I testi sacri dei Veda sono una serie di libri che hanno come elemento centrale l’idea dell’esistenza di una Legge cosmica universale, sorvegliata dalle divinità. Concetti che sono alla base dell’Induismo. In questi testi si fa riferimento anche alla meditazione; nei libri chiamati Upanisad (che ci sono giunti sotto forma di scritti elaborati tra l’800 e il 500 a.C.), si parla anche della tecnica con la quale praticare la meditazione: lo yoga. Si tratta di una disciplina basata su posizioni del corpo, movimenti e tecniche di respirazione, che hanno lo scopo di portare a una concentrazione a livelli sempre maggiori. Nei Veda troviamo le basi di tutte le successive pratiche meditative.
impossibile stabilire una data esatta per la nascita della meditazione. Questo ci aiuta a comprendere quanto questa pratica sia antica e radicata nelle tradizioni e nelle culture. Al contrario di quello che si è soliti pensare, la prima tecnica di meditazione non fu elaborata all’interno del Buddismo; 2500 anni fa. La pratica era già diffusa quando visse il Buddha, che probabilmente ne sperimentò diverse tecniche prima di elaborare la propria, fondendo elementi di diverse tradizioni.
NEI TESTI SACRI DEI VEDA L’origine più antica della meditazione risale, secondo molti studiosi, a circa 4000 anni fa, e viene attribuita a un antico popolo nomade che si era insediato nella valle dell’Indo. Questo
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L’atteggiamento più puro del meditante è quello di non avere un’intenzione, è un agire senza agire, come ci indica il Taoismo
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Nel Taoismo e anche nelle arti marziali Vari secoli prima di Cristo anche i taoisti praticavano la meditazione. Il “Tao Te Ching”, libro fondamentale del Tao, ovvero “ciò che non può essere definito, ma che permette la conoscenza”, è attribuito a Lao Tze, vissuto nel VI secolo a.C, anche se le basi dei concetti qui esposti risalgono a secoli prima. La meditazione taoista si basa sul principio del non intervento, sull’osservare se stessi e ciò che ci circonda senza compiere alcuna azione (Wu wei, non agire), contemplando lo scorrere naturale degli eventi. Il corso spontaneo delle cose è considerato la manifestazione di energie che ordinano l’intero universo e quindi la crescita di ogni singolo uomo. Lo scopo della meditazione è quello di calmare il corpo e la mente, unificare la materia con lo spirito, far scorrere nell’organismo l’energia universale che dà vita a tutte le creature. Sono concetti alla base anche della Medicina tradizionale cinese e di alcune forme di arti marziali e ginnastiche dolci, come il Tai Chi Chuan, il Qi Gong, il Do In.
LA DIFFUSIONE CON IL BUDDISMO
tecniche più conosciute è la tecnica Zen, ovvero la forma di Buddismo giapponese, ma nata in India e trasmessa poi dai vari maestri e dai loro discepoli in Giappone, Cina e infine Occidente. Lo Zen ha una concezione particolare dell’insegnamento delle sue basi filosofiche; non si può trasmettere a parole o con il ragionamento, ma il passaggio avviene da maestro ad allievo tramite l’illuminazione che scatta anche attraverso comportamenti paradossali. La tecnica di meditazione si chiama Zazen, cioè “meditazione da seduti”. Stando seduti a meditare si demoliscono le false certezze sul mondo materiale, che rappresentano la base della sofferenza
La meditazione è uno dei capisaldi del Buddismo che riprese dai Veda, perfezionò e sviluppò questa pratica, diffondendola poi in tutto l’Oriente. Anche se nel Buddismo cambia il metodo, la finalità è simile: rimediare alla sofferenza grazie a una maggiore consapevolezza di se stessi fino ad arrivare a percepire un principio cosmico universale e la compassione verso ogni essere. Le pratiche e le forme della meditazione differiscono a seconda dei tipi di Buddismo; la sua impostazione cambiò infatti col tempo e secondo le aree di diffusione. Una delle forme di meditazione buddista che ha maggiore seguito oggi è quella definita Vipassana, o “visione chiara, attenzione consapevole”. Un’altra tra le
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Cos’è la meditazione?
La meditazione arriva nel mondo occidentale Prima del secolo scorso, in Occidente si meditava quasi esclusivamente nell’ambito delle religioni, come strumento che favoriva l’avvicinarsi a Dio
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pensatori greci e romani ebbero qualche notizia delle idee religiose e filosofiche collegate alla meditazione attraverso i contatti (militari, commerciali) con l’Oriente, tuttavia non approfondirono questa pratica. Invece le religioni monoteiste (Ebraismo, Cristianesimo e Islamismo) assimilarono e svilupparono per conto proprio pratiche di questo genere. La differenza fondamentale è che mentre la meditazione nata in India si propone lo scopo di favorire un contatto più profondo con se stessi, le religioni monoteiste la usano come strumento per mettersi in contatto con Dio. Diventa quindi una sorta di preghiera contemplativa, che punta all’ascesi spirituale e anche all’estasi mistica, attraverso una sorta di abbandono, ottenuto con la concentrazione su soggetti religiosi: frasi, immagini o pensieri.
STRUMENTO DI PREGHIERA Nel Cristianesimo i monaci che si isolavano nel deserto o i mistici contemplativi nei conventi praticavano una forma estrema di meditazione. Ma questa pratica è suggerita a tutti i fedeli come forma di elevazione spirituale. Nell’Ebraismo i profeti del Vecchio Testamento si isolavano dal mondo, entrando in uno stato di coscienza alterato, attraverso la contemplazione e il digiuno. Anche i meditatori dell’Ebraismo si servono delle parole come strumento di ascesi, dal momento che Dio stesso creò il mondo nominandolo. Nell’Islam i sufi (antecedenti allo stesso Maometto) praticano una forma di meditazione. Per il mistico musulmano meditare è affidarsi a Dio, nominando tutti i suoi nomi, fino allo scomparire dell’anima individuale.
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Camminare nella natura per meditare Henry David Thoreau era anche un appassionato sostenitore dell’importanza del camminare come pratica per aumentare la consapevolezza di sé, una vera e propria “meditazione camminata”. Scrisse anche un’opera, intitolata “Camminare, viaggio alla scoperta della natura e di sé”.
LA RISCOPERTA TRA OTTOCENTO E NOVECENTO Fino all’Ottocento il concetto di meditazione era praticamente relegato nell’ambito religioso, ma, tra la fine di quel secolo e l’inizio del Novecento, una serie di fenomeni culturali, artistici e filosofici portò alla riscoperta delle antiche pratiche orientali e a un maggiore interesse verso l’introspezione, come reazione alla crisi del pensiero scientifico. C’era quindi una maggiore disponibilità ad accogliere le pratiche orientali, più basate sulla spiritualità che sul materialismo razionale. Gli studi di Freud e Jung misero allo scoperto l’esistenza in ognuno di noi di un mondo interiore praticamente ancora inesplorato.
Gli sciamani e il viaggio interiore L’origine delle pratiche di meditazione si colloca solitamente in India, ma anche gli sciamani delle popolazioni più antiche del Nord Europa e di varie zone del continente americano usavano tecniche che in qualche modo si avvicinano al meditare, per poter entrare in contatto con gli spiriti e gli dei. Attraverso la ripetizione di cantilene, la musica ritmica, la danza e l’aiuto di sostanze psicotrope, cadevano in una specie di trance, dalla quale riemergevano con una rafforzata “aura” di stregoni dotati di poteri magici e curativi. È un viaggio interiore, come la meditazione che intendiamo noi, ma alla ricerca di altri mondi… Inoltre gli sciamani perdevano la coscienza, mentre chi medita secondo la pratica moderna ispirata alle discipline indiane resta sempre cosciente, anzi, ottiene una lucidità mentale ancora superiore.
IL PENSIERO ORIENTALE SBARCA NEGLI STATI UNITI Sempre verso la fine dell’Ottocento emersero varie correnti di pensiero basate sul legame spirituale tra ogni singolo uomo, gli altri uomini e tutta la natura. È il caso per esempio dell’opera di Ralph Waldo Emerson e di Henry David Thoreau, che negli Stati Uniti lessero e misero in pratica il pensiero induista. In particolare Thoreau trascorse due anni in una capanna che si era costruito nel bosco, a contatto con la natura e a meditare sulla vita. A inizio Novecento giunsero negli Stati Uniti saggi indiani e monaci giapponesi, che tennero conferenze e aprirono scuole di meditazione. Si sparsero i semi per il “boom” della filosofia orientale che esplose dagli anni Sessanta, contagiando tutto il mondo.
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