LEZIONI SPIRITUALI PER GIOVANI FUMETTARI
EMILIANO MAMMUCARI
L’ARTE, IL MERCATO, IL MESTIERE, IL WEB
EDIZIONE 2018
LEZIONI SPIRITUALI PER GIOVANI FUMETTARI
Emiliano Mammucari
L’arte, il mercato, il mestiere, il web
Supervisione: Davide G.G. Caci Illustrazione di copertina: Emiliano Mammucari Progetto grafico copertina: Fabrizio Verrocchi Impaginazione: Arancia Studio
LEZIONI SPIRITUALI PER GIOVANI FUMETTARI Edizioni Star Comics s.r.l. - Strada delle Selvette, 1/bis 1, 06134 Bosco (PG). Distributore per le fumetterie Star Shop Distribuzione srl, via del Piombo, 30, 06134 Ponte Felcino (PG). Distributore per le librerie A.L.I. - Agenzia Libraria International s.r.l., via Milano, 73/75, 20010 Cornaredo (MI). Š 2017 Emiliano Mammucari. Per questa edizione Š Edizioni Star Comics s.r.l. All Rights Reserved. Diritti di traduzione, riproduzione e adattamento riservati per tutti i Paesi. Direttore Generale Giovanni Bovini Amministratore Delegato Simone Bovini Direttore Editoriale e Responsabile Claudia Bovini Publishing Manager Davide G.G. Caci Redazione Luca Loletti, Federico Marchionni, Cristian Posocco, Fabio Amelia, Fulvio Gambotto, Francesco Palmieri Amministrazione Maria Grazia Acacia
Sommario
INTRODUZIONE
9
INIZIARE
17
1.1 La “crisi del fumetto” di cui si vocifera da cinquant’anni
19
1.2 E che ci vuole?
23
1.2.1 Ce la farò?
24
1.2.2 Come si impara
25
1.2.3 “Niente di mio”
27
1.2.4 A scuola di fumetto
29
1.3 Le varie figure professionali
30
1.3.1 Disegnatore
31
1.3.2 Sceneggiatore
32
1.3.3 Inchiostratore
34
1.3.4 Colorista
35
1.3.5 Copertinista
37
1.4 Preparare una storia 1.4.1 La sindrome da “Signore degli Anelli”
CRESCERE 2.1 Capire quando si è pronti
39 40
43 45
2.1.1 Iniziare a muoversi: realizzare un book
45
2.1.2 Primi contatti con l’editoria
47
2.1.3 “Presentare” la presentazione. Cose da dire e cose da evitare quando ci si presenta 49
2.2 Primi passi nell’editoria tradizionale
50
2.2.1 I piccoli editori e le prime pubblicazioni
50
2.2.2 Case editrici di medio livello
52
2.2.3 I bonellidi
53
2.2.4 Direttamente in volume
54
2.3 Uscire dai binari
55
2.3.1 Jeff Smith e Bone
55
2.3.2 Leo Ortolani e il suo Rat-Man
59
2.3.3 Gipi
61
2.4 Editarsi e autoprodursi
65
2.4.1 Breve prontuario di un “autoproduttore” 66 2.4.2 Distribuzione e autodistribuzione
68
2.4.3 Le nuove forme di autoproduzione
70
2.4.4 Kickstarter e le forme di crowdfunding
I MERCATI 3.1 Italia
71
77 80
3.1.1 Quello sterile dualismo tra “fumetto popolare” e “fumetto d’autore” 80 3.1.2 La strana anomalia
85
3.1.3 L’edicola
86
3.1.4 Il pubblico mainstream
89
3.1.5 I volumi da libreria: “graphic novel” o “romanzi grafici” 91 3.1.6 La battaglia delle fumetterie
93
3.1.7 Le librerie di varia
93
3.2 Francia
101
3.2.1 La planche
103
3.2.2 Contaminazioni
104
3.2.3 I conti della serva
106
3.2.4 La serialità
107
3.2.5 Italiani d’Oltralpe
108
3.2.6 Come proporsi in Francia
109
3.3 Giappone
112
3.3.1 Un viaggio dentro il manga: una conversazione con l’editor Kaori Kitamoto 115 3.4 America 3.4.1 La “grammatica” supereroistica 3.4.2 Figure professionali
119 119 120
3.4.3 I talent scout e gli italiani in Usa
121
3.4.4 Comic Book e Trade Paperback
122
3.4.5 La bolla speculativa degli anni Novanta e la nascita della Image Comics 123 3.4.6 Quesada e la mentalità imprenditoriale: il “Mignola commerciale” che diventa capo della Marvel 124 3.4.7 Il Cinematic Universe e la Disney, il DC Extended Universe e la Warner 126 3.4.8 DC Comics
127
3.4.9 L’attuale Image
130
3.4.10 IDW e l’evoluzione del licensing
132
3.4.11 Il biennio 2016-2017
133
LE PROPRIETÀ INTELLETTUALI 4.1 I successi del futuro 4.1.1 Autore, anzi showrunner
135 137 138
4.1.2 Skybound, Millarworld e gli incubatori di IP 140 4.1.3 Ping pong sull’Atlantico
142
4.1.4 In Italia
143
4.1.5 La nuova Sergio Bonelli Editore
145
4.2 Strade
147
IL WEB
149
5.1 Il social proof
151
5.1.1 Costruire una carriera dalla rete
151
5.1.2 La web reputation e il codice etico
153
5.2 Webcomics
155
5.2.1 In Italia
156
5.2.2 Zerocalcare
157
5.3 Fenomenologia… di un fenomeno
159
5.3.1 Giacomo Bevilacqua
160
5.3.2 Community e sottopubblico
162
5.3.3 Dal webcomic all’editoria major
163
5.3.4 Fanbase
165
5.3.5 Monetizzare
166
5.3.6 Sio
167
5.3.7 Rapporto follower-lettori
168
5.4 Gli editori
170
DOMANI
171
RINGRAZIAMENTI
175
GLOSSARIO
179
INTRODUZIONE LA VIA DEL FUMETTO
Emiliano Mammucari
11
Il talento è una strana bestia.
Un maestro diceva che averlo è addirittura controproducente,
perché ti impigrisce. Ti viene tutto facile, non sei abituato a soffrire.
Sei nel bozzolo rassicurante di casa, ci sono mamma e papà che ti
dicono “che bravo che sei!”, disegnare è una gioia. Sei il più bravo disegnatore del tuo pianerottolo.
Quando esci e ti confronti, le cose cambiano. Magari ti presenti a
una di quelle famose portfolio review, in cui i rappresentanti delle
case editrici visionano i lavori degli aspiranti disegnatori. Presenti le tue cose, aspettandoti come minimo che l’editor salti dalla sedia
riconoscendo la tua statura artistica, e invece vieni accolto freddamente. Ti guardi intorno e tutti gli aspiranti hanno un talento
pari al tuo, alcuni sono più bravi. Pensavi di essere speciale, e in-
vece sei uno dei tanti non ancora a un livello di pubblicazione. In quel momento la maggior parte dei ragazzi talentuosi smette,
liquida la cosa come “questi non capiscono la mia Arte” e torna a fare disegni nella propria cameretta, a scriversi, disegnarsi e leggersi da solo.
Altri capiscono che devono migliorare. Che il fumetto e la scrittu-
ra sono una disciplina, come lo sport o la musica. Puoi avere i piedi fatati di Maradona, ma se non hai voglia di allenarti tutti i giorni resti a giocare nei campi di periferia; puoi avere la sensibilità mu-
sicale di un Segovia, ma se non studi tecnica otto ore al giorno resti a suonare in spiaggia con gli amici.
Si potrebbe paragonare il disegno al Bushidō, la via del guerrie-
ro, il codice di condotta dei samurai: non diventi un samurai, sei
un samurai. Affronti la disciplina del disegno giorno dopo giorno,
cerchi i tuoi limiti e li superi. Il giorno in cui smetti di imparare, in realtà inizi a disimparare.
Questo non è un manuale di disegno, né tantomeno un manuale
di tecnica del fumetto, in giro ce ne sono già tanti e di buona qua-
12 INTRODUZIONE
lità. Questo libro parla di come si intraprende la professione del fumettista (o “fumettaro”, come amava definirsi Hugo Pratt). Perché se è vero che per realizzare storie ci vogliono l’ispirazione, l’urgenza narrativa, la capacità di raccontare, poi però bisogna arrivare nelle case della gente. Farsi leggere. A volte ci si sente in imbarazzo a parlare di mestiere, come se non fosse possibile conciliare esigenze artistiche con i meccanismi del professionismo. Io, personalmente, mi sento in imbarazzo a parlare di arte se viene scissa da quella sana componente di artigianato che la tiene in connessione con il mondo reale. Là fuori è pieno di persone che scrivono senza che nessuno legga le loro cose. Sei convinto di aver scritto un capolavoro, ma è facile quando sei l’unico lettore di te stesso. Nel momento in cui hai un confronto col pubblico, allora sì che parliamo di comunicazione. Magari scopri che le cose che hai scritto non erano granché e non emozionano nessuno. O magari sì, sono davvero buone, e valeva la pena mettersi in gioco e sforzarsi per comunicarle agli altri. Ecco: questo libro parla del modo in cui si tirano parole e segni fuori dal cassetto e si arriva ad avere un rapporto con le persone. E magari ci campi anche, hai visto mai.
E. M.
INIZIARE CAPITOLO 1
Emiliano Mammucari
19
1.1 La “crisi del fumetto” di cui si vocifera da cinquant’anni Conviene lavorare nel mondo del fumetto?
La parola che più si associa agli eroi di carta è “crisi”.
Di vendite, soprattutto, ma anche di certezze e di identità.
Crisi di vendite, perché stiamo assistendo a una lenta e continua
erosione delle tirature. Siamo – ovviamente – distanti anni luce dai
numeri degli anni Cinquanta e Sessanta. Ma ormai ci si allontana anche dalle tirature dei primi anni Novanta, quando era impensabile che un fumetto di successo scendesse sotto le sei cifre. Un fenomeno globale, che investe tutti i principali mercati mondiali.
Crisi di certezze, perché quello del fumettista è un lavoro freelance.
Non ci sono cose come contratti a tempo indeterminato. Sei un li-
bero professionista che realizza un prodotto e hai un editore che paga per la cessione dei diritti di pubblicazione. Addirittura in Italia
la figura del disegnatore non viene riconosciuta come figura pro-
fessionale (i commercialisti, di solito, inquadrano il mestiere sotto Altre attività di interpretazione artistico-letteraria). Tutt’ora nel nostro Paese sta avvenendo un dibattito perché si riescano a ottenere una
regolamentazione e un contratto-tipo. Qualcosa simile a ciò che era l’Enpals per i lavoratori del mondo dello spettacolo.
Crisi di identità, perché spesso ci si ritrova a dibattere su che tipo
di linguaggio sia il fumetto, se sia un medium attuale o meno, e soprattutto che cosa sarà il fumetto domani.
Altri linguaggi non soffrono di questa perenne autoanalisi. Cine-
ma e letteratura non sentono l’esigenza di mettere in discussione
le proprie caratteristiche basilari: un romanzo è un romanzo, un
film è un film. Puoi discutere se domani il cinema sarà tutto in 3d, se si abbandonerà completamente la pellicola o meno, ma non si
mette in discussione il fatto che il cinema è un racconto per imma-
20 1. INIZIARE
gini in movimento. Parlando del futuro della musica pensi magari alla crisi dei canali distributivi tradizionali, ma una canzone è una
canzone. Nel fumetto c’è questo continuo bisogno di definirsi. Di spiegare che cos’è il fumetto. Di capire qual è il medium al quale il
fumetto assomiglia di più. E la cosa curiosa è che lo si fa da sempre. Si sente dire che il fumetto è letteratura disegnata. Per altri è più vi-
cino al cinema, perché la narrazione è visuale. Altri ancora cercano
qualcosa di più simile all’illustrazione, cercando di far vivere una storia soprattutto attraverso suggestioni grafiche. Ultimamente ho
letto una conversazione sul fumetto tra Igort e David Mazzucchelli,
in cui quest’ultimo sottolinea aspetti in comune tra fumetto e teatro: Il fumetto è una sorta di letteratura, ma molto visiva. Qualcosa legato alla prosa, molto vicino, in uno strano modo, anche al teatro. C’è una sorta di palcoscenico dal quale vediamo la scena narrata, un contesto artificiale all’interno del quale creare qualcosa di emotivamente rilevante.1
Questa discussione non è soltanto relegata alla teoria, ma va a toc-
care il modo stesso di raccontare una storia.
A farne le spese sono gli strumenti tipici del fumetto: una vol-
ta si mettono in discussione le onomatopee (i suoni), una volta le didascalie, un’altra le vignette. A fine anni Settanta, in Italia, gli
autori che cercavano una narrazione più cinematografica avevano deciso di ridurre al minimo le onomatopee perché nel cinema non
ci sono, perché sono infantili e ricordano un modo kitsch di fare
fumetto (come il Batman televisivo degli anni Sessanta, pieno di quei “Bang”, “Pow”, “Kablam” che lo rendevano così… fumetto-
1
Intervista pubblicata sul volume Territori del racconto a fumetti, Aa. Vv., L’Ancora del Mediterraneo, 2000.
Emiliano Mammucari
21
so). Negli Stati Uniti, in quello stesso periodo, disegnatori come
Howard Chaykin decidevano invece di farne un uso smodato, quasi fossero una traccia audio di sottofondo, proprio perché nel
cinema ci sono i suoni. Per non parlare dell’uso che ne fanno da sem-
pre gli orientali: nel manga giapponese l’onomatopea è parte integrante del disegno. Viene usata addirittura per indicare il silenzio.
Un altro oggetto di discordia è la didascalia. È un elemento tipicamente letterario: nei fumetti classici è normale trovare scene che iniziano con Nel frattempo o Nello stesso momento, in un altro luogo. Ad-
dirittura, venivano talvolta usate per descrivere le azioni disegnate: Tizio, estratta la pistola, spara a Caio. È la voce di quello che in gergo tec-
nico si chiama “narratore onnisciente”, un espediente che ricorda il feuilleton. Dagli anni Settanta le didascalie vengono viste come fumo
negli occhi, relegate a escamotage di bassa fattura. Quasi spariscono, per ricomparire prepotentemente nei primi anni Ottanta. Nel 1986
esce The Dark Knight Returns, di Frank Miller, ed è un’esplosione di
didascalie. L’uso che se ne fa, però, è stravolto: nelle didascalie ci sono i monologhi interiori, vengono usati persino colori diversi a seconda del personaggio a cui appartiene il pensiero. Niente più narratore
onnisciente, la storia viene raccontata direttamente dai personaggi. La narrazione a fumetti è un susseguirsi di disegni separati da uno
spazio bianco. E se così non fosse? Se si potesse rompere la gabbia? Ci sono stati (e ci sono ancora) tentativi di mettere in discussione il concetto stesso di vignetta (non posso non ricordare, per esempio, gli esperimenti di Gianni De Luca su “Il Giornalino”).
Allora, c’è davvero questa crisi? Sì... e no. In realtà si parla di “cri-
si” dall’alba dei tempi, eppure siamo ancora qui a parlare di fumetti. Di più: mai come oggi il fumetto ha goduto di tanta popolarità.
In un’intervista di diversi anni fa, John Romita Sr. (uno dei più
grandi cartoonist di sempre) diceva di aver iniziato a disegnare come impiego temporaneo, convinto che i comics fossero una moda
22 1. INIZIARE
passeggera e che sarebbero estinti di lì a poco. Stiamo parlando degli anni Quaranta.
È proprio il medium fumetto che è caratterizzato da questo proce-
dere a singhiozzo: momenti di difficoltà seguiti da fenomeni di ri-
nascita continui. Come per esempio il periodo della crisi di fine anni Settanta (la cosiddetta “DC implosion”), a cui è seguito uno dei mo-
menti più floridi in assoluto; o gli anni Novanta, quando si è passati
dai milioni di copie di X-Men alla bancarotta della Marvel del 1998.
Quando ci sono momenti del genere si dà la colpa a fatti esterni: una volta all’avvento dei cartoni animati, un’altra ai videogiochi, un’altra ancora alle serie
tv.
Raramente si chiama in causa la qua-
lità del prodotto o la capacità di trovare una diffusione diretta. In realtà il fumetto ha il pregio di essere un linguaggio straordinariamente immediato: se non hai idee e non hai mordente, il pubblico ci mette poco a girarti le spalle. Se invece racconti storie che han-
no davvero qualcosa da dire, il tamtam dei lettori compie miracoli di marketing.
Parlando di vendite, è innegabile che ci sia una flessione delle ti-
rature. Ma è legata al declino di tutto il mondo della carta stam-
pata, più che al medium stesso. Anzi: rispetto al crollo di tiratura di quotidiani e riviste, tutto sommato il fumetto se la sta cavando bene. Poi c’è l’avvento delle piattaforme digitali e dei nuovi mezzi
di fruizione. È ancora presto per parlarne, però certamente se si fa un’analisi non ci si può più basare solo sui numeri della carta stampata (sebbene la diffusione digitale non sia, a oggi, così importante, come vedremo più avanti).
Sulle incertezze professionali, è tutto il mondo che si è adeguato.
Dieci anni fa fare il fumettista era un lavoro atipico. Adesso tra stage, flessibilità del lavoro, voucher e contratti a progetto, tutto sommato fare il libero professionista sta diventando un lusso.