D1951_LE REGOLE DEL MILIONARIO

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Maureen Child

LE REGOLE DEL MILIONARIO


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Cinderella & the CEO Silhouette Desire © 2010 Maureen Child Traduzione di Giuseppe Biemmi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Destiny maggio 2012 Questo volume è stato stampato nell'aprile 2012 presso la Rotolito Lombarda - Milano HARMONY DESTINY ISSN 1122 - 5470 Periodico settimanale n. 1951 dell'8/05/2012 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 413 del 31/08/1983 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


1 «Salve, sono la sua nuova domestica.» Tanner King squadrò la donna che era appena entrata da capo a piedi, notandone le curve armoniose, il delicato ovale del volto e le labbra piene. Sulla trentina o giù di lì, aveva dei capelli biondi che le ricadevano in una massa vaporosa sulle spalle e dei jeans sbiaditi che le fasciavano le gambe non particolarmente lunghe ma ben modellate. I suoi occhi azzurri scintillavano e, quando sorrideva, le si formava una fossetta ammiccante nella guancia sinistra. Sentendosi rimescolare, Tanner scosse il capo in un gesto rivolto tanto a lei quanto alla risposta fisica che quel'incontro inaspettato aveva generato in lui. «No che non lo è.» «Cosa?» Lei rise e il rumorino di gola che produsse lo avvolse, spedendogli una tale ondata di calore attraverso le vene che Tanner non poté fare a meno di pensare che era passato un bel pezzo dall'ultima volta che era stato con una donna. In ogni caso, scosse nuovamente la testa e disse: «Lei non è affatto una domestica». Un sopracciglio biondo si inarcò impertinente. «Perché non dovrei esserlo?» «Perché non è abbastanza avanti con gli anni.» «Be', per quanto lusingata mi possa sentire dalla sua affermazione, posso garantirle che sono abbastanza 5


grande per pulire una casa. Scusi, ma chi si aspettava? La signora Doubtfire?» Immediatamente la mente di Tanner andò a quel vecchio film in cui Robin Williams si travestiva da donna anziana e corpulenta, e annuì. «Già.» «Spiacente di deluderla.» Lei inarcò le labbra, divertita, e la fossetta ricomparve. Oh, non lo aveva affatto deluso. Proprio qui stava il problema. Non c'era nulla in quella donna che si potesse definire deludente. Ma lui non poteva proprio assumerla. Non voleva certe distrazioni per casa. «Ricominciamo daccapo» propose lei, tendendogli la mano destra. «Io sono Ivy Holloway e, a meno che abbia preso una megacantonata, lei dovrebbe essere Tanner King.» Ci volle un lungo istante prima che lui le stringesse la mano, e comunque gliela lasciò andare un attimo dopo. Non gli piaceva il brivido caldo e peccaminoso che gli era risalito lungo il braccio nel momento in cui l'aveva toccata. Stava a indicare che l'assunzione di quella donna era una pessima idea. Niente era andato per il verso giusto da quando, due mesi prima, si era trasferito in quella che avrebbe dovuto essere la casa perfetta. Perché mai fosse sorpreso da quest'ultimo contrattempo, non avrebbe saputo dirlo. Il tramonto stava calando sulla vallata e i soffici capelli biondi della donna erano agitati dalla fresca brezza che spirava dalla montagna. Lei lo stava osservando come se fosse appena giunto direttamente da Marte. E Tanner supponeva di non poterla biasimare. Questo era ciò che accadeva quando un uomo con una predilezione per la privacy si spostava in un posto in cui nulla poteva restare segreto a lungo. Non aveva alcun dubbio che la cittadina di Cabot Valley nutrisse una certa curiosità nei suoi confronti. Ma lui aveva scelto quella località nella speranza di trovare pace e 6


tranquillità, per poter lavorare senza essere disturbato. Naturalmente, la parte relativa a pace e tranquillità si era già disintegrata. Sollevò lo sguardo oltre i confini della sua proprietà, dove acri e acri di alberi di Natale si stagliavano a perdita d'occhio. Pareva una scena bucolica. E invece, in realtà, era tutt'altro. La frustrazione gli ribollì dentro per un attimo, ma la represse prontamente. «Senta» le disse, spostandosi per piantare una mano contro lo stipite della porta e bloccare così il passaggio. «Mi spiace che abbia dovuto venire qui, ma lei non è esattamente ciò che cercavo. In ogni caso, le pagherò il disturbo.» Secondo l'esperienza di Tanner le persone, specialmente se donne, erano sempre disposte a essere liquidate in quel modo. Le sue ex ricevevano degli squisiti braccialetti di diamanti e le domestiche che non facevano al caso suo potevano contare su un congruo assegno. «Perché mai dovrebbe pagarmi se non ho ancora lavorato?» «Perché non lavorerà mai. Almeno, non per me.» «Non le serve una cameriera?» gli chiese lei, incrociando le braccia appena al di sotto dei seni che si sollevarono, in modo che non gli fu possibile ignorarli. Oddio, non che finora li avesse ignorati. I suoi erano seni rotondi e pieni, e qualcosa si intravedeva già attraverso la scollatura della maglietta. Oh, li aveva notati eccome. «Certo che mi serve.» «Bene, il suo avvocato mi ha assunta proprio per questo incarico. Qual è il problema?» Il problema, si disse lui, era che non era stato abbastanza preciso quando il suo miglior amico nonché legale di fiducia, Mitchell Tyler, si era offerto di trovargli una collaboratrice domestica. Era colpa sua, perché non aveva sottolineato a Mitch che la donna 7


contattata doveva essere avanti con gli anni e anonima quanto bastava per non costituire una tentazione. Tanner era già in ritardo con il lavoro a causa di tutti gli imprevisti incontrati. Non voleva avere costantemente sotto al naso un'ulteriore distrazione. E Ivy Holloway sarebbe stata una grossa distrazione. Mentre era perso nei suoi pensieri, la donna si abbassò per sgattaiolargli sotto il braccio e infilarsi in casa prima che potesse fermarla. Per liberarsi di lei, avrebbe dovuto afferrarla e portarla fuori di peso. Cosa che non sarebbe stata difficile. Minuta com'era, avrebbe potuto caricarsela in spalla, attraversare il portichetto, scendere i gradini e depositarla sul prato erboso nel giro di pochi secondi. Ma, neanche gli avesse letto nel pensiero, lei si addentrò ulteriormente in casa fino a raggiungere il soggiorno. Una volta arrivata nella stanza, si fermò e, girando su se stessa, diede un'occhiata attorno. «Questo posto è stupefacente» commentò mentre lui seguiva il suo sguardo. Pannelli in legno scuro e grandi vetrate costituivano la struttura portante della casa, offrendo a Tanner una vista spettacolare sul vivaio di alberi di Natale che gli aveva avvelenato l'esistenza negli ultimi due mesi. Il soggiorno era imponente, disseminato di poltrone e divani, raggruppati a formare angoli per potenziali conversazioni che, in realtà, non avevano mai luogo. Il caminetto era in pietra naturale di fiume ed era così grande che Tanner sarebbe riuscito a stare in piedi al suo interno. Una libreria, alta poco meno di un metro, correva lungo il perimetro della stanza e due grandi tavoli dal ripiano scintillante poggiavano su un caldo parquet color miele. Era esattamente come aveva sempre desiderato che fosse casa sua. Sarebbe stata perfetta, non fosse stato per... «La gente muore dalla voglia di vedere questa ca8


sa» rifletté Ivy ad alta voce. «Fin da quando lei ha acquistato questo posto e ha iniziato la ristrutturazione, tutti ne sono stata affascinati.» «Ne sono sicuro, ma...» «È comprensibile» aggiunse lei, lanciandogli una rapida occhiata. «Dopotutto, questa villa è rimasta disabitata per anni prima che lei la comprasse, e non appariva certo com'è adesso.» Oh, questo Tanner lo sapeva. Non per niente aveva pagato una fortuna all'impresa edile perché realizzasse in dieci mesi un lavoro che, normalmente, avrebbe richiesto due anni. Sapeva fin da principio ciò che voleva, e aveva fatto disegnare il progetto a un suo cugino architetto. Tanner era stato meticoloso. Aveva sistemato quel luogo perché diventasse il suo rifugio dal mondo. Sicuro e inviolato. Storcendo il naso, sbuffò di fronte alla rapidità con cui i suoi piani erano stati mandati all'aria. «Dov'è la cucina?» chiese lei, interrompendo nuovamente il corso dei suoi pensieri. Lui la indicò. «Da quella parte, ma...» Troppo tardi. Era già là, con i tacchi dei suoi stivaletti che ticchettavano allegramente sul pavimento in parquet. Obbligato a seguirla, Tanner la tallonò, riuscendo a staccare gli occhi dalla curva del suo fondoschiena grazie a un vero e proprio sforzo di volontà. «Oh, mio Dio» sussurrò lei, come se avesse appena messo piede in una cattedrale. Anche la cucina era enorme. Luminosa, con delle pareti color pastello e dei pensili chiari. Un enorme piano di lavoro in granito sormontava tutta una serie di credenze e armadietti e il grande lavandino principale era posto di fronte a un'ampia finestra con vista sul retro della proprietà. Perfino al crepuscolo il giardino era di grande effetto, con alberi e cespugli dal taglio artisticamente sagomato, con aiole piene di fiori estivi che inondavano di colore la scena. 9


«Cucinare qui sembrerà una specie di vacanza» mormorò lei, lanciandogli un fugace sorriso. «Dovrebbe vedere la mia cucina. Non c'è nemmeno spazio per un banco decente e gli elettrodomestici sono più vecchi di me.» Lei si avvicinò all'imponente frigorifero e aprì l'anta, facendo un gemito di ammirazione di fronte a tutto lo spazio che vi trovò dentro. Poi corrugò la fronte e tornò a guardarlo. «Birra e salame? Tutto qui quello che ci tiene dentro?» «C'è anche un po' di prosciutto» disse lui, vagamente sulla difensiva. «E delle uova.» «Due.» «In compenso il congelatore è pieno» sottolineò lui, sebbene gli sfuggisse il motivo per cui dovesse giustificarsi con lei. «Come vede, non sono completamente allo sbando.» Lei gli rivolse un'espressione che solitamente si riservava a gente non particolarmente sveglia. «Una cucina incredibile come questa, e tutto ciò che usa è il microonde per riscaldare cibi surgelati?» Tanner si rabbuiò. Era un uomo impegnato. E in ogni caso aveva in programma di cucinare, o quantomeno di assumere qualcuno che lo facesse. «Lasciamo perdere.» Scuotendo il capo, Ivy richiuse lo sportello. «Okay, procurerò un po' di provviste e...». «So far la spesa da me.» «Oh, non ne dubito. Ma la lista gliela preparerò io, visto che non mi sembra il suo forte.» «Signorina Holloway...» «Oh, mi chiami pure Ivy. Lo fanno tutti.» «Signorina Holloway» ripeté deliberatamente lui e vide inarcarsi nuovamente un sopracciglio. «Le ho già detto che lei qui non funzionerebbe». «Come fa a saperlo?» chiese Ivy, passando il palmo di una mano sul grande ripiano in granito come se 10


stesse coccolandolo. «Potrei rivelarmi la miglior domestica del mondo. Prima di prendere una decisione, almeno mi metta alla prova.» Oh, l'avrebbe provata volentieri, pensò Tanner. Ma non nel senso che intendeva lei. Il suo profumo gli giunse alle narici da sopra l'isola della cucina. Sapeva di limone e Tanner si trattenne appena in tempo dall'inalare in modo più profondo. Se avesse avuto davanti a sé Mitchell, Tanner avrebbe dato volentieri un cazzotto in faccia al suo vecchio compagno di stanza al college. Da anni Mitchell e sua moglie Karen cercavano di trovargli la donna giusta. Avevano organizzato cene con ospiti a sorpresa. Allestito feste in cui gli avevano fatto sfilare davanti tutta una serie di ragazze nel tentativo di farlo uscire dal suo guscio. Il problema era che Tanner non pensava alla sua vita come a un guscio. Aveva trascorso anni a erigersi attorno delle barriere difensive e non voleva affatto lasciare che qualcuno vi si infilasse in mezzo. Aveva degli amici, nonché numerosi cugini e fratellastri. Non aveva bisogno di altro. Ma provare a dirlo agli amici sposati era perfettamente inutile. Era come se, non appena messo l'anello al dito, ogni uomo volesse che ogni tizio di sua conoscenza salisse sulla sua stessa barca. Mitchell, però, non l'avrebbe avuta vinta nel caso di Tanner. Eppure, imperterrito, l'amico continuava a riprovarci. E Ivy Holloway ne costituiva la prova. Mitchell le aveva probabilmente dato un'occhiata e aveva deciso che la sventolona locale era il modo più sicuro per coinvolgere Tanner in ciò che accadeva attorno a lui. Be', non avrebbe funzionato. «Il fatto è» disse prima che la sua reazione fisica potesse distoglierlo dal fare ciò che sapeva andava fatto, «che io lavoro in casa durante la notte. Di conseguenza, dormo durante il giorno... o almeno ci provo.» 11


Con tutto il chiasso prodotto attorno al suo bucolico ritiro, il sonno stava diventando una specie di chimera. «Dunque, non posso lasciare che lei se ne stia qui a fare ogni genere di rumore mentre io lavoro o...» «Che cosa fa?» «Prego?» «Ha detto che lavora in casa.» Lei si appoggiò contro il banco e si prese il mento in una mano. «Che cosa fa?» I suoi occhi azzurri erano penetranti e focalizzati su di lui. «Sono un grafico. Realizzo videogame.» «Davvero? Ne ha fatto qualcuno che conosco?» «Dubito» rispose lui, sapendo benissimo che i suoi videogame erano rivolti più ai ragazzi che alle ragazze. «Non disegno giochi che ruotino attorno alla moda o alla forma fisica.» «Wow» disse lei. «Crede di avere a che fare con una stupida, eh? Questo si chiama trattare la gente dall'alto in basso.» In un certo senso, era così. Solo che non si era aspettato che lei glielo rinfacciasse. «È solo che...» «Su, mi metta alla prova» disse lei con un sorrisetto che fece riapparire la fossetta. «D'accordo» mormorò lui con tono di sfida. «L'ultimo gioco che ho disegnato è stato Dark Druids.» «Veramente?» Ivy strabuzzò gli occhi. «È una bomba. Adoro quel gioco. E, tanto perché lo sappia, io sono arrivata al nono livello» gli disse alzando orgogliosamente il volto. Improvvisamente intrigato suo malgrado, Tanner la degnò di una lunga occhiata di apprezzamento. Sapeva quanto era impegnativo il suo gioco e arrivare al nono livello era davvero notevole. «Complimenti. E quanto tempo le ci è voluto?» Lei si strinse nelle spalle e ammise: «Circa sei mesi ma, a mia discolpa, devo precisare che gioco solo la sera. Dunque, a cosa sta lavorando adesso? Posso 12


chiederlo, oppure si tratta di un segreto di stato?». Sei mesi? Era giunta a un simile livello in sei mesi? Riceveva e-mail da giocatori che si lamentavano per la difficoltà del gioco dato che non avevano ancora superato il terzo livello dopo un anno di tentativi. Tanner dimenticò quasi di doversi liberare di lei. Quindi non era solo bella. Era anche in gamba. Una combinazione letale. Dovette mordersi la lingua per non discutere del suo nuovo gioco e dell'impasse incontrata la sera prima. Se era così brava, magari avrebbe potuto dargli qualche dritta. Comunque, liquidò subito quel pensiero. Non stava cercando un collaboratore. Senza contare che se ne stava qui a parlare con lei quando avrebbe dovuto essere di sopra immerso nella magica atmosfera medievale... il che non faceva che confermare la sua convinzione: lei era una terribile distrazione. «Mi pare di capire che è un segreto» disse lei, interpretando correttamente la sua espressione. «Okay, non importa. Perché non continua a lavorare mentre io mi prendo cura delle cose qui attorno?» «Non penso che...» «Ha bisogno di una domestica» intervenne con decisione lei, «e Dio sa quanto le serve qualcuno che cucini. Per contro, io ho bisogno di un po' di denaro extra. Sarò silenziosissima, al punto che nemmeno saprà di avermi qui. Lo prometto. Quindi, perché non darmi una chance?» Chiaramente, non se ne sarebbe andata di buon grado e Tanner non aveva tempo da perdere in lunghe discussioni. Per il momento, gli sembrò più facile assecondarla. «D'accordo. Io sono di sopra nel mio ufficio. Terza porta a sinistra.» «Buon divertimento!» Lei si voltò e cominciò ad aprire ante e sportelli. Tanner avrebbe parlato con Mitchell per incaricarlo di licenziare la donna. Al più presto. In quanto a lei, si 13


era già dimenticata di averlo alle spalle mentre prendeva appunti su di un taccuino che aveva trovato in un cassetto. Canticchiava e il solo sentirla lo spinse a tagliare la corda. Tutto questo non avrebbe funzionato. Le avrebbe concesso di restare stasera, ma domani avrebbe dovuto sparire. Quando lasciò la cucina, non venne degnato nemmeno di uno sguardo. Nell'istante stesso in cui restò sola, Ivy si abbandonò contro il fantastico pianale della cucina. «È andata bene» mormorò alla stanza vuota. Lo aveva fatto arrabbiare subito. Ma, a voler essere precisi, pensò, era già arrabbiato quando era venuto ad aprirle la porta. Se non fosse stata lesta di gambe, probabilmente non avrebbe mai messo piede in quella casa. E non poteva non entrarci. Doveva avere questo posto di collaboratrice domestica. Sì, un po' di soldi extra le avrebbero fatto comodo, ma non era questa l'unica ragione per cui si trovava lì... in territorio nemico. Che strano. Non aveva mai avuto nemici prima. Ma adesso li aveva. Anzi, ne aveva uno, molto ricco e potente. Certo avrebbe preferito sapere prima che il suo nemico era così affascinante. Un'occhiata a Tanner e si era ritrovata a dover irrigidire le gambe per evitare che le ginocchia le cominciassero a tremare. Tanner King avrebbe dovuto portare un avvertimento destinato alle donne stampato in fronte. Più di un metro e ottanta di muscoli da urlo e dotato di lunghe braccia flessuose, era una delizia ambulante per gli ormoni. Lo sapeva perché i suoi erano ancora impegnati in una danza sfrenata che l'aveva lasciata con il palmo delle mani sudato e le viscere sottosopra. Dal momento in cui le aveva aperto la porta d'ingresso, Ivy si era sentita come se stesse cercando di mantenere l'equilibrio nel corso di un terremoto. 14


I suoi occhi azzurro carico, i folti capelli scuri che gli accarezzavano il colletto della camicia, le spalle larghe, il ventre piatto, tutto contribuiva a rimescolarla dentro. E questo era qualcosa che non aveva previsto. Come poteva lavorare per Tanner King, cercando di ingraziarselo, se si ritrovava con un corpo in costante stato di eccitazione? «Forse il nonno aveva ragione» mormorò, ricordando il modo in cui aveva cercato di farla desistere dal suo piano. Solo che ormai era troppo tardi, pensò Ivy, avvicinandosi a quella che doveva essere la dispensa. Aperta l'anta, le si presentarono alla vista degli scaffali quasi completamente vuoti. Tanner King era fortunato a non essere morto di fame nei due mesi in cui aveva vissuto in quella casa. D'altra parte, sembrava che lui non facesse altro che lavorare ai suoi videogiochi e fare telefonate di rimostranze allo sceriffo. Contro di lei. Ivy chiuse gli occhi e tirò un profondo respiro prima di lasciar uscire di nuovo tutta l'aria dai polmoni. Naturalmente, era questo il motivo per cui si era introdotta da lui. Per l'ennesima visita dello sceriffo Cooper che, due giorni prima, le aveva riferito che non sapeva per quanto ancora avrebbe potuto tenere a freno Tanner King. Chiudendo l'anta della dispensa, vi appoggiò contro la schiena e guardò la grande cucina. Bella ma vuota. Un po' come il suo proprietario. Ma che razza di uomo era per costruirsi una casa tanto invidiabile per poi lasciarla così spoglia? «Be', sei qui proprio per scoprire questo, non è così, Ivy?» si disse con convinzione. Non solo voleva capirlo. Voleva anche che lui conoscesse lei e il posto in cui si era trasferito. Non sarebbe stato facile, ma Ivy non era una perso15


na che si arrendeva al primo ostacolo. Come faceva osservare spesso suo nonno, una volta che si metteva in testa una cosa, niente e nessuno poteva fermarla. Quindi, non se ne sarebbe andata da quella casa fino a quando Tanner King non fosse giunto a pi첫 miti consigli. Sapeva che fingere di essere una semplice collaboratrice domestica non sarebbe stata una passeggiata. Ma ormai era in ballo. Avrebbe fatto il lavoro che era venuta a fare. E, in un modo o nell'altro, Tanner King avrebbe scoperto di aver trovato pane per i suoi denti.

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