Eurocarni 2-2018

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EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXIII N. 2 • Febbraio 2018

€ 5,42

Aspettando MEAT-TECH Commercio on-line I top butchers con CSB-System del mese



Una Storia di Famiglia


“La bontà è più facile da riconoscere che da definire”

(Wistan Hugh Auden)

Il “buono” si trova nelle cose semplici e fatte con amore!!! I bovini Chianini, Marchigiani e Romagnoli nascono e vivono da sempre in questi territori dove i profumi dei nostri pascoli e la tradizione secolare dei nostri allevamenti, rendono le loro carni uniche al mondo.

SOTTOMISURA 3.2 “Sostegno alle attività di informazione e promozione attuate da gruppi di produttori nel mercato interno”

UNIONE EUROPEA FONDO EUROPEO AGRICOLO PER LO SVILUPPO RURALE: l’Europa investe nelle zone rurali


2/18 Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

Stampa

EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985

Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi Fotografia Luigi Credi

Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910 Ufficio stampa e Media Partner

Comitato di redazione Gianni Mozzoni (Legacoop) – Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Redazione Bruxelles Jean-Luc Meriaux: UECBV, rue de la Loi, 81/A Box 9 B 1040 Bruxelles, Belgio Tel. +32 2 230 4603 – Fax +32 2 230 9400 E-mail: uecbv@scarlet.be Redazione New York Stefano Spadoni 1732 1st Ave #27220 – New York, NY 10128 Tel. +1 212 956-8566 E-mail: Stefanony@stefanospadoni.com Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Prof. Fausto Cantarelli – Prof. Carlo Cantoni – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata – Prof. Sergio Ventura Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CC 2018. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2018.

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Naturale da

Generaziоi L’ALLEVAMENTO BOVINO DAL VOLTO UMANO

Oltre 5.000 anni di esperienza nell’allevamento bovino e circa 80.000 aziende agricole locali a conduzione familiare. Sull’Isola di Smeraldo la carne di manzo è una passione comune: gli allevatori lavorano ogni giorno con cura e dedizione per crescere al meglio il proprio bestiame. Perché dietro a ogni manzo c’è il volto di una persona, c’è la storia di una famiglia.

IL NOSTRO MANZO, UNA STORIA DI LIBERTÁ

IRISHBEEF.it


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EUROCARNI La prima rivista veramente europea

In questo numero: La carne nel mondo

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Agenda

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Anteprima

16 Cosimo Sorrentino 20

Memento

In ricordo di Renzo Fossato

Attualità

Carne, sviluppo della domanda e sostenibilità

Slalom

Tassi d’interesse tra Stati Uniti e BCE. Problemi per l’Italia

Cosimo Sorrentino 24

La carne in rete

Social meat

Elena Benedetti

Comunicare la carne

Il senso della carne*

Francesca Petrocchi 30

Aziende

Bonazza: nuove tecnologie e aumento della produzione, con la competenza di sempre

Gian Omar Bison 38

Osservatorio internazionale Irish beef, tradizione millenaria e allevamenti locali

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Luciana Squadrilli 44

Produzione

Dai campi del Sannio al piatto: le carni della Fattoria Veneruso e dell’allevamento D’Oto

Interviste

Sigillo Italiano: l’identikit del vitellone ai cereali

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Bartolomeo Bovetti racconta

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Indagini

Sempre e ovunque: in Italia acquisti e ascolti sempre più “frammentati”

Christian Centone 54

L’informazione e i consumatori “post verità”

58 Giovanni Ballarini 60

Benessere animale

Strategia globale per il benessere animale

Gare carnivore

World Butchers’ Challenge, manca poco

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Macellerie d’Italia

Ronzani: ad Asiago la macelleria si fa rock

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Palazzolo Acreide, la carne oltre la salsiccia

Riccardo Lagorio

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Il segreto della frollatura: la macelleria Bifulco

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Locali di gusto

Ferramenta, ristorante, bar, bottega nel cuore di Santarcangelo di Romagna

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La carne in tavola

La porchetta dall’Impero Romano ad oggi

Giorgia Fieni

Tradizioni

Il ragù: alla napoletana o alla bolognese?

Nunzia Manicardi 92

Week-end

Vallemaggia, omaggio alla capra

Josette Baverez Blanco 98

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In copertina: il 28 febbraio a FICO Eataly World, Bologna, si svolgerà la Giornata della Suinicoltura, incentrata sul tema del benessere animale (photo © romantsubin – stock.adobe.com).

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Tel.: +39-045 890 55 93 | Fax: +39-045 890 55 86 info.it@csb.com | www.csb.com


Fiere

MEAT-TECH 2018: andamento positivo per l’industria della carne

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Partono i road show all’estero per Cibus 2018

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Sicurezza alimentare

Moca: tutte le novità

Sebastiano Corona

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Packaging

E-commerce e cibi freschi: come creare un’esperienza memorabile per il cliente on-line

Aldo Galbusera

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Tecnologie

Commercio on-line: il settore alimentare è ad una svolta. Il CSB-System offre soluzioni al passo con i tempi

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Porzionatori a peso fisso Marelec

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Storia e cultura

La corrida a Roma

Statistiche

Dati ANAS: produzione nell’UE e import-export suini vivi e carni suine in Italia

Andrea Gaddini

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www.eurocarni-online.com 8

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LA CARNE NEL MONDO

Irlanda Le esportazioni di capi vivi dall’Irlanda hanno registrato buoni risultati nel 2017. Considerando i dati fino alla fine di novembre, sono stati superati i 178.000 capi, pari ad un aumento del 35% sul 2016. Lo scorso anno tutte le categorie hanno registrato esportazioni più elevate rispetto al 2016 e l’aumento del numero di spedizioni di vitelli di età superiore ai 3 mesi ha avuto un impatto significativo sul commercio. In totale sono stati esportati oltre 101.000 vitelli, pari ad un aumento di quasi il 40%. Il numero di vitelli da ristallo che sono stati esportati fino ad oggi supera del 35% lo stesso periodo dell’anno scorso (51.000 capi). Inoltre, le esportazioni di bovini adulti (di età inferiore a 21 mesi) sono cresciute del 23% (26.000 capi). Le esportazioni irlandesi di vitelli sono abbastanza stagionali, essendo legate alla fornitura di vitelli maschi da latte in primavera. Il principale periodo di esportazione riguarda i mesi di marzo, aprile e maggio. I mercati principali per i vitelli irlandesi sono Paesi Bassi, Spagna, Belgio e Francia. Le esportazioni in Spagna, interessata soprattutto al finissaggio dei vitelloni di 12-13 mesi di età, sono aumentate del 36% quest’anno (oltre 49.000 capi). Il forte incremento delle esportazioni dall’Irlanda dei vitelli da ristallo (di età compresa tra 3 e 12 mesi) e di bovini da ingrasso (di età compresa tra 12 e 21 mesi) quest’anno riflette un aumento della domanda in diversi mercati. Le esportazioni irlandesi sul mercato italiano sono aumentate del 6%, sino a raggiungere circa 18.700 capi. Il bestiame irlandese ha mantenuto un prezzo leggermente più competitivo nelle ultime stagioni rispetto ai bovini francesi che rappresentano oltre il 75% delle importazioni totali in Italia (fonte: Bord Bia; photo © dennisvdwater – stock.adobe.com).

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Italia-Cina Dopo oltre 16 anni la Cina ha rimosso il bando sulla carne bovina italiana. L’annuncio è stato dato lo scorso dicembre dal Ministero dell’Agricoltura cinese e dall’Amministrazione per il Controllo della qualità, l’ispezione e la quarantena (AQSIQ) a conclusione dei lavori del Comitato governativo Italia-Cina presieduto dal ministro degli Esteri ANGELINO ALFANO e dal suo omologo WANG YI. A seguito di questo sviluppo le autorità dei due Paesi potranno concordare un protocollo sui requisiti sanitari per l’esportazione verso la Cina di carne disossata di bovini con meno di 30 mesi. Il Ministero dell’Agricoltura cinese e AQSIQ hanno anche comunicato la rimozione del bando sul seme bovino italiano per il virus di Schmallenberg imposto nel 2012. Nel settembre scorso una delegazione di esperti cinesi aveva compiuto una visita ispettiva in Italia per verificare le garanzie sanitarie offerte dal sistema produttivo italiano. Questo risultato così importante per il nostro sistema produttivo è frutto del lavoro di squadra tra il Ministero della Salute e l’Ambasciata a Pechino. «Siamo molto felici e soddisfatti di questa importante decisione» ha commentato per l’agenzia di stampa EFA News il direttore generale di ASSOCARNI FRANÇOIS TOMEI. «Siamo il primo Paese europeo per il quale la Cina ha rimosso il bando imposto più di 16 anni fa per l’Encefalopatia Spongiforme Bovina (BSE) e si tratta di una decisione che arriva alla fine di un lunghissimo iter. Un processo piuttosto lungo che ha impiegato l’importante ausilio delle autorità cinesi, del Ministero della Salute italiano e della nostra Ambasciata a Pechino. Attualmente non è ancora consentito esportare, sarà necessario avviare una serie di negoziazioni per certificazioni sanitarie e i permessi per gli stabilimenti di lavorazione. Adesso bisogna percorrere l’ultimo miglio, ci vorrà ancora un anno prima che si possa realmente esportare ma siamo fiduciosi che tutto avverrà nella massima collaborazione. Si tratta comunque una conquista di un mercato importante — ha proseguito Tomei — alla luce del fatto che la domanda per la carne bovina è in aumento. Il popolo cinese consuma carne suina prevalentemente ma anche il consumo della bovina è più richiesto. La carne bovina è un indicatore di ricchezza in quel Paese, quindi c’è un alta domanda da parte della borghesia principalmente, parliamo di centinaia di milione di persone. Attualmente la Cina importa dal Brasile, dall’Australia e soprattutto si rivolge all’on-line per importare specialmente dall’Australia, dimostrazione che il consumatore cinese da questo punto di vista è molto evoluto». Difficile stabilire ad oggi la quantità di carne bovina esportabile ma la previsione del direttore Tomei è di 15.000 tonnellate all’anno circa. «L’Italia oggi esporta una piccola quota di bovina a Hong-Kong che ha uno statuto speciale. Ovviamente è piccolo rispetto a quello cinese con cui miriamo a sostituire il mercato russo che da alcuni anni è bloccato e per una serie di embarghi a noi è vietato esportare bovina». Sul valore in euro del futuro interscambio di carni bovine Italia-Cina, conclude il direttore generale di ASSOCARNI «la nostra filiera della carne bovina vale 5 miliardi di euro. Il valore dell’interscambio attualmente non si può definire con precisione ma ha una suscettibilità che varia a seconda del prodotto esportato» (fonte: World Food Press Agency; photo © pathdoc – stock.adobe.com).

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AGENDA

Verona La 27a edizione di Eurocarne, il salone internazionale dedicato alla filiera delle carni, per la prima volta si svolge in concomitanza con Fieragricola. L’appuntamento è a Veronafiere dal 31 gennaio al 3 febbraio, con l’obiettivo di rafforzare la sinergia fra sistema allevatoriale e filiera delle carni, per arrivare al consumatore finale e rilanciare i consumi di un comparto che vale oltre 30 miliardi di euro, il 15% circa del fatturato dell’industria agroalimentare. Con un rinnovato format, Eurocarne è la fiera giusta per intercettare le nuove esigenze del mercato e offrire ai propri clienti un appuntamento di alto profilo, in grado di riunire tutti i protagonisti della filiera della carne: produttore, macellatore, trasformatore, distributore, consumatore. E senza dimenticare il circuito della filiera corta italiana, sempre più ricercata, una delle novità dell’edizione 2018. Eurocarne si rivolge a tutti gli attori della filiera corta che collaborano in stretta sinergia fra loro: gli allevatori (storicamente un segmento molto presente a Fieragricola), le aziende agricole multifunzionali, gli agriturismi, i laboratori artigianali, senza dimenticare le macellerie, le gastronomie, i ristoratori, la media e grande distribuzione. Sotto la lente di Eurocarne ci sono anche le nuove esigenze del consumatore, le risposte della gdo, le soluzioni per la ristorazione veloce e la gastronomia. Il consumatore sarà anche al centro dei nuovi concept relativi alle macellerie di domani. Per favorire i consumi di carne sono previste aree dimostrative per la preparazione di prodotti, show cooking, concorsi, area degustazione. E grazie alla concomitanza di Fieragricola, trovano spazio anche le nuove frontiere dei laboratori artigianali, degli agriturismi, del mondo rurale. www.eurocarne.it www.fieragricola.it

Barcellona (Spagna) Dopo la quinta edizione, svoltasi a Modena nel marzo 2017, la fiera iMEAT dedicata alla macelleria del futuro diventa biennale e ci dà appuntamento nella primavera del 2019. Per il 2018, però, l’evento vola in territorio spagnolo con la prima edizione di iMEAT España programmata per il 4 e 5 febbraio a Barcellona, nel quartiere fieristico di Cornella. La società Ecod organizzatrice dell’evento ha avviato questo nuovo progetto spagnolo con l’obiettivo di rafforzare ulteriormente il concetto di iMEAT e tenere alta l’attenzione sull’evento e sul marchio, coinvolgendo la community di operatori che vi si è creata intorno. Il profilo di iMEAT España sarà del tutto simile a quello italiano. Anche per il territorio spagnolo si tratta di un evento unico in quanto appuntamento dedicato al negozio di macelleria al dettaglio ed al macellaio spagnolo che intende dare alla propria attività un buon futuro. L’obiettivo è quello di permettere l’esplorazione di nuove opportunità di business oltre che di confronto ed incontro tra diverse realtà focalizzate sul mondo della carne e della macelleria al dettaglio spagnola. Vi esporranno aziende sia italiane che spagnole, produttori e commercianti di macchinari, attrezzature, ingredienti per il negozio di macelleria, ma anche salumifici e imprese dedicate ad altre referenze alimentari. Le adesioni sono in corso di formalizzazione e già tracciano il profilo di un’esposizione eterogenea e multisettoriale. Come la sua consolidata edizione italiana, iMEAT España non sarà solo una rassegna espositiva. A questa fisionomia, che comunque rimane quella centrale dell’evento, si affiancherà anche un programma di iniziative collaterali: incontri, corsi e dimostrazioni finalizzati a mettere in contatto macellai italiani e spagnoli in un’ottica di interscambio di professionalità, lavorazioni e preparazioni. Per dare risposte il più tempestive possibile sia ad espositori che visitatori è stato creato un ufficio info-tecnico italiano-spagnolo, operativo dallo scorso settembre. www.imeat.es

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Bologna “Benessere animale. Un’alleanza con il consumatore, una sfida per la competitività”: torna con un tema di stretta attualità uno degli appuntamenti più attesi dal mondo suinicolo nazionale, la Giornata della Suinicoltura, organizzata dalla Società Expo Consulting Srl di Bologna e prevista per il 28 febbraio a partire dalle ore 9:00. Prestigiosa e particolarmente blasonata la sede dove si svolgerà l’evento: il Centro Congressi di FICO Eataly World di Bologna (via Paolo Canali 8), il più grande Parco agroalimentare del mondo. Torna così il terzo di una serie di appuntamenti che, nelle due date precedenti (29 novembre 2016 e 26 maggio 2017), hanno riscosso un notevole successo sia per gli argomenti proposti che per il prestigio dei relatori intervenuti, registrando una numerosa partecipazione da parte di tutti gli operatori della filiera. Oggi il tema del benessere animale è centrale e deve dare risposte a un consumatore sempre più attento al rispetto animale e alla sostenibilità ambientale. Tra mondo produttivo e consumatore, quindi, va creata un’alleanza e non una contrapposizione, difendendo al contempo una competitività internazionale che continua a premiare l’agroalimentare made in Italy che, secondo i più recenti dati diffusi da NOMISMA, nel 2017 registrerà sull’anno precedente un incremento dell’export compreso tra il 7 e il 9%, percentuali in cui la voce “salumi”, DOP innanzitutto, si impone come una delle più importanti. La Giornata della Suinicoltura offrirà ancora una volta l’occasione per approfondire un tema che coinvolge non pochi e fondamentali aspetti del comparto suinicolo: dalla logistica all’aspetto sanitario dell’allevamento passando per l’impiantistica, dall’alimentazione al ruolo della GDO senza trascurare il rapporto con quella fetta di consumatori che guarda con scetticismo il settore dell’allevamento suinicolo intensivo. Una imperdibile occasione, quindi, di approfondimento e formazione che non mancherà di gettare uno sguardo maggiormente conoscitivo sulla situazione esistente in quei Paesi europei con cui la suinicoltura italiana si confronta sempre più costantemente (photo © color24.com). www.giornatadellasuinicoltura.it

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Food Italia: da Federalimentare i dati di preconsuntivo 2017. Export a 32,1 miliardi Tutti i parametri principali della congiuntura alimentare in Italia mostrano forti accelerazioni nel 2017. Lo ha comunicato ad inizio anno Federalimentare presentando a Milano i dati preconsuntivi del 2017. «Il 2018 per l’agroalimentare italiano promette di essere un anno all’altezza del 2017» ha dichiarato Luigi Scordamaglia, presidente dell’associazione. «Alle performance eccezionali dell’export, che fanno sembrare non solo raggiungibile ma anche superabile la soglia annunciata durante Expo 2015 dei 50 miliardi entro il 2020, infatti, si andrà ad aggiungere una timida ma già ben visibile ripresa dei consumi interni». Il comparto alimentare chiude il 2017 con risultati rilevanti: l’export è aumentato sull’anno precedente ed anche le vendite sul mercato interno fanno segnare una debole ma incoraggiante crescita del +0,8% (+1,1% in volume). Per quanto riguarda l’export dell’industria alimentare, la stima a fine 2017 è di 32,1 miliardi di euro (+7% rispetto al 2016). Sommando il dato dell’export delle industrie a quello del settore primario (8,5 miliardi), il totale dell’export agroalimentare italiano si attesta a 40,6 miliardi di euro. Secondo Federalimentare “la ripresa produttiva è inconfutabile”, anche se la “produzione industriale nel suo complesso rimane ancora 20 punti base sotto il livello pre-crisi”. Arrivati ad un fatturato complessivo di 137 miliardi di euro (190 circa se consideriamo l’intero comparto agroalimentare, comprensivo del primario), con un balzo superiore alle aspettative (+3,8%), le industrie italiane puntano a rinnovare il buon passo del 2017, con aumenti di produzione ed export, e un aumento delle vendite interne più tonico, fra il +1% e il +2%. L’incidenza export/fatturato 2017 raggiunge il 23,4%. I mercati principali dell’export alimentare, oltre a Europa e Stati Uniti d’America, sono Canada, Giappone, Australia, Russia; per l’Asia, Cina, Hong Kong, Corea del Sud, Tailandia, Taiwan. Nell’ambito dei primi venti mercati, le performance più vistose sono state registrate dalla Russia (a dispetto dell’embargo), con un tasso intorno al 30%, seguita da Cina, con un tasso del 20%, Spagna e Polonia, entrambe intorno al 14%. Per quanto riguarda i settori merceologici, crescite dell’export a due cifre sono state messe a segno dai comparti delle acquaviti e dei liquori, dal lattiero-caseario, dal dolciario e dal saccarifero (fonti: lma – 1872 – World Food Press Agency – EFA News).

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ANTEPRIMA

Oltre 656 espositori, 21 insegne e 80 delegazioni sono giunte a Bologna il 17 e 18 gennaio scorsi da 19 Paesi per partecipare a MARCAbyBolognaFiere, il Salone Internazionale dedicato ai prodotti a Marca del Distributore organizzato da BolognaFiere in collaborazione con ADM (Associazione Distribuzione Moderna). MARCA si conferma anche quest’anno la seconda fiera del comparto in Europa per importanza, un punto di riferimento per la business community dei prodotti MDD e l’unica manifestazione del settore che vede la partecipazione delle più importanti insegne della Distribuzione Moderna Organizzata (DMO). Sul numero di Eurocarni di marzo vi racconteremo tutti i protagonisti del mondo carni presenti alla kermesse. Qui uno scatto presso lo spazio di Alcar Uno, l’azienda leader nel settore delle carni suine di Castelnuovo Rangone (MO). Da sinistra: Giovanni Bortolotti, Vania Mozzato, Barbara Cori e Lorenzo Levoni.

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Il meglio della

C A R N E D I V I T EOLl a Ln d eO se La carne bianca di vitello è un alimento straordinario: ricca di proteine e amminoacidi, facilmente digeribile, povera di grassi e con un alto contenuto di ferro. Cosa volete di più? C’è di più!! La carne di vitello ha anche un gusto raffinato e duttilità nella cottura: questo la rende protagonista della storia gastronomica italiana. Non a caso il vitello è tra le carni più presenti nei Menu dei grandi Chef in Italia. Abbiamo chiesto allo Chef Stefano De Gregorio di reinterpretare il Vitello Tonnato, una storica ricetta italiana conosciuta in tutto il mondo. Trovate questa ricetta insieme a tante altre su www.carnedivitello.it. L’organizzazione olandese VanDrie Group è leader di mercato per la carne bianca di vitello, ma non solo. Il VanDrie Group è anche un’organizzazione fondata sulle migliori tradizioni familiari. Il gruppo, con le sue oltre 25 aziende, costituisce la più grande azienda integrata di carne di vitello al mondo ed è pertanto leader mondiale nel settore della carne di vitello, nonché il più grande produttore di latte in polvere per vitelli. www.vandriegroup.com

La carne di vitello con una percentuale di grasso inferiore al 5% ha la seguente composizione media per 100 grammi: 104 kcal, 439 kJ, 22,1 g di proteine e 1,7 g di grassi. (fonte RIVM - NEVO).

“IL VITELLO TONNATO” interpretata da Chef Stefano De Gregorio

Ricetta

Giraudi International Trading S.A.M. Tel: +377 931 042 42 E-mail: giraudi@giraudi.com

Intraco S.r.l. di Niclas e Simona Herzum Tel: +39 010 374 277 8 E-mail: herzum@ekro.nl

Tel: +31 055 549 82 22 E-mail: info@esafoods.com


NATURALMENTE CARNIVORO

Si dice che l’unione faccia la forza. Quanto è vero! Il nostro Dario Cecchini parte spesso dal piccolo borgo di Panzano in Chianti (FI) e va in giro per il mondo a raccontare l’etica e il valore delle carni. Qui Dario è con Jered Standing, nella macelleria Standing’s Butchery che il giovane macellaio californiano ha aperto su Melrose Avenue a West Hollywood, Los Angeles. Questi sono due Naturalmente carnivori che condividono l’idea del lavorare l’intero animale, dando valore ad ogni singolo taglio. L’Antica Macelleria Cecchini è sempre nei nostri radar. Di Jered, invece, vi racconteremo tutto sul prossimo numero di Eurocarni.

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Meet the Lamb: Il sapore della nostra terra Con la campagna di informazione e promozione della carne ovina, Meet the Lamb: è sottolineata la qualità superiore della carne ovina, parte integrante del patrimonio alimentare europeo è potenziato il settore dell’allevamento ovino, pilastro della tradizione rurale europea, dall’antichità fino ai nostri giorni è promosso l’allevamento tradizionale che si basa sull’alimentazione naturale del bestiame è valorizzata la produzione con pratiche sicure e tracciabilità, secondo gli standard dell’U.E. è evidenziato il ruolo di tutti i componenti della filiera, dall’allevatore fino al macellaio.

Meet the Lamb: un progetto europeo dell’Organizzazione Nazionale Interprofessionale di Carne (ΕΔΟΚ)

26, Arkadias str., 11526, Athens Tel: +30 210 7701113 www.edokhellas.com - email: info@edokhellas.com

Meet theLamb/Greece


MEMENTO

In ricordo di Renzo Fossato di Cosimo Sorrentino

I

l 29 novembre 2017 è venuto a mancare il nostro caro dottor FOSSATO, segretario generale prima e presidente della UNICEB poi, per circa mezzo secolo incontrastato leader. Ci vorrebbe un intero libro, composto da moltissime pagine, per poter descrivere la lunga vita trascorsa dal dottor Fossato, con il suo diuturno impegno, volto a difendere e tutelare gli interessi dei rappresentati raccolti nella gloriosa UNICEB. Proprio l’UNICEB, la sua creatura nata nel 1969, è stata il luogo frequentato in continuità da operatori commerciali e produttori, trasformatori e rappresentanti agricoli e, per tutti, sono state approntate soluzioni, forniti suggerimenti, attuate azioni pressanti presso le varie amministrazioni pubbliche, centrali e periferiche, le quali, tutte, hanno sempre manifestato apprezzamenti per l’attività svolta sempre con grande passione. Il dottor Fossato ha guadagnato stima e alto riconoscimento anche sul piano comunitario e internazionale a tutti i livelli, sempre pronto a collaborare e a promuovere soluzioni per tanti problemi che si sono susseguiti negli anni e che hanno coinvolto svariati interessi delle categorie rappresentate. Il dottor Fossato ha sempre ricevuto attestati di stima da parte di tutti, nonostante il suo carattere decisionista, a volte impertinente, dal quale spesso non ha saputo sfuggire, tanto erano sentite le istanze rappresentate e sostenute, come si trattasse di problemi che investivano la sua stessa vita. Egli è stato un esempio di vita per tutti, con la sua generosità, la sua costante disponibilità e il suo intenso, continuo lavoro, teso sempre a tutelare e comporre le varie posizioni, spesso, per loro natura, divergenti tra le categorie associate. Non ha mai ceduto su

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nulla che non fosse radicato nella sua convinzione, sempre acquisita con lunghe meditazioni e studi approfonditi. Ha lasciato segni incancellabili del suo agire e della sua alta professionalità; egli è stato una scuola per tutti, dalla quale è stato possibile sempre apprendere, ed ora che non c’è più si avverte un

profondo rimpianto. Un gruppo di amici che hanno vissuto con lui tanti momenti felici intendono ricordare, anche attraverso questo giornale, il dottor Fossato con profonda gratitudine, formulando, per la sua cara famiglia e per l’UNICEB, il loro cordoglio e le loro più sentite condoglianze.

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International Food, Drinks & Food Service Exhibition

Meat and meat products show

BARCELONA Aprile 16-19 Fiera Barcellona Gran Via www.alimentaria-bcn.com

A unique Food, Drinks and Gastronomy Experience

Co-located event


ATTUALITÀ

Carne, sviluppo della domanda e sostenibilità È possibile soddisfare in modo sostenibile la crescente domanda di carne nei Paesi in via di sviluppo? Per l’olandese Louise Fresco, scrittrice e scienziata agroalimentare, la risposta è sì!

I

n un suo recente articolo, la presidente del comitato esecutivo dell’Università di Wageningen e, tra gli altri incarichi di alto livello, membro del Consiglio dei consulenti del World Food Prize, LOUISE FRESCO, afferma che la risposta alla domanda “è possibile che la produzione di bestiame soddisfi la crescente domanda di carne nei paesi in via di sviluppo” è sì! «La produzione zootecnica non può solo soddisfare la crescente domanda di proteine animali, ma abbiamo assolutamente bisogno del bestiame per utilizzare il pianeta in modo sostenibile e sano» aggiunge la Fresco. «Ecco perché: la produzione di cibo nel XXI secolo deve essere meglio abbinata al consumo di cibo in modo da evitare lo spreco di biomassa». Per spiegare meglio il suo pensiero la Louise specifica che molte persone ritengono «che il consumo di alimenti di origine animale dovrebbe essere ridotto a causa della maggiore impronta ecologica rispetto ai prodotti alimentari a base vegetale». Ma è proprio vero? Così non sembra. Secondo

Diventare vegani per salvare il mondo può sembrare lodevole, ma non è così intelligente come consumare carne in piccole quantità ed utilizzare il pieno potenziale ecologico del pianeta

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Louise Fresco «ci sono molte parti del mondo in cui la coltivazione di colture o alberi non sono un’opzione, mentre il bestiame al pascolo lo è. Gli animali possono liberare sostanze nutritive per le colture che noi umani non possiamo ingerire. Quindi, in molte aree, esiste una logica sinergia tra proteine animali e vegetali. I piccoli agricoltori di tutto il mondo lo sanno e usano il concime animale per i loro campi. Qui, tuttavia, stiamo parlando di complementarità a livello continentale o addirittura globale. Per una sicurezza nutrizionale sostenibile, un consumo moderato di proteine di origine animale in combinazione con proteine vegetali è l’opzione migliore». «Il rapporto ottimale dipende dalle condizioni locali per la produzione di cibo e in quale misura la circolarità è disposta in un sistema misto di colture e concimazione animale. Nei sistemi di approvvigionamento delle materie prime classiche, la produzione ottimale di proteine commestibili umane per ettaro di terra senza risorse impoverenti o biodiversità si attesta su un rapporto di 88:12 tra proteine vegetali e animali. Ma in un sistema alimentare in cui tutte le biomasse vegetali disponibili sono sbloccate, utilizzando l’elevata capacità digestiva del bestiame, questo rapporto passa a 55:45. Ciò significa che abbiamo bisogno di meno terra e meno risorse per produrre cibo nutriente, lasciando più terra per la natura e lo sviluppo urbano».

Louise Fresco (photo © www.louiseofresco.com). Il consumo di carne in quantità moderate non è quindi importante solo per la salute umana, ma anche per quella del Pianeta. In realtà, questo è un nuovo modo di pensare, un cambio di paradigma. Il bestiame, compresi gli animali al pascolo, il pollame e i maiali, sono i migliori digestori di biomassa. Questo implica nuove sfide in termini di obiettivi di allevamento, pratiche di alimentazione e assistenza veterinaria. Se gli animali sono inclusi nella catena alimentare allora è possibile pensare ad una produzione alimentare intelligente che tenga in considerazione sia il clima e che la richiesta di quasi dieci miliardi di persone. Diventare vegani per salvare il mondo può sembrare lodevole, ma non è così intelligente come consumare carne in piccole quantità ed utilizzare il pieno potenziale ecologico del pianeta.

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Tassi d’interesse tra Stati Uniti e BCE. Problemi per l’Italia di Cosimo Sorrentino

I

botti di fine anno anche per il 2017 non sono mancati: due importanti decisioni hanno infatti occupato gli spazi e le considerazioni di osservatori internazionali e operatori finanziari interessati a verificare l’evoluzione, per il prossimo futuro, della situazione riguardante i tassi di interesse, che, come noto, condizionano l’attività di operatori e produttori. Il primo avvenimento riguarda la Federal Reserve e coincide, peraltro, con la fine del mandato della presidente JANET YELLEN, la quale ha lasciato al suo successore POWELL il compito di dirigere, per i prossimi anni, l’importante macchina della Banca Centrale statunitense. Più precisamente, per la terza volta nel corso del 2017, è stato deciso un aumento dei tassi d’interesse ed ora il nuovo indice è compreso tra 1,25% e l’1,50% e rappresenta il quinto scatto di crescita, a decorrere dalla fine del 2015, quando la stessa FED ha ripreso ad applicare aumenti dopo sette anni di tassi a zero. La governatrice Yellen, nella sua ultima conferenza stampa, ha fornito anche una dettagliata analisi dell’attuale momento che vive l’economia degli USA, i quali si trovano nel pieno di una fase di crescita solida anche se meno robusta rispetto al passato. La stima della crescita del PIL, per il 2017, si attesta al 2,5%, così come previsto per il corrente anno. Sul calcolo che viene fatto per dette cifre pesa l’aspettativa dell’impatto che potrà avere l’applicazione della nuova legge fiscale, varata ultimamente dalla nuova amministrazione americana, che stabilisce tagli alle imposte per 1.400 miliardi di dollari per dieci anni e aspira a raggiungere il +4%

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del PIL. Nel frattempo, la crescita citata fa diminuire la disoccupazione, attestatasi ora al 4,1% ed ancora in discesa (raggiungerà il 3,9% nei prossimi due anni). Inoltre, a causa dei rincari non molto incoraggianti, resta la preoccupazione per un’inflazione piuttosto debole, che, per ora, è attestata all’1,7% e che, a seguito degli interventi del fisco, dovrebbe attestarsi al livello del 2% per il prossimo biennio, livello cui aspira anche l’Europa. La Yellen ha infine sostenuto che il sistema bancario è rafforzato

ed è pronto ad assorbire eventuali ritocchi alla valutazione degli asset azionari mentre la leva dell’indebitamento è al di sotto della soglia di allarme. Tuttavia, non ha mancato di sottolineare prudenza alla banche poiché i rischi eventuali sono sempre in agguato e spetta ora al nuovo presidente misurarsi con il prossimo divenire della situazione economica generale del Paese. Il secondo importante avvenimento di fine anno riguarda la Banca Centrale Europea, la quale ha deciso di mantenere immutati per i

Janet Yellen. Nel 2010 è stata nominata da Barack Obama vicepresidente della Federal Reserve, carica che ha mantenuto per quattro anni, prima di succedere a Ben Bernanke nella presidenza della Federal Reserve, oggi presieduta da Jerome Powell. La Janet è stata la prima donna a rivestire questo ruolo. Nel 2014 è risultata essere seconda nella lista delle 100 donne più potenti del mondo secondo Forbes.

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prossimi mesi i due orientamenti di fondo della sua politica monetaria. Restano, perciò, al livello attuale, e vi resteranno a lungo, i tassi di interesse, mentre sono confermati, almeno fino a settembre, gli acquisti mensili per 30 miliardi di euro di titoli dell’eurozona, in presenza della citata decisione americana di ritoccare verso l’alto i loro tassi di interesse. L’orientamento della BCE tende a tenere basso il valore dell’euro sui mercati valutari, aiutando così le esportazioni, le quali sono, per ora, il motore unico della ripresa in Europa e soprattutto nel nostro Paese. Nell’ultima conferenza stampa del 2017, il presidente Draghi ha scelto la linea della prudenza e, pur in presenza di un’economia europea che corre più degli USA, ha voluto riaffermare l’attuale livello dei tassi d’interesse, ma la BCE continua a mantenere la possibilità di accelerare nuovamente il Quantitative easing, se necessario, e continuerà a reinvestire il capitale dei bond che arrivano a scadenza di

nuovo per tutto il tempo necessario. Tuttavia, è soprattutto nelle nuove stime macroeconomiche che emerge la prudenza della BCE. Infatti i dati indicano un forte trend di crescita, che, dice Draghi, farà risalire l’inflazione. La stima di crescita per il 2017 intanto sale al 2,4% e per il corrente anno addirittura al 2,3% dall’1,8%. Per l’inflazione è tutt’altra situazione, poiché i prezzi si manterranno a livelli contenuti almeno fino al 2020, ed è per tali motivi che la BCE intende avere mani libere ed un notevole stimolo monetario “è ancora necessario per sostenere l’inflazione nel medio termine”. Ecco perché si può comprendere come la BCE intenda avere mani libere, anche contrapponendosi ad alcuni paesi, come la Germania, che vorrebbero una rapida uscita dal Quantitative easing. Ma molti si domandano: per quanto tempo, poi, potrà reggere l’orientamento della BCE? È da ricordare, in proposito, che nel 2019 verrà a

scadenza il mandato del presidente Draghi ed un nuovo soggetto si insedierà alla BCE, certamente più vicino alle aspettative dei paesi forti dell’eurozona, attenti più alla stabilità finanziaria che alla ripresa economica e ciò varrà soprattutto per il nostro paese, il quale, in questi ultimi anni, ha visto crescere il rapporto tra debito pubblico e reddito nazionale e non si è avuta, nonostante una certa stabilità di governo, la volontà di predisporre e varare alcun piano — neanche approssimativo —, per affrontare e risolvere il problema. Il governo che verrà formato dopo la tornata elettorale si potrà trovare di fronte ad un quadro di politica economica europea che potrà mutare, tassi d’interesse eventualmente compresi, con conseguenti riflessi sul nostro debito pubblico. Sarà in grado il nuovo governo di impostare una politica economica che tenga conto di tali realtà? Il prossimo anno sarà galantuomo. Cosimo Sorrentino


LA CARNE IN RETE

Social di Elena

1. Tutto sulla carne made in Svizzera www.carnesvizzera.ch è il portale delle carni e dei salumi provenienti dalla Svizzera, un Paese che conta oltre il 70% di terreni adibiti a pascolo. Realizzato da Proviande in lingua francese, italiana e tedesca, il sito è agganciato anche alla piattaforma social www.facebook. com/schweizerfleisch

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2. Trasporto suini, le buone pratiche su YouTube Realizzato nell’ambito del progetto ANIMAL TRANSPORT GUIDES per conto della GD SANTE, Commissione europea, questo video — accessibile al link goo.gl/XwD4NW — mostra le buone e migliori pratiche per migliorare il benessere dei suini durante il loro trasporto. Con sottotitoli in diverse lingue (tra cui l’italiano), il video fornisce attraverso illustrazioni gli aspetti critici da considerare nello spostamento degli animali, nel loro carico sugli automezzi e sullo scarico, alla luce del loro benessere.

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meat Benedetti

3. La carne irlandese sul web Cosa significa carne di qualità? “È qualcosa che ti lascia stupito, è una terra con verde a perdita d’occhio, è animali che vivono liberi al pascolo, è allevamenti locali e allevatori con un volto. È una carne tenera e dal gusto unico È ora di scoprire i segreti della qualità”. Questo è l’incipit del video di promozione del sito www.irishbeef.it, che nelle ultime settimane, in concomitanza con la campagna di comunicazione che BORD BIA ha lanciato a Milano, ha superato le 470.000 visualizzazioni su YouTube. Un ottimo risultato.

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4. Macelleria Contini, bravi anche nella comunicazione ALICE CONTINI e il marito ANDREA AMICI continuano il loro percorso di rinnovamento della macelleria tradizionale, aperta nel 1959 da AMERIGO CONTINI, oggi bottega gourmet ricca di prodotti locali della norcineria cremonese oltre ad una bella selezione di vini. Anche il sito www.macelleriacontini.com è in linea con il loro stile, quello di scegliere sempre l’innovazione nella tradizione di un mestiere antico che oggi parla un linguaggio moderno, tra web e social. Bravissimi.

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CRAI alla scoperta dei sapori d’Italia Un viaggio tra simboli architettonici e paesaggistici e ricette tradizionali regionali: la nuova campagna istituzionale del gruppo di distribuzione CRAI, attivo in Italia da oltre 40 anni, esalta con un’originale campagna pubblicitaria TV il legame tra i territori del Belpaese e i prodotti tipici di qualità. L’animazione mostra un furgone CRAI che percorre l’Italia tra campi e colline emiliane, dove le balle di fieno sono nidi di tagliatelle, le strade piemontesi sono percorse da gianduiotti con ruote di nocciole, il lungomare calabrese si snoda tra palme di peperoncini, mentre la bocca del Vesuvio diventa un forno per la pizza e il Colosseo spunta tra mazzi di carciofi. La musica in sottofondo è tratta da Vacanze Intelligenti, dell’omonimo film di Alberto Sordi, scritta da PIERO PICCIONI. La campagna è stata ideata da Mosquito, agenzia di pubblicità romana fondata nel 2013. >> Link: www.crai-supermercati.it

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19° SALONE INTERNAZIONALE DELL’ALIMENTAZIONE

PARMA.7|10MAGGIO.2018

WELCOME TO FOODLAND


COMUNICARE LA CARNE

Il senso della carne* di Francesca Petrocchi

L

a prospettiva scientifica e gli sforzi dei ricercatori e di tutti gli attori del sistema agroalimentare sono oggi sempre più tesi a realizzare e garantire “innovazioni” del e nel prodotto mirate al miglioramento della qualità degli alimenti, della sostenibilità ambientale, del risparmio energetico: dal punto di vista di chi si occupa di cultural studies suona come un’esortazione atta a realizzare strategie (tecniche e produttive) che siano in linea con gli stili di vita e di salute oggi richiesti. È un cambiamento di senso impegnativo e insieme inderogabile che investe, nel caso specifico, la sfera culturale dell’iter vitale (naturale) della carne bovina lungo l’intera filiera: senso ormai da tempo non più riconducibile a simboli tradizionali dei secoli passati. Ma, evidentemente, un qualche recupero del passato pare urgere alle porte di consumatori e di attori del sistema come tentativo di ripristino, in forme nuove, dell’archetipo ottocentesco dell’amato e pio bove che solenne guarda i campi liberi e fecondi, il cui mugghio nel seren aer si perde e nel cui occhio glauco si rispecchia ampio e quieto/ il divino del pian silenzio verde di carducciana memoria. Una nuova sensibilità si va affermando anche per scongiurare il pericolo che si avveri la “profezia” lanciata da EMILIO SALGARI nel suo formidabile romanzo di fantascienza Le meraviglie del 2000 del 1907 (riedito da Transeuropa, 2011): “Mio caro signore la popolazione del globo in questi cento anni è enormemente cresciuta e non esistono più praterie per nutrire le grandi mandrie che esistevano ai vostri tempi. Tutti i terreni disponibili sono ora coltivati intensivamente per chiedere al suolo tutto quello che può dare. Se così non si fosse fatto a quest’ora la popolazione del globo sarebbe alle prese colla fame”.

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La sensibilità ecologica — diffusa nei paesi industrializzati, del benessere e del consumo — seppur animata da pulsioni fondamentaliste, spinge verso la richiesta di un’analisi integrata fra le discipline tecniche, scientifiche, economiche e quelle definite umanistico-sociali anche per meglio comprendere i comportamenti collettivi. Infatti, ciò che si definisce come prodotto contiene al suo interno una pluralità di realtà dato che il cibo — in questo caso: la carne bovina — come tutti i cibi non è solo mezzo o materia ma è oggetto e valore culturale, simbolo e mito, lavoro, responsabilità, salute. Tanto più se la produzione e il consumo di carne bovina investono anche l’altra realtà che è quella della tutela dell’ambiente, della salute della “casa comune” (dall’etimo di “ecologia”: οἶκος “casa” e λόγος “discorso”). Si profila all’orizzonte un’altra “profezia” di Salgari che occorre non si realizzi: “I grandi pascoli dell’Argentina e i nostri del Far-West non esistono più ed i buoi ed i montoni a poco a poco sono quasi scomparsi non rendendo le praterie in proporzione all’estensione”. I dati più recenti relativi ai consumi di carne bovina in Italia non mi sembrano particolarmente “brillanti”, registrando un progressivo calo a vantaggio del consumo di carni di pollame e/o di maiale così dette bianche. Dal punto di vista di chi non si occupa di marketing e pubblicità (se non per “leggerla”, analizzarla come testo informativo e insieme performativo e prescrittivo), appare evidente che qualche fattore spinge nella direzione non positiva dei consumi di carne rossa. Un fenomeno da “leggere” e interpretare entro l’attuale scenario di sublimazione mediatica del cibo: il discorso, le “narrazioni” del cibo,

Roland Barthes individuava nella bistecca cotta al sangue uno fra i grandi miti della società francese dell’epoca: segno di un benessere economico ormai diffuso ma anche dell’affermarsi di un mito e di un codice del sacrificio, di una voglia di crudità che da un lato rinviavano alla natura e dall’altro al motivo della forza, della vita

Oggi, a quanto pare, al rosso, al sanguigno, alla carne bovina preferiamo altro. Il “sacrificio” e la violenza sull’animale ci turbano forse perché sollevano richiami inconsci a sacrifici, violenze non animali dai quali siamo purtroppo inondati. Quanto più il rosso sangue umano si propaga in tutti gli schermi, tanto più siamo spinti verso il rifugio simbolico del bianco, del rassicurante verde vegetale

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I dati piĂš recenti relativi ai consumi di carne bovina in Italia registrano un progressivo calo a vantaggio del consumo di carni di pollame e/o di maiale.

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Viviamo l’epoca paradossale della sublimazione culturale e mediatica di due contrastanti miti: da un lato il cibo, in tutte le sue possibili declinazioni di senso, e la dieta dall’altro, intesa come controllo e restrizione alimentare

Zygmunt Bauman (photo © www.artribune.com). ricette e ricettari, chef-star, sfide, concorsi (con relativo apparato di giurie e giurati) sono diffusi in tutti i media. In questo contesto, potrebbero pesare sul calo dei consumi massicce campagne di demitizzazione e di messa al bando della carne rossa dettate da diffusi modelli dietetici-salutistici-medicali. Pesano anche (ma non solo) campagne (sublimate dai media) in attacco e in difesa da morbi, virus, epidemie recepite dai cittadini italiani globalizzati come imminenti, vicine e soprattutto certe, sicure rientrando invece nella “fenomenologia della paura” ben investigata da ZYGMUNT BAUMAN in Paura liquida (Laterza, 2006) quale vero paradosso diffuso nei Paesi sviluppati (anche a livello culturale e scientifico) che alimenta la miccia dell’insicurezza. In questo scenario di insicurezza (ove non a caso sicurezza è divenuto slogan politico globale), il calo dei consumi di carne rossa e il fondamentalismo vegano possono apparire come il risorgere di un’era ancestrale in cui il sacrificio animale portava con sé l’idea del sangue e della violenza? La carne bovina è abbinata all’idea del sangue, è comunemente definita “carne rossa”: rosso, il colore del sangue e del vino metafora sacra del sangue (e del sacrificio).

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Sul finire degli anni ‘50 del 900, in Mythologies (trad. it. Miti d’oggi, Einaudi), ROLAND BARTHES individuava nella bistecca cotta al sangue uno fra i grandi miti della società francese d’epoca: segno, anche, di un benessere economico ormai diffuso ma non solo, diceva Barthes, segno dell’affermarsi di un mito e di un codice del sacrificio, di una voglia di crudità che da un lato rinviavano alla natura e dall’altro al motivo della forza, della vita. Il sangue è vita, la carne è forza; dunque, per Barthes, l’assimilare mangiando carne ciò che il bovino ha già assimilato come natura è per l’uomo riproporre e interpretare un ciclo naturale laddove è naturale anche sbranar(si). Ma questo, in Barthes, era un modo sottile di affermare che per il piccolo borghese francese di quegli anni vivere secondo natura significava sbranare, mangiare carne e sangue (altrui, non solo bovina) per garantirsi la forza e la vita. I tempi e la società, da allora, sono cambiati; oggi, a quanto pare, al rosso, al sanguigno, alla carne bovina preferiamo altro, come se non avessimo più fame di carne rossa. Il “sacrificio” e la violenza sull’animale ci turbano forse perché sollevano richiami inconsci a sacrifici, violenze non animali dai quali siamo purtroppo inondati: quanto più il

rosso sangue (umano, concreto) si propaga in tutti gli schermi, tanto più siamo spinti verso il rifugio simbolico del bianco, del rassicurante verde vegetale, verso il nero del pane oggi simbolo salutistico un tempo segno di povertà, verso il neroverdastro dell’alga nori per il sushi. Spinti persino verso l’artificiale vegetale o l’artificiale in pillole, come predetto dal fantasioso (?) Salgari più di cento anni fa: “D’altronde non abbiamo più bisogno di carne al giorno d’oggi. I nostri chimici in una semplice pillola dal peso di qualche grammo fanno concentrare tutti gli elementi che prima si potevano ricavare da una buona libbra di ottimo bue”. Viviamo l’epoca paradossale della sublimazione culturale e mediatica di due contrastanti miti: da un lato, il cibo — in tutte le sue possibili declinazioni di senso, compreso quello dei “luoghi” del cibo e dei “personaggi” del cibo — e la dieta dall’altro; dieta che se intesa nel pieno significato etimologico (dal greco δίαιτα = abitudine, modo di vivere) e non nel senso comune, prosaico oggi diffuso (= restrizione alimentare), potrebbe fungere positivamente nel destino/ consumo della carne bovina ma che invece si propaga come controllo/ restrizione alimentare imponendo crudità vegetali, bacche, pesce crudo (apprezzato in quanto esotico)

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1881: Pietro Sada, nella sua bottega di gastronomia a Milano, studia nuovi processi di conservazione e mette la sua carne in una scatola. Nel 1923, il figlio di Pietro, Gino Alfonso, fonda la Simmenthal e inizia la produzione di carne in gelatina in uno stabilimento a Monza. Negli anni ‘30 e ‘40 l’azienda arriva a produrre 25.000 scatolette al giorno. La carne Simmenthal è oggi entrata nel vissuto e nei ricordi di intere generazioni. e il massiccio recupero di proteine vegetali (si assiste, infatti, ad un’impennata di vendite di fagioli, legumi et alia). In questo scenario, il “prodotto” carne bovina dovrebbe dunque essere offerto, reso pubblico, pubblicizzato come “innovativo” in quanto: a. rispettoso della natura-ambiente, la “casa comune”, e della natura-animale cioè dell’igiene,

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del benessere dell’animale dalla nascita alla sua (il più possibile serena) morte; b. in quanto prodotto/cibo con contenuti (“valori”) nutrizionali e dietetici “progettati” a monte e ben indicati in etichetta. Forse solo così il destino del consumo della carne rossa potrà cambiare. Da parte mia, in conclusione, elevo un peana (di vittoria, non di

guerra) al ritorno italiano, da qualche anno, di un grande marchio, di una storica realtà alimentare nostrana: la Simmenthal. Sulla cui storia andrebbe scritto un romanzo e prima o poi lo farò. Provvidenziale in quanto estemporanea, immediata risorsa di carne da servire in tavola per casalinghe ritardatarie (non solo in estate), compagna fedele dei miei spuntini da pendolare, dei nostri spuntini in barca per mare. Inalterata nel suo guscio metallico con tanto di muccona pezzata sempre uguale da anni, identica nel gusto, anzi quasi una sorta di biscottino di Proust che quando l’assaggi ti si riapre il tempo perduto, ritorna il passato che diviene presente. Quale barretta energetica, quale pasto alternativo in pillole o scatole, quale bustina di bacche di Goji, quale bruco soffritto può reggere il confronto con quell’essenza compatta e aromatica di carne con tanto di gelatina che, per altro, puoi mangiare in piedi e pure senza piatto? L’immutabilità della Simmenthal — ora che pare sia cambiata anche la Nutella — è un primato inossidabile, un punto fermo: è il simbolo di un accurato, paziente, tradizionale processo di cottura come fatto in casa perché da lì nasceva, simbolo della cura essenziale, senza codini e fronzoli, nella mise en place con l’unica civetteria della “sua” gelatina, simbolo dell’immediatezza, la rapidità, la velocità tutta moderna dell’assaggio e del consumo. E con tanto di etichetta nutrizionale bella e stampata a sedare i nostri scrupoli salutistici. Francesca Petrocchi Ordinario di Critica letteraria e Letterature comparate Dipartimento DIBAF Università degli Studi della Tuscia Nota * Sintesi della relazione svolta durante la giornata di studio “Innovazione di prodotto nella filiera della carne bovina per migliorare la qualità e la sostenibilità ambientale”, organizzata a Viterbo lo scorso novembre dalla Sezione Centro-Ovest dall’Accademia dei Georgofili (www.georgofili.it).

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AZIENDE

Bonazza: nuove tecnologie e aumento della produzione, con la competenza di sempre di Gian Omar Bison

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a ditta Bonazza nasce nel 1968 a Mestre come laboratorio per la produzione di würstel da un’idea di Angelo Bonazza. Nel 1973 l’azienda si trasferisce a Ca’ Noghera, in provincia di Venezia, dando vita al primo sviluppo dimensionale, tecnico ed organizzativo della produzione. Nel corso degli anni lo stabilimento, risultato insufficiente a produrre le quantità richieste dal mercato, è stato soggetto ad un necessario ampliamento che consentisse un aumento della produzione, compatibilmente con l’accresciuta domanda e in linea con le nuove e diverse esigenze dei clienti. Tra un lavoro di ampliamento del sito produttivo e l’altro, nel 1996 il penultimo intervento sostanzioso ed impegnativo: una ristrutturazione necessaria per adeguarsi alle normative comunitarie. Arriviamo così al 2017, con un ulteriore intervento strutturale che ha permesso di accrescere e razionalizzare lo spazio produttivo. Per la posa delle pavimentazioni la Bonazza si è affidata al Gruppo Permac di Conegliano, Treviso. «Tutto l’aumento di superficie dello stabilimento — ricorda SILVIA BONAZZA, attuale legale rappresentante dell’azienda — è stato accompagnato negli anni dall’evoluzione delle tecnologie che hanno consentito un notevole aumento dei volumi di produzione accompagnati dal mantenimento di alti standard qualitativi». Il 50% della produzione Bonazza è rappresentata dai würstel, prodotto di riferimento e parte di un’offerta che include referenze a base di suino, di carne avicola (come pollo e tacchino esclusivamente di

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origine italiana) e miste. La loro commercializzazione avviene sia a marchio Bonazza sia come private label. Affiancano i würstel le produzioni di prosciutti cotti, arrosti e pancette stufate, oltre ai prodotti crudi stagionati quali speck e pancette tese. «L’acquisizione negli anni scorsi del Salumificio Bechèr Spa a Ponzano Veneto in provincia di Treviso — sottolinea Silvia — ha permesso di ampliare considerevolmente la proposta dei nostri prodotti; accanto a quelli tradizionali, tra i quali le tipiche specialità venete e trevigiane come il salame e la rinomata sopressa, lo stabilimento si è specializzato in un’innovativa gamma di prodotti in atmosfera protettiva quali i dadini di pancetta all’amatriciana, alla carbonara o all’arrabbiata, quelli di speck e di prosciutto cotto e, infine, le gustose formelle di prosciutto cotto, nelle varianti classiche ed ai formaggi. Inoltre troviamo prodotti come il “Prosciutto cotto Natura”, che vanta l’utilizzo esclusivo di cosce fresche di maiali nati ed allevati in Italia senza l’utilizzo di farine animali, ingredienti privi di OGM, senza glutine, polifosfati, glutammato né derivati del latte». Nel 2013 è entrata a far parte del gruppo anche la Unterberger di Perarolo di Cadore (BL), nel cuore delle Dolomiti, marchio storico e rinomato per la produzione di speck di alta qualità. L’intera gamma dei prodotti del gruppo Bonazza è acquistabile nello spaccio aziendale e si può degustare nella Bechèr House, un’osteria affetteria dal look industrial-vintage, ma anche vineria, birreria e caffetteria, inaugurata

nel settembre del 2016 di fronte allo stabilimento di Ponzano. Attualmente il Gruppo Bonazza, guidato dai figli del fondatore Angelo, dà impiego a 130 persone e si avvale di 50 collaboratori esterni, sviluppando un fatturato annuo di circa 45 milioni di euro. «Le nostre parole d’ordine sono genuinità e competenza — sottolinea SIMONE B ONAZZA , legale rappresentante della Bechèr Spa — trasmesse in oltre 50 anni di impegno e lavoro per arrivare a fare di Bonazza una delle aziende leader del settore. Anche perché — continua Simone — le esigenze dei consumatori, sempre più attenti alla qualità, aumentano e vengono soddisfatte grazie ai controlli effettuati durante tutte le fasi di lavorazione dei prodotti e i processi, guidati da mani esperte, fondono tradizione e tecnologia e uniscono sensibilità all’alta professionalità degli operatori». Il Gruppo Bonazza chiude il 2017 con un trend positivo e buone performance per tutte le categorie di prodotto, guardando sempre e comunque al futuro.

Bonazza Spa Via Triestina 185/b 30030 Ca’ Noghera – Tessera (VE) Telefono: 041 5415161 E-mail: info@bonazza.it Web: www.bonazza.it

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Una pavimentazione all’avanguardia grazie a Permac Nell’intervento strutturale dello stabilimento di Ca’ Noghera del 2017 è intervenuta Permac Resine (Gruppo Permac, www.resinpermac.com) di Conegliano (TV), azienda specializzata nella produzione di formulati epossidici, poliuretanici ed acrilici con applicazione nel campo dell’edilizia strutturale e delle pavimentazioni e dei rivestimenti. «Presso la Bonazza Spa — ci ha spiegato Gianluca Gaole, tecnico responsabile — abbiamo in parte tolto e restaurato la pavimentazione fatta con vecchie resine, fatto il massetto e ricalibrate le pendenze fornendo quindi una pavimentazione all’avanguardia e di lunga prospettiva e funzionalità». «Ci siamo rivolti con fiducia alla Permac Resine — sottolinea Paolo Molinaro, responsabile qualità della Bonazza — a fronte degli ottimi risultati ottenuti nei precedenti interventi del 2011».

La nuova pavimentazione firmata Permac realizzata nell’intervento di accrescimento strutturale e ristrutturazione della Bonazza Spa.

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OSSERVATORIO INTERNAZIONALE

Rotta verso l’Irlanda

Irish beef, tradizione millenaria e allevamenti locali

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egli ultimi anni numerosi cambiamenti hanno interessato il mondo del cibo e uno dei più significativi riguarda il suo valore. Ciò che mangiamo ha smesso di essere “semplicemente” un alimento, acquisendo un valore simbolico ed emozionale per chi

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se ne nutre e per chi lo produce. Il cibo è veicolo di emozioni, valori, della storia di un territorio, talvolta di un intero popolo. A questa nuova sensibilità per l’elemento identitario del prodotto, si è aggiunta una conseguente evoluzione nei comportamenti d’acquisto del

consumatore, più esigente ed informato sul tema della “qualità” intesa sotto diversi aspetti. Gli Italiani, ad esempio, apprezzano i prodotti locali, che raccontano la storia di un prodotto e del suo produttore. Una delle sfide della moderna distribuzione è oggi dunque quella di riu-

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Una carne che parla di un’intera nazione, dei suoi abitanti, della storia e delle tradizioni del popolo irlandese. Un mestiere antico custodito dalle 80.000 piccole e medie aziende irlandesi e tenuto in vita dai tanti allevatori che hanno fatto del rispetto dell’animale e del legame con il territorio, ingredienti irrinunciabili della qualità

A sinistra: dall’Irlanda con gusto, ovvero “la carne fatta con i migliori ingredienti che trovi in natura”. In Irlanda si contano oggi oltre 80.000 aziende di allevamento, tutte medio-piccole, con una media di 58 capi allevati. Gli allevatori locali lasciano il bestiame libero di muoversi al pascolo per oltre 10 mesi all’anno, nutrendosi per oltre l’80% con erba fresca (photo © gustavofrazao – stock.adobe.com).

scire a comunicare ai consumatori l’autenticità di una stretta di mano con un allevatore, l’affidabilità e la sicurezza della sua passione e della sua competenza, la “storia che c’è dietro” insomma. Caratteristiche per cui gli stessi consumatori sono poi disposti a spendere cifre più alte.

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Tradizione nazionale, tradizione familiare Il popolo irlandese ha sempre avuto un rapporto speciale con la propria terra, fatto di rispetto e gratitudine. Questi sentimenti si traducono in un impegno quotidiano verso l’ecosistema locale e in una gestio-

ne oculata delle risorse naturali disponibili, facendo attenzione a non minare il delicato equilibrio tra uomo e ambiente. È proprio questa sensibilità a guidare anche le 80.000 aziende agricole irlandesi di piccole e medie dimensioni dedite all’allevamento dei bovini.

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I numeri dell’allevamento locale in Irlanda: • 58 capi medi per allevamento • 80.000 aziende medio-piccole • 5.000 anni di tradizione

Declan Donnelly e Ivor Deverell con Clondrina, che si è aggiudicata il primo premio ad una competizione della Irish Hereford Society (photo © irishhereford.com). Questa professione è strettamente legata alla storia dell’Irlanda e dei suoi abitanti, che già 5.000 anni fa praticavano l’allevamento bovino, attività di grande impatto a livello economico, politico e sociale. L’esperienza maturata nei secoli, trasmessa in famiglia di generazione in generazione, ha permesso di affinare le tecniche impiegate e di selezionare le migliori razze per la produzione di carne di alta qualità. Una comune sensibilità nei confronti degli animali e della natura si ritrova nei singoli allevamenti che, con una media di 58 capi, un numero molto limitato, consente agli allevatori di avere nei confronti dei propri animali estrema cura e dedizione. Da sempre, inoltre, come vuole la tradizione irlandese, il bestiame viene lasciato libero di pascolare

per oltre 10 mesi l’anno, nutrendosi per oltre l’80% con erba fresca. Una storia di famiglia: i Deverell IVOR e JOE DEVERELL sono due allevatori che vivono ad Offaly, in una zona tra le più propizie per l’allevamento: la Midlands. La loro mandria è composta da circa 110 vacche di razza Hereford, tutte originate da due capi di razza pura regalati 80 anni fa ai nonni in occasione del loro matrimonio. La nascita della famiglia e il consolidarsi di una professione è stato un tutt’uno per i Deverell, due processi paralleli che continuano ad alimentarsi da ben tre generazioni. Uniti per il benessere della natura L’etica che guida gli allevatori irlandesi si è tradotta, negli ultimi

anni, in risultati tangibili e positivi anche in termini di sostenibilità. Bord Bia – Irish Food Board sostiene quotidianamente gli allevatori attraverso il programma di qualità assicurata BQAS – Beef Quality Assurance Scheme e insieme a loro ha dato vita a Origin Green, il primo e unico programma nazionale irlandese per la sostenibilità agroalimentare. Gli allevatori aderenti al programma, supportati da Bord Bia, che offre un supporto tecnico specifico e di consulenza ad ognuno di loro, si impegnano a lavorare nel rispetto dell’ambiente e ad adottare pratiche che riducano l’impatto ambientale dell’allevamento. I dati raccolti negli ultimi anni relativi all’allevamento bovino confermano come la profonda cura e rispetto degli allevatori nei confronti della loro terra producano risultati concreti: dal 2011 sono stati effettuati circa 117.000 controlli sulle emissioni di CO2 che hanno coinvolto ben 49.000 aziende agricole. Sono inoltre stati stabiliti ulteriori obiettivi di miglioramento per gli allevatori bovini con lo scopo di ridurre del 7% le emissioni di gas serra entro i prossimi anni.

Bord Bia – Irish Food Board è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi. Scopo di Bord Bia è quello di promuovere il successo dell’industria food & beverage e dell’orticoltura irlandese attraverso servizi di informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2016 le esportazioni dell’industria food & beverage irlandese hanno registrato un nuovo record, superando 11,25 miliardi di euro. Tra i settori in maggiore crescita nel 2016 quello della carne che rappresenta il 32% delle esportazioni (3,66 miliardi di euro). L’Italia è il quarto mercato più importante per l’export di manzo irlandese. >> Link: www.bordbia.ie

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PRODUZIONE

Dai campi del Sannio al piatto: le carni della Fattoria Veneruso e dell’allevamento D’Oto di Luciana Squadrilli

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uonalbergo è un piccolo paese del Sannio, la regione storica che abbraccia la provincia di Benevento in Campania: poche case, fattorie e campi che si perdono a vista d’occhio tra colline e antichi tratturi e nessuna speranza di trovare la strada con il navigatore, che qui si rivela meno utile della cara vecchia cartina stradale e di qualche indicazione chiesta agli abitanti del luogo, qualora se ne avvistino. Portici invece è uno dei Paesi Vesuviani, sovraffollati e trafficati centri abitati che si susseguono senza soluzione

di continuità da Napoli verso il Vesuvio. Due aspetti della Campania agli antipodi, legati tra loro dal filo rosso della qualità della carne e da un legame d’antica data. I VENERUSO, macellai di Portici, nascono come allevamento: dove oggi c’è il negozio di famiglia guidato dal giovane CIRO — che si chiama, appunto, “La Fattoria di Ciro Veneruso” — un tempo c’erano gli allevamenti seguiti dai nonni, mentre il papà si occupava del trasporto del bestiame. Tra le specialità della macelleria ci sono le carni di

Chianina provenienti dai migliori allevamenti toscani e umbri, il maialino nero casertano, l’Aberdeen angus e le carni di Marchigiana che arrivano appunto da Buonalbergo. Circa trent’anni fa, infatti, quando ragioni urbanistiche e di spazio obbligarono i Veneruso a spostare gli allevamenti in zone di montagna lasciando a Portici solo l’attività di vendita, tra le piccole aziende familiari selezionate a cui affidare l’allevamento del bestiame ci fu quella dei D’Oto: allevatori e casari da generazioni, MICHELE e LUCIA

Ciro Veneruso e Gerardo D’Oto. Il primo macellaio, il secondo allevatore, la loro è la storia di un progetto condiviso che nasce da un modo comune di intendere l’allevamento a partire dall’alimentazione degli animali.

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Carpaccio di bovino. A trasformare in piatti squisiti le carni di Ciro e Gerardo ci pensa Francesco Veneruso, griller e cuoco. D’OTO, oltre ad allevare vacche di Marchigiana e pecore Laticauda — antica razza autoctona caratterizzata dalla coda tozza e larga e dalle carni e dal latte particolarmente saporiti — realizzano tuttora splendidi formaggi, aiutati dai figli. Oggi agli allevamenti ci pensa Gerardo, che ha pressappoco l’età di Ciro Veneruso. I due non solo hanno proseguito il rapporto di collaborazione iniziato dai genitori ma lo hanno trasformato in qualcosa di più, un vero e proprio progetto condiviso basato su un modo comune di intendere l’allevamento e la qualità, che parte dall’alimentazio-

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ne degli animali. «Ogni animale ha delle specifiche esigenze e reagisce in un certo modo» spiega Gerardo. «Proprio come gli uomini: anche se mangiamo nello stesso modo, qualcuno ingrassa e qualcuno no, qualcuno è in forma e altri meno. Per questo, studiamo nel dettaglio l’alimentazione di ogni animale per far sì che la digestione sia ottimale». Se tutti gli animali dell’allevamento dei D’Oto — vacche e pecore — vivono in condizioni ideali, passando gran parte del tempo all’aria pura e liberi di pascolare nei prati sanniti ricchi di erbe profumate, le Marchigiane

destinate alla Fattoria di Veneruso godono di un trattamento deluxe. A loro disposizione hanno infatti una stalla riservata — dove per i primi 14-18 mesi di vita trovano riparo per la notte mentre di giorno sono all’aperto, tranne che gli ultimi mesi d’ingrasso — e una “dieta” studiata ad hoc a base di paglia e fieno e cereali — mais, avena, e triticale, un ibrido artificiale tra la segale e il grano tenero — coltivati nei campi di proprietà. L’orzo invece arriva da un’azienda del Molise dove le condizioni ambientali sono più favorevoli a questa coltivazione, che a sua volta prende il profumato fieno del Sannio dai D’Oto. Il mais viene cotto e macinato per far sì che sia più digeribile e un’attenzione particolare viene dedicata all’alimentazione delle mamme che allattano. «Il loro benessere è fondamentale per avere delle carni sane e perfette» spiega Gerardo D’Oto. Lo stato di salute degli animali è testimoniato dal loro mantello lucido e pulito, d’un bianco immacolato. «Siamo partiti tre anni fa con la selezione genetica degli animali migliori e abbiamo lavorato sulla loro alimentazione partendo da zero. Ora siamo circa al 70% del percorso. Siamo due pazzi!» racconta Ciro Veneruso senza giri di parole. «Ci vogliono dei sognatori e delle persone maniacali per fare cose del genere. Ma il risultato è qualcosa di completamente diverso dagli allevamenti “classici” e noi abbiamo deciso entrambi di puntare su una qualità assoluta. Le persone che vengono in macelleria e assaggiano la carne che vendiamo se ne rendono conto. Certo, la ricerca scientifica potrebbe aiutare ma quello che conta è soprattutto la pratica sul campo. La prova più importante è la fettina che taglio in macelleria!». Nonostante la lontananza geografica, la collaborazione tra Ciro e Gerardo è fatta di scambi pressoché quotidiani. «Gerardo alleva e porta a macellare le bestie, poi quando mi arriva la carne in macelleria io la taglio e lo chiamo per dirgli come va e per decidere se proseguire così o cambiare qualcosa. Ora stiamo

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Scopri il Sapore... ...Scopri la Genuinità!

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Fidatevi del Vostro Gusto e scoprirete la differenza. La bresaola e gli sfilacci di carne di cavallo di Giovanni Coppiello sono tutto il meglio e il buono che potete far provare ai vostri sensi. Scoprirete così un piatto unico dai pregi infiniti: ottimo antipasto, intingolo per condire paste bucate, oppure prelibato secondo. Ingredienti per 4 persone 200 gr. di Bresaola, 2 Zucchine, 2 Carote, 1 Limone 1 Bustina di Zafferano, 6 Cucchiai di Olio d Oliva, Pepe in Grano, 20 gr. Sale al Sedano.

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Nella foto una delle nostre Ricette Consigliate : Bresaola di Cavallo con Perle di Verdure e Salsa Zafferano Esecuzione: con l apposito scavino realizzare le perle di verdure e lessarle. Condire con un emulsione di succo di limone, olio, zafferano, pepe ed un pizzico di sale. Servire la bresaola di cavallo su un letto di rucola e guarnire il piatto.

Bresaola di Equino

Salame di Equino

Julienne Di Bresaola di Equino

Sfilacci di Tacchino

Sfilacci di Manzo

Sfilacci di Equino


Ogni animale ha delle specifiche esigenze e reagisce in un certo modo, spiega Gerardo D’Oto. Proprio come gli uomini: anche se mangiamo nello stesso modo, qualcuno ingrassa e qualcuno no, qualcuno è in forma e altri meno. Per questo, studiamo nel dettaglio l’alimentazione di ogni animale per far sì che la digestione sia ottimale

Siamo due pazzi, racconta Ciro Veneruso senza giri di parole. Ci vogliono dei sognatori e delle persone maniacali per fare cose del genere. Ma il risultato è qualcosa di completamente diverso dagli allevamenti “classici” e noi abbiamo deciso entrambi di puntare su una qualità assoluta. Le persone che vengono in macelleria e assaggiano la carne che vendiamo se ne rendono conto

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Polpette ed altri preparati e pronti da cuocere si possono acquistare nella macelleria “La Fattoria di Veneruso” a Portici (NA). lavorando sulla marezzatura per avere una distribuzione ottimale del grasso nella carne in maniera completamente naturale, solo con l’alimentazione» prosegue Ciro. «Mettere il grasso sul lato dell’animale è facile mentre far formare piccoli fili di grasso su tutta la carne è molto più difficile. Qui, per tradizione, gli allevatori hanno un loro modo di giudicare se l’ingrasso dell’animale è completo: toccano un punto preciso dietro alla coda che chiamano le fichelle. Se è soffice e sviluppato al punto giusto, vuol dire che l’animale è pronto. Ma, appunto, non è facile determinare se il grasso è distribuito nel modo migliore». Anche se loro non si ritengono ancora pienamente soddisfatti, il risultato di tanta attenzione è già apprezzabile e soprattutto apprezzato da molti, che si tratti di clienti privati o di ristoratori e pizzaioli della zona, anche molto affermati. A trasformare le carni frutto del lavoro di Ciro e Gerardo in piatti squisiti ci pensa anche FRANCESCO VENERUSO, il fratello di Ciro, che lavora come griller e cuoco. Conoscendo tutti i segreti della carne di qualità e le tecniche di cottura, cui unisce la sua fantasia e il gusto per la sperimentazione, propone piatti originali come il carpaccio di Marchigiana leggermente affumicato con legno di ciliegio

accompagnato dalla confettura di pere e zenzero, gli spaghettoni con straccetti di Marchigiana — una sorta di incrocio tra una genovese e una pulled Marchigiana in cui gli sfilacci di colardella (controfiletto) vengono cotti per 14 ore a bassa temperatura con sedano e carota e poi ripassata in padella con un rub particolare di spezie e verdure fatto dallo stesso Francesco — conditi con melagrana, pistacchi e crema di patate con agrumi e menta o le squisite polpette di Marchigiana affumicata (senza aggiunta di pane e uova) con mousse di friarielli. Alcune delle sue creazioni si trovano anche in macelleria, dove accanto ai diversi tagli di carne sono in vendita pure preparati pronti da cuocere come appunto le polpette e i rollè farciti ideati da Francesco, le cosce di maiale nero affumicate o gli straccetti di pollo ruspante conditi con sbriciolata di tarallo napoletano, mandorle tostate e pesto genovese IGP. Luciana Squadrilli La Fattoria di Ciro Veneruso Via Nuova Lagno 23/25 80055 Portici (NA) Telefono: 081 276129 Web: www.lafattoriadiveneruso.net Fratelli D’Oto Contrada Fontanone 6 82020 Buonalbergo (BN)

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INTERVISTE

Sigillo Italiano: l’identikit del vitellone ai cereali Il direttore dell’Unicarve Giuliano Marchesin spiega ad Eurocarne Veronafiere l’importanza delle iniziative del Consorzio L’Italia Zootecnica per la promozione e la valorizzazione della carne bovina made in Italy

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ome distinguere immediatamente la carne italiana? Per rispondere alla prima preoccupazione dei produttori (e dei consumatori), negli anni si sono susseguite diverse iniziative. Per orientarsi si deve tuttavia partire da una consapevolezza: la metà della carne prodotta in Italia riporta solitamente in etichetta una doppia provenienza (Francia-Italia o AustriaItalia). Questo succede perché l’Italia è cronicamente deficitaria di capi, che devono quindi essere acquistati da altri paesi europei,

soprattutto dalla Francia. Da qui lo storico enigma dell’etichetta. Per rendere chiare le idee ai consumatori è quindi sceso in campo il CONSORZIO L’ITALIA ZOOTECNICA, che comprende associazioni italiane come ASPROCARNE PIEMONTE, BOVINMARCHE, CONSORZIO CARNI DI SICILIA e UNICARVE, con il Piano Carni Bovine Nazionale e un marchio progettato ad hoc. L’obiettivo? Promuovere e valorizzare la carne bovina prodotta in Italia attraverso il marchio Sigillo Italiano, una coccarda tricolore che punta a permettere al consumato-

re di riconoscere senza ombra di dubbio la carne prodotta dai nostri allevatori. Del marchio Sigillo Italiano può quindi fregiarsi il vitellone (o scottona) ai cereali, che indica esclusivamente un bovino allevato in Italia seguendo le regole dettate dal disciplinare di produzione riconosciuto e controllato dal Ministero delle Politiche Agricole. Per capirne punti di forza qualitativi, nutrizionali ed economici, abbiamo parlato con GIULIANO MARCHESIN, direttore del CONSORZIO ITALIA ZOOTECNICA e UNICARVE.

Giuliano Marchesin, direttore del Consorzio Italia Zootecnica e Unicarve.

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Marchesin, cos’è il vitellone ai cereali? «Il principe dei vitelloni ai cereali è di razza Charolaise francese, bovino che traccia le origini del suo miglioramento genetico in epoca napoleonica, quando si iniziarono a utilizzare vacche razziate in provincia di Verona e successivamente incrociate con bovini allevati nella zona di Charolles in Francia. Da qui il nome». Invece la scottona… «La razza regina per la scottona ai cereali è invece la Limousine francese. Si tratta di un bovino di indole più aggressiva della Charolaise, ma che produce carni particolarmente tenere e succose». Perché è importante un disciplinare per queste razze? «Perché così si ottengono capi dall’equilibrata distribuzione del grasso di marezzatura e copertura. La carne risulta quindi più tenera per la minor presenza di tessuto connettivo, più chiara e luminosa e con un aroma meno intenso. Sono caratteristiche in grado di esaltare al meglio la percezione sensoriale del consumatore e aumentarne la portata commerciale». Qual è l’identikit del vitellone ai cereali? «Intanto si tratta di animali giovani, che vengono macellati in genere tra i 18 e i 20 mesi di età. Di conseguenza la carne risulta tenera

rosata e succosa ed è generalmente molto apprezzata dai consumatori. Per tali caratteristiche, ha anche vinto una sfida con la razza Chianina al Mercato Centrale di Firenze, dove una giuria di 70 persone ha assaggiato la battuta di coltello di fesone di spalla, decretando il successo della carne veneta». Quanti capi vengono prodotti annualmente? «In Italia vengono macellati, tra vitelloni e scottone, circa 1.435.000 capi di età tra i 12 e i 24 mesi, secondo i dati aggiornati al 31 dicembre 2016. Il Veneto è il maggior produttore, con una produzione di poco meno di mezzo milione di capi annui». Praticamente il core business della produzione nazionale. «È così. Il Veneto ad oggi detiene circa il 30% della produzione nazionale di carne bovina. Conta più di 1.800 allevamenti professionali di bovini di carne, per un valore economico che si aggira intorno ai 458 milioni di euro l’anno». Come vengono allevati questi capi? «Il primo ciclo di vita, dopo l’allattamento della vacca nutrice, avviene in prati pascolo fino agli undici mesi, per arrivare ad un peso di circa 350/400 kg. La seconda parte del ciclo, quella più importante per ottenere una buona carne, è di

massimo otto mesi in stalle italiane. I nostri allevamenti assicurano un elevato standard di benessere animale, la protezione dei bovini da parassiti ed il controllo totale dell’alimentazione ai cereali, essenziale per ottenere una buona carne». L’alimentazione è l’elemento chiave? «Un animale cresciuto al pascolo e nutrito di sola erba non produrrà carne di qualità. Anzi, risulterà dura, dal gusto selvatico e di colore più scuro. Oltre la metà del mangime dei nostri bovini è fatta di foraggio e cereali di primissima qualità. All’alimentazione viene quindi aggiunta soia, mais, una combinazione miscelata e controllata, che segue le indicazioni del disciplinare approvato dal Ministero delle Politiche Agricole e dalla Commissione europea». Quali sono i tagli migliori? «Ci si può sbizzarrire con qualsiasi elemento del vitellone, non si butta mai via nulla. Ad esempio il fesone o il diaframma sono fantastici e si prestano a diverse cotture. Se si vuole stupire, consiglio un pezzo di fesone di spalla battuto al coltello e servito su dei crostini di pane con un pizzico di sale e un filo d’olio extravergine DOP. Le regine sono però le costate che vanno cotte al punto giusto e condite solo con sale grosso, che deve piovere direttamente sul piatto». (Fonte: Eurocarne News)

Eurocarne 2018 è il salone internazionale dedicato alla filiera delle carni in programma a Veronafiere dal 31 gennaio al 3 febbraio 2018, in concomitanza a Fieragricola. Il format è stato totalmente rinnovato per intercettare le nuove esigenze del mercato e offrire a clienti e visitatori un appuntamento di alto profilo in grado di riunire tutti i protagonisti della filiera della carne: produttore, macellatore, trasformatore, distributore, consumatore. Senza dimenticare il circuito della filiera corta, una delle novità di questa edizione. Eurocarne si rivolge infatti a tutti gli attori di questa filiera, che collaborano in stretta sinergia fra loro: gli allevatori (storicamente un segmento molto presente a Fieragricola), le aziende agricole multifunzionali, gli agriturismi, i laboratori artigianali, le macellerie, le gastronomie, i ristoratori, la media e Grande Distribuzione. Saranno chiamati a esporre anche i produttori di impianti e le attrezzature per la macellazione; i produttori di tecnologia professionale e attrezzature per la lavorazione trasformazione delle carni; i produttori di tecnologia per la conservazione e il confezionamento del prodotto; aromi e additivi; i consorzi e le organizzazioni di prodotto; le aziende che offrono allestimenti per il lavoratore di lavorazione, preparazione e confezionamento, ma anche gli allestimenti per i punti vendita, i servizi alla filiera, le associazioni di categoria (produttori, macellai, catene della media e Grande Distribuzione) e la stampa di settore. >> Link: www.eurocarne.it

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I miei 40 anni alla direzione dell’associazione allevatori

Bartolomeo Bovetti racconta

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uneo. «Mi chiamò l’allora presidente degli allevatori, l’avvocato GIUSEPPE DARDANELLI di Mondovì. Una telefonata di poche parole: abbiamo bisogno di lei come direttore dell’APA di Cuneo». Con questa offerta — che non si poteva rifiutare — cominciava, a metà degli anni ‘70, la straordinaria carriera del dottor BARTOLOMEO BOVETTI che, alla fine de 2017, ha lasciato la direzione dell’ARAP al dottor TIZIANO VALPERGA. In questi 40 anni l’associazione degli allevatori cuneesi e piemontesi ha vissuto una trasformazione epocale, soprattutto attraverso un crescente e continuo coinvolgimento degli allevatori e l’introduzione delle nuove tecniche di selezione. Risultati sotto gli occhi di tutti, anche a livello nazionale,

che sono valsi a Bovetti il premio Italialleva 2017, consegnato all’ultimo gala dei frisonisti. Passato il testimone in sede di associazione regionale, per il dottor Bovetti la parola pensione resta un miraggio in quanto continua a dedicarsi al mondo cooperativo, in qualità di direttore COMPRAL CARNI e COMPRAL LATTE. All’epoca della chiamata, il giovane Bovetti (classe 1947) era un brillante agronomo-zootecnico che alternava la libera professione con l’insegnamento alla scuola agraria di Demonte. La sua candidatura alla direzione dell’APA, un mondo allora legato ad un modello piuttosto elitario, suscitò un certo dibattito e qualche perplessità, l’avvocato Dardanelli fu irremovibile. «Io incarnavo una figura indipendente

di estrazione tecnica estranea ad ogni altra logica» ricorda Bovetti, che aggiunge «tuttavia, negli anni ho comunque potuto apprezzare il sostegno e l’incoraggiamento delle organizzazioni professionali e del mondo istituzionale provinciale. Il lavoro in questi 40 anni è stato davvero tanto, segnato da svolte culturali significative che hanno poi determinato la crescita della categoria e lo sviluppo economico di tutto il settore. Quali tappe ricorda in particolare, dottor Bovetti? «La missione per la quale venni chiamato riguardava innanzitutto il miglioramento genetico nel solco della attività istituzionale del Sistema allevatori. Si trattava di lavorare sui nuovi metodi finalizzati a perseguire obiettivi di selezione

Bartolomeo Bovetti col premio Italialleva 2017 consegnatogli nel corso di Allevatorissima, il gala dei frisonisti (photo © www.arapiemonte.it).

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al passo con i tempi. L’attività di miglioramento della produttività zootecnica è stata — e lo è ancora — fondata sulla genetica delle popolazioni, ovvero l’analisi statistica dei dati produttivi raccolti in campagna attraverso il Controllo funzionale, la gestione dei Libri genealogici e la elaborazione attraverso modelli matematici complessi, con il tempo sono state introdotte nuove tecniche di raccolta e di trattamento dati, più sofisticate e mirate a obiettivi di selezione sempre più precisi, fino all’approdo alla analisi genica con tecniche di biologia molecolare». Un cammino che ha dato frutti consistenti? «Basta un dato: nel volgere di vent’anni la produzione lattifera è passata da 50 a 110 quintali e oltre per capo bovino. Sul fronte carne, parla il successo della razza Piemontese, oggi la più diffusa in Italia, con un mercato in forte espansione, spinto dall’immagine di eccellenza del Fassone. Tutto questo è stato possibile grazie al grande lavoro svolto dai nostri specialisti, dai tecnici di campagna, dai ricercatori e dalle associazioni di razza. Negli anni abbiamo moltiplicato la massa di raccolta dati e la capacità di finalizzarli alla consulenza tecnica in allevamento, alla tracciabilità (anche in funzione dei nuovi sistemi di produzione legati alle filiere) e a tutta la complessa e fondamentale attività del controllo qualità nell’ambito delle filiere di produzione, che è il nostro orgoglio e punto di forza». Dalla zootecnia alla produzione agroalimentare su larga scala: com’è cambiato il rapporto con i consumatori? «È diventato sempre più stretto e trasparente. Il nostro percorso di miglioramento ci ha portato ad ottimizzare gli aspetti qualitativi delle produzioni ponendo come prerequisito i parametri igienicosanitari, a seguire le caratteristiche merceologiche ed organolettiche, valorizzando sempre di più gli aspetti del territorio, dell’ambiente, dell’alimentazione naturale e del benessere animale, dell’impatto ambientale. Tutti valori che condividiamo con i consumatori». L’utilizzo delle tecnologie, la corsa verso sempre nuovi traguardi, hanno fatto perdere di vista i valori tradizionali? «Spero proprio di no. La ruralità, che è fatta di saggezza, di pazienza nel lasciar maturare le cose, di discrezione e riservatezza, è un valore perenne che per fortuna continua a essere presente nelle nostre famiglie di allevatori. È lo stile di un mondo che non ha paura delle novità, ma ama fare i passi uno alla volta con ponderatezza ed attenzione. E i rapporti personali restano al centro di tutto. In questi quarant’anni ho conosciuto centinaia, migliaia di persone, con le quali per capirsi bastava uno sguardo. Lo stesso rapporto, forte e paritario, che ho coltivato con i miei presidenti storici, che qui voglio ringraziare pubblicamente per la stima e l’amicizia di cui mi hanno onorato: GIUSEPPE DARDANELLI, GUIDO BRONDELLI DI BRONDELLO e ROBERTO CHIALVA». Fonte: ARA Piemonte

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INDAGINI

Sempre e ovunque: in Italia acquisti e ascolti sempre più “frammentati” Ci sono 11 milioni di giovani che non conosciamo direttamente ma che possiamo imparare a capire grazie a quello che raccontano di loro stessi, alle loro abitudini di consumo e alla loro “dieta mediatica”. Il punto di partenza è evitare pregiudizi, tipo l’idea che lo smartphone sia al vertice dei loro valori, e ascoltare quello che hanno da dire oltre ai selfie di Christian Centone

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ai risultati della X edizione dell’Osservatorio Multicanalità, promosso da NIELSEN, dalla SCHOOL OF MANAGEMENT POLITECNICO DI MILANO e da ZENITH ITALY,

emerge un panorama frastagliato di individui sempre più distinti sia nelle modalità di acquisto che nel consumo mediatico. Da un lato, ci sono 31,7 milioni di indi-

vidui sopra i 14 anni (60% della popolazione) che, pur con diversi gradi di maturazione, hanno un comportamento multicanale nelle diverse fasi del customer journey (ri-

Dopo anni di acquisti in contrazione, gli Italiani sotto gli “anta” tornano a spendere di più per i prodotti di largo consumo. I ventenni e neotrentenni effettuano la loro spesa tra le due e le tre volte a settimana, visitando punti di vendita differenti e, sempre più spesso, specializzati (photo © www.nbcnews.com).

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Nell’era di internet e del commercio elettronico i comportamenti di acquisto dei consumatori sono in rapida evoluzione e profonda trasformazione: è in continuo aumento il volume e la frequenza degli acquisti on-line e i consumatori sono sempre più connessi e digitali. In questo scenario la multicanalità è quindi un obiettivo strategico per le aziende che affrontano la difficile sfida di soddisfare questi consumatori sempre più esigenti attraverso la costruzione di un percorso di acquisto (il customer journey) che ottimizzi l’esperienza del cliente in ogni occasione e attraverso tutti i touch-point (photo © mx.blastingnews.com). cerca informazioni, comparazione di prezzi, lettura di recensioni, acquisto); dall’altro, 21 milioni di individui (40% della popolazione) non sono connessi a internet, dato invariato dal 2012. Due gruppi ormai nettamente separati e con caratteristiche specifiche. All’interno del primo gruppo, c’è un’altra profonda differenza tra

gli InfoShopper — consumatori che utilizzano la rete nel processo di acquisto solo per la raccolta di informazioni (11,1 milioni, il 21% della popolazione over 14 e il 35% degli internauti) — e gli eShopper — che utilizzano la rete in tutte le fasi del percorso di acquisto (20,6 milioni, il 39% degli Italiani e il 65% degli internauti), stabili in termini nume-

I Millennials acquistano di più on-line ma si recano anche più frequentemente nei piccoli negozi di alimentari, nei discount e partecipano ai Gruppi di Acquisto Solidale. Sono propensi ad attivare fonti d’acquisto diverse, a seconda del bisogno del momento e della “convenience”. Niente routine, quindi: la scelta del punto vendita dipende da un mix fattori differenti

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rici ma più attivi rispetto al 2016, avendo aumentato la frequenza con cui comprano on-line. Il segmento più evoluto tra gli eShopper, gli Everywhere Shopper (6,6 milioni) — utenti che si connettono in qualunque momento e con qualunque dispositivo — è anche quello più in crescita (+14% rispetto al 2016). Questi ultimi sono consumatori che, nel proprio customer journey, usufruiscono di tutti i touch-point on-line e off-line senza soluzione di continuità, ovunque e in ogni momento, ed esprimono una forte propensione sociale in tutte le fasi di relazione con la marca. La vera novità di quest’anno, però, è l’aumento del numero di eShopper che utilizzano internet per dare feedback su prodotti e aziende: oltre agli Everywhere Shopper, cre-

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scono infatti i Money Saver (+7%) a dimostrazione della crescente socialità degli acquisti. Le tecnologie digitali e il social web non hanno impattato solo il customer journey, hanno anche frammentato la domanda, creando sempre più bisogni di nicchia e favorendo consumi trasversali, motivo per cui oggi non si parla più di “segmenti di consumatori”, bensì di pubblici, tribù e stili di vita. È una situazione complessa ma anche un oceano blu di opportunità. In questo momento le aziende dovrebbero concentrarsi sull’analisi dei dati già disponibili, per intercettare e sfruttare le potenzialità dei vari mercati. La frammentazione riguarda anche il consumo mediale, analizzato quest’anno per la prima volta grazie a elaborazioni e stime realizzate da NIELSEN a partire dai panel AUDITEL e AUDIWEB. Emerge chiaramente che la comparsa di nuove piattaforme televisive — Free to Air e Pay TV — in aggiunta all’utilizzo sempre più diffuso dei device digitali, ha parcellizzato la fruizione dei mezzi di informazione. Le aziende possono affrontare questa situazione lavorando alla costruzione di relazioni con categorie di consumatori sempre più particolari e diversi tra loro, creando valore nel tempo. La spesa per i Millennials non è routine Dopo anni di acquisti in contrazione, gli Italiani sotto gli “anta” tornano a spendere di più per i prodotti di largo consumo. Le famiglie giovani — quelle con figli sotto i 17 anni, ma non tutti supe-

• • •

riori ai 10 anni — fanno registrare un aumento della spesa media del +2,5%. I single e le coppie under 35 senza figli diminuiscono invece il valore della singola spesa (–0,7%), compiendo atti d’acquisto sempre più frequenti (+2,1%). Entrambi i trend confermano il crescente impatto che gli acquisti alimentari hanno sull’andamento del settore FMCG. La riscoperta del cibo “sano”, infatti, sta trainando il largo consumo, ed è diventata un vero e proprio investimento: il benessere è una nuova forma di sicurezza. Il trend relativo ai Millennials senza figli è interessante anche per un altro motivo. I ventenni e neotrentenni effettuano la loro spesa tra le due e le tre volte a settimana, visitando punti di vendita differenti e, sempre più spesso, specializzati. È evidente che la scelta dei momenti e dei luoghi in cui acquistare i prodotti di largo consumo stia diventando — per citare ZYGMUNT BAUMAN — liquida. I Millennials acquistano di più online, al tempo stesso si recano più frequentemente nei piccoli negozi di alimentari, nei discount, negli specialisti drug e partecipano ai Gruppi di Acquisto Solidale nella propria zona. Sono propensi ad attivare fonti d’acquisto diverse, a seconda del bisogno del momento e della convenience. Niente routine, quindi: la scelta del punto vendita dipende da un mix fattori, tra i quali la prossimità, la convenienza economica e la qualità/innovazione dei prodotti offerti. Christian Centone Fonte: Osservatorio Nielsen www.nielsen.com

Nota esplicativa Single e coppie giovani: single under 35 e famiglie senza figli con responsabile d’acquisto sotto i 35 anni. Famiglie con figli piccoli e adolescenti: famiglie con figli sotto i 17 anni, ma non tutti superiori ai 10 anni. Famiglie mature: famiglie con responsabile d’acquisto tra i 35 e i 54 anni + famiglie con figli unicamente tra gli 11 e i 17 anni + famiglie con figli sopra i 18 anni + single tra i 35 e i 54 anni. Over 55: famiglie con responsabile d’acquisto sopra i 55 anni a nessun figlio sotto i 18 anni + single over 55.

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L’informazione e i consumatori “post verità” I moderni pensatori amano dire che la società moderna si trova in una fase di “post verità”, in cui le persone sono più propense a seguire le emozioni piuttosto che la ragione. Per l’industria zootecnica questo dato ha aspetti sia positivi che negativi, ma la trasparenza resta una strategia vincente

U

na nuova ricerca suggerisce che il consumatore moderno stia vivendo in una sorta di mondo post verità. A dicembre scorso, lo statunitense Center for Food Integrity (CFI) ha pubblicato i risultati di quella che chiama “ricerca etnografica digitale”. Si tratterebbe di un tentativo di separare ciò che i consumatori dicono di fare e ciò

che effettivamente fanno. In due anni, l’organizzazione ha delineato il comportamento on-line di 8.500 consumatori, per determinare quale sia la loro opinione sul cibo. La credibilità delle informazioni è legata al rapporto del consumatore con la verità. Per alcune persone la verità è oggettiva e le loro opinioni sono radicate nelle prove e nella

scienza. Per altri, è soggettiva e ciò che è vero dipende dai desideri e dalle proprie opinioni. La maggior parte dei consumatori, il 74%, vede la verità sul cibo come qualcosa tra l’obiettivo e gli estremi soggettivi. Il segmento più grande del mercato, che rappresenta il 39% della popolazione dei consumatori, fa parte di un segmento che il CFI

La ricerca CFI conferma che solo il 15% dei consumatori considera fatti ed eventuali elementi comprovati nella fase di scelta e acquisto dei cibi (photo © equalexchange.coop).

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definisce follower. Un consumatore schiacciato dalle informazioni è timoroso di fare la scelta sbagliata. Questo consumatore è alla ricerca di qualcuno che lo guidi, su basi sia scientifiche che etiche. Secondo la ricerca spesso sono i valori a guidare le convinzioni sul cibo e sono uno degli elementi che maggiormente arriva al consumatore. Il CFI sostiene che, nello stimolare fiducia, la condivisione di valori è da tre a cinque volte più importante rispetto alla semplice condivisione di informazioni. Per l’industria avicola, e zootecnica in generale, questa ricerca ha aspetti sia positivi che negativi. Dal punto di vista negativo, conferma che solo una piccola minoranza, circa il 15% dei consumatori, considera i fatti e le prove prima di pren-

dere decisioni sul cibo. Ciò mina le informazioni basate sulla scienza che l’industria impiega quando si difende e conferma il fatto che le persone sono pronte ad ascoltare messaggi basati sulle emozioni e sono suscettibili alla ripetizione senza sosta di argomenti, magari sfocati, portati avanti da attivisti e troll on-line. Di contro, la ricerca rappresenta una guida su come adattare il messaggio per attirare maggiormente i consumatori. La trasparenza, attraverso la quale il settore mostra l’iter dall’allevamento alla tavola è una buona strategia. Ma mostrare i propri valori o che all’industria interessano le stesse cose e condivide la stessa etica del consumatore medio, è ancora meglio. Fonti: WattAgNet – UNAItalia

CFI-Center for Food Integrity: chi sono, cosa fanno Siamo un’organizzazione no profit i cui membri rappresentano la diversità dell’attuale sistema agroalimentare, dagli allevatori, alle aziende alimentari, ai centri di ricerca, università, organizzazioni non governative, ristoranti e retailer (…). I consumatori si interrogano sul cibo, sull’origine e lavorazione. La loro curiosità e il loro scetticismo sono i motivi per i quali esistiamo. Non lavoriamo per raggiungere determinati obiettivi. Non facciamo attività di lobby e non tifiamo per l’una o per l’altra azienda. Vogliamo semplicemente che i consumatori, nel caos della comunicazione, abbiano accesso ad un’informazione bilanciata per fare le giuste scelte, per sé stessi e per le proprie famiglie”. >> Link: www.foodintegrity.org

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BENESSERE ANIMALE

Strategia globale per il benessere animale Il benessere animale è un argomento sempre più all’ordine del giorno, come dimostra un recente documento dell’Organizzazione Mondiale per la Salute Animale (OIE) di Giovanni Ballarini

I

l professor GIUSEPPE BERTONI dell’Università di Piacenza, in un suo intervento su Georgofili INFO, ricorda che l’uomo, lo voglia o meno, domina gli animali ed è perciò necessario trovare soluzioni costruttive al problema, che non saranno raggiunte con moralismi sui diritti degli animali, ma mediante metodi pratici per conciliare le

nostre aspirazioni su quegli stessi animali, con un occhio di riguardo al loro benessere. Questo significa che il problema del benessere deve considerare diversi aspetti e che bisogna valutare la differenza di valore intrinseco fra uomini e animali, il bisogno dell’uomo di cibo di origine animale, la sostenibilità economica degli allevamenti, ecc…

In altre parole, bisogna assicurare che gli animali allevati non soffrano la fame, il caldo, il freddo, spossatezza, dolore, malessere, paura e, al tempo stesso, possano giovarsi di alimenti a loro graditi e degli agi e benessere derivanti dal vivere in un ambiente ottimale. Secondo il Farm Animal Welfare Council (Regno Unito), le libertà

Il benessere degli animali è un tema ampiamente dibattuto negli ultimi anni. In Europa le misure di benessere previste riguardano soprattutto l’allevamento suino e l’allevamento avicolo (photo © Rainer Fuhrmann – Fotolia).

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Nel mercato europeo esiste il divieto d’uso dell’ormone somatotropo nelle vacche da latte e degli ormoni anabolizzanti nei bovini da carne (photo © Eugene Chernetsov – Fotolia).

Nella valutazione del benessere animale le condizioni economiche ed etiche sono complementari e vanno considerate congiuntamente in ogni contesto, valutando che nei sistemi di produzione alimentare il benessere degli animali contribuisce a migliorare produttività, qualità, sicurezza alimentare e il rendimento delle attività d’allevamento

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fondamentali degli animali possono essere così riassunte: * libertà dalla paura e dall’angoscia; * dalla fame e dalla sete; * dal disagio fisico; * dai traumi e dalle malattie; * dalla paura e dagli stress; * dall’annullamento del comportamento normale della propria specie; * dalla modifica permanente del genoma. Il livello del benessere, che va dall’ottimo al pessimo, deve mettere d’accordo gli scienziati e i filosofi che si occupano del problema: i primi devono fornire una definizione precisa di benessere animale; i secondi devono elaborare i risvolti etici per tracciare le regole generali che consentono di ottenerlo in modo accettabile. In generale, una buona definizione del benessere animale è quella ormai classica dei professori CARENZI e VERGA dell’Università di Milano secondo i quali dovrebbe comprendere l’intero stato dell’organismo, considerando sia il corpo che la mente e i loro lega-

mi. La sua valutazione può essere ottenuta considerando le diverse condizioni di benessere che si verificano nei sistemi d’allevamento per tutte le specie allevate (includendo anche il trasporto e la macellazione) e le conseguenze comportamentali, fisiologiche e patologiche agli stress cronici ed acuti. Gli indicatori di sofferenza comprendono una crescita ridotta, presenza di traumi e ferite, suscettibilità alle malattie, peggiori funzioni riproduttive, ridotte aspettative di vita, ma anche comportamenti anomali e atteggiamenti non desiderati, quali vitelli che si succhiano a vicenda, maiali che si mordono la coda, polli che si beccano le penne. Il loro uso ha tuttavia dei limiti per la variabilità tra ed entro le razze e lo stato fisiologico; inoltre, le misure oggettive (encefalografia, cardiografia, oculografia, miografia) necessitano di tempo, personale ed attrezzature e mancano di valori di riferimento. La generalizzazione dei risultati è limitata perciò ai sistemi confrontabili che operano in condizioni standard (suini, polli).

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Per quanto riguarda la qualità delle produzioni, si è visto che gli animali allevati in condizioni disagevoli, come quelle degli allevamenti intensivi, hanno concentrazioni plasmatiche di cortisolo (strumento di valutazione del benessere animale) molto più elevate, come pure elevata è la produzione di lattato, rispetto ad animali allevati in condizioni più confortevoli. Questi ultimi hanno carni con una migliore capacità di trattenere i liquidi e una minore perdita di acqua dopo la cottura. Gli animali stressati hanno inoltre nei muscoli poco glicogeno, necessario per la frollatura delle carni, che quindi rimarranno dure. Da non trascurare le molecole aromatiche trasferite alle carni e al latte degli animali dalle essenze del pascolo ed il loro effetto sulla qualità dei prodotti. Il benessere animale costituisce un grande vantaggio sia per i consumatori che per gli allevatori, anche se la relazione tra produttività e benessere è complessa e si è visto che in un primo momento entrambi migliorano, mentre successivamente entrambi si possono ridurre. Costo del benessere animale Rispetto ad un maggior costo degli alimenti d’origine animale prodotti in condizioni di benessere (prodotti bio-eto-compatibili o compatibili con le esigenze vitali, biologiche ed etologiche degli animali), in modo schematico vi sono due posizioni. La prima, analoga a quella che si è assunta per i prodotti biologici, vorrebbe una distinzione tra gli alimenti pro-

dotti con sistemi d’allevamento che assicurano un corretto benessere agli animali e quelli prodotti con sistemi convenzionali. Un’adatta etichettatura dovrebbe presentare al consumatore i due tipi di prodotto. Una situazione che, ad esempio, è già in atto per le uova e che ha trovato un certo spazio, ma di nicchia, in quanto solo una parte di consumatori è disposta a pagare un maggior prezzo per le derrate alimentari prodotte con sistemi d’allevamento che assicurano agli animali condizioni di benessere. Una seconda posizione ritiene inaccettabile che il benessere animale sia un optional e rappresenti un mercato di nicchia, perché deve riguardare tutta la produzione e non solo una piccola parte di “animali felici”. In relazione a questa impostazione viene posta, con forza e in modo rilevante, la questione del maggior costo di una produzione zootecnica con metodi che assicurino il benessere degli animali. Per quanto riguarda il consumatore italiano ed europeo, le misure di benessere previste riguardano soprattutto l’allevamento suino (scrofe libere) e l’allevamento avicolo (polli da carne allevati meno intensivamente e con un accrescimento meno rapido; eliminazione delle gabbie per le galline ovaiole). Come risulta da alcune ricerche, il consumatore avrebbe un aumento di costi settimanali molto limitati e un aumento sul bilancio alimentare dello 0,53%. Tuttavia, queste cifre possono variare da nazione a nazione, secondo gli stili alimentari e

i diversi consumi. Il costo che il consumatore deve sopportare per un’alimentazione basata su produzioni animali derivate da allevamenti che rispettano norme di benessere animale (prodotti bio-eto-compatibili) è minimo e trascurabile, contenuto nell’ordine dell’1% del costo globale alimentare. Evidentemente non sono stati calcolati i costi di trasformazione degli allevamenti e tutto quanto vi è connesso, iniziando dalla disponibilità di spazio, per non parlare delle licenze edilizie. Tuttavia, questi costi possono essere in parte riassorbiti nelle manutenzioni ordinarie e straordinarie e nelle normali ristrutturazioni d’allevamento. Dovranno comunque essere previsti opportuni finanziamenti e, soprattutto, una certezza normativa. Non si può, infatti, dare avvio a ristrutturazioni radicali nel modo d’allevare senza essere certi che le regole siano stabili, almeno nel medio periodo. Bisogna inoltre evitare che le regole possano divenire elementi distorsivi del libero mercato comunitario e mondiale. Per quanto riguarda il mercato internazionale, è opportuno rilevare che l’uso di metodi di produzione non accettati dalla UE per i bovini, come l’ormone somatotropo per il latte e gli anabolizzanti per la carne, non hanno un reale significato economico sul costo finale del litro di latte o del chilo di carne (diminuzione del 2-3%), costo in gran parte dovuto ad altri fattori (valore del terreno, costo degli alimenti, ecc…). Lo stesso avviene per le altre

Tabella 1 – Effetti economici del benessere animale Sistemi di allevamento

Costo per l’allevatore (%)

Effetto sul costo commerciale Alimento

Prezzo (%)

% spesa alimentare

Uso di ormone somatotropo

–8

Latte Formaggio

–2,56 –1,92

– 0,17 – 0,02

Uso di ormoni

+4

Carne bovina

+1,44

+ 0,04

Scrofe libere

+5

Carne suina Salumi

+1,19 +1,30

+ 0,03 > 0,01

Broiler macellati a 60 giorni

+30

Carne di pollo

+13,20

+ 0,27

Ovaiole non in gabbia

+28

Uova

+17,90

+ 0,22

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produzioni bio-eto-compatibili. Ne consegue che, anche in ambito di una globalizzazione dei mercati, il benessere animale non influisce in modo significativo sui prezzi, quindi non può essere usato come elemento distorsivo. Un’auspicabile diffusione di sistemi d’allevamento bio-eto-compatibili comporta una nuova professionalità non solo degli allevatori, ma anche dei veterinari aziendali e degli enti pubblici. Benessere secondo l’OIE L’Organizzazione Mondiale per la Salute Animale (OIE), alla quale aderiscono 180 paesi, il 24 maggio 2017 ha adottato una Strategia Globale per il Benessere Animale (Global Animal Welfare Strategy) confermando l’interesse mondiale del problema. La risoluzione segue un iter iniziato con lo Strategic plan 2001-2005, nel quale il benessere animale era stato indicato quale argomento prioritario, ponendo l’OIE quale leadership nella sua promozione, e proseguito con il documento Animal welfare for a better world, emesso nella riunione del Messico del dicembre 2016. La Strategia parte da una visione globale di un mondo in cui il benessere animale sia rispettato, promosso e progressivamente accresciuto, in modo da integrare le garanzie di salute animale e sanità pubblica con lo sviluppo socioeconomico e la sostenibilità ambientale, e si basa su quattro pilastri:

L’attuale prospettiva dell’OIE per il benessere animale amplia gli orizzonti consuetudinari, collegando più strettamente le scienze del benessere alle aree scientifiche delle scienze sociali e dell’economia e ad altri settori che devono integrarsi per garantire il benessere degli animali assieme a quello dell’ambiente

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1. sviluppo di standard internazionali; 2. rafforzamento delle competenze dei sistemi veterinari; 3. comunicazione tra OIE e paesi aderenti; 4. sviluppo di standard OIE di benessere animale. La Strategia presuppone che il benessere degli animali sia strettamente legato alla salute loro e degli uomini e alla sostenibilità dei sistemi socioeconomici e ambientali; si raggiunge con conoscenze scientifiche, dei sistemi economici e produttivi, delle influenze culturali e religiose, e si basa su riflessioni etiche, considerando anche i sistemi legislativi. Da qui derivano responsabilità che, a diverso livello, coinvolgono governi, istituzioni accademiche, società civili, medici veterinari, ricercatori, allevatori e tutte le persone che a vario titolo possiedono animali, li utilizzano e ne prendono cura. Molte sono le attività umane interessate all’uso e al mantenimento degli animali per lavoro, compagnia e affetto, produzione di alimenti, pelli, pellicce, filati e per la ricerca scientifica, considerando anche gli scambi e i trasporti a livello nazionale e internazionale. Tutte queste attività possono trovare una legittimazione solo se compiute con responsabilità e rispetto di valori etici di un’umanità definita su standard universali, basati sulla considerazione degli animali quali esseri senzienti. Conclusioni Nella valutazione del benessere animale, le condizioni economiche ed etiche sono tra loro complementari e da considerare congiuntamente in ogni specifico contesto, valutando che nei sistemi di produzione alimentare il benessere degli animali contribuisce a migliorare la produttività, la qualità e la sicurezza alimentare, il rendimento economico delle attività d’allevamento. Per questo il benessere animale contribuisce a garantire l’interesse dei consumatori e, in ultima analisi, la prosperità delle economie che dipendono dalle produzioni animali. Per quanto riguarda i sistemi d’allevamento degli animali, determinanti sono i risultati che si

L’Organizzazione Mondiale per la Salute Animale il 24 maggio 2017 ha adottato una Strategia Globale per il Benessere Animale confermando l’interesse mondiale del problema. attendono da ricerche scientifiche affiancate da considerazioni etiche e supportate da attente valutazioni dei risvolti pratici, per elaborare standard dei sistemi di produzione con norme reciprocamente riconosciute, per evitare duplicazione di sforzi e soprattutto permettere un più equo ed equilibrato commercio internazionale, evitando una strumentalizzazione commerciale di tipo protezionistico. Per questo sarà determinante un’integrazione e un’armonizzazione delle normative nazionali e sovranazionali riguardanti il benessere degli animali allevati o comunque mantenuti e usati. L’attuale prospettiva dell’OIE per il benessere animale amplia gli orizzonti consuetudinari, collegando più strettamente le scienze del benessere alle aree scientifiche delle scienze sociali e dell’economia e ad altri settori che devono integrarsi per garantire il benessere degli animali assieme a quello dell’ambiente, per ottenere una migliore salute globale animale-uomo e una necessaria sostenibilità economica, e per acquisire conoscenze da condividere attraverso collaborazioni di ricerca e di comunicazione ai diversi livelli sociali, da quelli nazionali a quelli globali. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma

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GARE CARNIVORE

World Butchers’ Challenge, manca poco 66

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Prosegue il countdown alla 7a edizione del World Butchers’ Challenge, la sfida mondiale dei maestri delle carni che si terrà mercoledì 21 marzo a Belfast, in Irlanda del Nord, in concomitanza con la fiera IFEX, International Food Exhibition, dedicata a prodotti alimentari e bevande, attrezzature per la ristorazione, interni, tecnologie e servizi per i settori alimentare, della vendita al dettaglio e dell’ospitalità

S

ono 12 i Paesi ufficialmente iscritti alla attesissima settima edizione del World Butchers’ Challenge e tra questi c’è anche l’Italia. L’evento, organizzato da Butchery Excellence Scheme, metterà in gara i butchers provenienti da Australia, Brasile, Bulgaria, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Nuova Zelanda, Sudafrica, Stati Uniti e Italia, appunto, che si sfideranno a colpi di coltello tra disosso, lavorazione e preparazione del banco carni. Il tutto con stili, tecniche e manualità sicuramente differenti. L’area di gara Sono state rese note le planimetrie dell’arena che ospiterà la competizione carnivora dell’anno: all’interno di un padiglione di circa 2.500 m2, le 12 squadre iscritte si sfideranno in due turni, con un team composto da sei macellai ciascun turno. Ogni team avrà a disposizione un’area di lavoro di circa 70 m2 attrezzata di tutto punto per allestire, nel tempo previsto dal regolamento,

l’esposizione delle carni lavorate su un bancone ampio 7,2 x 1,5 m. Esposizione nel banco carni (35 punti) Trascorse 3 ore e 15 minuti di preparazione, tutto ciò che sarà stato realizzato dai vari team in gara sarà ordinatamente esposto nel banco carni. Non si tratterà di un semplice allineamento di prodotti lavorati, bensì di una vera e propria vetrina che dovrà esaltare il lavoro effettuato sulle materie prime, attraverso lo svolgimento di un tema in grado di rappresentare storia e tradizioni gastronomiche della nazione di provenienza. I giudici assegneranno ben 35 punti in questa fase della gara, premiando tra le altre cose l’ordine dell’esposizione e la chiarezza delle informazioni riportate tramite targhette e display. Saranno ovviamente importanti anche l’appetibilità dei prodotti, la qualità complessiva e la facilità di effettuare le cotture da parte di un ipotetico cliente.

Fasi finali (0-15 punti) Dopo aver completato le preparazioni e aver realizzato l’esposizione sul bancone, inizieranno le fasi finali della competizione: i team saranno abbinati in coppie, tramite sorteggio, e i capitani di ciascuna squadra sceglieranno cinque prodotti dal bancone della squadra avversaria. Questi cinque prodotti saranno analizzati dai giudici che assegneranno un punteggio da 0 a 15 punti, valutando la praticità in cucina, la vendibilità e l’estetica. Cottura (0-5 punti) Successivamente, ogni capitano sceglierà due prodotti da cuocere in un tempo massimo di 45 minuti e i giudici assegneranno a ciascuna di queste due pietanze un voto da zero a cinque punti. Premi di prodotto Durante la gara, i giudici del World Butchers’ Challenge, oltre ad assegnare il titolo di vincitore al team che avrà totalizzato il punteggio maggiore, selezioneranno ulteriori vincitori nelle seguenti categorie: • Miglior prodotto a base di maiale; • Miglior prodotto a base di agnello; • Miglior prodotto a base di manzo; • Miglior prodotto a base di pollame; • Miglior salsiccia di manzo; • Miglior salsiccia di maiale; • Miglior salsiccia “gourmet”; • Miglior hamburger; • Premio speciale per igiene, salute e sicurezza. I criteri che determineranno la vittoria dei prodotti saranno,

La squadra al completo Ecco i magnifici 8 + coach che rappresenteranno l’Italia a Belfast: • Federico Dal Lago, Macelleria Dal Lago (Arsero, VI); • Andrea Laganga, Macelleria Laganga (Grosseto); • Fabrizio Gasparrini, Macelleria Da Samorina (Loreto, AN); • Gianni Giardina, Macelleria Giardina (Canicattì, AG); • Mara Labella, Macelleria Labella (Sermoneta, LT); • Roberto Passaretta, Roberto Passaretta Srl Lavorazione e Distribuzione Carni (Minturno, LT); • Ale Elaloui, Macelleria Le Fantasie (Torino); • Davide Cecconi, Macelleria Cecconi (Ceccano, FR); • Francesco Camassa – coach, Macelleria Camassa (Grottaglie, TA).

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A sinistra: Fabrizio Gasparrini, Andrea Laganga e Gianni Giardina al taglio. A destra: Mara Labella, Davide Cecconi e Roberto Passaretta durante gli allenamenti in Guidoncarni a Roma, appuntamenti mensili che sono serviti al team per preparare la competizione (photo © Massimiliano Rella). anche in questo caso, basati sull’aspetto, sull’innovazione, sul valore aggiunto rispetto alle materie prime e, ovviamente, su gusto, aroma e consistenza. Inoltre, tra tutti i partecipanti alla competizione, verranno indicati sei componenti di un dream team, espressione del “meglio del meglio” di tutti i macellai nel mondo. La gara nella fiera I World Butchers’ Challenge di Belfast si svolgeranno all’interno di Meat@ IFEX, esposizione internazionale dedicata al settore carni con oltre 50 espositori, che presenteranno le ultime novità in fatto di alimenti, imballaggi e attrezzature. L’evento è a sua volta ospitato da IFEX, la più importante fiera dell’Irlanda del Nord per prodotti alimentari

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e bevande, attrezzature per la ristorazione, interni, tecnologie e servizi per i settori alimentare, della vendita al dettaglio e dell’ospitalità, con oltre 140 espositori e un calendario ricco di eventi. L’accesso alla fiera è gratuito. A noi, non resta che andare a tifare per la Nazionale Italiana Macellai!

World Butchers’ Challenge 21 marzo 2018 Belfast (Irlanda del Nord, UK) www.worldbutcherschallenge.com www.facebook.com/worldbutcherschallenge

Nota A pagina 66, la formazione definitiva della Nazionale Italiana Macellai che a marzo volerà a Belfast per partecipare alla competizione dei butchers di tutto il mondo. È un team coeso e affiatato, quello italiano, che rappresenterà il Belpaese, dal Nord al Sud, e che sarà l’espressione di tradizioni, esperienze e di una professionalità di macellai che viene da lontano nel tempo. In alto, da sinistra: Orlando Di Mario, Fabrizio Gasparrini e Davide Cecconi. Al centro, da sinistra: Federico Dal Lago, Andrea Laganga, Ale Elaloui e Gianni Giardina. In basso, da sinistra: Roberto Passaretta, Mara Labella e il super coach Francesco Camassa (photo © Massimiliano Rella)

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Vanlommel fornisce carne di vitello su misura: tagliata e confezionata come pi vi piace. In quanto regista di una Þliera chiusa, Vanlommel si occupa in proprio dellÕintero processo, dallÕacquisto e dallÕevoluzione dei vitelli da ingrassare, Þno alla tracciabilit completa a livello del singolo pezzo porzionato. Professionalit con totale Þducia.

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A sinistra: Orlando Di Mario in primo piano con Ale Elaloui e Francesco Camassa in allenamento. A destra: goliardia, ironia e grande spirito di squadra sono alla base del team italiano. Qui Federico Dal Lago, Francesco Camassa, Gianni Giardina e Andrea Laganga posano davanti all’obiettivo di Massimiliano Rella all’interno di una cella di Guidoncarni a Roma (photo © Massimiliano Rella).

Gli sponsor della Nazionale Italiana Macellai Un grazie speciale va agli sponsor che hanno sostenuto l’avventura della Nazionale Italiana Macellai in quel di Belfast: * Guidoncarni Srl – www.guidoncarni.it Azienda romana leader nel mercato delle proteine animale per la produzione e distribuzione di carni fresche sezionate bovine, suine e avicunicole, oltre a preparati a base di carne suina e bovina; * Greci Industria Alimentare Spa – www.grecifacile.biz Azienda parmense leader nel settore della ristorazione professionale e della gastronomia retail, con la produzione di conserve ed estratti alimentari; * Criocabin Spa – www.criocabin.com/it Con sede a Praglia di Teolo (PD), Criocabin è specializzata nella realizzazione di arredi professionali, banchi di carni e allestimenti nel negozi alimentari e macellerie; * Alitek – www.alitek.it Alitek è presente nel mercato con armadi e celle di maturazione delle carni per frollature ottimali, realizzate sulla base delle specifiche dell’utilizzatore, oltre alla fornitura di spezie, aromi e prodotti per il packaging. La Nazionale Italiana Macellai ringrazia, inoltre, Confcommercio – Imprese per l’Italia per aver autorizzato l’uso del logo e Ascom Confcommercio Lazio Sud per il supporto dato.

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MACELLERIE D’ITALIA

Ronzani: ad Asiago la macelleria si fa rock

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ull’Altopiano di Asiago, in Veneto, c’è una famiglia che ha fatto, e continua a fare, la storia della carne di pregio locale. Per il loro terzo punto vendita, MASSIMILIANO RONZANI e sua figlia GIULIA, 21 anni di orgoglio per un mestiere duro, pieno di passione e

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forza iniziato da giovanissima, hanno deciso di puntare sulla trasparenza totale e sull’informazione per formare la clientela a una cultura della carne. Perché la carne sia gustosa ci sono due passaggi chiave, il taglio e la frollatura, lo sappiamo.

Lo sanno però le famiglie che la mangiano? I Ronzani sono partiti da qui. Nell’aprire il nuovo negozio in centro ad Asiago si sono affidati allo Studio Pane Vino Architettura dell’architetto SILVIA FINCO vista la sua esperienza nel settore retail, maturata collaborando con gran-

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di marchi e anche con aperture internazionali. Obiettivo: rendere visibili tutte le scelte compiute per raggiungere l’eccellenza della carne offerta. La tradizione del macello di famiglia, iniziata generazioni fa, è divenuta la linea guida del progetto,

Per il loro terzo punto vendita aperto in centro ad Asiago, Massimiliano e Giulia Ronzani (foto in alto) hanno deciso di puntare sulla trasparenza totale e sull’informazione per formare la clientela a una “cultura della carne”.

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ha fornito i primi pezzi per lo sviluppo dell’arredo, ha reso centrali gli aspetti di solito nascosti. Ne è nato un vero e proprio percorso di vendita e narrazione per coinvolgere chi entra in negozio e raccontare la filiera breve della carne proposta, dal produttore al consumatore. I bovini e i suini selezionati per età, genere e razza giungono da due aziende agricole venete, che nutrono in modo naturale e sano gli animali, e sono scelti personalmente in allevamento da Massimiliano Ronzani per poi passare al macello di famiglia. Lì avvengono anche le lavorazioni maggiori, come il disosso e la produzione di salumi. Segue il trasporto in macelleria, curato direttamente. In negozio un’intera vetrina è dedicata alla frollatura, per sottolinearne l’importanza e sollecitare la richiesta di informazioni, mentre il taglio della carne e le preparazioni avvengono in un box con vetri trasparenti perché le persone possano seguire ogni movimento. Le pareti sono attrezzate con strutture flessibili che permettono di modificare l’esposizione e alternare prodotto e comunicazione, con messaggi utili per fare educazione di prodotto e intrattenere i clienti quando sono in molti. L’ambiente è ricco di personalità: bancone zincato e borchiato, tanto ferro, molto nero, carrucole, il ceppo di legno per eseguire i tagli, le piastrelle bianche alle pareti e il rosso riservato solo alla carne, la protagonista. Così la passione messa dai Ronzani nel proprio lavoro è stata trasformata in una macelleria rock.

I locali della macelleria. L’ambiente, ricco di personalità, è frutto del progetto affidato allo Studio Pane Vino Architettura. Il risultato è un vero e proprio percorso di vendita e narrazione per coinvolgere chi entra in negozio e raccontare la filiera breve della carne proposta, dal produttore al consumatore.

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Macelleria Ronzani • Via Trento Trieste 41 36012 Asiago (VI) Telefono: 0424 704156 • Via G. Cantele 6 36046 Lusiana (VI) Telefono: 0424 406020 • Via Marco Poli, 21/A 36062 Conco (VI) Telefono: 328 6936827 >> Link: macelleriaronzani.it facebook.com/macelleriaronzani

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Bologna


Palazzolo Acreide, la carne oltre la salsiccia Nel paese del Siracusano che ha eletto la salsiccia regina tra le preparazioni carnee tipiche della zona, una grande attenzione viene data anche ai tagli di carne fresca e ai pronti a cuocere. Visita alle macellerie Colosa e Tanasi di Riccardo Lagorio

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ul viale principale di Palazzolo Acreide, nel Siracusano, tra un portale barocco e un balcone in ferro battuto, da oltre 50 anni si affaccia la macelleria della famiglia Colosa. Lunga tradizione norcina che nella cittadina condivide con almeno mezza dozzina di altre attività: al centro delle loro premure la salsiccia che, ultimamen-

te, anche grazie al contributo del cuoco ANDREA ALÌ, sta raccogliendo innumerevoli proseliti. «La salsiccia fa parte della nostra cultura: ogni famiglia allevava uno o due suini da cui ricavava tutto il necessario per l’intero anno. Ma la preparazione più pregiata era la salsiccia, che poteva essere utilizzata fresca o essiccata», racconta G IUSEPPE

COLOSA, che di recente ha passato di mano la gestione dell’attività al figlio PAOLO. «I tagli impiegati per la sua produzione sono nove: gola e guanciale, lardo, coppa, lombo o lonza, spalla, zampino, pancetta, coscia e grasso, quest’ultimo in una percentuale non superiore al 25%. Gli unici ingredienti aggiunti sono sale marino siciliano, peperoncino,

Giuseppe Colosa col figlio Paolo e la moglie Maria Gallo.

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Salsiccia di Palazzolo Acreide arrotolata della Macelleria Colosa. finocchietto selvatico degli Iblei e vino rosso della Val di Noto». La carne viene mondata a mano, poi tagliata a punta di coltello e insaccata in budello animale. Il periodo di produzione si concentra tra settembre e maggio, quando si esegue una breve e poco invasiva affumicatura con legno d’ulivo. Se la salsiccia è fresca, talvolta si arrotola su se stessa, fissandola con degli stecchini che si incrociano ortogonalmente. Nel banco frigorifero non mancano piatti pronti che vengono preparati giornalmente come hamburger, cotolette di pollo, spiedini con salsiccia, pancetta, peperoni e zucchine.

«Da qualche anno abbiamo deciso di dotarci di preparazioni gastronomiche, ma per fortuna molte clienti preferiscono ancora cucinare. Il pezzo forte della nostra macelleria è la carne, che facciamo frollare da 10 a 15 giorni. Questa non è un’abitudine consolidata da noi, ma che i nostri clienti iniziano ad apprezzare. Rivalutando anche la marezzatura della carne», rincalza MARIA GALLO, moglie di Giuseppe Colosa. Dalla parte opposta della città, CARMELO TANASI ha aperto da 9 anni la propria bottega, dopo un’esperienza tra i banchi di macellerie site in centri commerciali.

L’ossobuco è uno dei piatti che fanno rima con Palazzolo Acreide. Cucinato con pomodorino, cipolla di Giarratana, carote e vino bianco locale, lo si trova spesso in carta nei ristoranti del circuito Vicoli&Sapori, che stanno contribuendo a rivitalizzare la cittadina già patrimonio UNESCO

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«Le frollature sono spinte, arrivano a 20 giorni, anche se è stato difficile convincere i clienti. Fare accettare la marezzatura della carne è stata un’altra sfida vinta. Le carni provengono da vitelloni di razza Charolaise di almeno 700 kg allevati a Palazzolo Acreide», racconta. La pratica nei supermercati ha forgiato e indirizzato l’approccio con i consumatori. «Allestisco il banco frigorifero con numerosi piatti pronti. Quelli più gettonati sono i cornetti di pasta sfoglia con carne macinata di vitello, formaggio, prezzemolo e spennellati alla fine con rosso d’uovo. Tra i tagli è l’ossobuco quello più richiesto». In effetti anche l’ossobuco è uno di quei piatti che fanno rima con Palazzolo Acreide. Cucinato con pomodorino, cipolla di Giarratana, carote e vino bianco locale lo si trova spesso in carta nei ristoranti del circuito Vicoli&Sapori, che stanno contribuendo in maniera significativa a rivitalizzare la cittadina, già patrimonio UNESCO (è attiva la loro pagina Facebook).

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«Come pronto da mettere nel forno preparo il girello con speck e mozzarella o con i funghi. Anche le carni marinate stanno riscuotendo sempre più interesse, come l’agnello che rimane in infusione con finocchietto, aceto, olio d’oliva, paprika e aglio. Più vi rimane, meglio è… Molto richiesta è la marinatura di duroni e fegatini di pollo, alette di pollo con salsa barbecue e rosmarino, gli straccetti di pollo con olio, rosmarino e prezzemolo. Durante il periodo invernale cucino anche la trippa con pomodorini, sedano e patate e il cuore o il fegato alla veneziana, con la cipolla di Giarratana». Anche in questa piccola bottega è evidente l’interesse a far parlare il territorio tra i fornelli. La salsiccia di Palazzolo Acreide risulta essere la star delle preparazioni, dato che il lavoro di promozione e comunicazione dell’Associazione Vicoli&Sapori e delle macellerie si è potenziato a tambur battente. L’accompagnamento perfetto per la versione fresca, sui carboni, è con del Cerasuolo di Vittoria DOCG. Se stagionata, un robusto Corinto Nero di Salina non ha paragoni. Ma Carmelo Tanasi ha voluto intraprendere anche una strada che sinora nessuno aveva percorso, con l’elaborazione di altri salumi a lunga stagionatura. Come il lardo di suino Nero siciliano, condito con semi di finocchio, ma soprattutto coppe che stagionano tre anni. «Ho fatto numerosi tentativi prima di arrivare ad una ricetta che sta dando ottimi frutti. Lascio macerare per alcuni giorni la coppa in polvere d’aglio, rosmarino e alloro. Con buoni risultati». E per non lasciare sola la salsiccia di Palazzolo Acreide nel panorama dei salumi locali. Riccardo Lagorio Macelleria Colosa Corso Vittorio Emanuele 87 96010 Palazzolo Acreide (SR) Telefono: 0931 882441 In alto: Carmelo Tanasi, titolare dell’omonima macelleria a Palazzolo Acreide. Carmelo propone ai suoi clienti carni frollate, marinate e una vasta gamma di piatti pronti a cuocere. In basso: i cornetti di pasta sfoglia con carne macinata di vitello, formaggio e prezzemolo.

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Macelleria Tanasi Via Nazionale 14 96010 Palazzolo Acreide (SR) Telefono: 0931 882964 – 333 3494115

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Voglia di tenerezza

Il segreto della frollatura: la macelleria Bifulco

C’

è un mestiere che esiste solo in un luogo d’Italia: il chianchiere. Se non fosse tanto facile cercarne su Google il significato, in pochi saprebbero che in realtà quel nome è il sontuoso e antico appellativo attribuito ai macellai napoletani. Chianca è un nome che gli addetti ai lavori conoscono bene. È un termine dialettale che deriva dal latino planca (asse, tavolo), uno strumento che ha fatto la fortuna del settore: era l’asse di legno su cui in passato si tagliava la carne e sul quale veniva anche esposta per la vendita. Si trattava nella maggior parte dei casi di un

semplice tavolato di assi sorretto da cavalletti, un pezzo (iper) artigianale venuto da un passato che non esiste più e che oggi può magari entrare come parte integrante del corredo espositivo vintage di un macellaio di lusso. C’è una famiglia che però quell’appellativo lo adotta con orgoglio ormai da generazioni. La famiglia Bifulco è un’istituzione delle chianche napoletane. Hanno aperto 70 anni fa e oggi la loro macelleria di Ottaviano, in provincia di Napoli, è anche una braceria di successo. Abbiamo parlato con LUCIANO BIFULCO, quarta generazione

di macellai della famiglia, che ha voluto condividere con noi alcuni segreti della sua chianca tra cui il principale (e anche il più noto): la frollatura. Quando e come nasce la vostra macelleria di famiglia? «La macelleria è stata fondata da mio nonno nel 1947. Io e mio fratello Nando siamo la quarta generazione di macellai e continuiamo a seguire la tradizione di famiglia. Nostro padre Franco ci ha insegnato tutto quello che sappiamo e continua ancora a supportarci nella nostra attività».

Luciano Bifulco, quarta generazione di macellai della famiglia, porta avanti l’amore e la passione per il suo lavoro sulle orme del nonno e del papà.

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Sin dal 1936 la Merlo Ercole S.r.l. è un punto di riferimento nell’importazione e distribuzione di tagli, refrigerati e congelati di pregiate carni bovine sudamericane.

Una realtà che con passione ed esperienza garantisce da sempre un servizio puntuale al cliente. Oltre ottant’anni di genuinità e affidabilità.

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Una volta, più di un secolo fa, si legge sul sito della macelleria Bifulco www.braceriabifulco.it, quando un giorno durava ancora un giro di sole e le macellerie si chiamavano ancora chianche, la famiglia Bifulco già selezionava i migliori animali per la lavorazione. E dalla selezione alla macellazione il passo è stato breve

Io e mio fratello Nando siamo d’accordo, racconta Luciano: la carne più pregiata non arriva da una razza particolare: è quella frollata più a lungo. “Chianca”, macelleria, anche braceria. Bifulco è un brand? «L’idea della braceria è nata circa cinque anni fa. I clienti ci chiedevano i segreti delle ricette con la carne, i migliori tagli per questa o quella preparazione. Spesso quelle chiacchierate andavano a parare proprio sulla bontà della carne preparata sulla brace, la cottura universalmente riconosciuta come principale opera di valorizzazione e esaltazione di gusti e succhi. Così ho deciso di aprire una sala servita da una brace grande, che potesse soddisfare il desiderio dei clienti, nuovi o affezionati». La brace è davvero la miglior cottura? «Non si può catalogare con certezza il gusto. Quel che è certo è che il 99% dei nostri clienti non esce dalla macelleria senza averla assaggiata cotta sui carboni. Poi sono certamente molto richiesti anche tartare e carpaccio, preparazioni che restituiscono tutto il sapore della carne buona e genuina. Così la carne sa di carne».

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Quella piccola sala è diventata oggi la Braceria Bifulco. «La nostra piccola braceria si è rivelata insufficiente per accogliere i tanti appassionati di carne alla brace che volevano pranzare o cenare da noi. Così ne abbiamo inaugurata una nuova e più spaziosa, la Braceria Bifulco (via Lavinaio 200, Ottaviano, NA, www.braceriabifulco.it). Abbiamo più spazio, ora possiamo accogliere comodamente circa un centinaio di persone. Abbiamo voluto rinnovare anche l’ambiente, ora è più elegante, mentre la nostra cucina si è arricchita con una cantina di vini all’altezza della qualità delle nostre carni. Direi, anzi in molti direbbero, che l’accostamento vino-carne è un passaggio obbligatorio. A noi sta regalando tante soddisfazioni». Che tipi di carne si trovano nella macelleria Bifulco? «Abbiamo principalmente carni bovine di animali provenienti dai allevamenti selezionati nel Beneventano e in Basilicata. Va citata anche la carne della Terra dei laghi di

Masuria, la Manzetta Laghi. Il nostro assortimento è vasto perché abbiamo contatti diretti con gli allevatori e selezioniamo i capi che riteniamo migliori per offrire ai nostri clienti una carne di ottima qualità». Qual è la carne più pregiata? «Io e mio fratello Nando siamo d’accordo, la carne più pregiata non arriva da una razza particolare: è quella frollata più a lungo. Il taglio deve in ogni caso arrivare da capi allevati e alimentati nelle migliori condizioni, animali di filiera corta o cortissima». La razza non conta? «Per noi no. Non ne facciamo tanto una questione di razza perché ognuna ha le sue peculiarità. Spetta alle mani sapienti del selezionatore e del macellaio saperle riconoscere. Per questo motivo noi siamo fieri di respingere categoricamente tutte le sentenze che categorizzano la Chianina come in assoluto migliore di una Limousine, di una Marchigiana o di una Manzetta dei Laghi».

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“Noi siamo una Braceria democratica fondata sulla Carne” scrivono sulla pagina Facebook della Braceria Bifulco. Che tecnica di frollatura impiegate? «Usiamo la tecnica dry aging, con cui riusciamo a spingere la frollatura delle nostre carni anche oltre i 250 giorni. In Braceria abbiamo la possibilità di far degustare le differenze tra carni di diverse frollature. Il nostro percorso va a ritroso nel tempo, dalla carne più giovane, che comunque non frolla mai meno di 60 giorni, fino alle stagionature lunghissime, quelle di 250 giorni. È un’esperienza molto richiesta dagli appassionati di carne». Quali sono i tagli più gettonati? «I nostri clienti chiedono principalmente bistecche e tagli per la brace. Inevitabilmente, la carne ha anche un andamento stagionale. A novembre, con l’arrivo del freddo, si richiedono tagli per piatti tradizionali come la genovese e il ragù. Quello che manca non è la buona carne, semmai il tempo necessario per preparare buoni piatti con un ingrediente di qualità». Per questo preparate anche confezioni

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pronte per l’uso. «Esatto. La scorsa estate abbiamo iniziato con “Come un Tonno”, una tenera Scottona di Manzetta dei Laghi che all’aspetto sembra quasi un tonno, da qui il nome. Ha avuto successo non solo perché perfetta per le insalate estive, ma è usata anche nelle hamburgerie come ripieno per i panini e persino sulla pizza napoletana con farcitura presentata da GINO SORBILLO (tra le istituzioni della pizza di Napoli, NdR) al Campionato Mondiale di Pizza. Noi la usiamo in Braceria direttamente dal barattolo come ingrediente di caponate estive e invernali». Che tipo di carne sceglie Luciano Bifulco? «Non ne ho una in particolare, preferisco quella frollata come si deve. La carne deve provenire da animali allevati con amore, precisione, rispetto delle norme e del benessere animale. Sulla cottura sono categorico e, come lo consiglio spesso ai miei clienti, la carne va mangiata quasi cruda o al massimo al sangue». Fonte: Eurocarne News


L’etichettatura volontaria delle carni bovine col marchio di qualità dei Macellai tradizionali della provincia di Cuneo Permettere agli aderenti al marchio di qualità “Macellai tradizionali della provincia di Cuneo” di inserire maggiori informazioni sulle note informative previste dall’etichettatura delle carni bovine. È quanto previsto dall’accordo di collaborazione tecnica recentemente firmato da Confcommercio-Imprese per l’Italia della provincia di Cuneo, nella persona del suo presidente LUCA CHIAPELLA, con FRANCO MARTINI presidente di Asprocarne Piemonte, alla presenza di CHIAFFREDO CIANCIA, presidente del Sindacato Macellai tradizionali Federcarni, aderente a Confcommercio, e di SIMONE MELLANO, direttore di Asprocarne Piemonte. L’accordo prevede che sul cartello dell’etichettatura volontaria possano essere inserite le informazioni che normalmente non compaiono, quali, per esempio, l’allevamento, il luogo di macellazione e sezionamento, il sesso dell’animale, informazioni volontarie da parte degli aderenti al marchio “Macellai tradizionali della provincia di Cuneo” sulle carni bovine Nei negozi che sceglieranno di utilizzare il vendute presso le proprie macellerie; Asprocarne Piemonte provvederà marchio sarà esposta un’etichettatura voall’attività tecnica prevista dal controllo e gestione. Con questo atto lontaria delle carni per fare conoscere al conConfcommercio-Imprese per l’Italia della provincia di Cuneo intende sumatore l’età dell’animale, il sesso, la data sempre più valorizzare l’attività svolta dai propri associati macellai, oltre di macellazione: tutta la sua tracciabilità. che l’uso stesso del marchio. «Vogliamo permettere al consumatore — afferma Chiaffredo Ciancia — di poter disporre di sempre maggiori informazioni riguardanti la carne che acquista presso le macellerie tradizionali». «Confcommercio, attraverso il suo sindacato dei Macellai tradizionali — afferma Luca Chiapella — vuole essere sempre più a fianco degli associati di settore e questo accordo va nella direzione di informare con maggiore chiarezza i consumatori». «Siamo molto soddisfatti di aver raggiunto questo accordo con il Sindacato dei macellai tradizionali della Confcommercio di Cuneo» dichiara Franco Martini. «L’etichettatura del prodotto è da sempre un cavallo di battaglia per Asprocarne e per gli allevatori piemontesi di bovini da carne. Grazie a questo accordo i consumatori sapranno in modo chiaro e verificato da quale allevamento proviene la carne bovina che acquisteranno. Un forte legame col territorio per rilanciare sempre più la carne bovina piemontese sul mercato». (Fonte: Asprocarne)

A Verona la IX edizione del premio Maestri dell’Alimentazione Si svolgerà giovedì 1o febbraio a Verona, nel padiglione di Verona Fiere, Sala Vivaldi, la IX edizione del premio Maestri dell’Alimentazione. Il premio è rivolto a candidati di riconosciuto prestigio enogastronomico nella città in cui si esercita l’attività commerciale. Il candidato deve possedere: • professionalità riconosciuta ed essere riferimento enogastronomico della città; • esprimere servizio eccellente ai consumatori, (consegne, informazioni dietetiche e salutistiche, orientamento e consulenza al consumo e alla preparazione…); • garantire un’offerta di qualità (es. prodotti tipici, a denominazione protetta, forte valenza territoriale, filiere corte…); • assicurare rispetto e adozioni delle migliori pratiche igienico-sanitarie e ambientali (servizi erogati dagli sportelli di sicurezza alimentare di Confesercenti, HACCP, etichettatura, tracciabilità…); • apportare capacità innovativa (consumazione sul posto, degustazioni, produzioni tipiche, nuovi format di servizi alimentari, take away, pronto gastronomia…). Ai candidati, selezionati su base provinciale e valutati a livello nazionale da una giuria composta dai presidenti nazionali di categoria della FIESA, viene conferito il titolo di “Maestro dell’Alimentazione” firmato in calce dal presidente nazionale della FIESA e riportante il nominativo del premiato e la città di appartenenza. Sempre ai candidati, sarà offerto il DVD sull’Alimentazione nella storia dell’Arte, editato da Edizioni Commercio appositamente per la FIESA CONFESERCENTI. I premiati saranno inseriti nell’Albo d’Oro dei “Maestri dell’Alimentazione” italiana pubblicato sul sito www.fiesa.it Fonte: www.assomacellai.it

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LOCALI DI GUSTO

Un’Officina del gusto aperta sulla storica Piazza Ganganelli

Ferramenta, ristorante, bar, bottega nel cuore di Santarcangelo di Romagna

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orreva l’anno 1850 quando, sulla storica piazza Ganganelli a Santarcangelo di Romagna, apriva i battenti la Trattoria del Commercio, in seguito in parte assorbita da due giovani coniugi santarcangiolesi che, in fuga dalla mafia americana che aveva distrutto la loro attività, aprirono la Ferramenta Semprini. Una delle più fornite di ogni tipo di utensileria, così colma

di prodotti ed attrezzature di varia natura da richiamare l’attenzione di pubblico da tutta la regione e ben oltre, tanto da diventare persino punto di riferimento territoriale per l’esposizione e la vendita di bestiame, con annessa asta pubblica. Oggi Ferramenta – Officina del gusto, dentro le sue spesse mura risalenti al 1400, mostra con orgoglio i segni del tempo pur nella sua nuova veste

di fascinoso ristorante. Recupero e restyling sono opera di RINO MINI, presidente del Gruppo Galvanina, imprenditore innamorato del nostro patrimonio di storia e cultura, anche alimentare. Tutto fatto a mano, dai banconi di legno ai sontuosi lampadari realizzati con una cascata di bottiglie Century Galvanina, dalle teche per il vino in ferro battuto ai mor-

Rino Mini con lo staff di Ferramenta-Officina del gusto.

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Le carni di Ferramenta arrivano da una dozzina di paesi: oltre all’Italia ci sono quelle dall’Argentina, dal Messico, da Olanda, Francia, Polonia, Uruguay, Spagna. Ben visibili nel locale le celle per la frollatura. bidi divanetti in pelle, Ferramenta unisce alle opere di artigiani locali sofisticate attrezzature di cucina e di conservazione degli alimenti. Per le carni, ad esempio, provenienti da 12 Paesi — dall’Argentina al Messico, dall’Olanda alla Francia, alla

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Polonia, all’Uruguay, alla Spagna… —, sono state acquistate celle, ben visibili nel locale, con un sistema di climatizzazione all’ozono che, oltre a garantire la non proliferazione dei batteri e quindi una salutare sterilità, a temperatura controllata per-

mettono frollatura e mantenimento al massimo livello di sicurezza. Per la cottura è stato scelto un forno X-Oven che non produce fiamma e non emana esalazioni, così da evitare la dispersione nell’ambiente di particelle volatili

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Ferramenta è concepito come una bottega di generi alimentari di produzione propria collocati in bella vista sulle scansie del locale. Molto ampia la scelta dei salumi, con prosciutti dall’Italia e dalla Spagna, salami, coppe, mortadella, pancetta serviti con pane caldo e focacce preparate al momento. o ceneri dannose per l’organismo. Il forno, con griglie sterilizzate ogni giorno, permette di ridurre i tempi di cottura ed evitare la pericolosa carbonizzazione delle carni, esaltandone nel contempo il sapore e le caratteristiche naturali. A legna è il grande forno circolare che offre la possibilità delle migliori performance al pizzaiolo napoletano MIMMO FABOZZI. In mano allo chef LEONARDO ROSSETTO, invece, tutta la cucina a vista che produce pasta fresca fatta in casa, primi, secondi e dolci della tradizione italiana. Grande ricerca anche per le materie prime: i polli di Bresse, i maiali bradi di SIMONE FRACASSI, quelli “Tranquilli” di GHIRARDI ONESTO, fino alla razza iberica alimentata a ghiande. Anche i pesci sono presenti nella carta di Ferramenta, in questo caso cotti su tavole di legno che ne rispettano le proprietà conferendo al piatto sapori e profumi straordinari, e tante verdure bio.

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Vino in cassaforte e birra in botte Una delle cantine nel locale conterrà, come in un vero e proprio caveau, una serie di cassette di sicurezza, le chiavi di ciascuna delle quali sarà unicamente nelle mani del cliente che creerà una propria riserva di bottiglie scelte dalla carta ad un prezzo ridotto. Menzione a parte merita la birra prodotta da Amarcord, su specifica ricetta di Rino Mini, che, contenuta in due capaci serbatoi da 500 litri l’uno, ben visibili al di là delle vetrate, ne consentono la spillatura in apposite crowler da 750 ml griffate, che vengono chiuse ermeticamente al momento del servizio al tavolo. Né pastorizzata, né filtrata, questa birra bionda e cruda, tipo Lager è particolarmente adatta a tutte le proposte gastronomiche del locale. L’oyster, sushi e raw bar Punto focale di Ferramenta è il lunghissimo bancone in legno e marmo posto proprio all’entrata di fronte

ad una ghiacciaia dei primi anni ‘50 perfettamente funzionante: direttamente dalla strada si potranno richiedere le ostriche nazionali, sia dell’Adriatico che del Tirreno, dal plateau in bellavista, con una coppa di champagne in ghiaccio, mentre ORGES HAXHIU proporrà il sushi più raffinato. Poco più in là un barman si destreggerà con i cocktail dell’aperitivo serale al fianco di un oste che sforna pane caldo e focacce serviti sempre con un’incredibile varietà di salumi da far invidia alle più fornite norcinerie: finocchiona, salame toscano e prosciutto di Norcia di Simone Fracassi, il salame Felino, la spalla cruda di Palasone, la mortadella Favola Palmieri, i Pata Negra spagnoli… Sul banco anche una nerissima Carpigiani per la produzione di gelato. Completano l’offerta due vetrine dove è esposta una meravigliosa coltelleria (un coltello per ogni carne), insieme a taglieri e carrelli in legno, pentole, piatti in ceramica e canovacci da acquistare per la propria casa o per i regali più originali. Tute da lavoro in bottega Ferramenta torna ad essere una straordinaria bottega di generi alimentari di produzione propria: dalle scansie occhieggiano invitanti vasi di prodotti conservati, dalla frutta sciroppata ai vegetali, ai prodotti ittici, sino a spezie, legumi secchi, condimenti vari, olio extravergine, aceti, accanto a creme di vegetali e a un’importante collezione di sottoli e sottaceti. Pasta di Gragnano, caffè in grani e macinato, vini, bibite e succhi di un’ampia gamma in gran parte biologica costituiscono l’ulteriore offerta. Infine, per il personale di sala, tute da lavoro e camici da capo officina. Ferramenta Generi Alimentari Piazza Ganganelli 19/20 47822 Santarcangelo di Romagna (RN) Telefono: 0541 626141 E-mail: info@ristoranteferramenta.com Web: www.ristoranteferramenta.com instagram.com/ferramenta_ge neri_alimentari

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LA CARNE IN TAVOLA

La porchetta dall’Impero Romano ad oggi di Giorgia Fieni

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i ricordo qualche anno fa quando, in occasione della decisione del menu di San Silvestro, un’amica disse che tramite lo zio poteva procurarci una porchetta. Accettammo con entusiasmo e trasformammo la serata in una “carnevalata” a tema Antico Impero: tutti in toga con l’alloro nei capelli! Perché, sebbene l’origine di questo alimento sia incerta (Norcia in Umbria o Ariccia nel Lazio o Campli in Abruzzo) è opinione comune che i Romani (tutti questi territori facevano parte dei loro possedimenti) ne consumassero in abbondanza. Piacerà molto anche a LEONARDO DA VINCI però, che la rappresenterà in

un suo schizzo (oggi di proprietà della Regina d’Inghilterra). Avere a disposizione un maiale intero da arrostire significava infatti garantirsi il cibo per qualche giorno, e le sue dimensioni permettevano di sfamare un discreto numero di convitati. Mangiare la porchetta insieme era un atto di condivisione molto forte, un momento di festa. La ricetta tradizionale prevede l’uso di femmine di suino di 70-80 kg (ma in Umbria le preferiscono sui 40 kg, complete di pelle e copertina o avvolte in pancetta o lardo) disossate, trattate con aromi, tra cui prevale il finocchio selvatico (metodologia applicata anche ad

altre carni e pesci – tipo coniglio, tonno, anatra, pollo, carpa – e per questo denominata “in porchetta”) e cotte allo spiedo o alla griglia 3 ore a 300 °C (irrorandole spesso col loro grasso) finché la carne diventa morbida, la pelle croccante e si sente nell’aria quel profumo caratteristico di arrosto speziato. Ho però trovato pure una ricetta cubana in cui il maialino senza pelle, eviscerato e ben pulito, è spennellato di succo d’arancia acida (mescolato ad origano e aglio pestato), lasciato marinare e poi cotto (in una buca scavata in terra) grazie ad un fuoco di rami e foglie di guava, i quali lo rendono particolarmente aromatico.

Porchetta toscana (photo © Agostino Curto).

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Pancetta di maiale “in porchetta” con carciofi. Nella preparazione della porchetta le carni suine vengono disossate e trattate con aromi. La stessa metodologia è applicata ad altre carni e anche al pesce e per questo motivo questi alimenti così trattati si indicano con la denominazione “in porchetta” (photo © www.citylightsnews.com). Oggi le cose sono cambiate: mettersi intorno ad un tavolo per distribuirsi lo stesso cibo vale per la fonduta, la pizza al metro o la grigliata… Raramente è servita la porchetta. Eppure, con qualche accorgimento, potrebbe tornare ad occupare la posizione che le spetta in quanto ben si presta ad essere cucinata in modalità innovative. Basta posarla nella piadina (con passata di pomodoro e verdure — porro, zucchina, melanzana, peperone — marinate in olio, limone e rosmarino), nella rosetta (con cicoria ripassata all’aglio e cotenna al forno sbriciolata), nei croissant salati (con pomodoro e salsa di yogurt, per

una colazione fuori dall’ordinario), nei pan de chapas con maionese, sul crostino (di baguette, con tosella e patè di olive nere) e nei cannoli di pasta fillo (con salvia, pomodoro e confettura di cipolle di Tropea). Ma anche a torretta con melanzane grigliate, ricotta e salsa di pomodoro, come fosse una parmigiana verticale, o nel sugo dei paccheri con burro, pepe e pecorino o nelle polpette. Le fette possono pure essere farcite di polpettone (aromatizzato con paprika e semi di finocchio), passate al forno e servite con zabaione al balsamico e quenelles di patate e carote (cotte in acqua aromatizzata all’anice).

C’è anche la porchetta tra i cibi che non si possono non assaggiare almeno una volta nella vita. Parola del New York Times, che stila annualmente la lista dei must-eat dishes in tutto il mondo. Nel 2014 solo cinque piatti tipici della cucina internazionale sono entrati nella classifica del quotidiano statunitense e la specialità nostrana è spuntata tra le delizie da gourmet, in particolare quella umbra

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C’è chi ha già capito, comunque, le potenzialità di un cibo tanto goloso. Nel 2014 il NEW YORK TIMES ha compreso la porchetta tra i cinque piatti da assaggiare almeno una volta nella vita (specificando in quale norcineria umbra si trovi la migliore, scatenando in tal modo una polemica non solo con le corregionali, ma anche con quelle romane) e ha scritto pure che deve essere di animali adulti, ripieni di fegatelli, aglio rosso di Cannara, rosmarino e finocchietto selvatico, da accompagnarsi, per rispettare la tradizione, con un bel bicchiere di Sagrantino. Invece DANIELA CICIONI, chef, ammette: «se una persona si avvicina alla cucina vegana io sono contenta e sono pronta a fare di tutto per farla felice, ma se cerca il gusto e le consistenze di una porchetta, non potrò mai accontentarla perché non le troverà mai». Questo perché, nonostante sia una ricetta adattabile alle esigenze della “cucina moderna”, racchiude in sé tutta la storia e la tradizione dell’Antica Roma e avvicinarsi a tale magnificenza incute ancora rispetto e timore… da meritarsi addirittura la toga. Giorgia Fieni

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TRADIZIONI

Bandiere nazionali

Il ragù: alla napoletana o alla bolognese? Ne esistono anche altre varianti, come alla barese e alla potentina. Questo straordinario condimento, nella versione con le tagliatelle nata sotto le Due Torri, è in tutto il mondo, insieme con la pizza, vanto della nostra cucina e sinonimo indiscusso di italianità di Nunzia Manicardi

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on è assolutamente il caso di farne una disputa gastronomica. Ognuno dei due ha i propri fautori e il nostro consiglio è di diventare, se già non lo si è, sostenitori di entrambi. Come si può, infatti, prediligere l’uno

a scapito dell’altro? Sono tutti e due sinonimo di cucina italiana ai massimi livelli, veri e propri biglietti da visita del nostro Paese benché, indiscutibilmente, all’estero sia soltanto quello alla bolognese ad essere conosciuto e apprezzato come più

e meglio non si potrebbe. Come tutte — se non tutte — le cose del nostro Paese, essi rispecchiano le differenze, addirittura gli opposti delle tradizioni culinarie che lo caratterizzano. Ragù alla napoletana e ragù alla bolognese non fanno

Ragù alla bolognese (photo © FomaA). 92

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eccezione. Ma, al di là delle differenze regionali e locali, il ragù è il sugo italiano per definizione, quello che ci ha dato un’impronta unitaria e nazionale e che quindi è giusto definire come la “bandiera” della nostra italianità in tavola (insieme con la pizza, naturalmente!). Sugo per la pastasciutta. Origini francesi per “risvegliare l’appetito” Il ragù si ricollega anche all’originaria povertà del nostro Paese con il tentativo, realizzato con enorme successo grazie all’inesauribile e caleidoscopica creatività del nostro popolo, di portare sulla mensa, almeno nel giorno festivo, qualche ritaglio di carne a compensare il magro pasto a disposizione. Il termine ragù, che peraltro non è nemmeno di origine italiana, definisce infatti un condimento a base di pezzi o pezzetti di carne, anche macinata, messi a cuocere a lungo con olio d’oliva, pomodoro e odori e con il quale si accompagnano piatti di pasta. Predominava il farinaceo, dunque, rispetto alla carne, anche se poi il ragù si è andato via via arricchendo fino a diventare una preparazione perfino costosa e sovrabbondante dal punto di vista nutrizionale. Un tempo, però, sia la pasta che il pomodoro venivano utilizzati pochissimo e al loro posto si preparava un brodo, anche a base di vino rosso. Era dunque il ragù, in origine, più un secondo di carne (o anche di pesce) che non un condimento e come tale entrava pure nel menù delle truppe militari. L’etimologia della parola ragù, che ha le sue basi nel francese antico ragoût (dal 1990 semplificato in ragout), sostantivo derivato da ragoûter, cioè “risvegliare l’appetito”, dapprima indicava infatti dei piatti di carne stufata con abbondante condimento a base di verdure, patate o legumi cotti a fuoco lento in una salsa che veniva poi usata per accompagnare altre pietanze (ne esistono varianti anche nei territori francofoni extra-francesi: in Canada vengono preparati il ragoût de boulettes (polpette di pollo) e il ragoût de

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Ragù napoletano. Condimento complesso da preparare, anche per via dei lunghi tempi di cottura, unisce diversi tipi di carne, bovina e suina, non tritata, ma lasciata a pezzi, che viene cotta in una salsa di pomodoro a fuoco lento (photo © www.misya.info). pattes (zampe di pollo), in Svizzera il ragoût de moutons (di montone) e in Belgio il ragoût hesbignon). In Italia, come abbiamo detto, divenne poi l’accompagnamento tradizionale della pasta nei giorni di festa. Durante il periodo fascista il regime tentò di “italianizzare” il termine trasformandolo in un ragutto, che però non ebbe alcun successo e che sparì insieme con il regime che l’aveva inventato. Il “brodo scuro” descritto da Pellegrino Artusi L’utilizzo generalizzato del ragù ha dunque basi abbastanza recenti, tant’è vero che il grandissimo gastronomo PELLEGRINO ARTUSI (18201911), nel suo libro fondamentale La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, del ragù nemmeno parla, benché poi sia diventato il condimento indispensabile delle tagliatelle di cui la sua Romagna va tanto fiera e di cui nessun romagnolo può fare assolutamente a meno (almeno una volta o due alla settimana!). Artusi descrive comunque il suo antecedente, quel sugo di carne o brodo scuro che all’odierno ragù tanto già assomiglia (ricetta n. 4): “La Romagna, che è a due passi dalla Toscana, ‘avendo in tasca la Crusca’, chiama il sugo di carne brodo scuro,

forse dal colore, che tira al marrone. Questo sugo bisognerebbe vederlo fare da un bravo cuoco; ma spero vi riuscirà, se non squisito, discreto almeno, con queste mie indicazioni. Coprite il fondo di una cazzaruola con fettine sottili di lardone o di carnesecca (quest’ultima è da preferirsi) e sopra alle medesime trinciate una grossa cipolla, una carota e una costola di sedano. Aggiungete qua e là qualche pezzetto di burro, e sopra a questi ingredienti distendete carne magra di manzo a pezzetti o a bracioline. Qualunque carne di manzo è buona; anzi per meno spesa si suol prendere quella insanguinata del collo o altra più scadente che i macellari in Firenze chiamano ‘parature’. Aggiungete ritagli di carne di cucina, se ne avete, cotenne o altro, che tutto serve, purché sia roba sana. Condite con solo sale e due chiodi di garofani e ponete la cazzaruola al fuoco senza mai toccarla. Quando vi giungerà al naso l’odore della cipolla bruciata rivoltate la carne, e quando la vedrete tutta rosolata per bene, anzi quasi nera, versate acqua fredda quanta ne sta in un piccolo ramaiuolo, replicando per tre volte l’operazione di mano in mano che l’acqua va prosciugandosi. Per ultimo, se la quantità della carne fosse di grammi 500 circa, versate nella cazzaruola un litro e mezzo di acqua calda, o, ciò che meglio sarebbe, un brodo di ossa spugnose, e fatelo bollire

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si mettono tagliate a pezzi insieme alle brasciole di vitello in una pentola di terracotta e si lasciano cuocere nel sugo di pomodoro per ore e ore) e il ragù alla potentina (preparato foderando con un’ottima pancetta locale una grossa bistecca farcita con pezzetti di pecorino lucano e un trito di aglio e prezzemolo, ben legata e messa a rosolare con olio e strutto nel solito tegame di terracotta, il tutto portato a cottura con il pomodoro). Attenzione, invece, che il ragù alla genovese, nonostante il nome, è anch’esso un ragù napoletano, menzionato per la prima volta dal poeta GUIDO CAVALCANTI già nel Trecento. Probabilmente deve la definizione a un cuoco napoletano che di “genovese” aveva il cognome, il soprannome o la provenienza. È una delle tipiche ricette per il pranzo della domenica: una salsa di cipolle e carne cotte insieme lentamente sino a formare, a cottura ultimata, una crema densa, di colore marroncino che è utilizzata per condire la pasta. La carne, tenerissima, viene servita come secondo piatto.

Lasagne al forno (photo © claudiadaniele – stock.adobe.com). adagino per cinque o sei ore di seguito onde ristringere il sugo ed estrarre dalla carne tutta la sua sostanza. Passatelo poi per istaccio, e quando il suo grasso sarà rappreso, formando un grosso velo al disopra, levatelo tutto per rendere il sugo meno grave allo stomaco. Questo sugo, conservandosi per diversi giorni, può servire a molti usi e con esso si possono fare dei buoni pasticci di maccheroni. I colli e le teste di pollo spezzate, uniti alla carne di manzo, daranno al sugo un sapore più grato. I resti della carne, benché dissugati, si possono utilizzare in famiglia facendo delle polpette”. Nel tempo poi il ragù è andato evolvendosi anche sotto la spinta delle esigenze della moderna ristorazione, sia pubblica che domestica,

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e alla tipica preparazione casalinga è affiancata oggi una produzione industriale in barattoli pronti all’uso. In epoca recente sono utilizzati anche ragù di pesce (di spigola, di cernia, ecc…) o di tofu (nei menu vegetariani). C’è anche quello alla barese, alla potentina, alla genovese… I tipici ragù della cucina italiana restano sempre il ragù bolognese e il ragù napoletano anche se, ripetiamo, numerose sono le varianti presenti pure in altre regioni. Certamente molto meno note ma ugualmente buone, come, ad esempio, il ragù alla barese (in genere con carni di maiale, manzo, agnello che

Il ragù alla napoletana Non è neppure vero che il formato ideale di pasta per il ragù alla napoletana sia costituito dagli spaghetti, come molti credono. Ci vorrebbero invece gli ziti (simili a maccheroni lisci), come raccomandava perfino il grande drammaturgo e attore partenopeo EDUARDO DE FILIPPO. Di Eduardo ci sono rimaste anche alcune raccomandazioni specifiche tratte dalla tradizione napoletana più verace. Innanzitutto il ragù deve pippiare (sbuffare) per ore e ore (almeno 6) a fuoco bassissimo su una fornacella a carbone con il suo bel pezzo di carne di manzo (e/o di maiale) immerso in molta cipolla dentro un tegame di terracotta (questo ai suoi “tempi d’oro”, poi ovviamente i tempi sono cambiati anche a Napoli). Data la lunghezza della preparazione, Eduardo sosteneva che i migliori cuochi ne fossero i portinai, i quali avevano il tempo, di tanto in tanto, di assentarsi dalla loro guardiola per andare a dare una rimescolata al sugo. La carne veniva

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poi affettata e servita come secondo piatto, mentre il sugo andava a finire sugli ziti. Il ragù napoletano è probabilmente il condimento più conosciuto della cucina napoletana, nonostante la sua poca diffusione nell’uso quotidiano a causa della complessità e durata della preparazione. Continua ad essere perciò un piatto tipicamente festivo, in cui diversi tipi di carne bovina e suina, tagliata a pezzi e non tritata, sono cotti in una salsa di pomodoro a fuoco molto lento. La poesia di Eduardo Al ragù napoletano Eduardo De Filippo ha dedicato vari riferimenti nelle sue opere teatrali, come quello ben noto nella commedia Sabato, domenica e lunedì (1959), e anche una poesia dal titolo, appunto, ‘O rrau, che, al di là del tono scherzoso, mette in risalto due principi fondamentali. Il primo è che nessun ragù è buono come quello fatto… dalla mamma!, e il secondo che non basta cuocere della carne nel pomodoro per avere il ragù. «‘O rraù ca me piace a me m’ ‘o ffaceva sulo mammà. A che m’aggio spusato a te, ne parlammo pè ne parlà. Io nun songo difficultuso; ma luvàmmel’ ‘a miezo st’uso. Sì, va buono: comme vuò tu. Mò ce avéssem ‘appiccecà? Tu che dice? Chest’è rraù? E io m’ ‘o mmagno pè m’ ‘o mangià… M’ ‘a faje dicere ‘na parola? Chesta è carne c’ ‘a pummarola.» (“Il ragù che a me piace / me lo faceva solo mammà. / Da quando ti ho sposato, / ne parliamo tanto per parla’. / Io non sono difficile; / ma togliamoci quest’abitudine. / Sì, va bene: come vuoi tu. / Ora vorremmo pure litigare? / Tu che dici? Questo è ragù? / Ed io me lo mangio tanto per mangiare… / Ma me la fai dire una parola? / Questa è carne col pomodoro”; fonte: www.poesieracconti.it) La leggenda della Compagnia dei Bianchi C’è anche una leggenda (che riprendiamo da Wikipedia) secon-

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Spaghetti con ragù e piselli. Poco usuale in Italia, l’abbinamento spaghetti e ragù si è diffuso soprattutto all’estero (photo © Noce Moscata food blog). do la quale “a Napoli, alla fine del Trecento, esisteva la Compagnia dei Bianchi di giustizia che percorreva la città a piedi invocando ‘misericordia e pace’. La compagnia giunse presso il Palazzo dell’Imperatore, tuttora esistente in via Tribunali, che fu dimora di Carlo, imperatore di Costantinopoli, e di Maria di Valois, figlia di re Carlo d’Angiò. All’epoca il palazzo era abitato da un signore nemico di tutti, tanto scortese quanto crudele, che tutti cercavano di evitare. La predicazione della compagnia convinse la popolazione a riappacificarsi con i propri nemici, ma solo il nobile che risiedeva nel Palazzo dell’Imperatore decise di non accettare l’invito dei Bianchi, nutrendo da sempre antichi e tenaci

rancori. Non cedette neanche quando il figliolo di tre mesi, in braccio alla balia, sfilò le manine dalle fasce e incrociandole gridò tre volte: ‘misericordia e pace’. Il nobile era accecato dall’ira, serbava rancore e vendetta e un giorno la sua donna, per intenerirlo, gli preparò un piatto di maccheroni. La provvidenza riempì il piatto di una salsa piena di sangue. Finalmente, commosso dal prodigio, l’ostinato signore si rappacificò con i suoi nemici e vestì il bianco saio della Compagnia. Sua moglie, in seguito all’inaspettata decisione, preparò di nuovo i maccheroni che anche quella volta, come per magia, divennero rossi. Ma quel misterioso intingolo aveva uno strano e invitante profumo, molto

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buono, e il signore nell’assaggiarlo trovò che era veramente gustoso e saporito. Lo chiamò così ‘Raù’, lo stesso nome del suo bambino. In realtà il termine ragù deriva dal francese ragout che indica un tipo di cottura di carne e verdure simile allo spezzatino. Bisogna inoltre ricordare che il pomodoro non arrivò in Italia prima della fine del XVI secolo. Fu poi ALBERTO ALVISI, cuoco dell’allora cardinale di Imola verso la fine del 1700, a cucinare il primo ragù vero e proprio, servito con un piatto di maccheroni. All’inizio del 1800 il ragù fece la sua comparsa anche in alcuni libri di cucina emiliani ed era un piatto che, nella maggior parte delle volte, veniva servito nei giorni di festa”.

In alto: tagliatelle con ragù alla bolognese (photo © Zaira Zarotti). In basso: la carne di manzo è alla base di svariati tipi di ragù regionali (photo © Arkadiusz Fajer).

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Una cottura lenta, lenta, lenta e lunga, lunga, lunga La preparazione del ragù alla napoletana è scandita da tre fasi che, alla fine, comportano in pratica due giorni di lavorazione. Tradizionalmente, infatti, la preparazione inizia non solo al mattino presto della domenica, ma addirittura il sabato sera, per riuscire a far addensare la salsa sino a farle assumere una consistenza molto cremosa. In una pentola di coccio si fanno rosolare nell’olio le cipolle affettate sottilmente e poi si mette la carne. Questa va girata continuamente per evitare che le cipolle si brucino. Dovranno appassire fin quasi a dileguarsi, mentre la carne dovrà fare la sua crosticina scura. Per riuscirci bisogna rimanere sempre vigili ai fornelli, pronti a rimestare con la cucchiarella di legno e a bagnare con il vino rosso ogni volta che il sugo tende ad asciugarsi. Quando la carne sarà diventata di un bel colore dorato e il vino evaporato, aggiungete la passata di pomodoro (meglio se fatta in casa) sciogliendo anche, se volete, un cucchiaio di concentrato di pomodoro (quest’uso si è generalizzato successivamente). Se il ragù è fatto bene e la carne è buona non c’è bisogno di altri odori, men che meno di aglio, sedano e basilico a fine cottura, come alcuni ormai indulgono a fare… Regolate semplicemente di sale e mettete a cuocere dapprima per circa 20 minuti a fiamma un

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po’ alta e poi, per circa cinque-sei ore, a fuoco bassissimo, tenendo il cucchiaio di legno tra la pentola e il coperchio in modo da far pippiare il ragù. Di tanto in tanto, però, rimestatelo per non farlo attaccare sul fondo della pentola. Anche per quanto riguarda la scelta della carne bisognerebbe rimanere fedeli al muscolo di manzo (il cosiddetto mammunciello o gamboncello o colarda), che deve essere non macinato ma tagliato a pezzi grossi, da 500 grammi fino a un chilogrammo, come una bistecca, e che viene anche farcito con ingredienti vari (uvetta, pinoli, formaggio, salame o lardo, noce moscata, prezzemolo) e legato con uno spago. Generalmente però è utilizzato un misto di carne di manzo (tagli anteriori e poco pregiati, che necessitano di lunga cottura) e di maiale. I tagli oggi impiegati sono però numerosi e possono variare da quartiere a quartiere. Oltre al muscolo di manzo troviamo le spuntature di maiale (le tracchie), l’involtino di cotenna (cotica), la polpetta e la brasciola o braciola, termine che a Napoli indica un involtino di carne di manzo ripieno di aglio, prezzemolo, pinoli, uva passa e dadini di formaggio. Il ragù alla bolognese Ma quello che più di tutto e tutti rappresenta la cucina italiana nel mondo è il ragù alla bolognese, tanto noto all’estero da essere chiamato bolognese, e basta come sinonimo di sugo (e d’Italia). Protagonista di questo ragù è la carne macinata; l’opposto, dunque, di come viene cucinata in quello alla napoletana. Carne che qui è ancora di manzo, ma stavolta si tratta della polpa mentre là era il muscolo. E poi gli odori: cipolla, carota e sedano, che nell’altro sono assenti. Inoltre ci sono la pancetta di maiale e il vino. Bianco secco, invece a Napoli è rosso. Con le tagliatelle, ma anche con le lasagne e la polenta Il risultato è un sugo fine e colorato, la cui vivacità anche cromatica tocca l’apice quando si sposa con le belle

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Ragù alla bolognese Ricetta “attualizzata”, depositata il 17 ottobre 1982 dall’Accademia Italiana della Cucina presso la Camera di Commercio di Bologna. Ingredienti per 6 persone • g 300 di polpa di manzo (cartella o pancia o fesone di spalla o fusello) macinata grossa • g 150 di pancetta di maiale • g 50 di carota gialla • g 50 di costa di sedano • g 50 di cipolla • g 300 di passata di pomodoro o pelati • ½ bicchiere di vino bianco secco • ½ bicchiere di latte intero • poco brodo • olio d’oliva o burro • sale e pepe • ½ bicchiere di panna liquida da montare (facoltativa) Preparazione Sciogliere in un tegame, possibilmente di terracotta o di alluminio spesso, di circa cm 20, la pancetta tagliata prima a dadini e poi tritata fine con la mezzaluna. Unire 3 cucchiai d’olio o 50 grammi di burro, gli odori tritati fini e fare appassire dolcemente. Unire la carne macinata e mescolare bene con un mestolo facendola rosolare finché non “sfrigola”. Bagnare con il vino e mescolare delicatamente sino a quando non sarà completamente evaporato. Unire la passata o i pelati, coprire e fare sobbollire lentamente per circa 2 ore aggiungendo, quando occorre, del brodo; verso la fine unire il latte per smorzare l’acidità del pomodoro. Aggiustare di sale e di pepe. Alla fine, quando il ragù è pronto, secondo l’uso bolognese, aggiungere la panna, se si tratta di condire paste secche. Per le tagliatelle il suo uso è da escludere.

tagliatelle gialle (cioè all’uovo) a formare le famosissime tagliatelle alla bolognese, che potrebbero anche giustamente essere definite tagliatelle alla romagnola, vista l’importanza e la significatività che hanno fino a Rimini e oltre. È usato anche per condire altri tipi di pasta, come le lasagne al forno (arricchito in tal caso con la besciamella) e il tipico piatto povero del passato, la polenta. Basta dire “bolognese” e tutto il mondo sa di che si parla, tuttavia… Abbiamo rimarcato più volte la diffusione del sugo alla bolognese all’estero ma, purtroppo, bisogna anche ricordare che colà un uso molto comune, soprattutto nel Nord Europa, è quello di condire gli spaghetti (erroneamente chiamati spaghetti alla bolognese), che vengono venduti perfino in lattina. L’abbinamento è davvero scorretto perché la cucina emiliana, in particolare con questo ragù, ha sempre preferito la sfoglia all’uovo, solitamente fresca, rispetto alle

paste di semola di grano duro, generalmente secche. La ricetta depositata presso la Camera di Commercio Il 17 ottobre del 1982 la ricetta ufficiale del ragù alla bolognese è stata depositata presso la Camera di Commercio di Bologna dalla delegazione regionale dell’Accademia Italiana della Cucina, allo scopo di garantire la continuità e il rispetto della tradizione gastronomica bolognese in Italia e nel mondo. L’Accademia stessa, poi, ne ha proposto una versione attualizzata, che prevede la possibilità di utilizzare tagli di manzo alternativi alla cartella (la parte muscolare del diaframma): in sostituzione, infatti, si possono scegliere pancia, fesone di spalla e fusello. Ha consentito inoltre di sostituire i 5 cucchiai di salsa di pomodoro o i 20 grammi di triplo concentrato con passata di pomodoro o pelati. Il procedimento però è rimasto inalterato: dopo una rosolatura iniziale di pancetta, verdure e carne, serve una lenta, lunga cottura. Nunzia Manicardi

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WEEK-END

Vallemaggia, omaggio alla capra di Josette Baverez Blanco

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utte le scuse sono buone per andare a scovare qualche evento gastronomico. Un soggiorno a Locarno, nel Ticino, ad esempio, mi ha permesso di partecipare alla XI edizione della rassegna gastronomica sulla carne di capra. Organizzatrice di questo curioso appuntamento è la “Fondazione Centro Capra” (fondazionecapra.ch), ufficialmente costituitasi nel 2013 a Maggia con lo scopo di promuovere la cultura della capra in Ticino nei suoi vari aspetti, sostenere gli allevatori nonché far conoscere al pubblico i prodotti e le particolarità di questo animale. La Vallemaggia, dai paesaggi variegati, alle spalle del lago nel quale sfocia il fiume omonimo, è circondata da montagne spettacolari con ghiacciai e cascate che fanno da scrigno agli alpeggi. La natura è selvaggia e ha inciso storia e cultura con la sua acqua e le sue pietre. Case e tetti, mulini, grotti (trattorie), sentieri e muretti, tutto di pietra a secco che ha resistito attraverso i secoli. Dal 3 al 19 novembre questa rassegna fa gli onori alla capra, la cosiddetta vacca dei poveri.

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In autunno, quando ritornano al piano gli animali dall’alpe, gli allevatori macellano le capre giunte a “fine corsa”. La carne, magrissima, è ricca di proteine e si presta a tante preparazioni gastronomiche. Si tratta quindi di una carne rossa dal basso contenuto lipidico (da 12 al 14% in meno rispetto alle altre carni rosse perché non c’è grasso intramuscolare come nel pollo e poco sottocutaneo). Molto nutriente e dal sapore simile all’agnello, a tal punto che in Asia si usa la stessa denominazione, va cotta più a lungo e a temperatura più bassa delle altre carni rosse affinché rimanga tenera. Durante la rassegna, i grotti propongono formaggi e salumi del prelibato quadrupede, a cominciare dal tipico “violino”, una specie di prosciutto fatto con cosce e spalle salate, aromatizzate con aglio e sfregate con bacche di ginepro. Il risultato è lasciato in infusione per 8-10 giorni, poi i pezzi di carne sono lavati con vino bianco (o rosso). E poi salame e carne secca di capra. Col latte si fanno deliziosi formaggi e ricotta, tollerabili anche a chi non può ingerire caseina.

Dal 3 al 19 novembre in diversi ristoranti della Vallemaggia e Regione Locarnese e Valli si è svolta l’undicesima edizione della rassegna gastronomica sulla carne di capra

I menu propongono poi büscion e brasato di capra, capra bollita con contorni, spezzatino e lombatina di capra, trofie al ragù di capra, cicitt, una salsiccia lunga e sottile presidio Slow Food, capretto alla brace e persino gelato al latte di capra. Più particolari ma sempre delicati sono il cervello, il fegato, tratti di intestino del capretto e per insaporire le zuppe testa e zampe affumicate. Questo animale rustico è stato quindi ingiustamente sottovalutato o, più precisamente, c’è una diffidenza ingiustificata nei confronti di questa carne. Bisogna solo decidere di conoscerla meglio, assaggiarla, di

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cucinarla per bene e lei vi svelerà tutti i suoi segreti. Il più grande? La capra è l’unico animale che non si ammala mai di tumore. Persino Zeus, padre degli Dei, era stato allevato da Amaltea, capra diventata poi una costellazione, e allevava lui stesso le capre. OMERO menziona i budelli di capra riempiti di grasso e sangue arrostiti sul fuoco. La capra ha sempre però caratterizzato la dieta dei ceti poveri che dovevano vivere nelle zone più impervie, alle quali si adatta solo la capra se non camosci e stambecchi! Siamo lontani dai bei pascoli verdi e distesi dove brucano le mucche con le mammelle rigonfie di latte. La capra è quindi un animale di aree meridionali, insulari e di valli alpine, tutte zone poco ricche ma spesso più salutari. Ricordiamoci che “non tutto ciò che brilla è oro” e che le cose migliori sono spesso quelle meno appariscenti ma da scoprire avendo voglia di curiosare e di aprire la mente in generale. Non posso quindi che consigliarvi di avvicinarvi alla capra, “carne & latte”. Sarà un bene garantito per la vostra salute. Josette Baverez Blanco

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In alto: Vallemaggia, Canton Ticino (photo © elesi – stock.adobe.com; © www. tio.ch). In basso: i cicitt della Vallemaggia. Salsicce lunghe e sottili, i cicitt sono un presidio Slow Food. Vengono preparate in autunno con la carne, il grasso e diverse parti della capra (photo © naturkonkret.abacuscity.ch/it).

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FIERE

La filiera Meat & Fish chiude in positivo l’anno appena terminato

MEAT-TECH 2018: andamento positivo per l’industria della carne

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uone notizie dalla filiera Meat & Fish che chiude in positivo l’anno appena terminato. Tale scenario emerge dalle ultime rilevazioni dell’Osservatorio IpackIma, lo studio semestrale realizzato su un campione di aziende operative lungo tutta la filiera del processing & packaging (costruttori di macchine di processo e confezionamento, fornitori di componentistica, pro-

duttori di materiali) che servono vari settori industriali suddivisi nelle cosiddette business community (Food, Fresh & Convenience; Meat & Fish; Pasta, Bakery, Milling; Beverage; Confectionery; Chemicals, Home & Industrial; Health & Personal Care). Maggiormente colpita da congiuntura sfavorevole nella passata edizione dell’Osservatorio, la filiera della carne ha invece evidenziato risultati

migliori delle previsioni degli operatori, tanto che solo il 29% delle imprese (contro il 40% previsto) ha presentato fatturati in calo. I fatturati esteri in calo hanno invece riguardato una quota maggiore delle imprese: il 39% (contro il 50% previsto). I risultati consuntivi del primo semestre 2017 sono stati, in media, di oltre 10 punti percentuali migliori delle previsioni.

Evoluzione e valorizzazione dell’industria delle carni sono al centro di MEAT-TECH 2018, la fiera dedicata al processing e al packaging in programma dal 29 maggio al 1o giugno prossimi, in grado di offrire una visione completa e sinergica dei diversi comparti produttivi dell’intera filiera (photo © www.ipackima.com).

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Due nuove aree espositive A completare il progetto anche

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Il carrello porta carne e porta alimenti unico nel suo genere! La struttura a tripla parete in polietilene garantisce:

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il vagonetto in plastica

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Il visibile miglioramento congiunturale ha pertanto determinato una significativa revisione delle aspettative: prevede una crescita delle vendite oltre l’83% delle imprese (una quota leggermente inferiore, pari al 78%, se ci si riferisce alle previsioni di crescita del fatturato estero). Alla luce di questo scenario positivo MEAT-TECH 2018, la fiera di settore in programma dal 29 maggio al 1 giugno 2018 a Fieramilano in contemporanea con IPACK-IMA, si sta consolidando come punto di riferimento delle aziende che operano nella fornitura di soluzioni per il confezionamento e la conservazione del fresco. Il nuovo progetto sta infatti raccogliendo le adesioni delle principali imprese nazionali e internazionali che operano nella filiera produttiva.

Buggy

BO

L’industria delle carni si ritroverà nuovamente a Milano a MEAT-TECH, seconda edizione della fiera specializzata in tecnologie e soluzioni innovative per l’industria della lavorazione, del confezionamento e della distribuzione delle carni

due nuove aree espositive: MEAT + Cold Chain Solution che ospiterà le tecnologie per la catena del freddo, fondamentali a tutte le latitudini per conservare i prodotti prima, durante e dopo la lavorazione e MEAT & More, che metterà in mostra attrezzature e materiali per la produzione, il taglio e il confezionamento dei prodotti a base di carne, sempre più utilizzate anche dall’industria, oltre che dalla GDO, da negozianti e dalla ristorazione. Si tratta di tipologie di attrezzature e prodotti che consentono di assicurare un’ottima qualità nella preparazione dei prodotti e di aumentare la loro shelf-life e il rispetto di norme igienico-sanitarie.

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Partono i road show all’estero per Cibus 2018 La 19a edizione a Parma dal 7 al 10 maggio 2018. Le iniziative per una sempre maggiore internazionalizzazione. Spazio al “fuori casa” e all’innovazione nel retail. Avviata la collaborazione con l’istituto di ricerca IRI Italia

O

gni anno 800 aziende alimentari si affacciano per la prima volta sui mercati esteri. L’export del food & beverage italiano sta facendo registrare un aumento di circa il 7% sul 2016, con un fatturato previsto di fine anno di circa 32 miliardi di euro. La destinazione più rilevante dei prodotti food italiani è l’Europa e sempre più gli Stati Uniti, ma sta crescendo l’Asia, in primis Cina, Hong Kong, Corea del Sud, Tailandia e Taiwan (dati:

FEDERALIMENTARE). Questo trend di crescita delinea il profilo della 19a edizione di Cibus (Parma, 7/10 maggio 2018): esposizione di nuovi prodotti in grado di imporsi sui mercati internazionali e rafforzamento dell’incoming dei top buyer da ogni continente. Con Agenzia ICE è stato delineato un piano di rafforzamento dell’incoming dei buyer esteri, europei e d’oltreoceano, con un road show che sta toccando le maggiori fiere food estere e incontri mirati

con operatori della distribuzione nei vari mercati obiettivo ovvero Francia, Germania, Cina, USA, Asia ed altri. È già stato siglato un accordo tra Cibus e Macfrut (la fiera dell’ortofrutta) per facilitare lo scambio di buyer nelle giornate espositive concomitanti (9 e 10 maggio). È stato rafforzato l’Hosted Buyers Program che aiuta i buyer nella definizione di incontri a Cibus e delle visite guidate in aziende food & beverage italiane.

Un’immagine di Cibus 2016.

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Cibus, divenuto appuntamento annuale (negli anni dispari con il format Cibus Connect, nella stessa settimana di Vinitaly), prevede per la 19a edizione più di 3.000 aziende italiane espositrici, confermandosi come la fiera internazionale di gran lunga più rilevante dell’alimentare italiano. «Cibus rappresenta, sempre di più, per le aziende alimentari italiane, non solo un evento internazionale di riferimento per la promozione dei propri prodotti ma un vero e proprio strumento per accelerare il proprio export, grazie alle molteplici attività che Cibus svolge anche al di fuori del momento fieristico» ha dichiarato GIANDOMENICO AURICCHIO, presidente di Fiere di Parma. «La conferma dell’importanza di Cibus viene dal sempre crescente numero di buyer esteri che fanno riferimento ad essa come unica piattaforma dell’Authentic Italian, grazie al fatto che a Parma espongono solo aziende italiane con prodotti di assoluto livello qualitativo». «Fiere di Parma, forte dalla relazione storica con FEDERALIMENTARE e grazie alle crescenti intese con altri quartieri leader nel food (Fiere Colonia) e wine (Veronafiere) — ha aggiunto Auricchio — è quindi soggetto sempre più attivo nelle dinamiche di relazione sinergiche, che generino concrete opportunità di business e di export per le aziende italiane che partecipano a Cibus». Per cogliere e stimolare i segnali positivi di crescita dei consumi interni e l’interesse degli operatori internazionali, Cibus 2018 aiuterà gli espositori a dialogare sempre di più e meglio con gli attori sia del retail sia dell’HO.RECA. e della ristorazione fuori casa: alcune aree della manifestazione saranno allestite e presidiate da grandi retailer mondiali, nonché dall’Associazione Italiana Food & Beverage Manager (AIFBM). Sul tema delle dinamiche dei consumi familiari interverranno Università di Parma e IPSOS con il convegno “In Store marketing: la via sperimentale”, in cui verranno presentate 4 ricerche. La prima sulle

Eurocarni, 2/18

nuove tecnologie di riconoscimento facciale del consumatore che entra nel punto vendita per promozioni personalizzate, che si esauriscono al termine della visita. La seconda su uno scaffale lineare sperimentale con minore profondità di scelta ma inalterato spazio espositivo. La terza su etichette a scaffale colorate per comunicare la qualità nutrizionale del prodotto e la quarta su nuovi modi di presentare la convenienza promozionale nei volantini. Le ricerche saranno supportate dalla collaborazione con retailer nazionali e industria. Infine, Cibus sviluppa il suo ruolo di catalizzatore di informazione e riflessione sull’andamento del food beverage e del grocery retail grazie ad un accordo, già operativo, con IRI (Information Resources Inc.), azienda specializzata in informazioni ed analisi sui mercati del Largo Consumo Confezionato: “Market Insight” propone ogni mese alla community del settore agroalimentare trend e approfondimenti, tramite la newsletter di Cibus e la loro pubblicazione sul sito Cibus.it «Quella con Cibus rappresenta per noi una nuova ed importante collaborazione — ha commentato ANGELO MASSARO, AD di IRI Italia — che ci consente di consolidare ancora di più le relazioni con i più importanti operatori del settore del food & beverage italiano ed internazionale tramite analisi ed approfondimenti che speriamo possano supportarli nella gestione quotidiana del business».

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Cibus Tec 2019 (22-25 ottobre): più padiglioni, più buyer, più settori Non più dieci, ma undici filiere rappresentate: fa il suo ingresso il dolciario. Non più quattro, ma cinque padiglioni espositivi per rispondere alle richieste di partecipazione dei fornitori di tecnologie per il packaging, le carni, le bevande e i prodotti da forno. Non più 3.000, ma un programma di incoming che punta a ben 3.500 buyer provenienti da oltre 70 nazioni. Nasce nel segno dell’espansione la 52a edizione di Cibus Tec, l’appuntamento verticale ad alta specializzazione di KPE (Koeln Parma Exhibitions), braccio operativo di Fiere di Parma e Koelnmesse dedicato al food processing & packaging, in programma a Parma dal 22 al 25 ottobre 2019. Un’offerta espositiva unica che da 80 anni raccoglie il meglio della filiera meccano-alimentare — dalla selezione alla trasformazione, dal confezionamento alla logistica — in un mix virtuoso tra tradizione e innovazione che trova, proprio a Parma, le applicazioni più avanzate e raffinate. Grazie al supporto di Prosweets Cologne e ISM (manifestazioni leader a livello internazionale organizzate da Koelnmesse GmbH) Cibus Tec apre le porte al settore delle tecnologie per i prodotti dolciari e snack, divenendo di fatto l’unica piattaforma italiana dedicata ad un altro comparto strategico del meccano-alimentare made in Italy. Nel raggio di 200 km da Parma si concentrano il 70% delle aziende del meccano-alimentare italiano e il 60% delle industrie alimentari. Anche per questa condizione, unica al mondo, Koelnmesse ha voluto appunto la città emiliana come sede della conferenza stampa europea di Anuga Food Tec (20-23 marzo 2018) che si è svolta presso la Biblioteca Palatina lo scorso dicembre. «Nel food processing & packaging siamo un modello di artigianalità per tutto il mondo, un esempio di innovazione, qualità e design. A Parma lo rappresentiamo dal 1939 — puntualizza FABIO BETTIO, brand manager di Cibus Tec — condizione che, abbinata alla partnership con Koelnmesse, sta generando straordinarie sinergie a beneficio degli espositori di Cibus Tec, Anuga FoodTec e delle altre manifestazioni internazionali del nostro portfolio congiunto». L’eccellenza italiana del food rispecchia infatti quella di un settore, il meccano-alimentare, che continua ad incrementare le sue quote di mercato. Nel 2016 il settore delle tecnologie alimentari italiane ha registrato un valore di produzione pari a 4,9 miliardi di euro. Di questi (fonte dati Assofoodtec), il 66% (che equivale a 3,2 miliardi di euro) è richiesto dall’estero. Rosee le previsioni 2017, con un incremento stimato sia a livello produttivo (+0,7%) che nell’export (+0,8%). E se il mondo reclama il made in Italy, Cibus Tec risponde Entro il 2019, grazie a Koelnmesse, ICE-Agenzia e Regione Emilia-Romagna sarà infatti attivata una straordinaria operazione di promozione che toccherà ben 25 tappe internazionali tra manifestazioni (come Andina Pack, Anutec India, Profood Tech) e progetti speciali in Iran, EAU e Africa. La precedente edizione di Cibus Tec aveva chiuso con numeri record in termini di espositori (1.000, +20%), di operatori (35.000, +15%), ma soprattutto con un grado di soddisfazione straordinario (92% espositori soddisfatti, 95% operatori soddisfatti). Per il 2019 la sfida è superare se stessi.

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Campionato italiano di coniglicoltura: in gara a Reggio Emilia il top delle migliori razze È Daniele Barrale, proprietario di un coniglio di razza Pezzata tricolore, il vincitore del titolo di Campione italiano 2017 al Campionato italiano di coniglicoltura del Registro anagrafico, svoltosi gli scorsi 16 e 17 dicembre presso i padiglioni della Fiera di Reggio. La manifestazione, giunta alla sua terza edizione, è stata organizzata da ARAER (Associazione regionale allevatori dell’EmiliaRomagna) con il patrocinio di ANCI (Associazione nazionale coniglicoltori italiani) e ha visto la partecipazione di oltre 700 esemplari appartenenti a 39 delle 43 razze iscritte al Registro anagrafico. Le valutazioni dei soggetti in gara si è svolta alla presenza degli esperti ANCI che hanno espresso i loro giudizi sulla base dei 7 parametri previsti: 4 di essi, e cioè il tipo e la forma del corpo; il peso, la pelliccia e la presentazione, riguardano tutte le razze, mentre gli altri tre parametri variano a seconda delle razze e possono riguardare la testa e la pelliccia, il sovracolore e la lucentezza, il sottocolore e la conformazione della testa, le orecchie e il disegno e il colore. Anche da questo punto di vista il Registro anagrafico rappresenta uno strumento indispensabile per la conservazione e la salvaguardia delle razze, perché il suo obiettivo è il miglioramento e il consolidamento delle caratteristiche morfologiche e la loro variabilità genetica per contenerne la consanguineità promuovendone al contempo la valorizzazione economica. Un obiettivo impegnativo, rispetto al quale ARAER ha dimostrato e dimostra grande sensibilità e attenzione sostenendo iniziative come il Campionato nazionale di coniglicoltura che ancora una volta è stata la calamita per gli allevatori, gli appassionati e gli esperti del settore intervenuti numerosi alla manifestazione. Prova ne è che per la prima volta la rassegna ha visto la partecipazione di due allevatori giunti con i loro conigli dalla Basilicata. I maggiori riconoscimenti sono andati anche all’allevamento Ariosto di Bruno Zannoni per la categoria Campioni colorazione Adulti 2017, mentre il titolo di Campione collezioni 2017 è andato a tre allevatori di altrettante diverse razze. Si tratta di Marco Romani per la razza Gigante; Luca Mancini per la Fulva di Borgogna e Stefano Venegoni per un esemplare di razza Ermellino. Calato il sipario su questa edizione, l’appuntamento è già stato fissato a dicembre 2018 (in foto, Daniele Barrale insieme al presidente e al direttore di Araer, Maurizio Garlappi e Claudio Bovo).

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SICUREZZA ALIMENTARE

Moca: tutte le novità Niente sfugge più al controllo su freschezza e salubrità dei prodotti alimentari. È giunta ormai da qualche tempo una norma — per la quale sono da oggi previste anche le sanzioni — che estende la rintracciabilità ai materiali a contatto con l’alimento, col fine di evitare che trasmettano sostanze nocive o ne modifichino le caratteristiche di Sebastiano Corona

È

il Regolamento UE 1935/2004 a stabilire le norme generali. I MOCA sono i materiali e gli oggetti, compresi quelli attivi e intelligenti allo stato di prodotti finiti, destinati a essere messi a contatto con prodotti alimentari. Sono classificati in un elenco: materiali e oggetti attivi e intelligenti, adesivi, ceramiche, turaccioli, gomme naturali, vetro, resine a scambio ionico, metalli e leghe, carta e cartone, materie plastiche, inchiostri da stampa, cellulosa rigenerata, siliconi, prodotti tessili, vernici e rivestimenti, cere e legno. Per quasi tutti gli elementi citati esiste altresì una normativa

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verticale e specifica, che va intersecata con quella generale. Non si considerano invece MOCA i materiali e gli oggetti forniti come oggetti di antiquariato; quelli di ricopertura o di rivestimento, come i materiali che rivestono le croste dei formaggi, le preparazioni di carni o la frutta, che fanno parte dei prodotti alimentari e possono quindi essere consumati con i medesimi, e gli impianti fissi pubblici o privati di approvvigionamento idrico. La disciplina sui MOCA ha come diretti interessati i produttori di macchinari, attrezzature, imbal-

laggi e qualunque altra cosa entri a contatto con il cibo. Tuttavia, da queste disposizioni derivano obblighi importanti anche per chi produce, trasforma o commercializza alimenti, a qualunque livello di specializzazione. Pertanto, che si tratti di strumentazione, di confezioni, di piatti, bicchieri, posate, bottiglie, coltelli da lavoro, carta da incarto, pellicole di plastica, bicchieri e piatti di plastica, etichette a contatto con gli alimenti, scatole della pizza, imballaggi di varia natura e molto altro, è necessario che a monte vi sia la

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SICUREZZA ALIMENTARE

EFFICIENZA OPERATIVA

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Stabilimento di produzione e lavorazione carne (photo © Damir – stock.adobe.com). conformità alle norme produttive comunitarie previste dal Regolamento 1935/2004. Fatta salva la normativa verticale, i produttori di MOCA si devono attenere alle buone pratiche di fabbricazione, più comunemente definite Good Manufacturing Practice o GMP. Si tratta dello standard minimo che ogni produttore deve soddisfare nel proprio processo produttivo: cioè modalità operative adottate per gestirne la produzione, in modo che il risultato finale sia conforme e che ogni aspetto del processo sia sotto controllo. Il principio base è che i materiali di cui sono fatti gli oggetti che andranno a contatto con gli alimenti non devono trasmettere sostanze nocive, né modificare le caratteristiche organolettiche o contribuire al deterioramento degli alimenti. Tuttavia, le Linee guida delle GMP non contengono istruzioni prescrittive sulle modalità con le quali gli articoli devono essere realizzati, ma solo una serie di principi generali

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obbligatori per tutti. Non è pertanto stabilito cosa fare o non fare esattamente, ma come farlo. È responsabilità dell’azienda produttrice di MOCA determinare il processo di qualità più efficace ed efficiente. In determinati casi, oltre alla normativa verticale, corrono in soccorso anche alcuni standard operativi e volontari per alcuni materiali specifici. In questo modo sarà possibile per il produttore di packaging fornire alcune garanzie sulle modalità di lavoro che, essendo previste dallo standard, sono elevatissime per loro natura. A prescindere dal fatto che si applichi un sistema come quello citato, i produttori devono sottostare a regole ben precise, previste da un regolamento generale e, se del caso, da uno specifico, a seconda del materiale impiegato. Sono tenuti a istituire un sistema di qualità, a elaborare e a conservare la relativa documentazione su supporto cartaceo o elettronico. Ovviamente, devono utilizzare solo sostanze e

materiali autorizzati, etichettare correttamente l’articolo e produrre la Dichiarazione di conformità. I trasformatori e gli assemblatori di MOCA devono ugualmente gestirli e stoccarli nel rispetto delle GMP e delle norme igienico-sanitarie, ma devono anche verificare l’etichettatura e produrre la traduzione nelle lingue comprensibili nel Paese di immissione in commercio. A loro volta, devono garantire la rintracciabilità, attuando procedure che consentano l’individuazione delle imprese da cui si sono approvvigionate e a cui sono stati forniti i MOCA. Le aziende del settore agroindustriale hanno invece degli obblighi differenti. Il primo è quello di acquisire unicamente MOCA conformi alle GMP, corredati di etichette a norma e complete di Dichiarazione di conformità. Dichiarazione che deve essere conservata per ogni tipologia di imballaggio utilizzato. Poiché i MOCA entreranno a contatto con l’alimento, devono

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Fatta salva la normativa verticale, i produttori di Moca si devono attenere alle buone pratiche di fabbricazione, più comunemente definite Good Manufacturing Practice o GMP. Si tratta dello standard minimo che ogni produttore deve soddisfare nel proprio processo produttivo: cioè modalità operative adottate per gestirne la produzione, in modo che il risultato finale sia conforme e che ogni aspetto del processo sia sotto controllo

Confezionamento carni (photo © michaeljung – stock.adobe.com). essere anch’essi trattati e stoccati in ambienti salubri, nel rispetto delle norme igienico-sanitarie, e devono essere utilizzati secondo le condizioni indicate dal produttore. Inoltre, considerato che i MOCA entreranno nel circuito della rintracciabilità al pari dei prodotti che andranno a comporre l’alimento finale, devono essere facilmente individuabili, così come lo deve essere la documentazione a corredo (etichetta, Dichiarazione di conformità, ecc…). La rintracciabilità dei materiali e degli oggetti è infatti obbligatoria in tutte le fasi della produzione, per facilitare il controllo, il ritiro dei

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prodotti difettosi, le informazioni ai consumatori e l’attribuzione delle responsabilità. L’etichetta dei MOCA deve contenere particolari informazioni, quali la dicitura “per contatto con i prodotti alimentari” o un’indicazione specifica circa il loro impiego (ad esempio: macchina da caffè, bottiglia per vino, cucchiaio per minestra), oppure il simbolo riprodotto nell’allegato II del Regolamento, salvo che non sia evidente che gli articoli in questione, per loro natura e caratteristiche, siano destinati ad entrare in contatto con i prodotti alimentari. Inoltre, vanno riportate,

I trasformatori e gli assemblatori di Moca devono ugualmente gestirli e stoccarli nel rispetto delle GMP e delle norme igienico-sanitarie, ma devono anche verificare l’etichettatura e produrre la traduzione nelle lingue comprensibili nel Paese di immissione in commercio, garantendo a loro volta la tracciabilità

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se necessario, le istruzioni d’uso per un impiego sicuro (informazioni aggiuntive per i materiali attivi e/o intelligenti), il nome o la ragione sociale, e, in entrambi i casi, l’indirizzo o la sede sociale del fabbricante, del trasformatore o del venditore responsabile dell’immissione sul mercato, stabilito nella UE. L’etichettatura deve altresì fornire elementi sufficienti per assicurarne la rintracciabilità. Come per i prodotti alimentari, le informazioni relative ai MOCA vanno riportate in modo visibile, chiaramente leggibile e indelebile, in una lingua comprensibile per gli acquirenti. In alternativa, ne è infatti proibito il commercio. I materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con le sostanze alimentari devono essere accompagnati, nelle fasi diverse dalla vendita al consumatore finale, da una dichiarazione che attesti la conformità alle norme loro applicabili, rilasciata dal produttore. Considerata la sua finalità, deve accompagnare il materiale o l’oggetto in ogni fase del suo percorso di vita. La Dichiarazione di conformità — questo il suo nome — è un’assunzione di responsabilità da parte del soggetto che la emette, rispetto all’idoneità del MOCA ai fini di un utilizzo a contatto con gli alimenti. Normalmente ha una validità di due anni, ma in caso di cambiamenti significativi in sede di produzione, che possano determinare variazioni di migrazione, oppure in presenza di nuovi elementi o di evoluzioni della legislazione attinente, la Dichiarazione di conformità dovrà essere tempestivamente aggiornata. Nella filiera del MOCA, il produttore emette la prima Dichiarazione di conformità; il trasformatore o assemblatore, se presente, la conserva e ne emette una propria, al pari dell’importatore o del distributore (anche questi, se presenti). L’utilizzatore invece, che normalmente è l’impresa agroalimentare o un’impresa commerciale che effettua solo la vendita, semplicemente conserva la dichiarazione del fornitore. La Dichiarazione di conformità deve contenere degli elementi

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minimi per essere considerata tale. Innanzitutto è necessario un riferimento esplicito di rispetto della normativa (sia orizzontale, del Reg. UE 1935/2004, sia verticale, e quindi relativa al materiale utilizzato nello specifico). Sono altresì obbligatori: i dati identificativi del produttore e/o dell’importatore, se coinvolto nella filiera; i dati relativi ai materiali utilizzati e le eventuali limitazioni e/o condizioni d’uso; il codice alfanumerico di identificazione univoco della Dichiarazione al prodotto; la data e la firma del responsabile. Tra i vari adempimenti è inoltre prevista una comunicazione alla ASL che ha lo scopo di censire, per ogni passaggio della filiera, i soggetti che ne fanno parte e che, in quanto tali, possono essere sottoposti a controlli ufficiali in materia di imballaggi. L’obbligo — a cui si può assolvere con ordinaria comunicazione tramite il SUAP competente per territorio del comune di pertinenza — riguarda tutti gli operatori economici di cui al Regolamento 2023/2006 e si applica a tutti i settori e a tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di materiali e oggetti destinati al contatto con alimenti. Non è invece tenuto alla comunicazione alla ASL il soggetto che non opera alcuna trasformazione dell’imballaggio e che si limita a utilizzarlo tal quale, oppure a venderlo direttamente al consumatore finale. Il DLgs 29/2017 prevede un’ampia gamma di irregolarità e sanzioni severe, per ogni violazione. Si parte da un minimo di 1.500 euro per arrivare a 80.000 come punizione massima, qualora la produzione, l’importazione o l’utilizzo, in qualunque fase della produzione, della trasformazione o della distribuzione, preveda l’impiego di materiali che trasferiscono agli alimenti componenti in quantità tale da costituire un pericolo per la salute umana. Sebastiano Corona Nota A pag. 106 photo © nito – stock. adobe.com.


PACKAGING

In che modo il packaging può fare la differenza?

E-commerce e cibi freschi: come creare un’esperienza memorabile per il cliente on-line di Aldo Galbusera

S

ebbene si tratti di un segmento ancora relativamente di nicchia, le vendite on-line di cibi freschi registrano una forte crescita. Nel Regno Unito l’e-commerce di alimenti deperibili è valutato in 7,8 miliardi di sterline circa ed è il più importante mercato del suo genere in Europa1. Il Regno Unito rappresenta un esempio tipico delle potenziali opportunità di valore a disposizione delle aziende europee

e si prevede che le vendite on-line di alimenti freschi siano destinate ad aumentare dal 21% al 34% entro il 20182 in tutto il continente. Per trarre vantaggio da questa crescita di mercato, i grandi retail tradizionali e quelli on-line stanno aumentando le proprie capacità digitali per rispondere alla domanda e incrementare le vendite di cibo e bevande tramite e-commerce. Tuttavia, non basta che i retailer investano nelle

infrastrutture digitali; devono anche assumere un approccio olistico nei confronti del coinvolgimento del consumatore. In particolare, è importante considerare il ruolo delle soluzioni di confezionamento: non si tratta solo di contenitori funzionali per proteggere le merci, ma dell’influenza che hanno nel migliorare l’esperienza dei consumatori rispetto ad un marchio.

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Le soluzioni di confezionamento standard utilizzate per la vendita al dettaglio non sempre sono l’ideale, perché non offrono un’adeguata protezione e non sono in grado di promuovere a sufficienza il prodotto. Di conseguenza, sia la confezione esterna, sia quella interna devono essere ripensate e reinventate

Il momento della verità La praticità è un fattore fondamentale nella vendita on-line di alimenti deperibili e i consumatori sono sempre più disposti a pagare un sovrapprezzo per ottenerla. In tal caso, tuttavia, le loro aspettative aumentano, rendendo più difficile offrire una soddisfazione del cliente ottimale tramite e-commerce. Poiché i consumatori non possono esaminare e ispezionare fisicamente le merci, ciò può generare scetticismo sulla qualità dei beni che stanno acquistando. La fiducia viene ulteriormente intaccata dalla paura di ricevere alimenti freschi vicini alla data di scadenza. In aggiunta, bisogna mettere in conto i rischi legati al danneggiamento dei prodotti durante la distribuzione, il possibile incomodo dato dal dover gestire resi e rimborsi, e le richieste in tema di sostenibilità. Un utilizzo eccessivo di confezioni e il conseguente impatto ambientale sono diventati argomenti salienti nei media e social-media, creando pubblicità negativa per i marchi. Tutti questi punti hanno un denominatore comune: l’esperienza del consumatore. Questa deve essere positiva, memorabile e molto più che soddisfacente. In effetti, gli operatori del settore logistico, i consulenti dei marchi e gli esperti di comportamenti dei consumatori concordano tutti sul fatto che il reale “momento della verità”, ovvero l’elemento trainante fondamentale delle vendite, nel canale e-commerce degli alimenti freschi si verifica quando le persone ricevono e aprono la confezione. Questa è la prima opportunità che i clienti hanno di controllare

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l’aspetto e la consistenza dei prodotti ordinati e di valutare la propria soddisfazione rispetto al costo del prodotto che hanno acquistato. A questo punto, un’esperienza negativa sarà rapidamente condivisa e amplificata dal ricorso ai socialmedia tipico dei consumatori. Reinventare le soluzioni di confezionamento per il canale e-commerce: unire la sostenibilità all’ultimo chilometro Considerata l’importanza di questo “momento della verità”, diventa chiaro come il confezionamento influisca profondamente sull’esperienza del consumatore. Le soluzioni di confezionamento sono di fondamentale importanza nel promuovere il benessere e la soddisfazione del cliente o nel generare invece malcontento e frustrazione. Inoltre, hanno l’elevato potenziale di creare una prima, durevole impressione nei consumatori. Nell’ultimo chilometro il confezionamento è importante quanto il prodotto stesso ed è necessaria una strategia apposita per questo canale. Le soluzioni di confezionamento standard utilizzate per la vendita al dettaglio non sempre sono l’ideale, perché non offrono un’adeguata protezione e non sono in grado di promuovere a sufficienza il prodotto. Di conseguenza, sia la confezione esterna, sia quella interna devono essere ripensate e reinventate. Mettere al primo posto il canale e l’esperienza del consumatore aiuta a migliorare l’efficienza operativa e contribuisce in maniera significativa alla crescita del mercato. Ciò si raggiunge grazie alle esperienze positive dei consumatori che aumentano la fidelizzazione e la riconoscibilità

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La confezione esterna è fondamentale per ridurre i danni al prodotto durante la consegna, estendere la durata di conservazione, promuovere il marchio e offrire il “fattore sorpresa” visivo

Le soluzioni di confezionamento sono di fondamentale importanza nel promuovere il benessere e la soddisfazione del cliente o nel generare invece malcontento e frustrazione. Inoltre, hanno l’elevato potenziale di creare una prima, durevole impressione nei consumatori. Nell’ultimo chilometro il confezionamento è importante quanto il prodotto stesso. del marchio. La confezione esterna è fondamentale per ridurre i danni al prodotto durante la consegna, estendere la durata di conservazione, promuovere il marchio e offrire il “fattore sorpresa” visivo. Una confezione interna idonea e innovativa dovrebbe mirare a: risolvere il problema dell’eccesso di materiali da imballaggio e relativi sprechi grazie all’ottimizzazione dei volumi e alla riutilizzabilità; garantire la freschezza e il raffreddamento e avere un aspetto abbastanza accattivante da consentire una commercializzazione efficace. Sia la confezione esterna, sia quella interna devono essere di facile apertura e in grado, allo stesso tempo, di preservare la freschezza e proteggere i cibi dagli agenti contaminanti. Lo sviluppo dell’e-commerce e della tecnologia va di pari passo

con la crescita delle aspettative dei consumatori. I tempi di consegna stanno diventando sempre più rapidi e i consumatori richiedono una maggiore tracciabilità dei propri ordini. L’attenzione al tracciare i prodotti si estenderà in tutta la catena di fornitura, grazie all’interesse dei consumatori nei confronti della provenienza degli alimenti e dei chilometri percorsi dalle merci. La tecnologia di confezionamento ha le potenzialità di soddisfare queste richieste, fornendo informazioni in tempo reale su dove si trovi il prodotto e persino sulle sue condizioni. In sintesi, concretizzare le enormi opportunità commerciali offerte dalla vendita on-line di alimenti deperibili richiede soluzioni di confezionamento specifiche per questo

canale. Tali soluzioni devono essere in grado di promuovere i marchi, garantire la sicurezza e la protezione degli alimenti e rispondere alle preoccupazioni in tema di sostenibilità. Questi fattori ottimizzano il “momento della verità”, che incoraggia i consumatori a ripetere gli acquisti e a raccomandare le aziende da cui comprare. Aldo Galbusera European Marketing Manager Cheese Food Care – Sealed Air Note 1. E-food: the e-food market in the DA-CH, UK, France and The Netherlands (E-food: il mercato elettronico degli alimenti in Germania, Austria, Svizzera, Regno Unito, Francia e Paesi Bassi), parte 2, e-commerce-manager.com, ott. 2016. 2. Are groceries the next big driver of global e-commerce? (I generi alimentari sono il prossimo elemento trainante dell’ecommerce globale?), morganstanley.com, gen. 2016.

Sealed Air Corporation è una società knowledge-based (basata sulla conoscenza), focalizzata sulle soluzioni di packaging che possono aiutare i clienti a raggiungere i loro obiettivi di sostenibilità di fronte alle più grandi sfide sociali e ambientali di oggi. Il portfolio comprende marchi noti tra cui Cryovac® (soluzioni di confezionamento alimentare) e Bubble Wrap® (imballaggio di protezione a bolle). Le soluzioni consentono una catena di approvvigionamento alimentare più sicura e meno dispendiosa e proteggono le merci spedite in tutto il mondo. Sealed Air ha generato un fatturato di 4,2 miliardi di dollari nel 2016 e conta circa 14.000 dipendenti che servono clienti in 117 Paesi. >> Link: www.sealedair.com

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TECNOLOGIE

Commercio on-line: il settore alimentare è ad una svolta. Il CSB-System offre soluzioni al passo con i tempi

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e fino a ieri la spinta verso la crescita era data soprattutto dal prezzo competitivo, oggi sono i settori emergenti come l’ecommerce a fare da traino, assieme alla capacità delle aziende di porre il consumatore al centro del pensiero aziendale. Il commercio alimentare on-line sta conoscendo un boom anche in Italia. Nel 2017, per la prima volta, secondo i dati forniti dall’Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di Milano, le vendite di beni hanno sorpassato i servizi. Con un tasso di crescita del 30% rispetto al 2016, i prodotti del largo consumo confezionato e l’alimentare mettono a segno un fatturato di quasi 850 milioni di euro; una cifra apparentemente alta ma molto bassa se la

si confronta con il volume d’affari generato dal settore alimentare o dall’e-commerce nella sua totalità e che mostra quanto potenziale ci sia ancora nel commercio alimentare on-line. Altre nazioni sono già andate ben oltre: negli USA, Gran Bretagna e Francia la percentuale nel 2014 era già fra il 3 e il 4,4% dell’intero fatturato on-line. Non c’è da meravigliarsi se molti commercianti di alimenti aumentino i loro investimenti nel commercio on-line per ritagliarsi una fetta di questo mercato. La tecnologia giusta diventa dunque sempre di più il fattore per il successo; perché è la dimensione tecnologica che permette l’incontro tra consumatori e aziende e aiuta

Il commercio alimentare on-line sta conoscendo un boom anche in Italia. A questo riguardo, la tecnologia giusta diventa sempre di più il fattore determinante per il successo in questo mercato.

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quest’ultime ad erogare un servizio adeguato alle aspettative dei web shopper, che quest’anno sono stati 22 milioni, il 10% in più rispetto al 2016. Il sistema ERP come base tecnica del Web-shop I sistemi ERP rappresentano la base tecnica per il carrello digitale ed esperti del settore prevedono che le aziende alimentari nei prossimi tre anni focalizzeranno i loro investimenti soprattutto nell’ottimizzazione o rinnovamento dei loro sistemi ERP. Necessario presupposto è però che le soluzioni IT siano soddisfacenti per quel che riguarda performance, flessibilità e modularità. Il CSB-System, software gestionale modulare e integrato fornito dall’omonima azienda veronese, consente la gestione a 360° dell’azienda: dagli acquisti al magazzino, dalla produzione alle vendite, senza tralasciare i controlli qualità lungo l’intera filiera, la rintracciabilità dei prodotti, la contabilità amministrativa e industriale, il collegamento alle linee di peso-prezzatura, l’EDI per interfacce con clienti e fornitori, l’M-ERP per poter operare sempre e ovunque. Web-shop del CSB-System Il Web-shop del CSB-System offre anche ai piccoli commercianti la possibilità di sfruttare questo canale di vendita che smette così di essere appannaggio dei grandi supermercati e discount e offre la possibilità sia agli acquirenti sia alle aziende di processare gli ordini anche al di fuori dei clas-

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Il Web-shop del CSB-System offre anche ai piccoli commercianti la possibilità di sfruttare questo canale di vendita che smette così di essere appannaggio dei grandi supermercati e discount. sici orari di lavoro. Un vantaggio nell’utilizzo del CSB-System è la possibilità di gestire il Web-shop in maniera integrata, con sincronizzazione continua delle anagrafiche, listini prezzi e condizioni di vendita. Il Web-shop è un semplice modulo da collegare tramite interfaccia al gestionale CSB-System. Gli ordini che arrivano tramite questo canale sono subito inseriti automaticamente anche nei moduli Dispo del CSB-System, in modo da verificare immediatamente la disponibilità della merce e che l’eventuale limite di credito concesso al cliente non sia stato superato. In questo il CSB-System supporta l’azienda con controlli integrati della disponibilità anche in considerazione dei tempi di consegna da rispettare. Il dialogo costante tra i moduli degli Acquisti e delle Vendite assicura la totale trasparenza nella pianificazione della logistica. L’elevato grado di integrazione del software CSB-System consente di avere inventari sempre aggiornati. IT come fattore di successo nell’evasione ordini Una volta confermato l’ordine sia sul portale sia per mail, si passa alla sua preparazione e spedizione. Perché l’acquisto di alimenti in internet possa funzionare con successo,

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risulta decisiva una logistica ben organizzata. «Grazie al supporto del CSB-System, i nostri clienti garantiscono tempi di reazione rapidissimi» spiega il dott. ANDRÈ MUEHLBERGER, direttore della filiale italiana del gruppo CSB. «L’ordine deve essere evaso in maniera precisa e consegnato nel più breve tempo possibile. Se fino a qualche anno fa era accettabile ricevere un prodotto in sette giorni, oggi non è più pensabile». Il CSB-System copre totalmente tutti i processi logistici dell’azienda. Anche i sistemi di magazzino e preparazione ordini sono gestiti e controllati in maniera precisa e dettagliata. Non importa se in azienda si preferisce la gestione di magazzino caotica o a posti fissi, oppure se la preparazione ordini avviene per cliente o per articolo. La logistica integrata nel CSB-System verifica costantemente la portata delle scorte degli articoli con proposte automatiche per il carico e lo scarico sulla base delle disponibilità aggiornate. Sono inoltre generati in automatico ordini di trasferimento e controlli delle date di scadenza. Grazie all’alto grado di integrazione del CSB-System, l’intero flusso di materiali, inclusi nastri trasportatori, deviatoi, traslo-elevatori, scaffalatori, può essere gestito con un unico software.

IT come piattaforma di lancio per il futuro È chiaro che la tecnologia sarà un importante fattore di successo per il multicanale. Lo sguardo lungimirante della CSB-System ha spesso consentito ai suoi clienti di precorrere i tempi e di avvalersi di soluzioni all’avanguardia adeguate all’operatività quotidiana. Il CSB-System può essere utilizzato anche in Cloud, offrendo l’opportunità di collegare in rete in pochissimo tempo i settori logistica, produzione e distribuzione. I clienti CSB-System sono tecnologicamente pronti per affrontare tutte queste sfide e proiettarsi verso l’Industria 4.0.

Referente: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (Verona) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

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Porzionatori a peso fisso Marelec La belga Marelec è attiva nell’industria alimentare da oltre 30 anni ed è distribuita ufficialmente nel nostro Paese da Lazzari Equipment. La sua porzionatrice a peso fisso Portio rappresenta un ottimo investimento dal veloce ritorno economico

L

a porzionatrice a peso fisso PORTIO Marelec si basa su un sistema di rilevazione della forma in 3D del prodotto, tramite un sistema ad altissima tecnologia e dalla precisione senza eguali, con tre telecamere scanner laser a 400 Hz posizionate ai lati e sopra al prodotto nella zona di ingresso. Un software esclusivo calcola dove tagliare il prodotto per ottenere fette o porzioni dal peso uguale. La logica della porzionatrice permette di dividere lo stesso taglio di carne anche in due pesi differenti e scartare la testa e la coda a piacimento. La porzionatura può anche avvenire semplicemente a misura.

La programmazione è facile e veloce con il pannello touch a colori, che visualizza in 3D ogni singolo taglio con la relativa porzionatura calcolata. Lo stesso pannello dotato di software Mes Marelec Bright Eye collega la porzionatrice PORTIO a selezionatrici graders, bilance, terminali, lettori di codici a barre e così via, assicurando il controllo e la tracciabilità dell’intero flusso dal ricevimento delle materie prime, alla lavorazione, all’etichettatura, fino allo stoccaggio e alla spedizione del prodotto finito. Se il prodotto da tagliare in fette dello stesso peso risultasse essere molto difforme tra un taglio e l’altro

nella distribuzione magro grasso, Marelec prevede l’applicazione di una bilancia dinamica a densità prima della stazione di scansione laser, per rilevare il peso esatto e il valore di densità relativa di ogni taglio di carne prima di essere scansionato, tenendo il peso rilevato come riferimento per il calcolo e dimensionamento delle porzioni a peso fisso da ottenere. La testa di taglio della porzionatrice PORTIO è inclinabile per produrre porzioni di carne dello stesso peso ma dalla forma più naturale: inclinando il taglio di 45°, ad esempio, in vaschetta non si avrà la percezione del taglio netto, ma la

Lettura forma 3D con telecamera laser per definire dove tagliare a fette dal peso fisso.

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1/2) Porzionatrice Marelec Portio con scansione laser per tagliare carne, salumi e pesce a peso fisso, caratterizzata da facilissima manutenzione e sanificazione. 3) Porzionatrice Portio in linea con selezionatore grader. forma anatomica del muscolo verrà messa in evidenza. Il sistema di angolazione della testata di taglio è brevettato poiché semplice e geniale: senza l’uso di attrezzi, basta sbloccare a mano la testa e inclinarla su una delle posizioni predefinite, ed il nastro sottostante in automatico varierà l’apertura attraverso la quale la lama dovrà passare, effettuando il taglio evitando accidentali rotture e tagli al nastro sottostante (come invece avviene in altri macchinari di questo tipo se l’operatore si dimentica di modificare anche l’apertura del nastro). Il nastro stesso è di tipo modulare e può essere sostituito in piccole porzioni evitando di dover sostituire tutto il tappeto in caso di rotture accidentali.

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La porzionatrice per tagli dal peso fisso PORTIO può essere dotata di diversi tipi di gripper o sistemi di trattenimento del prodotto, a seconda si tratti di carne bovina o suina dalla forma cilindrica, oppure di carne avicola piatta e morbida, ma anche per salumi piatti e regolari come la pancetta stufata oppure cilindrici/ovali: Marelec propone nastrini a dita multiple che si adattano automaticamente alla forma del prodotto e lo seguono mentre viene portato alla lama di taglio, oppure gripper a forma di forchetta che scende verticalmente e pinza il prodotto all’estremità minimizzando lo scarto dell’ultimo taglio. Marelec propone anche un sistema per tenere sia la prima che

l’ultima fetta in posizione verticale per effettuare l’ultimo taglio il più precisamente possibile, minimizzando le porzioni da scartare. La porzionatura di salumi può avvenire anche con un solo taglio nel mezzo, per dividere un prodotto in due metà esattamente dello stesso peso. Il software di gestione Marelec può comunque essere personalizzato per ottenere la più alta varietà di combinazioni di tagli assecondando ogni richiesta della produzione. Il nastro alla bocca d’uscita del porzionatore può essere personalizzato nella funzionalità per esempio per distanziare le fette tagliate una ad una. Importante aspetto tecnico di questa porzionatrice è la facilità

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3 1) Gripper per trattenere la carne durante il taglio di fette a peso fisso con porzionatrice Marelec Portio. 2) Carne di manzo tagliata in fette a peso fisso con porzionatrice Marelec Portio. 3) Petto di pollo tagliato in fette a peso fisso con porzionatrice Marelec Portio. 4) Si può lavare tutta ad alta pressione, completamente impermeabile.

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e velocità di lavaggio, grazie alla struttura aperta della macchina, completamente impermeabile all’acqua e senza nessuna zona di ristagno occulto: la semplicità dei particolari nastri, della testata di taglio e le superfici inclinate fanno si che non si accumuli sporco o smelmatura da taglio come su attrezzature similari ma non così evolute nel design. La porzionatrice per peso fisso PORTIO inoltre risolve ogni esigenza relativa alla produttività: la lama rotante adibita al taglio delle porzioni arriva ad una velocità massima di 1000 tagli minuto in modalità porzionatura a peso fisso. Riusciamo a tagliare porzioni da g 55 a g 150 con una produttività di 1200 kg/ora e una precisione nell’ordine di g 1,5.

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Per una maggiore capacità il porzionatore a peso fisso PORTIO è disponibile anche in versione a due vie, con doppio nastro e doppia testata di taglio. Marelec PORTIO si abbina alla perfezione ai suoi selezionatori graders disponibili anche in versione su misura, con numero di stazioni di lavoro variabile e cestelli ed altezze e forme progettate espressamente per l’applicazione richiesta in base alle esigenze del cliente. Tutti i vantaggi nell’utilizzo del porzionatore a peso fisso Marelec PORTIO si traducono in un rapido recupero dell’investimento, grazie all’aumento di resa, riduzione di manodopera, porzioni accurate, cambi rapidi dei programmi di taglio, massima capacità produttiva, ingombri ridotti e mas-

sima igiene grazie alla struttura aperta e facilmente sanificabile. Visitate la sezione dedicata ai porzionatori a peso fisso Marelec PORTIO sul nostro sito internet e chiedeteci una prova direttamente a casa vostra: www.lazzariequipment.com/ prodotti/porzionatrici

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La corrida a Roma di Andrea Gaddini

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ino all’Ottocento si sono svolti a Roma dei combattimenti con tori, seguiti con entusiasmo dal pubblico, che rapidamente esauriva i biglietti al botteghino e assisteva agli spettacoli con una passione paragonabile a quella odierna per il calcio. I protagonisti dei combattimenti, detti giostratori o giuocatori, erano oggetto di venerazione come lo sono oggi i fuoriclasse dello sport. Per alcuni aspetti esteriori, come i costumi, gli spettacoli si ispiravano alle corride spagnole, ma si trattava più che altro di esibizioni

di coraggio e abilità da parte di giovani macellai o mandriani, e lo scopo della lotta non era l’uccisione dell’animale, anche se spesso questo evento si verificava. Breve storia della tauromachia a Roma Gli antichi Romani organizzavano combattimenti con animali, tra i quali lotte tra l’uomo e l’uro, l’antenato selvatico dei bovini domestici. PLINIO IL VECCHIO racconta che Giulio Cesare aveva introdotto a Roma, nel I secolo a.C., degli spettacoli nei quali cavalieri greci

della Tessaglia uccidevano dei tori, tenendoli per le corna e torcendo loro il collo, dopo averli affiancati a cavallo (Naturalis historia, VIII, 70:182). Dopo l’epoca romana, ci sono molte notizie di tauromachie, dette cacce, nel Medioevo e oltre, che si svolgevano nelle piazze, ad esempio piazza Farnese, Campo de’ Fiori, piazza del Campidoglio e addirittura piazza San Pietro. In piazza Navona, a Carnevale, ogni rione della città portava un suo toro da combattimento, che sfilava in corteo insieme con i giostratori,

Thomas Antoine Jean Baptiste, La Giostra.

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Thomas Antoine Jean Baptiste, Tour de marché aux bœufs. tra il delirio della folla, che porgeva doni, soprattutto generi alimentari. Rimase famosa la giostra del Carnevale del 1492, lo stesso anno della scoperta dell’America, per festeggiare la riconquista di Granada da parte di Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia, avvenuta il 2 gennaio. Nel 1332 il Colosseo ospitò una tauromachia per un pubblico di dame e nobili. Nell’arena scesero anche giovani aristocratici di Rimini e Ravenna, oltre a quelli romani, e diciotto di essi persero la vita, mentre nove rimasero feriti e furono uccisi undici tori. I nobili ebbero solenni funerali nelle basiliche di San Giovanni in Laterano e Santa Maria Maggiore (MANZI). La passione dei romani per le cacce e le giostre dei tori è testimoniata dall’episodio avvenuto nel 1333 in Campidoglio: il rispettato frate domenicano VENTURINO DA BERGAMO aveva suscitato nei romani

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grande entusiasmo con la sua predica, ma quando propose di destinare ad opere pie il denaro stanziato per i giochi, la folla abbandonò indignata la piazza, dandogli del buffone (CLEMENTI). A Roma era molto popolare anche una cruenta festa, nella quale si liberavano dei tori, che scendevano a precipizio dalle pendici del monte Testaccio, insieme a dei maiali caricati su carri. Alla base del colle gli animali trovavano una folla armata di ogni strumento da taglio, che li faceva letteralmente a pezzi, per procurarsi carne gratuita, ma molte erano anche le vittime umane dovute alla calca o alle cariche dei tori. Il tributo di vittime umane generò varie proibizioni, come la bolla De Salute Gregis Dominici emessa il 1o novembre 1567 da papa Pio V, rivolta alla salvezza del gregge del Signore, dove per “gregge” si intendeva la popolazione umana (il concetto di benessere animale era

di là da venire) e si prevedevano pesanti sanzioni, come la scomunica per i partecipanti e gli spettatori e il diniego alla sepoltura in terra consacrata per i giostratori caduti. Eppure, nel 1508, ai combattimenti con i tori avevano preso parte perfino dei cardinali, che però combattevano con animali sfiniti da giorni di sevizie da parte dei loro servi. La bolla di Pio V fu aggirata facendo combattere buoi e vacche, visto che il bando era riferito a combattimenti con tori e bestie feroci (cum tauris et aliis feris bestiis), e comunque papa Gregorio XIII, il successore di Pio V, cedendo alle pressioni popolari, eliminò già nel 1575 il bando posto dal suo predecessore e le relative sanzioni, mantenendo la proibizione per i giorni festivi, confermata da Clemente VII. Per ottemperare a questo divieto, le giostre si tenevano il lunedì, ma col tempo si riprese a organizzarle di domenica.

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Thomas Antoine Jean Baptiste, Détails de la Giostra.

La ggiostra a Ggorèa* (La giostra al Corea) di GIUSEPPE GIOACHINO BELLI (25 novembre 1831) – Traduzione: Andrea Gaddini Jeri sì che ffu ggiostra! Che bbisbijjo! Figùrete che Mmèo de Bborgonovo, A vvent’ora, er bijjetto nun l’ha ttrovo: Epperò dde matina io me li pijjo.

Ieri sì che fu giostra! Che frastuono! Figurati che Meo di Borgonovo. Alle tre il biglietto non l’ha trovato: Io però me li compro la mattina.

Oh cche ggran ccarca1! pieno com’un ovo! Nun ce capeva ppiù un vago de mijjo! Le gradinate poi! … Io e mmi’ fìjjo paremio2 propio du’ purcini ar covo.

Oh che gran calca! pieno come un uovo! Non c’entrava più un grano di miglio! Le gradinate poi! … Io e mio figlio Sembravamo proprio due pulcini nel nido.

Che accidente de toro! D’otto cani, A ccinque j’ha ccacciato le bbudella, E ll’antri l’ha schizzati3 un mîo4 lontani.

Che accidente di toro! Di otto cani, A cinque ha tirato fuori le budella, E gli altri li ha lanciati un miglio lontani.

E cquer majjóne55 vói ppiù ccosa bbella? Eppoi, lo vederai doppodomani: Bbast’addi ch’ha sfonnato6 Ciniscella7!

E quel castrone, vuoi una cosa più bella? E poi, lo vedrai dopodomani: Basti dire che ha sfondato Cinicella!

Note (di G.G. Belli) * Anfiteatro detto di Corèa, dal palazzo già della famiglia di tal nome, al quale è aderente. È fabbricato sulli avanzi del famoso Mausoleo di Angusto. 1. Calca. 2. Parevamo. 3. In senso attivo, scagliati. 4. Un miglio. 5. Toro castrone. 6. Ferito con lacerazione. 7. Cinicella, soprannome di un famigerato giostratore nativo di Terni (NdT: all’epoca il termine “famigerato” era usato nell’accezione di “famoso”).

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Bartolomeo Pinelli, Cavalcature che conducono le bestie bovine in Roma, per macellare. In effetti degli spettacoli che coinvolgevano i bovini continuavano ad avvenire tutti i giorni nelle strade di Roma: erano le macellazioni del bestiame necessario per

il consumo ordinario, eseguite davanti alle botteghe dei macellai, che spesso le trasformavano in spettacoli a beneficio dei passanti. Il giovedì e il venerdì, giorni

di mercato del bestiame al Foro Boario, fuori Porta del Popolo, il bestiame era distribuito nelle botteghe attraversando le strade di Roma, costringendo i passanti a rifugiarsi nei portoni per evitare di essere travolti. In un’occasione una mandria (detta capata, che significa “scelta”) invase la chiesa di San Lorenzo in Lucina, adiacente a via del Corso, costringendo la cavalleria a intervenire per farla uscire. Anche questo trasferimento di bestiame, operato da mandriani a cavallo con bastoni armati di punte di ferro, era considerato uno spettacolo, e spesso la fanteria e la cavalleria dovevano intervenire per ristabilire l’ordine. L’incisore romano B ARTOLO MEO PINELLI (1781-1835) ha lasciato numerose stampe che rendono in modo vivace la concitata atmosfera del passaggio delle mandrie. Una traccia di questa distribuzione capillare dei luoghi di macellazione è rimasta nel nome di alcune vie romane, come via Due Macelli (presso

Le capate di GIUSEPPE GIOACHINO BELLI (11 gennaio 1832) – Traduzione: Andrea Gaddini Co’ st’antre ammazzatore1 sgazzerate2 C’hanno vorzùto3 arzà4 ffòra de porta,5 Nun ze6 disce bbuscìa che Roma è mmorta Più ppeggio de le bbèstie mascellate.

Con questi altri mattatoi inutili Che hanno voluto costruire fuori porta, Non si dice bugia che Roma è morta Peggio delle bestie macellate.

Dove se7 gode ppiù com’una vorta Quer gusto er venardi dde le capate8 Quanno tante vaccine indiavolate Se9 vedeveno annà ttutte a la sciorta?10

Dove si gode più come una volta Quel gusto al venerdì delle mandrie, Quando tanti bovini indiavolati Si vedevano andare tutti liberi?

Si11 scappava un giuvenco o un mannarino,12 Curreveno su e ggiù ccavarcature13 Pe’ Rripetta, p’er Corzo e ’r Babbuino.14

Se scappava un giovenco o un mannarino, Correvano su e giù mandriani a cavallo Per Ripetta, per il Corso e il Babbuino.

Che rride15 era er vedé ppe’ le pavure L’ommini mette mano16 a un portoncino, E le donne scappa cco’ le crature!17

Che ridere era il vedere per la paura Gli uomini mettere mano a un portoncino E le donne scappare con i bambini!

Note (di G.G. Belli) 1. La pubblica ammazzatoia di animali destinati al cibo. 2. Voce di spregio. 3. Voluto. 4. Alzare. 5. Del Popolo. 6. Si. 7. Si. 8. Erano dette capate que’ branchi di bestie vaccine che sino agli ultimi tempi s’introducevano in Roma disciolte nel giovedì e venerdì d’ogni settimana per portarsi ai macelli. 9. Si. 10. Alla sciolta. 11. Se. 12. Mandarino: nome che si dava a ciascuno de’ quei buoi, muniti di un campanaccio al collo, destinati a guida delle altre bestie. 13. Butteri a cavallo. 14. Le tre vie che mettono capo alla Piazza del Popolo. 15. Che ridere! Ecc. 16. Metter mano, per “entrare”. 17. Creature.

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piazza di Spagna), o via Macel de’ Corvi, dove abitava Michelangelo, sparita a inizio ‘900 per la costruzione del Vittoriano. Solo nel 1825 si pose fine alle scorribande delle mandrie nelle strade di Roma, costruendo un mattatoio in piazza del Popolo, che si trovava comunque in città, cioè nel luogo di consumo della carne, dato che, non esistendo i frigoriferi, il tempo tra la macellazione e l’acquisto della carne doveva essere necessariamente breve. Altre giostre dei tori si svolgevano in molti altri comuni del centro Italia: a Siena in piazza del Campo, a Macerata, a Todi, dove proseguirono fino al 1848, a Terni, patria di molti valenti giostratori attivi a Roma, e dove nel 1860 si giostrava ancora. A Napoli la dominazione spagnola aveva introdotto delle vere e proprie corride, mentre a Venezia, fin dal 1151, si svolgevano cacce dei tori, ricalcando forse la tradizione degli antichi veneti, le buthysiae, citate dallo storico latino SVETONIO (Nerone, XII, 3). Svolgimento della giostra Nell’Ottocento le giostre si trasferirono in un luogo chiuso, con ingresso a pagamento. Il luogo scelto fu il mausoleo di Augusto, presso via del Corso, dal 1780 trasformato in anfiteatro, detto il Corea, dal nome di una famiglia di imprenditori di origine portoghese che ne era proprietaria. Lo spettacolo che si svolgeva al Corea prendeva il nome di Giostra delle vaccine, dove il termine “giostra” indicava una gara di abilità, mentre “vaccine” si riferiva al bestiame bovino in generale. Scopo della giostra era di stancare i bovini, anche con l’aiuto di cani, per poi atterrarli prendendoli per le corna. I bovini indocili, che non “stavano al gioco”, erano catturati con cappi a nodo scorsoio e fatti uscire dall’arena, tra la disapprovazione del pubblico. Viceversa, i tori che combattevano valorosamente, quando morivano suscitavano “dispiacere universale” (VERDONE, 1963). Le giostre prendevano il via a ferragosto e terminavano l’ultima domenica di settembre. Lo spettacolo iniziava la

Eurocarni, 2/18

Bartolomeo Pinelli, Tori condotti dalle Cavalcature in Roma per essere macellati. sera, a partire da due ore prima del buio (cioè le 22), secondo l’orario allora in vigore, corrispondenti alle attuali 5 del pomeriggio (“a las cinco de la tarde”, anche qui!), e si concludevano all’Ave Maria con lo sparo di una “forte batteria” di fuochi d’artificio. I giostratori erano romani o forestieri, detti anche ercoli o alcidi, spesso macellai o mandriani della campagna romana, come i butteri o infrociatori, così chiamati perché controllavano i bovini prendendoli per le narici (in romanesco frosce). Gli animali erano bovini maschi castrati, detti maglioni, che dalle numerose rappresentazioni pittoriche tramandate hanno i caratteri somatici dell’attuale razza Maremmana, che d’altra parte era la più diffusa a Roma come animale da lavoro agricolo, da trasporto pesante e da carne. Anche i bufali, molto diffusi nell’Agro Pontino, erano usati come animali da tiro e da carne e scendevano nell’arena per le giostre. Gli animali erano scelti dagli stessi giostratori nelle tenute di Maccarese e condotti in città la notte prima del combattimento, dove erano accolti dai nobili a cavallo con i propri servitori, muniti di torce, e dalla folla in attesa. Lo spettacolo si apriva con

una banda che suonava marcette e proseguiva con gare di abilità a cavallo tra i butteri, come il gioco della rosa, che consisteva nell’afferrare, lanciati al galoppo, tre rose, che dopo l’Unità d’Italia ebbero i colori della bandiera italiana. Per aizzare i bovini e renderli più combattivi, i giostratori si avvicinavano muniti di un bastone armato di una punta di ferro su cui era in parte avvolto un drappo rosso (come nella corrida spagnola, secondo l’idea che il rosso eccita i bovini), sostenuta già da SENECA (De ira, III, 30), autore latino di origine spagnola. I giostratori attaccavano anche con la pece, sulla fronte degli animali, degli oggetti (nastri, fiocchi, monete), per poi schivarne la carica, o legavano loro dei petardi accesi alla coda o alle corna. Venivano anche rilasciati dall’alto dei fantocci che scorrevano lungo un filo, fino ad arrivare davanti al muso degli animali, oppure venivano fatti saltare fuori da botole aperte nel piano dell’arena. Già in età romana si usavano fantocci, detti pilae, per aizzare i tori nell’arena, come menzionato da MARZIALE, anch’egli di origine spagnola (Epigrammi, X, 86; De spectaculis, 9, 19 e 22).

127


Il mezzo per aizzare i tori preferito dal pubblico erano comunque i cani, di razze molossoidi, addestrati alla lotta contro i tori, e spesso vittime dei combattimenti. I cani erano oggetto di compravendite a prezzi vertiginosi e facevano vincere ai loro proprietari dei premi in denaro o in natura (posate d’argento), se riuscivano a tenere fermo il bovino tenendolo per un orecchio (ossia orecchiandolo), e per questo compito si esercitavano fin da cuccioli su teste di bovini macellati. I maglioni erano anche aizzati dai bottaroli, assistenti del giostratore, che si trovavano in botti di vimini, imbottite e foderate esternamente di tela colorata, che si avvicinavano ai tori, per poi ritrarsi all’interno della botte, quando questi caricavano, rovesciando il contenitore e facendolo rotolare per l’arena. I giostratori avevano la possibilità di scampare alle cariche di tori o bufali arrampicandosi sulle staccionate in legno che circondavano l’arena. Gli spettatori assistevano anche a numeri buffoneschi: l’incisore romano BARTOLOMEO PINELLI (1781-1835) rappresentò la scena di un gruppo di nani che fingevano di combattere un toro di cartapesta. L’artista francese ANTOINE JEAN BAPTISTE THOMAS ha lasciato una vivace descrizione della giostra delle vaccine e di molti altri aspetti della vita romana, corredata da litografie a colori, in un libro, Un an à Rome, scritto dopo aver trascorso un anno nella città, tra il 1817 e il 1818, beneficiando di una borsa di studio per artisti presso l’Accademia di Francia a Roma. GIUSEPPE GIOACHINO BELLI (17911863), il maggiore dei poeti romaneschi, descrive nel sonetto La ggiostra a Ggorea, del 1831, un combattimento particolarmente cruento, nel racconto di un popolano che vi aveva assistito, mentre nel sonetto Le capate, del 1832, rimpiange, sempre con la voce di un cittadino romano, la fine delle corse delle mandrie verso i macelli di destinazione, per l’apertura del nuovo macello (i sonetti sono riportati nei box alle pagine 125 e 126).

128

Buffalo Bill a Roma Un ritorno della tauromachia a Roma si ebbe il 6 marzo 1890, grazie allo spettacolo Wild West Show del mitico BUFFALO BILL. L’anziano duca di Sermoneta lanciò una sfida ai cow-boy, per una gara contro i butteri della campagna romana, guidati da AUGUSTARELLO IMPERIALI di Cisterna di Latina, basata sulla doma di cavalli e la cattura di vitelli. La gara si svolse in un’arena costituita appositamente sui Prati di Castello, dove oggi si trova il quartiere Prati, davanti a circa ventimila spettatori, compreso il meglio dell’aristocrazia romana. L’esito della scommessa è controverso, in quanto sia i cow-boys sia i butteri reclamarono la vittoria. Nello stesso periodo e nella stessa zona dei Prati di Castello, inoltre, venivano montati capannoni o tendoni per vari spettacoli. In uno di questi, il Politeama, si svolgevano giostre simili a quelle del Corea, ma meno cruente e spesso aventi come protagoniste delle vacche. La tauromachia in Italia oggi La Giostra delle Vaccine fu definitivamente abolita nel 1829 e, al di là delle bolle papali, la tauromachia è vietata in Italia da circa un secolo: la Legge 12 giugno 1913 n. 611 (legge Luzzatti) proibiva infatti “gli atti crudeli su animali” e “i giuochi che importino strazio di animali”, mentre l’articolo 129 del Regio Decreto 6 maggio 1940 n. 635 (Regolamento di esecuzione del testo unico di pubblica sicurezza) proibiva “le corse con uso di pungolo acuminato, i combattimenti tra animali, le corride” e altri giochi con animali. Il vecchio codice penale del 1930, con l’art. 727, puniva “chiunque organizza o partecipa a spettacoli o manifestazioni che comportino strazio o sevizie per gli animali”. Attualmente, la Legge 20 luglio 2004 n. 189 recante “Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate” ha modificato il libro II del codice penale inserendo, dopo il titolo IX, un nuovo titolo IX bis “dei delitti contro il sentimento per gli animali”, che contiene, tra l’altro,

l’articolo 544 quater (Spettacoli o manifestazioni vietati), che punisce “chiunque organizza o promuove spettacoli o manifestazioni che comportino sevizie o strazio per gli animali” con la reclusione da quattro mesi a due anni e con la multa da 3.000 a 15.000 euro, con sanzioni maggiori in caso di legame con scommesse clandestine o se l’animale muore. Andrea Gaddini Dottore in agraria Bibliografia • AA.VV. (1990), Antologia delle sagre e tradizioni popolari nel Lazio, Fondazione Cesira Fiori, Roma. • BELLI G.G. (1886), I sonetti romaneschi, vol. II, a cura di Luigi Morandi, S. Lapi Tip. Ed., Città di Castello (da: archive.org). • CLEMENTI F. (1938), Il carnevale romano nelle cronache contemporanee, RORE-Niruf, Città di Castello. • DAVIS R.C. (1996), The Trouble with Bulls. The Cacce dei Tori in Early-Modern Venice, Social History, 29 (58): 275-290. • FERNANDEZ TRUAN J.C. (2006), Orígenes de la tauromaquia. Sport and violence, Universidad Pablo de Olavide, Sevilla, pag. 80-90. • MANZI G. (1818), Discorso sopra gli spettacoli, le feste e il lusso degli italiani nel secolo XIV, Carlo Mordacchini, Roma. • REA R. (2001), Il Colosseo, teatro per gli spettacoli di caccia: le fonti e i reperti, in “Sangue e arena” a cura di Adriano La Regina, Electa, Milano. • THOMAS A.J.B. (1823), Un an a Rome et dans ses environs, F. Didot, Paris (ripr. facs A. Marotta, Napoli, 1971). • VERDONE M. (1963), Cacce e giostre taurine nelle città italiane, L.S. Olschki, Firenze. • VERDONE M. (1970), Spettacolo romano, Editrice Golem, Roma. • VERDONE M. (1980), Lo spettacolo taurino in Italia, in “Storia dell’arte” diretta da Giulio Carlo Argan, n. 38/40: 457-469. • VERDONE MARIO (1993), Feste e spettacoli a Roma: circhi e arene, cortei e cavalcate, cacce, giostre, caffè concerto, teatri e cinema, Newton Compton, Roma.

Eurocarni, 2/18


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STATISTICHE

Dati ANAS: produzione nell’UE e import-export suini vivi e carni suine in Italia

130

Eurocarni, 2/18


Eurocarni, 2/18

131

7.891

6.159

5.936

Danimarca

Paesi Bassi

Francia

1.156

1.175

831

1.098

979

712

641

543

285

293

229

240

212

157

152

132

57

32

13

Italia

Portogallo

Austria

Romania

Ungheria

Irlanda

Repubb. Ceca

Svezia

Finlandia

Grecia

Croazia

Bulgaria

Lituania

Slovacchia

Cipro

Lettonia

Estonia

Slovenia

Lussemburgo

Malta

–3,0

–3,9

–14,9

–16,8

–1,3

17,9

–3,6

– 4,0

2,7

2,2

–16,2

7,4

0,7

6,5

2,3

–2,8

6,3

0,4

– 4,7

0,2

–3,1

7,9

–2,5

– 4,8

–1,5

– 0,7

–5,6

2,0

–1,3

Diff. % 2017/16 (*)

13

28

60

132

142

134

200

240

236

228

285

515

637

695

974

958

829

1.130

1.196

2.611

2.714

2.853

3.900

5.948

5.984

7.700

10.997

11.986

63.325

2o trim. 2017

–3,2

– 4,5

–1,3

–16,0

4,0

0,7

6,6

– 4,0

– 4,1

–20,4

–11,1

–1,9

1,4

9,4

1,9

0,3

4,6

–1,7

–3,8

–1,5

–2,4

9,9

– 4,9

3,0

–1,4

0,0

–1,7

6,6

0,8

Diff. % 2017/16 (*)

12

32

54

135

141

148

180

200

247

284

330

494

631

667

952

849

936

1.160

1.181

2.290

2.734

2.855

3.800

5.803

6.156

7.950

11.062

12.299

63.582

3o trim. 2017

(*) Differenze percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

2.744

2.746

Belgio

3.900

11.008

Germania

2.799

12.485

Spagna

Regno Unito

64.602

UE-28

Polonia

1o trim. 2017

Paese

–13,8

– 6,8

–12,3

–14,9

7,2

7,9

–10,3

–18,4

–3,5

– 8,5

–5,7

–10,6

–3,5

9,2

– 4,2

–14,7

–1,9

1,8

– 6,5

–3,9

–3,6

6,4

–2,6

–3,9

–1,8

– 0,9

– 0,8

7,3

– 0,3

Diff. % 2017/16 (*)

13

31

60

140

157

155

231

210

328

393

460

505

641

694

953

1.119

1.982

1.200

1.273

2.716

2.748

2.863

4.100

5.955

6.396

8.150

11.608

12.524

67.606

4o trim. 2017

–10,9

–5,1

–13,9

–12,7

2,2

13,6

– 9,3

–14,3

4,5

0,3

–11,5

– 6,3

–1,9

5,7

– 4,9

–7,9

11,3

3,0

–2,5

– 4,6

–1,4

2,2

2,5

0,9

–1,8

1,1

2,0

0,9

0,4

Diff. % 2017/16 (*)

52

123

230

539

592

593

823

890

1.040

1.197

1.360

2.057

2.551

2.767

3.858

4.024

4.579

4.665

4.806

10.363

10.940

11.370

15.700

23.642

24.697

31.691

44.675

49.293

259.116

Totale 2017

–7,8

–5,1

–10,8

–15,1

2,8

10,1

– 4,6

–10,1

0,1

– 6,1

–11,1

–3,1

– 0,8

7,7

–1,3

– 6,3

6,3

0,9

– 4,4

–2,4

–2,6

6,5

–1,9

–1,3

–1,6

– 0,1

–1,5

4,1

– 0,1

Diff. % 2017/16 (*)

Produzione suinicola nell’Unione Europea (.000 capi) – Previsioni

– 6,9

0,3

8,5

9,1

–1,3

–20,8

– 0,8

6,3

2,6

–5,3

– 0,5

–3,0

2,8

–1,5

1,0

–2,3

1,2

– 0,9

–5,6

–1,0

– 0,8

–2,5

0,0

1,6

2,0

3,9

– 0,9

0,0

0,3

Diff. % 2018/17 (*)

12

28

65

148

143

130

200

240

241

256

284

498

633

686

984

776

924

1.160

1.182

2.620

2.669

2.794

4.100

5.715

6.104

8.000

10.915

12.257

63.763

2o trim. 2018

–7,6

0,4

8,5

12,1

1,1

–2,8

0,0

0,0

2,1

12,1

– 0,2

–3,4

– 0,6

–1,4

1,0

–19,0

11,4

2,7

–1,2

0,3

–1,7

–2,1

5,1

–3,9

2,0

3,9

– 0,7

2,3

0,7

Diff. % 2018/17 (*)

Fonte: elaborazione ANAS su dati EUROSTAT.

12

32

61

144

150

124

210

255

235

277

284

526

659

701

988

1.073

841

1.165

1.091

2.719

2.722

2.730

3.900

6.029

6.282

8.200

10.914

12.481

64.806

1o trim. 2018


Import-export suini vivi e carni suine in Italia – Periodo gennaio-settembre 2017 % sulla quantità del 2016

% sul valore del 2016

79.919.869

–2,6

13,2

10.515,308 31.314,836 946,859

30.323.853 46.651.189 2.787.962

–30,7 13,5 –26,3

–8,4 35,5 –8,6

660.222,414

1.349.560.105

–1,0

12,6

409.819,846 98.452,528 20.044,033 8.820,314 8.270,369 114.815,324

748.476.262 198.128.636 57.166.608 18.060.927 24.456.476 303.271.196

–2,3 –5,7 –5,2 12,9 –13,3 10,3

10,2 7,0 25,0 27,7 –6,1 22,2

Carni congelate di cui – cosce – lombate – pancetta – spalle – mezzene – altre, miste

43.067,382

92.215.390

–5,4

8,1

1.757,720 831,444 4.893,899 3.718,145 511,092 31.355,082

4.340.916 2.428.696 12.406.549 7.825.929 1.392.870 63.820.430

–47,9 –37,0 –30,3 1,5 69,1 5,1

–28,2 –31,9 –31,9 20,1 54,8 27,5

Carni lavorate di cui – carni secche o affumicate di cui: pancette prosciutti con osso 1 prosciutti disossati 1 – carni salate o in salamoia di cui: prosciutti con osso pancette salate – salumi e insaccati di cui: non cotti 2 cotti 3 – preparazioni e conserve di cui: prosciutti e loro pezzi 4

43.041,935

162.910.002

4,3

10,0

14.260,939 2.009,681 3.612,901 8.607,600 3.483,276 428,056 1.502,628 13.815,510 2.796,027 10.199,008 11.482,210 7.432,571

61.059.923 9.052.108 11.201.743 40.594.968 13.605.763 1.845.652 5.144.070 40.824.516 13.179.799 25.175.465 47.419.800 31.877.932

12,1 30,6 6,7 10,7 –1,3 –18,3 7,8 4,0 –4,6 1,4 –2,1 –4,7

19,5 49,2 20,7 14,1 –0,4 –10,8 2,4 10,4 1,6 9,7 2,2 –4,6

17,012

82.090

55,5

99,9

913,136

839.806

–43,4

–13,0

Grasso e strutto

14.614,351

7.431.028

18,7

29,8

Frattaglie suine

22.649,008

12.373.347

12,7

50,9

1.006,595

338.848

36,5

113,9

819.861,217

1.705.670.485

–0,4

12,4

Import Suini vivi di cui – inferiori a 50 kg – superiori a 50 kg – riproduttori Carni fresche di cui – cosce – mezzene – pancetta – spalle – lombate – altre, miste

Lardo secco/affumicato Lardo fresco/cong/salato/salam.

Fegati suini Totale animali a peso morto e carni 132

Quantità (t)

Valore (euro)

42.911,730

Eurocarni, 2/18


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Export Suini vivi di cui – inferiori a 50 kg – superiori a 50 kg – scrofe

Quantità (t)

Valore (euro)

% sulla quantità del 2016

% sul valore del 2016

212,896

191.099

–49,7

–44,0

0,000 212,836 0,000

0 189.499 0

–100,0 — –100,0

–100,0 — –100,0

Carni fresche di cui – cosce – mezzene – pancetta – spalle – lombate – altre, miste

20.074,483

51.541.179

–6,5

1,7

3.116,137 4.777,966 2.213,433 1.295,410 456,444 8.215,093

10.341.991 7.381.526 7.003.043 1.904.764 1.719.553 23.190.302

–5,1 43,9 0,2 –26,1 –21,6 –20,4

8,2 56,5 18,4 –0,9 –26,1 –11,6

Carni congelate di cui – cosce – lombate – pancetta – spalle – mezzene – altre, miste

44.935,600

96.043.848

9,0

17,3

1.656,156 2.695,177 6.266,827 546,918 1.047,436 32.723,086

3.020.847 6.340.450 22.540.080 1.095.992 1.014.312 62.032.167

–7,6 23,7 50,0 8,7 –7,1 4,1

13,9 20,8 70,2 34,0 –9,7 5,5

129.630,692

1.065.622.701

3,1

7,4

54.763,056 2.721,370 47.832,844 4.012,766 51.314,799 23.194,272 27.680,462 21.795,739 18.522,337 1.757,098 411,239 745,627

583.343.728 15.759.661 534.634.312 30.679.785 323.059.663 222.596.188 96.674.266 142.480.094 110.943.806 16.739.216 3.379.418 8.642.582

–0,7 –19,9 0,2 4,0 5,6 7,3 4,2 7,5 6,0 5,9 7,8 –10,3

4,7 –10,1 5,1 6,0 7,0 8,4 4,4 20,4 11,4 12,7 11,7 –2,3

120,566

757.274

–7,6

–6,4

32.218,003

22.861.072

–2,5

16,2

Grasso e strutto

9.617,375

8.493.502

–7,2

6,4

Frattaglie suine

38.476,587

42.534.028

–6,6

12,8

2.401,078

1.331.262

9,9

79,4

277.644,701

1.289.375.965

0,7

8,2

Carni lavorate di cui – carni secche o affumicate di cui: prosciutti con osso 1 prosciutti disossati 1 pancette – salumi e insaccati di cui: non cotti 2 cotti 3 – preparazioni e conserve di cui: prosciutti e loro pezzi 4 – carni salate, in salamoia di cui: pancette salate prosciutti con osso Lardo secco/affumicato Lardo fresco/cong/salato/salam.

Fegati suini Totale animali a peso morto e carni

In linea di massima si intende: 1 4 prosciutti crudi e speck; 2 salami e salsicce; 3 mortadella e würstel; prosciutti cotti. La differenza % è calcolata sul periodo gennaio-settembre dell’anno precedente. Fonte: elaborazione ANAS su dati ISTAT.

134

Eurocarni, 2/18




Una Storia di Famiglia


AUSTRALIAN Fed Beef

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BEEF

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Il manzo australiano di NH Foods Australia è distribuito in esclusiva da Black Angus Premium Farms S.r.l • Gruppo Quabas Via Mascherpa 12 • 29010 Castelvetro Piacentino (PC) • Italia • Tel. +39 0523 257100 • Fax +39 0523 257139 • info@quabas.it


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