Pes 6 2017ip

Page 1

IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO

PERIODICO DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67

N. 6/2017



pr�t ˆ manger Ostriche, cozze, cannelli, vongole...




AUGURI D’AUTORE

Buone Feste da tutti noi Roberto Anedda • Giuseppe Arcangeli • Giovanni Ballarini Josette Baverez Blanco • Elena Benedetti • Cristian Bernardi Gian Omar Bison • Luciano Boffo • Gaia Borghi • Marco Cappelli Tiziana Casali • Patrizia Cattaneo • Antonio Cinti • Federica Cornia • Marco Credi Fabiano D’Este • Alessandro De Maddalena • Valentina De Moliner Luca Del Grammastro • Maurizio Dell’Agnello • Nicola Enrichens • Giorgia Fieni Veronica Fumarola • Manuela Gabbai • Guido Guidi • Riccardo Lagorio Alessandro Lucchetti • Nunzia Manicardi • Tania Mauri • Riccardo Melis Renzo Mioni • Vittorio Moretti • Gianluigi Negroni • Giuliana Parisi • Paola Perini Stefano Perris • Alessandra Pezzato • Stefania Pilotto • Massimiliano Rella Federico Rivalta • Giulia Secci • Hanno Slawski • Luciana Squadrilli Simone Stella • Erica Tirloni • Mauro Vasconi • Roberto Villa




Anno XXXIV N. 6 • Dicembre 2017

IL PESCE «Da’ un pesce a un uomo ed egli avrà un pasto; insegnagli ad allevarlo e avrà il nutrimento per tutta la vita»

Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

Stampa

Direzione – Redazione Amministrazione Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.ilpesce-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 741 del 30-12-1983

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi

Tariffe abbonamenti Annuale (6 numeri): Italia € 40,00 Estero € 50,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910

Fotografia Luigi Credi Comitato di redazione Franco Ferrari – Manrico Murzi – Clara Scaglioni Consulenti scientifici Dr. Gaetano Arcarese – Prof. Giorgio Giorgetti – Dr. Lucia Liddo Dr. Francesco Paesanti – Dr. Gino Ravagnan – Prof. Remigio Rossi Dr. Marco Saroglia – Dr. Aldo Tasselli Collaboratori scientifici Prof. Corrado Barberis – Dr. Alessandro De Maddalena Dr. Maurizio Dell’Agnello – Prof. Fabrizio Ferrari – Dr. Claudio Ghittino Dr. Gianluigi Negroni – Dr. Paola Pierelli – Prof. Guido Razzoli Dr. Antonio Trincanato Collaboratori scientifici esteri Prof. R. Billard (Francia) – Dr. S. Sarig (Israele) Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CC 2018. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2018.

IL PESCE, 6/17

7


™ Dorin Formula intelligente

di alimentazione invernale per orate

Basato sulla supplementazione dietetica con additivi per mangimi per gli hepatoprotector, meno grassi ( 100% origine pesce) e un contenuto di farina di pesce superiore. Una soluzione avanzata di alimentazione invernale per risultati ad alte prestazioni.

2 Stimola l’appetito

1 Migliora lo stato metabolico

3 Recupero invernale veloce

Sorgal fa parte del gruppo Soja de Portugal, con piĂš di 70 anni nel settore dell'industria alimentare.

www.aquasoja.pt aquasoja@sojadeportugal.pt

+41765788029 Sales representative for Italy +351 939907892 Business Developer


IL PESCE

Anno XXXIV N. 6 • Dicembre 2017

In questo numero: Il pesce nel mondo

12

Immagini

14

Legislazione

L’indicazione della sede dello stabilimento di produzione nell’etichettatura dei prodotti alimentari

Marco Cappelli

18

Il pesce in rete

Social fish

Elena Benedetti

28

Acquacoltura

Porto Tolle, nuova capitale dell’ostrica italiana

Riccardo Lagorio

30

Targetfish, strategie vaccinali mirate per l’acquacoltura europea

34

La biotecnologia, una BAT (Best Available Technology) per l’acquacoltura

36

Nuove opportunità per i molluschi bivalvi in Toscana, tra produzione e mercato

Maurizio Dell’Agnello 40

Vallicoltura

Valle da pesca Miana Serraglia: il rilancio

Gian Omar Bison

46

Speciale Irlanda

Ostriche d’Irlanda

Elena Benedetti

52

Aziende

Il mare da gustare

56

La rivoluzionaria carne di granchio nuotatore dall’Egeo alle nostre tavole

Elena Benedetti

60

De.Ra.Do., pesce fresco dai Sassi di Matera

Gaetano Caricato Marco Saroglia

64

Info alle imprese

Contributi a fondo perduto

Pesca

Paracentrotus lividus, tema spinoso e delicato

Sebastiano Corona

72

Mercati

Il mercato mondiale dei prodotti ittici nel 2017 e le previsioni per il decennio futuro

Roberto Villa

78

Il mercato del tonno tra 2016 e 2017

Roberto Villa

80

IL PESCE, 6/17

70

9


Indagini

Orata, la struttura del prezzo nella catena di approvvigionamento

84

2017 Meat Price Index: il livello di accessibilità alle proteine animali nel mondo

92

Eventi

Piacere, FICO!

96

Nutrizione

Pesce grasso amico

104

Il pesce in tavola

Anguilla in agrodolce nel regno dei culatelli

106

Sapore di mare

F.I.S.H., il fast food di pesce a Parma

Veronica Fumarola

110

Sapori dal mondo

Locali in fermento

Massimiliano Rella

114

Week-end

Les Halles, ad Avignone il mercato diventa green

Massimiliano Rella

116

Fiere

Aquafarm 2018

La pagina scientifica

Progetto Tartalife

Massimo Virgili et al.

124

Sicurezza alimentare

Moca: tutte le novità

Sebastiano Corona

134

Tecnologie

Che cos’è un Factory ERP?

Storia e cultura

La Pescara, il fiume dannunziano

Libri

The Codfish Tale

148

Cibo è potere (e libertà)

150

Gaia Borghi

120

140 Luca del Grammastro

144

In copertina: tanti auguri di Buone Feste dalla Redazione di Il Pesce (photo © Pavel Chernobrivets – stock.adobe.com).

www.ilpesce-online.com 10

IL PESCE, 6/17


4XDQWR QH VD LO YRVWUR VRIWZDUH GL SHVFH" Il nostro davvero tanto. /D &6% 6\VWHP DXJXUD DL SURSUL FOLHQWL H SDUWQHU XQ )HOLFH 1DWDOH HG XQ ULFFR GL VXFFHVVL

3URFHVVL VSHFLÀFL GL VHWWRUH LQWHJUD]LRQH GL PDFFKLQH H LPSLDQWL PRQLWRUDJJLR H UHSRUWLQJ ULQWUDFFLDELOLWj JHVWLRQH TXDOLWj H PROWR DOWUR &6% 6\VWHP q LO VRIWZDUH D]LHQGDOH SHU LO VHWWRUH 3HVFH /D VROX]LRQH FRPSOHWD FRPSUHQGH (53 6LHWH FXULRVL GL VDSHUH HVDWWDPHQWH )$&725< (53® H 0(6 H LQFOXGH JLj L SHUFKq L OHDGHU GHO VHWWRUH VL Dà©•GDQR DO %HVW 3UDFWLFH 6WDQGDUGV &6% 6\VWHP"

CSB-System S.r.l. 9LD GHO &RPPHUFLR _ %XVVROHQJR 95

7HO _ )D[ LQIR LW#FVE FRP _ www.csb.com


IL PESCE NEL MONDO Egitto Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha recentemente inaugurato nel Governatorato di Kafr El-Sheik la più grande azienda ittica del Medio Oriente. L’impianto dedicato alla piscicoltura è stato realizzato su di un’area di proprietà statale a Berkat Ghalioun, ad opera delle forze armate in collaborazione con la Cina Evergreen, secondo un accordo stretto nel luglio 2015. Il progetto realizzato solo in parte è in fase di completamento, per un costo totale di 4 miliardi di sterline egiziane. La prima fase già ultimata copre un’area di oltre 4.000 acri ed è in grado di produrre 2.000 tonnellate di gamberetti, 3.000 tonnellate di pesci d’acqua salata e 1.600 tonnellate di pesci d’acqua dolce per ciclo. Il programma dei lavori comprende anche aree industriali e residenziali e strade interne di collegamento già ultimate, tali da coprire distanze per 11 chilometri. La seconda fase del progetto avrà un’estensione di oltre 9.000 acri e, una volta completato, l’intero impianto coprirà il 70% della produzione ittica egiziana. Un obiettivo chiave per rispondere sia alla domanda locale che all’esportazione (fonte: SaM, World Food Press Agency; photo © Sean Gladwell – stock.adobe.com).

Europa Via libera all’aumento delle quote di pesca del tonno rosso, che passeranno da 24.000 tonnellate a 36.000 tonnellate da qui al 2020. Ad annunciarlo è COLDIRETTI IMPRESAPESCA sulla base dell’accordo raggiunto per il piano triennale dai 50 Stati nel corso dell’incontro annuale dell’ICCAT, la Commissione internazionale per la tutela del tonno dell’Atlantico, riunita in Marocco proprio in occasione della “Giornata mondiale della Pesca”. Nel dettaglio si prevede che le quote passino dalle 24.000 tonnellate di quest’anno a 28.000 nel 2018, più un’ulteriore aggiunta di 4.000 tonnellate all’anno per il 2019 e il 2020. “Con questa decisione le quote sono state praticamente raddoppiate rispetto a 5 anni fa — riferisce Coldiretti Impresapesca — a testimonianza del fatto che l’impegno per la salvaguardia del tonno rosso ha dato i risultati auspicati secondo i Paesi pescatori nell’Atlantico orientale e nel Mediterraneo. Un provvedimento importante che darà un’opportunità a molte delle imprese italiane”. L’aumento delle quote a livello nazionale, chiede l’associazione, deve però essere redistribuito alle imbarcazioni delle piccola pesca artigianale “per uscire da una situazione inaccettabile che vede oggi appena 15 imprese di pesca gestire circa l’88% della quota tonno rosso nazionale. Non a caso la stessa UE è intervenuta per reclamare una ripartizione più equa della risorsa. Spetterà ora al Ministero delle Politiche Agricole e della pesca concretizzare il nuovo corso, invertendo una rotta che vede oggi premiare i ricchi e penalizzare i poveri, al punto che le lobby si sono inventate anche i diritti delle imprese sul tonno, un bene che è patrimonio delle collettività internazionale che si faceva passare per proprietà privata, nel silenzio generale”. Il valore del tonno rosso si aggira sui 200 milioni di dollari alla produzione, che quadruplicano se si considera l’intero mercato di vendita (fonte: Clamos, World Food Press Agency; photo © pavel1964 – stock.adobe.com).

12

IL PESCE, 6/17



IMMAGINI

Si conclude con questo numero dedicato all’ostricoltura il nostro viaggio alla scoperta dell’industria ittica in Irlanda, uno dei paesi leader a livello mondiale nella produzione di prodotti ittici biologici e nella gestione responsabile delle risorse marine. Nella foto uno scatto alle ostriche Crassostrea gigas fatto presso l’azienda Wild Atlantic Oyster della contea di Sligo. A pagina 52 l’articolo di Elena Benedetti.

14

IL PESCE, 6/17



A pagina 84 trovate il caso studio pubblicato da European Market Observatory for Fisheries and Aquaculture Products (EUFOMA) sull’orata (Sparus aurata) allevata. L’analisi riguarda la produzione europea, con un focus particolare sul mercato italiano (photo © marioav – stock.adobe.com).

16

IL PESCE, 6/17



LEGISLAZIONE

L’indicazione della sede dello stabilimento di produzione nell’etichettatura dei prodotti alimentari di Marco Cappelli

Introduzione e cenni storico-normativi Dopo i lavori preparatori è stato pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 235 del 7 ottobre 2017, il Decreto Legislativo 15 settembre 2017 n. 145, che disciplina l’obbligo di indicazione, nell’etichetta dei prodotti alimentari preimballati, della sede dello stabilimento di produzione

o di confezionamento. Vediamo brevemente il percorso di questa indicazione. Essa fu introdotta nel nostro ordinamento dall’art. 64 del DPR n. 327/1980 (Regolamento di esecuzione della Legge n. 283/1962 in materia di disciplina igienica della produzione e della vendita degli alimenti e delle bevande). Permaneva poi nell’art. 3 del

DPR n. 322/1982 (attuazione della Direttiva 79/112/CEE, che abrogava e sostituiva il suddetto art. 64 e gli articoli seguenti del DPR 327/1980 in materia di etichettatura); a conclusione dell’elenco delle indicazioni obbligatorie veniva riportato, alla lettera i: “La sede dello stabilimento di fabbricazione o di confezionamento per i prodotti fabbricati o

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 235 del 7 ottobre 2017 il Decreto Legislativo 15 settembre 2017 n. 145 che disciplina l’obbligo di indicazione in etichetta dei prodotti alimentari preimballati della sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento (photo © terraevita.edagricole.it).

18

IL PESCE, 6/17



L’obbligo dell’indicazione dello stabilimento di produzione o confezionamento in etichetta interessa anche i prodotti preimballati destinati alle collettività per essere preparati, trasformati, frazionati o tagliati. Rientrano nella categoria pure i prodotti che saranno rielaborati o utilizzati come ingredienti nel settore della ristorazione (photo © FOOD-micro – stock.adobe.com). confezionati in Italia per la vendita nel territorio nazionale”. Come si intuisce dal testo, l’indicazione della sede dello stabilimento di produzione rappresentava un obbligo esclusivamente nazionale, non essendo contemplato nella citata Direttiva. Obbligo che, per volontà del legislatore, allo scopo di non ostacolare la libera circolazione delle merci (e

di non incorrere in contenziosi con gli altri Stati Membri), non poteva essere sostenuto nel caso dei prodotti non confezionati in Italia per esservi commercializzati e nel caso di quelli confezionati in Italia per la vendita negli altri Stati Membri. Neppure la Direttiva n. 89/325/ CEE riportò l’obbligo di quell’indicazione: ciò nonostante, il DLgs n.

L’indicazione della sede dello stabilimento di produzione o, se diverso, dello stabilimento di confezionamento, viene identificata dalla località e dall’indirizzo dello stabilimento, ma è sufficiente il nome della località se questo permette un’agevole e immediata identificazione

20

109/1992, che ne costituì il dispositivo normativo di recepimento nel nostro paese, lo reiterava nuovamente per i prodotti preconfezionati, inserendo tra le indicazioni stabilite dall’art. 3, punto 1, lettera f: “La sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento”. Ed ecco il Regolamento (UE) n. 1169/2011 in materia di etichettatura e presentazione degli alimenti, attualmente vigente, che prosegue sulla linea comunitaria, ormai consolidata, senza prevedere indicazioni relative allo stabilimento di produzione. Da notare che questa volta si tratta di un Regolamento direttamente applicabile negli Stati Membri senza necessità di atti nazionali di recepimento (diversamente dalle direttive), che lascia, pertanto, minori spazi di autonomia normativa agli Stati Membri. La Circolare del Ministero dello Sviluppo Economico prot. 0139304 del 31 luglio 2014, all’avvicinarsi della data di applicazione del Regolamento (13 dicembre 2014), affermava l’inesistenza di “strumenti per mantenere disposizioni nazionali diverse da quelle comunitaria”. Sempre secondo il MISE erano da considerarsi inefficaci le norme nazionali contrastanti con quelle del Regolamento; peraltro, lo stesso Reg. 1169/2011, all’art. 38, afferma che “gli Stati Membri non possono adottare né mantenere disposizioni nazionali salvo se il diritto dell’Unione lo autorizza”. L’obbligo di indicazione dello stabilimento di produzione era così decaduto. Tuttavia, si apriva nel merito un attento dibattito, fino a fare ipotizzare una sua reintroduzione a livello nazionale per non abbassare il livello di informazione e di tutela già raggiunto. Dopo la delega al Governo da parte del Parlamento del 16 agosto 2016 (Legge di delegazione europea 2015, n. 170/2016), la deliberazione preliminare del Consiglio dei Ministri del 17 marzo 2017, il parere della Conferenza Stato-Regioni del 20 aprile 2017 e i pareri delle Commissioni delle due Camere, l’iter si concludeva con la deliberazione definitiva del Consiglio dei Ministri il 15 settembre e con l’emanazione, da parte del Presidente della Re-

IL PESCE, 6/17



Prodotto fresco (photo © perfectmatch – stock.adobe.com). pubblica, del Decreto Legislativo n. 145, poi pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 235 del 7 ottobre 2017 ed entrato in vigore il 22 ottobre. L’applicazione, tuttavia, secondo l’art. 8 (Disposizioni transitorie e finali), decorrerà dal 180º giorno successivo alla pubblicazione, vale a dire dal 5 aprile 2018, lasciando comunque la possibilità di esaurire le scorte delle confezioni eventualmente etichettate difformemente prima di tale data. Trattandosi di normativa nazionale su materia già regolamentata a livello di Unione, il Decreto è soggetto alla procedura di notifica alla Commissione europea e agli Stati Membri, di cui all’art. 45 del Regolamento 1169/2011, e al successivo parere del Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali (art. 58, par. 1, del Regolamento n. 178/2002). L’obbligo Dopo aver definito il campo di applicazione (del quale si parlerà in seguito) e aver richiamato le definizioni di “alimento”, “impresa alimentare”, “operatore del settore alimentare” e “consumatore finale” riportate nel Regolamento (CE) n. 178/2002, nonché quella di “alimento preimballato” riportata nel Regolamento (UE) n. 1169/2011, nell’art. 3 viene affermato (comma 1) che “i prodotti alimentari preimballati destinati al consumatore finale o alle collettività devono riportare

22

sul preimballaggio o su un’etichetta ad esso apposta l’indicazione della sede dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento, fermo restando quanto disposto dagli articoli 9 e 10 del Regolamento (UE) n. 1169/2011”. Trattasi quindi di una indicazione aggiuntiva rispetto a quelle elencate nell’art. 9 del Regolamento. Due casi particolari Come viene affermato nel secondo comma dello stesso art. 3, l’obbligo interessa anche i prodotti preimballati destinati alle collettività per essere preparati, trasformati, frazionati o tagliati. Quindi, data la definizione di “collettività” fornita dal Reg. 1169/2011 [“qualunque struttura (compreso un veicolo o un banco di vendita fisso o mobile), come ristoranti, mense, scuole, ospedali e imprese di ristorazione in cui, nel quadro di un’attività imprenditoriale, sono preparati alimenti destinati al consumo immediato da parte del consumatore finale”], anche i prodotti che saranno rielaborati o utilizzati come ingredienti nel settore della ristorazione devono riportare le informazioni sullo stabilimento di produzione o confezionamento. L’obbligo è esteso anche agli alimenti preimballati commercializzati in una fase precedente quella di vendita al consumatore finale, con il chiaro intento di non interrompere la tracciabilità dell’informazione:

potrebbe trattarsi, per esempio, di un prodotto alimentare già preimballato e che si trova in una fase di trasferimento dall’OSA produttore o confezionatore all’OSA responsabile dell’etichettatura ai sensi del Regolamento 1169/2011, per il quale la mancanza dell’informazione in uno qualsiasi dei trasferimenti non consentirebbe una corretta etichettatura nella fase conclusiva. Nei due casi appena esposti, l’indicazione dello stabilimento di produzione può essere riportata, anziché sull’imballaggio o su un’etichetta, sui documenti commerciali, “purché tali documenti accompagnino l’alimento cui si riferiscono o siano stati inviati prima o contemporaneamente alla consegna”. Modalità di indicazione L’indicazione della sede dello stabilimento di produzione o, se diverso, dello stabilimento di confezionamento viene identificata, secondo l’art. 4 del Decreto, dalla località e dall’indirizzo dello stabilimento, ma è sufficiente il nome della località se questo permette un’agevole e immediata identificazione. Può essere il caso, per esempio, di un prodotto alimentare sulla cui etichetta figuri il marchio o il nome dell’impresa produttrice unitamente al nome del Comune sede dello stabilimento nel quale sia insediato un solo stabilimento dell’impresa stessa. L’indicazione deve essere riportata con le modalità grafiche già previste per l’etichettatura degli alimenti preimballati dal Regolamento 1169/2011. Casi di esclusione L’art. 4 del Decreto elenca i casi in cui l’indicazione può essere omessa: a) nel caso in cui la sede dello stabilimento coincida con la sede, già indicata in etichetta, dell’OSA “responsabile delle informazioni sugli alimenti” di cui al Reg. 1169/2011 (art. 8, par. 1: “L’operatore del settore alimentare responsabile delle informazioni sugli alimenti è l’operatore con il cui nome o con la cui ragione sociale è commercializzato il prodotto o, se tale operatore non è stabilito nell’Unione, l’importa-

IL PESCE, 6/17



prevista, garantendo anzi, se non una immediata identificazione da parte del consumatore finale, un più elevato livello di dettaglio per l’autorità competente e per chiunque consulti, sul sito del Ministero della Salute, gli elenchi degli stabilimenti riconosciuti; tale possibilità era già stata prevista dalla Circolare del Ministero delle Attività Produttive n. 167/2001, in completa vigenza del DLgs 109/1992; c) nel caso in cui il marchio del prodotto contenga l’indicazione della sede dello stabilimento. OSA con più stabilimenti L’OSA responsabile delle informazioni che dispone di più stabilimenti può indicarli tutti nell’etichettatura, evidenziando quello effettivo mediante un segno o punzonatura. È un modo per consentire all’OSA di predisporre per il prodotto, sebbene confezionato in stabilimenti diversi, un’unica etichetta, differenziando prima della commercializzazione l’indicazione dello stabilimento.

La mancata indicazione nell’etichettatura (o, nei casi previsti, sui documenti commerciali) della sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento comporta la violazione dell’art. 3 del DLgs n. 145/2017, per la quale l’art. 5 prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da € 2.000 ad € 15.000 (photo © lophie – stock.adobe.com). tore nel mercato dell’Unione”), detto anche “responsabile dell’etichettatura”; b) nel caso di prodotti di origine animale preimballati la cui etichetta riporti il bollo sanitario o

il marchio di identificazione di cui ai Regolamenti (CE) n. 853/2004 e 854/2004; il cosiddetto “bollo CE” identifica in modo inequivocabile lo stabilimento e può, dunque, sostituire l’indicazione

L’OSA responsabile delle informazioni che dispone di più stabilimenti può indicarli tutti nell’etichettatura, evidenziando quello effettivo mediante un segno o punzonatura. È così possibile predisporre un’unica etichetta per un prodotto confezionato in stabilimenti diversi

24

Sanzioni e autorità competente La mancata indicazione nell’etichettatura (o, nei casi previsti, sui documenti commerciali) della sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento comporta la violazione dell’art. 3 del DLgs n. 145/2017, per la quale l’art. 5 prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 15.000 euro; ai sensi della Legge n. 689/1981 il trasgressore può pagare in misura ridotta, entro 60 giorni dalla notifica del verbale, la somma di 4.000 euro (pari al doppio del minimo, per lui più favorevole della terza parte del massimo), chiudendo il procedimento. Alla stessa sanzione è soggetto chi, disponendo di più stabilimenti, li indica tutti in etichetta, ma non evidenzia quello effettivo. Il mancato rispetto, nell’indicazione della sede dello stabilimento di produzione, delle modalità (relativamente a grafica, dimensioni, ecc…) stabilite dall’art. 13 del Regolamento (UE) 1169/2011 è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 8.000 euro (pagamento in

IL PESCE, 6/17


misura ridotta: 2.000 euro, pari al doppio del minimo, più favorevole della terza parte del massimo). L’autorità competente all’irrogazione delle sanzioni (quindi a ricevere il rapporto di mancato pagamento e ad emettere l’ordinanza-ingiunzione di pagamento) è individuata dall’art. 6 del Decreto nell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Quindi la materia, al fine sanzionatorio, non viene inquadrata né nella competenza “sanitaria” (benché il personale di vigilanza delle ASL abbia competenza, nell’ambito del controllo ufficiale per la sicurezza alimentare — Regolamento n. 882/2004 —, sul controllo dell’etichettatura e sull’accertamento delle violazioni — si veda per quest’ultimo aspetto la Circolare del Ministero per l’Industria, il Commercio e l’Artigianato n. 3303/C del 23/02/1993), né nella competenza “commerciale” che aveva a suo tempo portato all’individuazione delle Regioni (dopo gli UUPPICA e le Camere di Commercio), nella qualità di organi periferici del MISE, come autorità competenti in materia di etichettatura dei prodotti alimentari. La competenza rientra invece nel campo agroalimentare, sotto il controllo del MIPAAF. Il pagamento delle sanzioni viene incamerato dallo Stato mediante le proprie Tesorerie territoriali. Costituisce un’interessante disposizione la destinazione di quote degli introiti su appositi capitoli dei bilanci del MIPAAF (il 35%) e del Ministero della Salute (il 15%), “per il miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia delle attività di controllo e di vigilanza dei predetti Ministeri”. Conclusioni La reintroduzione dell’obbligo di indicare nell’etichettatura dei prodotti alimentari preimballati la sede dello stabilimento di produzione o, se diverso, dello stabilimento di confezionamento è motivata, utilizzando le parole riportate nello stesso Decreto Legislativo 145/2017 (art. 1, “Campo di applicazione”), dalla

IL PESCE, 6/17

“garanzia della corretta e completa informazione al consumatore e della rintracciabilità dell’alimento da parte degli organi di controllo, nonché per la tutela della salute”; già il testo della legge di delega affermava il fine di “garantire una corretta e completa informazione al consumatore e una migliore e immediata rintracciabilità dell’alimento da parte degli organi di controllo, anche per una più efficace tutela della salute”. L’informazione consentirà la tempestiva individuazione dell’effettiva provenienza di un alimento, importante soprattutto in caso di incidenti, emergenze e crisi alimentari, e renderà più rapide ed efficaci le indagini volte al reperimento dei dati necessari per le notifiche sul sistema di allerta rapido (RASFF). Si ricordi che la scheda utile per tali notifiche (predisposta a livello comunitario e riportata nell’Intesa CSR Rep. atti n. 204 del 13 novembre 2008, reperibile sul portale RASFF con i successivi aggiornamenti) inserisce tra i dati necessari proprio quelli relativi al produttore (nome e indirizzo). Benché l’obbligo non sia applicabile agli alimenti prodotti in Italia e destinati alla vendita negli altri Stati Membri e, secondo la clausola di mutuo riconoscimento (art. 7 del Decreto), agli alimenti prodotti e confezionati in altri Stati Membri, in Turchia e negli Stati dell’EFTA (Associazione europea di libero scambio), esso può costituire un interessante elemento di trasparenza e di più completa informazione. Si noti che la Conferenza StatoRegioni aveva espresso, il 20 aprile 2017, il proprio parere favorevole vincolato ad alcune modifiche: la soppressione di alcune delle motivazioni riportate nell’art. 1 sul campo di applicazione (i richiami alla rintracciabilità e alla tutela della salute); una riduzione degli importi delle sanzioni; la totale eliminazione dell’art. 6 sull’individuazione delle autorità competenti; l’aumento del periodo di decorrenza applicativa da 180 giorni a 12 mesi. Di tali indicazioni il Governo, nel testo definitivo, non ha tenuto conto. Sarebbe stato auspicabile un più completo intervento di defini-

OFFICINA MASETTI Srl Via Vignolese, 1170 41126 San Damaso (Modena) Italy Tel. +39 059 469112 – Fax +39 059 469944 info@officinamasetti.it www.officinamasetti.it


Sbarco del pescato (photo © arekor – stock.adobe.com). zione delle sanzioni in materia di etichettatura degli alimenti, atteso fin dall’entrata in vigore del Regolamento n. 1169/2011, rivedendo quelle previste dal DLgs n. 109/1992 ed attualizzandole in riferimento alla recente normativa comunitaria. Non si dimentichi che alcuni importanti aspetti regolamentati dal Regola mento n. 1169/2011, come quello della corretta indicazione degli allergeni, applicato dal 13-12-2014, e quello dell’obbligo di etichettatura nutrizionale, applicato dal 13-12-2016, non possono ancora contare, ad oggi, su un dispositivo sanzionatorio. Marco Cappelli Tecnico della Prevenzione ASL n. 5 – La Spezia Riferimenti normativi 1. Decreto Legislativo 15 settembre 2017, n. 145 – Disciplina dell’indicazione obbligatoria nell’etichetta della sede e dell’indirizzo dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento, ai sensi dell’articolo 5 della

26

Legge 12 agosto 2016, n. 170 – Legge di delegazione europea 2015 (GU n. 235 del 07-10-2017). 2. Decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1980, n. 327 – Regolamento di esecuzione della Legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni, in materia di disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande (GURI n. 193 del 16-071980), e successive modificazioni. 3. Decreto del Presidente della Repubblica 18 maggio 1982, n. 322 – Attuazione della Direttiva (CEE) n. 79/112 relativa ai prodotti alimentari destinati al consumatore finale ed alla relativa pubblicità nonché della Direttiva (CEE) n. 77/94 relativa ai prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare. (GURI Serie Generale n. 156 del 09-06-1982). 4. Direttiva 79/112/CEE del Consiglio del 18 dicembre 1978, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri concernenti l’etichettatura e

la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità (GUCE n. L 033 del 08-02-1979). 5. Direttiva 89/395/CEE del Consiglio del 14 giugno 1989 che modifica la Direttiva 79/112/CEE relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità (GUCE n. L 186 del 30-06-1989). 6. Decreto Legislativo n. 109 del 27 gennaio 1992 – Attuazione delle Direttive 89/395/CEE e 89/396/ CEE concernenti l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari (SOGURI n. 39 del 17-02-1992) e successive modificazioni. 7. Regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che

IL PESCE, 6/17


modifica i Regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la Direttiva 87/250/CEE della Commissione, la Direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la Direttiva 1999/10/CE della Commissione, la Direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le Direttive 2002/67/CE e 2008/5/CE della Commissione e il Regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione (GUUE n. L 304 del 22-11-2011). 8. Nota del Ministero dello Sviluppo Economico, Direzione Generale per la Politica industriale, la competitività e le PMI, Dipartimento per l’impresa e l’internazionalizzazione, prot. n. 139304 del 31 luglio 2014 – Regolamento (UE) n. 1169 del 25 ottobre 2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori e DLgs n. 109 del 27-01-1992. 9. Legge 12 agosto 2016, n. 170 – Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione Europea – Legge di delegazione europea 2015 (16G00181) (GU Serie Generale n. 204 del 01-09-2016). 10. Parere sullo schema di decreto legislativo recante la disciplina dell’indicazione obbligatoria nell’etichetta della sede e dell’indirizzo dello stabilimento di

produzione o, se diverso, di confezionamento, ai sensi dell’art. 5 della Legge 12 agosto 2016, n. 170 – Legge di delegazione europea – Repertorio atti n. 56/CSR del 20 aprile 2017. 11. Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GUCE n. L 371 del 01-02-2002), modificato dal Regolamento (CE) n. 1642/2003 (GUCE n. L 245 del 29-09-2003). 12. Regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale (rettifica in GUUE n. L 226 del 25-06-2004). 13. Regolamento (CE) n. 854/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 che stabilisce norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano (rettifica in GUUE n. L 226 del 25-06-2004). 14. Circolare del Ministero delle Attività Produttive n. 167 del 02-08-2001 – Etichettatura e presentazione di prodotti alimentari (GURI n. 185 del 10-08-2001).

15. Legge n. 689 del 24-11-1981 – Modifiche al sistema penale (SOGURI n. 329 del 30-11-1981) e successive modificazioni. 16. Regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (rettifica in GUUE n. L 191 del 28-05-2004). 17. Circolare del Ministero per l’Industria, il Commercio e l’Artigianato n. 3303/C del 2302-1993 – Competenza ad irrogare le sanzioni amministrative concernenti le norme di cui al DLgs 27-01-1992 n. 109 che dà attuazione alle Direttive 89/395/ CEE e 89/396/CEE, riguardanti l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari (GURI n. 59 del 12-03-1993). 18. Intesa, ai sensi dell’art. 8, comma 6, della Legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sulla proposta del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali di modifica dell’Intesa 15 dicembre 2005 (Rep. atti n. 2395) recante “Linee guida per la gestione operativa del sistema di allerta per alimenti destinati al consumo umano (Rep. Atti n. 204/CSR del 13-11-2008).

macchine automatiche per la produzione di Pescara - Italia tel. (+39) 085 4470515 fax (+39) 085 4472580 e-mail: info@vnsrl.com

visualadv.it

www.vnsrl.com

spiedini fino a 7000 spiedini all’ora

Novità

dietetica, Speciale griglia fumo a nz se na cuci casa sul fornello di io e da campegg ürstel icce - w spiedini - sals


IL PESCE IN RETE

Social di Elena

2. Il MIPAAF on-line si rifà il look 1. Airbnb, Tokyo e l’arte del sushi AIRBNB (www.airbnb.it), il colosso dell’ospitalità condivisa, da qualche mese ha iniziato a proporre non solo alloggi ma anche esperienze. Attraverso il portale si possono cercare appartamenti e stanze in affitto e, allo stesso tempo, prenotare attività da svolgere insieme al proprio padrone di casa durante il soggiorno. Un esempio? Un tour di tre ore e mezza con l’host HIROHUMI al mercato del pesce Tsukiji di Tokyo (link: goo.gl/ELzJZn), con una lezione privata di sushi al Tsukiji Sushi Insider Workshop. Meraviglioso (photo © airbnb.com).

Bella e funzionale la nuova versione del portale istituzionale del MIPAAF www.politicheagricole.it, che segue le linee guida per i siti web della pubblica amministrazione sviluppate dall’Agenzia per l’Italia Digitale. “L’importanza di una comunicazione semplice, accessibile e diretta delle attività del Ministero — si legge nella nota ufficiale di presentazione — è alla base della riorganizzazione dei contenuti del nuovo portale. L’obiettivo è quello di offrire servizi aggiornati sempre più digitali e interattivi, nell’ottica della semplificazione e della trasparenza, per rendere più facile la fruizione delle novità e degli argomenti del settore agricolo italiano”.

2

1 28

IL PESCE, 6/17


fish Benedetti

3. L’app di formazione in acquacoltura Dopo due anni di lavoro, il consorzio del progetto HEALTHY FISH ha presentato il programma di formazione che ora è pronto per essere utilizzato on-line tramite la piattaforma Moodle, accessibile gratuitamente via web (apromar.es/healthyfishapp) e tramite l’applicazione sia per Android che per iOS. Il programma completo di formazione è composto da 11 moduli ed è disponibile per essere visualizzato o scaricato in formato Pdf in 5 diverse lingue: spagnolo, inglese, turco, italiano e croato. I test dei moduli (10 domande a scelta multipla per modulo) e il test finale (30 domande) sono anch’essi in 5 lingue.

4. Pesce sicuro a Natale Qualità e sicurezza sulle tavole natalizie. Questo è il titolo della campagna d’informazione rivolta al consumatore finale che ASSOITTICA ITALIA e ISTITUTO ZOOPROFILATTICO SPERIMENTALE DEL LAZIO E DELLA TOSCANA hanno preparato e reso consultabile al link assoittica.it/spazio-consumatore/ sicurezza-a-tavola. È responsabilità di noi consumatori adottare dei comportamenti che, dall’acquisto alla tavola, possano assicurare gli standard di igiene e di sicurezza.

4

3 IL PESCE, 6/17

29


ACQUACOLTURA

L’ostrica rosa, la perla del Delta

Porto Tolle, nuova capitale dell’ostrica italiana di Riccardo Lagorio

Da Taranto a Portovenere, da Manfredonia a Tortolì, la geografia dell’ostrica italiana si sta completando e tra le capitali spunta Porto Tolle, ovvero la Sacca degli Scardovari, nell’area polesana del Parco del Delta del Po. Un’area di circa 3.000 ettari tra il fiume Po e il mare. È qui, nella terra (pardon, nelle acque) che già da tempo è resa celebre per la crescita della Cozza di Scardovari DOP, che sette anni fa uno dei più importanti produttori

30

di ostriche della Francia, FLORENT TARBOURIECH, scommise di allevare ostriche. Anche affascinato dal paesaggio lagunare, l’imprenditore transalpino, ha trovato in ALESSIO GREGUOLDO del Consorzio Pescatori di Scardovari, il compagno di viaggio ideale per realizzare nella Sacca un metodo di crescita già sperimentato nelle aree marine della Francia non soggette a maree. Come è noto (si veda, tra gli altri, di LAGORIO R., Il fascino indiscreto dell’ostrica, IL

PESCE, n. 6/2015, pag. 86 e segg.), la resistenza del guscio e la qualità del mollusco aumentano se vengono a realizzarsi condizioni di stress che comportano l’assenza di questo dall’acqua per alcune ore al giorno. La stretta carreggiata sull’argine è abbellita dai capanni, palafitte che si raggiungono per mezzo di un breve pontile e servono come approdo dei burci, le barche dal ventre piatto, e magazzino. Fuori dal cancello 103 ci viene incontro Alessio. «L’effetto

IL PESCE, 6/17


In alto: Alessio Greguoldo del Consorzio Pescatori Scardovari. In basso: il controllo manuale e la suddivisione delle ostriche per dimensione, dalla 4 alla zero, che raggiunge anche i 400 grammi di peso.

marea, che nel Mediterraneo non è molto diffuso, viene sostituito da un macchinario brevettato dallo stesso Tarbouriech. I semi delle ostriche, lunghi un paio di centimetri, vengono agganciati a delle funi per mezzo di un cemento atossico e poi messi in mare. Si creano tavole con 1440 corde. Su ogni corda prendono posto circa 120 ostriche incollate a mano. Un motore, comandato da terra e completamente alimentato da energia eolica e fotovoltaica, le

IL PESCE, 6/17

fa uscire a seconda delle necessità. La frequenza degli innalzamenti, stabilita grazie ad un timer a pannelli fotovoltaici, permette di gestire la crescita del prodotto. Dopo essere state fuori dall’acqua per alcune ore, quando vi ritornano, le ostriche accumulano più nutrimento e ingrassano», spiega, non distogliendo l’occhio dalle ostriche catturate presto la mattina. Il particolare sistema di innalzamento e abbassamento nell’acqua

poco profonda conferisce al guscio sfumature rosate, che commercialmente serve a identificarle come ostriche rosa. Ed è lo stesso sistema di crescita green che fa bene anche allo specchio d’acqua litoraneo. L’energia elettrica si ottiene infatti da fonti rinnovabili e le ostriche si procurano il carbonato di calcio necessario per costruire il guscio dagli ioni di carbonato dell’acqua salmastra. Ma l’acqua sottrae CO2 dall’atmosfera, ristabilendo un equilibrio dinamico,

31


Entrate in commercio nella primavera di quest’anno, le ostriche rosa sono una vera novità nella Sacca degli Scardovari.

32

IL PESCE, 6/17


L’ostrica rosa viene chiamata così per le sfumature rosate del guscio, risultato del particolare sistema di allevamento. Una volta aperta, il piede si stacca di netto dalla conchiglia e la polpa è soda e ha un color crema cinerino. Caratteristica di questo prodotto è la particolare sapidità. ideale condizione all’interno di un Parco e di una Riserva di Biosfera UNESCO. In questo ambiente i livelli di nutrimento naturale per lo sviluppo di un mollusco come l’ostrica sono al massimo. Le ostriche vengono passate manualmente una a una, controllate e suddivise per dimensione, dalla 4 alla 0, che raggiunge anche 400 grammi di peso. Florent Tarbouriech non è nuovo a iniziative del genere. Figlio di allevatori di ostriche, nel 2007 inizia la collaborazione nel Polesine esportando la tecnica che aveva messo a punto poco prima nella laguna di Thau, una manciata di chilometri da Montpellier. Nel 2013 arriva l’inaugurazione del primo luogo di degustazione di frutti di mare direttamente sul luogo di raccolta e nel 2014 l’avventura si allarga alla Spagna con la creazione di un allevamento sul delta dell’Ebro. Gli esperimenti in Italia vanno avanti sino alla primavera di quest’anno, quando inizia la commercializzazione dell’ostrica rosa in alcuni selezionati ristoranti. «La madreperla è perfetta, il piede si stacca di netto dall’interno della conchiglia», mostra con orgoglio Greguoldo. La polpa, di colore crema cinerino, è soda. «Durante le degustazioni che abbiamo organizzato

IL PESCE, 6/17

prima del lancio sul mercato è la sapidità contenuta dell’ostrica, dovuta alla salinità inferiore presente in laguna rispetto alla Bretagna. Questa caratteristica è accolta positivamente dal pubblico». Un filo di torba la avvolge dopo un’esplosione di frutta secca, mandorla innanzitutto, e iodio. Il gusto è lungo, leggermente allappante finale. «Per gustarle al meglio, come tutte le ostriche, vanno fatte frollare fuori dall’acqua per qualche giorno. Tra il quarto e il settimo si ottengono i risultati migliori», ricorda. E per gustare al meglio l’ostrica di Scardovari non è detto che si debba attingere dagli scaffali francesi dello Champagne. Noi suggeriamo quattro vini che possono creare comunque atmosfera. Il Roter Malvasier 2013 è la Malvasia rossa in purezza che URBAN PLATTNER produce a Renon (ebnerhof.it). La sua teoria è di portare in bottiglia un vino con il minimo intervento in vigna e in cantina. Colore rosso scarico, naso di ribes e fiori appassiti, palato nervino e tannico. Si combina bene per la lunghezza del sapore dell’ostrica, un poco astringente. L’Ambrato Cantrum è uno dei migliori compagni di viaggio per l’ostrica polesana. FRANCESCO PAOLO COLLARINO (torrerosano.it) pigia uve di Malvasia che crescono in agro di

Sant’Arcangelo, in Val d’Agri, sui terreni argillosi dei calanchi. Dopo una macerazione sulle bucce di una settimana passa in botti di castagno: ventagli olfattivi arcaici, resina e pietra focaia in bocca. Ianesta, Lacryma Christi del Vesuvio della tenuta Le Lune del Vesuvio (lelunedelvesuvio.it), è giallo paglierino e sprigiona profumi di frutta matura e sentori di ginestra e liquirizia. Buona mineralità e struttura, ma soprattutto note sulfuree che si avvinghiano all’ostrica. Perfetto! Per chi non può fare a meno delle bollicine, viene in soccorso il Castellare Rosè dell’Azienda Agricola Sbaffi (poderesbaffi.it) di Fabriano. Sangiovese e Cabernet Sauvignon per 36 mesi sui lieviti. Rotondo al punto giusto per accompagnare i ricordi di frutta secca dell’ostrica, minerale quanto basta per far desiderare un’ostrica ancora. Riccardo Lagorio Cons. Coop. Pescatori del Polesine SCaRL Via della Sacca 11 45018 Porto Tolle (RO) Telefono: 0426 489226 Web: scardovari.org Nota A pagina 30 e 31 palafitte lungo l’argine a Porto Tolle (RO).

33


Targetfish, strategie vaccinali mirate per l’acquacoltura europea

Si è chiuso lo scorso settembre Targetfish (Targeted disease prophylaxis in European fish farming), progetto internazionale volto a prevenire la diffusione delle più importanti malattie dei pesci nel settore dell’acquacoltura europea grazie allo sviluppo di strategie vaccinali mirate. Avviato nel 2012, il progetto ha impegnato ricercatori di 30 istituzioni appartenenti a 13 diversi paesi, oltre a numerose imprese private, per un investimento economico di 6 milioni di euro finanziati dalla Commissione europea nell’ambito del 7o Programma quadro – Programme for research and technological Development (Grant Agreement No. 311993). Il contributo dell’IZSVe L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie ha partecipato al progetto con il Laboratorio di referenza OIE per encefaloretino-

34

patia virale dei pesci marini, che si è occupato di studiare la patogenesi dell’encefaloretinopatia virale (NNV), la principale patologia virale della spigola (o branzino), e ha lavorato allo sviluppo di vaccini contro questa malattia. In particolare i ricercatori IZSVe hanno valutato: • la risposta immunitaria della spigola ai diversi ceppi di betanodavirus (l’agente della NNV) circolanti nel Mar Mediterraneo; • l’influenza della temperatura e della salinità dell’acqua sulla comparsa della malattia e sulla mortalità causata dal betanodavirus nella spigola; • l’efficacia in condizioni sperimentali di numerosi prototipi vaccinali da somministrare per diverse vie (immersione, orale, iniezione); • la risposta immunitaria ai diversi prototipi vaccinali in presenza

o assenza di diversi immunostimolanti. Alcuni prototipi vaccinali studiati durante la ricerca dall’IZSVe si sono rivelati molto promettenti e ricerche future ne approfondiranno l’efficacia. I risultati del progetto Nel complesso l’attività congiunta dei diversi gruppi di ricerca — coordinati dall’Università di Wageningen (Paesi Bassi) — ha contribuito a: • approfondire come si sviluppano e si trasmettono le principali malattie batteriche e virali delle specie ittiche allevate; • approfondire le conoscenze sulla risposta immunitaria dei pesci; • acquisire competenze necessarie allo sviluppo di vaccini di nuova generazione (es. vaccini mucosali); • monitorare la sicurezza e l’efficacia dei vaccini già in commercio e di quelli di nuovo sviluppo;

IL PESCE, 6/17


• sviluppare e testare sul campo prototipi di macchine vaccinatrici automatiche per specie non convenzionali (rombo) e per piccole taglie; • ottimizzare l’utilizzo della vaccinazione in acquacoltura anche mediante approcci vaccinali non convenzionali; • testare l’utilizzo di nuovi agenti di incapsulazione per la somministrazione orale; • sviluppare e testare nuovi immunostimolanti (adiuvanti, flagelline). Questi risultati sono stati presentati alla comunità scientifica durante i maggiori convegni di patologia e immunologia ittica. I ricercatori coinvolti nel progetto hanno pubblicato oltre 100 articoli scientifici e un numero tematico della rivista Fish and Shellfish Immunology, che uscirà entro la fine del 2017. Inoltre, il consorzio Targetfish ha organizzato quattro industrial workshop per trasferire conoscenze e risultati di progetto anche al settore della produzione. A questi si sono affiancati nu-

merosi eventi formativi e divulgativi, cui ha attivamente partecipato anche l’IZSVe, che nel 2016 ha organizzato, tra l’altro, il quarto meeting di progetto, tenutosi a Chioggia (VE). Per saperne di più Maggiori informazioni su Targetfish sono disponibili sul sito del progetto: targetfish.eu Pubblicazioni scientifiche realizzate con la collaborazione di ricercatori IZSVe • N UÑEZ -O RTIZ N., P ASCOLI F., PICCHIETTI S., BUONOCORE F., BERNINI C., TOSON M., SCAPIGLIATI G., TOFFAN A., A formalin-inactivated immunogen against viral encephalopathy and retinopathy (VER) disease in European sea bass (Dicentrarchus labrax): immunological and protection effects, Vet. Res. 2016, 47(1):89. • TOFFAN A., PANZARIN V., TOSON M., CECCHETTIN K., PASCOLI F., Water temperature affects pathogenicity of different betanodavi-

rus genotypes in experimentally challenged Dicentrarchus labrax, Dis. Aquat. Organ. 2016, 119(3):231-8. • PASCOLI F., SERRA M., TOSON M., PRETTO T., TOFFAN A., Betanodavirus ability to infect juvenile European sea bass, Dicentrarchus labrax, at different water salinity, J. Fish Dis. 2016, 39(9):1061-8. • NUÑEZ-ORTIZ N., STOCCHI V., TOFFAN A., PASCOLI F., SOOD N., BUONOCORE F., PICCHIETTI S., PAPESCHI C., TADDEI A.R., THOMPSON K.D., SCAPIGLIATI G., Quantitative immunoenzymatic detection of viral encephalopathy and retinopathy virus (betanodavirus) in sea bass Dicentrarchus labrax, J. Fish Dis. 2016, 39(7):821-31. • PASCOLI F., GUAZZO A., TOSON M., SCAPIGLIATI G., BUONOCORE F., BURATIN A., TOFFAN A., Lack of in vivo cross-protection of two different betanodavirus species RGNNV and SJNNV in European sea bass Dicentrarchus labrax Fish and Shellfish Immunology.

EDIZIONE INVERNALE Il mangime giusto per la stagione

(YVERXI M TIVMSHM MR GYM PŭEGUYE HMZIRXE QSPXS JVIHHE PŭETTIXMXS HIM TIWGM I PŭIJƤGMIR^E HIP PSVS WMWXIQE digestivo risultano ridotti. Sostanze nutritive come grassi e proteine potrebbero non venire assorbite in maniera ottimale. Pertanto, sono necessari degli aggiustamenti nella formulazione dei mangimi. L’edizione invernale migliora l’utilizzo energetico e proteico in acqua a bassa temperatura. – – –

la palatabilità ottimizzata del mangime stimola l’appetito e l’assunzione migliore digestione dei grassi nella dieta per un apporto energetico rapido QEKKMSVI IJƤGMIR^E HIPPE HMKIWXMSRI HIPPI TVSXIMRI XVEQMXI PŭEKKMYRXE HM TITXMHM

ALLER AQUA · Sede secondaria in Italia · Via Valvasone 8 · 33072 Casarsa della Delizia (PN) · www.aller-aqua.it Stefano de Dominis · mail: sdd@aller-aqua.com · tel.: +39 348 388 3988 · Armando Marcon · mail: marcon.a@libero.it · tel.: +39 335 701 2671

Foto: Fish Farm Fonda

Temperature Adapted FeedsTM


La biotecnologia, una BAT (Best Available Technology) per l’acquacoltura In Italia la tecnologia biologica è poco conosciuta e poco utilizzata perché associata ad acque stagnanti, dolci e poco profonde. Questa visione è stata però ormai ampiamente superata grazie ad oltre vent'anni di ricerca, sviluppo e applicazione in tutti gli ambiti dell’acquacoltura e degli ecosistemi acquatici Abbiamo chiesto alla dott.ssa LETIZIA POZZI, medico veterinario dello staff tecnico di Eurovix Spa, di chiarirci quali sono i vantaggi, i meccanismi di azione ed eventualmente i limiti della tecnologia biologica Eurovix.

Dott.ssa Pozzi, è vero che in molti Paesi esteri la vostra tecnologia è frequentemente utilizzata? «Corretto. Eurovix lavora praticamente in tutto il mondo con partner locali che assicurano il necessario

supporto tecnico ai clienti; operiamo soprattutto in America Latina, Ecuador e Messico, dove trattiamo oltre 6.000 ettari di allevamenti di gamberi in acqua salata; in Cina in allevamenti di pesce in acqua dolce;

L’utilizzo dei biopromotori nelle gabbie, poste in ambienti sfavorevoli (con scarsa circolazione interna), aumenta le prestazioni zootecniche riducendo l’autoinquinamento e lo stress del pesce. I bioattivatori seminati sui fondali sotto le gabbie riducono la sostanza organica che si deposita nel tempo e che crea fenomeni degenerativi del sedimento.

36

IL PESCE, 6/17


in Egitto, dove i nostri clienti rappresentano il 90% della produzione di tilapia del Paese, che è il secondo produttore mondiale; nel Sud degli Stati Uniti, nei più importanti allevamenti di pesce gatto. Ora stiamo acquisendo fette di mercato europeo soprattutto nell’area balcanica». Perché è cosi facile lavorare all’estero? «È esclusivamente un problema culturale, perché nei Paesi citati la biotecnologia è ampiamente conosciuta ed utilizzata; i competitor arrivano prevalentemente dagli Stati Uniti e dal Giappone. All’allevatore locale non resta che testarci sull’efficienza e sui costi; fa parte della loro mentalità metterti in competizione con i concorrenti; a noi resta solo il compito di costare meno e di avere risultati migliori». Ci resta un po’ difficile capire come sia possibile lavorare con successo in Paesi con ambienti e con tecniche colturali tanto diverse. «Le chiavi di lettura sono nelle scelte strategiche dell’azienda. Noi non vendiamo un prodotto, noi proponiamo una tecnologia che risolve i problemi dell’allevatore; per fare questo è necessario avere un’area ricerca creativa e un team tecnico sul territorio. Tutti i protocolli applicativi sono personalizzati sulle caratteristiche dell’allevamento da trattare e sui risultati da raggiungere. Non dimentichiamoci che la biotecnologia Eurovix si basa sull’utilizzo dei biopromotori, che sono, semplificando, miscele battericoenzimatiche, ma che in effetti sono complessi ecosistemi biologici che si attivano nell’acqua e che accelerano, ottimizzano e promuovono i cicli naturali dei microrganismi già insediati; creiamo cioè le condizioni affinché i microrganismi autoctoni lavorino con maggiore efficienza, senza i ritardi di un adattamento complicato». Quindi non è vero che potete lavorare solo in acque dolci, stagnanti e calde? «Assolutamente no, basta vedere il nostro curriculum che non è formato da piccole prove di laboratorio

IL PESCE, 6/17

Al pari dei grandi bacini idrici la tecnologia biologica è l’unica applicabile a costi contenuti e consente incrementi di produttività senza compromettere l’ecosistema. in ambiente sterile, ma si è costruito con anni di test in campo su scala reale e su problematiche veramente estreme. Oggi l’allevatore italiano, di fronte a un problema sanitario o gestionale, interviene aumentando il ricambio idrico, aumentando la distribuzione di ossigeno, spesso sospendendo l’alimentazione e somministrando farmaci; solo in ultimo, senza più nessuna alternativa, si rivolge alla biotecnologia. Fondamentalmente segue questo schema perché non conosce le potenzialità della tecnologia biologica». Allora vi proponete anche in allevamenti complicati, come gabbie galleggianti o vasche a terra con grandi ricambi idrici? «Esatto! Abbiamo già lavorato in queste piscicolture, su problemi specifici e con tecniche differenti a seconda delle caratteristiche ambientali e strutturali. È palese che in gabbie off-shore, su fondali molto profondi e con correnti marine importanti, non avrebbe senso lavorare. È altresì vero che molti degli impianti italiani sono molto a ridosso della costa, su fondali bassi e in aree con deboli correnti, quindi con problemi ambientali importanti. Ricordiamoci che l’ambiente di scarsa qualità genera problemi di crescita, problemi sanitari ed alti costi di produzione».

In un allevamento in gabbie come quello descritto, come si potrebbe lavorare? «Con bassi fondali e scarse correnti il fattore pericoloso è rappresentato dall’accumulo di sedimento sotto le gabbie o nelle immediate vicinanze; la sostanza organica del sedimento (feci e mangime non consumato) si decompone producendo gas tossici come metano e acido solfidrico, consumando l’ossigeno della colonna d’acqua. Queste condizioni generano stress nel pesce, ne rallentano fortemente la crescita, predispongono l’insorgenza di malattie e aumentano la mortalità; possiamo intervenire trattando il sedimento con bioattivatori specifici in grado di mineralizzare e stabilizzare la sostanza organica, eliminando la formazione di gas e riducendo il consumo chimico di ossigeno per renderlo così disponibile per il pesce». Quindi direttamente nelle gabbie? «Non solo. Lavoriamo anche nelle gabbie quando il flusso idrico è scarso, a causa delle deboli correnti o semplicemente perché le maglie delle reti sono molto strette; in questo caso all’interno della gabbia si forma un ecosistema esattamente come in una vasca a terra, dove si accumulano cataboliti (prevalentemente ammoniaca) che possiamo metabolizzare e ridurre con somministrazione

37


L’uso dei biopromotori migliora le condizioni dell’acqua, riduce i fattori di stress ed aumenta le prestazioni zootecniche. Si riduce la necessità di utilizzare ossigeno ed energia per il ricambio idrico e il risparmio economico risulta evidente già dai primi mesi di trattamento. giornaliera a bassi dosaggi di bioattivatori per mezzo di pastiglie, a lento scioglimento, sospese al centro della gabbia; ancora una volta riduciamo lo stress del pesce in condizioni non ottimali per l’allevamento. Non trascurerei però anche l’azione dei bioattivatori per ridurre la formazione di fouling sulle reti. Il principio è semplice: i microrganismi utilizzano le reti come supporto per la formazione del biofilm che rallenta la formazione di fouling soprattutto in acque molto produttive; è un meccanismo che abbiamo verificato indirettamente anche sulle imbarcazioni dei piccoli porti turistici e che potrebbe funzionare anche sulle gabbie, in mare aperto, con reti per avannotti». Ma negli allevamenti a terra con grandi ricambi idrici come potete operare? «Già da un paio d’anni abbiamo ripreso il lavoro nelle troticolture, ambienti estremi per noi perché il forte ricambio si unisce generalmente

38

a temperature basse e assieme possono rappresentare fattori limitanti; vi è però un settore dell’allevamento dove la biotecnologia diventa efficiente e sono le vasche di decantazione finale, dove si accumula materiale organico sedimentabile o proveniente dai drum-filter; anche in questo caso la somministrazione periodica di bioattivatori specifici accelera la stabilizzazione e la mineralizzazione del sedimento, aumentando la facilità di movimentazione anche perché si elimina la formazione di cattivi odori. In questi allevamenti si può comunque lavorare anche direttamente in vasca quando le condizioni ambientali possono degradarsi a causa di carenza d’acqua, per l’utilizzo di acqua superficiale inquinata, per le alte temperature estive o per carenza strutturali degli impianti. Una delle caratteristiche principali della biotecnologia è che, non necessitando di apparecchiature particolari, si può utilizzare anche per periodi limitati e per affrontare problemi acuti».

Dott.ssa Pozzi, lei è una veterinaria, cosa ci dice dell’aspetto sanitario? «È un capitolo molto importante per la tecnologia Eurovix applicata nelle acquacolture perché, pur non essendo farmaci o disinfettanti, i bioattivatori hanno un’evidente azione benefica sulla salute degli animali, agendo sull’ambiente e riducendo fattori di stress. Ridurre lo stress significa limitare l’insorgenza di malattie, ridurne la mortalità e aumentare le prestazioni zootecniche».

Eurovix Spa Viale Enrico Mattei 17 24060 Entratico (BG) Telefono: 030 7750570.580 Web: www.eurovix.it

IL PESCE, 6/17



Nuove opportunità per i molluschi bivalvi in Toscana, tra produzione e mercato di Maurizio Dell’Agnello

Lo scorso 10 novembre, in occasione della quinta edizione di ARCIpelago pesce — manifestazione che si svolge con ricorrenza annuale in collaborazione con il Comune di Firenze, la Casa editrice Polistampa, UNICOOP Firenze e altre istituzioni ed associazioni che di volta in volta aderiscono all’iniziativa e che si prefigge lo scopo di realizzare un approfondimento conoscitivo e gustativo sull’alimento pesce per ampliare quella che potremmo definire la “cultura

alimentare ittica”, legando a sé significative realtà socio-economiche del territorio toscano — la Sala consiliare Tosca Bucarelli Martini è stata sede di un convegno dal titolo “Nuove opportunità per i molluschi bivalvi in Toscana tra produzione e mercato”. L’iniziativa, a cui hanno partecipato l’Università di Firenze, la Regione Toscana, il Comune di Piombino, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana e UNICOOP Firenze, è stata

l’occasione di parlare delle politiche di salvaguardia e controllo della pesca dei molluschi bivalvi nelle acque della regione, ma anche delle nuove opportunità che scaturiscono dai progetti di allevamento lungo le coste litoranee. Al di là di qualche recente esperienza sperimentale, mai le acque della Toscana hanno dato seguito in maniera organica ad allevamenti di molluschi bivalvi, ostriche, cozze o vongole che siano, che lasciassero

Golfo di Follonica, Cala Violina. Già sede di alcuni impianti di maricoltura per la produzione di spigole ed orate, le acque del Golfo ospiteranno nuovi impianti dedicati alla molluschicoltura che sono prossimi ad entrare in produzione.

40

IL PESCE, 6/17


traccia tangibile nella storia. Anche quando l’amore per questi animali, ed in special modo per le ostriche, contagiò molti dei Patrizi romani che avevano le ville sul litorale tirrenico, a tal punto da costruire gli Ostriaria, come nel caso di Baia, ricordati da PLINIO IL VECCHIO nella sua Naturalis historia e raffigurati su alcune preziose bottiglie di vetro che ce ne rendono una testimonianza visiva, risulta difficile individuare possibili siti toscani di allevamento di molluschi, sebbene la foce del Fiora potesse rappresentare un luogo di un certo interesse. Sicuramente, quando nel 1905 RAFFAELE DEL ROSSO, imprenditore e studioso della pesca dell’Argentario, parlava della molluschicoltura di Taranto e La Spezia e della venericoltura del lago di Ganzirri in Sicilia e di quella di Thau in Francia, dei probabili allevamenti dei lamellibranchi in Toscana non rimaneva più nessuna traccia, nonostante lo stesso autore individuasse nella zona Orbetello alcuni banchi naturali oggetto di pesca e si facesse promotore di una molluschicoltura regionale, tutta orbetellana, in grado a suo avviso di dare “utili annui non indifferenti… maggiori di quelli della pesca dei muggini, delle orate e delle spigole che viene annualmente eseguita delle ricche Peschiere Comunali”1. Ad oltre un secolo di distanza, la Toscana ci riprova con i nuovi impianti del Golfo di Follonica, già sede di alcuni impianti di maricoltura per produzione di spigole ed orate. Ma procediamo per ordine. Il convegno fiorentino è stato aperto dalla PROF . SSA G IULIANA PARISI, ordinaria di Acquacoltura presso il Dipartimento di Scienze delle produzioni agroalimentari e dell’ambiente dell’Università di Firenze, con una disamina completa sulla moderna molluschicoltura che ha evidenziato produzioni, siti e tecniche di allevamento, a rimarcare come oggi, con oltre 400 impianti nazionali, questa forma di allevamento di organismi acquatici rappresenti il segmento più importante dell’acquacoltura italiana per i volumi prodotti, con oltre 120.000 tonnellate annue, e presenti significative quote di ex-

IL PESCE, 6/17

port per alcune tipologie produttive, come quella delle vongole veraci. Per le caratteristiche particolari di questi organismi, grandi filtratori delle acque nelle quali si trovano a vivere, l’allevamento dei molluschi bivalvi può costituire una interessante forma di integrazione con la “zootecnia delle acque”, rendendo l’ambiente migliore e producendo un prodotto dalle interessanti proprietà nutrizionali. Ma se l’allevamento dei lamellibranchi ci consente di avere produzioni significative, non si deve dimenticare l’apporto alla produzione dato dalla pesca su banchi naturali. Anzi, in alcuni casi questa forma di cattura è talmente tradizionale che sono necessarie politiche di salvaguardia e tutela per assicurare una corretta gestione della risorsa. A parlarne è stato GIOVANNI MARIA GUARNERI, funzionario del settore attività faunistico-venatoria, pesca dilettantistica e pesca in mare della Regione Toscana, richiamando l’esempio della tellina del litorale pisano e versiliese e dello studio che la Regione Toscana ha avviato proprio per stimarne la potenzialità produttiva e favorire l’adozione, da parte dei pescatori, di misure tecniche ai fini di una corretta gestione di prelievo. Non vi è dubbio alcuno che la coltivazione del mare sia la nuova frontiera per la pesca e l’acquacoltura, ma questa deve avvenire nell’ambito di una corretta programmazione e un attento rispetto dell’ambiente acquatico, altrimenti si corre il rischio di danneggiare irrimediabilmente lo stesso “terreno di coltivazione”. A proposito di coltivazione e pianificazione del mare, l’intervento di MAURIZIO POLI, dirigente degli Affari legali e del demanio marittimo del Comune di Piombino, ha ricordato tutte le difficoltà che si incontrano a lavorare in mare con gli impianti di acquacoltura. La realtà piombinese, che produce circa il 35% della produzione nazionale di settore, con 5 operatori e oltre 140 addetti, ha incontrato molte difficoltà di tipo burocratico in fase di avvio ed anche oggi, con due nuovi progetti legati alla molluschicoltura che porteranno alla produzione significativa del primo


A sinistra: Maurizio Dell’Agnello e Giovanni Maria Guarneri. A destra: Giovanni Brajon (photo © Moreno Dolfi). prodotto toscano di questo tipo, stenta a trovare la giusta dimensione, a causa della mancanza di uno specifico indirizzo di sviluppo che stabilisca chiare e definite competenze, senza accavallare enti e complicare una burocrazia che rischia di mandar via gli investitori più che attrarli. A parlare di qualità di prodotto e di produzione ci ha pensato GIOVANNI BRAJON, responsabile della sede di Firenze dell’Istituto Zooprofilattico del Lazio e della Toscana, rammentando il quadro delle norme igienicosanitarie della molluschicoltura che interessa la zona di produzione mediante la classificazione delle acque dove tale produzione avviene, utilizzando degli indicatori di inquinamento microbiologico (Coli e Salmonelle) che definiscono anche il tipo di percorso successivo del prodotto con eventuale depurazione prima di passare alla fase della commercializzazione. Il monitoraggio, realizzato con appropriati piani di campionamento, è continuo e dinamico, prevedendo eventuali riclassificazioni. Le attenzioni alla qualità del prodotto delle molluschicolture sono più che giustificate a causa della particolare fisiologia di questi organismi acquatici che, per effetto della grande capacità di filtrazione delle acque, interagiscono con l’ambiente circostante, migliorandolo per certi versi, ma “arricchendosi” anche di tutto ciò che li circonda.

42

Se fra le mille difficoltà burocratiche e di programmazione, in aggiunta ai giusti controlli sanitari di prodotto e delle acque di allevamento, la molluschicoltura toscana sta dunque muovendo i suoi primi passi, a livello commerciale le cose stanno andando avanti da tempo. E delle caratteristiche della commercializzazione dei “gusciami” in area toscana ha parlato STEFANO BONINI, responsabile acquisti del settore ittico di UNICOOP Firenze, sottolineando che i molluschi costituiscono una importante componente del commercio dei prodotti ittici venduti nelle pescherie UNICOOP. Il generale apprezzamento per questi prodotti del mare porta ad organizzare una capillare distribuzione che, soprattutto nella stagione prediletta per il loro consumo, ovvero dalla tarda primavera all’inizio dell’autunno, li fa giungere in luoghi anche lontani dalle tradizionali sedi di consumo e produzione. Ma quello che UNICOOP Firenze sta cercando di perseguire in tutti i settori di produzione di alimenti, compreso il pesce, è la valorizzazione del prodotto toscano che, per le caratteristiche di prestigio del territorio in cui viene realizzato, rappresenta un grande valore aggiunto, di forte impatto sul consumatore. Ecco perché le nuove imprese di molluschicoltura piombinese sono da tenere in grande considerazione per un mercato che

è in attesa di valutarne la qualità. Alla soglie del secondo millennio, possiamo dire quindi che la Toscana si avvia concretamente a realizzare le sue esperienze di molluschicoltura tanto auspicate da Raffaele del Rosso. Esperienze che andranno ad integrare il tessuto commerciale delle grandi città, ma che potrebbero anche trovare localmente, grazie al turismo costiero, significativi bacini di consumo, a seguito magari di opportune politiche di valorizzazione promozionale. Insomma, tante le potenzialità, restano solo da vedere i fatti concreti. Maurizio Dell’Agnello Nota 1. RAFFAELE DEL ROSSO, Pesche e Peschiere Antiche e Moderne nell’Etruria Marittima, Pitigliano, Osvaldo Paggi Editore, 1905. Riferimenti video * DELL’AGNELLO M., ARCIpelago pesce prima edizione. Orata, Firenze, youtu.be/q03E_FoUBiY * D ELL ’A GNELLO M., ARCIpelago pesce seconda edizione. Merluzzo, Firenze, youtu.be/ DMzXU67Q8ks * DELL’AGNELLO M., ARCIpelago pesce terza edizione. Polpo, Firenze, youtu.be/wC0QRnpe9rk * D ELL ’A GNELLO M., ARCIpelago pesce quarta edizione. Anguilla, Firenze, youtu.be/ T6gp7QBoJW4

IL PESCE, 6/17


15-16 FEBBRAIO 2018

FIERA PORDENONE MOSTRA CONVEGNO INTERNAZIONALE PER L’ACQUACOLTURA L’ALGOCOLTURA, IL VERTICAL FARMING E L’INDUSTRIA DELLA PESCA

2A EDIZIO NE

ACQUACOLTURA VERTICAL FARMING ALGOCOLTURA INDUSTRIA DELLA P ESCA

WWW.AQUAFARM.SHOW MAIN SPONSOR:

SPONSOR:

PARTNER:

MEDIA PARTNERS:

AGRITECTURE

pesceinrete la piazza virtuale del settore ittico

IL PESCE


Aspettando i muscoli piombinesi: cozze, vongole e fasolari al centro della quinta edizione di ARCIpelago pesce ARCIpelago pesce, come le precedenti edizioni, è andato in scena presso il Circolo Arci Paolo Pampaloni di Firenze lo scorso 11 novembre. E, come per le precedenti edizioni, ha avuto nella Cena ragionata di pesce il suo elemento centrale, con interventi ed approfondimenti curati dagli ospiti invitati per l’occasione, che hanno lo scopo di descrivere il prodotto ittico, le sue caratteristiche di produzione e di filiera. Lo spirito di ARCIpelago pesce è infatti quello di avvicinare i consumatori alla produzione, facendo conoscere direttamente chi produce, cosa produce, come lo produce, secondo un’ottica molto sentita in questo momento, che ha portato per esempio ad aprire a Bologna il primo grande parco agroalimentare, FICO Eataly World – Fabbrica Italiana Contadina, all’interno del quale le domande e le curiosità del cittadino comune sul “cibo” possono trovare soddisfazione. ARCIpelago pesce, nel suo piccolo piccolo, nasce proprio per rispondere a questa esigenza, indirizzandosi in particolare all’ittico, anche se in più di un’occasione si è aperto ad altri prodotti alimentari come il vino ed altro ancora. E, sempre ispirandosi al tema “ittico”, ha legato a sé alcune realtà artistiche e sociali del territorio toscano che ne hanno accompagnato il cammino in questi anni. Oltre ad alcuni pittori che hanno esposto le loro opere legate al mare ed ai suoi abitanti, ad esempio, importante è stata la collaborazione con il centro di socializzazione Il Giaggiolo, una realtà che opera nell’ambito della diversa abilità e che è stata presente fin dalla nascita della manifestazione, allestendo gli ambienti sede dell’evento con i lavori eseguiti dai ragazzi che frequentano il centro. Sullo stesso piano va messa la più recente collaborazione con la BiblioteCaNova dell’Isolotto; collaborazione che, apportando tutta una serie di riferimenti culturali legati al mondo ittico, ha fornito un grande valore aggiunto all’evento stesso. I molluschi bivalvi sono stati legati da sempre all’uomo. Le testimonianze di questo rapporto risalgono addirittura al Neolitico, quando le popolazioni che abitavano le zone costiere se ne cibavano e utilizzavano i gusci come utensili improvvisati. I molluschi bivalvi costituiscono anche uno dei primi gruppi di animali acquatici che l’uomo è riuscito ad allevare con successo e rappresentano oggi la voce più importante dal punto di vista quantitativo delle produzioni acquacolturali nazionali. Il legame storico con l’allevamento di ostriche e mitili si perde nella notte dei tempi, rappresentando in certe epoche motivo di vanto e orgoglio per coloro che lo esercitavano, come riportato dalle fonti scritte di Plinio e Svetonio. Più recente è invece la venericoltura, che all’inizio del secolo scorso veniva già praticata in Sicilia nel lago di Ganzirri, come riporta Raffaele del Rosso nel suo Pesche e Peschiere Antiche e Moderne nell’Etruria Marittima. Il vero salto di qualità e di quantità nell’allevamento delle vongole si è avuto nella costa adriatica, presso la Foce del Po, soprattutto dopo l’introduzione della vongola filippina che da criticità è diventata una risorsa da gestire e persino da esportare. Anche dal punto di vista nutrizionale i molluschi bivalvi presentano caratteristiche di pregio, con un prezioso apporto di elementi minerali biofili, fondamentali per la nutrizione umana. Per le loro caratteristiche biologiche, in anni passati, sono stati anche motivo di attenzione sanitaria; la stessa che ha portato ad attivare opportune norme ed a mettere in sicurezza l’intero settore produttivo e commerciale, assicurando la crescita e la certificazione qualitativa per l’intera filiera produttiva. Questi ed altri sono stati gli argomenti trattati nel corso della serata di ARCIpelago pesce “versione molluschi”, durante la

I molluschi bivalvi (cozze, vongole, ostriche, capesante, telline, canestrelli…) sono un prodotto molto delicato: sono tra i pochi alimenti che acquistiamo “vivi” e, proprio per questo motivo, costituiscono una filiera corta e molto controllata. Nelle foto in alto e a destra, alcuni dei piatti proposti durante la “Cena ragionata di pesce”, svoltasi presso il Circolo Arci Paolo Pampaloni, a base di molluschi bivalvi (photo © Moreno Dolfi).

44

IL PESCE, 6/17


quale sono intervenuti Giuliana Parisi, Stefano Bonini e Giovanni Brajon. L’intervento più atteso è stato quello dei piombinesi Paolo Del Lama, neo-molluschicoltore della Cooperativa Venere, e Maurizio Poli, che hanno parlato dei progetti legati all’allevamento dei molluschi nel Golfo di Follonica prossimi ad entrare in produzione. Ad animare il momento più prezioso della manifestazione, quello che, grazie ai riferimenti aulici, ci porta nella dimensione “classica”, David Ortega della BiblioteCaNova dell’Isolotto che ha parlato dei molluschi bivalvi tra mito, scienza e letteratura. Ovviamente le note più piacevoli che hanno fatto da sottofondo a tutti i ragionamenti della serata sono pervenute dalla cucina del Circolo, sotto la direzione di Susanna e Alessio Pieri, con una serie di piatti che hanno nobilitato cozze, vongole e fasolari, vere e proprie “perle del mare” dal basso costo e dall’interessante valore nutrizionale. Un particolare ringraziamento per la riuscita della serata va soprattutto alla ditta MARR Spa, società leader in Italia nella distribuzione al foodservice, che con il Gruppo di Rimini ha fornito i molluschi per la manifestazione, unitamente alla malvasia del Campo al Monte, prodotta ai piedi del Pratomagno. A questo punto, per fare il bis, non ci resta che aspettare il prodotto toscano: magari proprio quello piombinese. ARCIpelago pesce numero 6 è già pronto al via! Maurizio Dell’Agnello

enviro EFICO Enviro 920 Advance

L E T ’ S

I N N O V A T E

A Q U A C U L T U R E

Foto: Aker BioMarine

State pronti per l’inverno con EFICO Enviro 920 Advance Winter Edition Durante questo inverno EFICO Enviro 920 Advance contiene un’aggiunta di vitamine e di un’eccezionale farina di krill proveniente dall’Oceano Atlantico con un profilo nutrizionale migliorato rispetto ai prodotti standard. Con EFICO Enviro 920 Advance aiutiamo i vostri pesci ad ottenere il loro pieno potenziale di crescita.

• Farina di krill di alta qualità, raccolta in maniera sostenibile, per stimolare l’appetito • Farina di krill prodotta direttamente sulle barche da pesca, per proteggere il suo valore nutrizionale • Aggiunta di vitamine C ed E per dare un’ulteriore spinta al sistema immunitario • Digeribilità dei lipidi migliorata con una miscela su misura di oli a basso punto di fusione, ideale per le condizioni invernali

• Migliore performance economica totale alle basse temperature www.biomar.it BioMar A/S · Mylius-Erichsensvej 35 · DK-7330 Brande, Denmark · Telephone: +45 97 18 07 22 · info@biomar.dk · www.biomar.dk


VALLICOLTURA

Nella Laguna Sud di Venezia

Valle da pesca Miana Serraglia: il rilancio di Gian Omar Bison

Miana Serraglia è la prima valle da pesca della Laguna Sud di Venezia ed appartiene, insieme all’azienda agricola Sant’Ilario, ad un complesso di 1400 ettari circa destinati ad allevamento estensivo e tradizionale di pesce (404 ettari) e ad agricoltura, soprattutto cerealicola e seminativi (1.000 ettari dei quali 800 coltivati). Due aziende distinte che poggiano acque e terre tra i comuni di Mira e Campagna Lupia nella provincia di Venezia e che l’attuale proprietà ha rilevato un anno fa dall’azienda

Alba Srl di FRANCO GANDOLFI, cacciatore appassionato recentemente scomparso. Due imprese parte, a loro volta, del Gruppo Vallette Spa che gestisce, tra affitti e proprietà, ben 3.289 ettari sparsi dal Basso veronese fino al Pordenonese e in buona parte destinati ad alimentare il core business dell’azienda: energie rinnovabili. Aree coltivate a cereali, soprattutto mais (45%) e poi orzo, frumento e soia da seme che, sommati ai reflui degli allevamenti bovini, suini ed

avicoli esistenti alimentano impianti a biogas per la produzione di energia elettrica. Parliamo di 13 megawatt agricoli all’anno che rappresentano l’80% circa del giro d’affari sviluppato dalla holding nel 2016: ventiquattro milioni di euro. «Nell’azienda Sant’Ilario — puntualizza IVAN FURLANETTO, direttore agronomico del gruppo per anni impegnato in tutto il mondo con una multinazionale di macchine agricole — vantiamo 800 ettari coltivabili che nei disegni del gruppo saranno riservati ad attività

Uno scorcio dell’allevamento. In Miana Serraglia sono impiegati tre dipendenti e due stagionali. Come nelle altre valli la situazione è di precario equilibrio economico.

46

IL PESCE, 6/17



Storicamente il primo atto di compravendita di Miana Serraglia risale al 28 aprile 1428. È il primo atto di costituzione di una valle arginata da pesca. L’azienda nei secoli ha avuto varie trasformazioni pur mantenendo la sua fisionomia, la sua destinazione e il suo aspetto primordiale

In alto: Mario Strozzi, consulente per aziende agricole e ittiche, che segue i lavori di ripristino dell’azienda Valle da pesca Miana Serraglia. In basso: l’alimentazione dei pesci a Miana Serraglia è naturale, non viene utilizzato nessun mangime.

48

agricole ultra moderne: irrigatori di ultima generazione, drenaggi, ecc…; e poi agricoltura conservativa (200 ettari) e di precisione che sono parte di specifiche sperimentazioni finanziate dal PSR Veneto. Oltre a questo abbiamo destinato tredici ettari a superficie vitata. Arriveremo alla prima vendemmia utile nell’estate del 2018: 10,5 ettari a glera per la produzione di Prosecco DOC e 2,5 a Pinot grigio per Pinot grigio delle Venezie DOC. Il tutto sarà raccolto con vendemmia meccanica e vinificato a Dolo (VE) presso la Cantina sociale della Riviera del Brenta alla quale aderiamo. Il progetto prevederebbe di arrivare, nel tempo, a cinquanta ettari di vigneto». E un pensierino sulla possibilità di dotarsi di una cantina vera e propria diventando azienda vitivinicola si capisce lo stiano facendo. Storicamente il primo atto di compravendita dell’azienda Miana Serraglia risale al 28 aprile 1428. Il primo atto di costituzione di una valle arginata (serraglia) da pesca. L’azienda nei secoli ha avuto varie trasformazioni pur mantenendo la sua fisionomia, la sua destinazione ed il suo aspetto primordiale.

IL PESCE, 6/17


PRIMO SBARCO PESCHERIA GASTRONOMIA

FAST&FISH TAKE AWAY

Area commerciale di Noale (VE) presso Ittica Marcato Via Pacinotti 26/1 Telefono 041 487031 r.a

www.itticamarcato.com - ittica.marcato@libero.it


Del totale di pesce allevato il 40% è rappresentato da orate, il 30% da branzini e il resto si divide tra cefali ed anguille. Un ambiente che ancora oggi rispecchia i secoli passati. Le ultime proprietà sono state di RAUL GARDINI, precursore della chimica verde, che col Gruppo Ferruzzi acquistò nel 1962 i terreni da Montecatini ed Edison per quella che doveva diventare la terza zona industriale di Marghera. Con i Ferruzzi ci sono stati i primi lavori importanti per la sistemazione dei terreni con impianti di drenaggio ed altri interventi per dare forma e modernità all’azienda. Dopo di loro è iniziata l’epoca Gandolfi (1995–2015), dai quali è stata acquistata dal Gruppo Vallette nel 2015 e scorporata in azienda agricola Sant’Ilario e Valle da pesca Miana Serraglia, due società distinte.

50

Sant’Ilario che, come detto, vanta 800 ettari coltivabili e nei disegni del gruppo sarà destinata ad attività agricola ultra moderna: irrigatori di ultima generazione, drenaggi, agricoltura conservativa (200 ettari), ecc… E Miana Serraglia che si accinge al rilancio, aspirando alla chiusura dell’annosa vicenda giudiziaria pendente con l’Agenzia del demanio, che ha interessato tutte le valli da pesca della laguna veneziana, e da risolvere, confidano, sulla scia di alcune sentenze (Valle Pierimpiè, Nda) già passate in giudicato: terra dell’azienda, acqua dello stato data in concessione. «Siamo arrivati che la valle aveva bisogno di notevoli lavori»,

evidenzia MARIO STROZZI, consulente vallivo di lungo corso. «E adesso ci troviamo con lavori da fare, in parte già avviati, per un importo di un milione e mezzo di euro circa: scavi, arginature, reti di protezione, ecc… E un’attività di allevamento da riproporre. Partiamo pressoché da zero, con l’ultimo investimento in semina di avannotti dello scorso anno, acquistati dai pescatori di Burano e pari a circa 50.000 euro». «Il lavoro che sta facendo Mario — sottolinea Furlanetto — è importantissimo per arrivare a proporci nel tempo con un marchio aziendale che identifichi il nostro prodotto. E magari arrivare a proporlo nello “Spaccio del Contadino” (sodalizio territoriale che unisce produttori di latte e carne e derivati nelle Cantine sociali di Dolo e Noale, Nda)». In Miana Serraglia sono impiegati tre dipendenti e due stagionali e come le altre valli versa in una situazione di precario equilibrio economico che verrebbe raggiunto soltanto portando a maturazione un quintale di pesce ad ettaro. «Un pesce che deve essere pagato per il valore qualitativo e organolettico che realmente ha e che soprattutto — sostiene Strozzi — deve essere difeso dai predatori, cormorani in primis. Fanno strage di pesce quando scendono a migliaia nelle nostre vasche. È in assoluto il problema più grosso». L’alimentazione è naturale, nessun mangime. E la salinità della valle, garantita dal giusto ingresso di acque dolci e salate regolato da chiaviche, risulta idonea a garantire la montata, la risalita progressiva dei pesci nelle diverse zone di crescita e pari a 20/25 parti per mille (33 per mille il mare). Del totale di pesce allevato il 40% è rappresentato da orate, il 30% da branzini e il resto diviso tra cefali ed anguille. «Il nostro obiettivo — conclude Strozzi — è quello di aprirci al territorio, alle scolaresche, alle gite organizzate di chi vuole conoscere le peculiarità delle valli da pesca. Un unicum da preservare per la storia e la cultura che rappresenta». Gian Omar Bison

IL PESCE, 6/17


il Meglio del Mare

WWW.ITTIGEL.IT

Via Roma, 27 - 43052 Colorno - Parma - Italy - Tel. +39.0521.313.375 - Tel. +39.0521.310.527 - Fax +39.0521.521.708 - www.ittigel.it - ittigel@ittigel.it


SPECIALE IRLANDA

Ostriche d’Irlanda di Elena Benedetti

Si conclude con questo articolo il nostro viaggio alla scoperta dell’industria ittica in Irlanda, uno dei paesi leader a livello mondiale nella produzione di prodotti ittici biologici e nella gestione responsabile delle risorse marine. L’ultimo focus è quello delle ostriche, un comparto che conta oltre 1.200 addetti, sia per l’ostrica del Pacifico che per altre specie. Nonostante questo mollusco bivalve sia allevato lungo tutto l’arco costiero del Paese, la maggiore concentrazione di attività di ostricoltura è lungo il tratto Sud-Est e Nord-Ovest. La produzione si attesta intorno alle 9.000 tonnellate (per le ostriche del Pacifico) con una leggera flessione del valore del prodotto, causato da una maggiore richiesta

di taglie commerciali più piccole e da un decremento dell’export verso il mercato francese. Per non dipendere più dall’export della Francia, che resta il mercato principale di destinazione del prodotto (con un 76% dell’export), le aziende irlandesi hanno iniziato a differenziare il prodotto ed a guardarsi intorno per aprire i flussi commerciali con altri Paesi. La coltura delle ostriche è una delle tipologie di allevamento più ecosostenibili, in quanto non richiede alcun apporto esterno e ha una bassa impronta di carbonio. I produttori irlandesi puntano su un prodotto di qualità eccellente, allevato in acque pure e incontaminate con basse densità di prodotto.

Wild Atlantic Shellfish Ltd Siamo a pochi chilometri a sud di Donegal, nel Nord-Ovest dell’Irlanda. Più precisamente nella Contea di Sligo visitiamo la realtà di Wild Atlantic Shellfish Ltd, un’azienda che raggruppa tre allevatori di ostriche pregiate, che nel 2015 hanno unito le produzioni e le strategie commerciali, dando vita ad un unico soggetto commerciale e ad un brand, aprendosi una quota interessante di commercio, soprattutto con il mercato asiatico. PAUL LEYTON ci mostra il lavaggio delle ostriche Crassostrea gigas in vasche di depurazione. Il loro colore è molto particolare, caratterizzato da striature viola. La polpa è ricca e il gusto delicato. La produzione

Il comparto delle ostriche in Irlanda conta oltre 1.200 addetti. La produzione, per le ostriche del Pacifico, si attesta intorno alle 9.000 tonnellate. In foto, il lavaggio delle ostriche Crassostrea gigas in vasche di depurazione.

52

IL PESCE, 6/17



L’allevamento delle ostriche di Wild Atlantic Shellfish Ltd, a cui fanno capo tre allevatori, nella Baia di Sligo. In foto le ostriche Crassostrea gigas in vasche di depurazione. Il loro colore è caratterizzato da striature viola. All’assaggio la polpa è ricca e il gusto è delicato. La produzione dell’azienda è destinata principalmente ai mercati asiatici, per i quali la logistica per via aerea, in statole di polistirolo, è tutto sommato più facile da organizzare rispetto ai trasporti via camion dei clienti europei. raggiunge le 250 tonnellate su base annua e i mercati sono per il 65% l’Asia (Cina, Hong Kong, Malesia e Tailandia) e per il restante 35% la Francia. «Il prezzo di un prodotto standard sul mercato francese è di 4,5 euro al chilo» ci dice FRANK CARTER, responsabile delle attività di vendita e marketing. «La logistica resta il nostro problema principale, data l’ubicazione dell’azienda nel nord

54

dell’Irlanda. Per questo motivo è più facile esportare il prodotto in Asia, per via aerea, in statole di polistirolo, piuttosto che puntare a crescere nei mercati europei, nei quali la merce viene abitualmente veicolata via camion» ci spiega Carter. L’allevamento delle ostriche avviene nelle Baia di Sligo, un territorio incontaminato che per la qualità delle acque e l’esperienza decennale

dei suoi allevatori oggi consente la produzione sostenibile di un’ostrica di qualità, disponibile in varie pezzature dai 50 ai 125 grammi. Wild Atlantic Oyster Wild Atlantic Shellfish Ltd Old Farm Buildings, Lissadell Co. Sligo, Ireland Web: www.wildatlanticoyster.com Contatto: Frank Carter (sales and marketing)

IL PESCE, 6/17


Carlingford Oyster Company Nella contea di Louth, sulla costa orientale dell’Irlanda, opera Carlingford Oyster Company, un’azienda di ostricoltura che alleva i molluschi in gabbie posizionate in quattro diversi siti di allevamento nel mare antistante. La produzione media è di circa 60.000 ostriche alla settimana, con punte di 80-90.000

in prossimità del Natale e di San Valentino. Cosa rende così speciali queste ostriche? «La purezza e qualità dell’acqua, classificata A, la migliore!» ci risponde IAN ROSS, che esporta il prodotto soprattutto in Francia, in Regno Unito, Francia e a Hong Kong. Mercati di sbocco sono principalmente UK, F e HK. Nel sito

lavorano 18 persone e la produzione annua è pari a 200 tonnellate. Elena Benedetti Carlingford Oyster Company Carlingford – Co. Louth, Ireland Web: www.carlingfordoystercompany.ie Contatti: Ian Ross e Yvonne McDermott

Irish Fish Canners rappresenta l’unica realtà di inscatolamento dei prodotti ittici di qualità sul territorio irlandese. Ubicata strategicamente a breve distanza dal porto di Killybegs, il principale porto per la pesca sui fondali profondi dell’Oceano Atlantico, Irish Fish Canners lavora il pescato di qualità proveniente da questi freddi mari e lo spedisce sui mercati esteri, soprattutto Asia, Giamaica e Africa. Il prodotto lavorato comprende sgombro, arringa, trote e sardine. Keith Bonner ci guida all’interno dell’azienda attraverso le varie fasi di inscatolamento. «Tutto il pesce lavorato proviene dal nostro mare» precisa Bonner. «Tutto il pesce è certificato MSC (Marine Stewardship Council) e da 12 anni vantiamo con giusto orgoglio la certificazione BRC». Ogni prodotto è soggetto ad un dedicato ciclo di affumicatura e sterilizzazione (in macchine francesi ad alto contenuto tecnologico Steriflow).

1) Irish Fish Canners rappresenta l’unica realtà di inscatolamento dei prodotti ittici di qualità sul territorio irlandese. 2) Filetti di aringa affumicata in olio di girasole prodotti per John West. 3) Keith Bonner, direttore di Irish Fish Canners.

Irish Fish Canners Meenmore, Dungloe County Donegal E-mail: info@irishfishcanners.ie Web: www.irishfishcanners.ie Contatto: Keith Bonner

IL PESCE, 6/17

55


AZIENDE

Il mare da gustare Con Moceniga Pesca la natura esprime il meglio di sé tra specialità ittiche di altissima qualità e un ambiente naturale unico da proteggere e valorizzare Esperienza e professionalità, rispetto per l’ambiente e cultura. L’unione di queste cose può dare solo buoni frutti e l’esempio più chiaro ci arriva da Rosolina, in provincia di Rovigo, dove nel 1997, ad opera di un gruppo di professionisti del settore, è nata Moceniga Pesca, da un’idea tanto semplice e innovativa quanto difficile da perseguire: coltivare e far fruttare la laguna ed il mare come e più della terra stessa. Una battaglia ideologica e linguistica solo apparente perché in realtà

quello che fa la Società Agricola Moceniga Pesca è proprio questo, ossia seminare, lavorare e con pazienza aspettare che la semina maturi e il mare regali i suoi molluschi migliori. Una volta pronti, l’azienda raccoglie questi pregiati frutti di mare che in questo tratto della meravigliosa laguna di Caleri si chiamano vongole veraci e cozze, quest’ultime allevate a 2 miglia e mezzo dalla costa del Mare Adriatico, di fronte alla rinomata Isola di Albarella. Moceniga Pesca seleziona i molluschi, li depura e

una volta confezionati li avvia alla distribuzione. Un percorso oggi lineare e preciso ma che ha richiesto pazienza tenacia e un notevole spirito d’iniziativa, come ci spiega ALESSANDRA SIVIERO, amministratrice di Moceniga Pesca. «Il riconoscimento di Società Agricola è stato l’epilogo di un lungo confronto che abbiamo sostenuto al fine di riconoscere lo stesso status operativo, le stesse funzioni e identica gestione di una azienda agricola vera e propria. Anche noi infatti

Una veduta degli allevamenti di Moceniga Pesca.

56

IL PESCE, 6/17


La Società Agricola Moceniga Pesca nasce nel 1997 nel comune di Rosolina, Rovigo (in foto la sede, con punto vendita), ad opera di professionisti nel settore della molluschicoltura. L’obiettivo da anni inseguito dall’azienda è poter dare al consumatore finale un prodotto di qualità a “miglio zero” e fornire la tracciabilità di filiera direttamente dal produttore al consumatore. coltiviamo “il mare”, lo seminiamo ed aspettiamo il suo raccolto. Le vongole di piccola taglia (minuscole) vengono svezzate in appositi galleggianti con sistema flottante, i cosiddetti Fl.Up. Sy. (Floating Upwelling System), fino a portarle ad una misura non commestibile per i predatori lagunari (granchi, orate, ecc…). Moceniga Pesca esercita esattamente come una normale azienda agricola che opera sulla terraferma. Il risultato, nel nostro caso, sono proprio i frutti

Da 20 anni Moceniga Pesca coltiva il mare e porta in tavola la qualità. Dalla laguna di Rosolina, seleziona, depura, confeziona e avvia alla distribuzione frutti di mare dal gusto unico, sempre più graditi e ricercati dal mercato

IL PESCE, 6/17

di mare come le vongole veraci o le cozze, prodotti che fanno parte della nostra tradizione migliore e che sono sempre più graditi e ricercati dal mercato». In estate i molluschi sono un vero must alimentare per i quali gli Italiani hanno da sempre una vera e propria passione. Ma non solo in questa stagione! Ovviamente ce n’è per tutti i gusti, dalle vongole veraci alle cozze, regine incontrastate di gusto e sapore. Si aggiungono poi ostriche allevate, fasolari e cannolicchi. Prodotti che, tra l’altro, rientrano perfettamente nei canoni nutrizionali e salutistici tipici della dieta mediterranea. Un valore aggiunto sempre più gradito dai consumatori, in particolare quelli più attenti alla salute ed al benessere. «Le tendenze attuali del consumo di frutti di mare confermano un incremento sensibile delle vendite. Segno che il consumatore predilige questa tipologia di prodotto e si orienta sempre più su quello di alta qualità, garantito dal punto di vista igienico e con una filiera certificata e sostenibile» prosegue Alessandra Siviero. «Esat-

tamente i parametri che offriamo da sempre al mercato ittico nazionale e internazionale, tanto da essere stati i primi in Italia per le vongole e cozze allevate ad ottenere il marchio di qualità e tracciabilità di filiera. Inoltre, grazie al nuovo centro di depurazione e spedizione, abbiamo ottenuto il bollino CE da parte della Sanità Regionale del Veneto. In altre parole ciò che diamo al mercato ed al consumatore è un prodotto finale di qualità garantita, a miglio zero e totalmente tracciabile. La nostra inoltre è una pesca sostenibile non solo per tutte le specie ittiche che coltiviamo e trattiamo ma anche per l’ambiente circostante, tanto che Moceniga Pesca ha ottenuto e mantiene la certificazione Ambientale UNI EN ISO 14001. Una responsabilità che sentiamo e che tuteliamo come valore, a maggior ragione in un territorio marino come il nostro, sotto tutela UNESCO e Mab Man and Biosphere – Uomo e Biosfera». La crescita di Moceniga Pesca, diventata ormai un modello imprenditoriale della Regione Veneto oltre che un preciso punto di riferimento per il mercato e la GDO, è proprio 57


il risultato di una metodologia di lavoro che ha saputo conciliare il business ed il patrimonio aziendale con il rispetto dei cicli marini e dell’ambiente, «un lavoro svolto in piena sinergia con il dott. ERMINIO DI NORA, che con pazienza e professionalità ha saputo accompagnarci per mano in un percorso nuovo e articolato tanto da ricevere i ringraziamenti dal Presidente della Commissione Finanze del Senato per il risultato ottenuto per tutta la categoria degli acquacoltori molluschicoltori» ha spiegato l’AD Alessandra Siviero. Un rispetto dovuto, considerando anche la particolare posizione geografica di Moceniga Pesca all’interno del Parco del Delta del Po, patrimonio UNESCO di inestimabile valore naturale. «La locazione geografica dei nostri allevamenti e la particolare salinità di questo tratto delle lagune di Rosolina sono proprio il plus che conferisce sapore e qualità organolettiche uniche a tutti i nostri prodotti. E la nostra, giustamente, è la storia di persone che sono nate, cresciute, vivono e lavorano in armonia e con grande rispetto per questi luoghi. Un rispetto e una salvaguardia del territorio e delle sue ricchezze che si manifesta anche nella pesca sostenibile. Ecco perché ogni giorno i frutti di mare sono raccolti solo nelle quantità richieste dal mercato. Solo così siamo in grado di garantire la freschezza, la salubrità e la qualità generale di un prodotto unico in Italia». Un ultimo, doveroso, omaggio al territorio è rappresentato dal punto vendita aziendale presso la sede di Rosolina. Qui si possono acquistare ogni giorno tutti gli straordinari frutti di mare firmati Moceniga Pesca.

In alto: zona di allevamento dei frutti di mare. Al centro: la Laguna di Caleri. In basso: i bins presenti nel Centro Depurazione Molluschi.

58

Moceniga Pesca s.s. Via Dell’Artigianato 20/22 45010 Rosolina (RO) Telefono: 0426 343252 – 0426 270034 E-mail: moceniga@libero.it Web: www.moceniga.it

IL PESCE, 6/17



La rivoluzionaria carne di granchio nuotatore dall’Egeo alle nostre tavole Con una shelf-life di 45 giorni il granchio nuotatore lavorato da Aegean Gourmet, e distribuito in esclusiva per l’Italia da SDV Specialisti del Vivo, si prepara a conquistare il mercato di Elena Benedetti

In quel di Misano Adriatico si sta lanciando un prodotto che ha del rivoluzionario, frutto di un mix perfetto: una risorsa pescata nelle acque del Mar Egeo e lavorata con una tecnologia all’avanguardia,

un’azienda romagnola che, forte dei suoi 14 anni di esperienza sul mercato dell’ittico, ne ha l’esclusiva per l’Italia e, non ultima, una shelf-life di prodotto che risolverà un bel po’ di problemi ai suoi clienti.

Ma procediamo con ordine. Siamo andati a trovare LUIGI SAVINO nella sede della sua SDV Srl, Specialisti del Vivo, a pochi chilometri da Rimini, un’azienda specializzata nell’importazione e commercializzazione

La polpa di granchio lavorata da Aegean Gourmet e commercializzata in esclusiva per l’Italia dalla riminese SDV Specialisti del Vivo proviene dalle acque del Mar Egeo, zona FAO 37.3.1 del Mar Mediterraneo orientale (photo © Aegean Gourmet). 60

IL PESCE, 6/17


Il nuovo vivaio di SDV Srl ha una capacità di stoccaggio di 20 tonnellate di crostacei vivi. di crostacei vivi e prodotti ittici che ha sempre fatto della qualità e dell’esclusività del prodotto il proprio biglietto da visita. Attraversiamo gli uffici e siamo accolti da uno staff

La carne di granchio viene estratta a mano, per proseguire quindi con la fase di selezione e di confezionamento in vaschetta in ATM. A questo punto si procede con un trattamento High Pressure Processing, una pressione idrostatica di 6.000 bar

IL PESCE, 6/17

tanto indaffarato quanto cortese e ci accomodiamo nell’ufficio di Luigi. L’anno volge al termine e si sta lavorando per soddisfare le richieste del mercato in previsione delle feste natalizie. Sul retro del calendario di SDV c’è una carta geografica che mappa tutte le aree di pesca FAO con l’indicazione dei prodotti che il team commerciale di Specialisti del Vivo tratta da anni. Aragoste, cigale, astici, granchi, granceole, scampi e gamberi, provenienti dalle acque marine di tutto il mondo e destinati ai distributori nazionali. Un business solido e in crescita che ha consolidato la presenza di SDV sul mercato con investimenti strutturali tra una moderna piattaforma frigo, un nuovo e tecnologico vivaio crostacei a circuito chiuso con capacità di stoccaggio di 20 tonnellate di prodotto vivo ed una ventina di persone di staff. Ma c’è una novità! «Abbiamo l’esclusiva di un prodotto veramente unico e totalmente naturale» ci dice Luigi. Si tratta di una linea di prodotti di polpa di granchio nuota-

tore selvatico (Callinectes sapidus), pescata e lavorata in Grecia da Aegean Gourmet, un’azienda che SDV rappresenta in esclusiva sul mercato italiano. La carne viene estratta a mano, per proseguire quindi con la fase di selezione e di confezionamento in vaschetta in ATM. A questo punto non si procede con la pastorizzazione bensì con un trattamento HPP (High Pressure Processing), che consiste in una pressione idrostatica di 6.000 bar. «Si tratta di una sorta di pastorizzazione a freddo che garantisce una shelf-life di 45 giorni dalla data di confezionamento». La linea di Aegean Gourmet è composta da tre prodotti 1. Lump, contraddistinto da un’etichetta rossa, è il top di gamma, con fiocchi grandi di carne di granchio selezionata, una disponibilità del 10% sul totale e un sapore delicato e pieno, ideale per gli antipasti o anche semplicemente condito con olio extravergine, limone, sale e pepe. 61


In alto: la linea di polpa di granchio nuotatore selvatico di Aegean Gourmet è commercializzata in confezioni da 200 grammi, da conservare a temperatura fra 0 °C e 3 °C. Il prodotto ha una shelf-life di 45 giorni dalla data di confezionamento. In basso: la linea di Aegean Gourmet è composta, da sinistra, dal Lump, top di gamma con fiocchi grandi di carne di granchio selezionata, seguita da Backfin, un mix di pezzi pregiati piccoli e grandi di carne bianca, e, infine, da Claw, che contiene carne estratta dalle chele e dalle gambe del granchio, caratterizzata da una maggiore pigmentazione.

62

IL PESCE, 6/17


Abbiamo l’esclusiva sul mercato italiano di un prodotto unico e totalmente naturale, ci dice Luigi Savino. Si tratta di una selezione di polpa di granchio nuotatore selvatico, pescata e lavorata in Grecia da Aegean Gourmet

2. Backfin, con l’etichetta blu, è un mix di pezzi pregiati piccoli e grandi di carne bianca, con una disponibilità del 65% sul totale. La selezione Backfin ha un sapore leggermente dolce e una consistenza morbida, che la rende ideale per antipasti, insalate, ma anche per i primi piatti con pasta o da condire semplicemente con olio extravergine, limone, sale e pepe a piacere. 3. Claw, identificato da un’etichetta oro, contiene la carne estratta dalle chele e dalle gambe del granchio, con una disponibilità pari al 25% del totale. Si tratta di un prodotto caratterizzato da una maggiore pigmentazione (viene chiamato anche dark meat per il colore scuro). All’assaggio il sapore è più marcato, ideale per piatti che richiedono carattere, insalate, antipasti e primi. Elena Benedetti

SDV Specialisti del Vivo Srl Via dell’Industria 8 47843 Misano Adriatico (RN) Telefono: 0541 697842 Fax: 0541 609765 E-mail: info@specialistidelvivo.com Web: www.specialistidelvivo.com

IL PESCE, 6/17

Le tre linee di prodotti di Aegean Gourmet pronti per la spedizione.

Il granchio nuotatore, come, dove e quando Questo crostaceo della specie Callinectes sapidus, detto anche granchio blu, è originario della sponda occidentale dell’OceanoAtlantico,dove vive lungo le coste dell’intero continente americano, dalla Nuova Scozia all’Argentina. Tramite l’acqua incamerata per zavorrare le navi, nel corso del tempo questa specie è stata accidentalmente introdotta in numerose altre parti del mondo, dal Mare del Nord, Mar Baltico e Mar Nero fino al Mediterraneo e al Mar Egeo. Esso viene pescato attraverso delle nasse ad una pezzatura che va dai 200 ai 400 grammi. La sua polpa, ricca di vitamina B12, è molto pregiata e apprezzata in tutto il mondo, consumata da sola, per assaporarne al meglio la delicatezza, o come ingrediente di innumerevoli piatti.

Come funziona? Con il trattamento HPP (High Pressure Processing) ad alta pressione idrostatica che arriva fino a 6.000 bar si riduce la quantità di batteri naturalmente presenti su un dato alimento. Mentre la pastorizzazione a caldo va a eliminare non solo i batteri ma anche le vitamine, con l’HPP queste ultime non sono intaccate. In questo modo si garantisce la sicurezza alimentare senza incidere sulle caratteristiche organolettiche del prodotto.

63


De.Ra.Do., pesce fresco dai Sassi di Matera di Gaetano Caricato e Marco Saroglia

“Arrivai ad una strada che da un solo lato era fiancheggiata da vecchie case e dall’altro costeggiava un precipizio. In quel precipizio è Matera. Di faccia c’era un monte pelato e brullo, di un brutto color grigiastro, senza segno di coltivazioni né un solo albero: soltanto terra e pietre battute dal sole. In fondo un torrentaccio, la Gravina, con poca acqua sporca ed impaludata tra i sassi del greto. La forma di quel burrone era strana: come quella di due mezzi imbuti affiancati, separati da un piccolo sperone e riuniti in basso da un apice comune, dove si vedeva, di lassù, una chiesa bianca: S. Maria de Idris, che pareva ficcata nella terra. Questi coni rovesciati, questi imbuti

si chiamano Sassi, Sasso Caveoso e Sasso Barisano. Hanno la forma con cui a scuola immaginavo l’inferno di Dante. La stradetta strettissima passava sui tetti delle case, se quelle così si possono chiamare. Sono grotte scavate nella parete di argilla indurita del burrone. Le strade sono insieme pavimenti per chi esce dalle abitazioni di sopra e tetti per quelli di sotto. Le porte erano aperte per il caldo. Io guardavo passando: e vedevo l’interno delle grottesche non prendono altra luce ed aria se non dalla porta. Alcune non hanno neppure quella: si entra dall’alto, attraverso botole e scalette”. (CARLO LEVI, 1945 Cristo si è fermato ad Eboli)

Patrimonio UNESCO, nel 2019 Matera sarà la capitale europea della Cultura. Molto diversa da come CARLO LEVI la descrisse in Cristo si è fermato ad Eboli, quando, con abitazioni malsane ed improponibili, i Sassi erano considerati un problema nazionale. ALCIDE DE GASPERI, agli albori degli anni ‘50, fece costruire a pochi chilometri dalla città il moderno villaggio “La Martella”, dove i Materani vennero mandati a vivere decorosamente in case sane. Qui ADRIANO OLIVETTI realizzò un mirabile intervento urbanistico, che nasconde tante ricchezze architettoniche. Tuttavia, oltre ad una povera attività agricola, solo il turismo negli ultimi anni ha rappresentato un’adeguata risorsa

Il fumetto Briante®, ideale per esaltare il gusto naturale del pesce e dei crostacei, è realizzato artigianalmente rispettando la ricetta e i tempi di cottura tradizionali (photo © www.briantechef.it).

64

IL PESCE, 6/17


Ogni mare ha il suo pesce migliore Dall’Adriatico al Tirreno, dal Mediterraneo agli oceani, ognuno offre le sue particolarità ed i suoi prodotti migliori. Per questa ragione ci spingiamo fino ai mari più lontani per cercare sempre i prodotti migliori.

Scopri tutte le nostre schede prodotti nell’area riservata del nostro sito

Venezia - Mercato Ittico all’ingrosso Box 8 Milano - Mercato Ittico all’ingrosso Box 6

info@lacquachiara.it www.lacquachiara.it

L’Acquachiara s.r.l. - Via Orti Ovest 1, 30015 Chioggia (VE) Italia - Tel. +39 041 5540267 - Fax +39 041 5544807


Matera è una città tra le più antiche del mondo, il cui territorio custodisce testimonianze di insediamenti umani a partire dal Paleolitico e senza interruzioni fino ai nostri giorni. Rappresenta una pagina straordinaria scritta dall’uomo attraverso i millenni di questa lunghissima storia. economica, offrendo lavoro ai giovani del territorio. Ma l’ingegnosa mentalità lucana non ha mancato di inventarsi altre attività che tra quei “monti” potevano sembrare impensabili, tanto che ora Matera è anche un riferimento per il mercato dei prodotti ittici. Era il 1968, quando una nota casa nazionale di gelati installò alla Martella una catena del freddo. I gestori provarono ad “allungare lo sguardo” verso altri settori dove la stessa catena del freddo poteva essere sfruttata. Il consumo di pesce stava lentamente aumentando tra la popolazione delle aree interne ed anche in Basilicata la domanda di prodotti ittici usciva dagli stretti periodi di vigilia religiosa. L’informazione, però, non circolava ed anche le idee innovative erano destinate ad uno sviluppo limitato al territorio. In Basilicata avevamo già assistito ad interventi finanziari pubblici nel settore dell’acquacoltura che, pilotati da lontano, erano chiaramente destinati ad esaurirsi senza aver prodotto ricchezza sul territorio. Ma alcuni interventi privati mostravano di poter avere successo, sebbene apparentemente destinati ad

66

uno sviluppo limitato. Fu quindi una sorpresa, per noi che allora operavamo presso l’Università della Basilicata, quando nel 2003, alla ricerca di informazioni sullo stato di sviluppo del comparto Pesca-Acquacoltura nella regione lucana, ci imbattemmo a Matera in un’azienda che faceva depurazione di molluschi e preparava pesce fresco per i ristoranti e per il consumo domestico, intraprendendo un’attività nel comparto ittico che cominciava a svilupparsi in tutto il Paese. Ci colpì l’intraprendenza dei proprietari, particolarmente attivi nella ricerca di nuove formule per facilitare l’accesso della popolazione delle aree interne della Lucania, ma anche della Puglia, ad un alimento salutare e comunque fresco. Si trattava dell’azienda DE.RA.DO., ormai arrivata al traguardo dei cinquant’anni di attività, i cui fondatori si erano inizialmente posti l’obiettivo di vendere prodotti congelati e surgelati. Solo successivamente, a partire dal 2003, i titolari decisero di ampliare l’attività commerciale dedicando buona parte della produzione alla lavorazione e commercializzazione dei prodotti ittici vivi, freschi e lavorati.

Qualità certificata DE.RA.DO. nasce dalla passione dei suoi fondatori per la cultura del mangiar sano. Questi valori sono portati avanti oggi dai nuovi amministratori dell’azienda, tutta familiare. Ubicata su una superficie di 20.000 m2, il 35% della quale è coperta, DE.RA.DO. impiega 21 dipendenti e presenta un fatturato di circa 14 milioni di euro l’anno. Il segreto del suo successo è aiutare la clientela a superare le problematiche che giornalmente si possono incontrare nel consumo di pesce, mettendo a disposizione tutte le risorse in possesso dell’azienda al fine di fornire le soluzioni più adeguate. Ma non solo. L’attenzione alla salute e all’ambiente è da sempre una filosofia che viene raggiunta sia con l’innovazione tecnologica, sui cui l’azienda investe da anni, che con nuove produzioni ittiche di elevata qualità ed eccellenza. Fra questi il Briante®, un fumetto a base di pesce o crostacei pronto all’uso, privo di glutine e lattosio, senza grassi idrogenati e conservanti, inventato e brevettato dall’azienda. Briante è un prodotto in vendita solo per uso professionale che si ottiene unicamente dalle materie prime di pescato fresco. DE.RA.DO. si prende cura del pesce e dei frutti di mare, provenienti da mari italiani ed esteri, consegnando la migliore qualità del pescato nelle cucine dei migliori chef. Tutti i prodotti vengono lavorati senza l’uso di additivi e gli scarti sono ridotti al minimo. Nel corso degli anni, DE.RA.DO. ha ottenuto il riconoscimento CEE e la certificazione di qualità UNI EN ISO 9001:2000 dei processi e sistemi di lavorazione, monitorando costantemente tutte le fasi con il piano di autocontrollo HACCP, per dare sempre il massimo livello di affidabilità e garantire la sicurezza alimentare alla propria clientela. Inoltre, sono state avviate le procedure per ottenere le certificazioni di sistemi di gestione con riferimento alla norma ISO 22000. Un’attenzione volta al sociale L’azienda si è posta anche la problematica connessa alla gestione

IL PESCE, 6/17


della spesa per le famiglie, troppo spesso poco propense a consumare pesce anche per mancanza di tempo e attenzione da dedicare alla pulizia e cucina dei prodotti ittici. La sperimentazione in tal senso è andata oltre, producendo tutta una serie di prodotti certificati di facile e rapida cottura e dedicando un’attenzione particolare alla dieta dei bambini. I ragazzi sono da sempre meno predisposti al consumo di pesce e per venire incontro alle richieste dei genitori, di adeguare le produzioni ai bisogni dei giovani, DE.RA.DO. ha ideato un fish burger interamente a base di prodotti ittici lucani, molto apprezzato anche dai bambini. La direzione aziendale ha l’ambizione di aiutare i clienti ad operare in modo più efficiente, a sviluppare le loro attività in modo responsabile e sostenibile, adattandosi al costante mutamento delle condizioni e delle prospettive del mercato. «In DE.RA. DO. siamo impegnati nel rendere

sostenibili le nostre azioni, ma abbiamo realizzato che il contributo che possiamo offrire per la salvaguardia dell’ambiente può andare oltre. Si tratta di supportare ognuno dei nostri clienti nel diminuire il loro impatto ambientale conservando le risorse, migliorando la sicurezza e riducendo gli sprechi». Nel 2003 l’azienda si componeva di sole 5 persone addette, ma notammo un certo fermento ed una tendenza verso la crescita. Nella nostra relazione riportavamo che l’azienda, da poco concentrata sui prodotti ittici vivi, freschi e lavorati, aveva delle potenzialità ancora inespresse non avendo ancora raggiunto il pieno regime di produzione (LANGELLA et al., 2004). Oggi, a distanza di quasi quindici anni, non possiamo che confermare tale considerazione: DE.RA.DO. è un’azienda in crescita, grazie agli ottimi traguardi già raggiunti e ad un’espansione del mercato che ha raggiunto anche gli Stati Uniti. Questa “fabbrica di prodotti ittici”, nata

in mezzo ai tre mari del profondo blu mediterraneo d’Italia, pone qualità a salute al primo posto e con l’unico utilizzo antico del “freddo” riesce a portare sulle nostre tavole prodotti ittici lavorati solo con mezzi fisici (la catena del freddo) e meccanici (l’arricciatura dei polpi, la sfilettatura dei pesci ed altro ancora). Il tutto all’insegna di una filosofia produttiva attenta alla cultura alimentare e che, a breve, sarà completata dalla scuola di cucina, realizzata con cura, passione e professionalità all’interno del corpo aziendale. Gaetano Caricato Marco Saroglia Referenze MICHELE LANGELLA, MARCO SAROGLIA, GAETANO CARICATO, ETTORE VARRICCHIO, GENCIANA TEROVA (2004), Rapporto sullo stato di sviluppo del comparto pesca/acquacoltura in Basilicata e suoi possibili sviluppi futuri, Ed. Centro Grafico, Anzi (PZ), 119 pp.


And the winner is… Una cerimonia nei meravigliosi fondali del parco sommerso di Gaiola ha celebrato la consegna della donazione di 20.000 euro da parte di ASDOMAR — marchio premium di Generale Conserve specializzato nella produzione di conserve ittiche — e di 3.000 euro in attrezzature subacquee SEAC a seguito del concorso indetto dall’azienda a maggio. L’area marina protetta situata nel Golfo di Napoli è stata infatti votata dagli utenti a seguito dell’iniziativa promossa da Generale Conserve insieme a SEAC, leader italiano nel settore della subacquea. Trenta erano le aree marine protette, istituite dal Ministero dell’Ambiente, candidate ad aggiudicarsi, grazie al voto degli utenti, sia il titolo di area marina più amata d’Italia, sia la donazione di 23.000 euro. A vincere su tutte è stato questo piccolo scrigno di biodiversità e storia incastonato lungo la costa di Posillipo, a pochi passi dal centro cittadino. Un’area che negli anni ‘80 iniziò un lento declino durato oltre trent’anni e che dal 2002 ha iniziato il suo percorso di valorizzazione, consentendo la rinascita di questo immenso patrimonio naturalistico ed archeologico. «L’area della Gaiola, benché luogo simbolo della costa partenopea carico di storia e suggestioni, prima dell’istituzione del parco versava in uno stato di degrado e abbandono» ha commentato MAURIZIO SIMEONE, ecologo marino e presidente del Centro Studi Interdisciplinari Gaiola. «Questa vittoria rappresenta una bellissima testimonianza di affetto e di stima da parte della cittadinanza, e non solo, per il grande lavoro di tutela e di riqualificazione dell’area svolto in questi anni». «Siamo orgogliosi di poter contribuire concretamente al supporto dell’area marina protetta del parco sommerso di Gaiola, un gioiello del nostro ecosistema marino» ha detto GIOVANNI BATTISTA VALSECCHI, direttore generale di Generale Conserve. «Quest’attività si sposa perfettamente con i valori dell’azienda, da sempre attiva per il rispetto dell’ambiente e la salvaguardia del mare e delle specie che lo popolano». (ASDOMAR)

Istituita con Decreto Interministeriale del 7/8/2002, l’area marina protetta “Parco sommerso di Gaiola” prende il nome dai due isolotti che sorgono a pochi metri di distanza dalla costa di Posillipo. Con una superficie di appena 41,6 ettari, si estende dal pittoresco Borgo di Marechiaro alla suggestiva Baia di Trentaremi, racchiudendo verso il largo parte del grande banco roccioso della Cavallara. Il parco deve la sua particolarità alla fusione tra aspetti vulcanologici, biologici e storico-archeologici, il tutto nella cornice di un paesaggio costiero tra i più suggestivi del Golfo di Napoli. I costoni rocciosi e le alte falesie di tufo giallo napoletano, rimodellate dal mare e dal vento, ammantate dai colori della macchia mediterranea, regalano ancora oggi scorci di rara bellezza che da sempre hanno incantato i popoli che qui si sono succeduti.

68

IL PESCE, 6/17


Guardiamo al futuro dei nostri mari

Tutto il nostro pesce arriva dal mare ai mercati fresco e UKEWTQ RGTEJ¡ FKURQPKCOQ FK GHØEKGPVK UKUVGOK FK EQPVTQNNQ e di un rapido servizio di consegna. Dal pescato alla vendita, la nostra tracciabilità è sempre garantita. Ed oggi introduciamo il concetto di acquacultura intelligente anche EQP EGTVKØEC\KQPG &KQ 4GTEJ¡ PQK CDDKCOQ C EWQTG KN XQUVTQ benessere e la salute dei nostri mari.

Finpesca srl via delle Industrie, 7 - 45014 Porto Viro (RO) - Italy T +39 0426 360911 - F +39 0426 321661 - www.finpesca.it - info@finpesca.it


INFO ALLE IMPRESE

Contributi a fondo perduto

Regione Emilia-Romagna Finanziamenti a fondo perduto del 50% settore ittico Fondo Europeo Affari Marittimi e Pesca (FEAMP) 2014-2020 Bando misura 2.48 per “Investimenti produttivi nel settore dell’acquacoltura” Sarà operativo prossimamente il bando per richiedere un contributo a fondo perduto del 50% per i seguenti investimenti con possibilità di recupero spese dal 26/11/2015: 1. costruzione/ampliamento o miglioramento degli impianti di acquacoltura e maricoltura per la riproduzione di pesci, crostacei e molluschi o altri organismi marini di interesse commerciale; 2. acquisto di barche di 5a categoria al servizio degli allevamenti; 3. acquisto di attrezzature o macchinari per impianti di acquacoltura; 4. acquisto di celle frigorifere, produttori di ghiaccio, mezzi di trasporto con gruppo frigorifero non rimuovibile dalla motrice “VAN” o coibentazione sui mezzi di trasporto;

70

5. lavori di sistemazione o di miglioramento dei circuiti idraulici; 6. impianti di energia da fonte rinnovabile ad uso aziendale; 7. spese per il miglioramento delle condizioni d’igiene e sanitarie e dei sistemi di produzione con l’acquisto di attrezzature volte a proteggere gli allevamenti dai predatori; 8. programmi informatici hardware e software dedicati ai processi produttivi. Regione Sicilia Finanziamenti a fondo perduto del 50% settore ittico Fondo Europeo Affari Marittimi e Pesca (FEAMP) 2014–2020 Bando misura 5.69 “Trasformazione e commercializzazione prodotti ittici” È operativo fino al 15 gennaio 2018 il bando per richiedere un contributo a fondo perduto del 50% per i seguenti investimenti effettuati dal 1o gennaio 2016 e/o da realizzare e concludersi entro il 2019: 1. costruzione e ristrutturazione di fabbricati legati al progetto;

2. acquisto di terreni e fabbricati legati all’iniziativa per un costo non superiore al 10% dell’investimento; 3. acquisto di impianti e macchinari di lavorazione, confezionamento, refrigerazione, ecc…; 4. acquisto di cassoni coibentati e della relativa parte frigorifera per il trasporto dei prodotti ittici (esclusa la motrice); 5. investimenti diretti al miglioramento dell’efficienza energetica ed ambientale, all’utilizzo di fonti di energia rinnovabile prodotta e reimpiegata in azienda; 6. spese per il miglioramento delle condizioni d’igiene e sanitarie e dei sistemi di produzione; 7. acquisto di hardware e software dedicati ai processi produttivi; 8. spese generali, spese tecniche, spese di progettazione, ecc…

Per informazioni FABO S.I. Srl Telefono: 0545 84488 Fax: 0545 84555 E-mail: info@fabosi.it Web: www.fabosi.it

IL PESCE, 6/17


www.cocci.it

Cocci Luciano Srl - Via Maranello 1 - 47853 Coriano (RN) - Italy - Tel. 0541.658449 Fax 0541.657984 - email: cocci@cocci.it


PESCA

Paracentrotus lividus, tema spinoso e delicato Ogni autunno, con assoluta puntualità, si ripresenta il problema della pesca del riccio in Sardegna. Da tempo ormai enti di ricerca e associazioni accusano un generalizzato depauperamento dei fondali, ma soprattutto una drastica riduzione della risorsa. Al punto che il rischio di estinzione non appare così remoto. E per la prima volta scendono in campo consumatori e cittadini comuni. A dire che è necessaria un’inversione di tendenza di Sebastiano Corona

La pesca del riccio di mare in Sardegna è stata protagonista negli ultimi decenni di cambiamenti importanti. Da una raccolta modesta per diffusione, quantità e stagione, si è passati a prelievi sempre più elevati, spinti da una richiesta in continuo aumento, universalmente

diffusa nel territorio regionale e distribuita in tutto l’arco dell’anno. Le modalità di raccolta, a loro volta, sono profondamente mutate, passando da metodi tradizionali che non consentivano prelievi ragguardevoli, come quello della canna dalla riva o dal barchino, per passare alla pesca

subacquea. Di pari passo i pescatori che un tempo eseguivano il prelievo come attività integrativa nei mesi invernali, perché era difficoltoso dedicarsi ad altri tipi di pesca a causa delle condizioni meteorologiche per lo più avverse, sono andati trasformandosi per la stragrande maggio-

Un riccio di mare pescato nelle acque della Sardegna (photo © giocult – stock.adobe.com).

72

IL PESCE, 6/17



Ricci di mare (photo © gianluigibec – stock.adobe.com).

Mentre un tempo il consumo dei ricci avveniva tal quale in riva al mare e solo una piccolissima parte era consumata dagli stessi pescatori o venduta dai raccoglitori in forma ambulante, oggi il riccio è molto richiesto anche fuori dagli ambienti limitrofi ai litorali. Da un consumo saltuario del prodotto fresco, si è passati ad un suo smodato utilizzo nelle più complesse pietanze

74

ranza in operatori professionali, che del prelievo del riccio hanno fatto il lavoro principale. Mentre un tempo il consumo dei ricci avveniva tal quale in riva al mare e solo una piccolissima parte era consumata dalle stesse famiglie dei pescatori o venduta dai raccoglitori in forma ambulante, oggi il riccio è particolarmente richiesto anche fuori dagli ambienti limitrofi ai litorali. Da un consumo saltuario del prodotto fresco, si è passati ad uno smodato utilizzo nelle più complesse pietanze, comprese pasta, pizza o crostini, dove le gonadi del prezioso echinoderma vengono impiegate anche surgelate o conservate. Non fosse sufficiente — poiché non tutti i fondali sono adatti al proliferare dei ricci, ma solo quelli ricchi di anfratti e a pareti rocciose — si è sviluppato negli anni un certo pendolarismo da alcune zone ad altre. Alcuni specchi d’acqua sono decisamente più ricchi e interessanti, ma ci sono altresì zone che prima di altre sono state prese d’assalto e ora sono completamente compromesse o quasi. Questo elemento, solo apparentemente ininfluente, ha ripercussioni dirette sull’ecosistema,

considerato che ci sono aree che subiscono un vero e proprio saccheggio da parte delle marinerie limitrofe, ma ha avuto negli anni scorsi, anche pesanti conseguenze in termini di pubblica sicurezza. Laddove le autorità continuano a concedere aperture, le popolazioni locali hanno infatti già da tempo avvertito il pericolo di un’estinzione della risorsa. In molte località delle coste isolane dove la pressione è importante, è stata la popolazione locale a denunciare un’eccessiva presenza di operatori del mare, nel timore che i fondali subissero un prelievo impossibile da sopportare dal punto di vista ambientale. I malumori locali, legati ad altri fattori contingenti hanno in un passato non troppo lontano, creato problemi di convivenza tra gli indigeni e gli operatori. La crescente pressione sulla risorsa ha provocato quindi negli anni, come era logico che fosse, seri interrogativi in termini di sostenibilità, non solo da parte degli organismi preposti allo studio del fenomeno, ma anche da chi osserva quotidianamente i mari impoverirsi giorno dopo giorno.

IL PESCE, 6/17


Per ridurre i rischi connessi al sovrasfruttamento, sia il Ministero delle Politiche Agricole, sia le Regioni, compresa la Regione Autonoma della Sardegna, hanno introdotto norme di contenimento e regolamentazione dei prelievi. Tali leggi non sono state tuttavia finora sufficienti a mettere al riparo la risorsa dal rischio di estinzione. Si è posto pertanto anche in Sardegna, e da anni ormai, l’annosa contrapposizione tra le esigenze non più procrastinabili di conservazione e tutela dello stock e quelle di garantire un reddito a chi dall’attività di pesca vive. A ciò si aggiunga l’oggettiva difficoltà ad attuare controlli capillari e continui, sia nei segmenti della pesca, sia in quelli della trasformazione e distribuzione. In questi anelli della filiera si annida una grossa quota di attività non autorizzata. Non giova infatti la presenza, nella popolazione dei pescatori, di una certa percentuale di abusivi che opera in maniera del tutto illegale e che non contribuisce

alla sostenibilità della pesca del Paracentrotus lividus. Se infatti i professionisti devono sottostare ad una serie di regole e condizionamenti dettati annualmente da un decreto regionale, chi opera nel sommerso non limita la propria azione alle modalità previste per legge. In più, essendo le sanzioni piuttosto blande e di carattere squisitamente amministrativo e pecuniario, chi non ha nemmeno i requisiti minimi spesso opera in barba ai controlli nella certezza di non correre alcun rischio concreto, non avendo nulla da perdere. Questo non vale per i quasi 190 pescatori professionali che, oltre a godere di regolare autorizzazione, rispondono del proprio operato con un giornale di bordo, che deve essere periodicamente consegnato agli uffici dell’assessorato regionale Agricoltura. Il decreto prevede una stagione di pesca con un calendario di anno in anno definito, un tetto di ceste e un numero massimo di esemplari

prelevabile, di dimensione minima di ognuno. Oltre a questo è obbligatorio un giorno settimanale di riposo (e quindi anche di divieto della pesca) e orari ben precisi di lavoro. Dati ufficiali recenti sulla consistenza dello stock non sono al momento disponibili. Ma per avere un’idea dello sforzo di pesca annuale si possono considerare i risultati di una stima effettuata alcuni anni fa dall’ente regionale di assistenza tecnica in agricoltura LAORE, che non solo si può ritenere tuttora valida, ma nel caso andrebbe rivista al rialzo. Lo studio in questione offre infatti parametri oggettivi di riferimento, che possono rappresentare punti fermi sui quali si può provare a formulare ipotesi sufficientemente plausibili e fondate in merito ai prelievi complessivi e dei singoli, nei fondali sardi. Secondo un’ipotesi dei ricercatori dell’Università di Cagliari, risalente ormai al 2007, ma quanto mai attendibile anche per la situazione attuale, sarebbero oltre 32 milioni

BERNARDINI GASTONE SRL - CENAIA CRESPINA (PISA) - TEL. 050 644100 WWW.BERNARDINIGASTONE.IT


Secondo stime formulate dai ricercatori dell’Università di Cagliari sarebbero oltre 32 milioni gli esemplari prelevati annualmente ad opera dei pescatori isolani. gli esemplari prelevati annualmente ad opera dei pescatori isolani. Tale volume è determinato sulla base dell’entità delle licenze concesse (quasi 190, al pari dell’anno 2007) e delle giornate medie annue di pesca. Gli stessi autori riconoscono tuttavia che si tratti di una stima da considerare per difetto, tenuto conto, da un lato, della possibilità che i contingenti assegnati non siano rispettati dai titolari delle licenze e dall’altro, della diffusa e non facilmente quantificabile incidenza della piaga dell’abusivismo, che, secondo la stessa Università, non incide per meno del 35% del totale pescato dai detentori di regolare licenza. Questa pressione costante, perpetuata negli anni, ha condotto ad una condizione che gli stessi pescatori iniziano a considerare preoccupante.

Non è un caso, infatti, se, con grande senso di responsabilità, quest’anno sono stati gli stessi titolari di licenza a proporre all’assessorato regionale Agricoltura una riduzione del calendario di pesca. L’inizio della stagione è stata quindi posticipata rispetto al solito ed anticipata nella chiusura. Nel complesso si è ridotta di un mese. Di pari passo, il decreto ha introdotto una limitazione dei quantitativi prelevabili e delle ore di lavoro. Una delle novità più importanti sulla stagione in avvio,riguarda infatti la diminuzione del numero di esemplari prelevabili, le cui ceste quotidiane massime consentite passano da 6 a 4 e da un totale di 3.000 a 2.000 ricci per battute di pesca. A chi lavora dalla riva sarà concesso raccogliere 2 ceste invece che 3 e quindi 1.000 ricci a fronte

La responsabilità della scomparsa dei ricci dai mari sardi è delle istituzioni che hanno il compito di tutelare questa risorsa, degli operatori della pesca che devono utilizzarla preservandola, degli anelli della filiera che non possono enfatizzarne l’utilizzo se i fondali sono a rischio. E, infine, è dei consumatori, perché proprio dal mercato deve partire la presa di coscienza

76

di 1.500. Per la pesca sportiva è rimasta invariata la possibilità di prelevare, nelle giornate di sabato, domenica e festivi, un massimo di 50 ricci al giorno. Il nuovo decreto ha inoltre imposto che i pescatori professionisti possano prelevare solo dalle ore 6 alle 13. Anche qui con una riduzione, rispetto agli altri anni, dei tempi concessi per il prelievo. Non è certo che questo nuovo provvedimento riesca a dare respiro ai fondali e a porre le basi per un concreto ripopolamento dei mari sardi. Rimane però un apprezzabile segnale di attenzione da parte di operatori e istituzioni. In molti invocano provvedimenti più seri e sono numerose le petizioni aperte nei giorni scorsi al MIPAAF, perché si faccia un vero e proprio fermo biologico, per almeno un anno. Ma non avendo avuto seguito le numerose proteste pacifiche di comuni cittadini preoccupati per le sorti dei nostri mari, molti ristoratori, soprattutto a Cagliari, stanno per la prima volta eliminando i ricci dai propri menu, nella convinzione che per poterne consumare nei prossimi tempi, sia necessario fare un sacrificio oggi. La presa di posizione non è unanime, ma diffusa, e anche sui social si leggono i sempre più numerosi commenti di chi i ricci li ama alla follia e, proprio per questo, è disposto a rinunciarvi almeno per questa stagione. La speranza è quella di dare un segnale forte e di contribuire, ognuno nel suo piccolo, a salvare e salvaguardare una risorsa preziosissima. La responsabilità della scomparsa dei ricci dai mari sardi è infatti universalmente diffusa: è delle istituzioni che hanno il compito di tutelarla, degli operatori della pesca che devono utilizzarla preservandola, dei diversi anelli della filiera che non possono enfatizzarne l’utilizzo, se i fondali sono a rischio. E, infine, è dei consumatori che devono comprendere quanto il loro ruolo sia importante per salvare le risorse del nostro pianeta. È proprio dal mercato che deve partire la presa di coscienza. Sebastiano Corona

IL PESCE, 6/17



MERCATI

Il mercato mondiale dei prodotti ittici nel 2017 e le previsioni per il decennio futuro Per il 2017 viene stimato un giro d’affari di 151 miliardi di dollari USA. Nel 2026 la produzione stimata segna un +15% e un +34% per l’acquacoltura. In Asia si concentra il 76% della domanda di Roberto Villa

Secondo i dati diffusi dall’osservatorio FAO Globefish, la produzione mondiale di prodotti ittici è data in aumento dell’1,1% nel 2017 e tale incremento, superiore rispetto a quello messo a segno nel 2016, è da imputare in buona parte al recupero di volumi pescati in Sud America grazie alla fine del fenomeno climatico El niño, mentre l’acquacoltura prosegue con un tasso di crescita simile a quello

dell’anno precedente. In virtù di questa tendenza favorevole si stima che il commercio globale di prodotti ittici e di derivati ittici, anche per uso non alimentare, raggiunga nel 2017 la cifra di 151 miliardi di dollari statunitensi, con un balzo in avanti del 5,8% rispetto al 2016. La ripresa dell’economia mondiale in fase di consolidamento sostiene l’aumento del consumo di proteine di origine

animale e segnatamente di quelle ittiche, in un quadro di mercato dove l’incremento della domanda è prevalente sull’aumento dell’offerta nel determinare l’andamento dei prezzi: secondo l’ultima rilevazione di aprile 2017 il FAO Fish Price Index è salito del 7% anno su anno e non sembra che tale situazione possa invertire la rotta nel medio termine. Per alcune specie la crescita dei prezzi è stata

Allevamento di salmoni.

78

IL PESCE, 6/17


Il consumo mondiale di specie ittiche è previsto a 177 milioni di tonnellate nel 2026, in crescita del 19% sul 2014, due terzi del quale avverrà in Asia, che rappresenterà il mercato dove si concentrerà il 76% della maggiore domanda. In termini di consumo pro capite si passerà dai 20,3 kg nel biennio 2014-2016 ai 21,6 kg nel 2026 Code di gamberi vannamei. ben più consistente: il 22% per il salmone — determinata in parte da una riduzione della produzione cilena – l’11% per i gamberi, l’8% per il tonno, il 32% per le piccole specie pelagiche (in particolare per lo sgombro), il 9% per le altre specie (inclusi cefalopodi e bivalvi) evidenziano che la domanda a livello mondiale è molto vivace. I paesi esportatori con la maggiore prestazione nel 2017 saranno India e Cile: la prima beneficerà dello straordinario aumento nel raccolto del gambero vannamei da acquacoltura, che consentirà un aumento del 41% nel valore dell’esportazione di prodotti ittici per un controvalore di 2,3 miliardi di dollari statunitensi; per il Cile il recupero dei volumi produttivi del salmone, grazie alla risoluzione dei problemi legati alla fioritura di alghe, unito al prezzo elevato dello stesso, consentirà di raggiungere un +30% nel valore delle esportazioni, previsto a fine anno pari a 1,6 miliardi di dollari. Anche per Ecuador, Perù e Norvegia è pronosticato un anno di aumenti sostanziali nelle esportazioni di prodotti ittici.

IL PESCE, 6/17

Proiezioni al 2026: acquacoltura sopra il 50% del totale, di cui il 90% in Asia. Prezzi in calo rispetto ai massimi del 2014 Nel mese di luglio 2017 è stato pubblicato il rapporto OECD-FAO Agricultural Outlook 2017-2026, aggiornamento delle previsioni di mercato dei principali alimenti per il prossimo decennio. Per quanto riguarda i prodotti ittici ci sono delle importanti considerazioni. La produzione complessiva di prodotti ittici è stimata nel 2026 a 194 milioni di tonnellate, con un incremento di 26 milioni di tonnellate (+15%) rispetto al 2014, gran parte del quale sarà concentrata nei paesi in via di sviluppo e particolarmente in Asia. L’acquacoltura avrà un aumento del 34% rispetto al 2014, per un volume totale che ammonterà a 102 milioni di tonnellate nel 2026, ovvero più della metà dei prodotti ittici realizzati a livello mondiale, sebbene il tasso di crescita annuo scenderà al 2,3% rispetto al 5,3% registrato nel decennio precedente. L’Asia sarà il maggiore produttore di specie da allevamento

(90% del totale), con la Cina a farla da padrona grazie al 63% che gli esperti le assegnano come quota nel 2026. Il consumo mondiale di specie ittiche è previsto a 177 milioni di tonnellate nel 2026, in crescita del 19% sul 2014, due terzi del quale avverrà in Asia (127 milioni, di cui 71 in Cina) che rappresenterà il mercato dove si concentrerà il 76% della maggiore domanda. In termini di consumo pro capite si passerà dai 20,3 kg nel biennio 2014-2016 ai 21,6 kg nel 2026. Tuttavia, in Africa è prevista una diminuzione dei consumi causata da un aumento della popolazione superiore all’incremento delle disponibilità. Il commercio mondiale rappresenterà nel 2026 il 35% del quantitativo totale prodotto, il 68% dei volumi esportati proverrà dai Paesi in via di sviluppo (nel 2014 era il 67%), mentre i Paesi sviluppati ridurranno di poco, dal 53% al 52%, la quota delle importazioni sul totale dei volumi scambiati. I prezzi sono previsti in diminuzione rispetto ai picchi record del 2014. Roberto Villa

79


Il mercato del tonno tra 2016 e 2017 Prezzi in decisa salita e domanda stabile. Scende invece la domanda di tonno in scatola nell’Unione Europea di Roberto Villa

Secondo i dati della rete FAO Globefish, i volumi pescati in tutto l’Oceano Pacifico sono rimasti bassi nel corso del 2016 e della prima metà del 2017. Lo stesso è accaduto nell’Oceano Atlantico. Il prezzo del tonno Skipjack (Katsuwonus pelamis) in Tailandia, il maggiore paese trasformatore a livello mondiale, ha raggiunto i 2.000 $ alla tonnellata nel mese di luglio 2017, oltre il 50% di crescita anno su anno, mentre nel 2016 il prezzo medio era stato

di 1.430 $, sebbene le importazioni del prodotto congelato siano scese a causa dei prezzi alti e della domanda stabile dei principali mercati esteri di destinazione. Anche il Giappone ha visto ridursi del 5% le quantità pescate nei mari al di fuori delle acque nazionali, soprattutto Bigeye (Thunnus obesus) e Yellowfin (Thunnus albacares), mentre le catture nelle acque nipponiche, in aumento rispetto agli anni precedenti, sono totalmente finite

sul mercato domestico dei sashimi e sushi. In diminuzione anche le importazioni di prodotti freschi e congelati da Australia e Paesi del Mediterraneo, nel complesso le importazioni di tonno congelato sono però aumentate del 6,5% con una buona penetrazione del Bluefin (Thunnus thynnus) messicano da allevamento per un ammontare di 4.200 t. In relazione al fatto che il consumo di tonno fresco in Giappone si sta sempre più polarizzando nel

Il consumo di tonno fresco in Giappone si sta sempre più polarizzando nel periodo delle festività di primavera e della fine dell’anno (photo © Morenovel – Fotolia).

80

IL PESCE, 6/17



Le importazioni di tonno in scatola nell’Unione Europea hanno visto, nel 2016, un declino del 3%, in particolare per Regno Unito, Spagna, Francia e Germania (photo © Nattawut Thammasak – Fotolia). periodo delle festività di primavera (aprile-maggio) e della fine dell’anno, il mercato si sta sempre più muovendo verso prodotti congelati che garantiscono una maggiore durabilità rispetto al refrigerato. Sul mercato statunitense il prezzo del tonno eviscerato e dei filetti è rimasto inalterato, le importazioni nel primo trimestre 2017 sono restate attorno alle 13.000 t, come nel medesimo periodo dell’anno precedente; di queste, 7.800 sono state rappresentate da filetti congelati, provenienti principalmente da Indonesia (2.400 t, +50%) e Vietnam. Il prezzo medio dei filetti congelati è stato tra gli 11 e i 12 $/kg. Nel 2016 le importazioni di prodotti lavorati (filetti e tonno in scatola) sono risultate appena superiori alle 190.000 t, pari al 6% in meno sull’anno precedente; buona la domanda di Albacore (Thunnus alalunga) sia in scatola sia in confezioni sottovuoto nonostante il prezzo superiore di 1 o 2 $ allo Skipjack. Nel mercato dei trasformatori la Tailandia è sempre prima, seguita

82

dall’Ecuador, mentre il terzo posto per volumi lavorati è stato acquisito dalle Filippine che hanno superato la Spagna, mentre la Cina è rimasta in quinta posizione. La Tailandia si è confermata un bacino di importazione significativo con 700.000 t di pesce fresco (+8% sul 2015); sul fronte delle vendite il prodotto inscatolato ha visto diminuire le esportazioni verso gli Stati Uniti e il Medio Oriente. L’Ecuador ha beneficiato degli accordi di scambio preferenziale con l’Unione Europea, che hanno condotto ad un aumento delle esportazioni: sempre prima la Spagna con oltre 45.000 t (ma –5% sul 2015), mentre Italia (9.200 t, +72%) e Portogallo (1.800 t, +29%) sono risultati mercati di destinazione alternativi per i filetti cotti del paese andino. Tailandia e Filippine hanno mostrato un commercio estero in leggera contrazione, rispettivamente –0,3% e –2%. La Spagna ha realizzato importazioni, nel 2016, per 162.000 t di tonno congelato, oltre a 66.000 t di filetti cotti per la lavorazione, questi ultimi prevalentemente dall’Ecua-

dor e dalla Cina. Le esportazioni del prodotto spagnolo sono aumentate del 2,4% rispetto al 2015 con mercati principali Italia, Francia, Portogallo, Regno Unito, Paesi Bassi e Germania. L’esportazione delle isole Mauritius è rimasta stabile attorno alle 57.000 t per la riduzione consistente (–13%) delle spedizioni di tonno inscatolato verso il Regno Unito, appena compensate dagli aumenti verso Italia e Portogallo di filetti cotti. Le importazioni di tonno in scatola nell’Unione Europea hanno visto, nel 2016, un declino del 3% assestandosi a 423.000 t, in particolare per Regno Unito, Spagna, Francia e Germania, controbilanciate da un incremento in Repubblica Ceca, Ungheria e Romania. Le importazioni del Canada sono scese del 3% per una minore entrata di prodotto dalla Tailandia, maggiore fornitore; tuttavia, altri paesi come le Filippine (+33%), l’Italia (+20%) e il Vietnam (+9%) hanno goduto dell’apertura del mercato canadese. Roberto Villa

IL PESCE, 6/17


Consorzio di tutela delle Trote del Trentino Igp e del Salmerino del Trentino Igp, prezzi relativi all’annata 2017-2018 Nella riunione tenutasi lo scorso 27 settembre, presenti i responsabili delle aziende produttrici di uova, sono stati stabiliti i prezzi relativi all’annata 2017/2018 che vi riportiamo in tabella.

Prezzi €/1.000 uova – 2017/2018 settembre – novembre

13,80

dicembre – marzo

13,50

aprile – giugno

13,80

sterili

+6,00

9,80

18,00

Uova Salmerino Alpino

22,00

Uova Salmerino di Fonte

13,00

Uova Salmerino Spartict

17,50

Uova Iridea

Uova Fario

LB Comunicazione

sterili

La qualità non ha bisogno di parole

Produzione | Lavorazione| Commercializzazione

Trote della Valnerina

ITTICA TRANQUILLI srl Società Agricola Loc. Corone | 06047 - Preci (PG) | Tel. 0743.939002 | Fax 0743.939004 info@itticatranquilli.com | www.itticatranquilli.com


INDAGINI

Orata, la struttura del prezzo nella catena di approvvigionamento

Il caso studio condotto dall’European Market Observatory for Fisheries and Aquaculture Products (EUFOMA) si è focalizzato sull’orata (Sparus aurata) allevata fresca, quasi esclusivamente sotto forma di pesce intero, non eviscerato, fresco o refrigerato e, in maniera marginale, filettato fresco e congelato (con una resa del filetto del 25%). Offerta L’offerta europea di orate dipende per il 96% dall’acquacoltura. Nella UE, le catture di orate sono dominate da Francia, Italia e Spagna e, fuori dalla Unione Europea, da Tunisia, Egitto e Turchia. In anni recenti le catture della UE sono rimaste

84

abbastanza stabili, intorno alle 3.000 tonnellate. Su base annuale le catture mondiali di orata sono state in media di 8.000 tonnellate. Il Mediterraneo fornisce quasi tutto l’approvvigionamento mondiale. Nella UE vengono pescate anche altre specie di sparidi, circa 6.000 tonnellate all’anno, in particolare la tanuta (Spondyliosoma cantharus) con 3-4.000 tonnellate, soprattutto in Francia, e la pezzogna (Pagellus bogaraveo) con 1.500 tonnellate, essenzialmente in Portogallo. Ai fini dello studio, la produzione acquicola è stata analizzata facendo riferimento ai dataset derivanti da due fonti diverse: FAO e FEAP (i dati raccolti da FEAP non riguardano la pesca

ma forniscono anche informazioni sulla produzione giovanile). Secondo i dati FEAP, la produzione europea di orate allevate è aumentata considerevolmente dal 2005 al 2008, raggiungendo il livello record di 166.000 tonnellate nel 20081. Dall’altra parte, è interessante notare che, secondo la FAO, tale picco si riflette sui risultati di produzione del 2009, mentre è stato registrato per il 2008 solo un limitato incremento del 2% rispetto all’anno precedente. La situazione di sovrapproduzione del 2008 ha portato ad una crisi del prezzo, causando una riduzione dell’offerta dei due principali produttori (–21% per la Grecia e –11% per la Turchia), tra il 2009 e il

IL PESCE, 6/17



L’offerta europea di orate dipende per il 96% dall’acquacoltura. Nella UE, le catture di orate sono dominate da Francia, Italia e Spagna e, fuori dalla UE, da Tunisia, Egitto e Turchia. Negli ultimi anni le catture della UE sono rimaste abbastanza stabili, intorno alle 3.000 t. Nella foto un allevamento di orate in Croazia (photo © Branko Ostojic). 2010. Nel 2011, la produzione greca ha continuato a scendere (–15%), mentre la Turchia ha aumentato la sua, tornando ai livelli pre-crisi. Nel 2012, la Grecia ha iniziato a crescere nuovamente (+20%) così come la produzione della Spagna (+15%), il secondo più grande produttore dell’Unione Europea. Negli ultimi anni, la produzione europea (inclusa la Turchia) si è stabilizzata intorno alle 146.000 tonnellate, con la Turchia che ha aumentato la sua quota (dal 18% nel 2009 al 33% nel 2015) a scapito della UE (da 82% nel 2009 a 67% nel 2015). La produzione italiana è rimasta relativamente stabile tra le 9.000 e le 10.000 tonnellate tra il 2003 e il 2011. Successivamente, è diminuita costantemente, a causa della forte concorrenza di Grecia e Turchia, raggiungendo le 7.360 tonnellate nel 2015, il livello più basso dal 2000. L’Italia rappresenta il 7% della produzione UE nel 2015 (rispetto al 10% del 2011 e il 13% del 2002). Dopo un periodo di forte crescita, che portò al record del 2006 e alla

86

crisi di sovrapproduzione del 2008 della taglia di mercato dell’orata, la produzione della UE di avannotti di orata è diminuita fino al 2009. Successivamente è cresciuta nuovamente e dal 2011 ad oggi la produzione si è relativamente stabilizzata intorno ai 425-440 milioni di avannotti. A livello di bacino del Mediterraneo2, nel 2012 il record è stato raggiunto con 599 milioni di avannotti di orate prodotte, grazie alla forte crescita della produzione turca di avannotti, che ha portato ai livelli record la produzione delle taglie commerciali delle orate tra il 2014 e il 2015 in questo Paese. L’orata allevata in Italia L’acquacoltura italiana di orate si basa su due principali sistemi di allevamento: gabbie a mare e sistemi a terra. Le due regioni dell’Italia centrale, Lazio e Toscana, rappresentano più della metà della produzione totale (rispettivamente il 27% e il 25%), seguite da Sicilia (20%) e Sardegna (15%).

Il mercato dell’orata fresca nella UE Il consumo apparente della Unione Europea (UE-28) per l’orata fresca ammonta a 107.300 tonnellate nel 2015, stabile se comparato al 2014. L’Italia è il mercato più grande, seguita da Grecia e Spagna. Questi tre paesi membri rappresentano, in termini di volume, il 77% dell’intero mercato della UE. Il più alto consumo pro capite è registrato in Grecia (2,8 kg), seguita da Cipro (0,7 kg), Portogallo (0,6 kg) e Italia (0,5 kg). Il mercato italiano Il mercato italiano dell’orata fresca ammonta a 31.400 tonnellate. Dopo un periodo di forte crescita tra il 2009 e il 2012 (+26%), il mercato ha registrato una tendenza a decrescere (–9% tra il 2009 e il 2012). Infatti, a causa della forte competizione degli esportatori (Grecia, Turchia), la produzione acquicola italiana è diminuita rifondandosi sulla qualità, come ad esempio la produzione biologica, che è passata dalle 402

IL PESCE, 6/17


L’orata fresca è venduta soprattutto nei banchi del pesce dei supermercati. Nel 2010, la quota di mercato della grande distribuzione organizzata era maggiore per l’orata (66%) rispetto agli altri pesci freschi (59%). Infatti, i prodotti di acquacoltura, rispetto a quelli provenienti dal pescato, si adattano maggiormente ai bisogni dei supermercati, che sono alla ricerca di un approvvigionamento costante lungo tutto l’arco dell’anno, con stabilità di prezzi e di tracciabilità. Da allora la situazione è leggermente cambiata: all’interno dei supermercati, l’orata fresca è ancora venduta un po’ più delle altre specie di pesce, ma attualmente le differenze sono più esigue (photo © Roman Pyshchyk). tonnellate di orata organica nel 2013 alle 968 tonnellate nel 2014 e 1.526 tonnellate nel 20153. Con quasi il 9% delle quantità totali consumate fresche, l’orata è la principale specie consumata in Italia e ha significativamente aumentato la sua posizione tra il 2005 e il 2010, con una quota di mercato passata dal 7,7% nel 2005 all’8,9% nel 2010. Dal 2010, la quota di orata risulta

abbastanza stabile. L’orata allevata rimane attrattiva da un punto di vista del prezzo e mantiene un’immagine positiva nella mente dei consumatori. Secondo le informazioni collezionate attraverso le interviste agli stakeholders, i principali sostituti all’orata fresca sono: • la spigola allevata (Dicentrarchus labrax), che è prodotta dagli stessi produttori con gli

stessi processi produttivi; • altri pesci allevati e regolarmente disponibili, sia quelli prodotti localmente (cefali) che quelli importati (salmone); • e, in misura minore, le specie selvatiche “mediterranee” (oltre all’orata selvatica): il dentice (Dentex dentex), la pezzogna (Pagellus bogaraveo) e il fragolino4, ecc…

Tabella 1 – Consumo apparente dell’orata fresca in Italia (tonnellate) Tonnellate

2008

2009

2010

2011

2012

2013

2014

2015

Produzione, acquacoltura

9.600

9.600

9.800

9.700

8.700

8.400

8.200

7.400

300

300

300

400

700

600

500

900

Importazione

19.200

19.300

22.500

22.700

25.500

25.500

25.900

26.100

Esportazione

1.800

2.300

2.100

1.600

900

2.000

2.300

3.300

27.300

26.900

30.500

31.200

34.000

32.500

32.300

31.100

Produzione, pesca

Mercato apparente Fonte: API, FAO,COMEXT.

IL PESCE, 6/17

87


greca e turca, e anche perché non viene esportata solo orata allevata ma anche quella selvatica (così come Francia e Portogallo), maggiormente costosa. L’Italia importa anche quantità di orata congelata (297 t nel 2015), fornite dai Paesi Bassi (196 t), Grecia (44 t), Turchia (28 t) e Spagna (21 t).

Il mercato dell’orata si segmenta secondo il metodo di produzione (acquacoltura/pesca), la taglia, l’origine, la qualità e, in misura minore, la presentazione (photo © marioav – stock.adobe.com). Il mercato italiano dell’orata è approvvigionato per oltre il 75% dalle importazioni. La Grecia è di gran lunga il principale fornitore, provvedendo al 60% del totale delle importazioni (nel 2015), seguita da Turchia (21%), Croazia (7%) e Malta (6%). Turchia e Croazia hanno fortemente sviluppato le loro esportazioni verso l’Italia negli ultimi anni, passando da meno di 1.900 tonnellate nel 2008 a 5.400 tonnellate nel 2015 per la Turchia; da 300 tonnellate a 1.800 tonnellate per la Croazia, durante lo stesso periodo. Spagna, Francia e Portogallo forniscono volumi più bassi, ma con prodotti a più alto valore. Il periodo analizzato (2000-2015) è stato rimarcato da forti fluttuazioni: un’importante diminuzione del prezzo nel 2008 è stato causato dalla crisi di sovrapproduzione (Grecia, Turchia). Nel 2011, questi due principali fornitori hanno registrato un drammatico aumento del prezzo, 17% per la Grecia e 25% per la Turchia, come conseguenza di un’offerta limitata. I prezzi sono crollati velocemente nel 2012 (intorno al 20%), a causa di un significativo aumento della produzione, e hanno mantenuto

88

questi livelli anche nel 2013. Sono aumentati ancora fortemente nel 2014 (+10%) e nel 2015 (+11%), ritornando ai livelli del 2011. La Grecia è di gran lunga il principale fornitore italiano (70% delle importazioni italiane nel 2014) e la diminuzione della produzione greca nel 2014 (da 75.000 a 71.000 tonnellate) e nel 2015 (da 71.000 a 65.000 tonnellate) ha causato aumenti del prezzo. Dato che la Grecia è il paese che influenza maggiormente il prezzo, i prezzi turchi sono aumentati quasi dello stesso tasso. Nel 2015, l’assenza di orata è stata particolarmente sentita nei mesi estivi, con prezzi molto alti che hanno significativamente impattato sul prezzo medio delle importazioni di quell’anno. La diminuzione della produzione italiana nel 2014 e 2015 deve essere presa in considerazione anche in tal senso. L’orata di origine spagnola è caratterizzata da una diversa evoluzione del prezzo: un aumento osservato in particolar modo dal 2005 (un aumento del 50% tra il 2005 e il 2013). La Spagna è stata capace di aumentare i suoi prezzi grazie ad una maggiore qualità e a taglie più grandi di quelle fornite dalla produzione

Il bilancio di approvvigionamento italiano per l’orata fresca (2015) L’orata fresca è venduta soprattutto nei banconi del pesce dei supermercati. Nel 2010, la quota di mercato della grande distribuzione organizzata è stata maggiore per l’orata (66%) rispetto a tutti i pesci freschi (59%). Infatti, i prodotti dell’acquacoltura, rispetto a quelli provenienti dal pescato, si adattano maggiormente ai bisogni dei supermercati, che sono alla ricerca di un approvvigionamento costante lungo tutto l’anno, sia per quanto riguarda la stabilità dei prezzi che la tracciabilità. La situazione è cambiata leggermente da allora. All’interno dei supermercati l’orata fresca è ancora venduta un po’ di più delle altre specie di pesce, ma attualmente le differenze sono più esigue: • i grandi rivenditori commercializzano più di due terzi dei volumi. Essi sviluppano etichette private sui prodotti allevati in Italia; • poiché la produzione di acquacoltura italiana negli ultimi anni è diminuita (da 9.700 tonnellate nel 2011 a 7.360 tonnellate nel 2015), la domanda è soddisfatta dalle importazioni oppure da minori esportazioni. Segmentazione del mercato Il mercato dell’orata si segmenta secondo il metodo di produzione (acquacoltura/pesca), la taglia, l’origine, la qualità e, in misura minore, la presentazione. Segmentazione per metodo di produzione Il mercato dell’orata pescata si può stimare inferiore a 1.000 t, ossia meno del 3% del mercato totale. Le catture locali vengono integrate da alcune importazioni provenienti

IL PESCE, 6/17


Tabella 2 – Principali specie consumate fresche in Italia 2010 Specie

In volume (%)

2015

In valore (%)

In volume (%)

In valore (%)

Orata

8,9

8,1

8,8

8,6

Cozza

8,9

2,1

8,5

2,1

Salmone

4,0

4,8

7,4

8,8

Trota

6,2

5,2

7,0

6,9

Acciuga

6,8

3,9

6,1

3,6

Spigola

6,5

6,5

6,0

6,3

Vongola

4,7

3,8

4,7

3,9

Calamaro

3,6

3,9

4,0

4,0

Gamberetti

3,5

5,0

3,8

5,4

Nasello/pollack

3,9

4,5

3,8

4,2

Polpo

4,3

4,6

3,3

3,8

Pesce spada

3,1

6,0

3,1

5,5

Seppia

2,9

2,9

2,4

2,6

Sogliola

2,2

3,9

1,9

3,2

Persico

2,2

2,4

1,7

1,9

Cefalo

1,7

2,0

1,5

1,6

Altro

28,3

30,4

27,5

27,6

100,0

100,0

100,0

100,0

Totale Fonte: ISMEA.

Tabella 3 – Luoghi di vendita dell’orata fresca (volume) 2010 %

Tutte le specie

2015 Orata

Tutte le specie

Orata

Supermercati

59,1

66,2

67,1

68,1

Pescherie

28,9

22,1

24,3

24,0

Negozi mobili e mercati locali

9,0

8,0

7,5

6,7

Altro

3,0

3,7

1,1

1,1

100,0

100,0

100,0

100,0

Totale Fonte: ISMEA.

dalla Spagna. Le specie pescate sono considerate come migliori di quelle allevate, più naturali e di maggiore qualità. Ciò si riflette nel prezzo, che può raggiungere i 40 €/kg al dettaglio (rispetto ai 9-17 €/kg per le orate allevate). La domanda per

IL PESCE, 6/17

l’orata pescata esiste principalmente nei canali tradizionali (pescherie), mentre la grande distribuzione organizzata generalmente si focalizza sull’orata allevata. L’orata pescata, catturata e sbarcata dai pescatori italiani viene pagata al produttore

intorno ai 13 €/kg, che significa circa due volte il prezzo pagato agli allevatori italiani. Nelle aste (mercati di prima vendita), il prezzo dell’orata pescata può variare dai 4 ai 28 €/kg, in base a taglia, tecnica di pesca e volume sbarcato. Nel 2015, il prezzo più rappresentativo (quello di Civitavecchia) è stato quello tra i 15 e i 19 €/kg. Segmentazione per taglia Gli allevatori italiani hanno provato a differenziarsi dai competitori greci e turchi producendo taglie più grandi. Questi competitori, infatti, generalmente producono piccoli pesci (soprattutto con un peso di 250-300 grammi). Gli allevatori italiani con gabbie a mare offrono migliori prezzi e creano un’immagine più positiva quando offrono pesci di dimensioni più grandi. Rispetto alle orate di 300400 g, il premium è di circa 0,60 €/ kg per i pesci da 400-600 g, 1,80 €/ kg per quelli da 600-800 g e 3,40 €/ kg per le orate sopra gli 800 g. Segmentazione per origine Le orate di origine italiana sono vendute ad un premium, rispetto ai prodotti greci, che può essere ritrovato nell’offerta di orata fresca dell’ESSELUNGA. Tuttavia questo premium è collegato soprattutto alla taglia, dal momento che l’orata italiana viene generalmente venduta a taglie più grandi di quelle greche, come sopra spiegato. Anche Turchia e Malta forniscono qualità basse/nella media e taglie piccole5-6. Spagna e Francia vendono qualità più elevate e taglie più grandi (e una parte di orate pescate all’interno del volume delle esportazioni spiega in parte un prezzo medio più alto); questo tuttavia resta un mercato di nicchia. I prodotti di origine italiana rappresentano un terzo del consumo totale, mentre i prodotti a basso prezzo, importati da Grecia, Turchia, Malta e Croazia, rappresentano più del 70%. Segmentazione per etichette/marchi I maggiori venditori al dettaglio hanno sviluppato etichette private sui prodotti acquicoli. COOP Italia, leader del mercato, ha per esempio

89


7 specie iscritte a tale schema: la trota iridea, la spigola, l’orata, il salmone, il rombo chiodato, le mazzancolle o gamberoni, il persico, con descrizioni dettagliate su tracciabilità, sostenibilità e benessere animale. Per l’orata la COOP ha selezionato pochi fornitori, che producono tutti in gabbie a mare. Nel dicembre 2016, l’orata da 300-400 grammi con il marchio COOP7 è stata venduta a 14,90 €/kg, mentre le orate di origine greca senza il marchio COOP sono state vendute a 10,90 €/kg (e in offerta speciale anche a 7,90 €/kg). ESSELUNGA include orate allevate all’interno del suo schema di qualità Naturama8. Nel luglio 2016, l’orata Naturama di origine italiana è stata venduta ad un prezzo del 54% superiore di quello greca (16,80 vs 10,90 €/kg). I prodotti italiani generalmente hanno anche un peso unitario più alto (500 grammi per i prodotti italiani vs. 250 grammi per l’orata greca). L’orata Naturama viene allevata solo in Italia (Sardegna o Orbetello) e viene monitorata per la tracciabilità e per il rispetto delle disposizioni date dallo schema. Segmentazione per presentazione Una delle principali caratteristiche del mercato dell’orata italiana è che esso è principalmente fresco, tendente ad un’ampia oscillazione del prezzo. Per tradizione, i consumatori italiani non consumano solo pesce fresco, ma anche intero, e specialmente l’orata. Il mercato è pertanto caratterizzato da un valore aggiunto e uno sviluppo del prodotto limitati. I prodotti sfilettati hanno recentemente iniziato a svilupparsi e molti venditori al dettaglio vendono filetti di orate. Per esempio, nel luglio 2016 ESSELUNGA ha venduto filetti di orata (le orate vengono sfilettate in Grecia, dove i costi di sfilettamento sono più bassi che in Italia) a 24,76 €/kg (in offerta speciale a 19,80 €/kg) mentre AUCHAN ha venduto filetti di orata a 28,29 €/kg. ESSELUNGA propone anche filetti di orate aromatizzate, venduti a 27,80 €/kg nel luglio 2016: filetti con fette di limone, pomodoro ciliegino tagliato, sale marino, rosmarino, aglio, salvia, ginepro, prezzemolo e piante aromatiche.

90

Il più alto consumo pro capite di orata si registra in Grecia. L’Italia è quarta. Panoramica sui principali mercati della UE Grecia La Grecia detiene la più vasta produzione di orate nella UE (e nel mondo), e non solo è il primo esportatore, ma ha anche un forte mercato interno con un consumo pro capite che si è avvicinato ai 3 kg nel 2015. A seguito della crisi di sovrapproduzione del 2008 (anno record, con una produzione di 94.000 t), la produzione greca di orata allevata è decresciuta raggiungendo le 63.000 t nel 2011 secondo i dati FEAP. Il settore, stabile in termini di capacità dal momento che dal 2006 non sono state stabilite nuove licenze, si è risollevato dopo la crisi grazie ad una forte domanda, a prezzi più alti e ad una stabilizzazione del mercato. Ad ogni modo, la produzione negli ultimi anni (2013-2015; i dati alla produzione si differenziano in base alle fonti, tuttavia i trend sono gli stessi: –13% per FEAP per gli anni 2013-2015, –16% per Eurostat) ha registrato un trend decrescente. La Grecia fornisce i due terzi della

produzione di orata della UE ed esporta dalle 40.000 alle 50.000 t all’anno. Le principali destinazioni sono l’Italia (49% dei volumi totali esportati dalla Grecia nel 2015), la Francia (15%), il Portogallo (12%) e la Germania (6%). A seguito del pesante crollo del 2008 (il prezzo è crollato da 3,97 €/kg nel 2007 a 3,23 €/kg nel 2008), il prezzo delle esportazioni medie dell’orata greca si è risollevato: è salito a 3,65 €/kg nel 2009 e ha raggiunto un nuovo livello massimo nel 2011 (5,11 €/kg) prima di ritornare ai livelli normali nel 2012 (4,28 €/kg) e 2013 (4,10 €/kg). Nel 2014 e 2015 il prezzo delle esportazioni è nuovamente aumentato, riproponendo una riduzione nella produzione greca (da 75.000 t nel 2013 a 65.000 t nel 2015). Nel 2016, il prezzo ha iniziato a decrescere nuovamente a 5,39 €/kg a luglio, 5,01 €/kg a settembre e 4,42 €/kg a novembre. Spagna Il mercato spagnolo è il terzo più grande, dopo Italia e Grecia. Il consumo apparente di orata ha registra-

IL PESCE, 6/17


to una forte diminuzione all’inizio del 2010, crollando da 24.800 tonnellate nel 2010 a 18.100 tonnellate nel 2012, stanziandosi da allora a tale livello. A differenza del mercato italiano, quello spagnolo è un mercato che si approvvigiona essenzialmente di produzione interna. Negli ultimi anni del 2000, la produzione acquicola spagnola di orate ha superato le 20.000 t, raggiungendo il suo livello massimo nel 2008 con 23.930 t. Dopo un forte decremento tra il 2010 e il 2011, la produzione si è stabilizzata ad un livello leggermente superiore alle 16.000 t tra il 2013 e il 2015. Due industrie, Culmarex e Tinamenor Group, controllano il 60% della produzione spagnola. La Spagna esporta principalmente ai suoi due vicini, Portogallo (3.100 t nel 2015) e Francia (1.400 t). Limitate sono le vendite per l’Italia (900 t). Le importazioni di orata (6.400 t nel 2015) vengono assicurate da Turchia (67% del totale) e Grecia (27%). Tra il 2010 e il 2011 il prezzo di mercato si è risollevato e il prezzo medio all’ingrosso dell’orata allevata ha raggiunto i 5,69 €/kg a Mecabarna nel 2011 (stesso livello della spigola allevata). Nel 2012 il prezzo dell’orata è sceso a 4,94 €/kg (–13% rispetto al 2011), mentre il prezzo per la spigola ha continuato ad aumentare fino a raggiungere i 6,51 €/kg (+14%). Dal 2012 le tendenze si sono invertite: il prezzo dell’orata è aumentato

costantemente fino a raggiungere i 6,04 €/kg nel 2015, tanto da superare leggermente quello della spigola (5,97 €/kg nel 2015). (Fonti: “L’orata in Italia” Direzione generale per gli Affari Marittimi e Pesca della Commissione Europea EUFOMA – www.eumofa.eu) Note 1.La grande crisi dei prezzi del 2008 dovuta alla sovrapproduzione che ha portato gli agricoltori a ridurre la produzione appare chiaramente nelle statistiche della FEAP: il 2008 è l’anno più alto con 134.200 t, con un forte aumento della produzione rispetto all’anno precedente (+17.000 t). 2.Anche l’Egitto e Israele sono produttori significativi di orate allevate (secondo la FAO, rispettivamente 16.100 t e 1.700 t nel 2015), ma la loro produzione di giovanili non è nota. 3.Fonte: CREA-BioBreed-H 2 O Project. 4.Le catture italiane nel 2015: 1.070 t di fragolino, 931 t di orate, 136 t di pezzogna, 179 t di dentice. 5.Non c’è un collegamento diretto tra taglia e qualità (sebbene una durata minima di allevamento è necessaria per garantire un livello minimo di qualità), ma esiste una segmentazione del mercato basato sulla dicotomia taglia/qualità e il mercato spesso associa, forse erro-

SEPPIA RIPIENA con mousse di zucchine e gambero

ripieni di sapore!

neamente, piccole taglie a qualità inferiori. 6.Come evidenziato in Globefish (“Rapporto sulla spigola e l’orata” – marzo 2015) per quanto riguarda l’Italia: “molti venditori al dettaglio utilizzano tre categorie di prodotti: ampi volume a prezzi bassi di origine turca, prodotti greci come standard, e come prodotto principale, i prodotti italiani, che sono in qualche modo più grandi di taglia”. 7.I pesci sotto il marchio COOP sono soggetti ad alti standard qualitativi e di sicurezza: il processo di allevamento è sottomesso a doppia certificazione da due enti autonomi, che certificano il controllo dello stadio della filiera, l’assenza di ingredienti di origine terrestre nei mangimi, l’origine italiana dell’orata, della spigola e della trota, l’assenza di OGM, la tracciabilità, l’assenza di coloranti, e i grassi contenuti nei filetti di orata, spigola e trota (fonte: COOP Italia). 8.Naturama, il marchio di sicurezza della qualità di ESSELUNGA, viene utilizzato per la carne fresca, il pesce, la frutta e le verdure e le uova. Si focalizza sulla qualità e la tracciabilità e introduce schemi di controllo qualitativi in tutte le fasi del prodotto. Foto A pagina 84 photo © lilechka75 – stock.adobe.com.

PRONTO IN MINUTI

10


2017 Meat Price Index: il livello di accessibilità alle proteine animali nel mondo La società britannica CATERWINGS ha elaborato e recentemente reso pubblico il 2017 Meat Price Index, uno studio attraverso il quale vengono analizzati i prezzi di numerosi prodotti agroalimentari nelle città principali di ogni Paese per determinarne il grado di accessibilità da parte dei consumatori. L’analisi è stata oggetto di attenzione soprattutto per quanto riguarda le carni, che nella ricerca comprendono carni bovine, suine, avicole, ovine e seafood (pesce bianco, salmone e gamberi).

Consumatori di proteine animali Caterwings ha definito un proprio indice dei prezzi, che raccoglie i dati ottenuti a partire dai principali produttori e consumatori di proteine animali nel mondo, passando in rassegna centinaia di retailer: ha compilato una lista con i Paesi che più producono e consumano carne e pesce, prendendo in esame i prezzi nelle principali città di ogni nazione presa in esame e ponendo come vincolo che gli abitanti delle città corrispondessero almeno al

25% del totale della popolazione di ciascun Paese considerato. Successivamente, i prezzi ottenuti sono stati posti in relazione con il salario minimo di ciascun Paese, per calcolare quante ore servivano a ciascuno per acquistare uno specifico taglio di carne. I dati sono stati poi messi a confronto, calcolando un indice di deviazione tra i diversi Paesi. Dallo studio emerge che in Italia il consumo medio annuo di carne (manzo, pollo, agnello e pesce) è di kg 90,7 a persona: il dato conferma

L’analisi della società britannica Caterwings ha indagato soprattutto le carni, che nella ricerca comprendono quelle bovine, le suine, le avicole, le ovine e il seafood (pesce bianco, salmone e gamberi). Caterwings ha definito un proprio indice dei prezzi, passando in rassegna centinaia di retailer.

92

IL PESCE, 6/17



2017 Meat Price Index consultabile on-line Al link www.caterwings.co.uk/caterers/2017-meat-price-index-eur è possibile analizzare la grande tabella a matrice che mette in relazione i prezzi in euro nei vari Paesi alle tipologie di proteine animali e sotto-tipologie. Queste ultime sono: • carne bovina: 1 kg di coscia, filetto, macinato; • carne avicola: 1 kg di coscia, petto; • carne suina: 1 kg di salsiccia, prosciutto, braciola; • carne ovina: 1 kg di lombo o costina; • pesce bianco: 1 kg di filetto di tilapia, merluzzo, pangasio; • salmone: 1 kg di filetto o bistecca di salmone, con o senza pelle; • gamberi: 1 kg di gamberi di media misura.

Alcune informazioni sulla modalità di raccolta dati • • • • • • • •

94

Nella ricerca il consumo medio di proteine animali è stato calcolato per persona e indicato in chilogrammi, sulla base di dati FAO. I prodotti analizzati non sono biologici. La data di rilevazione dei prezzi è il 15 luglio 2017, con le conversioni dei tassi di cambio di Bloomberg Markets. Il salario minimo orario per nazione è stato utilizzato per calcolare le ore lavorative necessarie ad acquistare ogni tipologia di carne. Nel caso in cui nel Paese considerato questa informazione fosse assente è stato preso in esame il salario medio con una tipologia di lavoro comune o non specializzata. In molti mercati il consumo di carne di maiale è proibito per motivi religiosi. Alcuni retailer comunque offrono alcune tipologie di prodotti di carne suina ma, essendo una tipologia spesso poco consumata, per i mercati musulmani questa proteina animale non è stata presa in considerazione ai fini dell’analisi. Caterwings ha comunque specificato che, nonostante tale assenza, il calcolo degli indici per Paese non ha risentito variazioni.

IL PESCE, 6/17


Man mano che il mondo comincia a riflettere sulle implicazioni della globalizzazione, questo studio dimostra che il tema del prezzo del cibo deve entrare nell’agenda di chi ci amministra Il Meat Price Index segnala anche la quantità di lavoro che serve ad un cittadino in ogni Paese per acquistare un porzione di carne, mostrando le enormi differenze di salario e di potere d’acquisto che ci sono tra i vari contesti (photo © FAO). il nostro Paese come particolarmente “fortunato”, visto che questo genere di alimenti non è facilmente accessibile per molte fasce di popolazioni presenti soprattutto nei Paesi meno sviluppati. I Paesi che mangiano più carne sono Australia (kg 111,5), Austria (kg 102), Argentina (kg 98,3), Danimarca (kg 95,2), Spagna (kg 97). Di contro, in India o in Indonesia il consumo pro capite è rispettivamente di kg 4,4 e kg 11,6. Ma se in maniera semplicistica la Svizzera è in testa alla classifica in termini di prezzi di carne più elevati, e l’Ucraina in

coda, lo studio ha permesso di verificare l’abbordabilità di questo tipo di alimenti. In India, mediamente, bisogna lavorare un’intera settimana per comprare un pezzo di carne, mentre in Norvegia, per acquistare lo stesso identico prodotto, meno di un’ora. Una disuguaglianza su cui riflettere a livello politico «Abbiamo iniziato questa analisi come semplice ricerca di mercato per creare un indice dei prezzi per il settore catering — ha commentato A LEXANDER B RUNST ,

CEO di Caterwings — ma abbiamo finito col raccogliere talmente tanti dati che ci hanno consentito di formulare un indice dei prezzi che, a questo punto, necessità di non poche riflessioni. È evidente la diseguaglianza a livello internazionale e, man mano che il mondo comincia a riflettere sulle implicazioni della globalizzazione, il nostro studio dimostra chiaramente che il tema del prezzo del cibo deve entrare nell’agenda di chi ci amministra». Fonti: UNAItalia, www.unaitalia.com Caterwings, www.caterwings.co.uk

SEDE CENTRALE Via Milano, 162 M 16126 Genova Tel. +39 010 8599200 Fax +39 010 8599299 Web: www.verrini.com E-mail: verrini@verrini.com


EVENTI

A Bologna la Fabbrica Italiana Contandina apre le sue porte al mondo

Piacere, FICO! di Gaia Borghi

È fatta. Aperta ufficialmente al pubblico il 15 novembre — ma presentata a 700 giornalisti di provenienza internazionale la settimana prima e alla città di Bologna il giorno 14 — FICO Eataly World si è messa in moto. O, per meglio dire, ha finalmente disvelato al mondo le sue multiformi fattezze. La “creatura” del fondatore di Eataly OSCAR FARINETTI e del professor ANDREA SEGRÈ, agronomo, economista e presidente della neonata Fondazione FICO, ha infatti questa caratteristica evidente: non è semplice racchiuderla all‘interno di un’unica definizione. Basta soltanto leggere le tante e diverse espressioni utilizzate per descriverla: FICO in-

fatti è “il parco dell’agroalimentare più grande del mondo”, “la struttura di riferimento per la divulgazione e la conoscenza del food made in Italy”, “un volano di attrazione turistica a livello internazionale”, “una città del cibo”, “il Luna Park del tortellino, la Disneyland del culatello, la Gardaland della mortadella”. FICO è una sorta di «Expo permanente che racchiude tutta la meraviglia della biodiversità italiana in un unico luogo e mette l’Italia al centro del mondo» ha detto Farinetti alla conferenza stampa inaugurale. «FICO nasce per insegnare, educare, trasmettere il gusto alimentare italiano» ha ribattuto un gongolante

Virginio Merola, sindaco della città. «La nostra piccola vendetta per gli spag(h)etti bolognesi. Perché noi siamo quello che mangiamo e chi mangia da solo digerisce malissimo». Assaggiare, comprare e ascoltare storie di cibo FICO sorge su un’area di 100.000 m2, di cui 80.000 coperti, negli spazi del CAAB, il Centro agroalimentare di Bologna. L’architetto Thomas Bartoli ha rimesso a nuovo la struttura, salvando anche una parte del vecchio mercato. «Abbiamo valorizzato un bene comune, il cibo» ha dichiarato Segrè all’indomani dell’apertura di FICO. Il parco, infatti, è stato

Il taglio del nastro con il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni (photo © www.comune.bologna.it).

96

IL PESCE, 6/17



1

2

3

4

1) Il Teatro Arena. 2) La FICO-bici targata Bianchi. 3) Le botti di vino bianco delle Langhe nella Bottega del Vino. 4) Mariangela Grosoli, presidente del Consorzio di tutela Aceto Balsamico di Modena Igp, nello spazio denominato “Le Terre del Balsamico”a FICO, condiviso con i Consorzi di Tutela Aceto Balsamico Tradizionale di Modena e Reggio Emilia.

Il Parmigiano Reggiano a FICO Con l’apertura di una forma di Parmigiano Reggiano Dop di montagna stagionato 27 mesi è ufficialmente partita l’avventura del Consorzio del Parmigiano Reggiano a FICO. «Inteso come vetrina e come porta d’ingresso al mondo delle eccellenze alimentari made in Italy, il progetto FICO ha una valenza altissima: si stima che ogni anno sei milioni di visitatori, tra italiani e stranieri, possano passare in questo spazio» ha dichiarato direttore Riccardo Deserti. «Il nostro obiettivo è far innamorare queste persone di un prodotto unico per tradizioni e qualità organolettiche, portandole poi nel comprensorio del Re dei Formaggi. Non dimentichiamo, infatti, che ad una distanza di soli 15 km da FICO sorgono i primi caseifici impegnati nella produzione del Parmigiano Reggiano». All’interno di FICO il Consorzio del Parmigiano Reggiano ha una delle cosiddette “Fabbriche”: uno spazio, dove, grazie alle nuove tecnologie, i visitatori possono fare un’esperienza “immersiva”, vivendo l’emozione della nascita del Parmigiano. Grazie alla collaborazione con i diversi produttori, è poi possibile conoscere e assaggiare l’intero ventaglio di varietà della Dop:dal Parmigiano Reggiano 12 mesi, a quello 24-30 mesi, allo stagionato 70 mesi e oltre. Senza dimenticare il Parmigiano Reggiano Dop di montagna, il Dop da latte di vacche Rosse, il Dop Kosher e il Dop Halal, per citarne soltanto alcune tipologie. A FICO il Consorzio organizzerà anche attività didattiche, degustazioni guidate e corsi di assaggio,proponendo pairing con vini e birre artigianali.

98

IL PESCE, 6/17


1

2

3

4

5

6

1/2) Nell’area esterna di FICO sono state allestite le “residenze” degli animali, in rappresentanza di circa 200 razze. L’area si distingue in animali da carne e da latte, con uno spazio dedicato agli animali da cortile e un grande pollaio. 3/4) Intorno alla struttura principale si trovano le coltivazioni, il vigneto e l’uliveto, l’agrumeto (questo però al coperto, in serra), l’orto e il frutteto della biodiversità, un’area di 300 m2 con esemplari che rappresentano frutti dimenticati e piante biodiverse. 5) Il Consorzio del Prosciutto di San Daniele è presente a FICO con il chiosco “Al San Daniele”. Alessandro Fuzzi, chef del ristorante “Al Boccon Divino” di Bologna, si occuperà della gestione dell’area ristoro all’interno del chiosco. Verranno inoltre organizzate degustazioni guidate, lezioni di taglio e appuntamenti “educativi” per raccontare come nasce il Prosciutto di San Daniele Dop e quali sono le caratteristiche che lo rendono unico. 6) Una delle 6 giostre interattive pensate come momento di riflessione, suggestione e approfondimento. Sono dedicate al fuoco, alla terra, al mare, agli animali, al vino e al futuro. Nella giostra multimediale dedicata al mare, ad esempio, un’installazione-faro, sormontata da una lanterna di luce, orienta il visitatore nel mondo della pesca e del rapporto fra l’uomo e le risorse ittiche. Ci si può muovere fra sagome di onde e code di pesce affioranti e, da autentico marinaio, è possibile navigare virtualmente fra i punti caldi dei mari italiani e scoprire tecniche di allevamento e pesca.

IL PESCE, 6/17

99


1

2

3

4

1) La famiglia Savigni, dell’omonima macelleria artigianale di Pavana Pistoiese, e Filiera Madeo, di Madeo Industria alimentare, di San Demetrio Corone (CS), gestiscono insieme lo spazio dedicato alle due più rappresentative filiere di suino nero italiane con il Nero di Calabria e la Cinta senese. In foto, un prosciutto di Cinta senese Savigni stagionato 24 mesi. 2) La produzione della pasta di Gragnano del Pastificio Di Martino. 3) Il bellissimo FICO Cocktail Bar. Sarà gestito da Bartender.it e, per aderenza al progetto, userà soltanto liquori, distillati, vini e ingredienti italiani. 4) L’Italia casearia in mostra.

La Fabbrica della mortadella e il Mortadella bar All’interno di FICO, il Consorzio Mortadella Bologna ha costruito uno spazio di 300 m2 che permette di immergersi a 360 gradi nel mondo della mortadella: un piano dedicato alla produzione e alla vendita — una vera Fabbrica trasparente che attraverso grandi vetrate consente ai visitatori di seguire l’intero processo di produzione — e un piano dedicato alla storia, ai profumi e ai sapori, dove è possibile degustare in loco la Mortadella Igp prodotta a km zero all’interno del Mortadella Bar. Un luogo che sarà soprattutto un viaggio educativo per i visitatori italiani e stranieri, con un occhio rivolto in particolare alle fasce più giovani con programmi ad hoc pensati per le scuole. Un percorso formativo che eliminerà per la prima volta il “filtro” tra il consumatore e il produttore, fornendo informazioni dettagliate. Con la visita alla Fabbrica è possibile conoscere l’intera catena di produzione della Mortadella Bologna Igp: un vero e proprio tour in cui i visitatori vivranno da vicino le fasi di preparazione e ne apprenderanno le caratteristiche e la storia, grazie anche all’utilizzo di strumenti interattivi, e potranno ovviamente anche degustarla sia nel modo più tradizionale che in abbinamenti insoliti. Le visite saranno arricchite da un programma di appuntamenti settimanali: degustazioni e abbinamenti con altre specialità del territorio, proposte di street food, corsi di formazione con la partecipazione di grandi chef provenienti da tutta Italia. Per il presidente Corradino Marconi, «FICO rappresenta una grande sfida per il Consorzio, un progetto fortemente voluto da tutte le aziende produttrici per far conoscere ancor più da vicino e in completa trasparenza la Mortadella Bologna Igp, la sua storia e la sua autenticità che ne fa uno dei prodotti più amati in Italia e nel mondo».

100

IL PESCE, 6/17


Dal porto di FICO è salpata la Nave Errante, una pescheria dove scoprire e assaggiare il mondo del mare con un calice di vino Tavoli, vasche, librerie, bottiglie e un vero e proprio equipaggio: a FICO Nave Errante è un nuovo format di fish street food creato da LPA Group in collaborazione con Feudi di San Gregorio. Una partnership tutta irpina, quella raggiunta sotto forma di joint-venture tra il gruppo specializzato nella distribuzione di pescato sostenibile e l’azienda del vino presieduta da Antonio Capaldo, sempre più attiva nell’ambito ristorazione dopo le recenti inaugurazioni all’interno di Rinascente a Roma. Nave Errante è un ristorante, è una pescheria, è un approdo nel grande mare gastronomico di FICO ed è un posto dove appassionarsi ad un alimento prezioso come il pesce. Il pescato freschissimo è quello che la ciurma di LPA Group seleziona esclusivamente dalle acque del Mar Mediterraneo e porta ogni mattina sul banco della nave bolognese. Qui, in un percorso didattico e gustativo, i pesci vengono spiegati e lavorati a vista dagli chef del ristorante e possono essere gustati sotto forma di veri propri piatti — o in versione street food — dove è semplicemente la materia prima a essere protagonista. Nei bicchieri, i vini campani di Feudi di San Gregorio.

IL PESCE, 6/17

101


Uno spazio ristorazione, una tartufaia, una serra per la promozione della tartuficoltura per un totale di oltre 1500 m2: sono questi i numeri di Urbani Tartufi, azienda umbra leader nel mercato mondiale del tartufo. Al Truffle bar i visitatori possono infatti degustare piatti di alta cucina con tartufo bianco e nero (il primo in autunno-inverno, nero e scorzone negli altri mesi) e nella tartufaia vedere i cani all’opera nella ricerca del tartufo o fare addestrare il proprio animale. Grande interesse ha destato Truffleland, il progetto che permetterà a chiunque abbia un’area agricola idonea di realizzare tartufaie coltivate con la garanzia di assistenza e di acquisto futuro da parte dell’azienda (in alto, il direttore commerciale Pietro Borroni).

pensato proprio come un luogo dove poter finalmente raccontare il cibo dall’inizio e non dalla fine, come avviene ora attraverso i volti noti degli chef, i loro piatti e la loro cucina. E quindi a partire dalla coltivazione e dall’allevamento, dai prodotti della terra e dagli animali, fino alla trasformazione degli alimenti, sia a livello industriale che artigianale, con corsi prenotabili sul sito dedicato (a prezzi che ad oggi vanno dai 20 ai 75 euro), per approfondire i diversi aspetti del cibo. Corsi e lezioni che animeranno gli spazi di FICO durante l’orario di apertura ovvero dalle 10 del mattino a mezzanotte, tutti i giorni dell’anno. Gli stessi alimenti potranno poi essere mangiati nei 45 punti ristoro o acquistati nelle botteghe o nel mercato di Eataly. FICO Eataly World è la società che si occuperà della realizzazione, gestione e promozione di tutto ciò che ruota attorno alla Fabbrica Italiana Contadina. Poi c’è la Fondazione omonima, che ne rappresenta l’anima scientifica, di cui fanno parte anche quattro università italiane e il Future Food Institute. Le previsioni sono di accogliere a pieno regime circa 15.000

102

visitatori al giorno. Gli accordi con l’ENIT, l’Agenzia Nazionale per il Turismo, sono stati stretti lo scorso febbraio. «Non so se si arriverà a 6 milioni di visitatori, ma ci provo» ha dichiarato Farinetti. E ancora: «passare in Italia da 50 a 100 milioni di turisti l’anno? Si può fare!». Della serie, i numeri non ci spaventano, anzi. Parola d’ordine: “esperienze” FICO è tante cose insieme, un contenitore multiforme da vivere nei vari momenti della giornata e dell’anno in maniera differente. Un luogo dove andare da soli, con gli amici e la famiglia a mangiare, a pranzo, per l’aperitivo, la cena, a fare spesa, a fare lezione di zumba! A vedere gli animali e scoprirne i segreti attraverso le giostre educative. Imparare, grazie alle fabbriche funzionanti, come si fa la pasta, il panettone, la mortadella. Un indirizzo da tenere in considerazione per partecipare ad una delle tante “esperienze” sul cibo, inteso in senso lato, perché si va da quella sulle tecniche di realizzazione della pizza partenopea a quella di Food Photography. Ci sono

aree dedicate allo sport, con tanto di campo da beach volley; spazi riservati ai bimbi, come il minigolf che riproduce l’Italia e i suoi principali monumenti. FICO è un posto dove andare a teatro o al cinema, che sarà gestito dalla Cineteca di Bologna, assistere o, perché no, organizzare un convegno (il centro congressi ospita fino a 1.000 persone). “Potremo accogliere tanti turisti stranieri” si legge su www.eatalyworld.it “e dimostrare loro quanto è meraviglioso il nostro Paese, far loro venir voglia di visitare i luoghi stupendi della provincia italiana e magari indurli a parlare bene dell’Italia una volta ritornati a casa”. Ad una prima occhiata, insomma, un posto parecchio fico. Nomen omen. Gaia Borghi FICO Eataly World Via Paolo Canali 8 40127 Bologna www.eatalyworld.it/it/come-arrivare Nota Dove non diversamente specificato: photo © FICO Eataly World ed Elena Benedetti.

IL PESCE, 6/17


Import - Export Commercio prodotti ittici Freschi, congelati e scongelati ne o i z a r o v a L n o c a n o t c auto na! u g a l i d a acqu

Davimar S.r.l. Via Strada Statale Romea, 516 30015 Chioggia (VE) Italy Tel. 041 4966818 - Fax 041 5543130 clienti@davimar.net - www.davimar.net


NUTRIZIONE

Pesce grasso amico Consumare regolarmente pesce grasso migliora il profilo di rischio cardiovascolare, riducendo la trigliceridemia e aumentando il colesterolo HDL La raccomandazione di consumare rego larmente pesce (soprattutto pesce grasso) rientra ormai in tutte le linee guida nutrizionali. In particolare, i pesci più grassi (salmoni, sardine, sgombri; photo © www.greatbritishchefs.com) forniscono quantità maggiori di acidi grassi polinsaturi Omega-3 a lunga catena, il cui ruolo nel mantenimento della salute cardiovascolare è ben noto. La ricerca “Consumption of fish and vascular risk factors: a systematic review and meta-analysis of intervention studies” (ALHASSAN A., YOUNG J., LEAN M, LARA J., Atherosclerosis, 2017) evidenzia specificamente i benefici dell’assunzione regolare di pesce grasso, esaminando i risultati di 14 studi d’intervento, con una durata compresa tra 4 e 24 settimane, condotti in 11 Paesi, in soggetti adulti di ambo i sessi. Le quantità di pesce grasso fornite ad ogni partecipante, nei diversi studi,

104

erano comprese tra 20 e 150 g al giorno, nell’ambito di un’alimentazione corretta e bilanciata per apporto di nutrienti ed energia. L’analisi conclusiva dei dati ha prodotto risultati univoci: l’assunzione regolare di pesce grasso, anche in quantità moderate, si associa al miglioramento di due parametri indicativi del rischio cardiovascolare, la trigliceridemia e la colesterolemia HDL. La trigliceridemia è risultata infatti diminuita in media di 10 mg/dL, mentre la colesterolemia HDL è aumentata di 2 mg/dL nei consumatori di pesce rispetto ai gruppi di controllo che non ne consumavano, indipendentemente dalle caratteristiche individuali (sesso, età, BMI e stato di salute) dei soggetti arruolati nei vari studi. Queste osservazioni supportano l’efficacia di un intervento relativamente semplice, come la promozione del consumo di un alimento versatile e gradevole qual è il pesce (soprattutto grasso),

nel migliorare il profilo di rischio cardiovascolare degli adulti in tutte le fasce d’età. Gli autori concludono ricordando che il pesce grasso non contiene soltanto gli Omega-3 a lunga catena, ma fornisce anche vitamine del gruppo B e vitamina D, per la quale è già stato dimostrato il legame con il mantenimento di una buona salute cardiovascolare. Infine, i ricercatori sottolineano come nuove risorse possano venire dall’implementazione delle tecniche di allevamento dei salmoni (il pesce grasso più consumato in assoluto) per migliorare la concentrazione di Omega-3: un processo che permetterebbe di ottimizzare la sostenibilità dell’allevamento, perché ridurrebbe la quantità di pesce necessaria per fornire i livelli di Omega-3 utili per ottenere i benefici sul sistema cardiovascolare. (Fonte: Nutrition Foundation of Italy www.nutrition-foundation.it)

IL PESCE, 6/17



IL PESCE IN TAVOLA

Da Massimo Spigaroli, Antica Corte Pallavicina, una ricetta non di carne

Anguilla in agrodolce nel regno dei culatelli

Si definisce “cuoco agricoltore” MASSIMO SPIGAROLI, perché per lui non esiste arte gastronomica senza agricoltura e tradizione. Il suo essere chef va di pari passo alla produzione delle materie prime della sua cucina, coltivate negli orti e negli allevamenti del podere dell’Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense (PR), il relais di famiglia ad un passo dal fiume Po che ha restaurato con il fratello LUCIANO, facendone un tempio della gastronomia e dell’accoglienza.

106

Spigaroli ha ricoperto tante importanti cariche: presidente del Consorzio del Culatello di Zibello e della Strada del Culatello di Zibello dalla sua fondazione, presidente del Consorzio del Suino nero di Parma, socio professionale della francese Chaine des Rôtisseurs, membro del consiglio nazionale dell’associazione Euro Toques, docente di ALMA, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana, e tanto altro ancora. Fin da bambino Massimo aiutava la zia Emilia, cuoca, in cucina, dove,

si dice, disponesse in fila anolini e tortelli come soldatini di piombo. Oggi il suo ristorante vanta una stella Michelin. «Da bambino scendevo nel porticato sotto al cavallino con mio padre a pulire le anguille» racconta Massimo. «Mi spiegava la differenza fra i maschi e le femmine, quelle più magre e quelle più grasse, quelle con la pelle nera o verde! Così ho imparato ad amare e riconoscere questo pesce che tanto ha contribuito a farci conoscere. Questa è una ricetta davvero speciale, che si ispira al

IL PESCE, 6/17


A sinistra: l’Antica Corte Pallavicina. In alto: Massimo Spigaroli.

Anguilla in agrodolce con uvette e croccante d’orto Ingredienti per 6 persone • un’anguilla di circa g 400 • g 60 di uvetta sultanina ammorbidita in acqua tiepida • piccole verdure tagliate a pezzetti (fagiolini, pomodoro, melanzana) appena scottate in acqua e condite con sale e olio extravergine di oliva PER LA MARINATA AGRODOLCE: l 0,5 di acqua • g 125 di aceto bianco • g 120 di zucchero • g 30 di sale • 2 scalogni tagliati a rondelle Procedimento Preparate la marinata ponendo al fuoco una casseruola con tutti gli ingredienti e lasciate bollire per circa 10 minuti; a parte sfilettate l’anguilla e cuocetela molto lentamente alla griglia per circa mezz’ora o fin quando risulterà bella croccante. Toglietela dalla griglia e asciugatela in carta assorbente, sistematela in una bacinella e versatevi sopra il liquido di marinatura. Coprite e, non appena sarà fredda, mettete in frigorifero a 5 °C per almeno 2 giorni. Togliete quindi l’anguilla dal suo liquido, intramezzatela con le uvette e lo scalogno, ponetela sul piatto e cospargetela di uvette, piccole verdure e gocce di olio extravergine. vecchio sistema di conservare il pesce sottaceto rivisto in chiave moderna. Risultato? È un piatto davvero leggero e buonissimo». Antica Corte Pallavicina Strada del Palazzo Due Torri 3 43010 Polesine Parmense (PR) Telefono: 0524 936539 E-mail: relais@acpallavicina.com Web: anticacortepallavicinarelais.it Nota Photo © www.edoardofornaciari.it

IL PESCE, 6/17

107


El Bisàt della Livenza: la seconda edizione del premio “Bisàt d’argento” conclude ufficialmente la rassegna annuale dedicata all’anguilla di fiume Sabato 4 novembre scorso a Torre di Mosto (VE), il Paese dell’anguilla di fiume, è andato in scena il gran finale del premio Bisàt d’argento, giunto alla sua seconda edizione. Un appuntamento, questo, che conclude ufficialmente la rassegna annuale El Bisàt della Livenza dedicata all’anguilla di fiume — bisàt nell’accezione locale — che si svolge tra la fine di giugno ed i primi giorni di novembre, periodo d’elezione per la pesca di questa specie ittica. «L’iniziativa enogastronomica e culturale dedicata al bisàt, promossa ed organizzata dal gruppo I Ristoratori della Livenza, dalla Confraternita del Bisàt, dall’amministrazione comunale, dalle Pro Loco di Torre di Mosto, Caorle e San Stino di Livenza e dalla condotta Slow Food del Veneto orientale — ci racconta uno degli organizzatori, Luca Ortoncelli — si inserisce in una strategia di marketing territoriale volta alla valorizzazione delle peculiarità dell’areale torresano, anguilla di fiume in primis, estensibili a tutto il basso corso del fiume Livenza, un’ampia zona compresa tra la città metropolitana di Venezia e la provincia di Treviso. Le premesse risiedono nella considerazione che degustare l’anguilla nelle sue ricette tradizionali (ai ferri, fritta, co’ i ámoi…) potrebbe divenire sempre più raro nel caso non si prefiguri una forma mentis che includa i termini di “pesca sostenibile” e di “cultura del cibo”. Se questo scenario dovesse avverarsi, infatti, non solo si perderebbe un importante “cassetto della memoria del gusto”, ma anche l’arte della pesca, praticata ormai da pochi pescatori professionisti, lascerebbe testimonianze sporadiche ed appassionati non esperti che la mantengano attiva. Quest’edizione della rassegna — prosegue Luca — giunge a coronamento di un percorso tuttora in fieri ma da cui si cominciano finalmente a raccogliere frutti sempre più ricchi e pregiati. Un percorso che poggia oramai su più di un lustro d’attività ed eventi mirati che interessano specialisti del settore ittico, osti, ristoratori, operatori agroalimentari ed istituzioni locali. Una collaborazione ad ampio respiro che, anche grazie all’apporto della F.I.P.S.A.S. sezione Venezia, ha già portato all’attuazione di tutta una serie di politiche ed interventi a salvaguardia e garanzia del prodotto quali il ripopolamento e monitoraggio delle specie ittiche endemiche più a rischio (nello specifico, anguilla e storione della Livenza), compiuto e supervisionato direttamente dai pescatori professionisti dell’area, e l’istituzione d’uno speciale marchio per la tutela del consumatore che unicamente i ristoratori convenzionati possono esibire, attestando l’utilizzo esclusivo di esemplari e quantitativi a norma forniti dagli operatori autorizzati del fiume». Grazie ad un coinvolgimento attivo di enti pubblici ed esercizi e produzioni private, protratto nel tempo e sempre capillare nel territorio, si quindi è riusciti, de facto, ad impostare un vero e proprio “Sistema del gusto liventino” di natura trasversale, basato sull’utilizzo di prodotti locali certificati, seguendo i precetti di “Filiera corta” e di km 0, il tutto coniugando l’aspetto enogastronomico a quello culturale e ambientale, con tanto di coinvolgimento da parte del GAL Veneto orientale nell’opera di mappatura e tracciamento dei siti e dei percorsi da integrare e valorizzare all’interno del Piano d’Azione Locale denominato “GiraLivenza”.

A sinistra: i due chef in gara, Marco Frare e Umberto Zerbo, alcuni membri della giuria e Felice Gazzelli, “Canarìn”, uno dei pescatori professionisti della Livenza che insieme a Dario Caovilla e Enrico Pedronetto si prodigano per la salvaguardia dell’ecosistema fluviale, la tutela di questa pregiata anguilla e per garantire il giusto quantitativo di “bisàti”, nei periodi consoni, all’associazione I Ristoratori della Livenza. A destra: il piatto vincitore, la millefoglie di mais San Martino con bianco d’anguilla caramellata all’Edèos e caco mela bruciato dello chef Marco Frare, abbinata al Tai passito Edèos di Podere Roverat (photo © Renzo Vedovo).

108

IL PESCE, 6/17


La Comunità del cibo slow del Bisàt della Livenza Il legame con le attività della condotta Slow Food del Veneto orientale, basato su una comune etica volta alla valorizzazione e tutela dei beni del territorio, ha permesso al bisàt della Livenza di essere ospitato con un proprio spazio specifico e un seminario ad hoc all’interno di Slow Fish 2017, l’appuntamento internazionale promosso da Slow Food e dedicato al pesce e alle risorse del mare svoltosi al Porto Antico di Genova nel mese di maggio. In tale sede di prestigio internazionale è avvenuta anche l’investitura ufficiale di tutti gli enti, le associazioni e le attività coinvolte nella rassegna dedicata al bisàt quali facenti parte della “Comunità del cibo slow del Bisàt della Livenza” ed il suo conseguente inserimento nella cosiddetta rete di Terra Madre, volta a proteggere e sostenere i piccoli produttori, ma anche cambiare i sistemi che li danneggiano, mettendo a disposizione strumenti di condivisione delle informazioni atti a dimostrare che un altro sistema di produzione e consumo più responsabile e consapevole è possibile. L’anguilla di fiume a tavola Cinque serate ospitate da altrettanti locali situati lungo l’intero basso corso del fiume Livenza, durante le quali l’aspetto enogastronomico si è arricchito del valore di iniziative culturali, attività sportive, il tutto esaltando le peculiarità paesaggistiche e storiche legate a questi luoghi: questo è il Bisàt d’argento. Cinque tappe di un circuito i cui partecipanti quest’anno hanno raggiunto le 450 unità, segno del successo di una manifestazione che è entrata nel cuore degli abitanti di queste zone e di quanti le frequentano e le amano. «Il fiume Livenza si caratterizza per una forte corrente, la notevole profondità e la bassa temperatura delle acque, che rimangono pressoché invariate per l’intera lunghezza del rivo e non risentono di significative escursioni stagionali. Elementi indispensabili nel garantire il gran pregio delle carni degli esemplari di anguilla che unicamente qui si possono reperire» ha dichiarato durante una delle serate l’enogastronomo Giampiero Rorato. Anguilla che viene esaltata dalla capacità e dall’estro dei ristoratori che partecipano con le loro pietanze alla “gara di cucina” che è parte integrante e conclude in bellezza e bontà la rassegna. La “Trattoria Isetta” di Torre di Mosto ha ospitato la finale, che ha visto fronteggiarsi i due chef che avevano conseguito il punteggio più alto nel corso dell’itinerario gastronomico dell’edizione 2017, ovvero il padrone di casa, Marco Frare, e Umberto Zerbo, della trattoria “La Gassa” di San Stino di Livenza. Il menu era così composto: anguilla tandoori con purè di topinambur, risotto alla finanziera con anguilla, trancio di anguilla al fumo con croccante di mandorle su rösti di patate, chiodini e scrigno di rosso Treviso (pietanza valevole per la gara dello chef Umberto Zerbo), millefoglie di San Martino con bianco d’anguilla caramellata all’Edèos e caco mela bruciato (pietanza valevole per la gara dello chef Marco Frare) e, per finire in dolcezza, pan del pescatore e sorbetto alla liquirizia. I piatti sono stati abbinati ad una selezione di vini delle cantine Podere Roverat, Bosco Levada, Terre Grosse, Tenuta Guida, Vignepiane di Ugo Daniel e La Caneva di Giancarlo, ed integrati con l’utilizzo di produzioni biologiche locali, come il miele liventino “L’Ape d’oro” e le farine di mais rosso dei biotipi caratteristici del Veneto orientale “San Martino” e “Dente di Cavallo” dell’azienda agricola Mario Celeghin. Per la giuria, al termine delle consultazioni, è stato Marco Fare ad aggiudicarsi il premio di miglior cucina d’anguilla della Livenza 2017, prevalendo di misura su Umberto Zerbo. Appuntamento al prossimo anno e alla prossima sfida. >> Link: www.facebook.com/Ristoratorilivenza

IL PESCE, 6/17


SAPORE DI MARE

F.I.S.H., il fast food di pesce a Parma In una città tradizionalmente legata ai salumi, il locale propone crudi, panini, insalate e fritture di pesce per pranzi veloci e cene di qualità. In arrivo interessanti novità: la consegna a domicilio e un primo in menu di Veronica Fumarola

Nella città del prosciutto crudo e del pesto di cavallo, c’è un locale che ha sfidato la tradizione proponendo un format del tutto nuovo da queste parti, con un menu esclusivamente a base di pesce. Ma da dove arriva il pesce con cui F.I.S.H. conquista ogni giorno di più i Parmensi? La risposta di DAVIDE MALINVERNI, uno dei soci, è diretta e precisa. «Dal mercato centrale di Milano, il più impor-

tante d’Italia, e dai pescatori liguri e romagnoli, con i quali abbiamo ottimi rapporti. Questo ci consente di preparare quotidianamente prodotti freschi e di qualità». Un fast food di pesce L’idea di aprire un locale diverso, con un menu a base di pesce, non è estemporanea, ma è stata studiata per anni prima di trasformarsi in

realtà: Davide e DANIELE COCCHI, entrambi proprietari e gestori di F.I.S.H., si conoscono fin da bambini e per tanto tempo coltivano il desiderio di dar vita a un ristorante specializzato nei panini di pesce. Daniele è un cuoco, proprietario di un famoso ristorante della città parmigiana, Davide è estraneo al mondo della ristorazione, ma il 26 gennaio 2016 vedono il loro sogno realizzar-

I panini sono l’attrazione principale di F.I.S.H. Il più richiesto è quello con gamberi rossi, mozzarella di bufala campana Dop, maionese piccante e porro fritto (photo © www.marcolugli.name).

110

IL PESCE, 6/17



Piatto composto da tre carpacci dierenti: tonno, branzino e ombrina. Tra i crudi anche numerose tartare oltre a gamberi, scampi e capesante (photo Š www.marcolugli.name).

112

IL PESCE, 6/17


Il menu varia in base a stagione e reperibilità, ma l’innovazione consiste nel proporre ogni giorno un panino, un secondo e un dolce diversi. Sono dei “fuori menù” con abbinamenti non comuni studiati dallo chef

consiste nel proporre ogni giorno un panino, un secondo e un dolce diversi. Sono dei “fuori menù” che spesso intrigano i palati dei clienti perché gli abbinamenti non sono casuali, ma studiati accuratamente dallo chef». E da F.I.S.H pensano proprio a tutto. «In menu c’è anche un hamburger di carne piemontese per andare incontro a chi non mangia pesce ma vuole trascorrere del tempo con la famiglia e gli amici» afferma Davide. L’olio usato per la frittura — di cui nessuno vuole svelare i particolari Nda —, i prodotti regionali e i panini con lievito madre di produzione artigianale arricchiscono ulteriormente l’offerta. In alto: trancio di tonno. In basso: gamberi rossi. si. Il locale apre con un nome tutto particolare, che deriva da una scelta ben precisa. «Volevamo qualcosa di semplice, che si potesse ricordare. La nostra azienda si chiama Love Italian Fish, troppo lungo e poco intuitivo per noi; così abbiamo optato per un acronimo». F.I.S.H., Fresh Italian Sea Harvest, racchiude in sé la filosofia del fast food, apprezzata fin da subito dai clienti. «In questi primi anni di vita le soddisfazioni non sono mancate» racconta Davide. «La clientela ha apprezzato la proposta e possiamo vantare una media di 120 panini al giorno all’ora di pranzo. La posizione centrale ci consente di essere un punto di riferimento per chi vuole prendersi una pausa da lavoro

IL PESCE, 6/17

e gustare in un ambiente moderno e luminoso un pranzo di qualità». L’offerta Insalate di mare, crudi, tartare, fritture: le varianti non mancano, ma a riscuotere successo sono sicuramente i panini. Il più richiesto è quello con gamberi rossi, mozzarella di bufala campana DOP, maionese piccante e porro fritto. Ma le alternative sono ugualmente gustose. Tra i tanti: polpo abbrustolito, cime di rapa, cipolla caramellata e caciocavallo DOP oppure tartare di tonno, burrata pugliese DOP, pesto di basilico e insalata aromatica. Il menu, come rivela Davide, varia periodicamente, in base alle stagioni e alla reperibilità dei prodotti, ma «l’innovazione

Novità in arrivo Oltre al take away, per completare l’offerta del locale, a breve sarà disponibile anche un servizio di consegna a domicilio per andare incontro a chi non lavora in pieno centro. E questa non è l’unica novità. In programma c’è anche l’introduzione di un primo nel menu, sempre rispettando la stagionalità dei prodotti, sempre per soddisfare le esigenze di tutti, soprattutto in pausa pranzo, quando un buon piatto di pasta può fare la differenza. Veronica Fumarola F.I.S.H. Via Ferdinando Maestri 15 43121 Parma Telefono: 0521 230810 E-mail: info@loveitalianfish.it Web: www.loveitalianfish.it

113


SAPORI DAL MONDO

Sulle isole Fær Øer alla scoperta della fermentazione in cucina

Locali in fermento di Massimiliano Rella

114

IL PESCE, 6/17


Situato nell’Atlantico settentrionale, l’arcipelago incontaminato delle isole Fær Øer offre paesaggi straordinari, un’ospitalità semplice ma attenta e una gastronomia basata su prodotti genuini, tecniche tradizionali e sapori originali. A partire dalle fermentazioni, un antico metodo di conservazione dei cibi, una sorta di dry aging introdotto in tempi di caccia e pesca, quando c’era la necessità di conservare i cibi per i periodi di magra. Una tecnica che la ristorazione più innovativa e d’avanguardia sta decisamente valorizzando. Consiste in un processo di essiccazione di carne e pesce all’aperto per consentirne l’invecchiamento e la fermentazione. Se i cibi avranno il gusto giusto dipende dal clima: temperature troppo calde lo rovinano (e non è certo il caso delle 18 isole Fær Øer), se troppo fredde impediscono la fermentazione, mentre il troppo vento appiattisce i sapori. Il risultato è un gusto unico e inimitabile, che non si ottiene con metodi più moderni. Per sperimentare non resta che prendere un aereo approfittando dei voli diretti tutto l’anno da Danimarca, Inghilterra, e Norvegia, da cui raggiungere le Fær Øer con uno scalo tecnico. Carne e pesce ræst: la cultura alimentare e la storia delle Fær Øer nel piatto Nella “capitale” Tórshavn, la più piccola del mondo, il Ræst (www. raest.one) è un accogliente ristorante che propone l’esperienza del cibo fermentato e già il nome rivela l’uso dell’invecchiamento a secco e della fermentazione di carne e pesce esposti all’aria. «Ogni piatto contiene un ingrediente ræst, cioè fermentato», precisa lo chef KÁRI KRISTIANSEN. Un esempio? Il collo d’agnello ræst, cotto in forno e servito con rape e patate e salsa a base di formaggio Stilton. Koks: un’esperienza unica, con tanto di stella Michelin Fedele all’identità territoriale e all’impegno per la sostenibilità è anche la cucina stagionale del Koks’ Restaurant Concept (koks.fo) di Kirkjubøur, che ha ottenuto la sua prima stella Michelin nel 2017. Lo stile del ristorante, insieme rustico

IL PESCE, 6/17

Un piatto del ristorante Ræst, a Tórshavn. e raffinato, antico e moderno, nasce dalla creatività di POUL ANDRIAS ZISKA. Anche il giovane chef è convinto che il ræst consenta di catturare ed esaltare il sapore, più leggero che in bollitura o in cottura al forno. «Rende la nostra esperienza diversa da altre pratiche gastronomiche, e ti fa capire di dove ti trovi nel mondo» ci dice Ziska. «Usiamo tutti i prodotti fermentati tradizionali ma il nostro menu cambia spesso e così gli ingredienti fermentati al suo interno». Una proposta è un grande antipasto ispirato ad un piatto tradizionale chiamato Ræstur fiskur og garnatálg, più semplicemente merluzzo fermentato con una crema

di interiora e grasso di agnello fermentati, presentato con un biscotto al formaggio. «La combinazione di sapore tra formaggio e grasso fermentato è interessante perché il grasso sviluppa funghi di penicillium quando fermenta e acquista un gusto simile al formaggio erborinato, arricchendo quello del formaggio comune». Provare per credere. Massimiliano Rella Nota A pagina 114 Poul Andrias Ziska, giovane chef del Koks, mentre prepara l’antipasto di merluzzo fermentato con una crema di interiora e grasso di agnello fermentati (photo © Claes Bech-Poulsen).

115


WEEK-END

Pareti verdi in cittĂ e un mercato che esprime la Provenza contadina

Les Halles, ad Avignone il mercato diventa green di Massimiliano Rella

116

IL PESCE, 6/17


In alto: pesce fresco, frutti di mare, ostriche e molto altro nel banco di Marée Provençale. A sinistra: la parete verde del grande mercato al coperto di Avignone, Les Halles. Il mercato riunisce una quarantina di commercianti, veri e propri ambasciatori dei prodotti locali e delle specialità culinarie della Provenza.

Nel centro storico di Avignone, oltre agli straordinari monumenti come il Palazzo dei Papi, i resti del ponte sul Rodano del XII secolo (pont Saint-Bénezet) o la Cattedrale romanica di Notre-Dame-des-Doms, siti patrimonio mondiale dell’umanità, troviamo anche un originale mercato coperto da un’intera parete vegetale, nata per nascondere la bruttezza del parcheggio sopraelevato. È il mercato Les Halles, uno spazio che accoglie i banchi di ben 40 commercianti e produttori, ambasciatori del gusto e della qualità provenzale (Place Pie; aperto mart.-ven. 6:0013.30; sab.-dom. 6:00-14:00). Qui sono in vendita specialità regionali, dai formaggi alle olive, dai dolci ai salumi, dalle carni al pesce della costa di Provenza. Il mercato è un luogo che esprime la Provenza contadina e autentica, con la sua atmosfera effervescente, i profumi particolari, i sapori incomparabili. È situato al pianterreno di un enorme parcheggio sopraelevato che, per ragioni estetiche, ha la facciata che affaccia sulla Place Pie interamente rivestita da una parete vegetale di piante e arbusti che le donano un aspetto green ed ecofriendly. È stata aggiunta nel 2006

IL PESCE, 6/17

nell’ambito di una più ampia riqualificazione del centro storico cittadino. La progettazione è stata affidata al botanico PATRICK BLANC, autore di un’opera analoga per il Musée du Quai Branly a Parigi. La parete vegetale — che misura 30 metri per 11,50 di altezza — è dotata di un sofisticato sistema di irrigazione e oggi contiene 20 piante per metro quadrato. Il mercato coperto è sorto alcuni decenni fa: la prima struttura di ferro fu installata nel 1864, ma soltanto nel 1895 fu approvato il progetto e la costruzione, cominciata poi nel 1898 e conclusa nel giugno 1899. Nel tempo è stato interessato da vari interventi di ristrutturazione, in particolare del tetto, completamente ricostruito nel 1939. Danneggiato dai bombardamenti durante la guerra, fu riparato nel 1947 e nel 1961 piastre di cloruro di polivinile sostituirono il vetro. Nel 1972 tutto il complesso fu smantellato e ricostruito con nuovi locali nel 1974. Ciò che caratterizza il mercato è l’assortita offerta gastronomica di qualità. Tra i banchi troviamo: salumi e insaccati provenzali della Maison Fillière (www.filliere.fr); i salumi di Artisan Charcutier Christophe Traiteur (www.christo-

117


In alto: La boucherie BIO des Halles d’Avignon. In basso: una grande varietà di tuberi al banco La ronde des pommes de terre e le specialità di Maison Feste. phetraiteur.com) e di Charcuterie du Luberon (www.charcuterie-du-luberon.com); gli oltre 250 tipi di formaggi francesi de La Maison de Fromage; i vini selezionati da Cave Fac & Spera (www.cave-fac-spera.com); la carne di volatili di Hugon-à la Belle Volaille. E ancora, il pesce freschis-

118

simo di Marée Provençale; i prodotti etnici provenienti dalle ex colonie francesi, con specialità delle isole de La Réunion; la carne, il pollame e la macelleria di La boucherie BIO des Halles. Non mancano il banco della frutta secca, anche confezionata in graziosi cestini; quello del pane,

pizza e dolci; la rosticceria e i piatti pronti da asporto; e molto altro. Il mercato è anche un luogo d’incontro tra i consumatori, con le loro richieste, dubbi e curiosità, e i commercianti, esperti professionisti, sempre pronti a consigliare, prodighi di ricette e utili suggerimenti su cotture e abbinamenti. Inoltre ogni sabato, alle 11:00 di mattina, la Petite Cuisine des Halles, uno spazio adibito a cucina dimostrativa, dotata di attrezzature professionali, ospita grandi chef della Provenza che si alternano di settimana in settimana per proporre i loro piatti preparati con ingredienti in vendita nel mercato. Vale la pena fare un salto, dopo aver ammirato le bellezze di Avignone, e lasciarsi guidare dal profumo che si diffonde tra i banchi per gustare qualche proposta gourmet. Massimiliano Rella >> Link: www.avignon-leshalles.com Nota Photo © Massimiliano Rella.

IL PESCE, 6/17



FIERE

Aquafarm 2018 15 e 16 febbraio: appuntatevi le date della 2a edizione della mostraconvegno internazionale dedicata alle tecnologie, ai prodotti e alle buone pratiche della produzione sostenibile di cibo dall’acqua Aquafarm 2018 è l’evento internazionale B2B di due giorni dedicato agli operatori del settore acquacoltura, algocoltura, vertical farming e industria della pesca che si svolgerà il 15 e 16 febbraio 2018 nel quartiere fieristico di Pordenone. Una bella opportunità di confronto con i professionisti di tre mondi, quello dell’acquacoltura marina e d’acqua dolce, quello della coltivazione delle alghe e quello comprendente tutte

le colture vegetali che si basano su tecniche idroponiche, acquaponiche e aeroponiche, che vanno sotto il nome di in-door & vertical farming. Sebbene le tre tematiche abbiano una propria e ben definita identità, rispetto alla scorsa edizione si sono ricercate le intersezioni e le sinergie tra di esse, che tra l’altro riflettono quelle che gli operatori ritrovano nella propria attività quotidiana. Per fare qualche esempio: l’acqua-

ponica è un argomento trattato sia nell’acquacoltura che nel vertical farming; le alghe vengono esaminate anche come fonte di olio, integratori e proteine per la mangimistica ittica; diversi interventi illustreranno le applicazioni di vertical farming per l’allevamento sussidiario di insetti con la finalità di una produzione di farine per la mangimistica. Nel campo dell’acquacoltura, un segmento esaminato in profondità

Programma Acquacoltura L’acquacoltura come strategia di sviluppo per economia e ambiente * I benefici dell’acquacoltura per l’economia italiana ed europea * Acquacoltura sostenibile: una necessità economica e sociale * Acquacoltura, territorio, coste: le AZA (Allocated Zone for Aquaculture) * L’acquacoltura a servizio dell’ambiente e del benessere L’ambiente allevamento: sanità, tecnologie e innovazioni * La nuova legislazione europea per la sanità in acquacoltura * Disinfezione UV in acquacoltura: la tecnologia, lo stato dell’arte, i campi applicativi, validazione e certificazioni internazionali (Stefano Mazzone,Technical Department – S.I.T.A.) * Monitoraggio, automazione, regolazione: la chiave per l’acquacoltura di nuova generazione * L’ossigeno e la sua regolazione * I vaccini Nuovi menu per i pesci * Ricerca e innovazione: oli non di pesce, alghe, farine da scarti di pollame, soia, camelina * Additivi e integratori per mangimi * Il recupero del mangime in eccesso * Scarti di produzione * Valorizzazione del bycatching: una soluzione praticabile? * Qualità della materia prima originaria, sostenibilità economica: gli insetti per i mangimi Lavorazione, trasformazione, distribuzione del prodotto allevato * Estendere la shelf-life: la sfida della qualità * La catena dell’ultrafreddo, che ruolo in acquacoltura? * Piatti pronti a base di pesce: c’è spazio per l’innovazione made in Italy?

120

*

Certificazioni di qualità, imballaggio e trasporti per la tutela del consumatore

Non solo alimentare: allevamento di pesci per uso ornamentale e ricreativo * L’allevamento delle specie da acquario * L’allevamento per la pesca sportiva * Dall’acquariologia all’acquaponica Tavola rotonda internazionale: esperienze a confronto in acquacoltura Domanda incontra offerta: strategie di marketing, private label Tavola rotonda GDO/Ho.re.ca./Private label Le innovazioni tecnologiche per l’allevamento dei molluschi (in collaborazione con AMA) Il mercato gourmet per l’allevamento: i frutti di mare * Ostriche * Ricci di mare * Oloturie * Capesante Gli esperti rispondono (presso stand API e AMA) Sessione su cinque argomenti trasversali proposti dagli allevatori tramite post-it sulle bacheche allestite presso gli stand di API e AMA nelle due giornate. Le domande verranno raggruppate per tematiche singole e gli esperti risponderanno. I temi saranno: * Sanità e benessere * Trasformazione del prodotto da acquacoltura * Sostenibilità e servizio ambientale * Mangimi e alimentazione * Sicurezza alimentare

IL PESCE, 6/17



Programma di algocoltura e vertical farming Le alghe al lavoro: stato dell’arte e ricerca * Bioreattori: stato dell’arte e novità * Sistemi di raccolta e spremitura * Nuove specie e selezione funzionale * Alghe e fotosintesi artificiale Alghe, chimica e depurazione: nuove fonti * Di plastiche: le alghe come materie prime * Di carburanti: le alghe come fonte di biofuel * Di energia: le alghe e I reflui da allevamento e acquacoltura come fonte di biogas Europa, Mediterraneo e alghe: dai progetti alla produzione * L’algocoltura nel Mediterraneo * Nuove tecnologie per una coltivazione a basso consumo di acqua * Le specie algali invasive nei nostri mari: da minaccia a risorsa * Coltivare alghe in ambienti difficili * L’alga corallina per ridurre gli effetti del cambiamento climatico Le nuove frontiere dell’alimentazione umana * I cibi funzionali derivati da alghe: metodi di produzione * Insetti e loro derivati: la sfida della produzione sicura ed economica * Il “cibo senza” primario: il contributo dell’idroponica * Principi attivi nutraceutici da algocoltura Il circolo virtuoso * L’economia circolare nella produzione di cibo * Acquaponica a circuito chiuso * La simbiosi industriale come applicazione dell’economia circolare in agricoltura * Le alghe per ridurre le emissioni inquinanti degli allevamenti Post-bio: le certificazioni nelle colture soilless * La certificazione di sostenibilità delle vertical farm * La certificazione dei prodotti delle colture soilless: oltre il bio * Le certificazioni d’origine nell’epoca della produzione distribuita di cibo

stante la richiesta da parte del pubblico sarà quello dell’ottimizzazione e personalizzazione delle ricette dei mangimi. A questo riguardo saranno presentate nuove tecnologie biologiche e chimico-fisiche per la disinfezione e il trattamento delle acque da allevamento, si esploreranno le nuove tecniche per la crioconservazione a bassissima temperatura e si esaminerà il potenziale che queste offrono per il pesce allevato italiano in ottica di allargamento del mercato all’esportazione. Sul fronte delle novità, quella ad oggi confermata più eclatante è la presentazione, a cura del Maritime Research Institute di Bergen in Norvegia, dei risultati del programma di miglioramento genetico di alcune specie di salmone

122

Coltivazioni fuori suolo: le soluzioni per i mercati di oggi * Caratteristiche organolettiche dei prodotti da idroponica: il sapore à la carte * Soilless per la nutraceutica: una rivoluzione * Vertical farm fiorite * Le erbe aromatiche ed officinali: dal basilico alla canapa * Produzione di Insetti e funghi * Coltivazione di luppoli pregiati Città is the new campagna * Progetti Urban Agriculture e Vertical Farm: il ruolo della cittadinanza e del marketing territoriale * Idroponica per architetti * Pareti urbane verdi, oltre l’estetica * Vertical farming per il recupero delle periferie * Orti idroponici in balcone * Alghe e filtrazione delle acque reflue urbane * Alghe per depurazione dell’aria e l’assorbimento della CO2 in città: progetti e realtà Robo-farm: l’automazione nelle coltivazioni soilless * Automazione in idroponica, a che punto siamo * Intelligenza artificiale e vertical farming: produttività, qualità, eliminazione degli scarti * La luce fa la differenza Il vero chilometro zero: la produzione distribuita di cibo a livello di bacino di consumo * La produzione distribuita di cibo * La GDO come catalizzatore per la coltivazione fuori suolo: l’accorciamento della catena logistica * Vertical farm per la ristorazione: erbe aromatiche, microgreen e exotica * La vertical farm nel retro: possibile rinascita dei negozi di prossimità * Il consumatore che autoproduce Largo alle idee (nell’agorà) * Elevator pitch di startup e giovani imprenditori con venture capital e fondi di investimento

utilizzando le tecniche di editing del genoma che vanno sotto il nome di CRISPR-CAS. A chi si rivolge Aquafarm 2018 La manifestazione, organizzata da Pordenone Fiere con l’appoggio delle istituzioni locali e nazionali, si rivolge ad un pubblico professionale di operatori che gravitano nel bacino mediterraneo, Slovenia, Croazia, Albania e area balcanica, fi no a Malta, Grecia, Turchia Spagna e Portogallo. Aquafarm sarà un’occasione di incontro tra domanda e offerta, nonché di aggiornamento professionale e creazione di reti. L’evento congressuale e fieristico affronterà temi d’attualità presentando gli strumenti di cui l’Europa

dispone per garantire cibo e principi attivi utili alla salute e al benessere a tutta la sua popolazione nel rispetto dell’ambiente anche di fronte alla crescita continua degli standard di vita. Strategica è anche la collocazione di Aquafarm a Pordenone, per la posizione baricentrica della città friulana in un bacino altamente connesso dalle vie di comunicazione e di collegamento tra l’Europa e le regioni balcaniche, oltre a comprendere le regioni italiane del Nord Est, austriache, slovene e croate.

>> Link: www.aquafarm.show

IL PESCE, 6/17


International Food, Drinks & Food Service Exhibition

Canned food show

BARCELONA Aprile 16-19 Fiera Barcellona Gran Via www.alimentaria-bcn.com

A unique Food, Drinks and Gastronomy Experience

Co-located event


LA PAGINA SCIENTIFICA

Progetto Tartalife Interazione della pesca professionale con la tartaruga marina e sperimentazione di dispositivi di mitigazione per la riduzione delle catture accidentali di Massimo Virgili, Francesco Bertolino, Giuseppe Sieli, Claudio Vasapollo e Alessandro Lucchetti

Le tre specie di tartarughe marine che popolano il Mar Mediterraneo sono la tartaruga liuto (Dermochelys coriacea), la tartaruga verde (Chelonia mydas) e la tartaruga comune (Caretta caretta). Quest’ultima specie è la più diffusa ed è ampiamente distribuita in tutto il bacino, nonostante la nidificazione sia quasi esclusivamente confinata nella parte orientale (Cipro, Grecia e Turchia). Caretta caretta è anche l’unica specie che si riproduce lungo le coste italiane, con siti di nidificazione

ricorrenti e distribuiti lungo le coste siciliane e calabresi. Di recente si è osservato un aumento di nidificazioni anche a latitudini più settentrionali. Negli ultimi anni la conservazione della tartaruga marina Caretta caretta, specie prioritaria inserita nella “Direttiva Habitat” e in numerose Convenzioni internazionali, ha assunto un aspetto strategico per il bacino mediterraneo. La pesca accidentale rappresenta la principale minaccia per le tartarughe marine, in aggiunta ad altri fattori di origine

antropica (ingestione di materiale plastico, collisione con imbarcazioni in transito, danneggiamento dei siti di nidificazione, ecc…). È per questo motivo che la conservazione di questa specie e dei servizi ecosistemici ad essa connessi non può prescindere dall’esperienza dei pescatori, dalla comunicazione e dall’interazione con loro e dall’attività di ricerca volta allo studio di sistemi di mitigazione da sperimentare e diffondere nelle varie tipologie di pesca. Allo stesso tempo, è necessario un costante

Cura e liberazione di una tartaruga Caretta caretta catturata accidentalmente con palangaro ad ami circolari.

124

IL PESCE, 6/17


monitoraggio sia delle aree sfruttate dalla pesca professionale che delle aree popolate dalle tartarughe, in modo da identificare le aree ad elevata interazione pesca-tartarughe marine (hot spots). Mission di Tartalife Le conoscenze attuali sull’interazione delle tartarughe marine con gli attrezzi da pesca e l’attuazione di misure di mitigazione per ridurre le catture accidentali (bycatch) sono ancora deboli per ostacolare il declino delle popolazioni di tartarughe nel Mediterraneo, area in cui tradizionalmente le attività di pesca sono assai diversificate, sia in termini di specie bersaglio che come attrezzi di pesca. In uno scenario così complicato e complesso, si inserisce il progetto Tartalife, promosso nelle 15 regioni italiane che si affacciano sul mare, e finanziato dall’Unione Europea attraverso il fondo LIFE+NATURA 2012. Coordinato dal CNR-ISMAR di Ancona, in collaborazione con altri 7 partner (Fondazione Cetacea, Legambiente, Consorzio UNIMAR, Parco Nazionale dell’Asinara, Area Marina Protetta Isole Egadi, Area Marina Protetta Isole Pelagie e Provincia di Agrigento), il progetto si prefigge di ridurre la mortalità della tartaruga marina Caretta caretta indotta dalle attività di pesca professionale e di contribuire alla conservazione di questa specie in Mediterraneo, inseguendo due obiettivi principali: 1. la riduzione delle catture accidentali (bycatch) attraverso modifiche tecniche degli attrezzi in uso (BRD, Bycatch Reducer Devices); 2. la riduzione della mortalità postcattura, attraverso la formazione dei pescatori sulle buone prassi da seguire a bordo in caso di cattura accidentale e il rafforzamento dei presidi di recupero/ primo soccorso. In Tartalife i pescatori sono le figure centrali del progetto e la loro collaborazione è essenziale. Non si può prescindere dalla loro esperienza in quanto diretti “osservatori” dell’interazione tartaruga-attività di pesca e dalla loro conoscenza degli

IL PESCE, 6/17

Caretta caretta catturata accidentalmente con palangaro ad ami circolari. attrezzi da pesca, aspetto tecnico che non va sottovalutato nell’introduzione dei BRD. Identificazione delle aree bycatch Elemento chiave per cercare soluzioni è prima di tutto l’identificazione delle aree a rischio elevato di bycatch e degli attrezzi più impattanti. Nell’ambito del progetto Tartalife sono state realizzate stime di catture accidentali di tartarughe marine nei mari italiani basandosi sull’esperienza diretta dei pescatori; 453 interviste, perfezionate con un questionario di 20 domande sulla tematica dell’interazione pesca-tartaruga marina, sono state realizzate in più di 100 marinerie italiane, distribuite in tutte le regioni che si affacciano sul mare. Per fornire stime di bycatch precise sono stati presi in considerazione anche i dati dello sforzo di pesca, forniti direttamente dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali ed ottenuti dai sistemi di monitoraggio delle navi (VMS dataset, Vessel Monitoring System). Lo sforzo di pesca che si registra lungo le coste italiane varia notevolmente secondo le stagioni e gli attrezzi da pesca utilizzati. Per le reti da posta lo sforzo di pesca sembra essere molto elevato nel Mar Ionio, dato il

gran numero di piccoli battelli che operano in quell’area, soprattutto in primavera e in estate. Per la pesca a strascico, lo sforzo di pesca più elevato si riscontra nel Centro-Nord Adriatico, dove la bassa profondità e la natura dei fondali rappresentano i fondali di pesca ideali per questo tipo di pesca. Lo sforzo di pesca dei palangari è inferiore rispetto agli altri attrezzi, nonostante sia importante nell’area ionica durante la stagione estiva. I dati di sforzo di pesca e i dati ottenuti dalle interviste ai pescatori sono stati combinati per fornire un indice di interazione che ha consentito di prevedere le potenziali aree e i periodi d’interazione tra le tartarughe e le barche da pesca. Le stime elaborate per il 2014 indicano circa 52.340 eventi di cattura accidentale di tartarughe marine nei mari italiani. La maggior parte delle catture accidentali è stata registrata in estate (> 15.000 eventi), seguita dalla stagione autunnale e da quella primaverile (rispettivamente, 13.600 e 13.000), mentre la stima più bassa si è avuta nella stagione fredda (inverno, circa 11.000). Il Mar Adriatico sembra essere l’area con il più alto tasso di bycatch con oltre 15.000 eventi annui. Gli eventi di bycatch riguardanti lo strascico (~20.000) si riscontrano

125


L’interazione tra tartarughe marine e reti da posta sembra essere evidente lungo tutte le coste italiane soprattutto in primavera e in estate, quando la pesca con questo attrezzo è più attiva a causa delle condizioni meteo-marine favorevoli

principalmente nel Mar Adriatico, in cui le catture accidentali sembrano essere numerose durante tutto l’arco annuale. Il bycatch dovuto ai palangari (~8.400) assume importanza nelle aree più meridionali (Mar Ionio e Canale di Sicilia), soprattutto in estate e, in misura minore, in autunno. L’interazione tra le tartarughe marine e le reti da posta (~23.800 eventi) sembra essere evidente lungo tutte le coste italiane (in misura minore nel Canale di Sicilia) soprattutto in primavera e in estate, quando la pesca con questo attrezzo è più attiva a causa delle condizioni meteo-marine favorevoli. I tassi di mortalità riportati dai pescatori hanno consentito di stimare, per le acque italiane, un totale di circa 10.000 decessi, dovuti in gran parte alle reti da posta (5.743) e alle reti da traino (3.082). Dispositivi di mitigazione: quali, dove e i primi risultati Una volta individuate le aree e i periodi di eventuale interazione della pesca professionale con la tartaruga, i BRD, diversificati per strumenti di pesca, sono stati distribuiti tra i pescatori italiani. Considerando la reticenza dei pescatori a cambiare o modificare l’attrezzo tradizionalmente utilizzato, il principale problema affrontato attraverso l’inse-

126

Mappatura delle località dove sono state realizzate le interviste ai pescatori e le aree in cui sono state condotte le prove in mare con i diversi dispositivi di mitigazione. rimento dei BRD è stato quello di determinare la configurazione ottimale degli attrezzi stessi per ridurre al minimo la perdita di catture commerciali e contemporaneamente evitare le catture delle tartarughe. A partire da giugno 2015 è iniziata la fase di diffusione dei sistemi a basso impatto nella pesca professionale (palangari, strascico e reti da posta), che ha previsto una serie di uscite in mare con osservatori a bordo di motopesca commerciali per studiare la reale efficacia dei dispositivi proposti. Sono stati testati: • nella pesca con i palangari derivanti destinati alla cattura del pesce spada: gli ami circolari (circle hooks) in sostituzione di quelli tradizionali (ami a “J”), con lo scopo di ridurre la possibilità che gli ami stessi vengano ingoiati;

• nella pesca a strascico: una particolare griglia di esclusione, chiamata TED (Turtle Excluder Device; prototipo FLEXGRID) costruita con una lega di materiale plastico ad alta resistenza ma allo stesso tempo flessibile, in modo da evitare la cattura della tartaruga nel sacco; • nella pesca con reti da posta: 1. deterrenti visivi che illuminano le reti con raggi ultravioletti (LED-UV), che rendono le reti più visibili per le tartarughe; 2. attrezzi alternativi rappresentati da particolari nasse pieghevoli, per evitare la cattura di tartarughe. Nei primi due anni di diffusione sono state svolte 105 campagne di pesca con ami circolari, 10 sessioni di prove in mare (per un totale di

IL PESCE, 6/17



si sono dimostrati entusiasti della soluzione proposta e hanno deciso volontariamente di utilizzare gli ami circolari nelle loro attività di pesca. Durante le prove sono state catturate 12 tartarughe; le 4 tartarughe pescate con gli ami circolari sono state rilasciate in buone condizioni direttamente dagli stessi pescatori. La posizione superficiale dell’amo ha di fatto consentito una facile rimozione dello stesso e la successiva liberazione in mare della tartaruga. Al contrario, alcuni degli 8 esemplari catturati con ami tradizionali, invece, avevano ingoiato l’amo ed è stato necessario il trasporto a terra, il ricovero e il successivo intervento chirurgico di rimozione del corpo estraneo.

Mappatura con gradiente d’intensità (bianco = scarso, blu scuro = elevato) delle aree d’interazione tra la tartaruga marina e i vari attrezzi da pesca, elaborati per stagione (fonte: LUCCHETTI A., VASAPOLLO C., VIRGILI M., 2017, An interview-based approach to assess sea turtle bycatch in Italian waters, peerj.com). 40 giornate di pesca) con i TED, 42 pescate con le nasse collassabili e 17 pescate con i LED. Palangari ed ami circolari I problemi maggiori per la sopravvivenza delle tartarughe marine che abboccano agli ami dei palangari risiedono nell’ingestione degli ami. Infatti, nel momento in cui l’amo viene ingerito e rimane attaccato all’esofago, o addirittura penetra più in profondità, la percentuale di sopravvivenza si riduce drasticamente, per via delle lacerazioni dei tessuti interni. Una delle soluzioni sperimentate con successo in più parti del mondo consiste nel sostituire i tradizionali ami a forma di “J” (con punta parallela al gambo) con ami a forma circolare (circle hooks, con punta perpendicolare al gambo). In tal modo, sembra che l’ingestione dell’a-

128

mo risulti molto più difficoltosa, consentendo all’amo di infilzarsi superficialmente. Questo permette al pescatore di toglierlo o comunque di tagliarlo abbastanza agevolmente, consentendo all’animale di tornare a vivere tranquillamente una volta liberato. In Tartalife le prove in mare effettuate con il palangaro derivante armato con ami circolari sono state realizzate nelle marinerie delle coste siciliane, calabresi, pugliesi, campane, toscane, liguri e sarde, durante la pesca al pesce spada (X. gladius); 45 imbarcazioni, per un totale di più di 100 pescatori, sono state direttamente coinvolte nelle prove in mare. Al momento non sono state riscontrate differenze significative nelle catture commerciali derivanti dall’utilizzo degli ami circolari in sostituzione di quelli tradizionali. Per di più, alcuni pescatori del litorale toscano

Strascico e TED Lo strascico è considerato il secondo attrezzo da pesca più impattante dopo il palangaro, che mette a repentaglio la salvaguardia e conservazione delle popolazioni di C. caretta in Mediterraneo. Il tasso di mortalità, oltre che ai danni fisici causati dall’impatto con le diverse parti dell’attrezzo (che può portare alla morte della tartaruga), è dovuto principalmente al tempo di permanenza sottacqua dell’animale. Il rischio di annegamento delle tartarughe, anche se capaci di prolungate apnee, in condizioni di stress risulta infatti elevatissimo. In particolare, le condizioni di massimo stress si hanno quando la tartaruga entra nel sacco e lo spazio di movimento si riduce notevolmente, sia a causa delle ridotte dimensioni di questa parte della rete che per la presenza del pescato che ostacola ulteriormente il movimento della tartaruga e che potrebbe ferirla. Inoltre, anche se la mortalità diretta è in genere bassa, la mortalità ritardata, specie se l’animale viene rilasciato immediatamente in mare, potrebbe essere molto elevata. La modifica da apportare all’attrezzatura, per ridurre il tasso di catture accidentali e il tasso di mortalità per annegamento della tartaruga, in questo tipo di pesca, consiste essenzialmente nell’utilizzo dei cosiddetti TED (Turtle Excluder Devices, dispositivi di esclusione delle tartarughe).

IL PESCE, 6/17



Esemplare di Caretta caretta catturato accidentalmente con lo strascico a largo di Chioggia con rete tradizionale. I TED non sono altro che delle griglie inclinate che si inseriscono prima del sacco terminale delle reti a strascico, permettendo alle tartarughe accidentalmente catturate di fuoriuscire. Le griglie sono studiate in modo tale da permettere il passaggio delle specie commerciali (crostacei, molluschi e pesci normalmente oggetto della pescata) fino al sacco terminale, mentre le tartarughe con la loro forma e dimensione vengono veicolate verso l’esterno della griglia inclinata. La difficoltà maggiore nell’uso del TED risiede nella necessità di adattare, modificare e calibrare le griglie rispetto alle caratteristiche delle reti in uso. La griglia di esclusione scelta in Tartalife è il TED Mod. FLEXGRID. Questo è un modello di griglia che viene abitualmente utilizzato da diversi pescherecci che operano nel Mare del Nord nella pesca al gambero e allo scampo, per ridurre il bycatch di novellame di pesce. La FLEXGRID è una griglia molto leggera, costruita con una particolare lega in plastica caratterizzata da una notevole elasticità, in grado

130

di sopportare notevoli flessioni e di riprendere la sua naturale forma quando le sollecitazioni meccaniche sono terminate. Questo tipo di griglia risulta quindi adatta all’avvolgimento sul verricello salparete insieme al resto della rete. L’utilizzo di un TED rigido ha presentato in passato alcuni problemi in fase di salpa (rottura della rete e del TED stesso), ragion per cui si è optato per una griglia molto flessibile. Il motivo principale è stato essenzialmente legato alla necessità di ridurre il rischio di rottura della griglia e di non inficiare le normali operazioni svolte a bordo. La sezione di rete in cui è stata inserita la griglia è realizzata in una particolare fibra chiamata chineema che si presenta più resistente ai carichi di traino rispetto alla tradizionale poliammide (nylon). Le prove in mare sono state condotte a bordo di 10 imbarcazioni a strascico dell’Adriatico centrosettentrionale (Porto San Giorgio, Civitanova Marche, Ancona, Rimini, Cesenatico, Chioggia e Marano Lagunare) e della Sicilia (Favigna-

na), e circa 45 pescatori sono stati direttamente coinvolti nelle 162 cale complessive realizzate, di cui 99 con il TED. In nessuna delle prove in mare finora realizzate in Tartalife, il modello FLEXGRID ha riportato danni o rotture, situazioni che si sono puntualmente presentate con i TED utilizzati in precedenza (es. progetto Tartanet). I risultati ottenuti con la FLEXGRID hanno mostrato che i quantitativi medi di cattura per cala con rete tradizionale e con griglia sono pressoché comparabili indipendentemente dalla specie target, dall’area, dal tipo di rete, ecc… Nelle varie prove in mare con lo strascico è stata registrata un’unica cattura di tartaruga (C. caretta) avvenuta con rete tradizionale a strascico in assenza di TED. L’individuo di piccole dimensioni — 39 cm (CCL) con un peso di 7,9 kg — è stato catturato ad una profondità di 18 m, ad una distanza dalla costa di circa 7 miglia dal porto di Chioggia. Inoltre le catture di esemplari di trigoni (P. violacea) sono state riscontrate esclusivamente in assenza di TED, a

IL PESCE, 6/17


Griglia di esclusione (TED) modello FLEXGRID. testimonianza di come questo BRD sia efficace anche nell’esclusione di altre specie ad interesse conservazionistico, come gli elasmobranchi di grande taglia. Negli stessi periodi in cui sono state condotte le prove in mare, i pescatori coinvolti hanno confermato che la cattura di tartarughe è piuttosto frequente. Tuttavia i pescatori ritengono che i TED (con i giusti adattamenti e modifiche, a seconda della zona di pesca e dell’attrezzo) possono essere un valido dispositivo di mitigazione per ridurre la cattura di tartarughe e quella di altri organismi, come le grandi meduse che in alcuni periodi dell’anno ostacolano la pesca a strascico nelle aree settentrionali dell’Adriatico. Le reti da posta: dissuasori visivi e attrezzi alternativi Gli studi condotti sull’interazione reti da posta e tartarughe in Mediterraneo sono molto rari, sebbene questa tipologia di pesca sia largamente diffusa e rappresenti una minaccia per le tartarughe marine, soprattutto lungo le zone costiere. I tassi di mor-

IL PESCE, 6/17

talità diretta supposti e registrati per le reti da posta fissa sono più elevati di quelli registrati per altri tipi di attrezzi da pesca, poiché le tartarughe marine rimangono impigliate nelle reti mentre cercano di depredare il pesce catturato, annegando. Alcuni studi recenti hanno incoraggiato l’utilizzo di dissuasori visivi per avvisare o scoraggiare le specie d’interesse conservazionistico dall’interazione con gli attrezzi da pesca. I dissuasori visivi testati in Tartalife sono particolari lampadine elettroniche di profondità ad emissione ultravioletta (LED-UV). Sono simili ai LED usati generalmente nella pesca con i palangari (come attrattivo) per specie pelagiche come pesce spada e tonno, o nella pesca in profondità di cernie, occhioni, merluzzi e pesci lama. Durante la fase di diffusione dei dissuasori luminosi sono state realizzate 17 prove in mare a largo della costa romagnola e nell’area del Delta del Po, con coinvolgimento di due imbarcazioni e una decina di pescatori. I LED-UV sono stati armati direttamente sulla lima da sughero delle

reti da posta tradizionale, ad una distanza di circa 15 m uno dall’altro. I risultati ottenuti testimoniano che non c’è alcuna differenza significativa tra la performance di cattura dell’attrezzo in presenza o in assenza dei LED-UV, con quantitativi medi di cattura per cala relativi alla frazione commerciale del tutto comparabili. La riduzione del bycatch di tartaruga in presenza dei LED-UV è invece stata totale. Tutte le 9 tartarughe pescate sono state catturate in assenza dei dissuasori luminosi con un tasso di mortalità del 30%. La nasse da pesce trapula, ideate come attrezzo alternativo alle reti da posta, sono state sviluppate in collaborazione con l’omonima ditta croata. Questa nassa pieghevole presenta varie dimensioni e la struttura portante è realizzata in barre d’acciaio inox e corda di propilene sulle quali è armata esternamente una rete di plastica o di nylon con maglia quadra. L’entrata rappresenta una caratteristica peculiare di questo attrezzo ed è realizzata grazie alla disposizione a raggiera di sottili barre di acciaio che partono da due

131


delle barre di acciaio facenti parte dell’ossatura principale. L’apertura, rivestita nella sua parte iniziale con la stessa rete usata esternamente, termina a forma ovale con i raggi di acciaio “scoperti” che, essendo flessibili, consentono di modificare manualmente l’apertura. La nassa si chiude con l’utilizzo di 3-4 anelli in acciaio che vengono applicati superiormente e lateralmente alla “cerniera di chiusura”. Tre sono stati i modelli sperimentati: un modello di piccole dimensioni, due modelli di grandi dimensioni a singola e a tripla camera. Durante i primi due anni di diffusione delle nasse da pesce sono stati coinvolti direttamente nelle prove in mare 3 imbarcazioni e una decina di pescatori lungo la costa marchigiana e romagnola. Le nasse trapula hanno mostrato risultati promettenti: le catture di seppie e di specie come mormore, corvine e saraghi sono comparabili, e talvolta anche superiori, se confrontate con quelle ottenute con i tremagli tradizionali. Ciò dimostra, come sottolineato dagli stessi pescatori, che la nuova tipologia di nassa può essere un valido attrezzo alternativo alle reti da posta nel periodo primaverile-estivo, periodo in cui si registrano catture accidentali di tartarughe marine sotto costa, non solo in termini di performance di cattura, ma anche di riduzione del bycatch. Nello stesso periodo d’indagine, pescatori che operavano nella stessa zona hanno riportato catture frequenti di tartarughe marine. L’utilizzo di tali nasse impedisce la cattura di tartarughe marine che, fisicamente, non riescono a penetrare all’interno dell’attrezzo. A dimostrazione della bontà della soluzione individuata, diverse marinerie si sono dimostrate interessate ad utilizzare volontariamente le nasse Tartalife. A tal fine alcune nasse sono già state affidate ai pescatori interessati per un loro utilizzo su base puramente volontaria.

In alto: LED-UV armato sulla lima da sugheri di una rete da posta. Al centro e in basso: nassa da pesce “trapula” con catture di saraghi e corvine.

132

I prossimi passi per dare continuità ai risultati raggiunti L’identificazione delle aree a elevata interazione pesca-tartaruga, elabo-

IL PESCE, 6/17


rata basandosi sull’esperienza diretta dei pescatori e sui dati provenienti dal sistema di monitoraggio delle navi (VMS system), ha il potenziale per fornire informazioni chiave per valutare e attuare strategie di mitigazione, sia a livello spaziale (aree di pesca) che temporale (stagioni). Inoltre, il sistema VMS è attualmente in vigore in diversi Paesi, per cui questo tipo di approccio potrebbe avere un’applicazione su larga scala spaziale e un risvolto a livello mondiale. Le prime campagne sperimentali in mare hanno dimostrato che ogni dispositivo testato non ha influenzato né le prestazioni tecniche dell’attrezzo da pesca, né la cattura delle specie commerciali. Di notevole importanza è il fatto che tutti i vari BRD impiegati si sono rivelati molto efficienti nella riduzione del bycatch delle tartarughe marine. I pescatori si sono mostrati interessati alle varie sperimentazioni e hanno dimostrato grande collaborazione durante le prove in mare. Em-

blematico è il caso delle nasse, in cui diversi pescatori, volontariamente, hanno richiesto questo attrezzo alternativo da provare gratuitamente. L’uso volontario di questi BRD può essere incoraggiato in ottica futura, anche dalla possibilità di adoperare un marchio di qualità per il prodotto pescato con attrezzi più selettivi. Alcune ONG italiane ed internazionali (es. Friend of the Sea) si sono già dimostrate interessate a questa nuova prospettiva. Inoltre, diversi istituti (es. University of Primorska, Wildlife Conservation Society, Cestmed, ecc…) e istituzioni (es. Office of Marine Conservation U.S. Department) internazionali hanno chiesto informazioni sui risultati ottenuti con i BRD testati in Tartalife, evidenziando come il successo finora ottenuto dal progetto desti interesse anche al di fuori dell’Italia. Il progetto Tartalife con le innovazioni tecniche introdotte, unite alla profonda formazione dei pescatori, veri protagonisti del progetto, nel corso dei restanti due anni di proget-

to punta quindi a dare un ulteriore contributo alla riduzione della mortalità della tartaruga marina nelle acque italiane. In conclusione, la sinergia dei due approcci descritti, ovvero l’identificazione delle aree d’interazione tartaruga-pesca (approccio teorico) e l’introduzione di efficaci dispositivi di mitigazione (approccio tecnico), può essere considerata una strategia affidabile di mitigazione nella conservazione delle tartarughe marine del Mar Mediterraneo. Per il buon esito del progetto, e soprattutto per la conservazione della tartaruga più in generale, il mutuo scambio di esperienza e professionalità tra pescatore e ricercatore deve essere quindi bidirezionale e finalizzato al raggiungimento di una pesca che sia responsabile e sostenibile, a livello sia ecologico che economico. Massimo Virgili Francesco Bertolino Giuseppe Sieli Claudio Vasapollo Alessandro Lucchetti


SICUREZZA ALIMENTARE

Moca: tutte le novità Niente sfugge più al controllo su freschezza e salubrità dei prodotti alimentari. È giunta ormai da qualche tempo una norma — per la quale sono da oggi previste anche le sanzioni — che estende la rintracciabilità ai materiali a contatto con l’alimento, col fine di evitare che trasmettano sostanze nocive o ne modifichino le caratteristiche di Sebastiano Corona

È il Regolamento UE 1935/2004 a stabilire le norme generali. I MOCA sono i materiali e gli oggetti, compresi quelli attivi e intelligenti allo stato di prodotti finiti, destinati a essere messi a contatto con prodotti alimentari. Sono classificati in un elenco: materiali e oggetti attivi e intelligenti, adesivi, ceramiche,

turaccioli, gomme naturali, vetro, resine a scambio ionico, metalli e leghe, carta e cartone, materie plastiche, inchiostri da stampa, cellulosa rigenerata, siliconi, prodotti tessili, vernici e rivestimenti, cere e legno. Per quasi tutti gli elementi citati esiste altresì una normativa verticale e specifica, che va inter-

secata con quella generale. Non si considerano invece MOCA i materiali e gli oggetti forniti come oggetti di antiquariato; quelli di ricopertura o di rivestimento, come i materiali che rivestono le croste dei formaggi, le preparazioni di carni o la frutta, che fanno parte dei prodotti alimentari e possono quindi essere consumati

Il principio base della normativa sui Moca è che i materiali di cui sono fatti gli oggetti che andranno a contatto con gli alimenti non devono trasmettere sostanze nocive, né modificare le caratteristiche organolettiche o contribuire al loro deterioramento (photo © Morenovel – stock.adobe.com).

134

IL PESCE, 6/17



Linea di confezionamento (photo © Giovanni Burlini – stock.adobe.com). con i medesimi, e gli impianti fissi pubblici o privati di approvvigionamento idrico. La disciplina sui MOCA ha come diretti interessati i produttori di macchinari, attrezzature, imballaggi e qualunque altra cosa entri a contatto con il cibo. Tuttavia, da queste disposizioni derivano obblighi importanti anche per chi produce, trasforma o commercializza alimenti, a qualunque livello di specializzazione. Pertanto, che si tratti di strumentazione, di confezioni, di piatti, bicchieri, posate, bottiglie, coltelli da lavoro, carta da incarto, pellicole di plastica, bicchieri e piatti di plastica, etichette a contatto con gli alimenti, scatole della pizza, imballaggi di varia natura e molto altro, è necessario che a monte vi sia la conformità alle norme produttive comunitarie previste dal Regolamento 1935/2004. Fatta salva la normativa verticale, i produttori di MOCA si devono attenere alle buone pratiche di fabbricazione, più comunemente

136

definite Good Manufacturing Practice o GMP. Si tratta dello standard minimo che ogni produttore deve soddisfare nel proprio processo produttivo: cioè modalità operative adottate per gestirne la produzione, in modo che il risultato finale sia conforme e che ogni aspetto del processo sia sotto controllo. Il principio base è che i materiali di cui sono fatti gli oggetti che andranno a contatto con gli alimenti non devono trasmettere sostanze nocive, né modificare le caratteristiche organolettiche o contribuire al deterioramento degli alimenti. Tuttavia, le Linee guida delle GMP non contengono istruzioni prescrittive sulle modalità con le quali gli articoli devono essere realizzati, ma solo una serie di principi generali obbligatori per tutti. Non è pertanto stabilito cosa fare o non fare esattamente, ma come farlo. È responsabilità dell’azienda produttrice di MOCA determinare il processo di qualità più efficace ed

efficiente. In determinati casi, oltre alla normativa verticale, corrono in soccorso anche alcuni standard operativi e volontari per alcuni materiali specifici. In questo modo sarà possibile per il produttore di packaging fornire alcune garanzie sulle modalità di lavoro che, essendo previste dallo standard, sono elevatissime per loro natura. A prescindere dal fatto che si applichi un sistema come quello citato, i produttori devono sottostare a regole ben precise, previste da un regolamento generale e, se del caso, da uno specifico, a seconda del materiale impiegato. Sono tenuti a istituire un sistema di qualità, a elaborare e a conservare la relativa documentazione su supporto cartaceo o elettronico. Ovviamente, devono utilizzare solo sostanze e materiali autorizzati, etichettare correttamente l’articolo e produrre la Dichiarazione di conformità. I trasformatori e gli assemblatori di MOCA devono ugualmente gestirli e stoccarli nel rispetto delle GMP e delle norme igienico-sanitarie, ma devono anche verificare l’etichettatura e produrre la traduzione nelle lingue comprensibili nel Paese di immissione in commercio. A loro volta, devono garantire la rintracciabilità, attuando procedure che consentano l’individuazione delle imprese da cui si sono approvvigionate e a cui sono stati forniti i MOCA. Le aziende del settore agroindustriale hanno invece degli obblighi differenti. Il primo è quello di acquisire unicamente MOCA conformi alle GMP, corredati di etichette a norma e complete di Dichiarazione di conformità. Dichiarazione che deve essere conservata per ogni tipologia di imballaggio utilizzato. Poiché i M OCA entreranno a contatto con l’alimento, devono essere anch’essi trattati e stoccati in ambienti salubri, nel rispetto delle norme igienico-sanitarie, e devono essere utilizzati secondo le condizioni indicate dal produttore. Inoltre, considerato che i MOCA entreranno nel circuito della rintracciabilità al pari dei prodotti che andranno a comporre l’alimento finale, devono essere facilmente individuabili, così come

IL PESCE, 6/17


Professionisti per la distribuzione capillare di prodotti da e per tutta europa

FRIGO TRANSPORTS ITALIA ROMA

Centro Agroalimentare di Roma - Via Tenuta del Cavaliere 00012 GUIDONIA MONTECELIO (RM) - ITALIA Tel. +39 06 60 50 32 90 - Fax. +39 06 60 50 32 97 Email : ftroma@delanchy.fr - Web : www.delanchy.fr

FRIGO TRANSPORTS ITALIA MILANO Via Privata da Via Iseo, 8/B 20098 SAN GIULIANO MILANESE (MI) - ITALIA Tel. + 39 02 98 28 24 10 - Fax. +39 02 98 28 76 86 Email : ftmilano@delanchy.fr


Operazione di lavaggio in un impianto di trasformazione del pesce (photo © Konstantin Shevtsov). lo deve essere la documentazione a corredo (etichetta, Dichiarazione di conformità, ecc…). La rintracciabilità dei materiali e degli oggetti è infatti obbligatoria in tutte le fasi della produzione, per facilitare il controllo, il ritiro dei prodotti difettosi, le informazioni ai consumatori e l’attribuzione delle responsabilità. L’etichetta dei MOCA deve contenere particolari informazioni, quali la dicitura “per contatto con i prodotti alimentari” o un’indicazione specifica circa il loro impiego (ad esempio: macchina da caffè, bottiglia per vino, cucchiaio per minestra), oppure il simbolo riprodotto nell’allegato II del Regolamento, salvo che non sia evidente che gli articoli in questione, per loro natura e caratteristiche, siano destinati ad entrare in contatto con i prodotti alimentari. Inoltre, vanno riportate, se necessario, le istruzioni d’uso per un impiego sicuro (informazioni aggiuntive per i materiali attivi e/o intelligenti), il nome o la ragione sociale, e, in entrambi i casi, l’indirizzo o la sede sociale del fabbricante, del trasformatore o del venditore responsabile dell’immissione sul mercato, stabilito nella UE. L’etichettatura deve altresì fornire elementi sufficienti per assicurarne la rintracciabilità. Come per i prodotti alimentari, le informazioni relative ai MOCA vanno riportate in modo visibile,

138

chiaramente leggibile e indelebile, in una lingua comprensibile per gli acquirenti. In alternativa, ne è infatti proibito il commercio. I materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con le sostanze alimentari devono essere accompagnati, nelle fasi diverse dalla vendita al consumatore finale, da una dichiarazione che attesti la conformità alle norme loro applicabili, rilasciata dal produttore. Considerata la sua finalità, deve accompagnare il materiale o l’oggetto in ogni fase del suo percorso di vita. La Dichiarazione di conformità — questo il suo nome — è un’assunzione di responsabilità da parte del soggetto che la emette, rispetto all’idoneità del MOCA ai fini di un utilizzo a contatto con gli alimenti. Normalmente ha una validità di due anni, ma in caso di cambiamenti significativi in sede di produzione, che possano determinare variazioni di migrazione, oppure in presenza di nuovi elementi o di evoluzioni della legislazione attinente, la Dichiarazione di conformità dovrà essere tempestivamente aggiornata. Nella filiera del MOCA, il produttore emette la prima Dichiarazione di conformità; il trasformatore o assemblatore, se presente, la conserva e ne emette una propria, al pari dell’importatore o del distributore (anche questi, se presenti). L’utiliz-

zatore invece, che normalmente è l’impresa agroalimentare o un’impresa commerciale che effettua solo la vendita, semplicemente conserva la dichiarazione del fornitore. La Dichiarazione di conformità deve contenere degli elementi minimi per essere considerata tale. Innanzitutto è necessario un riferimento esplicito di rispetto della normativa (sia orizzontale, del Reg. UE 1935/2004, sia verticale, e quindi relativa al materiale utilizzato nello specifico). Sono altresì obbligatori: i dati identificativi del produttore e/o dell’importatore, se coinvolto nella filiera; i dati relativi ai materiali utilizzati e le eventuali limitazioni e/o condizioni d’uso; il codice alfanumerico di identificazione univoco della Dichiarazione al prodotto; la data e la firma del responsabile. Tra i vari adempimenti è inoltre prevista una comunicazione alla ASL che ha lo scopo di censire, per ogni passaggio della filiera, i soggetti che ne fanno parte e che, in quanto tali, possono essere sottoposti a controlli ufficiali in materia di imballaggi. L’obbligo — a cui si può assolvere con ordinaria comunicazione tramite il SUAP competente per territorio del comune di pertinenza — riguarda tutti gli operatori economici di cui al Regolamento 2023/2006 e si applica a tutti i settori e a tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di materiali e oggetti destinati al contatto con alimenti. Non è invece tenuto alla comunicazione alla ASL il soggetto che non opera alcuna trasformazione dell’imballaggio e che si limita a utilizzarlo tal quale, oppure a venderlo direttamente al consumatore finale. Il DLgs 29/2017 prevede un’ampia gamma di irregolarità e sanzioni severe, per ogni violazione. Si parte da un minimo di 1.500 euro per arrivare a 80.000 come punizione massima, qualora la produzione, l’importazione o l’utilizzo, in qualunque fase della produzione, della trasformazione o della distribuzione, preveda l’impiego di materiali che trasferiscono agli alimenti componenti in quantità tale da costituire un pericolo per la salute umana. Sebastiano Corona

IL PESCE, 6/17


Ecosostenibile - EfďŹ ciente - Economica /D ELRWHFQRORJLD (8529,; DSSOLFDWD QHJOL DOOHYDPHQWL LWWLFL HVWHQVLYL LQWHQVLYL H D ULFLUFROR LQ DFTXD GROFH VDOPDVWUD R VDODWD

www.eurovix.it 3 $ 5 7 1 ( 5

‡ $EEDVVD LO OLYHOOR GL VWUHVV GHJOL DQLPDOL DOOHYDWL ‡ 0LJOLRUD OH FRQGL]LRQL FKLPLFKH H PLFURELRORJLFKH GHOO¡DFTXD H GHO VHGLPHQWR

www.inapro-project.eu

‡ $XPHQWD OH SUHVWD]LRQL ]RRWHFQLFKH ‡ $EEDVVD OD PRUWDOLWj ‡ 5LGXFH L FRVWL GL SURGX]LRQH ‡ 2WWLPL]]D O¡DWWLYLWj ELRORJLFD QHL 5 $ 6

Da EUROVIX, prodotti naturali per la valorizzazione del tuo allevamento!


TECNOLOGIE

Che cos’è un Factory ERP? I sistemi ERP sono attualmente molto diffusi all’interno delle aziende e rappresentano l’asse portante della struttura IT aziendale. Non tutti i sistemi sono uguali però: alcuni hanno il loro punto di forza nel settore Contabilità & Finanze, altri esprimono il massimo delle loro potenzialità nel processo produttivo. Requisiti specifici della produzione alimentare I classici sistemi ERP sono nati dall’ampliamento dei MRP – Materials Requirements Planning (Pianificazione dei fabbisogni materiali). L’MRP era un modello molto semplice utilizzato per una pianificazione basilare dei fabbisogni materiali, ovvero per determinare i componenti necessari al soddisfacimento delle esigenze del piano di produzione. Alcuni dati erano presi dal sistema contabile, il resto era affidato alla capacità dell’operatore di raccogliere informazioni, se esistenti in azienda, e tener conto della domanda di mercato, della distinta base, delle giacenze di magazzino e dei tempi di produzione. Così, a poco a poco, l’MRP è diventato un gestionale merci, ovvero un ERP. Gli ERP generati in questo modo, però, presentano purtroppo difficoltà di base a modellare processi specifici di settore all’interno dell’azienda. In particolar modo nelle industrie a processi come Alimenti & Bevande vi è maggiormente bisogno

140

di sistemi IT completi, in grado di coordinare la produzione, gestire le distinte base nonché garantire la rintracciabilità della filiera. La produzione alimentare ha le sue leggi Le ricette sono il cuore di ogni azienda produttrice di alimenti; qui si discute dello sviluppo del prodotto: dal calcolo fino all’acquisto dei componenti, incluso dispo necessarie e modalità di produzione. In questa fase è necessario considerare fattori variabili quali la qualità delle materie prime, loro deperibilità, le miscele così come la preparazione di semilavorati utilizzati per la produzione di altri prodotti. In base alla ricetta, inoltre, è utile per un’azienda conoscere i costi di un prodotto, ottimizzare le miscele ed è obbligatorio evidenziare gli allergeni, i valori nutrizionali e gli ingredienti senza trascurare la garanzia di rintracciabilità dell’intera filiera. Una vera sfida, dunque, per il software aziendale! Ma anche in altri ambiti si richiede al software una conoscenza specifica del settore. Ad esempio, nell’inserimento di dati quali le variabili di peso e qualità, nel caricamento lotti in fase produttiva, o nell’etichettatura e peso-prezzatura dei prodotti finiti. I sistemi ERP tradizionali si scontrano spesso con i loro limiti, se— sviluppati per la produzione di singoli pezzi — devono poi coprire un processo produttivo ben più complesso.

Spesso addirittura mancano le informazioni necessarie per procedere ad una giusta pianificazione della produzione o statistiche che lascino diagnosticare dove sono i punti deboli aziendali. Il Factory ERP a completamento del software di Contabilità & Finanze Tutto questo accade perché multinazionali o società molto grandi del settore Alimenti & Bevande hanno in uso un ERP di gruppo sviluppato inizialmente per il settore Contabilità & Finanze e che quindi riesce a soddisfare a fatica i requisiti sopra menzionati e per giunta solo dopo aggiustamenti impegnativi. La buona notizia: l’ERP contabile può essere ampliato con una soluzione specifica di settore. Attraverso il Factory ERP, il gruppo CSBSystem ha sviluppato un concetto, ormai ampiamente consolidato nella pratica, con il quale si coprono tutte le richieste delle aziende alimentari. Con le sue innumerevoli implementazioni a livello globale della soluzione completa per il settore Alimenti & Bevande, il CSB-System ha accumulato negli ultimi 40 anni una vasta conoscenza su quali siano le reali esigenze delle aziende. Il Factory ERP è un software che idealmente si colloca tra l’ERP contabile e un MES – Manufacturing Execution System utilizzato per gestire in maniera integrata ed efficiente il processo produttivo di un’azienda. Caratteristica

IL PESCE, 6/17


principale di un Factory ERP è la capacità di armonizzare la gestione aziendale e la produzione al fine di ottimizzare l’utilizzo delle risorse produttive. In altre parole, il Factory ERP va a perfezionare il software di Contabilità & Finanze per una gestione completa dell’azienda; può anche essere visto come il completamento del gestionale contabile a cui si collega tramite interfaccia standard. Prendiamo ad esempio una grande catena di supermercati che ha la caratteristica di possedere vere e proprie fabbriche per la lavorazione del pesce e della carne. Le fabbriche utilizzano il CSB Factory affinché i supermercati possano pianificare, gestire e controllare a livello ottimale i complessi processi a livello di Shop Floor: dall’entrata merci ai diversi tipi di produzione attraverso i vari livelli di lavorazione e l’intera logistica fino alla consegna al cliente. Alcuni cenni sul Factory ERP del CSB-System Il Factory ERP del CSB-System ha la principale funzione di gestire e controllare la funzione produttiva di un’azienda. La gestione coinvolge il dispaccio degli ordini, gli avanzamenti in quantità e tempo, il versamento a magazzino, nonché il collegamento diretto ai macchinari per ricavarne informazioni utili ad

IL PESCE, 6/17

integrare l’esecuzione della produzione così come il controllo della stessa. Il Factory ERP del CSBSystem offre i vantaggi di un ERP e un MES insieme e fa in modo che si crei un legame tra gestione aziendale e gestione della produzione, facilitando il collegamento in rete macchina verso macchina. Integrazione come base per l’automazione L’integrazione di produzione, impianti e macchinari pone le basi per un’ampia ed estesa automazione dei processi (cosiddetta Internet of Things), un’alta qualità dei dati, più trasparenza ed efficienza. Vi è anche un altro vantaggio: mentre l’ERP di gruppo serve soprattutto alla direzione aziendale, il Factory ERP supporta gli operatori del settore nel loro lavoro di routine. Questo vale non solo per le sue funzioni di pianificazione e controllo ma anche per l’operatività vera e propria relativamente a produzione, confezionamento e preparazione ordini. Il funzionamento di entrambi i gestionali funziona in maniera eccellente per due motivi: innanzitutto perché il gestionale contabile non interviene in profondità sui processi di fabbrica e poi perché le interfacce standard si sono dimostrate valide, stabili e consolidate nella pratica.

Il Factory ERP è estremamente interessante sia per le imprese con attività diversificate sia per le multinazionali che operano a livello globale. La gestione dell’intero processo produttivo può essere affidata interamente ad un gestionale sviluppato proprio per questo fine. Non è necessario modificare il gestionale contabile. Questo manterrà i settori Finanze & Controlling e verrà semplicemente collegato al Factory ERP tramite un’interfaccia standard. Così il gruppo alimentare o la multinazionale approfittano del meglio di due mondi: soluzione specifica di settore in fabbrica e un gestionale consolidato a livello globale per Finanze & Controlling.

Referente: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (Verona) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

141


46.544 i chilometri percorsi da Testo Italia e dai tanti runner e ciclisti unitisi all’iniziativa di beneficenza Charity Challenge Superata e anche sfondata quota 25.000 i chilometri che Testo Italia si era messa in testa di raggiungere collettivamente, attraverso cioè lo sforzo dei dipendenti e dei tanti che si sono uniti a questa iniziativa di solidarietà, il Charity Challenge (charitychallenge.testo.com), che ha portato qualche settimana fa Testo Italia a donare 10.000 euro all’associazione Famiglie SMA – Genitori per la ricerca sull’Atrofia Muscolare Spinale. Il Charity Challenge è una corsa collettiva che si è posta l’obiettivo di raggiungere 25.000 chilometri solo in Italia attraverso l’uso di una app di running che hanno usato i partecipanti. L’iniziativa è nata dalla casa madre di Testo, in Germania, ed è un’iniziativa globale cui hanno aderito tutte le filiali sparse per il mondo. Testo Italia ha risposto con grande entusiasmo. Con il taglio della torta e la donazione dell’assegno all’associazione si è concluso il Charity Challenge ideato in occasione dei 60 anni della fondazione dell’azienda, che corrispondono ai 25 anni dall’apertura della filiale italiana. Ecco il discorso che ha fatto l’Amministratore Delegato di Testo Italia Marcello Pignataro, che riportiamo per intero. «Per un’azienda produrre profitto è etico; un’azienda che non produce profitto non è etica.Testo, sin dalla sua fondazione questo ha fatto: ha prodotto profitto nel pieno rispetto delle regole del mercato, della legge e della corretta gestione aziendale. Ma, approssimandosi all’anniversario dei 60 anni dalla sua fondazione in Germania, dei 25 anni in Italia e Spagna insieme ai 15 anni in Cina, fermandosi per un momento a guardarci indietro e compiacerci un po’ del successo, ci siamo resi conto che forse la nostra etica poteva assumere un significato più alto e includere nell’etica aziendale, quella dell’intelletto, un’etica più intima, quella del cuore. Dando quindi un po’ più ascolto al cuore abbiamo alzato lo sguardo verso un orizzonte più ampio alla ricerca di un investimento in quanto di più prezioso abbiamo: la vita, l’umanità e la sua splendida capacità di realizzare anche sogni apparentemente irraggiungibili. Ma come si possono realizzare questi sogni? Con intelletto e cuore, unendo capacità imprenditoriali ed organizzative a tanta passione e dedizione. Questo abbiamo trovato in Famiglie SMA. Un’associazione di genitori mossa da tanta passione e dedizione che si è dotata di capacità organizzative ed imprenditoriali tali da saper aggregare le famiglie dei ragazzi colpiti da Atrofia Muscolare Spinale ed accoglierle nei propri centri sparsi per l’Italia. Organizzare eventi che aiutino a conviverci, come “SMAtti da Giocare” o “SMAbike”. Coinvolgere le autorità per l’approvazione di nuovi protocolli come la Terapia Nusinersen. Realizzare vaste reti di competenze creando legami forti con strutture ospedaliere come l’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e il Gaslini di Genova, l’Università Cattolica e il Policlinico Gemelli di Roma. Con l’obiettivo chiaro: combattere questa malattia rara fino a sconfiggerla. Proprio perché anche noi vogliamo credere in questo obiettivo, abbiamo voluto contribuire con questa donazione frutto dei chilometri percorsi a piedi ed in bicicletta, nell’attesa che questi ragazzi si possano unire a noi in queste attività prestissimo».

Testo AG è uno dei maggiori produttori mondiali di strumenti di misura portatili per parametri fisici e chimici. Si avvale di un ampio catalogo prodotti che ha come scopo quello di coprire i principali settori merceologici, tra cui quello alimentare, chimico-farmaceutico, elettronico, meccanico, del riscaldamento e condizionamento. Con 25 filiali in tutto il mondo e 70 agenzie, Testo rappresenta un marchio simbolo di affidabilità e professionalità nel campo degli strumenti di misura. Testo Spa Via F.lli Rosselli 3/2 20090 Settimo Milanese (MI) Telefono: 02 33519.1 E-mail: info@testo.it Web: www.testoitalia.it

142

IL PESCE, 6/17



STORIA E CULTURA

La Pescara, il fiume dannunziano di Luca del Grammastro

La Pescara, il grande fiume che dall’Appennino centrale scende al mare Adriatico, è stato per secoli il fulcro e l’anima di Pescara, città dell’entroterra abruzzese che ha dato i natali a spiriti eletti come GABRIELE D’ANNUNZIO e ENNIO FLAIANO. Nei documenti storici e nella tradizione locale, la Pescara viene declinato prevalentemente al femminile: fatto questo assai particolare e comune a pochi corsi d’acqua italiani, una quindicina, che con il nostro condividono anche un altro aspetto. Tutti sono infatti caratterizzati, nel tratto finale, da un’elevata sedimentazione, quindi da un alto 144

tasso di sostanze organiche in grado di innescare, almeno in passato, ricche catene alimentari, culminanti in una grande abbondanza di pesci ma anche di uccelli. Un fiume “femmina” è madre perché era a ragione percepito come una genitrice, che nutre e protegge. Non a caso, durante i bombardamenti dell’ultima guerra, che distrussero la città, molti pescaresi vollero rifugiarsi tra la folta vegetazione delle sue rive. È il fiume più lungo d’Abruzzo e il secondo per estensione di bacino fra quelli che sfociano nell’Adriatico a sud del Reno, dopo il fiume Po. È

costituito da due tronchi ben distinti e designati con nomi diversi: l’Aterno e l’Aterno-Pescara, più breve, detto semplicemente Pescara, che scorre per circa 152 km attraversando l’Abruzzo appenninico da ovest a est e toccando alcuni dei principali centri della regione, tra cui lo stesso capoluogo. Nasce sui Monti della Laga, nei pressi di Montereale (AQ), e si sviluppa prevalentemente tra la provincia dell’Aquila e quella di Pescara, toccando in minima parte la provincia di Chieti. Nei pressi di Popoli (PE) i due tronchi si uniscono e sfociano in Adriatico. Lungo il tragitto il fiume riceve le acque di vari IL PESCE, 6/17


A sinistra: il Ponte del Mare che collega la riviera sud con quella nord del fiume Pescara. È il più grande ponte ciclo-pedonale italiano ed uno dei maggiori d’Europa (photo © ValerioMei – stock.adobe.com). In alto: foce del fiume La Pescara, Parco Fluviale (photo © Greso83 – stock.adobe.com). In basso: gambero di fiume (Austropotamobius pallipes).

affluenti: Cigno, Giardino, Nora, Tirino e Orta. La foce, sistemata a porto canale, è situata nel centro abitato della città di Pescara. Nel Medioevo la parte finale del fiume venne chiamata Piscaria per la pesca che vi si faceva e da esso prese il nome il nuovo villaggio sorto sul luogo della vecchia Aternum, poi diventata definitivamente Pescara. Alla fine del 1800, presso la foce del fiume, si susseguivano in ordine sparso le case dei marinai di creta e canne dove si accendeva il fuoco coi rifiuti del mare. Sulla destra del fiume, uscendo da Porta Ortona, si giungeva ad una depressione fangoIL PESCE, 6/17

sa, “il lago salso della Palata” (La Vergine Orsola da Le novelle della Pescara di GABRIELE D’ANNUNZIO): il braccio destro del Pescara da tempo abbandonato dalla corrente dove era facile contrarre la “febbre palustre”. Il ruolo del corso d’acqua, sui due lati del quale era raccolto l’abitato, sembra essere stato duplice nella storia dei pescaresi. Se da un verso era considerato linea di divisione tra i due territori, accentuando le rivalità, i contrasti le competizioni tra gli abitanti di Porta Nuova e di Centrale, per l’altro è stato anche un elemento di coesione e di unione fra le due realtà e un punto di aggregazio-

ne, sulla cui acqua, allora potabile, si svolgevano le occupazioni quotidiane come il lavaggio dei panni, le attività lavorative, il mercato delle arance, il rimessaggio delle barche da pesca, i giochi dei ragazzi e le feste, San Cetteo sulla sponda sud e Sant’Andrea su quella a nord, nel quartiere Borgo Marino, che intorno al fiume riunivano per giorni tutta la popolazione. Già nella metà dell’800, durante queste ricorrenze patronali, lungo il corso della Pescara, oltre la processione, i fuochi d’artificio, le bande musicali, si svolgevano gare di canotti e “cuccagne” (gioco popolare i cui 145


La Pescara ha avuto un’enorme importanza nella tradizione e nella storia sociale della città e il forte legame di essa col suo fiume prosegue oggi immutato

La Pescara è ricca di trote (photo © www.primadanoi.it). partecipanti devono cercare di prendere dei premi di norma generi alimentari) e, all’imbrunire, venivano messi a galleggiare migliaia di lumini che arrivavano fino al mare aperto. Il fiume era illuminato per ore e ore. I lumini venivano collocati nel fiume da un barcone all’altezza di Sambuceto ed erano fatti con uno stoppino infilato in un pezzo di sughero avvolto da carta colorata. Sotto il ponte si mettevano le barche che vendevano le arance e i pellegrini che venivano a Pescara per le feste si fermavano a comprarle. Passavano anche pastori che venivano accolti con allegria: i pescatori davano loro sardelle, sale, qualche altro pesce, e loro li ricambiavano con formaggio e ricotta. Sempre lungo il fiume si svolsero importanti manifestazioni non a carattere religioso come Le Cinque Giornate di Pescara che, dal 19 al 23 agosto del 1922, allietarono la città, o la Settimana Abruzzese, dal 19 al 23 agosto del 1923, patrocinata da Acerbo, una festa popolare che si svolse prevalentemente lungo il fiume anche se non mancò l’aspetto propagandistico del fascismo che si servì di questo evento per l’ostentazione del proprio successo. Giunsero le paranze da Giulianova, Silvi Marina e Vasto che, oltre a quelle di Pescara, sfilarono costeggiando da nord fino alla foce, dove la manifestazione si concluse con imponenti fuochi d’artificio.

146

D’Annunzio, dopo lunghe peregrinazioni e una vita cosmopolita e vagabonda, tornò nella sua terra perché la sentiva come una “corazza, un pezzo d’armatura”, capace di difenderlo e di proteggerlo dalle intemperie della vita. Il poeta rimase indissolubilmente legato alla sua città natale e al suo fiume. Anche il titolo che diede all’opera Le novelle della Pescara è significativo: “come il fiume, prima di arrivare al mare, attraversa paesi e contrade, popolate da genti antiche, così il poeta viaggerà idealmente raccogliendo novelle di quelle genti per poi narrarcele”1. I simboli della poetica decadente dannunziana del mare, la terra e l’acqua, rappresentata proprio dal fiume Pescara, arteria navigabile naturale legata alle emozioni e contemplazioni del grande pescarese dove traspare il legame profondo tra le genti e il fiume. La caratteristica del fiume è il suo tratto terminale, dove confluiscono da tutto il bacino idrografico sia le piogge (autunno-primavera), sia le acque dello scioglimento delle nevi (fine primavera-estate), sia il tributo delle cospicue sorgenti (tutto l’anno). In occasione delle precipitazioni piovose particolarmente intense, in prossimità della foce, si riversano grandi quantità d’acqua che, sommate al normale e costante flusso fluviale, aumentano improvvisamente e pericolosamente anche se per pochi

giorni il livello delle acque nell’alveo. Frequenti sono state infatti le inondazioni, dal 1934 fino al dicembre 2013, quando il fiume esondò creando innumerevoli problemi, fu dichiarato lo stato di calamità naturale e purtroppo perse la vita una donna annegata nella sua auto. Il fiume Pescara è abitato da una fauna molto diversificata. La specie con maggiore risalto scientifico è senza dubbio la trota fario (Salmo trutta fario), che nello specchio lacustre e nel primo tratto di fiume sembra conservare ancora i caratteri della specie autoctona, messa in serio pericolo da alcune specie alloctone per fini sportivi, come l’importata trota iridea (Oncorhynchus mykiss). Di grande interesse per le sue complesse evoluzioni etologiche è lo spinarello (Gasterosteus aculeatus), oggi in forte diminuzione. Altro piccolo pesce è la rovella (Rutilus rubilio) probabilmente autoctona. Nei due fiumi limitrofi, Pescara e Tirino e nei vari canali circostanti è abbastanza diffusa l’anguilla (Anguilla anguilla). Interessante è la presenza nel bacino lacustre della lampreda di ruscello (Lampetra planeri), un vertebrato con corpo allungato di circa 15 cm ed evidenti caratteri di primitività, appartenente alla classe dei Ciclostomi, famiglia Petromyzontidae. Rarissimo in tutta Italia, trova a Capo Pescara le condizioni biologiche ideali per vivere

IL PESCE, 6/17


e riprodursi con una popolazione stabile. Della famiglia dei crostacei è abbastanza frequente il gambero di fiume (Austropotamobius pallipes). Scarse sono le notizie sugli insetti. Questa classe d’invertebrati, comunque, gioca un ruolo importantissimo, costituendo una consistente parte di tutta la biomassa. La loro ampia valenza ecologica è determinata dalla capacità di conquistare una grande varietà di ambienti, con un ruolo rilevante nella catena alimentare. Il risultato è evidente e riscontrabile nel buono stato di numerosi gruppi zoologici, quali uccelli, anfibi, rettili, pesci e mammiferi che se ne nutrono.

Dal 1986 tutta l’area delle sorgenti del Pescara a Popoli è Riserva Naturale Regionale ed è visitabile per tutto l’anno (per informazioni: www.riservasorgentidelpescara.it)2. Dott. Luca del Grammastro Controllo qualità e Sicurezza alimentare Nota 1.www.novecentoletterario.it 2.La Riserva Naturale Guidata Sorgenti del Pescara è stata istituita nel 1986 con Legge Regionale n. 57: protegge una vasta area sorgentifera con numerose polle di acque provenienti direttamente dall’altopia-

no di Campo Imperatore. Situata ai piedi del Colle di Capo Pescara, la Riserva è costituita da un limpido e cristallino specchio d’acqua di rara bellezza che, dopo pochi metri, confluisce nel Fiume Aterno per dare vita al Fiume Pescara. Il vincolo di tutela, posto interamente nel territorio comunale di Popoli (PE), interessa una superficie di circa 50 ha intorno alla quale si sviluppa una fascia di protezione di 86 ha (da: La vegetazione delle sorgenti. Il popolamento vegetale della Riserva Naturale Guidata Sorgenti del Pescara, www. riservasorgentidelpescara.it).

Pesca, biologia marina ed educazione ambientale Lo scorso ottobre, 23 ragazzi della scuola elementare La Traccia di Maresso di Missaglia, in provincia di Lecco, sono “sbarcati” nel porto di Imperia Oneglia accompagnati dai genitori. Ad attenderli c’erano BARBARA NANI, presidente della Cooperativa Costae Balenae, LARA SERVETTI, Consorzio Porto Peschereccio di Oneglia, e SALVATORE PINGA dell’ittiturismo galleggiante PingOne. Pescatori e biologi marini insieme per trasmettere a questi bambini la passione per il mare, la biologia marina, le specie ittiche poco conosciute e l’educazione ambientale. Prima il ritrovo all’infopoint sul molo lungo, un breve inquadramento sulla pesca per poi parlare di questa città, che è il porto peschereccio più importante della Liguria non solo per numero delle imbarcazioni, ma anche per le strutture di cui dispone. A seguire il laboratorio, con un approccio scientifico a cura della biologa Nani, e la salita a bordo del PingOne a respirare l’aria di mare. «L’obiettivo dei nostri progetti è trasmettere ai giovani cosa vuol dire imparare a rispettare e tutelare il nostro mare partendo soprattutto dalle nuove generazioni che rappresentano il futuro e la speranza» ha affermato la Nani. «L’esperienza con la scuola di Maresso di Missaglia è stata estremamente positiva perché ad accompagnare i ragazzi c’erano anche i genitori, che hanno mostrato sensibilità e attenzione». «È sempre un piacere parlare con i ragazzi — ha dichiarato il comandante dell’unità PingOne, Salvatore Pinga — e far comprendere loro che i pescatori amano il mare come nessun’altro al mondo». «Si è appena aperto l’anno scolastico ed abbiamo già ospitato una scuola di Lecco» ha commentato Lara Servetti. «L’infopoint è una struttura che ci consente di svolgere tale attività nel miglior modo possibile. Quando ospitiamo le scolaresche, tutti i pescatori si prestano a dare il loro contributo mostrando come si cuce una rete o il pesce appena sbarcato. Come ha fatto il comandante CARLO AUDITORE dell’unità ILDE II, attraccata in banchina dopo 20 ore di navigazione: coadiuvato dall’equipaggio, ha mostrato i pesci spada catturati e ha raccontato ai giovani della loro giornata di lavoro. Il Consorzio Porto Peschereccio di Oneglia è a disposizione anche delle scuole locali, per fare conoscere l’attività dei pescatori con le loro 50 imbarcazioni da pesca e i 130 addetti diretti, una realtà economica che spesso viene sottovalutata». (Dipartimento Pesca Legacoop Agroalimentare Liguria)

IL PESCE, 6/17

147


LIBRI

The Codfish Tale È una storia più antica della scoperta delle Americhe quella dello stoccafisso e del baccalà, che riguarda però sempre uno stesso pesce, il merluzzo, nome scientifico Gadus morhua. Di questo parla “The Codfish Tale”, volume curato da GIOVANNI PANELLA e le cui meravigliose illustrazioni sono firmate da MARCO TOMASSINI e FRANCESCO ZOPPI, due fotografi genovesi che a partire dalla tradizione culinaria della loro città hanno ricostruito al contrario il viaggio dello stoccafisso: dai ristoranti agli importatori, dagli stabilimenti ai pescatori. Dal merluzzo approdato nel Mediterraneo e servito accomodato su un piatto di una delle tradizionali trattorie genovesi, al merluzzo delle Isole Lofoten, dove viene lavorato appena sbarcato. Un viaggio alla scoperta di ciò che non tutti sanno,

ovvero che stoccafisso e baccalà sono il risultato di due differenti metodi di conservazione del merluzzo: merluzzo essiccato all’aria aperta, tutto intero e molto apprezzato per le sue delicate carni bianche, nel primo caso, filetti di merluzzo sotto sale, nel secondo caso. Il racconto fotografico accompagna il lettore fin dentro ad una natura selvaggia, ad acque incontaminate, antiche tradizioni, come quella del vraker, esperto selezionatore che nei magazzini di lavoro annusa, osserva e tocca lo stocco distinguendone la qualità (almeno 20 le categorie differenti). Un viaggio di andata e ritorno che termina tra i banchi del mercato di Genova, botteghe specializzate e sagre di paese. Senza tralasciare un compendio di ricette norvegesi e liguri per cucinare il merluzzo.

GIOVANNI PANELLA (a cura di) The Codfish Tale Stoccafisso e baccalà Genova, Tormena Editore 96 pp. – € 30,00 www.tormena.it

A sinistra: vraker, esperto selezionatore di stoccafisso. A destra: una pagina del libro con una ricetta norvegese per cucinare il merluzzo.

148

IL PESCE, 6/17


MILANESE snc dal 1953 produce e commercializza una vastissima gamma di attrezzature per l’acquacoltura, che esporta in ben 40 paesi di tutto il mondo. Inoltre progetta e costruisce su misura sistemi di automazione per l’allevamento del pesce

Milanese snc

Viale I Maggio, n. 3 – 33032 Bertiolo (UD) Tel. +39 0432 917224 – Fax +39 0432 917034 – E-mail: milanese@milaneseitalia.com – Web: www. milaneseitalia.com


Cibo è potere (e libertà) Comprendere come il cibo sia uno strumento del potere in tutte le sue manifestazioni significa affrontare uno dei più vasti problemi che la nostra umanità ha scatenato da quando è divenuta sedentaria, creando il proprio cibo, facendone oggetto di commercio e trasformandolo. Il potere si confronta con la libertà che rende necessaria una legge anche per il cibo Cibo è sinonimo di potere, declinabile sotto numerosi punti di vista. Perché nel cibo sta scritta la nostra storia, la nostra cultura, la nostra identità. Il potere del cibo, un vizio contro il quale si scagliavano le religioni, oggi sostituite dalle scienze mediche più miopi e tecnologicamente restrittive, si manifesta in un’infinita varietà di elementi, costitutivi di un’umanità che, unica tra tutti i viventi, ha inventato e sviluppato la cucina e la gastronomia, trasformandole in fonte di nuovi piaceri, ma anche inediti, inaspettati e particolari poteri. Partendo da questi presupposti, GIOVANNI BALLARINI, professore emerito dell’Università di Parma, dove ha insegnato per cinquant’anni, e presidente onorario dell’Accademia Italiana della Cucina, firma ora per Diabasis Cibo è potere. Per una libertà alimentare, un saggio dal titolo programmatico nella visione, coerentemente sviluppata dai sedici capitoli che la compongono. Ne scaturisce un’analisi seria e approfondita, frutto di oltre trent’anni di studi sugli aspetti culturali dell’alimentazione umana. Nella prefazione, FRANCO CARDINI, rovesciando la celebre massima di FEUERBACH, spiega che “l’uomo mangia quello che è, costruisce mangiando il proprio corpo e quindi la propria identità, la propria personalità”. Bisogna ricordarselo. Così come dobbiamo tenere presente un insegnamento prezioso che emerge da queste pagine di Ballarini, il quale dimostra “a gourmet/cibomani del nostro tempo che il cibo è fatto per l’uomo e non l’uomo per il cibo”.

150

Molte le implicazioni di questa constatazione. Ecco, dunque, che, nell’introduzione, l’autore precisa: “il potere del cibo è solo un aspetto di un molto più vasto quadro o sistema di poteri che ogni società regola attraverso indispensabili elementi e strumenti di controllo”. Fin dall’antica Roma (si pensi a CATONE o TRIMALCIONE), si capisce, fra l’altro, come il cibo, sia stato il principale elemento di distinzione fra le classi. Senza contare che alcuni cibi, come la carne, si sono imposti come simbolo di potere laico e religioso. Ma c’è molto di più: negli alimenti troviamo radici simboliche e mitiche, che hanno a che fare con l’identità stessa di una civiltà, oltre che con la psiche individuale. Perciò, dalle parole alla religione, esiste una connessione forte tra ciò che siamo, ciò in cui crediamo e ciò che mangiamo. Nel saggio, l’autore, che spazia con efficacia tra diverse aree disciplinari, dall’antropologia all’economia, non tralascia il tema della cucina (interessanti le osservazioni sull’evoluzione storica della figura del cuoco) e indaga anche aspetti legati al mondo contemporaneo, come il potere degli imperi alimentari e quelli del mercato, ma anche i cosiddetti poteri deviati (terrorismo, fondamentalismo, complottismo alimentare e persuasione occulta), per approdare a macrotemi decisivi ed epocali, come quelli del cibo in relazione al clima e all’ambiente, senza dimenticare la gestione delle risorse e la fame del mondo. Prima della bibliografia è formulata la tesi

GIOVANNI BALLARINI Cibo è potere. Per una libertà alimentare Parma Diabasis, 2017 254 pp. – € 18,00 a cui approda questo articolato e stimolante saggio: occorre costruire una libertà alimentare. “Nell’attuale complessità dell’antropologia alimentare umana diviene importante riaffermare l’indispensabile valore di una libertà alimentare che, come ogni altra libertà, è continuamente minacciata da sempre nuovi divieti, in parte sostenuti o favoriti dai risorgenti fondamentalismi”. Potrebbe servire una legge? O potrebbe essere più efficace un’educazione alimentare a tutto tondo? Il tema del cibo e delle sue implicazioni, come dimostra questo stesso libro, è complesso e la discussione è aperta. Come la stessa “non conclusione”, del resto, auspica.

IL PESCE, 6/17




3, Impasse de la Vigie 35400 Saint Malo Tel.: +33 299 892 885 – Fax: +33 299 891 354 E-mail: togie@wanadoo.fr Web: www.togie.fr


Il nostro programma di Sostenibilità Non è ciò che desideriamo fare, è ciò che facciamo.

www.skretting.it


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.