EUROCARNI
Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali € 5,42
Anno XXXIII N. 3 • Marzo 2018
In Basilicata nasce la filiera Gran Lucano Fieragricola + Eurocarne 2018
Industrial Auctions e le aste on-line
Una Storia di Famiglia
Meet the Lamb: Il sapore della nostra terra Con la campagna di informazione e promozione della carne ovina, Meet the Lamb: è sottolineata la qualità superiore della carne ovina, parte integrante del patrimonio alimentare europeo è potenziato il settore dell’allevamento ovino, pilastro della tradizione rurale europea, dall’antichità fino ai nostri giorni è promosso l’allevamento tradizionale che si basa sull’alimentazione naturale del bestiame è valorizzata la produzione con pratiche sicure e tracciabilità, secondo gli standard dell’U.E. è evidenziato il ruolo di tutti i componenti della filiera, dall’allevatore fino al macellaio.
Meet the Lamb: un progetto europeo dell’Organizzazione Nazionale Interprofessionale di Carne (ΕΔΟΚ)
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Meet theLamb/Greece
3/18 Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl
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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali
EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD
Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi
Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985
Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi Fotografia Luigi Credi
Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910 Ufficio stampa e Media Partner
Comitato di redazione Gianni Mozzoni (Legacoop) – Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Redazione Bruxelles Jean-Luc Meriaux: UECBV, rue de la Loi, 81/A Box 9 B 1040 Bruxelles, Belgio Tel. +32 2 230 4603 – Fax +32 2 230 9400 E-mail: uecbv@scarlet.be Redazione New York Stefano Spadoni 1732 1st Ave #27220 New York, NY 10128 Tel. +1 212 956-8566 E-mail: Stefanony@stefanospadoni.com Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Prof. Fausto Cantarelli – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata – Prof. Sergio Ventura Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CC 2018. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2018.
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EUROCARNI La prima rivista veramente europea
In questo numero: La carne nel mondo
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Agenda
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Tendenze
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Immagini
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Lettere alla Redazione
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AttualitĂ
Pet food e dintorni
Sebastiano Corona 26
Slalom
Timori delle istituzioni monetarie
Cosimo Sorrentino 32
La carne in rete
Social meat
Elena Benedetti
34
Battaglia all’ultimo clic in Cina per la vendita delle carni
Roberto Villa
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Aziende
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In Basilicata nasce la filiera Gran Lucano: un suino a km 0
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Film per skin packaging universale, salda anche su vaschette monomateriali
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Co.Be.Ca. Commerciale: 35 anni da protagonisti
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5
Roberto Villa
Mercati
La Cina riprende produzione e commercio delle carni avicole
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Retail marketing
Carne Coop Italia: sul benessere un impegno basato sul rigore assoluto
Consumi
Andamento dei consumi di carne bovina in Italia
Paolo Danieli
Tutto il biologico, oggi
Biologico, sì è biologico
Francesco Procaccio 64
Interviste
Industrial Auctions, professionisti delle aste on-line
Elena Benedetti
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Suinicoltura: dopo un buon 2016 bene anche il 2017, ma la ripresa resta fragile
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66 70
Razze
La Sura de Stepă
Andrea Gaddini et al. 72
Macellerie d’Italia
Che ne dite di un pony burger?
Riccardo Lagorio
80
Fabio Furlan, l’avanguardia di una macelleria consapevole
Gian Omar Bison
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Sono 180 grammi, lascio?
Stinchi e melodie indie pop
Giovanni Papalato 88
Ristoranti carnivori
Kilo, molto più di una semplice bisteccheria ai Parioli
Riccardo Lagorio
La carne in tavola
Coniglio, timido camaleonte in cucina
Giovanni Ballarini 94
Cuciniamo il kebab
Giorgia Fieni
Varhackara, il pesto di Timau, bontà nascosta della Carnia
Massimiliano Rella 102
Prodotti tipici
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In copertina: macinato di manzo per hamburger.
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Fiere
Viva la Marca del Distributore
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Fieragricola + Eurocarne: Verona capitale dell’agroindustria
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iMeat va in Spagna e fa il pienone
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IPACK-IMA e MEAT-TECH, si scaldano i motori
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Aspettando Alimentaria e Intercarn 2018
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SIAL: da oltre 50 anni Parigi ispira il food business Tecnologie
Statistiche
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Pabulo: dove l’artigianato incontra la tecnologia
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Eccellenza italiana nell’igiene
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Rivoluzionare l’etichettatura con la tecnologia linerless
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Il commercio con l’estero delle carni 3o trimestre 2017 Prospettive per il mercato agricolo comunitario
Storia e cultura
Gaia Borghi
Hamburger, un successo economico e tecnico
Aurora De Santis
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Giovanni Ballarini 148
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LA CARNE NEL MONDO
Italia È stato presentato a gennaio in anteprima alla stampa locale il nuovo stabilimento di San Vittore di Cesena di proprietà dell’azienda Amadori dedicato alla lavorazione del pollo. Entrato in funzione lo scorso settembre, il sito è frutto di un investimento da 45 milioni di euro complessivi e si struttura su 14.000 m2, disposti su due piani. Lo stabilimento ha una capacità produttiva di oltre 25 tonnellate l’ora di materia prima lavorata su 18 linee di produzione, tutte realizzate con impianti pensati per essere interconnessi e collegati in rete, per attuare piani di miglioramento continuo al sistema produttivo e creare interazione in tempo reale con tutta la supply chain. L’intera linea di lavorazione è digitalizzata e costantemente monitorata: le carni lungo le diverse fasi di lavorazione passano controlli ai raggi X e al metal detector prima di essere spedite alla distribuzione. Vi lavorano 420 persone su tre turni da sei ore e mezzo ciascuno. Per migliorare le condizioni dei lavoratori, Amadori si è avvalso della collaborazione dell’Unità EPM (Ergonomia e Postura del Movimento) del Politecnico di Milano che studia le postazioni in funzione di una maggiore automazione nelle movimentazioni dei materiali. Ma Amadori ha presentato delle novità anche in Puglia, con lo sviluppo di una nuova filiera del pollo biologico nelle Murge. «Creare un prodotto unico nel settore, che risponda a standard etici e di qualità assoluta, risultato di una filiera integrata del pollo biologico in Puglia, dalla produzione di materia prima fino agli allevamenti all’aperto, realizzati ex novo insieme agli imprenditori locali, pronti a unirsi in questa sfida che offre un’importante opportunità economica in una regione sempre più dinamica in campo agroalimentare» hanno dichiarato Flavio Amadori, presidente dell’azienda, e Francesca Amadori, responsabile Corporate Communication. Oggi Amadori è il secondo gruppo avicolo italiano, con sei incubatoi, cinque mangimifici, sei stabilimenti di trasformazione, 19 filiali, 800 allevamenti e 4.700 lavoratori. Nel 2017 ha realizzato 1,2 miliardi di euro di fatturato e un margine operativo lordo di circa 100 milioni di euro (fonte: World Food Press Agency – EFA News; in basso, uno scatto all’interno di uno stabilimento Amadori; photo © amadori.it).
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Cina La Cina apre le porte all’importazione della carne suina fresca italiana, un mercato bloccato dal 1999. Una delegazione della CNCA, Certification and Accreditation Administration cinese, ha terminato recentemente i sopralluoghi in sette aziende emiliano-romagnole del settore, sulle 12 in tutta Italia selezionate per i controlli: lo rende noto in un comunicato la Regione Emilia-Romagna. Cinque di queste aziende operano nel Parmense — una produce latte in polvere, due sono prosciuttifici, un’azienda produce mortadella Bologna IGP, culatello di Zibello DOP, cotto e salame industriale, e l’ultima è un macello — e due nel Modenese, una in cui si produce prosciutto cotto mentre l’altra è un macello. Se l’esito sarà positivo, altre aziende italiane potranno iniziare l’iter per registrare i propri stabilimenti di trasformazione e i macelli per esportare la carne nel paese asiatico, con importanti ricadute economiche e occupazionali per tutto il comparto. Basti ricordare che dei circa 391 milioni di euro di prodotti agroalimentari italiani esportati nel 2016 in Cina (+750% in valore in dieci anni), il 16% è made in Emilia-Romagna, con una crescita del 64% in cinque anni; crescita che nei primi nove mesi del 2017 ha subito un’altra importante accelerazione mettendo a segno un ulteriore +23,56% (elaborazione dati UNIONCAMERE Emilia-Romagna su dati ISTAT). «La visita della delegazione CNCA sul nostro territorio è un risultato importantissimo — ha affermato il presidente della Regione Emilia-Romagna STEFANO BONACCINI —, diretta conseguenza della recente missione della Regione in Cina nell’ambito della settimana della Cucina italiana nel mondo, dove, proprio con AQSIQ e CNCA, enti preposti alla food safety e food security, abbiamo avuto modo di confrontarci». La CNCA ha chiesto espressamente di visitare due stabilimenti del comparto del Prosciutto di Parma anche per approfondire aspetti legati alla certificazione DOP e aumentare così la lista dei prosciuttifici registrati all’esportazione ferma da oltre dieci anni a circa 15 realtà. Ma l’apertura alla carne suina non è il solo risultato positivo raggiunto: nel dicembre scorso l’amministrazione generale cinese per il controllo della qualità, l’ispezione e la quarantena (AQSIQ) ha tolto anche il bando sulla carne bovina fresca (in vigore dal 2001), avviando così anche per questo settore il cammino verso la ripresa e il rilancio dell’export. «Il superamento del blocco delle carni suine e bovine – hanno commentato gli assessori regionali all’Agricoltura, SIMONA CASELLI, e alle Politiche per la salute, SERGIO VENTURI — è un passo avanti decisivo per promuovere i nostri prodotti in mercati cruciali come quello cinese e sostenere gli altri negoziati che abbiamo in atto, come quello delle pere italiane visto che attualmente, delle produzioni ortofrutticole emiliano-romagnole, possiamo esportare solo il kiwi. È fondamentale continuare ad appoggiare i negoziati tra UE e Cina sul riconoscimento e la protezione delle indicazioni geografiche, tra le quali al momento, abbiamo raggiunto il riconoscimento per Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Prosciutto di Parma e Aceto balsamico di Modena»(fonte: World Food Press Agency – EFA News; photo © Natasha Breen).
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AGENDA Firenze Dal 10 al 12 marzo torna alla Stazione Leopolda di Firenze l’appuntamento di Pitti Immagine dedicato alle eccellenze del cibo e alla food culture. Taste, il salone dedicato alle eccellenze del gusto e del food lifestyle, è il salotto italiano del mangiare bene e stare bene, dove si danno appuntamento i migliori operatori internazionali dell’alta gastronomia, ma anche il sempre più vasto e appassionato pubblico dei foodies (photo © pittimmagine.com). www.pittimmagine.com
Colonia, Germania Anuga FoodTec è la fiera leader a livello internazionale in tema di forniture per l’industria del food & beverage. In calendario dal 20 al 23 marzo, l’evento fieristico si svilupperà su una superficie espositiva di 140.000 m2, con la partecipazione di circa 1.700 aziende provenienti da oltre 50 Paesi. Saranno parecchie le novità in materia di produzione e confezionamento di qualsiasi prodotto alimentare e, anche quest’anno, l’ampia offerta espositiva sarà accompagnata da un ricco programma di congressi ed eventi. Conferenze, forum e seminari specifici, tour guidati, mostre ed eventi di networking genereranno stimoli e idee come valore aggiunto per espositori e visitatori. Il tema principale di Anuga FoodTec 2018 è l’uso efficiente delle risorse. Alla DLG, la Società Tedesca per l’Agricoltura, sarà deputata come d’abitudine la definizione del programma congressuale tecnico. www.anugafoodtec.com
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International Food, Drinks & Food Service Exhibition
Meat and meat products show
BARCELONA Aprile 16-19 Fiera Barcellona Gran Via www.alimentaria-bcn.com
A unique Food, Drinks and Gastronomy Experience
Co-located event
Belfast, Irlanda del Nord Prosegue il countdown alla 7 a edizione del World Butchers Challenge, la sfida mondiale dei maestri delle carni che si terrà il 21 marzo a Belfast, in concomitanza con IFEX, International Food Exhibition. Sono 12 i Paesi ufficialmente iscritti e tra questi c’è anche l’Italia, il cui team è reduce dalla presentazione ufficiale all’Eurocarne di Verona (si veda l’approfondimento a pag. 108). L’evento, organizzato dal Butchery Excellence Scheme, metterà in gara i butcher provenienti da Australia, Brasile, Bulgaria, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Italia, Nuova Zelanda, Sudafrica e Stati Uniti, che si sfideranno a colpi di coltello tra disosso, lavorazione e preparazione del banco carni. Il tutto con stili, tecniche e manualità differenti. All’interno di un padiglione di circa 2.500 m2, le 12 squadre iscritte si sfideranno in due turni composti da sei macellai ciascuno. Ogni team avrà a disposizione un’area di lavoro di circa 70 m2, attrezzata di tutto punto per allestire, nel tempo previsto dal regolamento, l’esposizione delle carni lavorate su un bancone ampio 7 metri e 20 centimetri per 1 metro e mezzo. Trascorse 3 ore e 15 minuti di preparazione, tutto ciò che sarà stato realizzato dai vari team in gara sarà ordinatamente esposto nel banco carni (photo © Veronafiere-ENNEVI). www.worldbutcherschallenge.com www.facebook.com/worldbutcherschallenge www.facebook.com/ItalianButchersTeam
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foto reale
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TENDENZE Rilanciamo la carne di coniglio!
Forse non tutti sanno che l’Italia è il secondo produttore e consumatore mondiale (dopo la Cina) di carne di coniglio. La necessità di un rilancio dei consumi di questa tipologia di carne è testimoniata dal calo costante negli ultimi anni (–12% nei primi 9 mesi del 2017). Attualmente la produzione di carne di coniglio in Italia raggiunge le 55.000 tonnellate, con un consumo che ora sembra essersi stabilizzato intorno a 1 kg pro capite. Il settore gode di una sostanziale autosufficienza produttiva e la coniglicoltura italiana si caratterizza, rispetto a quella europea, anche per l’efficienza espressa sia in termini di produttività del lavoro che di incidenza del costo dell’alimentazione sul costo totale di produzione. In proposito, il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, con la collaborazione di Ismea, ha recentemente lanciato una campagna di comunicazione per promuovere il consumo di carne di coniglio. A pagina 35 maggiori informazioni (photo © weyo – stock.adobe.com).
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Il meglio della
C A R N E D I V I T EOLl a Ln d eO se La carne bianca di vitello è un alimento straordinario: ricca di proteine e amminoacidi, facilmente digeribile, povera di grassi e con un alto contenuto di ferro. Cosa volete di più? C’è di più!! La carne di vitello ha anche un gusto raffinato e duttilità nella cottura: questo la rende protagonista della storia gastronomica italiana. Non a caso il vitello è tra le carni più presenti nei Menu dei grandi Chef in Italia. Una cena in primavera con gli amici? Le polpettine di vitello sono perfette: lo street food all’italiana. Trovate la ricetta dello Chef Stefano De Gregorio insieme a tante altre su www.carnedivitello.it. La sicurezza al primo posto. Safety Guard è il sistema di qualità integrato del VanDrie Group che garantisce la sicurezza dell’alimento e il benessere degli animali lungo tutta la filiera produttiva.Safety Guard si occupa anche dell’utilizzo responsabile di antibiotici e della gestione ambientale. www.vandriegroup.com
La carne di vitello con una percentuale di grasso inferiore al 5% ha la seguente composizione media per 100 grammi: 104 kcal, 439 kJ, 22,1 g di proteine e 1,7 g di grassi. (fonte RIVM - NEVO).
“LE POLPETTE” interpretata da Chef Stefano De Gregorio
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Bovino da carne: ancora segnali positivi dagli allevamenti nazionali
Le aspettative per il mercato delle carni bovine nei prossimi mesi da parte degli operatori sono piuttosto positive, come confermato dai maggiori acquisti dall’estero di capi da ristallo. Dopo la progressiva flessione registrata nel quinquennio 2011-2015 e l’accenno di ripresa nel 2016, le importazioni di bovini vivi destinati all’ingrasso hanno segnato un deciso aumento nel 2017 (+3% nei primi nove mesi dell’anno). In particolare si nota l’aumento del segmento dei capi superiori ai 300 kg (+11%), pari a circa 26.000 capi in più nei 9 mesi in esame. Il picco massimo degli ultimi tre anni si ritrova nel terzo trimestre 2017, con oltre 103.000 capi importati, che potrebbero apportare una crescita delle macellazioni nazionali già a partire dal primo trimestre 2018 (fonte: Ismea).
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Fresco e freschissimo, preferenze per i produttori locali
Grazie alla globalizzazione e ad internet i consumatori italiani oggi accedono ad una vastissima gamma di prodotti: dalla produzione artigianale dietro casa alla filiera originata in un altro continente. La Nielsen Global Brand-Origin Survey, condotta tra maggio e giugno 2017 su più di 31.500 interviste online in 63 Paesi, ha indagato l’impatto del dettaglio “made in...” sulle scelte d’acquisto nel settore FMCG. Il primo dato interessante è che la preferenza della produzione locale rispetto a quella globale — o viceversa — dipende principalmente dalla categoria merceologica. Approfondendo i risultati dell’indagine, emerge una tendenziale preferenza per i prodotti commercializzati da società multinazionali nelle principali categorie food e drug, a esclusione del comparto del fresco. In genere, i consumatori italiani preferiscono acquistare alimenti freschi vicino al luogo d’origine: circa un Italiano su due (54%) afferma infatti di acquistare più volentieri frutta e verdura fresca da un piccolo negozio al dettaglio nella propria città o direttamente da un produttore locale. Anche quando si tratta di prodotti caseari (latte, burro, formaggi e yogurt) i consumatori italiani preferiscono la produzione nostrana (48%). Le percentuali scendono passando a uova, carne e pesce fresco (44%), prodotti da forno come pane e dolci (37%), carne/pesce refrigerati o surgelati (14%) che, in quanto meno “deperibili”, non ostacolano la proliferazione dei brand globali. Lo studio Nielsen evidenzia infine che il mercato rionale, il fruttivendolo, il macellaio o il fornaio sotto casa, sono canali ai quali i consumatori di tutto il mondo riconoscono ancora qualità e affidabilità. I negozi della Grande Distribuzione vincono invece in termini di convenience. I piccoli negozi al dettaglio sono preferiti dai consumatori globali soprattutto per frutta e verdura fresca (66%), uova, carne e pesce fresco (49%) e prodotti da forno (48); (fonte: Debora Costi, 2018 The Nielsen Company; photo © auremar – stock.adobe.com).
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IMMAGINI
Salumi e Sapori di Timau, in provincia di Udine, è la macelleria/salumeria della famiglia Mentil specializzata nella produzione di insaccati con la carne di suini friulani. Spicca tra le loro specialità tipiche il varhackara, un pesto delizioso realizzato con lardo bianco, speck, pancetta affumicata e aromatizzato con profumate erbe di montagna. Per saperne di più leggete l’articolo di Massimiliano Rella a pagina 102 (in alto, locale di stagionatura; photo © Massimiliano Rella).
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Sin dal 1936 la Merlo Ercole S.r.l. è un punto di riferimento nell’importazione e distribuzione di tagli, refrigerati e congelati di pregiate carni bovine sudamericane.
Una realtà che con passione ed esperienza garantisce da sempre un servizio puntuale al cliente. Oltre ottant’anni di genuinità e affidabilità.
Merlo Ercole S.r.l. – Via S. Antonio, 13 – 20122 Milano – Tel. +39 02 58480101 – Fax +39 02 58315867
LETTERE ALLA REDAZIONE Attacchi alla zootecnia L’articolo apparso sul n. 1/2018 di EUROCARNI firmato da FRANÇOIS TOMEI, direttore generale di Assocarni, sugli attacchi ad un settore strategico come la zootecnia, merita una riflessione profonda, a difesa dell’intero indotto, poiché ad essere penalizzato non è stato soltanto il mondo allevatoriale; sono coinvolti, direttamente e/o indirettamente, l’industria della carne, dalla macellazione al commercio, i fornitori di bestiame, i grossisti, gli spedizionieri di carne e bestiame e i consumatori. Nella veste di articolista e componente del comitato scientifico di EUROCARNI e, a partire da quest’anno, componente del comitato redazionale di “Carni Sostenibili”, mi permetto di intervenire a difesa di un settore trainante del paese, la cui penalizzazione ha avuto ripercussioni disastrose in termini economici, tecnici e politici e, di riflesso, sui cittadini consumatori.
Si chiede a gran voce il diritto di replica sul “pasticciaccio” rapportato dalla FAO nel 2006, che metteva in luce la “lunga ombra del bestiame” (Livestock’s long shadow), accusandolo di essere la causa principale del cosiddetto global warming. Il cambiamento climatico (climate change) non è certo un’invenzione, come vorrebbe far credere il presidente degli Stati Uniti DONALD TRUMP. La scienza ha riconosciuto da tempo il problema e viene additata all’uomo la totale responsabilità del riscaldamento del Pianeta. La maggior parte dei gas serra proviene dai combustibili fossili delle automobili, dalle fabbriche e dalle produzioni di energia elettrica. Il gas maggiormente incriminato responsabile del surriscaldamento globale è la CO2, l’anidride carbonica. Tra gli altri fattori influenti c’è il metano che viene liberato dalle discariche e in agricoltura (in particolare dal sistema digestivo degli
animali al pascolo), il protossido di azoto proveniente dai fertilizzanti, i gas utilizzati per la refrigerazione e i processi industriali e la deforestazione selvaggia che altrimenti sarebbe in grado di assorbire CO2. La concentrazione di questi gas nel Pianeta è nettamente inferiore rispetto all’anidride carbonica e nessuno di questi gas contribuisce al climate change quanto la CO2. Le associazioni animaliste, così come diverse correnti che fanno capo al veganismo, continuano a dare una visione distorta della realtà zootecnica, utilizzando i vari mezzi di comunicazione con la volontà di “fare audience”. Sono fortemente convinto che la politica debba prendere le misure adeguate a ridurre l’effetto negativo del climate change, mentre abbassare l’inquinamento ambientale e mantenere l’equilibrio dell’ecosistema planetario sono responsabilità che dobbiamo accollarci tutti, facendo ognuno la
La zootecnia di precisione è indispensabile per gestire allevamenti con molti capi. La raccolta di dati affidabili, aggiornati, ordinati e facilmente interpretabili, ad esempio, permette di fare un balzo in avanti verso l’obiettivo di incrementare la redditività attraverso l’ottimizzazione dei costi, senza compromettere la salute degli animali (in foto, il collare NeckTag dell’azienda di Albinea, Reggio Emilia, InterPuls Spa. Questo dispositivo permette di calcolare quante ore al giorno la vacca dedica all’ingestione di razione, permettendo di intraprendere azioni migliorative, sui gruppi o sul singolo capo; photo © novagricoltura.edagricole.it).
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propria parte. L’agricoltura/zootecnia italiana non si è fatta trovare impreparata, anzi il settore, più degli altri, ha attuato politiche sostenibili. Un uso attento dell’acqua, lo sfruttamento razionale del suolo, il ridimensionamento dei carburanti, il riciclo dei rifiuti, l’uso prudente e selezionato dei farmaci, di fertilizzanti e pesticidi, sono di fatto la sfida futura che consentirà di massimizzare la resa agricola e la qualità delle produzioni attraverso nuovi sistemi tecnologici e strumenti all’avanguardia a basso impatto ambientale. L’impiego di questi sistemi in campo agrozootecnico terrà conto delle effettive esigenze colturali e delle caratteristiche fisico-biochimiche del suolo, in modo da arrecare minori danni possibili all’ecosistema. L’agricoltura di precisione (precision farming) rappresenta il nuovo modello di gestione agricolo-zootecnica presente e futura. Dott. Alfonso Piscopo
Assocarni: inaccettabili ulteriori concessioni della Commissione UE al Mercosur sull’accordo di libero scambio “Adesso basta. La Commissione smetta di fare ulteriori concessioni al Mercosur a spese degli agricoltori e dell’industria europea ed italiana”: questa la posizione espressa dal direttore generale di ASSOCARNI, ASSOCIAZIONE NAZIONALE INDUSTRIA E COMMERCIO CARNI E BESTIAME, FRANÇOIS TOMEI in risposta all’aumento a 99.000 tonnellate di carne bovina che il negoziatore avrebbe offerto alla controparte sudamericana (rispetto alle 70.000 tonnellate di carne bovina che l’anno scorso l’UE aveva messo sul tavolo). “Inaccettabile questo costante rilancio al rialzo della quota a dazio zero ed ancora più inaccettabile che non venga data nessuna garanzia sul superamento dei numerosi ostacoli non tariffari che si oppongono oggi strumentalmente alle esportazioni di eccellenze alimentari italiane verso quei mercati. Considerando poi l’insufficiente livello di tutela ottenuto nel recente accordo UE Giappone siamo seriamente preoccupati che da un lato continuino ad essere bloccate le esportazioni di dop ed igp verso il Mercosur e dall’altro vengano legittimate le imitazioni italian sounding in Paesi come il Brasile che insieme agli USA vanta il primato delle imitazioni ingannevoli dei prodotti italiani. Il Governo italiano intervenga per bloccare l’accordo ed il nostro Commissario italiano smetta di essere il principale sostenitore di questo accordo”. (Fonte: Assocarni)
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ATTUALITÀ
Pet food e dintorni Numeri da record nelle vendite di cibi per animali domestici. L’esercito degli amici a quattro zampe è sempre più folto e i proprietari sempre più esigenti sulla qualità. Si aprono mercati e si moltiplicano le opportunità, ma si pongono anche questioni di ordine pratico, ambientale, etico di Sebastiano Corona
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ono componenti della famiglia e danno valore al vivere quotidiano: è questo il sentire comune di chi ha un animale domestico in casa nei confronti del proprio pet. Che siano gatti, cani, uccellini o pesci, hanno ormai un ruolo sociale ben definito: godono dell’amore dei propri padroni quasi come fossero figli, contribuiscono ad aumentare l’autostima dei più
piccoli, migliorano l’atmosfera in famiglia, aiutano a sconfiggere la solitudine; è addirittura dimostrato che i bambini che si occupano di animali domestici si ammalano meno. E molto altro ancora. La nostra legislazione non sarà ancora a passo con i tempi nel riconoscere loro ruolo e diritti, ma in compenso gli italiani attribuiscono ai propri animali domestici un’im-
portanza primaria nella loro vita e nella loro casa. I segnali erano da tempo evidenti, ma può essere di ulteriore conforto il Rapporto Assalco Zoomarket 2017 che fa una panoramica a 360 gradi del mondo dei pet, dagli aspetti normativi al mercato di riferimento, passando per una serie di altre questioni, non ultima quella sociale, della salute e dell’alimentazione.
Oggi si fa sempre più attenzione alla qualità del cibo per gli animali domestici (photo © goccedicolore – stock.adobe.com).
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Secondo il parere degli esperti, acquistare cibo per animali domestici di alta qualità aiuta a risparmiare denaro nel futuro. Come per gli esseri umani, infatti, anche i problemi di salute degli animali sono in genere correlati a un’alimentazione povera di sostanze nutritive causata da cibo scadente (photo © www.staffycross.org). Le sorprese sono diverse. Il numero di animali d’affezione nell’Unione Europea corrisponde a più di 200 milioni, distribuiti in 75 milioni di abitazioni circa. I preferiti sono i gatti, che contano più di 70 milioni di esemplari, circa il 35% del totale. I cani invece sono di poco al di sopra della soglia dei 62 milioni e rappresentano il 31%. È la Francia a guidare la classifica, con il maggior numero di felini: 12,6 milioni, record assoluto rispetto agli altri Paesi comunitari più popolati dai gatti, ovvero Germania (11,8 milioni), Regno Unito e Italia, che si attestano entrambi a 7,4 milioni di esemplari. Il Paese dei cani per eccellenza è il Regno Unito, che ne ospita oltre 8,5 milioni, seguito a breve distanza da Francia, Italia e Germania (rispettivamente 7,3 milioni, 7 e 6,8 milioni). In Russia si stima invece una popolazione felina di 21,7 milioni e canina di quasi 16 milioni. Che ci sia una tendenza a sostituire l’affetto di una persona con quella di un animale domestico — al punto che sul tema si è espresso di recente anche il Pontefice — è
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confermata dal fatto che le famiglie con animali, composte da un unico soggetto, sono aumentate di 2,4 punti in dieci anni, passando da 8,4% a 11,1%, così come sono in aumento i nuclei famigliari composti da due individui che hanno un animale domestico. Altro elemento importante, che ha ripercussioni su altri aspetti, è l’età media, 53 anni. Il pet owner tipo ha dunque tra i 45 e 64 anni, un diploma di scuola media superiore (ma sono aumentati notevolmente i laureati) e svolge una professione. Le casalinghe rappresentano infatti ormai “solo” il 20,6%, mentre i pensionati sono il 27,6%. Negli ultimi dieci anni è costante il dato sulla presenza di almeno un pet in quasi 6 casi su 10. Probabilmente, per la maggior facilità di accudimento, i gatti fanno registrare un forte aumento: dal 46% al 52%. I felini risultano più amati da single, pensionati e donne laureate, mentre il cane è preferito soprattutto dagli uomini, dai giovani e dai lavoratori autonomi, nei comuni più piccoli, nelle famiglie più numerose e con bambini, e dalle casalinghe.
Ma la notizia sta nell’alimentazione dei nostri amici a quattro zampe, sempre più ricercata, sempre più qualitativamente e quantitativamente elevata. Spopolano i cibi per animali domestici, raccomandati dai veterinari in luogo dei piatti casalinghi. Non è solo una questione di praticità e dosaggio giornaliero. L’aspetto salutistico e nutrizionale dei propri animali è infatti divenuto prioritario per i proprietari, che tendenzialmente cercano il meglio, per quanto possibile. Ed ecco che gli alimenti industriali diventano di gran lunga la prima modalità di alimentazione dei pet (77%) e sembrano non conoscere crisi, visto che sono in ulteriore crescita rispetto al passato. Nel 2015, infatti, erano il 64%. Gli avanzi della tavola — spesso sconsigliati dagli stessi veterinari — e i pasti cucinati appositamente risultano in calo. È inoltre il caso di sottolineare che il food industriale non appare come una tendenza a breve o medio termine, ma come scelta consapevole, visto che è raccomandata dai veterinari a cui i proprietari di animali domestici si affidano sempre più, per ogni aspetto della vita del proprio pet. Anche il giro d’affari dei prodotti per l’alimentazione di cani e gatti, distribuita nei tre canali del grocery, petshop tradizionali e catene petshop, nel 2016 è stata ragguardevole: 1.971 milioni di euro per un totale di 559.200 tonnellate di cibo commercializzate, con un incremento del fatturato del 2,7% rispetto all’anno precedente e un aumento dei volumi dell’1,3%. Il settore mostra così un tasso di crescita, a valore, superiore a quello del Largo Consumo Confezionato. In questo scenario il grocery (ipermercati, supermercati, libero servizio, tradizionali, micromarket inferiori ai 100 m2 e discount) canalizza il 56,8% del fatturato complessivo del mercato petfood (ossia 1.222,5 milioni di euro) e il 75,1% dei volumi (420.234 tonnellate). Prosegue nel 2016 lo sviluppo del mercato, con un trend positivo a valore di +1,4% e a volume +0,9%,
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guidata soprattutto dai supermercati (quasi 9.000 punti vendita) che sviluppano il 30,1% del fatturato e il 33,6% dei volumi. Le catene petshop, cioè l’insieme di punti vendita specializzati negli alimenti e articoli per animali (che in Italia sono poco più di 500), rappresentano il 7,2% dei volumi e l’11,2% dei valori, pari a 40,2 tonnellate e 221,2 milioni di euro. Elementi che, nel 2016, hanno continuato a crescere per due cifre percentuali. I petshop tradizionali (circa 4.912 punti vendita) rappresentano il principale canale del trade-non grocery, in cui sono distribuiti i prodotti per animali da compagnia nel nostro Paese. Coprono il 17,7% dei volumi (corrispondenti a 98.777 tonnellate circa), ma generano il 31,8% dei valori (627,7 milioni di euro di fatturato). Per il terzo anno consecutivo il canale continua a mostrare una crescita del fatturato (+1,8%) e una dinamica negativa a volume (–1,1%). Il petshop tradizionale continua quindi a rimanere il canale a più alta redditività, insieme alle catene specializzate. Il segmento degli alimenti umidi è ancora il più importante: registra 972 milioni di euro circa, che equivalgono al 49,3% di quota sul totale mercato. Questo grazie all’importanza, ormai consolidata, dei prodotti a maggior valore aggiunto in piccola grammatura e caratterizzazione gastronomica o funzionale, in particolar modo nel gatto. Nel 2016, gli alimenti umidi hanno registrato una crescita a valore dell’1,4%, pur sempre inferiore a quella degli alimenti secchi, che crescono del 2,8%. Nelle catene tutti i segmenti sono in crescita e le dinamiche sono quasi sempre a due cifre. Gli alimenti secchi valgono 840 milioni di euro e detengono il 42,6% di quota, relativa per il 24,4% al cane e per il 18,2% al gatto. Stesse dinamiche importanti di crescita (+10,3% a valore) si registrano per i cosiddetti snack funzionali e fuori pasto. È interessante anche osservare la distribuzione geografica dei
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consumi riferiti al grocery e ai petshop tradizionali. Il Nord Italia sviluppa oltre la metà delle vendite (53,9%) distribuite tra il Nord-Ovest, che rappresenta quasi un terzo dei volumi totali (32,4%), e il Nord-Est, che segue con il 20,4%. Il Centro e la Sardegna, con il 28,4% delle vendite, risultano la seconda area, mentre il Sud copre un modesto 18,7%. Considerati questi numeri, qualcuno ha voluto giustamente approfondire il tema dell’impatto dei nostri pet sul pianeta. Gli animali domestici, infatti, non meno degli uomini consumano un quantitativo di carne e di pesce piuttosto significativo, la cui produzione richiede l’impiego di risorse legate in maniera indissolubile agli allevamenti intensivi. Ci sono poi una serie di implicazioni indirette (vedi la produzione e lo smaltimento del packaging, solo per fare un esempio) che hanno ugualmente conseguenze importanti sul piano ambientale. Alcuni dati in merito li ha forniti un ricercatore dell’Università della California, GREGORY OKIN, di Los Angeles. I risultati della sua ricerca, seppur riferita unicamente agli Stati Uniti, sono impressionanti e danno la misura del fenomeno. Negli USA, infatti, ci sono 163 milioni tra cani e gatti (su 321 milioni di popolazione umana), la cui dieta carnivora è responsabile del 25-30% dell’impatto della filiera della carne ed è associata all’emissione di 64 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno. Un impatto pari a quello di 13,6 milioni di automobili e a quanto deriva dal consumo di carne di una popolazione pari a quella francese. In sostanza, se i cani e i gatti statunitensi fossero una nazione a sé, si piazzerebbero al quinto posto nel mondo per consumo di carne, dietro solo a Russia, Brasile, Stati Uniti e Cina. Cani e i gatti statunitensi richiedono circa il 19% delle calorie necessarie agli uomini e a voler essere pignoli, in termini di impatto complessivo della loro presenza sul pianeta, ci sarebbe da valutare anche l’incidenza delle feci, che
Punto vendita specializzato in alimenti e articoli per animali (photo © D. Kidner Photography, laurajanespetfood.com). secondo lo studio in questione vale per 5,1 milioni di tonnellate ogni anno, pari a 90 milioni di americani. Discorso a parte e non meno importante sarebbe quello della spazzatura indirettamente prodotta, tra lattine, involucri, sabbia dei gatti e quant’altro, che, sempre per fare paragoni con gli umani, sarebbe, secondo lo studio in questione, pari a quella dell’intero Stato del Massachussets. Non è però solo una questione di quantità ma anche di qualità del cibo. Un tempo gli animali domestici consumavano gli avanzi di casa oppure mangiavano tagli di carne o parti del pesce che l’uomo avrebbe comunque buttato alla spazzatura, vuoi per questioni di gusto, vuoi per motivi culturali o religiosi. Oggi, invece, è sempre maggiore — soprattutto nelle linee Premium — l’impiego di cibi “pregiati”, che potrebbero essere quindi destinati, in alternativa, al consumo umano. Okin ha calcolato anche questo fattore, giungendo alla conclusione che circa un quarto della carne oggi destinata a cani e gatti potrebbe essere consumata dall’uomo e sfamerebbe 26 milioni di Americani (noti tra l’altro per la loro ricca dieta, che non risparmia proteine).
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Si pongono quindi una serie di questioni. Innanzitutto verrebbe da chiedersi come si posiziona, di fronte a queste cifre, l’enorme esercito di vegetariani e vegani che rifiutano la carne, il pesce, talvolta i derivati, per motivi etici ed ambientali e che spessissimo sono anche proprietari di un cane o di un gatto. Per molti l’orientamento è quello di far seguire anche ai propri pet una dieta priva di proteine animali, nel vano tentativo di confutare dati scientifici evidenti, compreso il fatto che i primi siano onnivori e i secondi carnivori. La questione, già in tempi non sospetti, è stata all’attenzione dei veterinari di tutto il mondo, molti dei quali costretti a sottolineare ai pet owner la natura dei propri animali domestici, che richiede necessariamente un certo apporto di proteine animali nella dieta. Piaccia o non piaccia. Un esempio per tutti è il caso, ormai datato, del gatto salvato in extremis da una veterinaria australiana a causa di una dieta esclusivamente vegana, che ha fatto discutere i medici veterinari di mezzo mondo, anche perché è stato solo il più famoso di una lunga serie. Che senso avrebbe, infatti, per un vegano o per un vegetariano
porre delle questioni etiche sul consumo umano di cibo di origine animale, se poi provvede all’alimentazione del cane di casa con scatolette di pollo? E nel caso in cui questo non accada, e il proprietario dell’animale si ostini ad imporgli una dieta vegetale, non si sta comunque facendo un enorme torto all’animale, violentandone la sua stessa natura? O peggio ancora, una simile condotta — com’è stato denunciato da alcune associazioni — non si dovrebbe addirittura considerare “maltrattamento”? Il dibattito è molto interessante, tanto più che è legato ad una serie di altri elementi che si intersecano con il mercato, con l’etica, con i nostri nuovi stili di vita. Le domande che dovremmo porci sono tante: in un pianeta dove la popolazione si sta progressivamente dirigendo verso i 9 miliardi di persone e il problema di sfamarle tutte si pone come una questione non rinviabile, come si soddisfa l’esigenza di garantire agli animali domestici cibi in quantità e di qualità? È possibile continuare ad assicurare proteine così nobili che potrebbero essere consumate dall’uomo? Si può rinviare la discussione sulla sostenibilità di una simile popolazione animale? E se Paesi emergenti, o anche solo la Cina, acquisissero le stesse abitudini degli statunitensi in fatto di pet, a cosa andremmo incontro? E ancora: perché il mondo veg e animalista, tanto severo nel giudicare le abitudini dell’uomo potenzialmente nocive per il pianeta e per gli altri animali, non è altrettanto attento quando si tratta degli amici a quattro zampe? Potrebbe l’impiego degli insetti, sempre più probabile anche per l’alimentazione umana in Occidente — oltre che in Oriente — essere introdotto anche nel regime alimentare dei nostri amici animali? Gli aspetti degni di analisi sono innumerevoli e molti di questi non più rinviabili. C’è da scommettere che su questi temi si tornerà a breve. Sebastiano Corona
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Timori delle istituzioni monetarie di Cosimo Sorrentino
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ogni inizio d’anno, le istituzioni monetarie nazionali e internazionali fanno a gara nel formulare e pubblicare previsioni sull’andamento dell’economia per l’anno in corso e per quelli successivi. E così, per primo, il Fondo Monetario Internazionale ha fatto conoscere le sue previsioni, sintetizzabili come segue: PIL in rialzo, ma con l’Italia sempre contenuta rispetto agli altri paesi dell’Area Euro. Più in dettaglio, per il FMI l’economia mondiale procede bene sia quest’anno che il prossimo e l’ottimismo riguarda anche l’Italia. Non manca però di sottolineare che, nel medio termine, possono aversi dei rischi da attribuire ad incertezze geopolitiche riguardanti una serie di appuntamenti elettorali in vari Paesi, tra i quali anche il nostro. A livello globale viene prevista una crescita pari al 3,9% per quest’anno e per il prossimo, mentre per l’Area Euro le stime si assestano su +2-2,2% con un progresso dello 0,3%; per l’Italia, che dovrebbe aver chiuso a +1,6% per il 2017, viene previsto +1,4% e +1,1% rispettivamente quest’anno e il prossimo. Detta crescita viene salutata come la più intensa dal 2010. Non vengono escluse situazioni per lo più favorevoli che si possono aggiungere, anche in seguito alla recente riforma fiscale voluta dall’Amministrazione americana che potrà indurre le imprese a investire maggiormente i risparmi derivanti dalla minore tassazione. Per quanto riguarda la Zona Euro, il FMI sottolinea i progressi fatti finora da Germania e Olanda, senza trascurare l’Italia, seppure in tono minore rispetto a detti partner, e anche la Spagna, che viene vista al ribasso rispetto a quanto fatto finora, certamente a causa delle incertezze politiche che recentemente l’hanno vista protagonista.
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I rischi che possono inquinare la ripresa riguardano innanzitutto una probabile stretta monetaria che potrebbe aver luogo qualora la FEDERAL RESERVE americana aumentasse, a più riprese, i suoi tassi d’interesse: con un’inflazione più forte, potrebbe verificarsi una correzione sui mercati finanziari. Non sono da escludere altri rischi derivanti dalle nuove politiche americane che riguardano la minacciata rinegoziazione di accordi di libero scambio, con tutte le implicazioni che ne derivano sul piano del commercio internazionale. Da parte sua, la BCE, in presenza della nuova scalata dell’euro, salito al massimo dal 2014, si dichiara pronta a rivedere i tassi, ma non subito, e ha rassicurato che i livelli attuali saranno mantenuti ben oltre la fine del Quantitative Easing (che dovrebbe scadere non prima di settembre). Si impone però la necessità di iniziare a preparare i mercati, con la dovuta cautela, sull’inversione di marcia, onde evitare che si propaghi un certo spavento. Ricordiamo come, in occasione di una recente riunione europea, sia stata sufficiente una semplice pressione da parte dei “falchi” del Nord Europa sulla BCE per chiedere al governatore Draghi di rivedere la “comunicazione sulla politica monetaria”. Così i prezzi dei titoli di Stato sono subito saliti e l’euro si è rafforzato sul dollaro. Ma l’Italia è pronta a fronteggiare la fine anticipata delle misure straordinarie e l’aumento dei tassi d’interesse? Se si guarda la nota di aggiornamento del DEF, il nostro Tesoro ha previsto di pagare quest’anno 63,5 miliardi di interessi sul debito, cifra che incide per il 3,6% del PIL, ma è chiaro che nei prossimi anni la spesa tornerà a crescere, tanto che gli esborsi per in-
teressi potranno ammontare a circa 65 miliardi nel 2019 e a 67 miliardi nel 2020. Cifre “sopportabili”, ma se si dovesse attuare un aumento dei tassi d’interesse, secondo calcoli effettuati dagli uffici competenti, la spesa per interessi potrebbe attestarsi, nel 2020, sugli 11 miliardi circa. La Germania, che ha sempre insistito sulla fine delle misure straordinarie adottate dalla BCE, aspira ad un aumento dei tassi per rimettere in sesto i conti delle sue assicurazioni e dei fondi pensione e si prepara pertanto al “dopo Draghi”. La nostra Banca Centrale non ha mancato di far sentire la sua voce e, pur concordando sui dati dell’attuale crescita globale europea e italiana, ha messo l’accento sull’andamento moderato dei prezzi, che rischia di inceppare la ripresa, e sulla permanenza della generale debolezza di fondo dell’inflazione, anche se le prospettive di crescita, a breve termine, appaiono favorevoli. L’inflazione, quindi, è la maggior preoccupazione di Bankitalia e, secondo sue stime, essa dovrebbe scendere temporaneamente quest’anno per poi risalire nuovamente. Conforta il fatto che l’occupazione sia cresciuta e i consumi delle famiglie potrebbero continuare a trovare vantaggi dal miglioramento del mercato del lavoro e dai bassi tassi d’interesse reali. Tuttavia, Bankitalia sottolinea che la crescita italiana dipende ancora dal sostegno delle politiche espansive della BCE: “il quadro dipende dal proseguimento di politiche economiche in grado di favorire la crescita dell’economia sul lungo termine”. Il governo della prossima legislatura prenda nota di tali avvertimenti e prosegua nel risanamento dei conti pubblici.
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LA CARNE IN RETE
Social di Elena
1. Le pagine web di Allan Bay Anno nuovo, sito nuovo. Lo scrittore enogastronomico meneghino ALLAN BAY, studioso e cultore della cucina, ha iniziato una nuova avventura sul web con www.allanbay.it. Uno spazio che raccoglie le recensioni sui ristoranti di Milano (e non solo), oltre a ricette, tecniche di cottura, negozi da visitare, cocktail, vini e altro ancora. Da leggere e seguire come buona abitudine (photo © dialoghisulluomo.it).
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2. Assomacellai, l’importanza della comunicazione ASSOMACELLAI-FIESA CONFESERCENTI è presente sul web con il portale www.assomacellai.it, attraverso il quale informa associati e consumatori sugli eventi di settore e sulle tematiche di attualità. Bella la sezione “Geografia della carne” che racconta le principali razze da carne italiane, dalla Piemontese, alla Maremmana, Romagnola, Chianina, Marchigiana, fino alla Podolica.
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meat Benedetti
3. Super coniglio, super eroi! “A tavola nascono nuovi eroi” è una recente campagna promozionale ideata e voluta da MIPAAF e ISMEA per reintegrare la carne di coniglio nella dieta quotidiana degli Italiani, a fronte dei recenti cambiamenti delle abitudini alimentari molto spesso frutto di un’informazione non sempre corretta o quantomeno approssimativa. Nel web è attiva con il sito super-coniglio.it
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4. Butchers su Instagram Bello il profilo Instagram BUTCHERSGUIDE del World Butchers Challenge, accessibile al link instagram.com/ butchersguide. Con quasi 10.000 follower all’attivo, la pagina usa l’ashtag #ButchersOfInstagram e pubblica foto di tagli di carne, preparati, video di macellai di tutto il mondo.
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Battaglia all’ultimo clic in Cina per la vendita delle carni di Roberto Villa
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el panorama mondiale non c’è solamente Amazon interessata a diversificare le proprie attività nel ramo food con l’acquisizione di Whole Foods e l’entrata a piedi pari nella distribuzione alimentare. In Cina lo strumento informatico sta assumendo una crescente popolarità per l’acquisto degli alimenti, si stima infatti che nel 2020 arriverà al 7% del valore del mercato, merito della grande diffusione di internet, tablet e smartphone. I principali operatori del commercio on-line di alimenti sono il gigante Alibaba, anche attraverso la sua controllata Tmall (www.tmall.com), e Jingdong (www. jd.com). Tuttavia, la grande appeti-
bilità del mercato sta richiamando nuovi soggetti come Tencent (www. tencent.com), società quotata ad Hong Kong nonché l’impresa a maggiore capitalizzazione dell’intera Asia. Se Shuanghui, il principale produttore di carni della Cina, ha siglato un accordo con Jingdong per la vendita in rete dei propri prodotti, a partire dai tagli pregiati di carne suina, il marchio Super Species sta aprendo supermercati al ritmo di 100 all’anno ed ha firmato un accordo di promozione con Tencent. Super Species, una catena di proprietà di Yonghui, si caratterizza per supermercati di dimensioni medie, in genere tra 700 ed 800 metri quadrati, inseriti in grandi
centri commerciali da oltre 10.000 metri quadrati, Bravo YH, anch’essi appartenenti alla Yonghui: l’offerta di carni locali e di importazione (Australia, Canada, Argentina, Danimarca) oltre che di formaggi e vini, sempre più apprezzati dalla fascia medio-alta della popolazione urbana, sta diventando un motivo di attrazione ed anche una buona fonte di guadagno per il gruppo Yonghui, che sulle carni ha dichiarato margini attorno al 13% negli ultimi due anni finanziari. Ebbene, la sinergia tra la proposta di cibi di elevata qualità nei negozi fisici Super Species e la potenza di Tencent, in possesso di enormi database in virtù del suo business
Tencent, colosso cinese di internet, lo scorso novembre è diventata la prima società tecnologica asiatica a raggiungere i 500 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato, superando Facebook e avvicinandosi sempre più ad Amazon.
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principale nei servizi internet e nella telefonia, promette un interessante ritorno per entrambe le società e preoccupa i soggetti già presenti sul mercato. A complicare la rete di relazioni commerciali va notato che il 20% del capitale di Yonghui è di proprietà del gruppo di Hong Kong Dairy Farm Group ma il 10% è posseduto da Jingdong. Alibaba invece opera anche direttamente tramite la catena Hema Xiansheng, che si occupa della vendita di carni ed altri cibi importati ad alto valore aggiunto, e possiede una quota azionaria nella catena di supermercati Lianhua. Questa presenza sempre più marcata dei colossi delle vendite on-line sta impensierendo non poco le catene di vendita tradizionali: i concorrenti digitali possiedono infatti strumenti in grado di condizionare il mercato a loro favore. I prodotti possono essere scontati e le campagne di promozione verso i consumatori, spesso ben individuati tra i target, si stanno mostrando particolarmente efficaci, ad esempio la possibilità di cliccare sui codici QR dei prodotti acquistati per ottenere dei buoni sconto da spendere nella catena. Anche i metodi di pagamento elettronico, come ad esempio i servizi WePay e TencentPay, stanno riscuotendo notevole popolarità e permettono a Tencent di acquisire ulteriori preziose informazioni sulle abitudini di acquisto dei consumatori. Giù del 50% i dazi cinesi sugli insaccati Il mercato cinese si sta aprendo alle importazioni dai paesi tradizionalmente esportatori di carni, sia per quanto riguarda le carni refrigerate e congelate sia per quelle trasformate. È notizia di inizio dicembre 2017 che la Cina ha abbattuto del 50%, dal 15% all’8%, la tariffa doganale all’importazione di insaccati in budello naturale e in budello artificiale dai Paesi Membri dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) che godono dello stato di paese preferenziale; da questa situazione trarranno indubbio beneficio i produttori di Brasile, Unione Europea e Canada mentre gli Stati Uniti non possono esportare tali prodotti a causa della mancanza di riconoscimento degli stabilimenti da parte delle autorità sanitarie cinesi. Tra gli europei a festeggiare sarà sicuramente la Danimarca, che nel maggio 2017 aveva firmato uno storico accordo di fornitura di carni per un controvalore di 35 milioni di dollari USA, con la multinazionale Danish Crown in prima fila sia per le esportazioni dall’Europa sia per la progettata costruzione di un nuovo stabilimento nell’area di Shanghai. La carne suina è la preferita dai Cinesi: in Cina si consuma infatti più della metà della carne suina prodotta nel mondo. Gli operatori che vorranno affacciarsi in questo immenso mercato dovranno però affidarsi a strategie che tengano conto delle dinamiche concorrenziali sempre più improntate al commercio elettronico. Roberto Villa
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La salute vien mangiando: nasce il primo video-manuale per una sana alimentazione basata sui più aggiornati criteri medico-scientifici
L’Accademia Alimentare Bioimis e Alessandro Cecchi Paone, giornalista, conduttore televisivo e divulgatore scientifico (in foto) lanciano sul web un nuovo format, “La Salute vien mangiando”, il primo manuale video sull’alimentazione sana e corretta con parametri medico-scientifici. La collaborazione nasce con l’intento di fornire un’educazione alimentare, con informazioni scientifiche, linee guida e suggerimenti pratici, per nutrirsi in maniera sana ed equilibrata sfruttando il potere degli alimenti, vera chiave per vivere bene e più a lungo. Cecchi Paone tratterà di volta in volta i vari argomenti in una video-rubrica a carattere divulgativo-scientifico, disponibile gratuitamente nel sito Bioimis.com. Nelle varie puntate verrà spiegato in maniera chiara e semplice come si comportano ad esempio nel nostro corpo gli elementi che assumiamo con il cibo, i vari additivi, il sale, lo zucchero, fino ad analizzarne le proprietà nutritive sfatando erronee credenze e “falsi miti” come ad esempio che i cibi light o il digiuno facciano dimagrire. Si imparerà come alimenti quali l’olio extravergine di oliva o le uova non solo non facciano ingrassare ma siano estremamente funzionali per una dieta bilanciata ed il mantenimento-raggiungimento del peso forma. Per Cecchi Paone il metodo Bioimis si presenta sicuro in quanto costruito sulla base di un serio protocollo medico e ne diventa così il consulente mediatico e testimonial facendosi quindi portavoce, in questo moderno vademecum digitale, dei temi legati all’alimentazione, la salute e il benessere. >> Link: www.bioimis.it/video
In Italia diminuiscono i vegani A dirlo è il Rapporto Italia 2018 di EURISPES (Istituto di Studi Politici Economici e Sociali), che certifica un ritorno alla Dieta Mediterranea, alla nutrizione sana e quindi ad un’alimentazione tradizionale. Crolla così il trend vegano, scelta fatta da una minoranza davvero esigua del nostro Paese (0,9%), che si dimostra ancora curiosa di provare nuovi regimi alimentari. I vegani sono infatti scesi dal 3% del 2017 a meno dell’1% attuale, ritornando su valori più vicini a quelli degli anni passati (0,6% nel 2014, 0,2% nel 2015 e 1% nel 2016). Secondo Eurispes, il 30,3% degli Italiani ritiene quella vegana una scelta estrema e radicale, insieme al 19,1% che ritiene questo stile di vita spesso accompagnato da fanatismo ed intolleranza. Secondo Elisabetta Bernardi, nutrizionista dell’Università di Bari, «i dati del rapporto Eurispes fotografano l’orientamento alimentare di un Paese che, dal punto di vista del rapporto con il cibo, può dirsi saggio: non a caso siamo, grazie alla Dieta Mediterranea, fra le nazioni più longeve al mondo. L’alimentazione deve essere varia e comprendere anche un corretto consumo di proteine animali. La carne è una componente importante dell’alimentazione umana, poiché fornisce proteine ad alto valore biologico, ferro e vitamina B12. Quest’ultima è particolarmente importante, in quanto è presente esclusivamente negli alimenti di origine animale e non può mancare soprattutto per la corretta nutrizione di bambini ed anziani». (Fonte: Carni Sostenibili – UNAItalia)
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Dal 1950, il meglio dal mondo La BERVINI PRIMO nasce nel 1950 da una tradizione famigliare come bottega per la lavorazione delle carni. Proseguendo nella propria crescita in termini di qualità e servizio alla clientela, crea le condizioni per estendere la propria offerta inserendosi nel mercato sia nazionale che internazionale come azienda di importazione, lavorazione e vendita di carni refrigerate e congelate di diverse specie animali consolidandosi negli anni. Da anni offriamo carni porzionate e confezionate skin pack e recentemente offriamo la linea gourmet di bistecche, macinati e “hamburger” con carni provenienti dal mondo. Importatrice e distributrice anche di altri prodotti congelati, quali articoli ittici e verdure surgelate, oggi l’azienda è in grado di fornire una ricca, diversificata e qualificata offerta di prodotti e un servizio accurato al mercato del catering e retail in Italia come all’estero.
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AZIENDE
In Basilicata nasce la filiera Gran Lucano: un suino a km 0 Si è svolta lo scorso 21 gennaio a Matera la convention di presentazione del progetto Gran Lucano. A controllare l’intera filiera produttiva l’azienda SU.IT. Srl in collaborazione con Siciliani Spa, a garanzia della massima qualità e del gusto delle carni, del rispetto ambientale e del benessere animale
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a filiera Gran Lucano nasce in Basilicata con l’obiettivo di valorizzare la produzione agroalimentare italiana d’eccellenza: attraverso sistemi di allevamento moderni, controllati e sostenibili, questa filiera del suino a km “0” garantisce ai consumatori salubrità, elevati standard qualitativi, rispetto della tradizione e un gusto unico
delle carni. «L’azienda Siciliani Spa, orgogliosa di collaborare con la SU.IT. Srl nella realizzazione di questo progetto, si fa garante nei confronti dei consumatori sempre più esigenti nel richiedere un prodotto di altissima qualità, genuino e soprattutto buono» dichiarano i vertici dell’azienda di Palo del Colle (BA). «Al fine di assicurare
la massima qualità, controlliamo direttamente l’intera filiera produttiva. Alleviamo suini geneticamente eccellenti, alimentandoli con mangimi prodotti con materie prime di territori lucani e aree limitrofe. Prestiamo particolare attenzione al benessere animale. Ci impegniamo ad attuare una filiera sostenibile dal punto di vista ambientale».
La presentazione del progetto Gran Lucano. La filiera del suino Gran Lucano nasce in Basilicata e ha l’obiettivo di valorizzare la produzione agroalimentare italiana d’eccellenza, tutelando la sicurezza del consumatore.
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1) Carlo Siciliani, fondatore e presidente attuale della Siciliani Spa. 2) Adriana Poli Bortone, assessore del Comune di Matera. 3) Luca Braia, assessore alle politiche agricole e forestali della Regione Basilicata. 4) Francesco Schittulli, presidente della Lilt â&#x20AC;&#x201C; Lega italiana per la lotta contro i tumori. 5) Lucia Grieco della SU.IT. Srl.
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1) Silvio Borrello, Direttore della sanità animale e del farmaco veterinario del Ministero della salute, nonché Chief Veterinary Officer. 2) Antonio Curcio, allevatore SU.IT. Srl. 3) Giuseppe Bitonti, business line manager del Kiwa Cermet Italia. 4) La famiglia Siciliani in prima fila tra il pubblico intervenuto alla convention.
L’opera della Siciliani è fatta di investimenti che si rivolgono all’intera filiera produttiva e che vanno dalla ricerca della genetica eccellente alla sana nutrizione dei capi allevati, dalla cura del loro stato di benessere all’attenzione nel rendere sostenibile la produzione dal punto di vista ambientale, ha detto Carlo Siciliani, cofondatore e attuale presidente della Siciliani Spa
Una giornata di studio intorno alle tematiche attuali legate al mondo della carne suina Alla convention di presentazione del progetto, avvenuta lo scorso 21 gennaio a Matera, dopo il saluto delle istituzioni politiche presenti, ADRIANA POLI BORTONE, assessore del Comune di Matera per la promozione della città in Italia e in Europa in occasione della proclamazione di Matera capitale della cultura 2019, e l’assessore regionale alle politiche agricole e forestali LUCA BRAIA, a fare gli onori di casa è stato il cofondatore e attuale presidente della Siciliani Spa CARLO SICILIANI, che nel suo intervento ha evidenziato come in questo momento storico ci si trovi di fronte ad una sfida importante: migliorare la produzione di carne suina. L’eccellenza è la nostra missione «L’opera della Siciliani è fatta di investimenti che si rivolgono all’intera filiera produttiva e che
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vanno dalla ricerca della genetica eccellente alla sana nutrizione dei capi allevati, dalla cura del loro stato di benessere all’attenzione nel rendere sostenibile la produzione dal punto di vista ambientale» ha detto Carlo Siciliani. «La carne è fonte di “proteine buone” che nel nostro caso abbiamo trasformato in “eccellenti”. L’eccellenza è la nostra missione e possiamo affermare di averla raggiunta grazie al controllo scrupoloso di tutte le fasi di produttive. In tutto questo non trascuriamo l’ultimo passaggio, ovvero quello di una distribuzione efficiente e all’avanguardia che ci contraddistingue da oltre 50 anni». Hanno preso parte alla convention il dott. SILVIO BORRELLO, direttore generale della Sanità Animale e dei Farmaci Veterinari del Ministero, al quale da pochi mesi il ministro della Salute BEATRICE LORENZIN ha conferito anche le funzioni di capo dei servizi veterinari italiani, che
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1) Mimmo Pisani, responsabile marketing, eventi e comunicazone Siciliani Spa. 2) Alberto Alfieri ha presentato il prosciutto cotto Gran Lucano, novità assoluta, un prodotto genuino di eccellenza. 3) La sala gremita. 4) Saverio Siciliani, sales manager Siciliani Spa, ha evidenziato punti di forza e prospettive future legate a questa filiera suinicola del Sud Italia.
La società agricola SU.IT. Suini Italiani Srl, di Banzi (PZ), estesa su una superficie di oltre 20 ettari, ha una capacità produttiva di 33.000 esemplari di suino all’anno, allevati esclusivamente a ciclo chiuso e alimentati con mangimi selezionati preparati all’interno del mangimificio.
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ha parlato di benessere animale. A seguire il professor FRANCESCO SCHITTULLI, presidente della Lilt – Lega italiana per la lotta contro i tumori, ha tracciato un percorso di sana alimentazione che non esclude dalla dieta la carne, anzi la valorizza grazie ad un corretto consumo in termini sia di quantità che di preparazione. Tra i relatori anche il business line manager del Kiwa Cermet Italia dott. GIUSEPPE BITONTI, ente certificatore della filiera Gran Lucano, che ha evidenziato il lungo processo di verifica della qualità che ha portato la filiera alla certificazione Kiwa. Molto interessante è stata anche la presenza sul palco di ANTONIO CURCIO, accompagnato dalla dottoressa LUCIA GRIECO, che ha rappresentato gli allevatori, il quale ha raccontato la sua esperienza evidenziando che «la buona carne parte da un buon allevamento e a contribuire a rendere un allevamento buono è un buon allevatore». Senso di responsabilità, dedizione al lavoro
e rispetto dei capi allevati sono le prerogative imprescindibili. Infine, il dott. ALBERTO ALFIERI, già amministratore delegato di importanti aziende nazionali e internazionali, ha presentato un’assoluta novità, ovvero il prosciutto cotto Gran Lucano, che intende affermarsi sul mercato come un prodotto genuino e di eccellenza. A chiudere la convention il dott. SAVERIO SICILIANI, sales manager della Siciliani Spa, che ha tracciato le linee guida del progetto Gran Lucano evidenziando i punti di forza e le prospettive future legate a questa filiera suinicola del Sud Italia. Dopo la conferenza un lunch luculliano, a base esclusivamente di carne di suino, ha deliziato il palato degli oltre mille ospiti intervenuti, che hanno potuto “sperimentare” in prima persona tutta la bontà del suino Gran Lucano. Nota Photo © Angela Braj.
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1/2/3) Gli oltre mille gli ospiti che dopo la conferenza hanno partecipato alla ricchissima degustazione, allietata dalla presenza di una simpatica band dal vivo, hanno potuto “sperimentare” tutta la bontà del suino Gran Lucano. 4) Carlo Siciliani sr. e il figlio Giuseppe con Saverio e Carlo Siciliani jr. al taglio della torta.
Siciliani Spa è attiva nel settore delle carni da oltre 50 anni. Rinomata per gli allevamenti diretti e indiretti di bovino, suino e vitello, nei quali produce le proprie carni di filiera, e per la commercializzazione di carni ovine, avicole ed equine, con il moderno stabilimento di macellazione e lavorazione carni di Palo del Colle (BA) è tra le poche realtà ad essere dotata di tre differenti linee di macellazione in relazione alle molteplici tipologie di animale trattate e a possedere le autorizzazioni necessarie ad effettuare i diversi rituali di abbattimento nel rigido rispetto delle norme religiose e culturali. Certificata ISO 9001-ISO 14001-ISO 22005, Siciliani Spa è un importante partner dei principali gruppi della GD e della DO ai quali fornisce carni in osso e una vasta gamma di prodotti private label e a marchio proprio, compresi i prodotti confezionati a peso fisso. I Siciliani, imprenditori della carne da quattro generazioni, si sono avviati da tempo in un percorso di innovazione e internazionalizzazione, con crescente attenzione anche ai mercati esteri. Forte della struttura commerciale, logistica ed organizzativa, il Gruppo è in grado di assicurare ai clienti un servizio logistico e distributivo puntuale ed efficiente. Siciliani Spa Strada Provinciale Palo del Colle Bitonto 70027 Palo del Colle (BA) Telefono: 080 3815111 E-mail: info@sicilianispa.com Web: www.sicilianispa.it
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Per la filiera Gran Lucano alleviamo suini geneticamente eccellenti, alimentandoli con mangimi prodotti con materie prime di territori lucani e aree limitrofe. Prestiamo particolare attenzione al benessere animale. Ci impegniamo ad attuare una filiera sostenibile dal punto di vista ambientale
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Miglioramento genetico per l’industria della carne L’industria alimentare tradizionale ha spesso trascurato la qualità del prodotto originario nella convinzione che i processi di trasformazione potessero supplire ad una qualità non ottimale. Se questo è vero per prodotti a basso valore aggiunto, in un mercato globalizzato ed estremamente competitivo per i prezzi, tali politiche sono penalizzanti per le industrie alimentari radicate in nazioni ricche e/o che basano la loro competitività nell’unicità e fama del prodotto. Il miglioramento della qualità dei prodotti animali è ottenibile sia con corrette tecniche di allevamento che, in modo stabile e cumulativo nel tempo, attraverso il miglioramento genetico. Le scoperte degli ultimi anni consentono un miglioramento genetico veloce e mirato rispetto a quanto ottenuto in passato con la genetica quantitativa. Infatti oggi possiamo utilizzare mutazioni naturali che sono presenti nelle sequenze codificanti, ovvero che saranno poi tradotte in proteine. Inoltre recentemente sono state trovate utili mutazioni anche nelle regioni non codificanti che una volta erano chiamate junk DNA ovvero DNA spazzatura. Oggi sappiamo che molte di esse sono regioni regolatrici della trascrizione del DNA e quindi di estrema importanza per la fisiologia. Infine, anche in mancanza di conoscenza di mutazioni causative, è possibile effettuare una selezione veloce tramite la Genomic Selection, utilizzando chip costituiti da molte migliaia di SNP (polimorfismi a singolo nucleotide) che oggi sono disponibili per specie importanti per la produzione della carne come bovini, suini e polli. Con gli stessi chip è possibile individuare le regioni cromosomali dove è situata una mutazione causativa accelerando il processo di scoperta della stessa. Nonostante i progressi per ottenere prodotti di qualità, soprattutto nei paesi sviluppati, diminuisce comunque il consumo dei prodotti carnei, sia per ragioni ambientaliste che salutistiche. Recenti studi dimostrano che tali ragioni hanno basi scientifiche deboli. Infatti spesso i modelli di emissione di gas serra da parte degli animali non tengono in appropriato conto della fissazione al suolo delle deiezioni e del loro benefico effetto nel promuovere ulteriore fissazione. Infine le statistiche di associazione del consumo di carne con tumori (es. al colon) non tengono conto di fattori di confounding, come il reddito, che sono fortemente implicati nella diagnosi precoce di simili malattie. Alessio Valentini (Accademia dei Georgofili, www.georgofili.it)
Polli allevati a terra senza l’uso di antibiotici (photo © 5second – Fotolia – www.ilfattoalimentare.it).
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Per una maggiore sostenibilità
Film per skin packaging universale, salda anche su vaschette monomateriali La grande versatilità di ClearSkinPack™ è possibile grazie ai 45 anni di esperienza che ITP possiede nella coestrusione di film multistrato a società italiana Industria Termoplastica Pavese Spa (ITP®), specializzata nella produzione di imballaggi flessibili per il settore alimentare e industriale, ha perfezionato lo skin (Vacuum Skin Packaging, VSP) per alimenti. ClearSkinPack™, un film che già al momento della messa a punto nel 2014 si è dimostrato altamente protettivo per il confezionamento sottovuoto senza atmosfera modificata, consente oggi una perfetta sigillatura anche
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a basse temperature e una brillantezza e trasparenza apprezzate da clienti e distributori. L’effetto whitening offre la necessaria sigillatura ermetica, un’apertura facile e uniforme e un effetto di sbiancamento da sollecitazione, al fine di evidenziare la perfetta integrità della confezione, senza lasciare residui che possano entrare a contatto con l’alimento. «Oltre alle caratteristiche dello skinpackaging che si possono tro-
vare sul mercato» spiega MASSIMO CENTONZE, CEO di ITP®, «riteniamo che il film messo a punto dal nostro reparto R&S possieda, nelle sue molteplici varianti, qualità tali da renderlo peculiare. Si tratta infatti di un film universale, che si adatta perfettamente anche a vaschette laminate a PE, oppure a vaschette monomateriali di PP, PET, CPET, PS e PVC, sempre mantenendo un ottimo contenimento del liquido essudato dal prodotto confezionato. ClearSkinPack™ consente perciò anche una maggiore sostenibilità, che si evidenzia nel minor peso dell’imballaggio nel suo complesso e, allo stesso tempo, nella facilità
La nuova struttura multistrato di ITP® è una scelta ideale per la protezione di alimenti freschi e lavorati.
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di riciclo della vaschetta monomateriale. Da evidenziare anche il mantenimento di ottime prestazioni durante il processo di confezionamento anche a basse temperature (fino a 30 °C in meno rispetto agli altri film in commercio) e questo si traduce in un ulteriore duplice vantaggio oltre a quello già citato legato alla facilità di riciclo: si ha un minore shock termico sul prodotto da confezionare e un maggiore risparmio energetico rispetto alle tradizionali soluzioni per il confezionamento sottovuoto skin. Queste caratteristiche hanno reso la nuova struttura multistrato di ITP® una scelta ideale per
la protezione di alimenti freschi e lavorati tra cui la carne anche con osso, frutti di mare come le ostriche, che richiedono un’elevata resistenza alla punturazione, o formaggi collocati su vassoi di polistirene (PS) espanso o di polietilentereftalato (PET) rigido, ma anche di PP e di combinazione di questi con PE. La morbidezza e la flessibilità del film consentono di formare una perfetta pellicola attorno al cibo». Questo prodotto innovativo verrà presentato a MEAT-TECH 2018, la più importante fiera per l’industria internazionale della carne (Milano dal 29 maggio al 1o giugno).
ClearSkinPack™ per alimenti è un film universale che consente la realizzazione di un packaging più facilmente riciclabile. Può aderire infatti non solo a vaschette accoppiate a PE, ma anche a vaschette monomateriale (PP, A-PET, CPET, PS, PVC), garantendo un ottimo contenimento del liquido essudato dal prodotto confezionato
La morbidezza e la flessibilità di ClearSkinPack™ consentono di formare una perfetta pellicola attorno al cibo.
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Skin film dal 1988 Le vantaggiose caratteristiche di ClearSkinPack™ per alimenti sono state ottenute mettendo a frutto gli oltre 40 anni di esperienza accumulati da ITP®, attiva dal 1972, nella coestrusione in bolla di film multistrato. ITP® è un’azienda familiare interamente italiana, il cui focus è stato, fin dagli anni ‘70, la realizzazione di packaging innovativi. La ricerca portata avanti dall’azienda ha sempre avuto lo scopo di prolungare la vita dei prodotti confezionati e ottimizzare lo spazio di stoccaggio riducendo i costi di esposizione e trasporto. Il Clearpack (depositato nel 1988) compare già tra i primi marchi registrati in Italia e a livello internazionale da ITP® e questo fa dell’Industria Termoplastica Pavese Spa la prima azienda italiana a produrre lo skin film che, in principio, era rappresentato da film adesivi su cartoncino, destinati al settore
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industriale, ancora oggi venduti in tutto il mondo. Ad oggi ITP® è ancora tra le prime aziende italiane a produrre — in Italia — questo prodotto innovativo destinato agli imballaggi alimentari. Efficienza collaudata Le numerose collaborazioni lungo la supply chain consentono a ITP®, a valle, di raccogliere le esigenze in continua evoluzione di end users e consumatori e, a monte, di valorizzare le informazioni raccolte dal mercato ricercando costantemente soluzioni sia nei materiali, i quali devono offrire adeguate prestazioni, sia nella macchinabilità e nell’utilizzo del prodotto stesso. Il film proposto è pertanto un prodotto già testato sulla maggior parte delle macchine confezionatrici e può essere impiegato con parametri macchina conosciuti. «I ritmi di vita oggi assorbono molto del nostro tempo in attività
ITP – Industria Termoplastica Pavese Spa sarà presente a MEAT-TECH 2018 in programma a Fiera Milano, dal 29 maggio al 1o giugno Padiglione 2 Stand A40/B41
diverse dal fare la spesa e cucinare» aggiunge Massimo Centonze. «Il consumo di piatti pronti all’uso è dunque in forte aumento. Il Clear-
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SkinPack™ va incontro a questo tipo di consumatore offrendo non solo una maggiore durata nella conservazione del prodotto, ma anche la peculiarità di essere adatto al forno microonde, con l’apertura automatica dell’imballo grazie all’azione del vapore acqueo che separa il film dalla vaschetta sottostante. Il packaging davvero facilita la vita». Nuovi sviluppi: skinpackaging su cartoncino Sempre destinato al confezionamento alimentare, è attualmente in fase di sviluppo lo skinpackaging applicato ad un supporto in cartoncino stampato. I vantaggi sono un’elevata riciclabilità grazie alla separazione facilitata dei componenti e la personalizzazione della stampa sul cartoncino. • Per informazioni su ClearSkinPack™ contattare il DOTT. AMARI Telefono: 0385 272711
Industria Termoplastica Pavese Spa, con sede vicino a Pavia, è un’azienda leader nella produzione di film poliolefinici all’avanguardia, concepiti per soddisfare le esigenze specifiche di un mercato in continua evoluzione. La gamma di prodotti ITP® include: film retraibili, film adesivi e laminati per cartone e film protettivi, nonché una serie di prodotti speciali come i film coestrusi barriera per imballaggio alimentare, nelle versioni saldante, pelabile, richiudibile e antifog, e film per etichette. ITP® dedica le sue più importanti risorse alla ricerca applicata al prodotto che ha portato alla registrazione di 9 brevetti negli ultimi 7 anni. ITP® è supportata da numerose collaborazioni con Università, centri di ricerca — come il CNR — e con i clienti stessi che permettono all’azienda di comprendere le esigenze di un mercato in continua evoluzione. Oggi, su 58.000 m2 di superficie occupata, 800 m2 sono adibiti a un laboratorio dotato dei più sofisticati strumenti di controllo e misurazione, in cui opera personale altamente specializzato. ITP® è un marchio registrato in Italia, Europa, USA e Russia. ClearSkinPack™ è un marchio depositato in Italia.
ITP – Industria Termoplastica Pavese Spa Via Cavallante 13 – 27040 Bosnasco (PV) Web: www.itp.it
La sede e i laboratori dell’azienda. Eurocarni, 3/18
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Co.Be.Ca. Commerciale: 35 anni da protagonisti L'azienda di Pian Camuno, Brescia, festeggia riunita attorno al suo fondatore i primi trentacinque anni di attività
È
una grande famiglia quella che ha celebrato, con una bella festa a sorpresa, riunendosi attorno all’amato fondatore, i suoi primi 35 anni di attività. 1983-2018: un traguardo importante per la Co.be.ca. Commerciale, azienda di Pian Camuno, in provincia di Brescia, specializzata nella macellazione, lavorazione e commercializzazione delle carni bovine, suine, accanto a carni bianche, vitello e preparati. Esattamente 35 anni fa, infatti, BENIAMINO GIOVANNI PE rilevò l’azienda dell’ex datore di lavoro attiva nel
settore delle carni e con coraggio, intraprendenza e grande spirito imprenditoriale decise di investire in questo settore, costruendo un nuovo stabilimento — che si estende su una superficie di circa 8000 m2 nell’area industriale di Pian Camuno — e gettando così le basi per lo sviluppo dell’attuale società. Coraggio, passione, sacrifici e anche tante difficoltà affrontate e superate con successo hanno portato in questi anni Co.be.ca. Commerciale a diventare un marchio di riferimento sul mercato. Una società made in
Franciacorta, con il primo spaccio carni in Valcamonica, Beef House, dove acquistare direttamente dal produttore carni provenienti dai propri allevamenti. Radici salde nel territorio, insomma, e la capacità e la forza di raggiungere i mercati internazionali. «Quelli di Co.be.ca. Commerciale sono 35 anni di storia per cui dobbiamo dire prima di tutto grazie al fondatore, mio padre, ai suoi sacrifici e ai valori che ci ha trasmesso, ovvero la voglia di fare, di lavorare sempre con passione» racconta Christian Pe alla stampa
Beniamino Giovanni Pe insieme alla moglie, ai due figli e ai tre nipoti durante le recenti celebrazioni per festeggiare i 35 anni di attività di Co.be.ca. Commerciale.
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1/2) Una grande festa a sorpresa al Ricci Cafè di Lovere quella organizzata per celebrare Co.be.ca. Commerciale. Per dire grazie al suo fondatore, accanto ai famigliari, erano presenti naturalmente tutti i dipendenti e il primo cittadino di Pian Camuno, il quale ha conferito a Beniamino Pe una targa di riconoscimento. 3/4) Co.be.ca. Commerciale, forte dell’attaccamento al proprio territorio, è molto attiva a livello sociale e, a questo proposito, sponsorizza la Master Rapid SKF CBL di Pian Camuno, un centro di avviamento allo sport con l’indirizzo al karate più grande d’Italia. Alla festa erano infatti presenti alcuni atleti della società protagonisti agli Europei di Sochi, in Russia. Co.be.ca. Commerciale/Beef House è inoltre lo sponsor della prima squadra di calcio della Polisportiva disabili della Valcamonica. Una squadra di ragazzi speciali che, anche grazie a quest’azienda, è entrata a far parte dell’Unione Sportiva Darfo Calcio, potendo quindi usufruire di strutture adeguate e materiali idonei per potersi allenare. intervenuta in occasione dei festeggiamenti presso il Ricci Fashion Cafè di Lovere (BG). «Principi che io e i miei famigliari condividiamo con i nostri collaboratori, ai quali va davvero il nostro più sentito grazie. Nel corso degli anni, infatti, si è formata una vera e propria squadra, unita e coesa nella condivisione degli obiettivi, tanto da poterla considerare davvero una grande famiglia. Ed è anche grazie a quella squadra che siamo arrivati fino a qui». Accanto a Christian, che in Co.be.ca. Commerciale si occupa delle trattative commerciali italiane ed estere e dei rapporti con la clientela, troviamo la sorella Marzia, la quale, avvocato e forte di esperienze in business administration, oggi in azienda segue la “qualità”, in
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termini soprattutto di certificazioni e di sviluppo dei nuovi progetti, e la comunicazione aziendale. «Co. be.ca. Commerciale è un’azienda certificata» puntualizza Marzia. «Attualmente siamo in possesso di una certificazione di filiera completa che inizia nei nostri allevamenti e termina, per così dire, “nel piatto” del consumatore finale, oltre alla IFS International Featured Standard Food che detta gli standard di qualità e sicurezza dei prodotti alimentari. All’inizio di quest’anno, inoltre, abbiamo ottenuto l’importante certificazione legata al benessere animale, fondamento etico, di cui andiamo veramente molto orgogliosi». «La nostra forza è quella della famiglia, dei miei figli e nipoti che mi seguono nella mia attività» con-
clude Beniamino Pe. «Questo è ciò che conta davvero». E gli obiettivi futuri? «Festeggiare i prossimi 35 anni di Co.be.ca. Commerciale, continuando ad investire nelle persone che hanno reso possibile il raggiungimento di questo traguardo, seguendo gli stessi principi grazie ai quali tutto è cominciato».
Co.be.ca. Commerciale Srl Spaccio Beef House Via Dossi 5 – 25050 Pian Camuno (BS) Telefono: 0364 591585 Web: www.cobeca-carni.com
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Involtini 180 Gradi. Sani, veloci, buoni “180 Gradi” è la nuova linea di elaborati freschi appena lanciata sul mercato da Pollo dal Piemonte. Agli asparagi oppure alle erbe aromatiche, gli involtini 180 Gradi sono pronti da infornare (anche nel microonde), gustosi e amici della salute. All’intero delle confezioni c’è solo pollo Gran Selezione, allevato senza uso di antibiotici, a terra, in Piemonte, alla luce naturale e a minore densità. Per queste motivazioni Pollo Gran Selezione ha vinto il Premio Good Chicken per il 2014 e il 2015, riconoscimento internazionale per il benessere animale conferito da Compassion in World Farming. Una cooperativa 100% Piemonte ValVerde, che ha lanciato la linea per la GDO Pollo dal Piemonte, è una cooperativa di soci allevatori che produce polli nel massimo rispetto della natura, del benessere animale, delle persone e del territorio. Leggiamo dal loro sito: “Perché essere cooperativa significa proprio questo: porsi come fine non solo il successo sul mercato, ma anche il miglioramento delle condizioni generali di tutti i proprio soci, dipendenti e di chiunque entri in relazione con la struttura, quindi in senso lato, con la società nel suo complesso. La cooperativa ValVerde, nel rispetto dei principi di democrazia, equità, uguaglianza e trasparenza che ha sposato alla sua fondazione si impegna alla loro applicazione attraverso regole e criteri rigorosi che ne guidano e condizionano ogni azione e accompagnano in perfetta coerenza la produzione di un pollo di alta qualità. Il valore per il territorio di una struttura cooperativa è considerato così importante da un punto di vista sociale da aver ricevuto addirittura tutela e riconoscimento costituzionale (articolo 45). I valori ai quali ci ispiriamo per creare ogni giorno il miglior pollo possibile sono numerosi, alcuni frutto della nostra passione per la natura, altri della ricerca per la qualità, altri ancora dal nostro attaccamento alla terra e al territorio Piemontese, che per noi significa casa. Ogni nostra scelta, ogni azione è mossa dalla consapevolezza che il nostro prodotto deve e dovrà sempre essere al massimo della qualità sotto ogni punto di vista, non solo perché ce lo impongono le nostre regole cooperative, le nostre certificazioni, i nostri valori o i nostri controlli, ma anche perché lo dobbiamo ai nostri fan più appassionati e ai quali dobbiamo senza dubbio una parte del nostro successo”. >> Link: www.pollodalpiemonte.it – www.valverdecoop.com
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“La bontà è più facile da riconoscere che da definire”
(Wistan Hugh Auden)
Il “buono” si trova nelle cose semplici e fatte con amore!!! I bovini Chianini, Marchigiani e Romagnoli nascono e vivono da sempre in questi territori dove i profumi dei nostri pascoli e la tradizione secolare dei nostri allevamenti, rendono le loro carni uniche al mondo.
SOTTOMISURA 3.2 “Sostegno alle attività di informazione e promozione attuate da gruppi di produttori nel mercato interno”
UNIONE EUROPEA FONDO EUROPEO AGRICOLO PER LO SVILUPPO RURALE: l’Europa investe nelle zone rurali
MERCATI
La Cina riprende produzione e commercio delle carni avicole Cresce l’export avicolo, ma la WTO è pronta a sanzionare la Cina per i dazi al pollame USA di Roberto Villa
L’
Amministrazione per la Supervisione della Qualità, l’Ispezione e la Quarantena (AQSIQ) della Repubblica Popolare Cinese ha reso noto che gli sforzi e gli investimenti statali e privati messi in campo negli ultimi anni per il miglioramento della situazione sanitaria negli allevamenti hanno finalmente portato i frutti attesi:
è grazie alle politiche e alle azioni concrete realizzate che l’area di Liaocheng (città-prefettura nella provincia orientale di Shandong, ubicata a metà strada tra Pechino e Shanghai, e principale distretto delle carni avicole) ha potuto incrementare le esportazioni di carni avicole del 13% nel 2017 rispetto all’anno precedente, per
un controvalore di 102 milioni di dollari USA. Le circa cinquanta società attive nel comparto dell’area di Liaocheng hanno allevato i 120 milioni di polli secondo gli standard internazionali più avanzati, come le Good Agricultural Practices (GAP) e le Good Hygienic Practices (GHP), riconosciuti come garanzia di qualità e di sicurezza alimentare da tutti
Zampe di gallina in vendita al mercato di Shanghai. Il comparto delle carni avicole in Cina è cresciuto del 3% nel 2017: l’influenza aviaria è stata contenuta grazie ad un rigoroso programma sanitario ed è aumentata la produzione interna di capi da riproduzione (photo © 2011 Bloomberg – www.cnbc.com).
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Sul pollame si sta giocando una lunga guerra commerciale con gli Stati Uniti, che hanno aperto un’azione presso la WTO per i dazi all’importazione in vigore in Cina sulle carni avicole a stelle e strisce
i principali mercati, in particolare dagli Stati Uniti. Il comparto delle carni avicole è cresciuto nel 2017 del 3%, più della media di tutto il settore agroalimentare (+1,5% per un totale in valore di 560 milioni di dollari USA); si sono dimostrate così non veritiere le previsioni che, solamente due anni fa, vedevano una crisi di scarsa produzione del colosso cinese, costretto ad importare pollame dal Brasile per far fronte ai crescenti consumi interni: l’influenza aviaria è stata contenuta grazie ad un rigoroso programma sanitario ed è aumentata la produzione interna di capi da riproduzione, fattore per il quale l’intero comparto avicolo ancora dipende in buona parte dall’importazione. A titolo di esempio sulla dinamicità del settore, si può citare il gruppo Shandong Feng Xiang, uno dei maggiori operanti nel campo delle carni avicole a Liaocheng, il quale ha investito nel 2017 ben 500 milioni di Yuan o Renmimbi (pari approssimativamente a 79 milioni di dollari USA) per l’allestimento di una moderna fabbrica di lavorazione delle carni completamente automatizzata. Le politiche commerciali espansive della Cina stanno orientandosi sempre di più verso i mercati dei paesi sviluppati e dei paesi dell’area asiatica, mentre stanno scemando d’importanza le Repubbliche exsovietiche, le quali costituivano fino a poco tempo addietro il principale sbocco dei prodotti a base di carne nazionali. Tre nuove imprese hanno ottenuto il permesso di esportazione verso l’Unione Europea, mentre un recente accordo commerciale
con la Mongolia promette di aprire un canale interessante per le carni trasformate; significativo anche l’accordo a dazio zero tra la Cina e la Georgia, che i produttori di Liaocheng vogliono sfruttare per vendere carne di pollo congelata. Il Regno Unito, con oltre 5.600 tonnellate, e i Paesi Bassi, con circa 7.200 tonnellate, sono i principali mercati europei di destinazione, mentre Giappone, Malesia, Corea del Sud, Afghanistan e Mongolia rappresentano i maggiori sbocchi dell’area asiatica per i prodotti avicoli cinesi. Dumping degli USA? La WTO non ci crede ed è pronta a emettere dazi compensativi a beneficio degli Stati Uniti Sul pollame si sta giocando una lunga guerra commerciale con gli Stati Uniti, che hanno aperto un’azione presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) per i dazi all’importazione in vigore in Cina sulle carni avicole a stelle e strisce. La Repubblica Popolare Cinese si era impegnata a mettere in atto, a partire dal luglio 2014, i contenuti di una determinazione del WTO emessa nel 2013, secondo la quale avrebbero dovuto essere rimossi gli ostacoli al libero commercio delle carni avicole statunitensi verso il territorio cinese; ciò non è però accaduto ed ora gli Stati Uniti hanno interpellato il panel per le controversie commerciali del WTO: in caso esso dovesse dare ragione agli Stati Uniti, questi potrebbero legittimamente pretendere l’imposizione di dazi sull’export cinese a rivalsa dei mancati guadagni per la vendita di carni di pollame in Cina. La principale accusa del WTO alla Cina è quella di non essere stata in grado di spiegare la metodologia impiegata per la comparazione dei costi di produzione interni rispetto al prezzo degli avicoli importati dagli Stati Uniti, ritenuti dall’Amministrazione cinese palesemente un atto di vendita sotto costo, secondo una scorretta politica di dumping mirata a mettere in difficoltà il comparto nazionale. Roberto Villa
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RETAIL MARKETING
Carne Coop Italia: sul benessere un impegno basato sul rigore assoluto
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onsumatori più consapevoli, più esigenti, più attenti a ciò che acquistano e portano sulle loro tavole. Il tema del benessere animale non investe solo il mondo produttivo con i dettami imposti dalla normativa. Il suo raggio d’azione è ben più vasto e coinvolge a vario titolo tutti gli anelli della filiera. Non ultima la GDO. Quello della Grande Distribu-
zione Organizzata è infatti un ruolo centrale nel delicato rapporto che lega il comparto dell’allevamento al mercato. Un ruolo che alla Giornata della Suinicoltura, organizzata da Expo Consulting Srl lo scorso 28 febbraio a Bologna presso il Centro Congressi di Fico Eataly World, è stato illustrato e analizzato da GIAN PIERO GIORGI, responsabile Qualità carne di Coop Italia, che insieme ad altri
illustri esperti del settore suinicolo ha occupato il tavolo dei relatori. «Il benessere animale, la riduzione e la razionalizzazione del farmaco negli allevamenti delle carni a marchio Coop e nello specifico in quelli suinicoli rappresentano i capisaldi dell’importante cambio di paradigma che Coop Italia sta portando avanti» ha affermato Giorgi. «Un impegno che risponde
La Grande Distribuzione è sempre più sensibile al tema del benessere animale e a contrastare l’antibioticoresistenza riducendo i farmaci in allevamento; lo dimostra il cambio di paradigma che Coop Italia sta portando avanti e che ha interessato prima il settore avicolo, con animali allevati senza uso di antibiotici, poi il settore bovino e ora quello della carne suina, che prevede la sospensione dell’utilizzo degli antibiotici negli ultimi 4 mesi di vita dell’animale. La GDO quale anello di congiunzione tra l’allevamento e il mercato è stata oggetto della Giornata della Suinicoltura che si è svolta lo scorso 28 febbraio a Bologna, presso il centro congressi di FICO Eataly World.
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ad una precisa esigenza mondiale di contribuire a contrastare il fenomeno dell’antibioticoresistenza. Per questo abbiamo coinvolto prima il settore avicolo e, successivamente, quello bovino. Tutto l’avicolo Coop proviene da animali allevati senza uso di antibiotici e nel settore bovino sono stati ridotti, fino a non utilizzarli negli ultimi 4 mesi. Ora è la volta della carne suina, che proviene da animali allevati con un ridotto uso di antibiotici e un successivo azzeramento negli ultimi 4 mesi di vita». Per chiudere anche questo cerchio, però, è necessario avere un quadro esatto del comparto suinicolo nazionale. «Infatti — ha sottolineato Giorgi — al momento stiamo lavorando in questa direzione, applicando le Linee guida dei capitolati Coop ai 400.000 maiali che fanno parte attualmente della nostra filiera, elaborate sulla base di quanto prevede la normativa europea sul benessere animale. Il rispetto scrupoloso dei disciplinari, capitolati e accordi è garantito dai nostri capifiliera che, prima di esercitare questo compito di responsabilità, devono ottenere la certificazione di filiera, nonché degli item richiesti, da parte di enti terzi accreditati. Stiamo lavorando per selezionare e quindi migliorare il parco degli allevamenti suinicoli nostri conferitori e dal 15 gennaio sono partite le prime macellazioni di soggetti allevati senza uso di antibiotici negli ultimi 4 mesi di vita». In base alle vostre indagini di mercato e ai riscontri che avete già registrato sia per la carne di pollo che per quella di bovino, può confermare che il consumatore è disposto a spendere qualcosa
Salsiccia di suino leggero italiano (photo © www.easycoop.com). in più se viene informato che la carne acquistata proviene da allevamenti che applicano rigorosamente la normativa sul benessere animale? «Sì, anche se va detto che si è cercato di contenere al massimo l’aumento di costo per il consumatore». Quanto ha investito Coop Italia nel progetto sul benessere animale per il comparto suinicolo? «Va detto intanto che la nostra iniziativa è inserita all’interno di un progetto più grande denominato “Alleviamo la salute”, che coinvolge complessivamente 1.600 allevamenti. Diciamo che per noi questo rappresenta una sorta di marchio di fabbrica, un progetto in cui crediamo fortemente, in cui abbiamo investito ingenti risorse e continueremo a fare lo stesso nel futuro. Uno sforzo non indifferente, che di fatto ridefinisce la filiera e in cui sono previsti anche progetti di ricerca che partiranno a breve grazie agli accordi sottoscritti con alcune Università ed enti scientifici».
La nostra iniziativa si inserisce all’interno del progetto “Alleviamo la salute” che coinvolge complessivamente 1.600 allevamenti. Per noi, sottolinea Gian Piero Giorgi, questo rappresenta una sorta di marchio di fabbrica, un progetto in cui crediamo fortemente, in cui abbiamo investito ingenti risorse e continueremo a farlo nel futuro
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Possiamo dire che le Linee guida inserite nei capitolati sul benessere di Coop Italia sono in qualche modo più restrittive rispetto alla normativa europea? «Se non più restrittive, sicuramente molto rigorose. Tanto per fare un esempio, l’allevatore nostro fornitore che volesse o dovesse realizzare una nuova scrofaia dovrà implementare innovazioni strutturali al fine di garantire un maggiore benessere animale, come già avvenuto in alcuni casi. In questa fase, proprio perché impegnati a ridefinire la filiera, siamo al lavoro per selezionare i migliori allevatori interessati a entrare a far parte di un progetto che investe l’intero comparto a livello sia europeo che mondiale». A proposito di estero, la GDO dei Paesi europei maggiori produttori di carne suina come si sta muovendo nei confronti della filiera in materia di benessere animale? «So che la GDO francese è molto impegnata in progetti indirizzati alla drastica riduzione dell’antibiotico. Un percorso che ritengo molto valido e che anche Coop Italia persegue, perché meno farmaco significa più benessere per l’animale. In questo contesto il tema delle vaccinazioni si inserisce perfettamente e va affrontato valutandone tutti i benefici che ne possono derivare per l’animale». >> Link: www.giornatadellasuinicoltura.it
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CONSUMI
Andamento dei consumi di carne bovina in Italia di Paolo Danieli
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e stime sul consumo di proteine d’origine animale redatte dalla FAO con proiezione al 2050 (FAO, 2011) prevedono una crescita commisurata all’incremento della popolazione mondiale e del reddito pro capite atteso per i cosiddetti “paesi in via di sviluppo”. Per le filiere della carne, le stime FAO per il prossimo quarantennio descrivono uno scenario nel quale la richiesta potenziale crescerà di oltre il 73%, contro, ad esempio, il 58% per latte e derivati. In realtà, i dati disponibili per quanto riguarda la carne bovina e bufalina nel periodo
1967-2007 (FAOSTAT, 2017), a fronte di un incremento mondiale della produzione pari al 180%, indicano un consumo apparente pro capite in lieve flessione (–7%). In una recente ricerca, condotta dalla Commissione di studio istituita dall’Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali (ASPA) (RUSSO et al., 2017a), è stato affrontato il problema relativo alla stima dei reali consumi pro capite di carne. L’indagine ha riguardato il sessennio 2010-2015, periodo sufficientemente lungo per essere considerato rappresentativo di eventuali tendenze di breve
Solo l’adozione di strategie basate su qualità totale, tracciabilità e trasparenza della filiera, unitamente a campagne di corretta informazione, potranno incrementare il consumo interno di carni bovine, garantendo prospettive di sostenibilità all’intero comparto produttivo
Secondo un’indagine svolta dalla Commissione di studio istituita dall’Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali (ASPA), in Italia la tendenza del consumo reale pro capite di carne bovina è risultata negativa, passando dai 13,57 kg/anno del 2010 ai soli 10,03 kg/anno per il 2015 (photo © Distrikt 3 Fotografie / Jan Sommer).
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termine nei consumi nazionali. Il lavoro della Commissione di studio ha inoltre affrontato la messa a punto di un metodo, definito Metodo della Detrazione Preventiva delle Perdite (RUSSO et al., 2017b), concepito per stimare il consumo reale pro capite di carne partendo dai dati ufficiali, forniti da ISTAT, di produzione (macellazioni nazionali), d’interscambio (import ed export) e censuari opportunamente corretti mediante coefficienti di conversione in “carne consumabile”. Tali coefficienti sono stati desunti dalla letteratura scientifica e/o da prove e verifiche effettuate ad hoc dalla Commissione di studio. Dal 2010 al 2015 la disponibilità di carne bovina per il consumo nel nostro Paese, tenendo conto della produzione interna e degli scambi commerciali, ha subito una forte contrazione, passando da 807.853 t a 617.301 t (–33,6%). Parimenti è stata registrata una consistente flessione (–10,7%) del saldo tra importazioni ed esportazioni. Sulla base delle informazioni acquisite e delle elaborazioni svolte dalla Commissione di studio, la tendenza del consumo reale pro capite di carne bovina è risultata negativa, passando dai 13,57 kg/ anno del 2010 a soli 10,03 kg/ anno per il 2015, con un minimo di 9,51 kg/anno registrato nel 2014. Il tasso medio di variazione del consumo reale pro capite è risultato
Per le filiere della carne, le stime FAO per il prossimo quarantennio descrivono uno scenario nel quale la richiesta potenziale crescerà di oltre il 73%, contro, ad esempio, il 58% per latte e derivati (photo © www.osservatorioagr.eu). pari a –0,76 kg/anno. Sebbene le stime del consumo reale pro capite di carne bovina per l’Italia siano approssimativamente la metà di quelle relative al consumo apparente desumibili dagli indicatori macroeconomici per il periodo 2010-2015, la tendenza descritta sembra peggiorativa se riferita alle proiezioni retrospettive. Infatti, nel periodo 2000-2011 i consumi apparenti pro capite in continua contrazione hanno fatto registrare un tasso medio di variazione pari a –0,22 kg/anno di carne bovina. Se da un lato l’efficientamento dei sistemi di produzione della
carne bovina potranno risolvere le criticità connesse all’incremento della richiesta mondiale (FAO, 2011), dall’altro è prevedibile che solo l’adozione di strategie basate sulla qualità totale, la tracciabilità e la trasparenza dell’intera filiera, unitamente a idonee campagne di corretta informazione dei consumatori italiani, potranno incrementare il consumo interno di carni bovine garantendo concrete prospettive di sostenibilità dell’intero comparto produttivo. Paolo Danieli Accademia dei Georgofili www.georgofili.it
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TUTTO IL BIOLOGICO, OGGI
Biologico, sì è biologico Da fenomeno emergente, il bio è divenuto uno degli elementi principali della crescita dei fatturati della distribuzione di Francesco Procaccio
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ei primi dieci mesi del 2017 si confermano i trend molto positivi dei prodotti biologici a peso imposto. Dopo sette anni di crescita a doppia cifra (+16,0% Iper + Super, periodo di riferimento: gennaio-ottobre 2017), quella del biologico è diventata una presenza importante nel carrello degli Italiani, arrivando a pesare il 3,4% delle vendite totali dell’alimentare (Food confezionato, Bevande, Freddo, Fresco, Pets). Da fenomeno emergente, il biologico è divenuto uno degli elementi principali della crescita dei fatturati della distribuzione: l’aumento delle vendite di prodotti biologici dà infatti un contributo di 0,5 punti al trend dell’alimentare (+4,2%). Importante sottolineare il ruolo della Marca del Distributore, che ha saputo subito rispondere alla domanda, ma che ultimamente vede calare la propria quota nel settore, da 41,3% a 41,1%, con un trend che rimane comunque positivo: +15,3%. Anche le promozioni sembrano giocare un ruolo sempre più importante, con un aumento dell’intensità da 21,0% a 22,2%, contro il 31% dell’alimentare, dove l’incidenza è in calo di –0,7 punti. Un altro aspetto rilevante è quello dei prezzi: i consumatori considerano i prodotti bio più costosi dei corrispettivi non bio. In effetti, considerando le categorie principali per vendite bio, c’è una certa differenza di prezzo. Le uniche categorie dove i prezzi dei prodotti bio sono in linea con il non bio sono quelle legate alla salute e alle intolleranze, che hanno quindi dei livelli di prezzo già abbastanza elevati (e.g. gallette di riso, cibi di soia, bevande
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Nel 2017 le famiglie che hanno acquistato almeno un prodotto biologico sono state un milione in più rispetto all’anno precedente. alla soia e prodotti senza glutine). Altra eccezione riguarda la frutta in composta, dove tutti i prodotti venduti sono biologici. Cosa è accaduto nel corso del tempo? In 9 di queste 20 categorie, il prezzo medio del biologico si è abbassato rispetto allo scorso anno; in molti casi questo è avvenuto in controtendenza rispetto al prezzo medio della categoria, che è in crescita: olio extravergine, yogurt ai gusti e farina di grano. L’indice di prezzo totale del bio su non bio è passato dal 192 del 2016 al 186 di quest’anno. Le scelte di prezzo e di promozione vanno di pari passo con quelle assortimentali; in un supermercato il numero di referenze bio vendute è cresciuto del +21,9%. Negli Ipermercati, la spinta è ancora più forte: mediamente un punto vendita vende il +29,3% di referenze in più rispetto allo scorso anno. Dal punto di vista
della domanda i numeri raggiunti sono elevatissimi. Sono 20,5 milioni le famiglie che hanno acquistato almeno un prodotto biologico all’anno (un milione in più rispetto all’anno precedente), di queste il 25,1% (5,2 milioni) acquistano bio almeno una volta a settimana, realizzando il 76,2% degli acquisti. Analizzando gli indici di penetrazione del bio nelle famiglie italiane, si riesce a delineare un’immagine abbastanza nitida del consumatore medio. Si tratta di famiglie provenienti dal Nord Italia, formate da 3/4 componenti, con una fascia d’età dai 35 ai 54 anni, principalmente new o maturing families, con un reddito vicino o superiore alla media. Gli indici più bassi sono quelli delle famiglie del Sud Italia, con componenti oltre i 65 anni e con reddito sotto la media. Osservatorio Nielsen www.nielsen.com
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INTERVISTE
Industrial Auctions, professionisti delle aste on-line di Elena Benedetti
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l fenomeno delle aste on-line si sta sempre più diffondendo in modo trasversale e in tutti i settori. Il web, nel suo ruolo di immenso marketplace, facilita lo scambio di informazioni commerciali su prodotti di varia natura, anche riguardanti attrezzature e tecnologie. Abbiamo chiesto a AD VAN KOLLENBURG, direttore di Industrial Auctions, la società olandese specializzata nelle aste on-line del food & beverage con sede operativa a Eindhoven, di raccontarci nello specifico come funziona questo business. Per comprenderlo meglio e sfruttarne le potenzialità.
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Di che cosa si occupa Industrial Auctions? «Attraverso le sue aste on-line, Industrial Auctions raggiunge tutti gli operatori a livello mondiale. Forte dell’esperienza maturata nel settore, di una profonda conoscenza dei macchinari e delle attrezzature che vengono settimanalmente messe all’asta, siamo specializzati nella compravendita di tecnologie dell’industria alimentare e delle bevande. Lo scorso anno abbiamo organizzato aste per conto di aziende importanti come FrieslandCampina, Vion, Nestlé e Struik».
Quali sono i vostri progetti per il 2018? «Vogliamo continuare a crescere soprattutto come azienda e nell’organizzazione interna, oltre naturalmente ad incrementare il numero di aste on-line a livello mondiale. Ci stiamo impegnando per far conoscere il nostro brand, fidelizzare i clienti e avvicinare chi ancora non si è avventurato in questa attività di acquisto, costruendo così un rapporto di fiducia reciproca che è alla base di un sano business. Stiamo lavorando a nuovi progetti con belle aziende per vendere i loro macchinari ai nostri clienti».
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Una vista del magazzino di stoccaggio delle attrezzature in vendita sulle aste on-line di Industrial Auctions, presente a Eindhoven e ubicato nei pressi dell’aeroporto e dell’uscita autostradale (photo © Industrial Auctions). Quali trend ritenete importanti per l’industria delle carni? «In questi ultimi anni moltissime persone hanno modificato le proprie abitudini alimentari in nome dell’idea di uno stile di vita più sano, il che ha comportato tra l’altro una riduzione dell’apporto
Industrial Auctions sarà all’Anuga Food Tec di Colonia. La fiera è un’ottima opportunità per l’azienda olandese specializzata nelle aste on-line del food & beverage di presentarsi agli operatori del tech food business come specialista di questo settore strategico per il futuro
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di carne nella dieta di tutti i giorni. Al contempo, è cresciuto il numero dei vegani. Se prima essere vegano era quasi una moda, oggi il consumatore è alla ricerca di nuovi stimoli legati al cibo prodotto eticamente e sano. Di conseguenza mi sembra logico che la produzione di carne sia destinata a calare leggermente mentre altre tipologie di prodotto aumenteranno. Dato che la nostra azienda è focalizzata su tutto il food & beverage non temiamo cali di prodotto in un determinato settore». Cosa vi aspettate da quest’anno? «Il 2017 è stato un anno importante per Industrial Auctions nel suo ruolo di mediatore. Inoltre, ci siamo trasferiti nei nuovi uffici di Eindhoven, con uno spazio dedicato ai macchinari che si estende su una superficie di oltre 5.000 m2, strategicamente ubicato vicino all’aeroporto e nei pressi dell’autostrada. Il nostro
obiettivo oggi è quello di incrementare il numero delle aste on-line, far conoscere questo strumento e avvicinare sempre più operatori a questa modalità di acquisto. Infine, saremo presenti all’Anuga FoodTec a Colonia (Padiglione 6, stand C118). Sarà un’ottima opportunità per l’Industrial Auctions di presentarsi agli operatori del tech food business come specialista di questo settore strategico per il futuro». Elena Benedetti
Industrial Auctions Industrial Auctions BV Looyenbeemd 11 5652 BH Eindhoven (NL) Telefono: +31 40 2409208 Web: www.industrial-auctions.com
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Una guida alle aste on-line di Industrial Auctions • •
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Registrati su www.industrial-auctions. com Attraverso il sito accedi alle varie aste attive, per ognuna delle quali sono indicate le attrezzature e i macchinari, la data di scadenza dell’asta, l’attuale prezzo d’asta e una descrizione accurata del prodotto Si possono fare ricerche per categoria di prodotto e per parola chiave generica Se sei interessato in un’asta clicca su track this lot e la terrai in evidenza Quando fai un’offerta la piattaforma calcola l’importo che comprende la commissione e l’IVA A fine asta, se ti sei aggiudicato il prodotto, al ricevimento della fattura proforma avrai 72 ore di tempo per inviare il pagamento a Industrial Auctions Al ricevimento del pagamento tu o la tua società di trasporti dovrà ritirare la merce seguendo le indicazioni di Industrial Auctions.
In Piemonte i primi allevamenti italiani ad ottenere la certificazione SQNZ del “Vitellone e/o Scottona ai cereali” con il Consorzio Sigillo Italiano Con l’emissione del certificato rilasciato dall’ente di controllo INOQ di Moretta (CN) in data 29 gennaio 2018, 229 allevatori piemontesi aderenti al circuito Asprocarne Piemonte e Consorzio Carni Qualità Piemonte hanno ottenuto, primi in Italia, la certificazione sulla base del Sistema di Qualità Nazionale in Zootecnia (SQNZ) del “Vitellone e/o Scottona ai cereali”. «È un traguardo importantissimo raggiunto dal sistema degli allevatori di bovini da carne della Regione Piemonte — afferma il presidente di Asprocarne Piemonte Franco Martini — che vede nuovamente primeggiare la nostra Regione nel campo della qualità e della sicurezza alimentare». «Dobbiamo ringraziare per questo importante riconoscimento — prosegue Marco Favaro, presidente del Consorzio Carni Qualità Piemonte — in primis i nostri allevatori che, ancora una volta, hanno creduto nei sistemi di qualità certificati aderendo in gran numero. Ritengo tuttavia importante ringraziare per la fattiva collaborazione l’Assessorato all’agricoltura della Regione Piemonte, in modo particolare l’assessore Giorgio Ferrero e i funzionari con cui collabora, che con forza hanno sostenuto la partenza dell’SQNZ anche attraverso l’emissione del bando a valere sulla Misura 3.1.1 del PSR regionale che garantirà, per i prossimi 5 anni, i fondi necessari a coprire i costi di certificazione a carico degli allevamenti». «Vorrei estendere il ringraziamento — puntualizza Martini — anche ai colleghi delle Organizzazioni dei produttori delle altre Regioni: Unicarve, Azove e COOP Scaligera per il Veneto, Bovinmarche e Consorzio Carne di Sicilia, che insieme a noi condividono il percorso all’interno del Consorzio “Italia Zootecnica” per portare finalmente a termine il Piano Carni Bovine Nazionale e per dare un nome alla carne bovina prodotta in Italia». «In queste settimane siamo in contatto con i principali player del mercato nazionale — conclude il direttore di Asprocarne e del Consorzio Simone Mellano — per iniziare il percorso di valorizzazione delle carni certificate SQNZ con il Consorzio Sigillo Italiano in modo tale da rendere visibile al consumatore la provenienza delle nostre produzioni di qualità certificate e per consentirgli con un colpo d’occhio di identificare nelle vaschette o nei banchi delle macellerie, le carni dei nostri allevatori con il logo specifico». (Fonte: Asprocarne Piemonte)
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Suinicoltura: dopo un buon 2016 bene anche il 2017, ma la ripresa resta fragile Per Gabriele Canali, direttore CREFIS, «dietro l’andamento positivo degli ultimi anni vi sono cause contingenti; la filiera dovrebbe approfittarne e pensare al futuro»
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er la suinicoltura italiana l’anno che si è appena concluso, e che è seguito a un 2016 decisamente positivo, ha mostrato un percorso altalenante, ma tutto sommato favorevole. Lo dimostra l’andamento dell’indice di redditività elaborato dal CREFIS (Centro ricerche economiche sulle filiere suinicole), un parametro che offre una sintesi delle dinamiche economiche del comparto. Per una lunga parte centrale del 2017, l’indice di redditività ha fatto registrare variazioni positive; poi, nel corso dell’autunno, sempre in termini di remuneratività, i nostri allevamenti suinicoli hanno mostrato qualche contrazione. Parallelamente, l’andamento in termini generali dei prezzi del suino pesante, ovvero del prodotto principale della nostra suinicoltura, ha evidenziato un percorso simile a quello della redditività; con l’eccezione di settembre, quando l’indice di remuneratività è rimasto positivo anche in presenza di mercati al ribasso, grazie al contemporaneo calo dei costi alimentari. Se dunque il 2016 e il 2017 sono stati relativamente favorevoli per la nostra suinicoltura, è forse utile capire perché le cose sono andate così. Secondo gli esperti del CREFIS, dietro a questi risultati si riescono a vedere alcune precise cause. Innanzitutto, dal punto di vista dei fattori alimentari di produzione: negli ultimi anni, le quotazioni di mais
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e soia sono rimaste relativamente contenute, e questo ovviamente ha inciso favorevolmente sui bilanci aziendali dal lato dei costi. In secondo luogo, già a partire dal 2015, ma soprattutto nel 2016 per proseguire nel 2017, si è verificato un forte incremento delle esportazioni di derivati suini verso la Cina. Un dato su tutti: il totale in valore delle spedizioni dalla UE di carni lavorate e congelate verso gli importatori cinesi è passato da 934 milioni del 2015 a 1,75 miliardi di euro del 2016; quasi un raddoppio. Infine, a giocare un ruolo di traino sul segmento del suino pesante è stato l’andamento economico
favorevole del prosciutto di Parma, il prodotto di punta delle filiere suinicole italiane. A partire dalla fine del 2015 e per tutto il biennio 2016-2017, la redditività del Parma DOP è stata relativamente elevata e soprattutto si è mantenuta costantemente più alta rispetto alla remuneratività del prosciutto generico. Ma tutto ciò cosa significa in concreto? E cosa può indicare per il prossimo futuro? Lo abbiamo chiesto al professor GABRIELE CANALI, docente all’Università Cattolica e direttore del CREFIS. «I dati che riscontriamo guardando agli ultimi due anni sono relativamente positivi e hanno indubbiamente determina-
Gabriele Canali, docente all’Università Cattolica e direttore del CREFIS.
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to uno stacco netto dalla crisi del 2015. Questi stessi dati, però, non devono indurre a facili ottimismi. Non è superfluo evidenziare quanto i fattori che hanno giocato un ruolo positivo nel corso del 2016 e del 2017 — e già in quest'ultimo anno in modo più discontinuo — abbiano natura prettamente congiunturale e possano mutare direzione in qualsiasi momento». Professor Canali, si tratta di un’eventualità scongiurabile? «Prendiamo ad esempio i comportamenti dei paesi grandi importatori quali la Cina o consideriamo gli andamenti dei mercati internazionali di mais e soia: si tratta di dinamiche di complessità e dimensioni tali per cui i singoli operatori economici possono influire ben poco o, meglio, nulla. E nemmeno c’è molto da sperare in forme di intervento diretto della PAC, che pure è intervenuta nel recente passato, ma sempre con una funzione di estrema “rete di sicurezza”».
Il CREFIS – Centro ricerche economiche sulle filiere suinicole dell’Università Cattolica del S. Cuore, diretto dal professor GABRIELE CANALI, svolge un’attività di monitoraggio e analisi delle filiere suinicole, grazie al sostegno fornito dall’Assessorato Agricoltura della Regione Lombardia, da Unioncamere Lombardia, da CCIAA di Mantova. Oltre a questa attività, il Centro collabora attivamente su progetti specifici con diversi enti, organizzazioni, associazioni e distretti delle filiere suinicole, dai cereali ai salumi. >> Link: www.crefis.it
Cosa si può fare, allora? «Nei confronti di fenomeni sui quali non si può incidere direttamente, ci si deve attrezzare per poterli affrontare al meglio. Da questo punto di vista le filiere suinicole italiane, e in particolare quella del suino pesante per prosciutto DOP che quantitativamente è la più importante nel nostro Paese, non dovrebbero perdere l’occasione di questa congiuntura relativamente favorevole per affrontare quei nodi che già da anni avrebbero dovuto aggredire.
Si tratta di cambiamenti importanti sul fronte organizzativo, che potrebbero consentire finalmente di creare una vera interprofessione che coinvolga allevatori, macellatori e stagionatori; soprattutto, al fine di pianificare e sostenere forme di ricerca e innovazione su temi centrali per la competitività quali l’alimentazione, la genetica, le questioni sanitarie, le strategie e gli strumenti di valorizzazione, la maggior capacità di interpretazione delle dinamiche nuove sui mercati».
RAZZE
La Sura de Stepă di Andrea Gaddini e Dan-Lucian Dascalu
L
a Sura de Stepă (Grigia della steppa) è una razza bovina rumena a rischio abbandono, che fa parte del ceppo podolico, un gruppo di razze grigie di grande rusticità e resistenza alle avversità. Come tutte le podoliche, era a triplice attitudine, con prevalenza per il lavoro, per il quale era molto reputata nei Balcani. Nel 1860 contava oltre 2,6 milioni di capi e cinque ecotipi, in diverse zone della Romania, ma con l’introduzione di razze estere e la meccanizzazione ebbe un rapido declino e divenne a duplice attitudine, con prevalenza della produzione di carne. Storia Diverse fonti concordano nel riferire che per secoli nell’attuale Romania si trovavano due tipi bo-
vini, uno di montagna, di piccola taglia a corna corte (brachicero), ed uno di pianura a corna lunghe e più grande. Rilievi archeozoologici su siti medievali (Bejenaru) hanno identificato resti bovini simili al tipo Sura de Stepă, con altezza al garrese media di 112 cm e corna corte, ma che nei resti trovati in Dobrugia, nell’area del Delta del Danubio, erano più lunghe. Lo studio rileva anche una lieve riduzione di taglia dei bovini tra il XIV e il XVII secolo, per la forte esportazione dei capi migliori verso l’Europa occidentale e l’Impero ottomano, o per una crisi nella produzione di foraggi dovuta al raffreddamento del clima della fine del periodo. Nel 1714 DIMITRIE CANTEMIR, nella sua Descrizione della Moldavia, parlò
di piccoli bovini delle montagne e grandi mandrie di forti bovini delle pianure, dei quali quarantamila l’anno erano venduti a Danzica, in Polonia, da dove partivano come bestiame polacco nelle regioni vicine. Nel 1880 esistevano due razze, la Sura de Stepă, di ceppo podolico, e largamente prevalente, e la Mocăniță, brachicera di montagna, che viveva in Transilvania, Banato e Bucovina. Anche NICOLAE FILIP (1864-1922) distingueva nel 1900 una razza di grande taglia, con corna a lira e mantello grigio, e una più piccola e con corna a corona, profilo concavo e occhi sporgenti. Nell’edizione del 1951 del suo Dizionario delle razze zootecniche, Mason distingueva la Mocăniță, a mantello fromentino o grigio, e la Rumena delle steppe, con quattro varietà, corrispondenti
Dancu, vacche e vitelli. 72
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A sinistra: Pardina, toro. A destra: Pardina, vacca e vitello. agli ecotipi della Sura de Stepă, esclusa la Dobrogeană. Nel 1909, nel distretto di Neamț, in Moldavia, sorse un centro allevamento torelli per il vicino centro tori di Popăuţi, ma era già in atto la crisi per l’importazione di razze migliorate, grazie ad una legge del 1892. Dopo la prima guerra mondiale, incroci di sostituzione crearono la Bălțată Românească (tipo Simmenthal), la Bruna de Maramureș, (tori Schwyz su Sura de Stepă e Mocănită), e la Pinzgauer di Transilvania, (tori Pinzgauer austriaci su Sura de Stepă). Nel 1934 USUELLI, in Romania per seguire l’acclimatamento della Romagnola gentile, notava che gli incroci di sostituzione, diffusi nei Balcani, erano seguiti nel paese con molta cura, mentre per BONADONNA nel 1950 la Moldava era insanguata solo dalla Romagnola, migliore di Charolaise e Simmental. Nel 1935 la Sura e la Mocănită rappresentavano il 57,3% dei bovini rumeni, nel 1955 il 47,3%, con controlli funzionali su 776 capi, e nel 1960 il 32%, con la Simmenthal e suoi incroci al 38%. Nel 1969 la Sura de Stepă era all’11,5% e nel
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1977 solo al 2,1%. Nel 1986 aveva solo 513 capi, con 13 tori e 60 femmine iscritte al libro genealogico, e nel 1987 era presente solo nel distretto di Tulcea. Oggi la maggior parte dei capi in purezza è in Moldavia, presso la Stațiunea de Cercetare Dezvoltare pentru Creșterea Bovinelor (Centro di Ricerca per lo sviluppo dell’allevamento bovino) a Dancu, comune di Holboca, distretto di Iași. Il nucleo è nato nel 2002, con l’acquisto di 20 vacche e giovenche oltre i 12 mesi dal Centro di ricerca per l’allevamento bovino di Mărgineni, nel distretto di Neamț, chiuso dopo la fine del regime socialista, per le leggi sulla restituzione delle terre statali agli ex proprietari. Dal 2002 è in atto un programma di accoppiamenti programmati, con uso di seme congelato. Altri animali, morfologicamente simili all’ecotipo moldavo, ma di genealogia incerta, si trovano nel Delta del Danubio: 162 capi adulti, e 171 giovani sono a Pardina, distretto di Tulcea, sulla riva destra del Chilia Veche, dove la fecondazione naturale è affidata a due tori di razza Grigia ungherese di 3 e 6 anni. Nei distretti di Harghita, Covas-
na e Cluj in Transilvania, allevatori di etnia magiara detengono 556 capi di Grigia ungherese, 374 femmine, 9 maschi e 173 giovani. Esemplari isolati sono in aziende dei Carpazi orientali (Neamț, Bacău, Vrancea). Altre 24 vacche in purezza e 52 meticci erano allevati fino al 2014 dall’azienda TCE 3 Brazi, a Dărmănești, comune di Piatra Neamț, distretto di Neamț, in Moldavia, che faceva uso dell’inseminazione artificiale, e nel 2004 aveva ottenuto 16 embrioni con embryo transfer su giovenche Holstein e Bălțată Românească. Nel 2015 la Bălțată Românească costituiva il 30,96% dei capi rumeni, la Bălțată cu negru Românească (ceppo Holstein) il 20,28%, la Bruna de Maramureș il 13,58%, la Sura de Stepă in purezza lo 0,03% (83 vacche), e i 592 incroci lo 0,33%. I cinque ecotipi Il più rappresentativo era la Moldovenească, l’unico oggi rimasto, diffuso in Moldavia occidentale, regione che confina con la Repubblica di Moldova (ed ha come stemma una testa di toro), oltre che in Muntenia, Oltenia e Dobrugia. Aveva ottima attitudine al lavoro, con buoi gran-
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di, vigorosi, incomparabili con le altre razze per resistenza, rusticità, adattabilità all’ambiente, che lavoravano senza stancarsi per decine di chilometri, al gelo invernale ed al caldo estivo. Due buoi moldavi potevano arare mezzo ettaro al giorno (una famiglia poteva coltivare 15 o 20 ettari). Diffusa specialmente in Moldavia centrale, la Bucșană era simile alla Moldava, con la quale spesso coabitava, ma era più piccola e scura. Non superava i 130-135 cm al garrese, aveva testa breve e sottile, quasi a punta verso il musello, nero, fronte ampia, orecchie piccole e nere, occhi neri, piccoli e vivaci, corna brevi e a lira, bianco-grigiastre alla base e nere in punta, piuttosto fini e lisce, collo breve e sottile, con giogaia poco sviluppata, tronco profondo e largo, con coste abbastanza arcuate, garrese asciutto, dorso di solito diritto, arti brevi, unghioni piccoli e neri, buona muscolatura, pelle dura e spessa (30-35 kg), ma facilmente distaccabile dal tessuto sottocutaneo. Il treno anteriore era poco più alto del posteriore, poco muscoloso, con attacco della coda basso. La mammella era poco sviluppata e coperta di pelo; il mantello era lungo e grossolano, con varie sfumature di grigio, più scuro che nei moldavi, con pigmentazione apicale nera, in particolare nei tori, con estremità degli arti, lati del collo, torace e addome quasi neri. Per il colore i capi erano noti come porumbei o hulube (piccioni). La produzione di latte era simile alla Moldava ma i buoi erano più pesanti, meno veloci e con passo più breve. Era più spiccatamente da carne, con accrescimenti, muscolosità e resa al macello maggiori (45-55%), per la proporzione inferiore di ossa sulla carcassa. Bovini Bucșană macellati a Roma davano rese del 54%, carne di aspetto e gusto gradevole e buona marezzatura di grasso. Probabilmente questo ecotipo è scomparso intorno al 1950. La Transilvăneană (grigia o bianca di Transilvania) sino al 1880 era l’unica razza della regione, appartenuta all’Ungheria fino al 1918. Era molto affine alla Grigia
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ungherese, anche se per HÖNSCH era più simile alla Romagnola. Era ipermetrica, con altezza al garrese di 140-155 cm e peso di 400-500 kg, con punte di 600-700 kg. Aveva testa grande e allungata e grandi corna a lira, che nei tori arrivavano a 80-100 cm; collo lungo, giogaia abbondante, garrese prominente, dorso lungo, arti lunghi e potenti, mantello grigio, argentato o bianco. Le attitudini erano lavoro e carne, latte in misura minore. Nel 1950 era ancora presente nei distretti di Arad, Sălaj, Satu Mare e Cluj. La Ialomițeana era diffusa nel sud del paese, nella piana di Bărăgan, e nelle province di Ialomița, Brăila e Vlaşca. Era un incrocio tra Moldava, Mocănită e Transilvana, portata da popolazioni delle montagne stabilitesi nella zona, e quindi aveva caratteri intermedi, ma più simili alla Transilvana. Gli animali erano leggeri, longilinei e con corna più corte, a lira e più larghe che nella Moldava, e mantello grigio chiaro. Il dorso era obliquo, la groppa spiovente. Era adatta al lavoro, ma non all’ingrasso, con produzione di latte di 7-8 kg/giorno. Scomparve negli anni ‘50. La Dobrogeană derivava dalla razza podolica bulgara della valle del fiume Isker, diffusa poi in Dobrugia meridionale, dando origine, per incroci di assorbimento, alla Rossa di Dobrugia. Aveva taglia ridotta rispetto agli altri ecotipi, con altezza al garrese di 115-120 cm, e peso di 250-350 kg, mantello bianco, simile alla Bucșana, torace e giogaia sviluppati, arti brevi, corna corte e diritte, ma spesso a corona o di forma irregolare. La produzione di latte era più alta che negli altri ecotipi, raggiungendo i 10-12 kg/ giorno, con 3,5-4,5% di grasso. Non era adatta a lavori pesanti e la produzione di carne era bassa, con resa al macello simile a quella della Moldava. Morfologia attuale della razza Il tronco è stretto con treno anteriore più sviluppato, robusto, a volte grossolano e compatto. La testa è lunga, stretta ed espressiva, con profilo rettilineo, a volte leg-
germente convesso, specie nei tori, con ampie corna di varie forme, spesso a lira, collo ben raccordato con testa e tronco, garrese alto e stretto. La groppa è spiovente, gli arti sono ben sviluppati, con articolazioni forti, unghioni resistenti e frequenti difetti di appiombo (ginocchi vaccini, garretti falciati, piedi mancini). Il mantello è grigio o grigio argentato, da molto chiaro a scuro, con pigmentazione più scura su treno anteriore, dorso e sincipite. Sono nere le orecchie, le narici, le estremità degli arti, le mucose, le ciglia, il musello, il fiocco della coda, la pelle, gli unghioni. Le corna sono bianche con punte nere. I vitelli nascono fromentini e a due-tre mesi iniziano a mutare il pelo verso il grigio. L’altezza al garrese nell’ecotipo moldavo era di 130-135 cm nei tori e 118-122 nelle vacche. FILIP nel 1900 riferiva che la Moldava aveva un peso di 500-600 kg per i tori, 400-500 kg per i buoi e 300-400 kg per le vacche (372 kg nel 1961 e 415 kg nel 1982). Oggi nelle vacche è in media di 542,86 kg, con punte di 710,00, nei tori varia da 549,38 a 626,67 kg. La resa al macello media è del 51,55%, con il 53-55% nei migliori esemplari, e 47,23% per le vacche. L’accrescimento medio giornaliero dei maschi era di 700-800 g. La circonferenza toracica media è passata da 167,13 cm (1925) a 189 cm (2009). A Pardina la taglia è più ridotta rispetto a Dancu, come evidenziato dalla Tabella 1. Produzioni Nel 1900, secondo FILIP, la produzione di latte giornaliera media al culmine della lattazione era di 10 kg, con grasso al 4-5%, che in alcune vacche arrivava al 6-7%, e il burro ottenuto dal latte delle vacche moldave era di alta qualità e molto aromatico. Negli anni ‘50, in aziende a conduzione familiare, era di 800-900 kg con il 4-5% di grasso in lattazione di 210 giorni, mentre in aziende grandi raggiungeva 1.500-2.000 kg, con un record di 4.008 kg in lattazione normale, presso l’Istituto di ricerca zootecnica di Popăuţi, nella provincia di
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Botoșani. Alla Scuola Superiore d’Agricoltura di Bucarest, le vacche moldave producevano 12-15 kg di latte al giorno. Oggi, in prima lattazione la produzione è di 1.589,64 kg, il 62,69% della massima (la quinta, di 2.535,43 kg), indice di tardività per la produzione di latte. La variabilità della produzione è comunque molto ampia, 544,10 kg in prima lattazione e 1185,89 in quinta, lasciando spazio per ampi miglioramenti. La lattazione non eccede i 305 giorni. Il tasso medio di grasso è del 4,71%, e per le proteine del 3,71%, entrambi in quinta lattazione. Va rilevato che in Romania non esiste una tradizione di formaggi vaccini, ed il latte di conseguenza è usato soprattutto come bevanda. Per FILIP (1900) l’ecotipo moldavo era tardivo, con completo sviluppo somatico a 5-6 anni, mentre oggi la maturità riproduttiva è a 3032 mesi, con primo parto in media a 39,03 mesi variando tra 22 e 58 mesi. La fecondità è dell’86,8% e la natalità del 63,0% per la popolazione e 72,6% per le vacche fecondate artificialmente. La gestazione è tra i 275 e i 282 giorni e l’interparto è di circa 400 giorni. La razza è longeva, rimane in produzione 11-12 anni, ma a Dancu è presente una vacca che ha partorito a 22 anni. Il parto
è naturale, senza intervento veterinario, eccetto rari casi di distocia, ritenzione della placenta e altri problemi post-parto. Il vitello alla nascita pesa 27-30 kg. Rusticità La razza ha temperamento vivace e rusticità e resistenza alle avversità climatiche ed alle malattie, in particolare alla tubercolosi, alla brucellosi ed alla leucosi. Il veterinario interviene quasi solo per le vaccinazioni. Gli allevatori la scelgono per il basso costo di gestione, dato che cresce al pascolo, con integrazioni, non sempre necessarie, di foraggi grossolani e mangimi (paglia, fieno di erba medica, granella di mais macinata). Da novembre a marzo gli animali sono liberi, in ripari con tettoia, solo nei giorni di pioggia o molto freddi. Le vacche hanno uno spiccato istinto materno, che la spinge anche ad attaccare, quando ritengano il loro vitello in pericolo, e non rilasciano il latte se non in presenza del vitello. Confronti con altre razze GEORGESCU et al. (2009), usando microsatelliti come markers, hanno dimostrato la diversità della Sura da Simmental, Frisona, Bruna e Montbéliard. ILIE et al. hanno studiato la diversità tra Sura, Bruna, Bălțată
Românească e Bălțată cu negru, usando 11 specifici markers microsatellitari e un D-loop del mtDNA di 638 bp. È emersa un’alta variazione genetica: nonostante la consistenza ridotta, sono stati identificati tutti e tre gli aplogruppi T3, T2 e T1, e su 32 animali sono stati trovati 18 aplotipi, più di quelli rinvenuti in altre podoliche, Istriana, SlavonoSirmia, Grigia bulgara, Podolica Serba e Grigia Ucraina, indice di alta variabilità genetica (0,927) della componente materna della razza. Nello studio la Sura condivide in due casi 12 aplotipi con la Grigia ungherese e in un caso aplotipi con podoliche (Grigia ungherese, bulgara e ucraina, Istriana e Slavono-sirmia), Brahman (zebù) e razze portoghesi (Maronesa, Ramo Grande) e spagnole (Palmera). È stato individuato il polimorfismo αS1-caseina IRV, mai trovato in razze europee, comprese le podoliche, ma isolato nella razza africana Kuri e in bovini taurini nepalesi. Questo allele è un marcatore importante per gli studi sull’origine delle razze. Protezione Il libro genealogico è stato istituito nel 1924, prima del declino. La prima iniziativa di protezione della razza ebbe luogo nel 1963, con la costituzione di 4.000 dosi di seme,
Tabella 1 Parametri morfologici (vacche)
Dancu
Pardina
Valore medio
intervallo
Valore medio
intervallo
Altezza al garrese (cm)
122 ± 1,60
114-127
120,35 ± 1,60
111-145
Altezza groppa (cm)
125 ± 2,50
118-130
118 ± 1,08
114-123
Altezza alla coda (cm)
126,50 ± 3,58
119-132
Lunghezza diagonale del tronco (cm)
154,90 ± 2,90
139-170
130,85 ± 2,35
121-139
Larghezza groppa alle anche (cm)
49,83 ± 0,50
43-57
36,4 ± 0,87
32-39
Largh. groppa artic. coxo-femorale (cm)
43,76 ± 0,42
40-51
34,42 ± 1,13
31-38
Larghezza groppa agli ischi (cm)
16,90 ± 0,42
13-22
16,71 ± 0,077
15-21
189 ± 2,18
158-207
168,42 ± 3,99
158-188
Profondità torace (cm)
69,50 ± 2,71
64-80
57,21
Perimetro stinco (cm)
18,07 ± 0,15
17-20
16,57
542,86 ± 18,45
390-710
393,42 ± 28,42
Circonferenza torace (cm)
Peso vivo (kg)
76
335-540
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La collocazione dei comuni di Dancu e Pardina in Romania. dall’ultimo allevamento d’élite della razza a Popăuţi, nel distretto di Botoșani, andate disperse negli anni ‘70. La Semtest di Baloteşti ha acquisito materiale seminale congelato. Nell’inverno 1981 l’azienda statale I.A.S Dumbrava, a Târgu Neamț, in Moldavia iniziò un programma di comparazione dei bovini delle aziende dalla zona montana del distretto di Neamț e zone limitrofe. Emerse un piccolo nucleo di bovini d’aspetto eterogeneo, con mantelli tra il grigio piombo e il bianco sporco, riconducibili alla Sura de stepă e alla Mocăniță, con diversi meticci. L’associazione di allevatori Asociația Crescătorilor de Vaci de Lapte Holboca-Iași, con sede nel centro di Dancu, tiene il libro genealogico, diviso in una sezione per i 48 capi in purezza (33 femmine, 2 maschi e 13 vitelli, di cui 4 maschi e 9 femmine), ed una con i circa 500 capi di Pardina e della Grigia ungherese. Due vacche del Centro di Dancu, Miranda, 12 anni, e Mandiga, 11 anni, sono state esposte dal 1 al 24 settembre alla fiera agricola Agralim 2017, nel Parco agroindustriale TransAgropolis del comune di Lețcani, nel distretto di Iași, suscitando l’interesse e la curiosità dei visitatori. Il coordinatore nazionale per la protezione della razza è la dottoressa LIVIA VIDU, della Facoltà di Scienze Animali dell’Università di Bucarest.
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La Sura de Stepă è stata inserita dalla Fondazione Slow Food nell’Arca del Gusto, che raccoglie i prodotti tradizionali e le razze locali. Tuttavia la carne della razza non è apprezzata localmente. Il prezzo di una vacca è tra i 1.500 e i 2.000 euro. Prospettive Le analisi recenti indicano che la variabilità genetica della razza si è conservata per la bassa pressione selettiva per i caratteri produttivi. L’ereditabilità del peso corporeo e dell’altezza al garrese mostrano un buon consolidamento genetico, indice di selezione fenotipica oculata per questi caratteri, con possibilità di miglioramento, anche per il latte, per la forte variabilità di produzione tra i capi. Il Programma di partenariato Consens 120/2012 ha avviato la raccolta e conservazione di gameti, tessuto muscolare, linee madri di fibroblasti, sangue per esami genetici, costituendo un banca dei geni. Sono stati caratterizzati fenotipicamente e geneticamente i capi di Dancu, per individuare SNP (Single Nucleotide Polymorphism). Al SCDCB di Arad sono stati raccolti e conservati oociti da vacche macellate, crioconservati a Dancu. Il programma per la conservazione ha lo scopo di preservare la rusticità e la resistenza della razza,
sia per allevamento a basso impatto ambientale sia per incroci industriali con podoliche migliorate o altre razze specializzate da carne, trasferendo ad esse le caratteristiche positive. Per ottenere questo è necessario mantenere ed espandere un nucleo in purezza, non sottoposto a selezione spinta, per evitare di perdere i caratteri positivi di resistenza e di economicità di gestione, visto il basso numero di capi disponibili, ma puntando ad aumentare le dimensioni corporee e la precocità, mantenendo l’attitudine latte, con maggiori produzioni e facilità di mungitura. Vanno quindi salvaguardate le particolarità somatiche che la razza attualmente possiede, escludendo i difetti e le deviazioni dai caratteri di razza. Le varianti morfologiche, corna “verdi” o a lira, mantello scuro, piccola taglia, sono importanti quanto i polimorfismi biochimici come caratteristica del tipo primitivo. Andrea Gaddini, Dottore in Agraria Dan-Lucian Dascalu Zootecnico, SCDCB Dancu Romania Bibliografia • BEJENARU LUMINIȚĂ (2003), Date Arheologice Privind Tipologia Bovinelor Crescute în Așezările Medievale de pe Teritoriul României, Arheologia Moldovei, XXVI: 325-330. • BĂCILĂ VASILE, VIDU LIVIA (2011), Sura de Stepă, in: BODÓ IMRE (a cura di), Podolic Cattle- Characterisation of Indigenous and Improved Breeds, Te-Art-Rum Bt., Budapest. • BONADONNA TELESFORO (1950), Zootecnica speciale, Vol. 2: Bovini, equini, Istituto Editoriale Cisalpino. • CALOTESCU TUDOR (2017), Sura de stepă încă mai respiră... promisiuni, Revista Ferma, 28 octombrie 2017. • CANTEMIR DIMITRIE (1714), Descriptio Antiqui et Hodierni Status Moldaviae, Caput VII, De Animalibus Feris et Domesticis, Bibliotheca Academiae Mosquitanae, Mosca. • C HELMU S.S., M ACIUC V ASILE ,
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MACELLERIE D’ITALIA
Che ne dite di un pony burger? La carne equina resta un tabù per molti Paesi mentre in Italia è assai apprezzata. E, grazie alle garanzie poste in essere nel nostro Paese, assolutamente sicura. Parola di Michele Bianco, titolare di una macelleria equina a Saluzzo, Cuneo. Nel suo banco soprattutto carne da animali da 18 o 20 mesi di Riccardo Lagorio
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n questa società, dove i cani portano il cappotto e gli alimenti per animali domestici sono tra i pochi prodotti che durante i dieci anni di crisi non hanno subito ostacoli alla crescita, non c’è da stupirsi se la carne equina sia tabù in molti Paesi. Ma ve ne sono molti altri, tra cui l’Italia, dove la carne di cavallo è assai apprezzata. Benché i cavalli siano considerati animali intelligen-
ti e, sempre meno in verità, utili compagni di lavoro, nell’Unione Europea vengono considerati anche un’ottima fonte di proteine. Canada, Brasile, Messico, Argentina e Uruguay esportano carne di cavallo in Europa in grande quantità, mentre è la Cina a produrre oltre la metà del fabbisogno mondiale di carne equina, seguita dal Kazakistan. Secondo i dati forniti dalla FAO,
la Mongolia è invece il Paese dove l’allevamento di cavalli da carne è il maggiore per numero di abitanti. La ragione che sta alla base del rifiuto di certi Paesi di consumare carne di equino è che ai cavalli sportivi talvolta viene somministrato del fenilbutazone, un farmaco analgesico e antinfiammatorio pericoloso per la salute degli esseri umani. Ciò è particolarmente rilevante in quei
La Bottega di Michele Bianco serve carni pregiate equine e suine, compreso il pregiato prosciutto Crudo di Cuneo Dop.
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Bologna
Michele Bianco con le roselline, una sfoglia di girello con aggiunta di rucola e Parmigiano Reggiano Dop da consumare cruda. Paesi dove non esiste un’anagrafe equina e quindi è lecitamente messa in dubbio la tracciabilità dell’animale. Ma la carne di cavallo contiene meno grassi, sodio e colesterolo di quella bovina. Lo sanno bene i giapponesi che, tra le delicatessen del Paese del Sol Levante, segnalano sempre il basashi, a base di carne di cavallo. Lo sappiamo bene noi Italiani, e insieme a noi i Russi, che consumano, al nostro pari, 28.000 tonnellate annue di carne di cavallo. Lo sanno bene i Belgi, i maggiori consumatori pro capite di carne di cavallo, che importano ogni anno quasi 50 milioni di euro di carne di cavallo dal Nord America. Inoltre lo Stato russo ha impegnato nel 2016 il corrispettivo di circa 2,7 milioni
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di euro a favore del settore per migliorare gli standard produttivi e approvvigionare del 50% le necessità del Paese entro il 2020. «Ma soprattutto sono le garanzie poste in essere nel nostro Paese, che ci permettono di affermare che la carne di cavallo è assolutamente sicura», rincuora MICHELE BIANCO nella sua macelleria di Saluzzo, nel Cuneese, defilato dalla centrale Piazza Risorgimento. «Dal 25 marzo 2015 è stata infatti attivata la Banca Dati Equina presso il Ministero delle Politiche Agricole, in cui sono censiti tutti i cavalli presenti sul territorio nazionale. La BDE rappresenta la banca dati di riferimento per il comparto e la fonte informativa primaria a cui devono riferirsi tutti i soggetti interessati»,
continua. Nel suo banco soprattutto carne da animali da 18 o 20 mesi. «Per coccolare i clienti», dice. E che, come in tante altre circostanze, durante gli ultimi due decenni, hanno indotto a diversificare le botteghe, con l’ingresso di piatti preparati, che facilitano la cucina. L’orgoglio di Bianco sono le roselline, una sfoglia di girello a cui si aggiunge una struttura vegetale, di solito rucola, e Parmigiano Reggiano DOP. «Da consumare cruda, secondo la tradizione piemontese. Alla massaia tocca di aggiungere solo olio d’oliva, un goccio di limone o pompelmo», svela. «Anche le rolatine sono molto richieste». Si tratta di involtini di cavallo, parte di una braciola, avvolte con del capocollo di maiale. La preparazione è un po’ più laboriosa. «Necessita di una cottura in umido, con pomodoro: da consumare calde o in insalata, se fredde», raccomanda DANIELA RAMUNDI, la moglie. La carne più curiosa? «Gli straccetti, da consumare come antipasti. Sono sottilissimi fili di carne secca, da condire con olio d’oliva, limone e polvere di peperone dolce». La carne più venduta? «Il trito, con tante proteine e pochi grassi. I clienti lo comprano sia per farne sughi sia per tartare condite con un poco di olio d’oliva e carciofi crudi a julienne. Se il cliente desidera consumare la carne trita da cruda, io suggerisco di alternarla con del carpaccio di bresaola di cavallo. È un ottimo antipasto, ma funziona anche come secondo». Dal soffitto pendono salami in maturazione. «Salami che preparo con mia moglie nel piccolo laboratorio del retrobottega, con il 75% di carne di cavallo e il 25% di pancetta di maiale. Dal taglio abbastanza grossolano, 8 mm. Sono una merenda perfetta». E sana, aggiungiamo noi. Mentre la luganega, dal diametro di circa 4 cm e mezzo, è di sola carne di cavallo, sale e pepe. Si cuoce in tegame o alla griglia. Dai commenti di Daniela si capisce che c’è anche chi la apprezza cruda, come se fosse una… salsiccia di Bra. «Prepariamo i salami anche di asino», aggiunge. Chi desidera
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Daniela Ramundi. Gli hamburger preparati dalla macelleria sono molto apprezzati dai clienti. una preparazione di rapido consumo ha a disposizione gli hamburger. Magari farciti con provola affumicata o prosciutto cotto, per dare più gusto o semplicemente per variare la proposta. «Gli hamburger sono sempre assai graditi dai clienti» racconta Daniela «perché sono facili da preparare e ideali con qualsiasi accompagnamento. I più affezionati scelgono anche gli arrosticini, che prepariamo noi, prestito della tradizione abruzzese ed elaborati con carne ovina». Facili da arrostire, richiedono poco tempo di preparazione. Chi invece vuole dedicarsi ad approfondire le proprie arti in cucina, magari nel fine settimana o con ospiti di riguardo, ecco gli spezzatini e gli stracotti, soprattutto di asino.
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Mangiari invernali, sapidi. «Qualcuno definisce lo spezzatino tapulon, se è finemente sminuzzato. Anche se il termine appartiene più al Novarese», racconta Michele. Da queste parti le colline e il lavoro dell’uomo generano i vini opportuni per questi che sono i piatti più complessi, ma che di certo danno più soddisfazione alla vendita della bottega. Gli stracotti vogliono lo Chatus, il Nebbiolo di Dronero, avanti con l’età. Chiedete, se passate da queste parti, quello di Serena e Aurelio Giordanino. Non ve ne pentirete. Riccardo Lagorio La Bottega – Macelleria Equina e Suina di Bianco Michele Via Spielberg 4 – 12037 Saluzzo (CN) Telefono: 0175 45165 – 339 5787753
Fabio Furlan, l’avanguardia di una macelleria consapevole di Gian Omar Bison
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on si escludono le proteine animali da una dieta equilibrata anche se non vanno di moda». Lo declama F ABIO F URLAN dal bancone della sua macelleria ad Istrana (TV) e lo dicono i medici nutrizionisti e veterinari ai quali si è rivolto per costruire la sua idea di carnificio d’avanguardia, espressione di una meat generation in cerca d’autore. «Ricerche, studi e conferenze sul mondo della carne che ho organizzato negli anni — sottolinea Furlan — e continuo ad organizzare periodicamente, non
per contrariare vegetariani e vegani o per promuovere la mia attività, ma per informare il consumatore finale sull’attenzione che presto in ogni settore del mio lavoro e che viene esercitata nella mia bottega. I clienti devono potersi fidare di me e in generale degli addetti del settore». Ad Istrana Fabio opera da qualche anno dopo aver lavorato per un lungo periodo presso la storica macelleria Stecca di Treviso, nella cooperativa di Volpago e in una bottega a Salzano (VE). Con lui il fratello Marco, che è cuoco.
Ristomacelleria? «Non è un obiettivo al momento, per quanto sui preparati gastronomici e pronto cuoci ci sia parecchia offerta e attenzione con utilizzo di ingredienti selezionati. Facciamo comunque serate a tema per massimo venticinque persone, come quella sull’oca che abbiamo accompagnato con vini del Montello e birre artigianali dell’azienda “32 Via dei birrai”. Sui preparati si spazia dai primi ai secondi piatti a base di carne e verdure, ma anche pesce. Parecchi i prodotti biologici certificati sia freschi che confezionati.
Fabio Furlan è un attento promotore della cultura della buona carne e dei buoni salumi. Nella sua bottega ad Istrana (TV) si possono trovare differenti qualità di prosciutto crudo, dal Jamón ibérico de Bellota al Nero di Calabria.
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In alto: Marco e Fabio Furlan. In basso: il fornitissimo banco macelleria dei fratelli Furlan con pronti a cuocere e tagli di carne fresca. Fabio si rivolge a piccoli fornitori e ad allevamenti OGM free e molti dei prodotti a banco sono certiďŹ cati biologici.
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Della carne venduta il 40% è bovino di Charolaise e Limousine e a Natale il bue Piemontese. Il resto è a metà tra suino ed avicolo. «Ringrazio fornitori ed amici, sottolinea Fabio Furlan, senza il sostegno dei quali la realizzazione di questo ambizioso progetto non sarebbe possibile»
Il banco della macelleria Furlan di Istrana (TV). «Poi — evidenzia Fabio — abbiamo una selezione di prodotti del “Commercio Equo e Solidale e della “Casa dei Giovani” e altri provenienti da terreni confiscati alle mafie. Non mancano i presidi Slow Food: dal riso di Grumolo delle Abbadesse (VI) alla gallina Padovana e l’agnello d’Alpago; dai formaggi (Monteveronese, Asiago stravecchio) alla mortadella Bonfatti; dal limoncello alle confetture e marmellate Casa Barone. Di tutto questo facciamo anche pacchi regalo, quasi esclusivamente a Pasqua e a Natale. Inoltre, riforniamo da anni i Gruppi di acquisto solidale (GAS) del territorio con carni avicole e bovine sezionate e porzionate in presenza degli acquirenti». Insomma, verrebbe da dire che la macelleria per Fabio Furlan è un percorso esistenziale. La documentazione e l’informazione e quindi la selezione degli animali e delle materie prime con cui vengono alimentati alla base di una macelleria e quindi di un consumo consapevole. Soddisfazione organolettica, completezza nutrizionale e conoscenza. «Non si raccontano a sufficienza nei media i produttori di nicchia che lavorano con coscienza e qualità; che non si omologano ai sistemi di produzione industriale,
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alle catene di montaggio. Nel mio piccolo, ad esempio, tratto solo animali alimentati OGM free e nel bovino acquisto da piccoli allevatori della zona che non ingrassano nei classici allevamenti confinati e protetti ma lavorano capi allo stato semi brado, liberi di muoversi in alcuni tratti della giornata anche in zone ampie all’aperto. I cereali necessari all’alimentazione dei bovini vengono prodotti nei campi di proprietà senza l’utilizzo di fitofarmaci con un sistema colturale biodinamico e negli ultimi quattro mesi prima della macellazione vengono alimentati con semi di lino che aumenta il livello di omega 3 nella carne. Il vitello, in particolare, proviene dall'allevamento Rosa di Camposampiero. E anche nel pollo compro da quindici anni da aziende avicole a conduzione familiare di San Donà di Piave (VE) e Guia di Valdobbiadene (TV) che mi danno garanzie sull’alimentazione e sul benessere animale». Molti dei produttori in vetrina da Fabio sono biologici certificati. Ad esempio, il bovino biologico proviene dall’azienda “Fattoria delle Origini” di Bovolenta (PD). Per quanto riguarda le carni suine sono esclusivamente nazionali e gli insaccati provengono dal Salumificio Roncadese di Roncade (TV).
«Tengo e lavoro sia carni biologiche che convenzionali. E le prime costano mediamente il 30-40% in più al chilo. È una questione di scelta oltre che di disponibilità economica a spendere qualcosa in più». Ma la ricerca continua e la proposta si arricchisce: «da circa un anno ho portato in bottega il prosciutto crudo Jamón ibérico de Bellota, Pata Negra e, da qualche mese, il prosciutto crudo di Nero di Calabria. E poi abbiamo il crudo di Montagnana di Attilio Fontana ed il Parma di Devodier». Di tutta la carne venduta il 40% è bovino di razze Charolaise e Limousine e nel periodo natalizio anche carne di bue Piemontese. Il resto a metà tra suino ed avicolo. «Ringrazio fornitori ed amici — ci tiene a sottolineare Fabio Furlan — senza il sostegno dei quali la realizzazione di questo ambizioso progetto non sarebbe possibile». Gian Omar Bison Macelleria e Gastronomia Fabio Furlan Via F. Filzi 48/D 31036 Istrana (TV) Telefono: 0422 738317 E-mail: info@macelleriagastronomiafurlan.it Web: macelleriagastronomiafurlan.it
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SONO 180 GRAMMI, LASCIO?
Stinchi e melodie indie pop di Giovanni Papalato
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e vi dico Albuquerque, New Mexico, voi a cosa pensate? La prima associazione di idee, probabilmente, è Breaking Bad. Ma qui parliamo di musica e non c’entra la colonna sonora della meravigliosa serie TV. E nemmeno NEIL YOUNG e la sua Tonight’s The Night. Stinchi. Un nome bizzarro per una band che viene da lì e che nulla ha a che vedere con la spirale di violenza, potere ed emancipazione che vede protagonisti WALTER WHITE e JESSE PINKMAN. The Shins pubblicano “Chutes To Narrow” nel 2003, il fatidico secondo album che succede all’esordio di due anni prima “Oh, Inverted World”. Di solito il secondo album è problematico, soffre di ansia da prestazione quando il primo è stato acclamato. Qui ciò non accade: immediato, diretto, leggero, senza zavorre. Ma si badi bene, le cose leggere non per forza sono semplici. Melodie che nella loro luminosa grazia sono sostenute da complessità e profondità rare. Cominciando dalla copertina, ci troviamo in un contesto colorato, vivace, armonioso e bizzarro. Man mano che il disco gira ce ne convinciamo, siamo proprio nei Sixties! Sì, ma quelli in cui il rock non è una forma di insurrezione e contrasto, sperimentazione o protesta sociale. No. Musicalmente qui siamo in un ideale pop, inteso come meraviglia dell’espressività. Nella progressione e negli slanci di Turn A Square, che poi si libera in campi di chitarre che spingono ancora più in là la voce di JAMES MERCER. Oppure in A Call To Apathy dove lo il giro country camuffa un lirismo che sa di classico al primo ascolto. Mine’s Not A High Horse si muove tra synth, chitarre acustiche e una batteria che sembra marziale e invece serve per scappare più su. Il primo singolo So Says I è lì che ti
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si appiccica addosso già prima del ritornello: anarchico ad ogni ascolto, completamente slegato dal resto ma cosi perfettamente incastrato, tra filtri alla voce e agli strumenti, cori e versi stratificati. Sì, perché i testi sono in simbiosi con l’immaginario che la musica ci mostra e le liriche, frammentarie e lisergiche, come polaroid che volteggiano in un vento amministrato sono immagini mai banali. E alla fine non sono passati nemmeno 35 minuti e quello che ti rimane è lo stupore per un disco in cui tanti dettagli cosi curati danno vita a
canzoni cosi semplici e cosi cariche emotivamente. E quando accade, ci si trova davanti ad un grande disco indie pop. Diffidate da chi vi dice che è un genere minore. Ah sì, dimenticavo, ad Albuquerque risiedevano BILL GATES e PAUL ALLEN quando crearono la Microsoft, ma a noi in fondo interessano di più gli Stinchi, quelli che fanno dischi e quelli di qualche maiale magari, con delle patate di Montese al forno, che dite? Nota Photo © Lucio Pellacani.
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RISTORANTI CARNIVORI
A Roma il successo di un locale carnivoro malgrado le mode
Kilo, molto più di una semplice bisteccheria ai Parioli di Riccardo Lagorio
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l nuovo modo di mangiar fuori dei romani passa per la scelta della migliore carne alla brace. Non una semplice bisteccheria, ma un luogo dove si trovano numerose altre preparazioni, ottenute in maniera semplice fin che si vuole, ma ragionata e accurata. Nasce con il contributo di MARCO PASSAMONTI, che l’ha creata ai Parioli, zona di ville e di borghesia, la Roma bene insomma. Trafficata la via Tirso, quasi impossibile trovare un parcheggio. Eppure questo luogo d’incontro carnivoro e
moderno, veloce ma non fast, attira clienti anche a pranzo, scendano dagli uffici o provengano d’oltremare alla scoperta della Città eterna. Buon sangue non mente, visto che il padre Ferruccio aveva aperto già negli anni Settanta una macelleria a quattro passi dalla via Tuscolana. «È grazie al servizio e alla serietà che i clienti ci hanno sempre riconosciuto se siamo sopravvissuti a mucca pazza», dicono con orgoglio. «Nientemeno siamo riusciti a convincere anche incalliti vegetariani»,
ci scherzano su. Kilo è un po’ la diretta e inevitabile conseguenza di quelle scelte. Ambiente semplice e austero, quasi da pub, bancone in legno scuro. Seduti al tavolo, ecco servite carni selezionate a prezzi poco superiori a quelli di una macelleria. Sei tipologie di bistecche, carni particolarmente marezzate che si distinguono per origine e taglio. Si va dal manzo danese, che ha una distribuzione del grasso concentrata nella zona perimuscolare e con un
L’area cottura di Kilo Restaurant. Kilo si trova in un bellissimo locale storico della zona Parioli, all’angolo tra via Tirso e via Metauro. La sera Kilo si trasforma in una braceria.
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Alcune proposte di Kilo, dall’hamburger alla carne cruda.
In carta abbiamo sempre il Black angus statunitense, dalla marezzatura fine e dal colore luminoso e perlaceo che si scioglie durante la cottura, ci dicono i titolari. E il Wagyu, contraddistinto dalla particolare marezzatura e riconosciuta per il basso tenore di colesterolo
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caratteristico colore giallastro, dal sapore deciso e persistente che è presente in quattro tagli: lingotto di filetto, entrecôte, costata e fiorentina; al manzo uruguaiano, che possiede una carne tenera e la marezzatura diffusa a zone. «Lo scelgono i clienti che desiderano un sapore più brado della carne, che consigliamo con cottura al sangue o media», dicono. Un po’ come gli esemplari ingrassati ad erba. «In carta abbiamo sempre il Black angus statunitense, dalla marezzatura fine e dal colore luminoso
e perlaceo che si scioglie durante la cottura, suggerita di media entità nei tagli di costata e fiorentina. E il Wagyu, contraddistinto dalla particolare marezzatura disposta su trama uniforme e riconosciuta per il basso tenore di colesterolo». Prelibato il suo sapore, suggeriscono il cube roll con cottura media. All’ingresso due grandi frigoriferi dove la carne subisce il processo di frollatura. «Arriva a 20 giorni: le carni sono già di per sé morbide e saporite. Andando oltre non otterremmo l’equilibrio voluto. Ma
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“La carne bovina di qualità si riconosce dal grasso che si vede tra la carne: in un taglio anatomico di prima qualità il grasso è abbondante, bianco-rosato, e si intravede anche tra le fibre muscolari, come le venature del marmo” leggiamo sul sito web di Kilo. “I nostri manzi danesi, scozzesi e nazionali presentano tutti queste caratteristiche: è proprio questo il motivo per il quale scegliamo di servirli esclusivamente cotti sulla brace e con solo l’aggiunta di un po’ di sale grosso, non hanno bisogno di nient’altro per essere ricordati!”. a Roma siamo riusciti a far capire che la carne appena macellata perde molte delle sue proprietà», sostengono padre e figlio. Kilo è anche carne cruda. Al tradizionale (e spesso abusato) carpaccio con rucola e la grattata di Grana padano DOP si affiancano le tartare di manzo. Trovano conforto negli abbinamenti con burrata e pomodoro appassito, nei porcini e Grana padano DOP e nel pecorino con menta. «Ma quello che trova particolare gradimento nella nostra sala è la spada, uno schidione che
Kilo Restaurant Via Tirso 30 00198 Roma Telefono: 06 64781752 Web: kilorestaurant.it
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si serve fumante di carni a scelta: manzo, salsicce miste, bocconcini di pollo marinati, bombette messinesi (involtini di carne ripieni di formaggio e pangrattato, Nda) o di castrato. La sfida maggiore è stata quella che abbiamo condotto con gli hamburger. Non è stato semplice fare capire la differenza che i nostri hamburger hanno nella materia prima e nella preparazione. Gli hamburger che Kilo propone sono infatti preparati e pressati a mano, così che i liquidi escono prima della
Carnezzeria di Kilo Via Ponzio Cominio 43 00175 Roma Telefono: 06 7610389 FB: goo.gl/YZcgS3
cottura», conferma Marco. Carne di manzo scelta come base e altri ingredienti come corollario a 200 grammi di ciccia. C’è quello con ‘nduja, burrata e insalata o con pomodoro, pancetta e Cheddar o ancora pesto, zucchine e provola. Ma si può scegliere anche un hamburger da 300 grammi al piatto, accompagnato da patate a spicchi. Una formula che ha ottenuto successo. Specie tra gli stranieri. Tanto che si è duplicata nella Carnezzeria di Kilo, locale che da macelleria si è attrezzato e prepara salsicce alla brace di vitella, al finocchietto, al tartufo; spiedini marinati in cognac o birra o pepe verde; abbacchio alla scottadito. «Quanto di più semplice si potesse immaginare e che a Roma ancora mancava. Un’alternativa alla gommosa pizza che non rende giustizia ai numerosi turisti affascinati dalle bellezze della nostra città», dicono Marco e Ferruccio Passamonti guardando fuori dalle vetrine. È sera e il caos dell’urbe non sembra mai esistito. Entrano i primi avventori. Che hanno scelto di essere carnivori malgrado le mode. Riccardo Lagorio
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LA CARNE IN TAVOLA
Coniglio, timido camaleonte in cucina Molte sono le cause della scomparsa del coniglio dalle tavole degli Italiani. Innanzitutto il suo ruolo come animale da compagnia, a seguire la scarsa attenzione dedicata alle sue carni dalla cucina industriale e dalla gastronomia. Eppure questo timido animale, di facile allevamento, ha molte doti di Giovanni Ballarini
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olti sono gli enigmi che ruotano intorno all’immagine del coniglio, uno degli ultimi animali addomesticati dall’uomo. Il suo nome deriva da quello che i Romani avevano dato ai cunicoli usati per demolire le fortezze nemiche ed è conosciuto secondo
due generi diversi: Oryctolagus in Europa e Sylvilagus in America, con un rapporto di lontana discendenza dal genere Lepus. Allevato originariamente a scopo alimentare e per l’utilizzo del pelo e della pelliccia, col tempo è divenuto un animale da compagnia tra i più amati, pur
conservando una serie di ambiguità che si riflettono nell’immaginario popolare del passato, quando il coniglio bianco aveva un beneaugurante valore positivo contrapposto a quello infausto del coniglio nero (chi non ricorda, nella favola di Pinocchio, l’immagine del burattino
Carne di coniglio, cipolle e pomodori (photo © Concept web Studio – stock.adobe.com).
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Coniglio in porchetta (photo Š www.sergetheconcierge.com).
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ammalato e della bara portata da una schiera di conigli neri chiamati dalla Fata per convincerlo a bere la medicina). Ancora oggi permane la duplice posizione culturale di animale alimentare presso le società agricole e animale da compagnia nelle società industrializzate, sebbene stia diventando sempre più un animale d’affezione e sempre meno da reddito. Incerta era, in passato, la sua posizione tra gli altri animali, in quanto considerato, più che un roditore, uno pseudoruminante, per il modo sia di mangiare che di nutrirsi del ciecotrofo, con conseguente produzione di fermentazioni digestive per certi aspetti analoghe a quelle pregastriche dei ruminanti. Numerose anche le interdizioni alimentari riguardanti i conigli (la Bibbia li pone tra gli animali impuri) che ancora oggi giustificano la loro diversificata presenza sulle tavole mondiali. Conigli nella storia Le carni di coniglio sono oggi sempre più rare sulle tavole degli italiani, un po’ perché poco conosciute, un po’ perché rifuggite da molte persone, nonostante questo timido e docile animale, di facile allevamento, abbia molte doti. Il coniglio è, come accennato in precedenza, tra gli ultimi animali addomesticati nell’antichità, con ogni probabilità dagli Iberici, anche se i Romani (che denominarono la penisola spagnola “terra dei conigli”) ebbero il merito di diffonderlo in tutto il loro impero; per questo ancora oggi, in Europa, i popoli che maggiormente consumano la sua carne sono quelli dei territori conquistati da Roma. I Romani mangiavano di tutto e svilupparono anche l’allevamento dell’animale nei leporaria, recinti dove trovavano ricovero e si moltiplicavano lepri e conigli selvatici, trasformatisi nel tempo dapprima in semiselvatici e poi in domestici. Da sempre sono i conigli domestici ad avere maggior successo per alcune caratteristiche: spiccata docilità, elevata prolificità, rapido accrescimento, grande frugalità ali-
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Coniglio in porchetta Ingredienti • 1 coniglio tenero • 2 dl di aceto • 200 g di prosciutto crudo a fettine • 1 dl di vino bianco secco • salvia, rosmarino, finocchietto selvatico • 1 spicchio d’aglio • 1 foglia d’alloro • olio d’oliva e burro • sale e pepe Esecuzione Disossare il coniglio, lavarlo, eliminare il fegato e marinare per un’ora in acqua fredda e aceto. Sgocciolare, passare sotto l’acqua corrente, asciugare. Tritare abbondante salvia, rosmarino, finocchietto selvatico con uno spicchio d’aglio, distribuire la metà del composto sul coniglio disossato bene aperto, spolverizzare generosamente di pepe, adagiare sopra le fettine di prosciutto e cospargere con il resto delle erbe tritate. Arrotolare il coniglio il più stretto possibile e legarlo con spago da cucina. In una pentola ovale scaldare tre cucchiai d’olio con una noce di burro e colorire il rotolo di coniglio girandolo più volte, spruzzarlo con il vino, lasciare evaporare, aggiungere la foglia d’alloro, coprire e cuocere per almeno novanta minuti (se occorre, spruzzare con acqua calda). Ritirare, fare raffreddare, togliere lo spago e tagliare il rotolo a fette.
mentare, facilità di trasformazioni in cucina. Tra queste caratteristiche, due hanno un valore ambivalente che segnano il destino del coniglio in tavola. Timido come un coniglio, si dice. Se si aggiunge che questo animale è molto docile e “morbido”, è facile comprendere come possa divenire un compagno amico dei bambini. Il fatto poi che non suda (chi vuole tenere sulle ginocchia e accarezzare un animale “bagnaticcio”?) aiuta la sua entrata tra gli animali d’affezione e lo separa da quelli alimentari. È quanto oggi accade nelle culture sviluppate fuori dall’area romana, in modo particolare in Inghilterra e negli Stati Uniti d’America, dove il coniglio è un pet, animale da coccolare, ma l’usanza si sta diffondendo anche in Italia. Il coniglio un ruminante? Gli ebrei ortodossi osservanti non mangiano il coniglio perché non rientra tra gli animali che ruminano e ha zampe con un doppio zoccolo. Le zampette dei conigli terminano con unghiette e l’animale è ritenuto un, sia pur piccolo, ruminante. Una condizione, quest’ultima, che suscita curiosità. Il coniglio è un “ruminante perché il suo musetto
in continuo movimento simula una ruminazione o vi è qualcosa di più misterioso? Solo di recente la scienza ha individuato dei fattori che permettono di definire il coniglio uno pseudoruminante. I ruminanti sono animali che nel loro apparato digerente, nel tratto che precede stomaco e intestino, hanno capaci sacche (prestomaci) nelle quali il cibo viene fermentato e trasformato in nutrimento. Per questo, vegetali assolutamente indigeribili per l’uomo sono di sostentamento per le mucche, le pecore e le capre, e centinaia sono le specie di ruminanti. Vi sono poi altri animali che, come i conigli, fermentano gli alimenti vegetali al termine dell’intestino, quando non è più possibile assorbire con efficacia il nutrimento derivato dalle fermentazioni. Salvo che l’animale non espella il fermentato e se ne cibi, con un comportamento che può sembrare mangiare le proprie feci (coprofagia). È quello che il coniglio fa nell’oscura solitudine della notte, al riparo da occhi indiscreti, e che oggi turba chi ne viene a conoscenza in modo superficiale o incompleto. Il coniglio non ingerisce le proprie feci, ma il prodotto della fermen-
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Conigli in fattoria (photo ©meryll – stock.adobe.com). tazione cecale, o “ciecotrofo”, ricco di proteine e vitamine. Così facendo, può nutrirsi con alimenti poveri, e proprio la particolarità di non sottrarre all’uomo alimenti di maggiore pregio ha agevolato il suo allevamento. D’altra parte, quando, per accelerare il suo accrescimento, si è voluto dargli cibi più nutrienti, si sono avuti inconvenienti e malattie. È un po’ quanto succede a Bertoldo, che secondo la leggenda si ammala e muore “per non poter mangiare rape e fagioli”, cibi grossolani, non raffinati come quelli che è costretto a mangiare alla tavola del re. Conigli nel mondo Prendendo in considerazione l’aspetto di animale da reddito, si stima che nel mondo siano allevati e macellati circa un miliardo e duecento milioni di conigli, con un incremento per l’area asiatica (soprattutto in Cina) e una diminuzione in Europa, dove l’Italia produce il 6,9% su base mondiale e il 25,5% a livello europeo, la
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Spagna rispettivamente il 4,2% e il 15,5%, e la Francia il 2,9% e il 10,8%. Secondo la FAO, in Italia verrebbero macellati oltre 150 milioni di conigli l’anno, ma secondo i censimenti dell’agricoltura diffusi dall’ISTAT i conigli allevati in Italia sarebbero solo 7 milioni. Incerte sono le quantità di carne di coniglio mangiate dagli Italiani; secondo le diverse fonti si va da uno a quattro chilogrammi l’anno, e questa diversità dipende dalla difficoltà di valutare la produzione familiare e l’autoconsumo, che sfuggono a precisi rilevamenti. Conigli in cucina La carne di coniglio, qualificata come “alternativa” alle carni bovine, ha, rispetto a queste ultime, una quantità più elevata di proteine e un più basso contenuto di grassi e colesterolo. Le caratteristiche del coniglio, che più di ogni altro animale d’allevamento trasferisce il sapore di ciò che mangia alla sua carne, hanno fatto dire a PELLEGRINO ARTUSI: “è una carne di non molta
sostanza e di sapore variabile, al che si può supplire con i condimenti”. Oggi comunque il coniglio, assieme al vitello e al tacchino, presenta, dal punto di vista culinario, aspetti “camaleontici”. In cucina vi sono cibi, e soprattutto carni, con caratteri ben definiti, che si prestano alle più diverse trasformazioni e adattamenti, come fa il camaleonte, che adegua il suo colore e l’aspetto all’ambiente. La carne di coniglio non ha un aroma o un sapore spiccato o ben definito, ma assume bene quelli della sua alimentazione. Pertanto, se il coniglio è nutrito in maniera tradizionale, la qualità della carne dipende dalle erbe di campo; se il coniglio è nutrito con un mangime sano e ben equilibrato, la carne in pratica non ha sapore, ha un colore bianco e può essere trasformata in mille modi. Il coniglio in porchetta, cotto con erbe aromatiche, anche quelle che non ha mai visto e mangiato in vita, ne è un esempio. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma
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Il vertical spiedo
Cuciniamo il kebab di Giorgia Fieni
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el 1963, quando il romanzo “Dalla Russia con amore” di IAN FLEMING è stato trasformato in un film con SEAN CONNERY protagonista, si è taciuto il fatto che James Bond amasse molto kebab e cipolla, probabilmente perché il grande pubblico ignorava l’esistenza di questa pietanza. Ancora, nel 2010, il 40% degli Italiani non ne aveva mai comprato uno (io lo vidi per la prima volta ad Amsterdam nel 1997 e non osai mangiarlo). Nel 2015 la catena internazionale Domino’s Pizza ne ha incrociato uno con il suo prodotto e ad Expo ne è stata presentata addirittura una
versione al cioccolato… Abbinamenti creati allo scopo di renderlo riconoscibile all’occhio. Oggi invece dire “andiamo dal kebabbaro” è un’espressione comune fra i giovani e non solo in tutto il mondo: se ne consumano 2.500.000 al giorno solo in Europa! L’origine di questa specialità (la parola, in lingua farsi, significa “grigliare”) è da attribuirsi al territorio della Mezzaluna fertile e appare per la prima volta in un documento medico del X secolo, descritta come sottili strisce di carne fatte saltare su una piastra assieme al grasso (coda di mon-
tone, soprattutto). Sono state poi le popolazioni nomadi a cuocere, su spiedi metallici posti sul fuoco (a volte anche spade), le loro prede, magari condendole con yogurt ed erbe aromatiche. Nel XIX secolo, a Bursa, si decide di invertire la posizione di tali spiedi (da orizzontale a verticale) in modo da poter raccogliere i succhi che insaporiranno la carne già pronta: nasce così il döner. Il motivo dunque per cui esso è apparso sulla mia strada prima in Olanda che in Italia è dovuto al fatto che è arrivato in Europa con l’immigrazione turca, concentratasi dapprima nella parte
Il döner kebab si diffuse in Europa soprattutto grazie alla comunità turca migrata a Berlino intorno agli anni ‘60. I primi fast food turchi sorsero nel quartiere di Kreuzberg, a ridosso del muro (photo © Kzenon – stock.adobe.com).
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In Italia il kebab è presente un po’ ovunque, soprattutto al Nord. A Torino e Milano hanno aperto i primi ristoranti che fanno kebab in una versione più raffinata, mischiando alla tradizione turca quella italiana e utilizzando prodotti di qualità, sia per le carni che per il pane e i condimenti
continentale e poi in quella mediterranea. Il kebab piace perché non si tratta del solito spiedino: pezzi di agnello (o montone o manzo o tacchino o pollo), marinati in un succo a base di yogurt e cipolle, sono infilati sullo spiedo fino a formare un cilindro verticale, sulla cui sommità si pongono le verdure e il grasso, il quale, sciogliendosi e colando lentamente, ne permetterà l’esaltazione dei sapori; a questo punto lo si avvicina alla fonte di calore, facendolo ruotare di continuo per assicurare l’uniformità di cottura. Una volta pronta, la carne viene affettata dall’alto al basso e introdotta in un panino assieme a verdure grigliate e salse. Fin qui la ricetta originale, di tradizione in Israele, Egitto, Siria, Iran, Turchia, Libano, Marocco, India, Cipro, con le varianti locali: Sis (con peperoni, pomodori e cipolla), Güveç (in casseruola), Adana (agnello a polpetta), Saski (montone, melanzane, pomodoro, patate, cipolle), Tas (montone e agnello in salsa di pomodoro, con farina, prezzemolo, cipolla, burro, pepe, aglio, alloro, timo), Çöo (agnello in salsa piccante), Shami (agnello passato nell’albume), Patlican (abbina agnello e melanzana). Ma nei miei articoli siamo sempre alla ricerca della particolarità, quindi esploriamo nuovi territori del kebab. È chiaro che nessuno possiede uno spiedo verticale, ma ciò non vuol dire che si debba
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rinunciare a cucinarlo, bensì solo alla versione döner. Potete usare dell’arrosto avanzato e arricchirlo con una maionese al sesamo e un mix di spezie (cumino, cannella, coriandolo, peperoncino). O usare il seitan (prima soffritto e poi cotto con brodo vegetale al curry e zafferano), arricchendolo con stracchino di riso, crema di zucca, funghi e porro brasato. Oppure il pesce, con coriandolo e scorza di cedro. Con la carne di maiale suggerisco un ananas laccato (scalogno, ketchup, salsa di soia, rum, miele, aceto di mele, olio e pepe); come accompagnamento in genere un buon chutney; col pollo una marinata in zafferano e succo di limone. LUIGI TAGLIENTI cucina il kebab all’italiana con scamone d’agnello (alle spezie e olio di mais), pane arabo, salsa al latte aromatico (menta e coriandolo) e peperone Piquillo. ALESSANDRO BORGHESE invece consiglia per la carne una marinata di miele millefiori (o acacia o sulla), zenzero, curcuma, cumino, origano, succo d’arancia, un buon extravergine e, come accompagnamento, cuscus. MARCO STABILE infine offre kebab di agnello della Calvana, yogurt e verdure fresche alla liquirizia. Ma c’è chi ha fatto di più. MAURIZIO MERLUZZO, un body builder con la passione per la cucina, nel 2014 faceva bella mostra di sé su Youtube frullando di tutto. «In una delle puntate — ha spiegato il creatore della serie PAOLO CELLAMMARE — in uno scontro con un venditore di kebab, Maurizio moriva. Da quel momento più persone ci hanno chiesto se fosse sparito davvero. Per questo lui li attacca, per rispondere, e arriva quasi a insultarlo. La scena evidentemente ha colpito l’immaginario: la puntata continua a essere vista e condivisa». E CIRO SALATIELLO, nel 2015, si è addirittura inventato il kepurp: il kebab di polpo. Questa ricetta non ha dunque ancora completato il suo percorso. Dalla Mezzaluna non è arrivata sulle tavole della haute cuisine, ma sono curiosa di sapere quando capiterà. Giorgia Fieni
PRODOTTI TIPICI
Varhackara, il pesto di Timau, bontà nascosta della Carnia Prossimo a diventare presidio Slow Food, il varhackara è un pesto tipico della provincia di Udine. Gli ingredienti sono lardo bianco, speck e pancetta affumicata con l’aggiunta di qualche erba di montagna di Massimiliano Rella
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ecessità e creatività: è incredibile quante specialità alimentari siano nate da questo binomio che ha consentito a tante generazioni di trasformare e utilizzare al meglio i prodotti agroalimentari. La necessità di conservare i cibi per i periodi di magra, senza sprecare quanto faticosamente prodotto, con la creatività che ha consentito di inventare ricette pie-
ne di gusto. Il varhackara, prossimo presidio Slow Food, è un pesto particolare preparato con lardo bianco, speck e pancetta affumicata con l’aggiunta di qualche erba aromatica di montagna. L’impasto ha un buon equilibrio tra grasso e magro ed essendo molto saporito non richiede l’uso di grandi quantità se utilizzato in cucina. Si presta alla conservazione; secondo
la tradizione in contenitori di pietra, ed è ottimo per preparare antipasti, spalmato su fette di pane bianco o di segale oppure sui crostini caldi; oppure da abbinare a verdure fresche. Ma anche come condimento di minestre, sughi e primi piatti di pasta o gnocchi di patate o con i classici cjarsons della Carnia, simili ai ravioli ma con la sfoglia fatta di patate e il ripieno in diverse varianti.
Il varhackara è ideale spalmato su fette di pane bianco (photo © Massimiliano Rella).
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Preparazione delle salsicce da Salumi e Sapori (photo © Massimiliano Rella). Se usato con la pasta, il varhackara viene sciolto leggermente in padella con olio o burro e utilizzato come condimento con una spolverata di ricotta grattugiata. Il varhackara è un prodotto tipico della frazione di Timau, comune di Paluzza, Udine. Questo borgo alle pendici del monte Gamspitz è l’ultimo centro abitato prima del passo di Monte Croce Carnico che conduce in Austria, una comunità di antiche origini, i cui abitanti usano ancora una “lingua” appartenente alla famiglia dei dialetti sud-bavaresi, simile al carinziano. La tradizione narra che Timau fu fondata intorno al 1284 da un gruppo di minatori tedeschi. Alcune tipicità della gastronomia potrebbero così derivare proprio da usanze germaniche.
Tradizionalmente questo pesto è conservato nella pietra e può essere consumato come antipasto sul pane o sui crostini caldi, come abbinamento a verdure, minestre e sughi o condimento per un primo piatto a base di gnocchi. Perfetto su una pasta tipica friulana, i cjarsons
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Oggi il varhackara è fatto soltanto da pochi produttori ed è stato incluso dalla FONDAZIONE SLOW FOOD PER LA BIODIVERSITÀ nell’Arca del Gusto, una raccolta di prodotti tradizionali, razze locali e saperi delle comunità che li hanno preservati nel tempo, con l’obiettivo di conservarli e diffonderne la conoscenza. Tra i produttori troviamo Salumi e Sapori (via Maria Plozner 42; telefono: 433 779008), la macelleria e salumeria della famiglia Mentil, aperta dal 1959 nel centro di Timau e oggi gestita da MASSIMO MENTIL, che rappresenta la terza generazione. I Mentil producono insaccati con suini friulani nel laboratorio accanto al negozio, attrezzato con celle di asciugatura, stagionatura e affumicatura; questa fatta solo con legno di faggio. Tutti i prodotti sono affumicati: pancetta, speck, guanciale, salsicce, cotechini. Il varhackara è preparato con carni macinate e reimpastate fino a ottenere una crema, venduta in piccoli barattoli e pronta per l’uso. Nella preparazione sono previste altre aggiunte di insaccati macinati, secondo una ricetta di famiglia. Qualche informazione sui prezzi al dettaglio: un barattolo da 200 grammi di varhackara costa 5,00 €; lo speck 24,00 €/kg; salsiccia, guanciale e pancetta affumicati 12,00 €/kg. Massimiliano Rella
FIERE
Viva la Marca del Distributore MARCAbyBolognaFiere continua a crescere nel numero di espositori, superficie, insegne e buyer esteri
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ltre 656 espositori, 21 insegne, 80 delegazioni da 19 Paesi. Questi i numeri, tutti in crescita rispetto all’edizione 2017, di MARCAbyBolognaFiere, il salone internazionale dedicato ai prodotti a Marca del Distributore organizzato da BolognaFiere, in collaborazione con ADM (Associazione Distribuzione Moderna), svoltosi il 17 e 18 gennaio scorsi nel capoluogo emiliano. MARCA, seconda fiera del comparto in Europa per importanza, rappresenta un punto di riferimento per la business community dei prodotti MDD ed è la sola manifestazione del settore che vede la partecipazione delle più importanti Insegne della Di-
stribuzione Moderna Organizzata (DMO) presenti con un proprio spazio espositivo e all’interno del comitato tecnico-scientifico della manifestazione. MARCA da sempre ha una vocazione internazionale e, anche per questa edizione, l’ha confermata e rafforzata, con un numero importante di operatori esteri e una significativa presenza di category manager provenienti dal mondo del retail. Sono state 80 le delegazioni provenienti da 19 Paesi (Austria, Belgio, Canada, Cina, Croazia, Danimarca, Egitto, Francia, Gran Bretagna, Germania, Israele, Macedonia, Olanda, Romania, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, USA).
Questo risultato è stato raggiunto anche grazie ad ICE, l’Agenzia per la promozione all’estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane e al programma di investimento finalizzato al coinvolgimento di VIP buyer provenienti dall’estero. La 14 a edizione di MARCA ha visto una crescita dello spazio espositivo (35.500 m2), grazie a due padiglioni in più rispetto allo scorso anno. Quattro le insegne new entry: PAM, REWE Group, Consorzio C3 e Leader Price Italia. Quello della Marca del Distributore è un settore che nel 2017 ha superato i 10 miliardi di euro di fatturato, coinvolgendo attivamente una filiera molto rilevante, con oltre 50 settori e comparti
MARCA da sempre ha una vocazione internazionale che, anche per l’edizione 2018, ha confermato e rafforzato.
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In alto: foto di gruppo per tutto lo staďŹ&#x20AC; del Gruppo Tonazzo di Villanova (PD). In basso: Roberto Agnani, presidente del Gruppo Suincom, con Enrico Cerri, presidente ProSus e con Nicola Seresini, direttore ProSus.
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economici. Un settore che assicura un’offerta di prodotti sempre più ampia e di alta qualità, in grado di soddisfare anche i bisogni più complessi: nel settore food, ad esempio, si va dal biologico, agli alimenti per le intolleranze alimentari, fino alle migliori eccellenze del territorio. Dell’importanza di questo segmento di mercato si è discusso nell’ambito del convegno di apertura, “Marca del Distributore. Il valore e il ruolo per il sistema-paese”, organizzato da ADM in collaborazione con The European House – Ambrosetti. Un’occasione per discutere delle prospettive future dell’economia italiana, presentando i dati della ricerca sul tema realizzata dai promotori del convegno. Un quadro dettagliato e aggiornato sui dati del comparto MDD nell’anno 2017 è stato poi fornito dall’Osservatorio MARCABolognaFiere nel XIV Rapporto annuale sull’evoluzione della Marca commerciale presentato il 18 gennaio. Per l’occasione sono stati illustrati i risultati dell’indagine sulle tendenze del mercato della MDD e sui comportamenti dei consumatori nel corso dell’intero ultimo anno. Marca 2018 è anche stata l’occasione per parlare di innovazione e creatività, caratteristiche peculiari del made in Italy, che non possono venire meno anche in questo settore. Nel pomeriggio del 17 gennaio si è tenuta la terza edizione dell’ADI Packaging Design Award, nato da un progetto di ADI, l’Associazione per il Disegno Industriale, e fortemente condiviso da MARCA, e che mira a valorizzare i prodotti più innovativi del comparto del packaging italiano. Una commissione di esperti ha analizzato nel corso della giornata i prodotti esposti e ha selezionato i cinque maggiormente in grado di coniugare il packaging con l’innovazione e l’eccellenza progettuale: due nel settore food, due nel settore non-food, e una menzione d’onore a discrezione della giuria. Appuntamento sempre a Bologna, quindi, per la prossima edizione, il 16 e 17 gennaio 2019. >> Link: www.marca.bolognafiere.it
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In alto: nello spazio di Alcar Uno, azienda leader nel settore delle carni suine di Castelnuovo Rangone (MO), Giovanni Bortolotti, Vania Mozzato, Barbara Cori e Lorenzo Levoni. Al centro: anche il Gruppo Pini presente in fiera con Bresaole Pini, il marchio storico della salumeria valtellinese con sede a Grosotto (SO). In basso: Marcello Palmieri del Salumificio Mec Palmieri di San Prospero (MO) a Bologna con la Mortadella Favola.
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Fieragricola + Eurocarne: Verona capitale dell’agroindustria Oltre 130.000 visitatori alla 113a edizione di Fieragricola e per la prima volta la concomitanza con la 27a edizione di Eurocarne, salone delle carni e delle filiere corte
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hiude la 113 a edizione di Fieragricola con oltre 130.000 visitatori, di cui il 15% esteri, confermando la rassegna veronese tra le più attrattive a livello nazionale e europeo. Per quattro giorni l’intera filiera agricola, con oltre 1.000 aziende
espositrici e 980 animali, si è data appuntamento a Verona: in tutto dieci i padiglioni occupati e quattro aree esterne, con oltre 57.000 m2 espositivi netti distribuiti su tutti i settori, dalla meccanica agricola alla zootecnia, alle energie rinnovabili, sementi, agrofarmaci, vigneto e
frutteto, fino alla cura del verde e all’attività forestale. Si rivela dunque vincente la formula della trasversalità e della verticalizzazione specializzata delle filiere, proiettate verso nuove frontiere dell’innovazione. In contemporanea si sono infatti svolte le manifestazioni Eurocarne,
Al convegno “Futuro primario. Dalla Politica agricola comune all’agricoltura 4.0, le prossime sfide dell’agricoltura italiana ed europea”, che ha inaugurato l’edizione 2018 di Fieragricola, Gerardo Greco, direttore di Radio 1 e Giornale Radio RAI, Roberto Moncalvo, vicepresidente di COPA (Comitato delle organizzazioni professionali agricole dell’Unione europea) e presidente di Coldiretti, Paolo De Castro, vicepresidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo, Andrea Olivero, viceministro delle Politiche agricole, Herbert Dorfmann, europarlamentare componente della Commissione Agricoltura, Fabrizio De Filippis, docente di economia e politica agroalimentare dell’Università Roma 3 (photo © Veronafiere-ENNEVI).
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1) Andrea Petrini del Consorzio del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale, in rappresentanza delle tre carni di razza italiana che vantano l’Igp, ovvero Chianina, Marchigiana e Romagnola. 2) Paolo ed Elena Minozzi dell’azienda modenese Idealclima, presente a Eurocarne con “Stagionare”, la linea di armadi di stagionatura dei salumi. 3) Marco Malavasi di Unimeat, l’azienda di Mirandola (MO) specializzata in impianti e fornitrice per la macellazione e movimentazione delle carni. 4) Giovani macellaie al lavoro nello spazio Federcarni gestito dall’Associazione Macellai Veronesi guidata dal presidente Mario Giuliatti. 5) Fotografato da tutti il banco carni Federcarni, con preparati e pronti a cuocere in bella vista. 6) Francesco Camassa di Grottaglie (TA) e Ale Elaloui di Torino al lavoro nello spazio Federcarni di Eurocarne 2018 (photo © Veronafiere-ENNEVI). salone della filiera corta, e Fruit&Veg Innovation, salone sulle filiere specializzate verticali dell’ortofrutta. «La soddisfazione di aziende ed operatori presenti — ha commen-
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tato MAURIZIO DANESE, presidente di Veronafiere — testimoniano il successo e l’attualità di una manifestazione che da 120 anni fa della promozione dell’innovazione in
agricoltura la propria direttrice di sviluppo. Le sfide per il comparto primario italiano ed europeo non mancano, come ha ribadito il ministro MAURIZIO MARTINA, e
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Fieragricola continuerà quindi a lavorare per un modello di agricoltura sempre più 4.0, multifunzione e sostenibile dal punto di vista ambientale e della redditività delle imprese». «Questa 113a edizione — ha spiegato GIOVANNI MANTOVANI, direttore generale di Veronafiere — chiude all’insegna di un aumento della qualità dell’offerta in ogni settore, da quello dell’agromeccanica alla zootecnia, fino agli strumenti e ai servizi per l’agricoltura. Abbiamo voluto presentare la più ampia panoramica possibile su opportunità e prospettive nei diversi segmenti del comparto, rispondendo alle richieste dei visitatori. In particolare, sono cresciuti del 10% quelli italiani provenienti dal Centro-Sud, con un incremento maggiore da Campania, Sicilia e Sardegna. Ma
anche le delegazioni commerciali straniere da Europa, Europa dell’Est, Nord Africa, Brasile e Iran hanno dimostrato molto interesse per tecnologie e know how made in Italy. E proprio sui mercati africani, del Medioriente e del Sudamerica, siamo operativi con iniziative già avviate e nuovi progetti fieristici in programma nel 2018». Eurocarne, attrezzature, servizi e filiera corta La 27a edizione del Salone delle carni per la prima volta si è svolta insieme a Fieragricola. La rassegna, ospitata nel padiglione 11 della Fiera di Verona, ha visto la partecipazione di FEDERCARNI e dell’Associazione Macellai Veronesi guidata dal presidente MARIO GIULIATTI, che nelle quattro giornate di fiera sono stati responsabili della gestione dell’area ristoro
in cui sono stati preparati e cucinati tagli tipici della provincia veronese. Il servizio in sala è stato garantito dagli studenti dell’istituto tecnico alberghiero G. Medici di Porto di Legnago, in provincia di Verona. Eurocarne 2018 ha presentato le soluzioni per la filiera corta delle carni, con l’obiettivo di rafforzare la sinergia fra sistema allevatoriale e filiera delle carni, per arrivare al consumatore finale e rilanciare i consumi di un comparto che vale oltre 30 miliardi di euro, il 15% circa del fatturato dell’industria agroalimentare. I convegni di Eurocarne Fra i convegni che si sono svolti durante Eurocarne 2018 ricordiamo “Agricoltura di precisione e zootecnia: nuove frontiere, soluzioni e strumenti di finanziamento” organizzato da
A Fieragricola il ring zootecnico incorona i bovini d’Europa Boom di animali e di iniziative zootecniche alla 113a edizione di Fieragricola, con eventi internazionali che hanno messo a confronto bovini provenienti da diversi Paesi d’Europa. Il 17o Open Holstein Dairy Show ha visto la vittoria della bovina All. Mulino Doorman Melody, Frisona di tre anni, con due parti alle spalle e una produzione giornaliera di 45 litri di latte. L’animale è di proprietà della Società agricola Caravati di Ispra (Varese), che alleva 300 capi. Primo allevatore, l’azienda agricola Sabbiona di CISERANI IRENEO e FRANCESCO di Lodi. Primo espositore, la società agricola Errera Holsteins di DAVIDE ERRERA di Borgoforte (Mantova). L’Open Limousine Debutto molto soddisfacente per allevatori e animali presenti per l’Open della Limousine, una delle più importanti razze bovine da carne, che ha visto la vittoria spagnola nella categoria Best in Show e senior femminile (“Lebrijana”, dell’allevatore-espositore Candelella e Candeleda di Avila) e francese nei maschi (“Icone”, dell’allevatore-espositore Gaec Camus Pére & Fils di Amac La Poste). Podio italiano con“Milady”, nella categoria campionessa junior femminile. La bovina è di proprietà dell’allevatore-espositore LUIGI PASQUALETTI di Tuscania (Viterbo). L’asta delle bovine Andamento all’insegna della prudenza, invece, per l’asta dalle bovine di razza Frisona, Bruna e Jersey. Il top prize raggiunge i 3.900 euro per la manza “Carifarm Jedi Winnia Et”, nata il 7 settembre 2016 e proveniente dall’allevamento Casalis di Carignano (Torino), all’avanguardia nell’ambito della genetica (in foto, un momento dell’Open Limousine; photo © Veronafiere-ENNEVI). (Fonte: Servizio Stampa Veronafiere)
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Debutto della Nazionale Italiana Macellai, in partenza per Belfast Una sfida all’ultima battuta al coltello, tra filetti, salsicce e hamburger. È partita dalla Fiera di Verona l’avventura degli Azzurri della Nazionale Macellai Italia. Obiettivo, la competizione mondiale dei maestri della carne in programma il 21 marzo a Belfast, con la 7a edizione del World Butchers Challenge. Per la squadra italiana si tratta di un doppio debutto, a livello sia nazionale che internazionale. La selezione di macellai che si sta preparando per la spedizione in Irlanda è stata presentata in anteprima ad Eurocarne, salone dedicato alla filiera corta della carne, che si è svolto quest’anno in contemporanea con Fieragricola, la manifestazione internazionale sul mondo agricolo. Sono otto i nomi che compongono la formazione, tra cui anche una donna: il capitano e allenatore FRANCESCO CAMASSA FEDERICO DAL LAGO, ANDREA LAGANGA, GIANNI GIARDINA, MARA LABELLA, ROBERTO PASSARETTA, ALE ELALOUI e DAVIDE CECCONI. Completano la rosa, il presidente della Nazionale ORLANDO DI MARIO e FABRIZIO GASPARRINI, a disposizione come riserve. In Irlanda, gli Azzurri si misureranno con altre 11 rappresentative per cercare di strappare il titolo di campioni del mondo ai colleghi francesi. «La gara si svolge in un’unica giornata» ha detto il coach Camassa. «In 3 ore e 15 minuti dobbiamo selezionare, disossare e lavorare diversi tipi di carne di maiale, manzo, agnello e pollame con cui allestire un display lungo 7,2 metri e largo 1,5. Vengono quindi scelti cinque prodotti preparati, che devono essere cucinati al massimo in 45 minuti». Oltre all’esito dell’assaggio dei giudici, il punteggio viene attributo in base a molti altri criteri, tra cui il rispetto assoluto delle norme igieniche e di sicurezza al tavolo di lavoro, mentre grande attenzione è data alla valorizzazione di ogni parte dell’animale, per evitare qualunque spreco. Per ora, assoluto riserbo sulle ricette portate dagli Azzurri nella spedizione di marzo a Belfast. «Possiamo soltanto dire che saranno rappresentative della tradizione italiana e delle nostre regioni di provenienza, che vanno dalla Sicilia al Veneto», ha fatto sapere Camassa. Intanto gli allenamenti intensivi della squadra azzurra sono già iniziati: anche 12 ore al giorno e in condizioni “estreme”, tra i 2 e i 4 gradi di temLa Nazionale Italiana Macellai ha debuttato a Verona, sul palco- peratura, per conservare sempre la freschezza scenico di Eurocarne. In alto, da sinistra: Andrea Laganga, Davide della carne. Cecconi, Gianni Giardina, Orlando Di Mario, Mara Labella e Fabrizio Gasparrini. In basso, da sinistra: Ale Elaloui, Francesco Camassa e >> Link: www.worldbutcherschallenge.com www.facebook.com/butcherschallenge Roberto Passaretta (photo © Veronafiere-ENNEVI).
COLDIRETTI, “Il benessere animale degli allevamenti suinicoli” organizzato da CRPA, “Suini neri italiani, questi sconosciuti” organizzato da Accademia 5T e “La comunicazione della qualità e della sicurezza degli alimenti di origine animale a tutela della salute dei cittadini” organizzato da FIESA CONFESERCENTI.
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Un appello per la difesa della PAC dopo Brexit Al convegno inaugurale della rassegna veronese riflettori accesi sulla Politica Agricola Comune, il nuovo modello di globalizzazione, l’etichettatura e i trattati internazionali. «Dobbiamo difendere la
Politica Agricola Comune in queste dimensioni. Dovremo discutere su come ripartirla meglio, ma è fondamentale che l’Europa continui a considerare l’agricoltura come elemento centrale» ha detto il viceministro delle Politiche Agricole ANDREA OLIVERO, intervenendo al
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La comunicazione della qualità e della sicurezza degli alimenti di origine animale a tutela della salute dei cittadini All’interno di Eurocarne-Fieragricola si è svolto anche un convegno organizzato da Fiesa, AssoMacellai e Confesercenti, incentrato sui temi della comunicazione della qualità e della sicurezza degli alimenti di origine animale. Moderatore del tavolo è stato GAETANO PERGAMO, direttore Fiesa-Confesercenti, con la partecipazione di numerosi relatori tra cui GIANPAOLO ANGELOTTI, presidente Fiesa-Confesercenti, ROSARIO TREFILETTI, presidente ISCCON (Istituto Studi sul Consumo), il prof. AGOSTINO MACRÌ, membro del COSNALA, il Comitato Scientifico Nazionale sull’Alimentazione d’origine Animale, promosso da ISMEA e MIPAAF, MARIO ROSSONI, presidente del Gruppo Italiano Carni Equine, ALBERTO GROSSO, presidente di Assograssi, e CLARA FOSSATO, segretario generale di UNICEB. Tanti i temi trattati, dall’anagrafe zootecnica unica all’organismo interprofessionale, dalla comunicazione della carne all’educazione alimentare. Comun denominatore di tutti i relatori è stato l’impegno delle associazioni per il rilancio della filiera delle carni. Sul tema della comunicazione si è soffermata in particolare Clara Fossato. «Oggi tutto è legato al concetto di equilibrio, dalla quantità di carne da mangiare al modo di lavorare e di informare i consumatori», ha detto la rappresentante di UNICEB. «Tre anni fa, all’uscita del rapporto IARC, ci siamo trovati a gestire gli effetti di una disinformazione che allora provocò una catastrofe nei consumi. Da quel momento alcune organizzazioni hanno iniziato a lavorare insieme per la messa a punto di un piano di comunicazione sulla carne rossa. Da qui è stato sviluppato e realizzato www.carnerossa.info, un progetto nel quale la scienza, attraverso il COSNALA, Comitato Scientifico Nazionale sull’Alimentazione d’origine Animale, si mette al servizio di una corretta alimentazione». Al termine del convegno MARIO ROSSONI ha invitato sul palco numerosi operatori, tra macellerie e salumerie e gastronomie, premiati “Maestri dell’Alimentazione” con un attestato in pergamena e la foto di rito. Un bel momento di valorizzazione della professionalità di tanti operatori che nelle loro botteghe ogni giorno sono a stretto contatto con i consumatori.
convegno “Futuro primario. Dalla Politica agricola comune all’agricoltura 4.0, le prossime sfide dell’agricoltura italiana ed europea”, che ha inaugurato la fiera. E proprio da Fieragricola sono emerse le linee di quelle che dovranno essere le politiche e l’Europa del futuro, se si vuole assicurare un futuro all’agricoltura italiana: difesa della PAC. In gioco c’è un nuovo modello di globalizzazione, ancora tutto da plasmare. «Fin dalla sua nascita, nel 1898, Fieragricola ha indicato al mondo agricolo la strada dell’innovazione, cercando di dare risposte ai bisogni della società — ha dichiarato MAURIZIO DANESE — perché quando parliamo di agricoltura non dobbiamo dimenticare che facciamo
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riferimento a un settore il cui benessere riguarda tutti noi. Oggi la sfida riguarda l’agricoltura di precisione, la digitalizzazione, senza abbassare la guardia su temi che nel mondo non sono così scontati, come la sicurezza e la salubrità delle produzioni agricole e animali, la qualità, l’accesso al cibo e la redditività degli agricoltori, aspetto imprescindibile se si vuole garantire un futuro al settore e agevolare un ricambio generazionale in Italia ancora troppo lento». Moderati dal giornalista GERARDO GRECO, direttore di Radio 1 e Giornale Radio RAI, al convegno sono intervenuti: PAOLO DE CASTRO, vicepresidente della Commissione Agricoltura del Parlamento eu-
ropeo; HERBERT DORFMANN, europarlamentare componente della Commissione Agricoltura; FABRIZIO DE FILIPPIS, docente di economia e politica agroalimentare dell’Università Roma 3; ROBERTO MONCALVO, vicepresidente di COPA (Comitato delle organizzazioni professionali agricole dell’Unione Europea) e presidente di COLDIRETTI. Presenti anche CINZIA PAGNI, vicepresidente vicario della Confederazione Italiana Agricoltori (CIA), e GIORDANO EMO CAPODILISTA, componente della giunta di CONFAGRICOLTURA. (Fonti: EFA News, Eurocarne News, VeronaFiere) >> Link: www.fieragricola.it www.eurocarne.it
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Superate le 3.000 presenze per la prima edizione di iMeat España
iMeat va in Spagna e fa il pienone
L
a prima edizione di iMeat España (www.imeat.es) ha confermato la validità del format espositivo appositamente pensato per “il macellaio che vuole proiettare la sua attività al dettaglio nel futuro”. L’evento, già ampiamente
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collaudato in Italia nelle cinque edizioni di iMeat Modena, si è svolto il 4 e 5 febbraio scorsi nel quartiere fieristico di Cornella – Barcellona, dove hanno presentato i loro prodotti 37 espositori, tra spagnoli ed italiani. Su una superficie espositiva
di circa 3.000 m2, hanno fatto bella mostra di sé apparecchiature tecnologiche, attrezzature varie, carne, materiali di consumo, ingredienti, spezie, prodotti di gastronomia. Per gli espositori iMeat España è stato un ottimo esordio in rapporto alla
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qualità dei visitatori, ma anche per il loro numero: sono state contate infatti oltre 3.000 presenze provenienti da varie regioni della Spagna, oltre che dall’Italia e da altri Paesi, per esempio Malta. «iMeat España ha superato i numeri della prima edizione italiana della fiera» ha dichiarato LUCA CODATO, amministratore di Ecod e direttore generale dell’evento. «Soprattutto ha richiamato visitatori qualificati offrendo, come era nelle nostre intenzioni, interessanti occasioni di incontro e di business. iMeat, insomma, si è confermato valido strumento di marketing per approcciare il mercato individuato».
Il profilo di iMeat España è del tutto simile a quello italiano. Anche per il territorio spagnolo, quindi, si è trattato di un evento dedicato al negozio di macelleria al dettaglio proiettato nel futuro.
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Punto di incontro tra domanda e offerta come a Modena Un’attenta platea è stata quella che ha frequentato i corsi organizzati da Ecod, che hanno visto protagonista la carne, i preparati, le cotture e soluzioni innovative per accrescere il valore aggiunto del negozio di macelleria. Risultati molto positivi ha ottenuto Gremi de Carnissers de Barcelona, associazione dei macellai della Catalogna, che ha sostenuto l’iniziativa di Meat España fin dal primo momento, impegnandosi in un programma
di convegni e dimostrazioni; l’interesse degli operatori è stato attratto anche dalle performance di FEDERCARNI, l’associazione italiana dei macellai. La società organizzatrice Ecod ha annunciato di voler proseguire l’esperienza di iMeat España. «Faremo un’attenta valutazione dei commenti e dei suggerimenti provenienti sia dagli espositori che dai visitatori al fine di individuare la data migliore per lo svolgimento della seconda edizione e le ulteriori iniziative collaterali da implementare» ha concluso Luca Codato.
iMeat®, un’idea di Ecod La fiera iMeat® España, come iMeat® in Italia, è organizzata da Ecod (www.ecod.it), società proprietaria del marchio registrato iMeat®. Gremi de Carnissers de Barcelona, che Ecod ringrazia, è stata ospitata come espositore in spazi messi a disposizione da Ecod, sia per le dimostrazioni che i convegni. Federcarni ha condiviso con Ecod anche l’esperienza spagnola partecipando come espositore. La sesta edizione di iMeat® Italia è prevista per il marzo 2019, nel quartiere di ModenaFiere.
Arredo Inox protagonista a Barcellona Due giorni intensi di omaggio alla carne e a tutto ciò che ruota intorno ad essa: iMeat España è stata un successo che ha visto tra i protagonisti Maturmeat®. «Un successo dovuto soprattutto al fatto che siamo riusciti a spiegare che dietro ai brevetti di invenzione industriale pulsa un cuore tradizionale» ha dichiarato in proposito il dottor Alessandro Cuomo (in foto al centro), consulente della Federazione GREMI nonché inventore di Maturmeat®. «In soli due giorni siamo riusciti a riconfermare le partnership con le principali associazioni pubbliche e private, ma soprattutto hanno rinnovato la loro fiducia in noi in qualità di leader della maturazione delle carni sicura e legale». Arredo Inox è una delle aziende licenziatarie che può produrre il Maturmeat®, un dispositivo e metodo di maturazione brevettato originale e certificato. “Questa fiera — leggiamo nel comunicato finale di Arredo Inox — ha rappresentato per noi l’opportunità di mettere ancora una volta al centro le persone, perché le associazioni ed i grandi gruppi di categoria sono fatti da persone, da uomini e donne che amano il proprio lavoro e con passione e umiltà costituiscono l’eccellenza italiana. Abbiamo lavorato a fianco del sindacato Gremi de Barcelona, con il quale condividiamo un solo credo ovvero tutelare ed incentivare le produzioni tipiche e tradizionali. Come farlo? Attraverso la formazione ed il supporto al piccolo produttore che desidera specializzare e far crescere la propria bottega. Alessandro Cuomo è stato infatti nominato consulente per il metodo di maturazione dal Gremi. Inoltre, Maturmeat® è diventato lo sponsor ufficiale della delegazione di macelleria italiana Federcarni in rappresentanza di circa 8.000 esercenti italiani. Un ringraziamento speciale va a tutti i nostri visitatori e clienti operatori del settore interessati ed attenti alle nuove tecnologie, con un desiderio evidente di specializzarsi, migliorarsi ed investire nella crescita della propria attività”.
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IPACK-IMA e MEAT-TECH, si scaldano i motori Le manifestazioni, in programma dal 29 maggio al 1o giugno, si avviano al tutto esaurito. Attesa per il numero di visitatori internazionali in crescita
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ono state presentate agli espositori lo scorso 5 febbraio, presso la Club House di Fiera Milano, le prossime edizioni di IPACK-IMA e MEAT-TECH, le due manifestazioni organizzate da Ipack-Ima Srl, joint-venture tra UCIMA (Unione Costruttori Italiani Macchine Automatiche per il confezionamento e l’imballaggio) e Fiera Milano. RICCARDO CAVANNA e DOMENICO LUNGHI, rispettivamente presidente e AD della società or-
ganizzatrice, hanno illustrato alle oltre 100 persone presenti le novità in programma. L’edizione 2018 rappresenterà infatti un punto di svolta per le due manifestazioni, che si preannunciano più grandi, più internazionali e più ricche di innovazione rispetto al passato. I settori in mostra Le due manifestazioni risultano in crescita sia in termini di spazi occupati che di numero di esposi-
tori. IPACK-IMA, in particolare, si articolerà in otto padiglioni suddivisi in base alle business community di appartenenza delle aziende espositrici o alle specifiche merceologie. Tecnologie, materiali e accessori per le industrie della pasta, bakery, milling e confectionery saranno in mostra nei padiglioni 1 e 3. Spostandosi nei padiglioni attigui (5-7), i visitatori potranno invece scoprire le novità per il processo e il confezionamento alimentare, con un focus particolare
Dal 29 maggio al 1o giugno tecnologie, attrezzature ausiliarie e ingredienti per la lavorazione della carne faranno bella mostra di sé a MEATTECH. La manifestazione si terrà insieme ad IPACKIMA (photo © Anthony Leopold, Fotolia).
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sul fresh & convenience. L’offerta per i settori del non-food, cosmetico e beni industriali in particolare, sarà situata nel padiglione 4. Completeranno l’offerta, macchinari, attrezzature e dispositivi trasversali ai vari settori merceologici: le tecnologie per etichettatura, coding & tracking saranno collocate nel padiglione 14 mentre le aziende che operano nel fine linea occuperanno i padiglioni 6 e 10, completati dall’offerta in mostra a Intralogistica Italia, manifestazione organizzata da Deutsche Messe e Ipack-Ima e dedicata alla logistica interna. Infine, farà il suo debutto a IPACK-IMA 2018 un nuovo salone satellite dedicato ai materiali innovativi e al premium packaging: Ipack-Mat, situato nel padiglione 14, dove saranno previsti anche altri spazi tematici e di contenuti. Materiali specifici per le varie business community saranno presenti invece in tutti i padiglioni. Anche le tecnologie per l’automazione e la robotica saranno protagoniste ad IPACK-IMA con le principali aziende leader del comparto.
Focus sulle carni con MEAT-TECH Tecnologie, attrezzature ausiliarie e ingredienti per la lavorazione della carne faranno, invece, bella mostra di sé a MEAT-TECH, situata nel padiglione 2 all’ingresso East del quartiere espositivo. Alla sua seconda edizione, la manifestazione si configura come evento di riferimento europeo per e della carne e potrà contare sulla partecipazione delle principali aziende del comparto. I grandi temi Economia circolare e sostenibilità saranno al centro dello spazio gestito dal Conai, così come i prodotti in corsa per l’Oscar dell’Imballaggio nell’area gestita dell’Istituto Italiano Imballaggio. La digitalizzazione e le tematiche legate all’e-commerce saranno invece oggetto di un convegno organizzato in collaborazione con Netcomm, il consorzio italiano dell’e-commerce. L’appuntamento segue quello di successo già realizzato a fine gennaio. Soluzioni ap-
positamente pensate per la vendita attraverso i canali digitali saranno inoltre proposte dalle aziende espositrici. Altre tematiche trasversali che saranno declinate con appuntamenti specifici e attraverso l’offerta merceologica saranno quelle dell’anticontraffazione e della serializzazione nei settori food, fashion e cura della persona. Le specifiche produttive legate agli alimenti free from e al sanitary design, alla marca propria e a quella privata saranno inoltre parte dell’offerta per gli operatori dell’industria alimentare e delle bevande. La fiera 4.0 Gli incontri B2B saranno assicurati da un’innovativa piattaforma di matching on-line, My Matching, che consente un’elevata profilazione degli utenti e offre suggerimenti di incontro. Un altro strumento che sta già favorendo l’incontro tra l’offerta degli espositori e i visitatori è lo smart catalogue. Si tratta di un innovativo catalogo on-line che
Due nuove aree speciali: Meat+Cold Chain Solution e Meat & More A pochi mesi dall’apertura MEAT-TECH 2018 si sta consolidando come punto di riferimento delle aziende che operano nella fornitura di soluzioni per il confezionamento e la conservazione del fresco, uno dei comparti più dinamici dell’industria alimentare. Per completare l’offerta espositiva la seconda edizione di MEAT-TECH si arricchisce di due nuove aree speciali: 1. MEAT+Cold Chain Solution ospiterà le tecnologie per la catena del freddo, fondamentali a tutte le latitudini per conservare i prodotti prima, durante e dopo la lavorazione, 2. MEAT & More metterà in mostra attrezzature e materiali per la produzione, il taglio e il confezionamento dei prodotti a base di carne, sempre più utilizzate anche dall’industria, oltre che dalla GDO, da negozianti e dalla ristorazione. Si tratta di tipologie di attrezzature che consentono di assicurare un’ottima qualità nella preparazione dei prodotti e di aumentare la loro shelf-life nel rispetto delle norme igienico-sanitarie. Ottieni il tuo biglietto valido per due entrate. Codice invito: n° 4700937321 È possibile preregistrarsi a MEAT-TECH 2018 e ricevere un biglietto valido per due ingressi nella sezione “BIGLIETTERIA” di www.meat-tech.it con il codice 4700937321.
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Presentazione dell’edizione 2018 di IPACKIMA e MEATTECH agli espositori al Club House di FieraMilano. combina le informazioni classiche dei cataloghi fieristici con le informazioni che le aziende pubblicano sui propri canali web. Questo strumento si integra, inoltre, perfettamente, con la promozione effettuata attraverso i canali social ufficiali delle due fiere su Facebook, Twitter e LinkedIn. The Innovation Alliance IPACK-IMA e MEAT-TECH beneficeranno dalla contemporaneità con le altre fiere parte del progetto “The Innovation Alliance”: Plast, Print4All e Intralogistica Italia che occuperanno quasi l’intero quartiere fieristico di Rho-Fiera Milano con oltre 140.000 m2 di superficie espositiva netta. La partecipazione sarà facilitata da un unico titolo d’ingresso che consentirà l’accesso a tutte e cinque le manifestazioni. L’internazionalità “The Innovation Alliance” attende circa 1.000 buyer profilati, invitati delle cinque fiere grazie al supporto del Ministero dello Sviluppo economi-
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co e di ICE-Agenzia. IPACK-IMA e MEAT-TECH ospiteranno buyer provenienti da Europa, Africa, Medio Oriente, Sud America e Stati Uniti. Ottimi riscontri arrivano anche dalle preregistrazioni: risulta infatti in crescita il numero degli operatori che stanno richiedendo il biglietto di ingresso. Questi risultati sono frutto dell’intensa campagna di promozione internazionale portata avanti in questi anni con la partecipazione a circa 50 fiere nel mondo, le 5 conferenze stampa realizzate in importati mercati, le partnership con 230 editori nazionali e internazionali, le attività sui social network, le partnership con associazioni e enti internazionali, che hanno generato oltre 1 milione di contatti raggiunti. L’accordo tra Ipack-Ima, UCIMA e Messe Düsseldorf Nel corso dell’evento milanese BERND JABLONOWSKI, Global Portfolio Director Processing and Packaging di Messe Düsseldorf, ha presentato
l’accordo tra Ipack-Ima, UCIMA e Messe Düsseldorf, annunciato in anteprima a Interpack 2017. Secondo i termini dell’accordo stesso, Interpack e Ipack-Ima si daranno reciproco supporto per le proprie fiere dedicate al packaging di Düsseldorf e Milano, mentre UCIMA fornirà sostegno alle manifestazioni internazionali di Messe Düsseldorf organizzate nell’ambito dell’Interpack Alliance.
IPACK-IMA MEAT-TECH 29 maggio – 1o giugno Fiera Milano Web: www.ipackima.com www.meat-tech.it FB: @ipackima TW: @meattech2018 IN: MEAT-TECH 2018
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A Barcellona dal 16 al 19 aprile
Aspettando Alimentaria e Intercarn 2018 Innovazione e gastronomia, internazionalizzazione e accoglienza. Il quartiere fieristico di Barcellona si prepara ad ospitare l’evento biennale incentrato sul food. Tra le novità di quest’anno, l’abbinamento a Hostelco e una capacità attrattiva che ha già raggiunto 4.500 aziende espositrici
L’
edizione 2018 di Alimentaria prenderà vita lunedì 16 aprile fino a giovedì 19 insieme a Hostelco, la piattaforma internazionale dell’alimentazione, della gastronomia e dell’ospitalità, occupando oltre 100.000 m2 di
spazio espositivo, quasi l’intera superficie che si estende nella Gran Vía del quartiere fieristico di Barcellona. JOSEP LLUIS BONET, presidente di Alimentaria e Fira de Barcelona, ha spiegato i benefici della partnership tra Alimentaria e
Hostelco, sottolineando che «i due saloni aggiungono valore e contenuti a entrambe le manifestazioni, dando vita nelle quattro giornate di fiera ad una grande piattaforma internazionale per l’industria dell’alimentazione e dell’ospita-
Tra i focus del 2018 di Intercarn ci saranno le carni di alta gamma, le produzioni halal e kosher e le lunghe frollature.
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I padiglioni che ospiteranno Intercarn 2018 sono il 4 e 5, a dimostrazione della valorizzazione che gli organizzatori di Alimentaria vogliono dare alle carni e ai salumi. Il target dei visitatori comprende buyer spagnoli ed esteri della DO, GDO e canale Horeca. Non mancheranno operatori della trasformazione delle carni, macellatori e grossisti. Per la prima volta, insieme ad Alimentaria, andrĂ in scena Hostelco, Salone internazionale delle attrezzature per ristorazione, ospitalitĂ e collettivitĂ .
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Contenitori in plastica di dimensioni diverse di uso e consumo per qualsiasi tipo di industria
Con un approccio pionieristico nella creazione di un modello di fiera unico e originale, Alimentaria riunisce tutte le opportunità del settore dell’alimentazione e delle bevande in sei saloni specializzati nei mercati chiave e nelle nuove tendenze dei consumatori
lità». J. ANTONIO VALLS, managing director di Alimentaria Exhibitions, ha rimarcato a sua volta «i punti di forza di questo grande evento nel posizionamento internazionale, il ruolo dell’industria spagnola e il suo peso nei canali dell’HORECA, l’appeal della gastronomia spagnola nella ristorazione e nel turismo». Secondo Valls, «tutti questi elementi conferiscono ad Alimentaria un carattere unico, in un contesto di fiera multiprodotto, focalizzata sull’internazionalizzazione e l’innovazione (con The Alimentaria Hub), e con la gastronomia (con The Alimentaria Experience)». Per MARÍA NARANJO, a capo del comparto alimentare di ICEX, l’ente pubblico spagnolo che promuove l’internazionalizzazione delle imprese, «oltre il 52% delle imprese spagnole attive nell’agroalimentare è presente sui mercati esteri. L’export verso Cina e USA ha registrato un considerevole aumento, superiore a quello medio europeo e gli accordi commerciali siglati con Canada e Giappone apriranno nuove opportunità per l’intero settore». Tra i focus di Alimentaria 2018 c’è quindi quello di snellire e promuovere i contatti tra le aziende espositrici e gli 800 buyer internazionali provenienti da una settantina di Paesi tra cui Germania, Argentina, Ecuador, Belgio, Olanda, Italia,
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Cina, Hong Kong, Romania, Russia, Tailandia e Turchia. Una vocazione multiprodotto e molto carnivora Seguendo la formula multiprodotto Alimentaria si articolerà attraverso 6 saloni tematici specializzati: Intervin, Intercarn, Restaurama, Interlact, Expoconser e Multiple Foods. Per cogliere le opportunità di business di ogni settore, nell’ottica di export e innovazione. Intercarn, la piattaforma dedicata alle proteine animali, quest’anno offrirà numerosi spunti di riflessione sulle attuali tendenze del commercio e del consumo delle carni, con attenzione a kosher e halal, all’innovazione di prodotto e alle DOP e IGP di salumi e carni. Tra i Paesi che hanno scelto Intercarn per la promozione dei loro prodotti ricordiamo Regno Unito, Italia, Brasile, Olanda, Portogallo, Francia e Germania. Al Intercarn sarà rappresentato il 90% dell’industria spagnola di settore, per l’interesse dei buyer internazionali. Alimentaria 16-19 aprile 2018 Recinto Gran Via Barcelona (Spagna) Web: www.alimentaria-bcn.com Twitter@alimentariabcn instagram.com/alimentariabcn facebook.com/AlimentariaBCN #Alimentaria2018
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SIAL: da oltre 50 anni Parigi ispira il food business Si avvicina a grandi passi l’appuntamento col Salone Internazionale dell’Alimentazione di Parigi. Dal 21 al 25 ottobre SIAL Paris offrirà una visione a 360° del business alimentare di oggi e di domani. La presentazione alla stampa a FICO Eataly World di Gaia Borghi
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l Salone Internazionale dell’Alimentazione sceglie Bologna per presentare alla stampa l’edizione numero ventotto, che si svolgerà a Paris Nord Villepinte dal 21 al 25 ottobre prossimi. E, più in particolare, sceglie la sala congressi di FICO Eataly World, che dalla sua apertura avvenuta a novembre ha
già incontrato il favore di tanti enti, associazioni, industrie, aziende, buyer legati al mondo del food che hanno deciso di organizzare proprio qui convention, meeting, appuntamenti d’affari. «Il SIAL per noi è un punto di riferimento, perché riporta l’attenzione della business community mondiale del food
& beverage su una parte del globo dove cibo fa rima con alti livelli di qualità, sicurezza alimentare e innovazione a livello industriale» ha dichiarato l’amministratore delegato di Eatalyworld TIZIANA PRIMORI, che ha fatto gli onori di casa trasformandosi per un giorno in cicerone d’eccezione di un breve
SIAL Paris si svolgerà dal 21 al 25 ottobre a Paris Nord Villepinte. Una posizione di primo piano avranno come di consueto i settori che presentano i prodotti emergenti e le startup che propongono l’alimentazione di domani.
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Sial Paris consente di testare nuovi mercati, lanciare nuovi prodotti e incontrare i principali operatori del settore per discutere sulle sfide del futuro. Venire a Sial Paris significa scoprire opportunità di crescita e decodificare le nuove tendenze, approfittando di un formidabile trampolino per raggiungere i propri ambiziosi obiettivi
tour guidato alla scoperta del parco. «Qualità, sicurezza e innovazione sono concetti che ci sono molto cari e ispirano anche le nostre attività a FICO» ha proseguito la Primori, sottolineando la forte presenza a Bologna di professionisti della GDO e della ristorazione italiana e straniera in questi primi mesi di apertura. Ottobre: occhi puntati su Parigi capitale dell’alimentazione «Tra pochi mesi tutti gli sguardi dell’industria alimentare saranno puntati su Parigi» ha ricordato NICOLAS TRENTESAUX, direttore della rete SIAL. «Non dimentichiamoci che quella alimentare è una delle industrie più dinamiche nella maggior parte dei Paesi del G20. E il SIAL, edizione dopo edizione, è diventato senza tema di smentita il luogo d’ispirazione e d’incontro irrinunciabile per l’industria agroalimentare, il luogo in cui viene presentata l’alimentazione di oggi e dove si inventa quella di domani». Prova ne è il fatto che, ad otto mesi dall’apertura, circa il 90% della superficie del salone risulta prenotata e oltre 80 Paesi hanno confermato la loro presenza. «Abbiamo tante ragioni per essere ottimisti riguardo la crescita del mercato agroalimentare nei prossimi vent’anni» puntualizza il direttore di SIAL Group. Le cifre relative all’incremento demografico e all’aumento della classe media, con conseguente crescita del potere
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Al salone parigino edizione 2018 l’Italia si conferma seconda per numero di espositori con oltre 800 aziende (photo © Dominique Fradin 2016). di acquisto di una grossa fetta di consumatori desiderosi di diversificare la propria alimentazione, fanno sì che il centro dello sviluppo delle nuove tendenze dell’industria alimentare si sposti verso Oriente, Cina e Paesi del Sud-est asiatico in primis e quindi verso l’India e l’Africa. E nei cinque giorni di fiera gli espositori avranno l’opportunità di presentare i propri prodotti a visitatori professionisti provenienti da tutto il mondo: nel 2016 erano stati 160.000, provenienti da 194 Paesi. «In base alla loro preferenza, alle loro aspettative e necessità, questi ultimi potranno esplorare il
salone per settore o provenienza dei prodotti. Un’offerta che solo SIAL Paris propone» ha proseguito Trentesaux. «Venire a SIAL Paris significa insomma scoprire opportunità di crescita e decodificare le nuove tendenze; significa approfittare di un formidabile trampolino per raggiungere obiettivi ambiziosi. Una piattaforma unica sempre in crescita che consente di testare nuovi mercati, lanciare nuovi prodotti e incontrare i principali operatori del settore per discutere sulle sfide del futuro. Ed è anche un vero e proprio laboratorio: gli uffici R&S di tutto il mondo finalizzano le pro-
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Nicolas Trentesaux, direttore di SIAL Group (photo © Pascal Montary). prie innovazioni per poterle testare nelle corsie del salone: oltre 2.500 innovazioni saranno presentate in anteprima mondiale nel corso di SIAL Innovation». Italia protagonista L’Italia è un Paese importantissimo per il SIAL, secondo solo alla Francia come numero di espositori. «Riconosco ed ammiro il dinamismo dell’industria alimentare italiana
e la sua capacità di penetrare con facilità i mercati esteri conquistandone la fascia della cosiddetta “quotidianità”» ha detto parlando del nostro Paese Trenteseaux. «Ad oggi contiamo sul 30% in più di iscrizioni di aziende italiane rispetto allo stesso periodo del 2016 e sulla presenza confermata di 13 regioni. Direi che le premesse per raggiungere ottimi risultati anche per quest’anno quindi ci siano tutte».
2018: le novità Forte del successo dell’iniziativa lanciata nel 2016, SIAL continuerà a promuovere i prodotti che riflettono i trend emergenti dedicando loro appositi spazi. All’interno della nuova area dedicata all’Alternative Food saranno raggruppati i prodotti biologici, i prodotti “sani” (la salute insieme al piacere si conferma uno dei motori di ricerca e scelta di acquisto dei prodotti alimentari), ecoresponsabili, sostenibili. Sempre qui troveranno posto anche tavole rotonde, conferenze e la proposta di visite guidate. E ancora, bevande in primo piano, prodotti made in France raggruppati sotto un’unica insegna, una zona tech per consentire alle microimprese e alle PMI di presentare le proprie tecnologie ed attrezzature e uno spazio dedicato a startup europee, studi mondiali e spazi esperienziali. Per finire, la cucina stellata sarà rappresentata in fiera dallo chef Yannick Alléno, padrino di questa edizione, che parteciperà al comitato di selezione dei premi assegnati da SIAL Innovation e creerà il proprio itinerario attraverso il salone sul tema “ristorazione”. Gaia Borghi
Nell’Anno del Cibo, Cibus prepara un’edizione speciale Anche Cibus intende celebrare alla grande il 2018 proclamato dal Governo italiano “Anno del Cibo”: sono infatti attesi a Parma, dal 7 al 10 maggio prossimi, più di 3.000 aziende espositrici e un numero crescente di operatori e buyer delle più importanti catene di distribuzione mondiale tra cui Metro Canada, H-E-B, Sam’s Club, Publix Supermarkets, Wakefern, Whole Foods e Kehe Distributors (dal Nord America); Grupo Pao de Açucar e Cencosud (dal Sud America); Mercadona, Coop Suisse, Rewe Group, Auchan Retail, Delhaize, Axfood, Sodexo, Marks&Spencer (dall’Europa); Womai, Metro Cash&Carry China, BHG Group, Daimaru, Aeon Group, Lotte, Emart, Village Grocer (dall’Asia); Panda, Carrefour, Lulu Hypermarket e Spinneys (dal Medio Oriente). Auchan Retail Italia sarà presente con un’area propria in cui presenterà la propria azione internazionale per valorizzare i prodotti alimentari italiani; saranno anche presenti buyer e manager di Auchan Retail da tutto il mondo. Ci sarà un’area dedicata ai più innovativi e originali prodotti alimentari immessi sul mercato, selezionati da una giuria di esperti e sarà presentato il nuovo Padiglione 8 riservato alle collettive istituzionali. Per l’edizione di maggio sarà più esteso il programma dei convegni e seminari, con novità assolute come l’evento sul marketing in store organizzato da Università di Parma e IPSOS. «Cibus è un osservatorio privilegiato per comprendere le tendenze di un comparto sempre più strategico per il nostro Paese» ha dichiarato Antonio Cellie, CEO di Fiere di Parma, alla presentazione della prossima imminente edizione. «Oggi più che mai l’agroalimentare è uno snodo decisivo per lo sviluppo del pianeta sul piano ambientale, sanitario e culturale. Per questo 80.000 professionisti di cui gran parte esteri si ritrovano a Parma ogni 2 anni». >> Link: www.cibus.it
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19° SALONE INTERNAZIONALE DELL’ALIMENTAZIONE
PARMA.7|10MAGGIO.2018
WELCOME TO FOODLAND
TECNOLOGIE
Tutto ciò di cui ha bisogno il ristorante
Pabulo: dove l’artigianato incontra la tecnologia
I
l mondo della ristorazione è in continua evoluzione, ancora di più nella Capitale. Sempre più spesso le imprese hanno la necessità di snellire i processi di lavorazione, ridurre i costi e ottimizzare spazi e risorse per essere più competitive sul mercato. È proprio per rispondere a queste esigenze che nasce Pabulo: una startup innovativa nel campo della trasformazione alimentare, unica nel suo genere e creata da professionisti con un’esperienza pluriennale nel settore della ristorazione. Pabulo è un laboratorio per la ristorazione in grado di realizzare semilavorati di alta qualità gastronomica, preparati in modo flessibile in base alle esigenze del singolo ristorante, adatti sia come prodotti finiti che come base per l’allestimento della mise en place per il servizio.
«Le soluzioni che proponiamo sono pensate ad hoc per tutti i ristoratori che desiderano lavorare in modo più semplice e fare a meno di gran parte della logistica di preparazione e conservazione necessaria a una ristorazione di qualità pur mantenendo alti standard qualitativi» spiega MARCO GIANNOTTI, direttore di stabilimento della Pabulo. L’offerta è estremamente variegata e personalizzabile in base alle richieste: carne, pesce, verdure, prodotti per la panificazione e per la pasticceria. Tutte le materie prime, di prima qualità, vengono stoccate e lavorate nel cuore pulsante del laboratorio per poi prendere forma ed essere consegnate direttamente al ristoratore. Non è un caso che lo stabilimento si trovi a Roma in zona Tiburtina, a solo un chilometro dal
C.A.R. – Centro Agroalimentare Romano. Dietro le quinte si nasconde però una tecnologia innovativa, ovvero la soluzione IT completa CSB-System. Il progetto in generale «Nel 2016 il gruppo al quale Pabulo fa riferimento possedeva già cinque ristoranti per circa 3.000 coperti al giorno. Una realtà impegnativa con grande potenziale di crescita visti i riscontri positivi della nostra clientela. Su suggerimento di un conoscente, già cliente della CSBSystem Srl, e incuriosito dai risultati delle mie ricerche on-line — ricorda Marco Giannotti — ho deciso di
La cucina all’interno dello stabilimento di Pabulo.
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L’IMPORTANZA DEL PACKAGING
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A sinistra: evasione ordini con terminalino. A destra: movimentazione della produzione. contattare l’azienda veronese per valutare insieme costi e benefici dell’implementazione di un gestionale ERP come il CSB-System all’interno della nostra azienda». Dopo un’attenta analisi, si è deciso di implementare l’intero pacchetto base per sfruttare al meglio i vantaggi di un software integrato e collegare così i processi aziendali l’uno all’altro: dagli acquisti centralizzati alla produzione fino alla gestione del magazzino e all’evasione ordini con terminalini; processi complementari quali la gestione dei valori nutrizionali, la rintracciabilità, l’EDI per ricevimento ordini clienti, sono anch’essi totalmente eseguiti con il CSB-System. Acquisti centralizzati e maggiore controllo con il CSB-System «Oggi Pabulo serve sette ristoranti che fanno riferimento alla stessa proprietà e rifornisce parecchi altri locali nell’area romana. Al fine di fornire alla direzione aziendale la necessaria trasparenza sulla quale poi fondare le sue decisioni, il nostro rilevamento dati è attento, rigoroso e trasversale, e ha inizio già in fase di entrata merci» spiega FABRIZIO MARIOTTI amministratore dell’azienda. Il modulo Acquisti permette una gestione ottimale degli ordini ai fornitori, con il ricevi-
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mento della merce tramite lettura del codice a barre (EAN 128) stampato dal fornitore e stampa etichetta di ricevimento direttamente dal CSB-System. Tale attività avviene sia da postazione fissa sia da terminale mobile, con conseguente controllo fatture, carico a magazzino, statistiche e puntuale rispetto di tutte le norme sulla rintracciabilità. L’eccellenza in 2.000 m2 Oltre alle postazioni in ufficio, nello stabilimento vi sono sei postazioni CSB-System con collegamento a bilance, scanner ed etichettatrici, di cui una al ricevimento merci, una allo stoccaggio/uscita celle, due al carico/scarico produzione, una al confezionamento, una all’uscita merci/spedizione, per un totale di 15 licenze. Il cuore pulsante è l’area ricerca e sviluppo. Al suo interno vengono continuamente testati i prodotti per garantire uno standard qualitativo elevato, oltre che costante. La disponibilità di risorse, umane e tecnologiche, dedicate esclusivamente alla sperimentazione rende la Pabulo una delle più competitive del settore. Anche la produzione è stata ottimizzata con l’aiuto del CSB-System. Tramite pc industriali multifunzione integrati con bilance, vengono elaborati i lotti di produzione. Qui
per ogni ricetta il software stabilisce quale materia prima utilizzare e in quale quantità. La rigida definizione delle ricette garantisce processi efficienti ed un impiego ottimale delle materie prime. Premendo un tasto, gli ingredienti vengono scaricati dal magazzino e resi disponibili per la produzione. I prodotti pronti e i semilavorati vengono pesati e inseriti nel sistema, etichettati con “GS1-128-Barcode” e stoccati, secondo le norme di sicurezza previste per l’industria alimentare e poi nuovamente scaricati durante l’evasione degli ordini. Solo così è possibile garantire prodotti sempre freschi, privi di conservanti, sicuri dal punto di vista igienicosanitario e con un elevato standard qualitativo. I locali adibiti alla preparazione sono progettati come spazi singoli ben distinti, ma connessi tra di loro, dove le materie prime attraversano diverse fasi seguendo un percorso obbligato e non tornano più indietro: ricevimento merci, deposito, preparazione, lavorazione, confezionamento e stoccaggio; il tutto a temperatura sempre controllata. «Grazie all’utilizzo di processi di trasformazione avanzati (cotture lunghe, a bassa temperatura, sotto vuoto, affumicature, ecc…), siamo in grado di offrire oltre 400 tipi di semilavorati, freschi e congelati, che
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abbracciano l’intera gamma dell’alimentazione mediterranea: cereali e legumi, sughi e salse, verdure, rustici infornati, pane, pizza, fritti di alta qualità; e ancora lavorazioni a base di carne, preparazioni per gastronomie, anche ittiche, prodotti vegani e menu bambini, prodotti per pasticceria. Una volta ricevuto l’ordine, consegniamo i prodotti a Roma entro le 24 ore, grazie ad un’evasione ordini puntuale ed efficiente» aggiunge Fabrizio Mariotti. I vantaggi del picking con applicazione Mobile ERP «Da noi la tecnologia è al servizio dell’artigianato. Tutti i prodotti che escono dal nostro stabilimento hanno il gusto genuino delle cose fatte a mano, con i vantaggi logistici e tecnologici di un’organizzazione industriale» afferma Giannotti. E continua: «con l’M-ERP picking del CSB-System i nostri operatori ricevono i dati degli ordini dal sistema ERP su apparecchi mobili con funzione di lettura tramite scanner. I dipendenti passano con scanner il codice a barre dell’articolo da evadere, prelevano la quantità indicata sul dispositivo di Presa Mobile dei Dati (PMD) e confermano il processo premendo un tasto. Grazie al collegamento diretto degli apparecchi PMD al CSBSystem, l’evasione degli ordini è immediata. Dopo avere visionato lo stato delle disponibilità non solo nel momento dell’inserimento dell’ordine bensì al momento in cui l’ordine dovrebbe essere evaso, Pabulo può proporre al cliente, in fase d’ordine, anche eventuali alternative di acquisto basate sulla disponibilità corrente. L’integrazione a monte dei diversi processi ha reso pertanto più semplice l’organizzazione delle vendite, con la preparazione delle offerte, l’elaborazione degli ordini e la gestione dei listini, eliminando doppi inserimenti e riducendo la possibilità di errore del personale. Anche gli inventari così come il trasferimento di merci dallo stabilimento ai ristoranti avviene con applicazione M-ERP del CSB-System».
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Quando si parla di qualità, meglio andare sul sicuro Se si sta pensando di avviare un ristorante, rifornirsi da Pabulo consente un minore investimento iniziale e maggior contenimento dei rischi di produzione, per non parlare di una consulenza su misura e a tutto tondo: dalla creazione personalizzata dei prodotti più adatti al ristorante (buffet, aperitivi, business lunch, ecc…) fino ai consigli di utilizzo per lo chef. «I nostri clienti hanno ridotto gli investimenti in macchinari e attrezzature così come i costi di stoccaggio. Hanno potuto ampliare gli spazi ad uso commerciale, dal momento che quelli necessari per cucine, frigoriferi e magazzino sono diminuiti. A nostra volta, grazie all’investimento in un gestionale all’avanguardia come il CSB-System, noi abbiamo fatto enormi balzi in avanti per quel che riguarda la trasparenza e l’efficienza della nostra filiera. La tracciabilità che ne consegue consente elevati standard di controllo di gestione e sicurezza alimentare. Anche il servizio al cliente è migliorato perché grazie al CSB-System abbiamo sempre a disposizione numeri concreti su piatti prodotti, giacenze di magazzino, fabbisogni e vendite. Potendo noi oggi lavorare in modo più efficiente, rapido e preciso, posso affermare che l’investimento nel software CSB-System è stato rapidamente ammortizzato» conclude Giannotti.
Referente: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (Verona) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com
Eccellenza italiana nell’igiene Il marchio “Linea Flesh” garantisce la qualità e la cura con cui ogni prodotto viene studiato e realizzato
L’
espressione che funge da titolo di queste righe è ormai utilizzata in maniera molto diffusa e, forse banalmente, come slogan promozionale da parte di varie aziende, spesso senza però che queste si chiedano quale sia il suo significato originario. Ebbene, nella sua etimologia greca, il termine “igiene” allude all’idea di salute, mentre il poeta Dante definisce l’eccellenza come ciò “che si innalza sugli altri per pregi, qualità e dignità”. La filosofia dell’azienda Linea Flesh, in questa direzione, è quella di assicurare al suo pubblico di consumatori, con costanza e serietà professionale, un prodotto che si distingue e si differenzia sul mercato per il suo valore di salubrità e di benessere. Ovviamente, dietro a un tale standard di prestigio, c’è una lunga storia.
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Linea Flesh nasceva, infatti, nell’ottobre del 1993, dall’iniziativa di un rappresentante con un’ottima conoscenza dei prodotti chimici legati all’igiene, che scelse di affacciarsi al mondo imprenditoriale. Lo scopo era quello di portare nella vallata del Chiampo e, in particolare, nell’ambiente arzignanese, noto per la produzione conciaria, una dimensione nuova, che si slegasse dall’ambito locale per puntare, invece, ad una sfera più ampia quale quella italiana. Tanto è vero che, oltre ai dodici dipendenti che lavorano nella sede centrale in Via della Concia 8, l’azienda si serve di una rete di delegati che copre tutto il territorio nazionale. Partendo dalla realizzazione di strumenti per il settore della detergenza e dell’igiene alimentare (abbigliamento e prodotti monouso, scope e spazzole,
prodotti detectable), Linea Flesh® si è poi dedicata anche agli elaborati in acciaio inox (contenitori di rifiuti e carrelli), di cui è leader indiscussa, acquistando la materia prima rigorosamente da aziende del Vicentino, data l’importanza da noi attribuita al made in Italy. La novità attuale è il distributore di copri-scarpe automatico, comodo, utile e veloce da utilizzare in ogni contesto, mentre per il futuro prossimo la sfida è offerta dal settore della cosmesi e dei prodotti utilizzati negli studi di odontoiatria, come i dispenser elettronici igienizzanti o i porta bobina a terra o a muro. Qualità e professionalità Il marchio Linea Flesh® garantisce la qualità certificata UNI EN ISO 9001 e la cura con cui ogni prodotto viene studiato e realizzato,
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Il marchio Linea Flesh® garantisce la qualità certificata UNI EN ISO 9001 e la cura con cui ogni suo prodotto viene studiato e realizzato, assicurando al contempo consegne rapide e un’assistenza specializzata.
Saremo presenti a MEAT-TECH 2018 in programma a Fiera Milano, dal 29 maggio al 1o giugno
assicurando consegne rapide ed un’assistenza specializzata e costante. Segue il metodo HACCP che si basa sul monitoraggio dei punti della lavorazione degli alimenti in cui si prospetta un pericolo di contaminazione sia di natura biologica che chimica o fisica. È sistematico ed ha basi scientifiche. La sua finalità è quella di individuare ed analizzare pericoli e mettere a punto sistemi adatti per il loro controllo. Linea Flesh® vuole diventare un punto di riferimento nel campo delle produzioni alimentari. Crede
Obiettivo di Linea Flesh è diventare un punto di riferimento nel campo delle produzioni alimentari. L’azienda crede nella collaborazione e nello scambio di idee tra gli operatori, al fine di creare un sistema sempre più innovativo. In proposito, un continuo aggiornamento di progettazione è volto al conseguimento di quelle regole che convergono verso il fine ultimo: la sicurezza del consumatore
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fortemente nella collaborazione e nello scambio di idee tra gli operatori, per creare un sistema sempre più innovativo. Si presta ad un continuo aggiornamento di progettazione che possa apportare un contributo significativo al conseguimento delle regole che inevitabilmente convergono all’unico obiettivo che è la sicurezza del consumatore. Linea Flesh® è un fornitore qualificato che crea dei prodotti all’avanguardia, consoni alle procedure di controllo dei pericoli e delle contaminazioni organiche e alimentari previste dal Reg. CE 852/2004 e 853/2004. Per questo, la clientela dei vari settori si affida a noi per le proprie esigenze di sicurezza nell’igiene. Linea Flesh Srl Via della Concia 8 36071 Arzignano (VI) Telefono: 0444 672544 E-mail: commerciale@lineaflesh.com Web: www.lineaflesh.com
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Rivoluzionare l’etichettatura con la tecnologia linerless La soluzione totale di DIGI per un’etichettatura più economica, efficiente ed ecosostenibile
M
entre cresce l’attenzione dei consumatori verso la provenienza e gli ingredienti contenuti nei prodotti acquistati, anche gli obblighi relativi all’etichettatura alimentare sono aumentati: dopo l’entrata in vigore del Regolamento europeo n. 1169/2011, infatti, le informazioni da riportare in etichetta sono diventate più numerose e devono includere testi più articolati e leggibili.
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Si è resa necessaria quindi una soluzione in grado di contenere i costi e che semplifichi la gestione di diversi formati di etichette. L’innovativa soluzione linerless per l’etichettatura tiene conto di queste esigenze, permettendo al tempo stesso di sfruttare il packaging per promuovere i prodotti e aumentare le vendite. Il risultato è garantito: etichette di dimensioni perfette, nel massimo rispetto dell’ambiente.
La soluzione linerless per l’etichettatura firmata DIGI.
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La soluzione linerless di DIGI La tecnologia linerless, nella sua innovativa semplicità, si conferma vincente. La stampa avviene su un rotolo di carta continuo privo di supporto cartaceo, per un consumo totale di tutta la superficie del rotolo. DIGI, azienda leader nella produzione di bilance e sistemi di confezionamento ed etichettatura, è stata in grado di rivoluzionare ulteriormente questa soluzione unendola ad una taglierina automatica presente sulle stampanti e sulle etichettatrici: si assicura così una stampa di qualità e personalizzabile con la possibilità di creare etichette di varie dimensioni. Grazie alla flessibilità offerta da questa tecnologia, stampare tutte le informazioni obbligatorie e facoltative sulle etichette non sarà più un problema. 1. Le 3 E della tecnologia linerless: Economica, Efficiente, Ecosostenibile Il rotolo di carta linerless non presenta alcun supporto antiadesivo, permettendo l’utilizzo di tutto il materiale senza produrre rifiuti: tutto quello che rimane al termine del rotolo linerless è l’anima in cartone riciclabile. Sfruttando l’auto-cutter
e la funzione di ridimensionamento automatico, in grado di riconoscere ed eliminare gli spazi inutilizzati sull’etichetta, la superficie di stampa viene ridotta al minimo necessario. In questo modo, si riduce lo spreco di carta, stampando così etichette più invitanti senza spazi vuoti. Tutto questo comporta una semplificazione nello stoccaggio delle etichette. Un unico rotolo è sufficiente anche in presenza di diversi layout, eliminando così il bisogno di sostituirlo in caso di etichette con dimensioni differenti. 2. Tracciabilità, valori nutrizionali e allergeni Nell’etichettatura alimentare è obbligatorio evidenziare differenti informazioni di tracciabilità per tipologia. Per rendere le operazioni più snelle ed efficienti, sulle macchine DIGI è possibile programmare le indicazioni d’origine affinché siano richiamate automaticamente insieme ai dati del prodotto. Vige inoltre l’obbligo di dichiarare l’eventuale presenza di sostanze che possono provocare allergie ed intolleranze alimentari: questi dati devono essere riportati in un tipo di carattere chiaramente distino
Il sistema integrato di pesatura, confezionamento ed etichettatura AW-5600AT stampa e applica in automatico fino a 4 etichette linerless. dagli altri ingredienti e con una dimensione minima di 1,2 mm. Sui dispositivi DIGI, anche la gestione di questi dati risulta semplificata. Una libreria interna permette di riconoscere ed evidenziare gli allergeni in automatico su ogni etichetta, mentre l’alta qualità di stampa assicura testi sempre nitidi e ben leggibili. Anche la creazione e la compilazione di tabelle nutrizionali si rivela semplicissima. Per includere ulteriori informazioni su una seconda etichetta, come ad esempio le indicazioni di cottura, ricette o abbinamenti consigliati, è possibile sfruttare le etichettatrici multiple
Sfruttando l’auto-cutter e la funzione di ridimensionamento automatico, in grado di riconoscere ed eliminare gli spazi inutilizzati sull’etichetta, la superficie di stampa viene ridotta al minimo necessario. In questo modo, si riduce lo spreco di carta, stampando così etichette più invitanti senza spazi vuoti
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DIGI I’s, la fabbrica di Iwate, in Giappone, dove vengono prodotti i sistemi integrati di pesatura, confezionamento ed etichettatura della Serie 5600 di DIGI. presenti sulle macchine DIGI: si aumentano le potenzialità promozionali della confezione e il cross selling di prodotti complementari. 3. Nessuna rinuncia nella qualità di stampa Sia le bilance che i sistemi integrati di confezionamento DIGI offrono una stampa a 300 dpi, con testine termiche che raggiungono fino a un massimo di 80 mm. Unendo quest’altissima qualità di stampa alla tecnologia linerless è possibile rendere le etichette un vero e proprio strumento di marketing a tutti gli effetti, creando una soluzione
personalizzata per ogni etichetta. Senza più dovere rispettare i vincoli dettati da formati fissi, è possibile creare etichette di varie dimensioni e scegliere tra diverse possibilità promozionali: tra queste, troviamo le etichette avvolgenti, la stampa di bollini su supporti colorati e anche la stampa con filigrana per risaltare ulteriormente il proprio brand. Inoltre, non dovendo più rispettare vincoli di formato, è possibile distribuire i contenuti su più etichette. Per i prodotti che necessitano di molto spazio, ad esempio, è possibile sfruttare l’etichettatrice per il
Fondata in Giappone nel 1934, DIGI è arrivata in Italia nel 2017, aprendo la propria filiale DIGI Italia Srl a Castel Maggiore (BO). Da sempre guidata dalla continua ricerca dell’innovazione, DIGI produce sistemi di pesatura, confezionamento ed etichettatura con tecnologie all’avanguardia. A differenza dei concorrenti, le confezionatrici DIGI sono integrate di bilancia ed etichettatrici multiple, per offrire soluzioni complete in un solo dispositivo: per il cliente questo si traduce in un unico partner su cui contare sia come fornitore per il retail e l’industria alimentare, che per l’assistenza e la manutenzione.
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lato inferiore, lasciando il prodotto ben visibile senza rinunciare alle informazioni presenti in etichetta. Una tecnologia vincente, sotto tutti i punti di vista Se le regole comunitarie impongono obblighi crescenti sull’etichettatura alimentare ed i consumatori richiedono più informazioni e trasparenza sui prodotti, è necessaria una soluzione che sia al tempo stesso completa e semplice: la tecnologia linerless permette di soddisfare queste esigenze, senza rinunce in termini di qualità di stampa, costi e gestione dei consumabili.
DIGI Italia Srl Via Achille Marabini 14 40013 Castel Maggiore (BO) Telefono: 051 0458421 E-mail: info@it.digi-group.com Web: www.digisystem.com/it
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Jarvis, qualità certa, anzi certificata
Una nuova generazione di storditori e cartucce universali Sicuri che i sistemi a cui vi affidate siano certificati? Quelli di Jarvis lo sono. Le nuove certificazioni CE assicurano che le cartucce e le pistole per l’abbattimento Jarvis lavorino nel pieno rispetto del regolamento CE 1099/2009 per il benessere animale. La gamma delle cartucce Jarvis certificata C.I.P., è pienamente compatibile con i modelli di altre marche attualmente sul mercato. Il nostro centro di Assistenza tecnica è qualificato per riparazioni ed emissione test di conformità degli abbattibuoi di tutte le marche. Jarvis è una certezza di qualità ed assistenza tecnica. Jarvis è certificata.
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2017 EC Type-examination Certificate issued by PTB Braunschwieg / D
STATISTICHE
Il commercio con l’estero delle carni 3o trimestre 2017 di Aurora De Santis
L’elaborazione sul commercio con l’estero degli animali vivi e delle carni. Fonti e metodologia Istituto Nazionale di Statistica effettua, a partire dal 1990, un’elaborazione sul commercio con l’estero degli animali vivi e delle carni. Vengono elaborati mensilmente i dati prodotti dal servizio Commercio con l’estero, con riferimento al numero dei capi e al relativo peso vivo, nonché ai quantitativi di carne scambiati con l’estero.
L’
Le specie prese in esame sono: bovina, suina, ovicaprina, avicola ed equina. Si distinguono gli scambi intra-UE da quelli con il resto del mondo. I dati non vengono però aggiornati con le successive uscite del servizio Commercio con l’estero di dati definitivi. I dati sono disponibili in forma cartacea dal 1990 al 2008 e, successivamente, sono stati diffusi sul sistema informativo Agri.istat.it a partire dal 2009. Le fonti dell’elaborazione sono due rilevazioni ISTAT, entrambe
mensili: Cessioni/acquisti beni con i paesi UE (sistema Intrastat) e Commercio speciale esportazione/importazione extra-UE. Una volta acquisiti i dati, vengono effettuati controlli di congruenza con dati precedenti della stessa elaborazione e successivamente archiviati e diffusi su banche dati sia ISTAT che EUROSTAT. Bibliografia • Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), www.istat.it • Sistema Statistico Nazionale (SISTAN), www.sistan.it
Con più di 13 milioni di ettari dedicati, la Francia è il paese che detiene la più grande superficie di pascolo in Europa. La razza bovina più importante della nazione è la Charolaise.
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805.830 16.734 24.798
Ovini
Caprini
Equini
712.072 18.695 16.303
Carni suine
Carni ovine-caprine
Carni equine
–8,6
1,0
–1,5
–2,6 2,0
–10,3
–6,4
–6,7
–3,4
–2,8
0,2
–3,0
–93,8
6,5
2,7
–3,1
–4,7
Var. % rispetto all’anno precedente
Fonte: ISTAT, elaborazione sul commercio estero degli animali vivi.
241.697 38.469
Carni bovine – fresche o refrigerate – congelate
9.642.629
1.194.076
Suini
Pollame domestico
843.820
82.144
1
348.080
Totale bovini
Riproduttori di razza pura
Altri non domestici
Altri
3.563
156.140
Giovenche
Vacche
253.892
Vitelli
Categorie
Totale mondo
Commercio con l’estero degli animali vivi e delle carni
14.752
16.094
711.700
230.632 20.031
9.642.629
24.779
16.734
805.830
1.194.076
843.801
82.131
1
348.074
3.563
156.140
253.892
di cui Europa
–9,4
5,4
–1,5
–1,8 36,3
–10,3
–6,4
–6,7
–3,4
–2,8
0,2
–3,0
–93,8
6,5
2,7
–3,1
–4,7
Var. % rispetto all’anno precedente
Importazioni
1.940
2.503
72.680
60.965 34.002
15.344.277
707
3.225
1.251
941
16.854
1.533
11
363
876
406
13.665
Totale mondo
16,1
93,3
–2,6
–7,5 12,9
2,5
–51,2
459,9
121,0
–52,0
–46,4
–50,0
—
51,3
–32,3
–44,2
–47,6
Var. % rispetto all’anno precedente
Tavola 1 – Dati mensili sul commercio estero degli animali vivi e delle carni (gennaio-settembre 2017)
1.174
1.544
46.003
59.452 26.838
12.349.867
553
3.225
1.251
941
15.823
1.151
11
362
818
72
13.409
di cui Europa
Esportazioni
31,8
67,6
–10,0
–5,5 7,5
2,6
4,3
459,9
121,0
–51,9
–39,6
–47,6
—
50,8
–36,8
–56,4
–39,9
Var. % rispetto all’anno precedente
Dati ANAS sulla suinicoltura
Prospettive per il mercato agricolo comunitario
S
2030, sostenuta prevalentemente dall’Asia e dall’Africa Sub Sahariana. I livelli della domanda cinese dopo la ristrutturazione del comparto interno sono un fattore di incertezza che può condizionare pesantemente il mercato suinicolo mondiale. Le esportazioni comunitarie verso la Russia non dovrebbero aumentare anche qualora venisse meno il bando alle importazioni dalla UE. Gli analisti ritengono che l’incremento produttivo previsto in Brasile sarà prevalentemente assorbito dal mercato interno e che Stati Uniti e Brasile rimarranno paesi competitivi sul mercato mondiale.
Produzione econdo il rapporto UE diffuso lo scorso dicembre, le attese fino al 2030 sono di una crescita marginale della produzione suinicola comunitaria dovuta essenzialmente alla stabilizzazione dei consumi interni, alla concorrenza sul mercato mondiale e alle esigenze di tutela ambientale. Commercio Secondo gli analisti comunitari, la domanda mondiale di carne suina dovrebbe crescere più lentamente rispetto all’ultimo decennio, arrivando a 8,4 milioni di tonnellate nel
Consumi Il consumo pro capite nella UE-15 scenderà fino a 30,3 kg nel 2030, ma il consumo totale sarà in tendenziale aumento a causa della crescita della popolazione. Negli altri 13 Paesi dell’Unione Europea il consumo pro capite dovrebbe aumentare gradualmente, fino a raggiungere i 36,5 kg nel 2030. Prezzi I prezzi delle carni suine dovrebbero rimanere sostanzialmente stabili. Le attese sono di un prezzo medio comunitario pari a 1,579 €/kg (peso carcassa) nel 2030.
Previsioni 2017-2030 sul mercato suinicolo UE (.000 di tonnellate peso carcassa) 2016
2017
Diff. % 2017/16
2020
Diff. % 2020/17
2025
Diff. % 2025/20
2030
Diff. % 2030/25
23.762 20.281 3.480
23.497 20.086 3.411
–1,1 –1,0 –2,0
23.640 20.068 3.572
0,6 – 0,1 4,7
23.600 20.044 3.556
– 0,2 – 0,1 – 0,4
23.590 19.946 3.645
0,0 – 0,5 2,5
Import di suini vivi
0
0
—
0
0,0
0
0,0
0
0,0
Export di suini vivi
10
6
– 40,0
20
233,3
20
0,0
20
0,0
20.952 16.216 4.735
20.945 16.219 4.727
0,0 0,0 – 0,2
21.119 16.333 4.785
0,8 0,7 1,2
21.048 16.324 4.724
– 0,3 – 0,1 –1,3
20.869 16.218 4.650
– 0,9 – 0,6 –1,6
Consumi pro capite (peso al dettaglio) UE-15 UE-N13
32,0 31,1 35,4
31,9 31,0 35,5
– 0,3 – 0,3 0,3
31,9 30,9 36,2
0,0 – 0,3 2,0
31,8 30,6 36,3
– 0,3 –1,0 0,3
31,5 30,3 36,5
– 0,9 –1,0 0,6
Import carne suina
12
13
8,3
24
84,6
31
29,2
42
35,5
Export carne suina
2.812
2.559
–9,0
2.526
–1,3
2.564
1,5
2.744
7,0
Prezzi UE €/t peso carcassa
1,460
1,653
13,2
1,580
– 4,4
1,616
2,3
1,579
–2,3
Prezzi mercato mondiale “Atlantico” (Brasile) – €/t p.c.
1,917
2,182
13,8
2,072
–5,0
1,977
– 4,6
1,770
–10,5
Prezzi mercato mondiale “Pacifico” (USA) – €/t p.c.
1,277
1,452
13,7
1,343
–7,5
1,214
–9,6
1,260
3,8
Produzione di cui UE-15 di cui UE-N13
Consumi (*) di cui UE-15 di cui UE-N13
(*) peso al consumo. Il coefficiente di trasformazione da “peso carcassa” a “peso al consumo” è 0,78. Fonte: elaborazione ANAS su dati Commissione UE – EU Agricultural Outlook for the EU Agricultural Markets and Income 2017-2030/dicembre 2017.
146
Eurocarni, 3/18
STORIA E CULTURA
Hamburger, un successo economico e tecnico L’incontrastato e persistente successo degli hamburger trova le sue origini nell’uso di tagli economici di carni nutrienti, sane e sicure, con una particolare tecnica di produzione e cottura di un cibo che risponde alle moderne abitudini di Giovanni Ballarini
S
e è vero, come si è sempre detto, che del maiale non si butta via nulla, lo stesso vale anche per altri animali. Per tutti i tagli di carne dei bovini, ad esempio, vi sono sempre stati usi in cucina specifici, considerando tuttavia che il valore nutrizionale del muscolo è costante, qualunque sia la sua origine: quarti anteriori o posteriori, tagli di prima, seconda o terza scelta. I quarti posteriori e muscoli particolari come filetto e controfiletto hanno dato origine a preparazioni gastronomiche di pregio, e ancora oggi sono destinati ad arrosti e stufati, mentre i quarti anteriori e altre parti si prestavano ad essere trasformate in preparazioni che necessitavo di lunghe o lunghissime cotture, cadute per lo più in disuso.
148
Carne dei bovini da latte a fine carriera In tempi ancora abbastanza recenti, predominavano le razze bovine da lavoro, con buoi e vacche macellate a fine carriera. Oggi sono quasi scomparse le razze a duplice (carne e latte) o triplice (carne, latte e lavoro) attitudine e l’allevamento bovino prevede solo la distinzione in animali da carne e animali da latte. In Italia sono allevati circa 1.400.000 bovini da latte e nell’Unione Europea questi animali sono circa 23 milioni. Sono animali selezionati per la produzione di elevate quantità di latte, inviati a macello a fine carriera con un’età media di 5-6 anni (e dopo aver prodotto tra i 300.000 e i 400.000 litri di latte), pagati ad un prezzo che può arrivare anche ad essere un quarto rispetto a quello
degli animali da carne. In Italia di tratta di oltre 300.000 animali ogni anno, con una non disprezzabile produzione di carne. Con la macellazione, dalle bovine da latte si ottengono carni magre che, per genetica, età, tipo di alimentazione e metodi di allevamento, rimangono dure nonostante la frollatura. Pur essendo sicure, sane e nutrienti, non sono adatte alle odierne richieste di bistecche al sangue, arrosti, stufati, grigliate e altre similari “prestazioni”, mentre potrebbero essere usate, dopo lunghe bolliture, per stracotti e ragù, come avveniva per le carni degli animali da lavoro di un tempo: metodi di cucina lunghi e tipi di preparazioni oggi scarsamente gradite ai consumatori. Le carni dei bovini da latte, in particolare quelle dei quarti anterio-
Eurocarni, 3/18
Hamburger con bacon, formaggio e verdure (photo Š fotoatelie â&#x20AC;&#x201C; stock.adobe.com).
Eurocarni, 3/18
149
ri, anche se non possono competere con le qualità gastronomiche di quelle dei bovini da carne, hanno un indiscutibile pregio: quello di avere un prezzo sensibilmente inferiore, perché tutto il costo dell’allevamento è remunerato dalla vendita del latte. Da qui il loro successo in quanto, con una particolare tecnica, sono convenientemente tritate e trasformate in hamburger che, dopo equilibrate aggiunte di aromi e un appropriato metodo di cottura, sono usati in strutture di alimentazione rapida. Raffinata tecnica reticolare La qualità degli hamburger si ottiene con una tecnica apparentemente semplice, ma molto raffinata: quella della trasformazione della carne in piccole particelle. Macchine specializzate suddividono i muscoli in piccolissime parti che, senza farne uscire i succhi, sono assemblate in un reticolo nel quale gli hamburger assumono forma e spessore adatti alla cottura sulla griglia. Dopo accurate verifiche e l’eliminazione di eventuali imperfezioni, gli hamburger vengono surgelati e la catena del freddo è mantenuta fino alla cottura nei ristoranti, con controlli durante il percorso. Il tempo di conservazione, in generale, è di tre mesi. La carne per l’hamburger deve comprendere una giusta miscela di magro (70-80%) e grasso (2030%). La macinatura varia secondo il gusto, ma è essenziale: c’è chi la preferisce fine e chi grossolana, ma non troppo, altrimenti l’hamburger rischia di sbriciolarsi. La macinatura consente di creare spazi tra le particelle delle carni nei quali possono espandersi i succhi e il grasso che si scioglie, producendo un reticolo che favorisce la cottura sulla griglia e rende l’insieme morbido e succulento. È fondamentale non compattare l’hamburger perché la carne troppo pressata, a fine cottura, risulterebbe dura. Prima di cuocerli è bene tenere gli hamburger a temperatura ambiente per almeno dieci minuti, in modo che l’interno non sia troppo freddo; si dispongono poi sopra una piastra o in una padella ben calda,
150
Flying hamburger (photo © Natasha Breen – stock.adobe.com). senza aggiungere olio, e si cuociono da entrambi i lati girandoli una sola volta (verificare che il fondo sia ben cotto prima di rivoltarli). La cottura deve procedere a fiamma moderata, lenta e uniforme, per consentire al calore di penetrare al centro (temperatura minima al cuore di 65-70 °C). Non si deve schiacciarlo pensando di accelerarne la cottura, perché l’unico effetto che si ottiene è eliminare gli umori della carne, facendolo risultare duro e asciutto. Economia e tecnica L’attuale, innegabile successo degli hamburger deriva da quattro fattori.
Il primo è il costo limitato della carne, fatto di parti e tagli gastronomicamente poco pregiati. Il secondo elemento è l’assicurare un sia pur limitato reddito agli allevatori di bovine da latte a fine carriera. Il terzo fattore consiste nell’aver messo a punto una tecnica di preparazione che permette di superare il problema della durezza. Il quarto elemento riguarda l’industrializzazione della ristorazione rapida, che mette a disposizione di tutti una preparazione di carne facile da mangiare, con un vantaggioso rapporto tra prezzo e qualità. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma
Eurocarni, 3/18
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