Aurea dicta edizione Gialla - V1 - Selezione di pagine

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1 Aurea dicta edizione gialla Aurea dicta, dal De rerum natura di Lucrezio (III, 12), vuole mettere l’attenzione proprio sul valore fortemente esemplare e pedagogico della letteratura latina: parole che irradiano la luce di una grande civiltà nella quale - e senza alcuna retorica - ancora oggi ci dobbiamo riconoscere.

Giancarlo Pontiggia Maria Cristina Grandi Aurea dicta edizione gialla vol. 1 a cura di Gianluca Pasqual + Maria Belponer Laura Forcella Versioni latine CODICE PAS001C01X   ISBN 978-88-6706-504-2

Giancarlo Pontiggia Maria Cristina Grandi Aurea dicta edizione gialla vol. 1 a cura di Gianluca Pasqual CODICE PAS00101   ISBN 978-88-416-5128-5

Giancarlo Pontiggia Maria Cristina Grandi Aurea dicta edizione gialla vol. 1 a cura di Gianluca Pasqual CODICE PAS00101X   ISBN 978-88-6706-504-2

Maria Belponer Laura Forcella Versioni latine CODICE PAS00104   ISBN 978-88-416-5145-2

Maria Belponer Laura Forcella Versioni latine CODICE PAS00104X   ISBN 978-88-6706-513-4

Aurea dicta edizione gialla vol. 2 a cura di Gianluca Pasqual CODICE PAS00102   ISBN 978-88-416-5129-2

Aurea dicta edizione gialla vol. 2 a cura di Gianluca Pasqual CODICE PAS00102X   ISBN 978-88-6706-505-9

Aurea dicta edizione gialla vol. 3 a cura di Gianluca Pasqual CODICE PAS00103   ISBN 978-88-416-5130-8

Aurea dicta edizione gialla vol. 3 a cura di Gianluca Pasqual CODICE PAS00103X   ISBN 978-88-6706-506-6

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www.principato.it www.gruppoeli.it AUREA DICTA EDIZIONE GIALLA VOL. 1 + VERSIONI LATINE ISBN 978-88-416-5127-8 VOLUME 1 DI 2 VENDUTI INSIEME

Giancarlo Pontiggia Maria Cristina Grandi

Aurea dicta

Storia e testi della letteratura latina

Dalle origini all’età di Cesare

1 Dalle origini all’età di Cesare

Aurea dicta

Giancarlo Pontiggia Maria Cristina Grandi Aurea dicta edizione gialla vol. 1 a cura di Gianluca Pasqual + Maria Belponer Laura Forcella Versioni latine CODICE PAS001C01   ISBN 978-88-416-5127-8

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Gianluca Pasqual

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LIBRO CON

edizione gialla a cura di

Giancarlo Pontiggia Maria Cristina Grandi

Floriferis ut apes in saltibus omnia libant, omnia nos itidem depascimur aurea dicta, aurea, perpetua semper dignissima vita.

edizione gialla

EDUCAZIONE CIVICA LABORATORI DIDATTICI MAPPE DI SINTESI

Il piacere di apprendere

Gruppo Editoriale ELi



edizione gialla a cura di

Gianluca Pasqual

Giancarlo Pontiggia Maria Cristina Grandi

Aurea dicta Storia e testi della letteratura latina

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EDUCAZIONE CIVICA LABORATORI DIDATTICI

Dalle origini all’età di Cesare

Il piacere di apprendere

MAPPE DI SINTESI

© Casa Editrice G. Principato

Gruppo Editoriale c ELi


Coordinamento redazionale: Marco Mauri Redazione: Chiara Mantegazza Progetto grafico: Enrica Bologni Impaginazione: Controlx Copertina: Enrica Bologni Referenze iconografiche: Archivio Principato, Gettyimages, Shutterstock In copertina: Mosaico di gatto da Pompei (dettaglio), Napoli, Museo Archeologico Nazionale Per le riproduzioni di testi e immagini appartenenti a terzi, inserite in quest’opera, l’editore è a disposizione degli aventi diritto non potuti reperire, nonché per eventuali non volute omissioni e/o errori di attribuzione nei riferimenti. L’impostazione e la struttura generale dell’opera sono il risultato di un’elaborazione comune. In particolare, a Giancarlo Pontiggia si devono i capitoli 1, 3, 4, 5, 6, 9, 12, 13, 14, 15 e le Schede 3 e 5; a Maria Cristina Grandi i capitoli 2, 7, 8, 10, 11, 16 nonché le Schede 1, 2, 4, 6 e il Glossario dei termini retorici e stilistici. Le nozioni di metrica e prosodia sono tratte dal volume di Francesco Schipani, Lezioni di metrica latina, Principato. L’opera è a cura di Gianluca Pasqual, a cui si devono in particolare le schede Educazione civica e Cultura e società. Si ringrazia la prof.ssa Lucia Olini per la preziosa consulenza didattica.

Contenuti digitali Progettazione: Marco Mauri, Giovanna Moraglia Realizzazione: Alberto Vailati Canta, BSmart Labs AUREA DICTA EDIZIONE GIALLA Volume 1 + Versioni latine ISBN 978-88-416-5127-8 Versione digitale ISBN 978-88-6706-534-9 AUREA DICTA EDIZIONE GIALLA Volume 1 ISBN 978-88-416-5128-5 Versione digitale ISBN 978-88-6706-504-2 Prima edizione: febbraio 2022 Ristampa 2027 2026 VI V

2025 IV

2024 III

2023 II

2022 I   *

Printed in Italy © 2022 - Proprietà letteraria riservata È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata. Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale, possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi (Centro licenze e autorizzazioni per le riproduzioni editoriali), corso di Porta Romana 108, 20122 Milano, e-mail autorizzazioni@clearedi.org e sito web www.clearedi.org. L’editore fornisce – per il tramite dei testi scolastici da esso pubblicati e attraverso i relativi supporti o nel sito www.principato. it e www.gruppoeli.it – materiali e link a siti di terze parti esclusivamente per fini didattici o perché indicati e consigliati da altri siti istituzionali. Pertanto l’editore non è responsabile, neppure indirettamente, del contenuto e delle immagini riprodotte su tali siti in data successiva a quella della pubblicazione, dopo aver controllato la correttezza degli indirizzi web ai quali si rimanda.

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PRESENTAZIONE

Aurea dicta Nel progettare Aurea dicta ci siamo proposti di realizzare uno strumento scientificamente corretto e didatticamente aggiornato, capace di fondere le caratteristiche di un manuale (cioè di una storia articolata per periodi rigorosamente e ordinatamente scanditi) con quelle di un’antologia (fondata sulla centralità dei testi). La sezione antologica comprende un cospicuo numero di testi d’autore, i “classici” in lingua originale, ampiamente annotati e commentati, provvisti in nota di complete e fedeli traduzioni che aiutino lo studente nella comprensione linguistico-grammaticale dei testi. Gli autori proposti come “classici” sono, nell’ordine: Plauto, Terenzio, Catullo, Lucrezio, Cicerone, Cesare, Sallustio, Virgilio, Orazio, Tibullo, Properzio, Ovidio, Livio, Seneca, Tacito, Agostino. La selezione dei brani è stata ogni volta impostata sul criterio della maggiore esemplarità dei testi e dei temi affrontati: la figura di Catilina ritorna nella prospettiva “a caldo” della celebre orazione ciceroniana, come in quella più distanziata della monografia sallustiana; la riflessione sulla dottrina epicurea si sviluppa in un confronto fra Lucrezio e Cicerone. Aurea dicta, titolo mutuato dal De rerum natura di Lucrezio (III, 12), vuole mettere l’attenzione proprio sul valore fortemente esemplare e pedagogico della letteratura latina: parole che irradiano la luce di una grande civiltà nella quale – e senza alcuna retorica – ancora oggi ci dobbiamo riconoscere. Il testo si articola in sezioni di profilo storico e percorso antologico, in uno stretto rapporto di reciproca interazione, in modo tale che il discorso storico del profilo sia funzionale a quei testi, e che i testi scelti siano ogni volta rappresentativi di un autore e di un’epoca: di questo rapporto testimoniano i continui rinvii tra le due sezioni (storica e antologica). La ricchezza dell’antologia risponde all’intento di consentire all’insegnante – come allo studente – la più ampia possibilità di scelta. L’impianto del discorso storico-letterario è in sostanza quello più collaudato e didatticamente efficace: l’ordine cronologico è rigorosamente rispettato; gli autori maggiori sono affrontati in capitoli autonomi; il rapporto fra la produzione letteraria e il contesto storico-sociale viene sempre evidenziato. Ampio spazio è tuttavia riservato all’evoluzione dei generi letterari: diversi capitoli presentano un’impostazione e un percorso per generi (il teatro e l’epica nell’età arcaica; l’elegia augustea; la poesia nella prima età imperiale; le forme della letteratura cristiana). Ma questa nuova letteratura latina si arricchisce di numerose rubriche che consentono – ogni volta che lo si voglia o lo si ritenga necessario – un approfondimento e/o un’espansione del discorso in svariate direzioni (linguistica, storico-sociale, filosofica, antropologica): Il dibattito filosofico, Le fonti filosofiche, Istituzioni Romane, Nomi e parole degli antichi, Il genere letterario, Le forme dell’espressione, Gli scrittori e la storia, Le figure e gli eventi della storia, I luoghi dell’antico, Le parole di... La letteratura latina può anche essere interpretata sul piano storico come una grande cerniera, dotata naturalmente di caratteri originali, fra il mondo greco e le culture successive (dal Medioevo latino e volgare ai nostri giorni). Per questo si è voluto render conto di entrambe le prospettive, procedendo mediante veri e propri “campioni” di lettura in una rubrica specifica (Dialogo con i modelli): testi brevi ma significativi, capaci di far luce sui rapporti degli scrittori latini sia con il loro passato che con il nostro presente, anche contemporaneo. Specifici capitoli dedicati alla fortuna dei singoli autori (L’autore nel tempo) aiutano a comprendere il processo di circolazione e di diffusione delle opere latine più significative nel corso dei secoli, sottolineando ogni volta l’influenza che esse hanno esercitato sulla letteratura successiva. Una speciale © Casa Editrice G. Principato

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PRESENTAZIONE rubrica fra i materiali on line intitolata Documenti e Testimonianze dà invece conto del giudizio degli antichi, sia greci sia latini, sugli autori letti e studiati. La centralità del testo è una delle acquisizioni indiscutibili della didattica più aggiornata: ciascun testo è non solo introdotto e annotato ma anche seguito frequentemente da una puntuale Lettura e interpretazione, da brani di altri autori che consentano un confronto serrato ed esemplare con il passo preso in esame (Confronti intertestuali), da pagine dei maggiori studiosi delle letterature classiche (Leggere un testo critico; Leggere un testo scenico). Nella sezione dei Laboratori, lo studente è invitato a entrare nell’officina dello scrittore, e a scoprire progressivamente la complessità strutturale e storico-culturale di un testo letterario. Ulteriori rubriche come Letture parallele o Sullo scaffale suggeriscono titoli e percorsi per letture autonome e approfondimenti. La sezione dei Compiti di realtà è uno strumento utile a consolidare le competenze degli studenti, coinvolgendoli in un lavoro – complesso e insieme concreto – che consenta loro di misurarsi con se stessi e con la realtà che li circonda. Non minore attenzione è stata prestata agli apparati necessari allo studio e alla lettura dei testi: di qui la presenza di Schede (ad esempio «La traduzione latina», «La dottrina epicurea», «Libri, lettori e biblioteche nel mondo antico»); di sommari delle opere maggiori (per restare al solo primo volume: i poemi omerici; le Argonautiche di Apollonio Rodio; le commedie di Plauto e di Terenzio; i carmina docta di Catullo; il De rerum natura di Lucrezio; le opere storiche di Cesare e di Sallustio; le opere filosofiche di Cicerone); di Fonti visive (che consentono di ragionare sui testi anche nella prospettiva del reperto archeologico, dell’oggetto di uso quotidiano o dell’opera d’arte); di una sezione dedicata a Metrica e prosodia; di un Glossario dei termini retorici e stilistici; di vasti, ragionati e diversificati blocchi di Verifiche, che riguardano non solo tutti i capitoli di storia letteraria, ma anche – nella sezione antologica – tutti i testi dei classici in lingua originale.. Infine, ciascuno dei quarantadue capitoli di cui si compongono i tre volumi è provvisto nella parte conclusiva di una Sintesi del profilo e di una Mappa che riorganizzi rapidamente e visivamente il materiale studiato. Gli autori Questa Edizione gialla è nata con l’ambizione di tracciare, mantenendo l’impianto dell’edizione precedente, una curvatura leggermente diversa. Tale curvatura, più o meno percettibile nel corso dell’opera, si sviluppa secondo due criteri. Da una parte si sono ridotti o modificati alcuni percorsi antologici e apparati testuali, in particolare i sommari delle opere più ampie e complesse, nonché, talvolta, i profili storici di autori minori. Dall’altra si sono aggiunte due tipologie di rubriche (Educazione civica e Cultura e società), che orientino verso problemi del mondo attuale, estraendo spunti di discussione dal patrimonio culturale latino, a ulteriore conferma della perdurante esemplarità e fecondità pedagogica dei suoi documenti e monumenti. Più che a mera semplificazione e attualizzazione, quindi, si è puntato a una più esplicita “contaminazione” di quel patrimonio con alcune questioni – culturali, etiche, sociali, politiche – del presente, nell’auspicio di fornire strumenti per un’argomentazione informata e ragionata, da cittadini coscienti delle radici della propria civiltà e anche, perché no, della propria stessa libertà. Il curatore

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Aurea dicta

Exegi monumentum aere perennius

Aurea mediocritas brevitas Aequa mens Miscere utile dulci Fortuna dias in luminis oras Carpe diem

Est modus in rebus Contenuti digitali integrativi Nelle pagine sono inserite le seguenti icone che indicano la presenza e il tipo di contenuti digitali disponibili sul libro.

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Com’è fatto

Aurea dicta

Le aperture introducono all’argomento del capitolo mediante una suggestiva immagine e una citazione emblematica. Le parole chiave danno immediata evidenza alle tematiche fondamentali.

Un’ampia galleria antologica di testi in latino, latino/italiano, italiano, sempre introdotti e annotati, prevede pagine di Lettura e interpretazione, specifiche indagini sulle forme espressive, esercizi mirati di analisi e confronto intertestuale.

Un ricco apparato di rubriche propone approfondimenti di argomento storico, letterario, linguistico, filosofico, mitico, antropologico, e consente di instaurare collegamenti fra autori, opere, tematiche di epoche diverse: Dialogo con i modelli, Le forme dell’espressione, Le figure del mito, Fonti visive, e molte altre ancora.

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Con i Laboratori entriamo nell’officina dello scrittore per imparare a riconoscere gli attrezzi del mestiere e a usarli adeguatamente.

I sussidi allo studio prevedono Sintesi, Mappe e Verifiche per aiutare lo studente nella memorizzazione e nel ripasso dei contenuti appresi.

Le schede di Educazione civica offrono un percorso di approfondimento di temi di cittadinanza. Un ricco apparato d’appendice (nozioni di metrica, glossario retorico-stilistico, indici dei nomi e delle traduzioni) supporta lo studio e la consultazione.

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INDICE

1 L’età delle origini Lo scenario temporale

Dalla fondazione allo scontro con Cartagine (753-241 a.C.)

1 L’età preletteraria

26 Materiali ONLINE

PROFILO STORICO

1 Fra Etruria e Grecia 26

Il QUADRO STORICO Dall’età regia alla conquista del Mediterraneo 28 fontivisive Segni divini 29 2 Roma e la Grecia 30

Le FIGURE del MITO Le antiche leggende di Evandro e di Enea 31 Educazione CIVICA

DOCUMENTI E TESTIMONIANZE • Vantaggi dell’insediamento romano (Cicerone, Livio, Strabone)

• La forma mista dello Roma: una città cosmopolita 32

3 La mentalità e le istituzioni 33 4 La religione romana 35

Stato romano (Polibio)

• Dall’Iliade: il lamento funebre sul corpo di Ettore

• I carmina convivalia fontivisive Il culto di Diana Nemorensis 35 (Cicerone, Varrone,

Educazione CIVICA

Orazio) Religione e politica: un dibattito aperto 36

TESTI T2 Carmen lustrale T4 La laudatio funebris T 1 Un’iscrizione dedicatoria: il vaso di Dueno LAT IT 38 di Quinto Metello T5 Carmen Saliare 6 I carmina 39 T6 Carmen Arvale Nomi e parole degli antichi Una lingua rurale 40 T7 Formula dell’Augurio Le FORME dell’ESPRESSIONE Il verso saturnio 42 sull’Arce T8 La devotio di Publio Decio Mure 7 Le leggi 43 T9 Il rito della evocatio T10 Carmen Priami T 3 Leggi delle XII Tavole LAT IT 43 T11 Scipionum elogia: Educazione CIVICA Dalla retribuzione alla riparazione due iscrizioni sepolcrali 44 T12 Tre sentenze poetiche di Appio 8   Gli archivi pubblici e privati: le laudationes funebres; Claudio Cieco

5 La lingua latina arcaica: iscrizioni e testimonianze 37

gli Annales maximi; i Fasti 45

LEGGERE UN TESTO fontivisive Imagines maiorum 45 CRITICO

9 Le personalità: gli elogia; Appio Claudio Cieco 46 10 Il teatro italico e le origini del teatro latino 47

fontivisive I vasi fliacici 47

• N. Turchi, Le grandi cosmologie indoeuropee • A. Di Nola, Marte e Quirino LABORATORIO

La satura drammatica 48 Quattro frammenti delle XII Tavole Bibliografia essenziale 49   Sintesi 50

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BIBLIOGRAFIA ESTESA

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Verifica finale

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2 L’età arcaica Lo scenario temporale

Dalla fine della I guerra punica alla morte di Silla (240-78 a.C.)

2 La poesia epica

54 Materiali ONLINE

PROFILO STORICO

1 La nascita della letteratura latina 54 La letteratura dell’età ellenistica 56

2 3

LIVIO, NEVIO ED ENNIO NEL TEMPO L’epica nel mondo greco 57 OPERE • L’Iliade di Omero Il genere LETTERARIO L’epos 57 • L’Odissea di Omero L’Odussia di Livio Andronico 59 • Le Argonautiche di Apollonio Rodio

T1

Vita e opere di Livio Andronico 59 Il proemio: invocazione alle Camenae (fr. 1 Traglia) LAT IT 60 fontivisive L’Ulisse di Sperlonga 61

4 Un poema nazionale romano: il Bellum Poenicum di Nevio 62 T2

Vita e opere di Nevio 62 Excursus sulle origini di Roma (frr. 6; 24 Traglia) LAT IT 63 fontivisive La tela di Penelope 64

5 Gli Annales di Ennio 65 T3

Vita e opere di Ennio 65 Due proemi (frr. 1-3; 13; 133 Traglia) LAT IT 66

Bibliografia essenziale 69   Sintesi 69

DOCUMENTI E TESTIMONIANZE • La processione in onore di Iuno Regina (Livio) TESTI T4 Livio Andronico, Esempi di romanizzazione del poema omerico (frr. 2; 9; 16; 17; 22; 28 Traglia) T5 Ennio, Il libro delle origini (Annales, frr. 22-24; 32; 63 Traglia) T6 Ennio, Immagini del cosmo (Annales, frr. 18; 27; 98; 131; 216 Traglia) T7 Ennio, La rappresentazione della guerra (Annales, frr. 82; 153; 171; 174; 383; 404 Traglia) LABORATORIO Rappresentazioni della guerra e del cielo stellato in Ennio BIBLIOGRAFIA ESTESA

MAPPA

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INDICE

2 L’età arcaica

3 Teatro e spettacoli in Roma

72 Materiali ONLINE

PROFILO STORICO

1 Il teatro in Grecia 72 Euripide e Menandro 74 fontivisive Il teatro e i costumi di scena 75 fontivisive Gli Uccelli di Aristofane 76

TESTI T1 Nevio, Tarentilla (frr. 62-63; 65-69; 73 Istituzioni ROMANE I ludi scaenici 77 Traglia) Nevio, Lucurgus I testi e il pubblico 79 T2 (frr. 18-20; 23; 25; 28-30; Un dibattito storiografico 80 33-36 Traglia) T3 Ennio, Medea La tragedia e la commedia 81 (frr. 133-149 Traglia)

2 Il teatro in Roma 77 3 4

fontivisive La maschera tragica 81 5 L’atellana letteraria e il mimo 83 Bibliografia essenziale 85   Sintesi 85

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LETTURE PARALLELE Medea nella letteratura e nel cinema BIBLIOGRAFIA ESTESA

MAPPA

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4 Plauto

88 Materiali ONLINE

PROFILO STORICO

1 La vita e le opere 88

fontivisive Le maschere teatrali 90 2 Struttura delle palliatae plautine 91 3 I personaggi 93 4 Una poetica della finzione: il metateatro plautino 96 5 Le strutture formali: la lingua, lo stile, i metri 97

Dialogo con i MODELLI Plauto e i modelli greci 98 Leggere un TESTO CRITICO Un teatro carnevalesco (M. Bettini) 99

PERCORSO ANTOLOGICO

Plauto nel tempo 100 Leggere un TESTO CRITICO «Le trame parlano»: nel teatro comico una riflessione antropologica (M. Bettini) 102 Le commedie di Plauto 103 Bibliografia essenziale 106   Sintesi 106 T1 T2 T3 T4

T5 T6 T7 T8

Il prologo dell’Amphitruo (Amphitruo, 1-152) IT Il servus-poeta (Pseudolus, 394-414; 562-573b) IT L’adulescens innamorato (Cistellaria, 203-204) LAT IT Duetto d’amore con servo (Curculio, 162-215) IT Leggere un TESTO CRITICO Un’inedita figua femminile: l’etèra (F. Della Corte) Prima gara di insulti (Pseudolus, 340-393) LAT IT L’impresario del Curculio (Curculio, 462-486) IT I due Sosia (Amphitruo, 263-462) IT Il finale della Mostellaria (Mostellaria, 1122-1181) IT

BIBLIOGRAFIA ESTESA

108 111 113 115 117 118 118 119 126

ONLINE

Padri e figli 128 Il miles e il parassita (Miles gloriosus, 1-78) IT 129 Dialogo con i MODELLI «Il catalogo è questo»: dal Miles plautino a Don Giovanni 131 Leggere un TESTO SCENICO Una prova di regia: la prima scena del Miles gloriosus (G. Chiarini) 132 fontivisive Lo spazio teatrale 133 Educazione CIVICA

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INDICE

2 L’età arcaica

PERCORSO ANTOLOGICO

Materiali ONLINE T 10 Il prologo del Miles gloriosus (Miles gloriosus, 79-155) T 11 Il servus meditans (Miles gloriosus, 195-234) LABORATORIO

LAT IT LAT IT

133 133

ONLINE ONLINE

134

L’avaro derubato (Aulularia, 713-726)

MAPPA

136

Verifica finale

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5 L’ambiente scipionico e il teatro di Terenzio

138 Materiali ONLINE

PROFILO STORICO

1 L’ambiente scipionico 138

fontivisive La battaglia di Pidna 140 Il dibattito FILOSOFICO La scuola pergamena e la scuola alessandrina 141 2 Sviluppi della palliata: Cecilio Stazio 142 T1

Un padre troppo indulgente (Synephebi, vv. 199-209 Ribbeck)

IT

143

fontivisive Menandro, Glicera e la Commedia 145

DOCUMENTI E TESTIMONIANZE • L’amicizia fra Polibio Istituzioni ROMANE La manumissio 147 e Scipione Emiliano (Polibio) Un prologo polemico (Andria, 1-27) IT 148 La Vita di Terenzio fontivisive L’attore seduto 150 •(Svetonio)

3 Il teatro realistico e pedagogico di Terenzio 145 T2

PERCORSO ANTOLOGICO

Educazione CIVICA Solidarietà e dignità 151 CONFRONTI Terenzio nel tempo 153 INTERTESTUALI Plauto, Il servo di COMPITO DI REALTÀ 154 •campagna e il servo di Le commedie di Terenzio 155 città (Mostellaria, 1-84) Bibliografia essenziale 156   Sintesi 156 BIBLIOGRAFIA ESTESA

T3

Il vecchio padre e il servo fedele: una lezione di umanità (Andria, 28-73)

T4 T5 T6 T7 T8 T9

158

Un giovane innamorato (Andria, 236-298) LAT IT 161 Una conversazione familiare (Hecyra, 577-606) LAT IT 163 Padri e figli (Heautontimorumenos, 53-174) LAT IT 164 Senex e servus (Heautontimorumenos, 512-561) IT 168 Il falso eunuco (Eunuchus, 549-614) LAT IT 169 Due modelli educativi a confronto (Adelphoe, 26-77) LAT 170 Leggere un TESTO SCENICO Il monologo di Micione 173 LABORATORIO

12

IT

Leggere un TESTO CRITICO Sosia: un autoritratto dell’autore (I. Lana) 160

Tre autori a confronto

ONLINE

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MAPPA

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Verifica finale

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6 Sviluppi della tragedia: Pacuvio e Accio

178 Materiali ONLINE

PROFILO STORICO

1 Pacuvio 178 T1

Una macabra apparizione: il fantasma del figlio ucciso (Iliona, vv. 197-201 Ribbeck)

ONLINE

LAT IT

180

2 Accio 181 T 2 Atreus (vv. 217-226 Ribbeck) Bibliografia essenziale 183   Sintesi 183

LAT IT

182

TESTI T3 Pacuvio, I lavacri di Ulisse (Niptra, vv. 244246, 256-269 Ribbeck) T4 Pacuvio, Descrizione di una furiosa tempesta (Teucer, vv. 409-416 Ribbeck) T5 Pacuvio, L’etere (Chryses, vv. 86-92 Ribbeck) T6 Pacuvio, Contro gli indovini (Chryses, vv. 83-85 Ribbeck) CONFRONTI INTERTESTUALI Un frammento di Ennio (Telamo, vv. 272-276 Ribbeck) BIBLIOGRAFIA ESTESA

MAPPA

184

Verifica finale

185

7 Catone e la nascita della prosa latina

186 Materiali ONLINE

PROFILO STORICO

1 L’annalistica in lingua greca 186 2 L’oratoria in Roma 188

CATONE NEL TEMPO TESTI

fontivisive L’Arringatore 189 T5 Iniquità di un 3 Catone 190

Le FORME dell’ESPRESSIONE Caratteristiche dell’oratoria catoniana T1 T2

secondo Cicerone In difesa dei Rodiesi (Pro Rhodiensibus, fr. 163 Malcovati) LAT IT Prescrizioni per il trattamento degli schiavi (De agri cultura 56-59) IT Leggere un TESTO CRITICO Il mondo degli schiavi in Roma (Y. Thébert)

192 193 195 198

proconsole romano (Orazioni, frr. 58-59 Malcovati) T6 Sul proprio tenore di vita (Orazioni, fr. 173 Malcovati) T7 Doveri del pater familias (De agri cultura, 2) T8 Quali terreni siano adatti alle varie colture (De agri cultura, 6) T9 Una formula rituale, un incantamento, una ricetta (De agri cultura, 139; 160; 162)

Schiavi ieri e oggi 199 T 3 Distacco dalla tradizione annalistica (Origines, fr. 77 Peter) LAT IT 200 T 4 Eroismo del tribuno Quinto Cedicio (Origines, fr. 83 Peter) IT 201 Bibliografia essenziale 203   Sintesi 203 BIBLIOGRAFIA ESTESA Educazione CIVICA

LABORATORIO

Elogio dell’agricoltura (De agri cultura, praefatio, 1-4)

204

MAPPA

206

Verifica finale

207 © Casa Editrice G. Principato

c

13


INDICE

2 L’età arcaica

8 Le satire di Lucilio

208 Materiali ONLINE

PROFILO STORICO

1 La vita 208 2 L’opera 210 3 La poetica 210 T1

La virtus (Saturae, vv. 1326-1338 Marx)

212

4 I contenuti e lo stile delle satire 213 T2

Il buon tempo antico e la corruzione del presente (Saturae, vv. 11-17; 1228-1234 Marx)

Bibliografia essenziale 216   Sintesi 217

14

LAT IT

LAT IT

215

LUCILIO NEL TEMPO DOCUMENTI E TESTIMONIANZE • Il giudizio critico di Orazio TESTI T5 Iter Siculum (Saturae, vv. 123-141 Marx) DIALOGO CON I MODELLI •L’Iter Brundisinum di Orazio (Satire I, 5) BIBLIOGRAFIA ESTESA

MAPPA

217

Verifica finale

218

© Casa Editrice G. Principato

c


3 L’età della tarda repubblica Lo scenario temporale

Dalla fine dell’età sillana alla morte di Cesare (78-44 a.C.)

9 Società e cultura nell’età della tarda repubblica

220 Materiali ONLINE

PROFILO STORICO

1 Dal decennio graccano all’assassinio di Cesare (133-44 a.C.) 220 Educazione CIVICA

I molti volti del populismo 223 LEGGERE UN TESTO CRITICO

2 Roma e il mondo greco 227 Una rivoluzione dei costumi: la donna nella Roma del I secolo a.C. 228

3 Orientamenti intellettuali e letterari nell’età di Cesare 229 Bibliografia essenziale 230   Sintesi 231

• M.A. Levi, Verso il principato • P. Grimal, Cicerone e Attico ad Atene • P. Zanker, Un nuovo stile abitativo: la villa urbana BIBLIOGRAFIA ESTESA

MAPPA

232

Verifica finale

233

10 La poesia neoterica e Catullo

234 Materiali ONLINE

PROFILO STORICO

1 La fondazione della poesia lirica in Roma 234 I poetae novi 237 Un maestro riconosciuto: Callimaco di Cirene 238

2 Catullo 239 I carmina docta 247

DOCUMENTI E TESTIMONIANZE • Tre definizioni dei poetae novi (Cicerone)

249 LEGGERE UN TESTO Bibliografia essenziale CRITICO Catullo nel tempo 250 • L. Canali, Il linguaggio COMPITO DI REALTÀ 251 osceno e triviale nel Liber di Catullo Sintesi 252 BIBLIOGRAFIA ESTESA

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INDICE

PERCORSO ANTOLOGICO

T1

T2 T3 T4

T5 T6 T7 T8

T9 T 10 T 11 T 12 T 13 T 14 T 15 T 16 T 17 T 18 T 19 T 20 T 21 T 22 T 23

3 L’età della tarda repubblica

Materiali ONLINE I poetae novi (Furio Bibaculo, fr. 2 Traglia; Varrone Atacino, fr. 21 Traglia; Elvio Cinna, frr. 3, 12, 13 Traglia; Licinio Calvo, frr. 4, 8, 14 Traglia; Callimaco, Aitia, fr. 1 Pfeiffer; Inno ad Apollo 103-113; Antologia Palatina XII, 43) LAT IT 254 ONLINE La dedica del libellus (1) LAT 254 Nomi e parole degli antichi  254 Passer, deliciae meae puellae (2) LAT IT 257 ONLINE fontivisive Strumenti scrittorii 257 Per la morte del passero (3) LAT 258 Dialogo con i MODELLI Epigrammi sepolcrali per un animaletto: Anite, Archia e Meleagro 261 Il battello avventuroso (4) LAT IT 261 ONLINE «Viviamo, mia Lesbia» (5) LAT 262 Infinità di baci (7) LAT IT 264 L’amore-tormento (8) LAT 264 Nomi e parole degli antichi  265 Leggere un TESTO CRITICO La nemesi d’amore (F. Caviglia) 267 Per il ritorno di Veranio (9) LAT IT 268 ONLINE Messaggio a Lesbia infedele (11) LAT IT 268 Dialogo con i MODELLI Il fiore reciso 271 Bizzarro invito a cena (13) LAT 272 Leggere un TESTO CRITICO Il destinatario dei carmi catulliani (M. Citroni) 274 Invettiva contro Mamurra (29) LAT IT 274 ONLINE Alfene immemor... (30) LAT IT 274 ONLINE Ritorno a Sirmione (31) LAT 275 Catullo e Saffo: effetti sconvolgenti della passione (51) LAT 277 LETTURA METRICA Dialogo con i MODELLI L’ode sublime di Saffo 280 Due ignobili arrivisti (52) LAT 281 Invettiva infamante contro Lesbia (58) LAT IT 282 ONLINE La Chioma di Berenice (66) LAT IT 282 ONLINE Amare e bene velle (72) LAT 283 Odi et amo (85) LAT 285 Dialogo con i MODELLI L’inquietante ambiguità dell’amore 286 «Nessuna donna può dire...» (87) LAT IT 286 ONLINE A Cesare (93) LAT 287 Sulla tomba del fratello (101) LAT 288 LETTURA METRICA Educazione CIVICA

Impegno, disimpegno e ‘politicamente corretto’ 290

Dialogo con i MODELLI Il carme 101 di Catullo: sviluppi originali nella poesia italiana moderna e contemporanea 291 T 24 Il foedus amoroso (109) LAT IT 292 Nomi e parole degli antichi  292 Leggere un TESTO CRITICO La donna e l’amore in Roma (P. Fedeli) 293 LABORATORIO

16

Hesterno, Licini, die otiosi (50)

LETTURA IT

294

MAPPA

296

Verifica finale

297

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11 Lucrezio e il poema didascalico

298 Materiali ONLINE

PROFILO STORICO

1 Notizie su Lucrezio 298 2 Il poema della natura 300 3 La scelta del poema didascalico e i modelli 302

Il genere LETTERARIO Il testo didascalico in Grecia e in Roma 302 4 La visione del mondo: Lucrezio e la dottrina epicurea 304 5 La storia dell’umanità 305 6 Il “pessimismo” lucreziano 307 7 L’uso delle immagini e il linguaggio della poesia 308

DIALOGO CON I MODELLI • L’inno a Venere di Ovidio (Fasti IV, 85-116) • Il mito di Ifigenia nella tragedia greca (Euripide, Ifigenia in Aulide 1211-1252; 1532-1616; Eschilo, Agamennone 184-257)

PERCORSO ANTOLOGICO

Lucrezio nel tempo 310 LEGGERE UN TESTO COMPITO DI REALTÀ Sondaggio sulle paure 311 CRITICO • E. Narducci, Il poema Il De rerum natura 312 epicureo e il suo destinatario Bibliografia essenziale 313   Sintesi 314 T1

Invocazione a Venere (De rerum natura I, 1-43)

LAT

316

LETTURA METRICA

Nomi e parole degli antichi  317

Gli SCRITTORI e la STORIA Patriai tempore iniquo: il poema e gli eventi

T2

della storia di Roma 318 Le fonti FILOSOFICHE Influssi della dottrina cosmologica di Empedocle 324 Primo elogio di Epicuro (De rerum natura I, 62-79) LAT 325 Nomi e parole degli antichi  326

• Contro il culto della

La sfida, la ricerca, il limite 329 personalità (Cicerone) Leggere un TESTO CRITICO Epicuro eroe epico (G. B. Conte) 330 BIBLIOGRAFIA ESTESA Il sacrificio di Ifianassa (De rerum natura I, 80-101) LAT 331 CULTURA e SOCIETÀ Ifigenia sommersa e salvata 335 Le FIGURE del MITO Il mito di Ifianassa-Ifigenia nelle letterature antiche e moderne 335 Nulla nasce dal nulla, nulla ritorna al nulla (De rerum natura I, 146-264) IT 336 La poetica lucreziana: il «dolce miele delle Muse» (De rerum natura I, 922-950) LAT IT 339 LETTURA IT Elogio della sapienza (De rerum natura II, 1-61) LAT 342 Nomi e parole degli antichi  343 Le fonti FILOSOFICHE L’epistola a Erodoto di Epicuro Epicuro e Platone fonte dei versi lucreziani 347 Leggere un TESTO CRITICO Naufragio con spettatore (R. Bodei) 348 Educazione CIVICA

T3

T4 T5 T6

DOCUMENTI E TESTIMONIANZE • Il paradosso epicureo e i pericoli del disimpegno politico (Cicerone)

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17


PERCORSO ANTOLOGICO

INDICE

3 L’età della tarda repubblica

Materiali ONLINE Telenaufragi 349 Secondo elogio di Epicuro (De rerum natura III, 1-30) LAT IT 349 ONLINE La morte non ci riguarda (De rerum natura III, 830-869) IT 349 Nomi e parole degli antichi  350 Gli SCRITTORI e la STORIA L’epico scontro tra Roma e Cartagine nel poema lucreziano e nelle pagine di Tito Livio 351 Le fonti FILOSOFICHE L’epistola a Meneceo di Epicuro 352 La condizione umana: stati di allucinazione e taedium vitae (De rerum natura III, 1042-1075) IT 353 Dialogo con i MODELLI Dallo Zibaldone leopardiano: il tedio e la noia 354 Terzo elogio di Epicuro (De rerum natura V, 1-54) LAT IT 355 ONLINE La divina indifferenza: gli dèi di Lucrezio e di Epicuro (De rerum natura V, 146-194; Epicuro, Epistola a Erodoto 76-77; Massime Capitali I) LAT IT 355 ONLINE Il mondo non è stato fatto per l’uomo (De rerum natura V, 195-234) IT 355 La vita degli uomini primitivi (De rerum natura V, 925-1010) IT 357 ONLINE Quarto elogio di Epicuro (De rerum natura VI, 1-41) LAT IT 357 ONLINE La peste di Atene (De rerum natura VI, 1163-1214) IT 357 Dialogo con i MODELLI La peste di Atene in Lucrezio e in Tucidide 359 Educazione CIVICA

T7 T8

T9

T 10 T 11

T 12 T 13 T 14 T 15

Educazione CIVICA

Letteratura e cittadinanza 361

LABORATORIO

Pluralità dei mondi nell’infinità dell’universo (De rerum natura II, 1048-1066)

362

MAPPA

364

Verifica finale

365

12 Cicerone, un difensore della res publica

366 Materiali ONLINE

PROFILO STORICO

1 La vita e la personalità 366

sulloscaffale Una vita di Cicerone 370 2 L’attività oratoria 370

Il genere LETTERARIO L’oratoria romana dopo Catone 372 3 Le opere retoriche 375

La Rhetorica ad Herennium 376

4 Le opere politiche: De re publica e De legibus 378 5 Le opere filosofiche 380 Il De officiis di Cicerone 381

6 L’epistolario 384

Il genere LETTERARIO L’epistolografia 384 7 La prosa di Cicerone 385 Cicerone nel tempo COMPITO DI REALTÀ Opere politiche e filosofiche di Cicerone Bibliografia essenziale 393   Sintesi 394

18

© Casa Editrice G. Principato

387 389 390

CICERONE E LA POESIA DOCUMENTI E TESTIMONIANZE • L’incontro di Cesare e Cicerone dopo Farsàlo (Plutarco) • La morte di Cicerone (Livio) • Cicerone oratore (Quintiliano) BIBLIOGRAFIA ESTESA

c


PERCORSO ANTOLOGICO

T1

Vita dissoluta di Verre in Sicilia (In Verrem II, V, 26-28)

IT

396

Materiali ONLINE

Il processo penale 397 Quo usque tandem (In Catilinam I, 1, 1-3) LAT 398 Le FORME dell’ESPRESSIONE Un esempio di stile patetico 401 Il console denuncia le trame eversive di Catilina (In Catilinam I, 3, 6-8) LAT 402 Il convegno notturno in casa di Leca (In Catilinam I, 4, 8-10) IT 404 Non feram, non patiar, non sinam (In Catilinam I, 5, 10-13) LAT IT 405 Un ritratto di Catilina (In Catilinam I, 6-7, 13-17) IT 408 Prima prosopopea: la Patria parla a Catilina (In Catilinam I, 7, 17-18) LAT 410 Le FORME dell’ESPRESSIONE Uno stile impetuoso e solenne 411 L’aquila d’argento di Catilina (In Catilinam I, 9, 22-24) IT 412 Educazione CIVICA

T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8

Populismo e democrazia 413 T 9 Ad hanc te amentiam natura peperit (In Catilinam I, 10, 25-27) LAT IT 413 T 10 Seconda prosopopea: la Patria si rivolge a Cicerone e lo accusa di debolezza (In Catilinam I, 11, 27-29) IT 415 T 11 Peroratio: eterna maledizione cada su Catilina e i suoi compagni (In Catilinam I, 13, 31-33) LAT IT 417 T 12 Chi sono gli optimates (Pro Sestio 96-99) LAT IT 420 T 13 Con le armi dell’ironia e del sarcasmo: l’attacco a Clodia (Pro Caelio 31-36) IT 423 T 14 Filosofia ed eloquenza (De oratore III, 142-143) IT 426 ONLINE T 15 Probare, delectare, flectere (Orator 69-71) LAT IT 426 ONLINE T 16 Res publica res populi (De re publica I, 39) LAT IT 426 Educazione CIVICA

Educazione CIVICA Le origini dello Stato: teorie contrapposte 427 T 17 La visita a Massinissa (Somnium Scipionis 1) LAT 428 Le FIGURE e gli EVENTI della STORIA Massinissa, re della Numidia 429 T 18 Il sogno di Scipione (Somnium Scipionis 2) LAT 430 T 19 La profezia: vita, imprese e morte di Scipione (Somnium Scipionis 3-4) LAT 432 Le FORME dell’ESPRESSIONE Lo stile sublime del Somnium Scipionis 433 Le FIGURE e gli EVENTI della STORIA La misteriosa morte di Scipione Emiliano 436 T 20 Il premio celeste (Somnium Scipionis 5) LAT 437 T 21 Il munus humanum (Somnium Scipionis 6, 7) LAT 438 T 22 La Via Lattea (Somnium Scipionis 8) LAT IT 442 ONLINE T 23 Il sistema planetario (Somnium Scipionis 9) LAT IT 442 ONLINE T 24 Vanità della gloria terrena (Somnium Scipionis 12-17) LAT IT 442 ONLINE T 25 Deum te igitur scito esse (Somnium Scipionis 18) LAT IT 442 Le fonti FILOSOFICHE Il dualismo corpo/anima in Platone 443 T 26 Immortalità dell’anima (Somnium Scipionis 19-20) LAT 444 © Casa Editrice G. Principato

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19


INDICE

PERCORSO ANTOLOGICO

T 27 T 28 T 29 T 30

3 L’età della tarda repubblica

Il risveglio di Scipione (Somnium Scipionis 21) Gli uomini sono simili agli dèi (De legibus I, 22-27) Gli otia forzati di un’età sacrilega (De officiis III, 1-4) Sei lettere di Cicerone (Ad familiares IX, 1; XII, 1; Ad Atticum XII, 15; XIII, 52; XV, 11; Ad Brutum I, 3, 1-3) LABORATORIO

Ad verum decus (Somnium Scipionis 17)

LAT 447 LAT IT

448 450

LAT IT

451

IT

Materiali ONLINE

461

MAPPA

463

Verifica finale

464

13 I Commentarii di Giulio Cesare

466 Materiali ONLINE

PROFILO STORICO

1 La vita 466

DOCUMENTI E TESTIMONIANZE • I giudizi degli antichi Commentarii 470 sulla figura di Cesare (Lucano; Plinio il Il genere LETTERARIO Commentarius 470 Vecchio)

2 L’attività letteraria 469 3 I

• I giudizi degli antichi 4 De bello Gallico 473

fontivisive Una processione rituale 473 Le FIGURE e gli EVENTI della STORIA Situazione della Gallia al tempo di Cesare 474

5

su Cesare oratore (Cicerone; Quintiliano)

GLI SCRITTORI E LA STORIA De bello civili 475 • Plutarco, Vita di Cesare nel tempo 477 Cesare 16-17

PERCORSO ANTOLOGICO

sulloscaffale Due romanzi su Cesare 478 LEGGERE UN TESTO Commentarii de bello Gallico 479 CRITICO • G. Perrotta, Lo stile dei Commentarii de bello civili 479 Commentarii Bibliografia essenziale 480   Sintesi 480 BIBLIOGRAFIA ESTESA

20

T1 T2

T3 T4 T5 T6

Descrizione della Gallia (De bello Gallico I, 1) LAT 482 Il mantello purpureo di Cesare (De bello Gallico VII, 88-89) IT 485 fontivisive Aureo di Cesare 486 Confronti INTERTESTUALI La resa di Vercingetorige nel racconto di Plutarco 487 I soldati di Cesare (De bello Gallico IV, 25, 3-6; V, 43, 4; VII, 8, 2-3; VII, 17, 3-8; VII, 52) LAT IT 488 Leggerezza e volubilità dei Galli (De bello Gallico III, 19; IV, 5; VI, 20) IT 488 Le ragioni degli altri: il discorso di Critognato (De bello Gallico VII, 77) LAT IT 490 Le ragioni di Cesare (De bello civili I, 7) LAT IT 493 Confronti INTERTESTUALI Dal punto di vista dei soldati: il discorso di Cesare nel racconto di Svetonio 495 © Casa Editrice G. Principato

ONLINE

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PERCORSO ANTOLOGICO

T7

T8

T9 T 10

T 11

T 12

T 13

T 14 T 15 T 16 T 17

Una digressione etnografica: religione ed educazione dei Germani (De bello Gallico VI, 21) LAT 497 Confronti INTERTESTUALI La religione germanica in Tacito 499 Le FIGURE e gli EVENTI della STORIA I druidi 499 Una digressione etnografica: economia e società presso i Germani (De bello Gallico VI, 22-23) LAT 500 Nomi e parole degli antichi  502 CULTURA e SOCIETÀ Ospitalità e dono 504 Una digressione etnografica: confronto tra Galli e Germani (De bello Gallico VI, 24) LAT 505 Una digressione etnografica: la foresta Ercinia e l’unicorno (De bello Gallico VI, 25-26) LAT 507 Letture PARALLELE Il simbolismo dei bestiari medievali 508 La battaglia di Farsàlo: descrizione degli schieramenti (De bello civili III, 88-89) IT 509 fontivisive Ritratti a confronto 511 Discorso di Cesare ai soldati prima della battaglia (De bello civili III, 90) LAT 511 Nomi e parole degli antichi  512 Nomi e parole degli antichi  513 Un episodio esemplare: l’eroismo del centurione Crastino (De bello civili III, 91) LAT 514 Le parole di Cesare 515 La rotta dell’esercito pompeiano (De bello civili III, 94) LAT 516 La fuga di Pompeo (De bello civili III, 96) LAT 518 La clemenza di Cesare (De bello civili III, 98) LAT 520 Leggere un TESTO CRITICO La lingua ordinatrice di Cesare (E. Auerbach) 521 La riconoscenza di Cesare (De bello civili III, 99) LAT 522 LABORATORIO

La morte di Pompeo (De bello civili III, 104)

Materiali ONLINE

524

MAPPA

526

Verifica finale

527

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21


INDICE

3 L’età della tarda repubblica

14 Le monografie politiche di Sallustio

528

PERCORSO ANTOLOGICO

PROFILO STORICO

Materiali ONLINE

1   Annalistica e monografia storica dall’età dei Gracchi a Sallustio 528 2 Sallustio 530 Le parole di Sallustio 534 Le FIGURE e gli EVENTI della STORIA Quinto Sertorio 539 Le FORME dell’ESPRESSIONE Inconcinnitas e arcaismi nella prosa di Sallustio 541 Sallustio nel tempo 542 COMPITO DI REALTÀ 543 LEGGERE UN TESTO CRITICO Bellum Catilinae 544 • R. Syme, Due discorsi Bellum Iugurthinum 545 antitetici BIBLIOGRAFIA ESTESA Bibliografia essenziale 546   Sintesi 546 T1 T2

LAT IT

548

Ritratto di Catilina (Bellum Catilinae 5)

LAT 553

Nomi e parole degli antichi  553

T3 T4

Primo excursus sulla storia di Roma (Bellum Catilinae 6-13) LAT IT 556 I seguaci di Catilina (Bellum Catilinae 14) LAT 557 Nomi e parole degli antichi  558

ONLINE

Risparmio e debito 558 Secondo ritratto di Catilina (Bellum Catilinae 15) LAT 560 Istituzioni ROMANE Il fuoco sacro di Vesta 562 Tutae tranquillaeque res omnes (Bellum Catilinae 16) LAT 563 ONLINE Un esempio di discorso: Catilina arringa i congiurati, e li incita all’azione (Bellum Catilinae 20) IT 563 ONLINE Ritratto di Sempronia (Bellum Catilinae 25) LAT 563 Catilina si reca in senato (Bellum Catilinae 31, 4-9) LAT 565 Il discorso di Cesare in senato (Bellum Catilinae 51) LAT IT 568 ONLINE Il discorso di Catone in senato (Bellum Catilinae 52) LAT IT 568 ONLINE Confronto fra Cesare e Catone (Bellum Catilinae 54) LAT 568 Le FORME dell’ESPRESSIONE Confronto fra Cesare e Catone: un’analisi stilistica 570 Leggere un TESTO CRITICO Il linguaggio politico di Sallustio (R. Syme) 571 Condanna a morte dei congiurati (Bellum Catilinae 55) LAT 571 Educazione CIVICA

T5 T6 T7 T8 T9 T 10 T 11 T 12

T 13

22

Proemio alla Congiura di Catilina (Bellum Catilinae 1-4)

Le fonti FILOSOFICHE Influssi platonici nel proemio di Sallustio 551

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PERCORSO ANTOLOGICO

I LUOGHI dell’ANTICO Il carcere Tulliano 572 T 14 Un epilogo cruento: la battaglia di Pistoia (Bellum Catilinae 60-61) LAT IT sulloscaffale Catilina romanzato T 15 Un excursus geo-etnografico: l’Africa di Sallustio (Bellum Iugurthinum 17-19) LAT IT T 16 Excursus sulla situazione politica romana (Bellum Iugurthinum 41-42, 4) LAT IT T 17 Un esempio di drammatizzazione narrativa: la lettera di Bomilcare (Bellum Iugurthinum 71-72) LAT IT T 18 Discorso di Mario al popolo: elogio dei novi homines (Bellum Iugurthinum 85) LAT IT LABORATORIO

Dal proemio del Bellum Iugurthinum (Bellum Iugurthinum 3-4, 1)

Materiali ONLINE

573 576 576 576

ONLINE

580 581

ONLINE

582

MAPPA

584

Verifica finale

585

15 Le biografie di Cornelio Nepote

586 Materiali ONLINE

PROFILO STORICO

1 La biografia nel mondo antico 586 2 Vita e opere di Cornelio Nepote 587 3 De excellentibus ducibus exterarum gentium 588 T1 T2

Istruzioni ai lettori di biografie (Epaminondas I, 1-3) IT Un problema di metodo (Pelopidas 1, 1) IT Biografia e storia secondo Plutarco T 3 Vita di Aristide (Aristides) LAT IT Bibliografia essenziale 593   Sintesi 594

589 590 590 591 BIBLIOGRAFIA ESTESA

MAPPA

594

Verifica finale

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INDICE

3 L’età della tarda repubblica

16 Varrone, un poligrafo della tarda repubblica

596 Materiali ONLINE

PROFILO STORICO

1 La vita e la personalità 596 2 Le opere 598 T 1 Fantasiose etimologie (De lingua Latina V, 115) T 4 Gli schiavi, «strumenti parlanti» (De re rustica I, 17, 5-7) Bibliografia essenziale 602   Sintesi 602

IT IT

600 601

DOCUMENTI E TESTIMONIANZE • «Dove piega la bilancia della fortuna» (Cesare) • Il custode della vita romana (Cicerone) • Il più erudito dei

MAPPA

603 Romani (Quintiliano)

Verifica finale

604

TESTI T2 Gli antichi costumi e la corruzione contemporanea (Saturae Menippeae, frr. 63; 70; 190; 435; 495 Bücheler) T3 Una parodia letteraria (Saturae Menippeae, frr. 370-371; 375 Bücheler) VARRONE NEL TEMPO BIBLIOGRAFIA ESTESA

Prove di certificazione linguistica LIVELLO A Nozioni di metrica e prosodia latina Glossario dei termini retorici e stilistici Indice dei nomi Indice delle traduzioni Referenze iconografiche

605 609 621 633 637 639

SchedeONLINE 1 La traduzione nel mondo latino 2 La dottrina epicurea 3 Libri, lettori e biblioteche nel mondo antico

24

4 Retorica e oratoria nel mondo antico 5 La storiografia greca 6 La satura

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3 L’età della tarda repubblica Lo scenario temporale

Dalla fine dell’età sillana alla morte di Cesare (78-44 a.C.)

9 Società e cultura nell’età della tarda repubblica 10 La poesia neoterica e Catullo 11 Lucrezio e il poema didascalico 12 Cicerone, un difensore della res publica 13 I Commentarii di Giulio Cesare 14 Le monografie politiche di Sallustio 15 Le biografie di Cornelio Nepote 16 Varrone, un poligrafo della tarda repubblica

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10 La poesia neoterica e Catullo 1 La fondazione della poesia lirica in Roma Il nuovo spazio della soggettività: i precursori Influsso dei modelli greci La poesia lirica fa il proprio ingresso nella letteratura latina soltanto sul finire dell’età arcaica, all’aprirsi del secolo tempestoso che vedrà il tramonto della repubblica. Sulla fondazione della lirica soggettiva in Roma, cioè su quella che è stata definita la rivoluzione poetica del I secolo a.C., influisce in modo determinante il contatto sempre più ravvicinato e consapevole con i modelli della letteratura greca: la grande lirica arcaica, ma soprattutto la più recente produzione poetica dell’ellenismo. A sua volta, tuttavia, questo fenomeno va inserito in un quadro più vasto: l’influsso dei modelli greci si rende infatti operante in un complesso rapporto di interazione con importanti fattori di ordine politico-sociale. 234

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Una dichiarazione di poetica Non chiedetemi un canto di grande fragore: tocca a Zeus, non a me, tuonare. Quando posai per la prima volta la tavoletta sulle mie ginocchia, Apollo Licio mi parlò così: «O cantore, grasse devono essere le vittime che offri agli dèi: ma la Musa, mio caro, dev’essere sottile. E anche questo ti dico: cammina dove non passano i carri pesanti; non spingere il cocchio dietro orme già battute, né per una via larga, ma percorri sentieri non calpestati, anche se la via è più angusta». A lui ho obbedito. Cantiamo tra quelli che amano il suono della cicala, non il raglio dell’asino.

(Callimaco, Aitia, fr.1 Pfeiffer)

voluptas sodales fides pietas foedus lusus nugae brevitas doctrina lepos otium

Segno di profondi rivolgimenti sociali e politici L’affermarsi del genere lirico è il segno di un nuovo modo di intendere l’esercizio della letteratura, in seguito alle radicali trasformazioni in atto fin dal secolo precedente nella società e nella vita politica di Roma [ cap. 9.1]. Un profondo mutamento è intervenuto nel tradizionale rapporto fra il cittadino romano e la res publica: il singolo individuo può allora avvertire uno scollamento, persino una netta contrapposizione, fra la propria esistenza privata e la vita dello Stato, anziché pensarle in un rapporto di armonica integrazione. Si apre prepotentemente lo spazio nuovo ed autonomo della soggettività, che trova la sua espressione letteraria più congeniale nella poesia lirica, coltivata in una cerchia ristretta e nella dimensione separata dell’otium. I pre-neoterici La prima produzione lirica in lingua latina di cui siamo a conoscenza proviene dal cosiddetto “circolo” di Q. Lutazio Càtulo, un aristocratico nato intorno al 150 a.C., che nel 102 fu console insieme a Mario e con lui vincitore © Casa Editrice G. Principato

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10. La poesia neoterica e Catullo

PROFILO STORICO

dei Cimbri l’anno successivo. Cicerone lo pone fra gli interlocutori del dialogo De oratore (ambientato nel 91 a.C.), rappresentandolo come degno continuatore del gusto ellenizzante e degli ideali di humanitas dell’ambiente scipionico. Benché nulla dimostri l’esistenza di un vero e proprio circolo letterario, è probabile che intorno a Catulo, verso la fine del II secolo a.C., si fosse raccolta una cerchia di poeti, greci e latini, accomunati dai medesimi gusti letterari, che vengono regolarmente associati al suo nome: Antipatro di Sidone (nato nel 175 a.C.) e il giovane Archia di Antiochia (quello stesso difeso molti anni dopo da Cicerone), che soggiornarono entrambi a lungo in Roma; Valerio Edituo e Porcio Lìcino, anch’essi autori, come Catulo, di eleganti epigrammi erotici. Forse una generazione più tardi, agli inizi del I secolo a.C., visse un altro poeta, Levio, considerato il più significativo dei cosiddetti pre-neoterici. Fu autore di Erotopaegnia («scherzi amorosi»), nei quali attingeva a un altro filone della poesia alessandrina: la narrazione erotico-mitologica in versi. Della sua opera sopravvivono rari frammenti.

Guida allo studio

1.

Per quali motivi la lirica soggettiva compare in Roma solo verso la fine del II secolo a.C.? Quali fattori intervengono a favorire il successo e la crescente diffusione di questo genere?

2. Chi furono i precursori della nuova poesia? Quali generi poetici coltivarono? 3. A quali modelli si ispirarono?

La rivoluzione neoterica Limiti della poesia pre-neoterica Gli esperimenti poetici di Lutazio Catulo e della sua cerchia rappresentano segnali non trascurabili di un incipiente mutamento di gusto e di indirizzo letterario. In sostanza, tuttavia, si tratta soltanto di sporadici esercizi di adattamento degli originali greci da parte di colti e raffinati dilettanti di poesia. I poetae novi Un rinnovamento ben più profondo e consapevole, decisivo per la successiva evoluzione della poesia latina, proviene invece, qualche decennio dopo, da un gruppo di giovani poeti, quasi tutti originari della Gallia Cisalpina, chiamati collettivamente per consuetudine poetae novi, cioè «poeti moderni», o, con termine greco, neóteroi (comparativo plurale dell’aggettivo greco néos, «nuovo», che significa anche «giovane»). Entrambe le denominazioni vengono usate con intenzione polemica e denigratoria da Cicerone, più anziano di circa una generazione [ Tre definizioni dei poetae novi ONLINE ]; è ancora Cicerone a definire i seguaci delle nuove tendenze, con sprezzante ironia, cantores Euphorionis («ricantatori», «pedissequi imitatori di Euforione», discepolo di Callimaco, noto per l’oscurità e l’eccessiva erudizione dei suoi versi). La tradizione manoscritta ci ha conservato l’opera di uno soltanto fra loro, Valerio Catullo; ma possediamo notizie e frammenti, per quanto rari ed esigui, di Furio Bibàculo, P. Terenzio Varrone Atacino, P. Valerio Catone, Elvio Cinna (autore fra l’altro della Zmyrna, astruso e raffinatissimo epillio reso per sempre celebre dall’elogio di Catullo) e Licinio Calvo, l’amico più caro a Catullo [ I poetae novi, p. 237]. 236

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Un cenacolo letterario di poeti-amici Quello dei poetae novi è un cenacolo letterario, «il primo nella cultura romana, e forse l’unico, indipendente dal patronato di un uomo politico, quali erano stati Scipione Emiliano e Lutazio Catulo, e saranno Mecenate e Messalla Corvino» (Canali). Non si tratta propriamente di una scuola, caratterizzata da un programma rigidamente unitario, ma piuttosto di un circolo di poeti che condividono liberamente gusti letterari ed esperienze di vita: letture, discussioni, gare poetiche si intrecciano a conviti, frequentazioni mondane, avventure amorose. Il sodalizio artistico dei neóteroi è cementato infatti da vincoli di amicizia e di reciproca stima, nella comune, spontanea adesione a una nuova concezione della letteratura e insieme a un nuovo stile di vita in contrasto con il tradizionale sistema di valori romano. L’otium come scelta di vita Anche se non tutti i poetae novi rinunciano, come Catullo, ad esercitare attività connesse alla dimensione pubblica e civile, per questi giovani la poesia si colloca al centro dell’esistenza, ne diviene il valore più alto e anzi assoluto: per essi l’otium dedicato alla poesia, all’amore e ai propri interessi e piaceri personali (che non sono sentiti come cosa diversa dalla poesia stessa) non è più semplicemente una porzione ben delimitata di tempo libero dagli impegni politici e civili, comunque prioritari per il civis Romanus, ma diviene una scelta di vita totale ed esclusiva. L’otium non si integra più in un armonico rapporto di complementarità con i negotia, ma vi si contrappone decisamente, talora con accenti polemici di estraneità e di rifiuto; un rifiuto che in certo modo può essere accostato all’astensione dalla vita politica predicata dall’epicureismo. Poesia come raffinato lusus Dei princìpi di poetica professati nella cerchia neo­ terica, cosi come degli amichevoli rapporti fra i sodales, siamo informati quasi esclusivamente attraverso Catullo. Il carme 50 [ Laboratorio, p. 294-295], ad esempio, è un “bigliettino” indirizzato a Licinio Calvo: il giorno prima, durante una lieta riunione conviviale, i due amici si sono cimentati in un ludus poeticus; a gara hanno composto estemporaneamente «versi leggeri» (versiculos). Da questi versi emerge una concezione della poesia come lusus raffinato, che coinvolge totalmente chi lo pratica, fondendo in un’ebbrezza entusiastica amicizia e poesia; si disegna l’immagine di un circolo chiuso e aristocratico, in cui i destinatari della poesia tendono a coincidere con i poeti stessi. Brevitas, doctrina, labor limae: contro la poesia epica tradizionale Ma il vero e proprio “manifesto” del neoterismo è forse il carme 95, composto per salu-

I poetae novi Dei poeti neoterici a noi noti, almeno due scrissero anche poemi epico-storici: il decano del gruppo, il cremonese M. Furio Bibàculo, autore di un paio di epigrammi dedicati all’amico Valerio Catone, scrisse degli Annales sulla guerra gallica di Cesare, di cui restano dieci brevi frammenti; aveva come soggetto la campagna di Gallia anche il Bellum Sequanicum di P. Terenzio Varrone (detto “Atacino” da Atax, la sua città

d’origine in Gallia Narbonese) che scrisse, tra le altre opere, una raccolta di poesie d’amore dedicate a una Leucadia. Al genere tipicamente alessandrino dell’epillio si dedicarono invece il già citato Valerio Catone, filologo e critico letterario; Elvio Cinna, celebrato da Catullo per la sua raffinatissima Zmyrna; Licinio Calvo, il più caro amico di Catullo nonché l’unico romano del circolo neoterico, che scrisse un epillio intitolato Io, la ninfa amata da Giove e trasformata in giovenca da Giunone.

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10. La poesia neoterica e Catullo

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tare la pubblicazione della Zmyrna di Cinna, un epillio erotico-mitologico di tipo ellenistico, che assomma in sé le caratteristiche fondamentali della nuova poesia: brevitas, doctrina e labor limae. Un componimento di limitata estensione, ricco di preziosa e ricercata erudizione, frutto di un’instancabile elaborazione stilistica, estraneo ad impegni di natura ideologica e civile, polemicamente contrapposto all’antiquato e pesante poema epico di stampo tradizionale, qui rappresentato dagli Annales di un certo Volusio.

La Ninfa Cirene, mosaico, II-III sec. d.C. Museo di Lamberi, Algeria.

Una poetica callimachea Da questi preziosi documenti appare chiaro che il sodalizio poetico dei neóteroi si fonda su una concezione della poesia di derivazione alessandrina, e più precisamente callimachea. Se fin dalle origini gli scrittori di Roma avevano accolto non pochi spunti dalla produzione letteraria ellenistica, si trattava pur sempre di riprese eclettiche e per cosi dire occasionali. Con i poeti del circolo neoterico assistiamo invece alla formulazione di un organico programma letterario, sostenuto da una consapevolezza teorica nuova, che si esprime attraverso scelte precise e perentorie dichiarazioni di poetica; queste ultime, come è naturale per un movimento letterario d’avanguardia, tendono sovente ad assumere la forma di un’aggressiva polemica contro i seguaci della tradizione, secondo l’esempio dello stesso Callimaco [ Un maestro riconosciuto: Callimaco di Cirene].

Un maestro riconosciuto: Callimaco di Cirene

▰ Diffusione del callimachismo in Roma: Partenio di Nicea Fino alla generazione di Catullo

▰ Callimaco di Cirene: la letteratura come mondo autonomo La più coerente ed esplicita enunciazione dei nuovi principi artistici cui si informò, nel III secolo a.C., l’arte dell’ellenismo, si deve a Callimaco di Cirene (ca. 310-240 a.C.), maestro riconosciuto e unico teorizzatore della letteratura alessandrina. Poeta-filologo di sterminata erudizione, Callimaco aveva polemizzato duramente contro i cultori del poema epico tradizionale, storico e mitologico, proponendo per contro un modello di poesia sperimentale, breve e raffinatissima, destinata a una cerchia di intenditori, o meglio di iniziati. Callimaco aveva quindi fondato la consapevolezza della “letterarietà”, anzi una sorta di aristocratica religione dell’arte, ma con l’atteggiamento sorridente e ironico, con il superiore distacco di chi sa che si tratta di un gioco. Certo proprio questo dovette affascinare i giovani letterati romani: la scoperta di tutto un mondo autonomo e nuovo, il mondo della letteratura, della cultura, degli studi.

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e dei neóteroi, tuttavia, l’opera di Callimaco non aveva esercitato quasi nessuna influenza sulla poesia latina. Fu Partenio di Nicea, un letterato greco condotto prigioniero a Roma nel 73 a.C. (secondo altri nel 65), poi liberato per meriti culturali come tanti suoi connazionali prima di lui, a diffondere la poesia callimachea negli ambienti letterari romani. Partenio fu in rapporto anche con i poeti della generazione successiva, soprattutto Virgilio e Cornelio Gallo. Callimaco di Cirene (ca. 310-240 a.C.), filologo presso la Biblioteca di Alessandria e poeta ufficiale alla corte dei Tolomei, svolse una fondamentale opera di raccolta e catalogazione dei testi antichi. Della sua vasta produzione di opere erudite in prosa restano soltanto i titoli. Tra le opere poetiche sono conservati integralmente i sei Inni agli dèi, e una sessantina di Epigrammi. Solo frammenti sono pervenuti dell’epillio Ecale, prototipo del suo genere, di un libro di Giambi e degli Aitia, quattro libri di elegie eziologiche.

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Neoterismo come spartiacque L’esperienza neoterica rappresenta un autentico spartiacque nella storia della poesia latina. L’alessandrinismo callimacheo dei poetae novi resterà un’acquisizione irrinunciabile e decisiva per i maggiori poeti dell’età augustea, che su questa base di gusto e di cultura innesteranno originalmente nuove tematiche e nuove esigenze espressive.

Guida allo studio

1.

Esponi i princìpi fondamentali della poetica callimachea. 2. Poetae novi, neóteroi, cantores Euphorionis: a chi si devono queste denominazioni? Quale significato esprimono, nelle intenzioni del loro autore, sul piano storico-culturale?

3. Illustra la poetica del neoterismo, analizzando in particolare i seguenti termini: otium, brevitas, doctrina, labor limae, lusus, lepos. 4. Catullo, nelle sue poesie, si rivolge a un pubblico privilegiato di amici-poeti: sapresti indicarne qualcuno? In che senso possiamo parlare di un sodalizio umano e poetico?

2 Catullo La vita La nascita nella Gallia Cisalpina Catullo (Gaius Valerius Catullus) nasce a Verona, nella Gallia Cisalpina, da una facoltosa famiglia provinciale non priva di prestigio e di aderenze importanti, se è vero che, secondo la testimonianza di Svetonio, al tempo del proconsolato di Cesare in Gallia il padre del poeta era solito ospitarlo nella sua dimora veronese, o forse nella villa di Sirmione sul Garda. La data di nascita viene fissata all’87 a.C. da San Gerolamo, il quale aggiunge che Catullo morì a Roma nel trentesimo anno di età, dunque nel 57 a.C. Ma nel Liber catulliano vi sono accenni inequivocabili ad avvenimenti dell’anno 55 (e fors’anche del 54). Occorre allora aggiungere qualche anno alla breve vita di Catullo; oppure, volendo ritenere valida la notizia della morte non oltre i trent’anni, spostare le date estreme della sua esistenza all’84 e al 54. Il trasferimento a Roma Nulla sappiamo dei suoi studi: senza dubbio riceve una completa e raffinata educazione letteraria sia greca che latina, come era costume ormai anche in provincia. Secondo quanto egli stesso afferma, incomincia giovanissimo a scrivere versi d’amore (68, 15-17). Presto si trasferisce a Roma, dove frequenta gli ambienti letterari e mondani più in vista della capitale. Non dà alcun segno di voler intraprendere la carriera politica: la sua scelta è quella dell’otium, i suoi amici più cari sono i giovani poeti della cerchia neoterica, soprattutto Licinio Calvo ed Elvio Cinna, insieme ai quali coltiva la nuova poesia e conduce una vita di piaceri eleganti e raffinati. L’amore per Lesbia-Clodia L’evento centrale della vita (e della poesia) di Catullo è rappresentato dall’amore per una donna che nei suoi carmi, secondo l’usanza della lirica erotica, chiama con il falsum nomen di Lesbia; sappiamo da Apuleio che il suo vero nome era Clodia. Lo pseudonimo scelto da Catullo contiene un richiamo allusivo a Saffo, la poetessa dell’isola di Lesbo che aveva cantato la © Casa Editrice G. Principato

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10. La poesia neoterica e Catullo

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passione amorosa con accenti di sconvolgente intensità [ T15], ed è destinato a caratterizzare la donna amata come docta puella, dotata di cultura e di gusti letterari raffinati. Essa viene per lo più identificata con la seconda delle tre sorelle di P. Clodio Pulcher, il tribuno di parte cesariana: una spregiudicata e bellissima signora dell’aristocrazia romana, maggiore di Catullo forse di una decina d’anni, sposata a Q. Cecilio Metello Celere, rimasta vedova nel 59. Sembra che a questa stessa Clodia si riferisca la violenta e sarcastica invettiva di Cicerone, che nell’orazione Pro Caelio (56 a.C.) la dipinge come una donna dai costumi corrotti e scandalosi, coinvolta in oscuri intrighi connessi alle manovre politiche del fratello [ T13, cap. 12]. Con lei Catullo vive un’intensa relazione amorosa, che per noi è impossibile ricostruire nelle sue diverse fasi, ma certo complessa e tormentata, costellata di abbandoni, tradimenti, provvisorie riconciliazioni.

Particolare di un affresco della Villa dei Misteri a Pompei, I secolo d.C.

Il viaggio in Asia Minore Nella primavera del 57 Catullo parte per la Bitinia al seguito del propretore Gaio Memmio, forse con l’amico Elvio Cinna, verosimilmente con la speranza di arricchirsi, com’era costume dei magistrati romani e delle loro cohortes di amici e seguaci durante i governatorati nelle province. Esattamente un anno dopo, tuttavia, rientra in patria da solo, dopo aver reso omaggio alla tomba del fratello, sepolto nella Troade (101 [ T23]); durante il viaggio visita le clarae urbes greche d’Asia (46). Non vi è alcun indizio atto a far supporre che Catullo fosse ancora in vita dopo l’anno 54.

Guida allo studio

1.

Quali notizie certe possediamo in merito alla biografia di Valerio Catullo? Quali invece restano carenti o controverse? 2. Quali furono le scelte di vita e le frequentazioni di Catullo dopo il trasferimento a Roma? 3. Qual è il significato del nome Lesbia che Catullo attribuisce alla donna amata? Qual era il suo vero nome? Ci sono pervenute notizie, più o meno sicure, riguardo alla sua vita e alla sua personalità, e da quali fonti? 4. Verso quale meta e con quali obiettivi Catullo compì il viaggio dell’anno 57 a.C.? Quando fece ritorno in patria, e quale itinerario seguì?

Il Liber catulliano Il Liber e il libellus La produzione poetica di Catullo ci è pervenuta in un unico liber che contiene 116 carmi in metri vari, per un totale di circa 2300 versi. La raccolta si apre con una dedica a Cornelio Nepote [ T2], in cui si parla di un libellus (un «libretto»), un unico rotolo di papiro, che non poteva contenere più di un migliaio di versi, di norma anche meno (tra i 700 e i 900). Dal testo si ricava inoltre che Catullo definisce nugae («inezie», «cosucce») le poesie in esso trascritte: un termine che è impossibile riferire a componimenti ampi e impegnativi, come ad esempio il carme 64 (ben 408 versi), presenti nella silloge. 240

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Si deve dunque concludere che il carme dedicatorio si riferisca a un gruppo più ristretto di brevia carmina, di cui Catullo in persona aveva curato l’edizione; e che il Liber, così come noi lo conosciamo, non abbia ricevuto l’ordinamento attuale dalla mano del suo autore. Struttura tripartita del Liber Nella sua forma attuale, il Liber catulliano si presenta diviso in tre sezioni in base a criteri metrici (non tematici, né cronologici), secondo l’usanza degli editori alessandrini: • la prima sezione (1-60) comprende le cosiddette nugae, brevi componimenti in metri lirici e giambici, di argomento per lo più personale e privato, ispirati a una grande varietà di occasioni e situazioni (amori, affetti e amicizie, invettive, polemiche letterarie, episodi di vita quotidiana); la • seconda (61-68) raccoglie un gruppo di otto componimenti più estesi e di maggiore impegno letterario, in metri diversi, detti carmina docta dagli studiosi moderni; nella terza sezione (69-116) compaiono esclusivamente carmi in distici elegia• ci, per lo più epigrammi di breve estensione, sovente di intonazione satirica, che dal punto di vista tematico e stilistico presentano evidenti analogie con le poesie del primo gruppo.

Affresco raffigurante un giovane uomo con un rotolo, I secolo d.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

Guida allo studio

Ma i testi sono realmente 116? Sebbene la numerazione dei testi si estenda dall’1 al 116, i carmi del Liber per la precisione sono 113: tre componimenti (corrispondenti ai numeri 18, 19 e 20), inseriti nel Cinquecento dall’umanista francese Marc-Antoine Muret, vennero espunti dal Lachmann nel XIX secolo, ma la numerazione non fu ritoccata. I tre testi esclusi si leggono ora nell’Appendix vergiliana [ vol. II, cap. 2.5]. 1. Descrivi la struttura del Liber catulliano. 2. Per quali ragioni si ritiene che il carme proemiale indirizzato a Cornelio Nepote

[ T3] si riferisca a un gruppo di liriche più ristretto rispetto alla totalità dei testi pervenuti e raccolti nel Liber?

Aspetti tematici della poesia catulliana Al centro il personaggio-poeta Dal punto di vista tematico la poesia di Catullo privilegia la sfera degli interessi individuali e privati: i carmi del Liber danno espressione ai sentimenti, alle esperienze, alle reazioni sovente appassionate ed estreme di un personaggio-poeta che dice «io», che ha nome Catullo e che pertanto, secondo le convenzioni della poesia lirica, chiede di essere identificato con la persona dell’autore. © Casa Editrice G. Principato

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10. La poesia neoterica e Catullo

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L’amore: i carmi per Lesbia Al centro del Liber catulliano si colloca idealmente il gruppo dei carmi per Lesbia (quasi una trentina), che in verità si trovano disseminati nella raccolta senza ordine di sorta. Per antica consuetudine gli interpreti sono soliti accostarli e disporli nella successione logico-cronologica che appare più probabile: occorre avvertire, naturalmente, che si tratta pur sempre di ricostruzioni arbitrarie per quanto suggestive. In ogni caso, vuole la tradizione che l’inizio e la fine (ammesso che ci sia stata una fine) dell’appassionato amore di Catullo per Lesbia siano segnati da due componimenti, rispettivamente il carme 51 [ T15], la traduzione dell’ode di Saffo in cui sono descritti gli sconvolgenti sintomi d’amore, e il carme 11 [ T10], che appare come un definitivo messaggio d’addio alla puella. L’identità del metro (sono i due soli componimenti in metro saffico di tutto il Liber) è un notevole indizio, che effettivamente potrebbe confermare se non altro l’originaria intenzione, da parte di Catullo, di indicare un percorso ai suoi lettori. Fra questi due ipotetici estremi è possibile identificare diversi momenti o gradazioni: a istanti di esaltante felicità nella pienezza dell’accordo amoroso succedono (o si alternano?) la scoperta dell’incostanza di Lesbia, i tradimenti, i dolorosi abbandoni, seguìti da insperati ritorni dell’infedele e da provvisorie riconciliazioni. Novità della poesia d’amore catulliana La poesia d’amore catulliana presenta aspetti di straordinaria novità, sia rispetto alla tradizione letteraria greca, da cui pure – specie dall’epigramma alessandrino – riprende non pochi elementi convenzionali, sia nei confronti della mentalità e del costume romano. Infatti, mentre la lirica erotica greca aveva cantato, con rarissime eccezioni, la passione per le cortigiane, i carmi amorosi di Catullo sono dedicati a una donna sposata di elevata condizione sociale, in aperto contrasto con la morale del tempo e con le stesse leggi dello Stato. Catullo inoltre, in accordo con il programma neoterico, oppone un netto rifiuto, sul piano etico-esistenziale ed estetico, nei confronti del sistema di valori consacrato dalla tradizione romana, che non riconosceva autonomia all’individuo al di fuori dell’impegno politico e civile. L’eros al centro dell’esistenza Operando un audace rovesciamento della tradizionale gerarchia dei valori, Catullo pone l’eros al centro dell’esistenza: l’amore diviene l’unico autentico valore per il quale valga la pena di vivere. Catullo aspira pertanto a trasformare la sua relazione con Lesbia, di per sé instabile e irregolare, in un legame amoroso del tutto nuovo, concepito come un vero e proprio foedus o «patto» sacro e inviolabile, fondato sulla fides e garantito dalla protezione degli dèi (cfr. 109 [ T24] e 72 [ T19]). Soltanto in questo reciproco impegno d’amore, stretto per libera scelta dai due amanti al di fuori del matrimonio, possono trovare una conciliazione due forme dell’amore che di norma si trovano nettamente separate nella società in cui Catullo vive: da una parte la passionalità erotica, caratteristica delle libere relazioni extraconiugali (amare); dall’altra un sentimento più profondo, serio e duraturo, fatto di tenero affetto e di stima, quale si prova per i propri familiari e per gli amici più cari (bene velle). Il patto d’amore può cosi rivendicare, agli occhi di Catullo, non minore dignità di un’unione coniugale legittima, in un’appagante dimensione di completezza psicologica e affettiva. 242

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Pietas e fides La forza e l’originalità della proposta di Catullo, del tutto inedita e anzi inconcepibile per la mentalità dei suoi contemporanei, risiedono nel fatto che egli in tal modo non rinnega ma trasporta nella sfera dell’eros, interiorizzandoli, i valori più sacri della tradizione etico-religiosa romana: la pietas, cioè la virtù propria di chi adempie scrupolosamente i propri doveri sia verso gli altri uomini (in primo luogo i familiari, gli amici, i concittadini) sia verso gli dèi, e la fides, il vincolo morale che obbliga al rispetto dei patti stipulati. Una drammatica lacerazione interiore Ma Catullo è costretto a prendere atto dell’irrimediabile fallimento del suo progetto: i ripetuti tradimenti di Lesbia mostrano chiaramente che la puella non è disposta a condividere e a rispettare il foedus amoroso. Le reazioni dell’amante deluso sono assai diversificate: espressioni di dolore, amarezza, disperazione si alternano a ondate di nostalgico rimpianto, illusorie speranze di riconciliazione, autoesortazioni alla fermezza (8 [ T8]). Sovente lo sdegno per l’iniuria subita si sfoga in violentissime invettive, nei toni del più aggressivo e insultante sarcasmo (11 [ T10]; 58 [ T17 ONLINE]). In profondità, tuttavia, la conseguenza più drammatica dell’infrazione del patto d’amore da parte della donna amata è la scoperta di una lacerante scissione interiore. Con lucida forza introspettiva, Catullo avverte che le due componenti del suo amore, passionale e affettiva – amare e bene velle – si sono dissociate; si sente attraversato da sentimenti conflittuali, preda di forze irrazionali e incontrollabili: la passione sensuale divampa ancora, inestinguibile, ma è paradossalmente accompagnata dall’odio e dal disprezzo (72 [ T19]; 85 [ T20]). Constatata l’impossibilità di superare con le proprie forze l’angosciosa contraddizione, nel carme 76 Catullo si rivolge agli dèi per essere liberato da questo suo amore che ormai identifica con un’orribile malattia.

Affresco raffigurante una donna seduta, I secolo d.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

Religiosità “romana” di Catullo Nonostante il suo individualismo e il suo anticonformismo, Catullo ha un senso religioso dei doveri e degli affetti che affonda le radici nella tradizione ancestrale romana. Non si vuole affermare con questo che Catullo nutra una fede ingenua nei confronti delle divinità tradizionali, né in qualche altra forma di trascendenza: egli si reca a celebrare i riti funebri presso la tomba del fratello in nome dei sacri doveri della pietas verso i congiunti, pur nella desolata consapevolezza della loro vanità (101 [ T23]). Gli dèi che Catullo invoca nel carme 76 rappresentano in realtà la proiezione, l’oggettivazione di quei valori che egli considera irrinunciabili nei rapporti con gli altri e che sente di aver sempre rispettato, la fides e la pietas. La sua religiosità tutta terrena coincide con un profondo senso della giustizia, ed è vissuta con un atteggiamento contrattualistico tipicamente romano: è «in cambio» (pro) della sua devozione che gli dèi dovranno finalmente concedergli (reddere) la pace e la libertà dello spirito (O di, reddite mi hoc pro pietate mea, v. 26). © Casa Editrice G. Principato

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10. La poesia neoterica e Catullo

PROFILO STORICO

L’amicizia Come l’amore, anche l’amicizia è un foedus: la stessa intensità affettiva, la stessa appassionata serietà, la stessa esigente gelosia che Catullo riversa nel rapporto amoroso con Lesbia, caratterizzano le sue relazioni con gli amici. Per essi Catullo ha sinceri, entusiastici slanci di affetto, che giungono fino a vere e proprie esplosioni di gioia, come in occasione del ritorno di Veranio dall’Iberia (9 [ T9 ONLINE]); ma è altrettanto pronto alle rimostranze, ora accorate, ora minacciose e violente, nei confronti di coloro che vengono meno a un preciso codice di comportamento. La cerchia degli amici, accomunati da un ideale di vita (e di poesia) elegante e raffinata, costituisce il punto di riferimento costante e il destinatario privilegiato della poesia catulliana. Sono frammenti di vita, afferrati e rielaborati poeticamente: ricordi di esperienze vissute, aneddoti spiritosi, episodi divertenti o scandalosi, non di rado giocosamente deformati con comica esagerazione; garbate prese in giro di comportamenti rozzi o ridicolmente affettati; “bigliettini” scherzosi, ironici o autoironici (13 [ T11]). La poesia Ma i sodales più vicini a Catullo sono anche poeti: come si è visto, fra i numerosissimi carmi indirizzati agli amici non pochi sono di argomento letterario e contengono enunciazioni di poetica, associate il più delle volte ad attacchi polemici contro gli avversari; è quanto accade, per ricordare soltanto un esempio, nel carme 95, che celebra la pubblicazione dell’attesissima Zmyrna di Cinna, denigrando nel contempo, in toni aggressivi e beffardi, gli attardati cultori del poema epico-storico tradizionale alla maniera enniana. L’invettiva e la satira Le invettive di Catullo non sono esclusivamente letterarie: più di metà dei componimenti del Liber sono di carattere aggressivo. Oltre a stigmatizzare violentemente le infrazioni della fides da parte di Lesbia e degli amici, Catullo lancia i suoi strali contro svariati personaggi dell’epoca (molti dei quali restano per noi soltanto dei nomi) mettendone alla berlina le colpe e i difetti fisici e morali, talvolta in tono giocoso, più spesso con impietosa asprezza. Non è sempre agevole individuarne le ragioni: di volta in volta si tratterà di antipatie personali, disgusto per la volgarità, gelosia nei confronti di possibili rivali, sdegno vendicativo per dei torti subiti; ma certo anche i carmi aggressivi e diffamatori entrano a far parte di un gioco audace e arguto, dal forte spessore letterario, indirizzato agli amici del circolo neoterico. Sia nelle nugae che negli epigrammata compaiono carmi violentemente diffamatori contro potenti uomini politici: Cesare (93 [ T22]) e il suo favorito Mamurra (29 [ T12 ONLINE]); cesariani come Nonio e Vatinio (52 [ T16]); in due casi anche Pompeo. Il viaggio e i luoghi Un ristretto gruppo di componimenti, ai quali appartengono alcuni fra i capolavori assoluti della lirica catulliana, trae ispirazione in vario modo dal viaggio in Oriente compiuto nel 57-56 a.C. al seguito di Memmio. L’esperienza del viaggio sprigiona nella poesia di Catullo il fascino inebriante dell’avventura (4 [ T5 ONLINE]); ma per il giovane intellettuale romano il viaggio nel Mediterraneo orientale rappresenta anche un entusiasmante itinerario culturale attraverso luoghi dei quali è sufficiente pronunciare i nomi esotici e sonanti per evocare la splendida tradizione artistica e letteraria del mondo greco (46). Questo poeta sa cantare tuttavia, con accenti indimenticabili, anche la gioia del ritorno, come nel carme 31 [ T14]. Ancora diverso lo sviluppo del tema nel car244

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me 101 [ T23]: il viaggio di Catullo alla tomba del fratello assume i toni di una profonda malinconia e insieme di una pacata solennità rituale, specchiandosi nel lungo e travagliato peregrinare di Odisseo.

Guida allo studio

1.

Quali sono i principali temi affrontati da Catullo nella sua opera? 2. Come viene concepito l’amore dal poeta? 3. Chiarisci il significato e le implicazioni del foedus amoroso (o «patto d’amore») che Catullo aspira a stringere con Lesbia. 4. Una parte considerevole del Liber è dedicata

alla poesia di tono aggressivo e satirico: quali sono gli obiettivi privilegiati delle invettive catulliane? 5. Da quale particolare evento nella vita del poeta sono ispirati i carmi che trattano il tema del viaggio? In quali diversi modi e toni viene di volta in volta sviluppato?

Letterarietà e ars nella poesia catulliana Equilibrio fra intensità vitale e ars La grandezza e l’originalità della poesia catulliana consistono in un equilibrio – che ha del prodigioso – fra l’intensità passionale dell’esperienza vissuta e l’ars impeccabile del poeta doctus, impegnato nella ricerca della perfezione formale. Catullo poeta novus: poesia di circolo L’intera produzione poetica di Catullo si inscrive nell’ambito del movimento neoterico; ne rappresenta anzi il documento più notevole e prezioso. Certo la poesia del Liber, nella sua profondità e complessità, non si esaurisce nell’adesione a un programma letterario d’avanguardia; nondimeno presuppone il riferimento costante a una cerchia di amici-poeti, destinatari espliciti o sottintesi dei testi, i quali condividono le esperienze di vita, la raffinata cultura e gli ideali poetici dell’autore, e sono pertanto in grado di decodificare e gustare gli accenni a determinati personaggi, fatti e minuti episodi della vita quotidiana, così come le dotte allusioni letterarie, abilmente dissimulate, di cui è costellato il testo poetico [ Leggere un testo critico, p. 274]. Letterarietà dei carmi catulliani: i modelli greci Quasi tutti i componimenti del Liber, anche quelli che sembrano scaturire da una precisa e irripetibile occasione di vita reale e che più vivamente colpiscono il lettore per la loro apparenza di spontaneità e di naturalezza, sono riconducibili a un modello letterario greco: i raffinati poeti ellenistici, da Callimaco a Meleagro di Gadara, pressoché contemporaneo di Catullo e a lui specialmente congeniale per la sua tendenza ad approfondire il discorso amoroso con sofferta partecipazione sentimentale; ma anche i lirici greci arcaici – la prediletta Saffo, Alceo, Archiloco, Ipponatte – dei quali Catullo possiede la profondità, la vitalità, la concentrata energia espressiva. Imitatio, aemulatio e arte allusiva L’imitatio catulliana dei modelli greci non va ovviamente intesa come un’imitazione-riproduzione passiva e per così dire esteriormente artificiosa, ma si configura piuttosto come una imitazione-emulazione, cioè una ricreazione originale, secondo le modalità di quella che è stata felicemente definita «arte allusiva». Il riferimento al modello, ammirato e amato, non viene affatto occultato, ma anzi apertamente esibito, con l’intento di arricchire il nuovo testo di ulteriori risonanze e significati, attivati dalla “memoria poetica” della tradizione (cfr. il carme 101 [ T23]), di rendere omaggio a un maestro, talvolta di aprire una gara con l’illustre precedente. © Casa Editrice G. Principato

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

10. La poesia neoterica e Catullo

PROFILO STORICO

Guida allo studio

1.

Spiega perché la produzione poetica di Catullo viene definita “poesia di circolo”. 2. Quali sono i modelli letterari cui Catullo costantemente si ispira?

3. Qual è il rapporto che il poeta latino intrattiene con gli autori e i testi greci che prende a modello? 4. Imitatio, aemulatio, arte allusiva: spiega il significato di queste espressioni.

I carmina docta Prove poetiche più impegnative Non è soltanto per la maggiore estensione che i carmina docta si distinguono dai componimenti brevi (nugae ed epigrammi): in questi carmi di più ampio respiro Catullo intese certo dare prove di poesia più alte e impegnative secondo i canoni del gusto alessandrino, mediante il ricorso alle tematiche illustri del mito e a tecniche compositive ricercate, dispiegando le risorse di un’erudizione sofisticata e preziosa. Catullo ambisce a misurarsi nel genere tipicamente neoterico e “moderno” dell’epillio alessandrino; epilli di raffinata fattura sono in particolare i carmi 63 e 64, ambedue racconto di vicende mitiche in cui accanto a virtuosistici intarsi descrittivi si aprono vasti spazi di introspezione psicologica. Un epillio, incentrato su un gentile motivo eziologico, va considerato anche il carme 66 [ T18 ONLINE; I carmina docta, p. 247]. Fusione di elementi greci e romani In ogni caso, Catullo sottopone anche nei carmina docta gli ammirati modelli greci a una complessa e originale rielaborazione, concentrandosi su problematiche inconfondibilmente personali e calando elementi caratteristici della cultura e della tradizione romana negli stampi eleganti delle forme di derivazione alessandrina. Nel carme 61, in particolare, Catullo realizza una perfetta fusione di elementi greci e romani: le forme letterarie e il metro, oltre a singoli motivi ed espressioni, derivano da Saffo e dai lirici ellenistici, mentre gli atti rituali, come pure i concetti riguardanti il matrimonio e la sua funzione civile, hanno radici nella più antica e schietta tradizione romano-italica. Il carme 68 prototipo dell’elegia latina Il carme 68 è considerato il prototipo dell’elegia latina. In età augustea i poeti elegiaci – in particolare Properzio – ne riprenderanno infatti, sviluppandoli e fissandoli in un genere autonomo, motivi e caratteristiche fondamentali: la notevole estensione del componimento (160 versi, ben oltre i limiti consueti dell’epigramma in distici); l’andamento lirico-narrativo almeno apparentemente libero e come ondeggiante tra diverse sollecitazioni mediante associazioni improvvise, che cela in realtà un calcolatissimo gioco d’incastri e di simmetrie compositive; l’ampio spazio concesso alla rievocazione delle vicende personali, in particolare amorose, del poeta, proiettate nella dimensione nostalgica o dolente del ricordo; il motivo del servitium amoroso; soprattutto il continuo trapasso dal piano dell’autobiografia a quello del mito. Uso autobiografico del mito Nel carme 68 il racconto autobiografico si specchia nella vicenda mitica e favolosa, che assurge così ad exemplum, assume cioè un valore paradigmatico, gettando luce sui significati profondi dell’esperienza personale. Qui Catullo propone un evidente parallelismo tra due unioni, – una attuale e personalmente vissuta da chi scrive (o almeno presentata come tale), l’altra 246

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leggendaria (e letteraria), evocata da un remoto passato – entrambe illegittime e proprio per questo precarie. Così, la tragica conclusione della storia di Laodamia proietta inevitabilmente anche sull’amore di Catullo l’ombra di un’apprensione, quasi la premonizione di un destino di sventura e di dolore. Motivi ricorrenti nei carmina docta A ben guardare, tuttavia, anche negli altri carmi lunghi (forse con l’eccezione del 63) Catullo insiste su tematiche personalissime, dominanti in tutto il Liber, che filtrano attraverso la narrazione mitica degli epilli. Comune a tutti è il motivo dell’unione coniugale legittima, stabile e felice, un foedus sancito dall’assenso divino, basato sul rispetto della fides e delle tradizioni familiari; cioè proprio quel tipo di legame che rappresenta la più ardente e sempre frustrata aspirazione di Catullo nei suoi rapporti con Lesbia. Al matrimonio legittimo vengono contrapposte le relazioni adulterine o comunque irregolari, su cui grava la minaccia dell’infedeltà, dell’abbandono, del dolore e persino della morte. Il racconto mitico come vicenda esemplare Catullo non segue dunque fino in fondo i modelli alessandrini in quel procedimento di garbata diseroicizzazione del mito che li caratterizza: per il poeta romano il racconto mitico non rappresenta soltanto il pretesto per un elegante gioco letterario, ma si ripropone come vicenda esemplare, conservando in modi nuovi e in nuove forme l’originaria tensione etico-religiosa e conoscitiva.

I carmina docta Il gruppo degli otto carmi lunghi (61-68), situato per tradizione al centro del Liber, si apre con due canti epitalamici (cioè canti intonati durante le cerimonie nuziali). Il primo tra i carmina docta (61), in metri lirici, composto per le nozze del nobile Lucio Manlio Torquato con Vinia Aurunculeia, ha inizio con un inno ad Imeneo, la divinità delle nozze; segue la rappresentazione della deductio, il corteo festoso che all’ora vespertina accompagna la sposa alla casa del marito. Il secondo (62), in versi esametri, è strutturato in forma di contrasto fra due cori, uno di giovani, l’altro di ragazze, che invocano Imeneo mentre si attende, al calar della sera, l’arrivo della sposa. Il carme 63, un epillio in galliambi, narra di riti esotici e crudeli: il giovane Attis, giunto per mare in terra di Frigia, durante le feste notturne in onore della Magna mater Cibele, invasato dal furore orgiastico, si evira per consacrarsi al culto della dea. Ritornato in sé, si pente del suo gesto, ma la terribile divinità non permette ormai che si sottragga al suo dominio. Nel carme 64, anch’esso un epillio, il più ampio e complesso testo di questa sezione (408 versi esametri), si narra delle nozze di Peleo e Teti; nella storia principale viene inserita, mediante la tecnica della ékphrasis, una seconda storia, quella di Arianna abbandonata da Teseo sull’isola di Dia e poi tratta a salvamento da Bacco, che

giunge improvviso sul lido deserto con il suo gioioso corteo. Il carme 65 è indirizzato all’amico Ortalo: il celebre oratore aveva chiesto in dono dei versi che Catullo, prostrato dalla morte del fratello, non può dare; ma darà, in segno del suo immutato affetto, una traduzione della Chioma di Berenice di Callimaco. Il carme 66 [ T18 ONLINE ] è appunto la traduzione catulliana della Chioma, l’episodio che concludeva il IV libro degli Aitia callimachei. Berenice, moglie fedele e innamorata del sovrano d’Egitto Tolomeo III Evergete, consacra agli dèi, per propiziare il successo dello sposo partito per una spedizione militare, un ricciolo della propria chioma, che misteriosamente scompare; ma l’astronomo Conone lo riconosce in una nuova costellazione, da allora denominata, come oggi, la «Chioma di Berenice». Segue (67) una variazione dialogica in distici elegiaci sul motivo del paraklausíthyron (il «canto dinanzi alla porta chiusa»): il poeta si rivolge alla porta della casa appartenente a un certo Cecilio, inducendola a rivelare gli scandalosi costumi sessuali dei suoi padroni. Nel carme 68, infine, ancora in distici elegiaci e in forma di epistola poetica a un amico, Catullo intreccia motivi autobiografici (il dolore per la morte del fratello; la rievocazione del primo convegno con Lesbia) con un racconto mitico (gli amori di Protesilao e Laodamia).

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

10. La poesia neoterica e Catullo

PROFILO STORICO

Unitarietà della poesia catulliana Da quanto si è detto risulta evidente l’unitarietà profonda della poesia catulliana, caratterizzata nella sua interezza dal ritorno persino ossessivo su alcuni nuclei tematici “forti” e personalissimi; è per conseguenza inconsistente la pretesa di creare una barriera di separazione fra i carmina docta e i componimenti brevi.

Guida allo studio

1.

Perché gli otto carmi lunghi collocati al centro del Liber sono stati denominati carmina docta? 2. Illustra i caratteri, tematici e stilistici, dei carmina docta. 3. Per quali ragioni il carme 68 viene considerato il prototipo dell’elegia latina? 4. Quale relazione si instaura, nella poesia di Catullo, fra piano del mito e piano

autobiografico? Sapresti citare qualche esempio concreto? 5. Nonostante il ricorso al mito e la notevole varietà degli argomenti, dei metri, dei modelli, è possibile individuare nei carmina docta il ritorno costante di nuclei tematici personali, ricorrenti e anzi centrali in tutta l’opera catulliana?

Lingua e stile L’impressione di spontaneità e di immediatezza che colpisce tanto vivamente il lettore di Catullo, è in realtà il frutto di una consapevole operazione artistica, che si realizza attraverso un assiduo e sorvegliatissimo lavoro sul piano della lingua e dello stile. Commistione di registri linguistici La caratteristica più vistosa dello stile catulliano è una sapiente e spregiudicata commistione di diversi registri linguistici. La lingua poetica di Catullo è una lingua composita, colta e aristocratica, che si appropria continuamente, a fini espressivi, di forme e strutture del sermo cotidianus, esplorato in tutta la gamma delle sue sfumature. Lessico e sintassi Il lessico è ricchissimo, e accoglie volgarismi come basium (5, vv. 7 e 13) in luogo di osculum; diminutivi dell’uso parlato come palmula (4, vv. 4 e 17); espressioni oscene e triviali (cacata [charta], 36, vv. 1 e 20); grecismi volgari (moechus, 11, v. 17); onomatopee (pipiare, 3, v. 10); interiezioni colloquiali (Iuppiter, 1, v. 7); locuzioni idiomatiche. Dal punto di vista sintattico, rimandano a costrutti tipici del parlato i partitivi dipendenti dal neutro singolare di un pronome, un aggettivo o un avverbio (hoc libelli, 1, v. 8; tantum basiorum, 5, v. 13); il pronome neutro in funzione predicativa con il verbo esse (esse aliquid, 1, v. 4); i congiuntivi alla seconda persona con valore imperativo (desinas, ducas, 8, vv. 1-2); la preferenza per i periodi semplici, formati cioè di una sola proposizione, e in genere per l’ordinamento paratattico del discorso. Espressività e intensità emotiva La ricerca di espressività e di intensità emotiva nel linguaggio poetico catulliano è testimoniata inoltre dall’impiego continuo di forme dialogiche e allocutive (interrogative, esclamative, vocative, quasi sempre precedute dall’interiezione o); di strutture iterative (accumuli enfatici, anafore ed epifore, riprese di singole espressioni e di interi versi); di aperture ex abrupto, piene di slancio e di energia (Cui dono...?, 1; Vivamus, 5); di nomi propri accompagnati dal possessivo (mi Fabulle, 13, v. 1); di innumerevoli diminutivi affettuosi come miselle, turgiduli ocelli (3, vv. 16-18) e il metaforico ocelle (31, v. 2), labella (8, v. 18), amiculi (30, v. 2). 248

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PROFILO STORICO

Le forme del linguaggio letterario Alle movenze del linguaggio colloquiale Catullo intreccia elegantemente, non di rado ricercando forti e improvvisi effetti di contrasto, le forme del linguaggio letterario, fra le quali spiccano gli intarsi allusivi, eruditi e preziosi secondo i dettami del gusto alessandrino: nomi di luoghi evocativi ed esotici (46, vv. 3-5); epiteti rari e grecizzanti come Lybissae (7, v. 3), Eoa (11, v. 3), Lydiae (31, v. 13); solenni arcaismi poetici e composti di stampo omerico-enniano quali caelites (11, v. 14), sagittiferos, septemgeminus (11, vv. 5-6). Nei carmina docta uno stile più alto Lo stile dei carmina docta è senza dubbio più elaborato e più riccamente intessuto di dotti riferimenti letterari. Frequenti ricorrono gli echi della poesia enniana e in genere dell’epica e della tragedia arcaica, accanto ai fittissimi inserti preziosi ed eruditi derivati dai modelli ellenistici; ma agli stilemi della poesia tradizionalmente “alta” Catullo accosta, ovviamente in misura minore, movenze più intime e colloquiali, caratteristiche dei carmi brevi, soprattutto diminutivi. Unitarietà dello stile catulliano Ormai da tempo la critica considera decisamente superata la tradizionale contrapposizione fra i componimenti brevi e i carmina docta: da una parte un Catullo autobiografico e spontaneo (secondo il mito romantico della “sincerità” poetica); dall’altra il poeta doctus, imitatore degli alessandrini. In realtà, come dal punto di vista tematico la poesia catulliana rivela una profonda unitarietà, così sotto l’aspetto linguistico e stilistico non si riscontrano sostanziali differenze qualitative; si tratta piuttosto di gradazioni quantitative (nel dosaggio, potremmo dire, degli “ingredienti”), richieste dal diverso genere poetico e dall’argomento.

Guida allo studio Materiali

ONLINE

essenziale

Bibliografia

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1.

Distingui le diverse componenti del linguaggio poetico catulliano. 2. Si può parlare di una diretta riproduzione del sermo cotidianus?

3. Per quali aspetti lo stile dei carmina docta differisce da quello dei carmi brevi?

DOCUMENTI E TESTIMONIANZE • Tre definizioni dei poetae novi (Cicerone) LEGGERE UN TESTO CRITICO • L. Canali, Il linguaggio osceno e triviale nel Liber di Catullo BIBLIOGRAFIA ESTESA � Edizioni Per i frammenti superstiti dei poeti neoterici, con traduzione italiana: A. Traglia, Poetae novi, Edizioni dell’Ateneo, Roma 1974. Fra le molteplici traduzioni di Catullo: Canti di Catullo, t r a d . d i S . Q u a s i m o d o, Mondadori, Milano 1955 ( o r a i n S . Q u a s i m o d o, Poesie e discorsi sulla poesia, Mondadori, Milano 1971); Catullo, Le poesie, a cura di

F. Della Corte, Mondadori - Fondazione Lorenzo Valla, Milano 1977; Poesia d’amore latina, a cura di P. Fedeli, trad. di G. Paduano, EinaudiGallimard, Torino 1998 (con commento e bibliografia di tutti i singoli testi del Liber); Catullo, «Carmina». Il libro delle poesie, a cura di N. Gardini, Feltrinelli, Milano 2014. � Studi e commenti Per orien-

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tarsi nello studio della poe­ sia di Catullo: P. Fedeli, Introduzione a Catullo, Laterza, Bari-Roma 1990. Fra i saggi sulla poetica catulliana: F. Bellandi, Lepos e pathos: studi su Catullo, Pàtron, Bologna 2007. Per un vasto commento a tutti i singoli carmi catulliani: Catullo, Le poesie, a cura di A. Fo, Einaudi 2018 (con ampia bibliografia degli studi).

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

10. La poesia neoterica e Catullo

PROFILO STORICO

Catullo

nel tempo

I contemporanei e i poeti augustei Catullo, le scelte tematiche audaci e irriduciCatullo ebbe un immediato riconoscimento da parte dei contemporanei: Cornelio Nepote, nella Vita di Attico (XII, 4), colloca l’amico scomparso fra i più grandi poeti della sua epoca accanto a Lucrezio, mentre Varrone lo cita nel De lingua Latina (XII, 50). Il Liber catulliano viene letto, ammirato e imitato dai maggiori poe­ti dell’età augustea, a cominciare da Virgilio, soprattutto nel IV libro dell’Eneide, dove le appassionate invocazioni di Didone abbandonata riecheggiano il lamento di Arianna nel carme 64. Ma è con i poeti elegiaci che Catullo si afferma come modello riconosciuto della poe­ sia d’amore.

L’epoca imperiale La poesia di Catullo continua ad essere apprezzata durante l’epoca imperiale: Velleio Patercolo, storico dell’età di Tiberio, lo definisce «insuperato nel suo genere» (Historiae II, 36, 2). In base ai criteri di classificazione dei generi poetici allora condivisi, basati soprattutto su distinzioni metriche (oltre che per ragioni di gusto), Quintiliano lo esclude dal novero dei poeti propriamente lirici, ma ricorda Catullo tra gli iambographi, per la «mordacità» dei suoi versi (Inst. or. X, 11, 96). Marziale imita apertamente proprio il Catullo epigrammatico, mordace, vivacemente realistico e aggressivo, e lo dichiara in tono entusiastico per nulla inferiore al grande Virgilio (Epigrammata XIV, 195).

La tarda antichità e il Medioevo Verso il III secolo d.C. sull’opera di Catullo incomincia a calare il silenzio, che si fa praticamente totale nel Medioevo: l’ultimo a leggerne ancora il testo è probabilmente Isidoro di Siviglia (VIVII secolo d.C.), forse addirittura in un florilegio. Del resto sono altri i poeti che la cultura medievale annovera fra i propri auctores (Virgilio, Orazio «satiro», Ovidio): la spregiudicatezza, lo spirito “laico”, individualista e irriverente di

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bilmente soggettive fanno sì che venga tenuto a distanza e dimenticato. Agli inizi del XIV secolo, tuttavia, a Verona, uno scrivano scopre un codice, ora perduto, il Veronensis, capostipite della nostra tradizione manoscritta.

Umanesimo e Rinascimento Da allora, Catullo è al centro della fervida ammirazione e dell’amoroso studio degli umanisti e dei loro precursori, soprattutto il Petrarca, che nel Canzoniere ha inconfondibili accenti di profonda consonanza con la lirica catulliana. La prima edizione a stampa è del 1472; Angelo Poliziano emenda e commenta il testo del Liber, mentre nei suoi versi, latini e italiani, se ne colgono innumerevoli echi. Riprese evidenti e allusioni sono disseminate in tutta la poesia del Rinascimento (e oltre), dall’Ariosto, che nell’Orlando furioso modella su quello di Arianna i lamenti delle sue amanti abbandonate, al Tasso dell’Aminta, delle Rime, della Gerusalemme liberata.

Ottocento e Novecento A partire dalla fine del Settecento i poeti moderni, specialmente anglosassoni e tedeschi (Goethe, Keats, Shelley...) hanno amato in modo speciale Catullo per le movenze spontanee e l’intensità passionale della sua poesia, che appare subito alla nascente sensibilità romantica un’eccezione nell’ambito della letteratissima poesia latina. Nel 1803 Foscolo traduce la Chioma di Berenice nella versione latina di Catullo insieme al carme ad Ortalo (65 e 66 [ T18 ONLINE]) e si ispira al carme 101 ([ T23] nel sonetto In morte del fratello Giovanni; anni dopo, anche i preziosi intarsi delle Grazie dovranno moltissimo alla lettura dei carmina docta: per fare soltanto un esempio, lo splendido quadro delle ninfe oceanine nel primo inno (vv. 68-81) rielabora un’immagine catulliana del carme 64 (vv. 14-18).

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PROFILO STORICO

Anche nel Novecento Catullo continua ad essere una presenza viva per artisti e scrittori: Giovanni Pascoli rende omaggio a uno dei suoi poeti prediletti in un dottissimo poemetto latino, intitolato Catullocalvos; Carl Orff compone nel 1943 musiche sui testi dei Catulli carmina; il romanziere e drammaturgo americano Thornton Wilder scrive un interessante romanzo epistolare, Le Idi di Marzo (The Ides of March, 1948), nel quale Catullo figura tra i personaggi principali.

Busto di Berenice. Monaco di Baviera, Glypthotek.

COMPITO di REALTÀ • UN LAVORO EDITORIALE 1. La consegna • Approntare una nuova antologia del Liber di Catullo, provvista di: – un titolo; –u n’introduzione che ne spieghi le scelte di selezione e traduzione, oltre che il contributo dei partecipanti; – t esto a fronte e traduzione di almeno venti componimenti, tratti dalle sezioni Nugae ed Epigrammata; –u n apparato di note succinto ma significativo; –u n apparato iconografico che preveda interpretazioni o riletture di singole poesie catulliane (quadri, sculture, video), con apposite didascalie che diano conto dell’artista, dell’epoca di composizione, del luogo dove l’opera è collocata. • L’antologia verrà utilizzata da tutte le classi dell’Istituto nell’anno successivo alla sua realizzazione. Tale antologia potrà essere in formato cartaceo o digitale.

2. Gli strumenti • La classe dovrà provvedersi di almeno cinque edizioni moderne dell’opera catulliana. • La ricerca iconografica potrà essere condotta su cataloghi d’arte o su Internet. 3. Le fasi operative • La scelta delle poesie verrà fatta con la guida dell’insegnante, identificando nel corpus catulliano quattro o cinque aree tematiche in cui dividere la vostra antologia. • La classe sarà divisa in quattro o cinque gruppi omogenei; a ciascun gruppo verrà affidata una delle sezioni tematiche individuate. • Ogni poesia dovrà avere una traduzione, realizzata, se necessario, con l’aiuto delle edizioni moderne a disposizione, e un apparato di note che prenda in considerazione gli aspetti linguistici, lessicali e di contenuto di ciascun componimento. • L’introduzione, che verrà discussa dall’intera classe, dovrà concentrarsi specialmente sulle poesie selezionate.

AUTOVALUTAZIONE Conoscenza dell’argomento

 scarso

 sufficiente

 discreto

 buono

 ottimo

Capacità di narrazione e di esposizione

 scarso

 sufficiente

 discreto

 buono

 ottimo

Capacità di aggregazione

 scarso

 sufficiente

 discreto

 buono

 ottimo

Competenze digitali

 scarso

 sufficiente

 discreto

 buono

 ottimo

Giudizio complessivo sul progetto

 coerente

 esaustivo

 originale

 adeguato

 non adeguato

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

10. La poesia neoterica e Catullo

Sintesi

PROFILO STORICO

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La poesia neoterica e Catullo La poesia lirica fa il suo ingresso nella letteratura latina sul finire dell’età arcaica. Determinante è l’influsso dei contatti sempre più intensi e consapevoli con i modelli della letteratura greca. Nel contempo agisce sulla fondazione della lirica soggettiva in Roma anche il profondo mutamento del rapporto fra il cittadino e la res publica, in seguito alle radicali trasformazioni d’ordine politico e sociale in atto. La prima produzione lirica in lingua latina proviene, verso la fine del II secolo a.C., dal “circolo” di Lutazio Catulo, intorno al quale gravitavano numerosi poeti greci e latini – i cosiddetti pre-neoterici – accomunati dal gusto per una poesia di argomento personale, elegante, breve e leggera, di tipo alessandrino. Ai primi esperimenti dei pre-neoterici, sostanzialmente eleganti esercizi di adattamento degli originali greci, fa seguito qualche decennio dopo un rinnovamento sostanziale e ben più profondo ad opera di un gruppo di poeti-amici detti poetae novi (o, con vocabolo greco, neóteroi), i quali, ispirandosi ai modelli ellenistici e in particolare a Callimaco, elaborano una nuova poesia lirica e soggettiva, concepita come un raffinato lusus e fondata sui princìpi di brevitas, doctrina e labor limae. Della cerchia neoterica fa parte lo stesso Catullo, l’unico di cui ci siano pervenuti i testi; degli altri poetae novi (Furio Bibàculo, Varrone Atacino, Valerio Catone, Elvio Cinna, Licinio Calvo) sono giunti a noi solo scarsi frammenti. Gaio Valerio Catullo nasce a Verona, nella Gallia Cisalpina, forse nell’84 a.C., da una facoltosa famiglia provinciale. Si trasferisce ben presto a Roma, ma non intraprende la carriera politica; la sua scelta è quella dell’otium, i suoi amici più cari sono i giovani poeti della cerchia neoterica, insieme ai quali coltiva la nuova poesia di indirizzo alessandrino. L’esperienza centrale della vita (e della poesia) di Catullo è l’amore per Clodia, una signora dell’alta società romana, nei suoi carmi chiamata Lesbia. Con lei il poeta vive un’intensa e tormentata relazione amorosa. Nel 57 parte per la Bitinia al seguito del propretore Gaio Memmio. Durante il viaggio di ritorno, un anno dopo, renderà omaggio alla tomba del fratello, sepolto nella Troade, e visiterà le clarae urbes greche dell’Asia. Non vi è alcun indizio atto a far supporre che Catullo fosse ancora in vita dopo l’anno 54 a.C. La produzione poetica di Catullo è per noi racchiusa in un unico Liber (113 carmi per circa 2300 versi), ripartito in tre sezioni: le nugae (componi-

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menti brevi di carattere personale e privato), i carmina docta (più estesi e di maggior impegno letterario), gli epigrammi (sovente di intonazione satirica). La poesia di Catullo privilegia la sfera degli interessi individuali e privati (l’amore, l’amicizia, gli affetti familiari, la vita mondana, la poesia e le questioni di poetica, le antipatie e i disgusti personali, la gelosia) dando espressione, ora con accenti di profonda serietà, ora in toni arguti e scherzosi, ora nello stile della più aspra invettiva, ai sentimenti, alle esperienze, alle reazioni appassionate del personaggio-poeta. La poesia d’amore catulliana presenta aspetti di straordinaria novità: operando un audace rovesciamento della tradizionale gerarchia di valori, Catullo pone l’eros al centro dell’esistenza. Egli aspira a trasformare la sua relazione – di per sé instabile ed irregolare – con Lesbia in un legame amoroso del tutto nuovo, dotato di non minore dignità di un’unione legittima: un foedus o patto sacro e inviolabile, fondato sulla fides. Costretto a prendere atto del fallimento del suo progetto, Catullo sperimenta ed esprime una drammatica lacerazione interiore. Nonostante il suo individualismo e il suo anticonformismo Catullo ha un senso religioso dei doveri e degli affetti che affonda le radici nella tradizione ancestrale romana. Ma la sua religiosità è tutta terrena e coincide con un profondo senso della giustizia: gli dèi che talora invoca sono l’oggettivazione degli irrinunciabili valori della fides e della pietas. La grandezza e l’originalità della poesia catulliana consistono in un prodigioso equilibrio fra l’intensità passionale dell’esperienza vissuta e l’ars impeccabile del poeta doctus. Quasi tutti i componimenti del Liber, anche quelli che più vivamente colpiscono per la loro apparenza di spontaneità, sono riconducibili a un modello greco: i raffinati poeti ellenistici ma anche i lirici greci arcaici (Saffo, Alceo, Archiloco, Ipponatte...), in un complesso rapporto di imitazione-emulazione, anzi di ricreazione originale. Quella di Catullo è una lingua poetica composita, colta e aristocratica, che si appropria a fini espressivi delle più varie forme del sermo cotidianus. Il lessico è ricchissimo: accoglie volgarismi, diminutivi affettuosi, onomatopee, espressioni triviali; anche la sintassi si avvale di costrutti tipici del parlato. Ma alle movenze del linguaggio quotidiano intreccia, con effetti di contrasto, forme del linguaggio letterario erudito e prezioso di gusto alessandrino, accanto a solenni arcaismi e composti di stampo epico.

© Casa Editrice G. Principato

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Percorso antologico T1

I poetae novi

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Catulli Liber, Nugae T2

La dedica del libellus (1)

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T3

Passer, deliciae meae puellae (2)

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T4

Per la morte del passero (3)

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T5

Il battello avventuroso (4)

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T6

«Viviamo, mia Lesbia» (5)

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T7

Infinità di baci (7)

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T8

L’amore-tormento (8)

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T9

Per il ritorno di Veranio (9)

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T10

Messaggio a Lesbia infedele (11)

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T11

Bizzarro invito a cena (13)

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T12

Invettiva contro Mamurra (29)

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T13

Alfene immemor... (30)

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T14

Ritorno a Sirmione (31)

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T15

Catullo e Saffo: effetti sconvolgenti della passione (51)

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T16

Due ignobili arrivisti (52)

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T17

Invettiva infamante contro Lesbia (58)

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Catulli Liber, Carmina docta T18

La Chioma di Berenice (66)

Catulli Liber, Epigrammata T19

Amare e bene velle (72)

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T20

Odi et amo (85)

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T21

«Nessuna donna può dire...» (87)

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T22

A Cesare (93)

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T23

Sulla tomba del fratello (101)

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T24

Il foedus amoroso (109)

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© Casa Editrice G. Principato

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

10. La poesia neoterica e Catullo

T1

I poetae novi

Furio Bibaculo, fr. 2 Traglia; Varrone Atacino, fr. 21 Traglia; Elvio Cinna, frr. 12-13 Traglia; fr. 3 Traglia; Licinio Calvo, fr. 4 Traglia; fr. 8 Traglia; fr. 14 Traglia; Callimaco, Aitia, fr. 1 Pfeiffer; Inno ad Apollo, vv. 103-113; Anthologia Palatina XII, 43

ONLINE

T 2 La dedica del libellus carme 1

PERCORSO ANTOLOGICO

LATINO

Nota metrica: endecasillabi faleci.

Il Liber di Catullo si apre con una dedica all’amico e conterraneo Cornelio Nepote, lo storico, al quale tributa inoltre un altissimo elogio (vv. 5-7). Il poeta indica la raccolta delle sue liriche con il diminutivo libellus: si ritiene improbabile che il termine possa riferirsi all’intero Liber quale noi lo conosciamo (circa 2300 versi). È verosimile invece che qui Catullo dedichi a Cornelio un numero ben più ristretto di componimenti, forse proprio le cosiddette nugae (v. 4), cioè i carmi polimetri (nella numerazione attuale i carmi 1-60). Nel carme proemiale si riconosce l’influsso della tradizione ellenistica, inaugurata da Callimaco con il prologo degli Aitia [ Il prologo degli Aitia di Callimaco, T1 ONLINE]: si tratta infatti di una dichiarazione di poetica, formulata tuttavia in modo insolito, da decifrare allusivamente attraverso la descrizione del libro-oggetto, del rotolo di papiro nuovo ed elegante. Il tono dominante è scherzoso e colloquiale; nondimeno l’esordio lascia trasparire il dotto richiamo a un modello letterario greco tra i prediletti da Catullo, Meleagro di Gadara [ Dialogo con i modelli, p. 261].

Cui dono lepidum novum libellum arida modo pumice expolitum? Corneli, tibi: namque tu solebas

[1-7] A chi dono questo grazioso libretto nuovo, or ora lisciato con la ruvida pomice? A te, Cornelio: infatti tu solevi pensare che valessero qualcosa

queste mie inezie, già fin da allora, quando unico fra gli Italici osasti svolgere la storia d’ogni tempo in tre libri, dotti, per Giove, e laboriosi.

Cui: dativo singolare del pronome interrogativo quis, introduce un’interrogativa diretta nel modo indicativo (dono), in quanto il poeta «non dubita se donare,

di Sempronia”, a esprimere il fascino che si irradia dall’ambiguo personaggio, così come in un arguto scherzo poetico catulliano (12, 8).

Lucrezio: da dictis, diva, leporem Analogamente, sebbene

NOMI e PAROLE degli ANTICHI LEPOS, LEPIDUS

Nel carme d’esordio del Liber Catullo definisce lepidus il nuovo libellus (v. 1: lepidum novum libellum), ad indicare il lepos, la grazia lieve e raffinata della raccolta, ispirata ai canoni della poetica callimachea. Grazia e finezza L’aggettivo lepidus, a, um deriva dal sostantivo lepos, lepōris, che denota «grazia», «amabilità», «finezza», «piacevolezza», anche «spirito», «arguzia», nelle maniere e nel conversare. Questo è il significato che assume in un celebre passo sallustiano (Bellum Catilinae 25, 5 [ T8, cap. 14]), noto come “ritratto 254

Una parola-chiave della nuova poesia Nell’ambito dell’esclusiva

cerchia neoterica, il termine non si riferisce soltanto al comportamento e allo stile di vita dei sodales, ma anche, inscindibilmente, ai codici espressivi della loro produzione letteraria, assumendo il valore di una vera e propria parola-chiave, quasi un termine tecnico, della nuova poesia (e della nuova poetica). © Casa Editrice G. Principato

in accezione e con intenti diversi, nello splendido inno proemiale di Lucrezio [ T1, cap. 11] lepos denota il «fascino», l’irresistibile attrattiva sensuale e voluttuosa di Venere (v. 15), quello stesso potere di seduzione che il poeta chiede alla dea di concedere ai suoi versi (dictis, v. 28), per guidare i suoi lettori sul cammino della verità. Non è un caso che il termine ritorni ancora nella più ampia e impegnativa dichiarazione lucreziana di poetica (obscura de re tam lucida pango/ carmina, musaeo contingens cuncta lepore; I, 933-934 [ T5, cap. 11]). c


PERCORSO ANTOLOGICO

5

meas esse aliquid putare nugas, iam tum cum ausus es unus Italorum omne aevum tribus explicare chartis, doctis, Iuppiter, et laboriosis.

ma a chi: onde l’indicativo» (Pascoli). Occorre aggiungere tuttavia che anche il “dubbio” si rivela fittizio, formulato in tono giocosamente retorico («A chi...? A te [ovviamente], Cornelio!»). – dono: nel significato di «dedico», ma con una sfumatura affettuosamente informale; la scelta del verbo risponde anche all’intenzione di presentare il liber come oggetto concreto, appunto un vero e proprio regalo, un grazioso «dono» da porgere all’amico. – lepidum: l’aggettivo lepidus, a, um deriva da lepos, lepoˉris, che denota «grazia», «amabilità», «finezza» [ Nomi e parole degli antichi]. – libellum: accusativo singolare di libellus (diminutivo di liber), oggetto di dono, cui si riferiscono i due aggettivi che precedono (lepidum... novum) in asindeto. – arida... expolitum: il libro, scritto su una lunga striscia di fogli di papiro incollati, veniva arrotolato (volumen,

NUGAE

Il sostantivo femminile plurale nugae, nugarum vale «inezie», «cosucce», anche «sciocchezze», «frottole».

Da nugae derivano numerosi vocaboli Da nugae deriva il

verbo deponente nugor, nugāri («scherzare», «occuparsi di cose leggere»; anche «darla ad intendere»; persino «mentire»), come ad es. in Plauto, Trinummus 900); da questo verbo si forma il sostantivo nugator, ōris («chiacchierone»; «sciocco»; «millantatore»), che genera a sua volta l’aggettivo nugatorius, a, um e l’avverbio nugatorie. Sono attestati

da volvo, ĕre) intorno a un bastoncino di legno o d’avorio (umbilicus); infine si levigavano le due estremità del rotolo (frontes) con la pietra pomice (pumex, solitamente maschile, è qui di genere femminile). Si veda anche [ SCHEDA 3 ONLINE: Libri, lettori e biblioteche nel mondo

antico]. – Corneli: vocativo, di norma in

-i nei nomi in -ius della II declinazione. – namque tu... nugas: costruisci namque tu solebas putare meas nugas esse aliquid. – esse aliquid: infinitiva oggettiva, con soggetto meas nugas, in dipendenza da solebas putare; lett. «essere qualcosa», espressione colloquiale usata anche da Cicerone (Tusc. V, 104). – meas... nugas: da rilevare il forte iperbato; collocando meas all’inizio e nugas alla fine del v. 4, il poeta sottolinea, malgrado il sostantivo “minimizzante”, l’orgoglio per la propria creazione poetica (cfr. vv. 10-11) [ Nomi e parole degli antichi]. –

inoltre gli aggettivi nugax, ācis («che fa scherzi»; «poco serio») e nugalis, e («frivolo»; «futile»; «vano»).

L’accezione originaria è negativa Nella sua originaria

accezione negativa si riscontra ad es. in Plauto: nugas agit («perde il suo tempo») e, senza il verbo, nugas! («frottole!»); per traslato, indica una persona frivola, poco seria, una «nullità»: amicos habet meras nugas («ha per amici delle vere nullità»; Cicerone, Ad Attico VI, 3, 5). Nella terminologia letteraria e neoterica In campo letterario

designa i componimenti poetici di breve estensione e di minor impegno rispetto ai generi © Casa Editrice G. Principato

ausus es: Catullo proclama con enfasi la priorità (unus Italorum) e l’audacia dell’amico nell’affrontare l’ardua impresa. – unus Italorum: unus è predicativo del soggetto sottinteso di ausus es (tu); Italorum è genitivo partitivo. – tribus... chartis: charta (dal greco chártes) è il «foglio» di papiro; più chartae incollate insieme formano un volumen o, con termine più generico e meno tecnico, un liber. Qui charta è dunque metonimia per liber: «tre libri». – explicare: «svolgere», che si presta a una duplice interpretazione: se riferito al contenuto dell’opera storica di Cornelio, vale «sviluppare» l’argomento; se al libro-oggetto, allude al gesto di «srotolare» materialmente i volumina, i rotoli di papiro. – Iuppiter: vocativo esclamativo, non esente da una sfumatura di affettuosa ironia.

“alti” (l’epica e la tragedia); ma nell’ambito della corrente neoterica, sulle orme di Callimaco e della poetica alessandrina, questo termine assume un significato pienamente positivo, in polemica contrapposizione con la poesia di stampo tradizionale. Nella dedica del Liber Catullo gioca abilmente fra il valore originario («inezie», «cose da nulla») e quello più nuovo e attuale del vocabolo (autentica poesia, nuova e raffinata). Il termine viene impiegato, per consolidata tradizione, ad indicare i 60 carmi polimetri che costituiscono la prima sezione del Liber catulliano. c

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

10. La poesia neoterica e Catullo

10

Quare habe tibi quidquid hoc libelli, qualecumque; quod, o patrona virgo, plus uno maneat perenne saeclo.

PERCORSO ANTOLOGICO

[8-10] Dunque accetta, per quello che è, questo libretto, qualunque ne sia il valore; e che possa vivere perenne, o vergine patrona, per più di una (sola) generazione. Quare: congiunzione di tono prosastico-colloquiale, che ricorre prevalentemente nella poesia satirica ed epigrammatica, lett. «pertanto», «per questi motivi»; cioè le ragioni che Catullo ha finora addotto per giustificare la dedica a Cornelio (vv. 3-7). – habe tibi: formula giuridica che indica cessione di proprietà, frequente nella lingua parlata («eccoti»,

«tieni»); riprende e ribadisce Corneli, tibi (v. 3). – quidquid... qualecumque = hoc libelli quidquid qualecumque; il genitivo libelli è partitivo e dipende da hoc, pronome dimostrativo neutro (l’espressione hoc libelli vale quindi hunc libellum); i due indefiniti che seguono, di significato assai affine, hanno valore aggettivale predicativo e sembrerebbero riferirsi rispettivamente alla consistenza quantitativa e qualitativa del libellus («per quello che è» e «quale che sia il suo valore»). – quod... saeclo: costruisci quod maneat perenne, o patrona virgo, plus uno saeclo. Il prono-

me relativo neutro quod riprende hoc e introduce una proposizione subordinata con il verbo al congiuntivo ottativo (maneat); perenne (da per + annus, «per [molti] anni») è aggettivo neutro nominativo concordato con quod, in funzione predicativa rispetto a maneat; patrona virgo è la Musa (in senso generico), «patrona», cioè «protettrice» della poesia e dei poeti; saeclo è secondo termine di paragone in ablativo da saeclum, forma sincopata di saeculum, «generazione» (l’espressione plus uno saeclo vale dunque «per molto tempo ancora dopo la mia morte»).

LETTURA e INTERPRETAZIONE Un proemio singolare

Il carme 1 è un proemio davvero singolare: anziché dichiarare, come vorrebbe la consuetudine, l’argomento e le finalità della propria opera, il poeta sembra soffermarsi esclusivamente sull’aspetto esteriore del «libretto», del rotolo di papiro nuovo e ben levigato, inteso come oggetto elegante, piacevole da guardare, da toccare, da rigirare fra le mani.

Libro-oggetto e libro-opera poetica

Ma le tre espressioni del v. 1 possono essere riferite sia al libro-oggetto, uscito di recente (novum), di ridotte dimensioni (libellum è diminutivo di liber), grazioso e attraente (lepidum), sia al libro-opera poetica, cioè all’ideale poetico catulliano, «nuovo» rispetto alla tradizione latina, ispirato al lepos (grazia spiritosa, eleganza, finezza) e alla brevitas. Analogamente expolitum («levigato», «lisciato», v. 2) allude all’accuratissima elaborazione formale dei testi.

Corneli, tibi: il dedicatario

Cornelio Nepote, storico e biografo, originario come Catullo della Gallia Transpadana, è qui ricordato come autore dei Chronica, un compendio di storia universale in tre libri per noi perduto [ cap. 15.2]. È lecito supporre che egli avesse ripetutamente espresso il proprio apprezzamento nei confronti della poe256

sia catulliana; del resto, secondo la testimonianza di Plinio il Giovane (Epistulae V, 3), lo stesso Cornelio era stato autore di carmi erotici alla maniera neoterica.

Brevitas, doctrina e labor

Non meno significativo, inoltre, è il fatto che Catullo, lodando i pregi dell’opera storica di Cornelio (probabilmente con amichevole esagerazione), scelga di evidenziarne principalmente tre caratteristiche: brevitas (tre soli libri per tutta la storia d’ogni tempo, v. 6) doctrina e labor (v. 7), cioè ancora una volta i requisiti fondamentali della poesia neoterica.

Una dichiarazione di poetica

Ci troviamo dunque di fronte a una dichiarazione di poetica in piena regola, per quanto dissimulata sotto le movenze di una spontaneità giocosa, quasi ingenuamente fanciullesca (Cui dono...? Corneli, tibi, vv. 1-3). Da non prendere interamente sul serio anche le professioni di noncurante modestia: certo, Catullo chiama nugae («sciocchezze», «scherzi poetici leggeri») i suoi componimenti, ma si tratta ancora una volta della consapevole adesione a una precisa poetica, quella neoterica della poesia come raffinatissimo lusus. Tanto è vero che nella chiusa il poeta mette da parte il tono leggero e scherzoso e augura solennemente perenne vita alla propria opera, sotto il tradizionale patrocinio della Musa.

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PERCORSO ANTOLOGICO

1.

Nei primi due versi compaiono alcuni termini, riferiti al libellus catulliano, che consentono una duplice interpretazione. Analizzali uno per uno spiegandone il significato ai due compresenti livelli di lettura. 2. Rintraccia nel testo e commenta tutti i vocaboli che rappresentano parole-chiave della poetica neoterica. 3. Individua nel testo le espressioni di modestia e di noncuranza e quelle da cui invece traspare l’orgoglio dell’autore: si può affermare che, nell’apparente contrasto, esse rivelano un’intima coerenza?

T3

fonti

visive

Passer, deliciae meae puellae

4. Quali figure di suono ritieni più rilevanti nel testo? Motiva la tua risposta attraverso gli esempi opportuni. 5. Quali strutture sintattiche mostra di prediligere il poeta?

Interpretare il testo

6. Per quali ragioni Catullo dedica il libellus a Cornelio Nepote? Oltre a quelle esplicitamente dichiarate, ve ne sono altre che vengono addotte mediante la tecnica allusiva? 7. Perché il poeta usa il diminutivo libellus? Spiega i motivi per cui difficilmente il termine può riferirsi al Liber catulliano nella sua interezza.

carme 2

Strumenti scrittorii Ennio e Lucilio sono i primi poeti latini a far riferimento al rotolo di papiro, che nell’età della tarda repubblica diviene un oggetto sempre più curato e raffinato: la veste elegante del contenitore doveva già alludere alla grazia e alla finezza del contenuto. Lo stesso fenomeno si registra nell’età del Decadentismo, fra secondo Ottocento e primo Novecento: in una pagina di A rebours di Huysmans («Controcorrente», 1884), il romanzo-Bibbia della narrativa decadente, il protagonista Des Esseintes «non ammetteva che gli autori prediletti figurassero nella sua biblioteca vestiti di fustagno e calzati di scarponi chiodati come montanari dell’Alvernia» e si faceva perciò stampare edizioni speciali per uso personale. Nell’immagine sono raffigurati gli instrumenta scriptoria più usati: raschiatoio e spatola per lisciare la cera, le tavolette cerate, un doppio calamaio con inchiostro nero e rosso, uno stilo e un volumen semiaperto con tracce di scrittura.

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Affresco pompeiano con rotoli e tavolette, I secolo d.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

Analizzare il testo

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

10. La poesia neoterica e Catullo

T 4 Per la morte del passero carme 3 LATINO

Nel carme precedente (2 [ T3 ONLINE]) Catullo aveva rappresentato la sua donna intenta a giocare con il suo caro passerotto; ora invita solennemente a piangerne la morte. Il componimento svolge un motivo caro ai poeti ellenistici, l’epicedio o lamento funebre per la morte di un animaletto. I precedenti, ben noti a Catullo, sono numerosi, da Anite di Tegea ad Archia a Meleagro [ DIalogo con i modelli, p. 261]. Un amabile gioco letterario, che rivela la predilezione degli alessandrini per gli accostamenti inusitati fra le forme serie e gravi della tradizione (in questo caso il compianto funebre) e un contenuto “piccolo”, un’occasione minima e quotidiana, almeno apparentemente futile. Ma nello stampo tradizionale Catullo riversa la propria intensa partecipazione affettiva, trasformandolo in qualcosa di nuovo e del tutto personale.

Nota metrica: endecasillabi faleci.

PERCORSO ANTOLOGICO

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10

Lugete, o Veneres Cupidinesque, et quantum est hominum venustiorum. Passer mortuus est meae puellae, passer, deliciae meae puellae, quem plus illa oculis suis amabat: nam mellitus erat suamque norat ipsam, tam bene quam puella matrem, nec sese a gremio illius movebat, sed circumsiliens modo huc modo illuc ad solam dominam usque pipiabat.

[1-5] Piangete, Veneri e Amori, e quanti sono d’animo gentile. È morto il passero della mia donna, il passero, delizia della mia donna, che essa amava più degli occhi suoi: Veneres: sono due possibili interpretazioni di questo plurale: una filosofico-­ erudita che si richiama al Simposio platonico (180d), ove si parla dell’esistenza di molteplici dee dell’amore; l’altra stilistico-espressiva, per simmetria con gli altri plurali dei primi due versi. – Cupidines: gli alessandrini Eroti, «amorini» alati che formano il corteggio di Venere nell’iconografia tradizionale; per il nesso Veneres Cupidinesque cfr. anche 13, 12 [ T11 ]. – quantum... venustiorum: costruzione di tipo colloquiale composta da pronome indefinito neutro + genitivo partitivo, frequente in Plauto e particolarmente cara a Catullo (cfr. 5, 13 [ T6] e 31, 14 [ T14]. Si può tradur-

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re anche alla seconda persona: «e tutti voi, quanti siete, che più avete l’animo gentile». Venustiores (comparativo assoluto) sono coloro che rendono omaggio a Venus, dea dell’amore e della bellezza, coltivando un ideale di vita elegante e raffinata. – meae puellae: puella non vuol dire qui «ragazzina», «bimba», come al v. 7; è invece un termine codificato del linguaggio erotico («la mia donna», «la mia amata»). – deliciae: apposizione di passer, è un sostantivo attestato soltanto al plurale della I declinazione (deliciae, deliciarum; nel linguaggio familiare-affettivo e amoroso vale «tesoro», «gioia» e altre espressioni affini). – quem plus... amabat: doppio iperbato (= quem illa amabat plus oculis suis). Espressione di tono proverbiale, caratteristica del linguaggio familiare e affettivo. [6-10] infatti era dolce come il miele e riconosceva la sua padrona, tanto © Casa Editrice G. Principato

bene quanto una bimba piccola [riconosce] la madre, né si allontanava dal suo grembo, ma saltellando intorno ora qua ora là, verso lei sola sempre cinguettava. mellitus: aggettivo da mel, mellis («miele»), vezzeggiativo del sermo familiaris. – norat: forma sincopata (= noverat) del piuccheperfetto da novi, novisse, con valore di imperfetto. – ipsam: oggetto di norat, concordato con suam: nel linguaggio familiare ha il significato di «padrona», ampiamente attestato in Plauto e nei comici. – quam: congiunzione che introduce una proposizione comparativa con soggetto puella e predicato sottinteso (novit). – illı̆us: con la seconda i breve per esigenze metriche. – circum­ siliens: participio presente da circumsilio, circumsilıˉre (circum + salio). – pipiabat: da pipiare, voce onomatopeica; propriamente «pigolare». c


PERCORSO ANTOLOGICO

15

Qui nunc it per iter tenebricosum illuc, unde negant redire quemquam. At vobis male sit, malae tenebrae Orci, quae omnia bella devoratis: tam bellum mihi passerem abstulistis. O factum male! O miselle passer! Tua nunc opera meae puellae flendo turgiduli rubent ocelli.

[11-16] Ed ora va per un cammino tenebroso là, donde dicono che nessuno ritorni. E voi siate maledette, malefiche tenebre dell’Orco, che tutte le cose belle divorate: un passero così bello mi avete portato via. O sciagura! O povero passerotto! Qui: pronome relativo (riferito a passer), soggetto di it (da eo, is, ii o ivi, itum, ire). – it per iter: figura etimologica. – tenebricosum: neologismo catulliano. La lunga parola in fine di verso esprime l’angoscia del viaggio senza ritorno ai regni delle tenebre, in contrasto con la vivacità delle parole brevi (mono e bisillabiche) che chiudono il v. 9, evocando mimeticamente il saltellare gioioso del passerotto. – unde: avverbio correlativo («da dove», «donde»), riprende illuc, avverbio di moto a luogo. – quemquam: accusativo di quisquam, pronome indefinito di uso normale nelle frasi negative; è soggetto della proposizione oggettiva con il verbo redire, dipendente da negant. – At: la congiunzione, di norma avversativa, in questo caso ha il valore di una formula di passaggio che introduce l’imprecatio; si traduce dunque con «e...» anziché con «ma». – male... malae: figura etimologica. – Orci: genitivo di Orcus, uno dei nomi di Ade-Plutone, dio degli Inferi; per metonimia designa lo stesso mondo infernale, dimora dei morti. – bella: neutro plurale dell’aggettivo bellus, che ritorna, concordato con passerem all’accusativo maschile singolare (bellum) nel v. 15. Bellus, passato poi nelle lingue neolatine attraverso il latino parlato, è termine del sermo familiaris, più intensamente affettivo ed espressivo del colto e letterario pulcher; significa propriamente «grazioso», «gentile». – mihi: dativo etico, che esprime la partecipazione dell’amante alla perdita e al dolore della sua donna. – abstulistis: perfetto indicativo di aufero, auferre (ab + fero); insieme a devoratis,

che parallelamente chiude in posizione enfatica il verso precedente (v. 14), esprime la violenza annientatrice della morte, che all’improvviso «porta via», «strappa», «rapisce» gli esseri amati. – O factum male!: espressione del sermo familiaris; letteralmente «o cosa fatta male», dove factum è participio perfetto neutro sostantivato («che cosa brutta!» «che sventura!»). – miselle: vocativo concordato con passer, diminutivo-vezzeggiativo affettuoso di miser («poverino»). Nella traduzione non si può evitare di “trasferire” il diminutivo dall’aggettivo al sostantivo («passerino», «passerotto»). [17-18] Ed ora per te i cari occhi della mia donna sono rossi e gonfi di pianto. Tua... opera: ablativo di causa («a cau-

sa tua», cioè del passero; o meglio, ovviamente, della sua morte). – flendo: da fleo, fleˉ re, ablativo del gerundio con valore causale, «per il piangere»; dunque «a causa del pianto», «di pianto». Richiama nella chiusa, con un verbo di quasi eguale significato, il solenne Lugete dell’incipit. – turgiduli: diminutivo affettuoso, caratteristicamente catulliano, dell’aggettivo turgidus, «turgido», «gonfio». Non è possibile ricalcare la forma originale nella traduzione (ne verrebbe fuori qualcosa come «gonfietti») senza tradire l’intento del poeta, che è quello di non togliere grazia alla figura della sua donna. Considerazioni analoghe si possono ripetere per ocelli. – rubent: «rosseggiano», da rubeo, ˉe re.

Affresco dalla Casa del Bracciale d’oro a Pompei, I secolo d.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. © Casa Editrice G. Principato

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

10. La poesia neoterica e Catullo

LETTURA e INTERPRETAZIONE Una rielaborazione originale e personalissima

PERCORSO ANTOLOGICO

Catullo rielabora lo spunto offerto dalla tradizione in un piccolo capolavoro di dotta e raffinatissima “arte allusiva”, certo non senza screziature di garbata ironia; nello stesso tempo lo innesta originalmente nel vissuto personale della propria vicenda amorosa e vi infonde una grazia spontanea, un’intensità di sentimento nuova, tutta e soltanto sua, quando ricorda con vividi, delicatissimi tocchi descrittivi il passerotto vivo e saltellante (vv. 6-10) o quando contempla con tenerezza il pianto nei begli occhi della sua donna (vv. 17-18). Il poeta romano tocca di colpo profondità impensabili nei modelli: l’umanizzazione del passerotto prepara l’accostamento della sua vicenda alla sorte umana, all’inesorabile destino di morte che tutti ci attende (vv. 11-15; cfr. 5, 3-5 [ T6]).

Strutture del componimento: il lamento funebre

Il componimento ricalca fedelmente la struttura e gli stilemi rituali del lamento funebre: il solenne invito al pianto corale (vv. 1-2); l’annuncio del ferale evento (v. 3) seguito dal tradizionale elogio del defunto (vv. 4-10) con le iterazioni (anafore ed epifore) dalle do-

lenti cadenze di nenia (Passer... meae puellae, vv. 3-4); il contrasto fra le rievocate immagini di vita e l’ineluttabile esilio nell’oltretomba (vv. 11-12); l’imprecatio contro le tenebre infernali (vv. 13-15); le esclamazioni/ invocazioni intensamente patetiche (v. 16) pronunciate secondo il rito dai dolenti durante il compianto. Nella chiusa (vv. 17-18) il poeta si concentra invece sull’immagine di Lesbia addolorata e piangente.

Esemplare compendio dello stile catulliano

Il carme 3 rappresenta un perfetto esempio, quasi un compendio, dello stile catulliano delle nugae. Accanto alle formule solenni e patetiche del lamento rituale, retoricamente elaborate (vv. 1; 3; 13-14), ecco le movenze vivacemente espressive del linguaggio familiare e colloquiale: diminutivi affettuosi (miselle, v. 16; turgiduli... ocelli, v. 18), vivaci onomatopee (pipiabat, v. 10), forme lessicali (bella e bellum, vv. 14-15) e costrutti sintattici caratteristici del latino parlato. Anche le invocazioni fortemente esclamative (v. 16) e le numerose forme iterative quali anafora ed epifora (Passer... meae puellae, vv. 3-4), paronomasia e allitterazione (male... malae, v. 13) esprimono, con una parvenza di semplicità quasi infantile, un’intensa carica affettiva.

Analizzare il testo 1.

Effettua una schedatura del lessico impiegato da Catullo nel carme 3, utilizzando la tabella qui sotto riportata. Suddividi le voci in gruppi omogenei: a) vocaboli del sermo familiaris; b) termini afferenti alla sfera del sacro e del rito; c) termini codificati, per così dire tecnici, del linguaggio neoterico. Sermo familiaris

Sfera del sacro e del rito

2. Ricerca nel testo le figure retoriche, stendendone un elenco il più possibile completo. Considera in particolare le figure di iterazione e le figure di suono, commentandone brevemente la funzione espressiva. 3. Sono presenti nel testo i caratteristici diminutivi catulliani? In vista di quali effetti vengono impiegati? 4. Perché al v. 12 troviamo quemquam anziché neminem? 260

Termini del linguaggio neoterico

Educazione CIVICA

5. Dopo aver letto la scheda Dialogo con i modelli di p. 261, raccogli informazioni sul tema dei diritti degli animali nel mondo contemporaneo: quali problemi solleva il nostro rapporto con gli animali, selvatici e di allevamento? Quale impatto ha sul rapporto con l’ambiente e con la natura in genere? Dopo aver raccolto dati significativi, argomenta la tua posizione sul tema.

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PERCORSO ANTOLOGICO

Dialogo con i MODELLI Epigrammi sepolcrali per un animaletto: Anite, Archia e Meleagro Nell’Antologia Palatina, la monumentale raccolta che conserva la quasi totalità dei testi epigrammatici greci giunti fino a noi, nella sezione degli epigrammi sepolcrali (libro VII) si trovano oltre venti composizioni dedicate alla morte di animali. Iniziatrice riconosciuta della lunga e fortunata tradizione è la poetessa Anite di Tegea (IV-III secolo a.C.), che canta in versi delicati e malinconici il dolore della piccola Miro per la morte di un grillo e di una cicala, suoi compagni di giochi [a]. Sono già presenti qui non pochi motivi che ritroviamo nel carme di Catullo (l’animaletto come caro trastullo, le lacrime, la crudeltà di Ade, la violenza e l’amarezza del distacco), insieme a un’acuta sensibilità che in una certa misura avvicina Anite alla partecipazione emotiva del poeta latino. Numerose e variate le riprese fra III e I secolo a.C.: Simia di Rodi scrive l’epitafio per una pernice, Mnasalca per una locusta, Antipatro di Sidone per una formica, Timne per un cane, Archia di Antiochia per un delfino [b] e per una cicala. Gradatamente il motivo perde di spontaneità, degenerando in maniera, gioco smaliziato, parodia, come è evidente nell’epigramma sepolcrale di Meleagro per un leprotto [c], dove prevale la ricerca di contrasti inattesi e immagini curiose (vv. 5-6). La tradizione, sull’esempio di Catullo, trova illustri continuatori anche in Roma: ricordiamo Ovidio, che negli Amores (II, 6) piange la morte del pappagallo di Corinna, e Stazio (I secolo d.C.), che nell’epicedio di un altro pappagallo dilata e sovraccarica manieristicamente gli spunti offerti dai modelli (Silvae III, 4).

T5

[a]

A un grillo, usignolo dei campi, e a una cicala, ospite delle querce, piangendo molte lacrime infantili, una tomba comune fece Miro. Ade crudele le strappò di colpo i suoi amati trastulli. (Antologia Palatina VII, 190; trad. di S. Quasimodo)

[b] Non

più, delfino, solcando gli abissi risonanti del mare, spaventerai branchi di animali aquatici; né, danzando al suono di un flauto dai molti fori, emergerai con un balzo sul mare presso le carene delle navi; né tra la schiuma, sollevando sul tuo dorso le Nereidi come un tempo, le traghetterai fino alle estremità della terra di Teti. Un’onda infatti, alta come il promontorio di Malea, si sollevò, e ti scaraventò su arenili sabbiosi. (Antologia Palatina VII, 214; trad. di F. Beschi)

[c]

Me, l’orecchiuto leprotto veloce, rapito piccino alle mammelle della madre, Fanio dolce di carni nutriva con tenero affetto nel grembo, di tutti i fiori della primavera. Né nostalgia della madre sentivo. Crepai di vivande senza fine, ingrassandomi di cibo. Lei seppellì la mia spoglia vicino al letto: nei sogni vuole vedersi la mia tomba accanto. (Antologia Palatina VII, 207; trad. di F. M. Pontani)

Il battello avventuroso

carme 4

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

10. La poesia neoterica e Catullo

T 6 «Viviamo, mia Lesbia» carme 5 LATINO

Il primo e più celebre carme del cosiddetto “dittico dei baci” (l’altro è il 7 [ T7]) si apre con un’esortazione a vivere e amare, senza curarsi del biasimo dei vecchi moralisti. Nel breve spazio dei versi successivi (vv. 4-6) si concentra una riflessione sulla caducità della vita umana, in contrasto con la ciclica rinascita della natura. Di qui, dal pensiero della morte che inesorabilmente ci attende, risorge l’invito all’amore, con la richiesta di infiniti baci; ma è proprio l’intensità “eccessiva” di quell’ebbrezza d’amore a destare un sussulto di ansia superstiziosa, che si risolve in un inatteso gesto apotropaico.

Nota metrica: endecasillabi faleci.

PERCORSO ANTOLOGICO

5

10

Vivamus, mea Lesbia, atque amemus, rumoresque senum severiorum omnes unius aestimemus assis. Soles occidere et redire possunt; nobis cum semel occidit brevis lux, nox est perpetua una dormienda. Da mi basia mille, deinde centum, dein mille altera, dein secunda centum, deinde usque altera mille, deinde centum. Dein, cum milia multa fecerimus,

[1-3] Viviamo, mia Lesbia, e amiamo, e i borbottii dei vecchi troppo severi tutti [insieme] non stimiamoli un soldo. Vivamus... amemus: congiuntivo presente con valore esortativo, come aestimemus (v. 3). – rumores: termine del sermo familiaris (lett. «mormorii», «brontolii») che Catullo impiega, non senza ironia (sottolineata dai giochi allitteranti in funzione onomatopeica) nel significato di «maldicenze», «chiacchiere», anche «rimproveri»; oggetto di aestimemus. – severiorum: comparativo assoluto dell’aggettivo severus. I senes severiores sono i vecchi, arcigni moralisti. – unı̆us... assis: genitivo di stima; letteralmente «stimiamoli un solo asse». L’asse (as, assis) era una moneta di rame il cui basso valore era divenuto proverbiale. [4-6] Il sole può tramontare e ritornare [a sorgere]: noi, quando una sola volta è tramontata la nostra breve luce, dobbiamo dormire un’unica, perpetua notte. Soles: soggetto di possunt, al plurale in quanto metonimia per «giorni»; ma i due verbi (occidere et redire) permettono di intendere sol anche nel significato proprio, esattamente come accade nel carme 8 (v. 3 e v. 8), aprendo su una prima im-

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magine di luce sfolgorante; inoltre soles al plurale accentua la contrapposizione con brevis lux. – cum semel: introduce una subordinata temporale nel modo indicativo («non appena», «una volta che»). – occidit: può essere sia presente che perfetto. La ripetizione del medesimo verbo (occidere; occidit) in poliptoto dà particolare risalto alla contrapposizione fra la perenne, ciclica vicenda della natura e il percorso lineare e irreversibile della vita umana. – lux, nox: anche lux è metonimia per «giorno», «giornata», a sua volta metafora di uso comune per «vita» (l’espressione brevis lux vale «la nostra breve giornata»), così come «notte» (nox) per «morte». – perpetua... dormienda: costruzione perifrastica passiva con il gerundivo del verbo dormire, in latino anche transitivo: il soggetto è nox, mentre nobis è dativo d’agente. [7-9] Dammi mille baci, poi cento, poi altri mille, poi altri cento, poi senza sosta altri mille, poi [ancora] cento. mi: forma arcaica contratta del dativo mihi. – basia: plurale di basium, vocabolo del sermo familiaris di probabile origine celtica, introdotto da Catullo per quanto si sa, nella lingua letteraria. Passerà poi nelle lingue romanze, men© Casa Editrice G. Principato

tre osculum e i suoi derivati si perderanno completamente. – dein: apocope di deinde, come al v. 10. La serie incalzante dei numerali, retta dall’imperativo iniziale Da, rivela una calcolata struttura simmetrica fondata sull’iterazione: dein e deinde in anafora, mille nella parte iniziale e centrale dei versi, tutti e tre conclusi da centum in epifora. [10-13] Poi, quando ne avremo fatte [= sommate, totalizzate] molte migliaia, li scompiglieremo [= confonderemo le somme], per non sapere [quanti sono], e perché nessun malvagio possa invidiarci [= gettarci il malocchio], sapendo che c’è una tale quantità di baci. fecerıˉmus: futuro anteriore, con la i lunga, che nel latino arcaico lo distingueva da fecerı̆mus, congiuntivo perfetto. – milia multa: sottintende basiorum, genitivo partitivo come al v. 13. – ne sciamus: proposizione finale negativa, coordinata alla successiva ne... possit invidere. Nei vv. 10-11 compaiono due termini (fecerimus; conturbabimus) che in un significato più specifico rinviano al linguaggio della contabilità: così il generico facere vale «sommare», «totalizzare», mentre conturbare (rationes) significa «confondere le somme», «alterare i conti». c


PERCORSO ANTOLOGICO

conturbabimus illa, ne sciamus, aut ne quis malus invidere possit, cum tantum sciat esse basiorum.

LETTURA e INTERPRETAZIONE Vivere è amare: rifiuto dei valori tradizionali

Il carme si apre di slancio, con un’esortazione appassionata a vivere e ad amare; o meglio, a vivere veramente e pienamente, cioè ad amare. Questa identificazione totale (vivere = amare) capovolge la tradizionale scala dei valori e comporta lo spregiudicato rifiuto del mos maiorum, incarnato dai senes severiores (vv. 1-3).

Violenti contrasti: dall’invito gioioso alla pensosità tragica

Senza transizione di sorta subentra (vv. 4-6) una meditazione di vertiginosa profondità: attraverso un fulmineo contrasto di immagini di luce fulgidissima e di cupa tenebra, Catullo ricorda la caducità della vita umana, l’interminabile sonno senza risveglio che ci attende dopo un’unica, breve giornata. È la pensosità tragica di questi versi a conferire una profonda serietà all’invito iniziale, apparentemente così disinvolto e spensierato, e a tutto il componimento, unitario e compatto pur nella grande varietà dei toni.

Un nuovo, improvviso scarto di tono: «Dammi mille baci...»

Proprio dalla desolata constatazione di un imminente destino di morte, attraverso un nuovo, improvviso scatto di straordinaria energia (Da mi basia mille..., v. 7) risorge ancora più intenso l’invito all’amore con la smaniosa richiesta di un infinito numero di baci, resa incalzante e quasi frenetica dall’iterazione delle stesse formule (dein... deinde) e delle stesse cifre iperboliche (mille... centum).

Struttura circolare del componimento

Di fronte a tanta smisurata ebbrezza d’amore, un brivido di paura, di ansia superstiziosa, afferra Catullo: meglio non sapere (ne sciamus, v. 11) quanti siano veramente questi baci, per non vedere i confini della

propria gioia, per illudersi che sia davvero infinita; ma neanche gli altri devono saperlo, perché l’eccesso di felicità attira l’invidia dei malevoli, che potrebbero gettare il malocchio (questo il significato originario di invidere) sul loro amore: ecco dunque il carme chiudersi su un gesto bizzarro e fanciullesco (conturbabimus illa, v. 11) che ripropone il tono vivacemente giocoso dell’esordio (vv. 2-3).

Il motivo superstizioso del malocchio

Si è detto che invidēre (v. 12) va riportato all’accezione originaria di «gettare il malocchio» (fascinare in 7, 12 [ T7]) secondo l’etimologia del verbo («guardar male»); di qui le alternative proposte nella traduzione, che non si escludono affatto a vicenda, ma piuttosto mettono in luce ulteriori e compresenti livelli di significato. Il motivo dell’invidia e del malocchio cui temono di essere esposti gli innamorati troppo felici richiama quello, profondamente radicato nella cultura greco-latina, dell’invidia degli dèi nei confronti dei mortali, i quali si preoccupano di stornarla cercando in particolare di negare e/o nascondere la loro “eccessiva” buona fortuna e prosperità con accorgimenti e formule di carattere apotropaico (come accade nei carmina triumphalia [ cap. 1.6]).

Lo stile: effetti di eccezionale intensità evocativa

Osserviamo i versi centrali (vv. 4-6) del carme: la violenta antitesi luce/tenebra prende risalto dalla collocazione delle due aspre parole monosillabiche (lux / nox) in fine e in principio di verso, così come dalla disposizione a chiasmo (brevis lux / nox perpetua) delle coppie aggettivo/sostantivo di significato opposto. Per contro, la lunghezza delle due parole che si susseguono nel v. 6 (perpetua; dormienda) e l’insistenza sul suono cupo della u, accentuato nella lettura metrica dalla sinalefe tra perpetu(a) e una, sembrano evocare la durata interminabile di quel sonno senza risveglio.

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

10. La poesia neoterica e Catullo

Analizzare il testo 1.

Suddividi il carme 5 in sezioni omogenee dal punto di vista tematico e strutturale, assegnando a ciascuna di esse un titolo o una breve didascalia esplicativa. Appaiono tutte collegate fra loro da nessi evidenti, espliciti? Di quale tipo (logico, analogico, altro)? 2. Nel testo, in particolare nei vv. 1-6, si riscontra un fitto e ricercato gioco di antitesi. Rintracciale e spiegane puntualmente il significato.

T7

Infinità di baci

3. Ai vv. 10-13 si incontrano termini attinti da due campi semantici diversi: quali sono, e quale funzione ritieni abbiano nel testo?

Interpretare il testo

4. “Una sola notte” e “mille baci”: illustra in un breve testo come l’antitesi letteraria esprima la tensione degli stati d’animo del poeta, tra pessimismo e vitalità, senso del limite e desiderio di illimitato.

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carme 7

T 8 L’amore-tormento carme 8

PERCORSO ANTOLOGICO

LATINO

Nota metrica: trimetri giambici scazonti o coliambi.

In un drammatico monologo interiore Catullo esorta se stesso a prendere atto con fermezza e rassegnazione dell’abbandono di Lesbia (iam illa non volt, v. 9). Il carme presenta una struttura bipartita: la prima sezione (vv. 1-11) assume la forma di un tormentoso e contraddittorio monologo interiore, nel quale il poeta si rivolge a se stesso esortandosi alla fermezza e nondimeno rievocando con struggente rimpianto i giorni felici; nella seconda (vv. 12-18) il discorso poetico si converte improvvisamente in un’apostrofe alla puella, che ha inizio con un secco Vale, almeno in apparenza un addio definitivo, per continuare con una serie di ambigue interrogative attraversate da un’inquietudine angosciosa. Nell’ultimo verso il poeta ritorna circolarmente alla modalità del colloquio con se stesso, incitandosi nuovamente a persistere nel proposito iniziale (At tu, Catulle, destinatus obdura). L’apparenza di spontaneità e immediatezza quasi miracolosa del carme non deve far dimenticare i precedenti letterari su cui Catullo modella l’espressione del suo dissidio interiore, in particolare i grandi monologhi tragici (celeberrimi quelli della protagonista nella Medea di Euripide) in cui il personaggio esorta se stesso con argomentazioni razionali a dominare dentro di sé le forze sconvolgenti della passione.

Miser Catulle, desinas ineptire, et quod vides perisse perditum ducas. Fulsere quondam candidi tibi soles, cum ventitabas quo puella ducebat

[1-2] Infelice Catullo, smetti di vaneggiare, e quel che vedi perduto, stimalo [veramente] perduto. Miser: attributo del vocativo Catulle, è un aggettivo che ricorre con notevole frequenza nel Liber catulliano [ Nomi e parole degli antichi]. – desinas: congiuntivo esortativo, come ducas (v. 2); regge l’infinito ineptire, dall’aggettivo ineptus

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(in + aptus), che indica, secondo la definizione data da Cicerone nel De oratore, il comportamento sconveniente e inopportuno di «colui che non capisce ciò che le circostanze richiedono» (qui... tempus quid postulet non videt; II, 17). – quod... perisse: relativa prolettica rispetto alla reggente perditum ducas; quod è pronome relativo neutro, oggetto di vides, © Casa Editrice G. Principato

che regge l’infinito perfetto perisse, da pereo. – perditum: participio perfetto da perdo, dipende da ducas ed ha valore predicativo rispetto a quod. Il verso, con l’accostamento allitterante in funzione rafforzativa (perisse perditum) dei due verbi di significato affine, riprende quasi alla lettera un’espressione colloquiale e proverbiale, attestata in Plauto. c


PERCORSO ANTOLOGICO

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amata nobis quantum amabitur nulla. Ibi illa multa tum iocosa fiebant, quae tu volebas nec puella nolebat. Fulsere vere candidi tibi soles. Nunc iam illa non volt: tu quoque, inpotens, noli, nec quae fugit sectare, nec miser vive, sed obstinata mente perfer, obdura.

[3-5] Splendettero un tempo per te radiosi giorni, quando accorrevi [sempre] là dove la tua donna ti conduceva, amata da me quanto nessun’altra mai sarà amata. Fulsere: perfetto contratto da fulgeo, ˉere (= fulserunt). – quondam: avverbio di tempo, in forte contrapposizione con nunc (v. 9, ripetuto ai vv. 16-17, in relazione all’immediato futuro); rispetto al sinonimo olim, di valore puramente temporale, include l’idea di una lontananza remota, di un passato perduto e irrevocabile. – candidi: da candeo, eˉre, che indica lo splendore di un bianco abbagliante prodotto dalla materia incandescente, vale «luminosissimi», e quindi «felici». – soles: cfr. il carme 5 [ T6], nota al v. 4. – cum: introduce una subordinata temporale nel modo indicativo. – ventitabas: imperfetto da ventitare, frequentativo di venire, indica azione reiterata; nel contesto, la consuetudine dei frequenti convegni amorosi. – quo: avverbio di moto a luogo; il soggetto della subordinata relativa è puella. – amata... nulla: le espressioni del v. 5, che ricorrono, con alcune variazioni, in altri carmi del liber (37, 12; 58, 2-3 [ T17]; 87, 1-2 [ T21 ONLINE ]), sottolineano l’eccezionalità della passione per Lesbia;

l’enfasi è rafforzata dal poliptoto amata/ amabitur. – nobis: dativo d’agente (lett. «da noi», dove nos vale ovviamente ego). Si osservino le oscillazioni nell’uso dei pronomi di prima e seconda persona. [6-8] Là, allora, avvenivano quei tanti [nostri] giochi amorosi, che tu volevi e che la tua donna non rifiutava. Davvero splendettero un tempo per te radiosi giorni. Ibi... tum: i due avverbi possono avere, in unione fra loro, valore temporale («Allora»); si può altrettanto bene intendere il primo, in relazione con il precedente quo (v. 4), nel significato proprio di indicazione di luogo («Là», dove si incontravano gli amanti). In ogni caso tum riprende quondam (v. 3), insistendo sul dolente motivo del passato irrevocabile. – illa: «quelli», riferito a iocosa (neutro plurale, soggetto di fiebant) nel senso di «ben noti», sempre vivamente presenti alla sua memoria. – quae: pronome relativo accusativo neutro plurale, oggetto di entrambi i verbi all’imperfetto indicativo (volebas; nec... nolebat, v. 7). – tu volebas nec puella nolebat: il parallelismo dei verbi (e dei soggetti), sia qui sia al v. 4 (ventitabas/ ducebat) denota la corrispondenza amorosa del tempo felice; nec... nolebat è litote («non è che non

volesse»). – Fulsere... soles: la ripresa integrale del v. 3, con la sola variante dell’avverbio (vere al posto di quondam: «davvero», una sorta di conferma, dopo aver riassaporato nel ricordo la dolcezza di quei giorni), chiude circolarmente la rievocazione del passato. [9-11] Ora lei non vuole più: anche tu, [per quanto] incapace di dominarti, cessa di volere, e non inseguire [lei] che fugge, e non essere infelice, ma con animo irremovibile sopporta, resisti. volt: arcaico per vult. – inpotens: equivale a sui non potens («incapace di dominarsi»), qui con una ben avvertibile sfumatura concessiva. – nec... sectare, nec... vive: imperativi negativi costruiti con nec + imperativo presente (in luogo del congiuntivo perfetto), una forma del sermo familiaris; sectare da sector, frequentativo di sequor, vale «seguire con caparbia ostinazione»; vive, nel linguaggio parlato familiare vale sis. – quae fugit: sottintende eam, oggetto di nec... sectare. – miser: predicativo di vive. – obstinata mente: ablativo di modo (lett. «con mente ostinata»); da nessi come questo (aggettivo + mente), sono derivate nelle lingue romanze diffusissime forme avverbiali.

diminutivo misellus (3, 16 [ T4]). Nell’ambito delle relazioni amorose, il vocabolo esprime non soltanto il tormento dell’amante tradito e/o non corrisposto, ma anche, più in generale, la condizione di chi è travagliato dalla passione d’amore, in cui sempre si mescolano gioia e sofferenza, e che non di rado viene assimilata a un morbus (una

«malattia»: così ancora in Catullo, 76, 25). Termine specifico, per così dire tecnico, della poesia erotica neoterica e poi dell’elegia, include anche una più o meno accentuata componente di insania («follia»); in questa accezione lo si trova già in Terenzio (Eunuchus, 71) e in Lucrezio (De rerum natura IV, 1068).

NOMI e PAROLE degli ANTICHI MISER

Tra le numerose sfumature di significato che l’aggettivo miser, a, um può assumere nella lingua latina, predominano quelle di «infelice», «sofferente», «sventurato». Ricorre diffusamente nella poesia di Catullo (qui, nel carme 8, ben due volte; in 51, 5 [ T15]; in 76, 12), anche nella forma del

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

10. La poesia neoterica e Catullo

PERCORSO ANTOLOGICO

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Vale, puella. Iam Catullus obdurat, nec te requiret nec rogabit invitam. At tu dolebis, cum rogaberis nulla. Scelesta, vae te! Quae tibi manet vita? Quis nunc te adibit? Cui videberis bella? Quem nunc amabis? Cuius esse diceris? Quem basiabis? Cui labella mordebis? At tu, Catulle, destinatus obdura.

[12-14] Addio, mia cara. Ormai Catullo è deciso, e non tornerà a cercarti né ti chiederà amore, se tu non vuoi. Ma tu soffrirai, quando non sarai più desiderata. Vale: imperativo di valeˉre («star bene»), usuale formula di commiato. – Iam: «ormai», ma qui anche «finalmente», «una buona volta». – obdurat: ribadisce il suo proposito di «tener duro» mediante la ripetizione ravvicinata del verbo in poliptoto (obdura/obdurat) e nella medesima posizione, in chiusura di verso (vv. 1112). – nec rogabit: rogare, che ritorna in poliptoto nel verso seguente, ancora una volta nella stessa posizione (rogaberis, indicativo futuro passivo) è termine tecnico

nel linguaggio della poesia erotica neoterica ed elegiaca («richiedere d’amore», «desiderare», «corteggiare»), come al v. 6 iocosa (da iocus, «gioco d’amore»). – invitam: predicativo di te, oggetto dei due futuri requiret e rogabit. – cum rogaberis nulla = cum non rogaberis. L’uso di nullus al posto di non è forma del sermo familiaris e dà maggiore intensità alla negazione. [15-19] Scellerata, guai a te! Che vita ti resta? Chi ora verrà da te? A chi sembrerai bella? Chi amerai tu ora? Di chi si dirà che tu sei? Chi bacerai? A chi morderai le labbra? Ma tu, Catullo, ostinato, resisti. Vae te: l’interiezione vae («guai!», «ahi!») si costruisce di norma col dativo; l’ac-

cusativo è forma del sermo familiaris. – Quae... vita: quae concorda con vita (quae vita manet tibi?); maneˉre si costruisce di norma con l’accusativo: il dativo è verosimilmente enfatico. – bella: ancora un termine del sermo familiaris (cfr. nota a 3, 14-15 [ T4]). – basiabis: da basium (cfr. nota a 5, 7 [ T6]). – labella: accusativo neutro plurale, oggetto di mordebis, è diminutivo-vezzeggiativo di labia, «labbra». – At tu, Catulle... obdura: ritorna circolarmente a rivolgersi a se stesso, come al v. 1, riaffermando l’esortazione con lo stesso verbo (obdura, imperativo) dei vv. 11-12, e con l’aggettivo destinatus, dallo stesso significato di obstinata (mente), sempre al v. 11.

LETTURA e INTERPRETAZIONE Il colloquio con se stesso

È una modalità particolare della diffusa tendenza “dialogica” caratteristica della poesia catulliana, che si sviluppa quasi sempre attraverso movenze allocutive: il monologo interiore assume la forma di un dialogo mosso e drammatico, mediante l’apostrofe a se stesso con il proprio nome declinato al vocativo (Catulle, v. 1 e v. 19) e l’impiego della seconda persona. Il movimento del discorso poetico, tormentoso e contraddittorio, rivela il persistere di una profonda lacerazione interiore. La persona del poeta si sdoppia: un «io» razionale e amaramente consapevole tenta di convincere un altro «io», ancora follemente innamorato, a smettere finalmente di soffrire.

L’apostrofe alla puella: un’ambigua “nemesi d’amore”

Al v. 12 il poeta si rivolge improvvisamente a Lesbia, con una concisa e definitiva formula d’addio (Vale, puella). Egli è irrevocabilmente deciso a resistere, a non richiedere più il suo amore (vv. 12-13), e le pro266

spetta un futuro di abbandono e di dolore (v. 14). Ma i versi che seguono (vv. 15-18) trascolorano dall’aggressivo scatto dell’esclamazione iniziale (Scelesta, vae te!) all’inquietudine angosciata del rimpianto e della gelosia, attraverso le sette interrogative dirette, introdotte da aggettivi e pronomi che si richiamano mediante anafore e poliptoti (Quae... Quis... Cui... Quem... Cuius... Quem... Cui). La serie delle domande dovrebbe configurare la situazione di solitudine e di privazione dei godimenti amorosi in cui verserà (secondo la fantasticheria vendicativa di Catullo) Lesbia abbandonata; di fatto le immagini, sempre più insistite e sensuali nei particolari (v. 18), evocano dolorosamente le gioie perdute mentre rivelano, al tempo stesso, il timore di sapere ben presto accanto a lei rivali più fortunati. Si tratta di un’originale, ambigua variazione sul tópos della “nemesi d’amore”, l’annuncio profetico della punizione che colpirà l’amata fedifraga [ Leggere un testo critico, p. 267].

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PERCORSO ANTOLOGICO

Trapassi temporali

L’inquieta variazione degli stati d’animo tende a coincidere con ripetuti trapassi temporali, evidenziati dalle forme verbali e dagli avverbi di tempo (Quondam/ Nunc). Il presente è il tempo della dolorosa consapevolezza e dell’esortazione a dominarsi (che apre e chiude circolarmente il carme), a far prevalere cioè la razionalità sulla passione; esortazione dapprima affidata ai più pacati congiuntivi esortativi (vv. 1-2), poi scandita dagli incalzanti imperativi (vv. 9-11 e 19). Il passato è il tempo di un’esaltata felicità amorosa,

Analizzare il testo 1.

A chi si rivolge in successione il poeta? Individua le sequenze in cui si suddivide il testo indicando in quali versi Catullo ricorre alle forme, rispettivamente, del monologo e dell’apostrofe. 2. Si può parlare per questo carme di struttura circolare o Ringkomposition (in tedesco, «composizione ad anello»)? 3. Effettua una completa schedatura dei tempi verbali: a quali stati d’animo sono associate le diverse dimensioni temporali?

associata a visioni di luce abbagliante; il ricordo insorge improvviso e Catullo vi si abbandona con tanta nostalgica emozione da non lasciare dubbi sull’immutata intensità della sua passione (vv. 3-8). Il futuro è immaginato come il tempo del distacco, ma anche della tormentosa gelosia. Come si è visto, il poeta si rivolge infatti alla puella (v. 12) per darle in tono reciso un addio, ma subito prende l’avvio un’ambigua fantasticheria vendicativa (vv. 13-18), che tradisce l’angosciosa apprensione di Catullo stesso: sarà lui, naturalmente, e non Lesbia, a restare solo e disperato.

4. Individua nel testo le anafore e i poliptòti, commentando la frequenza delle figure di iterazione in genere.

Confrontare e interpretare i testi

5. Quali effetti produce nel testo la ripetitività del lessico? Hai già osservato questa caratteristica in altre liriche catulliane? Con quali effetti? Motiva le tue osservazioni con precisi riferimenti testuali.

Leggere un TESTO CRITICO La nemesi d’amore Il carme 8 presenta un’originale rielaborazione del motivo topico della “nemesi d’amore”, caro alla poesia erotica ellenistica e ripreso in età augustea dagli elegiaci

latini. Franco Caviglia individua qui con precisione le variazioni apportate da Catullo allo schema tradizionale.

Le due sezioni del carme, quella del «monologo» e quella dell’apostrofe, compongono una trama unica, svolta sul motivo della «nemesi d’amore»: Lesbia, che oggi rifiuta, sarà lei rifiutata, in primo luogo da Catullo stesso. La nemesi, peraltro, non agirà – come topicamente avviene nella tradizione ellenistica – in seguito all’invecchiamento della donna, al venir meno della sua bellezza; Lesbia sarà punita subito (cfr. nunc, v. 16) in quanto scelesta (v. 15), contaminata – cioè – dal peccato contro la fides d’amore, cui Catullo è invece ancora – e per sempre – legato: amata nobis quantum amabitur nulla (v. 5). Un’altra complicazione arricchisce il motivo topico: l’intervento della nemesi non è proclamato coi toni della certezza, del compiacimento per l’ottenuta rivalsa; esso si articola invece su di una fitta serie di domande, sempre meno «retoriche» (vv. 15-19), il cui tono trascolora dall’iniziale aggressività Quae tibi manet vita? (v. 15) all’angoscia di chi avverte il profilarsi di una realtà nel momento stesso in cui insiste nel dichiararla impossibile – e questa realtà sono gli amori di Lesbia, già attuali o comunque imminenti: Quem basiabis? Cui labella mordebis? (v. 18). (F. Caviglia, Catullo, in Dizionario degli scrittori greci e latini, I, Marzorati, Milano 1987, pp. 420-421) © Casa Editrice G. Principato

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

10. La poesia neoterica e Catullo

T9

Per il ritorno di Veranio

carme 9

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T 10 Messaggio a Lesbia infedele carme 11 LATINO ITALIANO

Nota metrica: sistema saffico minore, composto di tre endecasillabi saffici e un adonio.

Il carme, che contiene un definitivo messaggio d’addio alla puella, è composto in strofe saffiche e si chiude con una preziosa reminiscenza allusiva a una lirica di Saffo [ Dialogo con i modelli, p. 271]. È assai probabile che il poeta voglia così richiamare alla memoria del lettore il carme 51 [ T15], l’unico altro carme del Liber composto nel medesimo metro (in cui secondo l’interpretazione tradizionale Catullo aveva cantato l’inizio della sua passione per Lesbia), segnando per così dire la chiusura di un cerchio. Il componimento presenta vistosi scarti di tono e di linguaggio: dallo stile alto ed epicheggiante della prima parte (vv. 1-14), alle espressioni del linguaggio quotidiano, spesso violente e triviali (vv. 15-20) ai toni più intimi e malinconici della chiusa (vv. 21-24).

Furi et Aureli, comites Catulli, sive in extremos penetrabit Indos, litus ut longe resonante Eoa tunditur unda, sive in Hyrcanos Arabasve molles, seu Sagas sagittiferosve Parthos, sive quae septemgeminus colorat aequora Nilus,

PERCORSO ANTOLOGICO

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sive trans altas gradietur Alpes, 10 Caesaris visens monimenta magni, Gallicum Rhenum, horribilesque ulti mosque Britannos, omnia haec, quaecumque feret voluntas caelitum, temptare simul parati, 15 pauca nuntiate meae puellae non bona dicta: cum suis vivat valeatque moechis, quos simul complexa tenet trecentos, nullum amans vere, sed identidem omnium 20 ilia rumpens; nec meum respectet, ut ante, amorem, qui illius culpa cecidit velut prati ultimi flos, praetereunte postquam tactus aratro est. 1. Furi et Aureli: non è possibile identificare con sicurezza i due personaggi. Il poeta li nomina in diversi altri luoghi (insieme in 16, 2; Furio in 23, 1, 24 e 26,

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1; Aurelio in 15, 2 e 21, 1), scagliando contro di loro accuse infamanti e feroci sarcasmi, che alcuni tuttavia interpretano in chiave giocosa, secondo la conven© Casa Editrice G. Principato

zione letteraria dello scambio di insulti scherzosi fra amici. Difficile pertanto decidere se qui Catullo si rivolga a loro come a veri, intimi amici, ovvero apoc


PERCORSO ANTOLOGICO

Furio ed Aurelio, fedeli compagni di viaggio di Catullo, se penetri un giorno nell’India remota, dove il lido è percosso dall’onda dell’est che risuona di un’eco lontana, oppure fra le genti d’Ircania o fra i popoli molli d’Arabia, o fra i Sagi o fra i Parti che recano frecce, oppure nelle acque che il delta del Nilo colora con le sette sue foci, 5

o valichi le alte montagne delle Alpi, seguendo le memori tracce del grande Cesare, e il Reno di Gallia, e al limite estremo del mondo i feroci Britanni, 10

voi che siete disposti a provare con me tutto questo, ed ogni altra ventura ci imponga la volontà dei Celesti, 15 alla donna che amo riferite per me queste poche ed amare parole: Viva pure felice e si goda i trecento suoi amanti che insieme è capace di stringere a sé tra le braccia senza amarne nessuno davvero, e a vicenda fiaccando 20 le reni di tutti; né si curi, come un tempo faceva, di questo mio amore, che è caduto per colpa di lei come un fiore sul ciglio d’un prato non appena il suo stelo è reciso dall’aratro che passa. (trad. di L. Canali)

strofi ironicamente due ex-amici, forse due rivali. 3. litus ut = ut litus (anastrofe), dove ut = ubi. – Eoa: dell’Aurora, Eos in greco, cioè «orientale». 4. tunditur unda: con ricercato effetto onomatopeico, il verso riproduce il tonfo cupo dell’onda che senza posa si infrange contro le rive. 5. Hyrcanos: gli Ircani abitavano la costa sud-orientale del mar Caspio. – Arabasve molles: gli Arabi (con la desinenza greca -as) sono detti «molli», cioè effeminati, amanti del lusso e delle raffinatezze.

6. Sagas: popolazione nomade ai confini settentrionali dell’impero persiano, per lo più identificata con gli Sciti. – sagittiferosve Parthos: i bellicosi Parti, irriducibili nemici dei Romani, abitavano le zone orientali dell’altopiano iranico ed erano arcieri infallibili. 11-12. horribilesque... Britannos: si tratterebbe dunque di uno degli ultimi componimenti catulliani, come confermano questi versi, che danno per avvenuto quanto meno il primo sbarco di Cesare in Britannia (autunno del 55 © Casa Editrice G. Principato

a.C.; com’è noto, Catullo doveva morire poco dopo, nel 54). 14. caelitum: caelites (per di) è voce arcaica e poetica di derivazione enniana. 17. moechis: grecismo del sermo cotidianus, tendenzialmente spregiativo e volgare (usuale in Plauto e nei comici); significa propriamente «adulteri». 19. identidem: questo avverbio ricorre non a caso soltanto qui e nel carme 51, in due contesti diversissimi per atmosfera e per tono, a ulteriore conferma del collegamento intenzionale fra le due liriche. c

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

10. La poesia neoterica e Catullo

LETTURA e INTERPRETAZIONE Un’evocazione fantastica di terre lontane

Il componimento, elaboratissimo, si apre con l’apostrofe ai due amici (o nemici? cfr. nota al v. 1) Furio e Aurelio, che resta lungamente sospesa. Le prime quattro strofe sono occupate infatti da un’evocazione fantastica di viaggi in paesi esotici e remoti, enfaticamente sviluppata in stile epicheggiante, elevato e solenne (tanto da insinuare il sospetto di un’intenzione ironico-parodistica), come dimostrano gli epiteti altisonanti e i composti epici di stampo omerico ed enniano (longe resonante, v. 3; sagittiferos, v. 6; septemgeminus, v. 7).

Solo al v. 15 si inserisce, con un deciso effetto di sproporzione e di sorpresa, la secca richiesta di Catullo: pauca nuntiate meae puellae / non bona dicta. Il messaggio diretto a Lesbia colpisce per la sua sprezzante, drastica concisione, in netto contrasto con la raffinatezza erudita delle strofe iniziali. Mediante l’impiego di espressioni del sermo cotidianus (vivat valeatque, v. 17) di livello anche basso e triviale (moechis, v. 17) e di immagini aggressivamente iperboliche (simul... trecentos, v. 18; identidem... ilia rumpens, vv. 19-20), si configura come una feroce invettiva contro la donna infedele e la sua insaziabile lussuria che ricorda il carme 58 [ T17].

Nelle tre prime strofe l’elenco delle località, indicate per metonimia mediante il nome degli abitanti o dei grandi fiumi che le attraversano (come spesso nello stile sostenuto di intonazione epica), disegna un itinerario che abbraccia la totalità del mondo allora conosciuto, da sud-est a nord-ovest. Catullo elabora qui, secondo un procedimento caro all’erudizione geografica alessandrina, una raffinata fantasia esotica, non priva peraltro di agganci alla più scottante attualità: un intervento armato di Roma aveva appena rimesso sul trono d’Egitto, nel 55 a.C., Tolomeo Aulete; Gallia e Britannia sono esplicitamente indicate come teatro delle recentissime imprese del «grande Cesare»; quanto ai Parti, era imminente allora la spedizione di Crasso in Oriente, che si sarebbe conclusa nel 53 con la disastrosa sconfitta di Carre.

Una chiusa elegiaca: il fiore reciso

Nell’ultima strofa la violenza del rancore e del sarcasmo lasciano il posto, con un nuovo fortissimo scarto di tono e di linguaggio, a un’elegiaca, struggente malinconia; ma lo strazio è tutto contenuto nell’immagine breve di un fiore reciso, appena toccato dall’aratro ai bordi del campo.

Giovane donna che legge, statuetta in bronzo del I secolo d.C. Parigi, Cabinet des Médailles.

PERCORSO ANTOLOGICO

Improvviso scarto di toni: una feroce invettiva

Un itinerario intorno al mondo: agganci all’attualità

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PERCORSO ANTOLOGICO

Dialogo con i MODELLI Il fiore reciso La similitudine che chiude il carme 11 con la delicatissima immagine del fiore reciso riecheggia, attraverso la preziosa rielaborazione catulliana, un frammento di Saffo [a], la poetessa greca nata nell’isola di Lesbo (VII-VI sec. a.C.). I versi di Saffo facevano parte di un epitalamio, ossia di un canto per una festa di nozze, e la patetica similitudine alludeva alla prossima perdita della

[a]

verginità, evento traumatico e velato di malinconia per la giovanissima sposa. Catullo ricorda un’altra volta il frammento saffico, in un contesto (e con un significato) ancor più vicino all’originale, nel secondo epitalamio del Liber (62, 39-45). Nel IX libro dell’Eneide Virgilio, descrivendo la morte del giovinetto Eurialo [b], riprenderà con raffinata

tecnica allusiva, in un contesto non più erotico ma epico-guerresco, entrambi i modelli. In Virgilio ritorna l’immagine catulliana del colpo violento, tagliente del vomere; ma insieme il poeta recupera il pathos e soprattutto l’elemento coloristico (il rosso del fiore, del sangue) del frammento saffico, amplificandoli mediante una duplice similitudine.

Come il giacinto che i pastori pestano per i monti, e a terra il fiore purpureo sanguina... (Saffo, fr. 105c Label-Page; trad. di S. Quasimodo)

[b]

Volvitur Euryalus leto, pulchrosque per artus it cruor inque umeros cervix conlapsa recumbit: purpureus veluti cum flos succisus aratro languescit moriens lassove papavera collo demisere caput, pluvia cum forte gravantur.

S’accasciò Eurialo morto, per il bel corpo scorreva il sangue, cadde la testa sulla spalla, pesante: così purpureo fiore, che l’aratro ha tagliato, languisce morendo, o chinano il capo i papaveri sul collo stanco, quando la pioggia li grava. (Virgilio, Eneide IX, 433-437; trad. di R. Calzecchi Onesti)

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

10. La poesia neoterica e Catullo

T 11 Bizzarro invito a cena carme 13 LATINO

Il poeta si rivolge a Fabullo, uno dei suoi amici più cari, per invitarlo a cena «fra pochi giorni»: ma si tratta di un invito decisamente singolare, in cui le espressioni d’affetto e le allusioni alle raffinate consuetudini della loro cerchia si intrecciano con sorprendenti trovate giocose e paradossali. Il carme riprende un tópos della poesia ellenistica, il «bigliettino» d’invito a cena rivolto ad un amico, che a sua volta si inserisce nella ricca tradizione simposiaca della lirica greca. Fra i molti esempi possibili, uno dei più noti e vicini nel tempo è l’epigramma che Filodemo di Gadara indirizza al suo protettore Calpurnio Pisone per invitarlo, il giorno 20 del mese, al rituale banchetto in onore di Epicuro: all’ospite illustre non verranno offerte portate sontuose e vini preziosi, ma le dolcezze della più sincera amicizia (Antologia Palatina XI, 44). Il motivo del convito modesto sarà ripreso in età augustea da Orazio, in un’ode saffica a Mecenate (I, 20).

Nota metrica: endecasillabi faleci.

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Cenabis bene, mi Fabulle, apud me paucis, si tibi di favent, diebus, si tecum attuleris bonam atque magnam cenam, non sine candida puella et vino et sale et omnibus cachinnis. Haec si, inquam, attuleris, venuste noster, cenabis bene; nam tui Catulli plenus sacculus est aranearum. Sed contra accipies meros amores seu quid suavius elegantiusve est;

[1-5] Cenerai bene da me, o mio Fabullo, fra pochi giorni, col favore degli dèi, se porterai con te una buona e abbondante cena, non senza una bella ragazza e vino e sale e tante risate. Cenabis: futuro di valore iussivo, costituisce l’apodosi di un periodo ipotetico della realtà che si completa solo ai vv. 3-4 con la protasi (si tecum attuleris... cenam), suscitando un’attesa che prepara il primo aprosdóketon (o effetto-sorpresa) del componimento; cenabis apud me è la comune formula dell’invito. – mi Fabulle: personaggio non altrimenti noto, ricordato da Catullo in diversi componimenti come uno dei suoi più cari e intimi amici (lo conferma l’uso di mi, vocativo dell’aggettivo possessivo, cui corrisponde simmetricamente tui Catulli, v. 7). Fabullus è diminutivo-vezzeggiativo di Fabius. – paucis... diebus: ablativo di tempo. Il fatto inusuale che la data resti indeterminata lascia già presagire il carattere fittizio e scherzoso dell’invito. – si... favent: incidentale ipotetica; è formula augurale dell’uso corrente (lett. «se gli dèi ti sono favorevoli»; noi diremmo «a Dio piacendo», «se Dio vuole»). – si

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tecum... magnam/ cenam: l’enjambement contribuisce ad arricchire l’effetto-sorpresa, ritardando ulteriormente la comparsa della parola rivelatrice (cenam), cioè l’aprosdóketon (in greco, «elemento inaspettato»). – non sine: regge i quattro sostantivi in ablativo (vv. 4-5), cioè il catalogo degli elementi ritenuti indispensabili, ancor più del cibo, alla riuscita della cena; qui la litote, come spesso accade, rafforza il concetto anziché attenuarlo. – candida puella: l’aggettivo candida indica originariamente la luminosità di una pelle bianchissima, passando poi a significare «leggiadra», «avvenente»; si tratterà di una flautista o di una danzatrice, ragazze che venivano chiamate abitualmente ad allietare i conviti. – et vino... cachinnis: il polisindeto (et… et… et) conferisce all’enumerazione un ritmo serrato e vivace. Sale, pur mantenendo il significato proprio e concreto di ingrediente alimentare, va inteso soprattutto nel significato metaforico di «arguzie», battute fini e spiritose (più consueto, in questa accezione, il plurale sales); omnibus cachinnis, lett. «tutte le risate»; cachinnus è parola onomatopeica © Casa Editrice G. Principato

che indica uno scroscio di risa fragorose e gioiosamente spontanee. [6-8] Se porterai, dico, queste cose, mio raffinato [amico], cenerai bene; infatti il borsellino del tuo Catullo è pieno [solo] di ragnatele. Haec si: anastrofe. – attuleris: predicato della protasi di un periodo ipotetico della realtà (l’apodosi è cenabis bene, v. 7) che riprende esattamente quello dei vv. 1-3. – venuste noster: ancora un aggettivo possessivo (cfr. v. 1 e v. 7), concordato con il vocativo venuste, a sottolineare l’affetto reciproco e il clima di elegante buon gusto; per venustus cfr. nota a 3, 2 [ T4]. – plenus... aranearum: espressione di sapore colloquiale e proverbiale. – sacculus: diminutivo di saccus, una piccola borsa che si portava appesa alla cintura. [9-14] Ma in cambio riceverai una vera delizia, o se c’è qualcosa di più soave e di più fine: infatti ti darò un unguento [profumato] di cui le Veneri e gli Amori fecero dono alla mia donna; e quando tu lo odorerai, Fabullo, pregherai gli dèi di farti [diventare] tutto naso. accipies: si contrappone ad attuleris (v. 3 e v. 6). – meros amores: anticipazioc


PERCORSO ANTOLOGICO

nam unguentum dabo, quod meae puellae donarunt Veneres Cupidinesque, quod tu cum olfacies, deos rogabis, totum ut te faciant, Fabulle, nasum. ne del motivo del dono (l’unguentum). L’aggettivo merus significa «puro», e quindi «vero», «autentico»; amores nel lessico familiare indica «qualcosa che è un amore», «una meraviglia». – seu quid = vel si quid. – unguentum: nel mondo antico i profumi (e i cosmetici in genere) erano preparati su una base grassa, e si presentavano quindi come olii e creme, appunto «unguenti». Il carme attesta che

l’usanza orientale di profumarsi durante i banchetti si era ormai diffusa negli ambienti raffinati dell’aristocrazia romana. – donarunt: forma contratta per donaveˉ runt. – Veneres Cupidinesque: cfr. nota a 3, 1 [ T4]. – quod tu cum olfacies: nesso relativo (quod, come al v. 11, è riferito a unguentum) e anastrofe = et cum tu olfacies id. – totum... nasum: = ut te totum faciant nasum, subordinata

completiva con ut e il congiuntivo, dipendente dal verbo della principale rogabis, costruito con l’accusativo della persona cui si rivolge la preghiera (deos). Totum è aggettivo concordato con l’accusativo te; nasum è predicativo dell’oggetto (te). È il secondo, brillante aprosdóketon: l’effetto-sorpresa viene accresciuto dalla distanza che separa nasum da totum, posto all’altra estremità del verso.

LETTURA e INTERPRETAZIONE Struttura del componimento

Il tono scherzoso e informale, improntato ad affettuosa complicità, del «bigliettino» a Fabullo non impedisce di rilevare nel componimento, a una lettura più attenta, una struttura armoniosamente calcolata. Il carme si suddivide in tre parti: la prima (vv. 1-5) contiene il vero e proprio invito; la seconda (vv. 6-8), in funzione di “cerniera”, introduce il motivo topico dell’indigenza del poeta, onde giustificare la sorprendente richiesta di portare con sé tutto l’occorrente per la cena; la terza (vv. 9-14) sviluppa la graziosa trovata del dono (l’unguentum) riservato all’ospite.

Un registro parodistico e giocoso

Catullo rielabora con grazia incomparabile, su un registro parodistico e giocoso, gli spunti tradizionali, creando con sapiente gradazione una situazione paradossale: l’amico Fabullo cenerà bene fra pochi

Analizzare il testo 1.

Individua nel testo termini ed espressioni del sermo familiaris. 2. Analizza i vocaboli citati, illustrandone il preciso significato e il valore che assumono nel contesto: sale, cachinnis, venuste, meros amores, suavius, elegantius, meae puellae. Si possono definire parole-chiave del lessico catulliano e neoterico?

Interpretare il testo

3. L’invito a Fabullo si propone quale esempio del clima che doveva caratterizzare i rapporti fra

giorni dal suo Catullo, ma soltanto se porterà con sé tutto, ma proprio tutto, l’occorrente per la cena, compresa una bella ragazza; il polisindeto (et... et... et..., v. 5) enfatizza la lunga enumerazione, mentre la vivace immagine del v. 8 svela argutamente le ragioni di un invito tanto singolare: il padrone di casa non ha il becco d’un quattrino!

L’emblematico dono ospitale e la chiusa a sorpresa

In compenso offrirà, come dono ospitale, un prezioso unguento profumato, oggetto squisito e pegno d’amore, quasi un emblema del costume di vita elegante e raffinato, ispirato al lepos e alla venustas, della cerchia neoterica. Lo scherzoso invito, scintillante di amichevole complicità e di ironia, si chiude a sorpresa, con grazia epigrammatica, su un’immagine fantasticamente grottesca (totum... nasum, v. 14). amici nell’ambito della cerchia catulliana. Sapresti descriverlo, a partire dagli indizi forniti dal poeta attraverso le forme e le tonalità espressive impiegate in questo carme?

Confrontare e interpretare i testi

4. A proposito del v. 8, il critico Giorgio Maselli ha osservato che la povertà di Catullo «non è né assoluta né avvilente, ma contiene elementi che la rendono preferibile (o quanto meno equivalente) alla situazione di chi ha un sacculus pieno»: motiva tale affermazione con gli opportuni riferimenti al testo.

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

10. La poesia neoterica e Catullo

Leggere un TESTO CRITICO Il destinatario dei carmi catulliani Sulla ricorrente presenza di un destinatario reale nei carmi di Catullo, che tanto spesso appaiono riferirsi con vivida immediatezza a concrete occasioni della vita reale, ha scritto pagine illuminanti Mario Citroni,

mettendo in rapporto le forme del testo poetico con le precise attese del pubblico – in prima istanza gli amici poeti del circolo neoterico – cui Catullo intendeva rivolgere il suo messaggio.

PERCORSO ANTOLOGICO

Che i carmi di Catullo, in gran parte, non siano scritti per rimanere nel cassetto in attesa di inserirsi in un libro che il pubblico anonimo leggerà in un futuro indefinito, ma siano invece scritti anzitutto per un consumo immediato da parte del destinatario e della cerchia degli amici, è convinzione che non si fonda solo sull’impressione di immediatezza nel rapporto col destinatario che si ricava dalla lettura dei carmi (questa impressione, pur così viva, potrebbe al limite esser stata creata artificialmente dall’autore), ma si fonda anche sul fatto che parecchi carmi sono interamente legati all’occasione concreta da cui nascono e non sembrano cercare al di fuori di essa ancoraggi che ne motivino una vita meno effimera. [...] E d’altra parte, se si parla di funzione comunicativa dei carmi di Catullo con destinatario reale non si deve però intendere che si tratti della funzione comunicativa propria della lettera privata, bensì di una ritualizzazione della funzione comunicativa, di una trasposizione della funzione comunicativa entro forme letterarie che l’autore destina alla fruizione non solo del diretto destinatario, ma anche della cerchia degli amici, che in certa misura è sempre tutta coinvolta nei rapporti comunicativi fra i suoi membri. E, sullo sfondo, anche alla fruizione del lettore anonimo. Per fare un esempio, il carme 13 (Cenabis bene, mi Fabulle) non sarà naturalmente un vero e proprio invito a cena, eppure sarà stato scritto probabilmente in occasione di un invito a cena, e sarà stato scritto anzitutto per Fabullo, quasi come una scherzosa ‘celebrazione’ di quel reale invito a cena e, contemporaneamente, per gli altri amici che leggeranno il carme e si compiaceranno nel riconoscervi la trasposizione in forma poetica elegante dei rapporti comunicativi tra i membri della cerchia. Una cerchia che, in quanto costituita di amici poeti per i quali vita e poesia costituiscono una unità inscindibile, vive e si riconosce proprio in queste ‘celebrazioni’ poetiche delle sue esperienze quotidiane. (M. Citroni, Destinatario e pubblico nella poesia di Catullo: i motivi funerari, «Materiali e discussioni per l’analisi dei testi classici» 2, Pisa 1979, pp. 46-48)

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T 12

Invettiva contro Mamurra

T 13

Alfene immemor...

carme 29

carme 30

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PERCORSO ANTOLOGICO

T 14 Ritorno a Sirmione carme 31 LATINO

Di ritorno dal viaggio in Bitinia, Catullo rivolge il suo saluto a Sirmione con una lode entusiasticamente iperbolica (vv. 1-3): non si specchia luogo più bello sulle acque di tutta la terra! Lasciato quasi sottinteso nel carme 46, che canta la felicità della partenza, e nel carme 4 [ T5 ONLINE], che rievoca l’ebbrezza del viaggio, emerge qui un sentimento dominante: la gioia del ritorno a casa. Catullo esprime con viva spontaneità il piacere, così semplice e vero, di ritrovarsi nei luoghi familiari, fra le proprie cose (v. 10), nell’intimità religiosa del focolare domestico (larem nostrum). Con una sorta di animismo affettivo, Catullo riversa la sua gioia intorno a sé, la fa traboccare ed espandersi sulla sua casa e sul paesaggio amato, esortando ogni cosa intorno a gioire e ridere per il suo ritorno (gaude;/ gaudete.../ ridete, vv. 12-14), fino all’immagine misteriosa e bizzarra dell’ultimo verso. Lo stile è un’originalissima mistione di espressioni colloquiali, vivacemente affettive (ocelle, v. 2; vix mi ipse credens, che usa anche Plauto, v. 5; venusta, v. 12; quidquid ... cachinnorum, v. 14) e di stilemi raffinatissimi, quali le cadenze ritualmente solenni dei primi versi, impreziositi da numerose figure: chiasmo (in liquentibus stagnis/marique vasto, vv. 2-3), metonimia (Neptunus, v. 3), anafora (quam... quamque, v. 4), allitterazione (libenter... laetus, v. 4).

Nota metrica: trimetri giambici scazonti o coliambi. 5

Paene insularum, Sirmio, insularumque ocelle, quascumque in liquentibus stagnis marique vasto fert uterque Neptunus, quam te libenter quamque laetus inviso, vix mi ipse credens Thyniam atque Bithynos liquisse campos et videre te in tuto. O quid solutis est beatius curis,

[1-6] O Sirmione, gemma delle penisole e delle isole, tutte quelle che l’uno e l’altro Nettuno sorregge nei limpidi laghi e nel vasto mare, quanto volentieri e con quanta gioia ti rivedo, appena credendo a me stesso di aver lasciato la Tinia e le pianure di Bitinia, e di vederti, [finalmente] al sicuro. Il carme si apre con un’ampia e complessa apostrofe a Sirmione, stilisticamente assai ricercata, ricca in particolare di effetti di suono (l’insistenza sulle liquide l ed r) tendenti ad evocare il limpido e sereno paesaggio di acque lacustri. Paene insularum: l’avverbio paene («quasi») si fonderà con il sostantivo o l’aggettivo che accompagna assumendo valore di attributo (di qui in seguito forme quali paeninsula o paenultimus). – insularumque: la penisoletta di Sirmione, sulle rive meridionali del lago di Garda o Benàco, è congiunta alla terraferma da una striscia di terra così sottile da farla sembrare un’isola. – ocelle: vocativo concordato con Sirmio, è diminutivo-vezzeggiativo affettuoso di oculus («occhietto», nel senso traslato di

«gemma», «perla», «fiore»), piuttosto comune presso gli scrittori latini. – quascumque: pronome relativo indefinito, oggetto di fert. – liquentibus stagnis: liquens da liqueˉre («esser liquido», «fluido», non stagnante); perciò stagnis indicherà specchi d’acqua limpidi, «laghi» piuttosto che «stagni». – uterque Neptunus: «entrambi i Nettuni»; il dio Nettuno, per così dire “sdoppiato” in quanto signore e protettore sia delle acque lacustri sia di quelle marine, per metonimia sta qui a significare le acque medesime, che «sorreggono» (= su cui posano, si trovano) isole e penisole. – quam... quamque: l’avverbio quam, che introduce una proposizione esclamativa, è iterato enfaticamente in anafora. – inviso: da invisĕre, in + viso, intensivo di video. – vix... credens: costruisci ipse vix credens mi (= mihi), lett. «io stesso a fatica credendo a me»; vix credens è espressione colloquiale. – Thyniam... Bithynos/...campos: accusativo, oggetto di liquisse. Rispettivamente poste a nord e a sud del Ponto Eusino o Mar Nero, la Thynia e la © Casa Editrice G. Principato

Bithynia erano, secondo Erodoto, due regioni abitate da popolazioni originarie della Tracia. L’inserzione dei nomi esotici di terre lontane risponde al gusto neoterico dell’erudizione ricercata e preziosa, e vale nel contempo a sottolineare i rischi e le fatiche affrontate nel lungo viaggio. – liquisse: infinito perfetto da linquo, linquĕre, poetico e arcaico in luogo di relinquĕre. Significativa l’antitesi fra i due verbi all’infinito nel v. 6: il perfetto (liquisse) situa definitivamente nel passato l’esperienza del viaggio avventuroso, mentre il presente (videˉ re) esprime la felicità attuale del ritorno. [7-11] Oh, cosa c’è di più dolce che l’essersi liberati dagli affanni, quando l’animo depone il peso [che l’opprime] e stanchi di straniere fatiche giungiamo al nostro focolare, e troviamo riposo nel sospirato letto? È questo l’unico compenso per così grandi fatiche. L’interrogativa retorica, che abbraccia ben quattro versi (vv. 7-10), insiste sulla gioia del ritorno, in particolare sulla sensazione di sollievo e di riposo che si proc

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

10. La poesia neoterica e Catullo

PERCORSO ANTOLOGICO

10

cum mens onus reponit ac peregrino labore fessi venimus larem ad nostrum desideratoque acquiescimus lecto? Hoc est quod unumst pro laboribus tantis. Salve, o venusta Sirmio, atque ero gaude; gaudete vosque, o Lydiae lacus undae; ridete, quidquid est domi cachinnorum.

va nel ritrovarsi finalmente a casa, fra gli oggetti cari e familiari, ancora una volta in antitesi con la stanchezza e la fatica del lungo peregrinare in terre straniere; da notare la posizione dell’aggettivo peregrino (v. 8), in forte enjambement con labore, che rafforza il contrasto con nostrum (v. 9), pure in chiusura di verso. quid: pronome interrogativo neutro, soggetto di est. – solutis... curis: secondo termine di paragone in funzione di participio congiunto, retto da beatius (= quam curis solvi); peraltro si può anche intendere come ablativo assoluto (lett. «interrotti, allontanati gli affanni»). – venimus: perfetto iterativo, da tradurre con il presente. – larem ad: anastrofe (ad larem). Il Lar è il genio del focolare domestico, cui si rivolgeva un saluto rituale al ritorno da un viaggio; qui indica per metonimia la casa, in quanto luogo sacro (agli affetti, alla tradizione familiare). – quod unumst: proposizione subordinata dichiarativa; unumst = unum est, con aferesi della vocale e. Da rilevare la forte antitesi fra unum e tantis, nonché l’insistenza sul motivo della fatica (laboribus richiama in poliptoto labore,

Analizzare il testo 1.

v. 9); affiora qui probabilmente la delusione per gli scarsi benefici ricavati dal soggiorno in Bitinia. [12-14] Salve, o leggiadra Sirmione, ed esulta per il tuo padrone [che ritorna]; esultate voi pure, onde del lago di Lidia; ridete, [o voi] risate tutte, quante ve ne sono nella [nostra] casa». Il componimento si chiude circolarmente su una nuova apostrofe a Sirmione, che prepara un’esplosione finale di gioia e di ilarità, sviluppata attraverso altre due apostrofi (alle onde del lago, v. 13; alle risate, v. 14) secondo una climax ascendente, per culminare nella bizzarra immagine della chiusa, con la lunga e risonante parola onomatopeica (cachinnorum), che evoca un improvviso scrosciare di risa gioiose. venusta: riferito a Sirmio personificata; cfr. nota a 3, 12 [ T4]. – ero: ablativo strumentale retto dall’imperativo presente gaude. Il termine erus, soppiantato fin dal II sec. da dominus, nei comici (soprattutto in Plauto) indica ormai solo il padrone degli schiavi. La patina arcaica e una connotazione familiare ne avranno suggerito al poeta l’uso in questo contesto. – Lydiae lacus undae: per ipallage,

Evidenzia la struttura compositiva del carme, suddividendolo in sequenze chiaramente distinguibili; assegna poi ad ognuna di esse un titolo o una breve didascalia esplicativodescrittiva. Si avvertono sensibili variazioni sul piano delle forme e delle tonalità espressive? Quale definizione si può dare della struttura complessiva del carme? 2. A Sirmione Catullo si rivolge direttamente nel testo per due volte, accostando al nome di Sirmio due diversi termini in caso vocativo: dopo averli

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l’aggettivo Lydiae è concordato con il vocativo undae anziché col genitivo lacus (lett. «onde Lidie del lago»). Il lago di Garda è detto «Lidio», cioè «Etrusco», in quanto si riteneva che gli Etruschi, stanziati anche nella pianura padana, fossero originari della Lidia, una regione dell’Asia Minore. – quidquid... cachinnorum: soggetto dell’imperativo ridete, vale cachinni quotquot domi estis («ridete, risate quante siete in casa»). Catullo qui impiega il costrutto colloquiale formato dal pronome indefinito neutro + genitivo partitivo, che mostra di prediligere in molte occasioni (cfr. nota a 3, 2 [ T4]). Si segnala anche una diversa interpretazione del v. 14, secondo la quale l’invito a ridere (ridete), s’intende rivolto, dopo l’esortazione a gioire (gaudete, v. 13), ancora alle onde del lago, con quidquid in funzione di oggetto interno: «ridete (onde), tutte le risate che avete» (lett. «tutto quello che avete “in casa” [= a disposizione] di risate»). In questo caso il «riso» allude al lieve fruscio delle onde, e/o al brillare cangiante dei riflessi di luce sull’acqua.

rintracciati, precisane la funzione sintattica e il significato. Almeno uno di essi ricorre in altri carmi catulliani a te noti? Ha lo stesso valore sul piano semantico nei diversi luoghi? 3. Nel carme 31 le scelte lessicali possono essere distinte essenzialmente sulla base di due diverse aree di significato: le fatiche del viaggio e la gioia del ritorno. Identifica i termini (sostantivi, aggettivi, verbi) attinenti all’uno e all’altro campo semantico, precisando quale relazione intercorre fra loro.

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PERCORSO ANTOLOGICO

T 15 Catullo e Saffo: effetti sconvolgenti della passione carme 51 LATINO

LETTURA METRICA

Nota metrica: sistema saffico minore, composto di tre endecasillabi saffici e un adonio.

Secondo una consolidata tradizione, questa lirica segnerebbe l’inizio, così come il carme 11 [ T10] la fine, dell’appassionato amore di Catullo per Lesbia. S’intende che il tentativo di disporre i carmi per Lesbia in un ordine che permetta di seguire le varie fasi di una “storia” d’amore risulta sostanzialmente arbitrario, benché suggestivo; in questo caso, tuttavia, l’impiego dello stesso metro soltanto nel carme 11 (la strofe saffica minore, qui un evidente omaggio al modello greco) può essere interpretato come un valido indizio a conferma, quanto meno, di un collegamento intenzionale fra i due testi. Le prime tre strofe del componimento sono, più che una traduzione, il libero rifacimento di un’ode di Saffo che descrive, enumerandoli in un crescendo drammatico, gli effetti sconvolgenti della passione amorosa [ Dialogo con i modelli, p. 280]. Il poeta contempla con stupore e inquietudine un uomo, un altro, guardare e ascoltare a lungo, imperturbabile e sereno come un dio, Lesbia che dolcemente sorride, mentre in lui la medesima visione provoca un incontenibile sconvolgimento di tutti i sensi, fino al calare sugli occhi di una notte tenebrosa, figura della morte. La quarta ed ultima strofa, non attestata nell’originale saffico, contiene invece un ammonimento sentenzioso a se stesso.

Ille mi par esse deo videtur, ille, si fas est, superare divos, qui sedens adversus identidem te spectat et audit dulce ridentem, misero quod omnis eripit sensus mihi: nam simul te, Lesbia, aspexi, nihil est super mi <postmodo vocis>, 5

[1-5] A me sembra pari a un dio, [anzi], se è lecito, superiore agli dèi, colui che, sedendo di fronte a te, continuamente ti guarda e ti ascolta ridere dolcemente, mi: forma arcaica per mihi. – par... deo: simile a un dio sembra a Catullo l’uomo, un altro, la cui identità resta imprecisata, per la sua serena imperturbabilità, sottolineata dall’anafora (Ille... ille, vv. 1-2). – si fas est: l’inciso non attenua l’iperbole, ma la enfatizza. Due interpretazioni: «se mai è possibile (essere superiore agli dèi)»; oppure «se è lecito (dirlo)». Fas (contrapposto a nefas), termine del linguaggio giuridico-sacrale romano, indica ciò che è lecito in base alle norme religiose. – adversus: aggettivo in funzione predicativa (sedens adversus), concordato con il pronome relativo soggetto qui, da tradursi con una locuzione avverbiale («di fronte»). – spectat: frequentativo, rafforza il concetto già espresso da identidem (la continuità e la concentra-

zione dello sguardo); si può rendere pertanto anche con «contempla», «osserva». – dulce: accusativo neutro dell’aggettivo dulcis, dulce, in funzione di avverbio. – ridentem: participio presente da ridĕo, eˉ re («ridere», «sorridere»), predicativo dell’oggetto di spectat et audit (te), ovvero participio congiunto equivalente a una proposizione subordinata temporale («mentre/ quando ridi»). [5-12] [mentre invece] a me infelice questo toglie completamente i sensi; infatti non appena, o Lesbia, ti vedo, subito non mi resta nemmeno un po’ di voce, ma la lingua s’intorpidisce, per le membra si diffonde una fiamma sottile, le orecchie tintinnano d’un suono interno, si coprono gli occhi di una doppia notte. misero: da collegare a mihi (v. 6), in antitesi con par... deo (v. 1). Per il significato di miser nella poesia d’amore latina cfr. nota a 8, 1 [ T8]. – quod: la corretta interpretazione del pronome relativo © Casa Editrice G. Principato

neutro quod, soggetto di eripit, è la chiave per comprendere l’intera lirica. Si riferisce a tutta la scena precedente, cioè al fatto che un altro stia accanto a Lesbia e che lei gli sorrida, o soltanto all’immagine di Lesbia dulce ridentem? Nel primo caso a provocare il turbamento di Catullo sarebbe la gelosia; nel secondo la pura e semplice visione dell’oggetto amato, che gli toglie (ma eripio, ĕre, composto di rapio, è più forte: eripit... mihi, quindi, vale piuttosto «mi rapisce», «mi strappa») completamente il dominio delle proprie facoltà. – omnis: accusativo plurale arcaico per omnes (sensus). – aspexi: perfetto indicativo da aspicio, ĕre, designa un’azione anteriore, sul piano logico, a quelle espresse dalla successiva serie dei verbi al presente (vv. 7-9); può essere peraltro inteso come perfetto iterativo, in ogni caso da tradurre con il tempo presente. – est super = superest, «resta», «rimane»; soggetto nihil. – mi: cfr. nota al v. 1. – <postmodo vocis>: l’adonio (v. c

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

10. La poesia neoterica e Catullo

lingua sed torpet, tenuis sub artus 10 flamma demanat, sonitu suopte tintinant aures, gemina teguntur lumina nocte.

8) è caduto, cioè manca nei codici manoscritti a noi pervenuti. A Della Corte si deve l’integrazione qui riportata: postmodo è avverbio («in seguito», «subito dopo»); vocis è genitivo partitivo retto da nihil del v. 7 (letteralmente «nulla di voce»). Molte altre integrazioni sono state proposte, sempre nella direzione indicata dal modello saffico (il venir meno della voce). – lingua sed: anastrofe (sed lingua). – sub artus: lett. «sotto le membra»; per rendere più chiara l’immagine c’è chi preferisce tradurre «sotto la pelle». – demanat: propriamente «scorre giù» (de + mano, ĕre); soggetto tenuis... flamma (vv. 9-10), originale variazione sul motivo ultraconvenzionale della fiamma d’amore; questa fiamma è «sottile», a significare il suo insidioso serpeggiare insinuandosi nelle più intime fibre. – sonitu suopte: ablativo di causa, «per un suono (solo) loro», (l’aggettivo possessivo suo, rafforzato dall’enclitica -pte, è riferito ad aures) cioè soltanto interno. Si noti l’allitterazione in s; l’insistenza sulle sibilanti tende ad evocare il ronzio interno percepito mediante il senso dell’udito, attraverso un procedimento fonosimbolico che continua nel verso successivo. – tintinant: voce onomatopeica che compare solo qui (hapax legómenon); altrove

attestate le forme tinniunt (da tinnıˉre) e tintinnant. – gemina... nocte: costruisci lumina teguntur gemina nocte; l’ablativo singolare femminile gemina, concordato per ipallage con nocte, logicamente si riferisce a lumina: «entrambi gli occhi si coprono di notte». L’aggettivo geminus, inconsueto nel contesto, rimanda al gusto neoterico per le espressioni ricercate e preziose. [13-16] L’ozio, o Catullo, ti nuoce; a causa dell’ozio ti esalti e ti ecciti troppo; l’ozio ha mandato in rovina re e città [un tempo] felici. Otium: c’è chi traduce senz’altro «amore», spesso equivalente di otium nel linguaggio erotico, ad esempio in Ovidio. Persuasiva l’interpretazione secondo la quale il termine riflette il concetto greco di tryphé («vita dissoluta», «lussuosa»), tipico della storiografia ellenistica, che vi rintracciava la causa della decadenza dei regni orientali (cfr. vv. 15-16). – Catulle: la ricorrente apostrofe a se stesso. – exsultas: da exsulto (ex + saltare), intensivo di exsilio, ˉıre, propriamente «saltare con vivacità», «balzare» e dunque anche «esaltarsi», «sfrenarsi». – gestis: da gestio, ˉıre, propriamente «gesticolare»; in senso pregnante, denota (analogamente ad exsultas) atteggiamenti quali manifestazione sfrenata dei propri sentimenti, agi-

tazione eccessiva, bramosia impaziente e smodata. Entrambi i verbi del v. 14, si noti, designano originariamente una condizione psicologica che si esprime attraverso incontrollati moti del corpo. – et reges... urbes: iperbato e anastrofe (prius et); costruisci (otium) perdidit reges et urbes prius beatas. Riferimento implicito, consueto e quasi proverbiale, alla caduta di Troia, notoriamente originata dagli amori adulterini di Paride ed Elena.

Saffo legge una delle sue poesie a tre studentesse, vaso di Vari, V sec. a.C. Atene, Museo Archeologico Nazionale.

PERCORSO ANTOLOGICO

Otium, Catulle, tibi molestum est; otio exsultas nimiumque gestis; 15 otium et reges prius et beatas perdidit urbes.

LETTURA e INTERPRETAZIONE Nelle prime tre strofe espressive variazioni ritmiche

Le due strofe centrali, a partire dal secondo emistichio del v. 5, sono interamente occupate dall’enumerazione-descrizione dei sintomi dello sconvolgimento amoroso. Da rilevare l’affannosa accelerazione del 278

ritmo, insieme all’ininterrotto susseguirsi degli enjambement ad ogni verso, anche molto forti, in contrasto con la pacata compostezza dei vv. 1-2, ciascuno in sé concluso. Evidente l’intenzione espressiva del poeta, che mira a sottolineare, anche a livello metrico-sintattico e ritmico, l’antitesi tra l’irrefrenabile climax ascen-

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PERCORSO ANTOLOGICO

dente dei rovinosi effetti fisiologici della propria passione (descritti come le fasi successive di un accesso morboso, con la puntigliosa elencazione degli organi e dei sensi via via coinvolti) e il sovrano autocontrollo del misterioso “altro”, che proprio per questo gli sembra «pari a un dio».

L’ultima strofa: Otium, Catulle, tibi molestum...

otium, con poliptòto; Ille... ille) e la climax ascendente (Otium... molestum est / otio exsultas nimiumque gestis; par... deo / superare divos) fra il primo e il secondo verso delle due strofe.

Unità della lirica: continuità logica e tematica

Nell’ultima strofa, indipendente dal testo greco a noi noto, con un fortissimo scarto di tono che ha fatto dubitare della sua appartenenza al carme, Catullo rivolge a se stesso un ammonimento meditativo e sentenzioso contro i rischi di una vita dedita all’otium: non certo l’otium inteso secondo l’antica tradizione romana, come tempo libero riservato ad attività ricreative e culturali, complementare e anzi utile ai negotia politici e civili, ma in quanto vita inattiva, dissipata nei piaceri e negli amori.

A causare il turbamento di Catullo, in realtà, non sono esclusivamente le forze dell’eros, né la gelosia (che può costituire tutt’al più una componente secondaria del suo stato d’animo), ma, in profondità, l’avvertimento del contrasto fra la «divina indifferenza» dell’altro (forse nemmeno un rivale, ma un personaggio immaginato, una proiezione di se stesso) e la propria miseria (v. 5), cioè la preoccupante incapacità di dominare la violenza della passione e i suoi effetti devastanti. E il poeta scopre che la radice di quella sua smaniosa debolezza sta nell’otium (v. 13-15), causa di rovina non solo per l’individuo ma anche per la società (vv. 15-16).

Unità della lirica: analogie strutturali

Una lucida analisi introspettiva

Alla maggior parte degli interpreti l’unità della lirica, avvalorata anche da simmetriche rispondenze fra le due strofe che rispettivamente aprono e chiudono il carme, appare ormai assodata. L’ultima strofa presenta infatti ricercate analogie strutturali con la prima: notevoli in particolare l’anafora (Otium... otio...

Analizzare il testo 1.

Sono presenti nel testo figure di iterazione (anafore, poliptòti ecc.)? In quali strofe e con quali intenzioni espressive? 2. Nel descrivere i sintomi dello sconvolgimento amoroso (vv. 5-12), Catullo passa in rassegna i diversi organi della percezione sensoriale. In quale ordine? Come si può interpretarlo? Si tratta di una costruzione ad anello?

Interpretare il testo

3. Illustra come le scelte lessicali e retoriche compiute ai vv. 9-12 esprimano efficacemente

È dunque l’analisi del proprio comportamento e delle proprie reazioni, con lo sgomento di chi scopre di essere in balia di impulsi irrazionali e incontrollabili, il vero tema centrale dell’ode catulliana, che si rivela così assai vicina ai carmi più lucidamente introspettivi, quali 85 [ T20] e 72 [ T19].

la condizione psicofisica che Catullo intende rappresentare.

Confrontare i testi

4. Al v. 13 il poeta si rivolge direttamente a se stesso con il vocativo del proprio nome (Catulle). Ricerca nei carmi a te noti del Liber i numerosi luoghi ove ricorre la medesima apostrofe, illustrandoli volta per volta con un breve commento. 5. L’avverbio identidem al v. 3 si trova anche al v. 19 del carme 11: quale significato può assumere questa coincidenza testuale, nei due ben diversi contesti?

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

10. La poesia neoterica e Catullo

Dialogo con i MODELLI L’ode sublime di Saffo

PERCORSO ANTOLOGICO

Dell’ode di Saffo (fr. 31 LobelPage) tradotta da Catullo è stato tramandato un ampio frammento nell’anonimo Del sublime (X, 2), un trattato di stilistica e critica letteraria greco del I secolo d.C. Decifrare con esattezza la situazione iniziale della lirica di Saffo è lievemente problematico. Saffo con ogni probabilità si rivolge a una fanciulla del tìaso1 da lei appassionatamente amata, forse vicina alle nozze, sebbene nulla autorizzi a identificare lo sposo o l’innamorato nell’uomo che le sta accanto. Catullo traduce propriamente soltanto il primo verso; poi

l’imitazione prende la strada dell’aemulatio, dando luogo a una rielaborazione originale. Saffo esprime l’ardore del sentimento e l’ineluttabilità della forza di Eros enumerandone con nuda essenzialità gli effetti fisiologici, mentre Catullo tende piuttosto ad analizzare i fenomeni psicologici della passione amorosa. Infatti omette la quarta strofa dell’ode saffica, che contiene i particolari più realistici, forse eccessivamente crudi per il suo gusto alessandrino. Un gusto che risalta evidente nella stilizzazione retorica raffinatissima della terza strofa, dedicata ai

sintomi della patologia amorosa. Il poeta latino, inoltre, amplia la riflessione (se è vero che la quarta strofa appartiene al carme 51) a considerazioni di carattere etico e sociale; del resto anche l’inciso (si fas est) del secondo verso, totalmente assente in Saffo, riflette uno scrupolo religioso caratteristicamente romano.

1. Istituzione di carattere religioso-educativo, destinata alla preparazione di giovani donne alla vita matrimoniale.

Uguale agli dèi a me pare l’uomo che siede innanzi a te, e ascolta intento te che parli dolcemente, e ridi amorosa 5

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impaura, nel mio petto, il cuore appena ti vedo, la lingua d’un colpo si fa muta, si spezza un fuoco sottile scorre sotto la mia pelle, è buio negli occhi, romba il sangue negli orecchi, sudo freddo, un tremito tutta m’afferra, sono più verde dell’erba, né lontana pare morte. Ma tutto si può sopportare, poiché...

Testa della poetessa Saffo, copia romana di un originale greco. Istanbul, Museo Archeologico.

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17. Il verso «è irrimediabilmente corrotto, e le sue tracce servono solo ad accertare che la poesia continuava» (Del Corno).

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PERCORSO ANTOLOGICO

T 16 Due ignobili arrivisti carme 52 LATINO

Nota metrica: trimetri giambici archilochei.

Catullo è assalito da un improvviso desiderio di morire vedendo salire alle più alte cariche dello Stato personaggi indegni, partigiani di Cesare e di Pompeo che debbono le loro fortune politiche soltanto al favore dei loro potenti protettori. Il disgusto e la riprovazione morale si allargano pessimisticamente a coinvolgere tutto un mondo: l’aspetto ripugnante di Nonio, la tracotanza di Vatinio divengono emblemi della corrotta, degradata vita politica di Roma. La composizione del carme va collocata probabilmente intorno al 55-54 a.C., ultimissimi anni della vita di Catullo, nel periodo cioè immediatamente successivo agli accordi di Lucca fra Cesare e Pompeo (56 a.C.), quando, col rinnovarsi dei patteggiamenti fra i triumviri, che si spartiscono il potere al di fuori e contro gli ordinamenti legali, entra ormai nella fase terminale la crisi dell’assetto costituzionale repubblicano.

Quid est, Catulle? Quid moraris emori? Sella in curuli struma Nonius sedet, per consulatum peierat Vatinius: quid est, Catulle? Quid moraris emori?

[1-4] Che fai, Catullo? Perché indugi a morire? Siede Nonio scrofola nella sedia curule, Vatinio spergiura per il suo consolato. Che fai, Catullo? Perché indugi a morire? (trad. di E.V. D’Arbela) Quid... Catulle?: lett. «Che c’è, Catullo?». La vivace movenza colloquiale si può meglio rendere con «E allora, Catullo?», oppure mediante la soluzione, altrettanto valida, adottata dal traduttore. Il pronome interrogativo Quid, in caso nominativo, è soggetto di est; con il vocativo Catulle il poeta rivolge la consueta apostrofe a se stesso. – Quid... emori?: non necessariamente perché Catullo, forse già gravemente ammalato, senta vicina la morte; è sufficiente interpretare la domanda come un’estrema reazione di disgusto. Il secondo quid interrogativo del v. 1 è accusativo avverbiale; moraris, presente indicativo (da moror, aˉri, deponente), regge l’infinito presente emoˉri, (da emorior, deponente della III coniugazione); intensivo e perfettivo di mori, denota l’annientamento totale e definitivo di un individuo: «cancellarsi», «sparire [dal mondo]». – Sella in: anastrofe (= in sella). La sedia o sella curule era un sedile senza spalliera con braccioli e quattro piedi incrociati, ornato

di borchie preziose; era riservato ai più alti magistrati, che vi sedevano nell’esercizio delle proprie funzioni. Nella Roma repubblicana costituiva uno dei più prestigiosi simboli del potere. – struma: «scrofola», un’affezione delle ghiandole linfatiche che provoca bubboni e fistole purulente. Un ributtante difetto fisico, forse addirittura un soprannome («lo scrofoloso»), oppure una metafora (come dire «quella peste di Nonio»). Notevole la scelta del sostantivo, in luogo dell’aggettivo (strumosus) come

ci si aspetterebbe: Nonio è «la scrofola» personificata. – per consulatum: lett. «sul», oppure «in nome del [proprio] consolato». Nel primo caso Vatinio giura «sul» proprio consolato, come si giura su cosa certissima, tanto è sicuro di ottenerlo; nel secondo caso, quasi fosse già insignito della carica, presta giuramento «in nome del» consolato; in ogni caso Catullo intende dire che i giuramenti di Vatinio non possono essere altro che spergiuri. – peierat = perierat, forma sincopata (da perierare, per + iurare).

Denario in argento con la raffigurazione della sella curule, I secolo a.C. © Casa Editrice G. Principato

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

10. La poesia neoterica e Catullo

LETTURA e INTERPRETAZIONE Struttura e stile del componimento

Il Nonius nominato da Catullo al v. 2 e bollato con il ripugnante epiteto di struma, potrebbe essere Lucio Nonio Asprenate, in seguito legato di Cesare in Africa e in Spagna, che forse aveva raggiunto il grado di

pretore (alto magistrato cui spettava la sella curulis); oppure il pompeiano M. Nonio Sufenate, tribuno della plebe nel 56 a.C., che in ricompensa dei servigi prodigati ai triumviri potrebbe aver conseguito l’edilità curule nel 54. Più sicura l’identificazione di Vatinius (v. 3): si tratta di Publio Vatinio, creatura di Cesare e partigiano di Clodio, tribuno nel 59, pretore nel 55 dopo un’elezione scandalosa nella quale fu preferito a Catone. Nel carme di Catullo leggiamo che in questo momento ostenta, con sfrontata sicumera, di avere già in tasca il consolato; di fatto sarà soltanto consul suffectus nel 47 (dunque dopo la morte di Catullo) e per pochi giorni. Catullo lo attacca in altri due carmi, dove si parla di odio Vatiniano (14, 3) e di Vatiniana... crimina (53, 2-3), in entrambi i casi con riferimento all’amico e poeta novus Licinio Calvo, celebre avvocato notoriamente anticesariano, che sostenne l’accusa in ben tre processi (uno dei quali nel 55) a carico di Vatinio. Contro quest’ultimo resta anche una violenta invettiva di Cicerone (In Vatinium testem, del 56), che lo dipinge come un essere spregevole, fra l’altro dandogli apertamente dello spergiuro.

Analizzare il testo

Confrontare i testi

PERCORSO ANTOLOGICO

La struttura del testo è bilanciata con perfetta misura: si apre e si chiude con due versi identici, che mediante il consueto modulo catulliano del soliloquio esprimono con una sorta di cupo sbigottimento l’indignatio del poeta; al centro, inserite con sapiente disposizione chiastica (Nonius sedet... peierat Vatinius) le due spregevoli figure che ne sono la causa, rese indimenticabili da icastici tocchi descrittivi (il contrasto fra la venerabile immagine della sella curulis e le fattezze di chi la occupa). Il labor limae profuso nella brevissima lirica è testimoniato anche da altri accorgimenti retorico-stilistici: la paronomasia (moraris emori), la figura etimologica (Sella... sedet), posta in risalto dall’anastrofe (Sella in), l’insistente allitterazione in sal v. 2, che culmina al centro del verso con il termine più denso e forte (struma).

Nonio e Vatinio: chi erano costoro?

1.

Quale situazione storico-politica fa da sfondo all’invettiva catulliana? 2. Individua puntualmente le figure retoriche e gli artifici stilistici concentrati dal poeta nel serrato giro dei quattro versi, esempio di feroce invettiva politica ma anche di raffinatissimo labor limae.

282

3. Il carme contro Nonio e Vatinio rappresenta con ogni evidenza un indiretto attacco a Cesare; leggi, oltre al carme 93 [ T22], la feroce invettiva scagliata da Catullo nel carme 29 [ T12 ONLINE] contro Mamurra, illustrando l’atteggiamento del poeta nei confronti dei potenti personaggi che dominano la scena politica a lui contemporanea.

T 17

Invettiva infamante contro Lesbia

T 18

La Chioma di Berenice

carme 58

carme 66

© Casa Editrice G. Principato

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PERCORSO ANTOLOGICO

T 19 Amare e bene velle carme 72 LATINO

Nota metrica: distici elegiaci.

Una delle più memorabili antinomie catulliane è quella che si instaura nella chiusa epigrammatica di questa lirica fra amare e bene velle, sottolineata dalla secca contrapposizione magis... minus e dallo stesso andamento metrico-ritmico del pentametro, vistosamente bipartito dalla cesura. Ma tutto il discorso poetico si snoda attraverso forti antitesi, in primo luogo quella fra il passato (quondam... tum, vv. 1-3) e il presente (Nunc, v. 5), come accade nel carme 8 [ T8]. Catullo, credendo alle vane promesse di Lesbia (Dicebas..., v. 1), aveva voluto stabilire con lei un nuovo legame amoroso, concepito come un vero e proprio foedus o patto sacro e inviolabile, fondato sulla fides e affidato alla protezione degli dèi (cfr. 109 [ T24]): un amore nel quale potessero trovare una conciliazione da una parte la passionalità erotica (amare), caratteristica delle libere relazioni extraconiugali, dall’altra un sentimento più profondo, serio, duraturo, di tenero affetto e di stima (bene velle), quale si prova per i propri familiari e per gli amici più cari. Ma la delusione cocente (Nunc te cognovi..., v. 5), ovviamente causata dai tradimenti della puella, ha provocato nuovamente la scissione tra le due componenti del suo amore. Così Catullo, analizzando lucidamente le proprie reazioni interiori, avverte una lacerante, “impossibile” contraddizione (cfr. 85 [ T20]): il desiderio sensuale, lungi dall’affievolirsi, divampa più sfrenatamente, ma è venuto meno l’affetto, e al suo posto subentra il disprezzo (vv. 5-6). Il discorso poetico si snoda lento e pacato, pervaso di contenuta quanto intensa amarezza, attraverso distici in sé conclusi; solo un poco più mosso nell’ultimo, con l’improvviso scatto della domanda, che si può immaginare posta da Catullo a se stesso, ovvero da un ipotetico interlocutore, o ancora da Lesbia stessa (v. 7). D’altra parte il carme è vistosamente scandito in due sequenze di identica ampiezza; il brusco passaggio dalla prima alla seconda è segnato da Nunc (v. 5), contrapposto a quondam (v. 1) e a tum (v. 3) secondo un modulo familiare ai lettori di Catullo.

Dicebas quondam solum te nosse Catullum, Lesbia, nec prae me velle tenere Iovem. Dilexi tum te non tantum ut vulgus amicam, sed pater ut gnatos diligit et generos.

[1-2] Dicevi un tempo di amare soltanto Catullo, o Lesbia, e di non volere in vece mia stringere fra le braccia neppure Giove. nosse: forma contratta per novisse, «conoscere», eufemismo del linguaggio erotico per «conoscere carnalmente». Allo stesso modo tenere (v. 2) vale «possedere», «stringere fra le braccia». Dicebas regge le due infinitive oggettive (nosse e velle, soggetto te). – Iovem: accusativo di Iuppiter, l’amante, il seduttore per eccellenza del mito e della letteratura;

l’espressione implica pertanto un’iperbolica promessa di fedeltà a oltranza da parte di Lesbia. Si osservi la collocazione parallela in fin di verso dei nomi propri (Catullum/ Iovem). [3-4] Allora ti amai, non come il volgo [ama] l’amante, ma come il padre ama i figli e i generi. Dilexi: diligo può indicare tanto l’amore sensuale quanto l’amorosa predilezione nei confronti dei familiari e degli amici (infatti diligit al v. 4, detto dell’amore di un padre). Si noti nei primi due distici © Casa Editrice G. Principato

l’allitterazione dei verbi in posizione incipitaria (Dicebas/ Dilexi). – vulgus: gli uomini comuni, la gente qualsiasi. – amicam: altro eufemismo erotico, comunissimo anche nelle lingue neolatine, non di rado con una sfumatura spregiativa. – pater ut: anastrofe (ut pater). – gnatos: forma arcaica e familiare per natos. In antitesi, evidenziata dalla collocazione parallela nel distico i soggetti (vulgus/ pater) e i complementi oggetto (amicam/ gnatos...et generos).

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

10. La poesia neoterica e Catullo

Nunc te cognovi; quare etsi impensius uror, multo mi tamen es vilior et levior. Qui potis est? inquis. Quod amantem iniuria talis cogit amare magis, sed bene velle minus.

PERCORSO ANTOLOGICO

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[5-6] Ora ti ho conosciuta; e per questo, anche se brucio più forte, tuttavia sei per me molto più vile e leggera. quare: nesso relativo = et ea re. – etsi... uror: subordinate concessiva in dipendenza da es... levior. La scelta del verbo uror (forma passiva con valore mediale da uro, ĕre), rafforzato da impensius, sottolinea il divampare più forte del desiderio. – impensius: comparativo dell’avverbio impense («più forte», «più vivamente»). – multo mi... levior: costruisci tamen mi (= mihi) es multo vilior et levior, «tuttavia mi sei di molto minor pregio e peso», «sei per me molto meno preziosa e importante»; multo è ablativo di misura. Ai comparativi del distico (impensius, vilior, levior) è sottinteso un termine di paragone comune: «di prima», «di allora». [7-8] Com’è possibile? dici. Perché una tale offesa costringe ad amare di più, ma a voler bene di meno. Nel distico conclusivo, articolato come un brevissimo dialogo in due battute (domanda e risposta), giunge al culmine, secondo la tecnica della chiusa epigrammatica, la serrata sequenza di antinomie che percorre tutto il componimento. Qui potis est?: interrogativa diretta introdotta da quıˉ (= quomodo), forma ar-

Analizzare il testo 1.

caica dell’ablativo di qui (quae, quod). – potis: aggettivo (potis, pote), per lo più attestato nelle locuzioni con il verbo sum. – Quod... cogit: proposizione causale (la risposta) con la congiunzione quod e l’indicativo cogit (da cogo, ĕre), che regge i due infiniti (amare; velle, v. 8). – iniuria: soggetto di cogit; termine del linguaggio giuridico, indicante una violazione del diritto (in + ius).

Affresco raffigurante una donna con volumen, I secolo d.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

Qual è la figura retorica dominante nel testo? Individua tutti i luoghi in cui ricorre, analizzando e commentando caso per caso le espressioni e i termini impiegati dal poeta. 2. Rintraccia gli omoteleuti e le allitterazioni, spiegandone la funzione espressiva. 3. Due forme verbali, nosse (v. 1) e cognovi (v. 5) derivano dalla stessa radice (nosco, ĕre). Dopo averle analizzate a livello grammaticale e sintattico, spiegane i diversi significati nel contesto del carme.

284

Confrontare i testi

4. Sviluppa un confronto fra questo componimento e altri due carmi catulliani, 87 [ T21 ONLINE] e 109 [ T24]), pure incentrati, con sfumature diverse, sul motivo del foedus amoroso. Si richiamano l’un l’altro mediante il ricorso di parole-chiave, situazioni ed immagini? Si possono, almeno in determinati casi, disporre in un’ideale successione cronologica?

© Casa Editrice G. Principato

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PERCORSO ANTOLOGICO

T 20 Odi et amo carme 85 LATINO

Nota metrica: distico elegiaco.

Forse il carme più famoso del Liber, che concentra in una sintesi di folgorante brevità e potenza espressiva il dissidio interiore di Catullo, lacerato fra i due sentimenti opposti e inconciliabili, ma paradossalmente compresenti, dell’odio e dell’amore. Non si tratta di uno sfogo, di un grido incontrollato: il poeta si rivolge a un immaginario interlocutore ricalcando il serrato andamento dimostrativo di un dialogo filosofico (affermazione – interrogazione – risposta dubitativa – nuova e conclusiva affermazione). Né sostantivi, né aggettivi: lucido e rigoroso nello scavo autoanalitico, evitando qualsiasi riferimento alle circostanze esteriori, Catullo sceglie qui di impiegare soltanto verbi (le azioni, i modi dell’essere). Tuttavia, il risultato dell’indagine non è una (impossibile) spiegazione, né l’approdo a un filosofico dominio delle passioni, ma la nuda constatazione di un’acuta sofferenza che lo attraversa e lo invade totalmente, preda di forze misteriosamente incontrollabili. In questo senso è significativo il passaggio dalle forme verbali attive (Odi et amo; faciam, v. 1) a quelle passive (fieri; excrucior, v. 2).

Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

[1-2] Odio e amo. Chiederai forse come ciò sia possibile. Non lo so, ma sento che accade [proprio così], e mi tormento. Odi: da odi, odisse, verbo difettivo; la forma del perfetto è utilizzata con valore di presente. – Quare id faciam: interrogativa indiretta dipendente da requıˉris; lett. «perché io faccia questo». Nella traduzione proposta (in particolare la soluzione adottata per questa frase, «come ciò sia possibile», si deve a Quasimodo) va perduta quella che è forse la svolta determinante del discorso, il passaggio attivo/ passivo (faciam/ fieri), a favore di una

Analizzare il testo 1.

più agevole comprensione del concetto nella lingua italiana. Del resto, la densità e la complessità del testo, apparentemente così chiaro e lineare, sono tali che qualsiasi scelta di traduzione comporta in pratica una perdita di significato o un parziale travisamento. – requiris: presente indicativo da requıˉ ro, «tu chiedi». Varie le interpretazioni di questa seconda persona (un amico, la donna amata, un «tu» retorico e impersonale), ma sembra di ravvisarvi piuttosto uno sdoppiamento introspettivo dell’io (l’io che razionalmente analizza e indaga; l’io che sente e soffre), quale si riscontra in altri

Osserva la disposizione dei verbi nel componimento: vi si riconosce una calcolata simmetria strutturale? Secondo quale tipo di gradazione retorica, rispettivamente nell’esametro e nel pentametro? I verbi che esprimono la domanda e la risposta sono situati in una posizione particolare? In vista di quali effetti espressivi? 2. Distingui i verbi di forma attiva e passiva: il passaggio dall’una all’altra appare significativo? Motiva la tua risposta.

componimenti catulliani, ad esempio 8 [ T8]. – excrucior: il distico culmina e si chiude su questa parola dai suoni aspri e duri, prolungati e faticosi, che letteralmente significa «sono posto in croce», estensivamente «sono torturato», supplizi crudeli e infamanti di norma riservati agli schiavi; per questo alcuni commentatori vogliono vedervi un’allusione al servitium amoris. Peraltro il termine non sembra appartenere al linguaggio erotico della poesia neoterica, mentre ricorre più volte nei testi dei comici.

Interpretare il testo

3. Nescio, sed…; “Non lo so, ma…”: evidentemente Catullo non trova riposo in una spiegazione razionale, che approdi a una forma di conoscenza. Che cosa contrappone a tale tipo di spiegazione? 4. Si è detto (cfr. nota a requiris) che l’impiego della seconda persona in questo carme rappresenta verosimilmente uno sdoppiamento dell’io, come anche nel carme 8: illustra le diverse sfumature che la medesima strategia espressiva produce nei due testi.

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

10. La poesia neoterica e Catullo

Dialogo con i MODELLI

PERCORSO ANTOLOGICO

L’inquietante ambiguità dell’amore Il motivo dell’ambiguità insondabile dell’amore compare nei testi lirici greci fin dai tempi più remoti: già Saffo (VII-VI secolo a.C.) parla di «Eros che scioglie le membra [...] dolceamara invincibile fiera» (trad. di R. Cantarella). Più precisamente, il dissidio interiore provocato dalla passione amorosa trova espressione nei versi di Anacreonte (VI a.C.) [a] e del suo contemporaneo Teognide [b]; il motivo ritorna, più di quattrocento anni dopo, in un epigramma di Meleagro per Eliodora [c]. Nessuno, tuttavia, raggiunge la drammatica profondità di Catullo, che non si limita a constatare l’alternanza o la compresenza contraddittoria di odio e amore, ma esprime la consapevolezza di un sentimento bifronte, inquietante nella sua ineludibile, non superabile ambiguità.

T 21

Amo di nuovo, non amo e folle sono, non folle. [a]

(Anacreonte, fr. 46 Gentili; trad. di B. Gentili) [b] Il

mio cuore è in pena per amor tuo: non posso né odiarti né amarti e capisco com’è difficile odiare quando c’è un vincolo d’affetto, ma com’è difficile amare chi rifiuta. (Teognide, Elegie 1091-1094; trad. di F. Ferrari)

[c]

La mia anima mi dice di fuggire l’amore di Eliodora, perché sa la gelosia, le lacrime d’un tempo. Dice, ma io non ho la forza di fuggire. Essa m’avverte. Vero! Ma poi senza pudore nello stesso tempo l’ama. (Meleagro, Antologia Palatina V, 24; trad. di S. Quasimodo)

«Nessuna donna può dire...»

carme 87

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Affresco raffigurante un paesaggio marino con navi, I secolo d.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

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PERCORSO ANTOLOGICO

T 22 A Cesare carme 93 LATINO

Nota metrica: distico elegiaco.

Si è congetturato che il carme costituisca una sorta di sprezzante risposta a un tentativo di riconciliazione da parte di Cesare, reiteratamente colpito insieme ai suoi seguaci, soprattutto il favorito Mamurra, dagli aggressivi e infamanti epigrammi di Catullo. Sappiamo da Svetonio che Cesare non si diede la pena di reagire e che continuò tranquillamente ad intrattenere i rapporti di amicizia e di antica ospitalità che lo legavano alla famiglia paterna del poeta. Ebbe luogo poi un riavvicinamento, sempre secondo la testimonianza di Svetonio, tanto è vero che Catullo nel carme 11 [ T10] sembra voler fare ammenda, ricordando con ammirata solennità (purché l’accenno non sia ancora una volta ironico) le imprese del grande Cesare in Britannia (Caesaris... monimenta magni, v. 10). Ad ogni modo, in questo tagliente distico Catullo esprime un assoluto distacco, che non riguarda soltanto la persona di Giulio Cesare, ma che coinvolge indirettamente tutto il mondo dei negotia, della politica, delle lotte per il potere, guardato con insofferenza e disgusto da uno spirito ribelle alle convenzioni e immune dall’opportunismo, che ha saputo tracciare per sé e per i propri simili e fraterni amici lo spazio nuovo di un’individualistica indipendenza.

Nil nimium studeo, Caesar, tibi velle placere, nec scire utrum sis albus an ater homo.

[1-2] Non troppo m’importa, o Cesare, di voler piacerti, né di sapere se sei bianco o nero. Anche qui un solo, lapidario distico: lo sdegnoso rifiuto di Catullo viene efficacemente sottolineato dall’esclusivo ricorso ad espressioni in forma negativa, situate, in posizione di forte rilievo, all’inizio di entrambi i versi (Nil nimium; nec scire). Nil nimium: letteralmente «non troppo»; in realtà, con litote di valore ironico,

Analizzare il testo 1.

«niente affatto». Nil = nihil, qui in funzione di congiunzione negativa (non). – studeo... velle: espressione ridondante. Non si può tuttavia affermare che velle sia pleonastico, in quanto definisce con precisione l’atteggiamento volitivo e indipendente di Catullo; s’intende che l’allusione, carica di disprezzo, va a colpire la moltitudine di coloro che facevano a gara per ingraziarsi Cesare. – utrum sis... an ater: interrogativa indiretta disgiuntiva, con le due proposizio-

Ricerca nel testo gli aggettivi. Sono riferiti alla persona di Cesare? 2. Sono presenti nel carme 93 espressioni in forma negativa? Qual è la loro funzione espressiva? 3. Analizza il distico sul piano sintattico: è formato da uno o più periodi? E di quali proposizioni si compone?

ni introdotte rispettivamente dalle particelle interrogative utrum... an. – albus an ater: locuzione proverbiale che esprime assoluta indifferenza ed estraneità, in linea di massima priva di implicazioni morali, usata anche da Cicerone in una delle orazioni Philippicae (II, 16, 41): Et quidem vide quam te amarit is qui albus aterne fuerit ignoras («E considera bene che grande affetto nutrisse per te un uomo di cui ignori perfino se era bianco o nero [= che non conoscevi affatto]»).

Interpretare il testo

4. Nella sua lapidaria brevità, il carme a Cesare esprime con precisione e con notevole ricchezza di implicazioni l’atteggiamento del poeta, non soltanto nei confronti del potente personaggio, ma di tutto un mondo. Cerca di delinearlo, anche alla luce di una tua più ampia conoscenza della poesia catulliana.

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

10. La poesia neoterica e Catullo

T 23 Sulla tomba del fratello carme 101 LATINO

PERCORSO ANTOLOGICO

LETTURA METRICA

Nota metrica: distici elegiaci.

Insistente ritorna nella poesia di Catullo il doloroso rimpianto per il fratello rapito da una morte prematura nella lontana Troade: «con te è sepolta tutta la nostra casa, con te perirono tutte le nostre gioie» (68a, 22-23; cfr. anche 65, 5-14). L’amorosa devozione per il fratello è un aspetto della pietas romana di Catullo, del suo senso religioso degli affetti e dei legami familiari che ora lo conduce, oltre le distese del mare, in una terra remota e straniera, a rendere finalmente l’estremo omaggio alle ceneri del congiunto, seguendo scrupolosamente il rito ancestrale (prisco... more parentum, v. 7). In questa lirica, che è stata definita una breve elegia funebre, Catullo si rivolge al fratello perduto con parole cariche di pathos che esprimono lo strazio del distacco (vv. 5-6; 9) e il senso desolato di un vuoto, di un’irrimediabile assenza (et mutam nequiquam alloquerer cinerem, v. 4). Ma a queste si intrecciano altre, antiche parole, che rimandano al linguaggio della tradizione sacrale (inferiae, v. 2 e v. 8; munus, v. 3 e v. 8); il carme si chiude con il saluto rituale (ave atque vale) che per tre volte risuonava alla fine dei funerali romani, quando, composte le ceneri nel sepolcro, i parenti davano al defunto l’estremo addio.

Multas per gentes et multa per aequora vectus advenio has miseras, frater, ad inferias, ut te postremo donarem munere mortis et mutam nequiquam alloquerer cinerem,

[1-2] Trasportato attraverso molte genti e molti mari sono giunto, o fratello, a [recarti] queste tristi offerte funebri. Multas per... vectus: le due espressioni parallele, accusativi di moto attraverso luogo con anastrofe della preposizione per e il poliptoto multas/ multa, insieme alla forma passiva vectus (participio perfetto da veho, letteralmente «trasportato» ma anche «trascinato», «sbattuto»), sottolineano la durata e i disagi della lunghissima navigazione. Il participio si riferisce per zeugma ad entrambi i sostantivi (gentes... aequora). – advenio: presente indicativo con valore di perfetto («sono arrivato», «eccomi qua», espressione ricorrente nella commedia); nelle due finali coordinate che da esso dipen-

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dono troviamo infatti il congiuntivo imperfetto (donarem... alloquerer, vv. 3-4). – has... ad inferias: anastrofe e iperbato (= ad has miseras inferias [ferendas]). Propriamente inferiae sono le offerte (da infero, in + fero) ai Mani dei defunti; miser è epiteto ricorrente per ciò che attiene alla morte, e vale «triste», «dolente» qui in senso attivo (cioè tale da suscitare tristezza). Catullo si reca a visitare il sepolcro del fratello verosimilmente durante il viaggio di ritorno dalla Bitinia, non lontana dalla Troade; ma l’incipit dilata indefinitamente, in una prospettiva interiore e tutta soggettiva, il triste pellegrinaggio, riecheggiando, come ha notato G.B. Conte, l’inizio dell’Odissea: «Narrami, o Musa, dell’eroe multifor© Casa Editrice G. Principato

me, che tanto/ vagò, dopo che distrusse la sacra rocca di Troia:/ di molti uomini vide le città e conobbe i pensieri,/ molti dolori patì sul mare nell’animo suo» (trad. di G. Privitera). Il filo della memoria poetica passerà poi attraverso il VI dell’Eneide, nelle parole di Anchise ad Enea: «Quas ego te terras et quanta per aequora vectum/ accipio («Per quali terre, per quanto mar trascinato/ t’accolgo», vv. 692-93; (trad. di R. Calzecchi Onesti), giungendo, come si sa, al Foscolo del sonetto In morte del fratello Giovanni. [3-4] per tributarti l’estremo omaggio di morte [= dovuto alla morte] e parlare invano alla [tua] muta cenere. ut... donarem: subordinata finale; il verbo dono è costruito con l’accusativo c


PERCORSO ANTOLOGICO

quandoquidem fortuna mihi tete abstulit ipsum, heu miser indigne frater adempte mihi. Nunc tamen interea haec prisco quae more parentum tradita sunt tristi munere ad inferias, accipe fraterno multum manantia fletu, 10 atque in perpetuum, frater, ave atque vale. 5

della persona (te) e l’ablativo della cosa (postremo... munere). – postremo: l’aggettivo significa «ultimo», «estremo», ma anche «tardivo»; al fratello, morto da tempo lontano dalla patria, non erano stati ancora resi gli onori funebri secondo il rituale romano. – mutam... cinerem: in latino cinis è prevalentemente di genere maschile; la scelta del femminile si richiama al gusto neoterico per le forme rare e ricercate. Si noti in questo distico l’insistita allitterazione in m. L’antitesi fra mutam e alloquerer è messa in rilievo dall’iperbato e dal lungo avverbio nequiquam al centro del verso: di fronte al vuoto e al silenzio irreparabile della morte, il colloquio si configura in realtà come un desolato monologo, ed esprime la profonda consapevolezza della vanità del rito, nello stesso tempo, peraltro, sentito come necessario e dovuto in nome della pietas, uno dei valori più alti e radicati nella tradizione romana. Forse soltanto la parola poetica può riallacciare i legami infranti dalla morte e ricostituire, a suo modo, il “colloquio impossibile”: si veda l’insistente ricorrere e intrecciarsi nel componimento catulliano dei pronomi personali “tu” ed “io” (te, mihi, tete...) e del vocativo frater. [5-6] dal momento che la sorte mi ha portato via te, proprio te, ahimè, infelice fratello, ingiustamente strappatomi. quandoquidem: congiunzione causale, è un termine arcaico e del linguaggio colloquiale. – tete: rafforzativo di te mediante raddoppiamento, a sua volta intensificato da ipsum e dall’accostamento a mihi, ripetuto quest’ultimo nella chiusa del v. 6, a sottolineare lo strazio del di-

stacco. – abstulit... adempte: sono due verbi (il primo da aufero, il secondo da adı̆mo, ĕre) di significato affine: «strappare», «portar via», entrambi costruiti con il dativo (mihi). – heu... indigne: all’esclamazione di doloroso lamento (heu) seguono l’aggettivo miser, questa volta a indicare l’infelice sorte di colui al quale è toccata una morte prematura, e l’avverbio indigne, che ricorre sovente nelle epigrafi funerarie appunto nei casi di morte in età giovanile o in circostanze tragiche; una sorta di vana rivolta contro quella che appare un’ingiustizia della sorte. In questi versi il pathos controllato e sommesso dei primi due distici lascia evidentemente il posto a uno sfogo doloroso di emotività più intensa e diretta. Analoghe, talora pressoché identiche, espressioni di dolore e di compianto per la sorte del fratello ricorrono altrove nel liber catulliano: nel carme 65 ereptum nostris... oculis («strappato dagli occhi nostri», v. 8) e nel carme 68 Ei misero frater adempte mihi, / ei misero fratri iocundum lumen ademptum («Ahimé fratello tolto a me infelice, ahi gioconda luce tolta a te infelice fratello», vv. 52-53; trad. di E. D’Arbela) [7-10] Ora intanto comunque accogli queste [offerte] grondanti di pianto fraterno, che io, secondo l’antico costume degli avi, ho portato quale triste dono per le [tue] esequie, e per sempre, fratello, addio! Nunc tamen interea: cumulo di avverbi prosastico e colloquiale, che nell’andamento spezzato e faticoso esprime lo sforzo di riprendere il controllo dopo l’effusione emozionale dei versi prece© Casa Editrice G. Principato

denti; tamen, che introduce un nesso avversativo, manifesta la volontà del poeta di celebrare «comunque» il rito, per quanto vano; interea («intanto», «frattanto») potrebbe alludere all’intenzione di ritornare un giorno con altre, più degne, offerte; d’altra parte è probabile che qui significhi «poiché le cose stanno così». – haec: neutro plurale, oggetto di accipe, sottintende munera. – tradita sunt: lett. «sono state portate (da me)», oppure «sono state tramandate»; nel primo caso ad inferias, con ad di valore finale («per le esequie», «per i riti funebri», cfr. v. 2) può essere inteso come moto a luogo («al tuo sepolcro»). – tristi munere: ablativo modale. – multum manantia: lett. «molto stillanti»; si notino nel v. 9 la doppia allitterazione (in f e in m) e l’iperbato (fraterno... fletu). – ave atque vale: è il congedo definitivo dal fratello, con la formula rituale dell’estremo saluto, attestata nelle epigrafi funerarie e ripresa da Virgilio nell’Eneide (XI, 9798), non a caso nell’episodio dei funerali del giovanissimo Pallante, anch’egli colto da immatura morte: salve aeternum mihi, maxume Palla,/ aeternumque vale («addio per sempre, grande Pallante, e per sempre addio»). Ma tutto il componimento catulliano, come si è visto, è pervaso di espressioni del linguaggio formulare e rituale; anche la triplice ripetizione del vocativo frater (v. 2, v. 6, v. 10) nella stessa posizione metrico-ritmica (dopo la dieresi del pentametro) suggerisce con discrezione il triplice vale che di norma chiudeva i riti funebri, accompagnato dal nome del defunto, anch’esso ripetuto per tre volte. c

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

10. La poesia neoterica e Catullo

Analizzare il testo 1.

PERCORSO ANTOLOGICO

Evidenzia le espressioni del linguaggio formulare e rituale, spiegandone l’esatto significato. 2. Provvedi a una schedatura completa degli aggettivi, illustrandone il significato e la funzione espressiva. Vi sono aggettivi che denotano una visione desolata e tragica della morte? L’aggettivo miser ricorre qui in due luoghi: quali? Ha in entrambi lo stesso valore? Quale significato assume nei carmi d’argomento erotico? 3. Rintraccia ora nel testo gli avverbi, illustrandone come per gli aggettivi il significato e la funzione espressiva.

Interpretare il testo

4. Secondo quanto si legge in questo carme, Catullo mostra di credere a una qualche forma di sopravvivenza dopo la morte? Motiva la tua risposta con precisi riferimenti testuali. 5. Il primo verso del celebre epigramma riecheggia l’incipit dell’Odissea; si riconosce qui un procedimento caro alla poesia alessandrina e neoterica?

Educazione CIVICA Impegno, disimpegno e ‘politicamente corretto’ Dichiarando assoluta indifferenza per le imprese e per la stessa esistenza di Cesare, Catullo è il primo poeta latino a dichiararsi fieramente ‘disimpegnato’, disinteressato alle questioni civili e politiche. D’altra parte l’insulto a Nonio del c. 52 [ T16], se interpretato come ridicolizzazione di un difetto fisico, così come le pesanti allusioni alle inclinazioni sessuali di altri personaggi della Roma del tempo, oggi sarebbero certamente considerati ‘politicamente scorretti’ [ Leggere un testo critico, L. Canali ONLINE ]. Certo, la scelta di un lessico non discriminante, rispettoso delle minoranze, il più possibile depurato di connotazioni denigratorie, che definiamo ‘politicamente corretto’, favorisce una comunicazione civile e non violenta, almeno sul piano formale. Tuttavia alcuni hanno osservato che il rischio di questo linguaggio “depurato”, se condotto alle estreme conseguenze (uno speech code con tanto di sanzioni, come negli USA), è di occultare ipocritamente atteggiamenti di pregiudizio o indifferenza che continuano a sussistere nella realtà: pensiamo all’hate speech che si sviluppa nei social network, come fenomeno parallelo e simmetrico di sistematica violazione di tutti i codici di comunicazione socialmente accettabile. Aspetto particolarmente problematico del ‘politicamente corretto’ è l’uso di

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formule eufemistiche per edulcorare fenomeni concreti assai sgradevoli: così, per esempio, le stragi di massa di una guerra possono diventare “effetti collaterali” e i licenziamenti di massa di una multinazionale “ristrutturazioni aziendali”. Una lingua di questo tipo, che tende alla neutralità, fino a che punto è compatibile con la ricerca di espressività del linguaggio poetico? Peraltro, soprattutto nella letteratura antica, c’era una correlazione molto sentita tra genere letterario e registro linguistico: il giambo (genere lirico dell’antica Grecia, caratterizzato da aggressività e attacchi personali), la commedia, la satira, adottarono spesso un linguaggio molto esplicito e per nulla rispettoso. Ma in fondo, in ambito letterario, il discorso è problematico anche a proposito dell’‘impegno’ dello scrittore: la letteratura, quando si fa paladina dell’impegno civile a tutti i costi, non rischia di tradire se stessa e la propria specificità in nome di convinzioni morali o di ideologiche, se non addirittura di un’utilità pratica immediata? E d’altra parte la letteratura non è comunque e sempre ‘coinvolta’, ‘implicata’ nella realtà che la circonda, anche se finge di non vederla, escludendola programmaticamente dal suo ambito? Con tutto il suo ostentato disimpegno e il suo linguaggio ‘politicamente scorretto’, Catullo non apre uno spiraglio su un mondo di relazioni e di scambi umani altrimenti ignoto?

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PERCORSO ANTOLOGICO

Dialogo con i MODELLI Il carme 101 di Catullo: sviluppi originali nella poesia italiana moderna e contemporanea È universalmente noto che Ugo Foscolo si ispirò al carme 101 del Liber catulliano nella composizione di uno dei suoi splendidi sonetti, In morte del fratello Giovanni

(1802). Forse meno conosciuta l’intensa lirica in verso libero Atque in perpetuum, frater (1978), che fin dal titolo rende apertamente omaggio a Catullo, del poeta

contemporaneo Giorgio Caproni (1912-1990), inclusa nella raccolta Il franco cacciatore (1982).

Ugo Foscolo, In morte del fratello Giovanni

Giorgio Caproni, Atque in perpetuum, frater

Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo di gente in gente, me vedrai seduto su la tua pietra, o fratel mio, gemendo il fior de’ tuoi gentili anni caduto.

Quanto inverno, quanta neve ho attraversato, Piero, per venirti a trovare. Cosa mi ha accolto?

La madre or sol suo dì tardo traendo, parla di me col tuo cenere muto: ma io deluse a voi le palme tendo; e se da lunge i miei tetti saluto, sento gli avversi Numi, e le secrete cure che al viver tuo furon tempesta, e prego anch’io nel tuo porto quiete. Questo di tanta speme oggi mi resta! Straniere genti, le ossa mie rendete allora al petto della madre mesta.

Il gelo della tua morte, e tutta tutta quella neve bianca di febbraio – il nero della tua fossa. Ho anch’io detto le mie preghiere di rito. Ma solo, Piero, per dirti addio e addio per sempre, io che in te avevo il solo e vero amico, fratello mio.

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

10. La poesia neoterica e Catullo

T 24 Il foedus amoroso carme 109 LATINO ITALIANO

LETTURA ESPRESSIVA IN LINGUA ITALIANA

PERCORSO ANTOLOGICO

Nota metrica: distici elegiaci.

Nei carmi per Lesbia l’amore è ora felicità da afferrare e godere nel presente, ora (e più sovente) ricordo nostalgico del passato; in questa lirica si configura invece come progetto e speranza per il futuro. Lesbia (forse all’indomani di una riconciliazione) promette a Catullo un amore «eterno e felice». Il poeta esita, sospeso fra l’ardente desiderio di poterle credere e il timore del disinganno. Allora, con uno scatto improvviso che ritroviamo in 76, 17, si volge agli dèi con una fervida preghiera, chiedendo che la donna tanto amata abbia promesso con animo veramente sincero, così che il sacro patto d’amore (sanctae foedus amicitiae) che egli auspica possa durare davvero tutta la vita. La breve lirica rappresenta l’ideale antefatto del carme 72 [ T19]: mentre qui, nonostante i dubbi e le incertezze, risuona una nota di accesa, entusiastica speranza, là è subentrata la più amara disillusione. Ma la disillusione (con la drammatica scissione fra amare e bene velle), a ben guardare è prevista e annunciata già in questa lirica, nella distanza incolmabile che si apre fra il primo e l’ultimo verso, fra l’amore che Lesbia promette, gioioso e sensuale (iucundus amor), e il legame appassionatamente serio e profondo (sancta amicitia) che Catullo vorrebbe stringere con lei.

Iucundum, mea vita, mihi proponis amorem hunc nostrum inter nos perpetuumque fore. Di magni, facite ut vere promittere possit, atque id sincere dicat et ex animo, 5 ut liceat nobis tota perducere vita aeternum hoc sanctae foedus amicitiae. Mi prometti, mia vita, che questo nostro amore sarà eterno e felice. O grandi dèi, fate che sia vero ciò che promette e che lo dica dal profondo del cuore; 5 potremo così mantenere per tutta la vita questo sacro giuramento d’amore senza fine. (trad. di S. Quasimodo)

1. proponis: del collegamento con il carme 72 [ T19] sono spia anche i tempi verbali, in questa lirica il presente, nell’altra il passato, con un contrasto vistoso e voluto soprattutto per quanto riguarda le affermazioni di Lesbia (dicat/ Dicebas). 2. nostrum inter nos: ripetizione pleo­ nastica del medesimo concetto; analogamente vere... atque sincere... et ex animo (vv. 3-4); tota vita... aeternum (vv. 5-6). L’intensità dell’emozione che Catullo prova nell’esprimere il suo voto si avverte nell’accumulo enfatico delle ripetizioni e dei pleonasmi, proprio del linguaggio colloquiale e ricorrente nei comici.

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NOMI e PAROLE degli ANTICHI SANCTUS

Sanctus, participio perfetto del verbo sancire, termine tecnico del linguaggio giuridico-sacrale romano (nelle locuzioni sancire ius, legem, foedus ecc.), significa originariamente «sancito», «fissato, stabilito in forma solenne», quindi «inviolabile», «sacro».

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AMICITIA

Occorre ricordare che in Roma il legame dell’amicitia, fondato sulla benevolentia e la reciproca stima, coinvolge totalmente la persona, indica comunanza di ideali e comporta precisi impegni morali e sociali, estendendosi alla sfera politica, dato che il termine include il significato di «alleanza» fra individui, famiglie e anche Stati; può dunque arrivare ad assumere anche un valore giuridico. c


PERCORSO ANTOLOGICO

Leggere un TESTO CRITICO La donna e l’amore in Roma Paolo Fedeli analizza la straordinaria novità della poesia d’amore catulliana rispetto alla tradizione letteraria in prospettiva storico-antropologica, mettendola in

relazione con i progressivi mutamenti della mentalità e del costume sociale romano.

Il poeta d’amore dà vita a un nuovo modello di comportamento nell’intento di realizzare un rapporto di coppia di tipo nuovo, che non è quello destinato a concretizzarsi nel matrimonio, né la fugace passione per donne di poco conto [...]. Il canto d’amore presuppone la creazione di un rapporto affettivo, reale o fittizio che esso sia, di natura etero o omosessuale: nella tradizione latina l’amore oggetto di canto è – con Catullo e gli elegiaci – prevalentemente quello eterosessuale [...]. Si capisce, allora, che è il ruolo stesso della donna nella società umana a far sì che essa non costituisca inizialmente un facile oggetto di canto: perché se la donna romana gode di più ampie libertà di quella greca e può partecipare alle varie manifestazioni della vita sociale, perdura comunque il cliché della madre e sposa esemplare, sottomessa al marito e a lui legata anche al di là della morte, ferocemente punita in caso di adulterio, raramente dotata di cultura. In campo letterario la tradizione romana conosceva gli amori della palliata; ma non a caso nella commedia si era sempre posti di fronte alla passione per le cortigiane, con un finale obbligato: il matrimonio era possibile solo se la cortigiana, grazie a un prodigioso riconoscimento, si ritrovava di nascita libera; non c’era alcuna alternativa, quindi, fra amori futili e passeggeri e serio legame matrimoniale. A quali limitazioni debba sottostare l’amore della palliata è detto, d’altronde, a chiare note nei vv. 37-38 del Curculio plautino: dum te abstineas nupta, vidua, virgine,/ iuventute et pueris liberis, ama quidlibet [«purché ti tenga lontano da donne maritate, vedove, vergini, giovani e fanciulli di nascita libera, ama chi ti pare e piace»]. Nella svolta che nel corso del I sec. a.C. si operò a partire da Catullo, agì indubbiamente una componente di natura letteraria (il maggiore influsso del Callimaco degli epigrammi erotici e di altri più recenti rappresentanti ellenistici dell’epigramma d’amore). Ma un fenomeno che diverrà d’ampia portata non può essere stato solo di natura letteraria. Il canto della donna e dell’amore deve aver trovato un terreno fertile in un progressivo mutamento della mentalità: la riflessione sullo stato, sul ruolo dell’individuo nella società, sul senso della vita avrà predisposto gli animi più sensibili a un atteggiamento, nei confronti della donna stessa, di maggior comprensione, in contrasto magari con la realtà giuridica. È vero, però, che la donna romana anonima non sarà stata troppo diversa dai mitici esempi di una Lucrezia o di una Cornelia: ne abbiamo la prova nelle iscrizioni funerarie, in cui della donna si elogiano le doti tradizionali di pietas pudicitia castitas, oltreché la sua perizia nel filare la lana. Ciò significa che, nonostante le eccezioni e le aperture, l’antico modello continuava tenacemente a resistere nella mentalità comune; ma quello di Catullo e degli elegiaci sarà il modello vincente, se giudichiamo il modo di concepire l’amore e i rapporti con la donna dai suoi esiti, sino ai giorni nostri. (P. Fedeli, La poesia d’amore, in Lo spazio letterario di Roma antica I, Salerno editore, Roma 1989, pp. 145-146)

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LABORATORIO

Nell’officina di Catullo Hesterno, Licini, die otiosi carme 50

PROPOSIZIONE COMPARATIVA. IL VERBO HA VALORE IMPERSONALE

ENALLAGE PER INDOMITO FURORE

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HYSTERON PROTERON NEOLOGISMO GRECISMO PER INDICARE UN COMPONIMENTO POETICO DI QUALUNQUE ESTENSIONE

15

20

Hesterno, Licini, die otiosi multum lusimus in meis tabellis, ut convenerat esse delicatos: scribens versiculos uterque nostrum ludebat numero modo hoc modo illoc, reddens mutua per iocum atque vinum. Atque illinc abii tuo lepore incensus, Licini, facetiisque, ut nec me miserum cibus iuvaret nec somnus tegeret quiete ocellos, sed toto indomitus furore lecto versarer, cupiens videre lucem, ut tecum loquerer simulque ut essem. At defessa labore membra postquam semimortua lectulo iacebant, hoc, iucunde, tibi poema feci, ex quo perspiceres meum dolorem. Nunc audax cave sis, precesque nostras, oramus, cave despuas, ocelle, ne poenas Nemesis reposcat a te. Est vemens dea: laedere hanc caveto.

ENDIADI

DIMINUTIVOVEZZEGGIATIVO DI OCULUS METONIMIA PER DIEM IPERBATO DIMINUTIVO DI LECTUS VERBO GENERICO DEL SERMO FAMILIARIS

POLIPTOTO

Ieri, o Licinio, sfaccendati, molto verseggiammo sulle mie tavolette per far prova di spirito, come si era convenuto. Scrivendo versi leggeri l’uno e l’altro, componevamo ora in questo ora in quel metro, a botta e risposta, nell’allegria del vino. E me ne andai di là tanto infiammato, o Licinio, dalla grazia e dall’arguzia tua che, misero me, non mi piacque nessun cibo, e non chiusi gli occhi in un placido sonno, ma per l’invincibile smania mi rivoltolavo in tutto il letto, impaziente di vedere il giorno per parlarti e trattenermi con te. Infine, quando le mie membra esauste dalla stanchezza giacquero semivive sul lettuccio, ti scrissi, o caro, questi versi per farti intendere il mio struggimento. Ora, non voler essere temerario, e non disprezzare, ti prego, o pupilla dei miei occhi, questa preghiera, affinché Nemesi non ti punisca. È una dea terribile; bada di non provocarne lo sdegno. (trad. di E.V. D’Arbela)

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I dati Il carme 50 di Catullo appartiene alla prima sezione del Liber, comprendente le cosiddette nugae: componimenti in metri vari di argomento privato, spesso – come qui – di natura occasionale. Nell’assenza di riferimenti esterni, non è possibile datare il testo, anche se alcuni studiosi (sulla scorta di Giovanni Pascoli) vogliono pensare «ai primi mesi della familiarità dei due giovani poeti», e dunque a una data collocabile intorno al 60 a.C.

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L’argomento Due giovani poeti, Catullo e Licinio Calvo, trascorrono oziosamente un pomeriggio componendo versi – come in una specie di tenzone poetica – e abbandonandosi al vino, al cibo e agli scherzi. Tornato a casa, Catullo non riesce a prender sonno, ripensando al lepos e alle facetiae dell’amico (vv. 7-8), e decide di comporre una poesia per fissare quel momento passato insieme: il carme 50 è proprio quella poesia, una sorta di biglietto poetico che si conclude con un ammonimento tra il solenne e lo scherzoso, tanto che Catullo invoca Nemesi, nel caso l’amico rifiutasse la sua amicizia o i suoi versi.

5

Oltre il testo 6

Il metro Come il carme 1, il testo è formato di endecasillabi faleci, secondo il seguente schema: _ Ú U _, _́ U U, _́ U, _́ U, _́ U

Dentro il testo

1 2

3

Dividi il testo in sequenze, assegnando a ciascuna un titolo appropriato. Nella prima parte del carme compaiono alcune parole-chiave della poetica neoterica e catulliana: dopo averle sottolineate, identifica altri carmi in cui ricorrano gli stessi termini, proponendone una traduzione concettualmente adeguata. La poesia sviluppa il tema dell’amicizia e della sodalitas poetica, che è molto diffuso nel Liber di Catullo, e che non di rado si esprime con un linguaggio affine a quello dell’amore. Ad esempio sono presenti termini come miser, dolor, ocelli, che ricorrono nelle poesie dedicate a Lesbia. Leggi altri carmi di Catullo sul tema dell’amicizia (ad esempio il carme 9 [ T9 ONLINE] o il carme 30

[ T13]), provando a rintracciare termini analoghi della sfera affettiva, o forme espressive (come i diminutivi e i vezzeggiativi) cari al poeta. Come si può interpretare questa contiguità di linguaggio? A questo proposito consigliamo di leggere le pagine di Cicerone nel De amicitia (26 e 100), dove si pone l’accento sulla comune radice dei termini amor e amicitia. I quattro versi su cui va a concludersi il carme sfiorano allusivamente il tema del foedus che impegna – agli occhi di Catullo – non solo gli amanti ma anche gli amici. L’ammonizione a non spezzarlo, non a caso, è ribadita dall’iterazione del verbo caveo, che nell’ultimo verso compare nella forma dell’imperativo futuro, il modo della lingua giuridica e sacrale. Svolgi una ricerca sulla presenza del foedus (amoris vel amicitiae) nella poesia catulliana, trascrivendo tutti i termini e le espressioni che vi fanno riferimento. Compila un elenco dei modi espressivi più tipici della poesia catulliana rintracciabili in questo carme.

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8

Al v. 6 del carme si fa riferimento al vino, che sembra accompagnare il gioco dei due poeti: conosci altri testi, antichi o moderni, in cui si trovi il motivo del vino e del convito? Pensa a lirici greci come Alceo, ai canti goliardici dei Carmina Burana o alla produzione comico-realistica italiana (da Cecco Angiolieri a Folgore da San Gimignano). Nel 1897 Giovanni Pascoli scrisse, in latino, un poemetto intitolato Catullocalvos, che prendeva spunto proprio dalla gara poetica descritta da Catullo nel carme 50. Puoi leggere il testo latino (con traduzione e commento) in: G. Pascoli, Tutte le poesie, a cura di A. Colasanti, Newton Compton, Roma 2006, pp. 896-913. Al v. 2 il poeta allude alle sue tabellae: piccole tavolette spalmate di cera sulle quali si incideva con uno stilo, e che potevano perciò essere continuamente cancellate e riscritte. In un altro carme (42), Catullo usa il sinonimo pugillaria (da pugnus, pugil), così detti perché, per il loro minuscolo formato, potevano essere chiusi nella mano. Nello stesso carme, Catullo usa anche il termine codicilli (da codex). Per un approfondimento, leggi la SCHEDA 3 ONLINE: Libri, lettori e biblioteche nel mondo antico.

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L’ETÀ DELLA TARDA REPUBBLICA

MAPPA LA POESIA NEOTERICA E CATULLO

I poetae novi o neóteroi

Gaio Valerio Catullo (84-54 a.C. circa)

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principali autori – Furio Bibaculo – Varrone Atacino – Valerio Catone – Elvio Cinna – Licinio Calvo caratteristiche della poesia neoterica – modelli ellenistici, in particolare Callimaco – poesia come lusus tra poeti-amici – stile elaborato e raffinato – doctrina – brevitas

Liber (116 carmi di cui 113 autentici)

struttura – carmi 1-60 (nugae): metri lirici e giambici, argomenti personali (amore, amicizia, poesia, viaggio, invettive polemiche) – carmi 61-68 (carmina docta): metri vari, componimenti più estesi di argomento prevalentemente mitologico – carmi 69-116: carmi in distici elegiaci, soprattutto epigrammi, simili al primo gruppo per temi e toni

temi e motivi principali – amore per Lesbia/Clodia – amicizie e affetti familiari – invettive e polemiche letterarie e politiche – vicende mitiche rivisitate in una prospettiva esemplare e autobiografica

lingua e stile – apparente spontaneità nelle composizioni, frutto di un’attentissima elaborazione formale (labor limae) – uso di diversi registri linguistici – brevitas © Casa Editrice G. Principato

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Completamento

1 Inserisci i dati mancanti della biografia catulliana. Catullo nacque a , nella Gallia Cisalpina, verosimilmente nel da una famiglia facoltosa. Dalla provincia Catullo si trasferì presto a , dove frequentò gli ambienti letterari e mondani più in vista, innanzitutto la cerchia degli amici poeti. La vicenda centrale della vita e della poesia di Catullo è la relazione con una donna, che nei versi ha il nome di . Nel Catullo, al seguito di , intraprese un viaggio in ; in quell’occasione il poeta rese omaggio alla . Morì probabilmente nel . p._____/10

Vero / Falso

2 Indica se ciascuna delle seguenti affermazioni è vera (V) o falsa (F). a. Il carme 95 per la Zmyrna di Cinna è un manifesto di poetica neoterica b. Cicerone definì i poeti neoterici Cantores Euphorionis con intento elogiativo c. Catullo dedicò il Liber giunto a noi a Cornelio Nepote d. Le nugae hanno prevalentemente un carattere polemico e. Il termine doctrina indica la varietà dei metri f. Lo pseudonimo con cui il poeta designa la donna amata è un omaggio allusivo a Saffo

V|F

p._____/4

Collegamento

4 Attribuisci a ciascun componimento l’argomento trattato. a. Desiderio invincibile del poeta verso la donna amata unito ad un forte risentimento b. La vita è breve e bisogna viverla intensamente, abbandonandosi alla gioia dell’amore c. Effetti sconvolgenti della passione d. Auto-esortazione del poeta a dominare la forza delle passioni e. Il foedus amoroso 1. Vivamus mea Lesbia, atque amemus 2. Miser Catulle, desinas ineptire

V|F

3. Odi et amo

V|F

5. Ille mi par esse deo videtur

4. Iucundum, mea vita, mihi proponis amorem p._____/5

V|F V|F V|F

p._____/6

Quesiti a scelta multipla

3

■ un poemetto mitologico ■ un inno religioso 4. I carmina docta sono ■ componimenti di argomento religioso ■ componimenti più estesi e di maggiore impegno letterario ■ componimenti dedicati alla poetessa Saffo ■ brevi componimenti di ispirazione alessandrina

Indica il completamento corretto.

1. Tra i temi trattati nei carmi catulliani non compare ■ l’amore ■ la guerra ■ l’amicizia ■ il viaggio 2. Nella sua forma attuale, il Liber catulliano è diviso in tre sezioni in base a ■ criteri tematici ■ criteri stilistici ■ criteri cronologici ■ criteri metrici 3. Un epitalamio è ■ un canto funebre ■ un canto per le nozze

Totale p._____/25

Quesiti a risposta singola

5 Svolgi in breve i seguenti argomenti (max 5/10 righe per ciascuno). 1. Descrivi la struttura tripartita del Liber catulliano. 2. Chi era la donna che Catullo chiama con il falsum nomen di Lesbia? 3. Quali elementi caratterizzano la poesia intesa come lusus? Trattazione sintetica

6 Sviluppa le tracce proposte (max 15/20 righe per ciascuna). 1. Novità della poesia d’amore catulliana. 2. Il foedus amoroso. 3. Letterarietà e ars nella poesia catulliana.

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LA POESIA NEOTERICA E CATULLO

Verifica finale


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