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T 5 La virtus e l’onore del popolo romano (frr. 46-47 Traglia) LAT IT

Lingua e stile

L’impressione di spontaneità e di immediatezza che colpisce tanto vivamente il lettore di Catullo, è in realtà il frutto di una consapevole operazione artistica, che si realizza attraverso un assiduo e sorvegliatissimo lavoro sul piano della lingua e dello stile. Commistione di registri linguistici La caratteristica più vistosa dello stile catulliano è una sapiente e spregiudicata commistione di diversi registri linguistici. La lingua poetica di Catullo è una lingua composita, colta e aristocratica, che si appropria continuamente, a fini espressivi, di forme e strutture del sermo cotidianus, esplorato in tutta la gamma delle sue sfumature. Lessico e sintassi Il lessico è ricchissimo, e accoglie volgarismi come basium (5, vv. 7 e 13) in luogo di osculum; diminutivi dell’uso parlato come palmula (4, vv. 4 e 17); espressioni oscene e triviali (cacata [charta], 36, vv. 1 e 20); grecismi volgari (moechus, 11, v. 17); onomatopee (pipiare, 3, v. 10); interiezioni colloquiali (Iuppiter, 1, v. 7); locuzioni idiomatiche. Dal punto di vista sintattico, rimandano a costrutti tipici del parlato i partitivi dipendenti dal neutro singolare di un pronome, un aggettivo o un avverbio (hoc libelli, 1, v. 8; tantum basiorum, 5, v. 13); il pronome neutro in funzione predicativa con il verbo esse (esse aliquid, 1, v. 4); i congiuntivi alla seconda persona con valore imperativo (desinas, ducas, 8, vv. 1-2); la preferenza per i periodi semplici, formati cioè di una sola proposizione, e in genere per l’ordinamento paratattico del discorso. Espressività e intensità emotiva La ricerca di espressività e di intensità emotiva nel linguaggio poetico catulliano è testimoniata inoltre dall’impiego continuo di forme dialogiche e allocutive (interrogative, esclamative, vocative, quasi sempre precedute dall’interiezione o); di strutture iterative (accumuli enfatici, anafore ed epifore, riprese di singole espressioni e di interi versi); di aperture ex abrupto, piene di slancio e di energia (Cui dono...?, 1; Vivamus, 5); di nomi propri accompagnati dal possessivo (mi Fabulle, 13, v. 1); di innumerevoli diminutivi affettuosi come miselle, turgiduli ocelli (3, vv. 16-18) e il metaforico ocelle (31, v. 2), labella (8, v. 18), amiculi (30, v. 2). Le forme del linguaggio letterario Alle movenze del linguaggio colloquiale

Catullo intreccia elegantemente, non di rado ricercando forti e improvvisi effetti di contrasto, le forme del linguaggio letterario, fra le quali spiccano gli intarsi allusivi, eruditi e preziosi secondo i dettami del gusto alessandrino: nomi di luoghi evocativi ed esotici (46, vv. 3-5); epiteti rari e grecizzanti come Lybissae (7, v. 3),

Eoa (11, v. 3), Lydiae (31, v. 13); solenni arcaismi poetici e composti di stampo omerico-enniano quali caelites (11, v. 14), sagittiferos, septemgeminus (11, vv. 5-6). Nei carmina docta uno stile più alto Lo stile dei carmina docta è senza dubbio più elaborato e più riccamente intessuto di dotti riferimenti letterari. Frequenti ricorrono gli echi della poesia enniana e in genere dell’epica e della tragedia arcaica, accanto ai fittissimi inserti preziosi ed eruditi derivati dai modelli ellenistici; ma agli stilemi della poesia tradizionalmente “alta” Catullo accosta, ovviamente in misura minore, movenze più intime e colloquiali, caratteristiche dei carmi brevi, soprattutto diminutivi.

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