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Quare habe tibi quidquid hoc libelli, qualecumque; quod, o patrona virgo, 10 plus uno maneat perenne saeclo.
8-10 Dunque accetta, per quello che è, questo libretto, qualunque ne sia il valore; e che possa vivere perenne, o vergine patrona, per più di una (sola) generazione.
Quare: congiunzione di tono prosastico-colloquiale, che ricorre prevalentemente nella poesia satirica ed epigrammatica, lett. «pertanto», «per questi motivi»; cioè le ragioni che Catullo ha finora addotto per giustificare la dedica a Cornelio (vv. 3-7). – habe tibi: formula giuridica che indica cessione di proprietà, frequente nella lingua parlata («eccoti», «tieni»); riprende e ribadisce Corneli, tibi (v. 3). – quidquid... qualecumque = hoc libelli quidquid qualecumque; il genitivo libelli è partitivo e dipende da hoc, pronome dimostrativo neutro (l’espressione hoc libelli vale quindi hunc libellum); i due indefiniti che seguono, di significato assai affine, hanno valore aggettivale predicativo e sembrerebbero riferirsi rispettivamente alla consistenza quantitativa e qualitativa del libellus («per quello che è» e «quale che sia il suo valore»). – quod... saeclo: costruisci quod maneat perenne, o patrona virgo, plus uno saeclo. Il pronome relativo neutro quod riprende hoc e introduce una proposizione subordinata con il verbo al congiuntivo ottativo (maneat); perenne (da per + annus, «per [molti] anni») è aggettivo neutro nominativo concordato con quod, in funzione predicativa rispetto a maneat; patrona virgo è la Musa (in senso generico), «patrona», cioè «protettrice» della poesia e dei poeti; saeclo è secondo termine di paragone in ablativo da saeclum, forma sincopata di saeculum, «generazione» (l’espressione plus uno saeclo vale dunque «per molto tempo ancora dopo la mia morte»).
LETTURA e INTERPRETAZIONE
Un proemio singolare
Il carme 1 è un proemio davvero singolare: anziché dichiarare, come vorrebbe la consuetudine, l’argomento e le finalità della propria opera, il poeta sembra soffermarsi esclusivamente sull’aspetto esteriore del «libretto», del rotolo di papiro nuovo e ben levigato, inteso come oggetto elegante, piacevole da guardare, da toccare, da rigirare fra le mani.
Libro-oggetto e libro-opera poetica
Ma le tre espressioni del v. 1 possono essere riferite sia al libro-oggetto, uscito di recente (novum), di ridotte dimensioni (libellum è diminutivo di liber), grazioso e attraente (lepidum), sia al libro-opera poetica, cioè all’ideale poetico catulliano, «nuovo» rispetto alla tradizione latina, ispirato al lepos (grazia spiritosa, eleganza, finezza) e alla brevitas. Analogamente expolitum («levigato», «lisciato», v. 2) allude all’accuratissima elaborazione formale dei testi.
Corneli, tibi: il dedicatario
Cornelio Nepote, storico e biografo, originario come Catullo della Gallia Transpadana, è qui ricordato come autore dei Chronica, un compendio di storia universale in tre libri per noi perduto [cap. 15.2]. È lecito supporre che egli avesse ripetutamente espresso il proprio apprezzamento nei confronti della poesia catulliana; del resto, secondo la testimonianza di Plinio il Giovane (Epistulae V, 3), lo stesso Cornelio era stato autore di carmi erotici alla maniera neoterica.
Brevitas, doctrina e labor
Non meno significativo, inoltre, è il fatto che Catullo, lodando i pregi dell’opera storica di Cornelio (probabilmente con amichevole esagerazione), scelga di evidenziarne principalmente tre caratteristiche: brevitas (tre soli libri per tutta la storia d’ogni tempo, v. 6) doctrina e labor (v. 7), cioè ancora una volta i requisiti fondamentali della poesia neoterica.
Una dichiarazione di poetica
Ci troviamo dunque di fronte a una dichiarazione di poetica in piena regola, per quanto dissimulata sotto le movenze di una spontaneità giocosa, quasi ingenuamente fanciullesca (Cui dono...? Corneli, tibi, vv. 1-3). Da non prendere interamente sul serio anche le professioni di noncurante modestia: certo, Catullo chiama nugae («sciocchezze», «scherzi poetici leggeri») i suoi componimenti, ma si tratta ancora una volta della consapevole adesione a una precisa poetica, quella neoterica della poesia come raffinatissimo lusus. Tanto è vero che nella chiusa il poeta mette da parte il tono leggero e scherzoso e augura solennemente perenne vita alla propria opera, sotto il tradizionale patrocinio della Musa.