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2 L’oratoria in Roma

Leggere un TESTO CRITICO

Il destinatario dei carmi catulliani

Sulla ricorrente presenza di un destinatario reale nei carmi di Catullo, che tanto spesso appaiono riferirsi con vivida immediatezza a concrete occasioni della vita reale, ha scritto pagine illuminanti Mario Citroni, mettendo in rapporto le forme del testo poetico con le precise attese del pubblico – in prima istanza gli amici poeti del circolo neoterico – cui Catullo intendeva rivolgere il suo messaggio.

Che i carmi di Catullo, in gran parte, non siano scritti per rimanere nel cassetto in attesa di inserirsi in un libro che il pubblico anonimo leggerà in un futuro indefinito, ma siano invece scritti anzitutto per un consumo immediato da parte del destinatario e della cerchia degli amici, è convinzione che non si fonda solo sull’impressione di immediatezza nel rapporto col destinatario che si ricava dalla lettura dei carmi (questa impressione, pur così viva, potrebbe al limite esser stata creata artificialmente dall’autore), ma si fonda anche sul fatto che parecchi carmi sono interamente legati all’occasione concreta da cui nascono e non sembrano cercare al di fuori di essa ancoraggi che ne motivino una vita meno effimera. Chiunque del resto può constatare quanto poco Catullo si preoccupi di fornire al lettore anonimo, lontano nello spazio e nel tempo, certi presupposti necessari per comprendere il carme, presupposti che erano invece certamente noti al destinatario e alla cerchia degli amici. Al pubblico lontano, al pubblico futuro, Catullo pensa certo quando compone i carmi dotti più impegnativi, ed anche nel caso dei carmi minori con destinatario reale egli è certo ben consapevole che il piano di raffinata artisticità, la letterarietà brillante della scrittura in cui avviene questo rapporto comunicativo con gli amici, è condizione di una sopravvivenza al di là dell’occasione. Ma per almeno gran parte dei carmi con destinatario reale Catullo pensa in primo luogo al destinatario e alla cerchia degli amici (ricordiamo che l’auspicio della durata nel tempo delle nugae nel carme 1 ha, pur nel tono di gaia autoironia, i tratti di una sfida: durerà ciò che ai più non appare destinato a durare). E d’altra parte, se si parla di funzione comunicativa dei carmi di Catullo con destinatario reale non si deve però intendere che si tratti della funzione comunicativa propria della lettera privata, bensì di una ritualizzazione della funzione comunicativa, di una trasposizione della funzione comunicativa entro forme letterarie che l’autore destina alla fruizione non solo del diretto destinatario, ma anche della cerchia degli amici, che in certa misura è sempre tutta coinvolta nei rapporti comunicativi fra i suoi membri. E, sullo sfondo, anche alla fruizione del lettore anonimo. Per fare un esempio, il carme 13 (Cenabis bene, mi Fabulle) non sarà naturalmente un vero e proprio invito a cena, eppure sarà stato scritto probabilmente in occasione di un invito a cena, e sarà stato scritto anzitutto per Fabullo, quasi come una scherzosa ‘celebrazione’ di quel reale invito a cena e, contemporaneamente, per gli altri amici che leggeranno il carme e si compiaceranno nel riconoscervi la trasposizione in forma poetica elegante dei rapporti comunicativi tra i membri della cerchia. Una cerchia che, in quanto costituita di amici poeti per i quali vita e poesia costituiscono una unità inscindibile, vive e si riconosce proprio in queste ‘celebrazioni’ poetiche delle sue esperienze quotidiane.

(M. Citroni, Destinatario e pubblico nella poesia di Catullo: i motivi funerari, «Materiali e discussioni per l’analisi dei testi classici» 2, Pisa 1979, pp. 46-48)

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