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T 3 Prescrizioni per il trattamento degli schiavi (De agri cultura 56-59) IT
lingua sed torpet, tenuis sub artus 10 flamma demanat, sonitu suopte tintinant aures, gemina teguntur lumina nocte.
Otium, Catulle, tibi molestum est; otio exsultas nimiumque gestis; 15 otium et reges prius et beatas perdidit urbes.
facoltà. – omnis: accusativo plurale arcaico per omnes (sensus). – aspexi: perfetto indicativo da aspicio, e ˘ re, designa un’azione anteriore, sul piano logico, a quelle espresse dalla successiva serie dei verbi al presente (vv. 7-9); può essere peraltro inteso come perfetto iterativo, in ogni caso da tradurre con il tempo presente. – est super = superest, «resta», «rimane»; soggetto nihil. – mi: cfr. nota al v. 1. – <postmodo vocis>: l’adonio (v. 8) è caduto, cioè manca nei codici manoscritti a noi pervenuti. A Della Corte si deve l’integrazione qui riportata: postmodo è avverbio («in seguito», «subito dopo»); vocis è genitivo partitivo retto da nihil del v. 7 (letteralmente «nulla di voce»). Molte altre integrazioni sono state proposte, sempre nella direzione indicata dal modello saffico (il venir meno della voce). – lingua sed: anastrofe (sed lingua). – sub artus: lett. «sotto le membra»; per rendere più chiara l’immagine c’è chi preferisce tradurre «sotto la pelle». – demanat: propriamente «scorre giù» (de + mano, e ˘ re); soggetto tenuis... flamma (vv. 9-10), originale variazione sul motivo ultraconvenzionale della fiamma d’amore; questa fiamma è «sottile», a significare il suo insidioso serpeggiare insinuandosi nelle più intime fibre. – sonitu suopte: ablativo di causa, «per un suono (solo) loro», (l’aggettivo possessivo suo, rafforzato dall’enclitica -pte, è riferito ad aures) cioè soltanto interno. Si noti l’allitterazione in s; l’insistenza sulle sibilanti tende ad evocare il ronzio interno percepito mediante il senso dell’udito, attraverso un procedimento fonosimbolico che continua nel verso successivo. – tintinant: voce onomatopeica che compare solo qui (hapax legómenon); altrove attestate le forme tinniunt (da tinnı ˉ re) e tintinnant. – gemina... nocte: costruisci lumina teguntur gemina nocte; l’ablativo singolare femminile gemina, concordato per ipallage con nocte, logicamente si riferisce a lumina: «entrambi gli occhi si coprono di notte». L’aggettivo geminus, inconsueto nel contesto, rimanda al gusto neoterico per le espressioni ricercate e preziose.
13-16 L’ozio, o Catullo, ti nuoce; a causa dell’ozio ti esalti e ti ecciti troppo; l’ozio ha mandato in rovina re e città [un tempo] felici.
Otium: c’è chi traduce senz’altro «amore», spesso equivalente di otium nel linguaggio erotico, ad esempio in Ovidio. Persuasiva l’interpretazione secondo la quale il termine riflette il concetto greco di tryphé («vita dissoluta», «lussuosa»), tipico della storiografia ellenistica, che vi rintracciava la causa della decadenza dei regni orientali (cfr. vv. 15-16). – Catulle: la ricorrente apostrofe a se stesso. – exsultas: da exsulto (ex + saltare), intensivo di exsilio, ı ˉ re, propriamente «saltare con vivacità», «balzare» e dunque anche «esaltarsi», «sfrenarsi». – gestis: da gestio, ı ˉ re, propriamente «gesticolare»; in senso pregnante, denota (analogamente ad exsultas) atteggiamenti quali manifestazione sfrenata dei propri sentimenti, agitazione eccessiva, bramosia impaziente e smodata. Entrambi i verbi del v. 14, si noti, designano originariamente una condizione psicologica che si esprime attraverso incontrollati moti del corpo. – et reges... urbes: iperbato e anastrofe (prius et); costruisci (otium) perdidit reges et urbes prius beatas. Riferimento implicito, consueto e quasi proverbiale, alla caduta di Troia, notoriamente originata dagli amori adulterini di Paride ed Elena.
LETTURA e INTERPRETAZIONE
Nelle prime tre strofe espressive variazioni ritmiche
Le due strofe centrali, a partire dal secondo emistichio del v. 5, sono interamente occupate dall’enumerazione-descrizione dei sintomi dello sconvolgimento amoroso. Da rilevare l’affannosa accelerazione del ritmo, insieme all’ininterrotto susseguirsi degli enjambement ad ogni verso, anche molto forti, in contrasto con la pacata compostezza dei vv. 1-2, ciascuno in sé concluso. Evidente l’intenzione espressiva del poeta, che mira a sottolineare, anche a livello metrico-sintattico e ritmico, l’antitesi tra l’irrefrenabile climax ascen-
dente dei rovinosi effetti fisiologici della propria passione (descritti come le fasi successive di un accesso morboso, con la puntigliosa elencazione degli organi e dei sensi via via coinvolti) e il sovrano autocontrollo del misterioso “altro”, che proprio per questo gli sembra «pari a un dio».
L’ultima strofa: Otium, Catulle, tibi molestum...
Nell’ultima strofa, indipendente dal testo greco a noi noto, con un fortissimo scarto di tono che ha fatto dubitare della sua appartenenza al carme, Catullo rivolge a se stesso un ammonimento meditativo e sentenzioso contro i rischi di una vita dedita all’otium: non certo l’otium inteso secondo l’antica tradizione romana, come tempo libero riservato ad attività ricreative e culturali, complementare e anzi utile ai negotia politici e civili, ma in quanto vita inattiva, dissipata nei piaceri e negli amori.
Unità della lirica: analogie strutturali
Alla maggior parte degli interpreti l’unità della lirica, avvalorata anche da simmetriche rispondenze fra le due strofe che rispettivamente aprono e chiudono il carme, appare ormai assodata. L’ultima strofa presenta infatti ricercate analogie strutturali con la prima: notevoli in particolare l’anafora (Otium... otio... otium, con poliptòto; Ille... ille) e la climax ascendente (Otium... molestum est / otio exsultas nimiumque gestis; par... deo / superare divos) fra il primo e il secondo verso delle due strofe.
Unità della lirica: continuità logica e tematica
A causare il turbamento di Catullo, in realtà, non sono esclusivamente le forze dell’eros, né la gelosia (che può costituire tutt’al più una componente secondaria del suo stato d’animo), ma, in profondità, l’avvertimento del contrasto fra la «divina indifferenza» dell’altro (forse nemmeno un rivale, ma un personaggio immaginato, una proiezione di se stesso) e la propria miseria (v. 5), cioè la preoccupante incapacità di dominare la violenza della passione e i suoi effetti devastanti. E il poeta scopre che la radice di quella sua smaniosa debolezza sta nell’otium (v. 13-15), causa di rovina non solo per l’individuo ma anche per la società (vv. 15-16).
Una lucida analisi introspettiva
È dunque l’analisi del proprio comportamento e delle proprie reazioni, con lo sgomento di chi scopre di essere in balia di impulsi irrazionali e incontrollabili, il vero tema centrale dell’ode catulliana, che si rivela così assai vicina ai carmi più lucidamente introspettivi, quali 85 [T25] e 72 [T23].
Analizzare il testo
1. Sono presenti nel testo figure di iterazione (anafore, poliptòti ecc.)? In quali strofe e con quali intenzioni espressive? 2. Nel descrivere i sintomi dello sconvolgimento amoroso (vv. 5-12), Catullo passa in rassegna i diversi organi della percezione sensoriale. In quale ordine? Come si può interpretarlo? Si tratta di una costruzione ad anello?
Interpretare il testo
3. L’analisi del componimento a livello stilisticoretorico rivela una sapiente, raffinatissima elaborazione formale. Prendi in esame in particolare la terza strofa (vv. 9-12), individuando puntualmente le figure retoriche e gli artifici compositivi profusi dal poeta nel breve giro dei quattro versi. È possibile affermare che contribuiscano a rendere efficacemente sul piano espressivo la condizione psicofisica che Catullo intende qui rappresentare? Motiva la tua risposta in un breve commento conclusivo.
Confrontare i testi
4. Al v. 13 il poeta si rivolge direttamente a se stesso con il vocativo del proprio nome (Catulle). Ricerca nei carmi a te noti del Liber i numerosi luoghi ove ricorre la medesima apostrofe, illustrandoli volta per volta con un breve commento. 5. Sviluppando i suggerimenti contenuti nella scheda
Dialogo con i modelli, p. 316, prova ad elaborare un confronto tra l’ode di Saffo e il carme 51 di
Catullo, ponendo in rilievo in particolare i seguenti aspetti: a) espressioni ed immagini impiegate rispettivamente dai due poeti; b) principali analogie e differenze tra i due testi; c) in sintesi, il significato e l’intento espressivo dell’operazione catulliana rispetto al modello greco.