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T 7 Prima gara di insulti (Pseudolus, 340-393) LAT IT 126 ONLINE T 8 Seconda gara di insulti (Persa, 405-428) LAT IT
sulla vita civile contemporanea, di colpire direttamente i viziosi e i corrotti del ceto dirigente romano; in Orazio prevale l’approfondimento morale: «invece di attaccare le persone nei loro vizi, Orazio attacca i vizi – deformazioni, eccessi, cecità, stolto affannarsi – nelle persone» (Labate). Due tipologie Le satire di Orazio possono essere suddivise in due tipologie diverse: satire di carattere narrativo e rappresentativo (centrate sul racconto di un episodio o di un avvenimento) e satire di carattere discorsivo e diatribico (centrate sul momento riflessivo e argomentativo, spesso sviluppato attraverso dialoghi, discussioni, aneddoti esemplari). Nelle satire del primo tipo prevalgono gli aspetti autobiografici e descrittivi; nelle satire del secondo tipo quelli filosofici. Ricerca morale e contenuti filosofici A che cosa mira il poeta? Quali sono i suoi scopi? Sviluppare un discorso di carattere morale capace di condurre l’uomo sulla via della saggezza e della felicità. Due i concetti-cardine sui quali deve orientarsi la ricerca: l’autárkeia («l’autosufficienza interiore») e la metriótes («il giusto mezzo», la «moderazione»). La virtù non consiste negli atteggiamenti eroici e grandiosi, sostiene ripetutamente il poeta, ma nell’evitare ogni eccesso: est modus in rebus, sunt certi denique fines, / quos ultra citraque nequit consistere rectum («c’è nelle cose una misura, ci sono insomma confini precisi, al di qua o al di là dei quali non può esserci giusto»), come viene detto in I, 1, 106-107 [T4 ONLINE]. L’uomo è felice quando sa appagarsi di ciò che ha, senza pretendere altro dal proprio destino; l’infelicità è frutto dell’ignoranza, quando gli uomini non conoscono ciò che è giusto e non sono capaci di vivere in pace con se stessi.
Benché nutrito di filosofia greca, Orazio non segue un preciso indirizzo dottrinale.
Va osservato che i princìpi basilari cui aderisce erano da tempo bagaglio comune di tutte le scuole ellenistiche, complice anche l’eclettismo della cultura romana contemporanea. Il concetto di metriótes, ad esempio, elaborato nell’ambito della scuola peripatetica, era ormai patrimonio inalienabile dell’intera cultura greco-romana.
L’epicureismo è sicuramente la dottrina a cui il poeta si sente più vicino, per il rilievo che questa scuola aveva dato ai temi della «vita nascosta» e dell’amicizia (philía); soprattutto, forse, per la lucidità priva di illusioni di una morale “laica”. Ma sarebbe improprio definire epicuree le Satire: manca ad Orazio l’ardore proselitistico e la tensione scientifica che avevano animato gli scolari dei Giardini e lo stesso Lucrezio.
L’autosufficienza del saggio era anche il principio-cardine della filosofia stoica, di cui tuttavia è proprio Orazio a condannare con forza il rigorismo etico. È lo stesso
Orazio, in un passo delle Epistole (II, 2, 60), a richiamarsi ai Bionei sermones, cioè alla tradizione della diàtriba ellenistica di ispirazione stoico-cinica, una forma di letteratura filosofica divulgativa nella quale due secoli prima si era acquistato fama
Bione di Borìstene: ma il contatto con la tradizione diatribica non va oltre alcune affinità di genere (la commistione di serio e di comico, il ricorso alla tecnica dialogica, l’uso di materiali popolari e folclorici); manca totalmente, invece, lo spirito aspro e polemico, rude e denigratorio, delle dispute ciniche di cui la diatriba si era da sempre alimentata.
Orazio tiene piuttosto a sottolineare il suo debito verso le semplici massime paterne [T5], che ammoniscono ad esercitare con buon senso l’onestà, la parsimonia, il dominio di sé, in sostanziale accordo con i fondamenti della morale italico-romana: lungi dagli eccessi della tradizione stoico-cinica o del radicalismo
epicureo, la sua riflessione etica nasce dall’esperienza di vita e dall’osservazione della realtà, richiamandosi volentieri a una saggezza atavica ed empirica, fatta di precetti ragionevolmente applicabili e universalmente accettabili. La persona del poeta satirico Che cosa dà unità a questo piccolo mondo fatto di racconti, aneddoti, osservazioni, moralità? La figura del poeta satirico, che entra in scena in quasi tutte le satire senza pretendere di assumere un ruolo esemplare:
Orazio non è un eroe, semmai un antieroe consapevole dei propri difetti e delle proprie debolezze, un uomo che cerca se stesso confrontandosi con la realtà della natura umana e del mondo sociale. Ironia ed autoironia Ironia ed autoironia sono dunque una componente essenziale di questa poesia: Orazio è disposto a prendersi amenamente in giro e a divertire i suoi lettori, come nella satira 9 del primo libro [T6], scegliendo i toni scherzosi e un parlare alla buona. Il suo obiettivo è espresso con semplicità nella satira proemiale del I libro [T4 ONLINE]: «per quanto, che cosa vieta di dire la verità ridendo, come maestri amorevoli che danno pasticcini ai fanciulli, per invogliarli a imparare l’abbiccì?». Il destinatario A chi sono indirizzate le satire? Figlio della cultura alessandrina,
Orazio non ha l’ambizione di rivolgersi a un vasto pubblico: «non darti pena perché t’ammiri la folla, contentati di pochi lettori» (I, 10, 73-74). Questi pauci lectores si identificano con la piccola cerchia degli amici e dei poeti: Orazio destina il frutto della propria ricerca poetica e morale in primo luogo a se stesso e poi a coloro ai quali si sente legato (secondo un’istanza che è essenzialmente epicurea) da un’affinità umana e intellettuale.
Il primo libro delle Satire
Satira Argomento
1 Est modus in rebus: esempi dell’incontentabilità umana. 2 Etica sessuale: è sconsigliabile ogni eccesso, fonte di turbamento. 3 Le colpe non sono tutte eguali, come pretendono gli stoici: invito all’indulgenza e alla tolleranza. 4 Difesa della poesia satirica, sull’esempio della commedia attica antica e di Lucilio. 5 Iter Brundisinum: vivace cronaca di un viaggio da Roma a Brindisi (37 a.C.) in compagnia di Mecenate e di Virgilio. 6 Libertino patre natus: rievoca le proprie umili origini, l’ingresso nella cerchia di Mecenate e gli insegnamenti morali ricevuti dal padre. 7 Un diverbio farsesco e spettacolare tra due litiganti dinanzi a Bruto, allora (43-42 a.C.) governatore dell’Asia, con stoccata finale al cesaricida. 8 Il dio Priàpo racconta una scena notturna di stregoneria, con finale grottesco. 9 Ibam forte via Sacra: la celebre satira “del seccatore”. 10 Nuova difesa della poesia satirica: pregi e difetti di Lucilio; indispensabile il labor limae; non bisogna curarsi dell’assenso del volgo, ma scrivere per pochi amici.