L’ETÀ DI AUGUSTO
3. Orazio
sulla vita civile contemporanea, di colpire direttamente i viziosi e i corrotti del ceto dirigente romano; in Orazio prevale l’approfondimento morale: «invece di attaccare le persone nei loro vizi, Orazio attacca i vizi – deformazioni, eccessi, cecità, stolto affannarsi – nelle persone» (Labate). PROFILO STORICO
Due tipologie Le satire di Orazio possono essere suddivise in due tipologie diverse: satire di carattere narrativo e rappresentativo (centrate sul racconto di un episodio o di un avvenimento) e satire di carattere discorsivo e diatribico (centrate sul momento riflessivo e argomentativo, spesso sviluppato attraverso dialoghi, discussioni, aneddoti esemplari). Nelle satire del primo tipo prevalgono gli aspetti autobiografici e descrittivi; nelle satire del secondo tipo quelli filosofici. Ricerca morale e contenuti filosofici A che cosa mira il poeta? Quali sono i suoi scopi? Sviluppare un discorso di carattere morale capace di condurre l’uomo sulla via della saggezza e della felicità. Due i concetti-cardine sui quali deve orientarsi la ricerca: l’autárkeia («l’autosufficienza interiore») e la metriótes («il giusto mezzo», la «moderazione»). La virtù non consiste negli atteggiamenti eroici e grandiosi, sostiene ripetutamente il poeta, ma nell’evitare ogni eccesso: est modus in rebus, sunt certi denique fines, / quos ultra citraque nequit consistere rectum («c’è nelle cose una misura, ci sono insomma confini precisi, al di qua o al di là dei quali non può esserci giusto»), come viene detto in I, 1, 106-107 [ T4 ONLINE ]. L’uomo è felice quando sa appagarsi di ciò che ha, senza pretendere altro dal proprio destino; l’infelicità è frutto dell’ignoranza, quando gli uomini non conoscono ciò che è giusto e non sono capaci di vivere in pace con se stessi. Benché nutrito di filosofia greca, Orazio non segue un preciso indirizzo dottrinale. Va osservato che i princìpi basilari cui aderisce erano da tempo bagaglio comune di tutte le scuole ellenistiche, complice anche l’eclettismo della cultura romana contemporanea. Il concetto di metriótes, ad esempio, elaborato nell’ambito della scuola peripatetica, era ormai patrimonio inalienabile dell’intera cultura greco-romana. L’epicureismo è sicuramente la dottrina a cui il poeta si sente più vicino, per il rilievo che questa scuola aveva dato ai temi della «vita nascosta» e dell’amicizia (philía); soprattutto, forse, per la lucidità priva di illusioni di una morale “laica”. Ma sarebbe improprio definire epicuree le Satire: manca ad Orazio l’ardore proselitistico e la tensione scientifica che avevano animato gli scolari dei Giardini e lo stesso Lucrezio. L’autosufficienza del saggio era anche il principio-cardine della filosofia stoica, di cui tuttavia è proprio Orazio a condannare con forza il rigorismo etico. È lo stesso Orazio, in un passo delle Epistole (II, 2, 60), a richiamarsi ai Bionei sermones, cioè alla tradizione della diàtriba ellenistica di ispirazione stoico-cinica, una forma di letteratura filosofica divulgativa nella quale due secoli prima si era acquistato fama Bione di Borìstene: ma il contatto con la tradizione diatribica non va oltre alcune affinità di genere (la commistione di serio e di comico, il ricorso alla tecnica dialogica, l’uso di materiali popolari e folclorici); manca totalmente, invece, lo spirito aspro e polemico, rude e denigratorio, delle dispute ciniche di cui la diatriba si era da sempre alimentata. Orazio tiene piuttosto a sottolineare il suo debito verso le semplici massime paterne [ T5], che ammoniscono ad esercitare con buon senso l’onestà, la parsimonia, il dominio di sé, in sostanziale accordo con i fondamenti della morale italico-romana: lungi dagli eccessi della tradizione stoico-cinica o del radicalismo 176
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