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T 14 Una scimmia manda all’aria i piani del servus (Miles gloriosus, 156-194) IT
T 5
Sermones I, 4, 103-143
LATINO ITALIANO
Nota metrica:
esametri.
L’educazione paterna
La satira quarta del I libro espone in modo organico la poetica dei Sermones, illustrando al lettore i modelli letterari (la commedia attica, Lucilio), gli ideali stilistici (brevitas, rigore formale), i fini (non una poesia aggressiva e maldicente ma una poesia rivolta a migliorare l’uomo attraverso l’osservazione diretta dei vizi e delle virtù), il tono dell’opera (una conversazione alla buona destinata a pochi amici). Al rapporto tra poesia e moralità è riservata l’ultima parte della satira, quella che viene qui riportata. Orazio non ricorre a un’astratta enunciazione di princìpi ma ravviva il discorso con esempi concreti tratti dalla realtà quotidiana o dalla propria esperienza di vita. Le idee morali vengono ricondotte a una dimensione individuale e umana nel ricordo, vivo di affettuosa gratitudine, del padre: una persona semplice ma onesta che seppe indirizzare il figlio sulla via del bene e del vero, esortandolo a un sincero e costante sforzo di perfezionamento interiore (vv. 134137). La figura paterna appare modellata su quella del tradizionale pater familias ignaro di studi filosofici (vv. 115-119) ma saldamente legato ai precetti del mos romano-italico (v. 117). Il tono bonario e scherzoso del componimento, improntato a modi colloquiali e a un ideale di colta naturalezza espressiva, si fa, proprio nei versi dedicati al padre, più grave e commosso.
Liberius si dixero quid, si forte iocosius, hoc mihi iuris 105 cum venia dabis: insuevit pater optimus hoc me, ut fugerem exemplis vitiorum quaeque notando.
Cum me hortaretur, parce frugaliter atque viverem uti contentus eo quod mi ipse parasset:
«Nonne vides, Albi ut male vivat filius utque 110 Baius inops? Magnum documentum, ne patriam rem perdere quis velit». A turpi meretricis amore cum deterreret: «Scetani dissimilis sis».
Ne sequerer moechas, concessa cum venere uti possem: «Deprensi non bella est fama Treboni», 115 aiebat. «Sapiens, vitatu quidque petitu
Se qualche volta dico pane al pane, se magari mi permetto qualche scherzuccio, mi vorrai pur concedere in buona pace questo poco di libertà; mi ci ha abituato quel sant’uomo del padre mio che mi sottolineava con esempi ciascun difetto perché stessi in guardia. Se voleva raccomandarmi di vivere modestamente, senza eccessi e pago di quel che egli mi aveva procurato: «Non vedi che vita grama conduce il figlio di Albio? E Baio ridotto in miseria? È la lezione migliore per non pensare a dilapidare i beni paterni». Voleva distogliermi dall’amore indecoroso per una sgualdrina? «Non fare come Scetàno». Non dovevo andar dietro alle mogli adultere, quando potevo darmi ad amori leciti? «Non è bella figura quella di Trebonio colto in flagrante (mi diceva). Un filosofo ti spiegherà per teorie che
109-112. Albi... Baius... Scetani... Tre-
boni: nomi altrimenti sconosciuti.
sit melius, causas reddet tibi; mi satis est, si traditum ab antiquis morem servare tuamque, dum custodis eges, vitam famamque tueri incolumem possum; simul ac duraverit aetas 120 membra animumque tuum, nabis sine cortice». Sic me formabat puerum dictis et, sive iubebat ut facerem quid, «Habes auctorem, quo facias hoc» –unum ex iudicibus selectis obiciebat –sive vetabat, «An hoc inhonestum et inutile factu 125 necne sit addubites, flagret rumore malo cum hic atque ille?» Avidos vicinum funus ut aegros exanimat mortisque metu sibi parcere cogit, sic teneros animos aliena opprobria saepe absterrent vitiis. Ex hoc ego sanus ab illis 130 perniciem quaecumque ferunt, mediocribus et quis ignoscas vitiis teneor. Fortassis et istinc largiter abstulerit longa aetas, liber amicus, consilium proprium; neque enim, cum lectulus aut me porticus excepit, desum mihi: «Rectius hoc est; 135 hoc faciens vivam melius; sic dulcis amicis occurram; hoc quidam non belle: numquid ego illi imprudens olim faciam simile?» Haec ego mecum
cosa va evitato, e a che cosa è meglio mirare; per me, basta se riesco a conservarti nella educazione tradizionale dei nostri vecchi, e, finché hai bisogno di una guida vigile, a mantenere diritta la tua vita e intemerato il tuo nome. Quando gli anni ti avranno irrobustito nel fisico e nel morale, ti terrai a galla con le tue forze». Con questi esempi e questi discorsi educava la mia giovinezza, e, se voleva che io mi comportassi in un dato modo: «Eccoti un modello su cui fare la tal cosa» (e qui mi citava uno dei probiviri). Se si trattava di sconsigliarmi: «E mi domandi se questo è o no sconveniente, dannoso, quando il tale e il talaltro sono sotto il fuoco della maldicenza?» Come la morte di un vicino sgomenta gli ammalati intemperanti e li riduce a una dieta, così spesso il disonore altrui distoglie dal male i caratteri non ancora formati. Così io sono immune dai vizi che rovinano l’uomo, e sono soggetto a debolezze abbastanza lievi e veniali. Forse anche da codeste mi possono liberare il passar degli anni, un amico franco, il mio stesso discernimento; perché quando mi stendo sul lettuccio o entro nel portico, non do tregua a me stesso: «Questo è più onesto: facendo la tal cosa la mia condotta sarà più lodevole; in questo modo sarò caro ai miei amici. Così ha fatto il tale; e non è stata una bella figura: o che io sarò così sventato da cascarci, prima o poi, al pari di lui?».
123. iudicibus selectis:
i membri dei tribunali: venivano scelti dal pretore in base all’onestà dei costumi.