L’ETÀ DI AUGUSTO
3. Orazio
T 5 L’educazione paterna Sermones I, 4, 103-143 LATINO
PERCORSO ANTOLOGICO
ITALIANO
Nota metrica: esametri.
109-112. Albi... Baius... Scetani... Treboni: nomi altrimenti sconosciuti.
200
La satira quarta del I libro espone in modo organico la poetica dei Sermones, illustrando al lettore i modelli letterari (la commedia attica, Lucilio), gli ideali stilistici (brevitas, rigore formale), i fini (non una poesia aggressiva e maldicente ma una poesia rivolta a migliorare l’uomo attraverso l’osservazione diretta dei vizi e delle virtù), il tono dell’opera (una conversazione alla buona destinata a pochi amici). Al rapporto tra poesia e moralità è riservata l’ultima parte della satira, quella che viene qui riportata. Orazio non ricorre a un’astratta enunciazione di princìpi ma ravviva il discorso con esempi concreti tratti dalla realtà quotidiana o dalla propria esperienza di vita. Le idee morali vengono ricondotte a una dimensione individuale e umana nel ricordo, vivo di affettuosa gratitudine, del padre: una persona semplice ma onesta che seppe indirizzare il figlio sulla via del bene e del vero, esortandolo a un sincero e costante sforzo di perfezionamento interiore (vv. 134137). La figura paterna appare modellata su quella del tradizionale pater familias ignaro di studi filosofici (vv. 115-119) ma saldamente legato ai precetti del mos romano-italico (v. 117). Il tono bonario e scherzoso del componimento, improntato a modi colloquiali e a un ideale di colta naturalezza espressiva, si fa, proprio nei versi dedicati al padre, più grave e commosso.
Liberius si dixero quid, si forte iocosius, hoc mihi iuris 105 cum venia dabis: insuevit pater optimus hoc me, ut fugerem exemplis vitiorum quaeque notando. Cum me hortaretur, parce frugaliter atque viverem uti contentus eo quod mi ipse parasset: «Nonne vides, Albi ut male vivat filius utque 110 Baius inops? Magnum documentum, ne patriam rem perdere quis velit». A turpi meretricis amore cum deterreret: «Scetani dissimilis sis». Ne sequerer moechas, concessa cum venere uti possem: «Deprensi non bella est fama Treboni», 115 aiebat. «Sapiens, vitatu quidque petitu
Se qualche volta dico pane al pane, se magari mi permetto qualche scherzuccio, mi vorrai pur concedere in buona pace questo poco di libertà; mi ci ha abituato quel sant’uomo del padre mio che mi sottolineava con esempi ciascun difetto perché stessi in guardia. Se voleva raccomandarmi di vivere modestamente, senza eccessi e pago di quel che egli mi aveva procurato: «Non vedi che vita grama conduce il figlio di Albio? E Baio ridotto in miseria? È la lezione migliore per non pensare a dilapidare i beni paterni». Voleva distogliermi dall’amore indecoroso per una sgualdrina? «Non fare come Scetàno». Non dovevo andar dietro alle mogli adultere, quando potevo darmi ad amori leciti? «Non è bella figura quella di Trebonio colto in flagrante (mi diceva). Un filosofo ti spiegherà per teorie che @ Casa Editrice G.Principato