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Il dibattito FILOSOFICO La scuola pergamena e la scuola alessandrina
15 vitae summa brevis spem nos vetat inchoare longam. Iam te premet nox fabulaeque Manes
et domus exilis Plutonia; quo simul mearis, nec regna vini sortiere talis, nec tenerum Lycidan mirabere, quo calet iuventus 20 nunc omnis et mox virgines tepebunt.
aequo) che non fa differenza alcuna tra ricchi e poveri è luogo comune in ogni tempo. Si veda anche l’ode oraziana II, 14, 11-12 [T19]. – tabernas ... turris: oggetti di pulsat. Tabernas, che designa le umili capanne dei poveri, è vocabolo “basso” e prosastico; turris (= turres), metonimia per i magnifici palazzi ornati di torri dei ricchi e dei potenti, è termine poetico. – O beate Sesti: solo ora viene pronunciato il nome del destinatario, subito dopo la riflessione di sapore gnomico sul comune destino di morte dei ricchi e dei poveri. Infatti beatus significa «felice», «fortunato», a designare colui al quale non manca alcun bene morale né materiale. – vitae ... longam: costruisci: summa brevis vitae vetat nos inchoare spem longam, dove summa brevis vitae, lett. «la somma breve della vita [= la somma breve, il numero limitato degli anni, dei giorni che ci è concesso di vivere]», è soggetto di vetat, da cui dipende l’infinitiva oggettiva nos... inchoare (lett. «che noi incominciamo», «intraprendiamo»; nos è accusativo soggetto dell’infinitiva); spem longam è oggetto di inchoare. Implicita l’esortazione (carpe diem) espressa nell’ode I, 11 a Leuconoe, dove ricorrono analoghi concetti, termini-chiave e immagini, e in particolare i medesimi aggettivi in antitesi (et spatio brevi / spem longam reseces, vv. 6-7 [T12]).
[16-20] Presto su di te incomberà la notte, e i Mani, [vuote] favole, e l’incorporea dimora di Plutone; e là, quando vi sarai entrato, non trarrai a sorte coi dadi il regno del convito, e non contemplerai il tenero Licida, per cui ora tutti i giovani ardono, e fra poco si scalderanno le fanciulle.
premet: futuro di premo, e˘re, singolare con tre soggetti (nox ... Manes ... domus Plutonia). Il verbo esprime potentemente l’angoscioso senso di oppressione, di chiusura degli spazi, di costrizione che si immagina afferri colui che è precipitato nel regno dei morti. Non si dimentichi peraltro che alle immagini mitiche e poetiche corrisponde, sul piano filosofico-razionale, secondo la dottrina epicurea professata da Orazio, il puro e semplice annientamento (ne è spia fabulae). – nox: secco monosillabo; è probabile che agisca qui la memoria del carme 5 di Catullo (v. 6). La «notte», oscurità dell’oltretomba sotterraneo e metafora della morte. – fabulaeque Manes: fabulae, nominativo plurale, è apposizione di Manes («i Mani [che sono] favole», leggende prive di fondamento); secondo altri è genitivo singolare («i Mani della favola»), senza sostanziale mutamento di significato. – exilis: «esile», «sottile», inconsistente come le ombre che l’abitano, è attributo di domus ... Plutonia. Sono state proposte altre interpretazioni di exilis: «misera», «squallida»; o ancora «angusta», «ristretta». – quo simul mearis: quo simul = simul quo, per anastrofe; quo, avverbio di moto a luogo, funge da nesso relativo; simul, avverbio di tempo, è qui impiegato come congiunzione temporale a introdurre il predicato meaˉris (= meave˘ris), futuro anteriore di meo, meaˉre («passare», «entrare» in una via tracciata), arcaismo. – nec ... nec: anafora. – regna... talis: regna vini (lett. «i regni [= il regno] del vino») è oggetto di sortieˉre (= sortieˉris), seconda persona singolare del futuro di sortior, ı ˉri (deponente), che regge l’ablativo plurale strumentale talis – tenerum Lycidan: nome greco di un ragazzo con desinenza greca dell’accusativo, oggetto di mirabere; l’aggettivo tener allude insieme alla delicata bellezza e alla giovanissima età dell’efebo. – mirabe˘re: futuro (= mirabe˘ris), da miror, aˉri, deponente. – quo: ablativo causale del pronome relativo, riferito a Lycidan. – iuventus: metonimia per iuvenes (l’astratto per il concreto), con cui concorda il nominativo femminile singolare omnis. – calet: da caleo, e ˉre («ardere di passione», come flagrare), presente indicativo; il soggetto è iuventus. Si fa riferimento al costume ellenico degli amori efebici, diffuso ormai da tempo in Roma soprattutto nelle cerchie intellettuali e aristocratiche. – mox: «ben presto», «fra poco», cioè quando Licida non sarà più un fanciullo e incomincerà a suscitare il desiderio delle ragazze (virgines), mentre perderà di attrattiva per i giovani; si contrappone a nunc. – tepebunt: futuro di tepeo, e ˉre (lett. «esser tiepido»; per traslato «innamorarsi»). Il finale dell’ode, che evoca immagini di vita mondana e schermaglie amorose, sortisce un effetto piuttosto marcato di alleggerimento rispetto a quanto precede.
Nomi e parole degli antichi
Regna vini: l’espressione oraziana (letteralmente «i regni [= il regno] del vino») si riferisce a un’usanza importata dalla Grecia, secondo la quale nei conviti si sorteggiava, gettando i dadi, il rex convivii («re del convito»), detto anche arbiter o magister bibendi («arbitro», «reggitore del bere»), in greco symposíarchos («simposiarca»). Al rex designato dalla sorte i convitati dovevano obbedienza; egli imponeva le sue “leggi”, che regolavano la quantità e i modi del bere, la proporzione in cui il vino doveva essere mescolato con l’acqua, e così via, vigilando che non sorgessero contese tra i commensali.